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Un modello decisionale nella privatizzazione delle procedure concorsuali:
la funzione “best crisis choice“
Dott. Matteo Panelli
Dottore commercialista in Milano e Valenza
Socio fondatore A.I.R.I.C.
1. Introduzione
2. I modelli decisionali
3. Gli strumenti di risanamento
4. Primo elemento: recovery rate
5. Secondo elemento: tempo
6. Terzo elemento: tasso di attualizzazione (rischio)
7. Quarto elemento: altre forme di soddisfacimento
8. Conclusioni.
1. Introduzione
Il presente lavoro ha l’obiettivo di introdurre nel contesto delle procedure concorsuali (e,
più in generale, degli strumenti di risanamento d’impresa, di cui alla Legge Fallimentare,
Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, così come riformato dal D.lgs. 09.01.06, n. 5 e dal
D.Lgs. 12.09.07, n. 169) un modello di valutazione matematico, che i creditori possano
applicare quale “bussola” orientativa nelle scelte di voto di cui all’art. 174, L.F. e seguenti.
In questo modo, si intende incentivare lo studio e l’analisi della materia, al fine di favorire
una trasparente adesione alle proposte di concordato preventivo (ovvero ogni altro
strumento alternativo al fallimento).
La trasparenza e la completezza delle informazioni permettono di maturare scelte ragionate
e ben misurate; questa è, a sua volta, condizione necessaria affinché gli strumenti di
risanamento d’impresa possano sempre più diventare mezzi concretamente utili all’intero
tessuto socio – economico ed efficacemente rivolte alla salvaguardia dell’impresa e degli
interessi collettivi.
2. I modelli decisionali
Gli operatori economici sono posti continuamente di fronte a delle scelte, con la necessità
di operare delle valutazioni che conducano ad una decisione ottimale “best crisis choice”
all’interno del ventaglio delle opzioni disponibili, basandosi su dati e modelli di elaborazione
che identifichino il sistema, lo circoscrivano chiaramente e ne estrapolino gli elementi
rilevanti che, debitamente composti, determineranno il risultato finale.
I modelli decisionali sono, infatti, quei sistemi (matematici) che permettono al decisore di
affrontare un “problema”, applicando una formula (ovvero, un algoritmo); questo processo
determinerà una soluzione e conseguentemente, verrà elaborata la strategia ritenuta più
idonea affinché la soluzione stessa sia perseguita e raggiunta.
Così come in ogni sistema, anche nel caso delle procedure concorsuali, è compito
dell’operatore economico operare una scelta valutando le alternative che sono disponibili
nel caso concreto; tale valutazione non potrà che essere di efficienza economica, ovvero
tale da massimizzare il ritorno economico del decisore stesso. Tale ritorno economico non
dovrà necessariamente rilevare esclusivamente in termini monetari, potendo trattarsi di
ogni altra forma di ritorno economico che possa risultare soddisfacente.
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L’operatore economico dovrà, quindi, operare una scelta di opportunità economica,
valutando le opzioni che gli vengano poste e che sono normalmente riconducibili a quanto
egli possa trarre dalla liquidazione dell’attivo fallimentare ovvero alla soddisfazione
economica (in termini di denaro o beni mobili ed immobili) offerta in alternativa.
3. Gli strumenti di risanamento
Gli strumenti di risanamento di impresa hanno una funzione economica fondamentale, che
consiste nel favorire la collaborazione tra il debitore ed i propri creditori, ai quali il debitore
stesso propone una soluzione alternativa (e normalmente migliorativa) alla soddisfazione
economica che questi trarrebbero dalla dichiarazione di fallimento.
In questo contesto, diventa fondamentale valutare le diverse soluzioni che si prospettano
al fine di consentire il superamento della crisi non solo dal punto di vista dell’efficienza,
intesa come massimizzazione del valore dell’impresa in crisi, bensì anche sotto il profilo
dell’equità, intesa come distribuzione degli eventuali sacrifici economici da sostenere.
Concetto quest’ultimo di particolare complessità sia concettuale sia applicativa; si pensi allo
strumento del concordato preventivo ed al suo potere coercitivo nei confronti dei creditori
dissenzienti, c.d. cram down.
In questo caso, il concetto di equità potrà essere perseguito esclusivamente nella misura in
cui “giustizia, ed imparzialità” siano già assimilati al concetto giuridico della “par condicio
creditorum” e quindi nelle “cause di prelazione” di cui agli art. 2751 bis e ss del codice
civile, principi che peraltro non dovranno essere necessariamente garantiti negli accordi di
ristrutturazione (art. 182-bis, L.F.) e nei piani di risanamento attestati (art. 67, c. 3, lett.
d), LF), ma vincolanti nel solo concordato preventivo (art. 160, LF).
A prescindere dallo strumento adottato, i creditori dovranno comunque valutare la proposta
economica che il debitore proponga loro quale alternativa a quella derivante del proprio
fallimento; proposta che è bene ricordare potrà prevedere la “soddisfazione dei crediti
attraverso qualsiasi forma”, concetto questo che riprenderemo nel paragrafo in cui ci
occuperemo della disamina delle “altre forme di soddisfacimento” del credito.
Segue ora la costruzione di un modello decisionale basato su quattro elementi, che
verranno di seguito discerniti per poi confluire, nell’ultimo paragrafo, nella funzione “best
crisis choice”.
4. Primo elemento: “lost given default” e “recovery rate”
Quando un debitore si trova in stato di insolvenza, il creditore avvia il c.d. processo del recupero: l’eventuale perdita economica subita (d’ora in poi “Lost Given Default” o semplicemente “LGD”) rappresenta una variabile chiave da governare. La LGD assume una rilevanza particolare per gli intermediari finanziari essendo alla base
del concetto stesso di rating; gli accordi interbancari che si sono succeduti nel tempo (fino al recente “Basilea 3”, le cui nuove regole di vigilanza cominceranno a trovare applicazione
dal 2013, per poi entrare a regime nel 2019) hanno rivoluzionato i criteri per il calcolo del patrimonio di riserva delle banche, con diretta incidenza sui metodi di determinazione del rating aziendale.
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In questo caso, si tratta ovviamente di modelli di determinazione ex ante della LGD, ovvero
prima dell’insorgere del relativo credito e per i quali si possono adottare differenti approcci, basati su dati di mercato o su dati interni, classificati comunemente in tre macrocategorie: market LGD, implied market LGD e work-out LGD. Tali approcci si differenziano in merito alle assunzioni di base: i primi due approcci assumono l’ipotesi dell’efficienza del mercato (rispettivamente dei defaultable bonds e dei defaulted loans) il terzo prevede, invece, che
esso possa essere utilizzato come benchmark per la stima della LGD corretta. Ai fini del presente lavoro, siamo, invece, interessati ad esplicitare il significato e l’applicazione ex post della LGD, ovvero un modello decisionale che permetta ai creditori di valutare le alternative proposte loro. Possiamo, quindi, definire il Recovey Rate quale “tasso di recupero del proprio credito” e la
Lost Give Default quale “tasso di perdita del proprio credito”.
Trattasi evidentemente l’uno il reciproco dell’altro, secondo la relazione LGD = 1 - RR.
La Lost Given Default varia a seconda della proposta che verrà inoltrata dal debitore ai
propri creditori e che normalmente contrappone la fattispecie della dichiarazione di
fallimento in proprio e l’adesione al piano concordatario (o altro strumento di
risanamento); i creditori singolarmente saranno posti davanti alla valutazione della
proposta concordataria, misurando l’effetto reale che la scelta dicotomica a cui sono posti
dinnanzi avrà sul proprio credito.
Segue una rappresentazione della LGD e del RR: il caso che viene di seguito esposto è volutamente semplificato, per cui non saranno previsti privilegi speciali su beni mobili o immobili e garanzie di terzi che possano in qualche modo influenzare la decisione dei creditori o di parte di essi. Aggiungere nel modello tali fattispecie non ne modifica la sostanza dovendo:
- modificare l’allocazione delle risorse; - acquisire un maggior numero di classi; - aggiungere la soddisfazione derivante dall’azione sui garanti terzi;
Prendiamo ora in esame la seguente situazione patrimoniale (Figura 1):
CONCORDATO PREVENTIVO
ISTANZA DI FALLIMENTO
Attività
Crediti commerciali 492.563,00 492.563,00
Crediti fiscali e previdenziali 65.432,10 65.432,10
Cassa e conti correnti attivi 5.670,45 5.670,45
Credito per canoni affitto di azienda 19.800,00 19.800,00
Valore azienda oggetto di affitto (valore di perizia)
175.679,00
Offerta di acquisto d'azienda concordataria 281.086,40
TOTALE ATTIVITÀ 864.551,95 759.144,55
Passività
Debiti prededucibili o privilegiati
Spese di procedura, debiti prededucibili e fondi 112.000,00 112.000,00
Debiti privilegiati 198.743,00 198.743,00
Debiti chirografari
Istituti di credito e società finanziarie 1.564.980,05 1.564.980,05
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Fornitori per crediti superiori ad euro 2.000 1.789.090,32 1.789.090,32
Fornitori per crediti inferiori ad euro 2000 65.710,00 65.710,00
TOTALE 3.730.523,37 3.730.523,37
Figura 1 – situazione patrimoniale riclassificata
In questo esempio, il prezzo offerto per l’acquisto dell’azienda (Euro 281.086,40) è
superiore al valore di perizia (Euro 175.679,00); questa situazione è tipica, perché è
proprio nell’importo offerto per l’acquisto dell’azienda (o ramo di azienda) condotta dalla
società in crisi, che si esplicita la migliore offerta ai propri creditori, rispetto alla soluzione
alternativa del fallimento.
Partendo dalla situazione patrimoniale riclassificata sopra riportata (Figura 1) è possibile,
quindi, effettuare le seguenti simulazioni da cui emergono - quali elementi di sintesi - il
Recovey Rate e la Lost Give Default.
Tali indicatori possono essere utilmente calcolati per classi omogenee (come del resto
contemplato nello stessa legge fallimentare e, in particolare, nell’art. 160, LF), in modo da
determinare la soddisfazione (ovvero, altresì la perdita) di ciascuna di esse (Figura 2).
SHEMA RIEPILOGATIVO DELLA PROPOSTA DI CONCORDATO PREVENTIVO
Importo da soddisfare
Importo offerto
LGD RR
Debiti prededucibili o privilegiati
Spese di procedura, debiti prededucibili e fondi
112.000,00 112.000,00 0,00% 100,00%
Debiti privilegiati 198.743,00 198.743,00 0,00% 100,00%
Debiti chirografari
Istituti di credito e società finanziarie,
1.564.980,05 219.097,21 86,00% 14,00%
Fornitori per importi superiori ad euro 2.000
1.789.090,32 295.199,90 83,50% 16,50%
Fornitori per importi inferiori ad
euro 2.000 65.710,00 40.470,79 38,41% 61,59%
TOTALE FABBISOGNO 864.551,95
SHEMA RIEPILOGATIVO IN CASO DI FALLIMENTO
Importo da soddisfare
Importo offerto
LGD RR
Debiti prededucibili o privilegiati
Spese di procedura, debiti
prededucibili e fondi 112.000,00 112.000,00 0,00% 100,00%
Debiti privilegiati 198.743,00 198.743,00 0,00% 100,00%
Debiti chirografari
Istituti di credito e società finanziarie,
1.564.980,05 109.548,60 86,89% 13,11%
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Fornitori per importi superiori ad
euro 2.000 1.789.090,32 322.036,26 86,89% 13,11%
Fornitori per importi inferiori ad euro 2.000
65.710,00 17.741,70 86,89% 13,11%
TOTALE FABBISOGNO 759.144,55
Figura 2 – RR e LGD nelle fattispecie del concordato e del fallimento
Qualora, diversamente dal caso precedente, l’attivo concordatario dovesse risultare
insufficiente a soddisfare al 100% i creditori muniti di privilegio, il modello dovrà essere
implementato, in modo da tenere in considerazione l’ordine dei privilegi, di cui al Codice
Civile ed alle leggi speciali.
In tal caso, il modello dovrà quindi tenere in debita considerazione:
- il relativo ordine dei privilegi;
- la previsione di cui all’art. 182 ter;
- la (eventuale) allocazione della garanzia.
In particolare, la dottrina prevalente ritiene che l’importo offerto in garanzia, che nel nostro caso è pari ad Euro 105.407,40 (ovvero, Euro 281.086,40 - Euro 175.679,00), possa essere allocato liberamente, purché non sia violato l’ordine dei privilegi; tale requisito risulterebbe quindi soddisfatto nella misura in cui detto importo sia destinato al chirografo in misura inferiore al 50%.
Rispetto, invece, alla transazione fiscale (di cui all’art. 182-ter, L.F.), in attesa di una interpretazione univoca circa l’obbligatorietà di tale istituto e costatando la progressiva acquisizione dello status di privilegio di ogni credito vantato dallo Stato, resta indispensabile, ai fini dell’ammissibilità della proposta, l’integrale soddisfazione del credito iva e delle ritenute d’acconto non versate. Fatte queste precisazioni, che dovranno essere tenute in debita considerazione allorquando
si affrontino fattispecie concrete, segue una (parziale) rappresentazione dei gradi di
privilegio (Figura 3) con una nuova ipotesi di soddisfacimento, in cui l’importo a garanzia
viene parzialmente allocato a favore dei creditori chirografi.
Categoria Crediti Causa di prelazione Fallimento
Concordato Preventivo
LGD RR LGD RR
Prededucibili Prededucibili 0% 100% 0% 100%
Crediti dipendenti Privilegio generale ex art. 2751 bis c.1
0% 100% 0% 100%
Crediti professionisti Privilegio generale ex art. 2751 bis c.2
27% 73% 0% 100%
Crediti artigiani
privilegiati
Privilegio generale
ex art. 2751 bis c.5 100% 0% 90% 10%
Crediti degli enti di previdenza
Privilegio generale ex art. 2753
100% 0% 95% 5%
Crediti dell’Erario (*) Privilegio generale ex art. 2752
100% 0% 95% 5%
Chirografari - 100% 0% 96% 4%
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Postergati - 100% 0% 100% 0%
(*) Eccetto Iva e ritenute pagate integralmente.
Figura 3 – RR e LGD con individuazione dell’ordine dei privilegi.
Come emerge nella precedente tabella (Figura 3), l’importo a garanzia (condizionato
all’omologa del concordato ed offerto in eccesso rispetto al valore di liquidazione
dell’azienda) può essere più liberamente allocato, rendendo la proposta concordataria più
favorevole rispetto all’alternativa del fallimento anche alla generalità delle classi.
La metodologia di calcolo della “RR” è, quindi, asettica, oggettiva e priva di valutazioni di
merito: il modello proposto si pone l’obiettivo di massimizzare il risultato per i creditori. E’,
invece, compito del debitore fare in modo che la proposta concorsuale – oltre a garantire il
miglior risultato per i creditori – consenta la continuità aziendale, la salvaguardia dei posti
di lavoro e garantisca la conservazione dell’avviamento; elementi questi che – per quanto
di elevato interesse sociale – possono non incidere sulla decisione di voto del singolo
creditore.
5. Secondo elemento: il tempo
Il secondo elemento del modello decisionale è il tempo.
Esso ha sicuramente una valenza economica, ma non può essere definito un bene
economico nel vero senso della parola: il tempo è, infatti, limitato ovvero è “scarso rispetto
alla domanda”, è utile ovvero è “idoneo a soddisfare una domanda”, ma non è “reperibile”.
Nonostante ciò il tempo rappresenta per ogni operatore economico un elemento
fondamentale in qualsiasi scelta economica.
Partiamo dal seguente esempio contenuto nella Figura 4:
IPOTESI
FALLIMENTO CONCORDATO PREVENTIVO
CASO 1
tempo di rimborso 18 mesi 12 mesi
CASO 2
tempo di rimborso 18 mesi 24 mesi
Figura 4 – ipotesi di tempi di rimborso
Nel caso 1, è previsto un processo di liquidazione dell’attivo fallimentare in 18 mesi contro
un pagamento della proposta concordataria in 12 mesi.
Nel caso 2, invece, i termini di pagamento saranno rispettivamente 18 mesi e 24 mesi.
E’ evidente che a parità di garanzie – che per ora consideriamo piene e certe – dovrà
essere preferita l’alternativa che preveda la più celere soddisfazione a favore dei creditori.
Si tenga, però, in considerazione che per semplicità si è per ora ipotizzato che ogni
creditore, ovvero ogni classe omogenea di creditori, possa essere soddisfatta
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contemporaneamente, ovvero al 12°, 18° o 24° mese, ipotesi questa peraltro poco
realistica.
A differenza di quanto non avvenga allorquando ci accingiamo ad effettuare una
valutazione d’azienda (o di rami d’azienda), nel caso di proposte concordatarie il tempo
dovrebbe essere un elemento noto, che viene estrapolato dalla proposta concordataria
stessa. Ove ciò non dovesse essere chiaro, si ritiene che dovrebbe essere compito degli
organi della procedura richiedere che sia evidenziato con precisione, enunciando anche le
garanzie poste alla base.
Il tempo che necessita per la liquidazione fallimentare non è, invece, di norma precisato
nelle istanze di concordato preventivo e, quindi, occorrerà determinarlo.
In Italia, la durata media di un fallimento è pari a 9,5 anni, molto di più delle previsioni
della Suprema Corte. Il calcolo è stato eseguito dal ministero della Giustizia, studiando le
procedure aperte e chiuse fra il gennaio 2001 e il giugno 2009.
Su questo dato pesano, però, alcune considerazioni:
- la riforma del 2006 ha sicuramente reso più rapide le procedure, che sono cresciute
esponenzialmente per effetto della congiuntura negativa;
- vi sono provincie performanti come Trento, con la media di 5 anni e 1 mese, ed
altre estremamente inefficienti come Caltanissetta, dove si è registrata la durata
media di 22 anni e 3 mesi;
- la chiusura di un fallimento non necessariamente coincide con il momento in cui i
creditori vengono soddisfatti, ed anzi occorre considerare che la maggior parte
dell’attivo viene (normalmente) realizzato nei primi anni della procedura;
- la soddisfazione dei creditori avviene progressivamente, nel rispetto degli ordii di
privilegio, per cui i crediti chirografi dovranno in ogni caso attendere una maggiore
dilazione;
Premesse queste considerazioni e fatta eccezione per casi specifici, si ritiene di dover
presumere un tempo medio di pagamento (termine) da parte del fallimento compreso tra i
3 e 5 anni, presupponendo che nei mesi successivi (fino a chiusura della procedura) gli
importi eventualmente ripartiti siano residuali.
Occorre, infine, sottolineare l’importanza di una valutazione caso per caso del fattore
tempo che tenga conto di ogni elemento rilevante, che, peraltro, dovrebbe già essere
esplicitato nell’istanza. Si pensi, ad esempio, ad una procedura fallimentare che comprenda
un terreno agricolo (valutato, ad esempio, “100”) che si preveda diventare edificabile al 5°
anni (con un aumento del proprio valore a “500”) e le cui offerte di acquisto siano tutte
vincolate all’attuazione del nuovo piano regolatore. In tal caso, se nell’attivo fallimentare
fosse indicato un valore di realizzo pari a “500” (e, quindi, il calcolo del Recovery Rate lo
avesse recepito), il modello dovrà necessariamente considerare un tempo di soddisfazione
sicuramente non inferiore a 60 mesi (ovvero, un arco temporale superiore rispetto a quello
medio sopra indicato).
6. Terzo elemento: il tasso di attualizzazione (rischio)
Nel precedete paragrafo, nel considerare il fattore tempo, ci siamo già imbattuti nel
concetto di rischio, che deve però essere affrontato nel contesto della scelta del tasso di
attualizzazione.
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Quest’ultimo rappresenta certamente l’elemento di più complessa determinazione, anche
per i diversi significati di cui è sintesi.
Nel caso di valutazioni d’azienda (o di rami), la teoria aziendale individua generalmente tre
componenti fondamentali del “tasso di attualizzazione del reddito medio prospettico” (“i”)
da applicare (detto anche “tasso equivalente”), indicate nella seguente formula:
i = i* + r + l
dove:
i* = tasso di rendimento di investimenti alternativi con rischio nullo, si tratta cioè della
remunerazione del capitale ottenuto in prestito;
r = rischio dell’azienda di non conseguire i presunti redditi futuri;
l = minor liquidità dell’investimento nel capitale dell’azienda, rispetto ad investimenti
alternativi.
Anche nel nostro modello, ci pare di poter assumere tali variabili tout court attribuendogli il
seguente significato:
i* = tasso di rendimento di investimenti alternativi privi di rischio, e che possiamo
sintetizzare nel tasso dei BOT ad 1 anno deflazionati al netto della tassazione;
r = rischio che la procedura non raggiunga gli obiettivi prefissati, sia nel caso di
procedura concorsuale, sia fallimentare; si deve considerare che il rischio non è
necessariamente più elevato nell’una o nell’altra fattispecie, ma dovrà essere
valutato di volta in volta, anche considerando le eventuali garanzie;
l = minor liquidità per essersi privati del capitale atteso in restituzione (costo
opportunità); quest’ultimo elemento è più soggettivo e dipende dall’impiego
alternativo che il creditore avrebbe inteso fare di tali somme.
Nella determinazione del tasso di attualizzazione occorre, quindi, considerare il fattore
“rischio”: il mancato raggiungimento degli obiettivi concorsuali può, infatti, determinare -
alternativamente - la successiva dichiarazione di fallimento in proprio, ovvero percentuali
inferiori di soddisfacimento.
Tanto nel primo, quanto nel secondo caso, questi elementi devono essere considerati nel
tasso di attualizzazione, perché l’eventuale scelta per un concordato preventivo che poi
evolvesse nella dichiarazione di fallimento, implicherà necessariamente ulteriori extra costi
che potranno ridurre la percentuale di soddisfacimento attesa.
7. Quarto elemento: altre forme di soddisfacimento
Occorre ora aggiungere un ulteriore elemento al modello finora costruito, che tenga conto
della locuzione contenuta nell’art. 160, c. 1, lett. a), L.F. ovvero “… la soddisfazione dei
crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre
operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi
partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri
strumenti finanziari e titoli di debito”.
Questo aspetto è sicuramente il più complesso da valutare ed impone una maggiore
riflessione, potendosi rilevare vari casistiche, che cercheremo ora di esemplificare.
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a. Conversione del credito in prestito obbligazionario della società debitrice (in caso di
concordato di continuità) o dell’eventuale assuntore (in caso di concordato liquidatorio).
In questa circostanza, occorre valutare la capacità di restituzione del credito nei tempi e
nei modi indicati nel programma e, quindi, nel piano di ammortamento. Normalmente ci si
dovrebbe aspettare che la conversione del credito preveda un “premio” in c/capitali, oltre
alla remunerazione in c/interessi per la maggiore dilazione, con la conseguenza che il
rischio, il tempo ed il premio dovranno convergere nella valutazione del creditore.
b. Conversione in quote di partecipazione della società debitrice (in caso di concordato di
continuità) o dell’eventuale assuntore (in caso di concordato liquidatorio).
Anche in questo caso, come in quello precedente, valgono le considerazioni appena
enunciate, tenendo presente, però, che dovrà evidentemente considerarsi anche la natura
del nuovo rapporto, il quale evolverà dal puro titolo di credito ad un titolo di proprietà;
questo determinerà un incremento del rischio ma contemporaneamente anche l’emergere
di diritti, quali, in primo luogo, quello di voto (peraltro escludibile in caso di azioni di
risparmio).
c. Attribuzione di beni (o parte di beni) facenti parte del patrimonio aziendale, ovvero
assets materiali, assets immateriali o beni di magazzino.
In questo caso, il creditore dovrà quantificare il valore economico del bene (o dei beni) che
gli vengono offerti. Il criterio che appare più adeguato è il valore di realizzo sul mercato:
trattasi di dato certo ed oggettivo che deriva da una perizia, eventualmente asseverata.
Questo metodo non tiene, però, conto di eventuali altre valutazioni che il creditore
potrebbe ritenere di dover fare e di natura più strettamente soggettiva: si pensi, ad
esempio, al caso in cui la proposta preveda di attribuire ad un determinato creditore un
brevetto o un marchio; qualora questo bene si integrasse nel processo produttivo del
beneficiario, quest’ultimo dovrà valutare se potrà trarne un vantaggio maggiore rispetto a
quanto non potrebbe invece ottenere dalla sua alienazione sul mercato.
Questi esempi - che possono peraltro essere integrati e maggiormente dettagliati -
dimostrano la complessità di questa ulteriore valutazione. Chiameremo questo elemento
(che sintetizzeremo con il termine “ADD”) e nel quale faremo, quindi, confluire i seguenti
fattori aggiuntivi rispetto alla soddisfazione in denaro:
- fattori economici oggettivi diretti – FEOD - debitamente ponderati rispetto al
“tempo” ed al “rischio”, valutati al presunto valore di realizzo;
- fattori economici soggettivi diretti – FESD - debitamente ponderati rispetto al
“tempo” ed al “rischio”, valutati al presunto valore di utilizzo interno;
- fattori economici indiretti – FEI - quali, ad esempio, l’opportunità economica di
continuità dei rapporti di lavoro con la società debitrice (in caso di concordato di
continuità) o con l’eventuale assuntore (in caso di concordato liquidatorio)
- fattori non strettamente economici – FNE - quali, ad esempio, rapporti personali o
simili.
Dal punto di vista matematico, l’elemento “ADD” sarà, quindi, la sommatoria dei fattori
sopra indicati e quindi:
ADD = ∑ (FEOD; FESD; FEI; FNE)
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Il vantaggio di scomporre l’elemento “ADD” in vari fattori permette di valutarli
singolarmente, tenendoli tutti in debita considerazione e potendo operare un confronto
sofisticato tra le alternative proposte dal debitore.
8. Conclusioni.
Il modello decisionale “best crisis choice” che abbiamo costruito può ora tenere conto di
tutti gli elementi necessari per la formalizzazione definitiva del livello di soddisfazione del
creditore, che indicheremo con il simbolo “Δ”.
La sua rappresentazione matematica è la seguente:
Δ = f (RR; t; r; ADD)
in cui:
RR = Recovery Rate
t = Tempo
r = Rischio
ADD = Altre forme di soddisfazione
La formula necessaria per la determinazione di “Δ” è quindi, la seguente:
ADD r)+(1
RR =
t
Occorre, quindi, determinare “Δ” nel caso di concordato preventivo (ovvero, altra
procedura concorsuale o piano di risanamento) e nel caso di fallimento, al fine di
determinare l’alternativa che massimizzi la soddisfazione del creditore (o della classe di
creditori), nella formulazione:
FALL.C.P.
Δ FALL. = soddisfazione che viene tratta dal creditore nel caso di fallimento del debitore.
Δ C.P. = soddisfazione che viene tratta dal creditore nel caso di concordato preventivo (o
altra procedura concorsuale).
Applicando il modello sopra esposto potremo raggiungere risultati molto diversi da quelli
che avremmo ipotizzato di ottenere utilizzando quale unico elemento di scelta il Recovery
Rate, il quale, pur rappresentando la base di partenza per l’effettuazione della scelta di
voto da parte del creditore in sede di adunanza ai sensi dell’art. 174, L.F., deve
considerarsi esclusivamente uno degli elementi di valutazione.
Nel seguente figura 5 vengono rappresentate tre fattispecie in cui si evidenzia l’influenza
dei vari elementi del modello a parità di Recovery Rate, determinando risultati ogni volta
difformi ed interessanti:
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IPOTESI 1
IPOTESI 2
IPOTESI 3
FALLI-MENTO
CONC. PREV.
FALLI-MENTO
CONC. PREV.
FALLI-MENTO
CONC. PREV.
Importo proposto (I) 25 35
25 35
25 35
Tasso di attualizzazione (II) 4% 5%
4% 15%
4% 15%
Tempo di rimborso (III) 12 16
12 16
12 18
Altre forme di soddisfazione (IV) 0 0
0 0
0 7,5
SODDISFAZIONE ATTESA (Δ) 24,04 25,00
24,04 22,83
24,04 27,79
Figura 5 – applicazioni del modello decisionale
(I) "RR" - in valore assoluto (RR x importo del credito) (II) "r" - tasso di attualizzazione che tiene conto del rischio default (III) "t" - in mesi a partire dall'espressione della decisione (IV) ADD - sommatoria dei singoli elementi ∑ (FEOD; FESD; FEI; FNE)
Dalla figura 5 emerge come i singoli elementi del modello possono determinare una diversa
propensione di voto.
Si noti, a titolo esemplificativo, l’ipotesi 2 in cui il maggior “rischio” (r) rende il voto
negativo la scelta migliore (ovvero, il fallimento), mentre nell’ipotesi 3, mantenendo una
elevata percezione del “rischio”, gli “altri elementi di soddisfazione” (ADD) compensano
anche una maggiore dilazione dei “termini di pagamento” (t) rendendo preferibile il voto
positivo (ovvero, l’adesione alla proposta concordataria).
Si propone, infine, la seguente tabella riepilogativa (figura 6):
TEMPO
SIGLA DESCRIZIONE VARIABILI
"t" N. di mesi previsti per
l'effettiva corresponsione dell'importo previsto
- media nazionale
- elementi eccezionali
- fattori eccezionali
RECOVERY RATE
SIGLA DESCRIZIONE VARIABILI
"RR" Percentuale di soddisfazione monetaria del credito
- seniority del credito
- esistenza di spese prededucibili
- esistenza di privilegi speciali
- esistenza di garanzie di terzi
TASSO
SIGLA DESCRIZIONE VARIABILI
"r" Tasso di attualizzazione del capitale atteso.
- tasso di rendimento di investimenti privi di rischio
- rischio della procedura di non raggiungere gli
obiettivi prefissati;
- minor liquidità per essersi privati del capitale atteso in restituzione (costo opportunità);
ALTRE FORME DI
SODDISFACIMENTO
SIGLA DESCRIZIONE VARIABILI
"ADD" Soddisfazione aggiuntiva rispetto a quella strettamente monetaria.
- fattori economici oggettivi diretti – FEOD
- fattori economici soggettivi diretti – FESD
- fattori economici indiretti – FEI
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- fattori non strettamente economici – FNE
Figura 6 –variabili da considerare per i rispettivi elementi del modello
L’applicazione del modello “best crisis choice” permette, quindi, una più completa e
trasparente rappresentazione delle alternative che la scelta di voto deve considerare;
operando in questo modo, si potrebbe auspicare che ogni proposta concordataria espliciti
questi elementi, che poi il commissario giudiziale dovrà vagliare, sempre al fine di favorire
l’espressione del voto da parte dei creditori.
E’, infatti, consueto registrare l’insuccesso delle proposte concordatarie depositate nei vari
tribunali italiani, per effetto del mancato raggiungimento del quorum necessario, non tanto
per la volontà dei creditori di esprimere il proprio dissenso, quanto per il loro disinteresse,
per lo più determinato dalla mancanza di informazioni precise ed attendibili circa la
convenienza dell’espressione di voto.
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Dr. Matteo Panelli
Commercialista in Milano e Valenza
Socio fondatore A.I.R.I.C.