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ANNO XIX NUMERO 5 MAGGIO 2014 A fondo perduto Di Europa si è molto discusso in questi mesi, ma si è parlato poco dell’uso locale dei fondi strutturali europei. Proviamo a farlo con un’intervista all’on. Pino Arlacchi e una storia emblematica del nostro territorio a cura di A. Lanzieri Incontrare Papa Francesco di M. Beneduce, M. Iasevoli, P. Pizzini, A. De Falco, M. Esposito, S. Formisano, F. Vissicchio Veglia vocazionale in diocesi di F. Pacia A S. Paolo tutti pazzi per Happy di M. Messinese

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Mensile della Chiesa di Nola XXIX - 5 - Maggio 2014

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A fondo perduto

Di Europa si è molto discusso in questi mesi, ma si è parlato poco dell’uso locale dei fondi strutturali europei.

Proviamo a farlo con un’intervista all’on. Pino Arlacchi e una storia emblematica del nostro territorio

a cura di A. Lanzieri

Incontrare Papa Francescodi M. Beneduce, M. Iasevoli, P. Pizzini, A. De Falco, M. Esposito, S. Formisano, F. Vissicchio

Veglia vocazionale in diocesidi F. Pacia

A S. Paolo tutti pazzi per Happydi M. Messinese

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maggio 201402

mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 25 maggio 2014

SENZA DIALOGO NON C’è EUROPAdi Mariangela Parisi

“Il confronto, il dialogo per la comunione, è sempre un

procedimento doloroso, dal momento che sfida il nostro stile di vita, le nostre convinzioni, la nostra religiosità e il nostro pensiero”. Queste parole sono contenute nel pezzo per il numero di maggio che don Paolo di Paolo, come ogni mese, dedica ad un aspetto dell’Ecumenismo, per consentire ai lettori di inDialogo di capire qualche cosa sulla questione. Un pezzo solitamente posto nella sezione inRubrica del giornale ma che, questa volta, abbiamo deciso di porre in seconda pagina dal momento che, la capacità di confronto e dialogo tra le religioni non può che essere un collante fondamentale per l’Europa la cui forma è sempre più data da tasselli diversissimi dei quali però non riesce a fare una risorsa: la capacità delle

religioni di mettersi in gioco per creare comunione non può che essere uno stimolo per un’Europa - per il mondo intero - che non sa più dialogare.

Questi mesi di campagna elettorale hanno dimostrato una totale mancanza di capacità di dialogo tra le differenti parti politiche: più che parlare per l’Europa e di Europa, si è litigato con l’Europa; la vittoria alle europee non è stata sbandierata come possibilità per un’Europa migliore ma come possibilità per poter finalmente mostrare i muscoli ai paesi “forti”dell’Unione: vincere in Europa, “andare a Bruxelles”, per potersi finalmente vendicare dell’austerity. E cosa si è visto nei numerosi e differenti talk show? Urla, urla, urla. Cosa si è compreso dei programmi? Poco, poco, poco.

E pensare che a parlare, giovani o meno che fossero i politici, erano adulti ai quali forse, andrebbe rivolto il monito con il quale Papa Francesco, all’ultima assemblea Cei, ha invitato i vescovi italiani a ricordare che “Il popolo ci guarda!...I bambini ci guardano!”. Il futuro ci guarda.

IL DIALOGO PER LA COMUNIONEdi Paolo di Palo

La verità al centro del dialogo ecumenico, che si svela appena si

entra in questo universo, è che quanto le chiese cristiane condividono è molto più di quanto le divida, e il suo valore è incomparabile: è il mistero di Cristo Signore. È la fede nella Trinità, nella provvidenza creatrice del Padre, nell’Incarnazione, morte e risurrezione del Figlio, nella potenza che vivifica dello Spirito Santo. La meditazione della grandezza di questi grandi misteri basterebbe a comprendere quanto sia inestimabile sia la verità che unisce «i santi di Dio» - per utilizzare l’espressione di Paolo – sia le diatribe teologiche o le asperità confessionali che li dividono. L’imprescindibilità del dialogo – afferma la Ut unum sint – si fonda sul «credere in Cristo che significa volere l’unità; volere l’unità significa volere la chiesa; volere la chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta

l’eternità» (9) .Cristo, dunque, è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6) del dialogo ecumenico per la comunione affinchè «tutti siano una cosa sola». Questa verità è l’inizio di ogni istituzione che vuole fare del dialogo il centro del pensiero e dell’azione. La compenetrazione tra conoscenza, condivisione e comunione, radicate nella persona del Cristo vivente, pone ognuno nella situazione di rispetto e buona volontà per ascoltare e comprendere l’altro.

Nel processo di dialogo ognuno viene cambiato dall’incontro, ci si appropria della storia di azione, reazione e separazione, a causa delle quali ognuno ha definito se stesso e se stessa in opposizione agli altri. La koinonia implica il far diventare propria la storia dell’altro, attraverso un processo di apertura, accoglienza, rinnovamento e l’assunzione responsabile di quella storia.

contina a pagina 26

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03maggio 2014

La Terza Pagina

Il contributo della Chiesa alla nascita di una casa comune europea

L’ABBRACCIO CRIStIANO ALL’EUROPAdi Mariano Messinese

“Nel processo in atto verso un nuovo ordinamento istituzio-

nale, l’Europa non potrà ignorare la sua eredità cristiana, dal mo-mento che gran parte di quello che ha prodotto è stato influen-zato dal messaggio evangelico”. Questo è quello che disse Giovan-ni Paolo II nel suo messaggio al convegno di studi sul tema “Ver-so una costituzione europea”. Era il 30 giugno 2002, l’euro era da poco diventata la moneta unica, l’allargamento agli ex paesi del blocco sovietico era in cantiere, mentre la Troika esisteva solo po-tenzialmente e soprattutto non incuteva tutta questa paura. Da allora sono passati 12 anni e l’Ue si è trovata ad affrontare proble-mi nuovi e sempre più complessi. L’unica costante in questo de-cennio è stata la questione sul-le origini cristiane dell’Europa. Anche il mondo accademico è sceso in campo per confermare o smentire quanto affermato dal pontefice. Il problema principa-le per gli storici è stato quello di rintracciare il periodo in cui af-fonderebbero le radici cristiane. Questo terreno fertile sarebbe stato individuato nel Medioevo, un’ epoca che abbraccia 15 seco-li, molto diversi tra loro. Questa temperie storica che si configura come un laboratorio in cui si spe-rimenta la modernità è contras-segnata dal confronto-scontro tra le due grandi istituzioni: il pa-

pato e l’impero che pongono le basi per la separazione del pote-re spirituale e secolare. Ma al di là delle questioni storiografiche e delle controversie tra guelfi e ghibellini, già alla fine del mondo antico, mentre l’impero romano collassava sotto i colpi delle inva-sioni barbare, la Chiesa si sostituì all’inceppata macchina statale, ingombrante e inadatta a gover-nare questo processo di insedia-mento delle genti straniere entro i confini imperiali. Già nel 1920, all’indomani della prima grande catastrofe bellica che aveva col-pito l’Europa, Benedetto XV ave-va riconosciuto caratteri unifor-mi nella storia del continente: “E se abbiamo saputo che i vecchi popoli barbari dell’Europa, dal giorno in cui lo spirito della Chie-sa li penetrò, videro colmarsi a poco a poco l’abisso delle mille divergenze che li separavano e placarsi le loro discordie; essi si fusero in una sola società omoge-nea e ne è nata l’Europa cristia-na, che, sotto la guida e gli au-spici della Chiesa, conservando la varietà delle nazioni, doveva però tendere a quell’unità che è operatrice di prosperità e di glo-ria”.

Insomma, se una frattura si trasformò in un abbraccio in gra-do di accogliere nuovi popoli, il merito fu essenzialmente delle predicazioni di monaci, proprio come nel caso di san Patrizio che

evangelizzò le isole britanniche, abitate da tribù celtiche, acco-munate dal credo pagano.

In tempi molto più recenti, il contributo dei politici di ispira-zione cristiana nel portare avanti le tappe del processo di unifica-zione del vecchio continente. Fra questi c’è De Gasperi, lo statista democristiano che nel 1953 di-chiarò che “l’Europa unita non è una favola, una fantasia o una te-oria: essa è l’aspirazione di coloro che conoscono i rimedi necessari per risolvere l’attuale situazione economica. E nell’esprimere con la scheda il proprio atteggiamen-to politico occorre ricordarsi non soltanto della libertà e della in-dipendenza dell’Italia, ma anche dell’Europa unita”.

Il segretario della DC era un politico molto lungimirante e sapeva bene che l’integrazione europea non sarebbe stata una passeggiata perchè: ““Per unire l’Europa è forse più necessario smobilitare che costruire: disfa-re un mondo di pregiudizi, di pu-sillanimità e di alterigie, disfare un mondo di rancori. Che cosa ci volle per fare una l’Italia, dove ogni città nei lunghi secoli di ser-vaggio aveva appreso a detestare la città vicina? Altrettanto biso-gnerà fare per l’Europa. Si parli, si scriva, si insista, non ci si dia tregue: che l’Europa resti all’or-dine del giorno. Ma soprattutto i governi devono mostrarsi più ri-soluti quando si tratta di sblocca-re i loro paesi”.

Alcide De Gasperi è morto il 19 agosto nel 1954; qualche giorno dopo, a causa del rifiuto dell’As-semblea nazionale francese, tramontava il suo progetto per l’istituzione di una comunità di difesa europea. Ma si trattò solo di un intoppo: tre anni dopo, con gli accordi di Roma, nascevano la Ceca che istituiva la Comunità Europea del carbone e dell’accia-io e l’Euratom per la condivisio-ne dell’energia. Piccoli passi ma comunque decisivi per la nascita di un Casa Comune in Europa.

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maggio 201404

mensile della Chiesa di Nola

Questo mese di maggio si è presentato come un tempo

decisivo per molti comuni della diocesi di Nola chiamati ad eleggere i propri amministratori. Alle elezioni locali, però, si è aggiunto il voto europeo. In tale contesto, un punto d’osservazione interessante per poter leggere i rapporti tra i nostri territori e l’Europa può essere senza dubbio l’utilizzo che abbiamo fatto dei fondi che le istituzioni europee hanno messo a disposizione per gli stati membri tra il 2007 e il 2013. Per fondi comunitari qui si intende quelle risorse economiche che l’Europa mette a disposizione degli stati membri, attraverso vari strumenti finanziari, per ridurre i divari esistenti fra i livelli di sviluppo delle diverse regioni, al fine di rafforzare la coesione economica e sociale. Bene, per il periodo 2007-2013 alla politica di coesione è stato dedicato il 35,7 per cento dell’intero bilancio dell’Unione europea: sono oltre 347 miliardi di euro. Se questi vi sembrano numeri di

lontani trattati politici scritti in burocratese, che nulla mettono e nulla tolgono alla vostra vita, vi state sbagliando di grosso: per il sestennio indicato, infatti, l’81,5 per cento dei 347 miliardi di prima – parliamo di circa 250 miliardi - era destinato alle regioni “in ritardo di sviluppo”, e una parte di queste risorse era messo a disposizione anche della Regione Campania, a patto che fosse stata capace di “meritare” tali fondi presentando dei progetti in grado di captare tali risorse. Come ce la siamo cavata? Lo abbiamo chiesto all’On. Pino Arlacchi, sociologo, esperto di fama mondiale di criminalità organizzata, ex vicesegretario generale dell’ONU, attualmente europarlamentare del PD.

On. Arlacchi, Campania e Fondi UE: cosa ha funzionato e cosa no?Direi che non ha funzionato quasi nulla, visto che la Campania non ha saputo spendere oltre l’80% dei fondi disponibili, ed è uno dei peggiori risultati a livello

nazionale.

Come mai?Semplice, i motivi sono due: la mancanza di volontà politica e l’incapacità tecnica e amministrativa.

Come far sì che tale disastroso risultato non si ripeta anche per il periodo 2014-2020?La mia proposta è semplice. Il prossimo candidato governatore dovrebbe impegnarsi a spendere almeno il 90% dei fondi europei destinati alla Campania, accettando una condizione: se la prossima amministrazione della Regione non rispetta una tabella di marcia ben precisa nella spesa dei fondi viene commissariata nella sua capacità nella spesa dei fondi. A quel punto Bruxelles potrebbe avere come suo interlocutore direttamente le amministrazioni comunali. In poche parole, se le regioni dimostrano ancora incapacità nel sapere attrarre i fondi comunitari devono essere bypassate.

Il sociologo ed europarlamentare PD Pino Arlacchi su Campania e fondi europei

tRENI PERSIdi Alfonso Lanzieri

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05maggio 2014

a Fondo PerduToUno sguardo ai prossimi anni. Come spendere i fondi europei? Quali sono le priorità per il Mezzogiorno?In primis il contrasto alla disoccupazione, drammaticamente avvertito nel nostro paese, specie al sud, ma un’urgenza per tutta l’UE. A questo problema l’Europa destina risorse ancora troppo esigue. Per il programma di contrasto alla disoccupazione giovanile nell’area UE “Garanzia Giovani”, ad esempio, sono stati stanziati 6 miliardi: una cifra assolutamente insufficiente. E poi la valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico, culturale e paesaggistico del sud. Anche rispetto a questo tema, le amministrazioni locali nel Mezzogiorno non sono state capaci di servirsi delle abbondanti risorse finanziarie che l’UE ha messo a disposizione.Fondi europei e criminalità organizzata. In alcuni casi, le risorse comunitarie che dovevano servire, ad esempio, a riconvertire un bene sequestrato alla mafia, sono poi finite a soggetti vicini alle organizzazioni criminali.Il rischio esiste, ma in verità io indirizzerei di più l’attenzione sulle nuove mafie politiche che ormai hanno sopravanzato i gruppi mafiosi classici.

Restando su questo punto, come valuta le politiche europee di contrasto alla criminalità organizzata?Il contrasto della criminalità organizzata è materia della magistratura e delle forze di polizia di ciascuno stato membro. L’Ue può facilitare lo scambio di informazioni relative alle indagini, gli investimenti mafiosi italiani sul territorio europeo. Abbiamo già il mandato di cattura europeo, l’idea della procura europea che è in stadio avanzato, abbiamo l’Eurojust che è un organismo di facilitazione di contatti tra le diverse magistrature europee. Dobbiamo proseguire lungo questa strada.

Pino Arlacchi (Gioia Tauro, 21 febbraio 1951) è un sociologo ita-liano. È stato docente di sociologia applicata presso l’Università della Calabria e presso l’Università di Firenze, visiting professor alla Columbia University di New York. È diventato poi professore ordinario presso l’Università di Sassari, dove è attualmente do-cente di Sociologia generale nella Facoltà di Scienze politiche. Divenuto noto in Italia e nel mondo per i suoi libri sulla mafia, tradotti in varie lingue, è considerato una delle massime autori-tà mondiali in tema di sicurezza umana. Attualmente europarla-mentare del Partito Democratico, è stato anche sottosegretario generale dell’ONU, direttore dell’UNDCP (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine) e direttore generale dell’ufficio delle Nazioni Unite a Vienna.

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maggio 201406

mensile della Chiesa di Nola

Tra i paesi dell’Unione Europea l’Italia è al penultimo posto

nella capacità di spesa dei fondi strutturali dell’Europa.

Malissimo al sud: tra le regioni italiane la Campania, assieme alla Calabria, spende solo circa il 35% delle risorse comunitarie disponibili: mancanza di volontà politica e incompetenza tecnica e progettuale hanno spesso impedito o l’accesso ai fondi o un utilizzo virtuoso degli stessi.

Per comprendere quanto spesso la politica dei nostri territori sia incapace di una gestione delle risorse davvero proiettata verso lo sviluppo della nostra terra non serve andare tanto lontano: basta aprire la finestra e guardare con un po’ di attenzione quel che ci accade intorno, appena fuori del cortile di casa.

Emblematica è la vicenda che stiamo per raccontare, legata al progetto “Io Gioco Legale”, lanciato dal Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia” (PON). Finanziato equamente dai Fondi Europei e dai Fondi Nazionali, il Programma si pone come obiettivo principale quello di rafforzare e rendere più efficaci le condizioni di legalità nel Mezzogiorno partendo dalla considerazione che senza sicurezza non può esserci sviluppo.

Il progetto “Io Gioco Legale”, lanciato nel 2011, prevede la costruzione di un centinaio di campi sportivi nelle regioni del sud per “trasmettere alle giovani generazioni i valori di solidarietà, giustizia e legalità attraverso lo sport”, il tutto per una spesa complessiva, sulla carta, di circa 45 milioni.

Uno dei soggetti beneficiari dei finanziamenti – l’elenco è consultabile on line - è il comune

di Moschiano (AV) al quale il Viminale nel 2011 assegna fondi per 510.000 euro per la costruzione di un campo sportivo polivalente intitolato a Scibelli Nunziante, giovane ventiseienne di Taurano ucciso per errore dalla camorra nel 1991.

«Nonostante i lavori siano già stati pure appaltati - mi dice il responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale, il geom. Mazzocca - la costruzione dell’opera deve ancora iniziare a causa del ritardo dell’invio dei fondi dal ministero».

Che si tratti di un pastrocchio burocratico o delle solite lentezze amministrative, per gli standard italiani (piuttosto modesti) fin qui sembra tutto in ordine. Perché sembra? Semplicemente perché nel comune di Moschiano un campo sportivo polivalente esiste o, per meglio dire, esisteva già. Inoltrandosi nel territorio della cittadina del Vallo di Lauro, infatti, è possibile imbattersi in via Leonardo Da Vinci nel triste spettacolo del centro sportivo comunale totalmente vandalizzato, come le foto testimoniano: campo di calcetto polivalente, campo da tennis con tanto di copertura, della quale ormai resta soltanto lo scheletro in metallo, e un fabbricato completamente sventrato che un tempo doveva ospitare spaziosi spogliatoi.

È sempre dal responsabile dell’Ufficio Tecnico che vengo a sapere che il campo sportivo è stato costruito con l’ausilio della Cassa Depositi e Prestiti e che giace in questo stato più o meno dal 2005. Dunque, ricapitoliamo: un po’ di anni fa il comune di Moschiano costruisce un campo sportivo polivalente, dotato di tutti i confort, che però allo stato attuale, dopo un lungo periodo

di abbandono, è totalmente inagibile e ormai ridotto così male che oggi converrebbe forse di più demolirlo e rifarlo da capo che ristrutturarlo.

Quindi le autorità di gestione dei fondi PON per la Sicurezza pensano bene di assegnare allo stesso comune altri 510,000 euro per la costruzione di un nuovo impianto che sorgerà nella stessa area di quello precedente. Insomma, “ritenta, sarai più fortunato”.

A questo punto mi sembra lecito sollevare qualche dubbio su tutta l’operazione. È certamente lodevole l’intento di voler costruire un punto d’aggregazione ed educazione per giovani, per di più dedicandolo ad una vittima innocente di camorra, ma possiamo considerare virtuoso o anche solo opportuno assegnare 510,000 euro (fondi nazionali ed europei) ad un comune per la costruzione di un campo sportivo, quando nella medesima cittadina ne esiste già un altro di identica natura e che, costruito con soldi pubblici, cioè nostri, ora marcisce inutilizzato? Davvero sfugge in che modo quanto descritto possa accrescere lo “sviluppo” e la “sicurezza” del territorio interessato.

Senza voler fare di tutta l’erba un fascio, il caso narrato mostra in modo emblematico (ed è per questo che ho scelto di raccontarlo) le carenze e le disfunzioni progettuali che troppo spesso caratterizzano l’operato politico di chi amministra concretamente sui territori le risorse e i fondi (nazionali e europei), e di chi quei fondi li eroga: quest’ultimo sarebbe chiamato ad operare un controllo e un discernimento che, mi pare, non sempre applica fino in fondo e con la giusta serietà.

Campania e fondi PON: il caso di Moschiano

RItENtA SARAI PIù FORtUNAtOdi Alfonso Lanzieri

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07maggio 2014

In Diocesi

Corresponsabili della gioia di vivere: rimaniamo, andiamo, gioiamo Azione Cattolica: dalla XV assemblea nazionale all’incontro con Papa Francesco

La Chiesa per la ScuolaIl 10 maggio il mondo della scuola ha incontrato Papa Francesco

Coltivare la povertà dello spiritoLa Gmg diocesana a Tufino

Apriti alla verità, porterai la vita51° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni al Seminario di Nola

Lì dove regna la misericordia!Comunità di Sant’Egidio a Nola

Per una Chiesa poveraA Bari incontro degli incaricati diocesani del Sovvenire

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maggio 201408

mensile della Chiesa di Nola

di Mena Beneduce

L’Assemblea Nazionale è stata un’occasione che mi

ha permesso di raggiungere una consapevolezza maggiore all’interno del mio percorso in Azione Cattolica, di toccare con mano l’idea di un’associazione che è realmente democratica, nella quale ciascun socio ha la possibilità di costruire insieme ad altri che come lui condividono la stessa scelta di vita, le basi per un percorso da compiere, ancora una volta, insieme.

Il presidente nazionale uscente, Franco Miano, nella sua relazione di fine triennio, ha inteso sottolineare – tra gli altri – un concetto fondamentale, che dovrebbe diventare il programma di vita di ciascun socio che sceglie di abbracciare la proposta associativa: vivere una vita missionaria, che vada al di fuori delle mura della parrocchia, che scenda in strada, che arrivi ai crocicchi, che si faccia povera con i poveri per potersi aprire all’ascolto e al racconto di sé, della vita, della gioia di vivere pienamente secondo Cristo e nello stile del Vangelo. Perché è nell’incontro personale con ciascuno che si può incontrare Cristo e testimoniare il suo messaggio.

Ad allargare il respiro ci hanno pensato i responsabili del FIAC (Forum internazionale di Azione Cattolica): la loro presenza è stata il segno di un’associazione che va, davvero, oltre i confini, toccando le mete e le terre più disparate.

Non poteva mancare la presenza frizzante dei più piccoli associati: i bambini e i ragazzi dell’ACR, presenti con il loro stile gioioso e sempre entusiasta: hanno lavorato anche loro sul documento assembleare, secondo le loro specifiche risorse.

Ci ha guidati, nella dimensione spirituale, il neo assistente generale, Mons. Mansueto Bianchi, il quale, in modo

provocatorio, ci ha ricordato lo stile del servizio costante al quale siamo chiamati quotidianamente, usando, per dirci questo, un paragone esemplificativo: quello dell’asino, che ogni giorno è caricato e con umiltà svolge il suo servizio con pazienza e dedizione.

Durante l’Assemblea si è proceduto all’elezione dei nuovi consiglieri nazionali e si è lavorato, come anticipato, al Documento Assembleare, il testo che racchiude le linee programmatiche per il nuovo triennio, al quale tutti “hanno potuto mettere mano”: testimonianza, questa, di un’associazione che non è fatta da pochi, ma che è di tutti perché insieme si costruisce il percorso da compiere condividendone le scelte di fondo.

A coronare la bellezza di questo momento c’è stato il desiderio di Papa Francesco di voler incontrare i presidenti parrocchiali di tutta Italia. Ed ecco che il 3 Maggio ci hanno raggiunti a Roma coloro che, più di tutti, si sporcano le mani per il servizio quotidiano tra la gente: persone, uomini e donne, giovani e adulti, che nella loro vita hanno scelto il servizio per Cristo e per la Chiesa attraverso l’AC e che sono dentro la vita della comunità a 360 gradi. Che bello sentirti parte di una famiglia, ritrovare e rincontrare le radici da cui provieni, vedere arrivare, da lontano, quei 200 e più amici della diocesi di Nola e condividere con loro un momento così importante per tutta l’associazione.

La Sala Paolo VI era gremita di gente e il calore della presenza del Papa ha riempito i cuori di ciascuno. Le sue parole, semplici ma incisive, ci hanno lasciato in eredità una missione fatta da tre verbi: rimanere, andare, gioire. Rimanere con Gesù, alla sua presenza, per esserne annunciatori e testimoni. Andare fino agli estremi confini, per incontrare l’uomo dovunque

si trovi, lì dove soffre, lì dove ama, lì dove crede e spera, lì dove sono i sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore. Gioire, cantare la fede con la gioia di chi riconosce i propri limiti e i propri talenti e sa vedere in ogni giornata, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore.

di Marco Iasevoli

Ho avvertito come una sorta di “complicità” tra il Papa e

l’Azione cattolica. Una fiducia estrema, da parte di Francesco. Come se lui sapesse, nel più profondo del suo cuore, che noi conosciamo e condividiamo davvero il sogno di Chiesa che le sue parole e i suoi gesti stanno disegnando (devo essere sincero: temevo qualche “cazziata” per le nostre pigrizie, e sapete che ce ne sono…). Perciò uscendo, oltre la gioia e l’emozione del momento, ho avvertito una responsabilità enorme, da far tremare i polsi: meritarci la fiducia di Papa Francesco e della Chiesa. Realizzando davvero, e non a chiacchiere, le cose che ci ha chiesto. Nella nostra vita, nella vita delle nostre famiglie, a scuola e sul lavoro, nel quartiere e nella piazza del paese, nella vita della nostra associazione e delle nostre parrocchie.

Non tocca a noi fare grandi e illuminate analisi sull’Assemblea nazionale e sull’udienza del 3 maggio. Siamo “semplici” responsabili diocesani e parrocchiali, soci e simpatizzanti che vogliono bene all’Ac. Il nostro dovere, piuttosto, è quello di porci una domanda precisa: “Rimanere, andare, gioire: come si incarnano questi tre verbi nella realtà concreta dell’Ac della diocesi di Nola?”. Per iniziare questa riflessione, che deve essere accompagnata all’esperienza diretta sul campo, propongo tre provocazioni, tre idee da cui partire e da cui iniziare a riflettere.

Rimanere e Andare. Questi due verbi sono intimamente collegati. Se “rimango in Cristo”, e poi non “vado

Azione Cattolica: dalla XV Assemblea Nazionale all’incontro con Papa Francesco

CORRESPONSABILI DELLA GIOIA DI VIVERE: RIMANIAMO, ANDIAMO, GIOIAMO!

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09maggio 2014

in diocesi

Azione Cattolica: dalla XV Assemblea Nazionale all’incontro con Papa Francesco

CORRESPONSABILI DELLA GIOIA DI VIVERE: RIMANIAMO, ANDIAMO, GIOIAMO!verso l’altro”, c’è qualcosa che non va. Vuol dire che il mio rapporto con il Signore è unilaterale: io gli dico le mie difficoltà e le mie paure, ma poi non ascolto ciò che mi chiede. Se “vado” ma non “rimango” mai con Gesù, vuol dire che il mio è un attivismo fine a se stesso, per sentirmi “importante”. Siamo chiamati, ora e non domani, a scelte fondamentali. Le elenco in ordine sparso:-sfruttare al massimo l’esperienza degli Esercizi spirituali e dei campi diocesani, occasioni di ristoro e di incontro con il Signore che rilanciano le motivazioni più profonde;-coinvolgere pienamente i sacerdoti nell’accompagnamento spirituale di responsabili, educatori, soci e simpatizzanti, perché il “fare” non sia dissociato dall’”essere”;-essere, come responsabili ed educatori, innanzitutto dei “pescatori di uomini” sul modello di Pietro, e poi degli impeccabili organizzatori di incontri formativi;-essere, come associazione, così sapienti e intelligenti da saper rimodulare la proposta con orari, tempi e luoghi adatti a tutte le condizioni di vita, diventando aperti davvero a tutti e non solo a quelli che hanno “condizioni ideali”.

Consentitemi, da questo punto di vista, una provocazione per responsabili ed educatori: prendiamo tutto il tempo dedicato ad aspetti organizzativi e preparativi. Bene, prendiamo metà di questo tempo, solo la metà. E reinvestiamolo nella ricerca “ansiosa” degli altri. Il sogno dell’Ac è avere educatori “inquieti”, che non trovano pace finché anche altre persone non scoprano la bellezza del camminare insieme a Dio e insieme agli altri. I nostri educatori, per farla breve, sono cristiani a tutto tondo. Perciò devono ricevere una formazione che abbia una forte radice interiore e un intenso bagaglio umano ed esperienziale. Su questi pilastri possono poi attecchire i contenuti

più “alti”. Di teste piene e cuori vuoti non ha bisogno né l’Ac né la Chiesa né, soprattutto, le tante persone che ancora oggi aspettano una proposta per vivere la fede in Gesù Cristo. Lo sforzo dell’Ac diocesana è vincere la sfida di formare educatori così, non con megacorsi che medicalizzano l’esperienza educativa ma con percorsi semplici, pensati e sostenibili.

Gioire. Quando il Papa parla di cristiani che si chiudono in parrocchia, e incatenano Gesù su una sedia per non farlo uscire fuori, parla di situazioni che conosciamo benissimo. A noi è richiesto più coraggio contro queste tendenze a chiudersi tra “pochi eletti”. Gli “eletti” di solito sono noiosi, spocchiosi, sanno tutto loro e dicono a chi vuole entrare “mi spiace ma tu non puoi stare al passo con quello che facciamo noi”. O peggio, ipocritamente, si lavano la coscienza con inviti tiepidi e formali. Quanto male facciano alla Chiesa, lo sapete benissimo. E noi? Spesso non siamo immuni da questo male, oppure ci accontentiamo di coltivare il nostro piccolo orticello e dire “siamo diversi”?

Mi pare che da questo fantastico fine-settimana sia emersa un’altra indicazione: “cantare la fede”, cantarla fuori ma anche dentro le mura della parrocchie, per colorare le chiazze di grigio. L’empatia che ci è richiesta è diversa dalla simpatia.

La simpatia è una dote naturale, non possiamo diventare tutti comici e battutisti. L’empatia, invece, quella capacità di “connettersi” con l’altro, chiunque egli sia, si impara alla scuola del Vangelo e dalla ferrea volontà di mettere le persone e le relazioni al centro della propria esistenza. E portare sul proprio viso il sorriso di chi crede non è un’operazione di marketing, né un atteggiamento da “ebetini”: si tratta di sapere che la nostra felicità risiede nella Resurrezione di Gesù, nella vita che trionfa sulla morte sempre, anche quando appare il contrario. Il cristiano ha momenti di tristezza come tutti, ma mai disperazione. Ha un cuore che soffre, come tutti. Ma ha un sentimento che va oltre i confini del tempo e dello spazio: si chiama speranza.

Tutti siamo rimasti colpiti dalla metafora dell’asinello propostaci dal nostro assistente nazionale, don Mansueto Bianchi. I laici di Ac, ha detto, sono come l’asino che porta Gesù a Gerusalemme. Mi viene in mente il passo evangelico del “servo inutile” che dopo aver fatto per intero il suo dovere non ha nulla da chiedere o da pretendere. Se abbiamo maturità umana e di fede, non ci vergogneremo mai di essere asini. Asini che portano Gesù nelle piazze. Asini che portano bambini, giovani e adulti al cospetto di Gesù. E da ciò ricavano il senso pieno della loro vita.

Dal 30 Aprile al 3 Maggio scorso si è svolta a Roma la XV Assemblea Nazionale di Azione Cattolica dal titolo Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia di vivere. L’appuntamento ha chiuso il se-condo e ultimo triennio del presidente Franco Miano. Presenti 800 de-legati provenienti da tutte le diocesi d’Italia, 250 uditori e 80 ospiti di diversi paesi, non solo europei. Al centro dell’evento il bilancio del cammino degli ultimi anni, l’approvazione del documento assembleare con le prospettive e le mete per gli anni a venire e, naturalmente, il rinnovo delle cariche associative a livello nazionale. Oltre all’assisten-te nazionale unitario Mons. Mansueto Bianchi e agli assistenti dei vari settori, hanno partecipato il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, il card. Angelo Bagnasco, Presidente della Cei e arcivescovo di Genova, e mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Cei e vescovo di Cassano allo Jonio. Al termine dei lavori poi, sabato 3 maggio, i partecipanti all’assemblea nazionale e più di 7000 presidenti parrocchiali, accompagnati dai loro assistenti, hanno incontrato Papa Francesco nell’aula Paolo VI.

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mensile della Chiesa di Nola

Lo scorso 10 maggio il mondo della scuola ha incontrato Papa Francesco. Riviviamo l’importante appuntamento attraverso le testimonianze di docenti e alunni che l’hanno vissuto in prima persona.

LA CHIESA PER LA SCUOLAAdriana De Falco (doc. ISIS de’ Medici a Ottaviano)L’incontro di Papa Francesco è stato vissuto dagli alunni dell’ISIS de’ Medici di Ottaviano come una vera festa. L’emozione è stato il leitmotiv di un iter che è iniziato già con l’attesa di mettersi in cammino e non poteva non concludersi con l’emozione più grande,trascorrere una giornata in Piazza San Pietro, con studenti di tutta Italia ma, soprattutto ,con un prof. molto speciale:Papa Francesco. Alle ore 7.00 comincia il nostro cammino; zaini in spalla, cappellini arancioni e tanto entusiasmo; un cartello portato a braccia ci dà un’identità, ma , la nostra speranza era che Papa Francesco potesse leggerlo e sapere che noi lì c’eravamo, ed eravamo lì per trascorrere una giornata con lui. Al nostro arrivo, ore 11.30 , Via della Concordia e il Piazzale erano già gremiti e pulsanti, ma con molta tenacia siamo riusciti a sistemarci vicino ad una transenna da dove beneficiavamo di una buona visibilità, sia dei mega video che della strada da dove sarebbe passato il nostro Papa. Alle ore 16.15 circa ,già sui video era visibile il suo arrivo sulla jeep, l’entusiasmo , gli applausi le urla di gioia crescevano man mano che si avvicinava al punto dove eravamo. Stretti gli uni vicini agli altri, ci siamo guardati e insieme abbiamo urlato “il Papa.. il Papa.., sventolando bandierine e foulards, tutti esultanti; qualcuno ha fatto una ripresa, incredulo nel vederlo a così poca distanza, qualcun altro versava lacrime di gioia. All’entusiasmo di aver visto Papa Francesco si è poi aggiunto l’ascolto della sua parola; i suoi messaggi hanno raggiunto il cuore e gli animi dei ragazzi :“La vera educazione ci fa amare la vita , ci apre alla pienezza della vita”, “La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”;di grande impatto il suo appello a”rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta ad imparare” , ma, sicuramente incisivo più di

tutti è stato il suo “ Per favore, non fatevi rubare l’amore per la scuola”; il Santo Padre con questo messaggio, ci ha identificati come detentori di questo amore e resi orgogliosi dell’appartenenza; il suo invito a difenderlo ci rafforza nell’impegno. Dopo il discorso, ci siamo incamminati verso la via del ritorno,l’atmosfera era carica di gioia,stanchi ma felici, la giornata aveva riservato e consegnato ad ognuno di noi un ricordo indelebile da custodire nel curriculum delle proprie esperienze di vita. Questo incontro a Roma, ci ha consentito di vivere momenti di condivisione, il camminare insieme, l’essere in tanti, ci mostrano che non siamo soli. Papa Francesco fa sentire la sua vicinanza al mondo della scuola, lo incoraggia, lo indirizza, mostra la sua attenzione ;con la semplicità delle sue parole, ci rafforza la fede e ci apre alla speranza di una pienezza di vita, ricca di valori e contenuti indispensabili per consegnare al domani, gli uomini del futuro.

Martina EspositoE dire che io e la mia classe abbiamo avuto un’udienza con Papa Francesco, è stato un privilegio incontrarlo, guardarlo, accolti da un grande uomo da cui tutti noi ragazzi dovremmo prendere esempio per ciò che dice e ciò che fa. La mia scuola e io con la mia classe abbiamo contato i giorni prima del grande evento, abbiamo fatto il conto alla rovescia per i giorni che mancavano. Partiti da Pomigliano alle 7.30, dopo varie soste siamo arrivati a Roma a mezzogiorno. A piedi ci siamo incamminati verso via della Conciliazione. Ad un certo punto abbiamo incrociato una gran folla di persone che provenivano da tutta Italia. Il caldo era estenuante, i piedi si appiccicavano sull’asfalto. Abbiamo atteso pazientemente l’arrivo del Papa. Io rimpiangevo di non aver portato uno sgabellino, ma la prof.ssa mi

diceva sii paziente che ne varrà la pena. Mi sembrava impossibile incontrare un Pontefice, vederlo da vicino dopo averlo visto per mesi in televisione. Arrivato il grande momento, dall’auto chiamata “papa mobile” un uomo vestito di bianco salutava tutti; era lui, il Papa, il Pontefice. Il mio cuore batteva a mille. E’ stata un esperienza fantastica, è valsa la pena aspettare più di cinque ore in piedi sotto il sole cocente. Questo ricordo rimarrà impresso nella mia vita e non lo dimenticherò mai più. Francesco VissicchioSabato 10 maggio mi sono recato insieme alla mia classe a Roma per incontrare Papa Francesco. Per me, che non avevo mai visto da vicino nessun Pontefice è stata una grandissima emozione. Come si può facilmente immaginare, la mia ansia inizia molti giorni prima; ero orgogliosa e felice di poter vedere da vicino colui che mi rende fiero di far parte del mondo cristiano, spesso macchiato da avvenimenti poco dignitosi. Nei giorni precedenti all’udienza pensavo come poteva essere il Papa fisicamente: basso, alto, magro …, poi, finalmente, giunto il giorno tanto atteso, io vestito di tutto punto mi sono unito ai miei compagni in via Sulmona per intraprendere il lungo viaggio verso la Capitale. Dopo varie soste siamo arrivati a Roma a mezzogiorno. Rendendomi subito conto che il viaggio non era ancora terminato, le prof.sse ci informano che bisogna proseguire a piedi per un paio di km, e non nascondo che quella notizia ha sbigottito parecchi di noi perché il caldo, il sole, la folla, e le spinte non ci hanno reso la cosa semplice. Giunti a via della Conciliazione la strada si presentava gremita di gente, e delimitata da palazzi, fu un sollievo essere arrivati. Dopo alcune ore di giochi e vari intrattenimenti, dalle urla notai che da lontano appariva il Papa sulla sua Papamobile; uomo vestito di bianco e con un grande sorriso stampato in faccia.

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11maggio 2014

in diocesi

Lo scorso 10 maggio il mondo della scuola ha incontrato Papa Francesco. Riviviamo l’importante appuntamento attraverso le testimonianze di docenti e alunni che l’hanno vissuto in prima persona.

LA CHIESA PER LA SCUOLASeduto su una grande sedia iniziò ad ascoltare le testimonianze scolastiche di alcune città. Sono tornato a Pomigliano soddisfatto nonostante la grande fatica, ricorderò questo giorno per tutta la vita.

Sara FormisanoIl 10 Maggio 2014 rimarrà nella mia vita come uno dei miei giorni più emozionanti. Da tempo sul mio diario era segnato “ Incontro con il Papa “. Sembrava una cosa da niente, ma quando mi sono ritrovata lì con i miei compagni di classe altro che niente; il mio cuore era pieno di emozione. Dal megaschermo, sulla sua papa mobile lo guardavo e non mi sembrava reale. Dovevo ancora realizzare che fra pochi istanti, a pochi metri da me potevo vedere colui che sta rivoluzionando la Chiesa. Colui che sta ascoltando tutti, e tutti accoglie con le braccia aperte. Hanno stimato ben 250.000 presenze: sono orgogliosa di poter dire c’ero anch’io. Con la mia classe ci siamo fermati in via della Conciliazione, non abbiamo potuto raggiungere la piazza a causa della troppa gente. Eravamo lì da ben due ore e c’erano persone che avevano trascorso lì tutta la notte. Tra la folla un’adorabile suora distribuiva a tutti dei foulard azzurri per omaggiare il Papa. A farci compagnia comparivano giovani che ci intrattenevano con giochi e balli di gruppo. All’improvviso i foulard venivano agitati in aria. Era il segnale che il Papa stava arrivando. Il megaschermo mostrava una figura maschile vestita completamente di bianco, con un buffo cappellino in testa e con un’altrettanta buffa automobile. Era la stessa persona che avevo visto in televisione e al telegiornale tantissime volte. Salutava tutti e dava baci ai più piccoli. Il discorso del Papa ha suscitato in noi grandi emozioni, tante sono state le testimonianze di alunni e di docenti che hanno parlato dell’importanza della scuola che deve essere una grande famiglia e accogliere tutti.

I passi dell’impegno educativoIl responsabile dell’Ufficio scuola diocesano ci spiega il percorso che ha portato all’appuntamento del 10 maggioDi Pasquale Pizzini

Il percorso formativo dell’Ufficio Scuola diocesano, in questo anno scolastico 2013/2014, ha avuto come orizzonte l’attenzione educativa proposta dalla CEI “La Chiesa per la scuola” e nell’incontro con papa Francesco del 10 mag-gio scorso la sua espressione più bella e significativa. Il percorso, come ogni anno, ha avuto l’obiettivo di provare a tradurre in gesti concreti l’alleanza educativa tra scuola e territorio, tra istituzioni laiche, associazioni e comu-nità ecclesiale. Il filo rosso che ha accompagnato l’Ufficio scuola diocesano nel “pensare” e “spendersi” per la scuola è stato anzitutto tenere vivo il dialogo tra le diverse agenzie educative e, particolarmente, tra educatori, docenti e operatori sociali. Infatti, siamo convinti che la scuola dell’autono-mia può svolgere efficacemente la sua funzione educativa solo se è in grado di instaurare una sinergia virtuosa non solo tra i soggetti che compongono la comunità scolastica ma anche con il territorio in cui è chiamata a svolgere il proprio compito. Del resto, il proverbio africano “per educare un figlio ci vuole un villaggio” rende efficace l’idea di fondo che anima il lavoro e l’im-pegno della Chiesa di Nola in campo educativo. Da qui, la scelta del Vescovo e dell’Ufficio Scuola di promuovere percorsi formativi caratterizzati dall’i-dea della cooperazione, ovvero del lavorare tutti sullo stesso piano rinun-ciando all’autoreferenzialità, per sviluppare sintonia valoriale e testimonia-re, anche con la sola presenza, rapporti umani di reciprocità, di interiore incontro e di lieto scambio di risorse. Tutto è iniziato con la presentazione (13 settembre 2013) della “Lettera agli studenti” del Vescovo, consegnata ad inizio anno scolastico agli insegnanti di religione cattolica, nella quale mons. Depalma ha sottolineato il tema della “fede vissuta con il lume della ragio-ne, quindi fede pensata, che ha la capacità di liberare dalla paura e dalla diffidenza e non teme di confrontarsi con il mondo”. E su questo confronto con la realtà nella quale siamo inseriti che è stato proposto il corso di perfe-zionamento (novembre 2013-maggio 2014) - in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose - “Educare ai beni comuni” e il corso di aggior-namento (novembre 2013- gennaio 2014) “l’insegnamento della religione nel contesto dei cambiamenti culturali”. L’attenzione alla scuola da parte della Chiesa di Nola, come sollecitudine a occuparsi dell’uomo e del bene comune, è poi proseguito con l’annuale appuntamento nella giornata della Memoria (26 gennaio 2014) in cui è stato posto l’accento, a partire dai tragici eventi della shoah, sulla negazione di alcuni diritti che ancora oggi sono negati in tante parti del mondo. Questa riflessione sui diritti negati, in particolare sul diritto alla salute, difesa dell’ambiente e stili di vita, è stata poi oggetto de-gli incontri del Vescovo prima con i Dirigenti Scolastici (24 febbraio 2014) e successivamente con gli studenti delle scuole secondarie (marzo 2014) sulle direttrici Sant’Anastasia - San Giuseppe Vesuviano e Palma Campania - San Gennaro Vesuviano. L’impegno per la scuola, inoltre, come risorsa per la vita civile e sociale, da parte dell’Ufficio scuola diocesano è poi continuato con l’appuntamento del Festival dei diritti dei ragazzi (29 marzo-10 aprile 2014) - in collaborazione con la Cooperativa sociale “Irene ‘95”, che ha vi-sto coinvolte dieci Istituzioni scolastiche (primarie e secondarie di I grado) e tante associazioni con le quali si è voluto sottolineare lo stretto legame del lavoro educativo tra scuola e territorio nell’ambito del vasto mondo dei diritti umani e in particolare dei diritti dei ragazzi. Pensare e agire per la scuola si è fatto anche preghiera negli incontri di spiritualità rivolti a do-centi nei tempi forti dell’anno liturgico prima di giungere all’appuntamento tanto atteso con il successore di Pietro, di cui in queste pagine riviviamo l’evento attraverso la testimonianza di alcuni ragazzi e docenti delle scuole del nostro territorio.

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maggio 201412

mensile della Chiesa di Nola

La Gmg diocesana a Tufino

COLtIVARE LA POVERtà DELLO SPIRItOdi Carla Serafini

giovani come loro, che hanno vis-suto e stanno viviendo l’esperien-za della condivisione, della frater-nità e dell’amore; con alle spalle vissuti differenti l’uno dall’altro ma con in comune la consapevo-le scelta di orientare le loro vite all’ascolto dell’altro e dei bisogni del più povero, dell’emarginato; giovani che incarnano il senso del-la povertà in spirito.

Spogliarsi di tutti i beni mate-riali, del superfluo, di tutto ciò che la società moderna impone come necessario alla vita di tuti i giorni ma che in realtà necessario non è; e che invade il nostro cuo-re e la nostra mente, sottraendo spazio a Cristo e all’Amore, unico vero valore necessario all’uomo.

Questo il vero significato dell’essere poveri in spirito: ave-re un cuore vuoto, così che possa essere colmato dall’unica cosa vi-tale e necessaria all’uomo, da cui dipende ogni cosa, l’Amore.

“Beati i poveri in spirito, per-ché di essi è il regno dei cie-

li”. Questo il tema portante della GMG di Rio 2014, riproposto an-che per la giornata diocesana del-la gioventù della nostra diocesi. L’evento, organizzato dall’Ufficio e dalla Consulta per la Pastorale Giovanile, si è tenuto a Tufino, lo scorso 12 aprile ed ha visto la massiva partecipazione di un folto gruppo di giovani e meno giovani, provenienti da tutto il territorio diocesano.

I giovani sono stati accolti al loro arrivo nella piazza del paese dagli animatori e subito coinvolti in un iniziale momento di diver-timento “consapevole”, con balli, canti e giochi che avessero sem-pre come filo conduttore il tema portante della Giornata Mondiale della Gioventù.

A tal proposito, un ringrazia-mento dovuto va alle signore del paese che ci ha ospitati per aver preparato un piccolo angolo risto-ro, presso il quale i ragazzi han-no potuto rifocillarsi e riprendersi dalle “fatiche” del gioco. A segui-to di questo primo momento di svago si è dato inizio al momento di preghiera, insieme con il nostro vescovo, padre Beniamino.

Sulle note di Jesus Christ, you are my life alcuni dei ragazzi ac-corsi per la giornata hanno por-tato in processione la Croce dei giovani, che ogni anno ci accom-pagna, verso la palestra della scuola comunale dove, a seguito della benedizione del nostro ve-scovo, avrebbe di lì poco avuto inizio il momento di preghiera.

Qui, aiutati dai canti dei ragaz-zi del Rinnovamento nello Spirito Santo, i giovani si sono radunati attorno a padre Beniamino per ascoltare la Parola, alcune ri-flessioni e testimonianze di vita cristiana e le parole del nostro Vescovo. I giovani hanno potuto ascoltare le testimonianze di altri

Beati i poveri in spirito…dal Messaggio di Papa Francesco per la Gmg 2014

[…] Voi dunque mi potreste domandare: come possiamo concretamente far sì che questa povertà in spirito si trasformi in stile di vita, incida concretamente nella nostra esistenza? Vi rispondo in tre punti.Prima di tutto cercate di essere liberi nei confronti delle cose. Il Si-gnore ci chiama a uno stile di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo. Si tratta di cercare l’essenzia-lità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano. Distacchiamoci dalla brama di avere, dal denaro idolatrato e poi sprecato. Mettiamo Gesù al primo posto. Lui ci può liberare dalle idolatrie che ci rendono schiavi. Fidatevi di Dio, cari giovani! […] Così come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà.In secondo luogo, per vivere questa Beatitudine abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali e materiali. A voi giovani affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà.[…] Dobbiamo imparare a stare con i poveri.[…]. Ma – e questo è il terzo punto – i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa. Anche loro hanno tanto da offrirci, da insegnarci. […] In un certo senso i poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in banca. […]

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13maggio 2014

in diocesi

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maggio 201414

mensile della Chiesa di Nola

51° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni al Seminario di Nola

APRItI ALLA VERItà, PORtERAI LA VItAdi Francesco Pacia

preghiera. Cioè, nasce, cresce e raggiunge la sua pienezza - il suo «è compiuto» (Gv 19,30) come quello del suo Agnello-Pastore – con, in e per la preghiera. Da essa attinge la luce per chiarirsi e la forza per concretizzarsi, al di là di ogni paura, limite o com-battimento da affrontare, al di là di ogni intiepidimento o compro-messo. Pertanto, la GMPV non è semplicemente un giorno dedica-to alla richiesta a Dio di nuovi sa-cerdoti o religiosi, ma un giorno di preghiera e riflessione sulla vo-cazione, che è dono per ciascuno per il bene di tutti. In quest’otti-ca anche la nostra diocesi ha ce-lebrato – come ogni anno - questa giornata con un appuntamento di preghiera che si è svolto in semi-nario mercoledì 7 maggio 2014. Diversi giovani e gruppi parroc-chiali hanno risposto con gioia e partecipazione alla veglia di pre-ghiera, sfidando la consueta pau-ra che si insinua al sentir parlare di vocazione, come se nel nostro

La IV domenica di Pasqua ha al suo centro l’icona di Gesù buon Pastore e, per questo, ormai da ben 51 anni vi si celebra la Gior-nata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (GMPV). Lo stesso Gesù, al momento dell’invio dei 72 discepoli, esorta a pregare per il dono di operai per il regno dei cieli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe» (Lc 10,2). Questa premu-ra di Gesù è espressione dell’a-more e della compassione del suo cuore per quel popolo che vedeva come pecore senza pastore (Mc 6, 34). In quelle parole di Gesù, però, non c’è solo un invito ad una preghiera per il dono di uomini e donne che spezzino e spendano la loro vita a servizio dei fratelli nelle diverse strade della missio-ne: c’è un insegnamento più sot-tile e più forte, che la Chiesa ha colto e ha fatto suo: la vocazione – ogni vocazione – è frutto della

contorto modo di pensare voca-zione e paura fossero un’unica cosa, e l’indifferenza o meglio mancanza di sensibilità nei con-fronti di una realtà – la vocazione appunto - che è sempre avvertita come estranea e affare da preti o da suore. Vocazione, invece, fa rima con vita piena ed autentica, con vita felice perché feconda. E la vita riguarda tutti. Non a caso, il tema della GMPV di quest’anno è davvero una sfida cui nessuno può sottrarsi: “Apriti alla verità, porterai la vita”. Proprio su que-sto binomio verità-vita è ruotata la veglia organizzata dal retto-re del seminario diocesano, don Gennaro Romano, insieme con la comunità vocazionale e presie-duta dal giovane sacerdote don Filippo Centrella. La veglia, arti-colata in tre momenti, ci ha con-dotto per mano all’incontro con il Maestro nella sua Parola che, ac-colta con fiaccole di disponibilità e gioia, è stata non solo ascoltata ma anche baciata. Questo gesto è riservato di solito al sacerdote: per questo, emozionati, ci siamo accostati all’evangeliario ricono-scendo la sua Presenza fascinosa - «è il Signore» (Gv 21,7) – che ci rende assetati di una vita bel-la come la sua, e con nel cuore la richiesta di forza e coraggio per una risposta d’amore al suo invito. Come rispondere? Niente paura! La vocazione non riguarda tanto un fare quanto un essere come Lui “azzimi nuovi” - come abbiamo ascoltato dalla testi-monianza di don Tonino Bello a conclusione della veglia – ovvero uomini nuovi e decisi che, aven-do ascoltato nel proprio cuore la verità di Dio sulla loro vita, han-no tagliato con i compromessi del passato e con le aporie decisiona-li dei “ma” e dei “se”, per esse-re fermento della sua Pasqua nel mondo.

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15maggio 2014

Comunità di Sant’Egidio a Nola

Lì DOVE REGNA LA MISERICORDIA!di Rossella Avella

in diocesi

le, presto si cercherà di incre-mentare le altre attività come a Roma e Napoli. “Cosa ti ha spinto ad entrare a far parte della Co-munità di Sant’Egidio- chiede la redazione ad una ragazza duran-te un venerdì sera. La risposta è racchiusa in poche parole ma in tanti e semplici gesti. “Qui non si svolgono solo iniziative benefi-che di raccolte di generi econo-mici, alimentari e materiali per poi delegare il loro utilizzo. Qui il volontario che decide di contri-buire con il suo aiuto si mette in gioco in prima persona, offrendo un aiuto concreto venendo diret-tamente a contatto con gli amici della piazzetta.

E’ così che si scoprono tante storie, sguardi che ti segnano, persone di tutte le nazionalità che ti diventano improvvisamen-te amici. Scopri che il campo non è solo un immondezzaio ma che in realtà hanno creato un vero e proprio ostello, li dov’è tutto ab-bandonato in realtà negli spoglia-toi hanno creato delle casette, li dove fa freddo, lì dove regna il nulla, dove vivono in una sorta di limbo dimenticati da tutto e tutti. Forse qui risiede il segreto

Volti, storie e vite che si incon-trano grazie ad un sentimen-

to fortissimo quale la solidarietà. Un amore incondizionato e senza confini quello che gli amici della Comunità di Sant’Egidio mettono in gioco per i più bisognosi, uomi-ni e donne nascosti nelle perife-rie della città, persone sole che hanno ritrovato nella Comunità una vera e propria famiglia.

Quest’ultima nata a Roma nel 1968, per volere di Andrea Ric-cardi, si trova oggi in 72 Paesi e da circa due mesi è presente anche sul territorio nolano. Qui ci si incontra ogni venerdì sera alle ore 19.00 prezzo la Chie-sa dell’Immacolata per fare il “giro”. Quello che viene definito giro è la caratteristica peculiare di Sant’Egidio che lo distingue dalle altre associazioni di volon-tariato, la Comunità entra nelle case delle persone che necessi-tano di aiuto porgendo loro un sostegno morale, per ascoltarli e per aiutarli, offrendo un asilo nido, una scuola di italiano per extra-comunitari ed un centro per anziani. Per ora a Nola ci si occupa della distribuzione del cibo durante il giro settimana-

del coinvolgimento, in questo gi-rone di solidarietà dal quale una volta che sei entrato non ne esci facilmente”. Trascorrendo qual-che ora con questi ragazzi il ve-nerdì colpisce l’elevata presenza di giovani che dedicano il proprio tempo a chi ne ha bisogno, ritro-vando nella Comunità un forte momento di aggregazione e di crescita umana e spirituale met-tendo al centro della propria vita la misericordia. “C’è bisogno di una cultura della misericordia- ha più volte ricordato il padre spiri-tuale diocesano della Comunità Don Giuseppe Mazzafaro, duran-te un incontro di formazione e spiritualità tenutosi lo scorso 29 marzo presso il Circolo Giordano Bruno-bisogna eliminare in sé la diffidenza e l’ignoranza, fonda-menta per il disprezzo.

La società si deve reggere sulla cultura dell’incontro e della co-noscenza, capendo che lavorare per i poveri è una ribellione ad una mentalità che tutto sia stati-co e nulla possa cambiare. Il pri-mo passo per cambiare il mondo è cambiare se stessi, fatto ciò la strada è tutta in salita verso la misericordia!”.

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mensile della Chiesa di Nola

“Chiesa povera e solidale per evangelizzare”. È questo il

tema del Convegno nazionale, organizzato dalla CEI, che ha ri-unito a Bari dal 13 al 15 maggio scorso gli incaricati diocesani del Sovvenire. Il convegno ha rappre-sentato un momento significativo per riflettere e confrontarsi sugli aspetti fondanti e su quelli pasto-rali del sostegno economico alla Chiesa. È stato anche un’occa-sione importante per conoscere, al di là di quanto viene divulgato dalla stampa cattolica, le diverse opere realizzate con il contribu-to dell’8xmille, nelle diocesi ita-liane ed all’estero, sul versante delle attività pastorali e di quelle

caritative. Ha aperto i lavori del conve-

gno la tavola rotonda sul tema “crisi economica e solidarietà” nella quale è stato ribadito che il denaro non è ricchezza ma uno strumento intermediario che as-sume una connotazione positiva solo se messo in circolazione. È stata auspicata un’economia di condivisione con un chiaro riferi-mento alla validità del Progetto Policoro, presente in tante dio-cesi italiane, per la sua valenza educativa e comunionale.

La relazione portante del con-vegno, che ne ha ispirato il tema, è stata presentata da Mons. Se-meraro, Vescovo di Albano, che

ha preso le mosse dalla espressio-ne di Papa Francesco pronunciata sin dall’inizio del suo Ministero Petrino: “Come vorrei una Chie-sa povera per i poveri!” Da qui egli ha tratteggiato il senso della “Chiesa dei poveri” nell’evento conciliare con particolare riferi-mento alla Lumen Gentium dove è sottolineato che il modello da seguire è Cristo, ed alla ricchezza la Chiesa deve opporre l’umiltà e l’abnegazione anche se per svol-gere la sua missione ha bisogno di risorse finanziarie. Soprattutto deve rifuggire dal pericolo della mondanità.

È stato dedicato ampio spazio al fenomeno dell’usura

A Bari incontro degli incaricati diocesani del Sovvenire

PER UNA CHIESA POVERAdi Giuliano Grilli

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17maggio 2014

Un po’ di Sovvenirewww.sovvenire.it

La storiaPrima della revisione del 1984, erano tre le fonti di finanziamento per la Chiesa Cattolica in Italia: 1) le offerte libere (e non deducibili) dei fedeli; 2) il finanziamento diretto da parte dello Stato, attraverso gli stipendi versati solo ad alcuni sacerdoti, come i cappellani degli ospedali e gli in-segnanti di religione che svolgono, nel quadro della pubblica amministra-zione, un servizio al cittadino; 3) il finanziamento diretto da parte dello Stato, attraverso le congrue a vescovi, parroci e canonici ad integrazione dei benefici e attraverso un contributo in favore delle nuove chiese.Con la revisione del Concordato nel 1984 la prima fonte di sostentamento, cioè quella delle offerte (non deducibili) dei fedeli è stata posta sempre più al centro del sistema, rappresentando l’elemento di maggior valore ecclesiale. La seconda fonte, quella di sostentamento dei sacerdoti che svolgono quei servizi, già evidenziati in precedenza, di particolare uti-lità pubblica e sociale, non è stata modificata. Mentre la terza, quella delle congrue e dei contributi per l’edilizia del culto, è stata, invece, radicalmente modificata. Dal 1989 sono dunque cessati per sempre questi finanziamenti diretti e sono state introdotte due nuove forme di sostegno economico alla Chiesa Cattolica rivolte ai cittadini: le offerte per il so-stentamento del clero, deducibili dal proprio reddito complessivo ai fini del calcolo dell’Irpef, e la scelta per la destinazione dell’otto per mille dell’Irpef. Nel frattempo sono stati aboliti anche i benefici ecclesiastici e questi beni sono stati trasferiti ai nuovi Istituti diocesani per il sosten-tamento del clero. Questi organismi, con i redditi ricavati dall’ammini-strazione del patrimonio, concorronoad assicurare il sostentamento dei sacerdoti diocesani che, indistintamente, svolgono il proprio ministero in servizio alle diocesi italiane.

Il sistemaL’otto per mille e le offerte deducibili per il clero sono perfettamente di-stinte, anche se l’una non esclude l’altra. In pratica chi sceglie di destina-re l’otto per mille alla Chiesa Cattolica può anche fare un’offerta a favore del sostentamento del clero e viceversa. E qui però che emerge anche il diverso valore ecclesiale dei due gesti.Proprio perché non costa nulla, l’otto per mille è per il credente un atto di coerenza con la propria fede, mentre l’offerta per il clero ha un maggior valore di partecipazione ecclesiale poiché comporta un esborso perso-nale, sia pure ripagato in parte dal vantaggio della deducibilità in sede di dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui non sia obbligato alla presentazione della dichiarazione.

I valoriComunione, corresponsabilità, partecipazione dei fedeli, perequazione, solidarietà, trasparenza e libertà: sono alcuni dei pilastri su cui si fonda il sostegno economico alla Chiesa scaturito dalla revisione concordataria del 1984. Sono valori che rendono più ricca spiritualmente l’intera comunità. Insieme, laici e sacerdoti, sono chiamati a testimoniare con la loro vita questi valori e ad amministrare i beni spirituali e materiali che la Chiesa possiede. E sono anche chiamati, corresponsabilmente, al reperimento delle risorse necessarie al sostegno della vita e della missione della Chie-sa. Ma da dove deriva il dovere proprio di tutti i battezzati di sostenere economicamente la Chiesa? Deriva da una precisa idea che il Concilio Va-ticano II ci ha insegnato: “una Chiesa che è manifestazione concreta del mistero della comunione e strumento per la sua crescita, che riconosce a tutti i battezzati che la compongono una vera uguaglianza nella dignità e chiede a ciascuno l’impegno della corresponsabilità, da vivere in termini di solidarietà non soltanto affettiva ma effettiva, partecipando, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno, all’edificazione storica e con-creta della comunità ecclesiale e assumendo con convinzione e con gioia le fatiche e gli oneri che essa comporta”.

cui la Consulta Nazionale Antiusura, anche attraverso la “provvidenziale collaborazione di Sovvenire”, sta cercando di porre un argine attraverso numerosissimi Centri d’Ascolto dislocati in quasi tutte le diocesi italiane. La piaga dell’usura, fortemente alimentata dal ricorso al gioco d’azzardo di massa, scaturisce dallo sconvolgimento degli equilibri finanziari che generano nuovi spazi per l’illegalità e la criminalità organizzata. La presentazione di questo scenario preoccupante si è conclusa con una nota di speranza e di ottimismo rappresentata dalla sempre maggiore coralità tra la Consulta Nazionale Antiusura e le Fondazioni associate, con il sostegno concreto e tangibile del Sovvenire. È questa una ragione in più per dimostrare che l’attività del Sovvenire è un’azione pastorale dalla grande valenza missionaria che trascende la riduttiva concezione economica che troppo spesso gli viene attribuita.

È emersa con forza dalla riflessione assembleare la necessità di perseguire, in ogni diocesi, l’obiettivo di una pa-storale integrata fondata su uno spirito di pienezza ecclesiale che dovrebbe animare tutti gli ope-ratori pastorali.

L’accoglienza della chiesa lo-cale di Bari è stata cordialissima ed ha avuto il suo momento più significativo in occasione della visita alla Basilica di S. Nicola ed alla successiva celebrazione nel-la Cattedrale della S. Messa pre-sieduta dall’arcivescovo di Bari.

Un dato confortante fornito dal Centro nazionale nel corso del convegno riguarda la consta-tazione che dopo sei anni di ri-duzione progressiva del numero delle offerte per i sacerdoti, si registra una inversione di ten-denza con un aumento significa-tivo del numero di offerte anche se il loro valore complessivo ri-sulta ancora in diminuzione per effetto della crisi economica.

in diocesi

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maggio 201418

mensile della Chiesa di Nola

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19maggio 2014

Il contagio della felicitàLa comunità di San Paolo Bel Sito coinvolge il paese in un video “Happy”

Vivere la PassioneIl racconto del Venerdì Santo a Quindici

Più belli della chiesa di pietraSan Giuseppe Vesuviano: riaperta al culto la chiesa parrocchiale S. Maria la Pietà

La parrocchia per il quartiereA torre Annunziata va in scena la quarta edizione di “Estate a teatro”

In Parrocchia

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maggio 201420

mensile della Chiesa di Nola

La comunità di San Paolo Bel Sito coinvolge il paese in un video “Happy”

IL CONtAGIO DELLA FELICItàdi Mariano Messinese

A volte la felicità può essere così contagiosa da influenzare

un intero paese. Non è un’esagerazione. Basta poco: un giovane prete, l’auto-ironia dei suoi parrocchiani e un buon cameraman. Metteteli insieme e il gioco è fatto. È successo a San Paolo Bel Sito, nel piccolo centro alle porte di Nola è stato prodotto un video sulle note di “Happy” di Pharrell Williams, ex frontman dei Nerd. Sia chiaro, anche in altre città hanno fatto la stessa cosa, ma qui la realizzazione è stata particolare, perchè ha coinvolto quasi tutta la cittadinanza. Il risultato? In poche ore “Happy from San Paolo Belsito” è diventato un video virale con oltre 5000 visualizzazioni totali.Tutti i protagonisti hanno prestato il volto e ballato al ritmo della hit. Tanti bambino e non solo: dal tabaccaio al barbiere, dai baristi agli spazzini, fino al primo cittadino, Manolo Caffarelli. Ma tutto questo non si sarebbe potuto realizzare senza la mente del progetto: don Ferdinando Russo, parroco di San Paolo Bel Sito, che abbiamo intervistato.Allora don Fernando, come è nato “Happy from San Paolo Belsito”?È nato dalla visione del video di Pharrel e dalla parodia “We

are happy in Naples”, in risposta ai cori razzisti contro la città. Allora mi sono chiesto cos’è la felicità? Per noi cristiani è uno stile, nato dall’ appartenenza a Gesù Cristo e lo abbiamo voluto dimostrare come comunità. Nel nostro video c’è anche tanta autoironia: abbiamo fatto ballare gente comune e le istituzioni. Anche se i carabinieri e l’ufficio postale non hanno voluto aderire. Comunque l’iniziativa è nata dalla parrocchia, abbiamo voluto dare un’immagine unitaria di questo paese e ricordare a tutti che si può essere felici. E poi abbiamo anche messo in evidenza i beni culturali del paese e gli esercizi commerciali.È stato difficile coinvolgere tutti questi attori improvvisati?No, non è stato difficile. So come convincerli. Alcuni avevano vergogna, alloro ho dato per primo l’esempio: ho iniziato a ballare goffamente davanti a loro. Quindi il primo a rendersi ridicolo sono stato io e questa cosa li ha rassicurati.L’obiettivo del video è ambizioso: portare l’allegria fuori dalle mura delle parrocchie, in pratica un messaggio spesso ripetuto dall’attuale pontefice. Vi siete ispirati a lui?Si , un po’ ci siamo ispirati a papa

Francesco. Siamo in sintonia con lui anche se abbiamo interpretato il suo messaggio a modo nostro. Noi volevamo riscoprire il lato positivo della vita, Cristo è venuto per indicarcelo e questa è la cosa più bella. E poi il nostro territorio è così depresso, per via dei tanti problemi, economici e non solo. Per noi questo video è un esercizio alla gioia. E questo messaggio è passato: in tanti sono venuti da fuori per conoscere San Paolo Bel Sito, il paese della felicitàCome hanno reagito le gerarchie ecclesiastiche alla visione di Happy from San Paolo Bel Sito?Ho pensato che mi avrebbero fatto una lavata di capo o peggio che mi avrebbero trasferito. Invece non è stato così. Anzi, il vicario generale, mons Pasquale d’Onofrio, è rimasto entusiasta, perchè ha capito quello che volevamo dire. In realtà anche nel paese ci sono state frange bigotte che ci hanno osteggiato, ma la maggior parte dei cittadini si è messa in discussione e ha partecipato al video.E dopo Happy from San Paolo, cosa dobbiamo attenderci dalla Parrocchia di San Paolo Eremita e della Santissima Epifania?Non anticipo niente. Chi vivrà vedrà.

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21maggio 2014

in Parrocchia

Il racconto del Venerdì Santo a Quindici

VIVERE LA PASSIONEdi Giuliana Cava

Il dramma del Calvario rivive, ogni anno, per le strade di Quin-

dici, il Venerdi` Santo: il popo-lo quindicese viene coinvolto in rappresentazioni sceniche e canti per rievocare la Passione di Cristo nei suoi momenti culminanti.

È all ‘alba che tutto ha inizio. Dalla chiesa madre Maria Santis-sima delle Grazie parte la proces-sione in costume, caratterizzata dalla presenza di molti figuranti. Aprono la processione i cosiddetti “tamburini”, ragazzi che suonano il tamburo, annunciando al pae-se il passaggio della processione; seguono il governatore Pilato con la consorte Claudia, con rispet-tivi schiavi ed ancelle, scortati dai soldati romani; dietro di loro Erode ed Erodiade nei loro abiti orientali. La parte centrale della processione vede la presenza di Gesù che porta la sua croce di le-gno, scalzo e con corona di spine sul capo; accanto a lui un centu-rione con la frusta e dietro di lui Maria, Giovanni, Maria Maddalena e la Veronica che mostra il fazzo-letto col volto di Gesù. La proces-sione è chiusa dalle Pie donne e dal popolo ebraico. Ma l’elemento caratterizzante del Venerdì Santo a Quindici, così come in tutto il Vallo di Lauro, sono i “Biancove-stiti”.

Si tratta di una Confraternita che secondo gli anziani locali ha origini nel Tardo Medioevo. I Bian-covestiti intonano le strofe della Via Crucis e si chiamano così per-ché indossano il tipico abito con-fraternale, tutto bianco, con un cordone in vita rosso e sul cappuc-cio una corona di spine o di ulivo. Tra loro tre donne vestite intera-mente di nero, segno di lutto. Il loro canto polifonico è suggesti-vo: vi è una tale combinazione di voci e armonie che l’ uditore ha la sensazione di non comprende-re le parole ma di percepire solo

un lamento straziante. Ed è que-sto l’intento: trasmettere tutto il pathos e il dramma della morte di Gesù. Questo effetto si ottiene grazie ad una rigorosa ripartizio-ne delle voci all’interno del coro: la prima voce intona la strofa, poi vi è la terzina che inizia appena la prima voce canta la prima sil-laba, seguono le seconde voci che sono gli alti, poi le terze voci e poi i bassi. L’ ingresso delle voci femminili si ha solo all’ultima strofa di ogni verso, questo con-ferisce al canto un forte potere suggestivo, poiché le voci femmi-nili pur nella loro esiguità, sovra-stano quelle maschili.

I Biancovestiti si recano, assie-me alla processione, presso gli Altari della Deposizione di ogni chiesa del Vallo di Lauro.

Di sera all’imbrunire, esce dal-la chiesa la processione con Gesù morto. Una statua di Gesù, privo di vita, con sopra un velo bianco, accompagnata da bimbi vestiti da angioletti e seguita dalla statua della Madonna Addolorata, è por-tata dalle sole donne del paese. L’ intensità delle rappresentazio-ni consente alla comunità di ri-cordarsi del sacrificio e delle sof-ferenze patite da Nostro Signore e di prepararsi alla Pasqua con rinnovato spirito Cristiano.

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maggio 201422

mensile della Chiesa di Nola

San Giuseppe Vesuviano: riaperta al culto la chiesa parrocchiale S. Maria la Pietà

PIù BELLI DELLA CHIESA DI PIEtRAdi Pasquale Prisco

fondatore e 1° Parroco, don Antonio Guadagno e don Francesco Cunto, sacerdoti che l’hanno guidata prima di me e che contemplano il Volto dell’Altissimo. Siate sempre - ha concluso - la “Chiesa” che splende della gloria del suo Signore.

Ricordatevi che la chiesa fatta di pietre anche se bella è soltanto il riflesso di un’altra Bellezza, quella che splende sul volto di tutti coloro che sono stati redenti dal Sangue di Nostro Signore. Noi siamo e rimaniamo più belli della chiesa fatta di pietra”.

Festa grande a San Giuseppe Vesuviano: la chiesa

parrocchiale è stata finalmente riaperta lo scorso 3 aprile.Chiusa da due anni e mezzo per lunghi lavori di restauro –il tetto era pericolante ed è stato tutto rinforzato con un bell’intervento di nuove capriate come pure la torre campanaria – la chiesa di S. Maria la Pietà ha ricevuto la benedizione e la consacrazione del nuovo altare da S.E. Mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola. Erano presenti il vicario generale, mons. Pasquale D’Onofrio, il vicario episcopale don Salvatore Bianco, i parroci del territorio, i seminaristi accompagnati dal rettore don Gennaro Romano, il sindaco avv. Vincenzo Catapano insieme al gonfalone del Comune con le guardie in alta uniforme, le autorità militari cittadine e un enorme moltitudine di fedeli per i quali è stato anche posizionato uno schermo gigante nel cortile della scuola parrocchiale.

Un’opera giunta a conclusione nonostante il grave momento di crisi, come ha ricordato il parroco don Mimmo Cirillo che nel suo intervento ha augurato all’intera comunità “di vivere intensamente il nostro passaggio nella chiesa restaurata che risplende e dovrà risplendere di rara bellezza”, ma soprattutto ha invitato tutti a lasciar “cadere le chiacchiere, il pettegolezzo, il puntare il dito, il sospetto, tutte cose che offuscano la bellezza di Dio in noi e attorno a noi, tutte cose che ci impediranno di cogliere la bellezza del luogo che abbiamo rioccupato questa sera”.

Una bellezza cui, ha ricordato il parroco, hanno contribuito “mons. Guerino Bossone,

CENNI STORICI

Il primo documento che parla di una cappella sotto il titolo di Sancta Maria de Pietate ovvero Santa Maria della Pietà risale alla visita pastorale di metà 1500 ad opera del Vescovo di Nola mons. Scarampo. Precisamente è il 29 settembre del 1561 quan-do giungono a questa cappella che è di beneficio della famiglia Bifulco di Ottaviano. Da questo momento in poi la ritroviamo nelle visite pastorali del 1603 e del 1615. Poco dopo il 1656 av-viene poi il prodigio in questa antica cappella “in sul cui muro era dipinta la Vergine Addolorata appiè d’una scala appoggiata alla Croce, onde à preso il suo nome, col morto divin suo Figliuo-lo nel seno” così come afferma il Remondini. Da questo prodigio scaturisce l’intenzione “di erigere dentro della Chiesa… una Con-fraternita” che trova completa realizzazione il 21 gennaio 1663 con approvazione dell’allora vescovo mons. Domenico Francesco Gonzaga. La Cappella intitolata a Santa Maria la Pietà diventa il fulcro vitale di questa zona per tutto il 1700 ed il 1800 così come si legge dai tanti documenti che abbiamo ritrovato nell’archivio diocesano, nella Biblioteca Nazionale di Napoli e da altri messi a disposizione dal Sig. Michele Bifulco, discendente della famiglia beneficiaria e che il prof Luigi Iroso, con l’aiuto di altre persone del posto, sta ricomponendo per portare alla luce la nostra vera storia. Quindi per tutto il 1700 e il 1800 è una delle cappelle del territorio di Ottaviano. Nel 1893 passa con San Giuseppe Vesuvia-no ed infine diventa una rettoria della Chiesa Parrocchiale di S. Francesco d’Assisi ai Casilli. Nel 1932 viene eletto vice parroco ai Casilli mons. Guerino Bossone con il compito di avere particolare cura dei fedeli che si trovano in questa zona. L’8 dicembre 1939 viene eretta a Parrocchia e il 16 gennaio 1940 mons. Guerino Bossone viene nominato primo parroco della nuova Parrocchia.

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23maggio 2014

in Parrocchia

A torre Annunziata va in scena la quarta edizione di “Estate a teatro”

LA PARROCCHIA PER IL QUARtIEREdi Alfonso Lanzieri

Bosco” andrà in scena con “O marito ‘e Nannin” di Scarpetta. I “Senzartenèparte” reciteranno “Benvenuto Sig. Schwarzkopf” e infine, il 4 luglio, la compagnia “Piccola ribalta oplontina” si esibirà con “Nu bambinello e 3 San Giuseppe”. Al parroco, don Franco Gallo, abbiamo chiesto alcuni dettagli sull’iniziativa.

Don Franco, di chi è stata l’idea di metter su questa rassegna?L’idea è stata dei miei più stretti collaboratori con i quali abbiamo costituito in questi anni l’Associazione Culturale Alfonsiana. È questa associazione a curare la rassegna.

Di cosa si occupa nello specifico l’associazione?Come il nome stesso indica si occupa di organizzare delle attività finalizzate a promuovere ed elevare il livello culturale del nostro territorio. Ma il teatro è solo, per così dire, il fiore all’occhiello dell’attività dell’associazione.

“Estate a teatro” è alla terza edizione. Qual è la risposta?Devo dire che la rassegna si sta facendo strada. Già l’hanno

scorso, seconda edizione, ho notato un grande aumento di interesse. Le persone sono rimaste molto soddisfatte dall’iniziativa, e hanno risposto in modo molto positivo, anche in termini numerici.

Come vi finanziate?Tutto è autofinanziato, nessun aiuto istituzionale. Ciononostante, col nostro darci da fare, e anche attraverso la vendita dei biglietti e degli abbonamenti (a prezzi popolarissimi ndr), riusciamo a mantenere alta la qualità.

Qual è il rapporto tra il lavoro pastorale in senso stretto e la promozione culturale e sociale del territorio?Queste cose non sono e non debbono essere pensate in maniera divisa, staccata. Se ciò si dovesse realizzare non ne verrebbe nulla di buono. Lo stesso magistero della Chiesa, espresso dal Concilio Vaticano II, spinge proprio su questa linea, e cioè che ci sia interazione tra la fede e la cultura, tra il mondo della Chiesa e quello sociale. Del resto la fede deve diventare opera e quindi testimonianza, che, in senso lato, significa anche promozione umana e culturale soprattutto dei meno fortunati e dei più poveri. Proprio la fascia di persone più povere che vive nel quartiere è, in un certo senso, tra i primi destinatari dell’iniziativa. Coloro che magari non possono permettersi di andare nei teatri limitrofi pagando il biglietto. In questo modo vogliamo dar loro un segno di attenzione, facendo anche promozione umana. Tutto questo noi possiamo definirlo anche, volendo, un’opera di pre-evangelizzazione per tanti. Riusciamo ad avvicinare molte persone all’ambiente parrocchiale e a stabilire con loro un primo contatto che poi cerchiamo di alimentare e accrescere nel tempo.

Tra pochi giorni, il prossimo 30 maggio, avrà luogo la

presentazione ufficiale della rassegna teatrale “Estate a Teatro 2014” a cura dell’Associazione Culturale Alfonsiana che opera nella parrocchia di Sant’Alfonso Maria Dei Liguori di Torre Annunziata. All’evento parteciperanno esponenti dell’amministrazione cittadina e personalità dell’ambiente culturale della città oplontina. La rassegna, giunta quest’anno alla terza edizione, è intitolata alla celebre scrittrice Maria Orsini Natale, nata proprio a Torre nel 1928 e scomparsa quasi quattro anni fa. Sul palco del campetto sportivo parrocchiale, trasformato per l’occasione in un vero e proprio teatro all’aperto, cinque compagnie teatrali si esibiranno in altrettante commedie per tutti i venerdì del mese di giugno e il primo venerdì di luglio. La Compagnia Teatrale “Oplontis” metterà in scena la celeberrima “Non ti pago” di Eduardo De Filippo; poi sarà la volta della compagnia “Delle Torri” con un’altra opera eduardiana: “Quei figuri di tanti anni fa”; l’associazione “Exallievi Don

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mensile della Chiesa di Nola

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25maggio 2014

Il dialogo per la comunioneQuinta tappa del viaggio nell’Ecumenismo

Cristiani fuori dal tempioForum dei giovani di Scafati

In Rubrica

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mensile della Chiesa di Nola

dello Spirito Santo. Egli «prenderà del mio e ve lo annuncerà» (Gv 16,14). Crescere nel dialogo per la comunione significa entrare nella consapevolezza di essere l’unico corpo di Cristo e abbandonarsi al soffio vitale dello Spirito. È lo Spirito che illumina, conforta, accompagna. Il riferimento di Gesù allo Spirito, nel vangelo di Giovanni, è offerto prima della sua preghiera per l’unità (Gv 17,21) ed è suggestivo rileggerlo nell’ottica delle divisioni tra i discepoli di Gesù. Lo Spirito, dunque, sarà «il Consolatore» dei cristiani segnati dalla divisione. Egli guiderà la comunità credente alla verità tutta intera annunciando le cose future (Gv 16,13).

Non può esistere un dialogo per la comunione che non porti il sigillo vivificante dello Spirito di Dio. Egli abilita i cristiani e le

comunità a proclamare la lieta notizia che non può conoscere divisioni. Ed è la sua presenza che crea la comunione nella comunità radunata nel nome di Cristo. E li unisce per renderli “testimoni”. Non scende su di essi come individui, in qualche modo già comunità di persone «perseveranti e concordi nella preghiera» (At 1,14), riuniti nello stesso luogo (At 2,1), per paura e per fede, ma come «comunità» che riceve il dono della sua presenza e della sua potenza affinché siano testimoni di Cristo Signore fino ai confini della terra.

Ed è proprio l’essere comunità di coloro che hanno ricevuto e trasmettono il dono della salvezza in Cristo, che diviene perentorio l’imperativo al dialogo, in quanto l’assenza della realtà comunionale, mina il fondamento stesso dell’annuncio credente.

continua da pag. 2Il confronto, il dialogo per

la comunione è sempre un procedimento doloroso, dal momento che sfida il nostro stile di vita, le nostre convinzioni, la nostra religiosità e il nostro pensiero. L’incontro con l’altro per la koinonia, fondata sul dono di Dio, richiede una kenosi, cioè dare e svuotare se stessi. E tale kenosi risveglia il timore di perdere la propria identità perché ci chiede di essere vulnerabili, ma essa non è niente di più della fedeltà al ministero di vulnerabilità e morte di Gesù, che ha voluto riunire il genere umano nella comunione con Dio e con gli altri. Egli è il modello della riconciliazione che conduce alla koinonia.

La verità del mistero di Cristo non può essere confessata e proclamata se non sotto l’azione

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27maggio 2014

Noi giovani spesso ci chiediamo come possiamo cambiare

o migliorare le nostre città ma molte volte nonostante le intenzioni, non conosciamo gli strumenti per poter realizzare i nostri progetti.

La mia città offre una grande opportunità di partecipazione attiva al bene comune con il Forum dei Giovani, un’istituzione nata a livello nazionale nel 2004 come insieme di organizzazioni giovanili italiane, con più di 75 organizzazioni al suo interno, per una rappresentanza di circa 4 milioni di giovani; il Forum comunale si insedia a Scafati per la prima volta nel 2012, è un organismo di partecipazione alla vita pubblica e alle istituzioni democratiche che assicura ai giovani le condizioni per intervenire direttamente nei confronti degli organi elettivi comunali, contribuendo con le loro proposte e i loro pareri alla fase di impostazione delle decisioni che questi dovranno assumere su temi di interesse giovanile. I membri del Forum hanno un età compresa tra i 16 ed i 29 anni e sono rappresentati da una quota di diritto tra cui le associazioni cittadine, ed una elettiva, al 50%.

Le ultime elezioni si sono svolte il 29 marzo scorso presso l’istituzione “Scafati Solidale” dove oltre 1000 giovani hanno partecipato esprimendo una sola preferenza per i 20 candidati in corsa, i primi 13 si sono uniti ai membri di diritto delle vari associazioni che precedentemente avevano presentato la loro candidatura; il primo eletto è risultato Francesco Velardo, nominato quindi coordinatore del Forum, che fin da subito ha espresso gli obbiettivi per questi prossimi due anni,i nfatti non appena insediatosi - il 29 aprile scorso - le singole commissioni hanno intrapreso ciascuna il proprio compito. Tra le prime

attività prefissate ci sarà quella di aprirsi al dialogo interculturale e di far conoscere nelle varie scuole del territorio le attività del forum e accogliere proposte dagli studenti.

Quest’anno per la prima volta anche l’Azione Cattolica in quanto realtà associativa presente sul territorio, ha aderito presentando un membro. Attraverso questa occasione l’associazione vuole incentivare l’interesse al Bene Comune spesso ignorato dalle nuove generazioni . Come laici associati, siamo chiamati a dare testimonianza del Vangelo anche attraverso il nostro contributo alla costruzione della «città dell’uomo a misura d’uomo». Si tratta di un compito gravoso e bello, per assolvere il quale i laici sanno di doversi affidare alla forza spirituale ma sanno anche di doversi impegnare in prima persona con competenza e onestà per il Bene Comune. Il cristiano non è solo “dentro il tempio”, dove compie i suoi riti e opera con

le organizzazioni ecclesiastiche ma è tale, quando vive nel mondo e dà un contributo ad avvicinare il mondo al suo Creatore; cristiani nel mondo ma non del mondo.

Come diceva San Giovanni Bosco:” Voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino”. Parafrasando don Bosco, la missione a cui siamo chiamati coinvolge necessariamente il nostro senso civico che, in quanto giovani cristiani, dobbiamo educare ai valori evangelici, di cui ci facciamo sinceri ricercatori e portatori con la nostra testimonianza laicale.

L’obbiettivo primario di noi giovani cristiani che ci impegniamo nel nostro territorio per il Bene Comune si può riassume con le parole di Vittorio Bachelet: “Noi dobbiamo essere, in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l’avvenire”.

Forum dei giovani di Scafati

CRIStIANI FUORI DAL tEMPIOdi Valentina Sicignano

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mensile della Chiesa di Nola

Una madonna e santi ritrovata18 giugno 2014 - ore 18:30Palazzo vescovile di Nola

Salone dei Medaglioni