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Un seul monde Eine Welt Un solo mondo N. 3/ SETTEMBRE 2009 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch Cambiamenti climatici: le responsabilità del Nord, le nefaste conseguenze per il Sud Mozambico: tra miracolo economico ed estrema povertà Crescita demografica: entro il 2050, la Terra raggiungerà i nove miliardi di persone – ma quanti abitanti è in grado di mantenere?

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N. 3/ SETTEMBRE 2009LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Cambiamenti climatici: le responsabilità delNord, le nefaste conseguenze per il SudMozambico: tra miracolo economico ed estrema povertà

Crescita demografica: entro il 2050, la Terraraggiungerà i nove miliardi di persone – ma quantiabitanti è in grado di mantenere?

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Sommario

Un solo mondo n.3 / Settembre 20092

DOSSIER

DSC

FORUMCAMBIAMENTI CLIMATICI

Una problematica esplosiva dall’esito incerto Il cambiamento climatico pone la comunità internazionaledinnanzi a sfide finora mai conosciute

6Occhio agli aspetti climatici La problematica del clima riveste un ruolo centrale nei progetti della DSC

11«Abbiamo perso molto tempo» Un’intervista con Thomas Stocker, membro del Comitato ONU per il clima

12Contadini peruviani minacciati dallo scioglimento

dei ghiacciai Nell’altopiano peruviano, i contadini hanno già dovuto adattare i loro metodi di coltivazione alle mutate condizioniclimatiche

14Il fascino della luce «pulita» In Nicaragua, la DSC promuove la costruzione di piccolecentrali idroelettriche in diverse province rurali

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«Abbiamo la libertà, ma praticamente nulla per vivere» Il Mozambico è considerato uno Stato africano modello, eppure una grande fascia della popolazione vive ancora in estrema povertà

16«Ce ne accorgiamo di notte, quando lo stomaco è vuoto» Bernardo Tovela illustra quanto sia sempre più difficilesopravvivere per i pescatori della sua regione

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Tanto da offrire, ma anche tanto da guadagnare Martin Dahinden, direttore della DSC, illustra le enormi sfide imposte dai cambiamenti climatici

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Nonni e nipoti pagano il prezzo dell’AidsIn Tanzania, l’associazione svizzera Kwa Wazee versauna pensione di vecchiaia a 720 persone

22Medici di famiglia invece di specialisti La promozione della sanità di base è sulla lista dellepriorità in Bosnia e Erzegovina, e i cosiddetti medici difamiglia vi giocano un ruolo fondamentale

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Quanti abitanti è in grado di mantenere la terra?Nella cooperazione allo sviluppo la crescitademografica non è un tema prioritario

26Redimere l’Africa Una nota critica dell’autore sudafricano Zakes Mdasulla cooperazione allo sviluppo e gli aiuti alimentari

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La cultura unisce La fondazione Pro Helvetia ha concentrato le sue attivitànei Balcani occidentali. I suoi progetti oggi puntano allacooperazione transfrontaliera e sono pensati percontribuire a placare le tensioni etniche

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Editoriale 3Periscopio 4Dietro le quinte della DSC 25Che cos’è … lo scambio di crediti d’emissione? 25Servizio 33Impressum 35

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dellosviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), èl’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficialein senso stretto; presenta, infatti, anche opinioni diverse. Gli articolipertanto non esprimono sempre il punto di vista della DSC e delleautorità federali.

ORIZZONTI

CULTURA

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o Il clima reagisce alle attività dell’uomo; ed è ciò che co-stringe l’uomo ad un’ulteriore reazione. Oggi, è noto: lecause principali del riscaldamento globale sono datedalla combustione di supporti di energia fossili, dal di-sboscamento di enormi superfici boschive e dalleemissioni provenienti dall’agricoltura. Le conseguenzesono tangibili e le incontriamo in ogni angolo delmondo. La comunità internazionale è dunque messa aconfronto con colossali sfide.

Ancora una volta, a risentirne maggiormente, sono lepopolazioni più povere; paradossalmente, quelle chemeno di tutte sono responsabili dei cambiamenti cli-matici. Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo siè da tempo preso conoscenza della problematica, e si è agito di conseguenza. Tuttavia, ci si è ritrovati difronte ad un dilemma: i miglioramenti perseguiti in me-rito alla qualità di vita, e alla riduzione della povertàhanno sino ad oggi sempre comportato un maggioreconsumo di risorse ed energia. Oggi, più che mai, oc-correrebbe una svolta.

Ma il problema è destinato ad accentuarsi ancor più.Ad aumentare a livello mondiale non è, infatti, solo ilconsumo pro capite di energia, bensì anche il numerodegli abitanti del pianeta: entro il 2050, secondo le pre-visioni, sulla Terra ci saranno oltre 9,2 miliardi di esseriumani. Un fenomeno preoccupante, che al momentonon sembra interessare nessuno (v. articolo a pag. 26).Sembra un circolo vizioso: da una parte sono semprepiù tangibili gli effetti nefasti dei cambiamenti climaticiquali siccità, inondazioni, penuria di risorse e perditadella biodiversità. Dall’altra parte, vi sono sempre più

esseri umani che dipendono da risorse sempre piùscarse, ma che utilizzano sempre più energia e quindinon fanno che accelerare i mutamenti climatici. La ca-tastrofe è dunque inevitabile?

I ricercatori si dividono nel giudizio tra pessimisti ed ot-timisti. James Lovelock, ricercatore della NASA, è peresempio convinto che tra un centinaio d’anni solo unapiccola parte degli attuali terreni agricoli sarà ancorautilizzabile; le altre aree saranno o troppo aride o som-merse dall’acqua. «L’umanità si troverà in una situa-zione difficile, ed io temo che non sarà intelligente ab-bastanza ad affrontare tali problematiche. Alla fine diquesto secolo, verosimilmente solo un miliardo di per-sone scamperà alla sciagura», afferma Lovelock.

Più ottimisti sono invece i prognostici di Hans JoachimSchellnhuber, dell’Istituto di ricerche climatiche diPotsdam, ma solo se «…l’umanità saprà consideraregli eventi come un’opportunità e sarà capace di ripen-sare il tutto in maniera radicale». Così la pensa ancheil fisico del clima Thomas Stocker (v. intervista a pag.12) membro del Comitato ONU sul clima, che afferma:«Occorrono nuove tecnologie e un uso molto più par-simonioso di tutte le risorse. Inoltre dobbiamo ridefinireil termine di qualità di vita puntando, nel limite del pos-sibile, su cicli chiusi per quanto concerne energia emateriali».

(Tradotto dal tedesco)

La redazione

Il clima reagisce – che cosa fa l’uomo?

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Editoriale

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Nigeria: ritorno alla terra ( jls) Per premunirsi contro unacrisi alimentare, la Nigeria hadeciso di investire nell’agricol-tura. Dopo la scoperta di giaci-menti petroliferi all’inizio deglianni Settanta, il paese si era di-sinteressato a questo settore eco-nomico. Divenuto la principalefonte di valuta, l’oro nero finan-ziava l’importazione massiccia diprodotti alimentari. Negli ultimianni, tuttavia, le finanze pubbli-che sono state pesantementedanneggiate dal crollo dellequotazioni internazionali delgreggio e dagli atti di violenzaperpetrati nel delta del fiumeNiger, dove si concentrano igiacimenti.Il governo ha dunque adottatomisure per differenziare l’econo-mia e rilanciare l’agricoltura. Laproduzione di granoturco, riso emanioca è incoraggiata. In unanno sono stati costruiti o ripri-stinati oltre 50 000 chilometri dipiste rurali.All’inizio del 2009,lo Stato ha distribuito gratuita-mente 850 000 tonnellate diconcime e insetticidi ai conta-dini di tutto il Paese. Con l’aiutodel settore privato è anche riu-scito a mobilitare 200 miliardi di naira (1,5 miliardi di franchicirca), che finanzieranno creditialle aziende agricole. Inoltre, nelnord e nel sudovest del Paese èin corso un vasto programmad’irrigazione.

Schiavitù, un fenomenopreoccupante(bf ) La schiavitù continua ad essere molto diffusa.A questaconclusione giunge un rapportodell’UNESCO e dell’Ufficiodelle Nazioni Unite contro ladroga e il crimine UNODC, dalquale emerge altresì che la trattadi esseri umani, la prostituzionee il lavoro minorile hanno strut-ture di base simili alla tratta deglischiavi del XVIII secolo. Il 79per cento della tratta mondialedi esseri umani concerne losfruttamento sessuale, che colpi-sce in primo luogo donne e ragazze. Il secondo tipo di com-mercio di persone più diffusoconcerne, con il 18 per cento,il lavoro forzato – quota che comunque considera soltanto i casi comprovati. Si stima, infatti,che le cifre reali possano esseremolto più elevate. Il 20 percento dei casi di tratta di esseri

umani riguarda bambini. In alcune zone dell’Africa e nella regione del Mekong, i bambinisono addirittura la maggior vit-tima del commercio di persone.Il rapporto denuncia anche ilfatto che, contrariamente aquanto si possa pensare, in trepaesi su dieci che hanno fornitoinformazioni sul sesso dei traffi-canti, i principali responsabili deifatti criminosi erano donne.www.unesco.org/shs/humantrafficking

Acqua, bene prezioso(bf ) Dal recente rapporto delleNazioni Unite sullo sviluppodelle risorse idriche mondialiemerge, in particolare, che l’ac-qua diviene un bene sempre piùraro a causa della crescita demo-grafica e dei nuovi stili di vita.Gli autori del rapporto, cuihanno collaborato 26 agenzieONU, mostrano come l’acquasia di fondamentale importanzaper lo sviluppo economico tantoquanto i programmi congiuntu-rali. Catastrofi come inondazionie siccità, ad esempio, possonocostare fino al 14 per cento delprodotto interno lordo di unanazione. L’irrigazione intensivapraticata in agricoltura utilizzagià oggi il 70 per cento delle ri-sorse in acque dolci. Secondo gliautori del rapporto, questa tendenza è destinata ad intensificarsi.L’incredibile contraddizione: il13 per cento della popolazione

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mondiale, ovvero 884 milioni

di persone – di cui 340 milioni

nella sola Africa – non ha accesso

ad acqua potabile.

www.unesco.org, «Natural

Sciences»,«Freshwater»,«WWAP»

Lavorare con il cellulare(gn) Da nuove tecnologie emer-

gono nuove forme di reddito:

nel mese di gennaio, l’azienda

txteagle ha lanciato in Kenya un

modello molto promettente che

consentirà a migliaia di titolari

di telefoni mobili di realizzare in

comune lavori di traduzione.

Chi partecipa riceve telefonica-

mente un mandato da eseguire e

rispedire alla centrale. Il primo

cliente è Nokia: il produttore di

telefoni cellulari intende realiz-

zare un menu per tutte e ses-

santa le lingue parlate in Kenya.

Per questo compito si cercano

ora dei kenioti disposti a tra-

durre svariati termini dall’in-

glese alla loro lingua madre. «La

stessa parola o la stesa frase è

spedita a differenti utenti.

Quando molte persone rispedi-

scono la stessa risposta, il sistema

la registra come corretta», spiega

il fondatore di txteagle Nathan

Eagle.Anche il compenso è pa-

gato via cellulare: grazie a un ac-

cordo con la società di telefonia

keniota Safaricom, che funge da

banca e che converte in moneta

l’importo accreditato sul cellulare.

http://txteagle.com

Patate ricercate (bf ) Per alcuni paesi in via di

sviluppo, negli ultimi anni, la

coltivazione di patate si è tra-

sformata in un affare d’oro.

Tuttavia, la situazione potrebbe

cambiare a causa dell’assegna-

zione più restrittiva di crediti

dovuta all’attuale crisi. Secondo

la FAO la patata è la seconda

derrata più coltivata al mondo

dopo i cereali. Nel 2007 sono

state raccolte 325 milioni di

tonnellate di patate, oltre la metà

in paesi in via di sviluppo. Il

maggiore produttore a livello

mondiale è la Cina – ma a con-

sumarne di più sono le popola-

zioni di Bangladesh, India e

Iran. Questi affari Sud-Sud, tut-

tavia, risentono parecchio della

recessione, poiché anche gli in-

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Paesaggio

vestimenti nella produzione di

patate, il commercio e i crediti

all’agricoltura sono crollati.

NeBambi Lutaladio della FAO

chiede perciò misure concrete,

come l’accelerazione della

ricerca sulla patata e dello

sviluppo di questo tubero per

stimolarne la produzione.

www.potato2008.org

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I maggiori responsabili dei cambiamenti climatici sono i paesi industrializzati, seguiti da quelli emergenti quali India e Cina (immagine in alto). Di minoreincidenza sono invece le emissioni di CO2 prodotte dai paesi in via di sviluppo come il Mali (immagine in basso).

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Cambiamenti climatici

Una problematica esplosivadall’esito incertoIl pianeta si surriscalda e le conseguenze sono note: il cam-biamento climatico pone la comunità internazionale dinnanzia sfide finora mai conosciute. Il dibattito si focalizza sull’isti-tuzione di regole globali per ridurre le emissioni di gas a effet-to serra come base di una politica climatica mondiale equa. DiGabriela Neuhaus.

Non passa giorno che non arrivino nuove noti-zie dal fronte clima – il riscaldamento globale re-sta fra gli argomenti di attualità politica più scot-tanti. E da un pezzo non interessa più solo i cli-matologi e i politici – il cambiamento climaticocomporta nuove e importanti sfide anche per lacollaborazione allo sviluppo. Di certo c’è che ne-gli ultimi cent’anni, la temperatura media è au-mentata di 0,74 gradi centigradi. Il riscaldamentoè dovuto alla maggior concentrazione di gas a ef-fetto serra immessi nell’atmosfera terrestre, causa-ti oggi come ieri da attività umane, soprattutto dal-la combustione di supporti di energia fossili. Maanche dalle deforestazioni di grandi superfici bo-schive o da emissioni imputabili all’agricoltura.

Aumento delle calamità naturali Secondo gli esperti, negli ultimi anni il riscalda-mento terrestre ha registrato un’accelerazione checontinuerà anche in futuro.Anche se le tempera-ture aumentano solo di pochi gradi, le conse-guenze per la vita sul nostro pianeta sono dram-matiche: infatti, circa la metà delle superfici terre-stre si trovano nelle zone climatiche tropicali esubtropicali, e potrebbero essere colpite da un’ul-teriore estensione delle zone desertiche. Sono toc-cati però anche interi gruppi di isole e regioni co-stiere, che rischiano di sprofondare in mare, per-ché lo scioglimento dei ghiacci polari porterà adun innalzamento del livello del mare.Il ritiro dei grandi ghiacciai nelle regioni di mon-tagna quali Ande e Himalaya, già oggi influenza imicroclimi locali, nonché l’intero bilancio idrolo-gico dei sistemi fluviali.A livello mondiale, si re-gistra un aumento degli eventi climatici estremi,quali ondate di caldo o di freddo, cicloni e uraga-ni – anche questi fenomeni causati dal riscalda-mento globale. Quanto più rapido e importante èl’aumento delle temperature, tanto più elevato èil pericolo di un collasso degli ecosistemi.Certo è che gli effetti negativi del cambiamento

climatico saranno particolarmente forti nei paesiin via di sviluppo. Da un lato perché molti di que-sti si trovano nelle regioni con condizioni clima-tiche più vulnerabili. Ma anche e soprattutto per-ché le persone che dipendono direttamente dalfunzionamento degli ecosistemi in cui vivono, eche non hanno praticamente nessuna possibilità diadeguare la loro attività alle condizioni ambienta-li mutate, sono particolarmente minacciate: unpiccolo agricoltore nel Sahel non può certo per-mettersi di istallare una pompa elettrica per estrar-re l’acqua. E ovviamente i pescatori del Bangla-desh non dispongono dei mezzi per costruire ar-gini alti vari metri e capaci di resistere all’avanzatadel mare.

Conseguenze sociali e alta carica esplo-siva Ma se gli insediamenti e le colture sono inghiot-titi dal mare o dal deserto, le persone costrette afuggire saranno centinaia di migliaia. Inoltre la ca-renza delle risorse, quali generi alimentari o acquapotabile, porterà a carestie, conflitti e guerre. Lepossibili conseguenze sociali del cambiamento cli-matico non rimettono dunque in causa solo gliObiettivi di sviluppo del Millennio. Oggi il peri-colo è che vada distrutto quanto è già stato rag-giunto e che aumenti nuovamente la povertà.È qui che si palesano la complessità e la caricaesplosiva della problematica del clima: i principa-li responsabili dei problemi attuali sono i paesi in-dustrializzati, le cui attività negli ultimi cent’annihanno fatto lievitare la concentrazione di gas a ef-fetto serra nell’atmosfera – e i quali ancora oggi,con una proporzione della popolazione globalepari al 20 per cento sono responsabile per il 50 percento di tutte le emissioni di CO2. Aderendo alProtocollo di Kyoto, i paesi firmatari si sono im-pegnati a ridurre le loro emissioni di CO2. Tutta-via il livello che si vuole raggiungere, resta moltopiù alto della media globale.

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Il motivo per cui i paesi soglia e in via di svilup-po generano emissioni relativamente più basse, èstrettamente legato alla povertà: in Ruanda, adesempio, ancora oggi la metà delle case non è al-lacciata alla corrente elettrica, e anche in paesi qua-li l’India o la Cina, la maggior parte della popola-zione vive sotto il limite di povertà. I progetti tesia migliorare lo standard di vita, quali l’allaccia-mento elettrico di villaggi o l’aumento di pro-duttività nell’agricoltura e nell’industria, ma an-che il miglior accesso al mercato e la mobilità ol’introduzione di computer e telefoni cellulari,sono inestricabilmente legati ad un aumento delconsumo di energia.Vista l’attuale minaccia cli-matica, nella lotta alla povertà ora si stanno cer-cando nuovi approcci per suparare questi proble-mi.Se questo traguardo sia raggiungibile, e in qualemisura, è oggetto di accese controversie. La mag-gior parte dei progetti e dei programmi discussinelle istituzioni – dalla Banca mondiale alle ONGlocali – spaziano dall’ulteriore sviluppo e dall’a-

deguamento di metodi tradizionali decentralizza-ti alla speranza che si operino investimenti in nuo-ve tecnologie che permettano la generazione dienergia a bassa emissione di CO2 e su ampia scala.L’esempio dei cosiddetti biocombustibili CO2

neutrali, la cui coltivazione è in concorrenza di-retta con la produzione di generi alimentari, illu-stra quanto questi approcci possano essere proble-matici. Ma anche l’ulteriore sviluppo dell’energianucleare o l’impiego della tecnologia genetica perla coltivazione di nuove piante destinate alla ge-nerazione di energia sono tematiche assai contro-verse.

Progetti di sviluppo ad alto impatto cli-matico Molte agenzie per lo sviluppo, fra cui la DSC, pun-tano piuttosto su strategie decentralizzate e di so-stenibilità comprovata. Già in passato, molti pro-getti di sviluppo, soprattutto in settori quali l’a-gricoltura o la gestione forestale, comportavanoaspetti ad alto impatto climatico. Prendiamo l’e-

L’effetto serra L’atmosfera terrestre trat-tiene una parte del caloretrasmesso dalla superficieterrestre. Grazie a questoeffetto serra naturale,creato dal vapore d’acquae dai cosiddetti gas a ef-fetto serra, quali anidridecarbonica (CO2), metano ogas esilarante, la tempera-tura globale media è au-mentata di oltre 30 gradi,passando dai meno 18 (senon ci fosse l’atmosfera) ai12 gradi e rendendo possi-bile la vita nella sue formeattuali. La concentrazionedei gas a effetto serra nel-l’atmosfera terrestre è dasempre sottoposta a oscil-lazioni naturali. Da circacent’anni, però, gli effettidelle attività umane, re-sponsabili della concentra-zione di gas nell’atmosfera,alterano le oscillazioni naturali e rafforzano cosìl’effetto serra.

Una maggiore diffusionedel benessere implica in-evitabilmente un consumomaggiore di energia e diconseguenza accelera icambiamenti climatici. Masono soprattutto i paesi invia di sviluppo a risentiremaggiormente degli effettinefasti dei mutamenti cli-matici. Ne sono esempiol’isola di Sumatra devastatadallo tsunami (in basso a sinistra) e Haiti colpita ripetutamente da tempestetropicali.

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sempio delle foreste: i boschi intatti svolgono unafunzione importante per il clima, perché smalti-scono i gas a effetto serra. Ciononostante, ognianno, le attività di deforestazione fanno sparire cir-ca 13 milioni di ettari di bosco – aree pari alla Gre-cia o al Nicaragua, liberando nell’atmosfera sottoforma di CO2 circa due miliardi di tonnellate dianidride carbonica fissata in piante e alberi.Per porre un freno alla perdita di superfici bo-schive, l’ONU ha lanciato il programma REDD(Reducing Emissions from Deforestation and De-gradation), che vuole intrecciare in modo miratola protezione dei boschi e del clima.Al bosco, vi-sto come «pozzo di CO2 », dovrà essere attribui-to un valore economico, che potrà essere trasfor-mato in quattrini sul mercato internazionale da-gli Stati che si adoperano attivamente per laprotezione delle foreste. La Svizzera e la Germa-nia, ad esempio, sostengono congiuntamente unprogetto pilota del governo malgascio, lanciatonell’ambito di REDD con l’obiettivo di promuo-vere attraverso incentivi finanziari il rimbosca-

mento e la salvaguardia delle foreste nel Madaga-scar. Questi strumenti, pensati per promuovere lacollaborazione internazionale nella protezione delclima, non sono nuovi: già il Protocollo di Kyotoprevede che i paesi industrializzati compensino leloro eccedenze di CO2 attraverso il sostegno diprogetti energetici e di protezione climatica inpaesi in via di sviluppo. La creazione del cosiddettoClean Development Mechanism (CDM) dovreb-be garantire anche che l’attuazione delle misurenecessarie sia finanziata dai principali inquinato-ri, nonché accelerare il trasferimento di tecnolo-gia e la creazione di un’economia a basso impat-to climatico nel Sud del pianeta.

Profitto a scapito del clima Finora, tuttavia, queste aspettative non sono statesoddisfatte: molti progetti finanziati nell’ambito delCDM non hanno segnato veri progressi. Per evi-tare che i paesi ricchi continuino tranquillamen-te a inquinare, per acquistare poi lettere di assolu-zione sul mercato dei crediti d’emissione a basso

Clima e genderIn molte società, le donnesono maggiormente col-pite dalle conseguenze delcambiamento climatico ri-spetto agli uomini. In Africa,a causa della divisione tra-dizionale dei ruoli in fun-zione del sesso, le donnedevono camminare sem-pre più a lungo per trovareacqua o legna da ardere.Ma sono anche le donneche danno prova di inven-tiva in situazioni difficili: inBangladesh, per esempio,alcune donne si sono in-ventate dei fornelli mobiliche permettono di trasfe-rire le cucine in collina, incaso di imminente pericolodi inondazione. Nelle attualitrattative per il clima, si ri-schia di trascurare gli ap-procci pragmatici di que-sto tipo. Per questo motivola DSC sostiene un pro-getto dell’organizzazioneGender CC, che fra l’altro si è fatta promotrice di un’iniziativa intitolata«Donne per il clima e l’e-quità» e permette a cinquedonne del Sud di parteci-pare al vertice di Copen-hagen. www.gendercc.net

Cambiamenti climatici

Ogni anno, le attività di de-forestazione fanno sparirecirca 13 milioni di ettari dibosco – liberando nell’at-mosfera sotto forma di CO2

circa due miliardi di tonnel-late di anidride carbonicafissata in piante e alberi. Infuturo, gli Stati che si ado-perano nella protezione deiboschi ne saranno ricom-pensati.

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degli utili sul breve periodo piuttosto che a unosviluppo globalmente sostenibile. Un atteggia-mento che anche l’anno scorso ha portato a un’im-pennata delle emissioni di CO2. Per contenere i costi causati dai danni climatici oc-corrono approcci coraggiosi, volti alla protezionedel clima sia a livello locale che globale. Ma allavigilia della Conferenza sul clima di Copenhagen,dove è previsto di gettare le basi per una nuovapolitica del clima orientata al futuro e equa, di ap-procci nuovi e coraggiosi neanche l’ombra. �

(Tradotto dal tedesco)

costo, ma a spese del clima mondiale (v. anche pa-gina 25), e a volte anche guadagnandoci, occor-rono disposizioni nuove e incisive.Questo tuttavia presuppone un consenso a livellointernazionale su come proteggere il clima inmodo socialmente sostenibile. Si tratta soprattut-to di limitare un ulteriore incremento delle emis-sioni a effetto serra, e al contempo di mitigare idanni al clima, comunque inevitabili.Attualmen-te la comunità internazionale sta tentando di con-trollare questa tematica attraverso l’istituzione dinormative appropriate.Tuttavia, fino ad oggi, glisforzi profusi in tutto il mondo sono diametral-mente opposti agli sviluppi reali nell’ambito delclima: ancora oggi ampie cerchie economiche epolitiche puntano unicamente all’ottimizzazione

Da Rio a CopenhagenLe basi della politica globale del clima sono state

poste nel 1992, in occasione del Vertice della Terra

dell’ONU, tenutosi a Rio, con la sottoscrizione della

Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambia-

menti climatici (UNFCCC). Il documento sancisce

che la concentrazione di gas a effetto serra nell’at-

mosfera sia stabilizzata ad un livello tale da impedire

pericolosi disturbi antropogeni del sistema climatico.

L’articolo 3 della Convenzione recita che le parti

contraenti si impegnano a proteggere il sistema cli-

matico sulla base dell’equità e in concordanza con

le loro responsabilità comuni, ma differenziate sulle

loro rispettive capacità, per il bene delle generazioni

presenti e future.

Nel Protocollo di Kyoto, varato nel 1997, sono state

definite le misure che vanno segnatamente attuate

dai paesi industrializzati nella prima fase fino al

2012. Tuttavia il Protocollo non è mai stato sotto-

scritto dagli USA, finora il maggior emittente di CO2

in assoluto. In un secondo tempo, con una nuova

convenzione sul clima che sarà discussa il prossimo

dicembre al Vertice del clima di Copenhagen, si

vuole disciplinare il futuro del clima sulla base di im-

pegni reciproci. I punti controversi sono soprattutto

la quantità delle emissioni da ridurre, il coinvolgi-

mento dei paesi emergenti, nonché l’attuazione di

un calcolo dei costi e dell’utilità nell’ambito della pro-

tezione del clima che sia accettato da tutti gli attori.

Tutte le informazioni sul Vertice del clima di Copen-

hagen al sito www.unfccc.int

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Emissioni di gas a effetto serra

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Informazioni completesu mutamenti climatici e tutela del clima Il sito www.climate-l.org èun importante punto di rife-rimento per chiunque siainteressato alle attivitàmondiali inerenti ai muta-menti climatici e alla tuteladel clima: sotto la respon-sabilità dell’Istituto interna-zionale per lo sviluppo sostenibile IISD, le riccheinformazioni e i numerosidocumenti soprattutto suprogetti delle Nazioni Unite,conferenze, statement epubblicazioni su temi inerenti ai cambiamenti climatici sono aggiornatiquotidianamente e messi adisposizione del pubblico.Questo servizio informativoè stato promosso e finan-ziato dalla DSC in collabora-zione con lo UK Foreignand Commonwealth Officee l’IISD. www.climate-l.org

(gn) Presso l’ambasciata svizzera a Pechino lavorada poco un climatologo che, su mandato dellaDSC, promuoverà e seguirà in loco soprattutto pro-getti innovativi in ambito energetico rispettosidell’ambiente. Anche l’ufficio di cooperazione diDehli, pur riducendo le attività di sostegno in que-sto ex paese prioritario della DSC, ha recentementeassunto un responsabile per le questioni climatiche.«Nel quadro del nostro Programma globale muta-mento climatico (GPCC), i paesi emergenti gio-cano un ruolo essenziale», afferma Anton Hilber,responsabile aggiunto del GPCC presso la DSC.Da un lato, perché sono proprio questi Stati a farsegnare una crescita vertiginosa delle emissioni diCO2, divenendo importanti emittenti dei famige-rati gas ad effetto serra; ma soprattutto, perché – conil dovuto sostegno del Nord – saranno questi pae-si a dover fare da traino regionale ad una politicasul clima sostenibile.

Progetti valutati dal profilo del loro im-patto climatico Un altro, importante pilastro del Programma cli-matico è l’impegno della DSC, sia a livello nazio-nale che internazionale, a favore di partenariati sulclima equi e per regole atte a promuovere uno svi-

luppo sostenibile rispettoso del clima. Gran partedei progetti e dei programmi finora attuati dallaDSC negli ambiti dell’agricoltura, della silvicoltu-ra o della promozione delle piccole imprese, sod-disfa già l’esigenza di un bilancio climatico positi-vo.La novità consiste nel fatto che d’ora in poi, tuttele attività attinenti allo sviluppo, saranno valutatedal profilo dell’impatto climatico: nel settore dellalotta alla povertà, ad esempio, un nuovo, importantecriterio è la capacità di adattamento ai cambiamenticlimatici o l’accesso ad energia pulita prodotta inmodo sostenibile. Altri aspetti sono la tutela e laconservazione di ecosistemi vitali e la prevenzio-ne di conflitti legati al clima.«Nella cooperazione allo sviluppo i mutamenti cli-matici non possono più essere considerati alla stre-gua di un sottocapitolo della tematica ambienta-le», evidenzia Anton Hilber. La creazione delGPCC, che dispone di un finanziamento annuo di20 milioni di franchi per rafforzare l’impegno del-la DSC in ambito climatico, è un importante pas-so in questa direzione. �

(Tradotto dal tedesco)

Cambiamenti climatici

Occhio agli aspetti climatici

In paesi emergenti come India e Cina, la DSC sostiene nel qua-dro di uno specifico programma globale, diversi progetti ener-getici e misure di adattamento ai mutamenti climatici. L’agen-zia è inoltre impegnata a favore di partenariati per il clima chesiano globali ed equi – con un occhio di riguardo, dunque, al-l’impellente problematica del clima.

L’accesso a fonti energe-tiche sostenibili e pulite èun criterio centrale nelleattività profuse dalla DSCa favore della lotta controla povertà.

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Un solo mondo: Come interpreta il suo ruolodi scienziato nell’elaborazione della futurapolitica climatica?Thomas Stocker: In qualità di direttore dell’Isti-tuto di fisica climatica e ambientale dell’Universi-tà di Berna sono responsabile per una ricerca scien-tifica di qualità. Come copresidente del gruppo dilavoro «scienza» dell’IPCC (vedi colonna a margi-ne) ho il compito di presentare i risultati delle mi-gliori ricerche scientifiche sul clima in modo taleche chi deve decidere disponga di basi solide e com-prensibili.

Qual è, a suo avviso, la minaccia più acuta?Il quarto Rapporto sul clima dell’IPCC ha mostratomolto chiaramente che il riscaldamento climaticomette in moto tutta una serie di reazioni a catena.Sulla base di diversi studi sappiamo che molti eco-sistemi riescono ad adattarsi solo limitatamente a unsurriscaldamento rapido. Personalmente, da qualchetempo mi sono convinto che gli effetti più evidentisaranno causati dai cambiamenti nel ciclo dell’ac-qua: un clima più caldo lo accelera, causando un’e-vaporazione più rapida dell’acqua nelle zone aride.Le regioni che già oggi soffrono di siccità saranno

ancora più aride – e nelle regioni pluviali le preci-pitazioni aumenteranno.

Il quinto Rapporto IPCC sul clima dovreb-be essere pubblicato nel 2013. Con quali no-vità?Dalla ricerca ci aspettiamo informazioni ancora piùprecise e ulteriori risultati riguardo a differenti te-matiche. Per molte regioni costiere è fondamenta-le sapere di quanto si eleverà il livello dei mari. Maper poterlo prevedere, dobbiamo comprendere me-glio che effetto avrà l’aumento della temperaturasull’evoluzione della calotta di ghiaccio in Groen-landia e nell’Antartico.Un altro tema che sta particolarmente a cuore almondo scientifico è la dimostrazione di cambia-menti climatici regionali: attualmente la scienzanon è ancora in grado di dimostrare la correlazio-ne tra fenomeni climatici locali, come per esempioquello di una serie di periodi di siccità in Spagna,e il riscaldamento globale. Solo se riusciremo a di-mostrare che il prosciugamento dei pozzi dei no-stri giardini è correlato al mutamento climatico, sa-ranno prese le necessarie decisioni politiche a livellolocale. La disponibilità a adottare provvedimenti per

Già vent’anni fa il professore in climatologia Thomas Stockerstudiava la correlazione tra concentrazione nell’atmosfera digas ad effetto serra e surriscaldamento terrestre. Oggi è co-presidente del gruppo di lavoro «scienza» del Comitato delle Na-zioni Unite per il clima mondiale (IPCC) e si batte imperterritoper una politica del clima attiva. Di Gabriela Neuhaus.

«Abbiamo perso molto tempo»

Thomas Stocker ha studiato fisica ambientaleall’ETH di Zurigo. Già neglianni ottanta si è occupatodello sviluppo di modelliclimatici e dell’analisi di variazioni climatiche repen-tine. Dal 1993, dirige l’Isti-tuto di fisica climatica eambientale dell’Universitàdi Berna, istituzione leadera livello mondiale nella de-terminazione delle concen-trazioni di gas ad effettoserra degli ultimi 800 000anni. I ricercatori basanoquesto tipo di analisi sucarotaggi realizzati neighiacci di Groenlandia eAntartico. Già dal 1997,Stocker appartiene anchealla cerchia di ricercatori di punta dell’Intergovern-mental Panel on ClimateChange delle Nazioni Unite(IPCC). Attualmente dirigecon il climatologo cineseQin Dahe il gruppo di la-voro «scienza», che staelaborando il quintoRapporto sul clima attesoper il 2013.

Una versione lunga dell’in-tervista con ThomasStocker si trova sul sitodella DSC:www.dsc.admin.ch/clima

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la tutela del clima è, infatti, maggiore se si è diret-tamente colpiti e se le cause sono dimostrate.

Oggi i paesi industrializzati sono considera-ti i principali responsabili del mutamento cli-matico. Sarà così anche in futuro?Certo è che i paesi industrializzati sono responsa-bili per i mutamenti climatici sia passati che futuri:la tonnellata di CO2 che emettono oggi avrà effet-ti per i prossimi duecento anni. Ma anche i paesi

emergenti, che si trovano confrontati con una ra-pida crescita, hanno una responsabilità simile – nonper il passato, ma per gli anni futuri.Avvalendosi ditecnologie innovatrici bisogna impedire che questipaesi utilizzino prodotti inefficienti, come abbiamofatto noi.Se una nazione inizia a muoversi in automobile suvasta scala, allora in luoghi come in India e Cinavanno utilizzati fin dall’inizio veicoli che consu-mano 2 litri per 100 chilometri.

Le emissioni di CO2 continuano ad aumen-tare proprio nei paesi emergenti e in via disviluppo. Questa situazione le sembra giusti-ficabile?Questi paesi hanno un tasso di emissione pro capite molto inferiore al nostro. La maggior parteè ancora ben al di sotto della soglia di consumo di2000 watt, mentre in Svizzera dobbiamo ridurre leemissioni di gas ad effetto serra a due tonnellate perabitante – ossia di due terzi. Non dico che sia im-possibile, ma non possiamo crogiolarci nella situa-zione attuale, poiché nelle società attualmente poco industrializzate le emissioni aumenteranno di certo.

Cosa bisogna fare per arginare gli effetti delsurriscaldamento globale?Occorrono nuove tecnologie e un uso molto piùparsimonioso di tutte le risorse. Inoltre dobbiamoridefinire il termine di «qualità di vita» puntando,nel limite del possibile, su cicli chiusi per quantoconcerne energia e materiali.

Quanto tempo ci resta per attuare misure ditutela del clima?

Il surriscaldamento farà scomparire molti ecosiste-mi. Molta gente non è consapevole di quanto la no-stra forma di vita dipenda da questi ecosistemi, e dicome giorno dopo giorno vi attingiamo gratuita-mente.Al pianeta Terra di per sé non importa mol-to se, e quali misure adottiamo per arginare la di-struzione. Già trent’anni fa, la scienza disponeva ditutte le informazioni necessarie per fare qualcosa atutela del clima. All’epoca sarebbe stato relativa-mente semplice limitare l’innalzamento a 2 gradi aldi sopra della temperatura media precedente all’in-dustrializzazione. Da allora abbiamo perso moltotempo, e questo obiettivo è divenuto molto più am-bizioso. Ma già un solo grado di surriscaldamentosupplementare può avere conseguenze drastiche.Quello che dobbiamo chiederci è: in che misura ilnostro pianeta sovrappopolato è in grado di tolle-rare un simile pregiudizio? In gioco vi è la cosid-detta «abitabilità» del pianta che con il nostro com-portamento stiamo progressivamente riducendo. �

(Tradotto dal tedesco)

Il Comitato ONU sulclima Nel 2007 il Comitato delleNazioni Unite sul clima(Intergovernmental Pannelon Climate Change IPCC)ha ottenuto il premio Nobelper la pace, ex aequo conil politico statunitense AlGore, per l’impegno pro-fuso al fine di ampliare ediffondere le conoscenzesui cambiamenti climaticiantropogenici. Istituito nel 1988 dall’Orga-nizzazione mondiale dellameteorologia e dal Pro-gramma delle NazioniUnite per l’Ambiente, gra-zie ai rapporti sul muta-mento climatico elaboratida esperti e condivisi datutti i paesi, l’IPCC è oggiun comitato di espertimondialmente apprezzato.Pubblicato nel 2007, il suoquarto rapporto sulla situa-zione del clima mondiale èalla base delle attuali trat-tative di politica climaticaglobale.

Cambiamenti climatici

Con il progredire dei muta-menti climatici, territoriaridi come si trovano peresempio nel Burkina Faso,risentiranno ancora di piùdella siccità – in zone plu-viali, come nel Bangladesh,aumenteranno invece an-cor di più le precipitazioni.

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(gn) Sale la temperatura, negli altopiani del Perù,ed i ghiacciai si sciolgono.A prima vista, un van-taggio per i contadini della regione andina, consi-derato che in tal modo il limite della vegetazionesi sposta verso l’alto. Ma c’è anche un’altra facciadella medaglia: la coltivazione della patata soffre dimalattie sinora mai riscontrate.A minacciare i rac-colti, e con essi l’esistenza stessa dei contadini, sonoperiodi di siccità sempre più lunghi, stagioni dellepiogge più intense così come eventi climatici estre-mi, caratterizzati da ondate di gelo e violenti nu-bifragi.Ovviamente, la gente sa come difendersi e adeguail suo modo di vivere alle mutate condizioni am-bientali. Cosa che del resto fa da secoli.Tuttavia,ciò non basta più, soprattutto in una regione in cuila maggior parte degli abitanti vive in povertà. Nel-l’ambito di un progetto promosso dalla DSC e daorganizzazioni partner peruviane, si cerca ora dimigliorare le strategie tese a superare meglio le sfi-de climatiche.

Migliori previsioni in ambito climatico «Vogliamo combinare al meglio il sapere tradizio-nale con le previsioni scientificamente fondate», af-ferma Janine Kuriger, responsabile del progetto.

Con l’ausilio di modelli climatici e la rilevazionescientifica dei dati, dovrebbe essere possibile averedelle prognosi su tempi lunghi e quindi un miglioreadattamento alle mutate condizioni climatiche.Una componente importante del progetto è dun-que data dalla realizzazione di un sistema d’infor-mazione che consenta previsioni climatiche e per-metta un adattamento ottimale al cambiamentodelle condizioni ambientali.Il progetto ha preso le mosse nel 2008 e, nella suaprima fase operativa, è limitato alle province diCuzco ed Apurimac. Queste regioni – dove la Sviz-zera dispone già di un’esperienza di lunga data nel-l’ambito dello sviluppo – sono state scelte perchévi vivono ancora molte persone povere, e i fragiliecosistemi montani sono particolarmente toccatidai cambiamenti climatici.«È nostra intenzione far conoscere a livello regio-nale e nazionale le esperienze locali, in modo dainfluenzare il dibattito politico», prospetta JanineKuriger. «Naturalmente speriamo che i risultatinon si facciano attendere, tanto più che attualmentele giuste strategie di adattamento alle mutate con-dizioni climatiche mancano a livello mondiale». �

(Tradotto dal tedesco)

Minacciati dallo scioglimento dei ghiacciai

Nell’altopiano peruviano, i contadini hanno già dovuto adattarei loro metodi di coltivazione alle mutate condizioni climatiche.Nell’ambito di un progetto svizzero si stanno ora studiando gliapprocci da seguire in futuro.

Acqua preziosaLa ricca biodiversità dell’al-topiano peruviano è mi-nacciata, tra l’altro, dallacrescente siccità. L’acquaè perciò uno dei tre temiprincipali – accanto allaprevenzione delle catastrofinaturali ed alla sicurezzaalimentare – del progettosvizzero-peruviano sull’a-dattamento ai cambia-menti climatici. Si cerca di migliorare ad esempio i sistemi d’irrigazione e diimmagazzinamento delleacque. Inoltre una riorga-nizzazione, tesa ad unagestione sostenibile delleacque, punta a garantireuna giusta ripartizione dellerisorse sempre più scarse. E in fine, si punta su untipo di patata più resistentealla siccità.

Il clima influisce diretta-mente sugli ecosistemi e arisentirne è, per esempio,anche la coltivazione dellapatata che soffre di malat-tie sinora mai riscontrate.

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Scaldare il carbone per stirare, svolgere gli ultimilavori domestici alla luce delle candele, sognare unalimonata ghiacciata… Per Delia Valle Ortega sonotempi passati. Da due anni la piccola centrale idro-elettrica di Bilampí, collocata presso il fiume delcomune di Wanawá, in una provincia settentrionaledel Nicaragua, trasforma acqua in elettricità – por-tando non solo moderni ferri da stiro e prese elettriche nelle abitazioni, ma fornendo all’interovillaggio nuove opportunità per attività commer-ciali, l’istruzione e i servizi sanitari.In Nicaragua il 45 per cento della popolazione nonha accesso all’energia elettrica – ponendo il paeseall’ultimo posto fra gli Stati centroamericani. Lamaggior parte di questa gente vive nelle zone ru-rali del nord e nelle province della costa atlantica.In collaborazione con altri donatori internaziona-li, il Ministero per l’energia e i comuni interessati,dal 2004, la DSC promuove in queste regioni laproduzione di idroelettricità.

Maggior riguardo per l’ambiente Le centrali idroelettriche producono energia in

modo sostenibile e contribuiscono a diminuire leemissioni dei nocivi gas ad effetto serra. I respon-sabili locali del progetto hanno, inoltre, osservatoche i fruitori sviluppano una migliore consapevo-lezza per le questioni ambientali. Nei dintorni del-le centrali idroelettriche, ad esempio, i proprietariterrieri sono stimolati a curare i boschi e il bacinofluviale – consapevoli che l’inquinamento e i dis-sodamenti comprometterebbero l’approvvigiona-mento idrico e la produzione di energia elettrica.La piccola centrale idroelettrica di Bilampí nel co-mune di doña Delia fornisce elettricità a 380 fa-miglie. Il potenziale di 320 chilowatt è lungi dal-l’essere sfruttato appieno. La grande sfida sarà quel-la di ottenere nuovi clienti per la centraleidroelettrica: si spera nell’arrivo di investitori in pic-cole industrie agricole e di aziende come mattatoio falegnamerie, che per la loro produzione dipen-dono dall’energia elettrica. �

*Anita Cassese vive a Berna ed è giornalista freelance;ha visitato il progetto della DSC nell’ambito di uno sta-ge professionale effettuato in Nicaragua.

Solo il 12 per cento delpotenziale energetico èutilizzato Il Nicaragua dispone di unenorme potenziale di fontienergetiche alternative: secondo un calcolo delMinistero per l’energia,complessivamente sa-rebbe possibile produrre3000 megawatt, utiliz-zando l’acqua (idroelettri-cità), la legna (biomassa), ivapori vulcanici (geotermia)e l’energia eolica.Attualmente, però, solo il12 per cento del potenzialeè sfruttato, e il Paese con-tinua a produrre il 70 percento dell’energia utiliz-zando combustibili fossili.L’importazione di petroliograva sul bilancio delloStato e non è né sosteni-bile, né economica. Inoltre,il governo si aspetta neiprossimi dieci anni un rad-doppio della domanda dienergia. Si pensa dunquedi ridurre la dipendenza dalpetrolio dal 70 al 46 percento entro il 2012 – inparticolare grazie all’idro-elettricità – portando con-temporaneamente al 70per cento, la fetta di popo-lazione allacciata alla reteelettrica.

Il fascino della luce «pulita»

La metà della popolazione nicaraguense vive senza energiaelettrica. Con il governo ed altri donatori, la DSC promuove lacostruzione di piccole centrali idroelettriche in diverse provincerurali. Con la produzione alternativa di energia non si intendesoltanto fornire luce ai comuni discosti, ma anche attirare in-vestitori per attività commerciali. Di Anita Cassese*.

Cambiamenti climatici

La piccola centrale idricadi Bilampí fornisce l’elettri-cità, non solo a 380 fami-glie, ma anche a diversepiccole imprese di artigia-nato.

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Il Mozambico è considerato uno Stato africano modello, contassi di crescita significativi ed uno sviluppo pacifico che per-dura da anni. Un contesto affatto scontato, se guardiamo allalunga guerra civile durata fino al 1992. La fascia di popolazio-ne più povera è, però, lungi dal trarre benefici da questo «mi-racolo economico». Di Jean-Pierre Kapp*.

Negli ultimi anni il Mozambico è stato spesso elo-giato per i suoi tassi di crescita elevati. Dal 1994 ilprodotto interno lordo (PIL) è cresciuto media-mente quasi dell’8 per cento annuo, e il governoha potuto registrare l’insediamento di tante nuovegrandi imprese impegnate nello sfruttamento del-le materie prime o stabilitesi nel Paese per trarrebeneficio da condizioni d’investimento particolar-mente allettanti. E anche in questo periodo di cri-si generalizzata, il Mozambico continua a segnareuna crescita superiore al 5 per cento.Nei pressi di Maputo, con la Mozal è nata una del-le maggiori fonderie di alluminio, e nel Mozam-bico centrale lo sfruttamento dei giacimenti di gasavanza a pieno regime. Nel nord del Paese sono incorso lavori di preparazione all’estrazione del car-bone e della sabbia ricca di titanio. L’economia ha

ottenuto nuovi impulsi anche dall’intensificazionedella coltivazione della canna da zucchero. Neiprossimi anni si prevede di avviare la produzionedi carburanti biologici.Cifre e fatti di tutto riguardo che non riescono, tut-tavia, ad occultare la povertà in cui ancora oggi vivela maggior parte della popolazione. Gran parte deimozambicani vive di agricoltura e produce a ma-lapena abbastanza per assicurarsi la sussistenza. Ne-gli ultimi anni, tuttavia, una parte della popolazio-ne rurale ha cercato di rifarsi una vita nelle gran-di città – la maggior parte delle volte con scarsosuccesso, vista la penuria di posti di lavoro.

Chi non trova lavoro avvia una bancarella

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«Abbiamo la libertà, ma praticamente nulla per vivere»

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L’Aids infuria ancoraL’epidemia di Aids conti-nua ad infuriare non solo in Mozambico, ma anchenegli altri paesi dell’Africameridionale. Secondo i datidell’organizzazione delleNazioni Unite UNAIDS, ilmortale virus ha infettato il12,5 per cento della popo-lazione mozambicana, conuna tendenza all’aumentodei casi. Nella fascia di po-polazione sessualmenteattiva dei 16-45enni, il tassod’infezione oltrepassa i 16per cento. Anche se negliultimi anni l’accesso a me-dicamenti contro l’Aids èmigliorato, con un indiceche supera di poco il 30per cento, è ancora relati-vamente contenuto. Ogni anno 100 000 per-sone soccombono all’Aids– un numero di vittime an-cora troppo elevato, seb-bene sembri essersi stabiliz-zato negli ultimi anni. InMozambico l’epidemia nonha freno, e come negli altripaesi della regione, lacausa più probabile è lacarenza delle misure diprevenzione e la messa albando dei malati di Aids daparte della popolazione lo-cale. Soprattutto nelle re-gioni rurali, l’Aids è infatticorrelata alla stregoneria.

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il governo del Frente de Libertação de Moçambique(Frelimo) ci ha portato la pace, ma della crescitaeconomica non percepiamo nulla. La vita è sem-pre più cara, e chi si ammala deve corrompere lapersona giusta per ottenere un letto d’ospedale».«Beh, forse la situazione non è poi così catastrofi-ca», afferma infine. «Il governo Frelimo ha fatto inmodo che la scolarità sia gratuita per l’intero cicloinferiore e che la gente abbia da mangiare a suffi-cienza. Ma in realtà, finora non è che siano in mol-ti a passarsela bene».

La sperenza di un futuro miglioreLo conferma anche la 30enne Aida Finias che ge-stisce la cucina di una stamberga nelle Barracas doMuseu, nel quartiere più benestante della città. Per-sonalmente, non ha avvertito nulla che assomiglianche lontanamente ad una ripresa economica.Non beneficia alcunché del benessere e del lussodel centro commerciale Polana, distante solo qual-che centinaio di metri. Chi ha soldi, dice, non siperde nelle stradine anguste delle Barracas do Museu.Nonostante tutto, però,Aida non ha abbandonatoogni speranza. I figli Joaquim e Armando vanno ascuola. La donna spera che almeno loro un giornopossano beneficiare dello sviluppo. Per il momen-to, soltanto una piccola fetta di popolazione sta ve-ramente meglio, e soltanto una parte infima di per-sone vicine ai vertici del partito e al governo haraggiunto, negli ultimi anni, un benessere percet-tibile.Solo pochi beneficiano della crescita

vere», spiega con tono frustrato il 32enne AroneMachava sorseggiando una bottiglia di birra.Ven-de vestiti e scarpe di seconda mano a Maputo, nel-la zona informale del grande mercato di Xipama-nine. «Gli affari vanno male, la gente non ha soldi.Sempre più persone si spostano dalle campagne incittà alla ricerca di un lavoro. E se non trovano unimpiego avviano una bancarella al mercato. È vero,

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Machava e Aida esprimono a parole i sentimentidi molti. Finora sono poche le persone a benefi-ciare della crescita economica. Il governo ha por-tato la pace nel Paese dopo il 1992. La maggior parte delle infrastrutture, distrutte dalla guerra ci-vile e dalla lotta per la liberazione, è stata ricostruitagrazie ai fondi di paesi donatori occidentali.Inoltre parecchi milioni di profughi e di sfollati

hanno potuto fare ritorno ai loro villaggi e colti-vano nuovamente le terre.Tutto ciò ha permessodi ridurre dal 70 al 54 per cento la fetta di popo-lazione che vive nella povertà estrema, di aumen-tare leggermente la produzione agricola e di ri-durre il tasso di analfabetismo.Ciò nonostante, Machava e Aida non sono gli uni-ci ad avere il sentimento che poco o nulla sia cam-biato. Questa opinione diffusa deriva in primoluogo dal fatto che, con un tasso del 54 per cento,sono comunque molti i mozambicani che vivonoancora nell’indigenza – benché il governo abbia fis-sato la soglia di povertà ad un livello inferiore aquello convenuto dalle Nazioni Unite (1 dollaroal giorno pro capite). Se ad essere applicata fossequest’ultima, il numero delle persone in condizio-ni di povertà sarebbe ancora più elevato. Molti mo-zambicani sono, inoltre, colpiti dall’epidemia del-l’Aids, che costa la vita a troppe persone e frena losviluppo anche in Mozambico.

Creare piccole e medie impreseVa considerato, inoltre, che i notevoli tassi di cre-scita sono da ricondurre soprattutto alla realizza-zione di pochi grandi progetti come quelli già ci-tati. Questi progetti sono sì costosi, ma non crea-no praticamente impieghi. Senza contare che lamaggior parte dei servizi, dei materiali e dei mac-chinari necessari per la loro realizzazione è im-portata dal Sudafrica. Queste imprese, poi, non pa-gano praticamente imposte, poiché dopo la guer-ra civile il governo mozambicano aveva cercato con

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Un potente vicinoLe sorti del Mozambicosono saldamente legateall’andamento del suo vi-cino sudafricano. Con unafetta pari al 41,4 per cento il Sudafrica è il primo impor-tatore di beni e servizimozambicani. Il potente vicino è anche uno dei prin-cipali esportatori verso ilMozambico. Le merci sud-africane la fanno da pa-drone nei supermercati diMaputo, e le grandi impresemozambicane importanodal Sudafrica quasi tutti ibeni, macchinari e serviziimportanti. Il Sudafrica èanche uno dei maggiori in-vestitori. Quasi tutta la va-luta estera utilizzata per losviluppo dell’agricolturacommerciale e per l’emer-gente settore turistico, pro-viene da Città del Capo.Infine, il Sudafrica è ancheun importante luogo di la-voro: secondo le stime, sa-rebbero 300 000 i mozam-bicani a lavorarvi, di cui 30 000 legalmente nelle mi-niere e 270 000 clandestinicome manodopera avventi-zia o venditori ambulanti,soprattutto nei sobborghi di Johannesburg.

ogni mezzo di vivacizzare l’economia.Finora non vi è invece stata nessuna ricostruzionea livello di piccole e medie imprese, fattori gene-ralmente importanti per lo sviluppo economico. Diconseguenza, non è ancora nato un nuovo ceto me-dio che sia davvero indipendente dalla classe diri-gente politica del Paese, come spiega l’economistaCarlos Nuno Castel-Branco. Il direttore dell’Insti-tuto de Estudos Sociais e Economicos (Iese) esige per-ciò che i mezzi dei paesi donatori siano utilizzatiin altro modo.Finora i fondi degli Stati occidentali sono stati im-piegati soprattutto come aiuto al bilancio per la ri-costruzione del settore sanitario e scolastico e peril risanamento dell’infrastruttura nazionale. Secon-do Castel-Branco ora occorrerebbero mezzi perpromuovere la formazione e la creazione di im-prese. Per lo sviluppo sarebbe infatti importante cheparte dei beni e dei servizi consumati in Mozam-bico fossero prodotti direttamente nel Paese. Lacreazione delle relative imprese servirebbe anche agettare le basi per ridurre la dipendenza dalle espor-tazioni di materie prime.

Vita politica in mano a Frelimo Per promuovere nuove imprese non occorre sol-tanto denaro, ma anche l’attuazione di riformecome la semplificazione, ad esempio, delle normeper la creazione di nuove aziende. Inoltre, le pic-cole imprese devono beneficiare di un accesso fa-cilitato ai crediti.Le grandi banche sono molto restie a concederecrediti per la mancanza di garanzie. E poi bisognafare qualcosa anche contro la corruzione e il ne-potismo dilaganti. I principali settori economicisono controllati dai leader Frelimo e dalle loro fa-miglie, mentre tutori dell’ordine, funzionari e tri-bunali tendono a sfruttare spudoratamente la loroposizione di forza. «I poliziotti ci svenano dove pos-sono», si lamenta Machava.Non da ultimo, al Paese farebbe anche bene, un po’di vitalità in più nel panorama politico. Infatti, il

Frelimo esercita un dominio completo sulla vitapolitica. Negli ultimi anni il partito d’opposizioneResistência Nacional de Moçambique (Renamo) diAfonso Dhlakama ha perso d’influsso. Solo negliscorsi mesi la Renamo si è vista scivolare tra le maniquattro dei cinque consigli municipali e seggi disindaco che controllava. Pare che le elezioni nonsiano state del tutto corrette – ma anche lo stile diconduzione di Dhlakama, che non tollera alcunaopposizione, avrà avuto la sua parte di responsabi-lità nella sconfitta.

Un barlume di speranza Data l’instabilità dell’opposizione, è molto proba-bile che il Frelimo e il presidente Armando Gue-buza vinceranno anche le imminenti elezioni par-lamentari e presidenziali di fine 2009. Dopo que-sta probabile vittoria c’è da aspettarsi che sarannoancor meno disponibili ad attuare riforme. Ri-chieste in tal senso, formulate dai paesi donatorisono finora rimaste lettera morta.Eppure, nonostante tutto, c’è ancora un barlumedi speranza. Escluso dal movimento Renamo, Da-viz Simango ha vinto nuovamente le elezioni peril posto di sindaco a Beira e ha fondato un nuovopartito, il Moviménto Democrático de MoçambiqueMDM. Simango sembra avere tutte le carte in re-gola per far confluire nel suo partito una fetta con-siderevole di voti, anche se il nuovo partito non ri-uscirà a compromettere – almeno per il momen-to – la posizione dominante del Frelimo. «Ci vorràancora qualche anno, prima che qualcosa si muo-va veramente», afferma Machava. �

*Per molti anni, e fino alla scorsa primavera, Jean-PierreKapp è stato corrispondente della NZZ per l’Africa me-ridionale. Ora lavora a Ginevra come giornalista freelance.

(Tradotto dal tedesco)

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Un solo mondo n.3 / Settembre 2009 19

(bf ) Per il Mozambico la Svizzera è più di un sem-plice Paese donatore – soprattutto perché la Sviz-zera è stata una delle prime nazioni a sostenere que-sto Paese sudafricano. La cooperazione ufficiale fe-steggia quest’anno i trent’anni di esistenza, ed oggiè il simbolo di un impegno a lunga scadenza, affi-dabile, credibile e flessibile (v. colonna a margine).Se il sostegno consisteva, inizialmente, soprattuttoin aiuti di tipo umanitario e progetti nell’ambitodelle risorse idriche e del settore sanitario, nel cor-so degli anni il programma si è adattato alle muta-te condizioni del Paese.

La Svizzera ha per esempio dato un notevole con-tributo all’attuazione degli accordi di pace del1992. Si trattava, in particolare, di smobilitare e rein-tegrare gli ex soldati e di sostenere le elezioni. Dopole catastrofiche inondazioni del 2000, la Confede-razione ha partecipato agli aiuti urgenti e alla ri-costruzione. Con un budget annuo di circa 30 milioni di franchi, stanziati da DSC e SECO, oggiil Mozambico è uno dei principali paesi beneficiaridella cooperazione allo sviluppo svizzera.

Il programma è attivo in tre ambiti strettamente legati l’uno all’altro che beneficiano di attività dicooperazione a livello sia locale, sia decentrale, sianazionale: lo sviluppo economico, il buongovernolocale e la sanità. Il programma si esplica da un canto attraverso progetti nelle province più pove-re del Paese (Nampula, Cabo Delgado e Niassa),situate tutte nel nord, in cui si collabora diretta-

mente con la popolazione rurale. Nell’ambito del-l’aiuto al bilancio, invece, sono condotti progetticon istituzioni del governo centrale e un dialogointersettoriale sugli sforzi di sviluppo del Paese con altri 18 donatori.

A livello nazionale, la Svizzera è impegnata nellosviluppo economico del Paese attraverso un aiutogenerale al bilancio dello Stato, la riforma fiscale ela promozione del settore privato.A livello localevi è il sostegno di progetti attuati nell’ambito del-la microfinanza e nel decentramento fiscale.

Per quanto attiene alla sanità, a livello locale la Svizzera sostiene progetti per cosiddetti «outreachservices», servizi sanitari diretti per le comunità. Sicollabora sia con la popolazione locale, sia con or-ganizzazioni non governative locali e svizzere.

Nel settore del buongoverno locale, invece, il pro-gramma è incentrato sul processo di decentra-mento tramite il sostegno di progetti in ambitoidrico che consentono alla popolazione di accedereall’acqua potabile, la promozione di processi par-tecipativi nei comuni, il rafforzamento della socie-tà civile e il consolidamento delle strutture decen-tralizzate nei distretti. �

(Tradotto dal tedesco)

Un opuscolo interes-sante Lo sapevate che inMozambico coesistonoun’ottantina di etnie ed ol-tre 40 lingue? Che il paeseha raggiunto l’indipen-denza soltanto nel 1975, eche in due decenni ha vis-suto una feroce guerra ci-vile e due cambiamenti ra-dicali di sistema – dalcolonialismo al socialismo,e poi al capitalismo? O che la cooperazione con ilMozambico rappresentaun capitolo esemplare nellastoria della cooperazioneinternazionale allo sviluppocui la Svizzera ha dato efornisce a tutt’oggi un con-tributo non indifferente? Inoccasione dei trent’anni dicooperazione del nostroPaese con il Mozambico,DSC e SECO hanno pub-blicato l’opuscolo «Suisse –Mozambique. 30 ans decoopération bilatérale de1979 à 2009», che nontesse le lodi della coopera-zione allo sviluppo, ma connumerosi esempi, autori ecifre illustra in modo criticoe controverso l’evoluzionedi una cooperazione mute-vole – dando, ovviamente,spazio anche a voci promi-nenti e critiche del Mozam-bico, come il noto biologoe scrittore Mia Couto. L’opuscolo è disponibile in lingua tedesca, francesee portoghese e può essereordinato all’[email protected] alla paginahttp://www.ddc.admin.ch,«Documentation»,«Nouveautés et archives»

La Svizzera e il Mozambico Affidabile, credibile e flessibile

Mozambico

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Un solo mondo n.3 / Settembre 200920

Bernardo Tovela è un pe-scatore settantenne diBairro dos Pescadores,dove vive con la moglie edue dei suoi sei figli. Si èistallato a Bairro dopo es-sere fuggito dalle devasta-zioni causate dal conflittofra le forze di Renamo e ilgoverno. La pesca, untempo, era la sua attivitàprincipale e la fonte di gua-dagno più importante dellafamiglia. Negli ultimi anniha dovuto abbandonarlaperché non rendeva abba-stanza, e così ha dedicatouna parte del suo tempoall’agricoltura e al piccolocommercio, diventando unrivenditore locale di bibite.Nel suo tempo libero conti-nua ad andare a pesca,anche se sa che è fru-strante e difficile.

«Ce ne accorgiamo di notte, quando lo stomaco è vuoto»

Una voce dal Mozambico

Da quando nel 1980 ho cercato riparo dalla guer-ra civile che imperversava nel vicino distretto diMarracuene, vivo a Bairro dos Pescadores, un pae-sino nella regione di Maputo. Quando sono arri-vato, questa zona ancora non era popolata e man-cavano le infrastrutture di base: l’acqua potabile, iservizi sanitari, le scuole e i mercati. La città era ri-parata dietro le dune, e lungo la costa erano stateerette delle barriere di protezione.

A poco a poco la gente incominciò a popolare lazona; arrivava alla ricerca di un posto, dove poterrifugiarsi dalla guerra e dai suoi effetti. Maputo al-lora offriva sicurezza, essendo la capitale. Questo vi-cinato che vedete qui: tutto costruito dai pescato-ri. Molti di loro pescano per riuscire a sopravvive-re. Come mestiere non è più redditizio. Non puògarantire la felicità e la gioia della mia famiglia.

È da 29 anni che faccio il pescatore. Se avessi po-tuto, avrei imparato un altro mestiere. Da un paiod’anni, la pesca dà rese molto meno importanti. Leacque si riscaldano sempre più e i pesci si nascon-dono in profondità sempre maggiori. Nessuno dinoi pescatori può vantarsi di riuscire a mantenerela famiglia con la pesca. Le autorità dicono che èper via del cambiamento climatico. Noi ce ne ac-corgiamo di notte, quando lo stomaco è vuoto, oquando i bambini ci chiedono qualcosa da man-giare prima di andare a scuola.

Quello che vorrei dai governi o da persone be-nintenzionate è che ci insegnassero delle strategie

per poterci adattare ai cambiamenti e ci indiriz-zassero verso altri modi di guadagnarci da vivere –verso alternative alla pesca che ormai comportamolti rischi e poco guadagno.

Il nostro Paese è esposto al rischio di inondazionie erosione delle coste. Il villaggio di Bairro ne è unesempio evidente. Qui l’erosione dovrebbe esserepresa sul serio, urgono misure di prevenzione.

Se vogliamo imparare qualcosa dalle brutte espe-rienze del passato, non dobbiamo aspettare chequalcun altro prenda l’iniziativa, ma dovremmodarci da fare subito e attuare misure in grado di pro-teggere l’ambiente, la gente e le infrastrutture.

Le grandi inondazioni che hanno colpito il Mo-zambico nel 2000, distruggendo tutta la regionesettentrionale, dimostrano quanto sia importanteche il nostro Paese prenda sul serio il cambiamen-to climatico. Quanto al mio paesino, queste inon-dazioni hanno accelerato il processo di erosionedelle coste e molte case costruite troppo vicino aifiumi sono scomparse nella piena. Le tempeste del2007, con un mare che si è abbattuto sulle pan-chine con una forza mai vista prima, hanno anco-ra aumentato i danni.

I piccoli contadini colpiti dalle inondazioni e dal-la siccità sono tornati alla pesca, o sono stati co-stretti a comprarsi da mangiare o a coltivare ap-pezzamenti di terreno molto distanti da qui.Tuttoquesto si è rispecchiato nei costi e Bairro, come tut-ta la zona di Maputo, nel 2008 ha vissuto protestee sommosse quasi incontrollabili per via dei prez-zi inabbordabili dei generi alimentari e dei tra-sporti.

L’esempio di Bairro illustra bene quanto siano ne-faste le ripercussioni del cambiamento climaticosulla vita della gente e come contribuiscano ad in-grandire il divario tra ricchi e poveri. �

(Tradotto dall’inglese)

Bernardo Tovela(Trascritto da Egidio Vaz Raposo)

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Un solo mondo n.3 / Settembre 2009 21

Già in primavera era chiaro quello che sarebbe sta-to il tema dell’anno 2009 per la DSC: la profondacrisi economica e finanziaria. La crisi domina at-tualmente l’agenda politica svizzera e si fa notaredirettamente, e con sempre maggior vigore, anchepresso i singoli cittadini.

Sono invece scivolate un po’ in secondo piano legrandi sfide, quelle a lungo termine, che investo-no il pianeta: il cambiamento climatico, il degradodegli ecosistemi, la sempre crescente carenza dei ge-neri alimentari, dell’acqua potabile e dell’energia.Il dossier di questa edizione di «Un solo mondo» èconsacrato ai cambiamenti climatici e pone in evi-denza la complessità del fenomeno e le ripercus-sioni per l’umanità.

Il recente rapporto della Commission on ClimateChange and Development («Closing the Gaps») ponel’accento su quello che è considerato il più impor-tante dilemma in merito ai mutamenti climatici: trale cause e gli effetti dei cambiamenti climatici in-tercorrono migliaia di miglia e di secoli. Un feno-meno al quale né la nostra etica (solidarietà gene-razionale), tanto meno il nostro sistema politico,sono preparati.Anche per gli stessi mezzi d’infor-mazione tali orizzonti temporali sono insoliti.

Così come per le misure contro la crisi economi-ca, anche in questo caso esiste il pericolo che si in-traprendano solo misure d’urgenza, a corto raggio,e che restino escluse riforme incisive e mirate. Cisi occupa dell’urgente, tralasciando l’importante.

Nell’operato della DSC, i cambiamenti climaticihanno oggi un’importanza fondamentale. E nonsono visti solo come un tema supplementare, ben-sì in quanto sfida onnipresente, che concerne tut-ti gli ambiti operativi della DSC. Ed anche alla stes-sa DSC si presentano sfide del tutto nuove.

L’aiuto alle vittime delle inondazioni e la fornitu-ra di derrate alimentari, così come un’impostazio-ne dei programmi ecologicamente sostenibile re-stano importanti, ma non bastano per evidenziareeffetti su lungo termine – effetti in grado di supe-rare grandi distanze e spazi temporali.

La sfida ha tre dimensioni: le attuali normative edistituzioni, a livello globale, sono carenti e devonoessere migliorate. Occorrono misure per la ridu-zione dei gas ad effetto serra. Ed in fine, è indi-spensabile aiutare i paesi e le popolazioni colpitidai cambiamenti a superarne le conseguenze; cosache va comunque fatta, anche nel caso in cui si ri-uscisse a ridurre rapidamente le emissioni inqui-nanti. Per tale triplice compito si utilizzano di nor-ma tre concetti piuttosto astratti: Governance (ge-stione del governo), Mitigation (mitigazione) edAdaptation (adattamento).

Le discussioni in merito ai cambiamenti climaticinon devono però suscitare un’atmosfera da apoca-lissi. Al contrario, i rischi vanno concepiti ed af-frontati come un’opportunità.

In occasione del World Economic Forum 2009, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon haparlato di un Green New Deal. Colui che pensa chele misure contro i cambiamenti climatici siano incontrasto con quelle tese ad una decisa ripresa eco-nomica non è ancora entrato nel XXI secolo.La Svizzera, con il suo know-how nel campo delletecnologie e la sua lunga tradizione nel dare con-crete soluzioni a difficili problemi, ha dunque tan-to da offrire, ma anche tanto da guadagnare. �

(Tradotto dal tedesco)

Martin Dahinden Direttore della DSC

Tanto da offrire, ma anche tanto da guadagnare

Opinione DSC

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Un solo mondo n.3 / Settembre 200922

Padrini e madrine svizzeriKwa Wazee è stata fondatanel 2003 dal basilese KurtMadörin. In precedenza,questo ex collaboratore diTerre des Hommes avevadiretto per molti anni aNshamba un progetto diaiuto per gli orfani dell’Aids.Aveva allora preso co-scienza della situazioneestremamente precariadelle persone anziane chesi prendono in carico questibambini alla morte dei lorogenitori. Dal momento incui è andato in pensione,Kurt Madörin si è trasferitoin questo villaggio tanza-niano ed ha deciso di aiu-tare le nonne versando lorouna pensione di vecchiaia.Alcuni dei suoi amici hannocreato in Svizzera un’asso-ciazione di sostegno cheraccoglie fondi da privati,da comuni e da fondazioni.La maggior parte delle donazioni proviene da «pa-drini e madrine» che si im-pegnano a versare regolar-mente 100 franchi all’anno.www.kwawazee.ch

(jls) Amina ha già sepolto, davanti alla sua capan-na, quattro dei suoi dieci figli, tutti uccisi dall’Aids.Ha 74 anni e vive con sua nipote di nove anni.Au-relia, un’altra settantenne, ha perso sua figlia dueanni fa. Condivide le sue magre risorse con tre ni-poti che non hanno più contatto con il loro padre.Quanto a Eufrazia, presto centenaria secondo la suastima, si occupa di cinque nipoti, di età compresatra gli otto e i tredici anni, che la aiutano a colti-vare un po’ di mais, fagioli e banane. Dei suoi un-dici figli, soltanto quattro sono ancora in vita, manon le fanno più avere notizie. Queste tre bibis (chein swahili significa «nonnine») vivono a Nshamba,nel nordovest della Tanzania, una regione forte-mente colpita dall’Aids.La pandemia le ha obbligate, come milioni di altrenonne africane, a riprendere il ruolo di educatri-ci. «Non possiamo abbandonare i nostri nipoti, èimpossibile», dice Amina. In mancanza di una pen-sione statale, gli anziani erano solitamente presi a

carico dai figli. Ma questa solidarietà famigliare nonfunziona evidentemente più, a causa della cre-scente povertà, delle emigrazioni e soprattutto del-l’Aids che ha decimato la generazione degli adul-ti attivi.

Una boccata d’aria fresca

Kwa Wazee (che significa «per i vecchi») è attiva aNshamba e in quattro altri villaggi vicini. Questaassociazione, fondata da un cooperante svizzero inpensione (vedi testo a margine), realizza un inso-lito progetto di aiuto allo sviluppo: grazie a dona-zioni private raccolte in Svizzera, finanzia il versa-mento di rendite a circa 720 anziani particolar-mente poveri.Circa il 90 per cento dei beneficiari è compostoda donne, metà delle quali hanno nipoti a carico.Kwa Wazee versa loro una pensione mensile di6000 shilling (5,30 franchi) e un assegno di 3000shillings (2,65 franchi) a bambino. «Queste som-

Nonni e nipoti pagano il prezzo dell’AidsIn cinque villaggi della Tanzania, l’associazione svizzera KwaWazee versa una pensione di vecchiaia a 720 persone partico-larmente svantaggiate. La metà dei beneficiari è composta danonne che hanno preso in affidamento uno o più nipoti, orfania causa dell’Aids. Questo sostegno finanziario, seppure mo-desto, ha notevolmente migliorato la loro qualità di vita.

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Un solo mondo n.3 / Settembre 2009 23

Considerando la malnutrizione diffusa in passato,la metà dei beneficiari interrogati dice oggi che riesce a sfamarsi. I loro pasti sono inoltre più va-riati, capaci quindi di un migliore apporto nutri-tivo. La differenza si fa sentire anche sul piano psi-cologico: le nonne hanno ritrovato l’autostima edhanno ripreso fiducia; non sono più attanagliatedall’angoscia di non poter nutrire i loro cari o dipagare il materiale scolastico.

Obiettivo: la pensione per tuttiSfortunatamente, il progetto non tocca che unaparte degli anziani.Tuttavia, la povertà è talmentediffusa nella regione che la maggior parte delle per-sone di età avanzata avrebbe altrettanto bisogno diaiuto. «Sarebbe più giudizioso assegnare una pen-sione a tutti, a partire da una certa età. Questo evi-terebbe il processo di selezione che è fortementesoggettivo. Ma il nostro budget non lo permette»,spiega Stefan Hofmann.Kwa Wazee spera che i risultati della sua inchiestaalimentino il dibattito politico in Tanzania sulle mi-sure da prendere per lottare contro la povertà. Il go-verno ha infatti promesso di assicurare, entro il2010, una protezione sociale al 40 per cento deglianziani. Gli autori dello studio raccomandano in-vece di introdurre piuttosto una pensione univer-sale, limitandone l’estensione alle persone più an-ziane. L’obiettivo sarebbe quello di abbassare in se-guito e progressivamente l’età del diritto allapensione. �

(Tradotto dal francese)

me, ancorché modiche, sostengono moltissimo ilbilancio familiare, e corrispondono grosso modoal minimo vitale, fissato a circa 20 centesimi al gior-no in Tanzania», spiega Stefan Hofmann, segreta-rio di Kwa Wazee a Berna.In molti casi, tale pensione è pari all’80 per centodelle risorse finanziarie di cui le nonne dispongo-no. Gli altri redditi provengono dalla vendita di ali-menti che le donne coltivano nel loro appezza-mento di terra, oppure dal lavoro giornaliero svol-to per altri piccoli contadini, un’attività molto malpagata. E spesso capita loro di chiedere la carità aivicini.

La cassa comune per i momenti di crisi Se la pensione permette di sfuggire alla povertàestrema, non è comunque sufficiente per affronta-re i colpi del destino. Ecco perché Kwa Wazee in-coraggia la creazione di gruppi di solidarietà tra vi-cini, che intervengono ad esempio in caso di ma-lattie, di un decesso o di danni causati dalla natura.Ogni membro preleva una piccola percentuale dal-la sua pensione per versarla in una cassa comune eKwa Wazee raddoppia questo importo. Quandouna bibi deve essere ricoverata in ospedale, il fon-do di crisi serve a pagare il trasporto, le medicinee le cure. I vicini si organizzano per portare all’an-ziana regolarmente del cibo, lavorare la sua terra eprendersi cura dei suoi nipoti.Con un contributo finanziario della DSC, KwaWazee nel 2007 ha esaminato l’impatto del suoprogetto. Lo studio ha dimostrato che il versamentodi un tale aiuto aveva sensibilmente migliorato laqualità di vita di queste famiglie. Gran parte dellapensione viene consacrata all’acquisto di cibo.

Versamenti in contanticontro la povertàAncora oggi, pochissimenazioni africane hanno allestito dei sistemi nazionalidi pensione per la vecchiaia.L’Organizzazione interna-zionale del lavoro (OIL)stima invece che ancheuna nazione molto poverapossegga i mezzi atti a finanziare un modesto sistema di pensionamento.Per la Tanzania, il versa-mento di una piccola pen-sione a tutte le personeche superano i 60 anni rappresenterebbe l’1,1 percento del prodotto internolordo. In questi ultimi anni,alcune nazioni dell’Africaaustrale hanno deciso di ricorrere a degli aiuti in contanti per combatterela povertà. Così, la Namibia,il Botswana e il Lesothostanziano una trentina difranchi al mese ai cittadinianziani, rispettivamente oltre i 60, 65 e 75 anni. IlMozambico sostiene finan-ziariamente 70 000 famiglieche vivono in città e sonoformate perlopiù da personeanziane o malate. Diversistudi hanno dimostrato chetali aiuti in denaro hanno unimpatto molto positivo sullecondizioni di vita.

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Un solo mondo n.3 / Settembre 200924

(mr) «Dalla fine della guerra, in Bosnia e Erzego-vina il sistema sanitario ha fatto enormi passi avan-ti», constata Rose-Marie Henny, sostituta respon-sabile dell’ufficio di cooperazione DSC a Saraje-vo. A questa importante svolta ha ampiamentecontribuito un progetto finanziato dalla DSC, lan-ciato dieci anni fa nelle regioni di Doboj, Foca,Tuz-la e Sarajevo e reso operativo dalla fondazioneFaMi.In passato le persone ammalate o ferite si recava-no direttamente in ospedale o da costosi medicispecializzati – anche perché nel Paese il numero dispecialisti era nettamente superiore a quello dei ge-neralisti. I risultati di questa errata politica sanita-ria sono stati eclatanti: sovraffollamento cronicodelle strutture ospedaliere, difficoltà ad accedere alsistema sanitario per le fasce di popolazione più po-vere e costi decisamente troppo elevati.

Valorizzare le infermiereLa riforma in corso ha volutamente posto l’accen-to sul ruolo dei cosiddetti medici di famiglia. «Nel-le quattro regioni interessate dal progetto siamo giàriusciti a ripristinare e aprire 161 ambulatori permedici di famiglia e a migliorare decisamente l’ac-cesso alla sanità di base per le fasce di popolazione

socialmente svantaggiate», spiega Rose-MarieHenny.Il fiore all’occhiello del progetto è la preparazionedel personale. Dal 1998 è stato possibile formareoltre 800 persone fra dottori e infermiere per pre-stare servizio in studi medici di famiglia. La for-mazione si concentra sulla prevenzione e la pro-mozione della salute. Un aspetto importante è an-che il rafforzamento del ruolo delle infermiere. «Cisiamo resi conto che i medici sottovalutano trop-po spesso le capacità del personale infermieristico.Di conseguenza, le equipe sono appositamenteistruite a sfruttare appieno il potenziale del perso-nale curante», spiega Rose-Marie Henny.Del resto è chiaro, eseguendo autonomamente de-terminati atti terapeutici e consulenze ai pazienti,le infermiere scaricano i medici, che possono cosìdedicare maggiore tempo ai casi più impegnativi.Altra colonna portante del progetto: la ricostru-zione delle infrastrutture mediche distrutte o dan-neggiate dalla guerra, come ospedali e ambulatori.�

(Tradotto dal tedesco)

Importante compitodella politica esteraDurante e dopo la guerra(1992-1995) la Svizzera ha prestato in Bosnia eErzegovina aiuti urgenti eaiuti alla ricostruzione perun totale di 365 milioni difranchi. A partire dal 1999,l’impegno in questa re-gione si è progressiva-mente spostato sul so-stegno a lungo terminedelle riforme economiche edemocratiche e su attivitàatte a favorire la riconcilia-zione tra le etnie. La parte-cipazione agli sforzi inter-nazionali per stabilizzare laBosnia e Erzegovina è ora-mai un compito centraledella politica estera elvetica– non da ultimo per il grannumero di profughi bo-sniaci presenti nel nostroPaese.

Medici di famiglia invece di specialisti

La promozione della sanità di base è sulla lista delle prioritàin Bosnia e Erzegovina, e i cosiddetti medici di famiglia vi gio-cano un ruolo fondamentale. Un progetto finanziato dallaSvizzera contribuisce a rendere il sistema sanitario più equo,efficiente ed economico.

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Innalzare gradualmentel’aiuto(jtm) Alla fine del 2008, il

Parlamento ha sollecitato al

Consiglio federale la presenta-

zione di un progetto che pre-

vede di innalzare gradualmente

allo 0,5 per cento del Prodotto

nazionale lordo (PNL) ed entro

il 2015 l’aiuto allo sviluppo della

Confederazione. In una seduta

del 20 maggio, il Consiglio fe-

derale ha deciso, sulla base delle

attuali previsioni economiche,

di fornire per ora al Parlamento

solo una relazione. Essa terrà

conto delle attuali previsioni

economiche ed evidenzierà le

conseguenze finanziarie e di po-

litica di sviluppo che comporte-

rebbe l’innalzamento dell’aiuto

pubblico allo sviluppo sino allo

0,5 per cento del PNL. La rela-

zione sarà presentata al

Parlamento entro la fine di set-

tembre.

Contributo a Bulgaria eRomania (lrf ) Il 5 giugno scorso, il

Consiglio federale ha trasmesso

al Parlamento il messaggio con-

cernente il credito quadro per il

contributo all’allargamento a fa-

vore di Bulgaria e Romania. Il

contributo svizzero alla ridu-

zione delle disparità economi-

che e sociali ammonta comples-

sivamente a 257 milioni di

franchi, versati su cinque anni.

76 milioni sono destinati alla

Bulgaria, e 181 andranno invece

alla Romania.Tale contributo

all’allargamento sarà dispiegato

da DSC e SECO. I mezzi sono

destinati al finanziamento di

progetti e programmi in quattro

ambiti principali: sicurezza, sta-

bilità, e supporto delle riforme

così come sviluppo umano e so-

ciale (effettuato dalla DSC); am-

biente ed infrastrutture (SECO

e DSC); promozione dell’eco-

nomia privata (SECO). Il suc-

cesso dell’ ingresso di Bulgaria

e Romania nell’UE è anche

nell’interesse della Svizzera.

L’impegno svizzero è pertanto

non soltanto semplice espres-

sione di solidarietà, bensì anche

di stimolo per le relazioni eco-

nomiche e politiche con

Romania e Bulgaria, oltre che

con l’UE.

Pari opportunità(mqs) Un team indipendente ha

esaminato le misure della DSC

in materia di parità tra i sessi ed

è giunto alla seguente conclu-

sione: «la DSC offre un approc-

cio vantaggioso alla parità tra i

sessi». I campi di attività sul tema

Gender sono ampiamente diver-

sificati. In paesi con forte diffe-

renza nei rapporti di potere tra i

sessi, la DSC sostiene in maniera

mirata la promozione dei diritti

delle donne. Inoltre esplica lo

Gender-Mainstreaming: tutti i

progetti da lei finanziati tengono

conto degli aspetti strettamente

legati al sesso e si adoperano a

rafforzare il ruolo delle donne.

La DSC persegue, anche in seno

alla sua stessa politica del perso-

nale, un’equilibrata relazione fra

donne ed uomini. Ciò le riesce,

da quanto risulta dai dati del

team di valutazione, particolar-

mente bene. Per i programmi

concernenti le nuove leve, ven-

gono preferite candidate donne;

fra le incaricate di programma,

la ripartizione dei sessi è equili-

brata ed il numero di donne in

posizione direttiva ha eviden-

ziato un aumento. Il Gender-Mainstreaming effettuato nei

paesi prioritari è di successo.

Gli esaminatori indicano tuttavia

lacune nella formulazione siste-

matica di obiettivi e di indica-

tori usati nella pianificazione dei

progetti e nelle strategie locali.

La DSC intende correggere

questi punti deboli. In futuro,

prima di autorizzare il necessa-

rio finanziamento esaminerà cri-

ticamente ogni nuovo progetto

sulla base delle specifiche conse-

guenze di tipo gender.

Dietro le quinte della DSC

(gn) Lo scambio di certificati di emissione risale all’economistacanadese J.H. Dales, che già nel 1968 proponeva l’istituzione diun mercato di scambio di «diritti di inquinamento», con l’o-biettivo di ridurre l’inquinamento delle acque dovuto alle ac-que di scarico industriali. Il principio può essere riassunto comesegue: gli enti politici fissano il limite massimo delle varie emis-sioni all’interno di un’aerea circoscritta e per un periodo di tem-po definito. Su questa base, vengono rilasciati dei certificati am-bientali che possono essere scambiati e negoziati. Così un’ «azien-da pulita» può generare ulteriori introiti, vendendo i diritti diinquinamento che le spettano ad un’altra azienda. A livello dipolitica dello sviluppo, lo scambio globale di certificati CO2 in-trodotto con il Protocollo di Kyoto riveste un’importanza cen-trale. La base del computo è costituita dalle emissioni globali digas a effetto serra. Mentre la maggior parte dei paesi in via disviluppo e di paesi emergenti producono emissioni in misura notevolmente inferiore alla media, i paesi industrializzati devo-no ridurre le loro emissioni in modo drastico.Al fine di accele-rare tale processo, gli Stati e le imprese hanno la possibilità dicompensare le loro eccedenze di CO2, investendo in progetti dienergia sostenibile nel Sud. Nello scambio dei crediti d’emis-

Che cos’è… lo scambio di crediti d’emissione?sione, per via del limite fissato a livello politico, la riduzione com-plessiva delle emissioni che si vuole raggiungere è già definita –i costi si calcolano in funzione di criteri di economia di mercato.Per quanto riguarda la riscossione di una tassa ecologica, invece,i costi sono fissi, mentre resta variabile la riduzione effettiva rag-giungibile attraverso l’imposta.

25Un solo mondo n.3 / Settembre 2009

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re nello stesso periodo di tempo.Le conseguenze non tardano a manifestarsi: cam-biamento climatico, penuria d’energia e di acqua,diminuzione della biodiversità e crisi alimentari.«La sovrapopolazione è una causa centrale del de-grado ambientale», costata Ecopop e esige che siabloccata la crescita demografica e abbassato il nu-mero globale degli abitanti della terra «a un livel-lo ecologicamente e socialmente sostenibile».Quante persone può nutrire il pianeta? La do-mande è già stata discussa alla fine del XVIII se-colo. L’economista britannico Thomas Malthus aitempi ha elaborato una tesi che vedeva il sovrapo-polamento come problema centrale per l’econo-mia e il benessere, perché la produzione di generialimentari accumula ritardi importanti rispetto al-l’aumento esponenziale della popolazione. Sebbe-ne le sue teorie oggi siano considerate obsolete, ri-mane da chiedersi quante persone e quante azio-ni umane è in grado di sopportare il mondo. Unadomanda assai controversa.Il fatto che una rapida crescita della popolazioneacceleri il circolo vizioso di povertà e fame, nellaseconda metà del XX secolo ha portato all’attua-zione di misure drastiche in India e in Cina: cam-pagne di sterilizzazione, soprattutto fra le donnedelle caste inferiori, avrebbero dovuto contribuirea contenere la crescita demografica dell’India – con

Ogni ora, la popolazione mondiale aumenta di 10 000 persone, perché ogni sessanta minuti na-scono 10 000 persone in più di quante ne muoia-no. Oggi il mondo è popolato da circa 6,8 miliar-di di persone – nel 2050, stando ai prognostici del-le Nazioni Unite, saranno 9,2 miliardi.Per gli ambienti che dal punto di vista economicotendono a giudicare in termini positivi qualsiasitipo di crescita, si tratta senz’altro di una prospet-tiva rallegrante: uno studio di Goldman Sachs, peresempio, vede nell’esplosione demografica dell’In-dia la base della prosperità economica futura. E igrossi gruppi multinazionali come l’agro-indu-striale Syngenta fanno pubblicità con una notiziacertamente proficua ai loro affari: «Al mondo ser-ve più cibo».

Dalle campagne di sterilizzazione alla po-litica del figlio unico Il loro calcolo è presto fatto: più uomini sulla ter-ra, significa più consumo. D’altro canto ci sono an-che organizzazioni ecologiche quali Ecopop, asso-ciazione svizzera per l’ambiente e la popolazione,che lanciano l’allarme, affermando che l’attualedensità di popolazione comporta già gravi perico-li per le basi vitali delle generazioni future: l’uma-nità ogni anno consuma circa il 25 per cento di ri-sorse in più di quanto la natura ne possa rigenera-

Quanti abitanti è in grado dimantenere la terra?Entro il 2050, la popolazione mondiale dovrebbe raggiungerei nove miliardi di persone. Ma nonostante il calo delle risorsedisponibili, nella cooperazione allo sviluppo la crescita demo-grafica e la pianificazione familiare non sono argomenti prio-ritari. Di Gabriela Neuhaus.

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Salute riproduttivaIl termine «salute sessualee riproduttiva» è stato co-niato nel 1994, in occa-sione della Conferenza in-ternazionale delle NazioniUnite sulla popolazione elo sviluppo del Cairo ed èstato definito in quanto«uno stato di benesseretotale fisico, intellettuale esociale». In altre parole: se-condo il Programma d’a-zione adottato al Cairo, leiniziative per la promozionedella salute riproduttiva do-vrebbero perseguire anchelo scopo di permettere adogni persona di vivere unavita sessuale soddisfa-cente e non pericolosa perla salute, e di assicurare aogni donna la libertà di de-cidere lei stessa, se,quando e quante voltevuole riprodursi.

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poco successo. Migliori invece i risultati raggiuntidalla Cina con la politica del figlio unico, dettata dal-lo Stato a partire dal 1980. Il numero medio di fi-gli di una donna cinese è sceso da 6,2 nel 1950 al-l’attuale 1,8.

«L’autodeterminazione è un dirittoumano» Il controllo delle nascite decretato per legge, dalpunto di vista dei diritti umani è inammissibile e,in quanto tale, è oggetto di dure critiche. Ciono-nostante non bisogna sottovalutare che ha permessodi evitare circa 400 milioni di nascite, frenando sen-sibilmente l’esplosione demografica in Cina.«La violenza e la costrizione sono un approccio sba-gliato», afferma lo svizzero Alec Gagneux. L’attivi-sta per lo sviluppo è convinto che «l’autodetermi-nazione nella pianificazione familiare è un dirittoumano – chi dispone delle informazioni e deimezzi necessari deciderà senza pressione dall’altodi avere meno figli e dunque maggiori opportu-nità di sviluppo» sostiene, e critica che l’attuale col-laborazione per lo sviluppo non si confronti più

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con questa tematica o solo nell’ambito di proget-ti per la salute.Gagneux, nell’ambito di progetti solari che gesti-sce in India, ha sviluppato un dispensatore auto-matico di profilattici. L’iniziativa è accompagnatada un lavoro di informazione e educazione su ma-lattie quali Aids e sulla prevenzione di gravidanzeindesiderate. «L’obiettivo è di migliorare la qualitàdi vita delle persone attraverso la prevenzione», diceAlec Gagneux, i cui dispensatori di preservativi nelfrattempo sono presenti anche in varie stazioni fer-roviarie nonché nelle sedi dei fornitori dell’azien-da tessile svizzera Switcher e della Migros.Questo tipo di attività è in linea con i requisiti fis-sati dalla Conferenza internazionale sulla popola-zione e lo sviluppo, tenutasi nel 1994 al Cairo: lariduzione dei tassi di natalità nei paesi in via di svi-luppo va raggiunta attraverso il miglioramento del-la sicurezza umana, nonché attraverso un maggiorimpegno nell’ambito della salute riproduttiva. Ben-ché sia stata firmata da tutti i paesi, questa defini-zione di obiettivi si è tirata addosso sin dall’iniziole critiche di potenti avversari: la Chiesa cattolica

Un aumento demograficoimplica automaticamenteuna maggiore richiesta digeneri alimentari, energiae acqua – ma già oggi l’umanità consuma ognianno ben un quarto in piùdelle risorse che la naturariesce a rigenerare nellostesso periodo (nelle immagini: India, IsoleCanarie, Guinea e Perù).

La popolazione mon-diale Secondo le stimedell’ONU, 2000 anni fa ilmondo era popolato dacirca 300 milioni di per-sone. Attorno al 1700 lapopolazione era di 600milioni di individui, nel1804 è stato raggiunto ilprimo miliardo. Fino ametà del XX secolo, lacrescita demografica haraggiunto ritmi più intensi,con tassi di crescita incerti periodi pari a oltre il 2per cento, fino alla vera epropria esplosione demo-grafica: nel 1927 si conta-vano due miliardi di per-sone, nel 1999 erano già6 miliardi. Nel 2012 la so-glia dei sette miliardi verràsuperata. Anche se negliultimi anni il tasso di nata-lità è diminuito dapper-tutto, tranne nei paesi invia di sviluppo più poveri,la popolazione mondialecontinua a crescere. Situazione all’inizio del2009: Popolazione: 6,75 miliardidi persone Nascite per 1000 abitanti(tasso di natalità): 21Decessi per 1000 abitanti(tasso di mortalità): 8Crescita della popolazionemondiale: 1,2 per centoall’anno.

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lotta instancabile contro l’utilizzazione dei profi-lattici – che sono uno strumento importante nel-la prevenzione dell’Aids e di gravidanze indeside-rate. Sotto George W. Bush, il governo USA habloccato i finanziamenti al Fondo delle NazioniUnite per la popolazione UNFPA, togliendo lesovvenzioni a tutti i progetti di pianificazione fa-miliare che non si limitano a predicare l’astinenza.

Mancanza di autodeterminazione delle

donne

Queste resistenze, presenti anche negli stessi paesiinteressati, spiegano perché oggi nella maggior par-te delle agenzie per lo sviluppo, i progetti che pun-tano al controllo della crescita demografica sonostati relegati in secondo piano. «La pianificazionefamiliare non è facile da attuare ovunque – la mag-gior parte dei paesi segue una propria politica, de-terminata da valori locali, e dunque non apprezzaun impegno in quest’ambito», dice Franziska Frei-burghaus, specialista per questioni sanitarie pressola DSC.Ciononostante, le agenzie per lo sviluppo sonochiamate a cogliere queste sfide. Le strategie e lepolitiche di popolazione attive per il Sud vannoiscritte in ogni mansionario: mentre la popolazio-ne in molti paesi industrializzati registra un calo, il90 per cento dei circa 2,3 miliardi di persone - chestando ai prognostici verranno ad aumentare la po-polazione del nostro pianeta entro il 2050 - vi-vranno nei paesi più poveri.

È importante il sostegno del partner

La Società tedesca per la popolazione mondiale sti-ma che in questi paesi una gravidanza su due nonè voluta e spiega gli alti tassi di nascita con la man-canza di educazione sessuale, di autodetermina-zione e di formazione della donna, unite al fattoche ancora oggi, milioni di persone non hanno ac-cesso agli anticoncezionali.

«La crescita demografica è un indicatore di pover-tà», afferma Yvonne Gilli, medico sangallese e con-sigliera nazionale. Lo scorso marzo in un’interpel-lanza parlamentare ha chiesto che almeno il 10 percento dei fondi stanziati per lo sviluppo siano de-stinati a progetti sanitari: «L’educazione sessuale, lapianificazione familiare, nonché l’assistenza di basedurante la gravidanza e il parto sono servizi chenon solo abbassano il tasso di mortalità di madre ebambino, ma costituiscono in realtà le condizionisine qua non per poter lottare con successo con-tro la povertà».Franziska Freiburghaus condivide questa conside-razione: «Se vogliamo raggiungere gli Obiettivi disviluppo del Millennio, dobbiamo imparare a con-trollare la crescita demografica». Come, lo illustracon i due esempi di Mozambico e RepubblicaMoldava, dove i progetti sanitari di base, non solosono riusciti ad abbassare il tasso di mortalità, mahanno portato a una riduzione delle nascite. «Se du-rante il periodo della gravidanza le donne sono ac-compagnate, informate e incoraggiate, possonoevitare la nascita di altri bambini che in realtà nonvorrebbero. E se in più sono sostenute da uominiinformati, le probabilità di successo sono buone».L’approccio sembra convincente. Resta, tuttavia, ladomanda se iniziative di questo tipo siano suffi-cienti per evitare l’aumento della popolazionemondiale ai 9,2 miliardi di persone prognosticati– e se la politica dello sviluppo abbia effettivamenteintenzione di raggiungere questo traguardo. �

(Tradotto dal tedesco)

Tassi di natalità Mentre in quasi tutti i paesidel mondo, il numero dinascite per donna si è dra-sticamente ridotto, in al-cuni dei paesi più poveri,che già prima denotavanoun’alta crescita demogra-fica, è addirittura aumen-tato. L’ultimo rapportoONU sullo sviluppo dellapopolazione stima che nel2008, in Mali e Nigeria, inmedia sono nati oltre 7 figliper donna (tendenza al ri-alzo), contro quasi settebambini in Afghanistan,Uganda o Burundi e 1,44in Svizzera, 1,2 in Coreadel Sud e addirittura unsolo bambino a HongKong. www.unfpa.org, «State ofthe world population»

Gli alti tassi di natalità neipaesi in via di sviluppo(nell’immagine: SierraLeone) sono riconducibiliad una scarsa informa-zione così come ad unacarente autodetermina-zione e formazione delledonne.

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Alcuni anni fa ho intrapreso in-sieme ad altri autori africani unviaggio attraverso la GranBretagna. Con noi c’era anche laghanese Ama Ata Aidoo, consi-derata da molti la decana dellaletteratura africana. È stato unviaggio piacevole: leggevamobrani tratti dalle nostre opere aifestival della letteratura, nelle bi-blioteche e nelle librerie, rispon-dendo alle domande di lettorientusiasti.In un’occasione però siamo ri-masti sorpresi nel vedere chesulle porte erano stati affissi ma-nifesti di un’organizzazioneumanitaria che invitava il pub-blico a devolvere fondi per l’e-ducazione dei bambini in Africa.Questa organizzazione, senzadubbio animata da buone inten-zioni, aveva deciso di approfittaredella nostra presenza per racco-gliere fondi per l’Africa.Appena ci eravamo seduti, gli or-ganizzatori ci chiesero di per-mettere ai rappresentanti diquella ONG di parlare al pub-blico per chiedere delle offerte.Siamo rimasti perplessi; non vo-levamo certo dare l’immaginedegli scrittori che chiedevanol’elemosina. Ma non volevamoneanche recitare la parte dell’o-spite ingrato. Così siamo rimastizitti.Chi parlò invece fu Ama Ata

Aidoo. E parlò per noi tutti:Perché i governi africani non sioccupano loro stessi dell’educa-zione dei nostri figli? Perché do-vremmo dipendere dai filantropieuropei per educare i nostribambini? Ama Ata Aidoo sapevadi cosa parlava. Era stata ministroin Ghana e sapeva perfettamenteche l’aiuto estero ha distrutto ilsuo popolo e il resto dell’Africa.Sa che governi corrotti mettonoin bilancio somme irrisorie perl’educazione, la sanità e lo svi-luppo perché tanto hanno la cer-tezza che le organizzazioni uma-nitarie provvederanno; mentresperperano denaro per progettiinutili, con una parte dei fondiche scompare su qualche contosegreto in Svizzera. Se non è ri-masta a lungo sulla poltrona diministro è proprio perché nonsopportava la corruzione.Sono sempre stato contrario agli aiuti, soprattutto a quegli alimentari, che giungevano inAfrica dalla ricca Europa e dagliStati Uniti – tranne natural-mente nel caso di calamità na-zionali o altre catastrofi umanita-rie. Ho visto con i miei occhi,quando lavoravo per lo svilupporurale in Lesotho, come l’aiutoalimentare regolare ha generatouna mentalità di dipendenza. Èalla luce di questa esperienza chenel mio libro «When People Play

People» (Zed Books, London,1993) scrivo: «Nella loro tournée(parlo dei membri della miacompagnia di teatro) attraverso i villaggi, scoprono che spesso gli abitanti sono restii a lasciarsicoinvolgere nei progetti di svi-luppo, senza incentivi alimentari.In alcuni casi gli abitanti dei vil-laggi rifiutano addirittura di im-pegnarsi per prevenire l’erosionedei suoli dei loro terreni, senzaricevere in cambio olio da cu-cina o mais. Con gli anni, go-verni e agenzie di donatorihanno creato una vera culturadell’aiuto alimentare che a suavolta ha generato una mentalitàdi dipendenza».Le mie visioni dell’aiuto esteromi sono valse le dure critichedell’industria dell’aiuto allo svi-luppo. In una delle mie poesiescrivo che l’Africa è ricca di ri-sorse minerali, di capitale umano,di boschi e fiumi. L’Africa deveappropriarsi della libertà e dareda mangiare ai propri figli. Inmolti paesi africani, l’aiuto èstato trasformato in uno stile divita, non è più un rimedio tem-poraneo. Così però blocca ogniiniziativa e distrugge ogni ambi-zione. E, quel che è ben piùgrave: l’aiuto alimentare uccidegli agricoltori africani. I conta-dini non sono più motivati acoltivare i loro terreni, visto checomunque non possono compe-tere con le derrate gratuite chearrivano dall’America edall’Europa.L’Africa dunque non ha bisognodi aiuto, ma di libero scambio einvestimenti. Ciò che redimeràl’Africa è l’affidabilità, la libera-zione dai rapporti di dipendenzae la cancellazione del debitopubblico. �

(Tradotto dall’inglese)

Redimere l’Africa

Carta bianca

Zakes Mda (all’anagrafeZanemvula Kizito GatyeniMda), classe 1948, fa partedegli autori di teatro e roman-zieri più famosi del Sudafrica.Cresce a Soweto e nelLesotho, che lascia nel 1963per recarsi negli USA, dovefrequenta gli studi nell’Ohio.Nel 1995 ritorna in Sudafrica.È anche autore di teatropresso il JohannesburgMarket Theatre, nonché pit-tore, compositore e cineasta,come pure apicoltore e diret-tore del Southern AfricanMultimedia AIDS Trust diSophiatown, Johannesburg. Isuoi romanzi sono tradotti inmolte lingue. In italiano sonousciti tre suoi romanzi, tuttipresso l’editore E/O: «Si puòmorire in tanti modi», «LaMadonna di Excelsior» e«Verranno dal mare». Per lesue opere Zakes Mda ha rice-vuto numerosi premi. Oggi èdocente universitario negliUSA e in Sudafrica. Vive aJohannesburg e nell’Ohio.

29Un solo mondo n.3 / Settembre 2009

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La cultura unisceLa fondazione Pro Helvetia, che dal 1990 sostiene l’arte e la cultura nell’Euro-pa dell’Est, su mandato della DSC ha concentrato le sue attività nei Balcani oc-cidentali. I suoi progetti oggi puntano alla cooperazione transfrontaliera e sonopensati per contribuire a placare le tensioni etniche. Di Jane-Lise Schneeberger.

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In seguito alla caduta del comu-

nismo, la cooperazione svizzera

è intervenuta dapprima nel-

l’Europa centrale. Su mandato

della DSC, Pro Helvetia ha assi-

stito la Polonia, l’Ungheria, la

Slovacchia e la Repubblica Ceca

nei loro intenti di rianimare la

vita culturale. Poi ha spostato le

sue attività verso il Sudest del

continente, dove la transizione

democratica avanzava a ritmi

più lenti. L’anno 2008 ha segnato

una nuova svolta per il Pro-

gramma culturale svizzero (più

noto sotto il suo nome inglese

Swiss Cultural Programme -

SCP): dopo la chiusura dei suoi

uffici in Romania, Bulgaria e

Ucraina ha concentrato le sue

attività nei Balcani occidentali, e

segnatamente in Albania, Bosnia,

Kosovo, Macedonia e Serbia.

Tutti i suoi programmi si con-

cluderanno nel 2012.

Per questa fase finale, lo SCP ha

subito una ristrutturazione com-

pleta. Pro Helvetia, che finora

orchestrava le operazioni da

Zurigo, ha trasferito la respon-

sabilità operativa a un ufficio re-

gionale con sede a Sarajevo

(Bosnia), composto di quattro

persone originarie dei Balcani.

«Sono tutte persone con espe-

rienze professionali nella coope-

razione internazionale. Noi le

sosteniamo a livello di gestione

strategica e finanziaria, senza in-

terferire però nello svolgimento

delle operazioni nel quoti-

diano», costata Petra Bischof

di Pro Helvetia, che assicura i

contatti fra Zurigo e Sarajevo,

garantendo inoltre l’appoggio

tecnologico. Negli altri quattro

paesi beneficiari esistono per il

momento ancora degli uffici

locali, che tuttavia sono destinati

a chiudere.

Placare le tensioni etniche La regionalizzazione tocca an-

che il contenuto delle attività.

In futuro i progetti di collabora-

zione non saranno più realizzati

a livello nazionale, ma impliche-

ranno almeno due paesi. Questo

nuovo orientamento voluto

dalla DSC persegue l’obiettivo

di rafforzare la collaborazione

transfrontaliera. «Quando le per-

sone si parlano, ha luogo un in-

terscambio di idee, i divari etnici

si attenuano. Noi speriamo che

la produzione di attività artisti-

che a livello regionale contribui-

sca a ridurre il potenziale di

conflitto e faciliti il dibattito

democratico», spiega Ralph

Friedländer, incaricato di pro-

gramma della DSC.

Nella regione, i risentimenti e

i pregiudizi etnici sono ancora

vivi. E non risparmiano neanche

la sfera culturale. L’anno scorso

la galleria d’arte Kontekst di

Belgrado ha vissuto quest’espe-

rienza in prima persona: poco

prima dell’inaugurazione, un

centinaio di nazionalisti serbi ha

preso d’assalto un’esposizione

dedicata all’arte visuale contem-

poranea in Kosovo, e ha di-

strutto un’opera che rappresen-

tava Adem Jashari, un leader

della guerriglia indipendentista.

Un’accademia itinerante Fra gli undici progetti attual-

mente sostenuti dallo SCP, sei

rivestono già oggi una dimen-

sione regionale. Uno di essi,

«Nomad», promuove la profes-

sionalizzazione della danza con-

temporanea. In assenza di scuole

o altre offerte formative, nei

Balcani i coreografi finora si for-

mavano on the job. Ecco perché

le organizzazioni specializzate

di sei paesi della regione hanno

creato l’Accademia nomade di

danza. Ognuna elabora e orga-

nizza un modulo di formazione

di tre settimane. Lo SCP finanzia

queste attività in Macedonia, in

Serbia e in Bosnia - gli altri

paesi non rientrano nel suo rag-

gio di azione. Gli studenti, origi-

nari di tutti i paesi aderenti, si

spostano da una capitale all’altra.

Nello spettacolo di fine-

programma presentano alcune

delle coreografie che hanno

creato. Il progetto, infatti, punta

anche a sensibilizzare il grande

pubblico per la danza contem-

poranea, permettendogli di sco-

prire artisti appartenenti a etnie

diverse.

Fondamentalmente gli obiettivi dell’«Accademia nomade di danza» e del progetto «Città creative» sono gli stessi: avvalendosi di un approccio regio-nale puntano a potenziare il talento e la creatività della gente anche oltre le frontiere nazionali.

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32 Un solo mondo n.3 / Settembre 2009

«Nomad, lanciato già nel 2007,era un progetto regionale giàesistente», evidenzia PetraBischof. «Il suo successo ci haspinti ad andare avanti. Ci hafornito la prova tangibile e con-creta che la collaborazione re-gionale risponde a una domandadelle organizzazioni culturali».

Ricerca di progetti regionalie innovatori Dal 2008, lo SCP seleziona isuoi progetti di collaborazionecon bando di concorso pub-blico. L’ufficio regionale diSarajevo pubblica degli annuncisui giornali dei cinque paesi in-teressati e sul suo sito Internet,invitando gli operatori culturalia inoltrare le candidature. Persoddisfare i requisiti, i progettidevono fra l’altro rafforzare lacapacità delle istituzioni culturalilocali, promuovere la collabora-zione interetnica e creare dellestrutture o degli eventi destinatiad un ampio pubblico. Inoltredevono seguire un approccio innovatore. Ciò significa, peresempio, che il progetto utilizzanuove tecnologie, che serve a farconoscere giovani artisti o che

affronta argomenti spinosi. LoSCP si adopera altresì per pro-muovere pratiche di buongo-verno e la parità fra i sessi.Sulle 45 candidature depositatenel 2008, quattro progetti hannosoddisfatto tutti i requisiti ehanno ottenuto un finanzia-mento. Quello più regionale riunisce partner provenienti daMacedonia, Bosnia, Kosovo eSerbia. Inoltre mira ad assicurareun’animazione socioculturalenelle zone rurali. Un altro pro-getto è ambientato in Serbia, inBosnia e in Albania.Artisti localiprodurranno videofilm sulle«utopie individuali di ieri e dioggi». Queste pellicole tradur-ranno in immagini i sogni degliabitanti di questi paesi all’epocadel comunismo, durante laguerra e oggi.

Gli abitanti danno nuova vitaalla città Contemporaneamente, i respon-sabili dello SCP hanno deciso direalizzare la versione regionaledi un antico progetto intitolato«Città creative», che aveva giàdato buoni risultati a livello na-zionale in Albania.

Gli abitanti di Shkodra e diPogradec si erano inventati leiniziative più variegate per ren-dere le loro città più attraenti epiù vivibili, per esempio pittu-rando le facciate delle case incolori vivaci e decorando leporte delle case.La seconda fase di questo pro-getto ha avuto inizio lo scorsomaggio. L’obiettivo era lo stesso:sfruttare il talento e la creativitàdegli abitanti per favorire lo svi-luppo urbano. Ma questa volta,le attività si sono svolte simulta-neamente in sei città albanesi,una città macedone e una mon-tenegrina che si sono messe inrete per collaborare. Dopoaver seguito una formazione co-mune, i rappresentanti di ognicittà si riuniscono per discutere i piani elaborati dagli uni e daglialtri.

Sostegno mirato di eventi Accanto ai suoi progetti di col-laborazione, che durano tre annie implicano un impegno finanziario sostanzioso, lo SCPpromuove quelle che definisce«piccole azioni», ossia progetti abreve termine realizzati da orga-

nizzazioni locali. Gli importi allocati di solito sono inferioriai 10 000 franchi.Nel 2009 qualche decina dieventi beneficeranno di sussididi questo tipo. Lo SCP finanziao cofinanzia per esempio lacreazione di vari spettacoli tea-trali, la realizzazione di docu-mentari – di cui uno sulla magianera in Kosovo e un altro sul-l’impatto psicologico dell’Aidsin Macedonia –, mostre di pit-tura o di fotografia, festival dimusica, pubblicazione di libri o la produzione di CD. �

(Tradotto dal francese)

Nella regione dei Balcani, risentimenti e pregiudizi etnici sono ancora molto presenti – l’organizzazioni di manifestazioni culturali transnazionali contri-buisce a lenire potenziali conflitti e a semplificare il processo di democratizzazione.

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Un capolavoro pieno di spiri-tualità(er) Emanano una patina di soli-

tudine e spaesamento, di malin-

conia e mestizia; evidenziano un

che di fragile e fugace, miste-

rioso e trasparente, dolceamaro

ed elegiaco: parliamo qui delle

appassionanti ballate dal testo

inglese della trentasettenne can-

tante Lhasa de Sela, insignita

nel 2005 del celebre BBC World

Music Award. La sua chiara e

calda voce, sapida di una mor-

bida velatura sentimentale

nonostante affioranti vene più

crude, ha grande presenza.A ciò

contribuiscono pennellate musi-

cali: piano, arpa, violino, chitarra,

basso e batteria schizzano im-

pressioni in filigrana, tracce di

suono librate e suono d’insieme,

costantemente in un ritmo pon-

derato, a volte con accenti co-

untry, altre con approcci gospel,

e poi di nuovo canzonettistico,

blues e folk. Con il suo terzo al-

bum, questa interprete statuni-

tense-messicana-canadese-fran-

cese ha dato vita ad un moderno

capolavoro senza tempo, etereo

e terreno allo stesso tempo.

È così che la spiritualità delle

canzoni di Lhasa, anche a di-

stanza di anni, riesce a penetrarti

direttamente sotto la pelle.

Lhasa: «Lhasa»

(Audiogram/Warner Music)

Non solo musica (er) Sono perlopiù senzatetto,

a Kinshasa, capitale della

Repubblica Democratica del

Congo. Molti di essi sono para-

plegici e malati di polio. Si spo-

stano grazie a sedie a rotelle

fatte con le proprie mani e in

parte motorizzate, biciclette e

motorini per disabili. Si eserci-

tano negli spazi del malandato

zoo e suonano chitarra, basso,

batteria ed un liuto ad una sola

corda chiamato satongé, dal

quale escono suoni chiari e

metallici dai toni mozzafiato.

Entusiasmano con la loro

Congo-rumba scintillante ed

elettrizzante, nella quale tro-

viamo venature di Son, Reggae

e R’n’B. Cantano a più voci,

con sonorità, e le loro canzoni

raccontano della dura vita di so-

pravvivenza sulla strada. Hanno

suscitato interesse con il loro

primo album inciso all’aperto

nel MacBook ed accompagnato

dal gracidare delle rane. Portano

alla luce quanto in essi è celato,

così come promette il nome del

loro eterogeneo gruppo. Sono

très, très fort – i musicisti della

«Staff Benda Bilili».

Staff Benda Bilili: «Très Très Fort»,

CD incl. 4 Bonusvideo (Crammed

Discs/Musikvertrieb)

Un omaggio del tutto interiore (er) Una vita, la sua, piena di

strapazzi. Servitù della gleba

come ragazza in Tibet, la fuga da

giovane verso il nord dell’India,

l’abuso fino alla maternità, la

sparizione del padre snaturato, la

consegna della figlia ad un affi-

datario, il lavoro come donna

delle pulizie e la partenza verso

l’Inghilterra; è quanto descrive

Soname Yangchen nel suo libro

«Figlia del Tibet».Tutto ciò, e

il suo canto inconfondibile, le è

valsa la denominazione di «Voce

del Tibet».Voce che nelle can-

zoni in lingua tibetana si libra

sopra un affascinante paesaggio

sonoro. Da ammirare sono qui le

voci del coro con la loro vena-

tura sacra, ed i fluttuanti suoni

degli strumenti a corda, dall’arpa

alla viola, dal dranyien (liuto ti-

betano) al sarangi (violino in-

diano), fino ai moderni accenti

di tastiera e chitarra, brillanti

tracce dei suoni del flauto e del

clarino, delicati ritmi della batte-

ria e virtuosi suoni del tabla.

Concludendo: un meraviglioso

omaggio del tutto interiore, ri-

lassato e tuttavia quasi doloroso

al Tibet dei vasti altipiani, alle

aquile che volano in circolo sui

sacri laghi, alle imponenti catene

montuose che si alzano verso il

cielo!

Soname: «Plateau» (World

Village/Musicora)

Persone disperate, ippopo-tami protetti Il film «Il Fiume Niger muore»

illustra le drammatiche conse-

guenze che i cambiamenti cli-

matici comportano in Africa.

Alfari abita sulla riva del fiume

Niger, e racconta come si è tra-

sformato da pescatore in coltiva-

tore di verdure.A causa del lento

inaridirsi del fiume, ci sono

sempre meno pesci da pescare,

cosa che costringe il pescatore

ad improvvisarsi contadino. Lo

spazio vitale lungo il fiume di-

venta però sempre più piccolo,

e gli abitanti delle rive devono

difendere i loro piccoli raccolti

dalla fame degli ippopotami, che

sono a loro volta limitati nella

loro normale ricerca di cibo.Al

Ser

vizi

o

Un solo mondo n.3 / Settembre 2009

Mus

ica

Film

Page 34: Un seul monde Eine Welt - Federal Council...mente 850 000 tonnellate di concime e insetticidi ai conta-dini di tutto il Paese. Con l’aiuto del settore privato è anche riu-scito

conta di un padre eroe di guerra.

La bugia protegge lei e la figlia

da una difficile verità, perché la

piccola è l’amaro frutto di uno

stupro. Con il suo film, Jasmila

Zbanic ha vinto l’Orso d’Oro

del Festival di Berlino.

I DVD «Snow» (f/t) e

«Grbavica»(f/t) sono apparsi nelle

edizioni trigon-film. Per ordinazioni

ed informazioni: 056 430 12 30 o

www.trigon-film.org

Faire Trade, alla conquistadella moda (bf ) Fair Trade – con riferi-

mento a prodotti sostenibili – è

di moda. Ciò che si è già affer-

mato nel settore alimentare, pot-

rebbe presto valere anche per il

mondo della moda. In questa ot-

tica, Helvetas organizza, dal 21 al

25 settembre ad Interlaken,

nell’ambito dell’Anno interna-

zionale ONU delle fibre naturali

2009 ed all’insegna del «From

Fashion to Sustainability», il

Congresso mondiale del cotone

biologico. Il congresso offre a

tutti gli operatori della filiera

creativa del tessile una piatta-

forma, che consente, in occa-

sione di workshop, esposizioni o

presentazioni, di dibattere sulle

innovazioni e le attuali sfide set-

toriali, conoscere modelli com-

merciali di successo, così come

allacciare rapporti con nuovi

partner nel campo dei tessili di

tipo sostenibile. Il congresso è

organizzato in cooperazione

con l’International Trade Centre

ITC, Max Havelaar e la Segre-

teria di Stato per l’economia

SECO.

Il programma, così come la registra-

zione online, sul sito:

www.fahsiontosustainability.org

In estasi con la musica( jls) I laboratori di etnomusico-

logia (Adem), a Ginevra, organiz-

zano ogni autunno un festival

dedicato alla musica e alle danze

tradizionali di un Paese o una

regione del mondo. Quest’anno,

si è deciso di presentare espres-

sioni musicali ancora poco co-

nosciute in Europa o che sono

oggetto di interpretazioni a

volte fantasiose. Con il titolo

«L’estasi e la trance», il festival

darà risalto alla dimensione spi-

rituale delle culture del mondo

islamico. Una troupe turca di

dervisci danzanti eseguirà il

sema, danza estatica che i mem-

bri di quest’ordine sufi praticano

per entrare in comunione con

Dio. Sei artisti pachistani inter-

preteranno il qawwali, canto sacro

sufi. Farida Parveen, cantante

originaria del Bangladesh, inter-

preterà alcuni testi del fachiro

Lalon Shah, un poeta mistico

del XIX secolo. Il pubblico potrà

anche scoprire la poesia cantata

dell’Iran, lo zar egiziano – un

rituale di guarigione basato sulla

danza e sulle percussioni – e il

ricco repertorio dei gruppi fem-

minili fqiret che si esibiscono in

Algeria in occasione di feste re-

ligiose e di ricorrenze pubbliche.

Il Festival «L’estasi e la trance»,

sarà in scena al teatro Alhambra

di Ginevra, dal 28 settembre

al 3 ottobre

Cambiamenti climatici: responsabili e vittime (gn) Nel suo saggio «Tatort

Klimawandel», il giornalista

tedesco Bernhard Pötter non

lascia spazio a dubbi: i cambia-

menti climatici innescati dal-

l’uomo sono in pieno corso

e finiranno per cambiare radical-

mente il nostro mondo.

Riportando 26 impressionanti

esempi, Pötter va sulle tracce dei

responsabili, delle vittime e dei

profittatori, che lui – dopo due

anni di ricerche in tutto il

mondo – è riuscito ad identifi-

care. Ricerche effettuate nei

campi di petrolio di Houston,

nella regione amazonica, nel

Bangladesh e addirittura sullo

Schilthorn, nell’Oberland ber-

nese. Con abilità, intreccia re-

portage e informazioni specifi-

che e non esita ad indicare per

nome i responsabili. Inoltre, il

giornalista tedesco esamina criti-

camente le soluzioni proposte

da politica, economia e ricerca.

Malgrado ciò, il libro si differen-

zia chiaramente da un comune

romanzo poliziesco, soprattutto

perché non cade nel banale

schema del buono e del cattivo.

«Tatort Klimawandel» di Bernhard

Pötter, Edizioni oekom Monaco di

baviera, 2008, non è disponibile in

italiano

Quattro interessanti opuscoli (bf ) Siete interessati a sapere

cosa siano i diritti umani e come

funzionano esattamente il diritto

internazionale umanitario, il

diritto internazionale pubblico

o la diplomazia? Il Dipartimento

federale per gli Affari Esteri

(DFAE) ha stilato per ognuno

di questi temi una pubblicazione

molto chiara e comprensibile

anche ad una vasto pubblico.

Nell’introduzione, il singolo

tema viene presentato nelle sue

più ampie componenti storiche,

sociali e legali. La seconda parte

comprende il glossario, che

provvede, in sintesi ma con pre-

Un solo mondo n.3 / Settembre 200934

contrario delle popolazioni stan-

ziali, gli ippopotami godono di

una certa considerazione da

parte delle autorità: sono protetti

e non possono essere cacciati.

Secondo le parole di Alfari, gli

ippopotami sono protetti per

dare stimoli al turismo, e ciò

mentre gli indigeni lottano per

sopravvivere.

«Der Niger-Fluss stirbt»; Niger

2006. documentario, 7 minuti,

sottotitoli in inglese, francese e tede-

sco. Il film fa parte del DVD

«Cortometraggi da Senegal, Niger,

Palestina, Romania, Etiopia,

Sudafrica»; informazioni e consu-

lenza: Filme für eine Welt,

tel. 031 398 20 88,

www.filmeeinewelt.ch

Donne in BosniaNei nuovi film dalla Bosnia ed

Erzegovina si evidenzia una par-

ticolarità: raccontano sempre

storie femminili, storie di donne

sole che vivono la loro solitu-

dine insieme ad altre donne. Nel

film «Snow»,Aida Begic – che

ha vissuto la guerra dei Balcani

da giovane – osserva la vita di

un villaggio di montagna. Gli

stessi pensieri muovono Jasmila

Zbanic, che nel film «Grbavica»

racconta delle ferite ancora

aperte e della difficoltà di convi-

vere con il passato. Il villaggio

di «Snow» non mostra, ad un

primo sguardo, cosa hanno do-

vuto sopportare i suoi abitanti.

Aida Begic narra, nella sua toc-

cante opera prima, di donne

sposate, dei loro figli e mariti.

La guerra ha tolto loro gli affetti

più cari, ed ora vivono una vita

alla quale ormai devono dare un

nuovo senso. Esma vive nel film

«Grbavica» a Sarajevo con la

figlia dodicenne Sara, cui rac-

Lib

ri e

op

usco

li

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ifest

azio

ni

Page 35: Un seul monde Eine Welt - Federal Council...mente 850 000 tonnellate di concime e insetticidi ai conta-dini di tutto il Paese. Con l’aiuto del settore privato è anche riu-scito

cisione, a spiegare concetti spe-

cifici. Oppure, improvvisando,

sareste in grado ad esempio

di spiegare ciò che prevede il

diritto allo sviluppo, ciò che

distingue una nota diplomatica

da un approccio diplomatico,

oppure qual è l’attività della

Commissione d’inchiesta uma-

nitaria internazionale?

I quattro opuscoli«ABC dei diritti

dell’uomo», «ABC del diritto inter-

nazionale umanitario», «ABC del

diritto internazionale pubblico» ed

«ABC della diplomazia» possono

essere ordinati gratuitamente presso:

[email protected] op-

pure presso Informazione DFAE

Tel. 031 322 31 53; visitando il

seguente sito, gli opuscoli possono

essere scaricati in formato pdf:

http://www.dfae.admin.ch,

«Documentazione», «Pubblicazioni»

lmmagini di un mondo

diverso

Nel 1989 la Fondazione trigon-

film presentò il suo primo film:

«Zan Boko», di Gaston Kaboré,

del Burkina Faso. Nel 2009 pre-

senta con «Pandora's Box» – del

turco Yesim Ustaoglu – un film

sul tema Alzheimer e famiglia.

Nel giro di 20 anni sono state

distribuite oltre 280 produzioni

provenienti dall’Africa,Asia e

Un solo mondo n.3 / Settembre 2009 35

Servizio

Va

ria

Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Martin Dahinden (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Marie-Noëlle Bossel, Marc-André Bünzli, Beat Felber, Thomas Jenatsch, Roland Leffler,Sabina Mächler

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia e Stampa: Vogt-Schild Druck AG,Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentitaprevia consultazione della redazione ecitazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DFAE, Servizio informazioni, Palazzo federale ovest,3003 BernaE-mail: [email protected]. 031 322 44 12Fax 031 324 90 47www.dsc.admin.ch

860215346

Stampato su carta sbiancata senza cloroper la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 53 500

Copertina: Tuareg nel Sahara; Biosphoto/Thiriet Claudius/Still Pictures

ISSN 1661-1683

America Latina. Con queste

produzioni si è notevolmente

arricchita ed ampliata l’offerta

nei cinema e nella forma di

DVD. In tal modo, sono arrivati

nelle sale, film eccellenti quali

«Yi Yi», di Edward Yang,

«Bombón el perro», di Carlos

Sorín, «El viaje», di Fernando

Solanas, «TGV», di Moussa

Touré o «La vida es silbar» di

Fernando Pérez. Ora,Walter

Ruggle, presidente della

Fondazione, ha scritto un libro

nel quale, su 500 pagine, riflette

sui film scelti e sulle eccezionali

qualità dei cineasti.Testi, intervi-

ste, citazioni e meravigliose im-

magini invitano ad intraprendere

un viaggio in un’altra cinemato-

grafia e ci permettono di acce-

dere nel cuore di temi, approcci

e quesiti con i quali si confron-

tano i cineasti di tutto il mondo.

«Welt in Sicht» di Walter Ruggle,

reperibile in libreria o direttamente

presso la Fondazione trigon-film ad

Ennetbaden: tel. 056 430 12 30;

non è disponibile in italiano

Scrivere con la macchina

fotografica

(bf ) Una solitaria barriera, con

dietro due militi di frontiera

ed un cane randagio, che sorve-

gliano il confine tra Pakistan e

Cina, sul Passo del Khunjerab, e

guardano in modo assorto verso

gli ottomila che si ergono all’o-

rizzonte. Oppure, quattro mani

di donna che tagliano a pezzi

carne cruda in un piatto pog-

giato su di una tovaglia decorata

da fiori rossi. Queste sono solo

due di 165 avvincenti fotografie

che il fotografo-scrittore solet-

tese Daniel Schwartz ci offre

nella sua più recente opera

fotografica: «Daniel Schwartz:

Travelling Through the Eye of

History». Il fotografo di fama in-

ternazionale è conosciuto per la

qualità dei suoi reportage, minu-

ziosamente e lungamente prepa-

rati, accompagnati da scatti che

mai prescindono da ampie co-

noscenze acquisite sui luoghi

stessi che essi documentano.

Così, negli ultimi 15 anni,

Schwartz ha visitato Turkmeni-

stan, Tagikistan, Kazakstan,

Uzbekistan e Cina, e ci presenta

un concentrato dei suoi viaggi

in un volume affascinante, che si

rivela un vero e proprio capola-

voro, e non solo per le splendide

foto che contiene.

«Daniel Schwartz:Travelling

Through the Eye of History»;

Thames & Hudson, London 2009

Incrementi demografici ed

approvvigionamento

(bf ) Mentre i paesi industrializ-

zati si vedono confrontati con il

problema di una società in piena

riduzione demografica, i paesi in

via di sviluppo sono alle prese

con le conseguenze di urbaniz-

zazione, emigrazione e crescita

demografica. Quali effetti hanno

questi sviluppi sull’approvvigio-

namento di acqua, cibo e di altre

risorse? Gli autori e le autrici

del volume «Population Dynamics

and Supply Systems.A Transdisci-

plinary Approach» hanno svolto

ricerche in Africa, Asia, Medio

Oriente ed Europa. Il libro de-

scrive, tra l’altro, i metodi con i

quali i sistemi di approvvigiona-

mento possono essere adattati

ai cambiamenti demografici.

Gli scienziati esperti in biologia,

geografia, scienze politiche, eco-

nomia e sociologia hanno stu-

diato il fenomeno in diverse re-

gioni del mondo e indicano

possibili soluzioni.

Diana Hummel (Hg); «Population

Dynamics and Supply Systems.

A Transdisciplinary Approach»,

Campus, Frankfurt/New York

2008, ISBN 978-593-38545-7

DFAE: esperti a vostra dispo-

sizione

Desiderate un’informazione di

prima mano sulla politica estera

svizzera? Relatori e relatrici del

Dipartimento Federale degli

Affari Esteri (DFAE) sono a di-

sposizione di classi scolastiche,

associazioni ed istituzioni per

conferenze e discussioni sui nu-

merosi temi della politica estera.

Il servizio è gratuito, ma può es-

sere fornito soltanto all’interno

dei confini nazionali; inoltre,

dovranno presenziare almeno

30 partecipanti per ogni evento

programmato.

Ulteriori informazioni: Servizio

conferenze DFAE, Servizio infor-

mazioni, Palazzo federale ovest,

3003 Berna; tel. 031 322 31 53 o

031 322 35 80; fax 031 324 90

47/48; e-mail: [email protected]

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Nella prossima edizione:

Sono i paesi in via di sviluppo a risentire maggiormente della crisifinanziaria che attualmente imperversa a livello mondiale. Il nostrodossier illustra le ripercussioni della crisi sulla vita quotidiana dellepersone e spiega perché sia nell’interesse del Nord che la situazione nel Sud non peggiori.

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