Un milione al mese a tutti: Subito!

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    Un milione al mese per tutti

    domenico de simone

    UN MILIONE AL

    MESE A TUTTI:SUBITO!

    Come e perch sar introdotto il redditodi cittadinanza e tutti vivranno felici e

    contenti

    edizioni Malatempora

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    Un milione al mese per tutti

    Edizioni Malatemporaprima edizione Novembre 1999

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    Un milione al mese per tutti

    SOMMARIO

    I. PREFAZIONE...........................................................5

    II. INTRODUZIONE.....................................................6

    III. DENARO E MONETA..........................................17

    IV. KEYNESISMO, PIL E DEBITO PUBBLICO........31

    V. L'INGANNO DEL PIL ...........................................44

    VI. LA GRANDE TRUFFA DELLE BANCHE...........54

    VII. L'OPPRESSIONE FISCALE..............................70

    VIII. L'ETICA DEL LAVORO.....................................85

    IX. LA LIBERAZIONE DAL LAVORO......................97

    X. IL REDDITO DI CITTADINANZA UNIVERSALE:

    UN MILIONE PER TUTTI........................................107

    XI. LA RIFORMA DELLA MONETA E DEL FISCO.

    ALCUNE PROPOSTE ............................................126

    XII. L'EUTANASIA DELLO STATO NAZIONALE

    NELLA SOCIETA' GLOBALE ...............................144

    XIII. CAPITALISMO E REDDITO DI CITTADINANZA

    .................................................................................154

    XIV. INDICE DELLE OPERE CITATE NEL TESTO

    .................................................................................164

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    Ai miei Maestri

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    I. PREFAZIONE

    In questo libro si spiegano le ragioni per cui giusto, ne-cessario e possibile introdurre subito il reddito universaledi cittadinanza. Il reddito di cittadinanza una somma chelo Stato eroga a tutti i cittadini, in maniera automatica esenza condizioni di sorta, per il soddisfacimento dei bisognielementari.

    Si stimato possibile erogare la somma di un milione almese per tutti i cittadini adulti e quelle di 300.000 al meseper i minori fino agli anni 14, e di 600.000 al mese per i mi-nori tra i 15 e i 18 anni.

    E' una somma che si aggiunge al reddito da lavoro - seuno ce l'ha -, qualunque sia l'importo che si tragga da esso.

    E' giusto, perch il reddito di cittadinanza tutela il dirittoalla vita di ogni essere umano, ovvero il diritto di ogniuomo, per il solo fatto di appartenere al genere umano e aduna comunit organizzata, di avere i mezzi materiali percondurre una vita dignitosa. Perch, al contrario, non giu-sto che sia necessario lavorare per vivere. Il lavoro per lanecessit un'attivit da schiavi, che non nobilita nessuno, eche non ha nulla a che vedere con il libero arbitrio dell'uo-mo. Chi non ha la possibilit di scegliere come destinare le

    proprie energie fisiche o intellettuali, uno schiavo, in nulladiverso da quelli che nell'antichit eseguivano tutte o quasile attivit materiali, per consentire agli uomini liberi dimantenersi tali.

    La confusione tra lavoro per la necessit e lavoro comeespressione di creativit, uno dei fondamenti dell'etica dellavoro.

    Anche l'altro fondamento un pasticcio, la filosofia del bi-sogno. Filosofia che appare ragionevole per la semplice ra-gione che si fonda su un'ovviet e quindi sul nulla.

    E' possibile, perch falso che non ci siano le risorse, falso che giustizia sociale ed economia di mercato non pos-sano convivere, falso che non ci possa essere una soluzio-ne alla mancanza del lavoro.

    Per sostenere questa tesi, necessario capire il funziona-mento della finanza ed il grande inganno che si nascondedietro di essa e dietro alcuni totem che vengono presentaticome indiscutibili da economisti, politici, sindacalisti emass media.

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    Il PIL, il deficit pubblico, il debito pubblico sono gli stru-menti del grande inganno, che hanno creato una societ cheingrassa gli usurai e mortifica il lavoro, distrugge la creati-vit e genera schiavit, produce ingiustizia e miseria e na-sconde la ricchezza.

    Stanno barando, sulla pelle dei cittadini, dei lavoratori,delle imprese. Un pugno di sordidi usurai sta conducendoun gioco al massacro per conservare i propri privilegi.

    E' necessario, perch questo un gioco sempre pi sco-perto dalle crisi ricorrenti che spazzano il mondo della fi-nanza, incapace di sostenere il proprio stesso peso. E cherende necessaria una grande riforma fiscale che liberi final-mente il lavoro e la produzione dal giogo dell'oppressionefiscale, per metterli definitivamente al servizio dell'uomo,della realizzazione dell'umanit di ciascuno.

    Un'altra soluzione, per la verit, ci sarebbe: quella dell'e-liminazione fisica di centinaia di milioni di diseredati attra-verso le guerre, le pestilenze e le carestie che stano sconvol-gendo il terzo mondo.

    Ma una soluzione che travolgerebbe anche il mondo oc-cidentale, con le migrazioni di massa, con la povert che siallarga a macchia d'olio e prende strati sempre pi ampi del-la popolazione, con la produzione che ristagna. Con pocheisole felici di benessere in un oceano di disperazione cre-scente, che finir per travolgere quelle isole.

    Il lavoro per la necessit lo strumento che il potere usa

    per l'assoggettamento degli uomini, per impedire loro dipensare come esseri liberi, per impedirgli di esprimere laloro creativit.

    Poich la creativit e la libert sono le due grandi nemichedel potere, quel modo di concepire le relazioni umane percui c' un sopra e un sotto, e sopra stanno alcuni uomini chedecidono il destino e la vita di tutti coloro che stanno sotto.Quel potere che dovr essere distrutto affinch l'umanit ri-prenda il cammino della libert e dell'autocoscienza.

    II. INTRODUZIONE

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    Nan-in, un maestro giapponese dell'era Meiji, ricevettela visita di un professore universitario che era andato da luiper interrogarlo sullo Zen.

    Nan-in serv il t. Colm la tazza del suo ospite, e poicontinu a versare.

    Il professore guard traboccare il t, poi non riusc pi acontenersi. "E' ricolma. Non ce n'entra pi!".

    "Come questa tazza" disse Nan-in "tu sei ricolmo delletue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se

    prima non vuoti la tua tazza?"1.

    Come quel professore universitario, anche le nostre testesono piene di congetture e di opinioni, propinateci in quan-tit industriali da mass media, politici ed economisti, cheimbottiscono di idiozie il cervello dei cittadini per convin-cerli che questo sistema economico l'unico possibile.

    Non vero.

    La maggior parte delle persone ha timore reverenzialenei confronti dell'economia e degli economisti. La scienzaeconomica ammantata di sacralit: i suoi esponenti sono isacerdoti di questa religione.

    Ogniqualvolta il Governatore della Banca d'Italia, e amaggior ragione, adesso, quello della Banca Centrale Euro-pea, rilasciano una dichiarazione, tremano le borse, i merca-ti, i palazzi del potere, i sindacati e le persone comuni, anni-chiliti dal grande risalto che il verbo di questi pontefici tro-

    va sui media di tutto il mondo. Non un caso che negli ulti-mi dieci anni i maggiori esponenti dei governi italiani sianostati persone provenienti dalla Banca d'Italia o dal mondoindustriale e finanziario.

    A questo grande timore reverenziale si accompagna, ingenere, una totale ignoranza ed incomprensione del VerboEconomico.

    Tutti interrogano gli esperti, che si sforzano di fornirespiegazioni, interpretazioni e previsioni. Nessuno si accorgeche in genere tali previsioni vengono smentite dopo pochigiorni.

    Se anche voi siete colti da questo timore reverenziale esenso di rispetto nei confronti della scienza economica, senon riuscite a capire un accidenti quando parlano i guru del-l'economia, ebbene tranquillizzatevi.

    Non c' niente da capire: si tratta, infatti, di un cu-mulo di idiozie2 sulle quali stata fondata una scienza

    1 Nyogen Senzaki e Paul Reps (a cura di); 101 Storie Zen, Adelphi, Mi, 19732 Sergio Ricossa, Maledetti economisti, Le idiozie di una scienza inesistente,Rizzoli Editore, Mi, 1996

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    inesistente, un vaniloquio disgustoso e del tutto inutile3.La cosa curiosa che la maggior parte degli economisti

    non si accorge nemmeno di propalare per lo pi idiozie pri-ve di senso: sono troppo presuntuosi per poterlo fare4. Altri,invece, l'hanno sempre saputo, ma fanno finta di niente e ne

    approfittano per condurre in tranquillit il proprio tran-tranquotidiano di stimati professori universitari, per colleziona-re cattedre, riconoscimenti. E, qualcuno, il premio Nobel.5

    I migliori, quando se ne sono accorti, hanno denunciatola situazione e a volte si sono allontanati dall'insegnamentodell'economia. Nessuno, per, ha mai indagato seriamentesulle nefaste conseguenze di queste idiozie sull'umanit e sucoloro che l'economia la vivono sulla propria pelle6.

    La societ reale va avanti lo stesso, la gente continua acreare ricchezza, lavorando e sudando dalla mattina allasera. Spesso, gli economisti ed i politici si sono arrogati ilmerito di aver ottenuto risultati miracolosi dall'applicazionedelle loro ricette, scippandolo a coloro che effettivamente liavevano ottenuti, vale a dire i lavoratori e gli imprenditoriche con la loro fatica e la loro fantasia hanno creato quelmiracolo.

    Perch nessuno ci ha mai detto che cosa nasconde la dif-fusione di queste idiozie ben confezionate in un linguaggio

    3 Wilfredo Pareto, lettera a Maffeo Pantaleoni, Losanna, 1896, citato in S. Ri-cossa, op. cit.4 "Ricordo l'atteggiamento di Bonar Law, misto di rabbia e di perplessit, difronte agli economisti, perch questi negavano cose ovvie: era profondamenteturbato dalla ricerca di una spiegazione. Ci richiama alla mente l'analogia frail successo ottenuto dalla scuola classica della teoria economica e quello dicerte religioni: il bandire dalle menti ci che ovvio, , infatti, una ben mag-giore manifestazione di potenza di un'idea che introducesse tra le nozioni co-muni degli uomini ci che recondito e remoto". J. M. Keynes, Teoria generaledell'occupazione, dell'interesse e della moneta, UTET, Torino, 1971, pag. 5205 Vedi, in proposito, le divertenti considerazioni sulla "sindrome di Belmonte"in J.Kenneth Galbraith, Soldi, Rizzoli editore, Mi, 19976 A proposito della scientificit dell'economia, prendete nota delle illuminantidiscettazioni di Joseph A. Schumpeter nel suo ponderoso trattato "Storia dell'a-nalisi economica" Boringhieri, TO, 1972, la Bibbia dell'economista di classe(nel doppio senso di economista di sinistra e economista DOC). Alla domandanel paragrafo 3 (pag. 8) Ma una scienza l'economia? Egli risponde dicendoche ci dipende dal nostro concetto di scienza, e ne fornisce la seguente defini-zione: "Scienza qualsiasi campo del sapere in cui ci siano persone (i cosiddet-ti ricercatori, o scienziati o dotti) dedite al compito di arricchire la conoscenza

    dei fatti e di migliorare i metodi esistenti e che, in tale processo, acquistanouna padronanza di cognizioni e di metodi che li differenzia dai profani e daisemplici pratici". Insomma la scienza economica esiste perch ci sono le catte-dre di economia (e relative prebende). Infatti, ragionando sulla brillante defini-zione test resa, prosegue: "Se la scienza la conoscenza aiutata da strumentispeciali, (.) sembrerebbe che nella scienza dovremmo includere, per esempio,la magia praticata in trib primitive, se essa impieghi tecniche che non sonogeneralmente accessibili e che siano state via via sviluppate e tramandate nel-l'ambito di una cerchia di stregoni professionali. Ebbene s, in via di principiodobbiamo includervi anche la magia". Idea: perch non istituire una cattedra dimagia per consolidarne la scientificit anche nel mondo moderno? Non si samai. andasse male la carriera di Economista, si pu sempre provare con quel-la di Stregone, tanto la differenza del tutto irrilevante.

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    oscuro ed incomprensibile? Qual la grande truffa perpetra-ta ai danni dei cittadini e dei lavoratori, costretti ad una vitada schiavi per arricchire un pugno di speculatori?

    Mai come in questi giorni, tornata d'attualit quella do-manda che Bertold Brecht pone in bocca ad un personaggio

    dell'Opera da tre soldi, e che un film uscito recentementeriecheggia nel titolo apparentemente provocatorio: "E' picriminale rapinare o fondare una banca?".

    Non abbiate dubbi sulla risposta: certamente pi crimi-nale fondare una banca che rapinarla e in questo libro ne ca-pirete le ragioni.

    Non crediate che abbia scoperto qualcosa di particolar-mente difficile da trovare: la verit una sola e soprattutto, davanti agli occhi di tutti quelli che abbiano il desiderio dicercarla e non siano stati del tutto obnubilati dalle idioziedei mass media.

    La maggior parte delle considerazioni contenute in que-sto libro sono note da tempo, solo che pochi si sono presi labriga di metterle tutte assieme, e quei pochi che l'hanno fat-to non sono mai stati presi sul serio dal conformismo deglieconomisti e dall'ignoranza indotta nella gente dai mass me-dia.

    Gli uomini e le donne delle passate generazioni hannocreato la societ pi ricca che abbia mai visto la luce sullafaccia della terra. Mai, come in questo secolo, lumanit stata cos vicina alla liberazione dal bisogno economico,mai c stata una tale abbondanza e variet di beni per tutti i

    cittadini7 (almeno in Occidente).Rispetto all'inizio del secolo siamo enormemente pi ric-

    chi. Le macchine ormai hanno invaso ogni settore della pro-duzione e liberando gli uomini dalla fatica fisica rendono illavoro sempre pi immateriale e creativo. Perch, strana-mente, viviamo tutti poco meglio rispetto agli uomini dell'i-nizio del secolo, e certamente viviamo peggio rispetto a

    7 "Vedo quindi gli uomini liberi tornare ad alcuni dei principi pi solidi e au-tentici della religione e della virt tradizionali: che l'avarizia un vizio, l'esa-

    zione dell'usura, una colpa, l'amore per il denaro spregevole, e che chi meno siaffanna per il domani cammina veramente sul sentiero della virt e della pro-fonda saggezza. Rivaluteremo i fini sui mezzi e preferiremo il bene all'utile.Renderemo onore a chi sapr insegnarci a cogliere l'ora e il giorno con virt,alla gente meravigliosa capace di trarre un piacere diretto dalle cose, i giglidel campo che non seminano e non filano. Ma attenzione! Il momento non an-cora giunto. Per almeno altri cento anni dovremo fingere con noi stessi e contutti gli altri che il giusto sbagliato e che lo sbagliato giusto, perch quelche sbagliato utile e quel che giusto no. Avarizia, usura, prudenza devonoessere il nostro dio ancora per un poco, perch solo questi principi possonotrarci dal cunicolo del bisogno economico alla luce del giorno." J. M. Keynes,Esortazioni e profezie, Il Saggiatore, MI, 1968, pag. 282. Il testo risale al 1930e i cento anni sono quasi passati

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    quelli di venti anni fa?8La nostra stessa sopravvivenza potrebbe essere messa a

    rischio nell'ipotesi, paventata da molti, di una crisi finanzia-ria del genere di quella che mise in ginocchio l'economiamondiale nel 1929. Allora, infatti, oltre il 70% della popola-

    zione mondiale viveva ancora di agricoltura e la gravissimacrisi distrusse i risparmi e il patrimonio di molti, ma gli uo-mini almeno erano in grado di ricavare il necessario per vi-vere dalla terra sulla quale vivevano.

    Oggi, nel mondo occidentale solo il 5% della popolazio-ne lavora nell'agricoltura, e molti nostri bambini sono con-vinti che le mucche siano un cartone animato della pubblici-t. I loro genitori non hanno la pi pallida idea di come ci sipossa alimentare senza andare a fare acquisti al supermerca-to. E cos, una crisi finanziaria di quelle proporzioni, che in-ducesse sbalzi violenti sui prezzi e la chiusura anche di pic-cola parte dei grandi stabilimenti di produzione di generialimentari, agiterebbe di colpo lo spettro della fame dinanzia milioni di persone nel mondo Occidentale.

    Quella fame che di tanto in tanto, sbirciamo distratta-mente nella TV colpire in Africa, in Sud America, in Asiadecine di milioni di esseri umani, cos diversi e lontani dal-l'abbondanza del consumismo cui siamo abituati, potrebbecolpirci senza alcun preavviso, un po come accadde nel1929.

    Il Presidente americano Coolidge, nel suo messaggio alpopolo americano sullo stato dell'Unione, alla fine del 1928,

    scriveva testualmente: "Nessun Congresso degli Stati Unitisi era mai trovato di fronte, esaminando lo stato dell'Unio-ne, a prospettive pi rosee di quelle che si annunciano inquesto momento. Sul piano interno c' tranquillit e soddi-sfazione e una serie di record di anni prosperi".9

    Dopo pochi mesi arriv il diluvio.E' necessario aggiungere che il buon Coolidge aveva

    dato retta alle previsioni degli economisti del tempo, o loavevate gi capito da soli?

    Il lavoro come l'abbiamo conosciuto, il posto fisso per

    una vita o quasi, sta rapidamente scomparendo10.La grande fabbrica, per mezzo dell'automazione, distrug-

    ge pi posti di lavoro di quelli che crea.

    8 cfr. W. Wolman A. Colamosca, Il tradimento dell'economia, Ponte alle Gra-zie, Mi, 19979 J. Kenneth Galbraith, The Great crash, 1929, Houghton Mifflin Co., Boston197210 Cfr. J.Rifkin, La fine del lavoro, Mi, Baldini & Castoldi,

    1997

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    La disoccupazione cresce e viene solo attenuata dalla na-scita di migliaia di nuove attivit nelle comunicazioni e nel-l'informatica.

    In soli vent'anni l'occupazione nelle fabbriche e nell'agri-coltura si dimezzata.

    Dal 1995, la maggior parte del PIL prodotta dal lavoroautonomo, soprattutto nei settori dei servizi, del commercioe della piccola industria.

    La parola d'ordine imperante diventata la flessibilit,vale a dire la necessit di cambiare lavoro o luogo di lavoropi volte nella vita.

    Altra parola d'ordine : inventatevi il vostro lavoro.Ce lo ripetono fino alla nausea, dalle tribune dei mass

    media, politici, economisti ed altri imbonitori.Giusto, ma ascoltandoli balzano subito in mente due do-

    mande che non sono mai state poste ai nostri politici ed eco-nomisti. Non certo perch siano particolarmente difficili datrovare, ma forse perch, per certe questioni che la gente sichiede con sempre maggiore insistenza, la censura funzionaancora bene.

    La prima domanda : che ci stanno a fare tutti questipolitici, questa burocrazia, questa organizzazione delloStato, sempre pronta a vessare i cittadini con richieste as-surde ed esose, con tasse crescenti, con la sua brutale igna-via quotidiana, se poi non riescono a risolvere nessun pro-blema e di fronte alla domanda di chi cerca un lavoro qua-lunque per sopravvivere sanno dare solo il consiglio di cer-carselo da s11?

    Grazie, lo sappiamo da noi che dobbiamo fare da soli edi questi consigli facciamo volentieri a meno visto anchequello che ci costano (in termini di tasse, perdite di tempo,arrabbiature ed altro).

    L'altra domanda pone un interrogativo al quale sembradifficile dare una risposta convincente. Ci dicono che il la-voro dobbiamo cercarcelo da noi, che dobbiamo esserecreativi seguendo ciascuno le proprie inclinazioni e le pro-prie preferenze. In altre parole, dobbiamo diventare impren-ditori di noi stessi, crearci la nostra microscopica azienda

    personale pronta a sfruttare ogni opportunit e ogni innova-zione.

    Gi, ma come si fa ad essere creativi se si deve coniugareil pranzo con la cena, se il problema principale diventa lasopravvivenza, se non si ha n il tempo n la voglia, n i

    11 "Molti, tra i membri della nomenklatura, sopravvissuti alla prima repubblica,somigliano ai nobili e ai chierici decaduti, membri di diritto di Primo e Secon-do Stato. Ai nobili e ai chierici decaduti li avvicina soprattutto un elemento:l'essere divenuti inutili.", G. Tremonti, Lo Stato criminogeno, Laterza, Bari,1997, pag. 110.

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    mezzi per pensare a cosa inventarsi assillati come siamo dalproblema del vivere quotidiano?12

    Lo Stato, poi, invece di aiutare, crea mille intoppi, milledifficolt, oneri di ogni genere che ci ricordano quotidiana-mente l'inutilit della politica e della burocrazia.

    I nostri antenati dicevano che la necessit aguzza l'inge-gno, ma la creativit nella nostra societ ha bisogno di stu-dio, di mezzi economici, della possibilit per tutti di esserecompletamente svincolati dal bisogno per poter svilupparele capacit e le inclinazioni che possono garantire la libera-zione delle proprie capacit. Senza i mezzi per studiare unmestiere, per aprire un'attivit, non si crea proprio un belnulla: ci si barcamena tra un lavoretto a nero ed un altro,solo per sbarcare il lunario senza alcuna prospettiva, se nonquella di afferrare un posto fisso sempre pi raro.

    Siamo ritornati alle tristi storie dell'inizio dell'industria-lizzazione, quando, pur di trovare un lavoro, gli operai era-no disposti ad ogni sorta di rappresentazione13.

    E' soprattutto la mancanza di speranza che rende le coseestremamente difficili e complicate: alla fine della guerral'Italia era ridotta ad un cumulo di macerie, l'industria e l'a-gricoltura devastate, il paese lacerato dalle divisioni e feritodagli orrori della distruzione. Eppure, in pochi anni, la con-vinzione che il peggio fosse passato e la speranza di unmondo migliore, produssero il pi grande salto in avanti neltenore di vita che mai stato compiuto in questa terra. Lamolla fu proprio la speranza che adesso perduta.

    E sapete perch?

    Perch manca un progetto, una prospettiva, un'ideadel futuro. Appunto la speranza.

    Quando i governanti di sinistra fanno una politica di de-stra o viceversa, tradiscono oltre che se stessi, la fiducia deipropri sostenitori, ne offendono la sensibilit e l'intelligen-za. Ma, soprattutto, a forza di raccontare balle, uccidono lasperanza che sia possibile vivere in una societ un po menoingiusta e rendono evidente che, al contrario, la vita diventa

    12 "Quale scintilla umana, ossia quale creativit possibile, pu restare in un es-ser strappato dal sonno ogni mattina alle sei, sbattuto sui treni suburbani, as-sordato dal fracasso delle macchine, torchiato, spremuto dalle cadenze, dai ge-

    sti privati di senso, dal controllo statistico, e rigettato alla fine della giornatanelle sale di stazione, cattedrali di partenza per l'inferno delle settimane e l'in-fimo paradiso dei week-end, quando la folla si comunica nella fatica e nell'ab-brutimento?" Raoul Vaneigem, Trattato del saper vivere ad uso delle giovanigenerazioni, Malatempora, Roma, 1999, pag. 45.13 "Accenneremo ad un altro fattore di instabilit nella vita dell'operaio, cheironicamente chiameremo l'obbligo della giovent, per cui non c' prova pilampante del fatto che nelle grandi citt industriali d'Inghilterra il consumo ditinture per i capelli non viene, in maggior parte, fatto da donnine civettuole oda matrone ambiziose, ma da operai attempati in cerca di lavoro e costretti,per migliorare la possibilit di trovarne, a ricorrere ad ogni genere di mezzuccionde darsi la parvenza di giovanotti". R. Michels,Economia e felicit, VallardiEditore, Milano, 1918

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    sempre pi difficile, il sistema pi perverso e, se possibile,la societ pi ingiusta, pericolosamente ed intollerabilmentepi ingiusta.

    L'effetto di questi politici che si scompongono, si riag-gregano, litigano, si separano per rimettersi insieme, di par-

    titi che durano lo spazio di una notte, per scomparire il gior-no dopo, di sigle sempre pi astruse e lontane dalla gente, desolante. La sensazione netta che tutto ci serva solo adividere a fettine pi sottili, quel poco di potere che rimaneda gestire, mentre fuori del palazzo i grandi problemi ri-mangono senza alcuna risposta e diventano ogni giornosempre pi gravi ed urgenti.

    Sentiamo sulla pelle che la politica, che questa politica,non in grado di dare alcuna risposta al bisogno di costruireun nuovo patto sociale, un nuovo modo di vivere la societ:e che comunque, la societ reale sta andando, a gran veloci-t, in una direzione sconosciuta, verso una meta che non siriesce a comprendere bene. E che non piace per niente anessuno.

    Vi fa ridere che, mentre la NATO bombarda Belgrado e iSerbi sparano a vista sui Kossovari, il Parlamento italianodiscuta animatamente e per ore, su quale regime IVA appli-care al rosmarino o al peperoncino? Ebbene, ridete a crepa-pelle, successo pure questo. Per, passata l'ilarit, ritornal'angoscia del futuro e della speranza che non c', unita allacertezza che costoro non potranno certo darcela.

    Eppure un'idea per cambiare tutto c': di nuovo un fanta-

    sma si aggira per il mondo per abbattere i pregiudizi, le ca-ste, le idiozie, i santuari del potere del vecchio ordine, e farnascere una nuova societ un po pi giusta, un po pieguale, ma soprattutto, pi aderente alla realt.

    E' il fantasma dell'Universal Basic Income, oRedditodi Cittadinanza Universale (che d'ora in poi chiameremo

    RdC) che, unito agli altri spettri della libert e dell'ugua-glianza, agitano il sonno dei potenti della terra. Esso ac-compagnato in genere dalla poco raccomandabile fama diessere alternativamente un po' di sinistra (perch ugualita-rio) e un po' di destra (perch populista), di essere certa-

    mente fricchettone (tutte le novit lo sono) e soprattutto uto-pico dato che, certamente, mancano le risorse per realizzar-lo.

    Balle.Intanto non n di sinistra n di destra, ma da esso na-

    scer necessariamente un nuovo modo di fare politica inuna societ in cui ci sar certamente molto meno potere chein quella attuale. Poich la lotta non pi tra destra e sini-stra, ma tra potere e libert, e ogni potere, qualunque eti-

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    E che quindi, ci sarebbe pi libert, pi solidariet,pi giustizia, pi etica, nel senso di una maggiore dispo-nibilit degli uomini a conformarsi alle leggi dell'etica?

    Dal punto di vista economico, si avrebbe un aumento

    della domanda globale ed uno zoccolo duro costituito pro-prio dalla somma erogata dalla comunit per ilRdCche, persua natura, sarebbe quasi interamente speso dai beneficiari.Allo stesso tempo verrebbe meno la necessit di porre vin-coli e garanzie al rapporto di lavoro (che comunque stannoin gran parte per essere sciolti, e che per molte categorie dilavoratori non esistono pi), dato che verrebbe meno laprincipale fonte di ricatto nei confronti del cittadino: la ne-cessit che egli venda se stesso per poter garantire la pro-pria sopravvivenza e quella della propria famiglia. Il lavorodiventerebbe di colpo una libera scelta, e non uno strumentoche rende schiavi.

    Allo stesso tempo l'economia diventerebbe pi libera esarebbe possibile finalmente sfruttare al massimo i progres-si della tecnologia automatizzando i processi produttivi sen-za correre il rischio di mettere sulla strada milioni di lavora-tori e, soprattutto (dal punto di vista del Capitale), senzaperdere milioni di acquirenti. E gi, perch il sistema ha bi-sogno che la gente produca reddito dato che altrimenti nes-suno comprerebbe pi i prodotti delle fabbriche e l'automa-zione si rivelerebbe un inutile orpello.

    Sapete che quella del 1929 stata una crisi di sovrappro-

    duzione?Vuol dire che nessuno comperava pi i beni prodotti dal-

    le fabbriche poich che non c'erano denari in giro, che i ma-gazzini erano stracolmi e che la produzione si dovette fer-mare dato che non c'era pi nessuno in grado di acquistare.

    La crisi prossima ventura potrebbe essere, anche essa,una crisi di sovrapproduzione: le fabbriche automatizzateproducono una grande quantit di beni che nessuno compraperch non ci sono soldi a sufficienza. Dopo un po, con imagazzini pieni e pochi ordini, le fabbriche chiudono, licen-ziando i propri dipendenti e avvitando la crisi in una spirale

    recessiva.

    Mai come oggi, nella storia, Capitale e lavoro, hanno lostesso interesse all'introduzione del RdC: stranamente, que-sto interesse coincide con quello di tutta l'umanit.

    E questa la considerazione che ci fa pensare che siaprossima una nuova stagione di grandi cambiamenti.

    E' necessario dare corpo a quei fantasmi che possono ri-

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    dare la speranza a milioni di esseri umani in tutto il mondo.Non pi per sostituire un vecchio potere con uno nuovo, maper abbattere la societ fondata sul potere e crearne una fon-data sulla libert. La politica di oggi e gli strumenti politiciche ancora oggi usiamo, si fondano sul potere, ovvero sulla

    prevaricazione di un uomo o di un gruppo di uomini su tuttigli altri. La politica di domani si fonder sulle relazioni, ov-vero sull'etica fino a confondersi di nuovo con essa. Il prin-cipio di libert sar la fonte di questa nuova etica: ci nonsignifica affatto la necessit della nascita di una nuova ideo-logia o di una nuova teologia che dettino le regole cui tuttidevono conformarsi. Il principio di libert staprima dell'eti-ca e quindi anche prima dell'ideologia e della teologia. Lapolitica si fonda sul potere e le diverse politiche distinguonoil potere buono da quello cattivo, quello giusto da quello in-giusto. La societ che rifiuta il potere dovr, quindi, rifor-mulare lo stesso concetto di politica su basi e principi com-pletamente nuovi.

    Insomma, il t meglio berlo che tenerlo in testa. Cerca-te anche di convincere altri a non usare le teste come tazzeda t. Se proprio devono cercare un nesso tra il t ed il cer-vello (se non se lo sono gi bevuto), ditegli di mettere moltozucchero nel t: pare che faccia bene alle cellule neurali.

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    III. DENARO E MONETA

    La prima tazza di t da bere, riguarda la natura del dena-ro e della moneta14. I due termini sembrano sinonimi e nellalingua inglese, ad esempio non c' modo per distinguere tramoneta e denaro. In una battuta la differenza che il denaro l'unit di conto del valore, mentre la moneta il documen-to fisico che garantisce quella unit di conto (monete metal-liche, banconote, certificati etc.).

    Tutti noi usiamo i soldi quotidianamente e ne compren-diamo pi o meno esattamente il valore. Abbiamo anche la

    sensazione che essi abbiano assunto una grande importanzanella nostra societ, anche perch tutto ci dice che essa sifonda proprio sul denaro.

    Ma se si tratta di spiegare che cosa sia la moneta, la mag-gior parte delle persone non sa dare alcuna risposta, e quelliche la danno, espongono teorie in genere campate in aria.

    Non crediate che la teoria economica abbia in propositoidee pi chiare di quelle dei comuni cittadini, dato che, an-che l la confusione regna sovrana e diverse teorie sono sta-te formulate sull'argomento.

    Ma poich proprio dietro la moneta c' il trucco, e lagrande truffa della finanza ai danni dei produttori si nascon-de proprio perch non chiaro a nessuno che cosa sia ecome funzioni la moneta, sar il caso di fare uno sforzo col-lettivo per cercare di capirci qualcosa evitando di lasciareun argomento di tanta importanza nelle mani degli utiliidioti.

    Un noto economista, autore di un celebrato trattato sullamoneta15, ad un certo punto della sua opera cos si esprimesul denaro: "C pochissimo in economia che chiami incausa il sovrannaturale. Ma c un fenomeno che stato

    per molti una tentazione in tal senso. Guardando un foglio

    rettangolare, spesso di mediocre qualit, che raffigura uneroe nazionale o un monumento o unimmagine classica

    14 Questo libro non ha affatto la pretesa di essere un trattato sulla moneta n unlibro sulla filosofia del denaro. E' necessario, per, capire alcune cose sulla mo-neta che sono ignorate dai pi e che nessun economista si degna di spiegare. Seproprio siete interessati al dibattito sulla natura del denaro, oltre ai libri gi cita-ti di Galbraith e di North, vi consiglio di Vittorio Mathieu,Filosofia del denaro,Armando Editore, Roma 1985, che offre almeno una critica intelligente di nu-merosi "tab" dell'economia, nonch il ponderoso ed omonimo saggio di GeorgSimmel,Filosofia del denaro, UTET, To, 198415 J.K. Galbraith, Soldi, op cit., 1997

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    vagamente ispirata a Pieter Paul Rubens o a Jacques-LouisDavid o a un mercato di verdura particolarmente ben forni-to e stampato con inchiostro verde o marrone, essi si sono

    posti questa domanda: perch una cosa che in s cos pri-va di valore deve essere cos evidentemente desiderabile?".

    Altro noto economista, autore di un ponderoso trattatosulla moneta esordisce citando a sua volta da altro esegetadei primi del secolo la seguente considerazione: "Dagli ini-

    zi della riflessione sulle diverse manifestazioni sociali finoad oggi ci si trova davanti a una catena ininterrotta di af-fermazioni sulla natura del denaro e sul suo carattere ri-spetto agli altri oggetti di scambio. Qual la natura di quei

    piccoli dischi di metallo e di quei certificati che in s nonsembrerebbero avere nessuna utilizzazione pratica, ma che,contraddicendo ogni esperienza e prendendo il sopravventonegli scambi su tutti i beni utili, passano da una mano al-l'altra, quei dischi che ognuno ha cos fretta di ottenere incambio delle proprie merci?" (Carl Menger, saggio sul de-naro 1909)16.

    I due economisti in questione si odiano con ferocia, datoche nelle pur corposissime bibliografie si ignorano recipro-camente mentre, come vedete, si copiano doviziosamente.

    La cosa interessante, a parte le beghe da cortile tra rino-mati economisti, che entrambi attribuiscono al denaro lacapacit misteriosa di attrarre gli uomini senza alcuna ra-gione apparente, per le vie del mistero o del soprannaturale.

    In realt nel denaro e nella moneta17 non c' proprio nien-

    te di misterioso. Sin dai tempi pi antichi gli uomini hannocercato uno strumento per misurare la ricchezza e per poter-la scambiare. E' difficile per un mercante portare con s tut-te le merci che egli pensa possano interessare i suoi acqui-renti nelle quantit giuste: insomma, invece di portare cons, pecore, cammelli, spezie e stoffe di ogni genere, che ol-tretutto richiedono uno sforzo notevole per il loro trasporto,gli uomini preferirono utilizzare uno strumento gradito aipi che fosse facilmente trasportabile e che contenesse ungrande valore intrinseco.

    Per tale ragione, nell'antichit l'oro e altri metalli prezio-

    si, assunsero la funzione di moneta. In una piccola quantitdi oro, erano, infatti, contenuti molti cammelli o pecore ostoffe, e l'oro era generalmente accettato da tutti i popoli etenuto in grande considerazione sia per la sua scarsit che

    16 Michael North,La storia del denaro, Edizioni Piemme, AL, 199817 Il termine moneta, per indicare i metalli coniati dallo Stato, viene dal fattoche la zecca di Roma era situata presso il tempio di Giunone Moneta. Il signifi-cato della parola fa riferimento al termine "monere" che significa consigliare. IRomani avevano innalzato un tempio alla dea Giunone perch avevano ricevutoda lei buoni consigli.

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    per la sua intrinseca bellezza.Presso altri popoli ed in altri tempi, vennero usati diversi

    equivalenti dell'oro, come il sale, o le conchiglie o il tabac-co in America prima e dopo la rivoluzione. Per molte tribdella Polinesia, erano denaro graditissimo le perline colora-

    te. La principale caratteristica di questi strumenti consistevanella loro universale accettazione presso la comunit doveveniva usato. Che poi questa dipendesse dalla scarsit delbene usato, dalla sua duttilit, dalla moda o che altro non hamolta importanza.

    Per evitare di dover pesare ogni volta le barre di metalloche venivano date in cambio delle merci venne inventato ilconio dei metalli, ovvero la garanzia data da uno Stato o daun'organizzazione credibile che quel pezzo di metallo con-teneva esattamente la quantit indicata nella punzonatura.Nascono cos le monete: L'aes rude dei romani ha lo stessovalore dell'aes signatum18, ovviamente se formato dallastessa quantit di metallo, ma il primo denaro e il secondomoneta dato che contiene la certificazione del peso da partedello Stato romano19.

    E' ovvio che lo Stato, come il peggiore dei commercianti,barava sul peso, soprattutto quando aveva bisogno di denaroper coprire le proprie immense spese, e non c'erano popolida rapinare a portata di legione.

    Cos, ad un certo punto, le monete cominciarono a conte-nere una quantit di oro o altro metallo prezioso diversa daquella indicata sul facciale. Le monete in genere sono costi-

    tuite da una lega di diversi metalli dato che l'oro e l'argentosono troppo teneri perch stiano da soli e rischiano di rovi-narsi al primo urto.

    Ovviamente, i commercianti non erano cos sciocchi danon accorgersi di questo trucco usato dallo Stato, e coscontrollavano quanto metallo prezioso vi fosse nella monetaaumentando i prezzi in conseguenza. Per darvi un'idea delledimensioni del fenomeno, l'aes all'epoca delle guerre puni-che era fatto da 1/3 di chilo di rame; cento cinquant'annidopo, all'epoca di Cicerone e Sallustio, era una moneta dipoco pi di trenta grammi di rame, e ce ne volevano due e

    mezzo per cambiare un sesterzio d'argento.Altri cento anni pi tardi, all'epoca di Caligola, era ridot-

    to ad una monetina di qualche grammo, e ce ne volevanoquattro per ottenere un sesterzio di rame!

    Nasce cos l'inflazione, ovvero una diminuzione del po-tere d'acquisto della moneta, dovuta, in questo caso, ad una

    18 L'aes o asse era una barra di rame dal peso di 333,21 grammi, all'epoca delleguerre puniche. L'aes rude era la barra grezza mentre l'aes signatum era la barracon il sigillo dello Stato romano.19 in V. Mathieu,Filosofia del denaro, op cit.

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    diminuzione del valore intrinseco della moneta stessa20.

    Dopo il medioevo, con la ripresa degli scambi commer-ciali in terre sempre pi lontane, sorse l'esigenza di traspor-tare grandi quantit di denaro da un capo all'altro del mondo

    per alimentare i commerci in misura adeguata. Oltretutto, icommercianti, per lo pi ebrei che si erano arricchiti con icommerci, cominciavano a subire le attenzioni sempre pipressanti di un atteggiamento ostile nei loro confronti, chesi traduceva spesso in provvedimenti di vera e propria spo-liazione dei loro patrimoni.

    Avviene per queste ragioni la seconda grande rivoluzio-ne relativamente al denaro: alcuni governi si offrirono di te-nere al sicuro presso i propri depositi l'oro e gli altri prezio-si degli ebrei perseguitati nei paesi di origine rilasciando incambio un certificato nominativo o al portatore che rappre-sentava esattamente la quantit di oro depositata presso leloro casse. In particolare, l'Inghilterra di George I accolsepresso di s gli ingenti patrimoni di numerosi esuli ebreidalla Francia, offrendo le pi ampie garanzie di sicurezza edi stabilit che hanno dato origine alla tradizione bancaria ecommerciale dell'Inghilterra che ancora oggi dura.

    I certificati in questione potevano essere spesi girandoliad altri commercianti che, in qualunque momento, potevanoandare presso la Banca d'Inghilterra (ovvero presso il palaz-zo reale) a ritirarli. Il servizio aveva un certo costo, ma lasicurezza, si sa, non ha prezzo. Altri nobili inglesi si offriro-

    no per rendere lo stesso servizio presso i propri castelli acosti inferiori, favorendo, cos, un vero e proprio esodo dicapitali verso l'Inghilterra che diede origine, tra l'altro, allaprima industrializzazione del paese.

    Ad un certo punto, infatti, i nobilotti inglesi si accorseroche se l'oro depositato presso le proprie casse fosse rimastoper un periodo di tempo determinato per contratto, essiavrebbero potuto emettere certificati a tempo per prestarequel denaro a chi ne avesse fatto richiesta, ed avesse offerto

    20 Nella Spagna di Filippo II si speriment un'altra forma di inflazione dovuta

    alla enorme quantit di oro che venne importata dalle Americhe: la produzionedei beni era sempre la stessa o quasi, ma la quantit di oro in circolazione si eramoltiplicata. Cos i prezzi aumentarono notevolmente, dato che il valore relati-vo dell'oro rispetto ai beni in circolazione in quel paese era necessariamente di-minuito. L'inflazione spagnola appare dovuta a ragioni diametralmente oppostea quella che generava aumenti di prezzi nell'antica Roma. In realt il problemadell'inflazione sempre lo stesso: un eccesso di moneta rispetto alla quantit dibeni in circolazione determina, sotto ogni latitudine, un aumento di prezzi. Sul-l'andamento dei prezzi in Spagna dopo la scoperta dell'America, vedi il saggiodi E. J. Hamilton,Metalli preziosi e prezzi in Andalusia, 1503-1660. Studio sul-la rivoluzione dei prezzi in Spagna, Journal of Economic and Business History,I, 1928, I, in I prezzi in Europa dal XIII secolo ad oggi, a cura di R. Romano,Einaudi, Torino, 1967

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    solide garanzie per la sua restituzione. In questo affare coin-volsero anche i depositanti ai quali, invece di chiedere unasomma per il deposito, cominciarono a dare un interessesulle somme depositate.

    In breve tempo nascevano le prime banche, che non tar-darono ad accorgersi di un altro trucco. Esse potevano ac-cettare in deposito non solo oro o altri preziosi, ma anchecertificati emessi da essi stessi o da altre banche che purepotevano essere utilizzati per concedere prestiti. Si not chepi aumentava il denaro in circolazione maggiore era laquantit di prestiti che si poteva fare, dato che c'erano mino-ri possibilit che i depositanti si presentassero a reclamare ilproprio deposito.

    Ci si accorse che la banca, per questa via, creava de-naro21! Emettendo certificati su certificati, ovvero notedi credito su note di credito.

    Il termine banconota nasce cos, ad indicare appunto,una nota di credito emessa da una banca per l'importoespresso sulla facciata della nota stessa, mentre il retro(come oggi per le cambiali e gli assegni) era riservato allegirate dei possessori.

    Alcuni certificati erano emessi senza l'indicazione delnome del beneficiario e quindi erano utilizzabili da chiun-que lo portasse in banca. La loro circolazione era evidente-mente molto pi agevole di quella dei certificati nominativi,che necessitavano di una girata per ogni passaggio di mano,e pertanto, le banche cominciarono ad emettere grandi

    quantit di certificati al portatore che erano universalmenteaccettati come denaro. Nasce in questo modo la moneta car-tacea, che ancora oggi porta stampate queste caratteristichedi cui vi ho appena parlato. Su tutte le banconote, infatti, c'scritta la dizione "pagabile a vista al portatore" che ricordaquesta antica funzione, ma che da parecchi decenni dive-nuta del tutto falsa, nonostante continui a rimanere espostacome se fosse realmente possibile presentarsi agli sportellidella Banca d'Italia a pretendere il pagamento in oro o altripreziosi della somma indicata sulla banconota.

    La truffa dello Stato e delle banche ai cittadini comincia

    qui, in questa apparentemente innocua scritta che comparesu tutte le banconote del mondo (o quasi).

    Infatti, se ancora credete che la base della monetacartacea sia l'oro, toglietevi questa idea dalla testa. Nonc' pi alcuna corrispondenza tra la moneta in circola-zione e l'oro e gli altri preziosi depositati presso le casse

    21 Per i dettagli sul meccanismo che consente la creazione di moneta da partedelle banche vedi il capitolo IV.

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    dello Stato.Per darvi un'idea delle proporzioni del buco della finanza

    mondiale dovete sapere che J. Maynard Keynes22, il famo-sissimo economista padre delle moderne teorie economicheapplicate da tutti i governi del mondo (o quasi), scriveva ne-

    gli anni Trenta che tutto l'oro del mondo poteva essere con-tenuto in un transatlantico che, allora, non poteva trasporta-re pi di 50.000 tonnellate di materiale.

    Oggi, le riserve di oro dei paesi del mondo non superanole 200.000 tonnellate. Ebbene, se traducessimo in oro tuttele banconote e gli equivalenti monetari che girano per ilmondo ai prezzi correnti ci sarebbe bisogno di 75 milioni ditonnellate di oro!

    E' evidente, quindi, che non possibile usare l'oro comebase monetaria, cos come accadeva fino alla grande crisidel 1929. Negli anni immediatamente successivi alla crisi,vennero emanate in tutti i paesi del mondo leggi che vieta-vano la conversione delle banconote in oro ed allo stessotempo consentivano solo allo Stato di emettere banconoteaventi valore legale. Nonostante il divieto di conversione,rimase per un legame tra l'emissione di banconote e l'oro ovalute o titoli che comunque rappresentassero l'oro. Dopoqualche anno, al termine della seconda guerra mondiale, gliStati del mondo disegnarono un nuovo sistema monetario inun'anonima localit americana, Bretton Woods. In questonuovo sistema, tutte le monete erano convertibili nel dollaroe solo questo era convertibile in oro. Allo stesso tempo fuistituito il Fondo Monetario Internazionale, allo scopo di

    venire in soccorso di quei paesi che non potessero sostenerela parit determinata a Bretton Woods tra le monete.

    Questi accordi ebbero principalmente tre conseguenze:1) Gli Stati Uniti cominciarono a stampare pi dollari

    che giornali, dato che era la loro moneta a garantirel'equilibrio del sistema.

    2) Tutti gli Stati del mondo costituirono riserve per l'e-missione di banconote utilizzando dollari, di cui c'erasul mercato finanziario una grande offerta. Si calcolache all'inizio degli anni Settanta l'80 per cento delle

    riserve valutarie di tutti gli stati del mondo fosserocostituite da dollari.

    3) Il FMI controllava le politiche economiche di tutti ipaesi del mondo attraverso il ricatto della leva mone-taria. Stati Uniti ed Inghilterra avevano contribuitocon l'80% di propri versamenti alla costituzione delFMI, e pertanto ne condizionavano l'attivit in ma-niera determinante.

    22 Per una critica delle teorie di Keynes vedi infra cap. 3

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    Il sistema resse senza particolari scossoni fino al 1970.Ogni tanto il FMI interveniva a "aiutare" paesi in difficoltcon il cambio della propria valuta, obbligandoli a politichekeynesiane23per renderli pi docili e sottomessi agli interes-si delle potenze occidentali.

    Il crac si ebbe quando i paesi aderenti all'OPEC, ovveroil cartello dominato dagli arabi dei paesi produttori di petro-lio, decisero di aumentare considerevolmente il prezzo delbarile (che quadruplic in pochi mesi) e di rifiutare i paga-menti in dollari, pretendendo il pagamento in oro24. I paesidell'Occidente che, come abbiamo visto, avevano riserve ingran parte costituite da dollari, cercarono di cambiare questidollari e farsi restituire l'oro che avrebbe dovuto essere cu-stodito nei forzieri di Fort Knox, per poter fare fronte aipropri debiti. Gli americani per non avevano oro a suffi-cienza, dato che gi allora il totale del circolante era di granlunga superiore all'oro esistente su tutta la terra.

    Il presidente Nixon decise, cos, l'abrogazione unilateraledegli accordi di Bretton Woods, svincolando il dollaro dalcambio con l'oro.

    Questa data, l'agosto del 1971, costituisce una pietra mi-liare nella storia del denaro: il momento cruciale per com-prendere la vera natura della moneta, poich da allora, il de-naro fu definitivamente svincolato da ogni relazione con l'o-ro, sia pure da quel farraginoso ed indiretto sistema di con-versione escogitato a Bretton Woods.

    Da allora, i paesi hanno continuato a stampare dena-

    ro fondandolo senza una base "solida"25.I criteri adottati per l'emissione monetaria da allora furo-

    no essenzialmente legati alla produzione nazionale. Per que-sta ragione fu essenziale l'elaborazione del concetto di Pro-dotto Nazionale, il cui calcolo, fino ad allora, era sempre

    23 Il meccanismo di gestione del potere utilizzando gli strumenti monetari rela-tivamente semplice. E' sufficiente, infatti, esercitare una pressione sulla monetadi un paese per metterne in difficolt il sistema economico. Se, ad esempio, ilvalore della moneta di un paese, relativamente al dollaro scende del 10%, le im-portazioni di quel paese saranno molto pi onerose per le industrie locali che sa-ranno costrette a ridurre altri costi (tra cui quelli salariali) per sostenere l'au-mento dei costi dei beni di importazione. Fino alla met degli anni settanta, la

    determinazione dei valori relativi delle monete era effettuata dalle Banche cen-trali e dal FMI che disponevano di mezzi finanziari di gran lunga maggiori ri-spetto a quelli di qualunque istituzione privata. Se i paesi non allineati provava-no ad alzare i prezzi delle materie prime di cui sono ricchi, lo strumento utiliz-zato per neutralizzare il maggiore trasferimento di ricchezza che ci comporta-va, era quello di una manovra al ribasso sulla moneta di questi paesi. In questomodo i prezzi scendevano di nuovo al livello desiderato dai paesi pi ricchi.24 Tale rifiuto si fondava sulle considerazioni di cui alla nota precedente. I paesidell'OPEC credettero di poter controllare meglio il prezzo dell'oro di cui dispo-nevano in grandi quantit, dato che non avevano alcuna possibilit di controlla-re il fixing della propria moneta.25 Il termine soldo deriva appunto da solidus, per indicare la concretezza dellamoneta metallica.

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    stato considerato improbabile dagli economisti. Il fatto chefosse necessario elaborarlo non significa, ovviamente, che ilcalcolo del PIL sia diventato una cosa seria. E', e rimaneun'idiozia priva di senso, ma dato che rinomati economistine sostengono la validit con tutto il peso della loro scienza

    e nessuno - o quasi - lo mette in discussione, la gente credeche sia del tutto naturale valutare la produzione nazionale.La verit tutt'altra: non , infatti, possibile calcolare

    con un'approssimazione decente, la produzione nazionale e,anzi, lo stesso concetto di reddito nazionale privo di sen-so.

    In aggiunta, come osserva acutamente Vittorio Ma-thieu26, il PIL viene determinato per mezzo delle emissionimonetarie. Leggetela e rileggetela quella parolina, e stra-buzzate gli occhi. Gli Stati determinano il reddito naziona-le, attraverso le emissioni monetarie e la politica fiscale, enon viceversa. Insomma un bel giochetto delle tre carte sul-la pelle dei cittadini27.

    In Italia le riserve di oro ammontano a circa 56.000 mi-liardi di lire mentre le banconote in circolazione sono pidel doppio e i depositi bancari a vista e a termine28somma-no circa due milioni di miliardi di lire. I depositi bancarisono denaro proprio come le banconote: se ricevete un asse-gno in pagamento potete versarlo sul vostro conto corrente,oppure recarvi presso la banca dove stato tratto l'assegno epretendere il pagamento in contante. Il problema che ilcontante in circolazione il 5% dei depositi bancari: v'im-

    maginate che succederebbe se tutti si presentassero aglisportelli bancari a pretendere il pagamento degli assegni ri-cevuti? Le banche non avrebbero i soldi per pagare dato chenon ci sono fisicamente abbastanza banconote per fare fron-te ad una simile evenienza. E se tutti si presentassero a ri-prendere i propri soldi depositati in banca? Ancorapeggio dopo il 5% dei depositanti, i soldi finirebbero e lebanche chiuderebbero gli sportelli29. E se venisse meno deltutto il clima di fiducia nei confronti del sistema e la gentepretendesse il pagamento in contante dei titoli del debitopubblico, dove credete che lo Stato prenderebbe i soldi per

    26 In V. Mathieu,Filosofia del denaro, op. cit., pagg. 197 e segg..; faccio notare,per inciso, che Mathieu non un economista, ma un filosofo.27 Vi rimando al capitolo successivo per un'analisi ed una critica del concetto diPIL e degli altri strumenti similari.28 I depositi a vista sono quelli dei conti correnti: in qualunque momento possoritirare i miei denari o direttamente o a mezzo di assegni. I depositi a terminesono quelli vincolati per un certo periodo, in genere un anno. Essi danno un in-teresse maggiore di quelli a vista, ma non posso ritirare i denari se non dopo lascadenza del termine (o pagando una penale consistente per l'anticipato sciogli-mento del contratto).29 Proprio come accade nell'episodio di panico descritto nello splendido MaryPoppins, uno dei pochi film contro l'establishment finanziario.

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    pagare, soldi che evidentemente non possiede?

    Nel 1993, con la scusa di controllare i pagamenti in con-tante per la lotta alla mafia, venne fatta una legge che vietadi ricevere pagamenti in contanti per pi di venti milioni di

    lire. Non fatevi prendere per il naso: la mafia non c'entranulla con questa legge. Il problema era un altro. In quel mo-mento, nel pieno della recessione dovuta alla crisi finanzia-ria della fine del 1992, si temeva che la gente potesse tesau-rizzare banconote nella prospettiva di un provvedimento fi-scale che colpisse i depositi bancari, come il prelievo forzo-so del 6 per mille introdotto dal governo Amato qualchemese prima. Era quindi necessario un provvedimento cherendesse difficoltosa la realizzazione di banconote, e cheallo stesso tempo incutesse timore agli italiani cui venisse inmente di conservare i propri soldi in banconote, per evitareil crac del sistema bancario. Contemporaneamente, questoprovvedimento riduceva la velocit di circolazione del de-naro e quindi raffreddava l'inflazione.

    Solo pochi si accorsero che quei provvedimenti non ave-vano nulla a che vedere con la mafia, e tra questi certamentenon si annoveravano i nostri politici.

    Il fatto che il blocco della circolazione della moneta ag-gravasse i danni all'intero apparato produttivo del paese,non interessava affatto ai nostri politici. Da allora stiamo vi-vendo una crisi economica pressoch irreversibile allo sco-po di tenere bassa l'inflazione e ottenere degli indicatorieconomici che ci consentano di rimanere nell'area dell'Eu-

    ro30.

    Dall'abolizione degli accordi di Bretton Woods, il valoredelle monete stato determinato solo in funzione dei rap-porti politici e dei rapporti di forza sul mercato valutario.

    Allo stesso tempo, la continua crescita della massa mo-netaria comporta una progressiva riduzione della funzionepolitica di controllo delle monete. Di fatto oggi il mercatoche stabilisce il rapporto di forza tra le valute e nel mercatoperdono progressivamente peso gli interventi delle banchecentrali e degli Stati, poich aumentato enormemente il

    numero dei gruppi finanziari ed economici privati in posses-so di mezzi valutari e risorse persino maggiori di quelle di

    30 L'unit monetaria ha motivazioni diverse per i paesi europei. Per la Germaniae la Francia essa significa la fine delle politiche inflazionistiche di Spagna edItalia che turbavano la concorrenza. L'Italia ottiene l'obiettivo di diluire il pro-prio debito pubblico in quello europeo, riparandosi dalle tempeste speculativeche spesso si abbattevano sul proprio sistema economico. Per tutti i paesi euro-pei, l'unit monetaria significa la possibilit di creare uno strumento finanziarioforte che possa contrastare efficacemente il dollaro americano. Ma senza l'unitpolitica e una profonda ristrutturazione del sistema produttivo quest'obiettivo destinato a rivelarsi un'illusione.

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    molti Stati del mondo. Come apparso evidente nella crisidel 92, anche uno Stato industrializzato come lItalia, pureappoggiato dai paesi aderenti allo SME, non stato in gradodi sostenere la propria moneta sottoposta alle pressioni dellaspeculazione internazionale.

    Vi siete mai chiesti per quale ragione, dal '92 in poi, aivertici dello Stato italiano, ci sono per lo pi uomini cheprovengono dal mondo della finanza ed in particolare dallaBanca d'Italia?

    Per la semplice ragione che la politica si ridotta sostan-zialmente alle decisioni sulla politica monetaria, ma questedecisioni sono state sottratte agli uomini della politica (eovviamente alla gente) per essere detenute esclusivamentedagli uomini del sistema finanziario.

    Insomma, la politica, in Italia come in Germania e in In-ghilterra, e da qualche tempo anche negli USA, la fanno gliuomini della finanza, i Ciampi, i Prodi, i Tietmeier, i Green-span che, poi, reclamano la gestione anche del potere diret-to.

    D'altra parte senza l'accordo tra gli uomini della finanza,il sistema rischierebbe il crollo ogni giorno: la massa liqui-da tale che, senza un'intesa sull'equilibrio da mantenere, sirischia che dalla mattina alla sera le banconote non valganopi nulla.

    La massa liquida cresce ogni anno di pi, dato che gli in-teressi che essa genera sono espressi in forma monetaria ov-

    vero in forma di titoli di Stato. Ci fa si che il debito degliStati aumenti in maniera esponenziale, e l'unica maniera chehanno gli uomini della finanza di tenerlo sotto controllo, quella di tenere bassi gli interessi per farlo crescere dimeno. Ovviamente questo non risolve il problema, e oltre-tutto, una diminuita velocit di circolazione della moneta, siriflette in maniera molto negativa sulle attivit economiche,che vivono appunto sulla rapidit della circolazione dellamoneta, che consente a tutti di acquistare il maggior numerodi beni di consumo e quindi di sostenere la produzione.

    Allo stesso tempo lindebitamento degli Stati si innal-

    zato a livelli impensabili e, quindi, il tasso di sconto31 di-venuto lunico strumento per garantire il pagamento degliinteressi sul debito che altrimenti costringerebbe molti Statia dichiarare bancarotta (ovvero a consolidare il proprio de-bito)32.

    31 Il Tasso Ufficiale di Sconto (TUS) l'interesse praticato dalla Banca centraleagli altri istituti bancari, in base al quale viene ovviamente calcolato il tasso diinteresse praticato dalle Banche ai propri clienti.32 Per K. Marx i titoli del debito pubblico sono "capitale illusorio, fittizio.Non solamente la somma che stata data in prestito allo Stato non esiste pi.

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    Il divieto della convertibilit delle banconote in oro33 elemissione a vuoto di banconote, ha radicalmente mutato lanatura stessa della moneta. Essa , infatti, divenuta misurarelativa dei beni prodotti dalla collettivit ed il suo valore dato dalla convenzione giuridica universalmente accettata

    che glielo conferisce.

    E evidentemente ingiusto un sistema in cui una mer-ce non tassabile, il capitale monetario, genera enormiricchezzesenza produrre alcunch.

    Infatti, il capitale monetario non produce ricchezza ma siappropria allorigine di ricchezza prodotta da altri nelleco-nomia reale e sar questa a riprendere, prima o poi la supre-mazia. In questo sistema i valori monetari nascondono ric-chezza reale che viene sottratta a chi la produce per esseredistribuita in maniera ineguale nel mercato finanziario sullabase di rapporti di forza e non di capacit produttive. Leemissioni monetarie ed i titoli del debito pubblico sono glistrumenti a mezzo dei quali viene operata questa indebitaappropriazione di ricchezza.

    La moneta un credito inesigibile nei confronti delloStato. I titoli del debito pubblico sono crediti dei quali sipu esigere il pagamento per mezzo di un credito inesi-

    gibile (ovvero le banconote)!In pratica i titoli del debito pubblico sono una specie di

    gioco di scatole cinesi: nell'ultima scatola, dove viene pro-messo l'agognato tesoro, non c' in realt nulla.

    Per questa ragione, oltre ad essere ingiusto, questo siste-

    ma davvero assurdo. Vi faccio un esempio.Al tempo di oggi, se deposito del denaro in banca su un

    conto corrente ordinario, il tasso d'interesse reale sar pro-babilmente negativo. Infatti, le spese di gestione e di movi-mentazione del conto supereranno l'ammontare degli inte-ressi che la banca mi riconosce sulle somme mediamentedepositate.

    Se deposito in banca del denaro e lo tengo vincolato perun certo tempo, diciamo un anno, otterr un interesse attivo,intorno al 4%. Se acquisto dei titoli di Stato ad un anno, ot-terr lo stesso tasso di interesse che mi riconosce la banca

    per un deposito vincolato. Infatti, la differenza di tassi tra idepositi bancari vincolati ed i titoli di Stato non supera mailo 0,125%.

    In teoria la differenza tra queste tre forme di conserva-zione dei propri soldi, risiede nel fatto che i denari sul conto

    Essa non mai stata destinata ad essere spesa e investita come capitale, e solose investita come capitale essa avrebbe potuto trasformarsi in un valore capacedi autoconservarsi".Il Capitale, Editori Riuniti, Roma, 1974 VIII edizione, cap.29 pag. 549.33 Vedi in dettaglio sulla convertibilit e sul denaro bancario il capitolo IV.

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    corrente sono utilizzabili in qualunque momento, mentre idenari vincolati non lo sono. Per questa una differenzasolo teorica. Infatti, posso liberare i denari vincolati in ban-ca pagando una penale che ammonter pi o meno agli inte-ressi maturati sulla somma oppure posso rendere liquidi i ti-

    toli di Stato vendendoli sul mercato telematico in qualunquemomento e perdendo anche l pochissimi denari.E allora che differenza c' tra il denaro liquido, quello

    bancario ed i titoli di Stato?

    A questa moneta, diciamo cos ufficiale, si deve aggiun-gere quella che viene creata dalle imprese per sopperire alladrammatica mancanza di liquidit e che ammonta a oltredue milioni di miliardi. Questa massa composta da tutti ititoli di credito emessi da privati, che hanno anch'essi naturadi moneta anche se, mancando la garanzia dello Stato, laloro accettabilit non universale. Si tratta, in altri termini,delle ricevute bancarie, delle tratte, accettate e no, dellecambiali e degli assegni postdatati che, nonostante il divietodi emissione, chiunque abbia un minimo di dimestichezzacon il mondo commerciale, sa che sono emessi in quantit34.

    Questa massa di titoli, necessaria dati i vincoli alla circo-lazione della massa monetaria vera e propria, destinata ascomparire in un sistema economico sano.

    Allo stesso tempo, per le ragioni che esporremo nel quar-to capitolo, deve essere considerata moneta anche la massadei prodotti finanziari derivati.

    La differenza sostanziale tra tutti questi mezzi di paga-mento consiste nella loro maggiore o minore liquidit ovve-ro nel loro diverso grado di elasticit.

    Per darvi un'idea, ecco un esempio. Se vado dal tabacca-io a comprare le sigarette posso pagare con una banconotada 5.000 o con cinque da mille. Se mi presento con unabanconota da 100.000 potr comprare solo se il tabaccaioha il resto di 95.000, e a maggior ragione se gli do unabanconota da 500.000, dovr avere un resto di 495.000.Se provo, poi, a pagare con un certificato di BOT di diecimilioni, probabilmente il tabaccaio mi prender per delin-

    34 Anche all'epoca di Marx il sistema bancario si fondava sostanzialmente sullecambiali emesse dalle stesse Banche sotto forma di banconote, e dagli operatorieconomici. "In periodi normali, dopo il 1850, circolavano nel Regno Unito ac-canto a 39 milioni di banconote, circa 300 milioni di cambiali, di cui 100/120milioni soltanto su Londra" [] "Il nostro sistema il seguente: abbiamo ob-bligazioni per 300 milioni di L. St. il cui pagamento nella moneta corrente delpaese pu essere richiesto in ogni singolo momento; e questa moneta del paese,se noi la usiamo tutta per questo scopo, ammonta a 23 milioni di L. St. o qual-che cosa di simile; non questa una situazione che ci pu far venire le convul-sioni in ogni momento? Da K. Marx, Il Capitale, op. cit., cap. 33 pagg. 628 e633.

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    quente e chiamer la polizia, pensando che si tratti di uncertificato falso, mentre, al contrario, accetter volentieri 50monete da 100. Se devo comprare un appartamento da 200.000.000, sar difficile poter effettuare il pagamento con40.000 banconote da 5.000 o, ancora peggio, con 200.000

    banconote da 1.000. Se ci provo, a parte la denuncia per laviolazione della legge che limita la circolazione delle ban-conote, ingenerer nel venditore il sospetto che tali banco-note siano false. Se poi provo a pagare con due milioni dimonetine da 100 lire, vale a dire con un camion da sedicitonnellate di nichel e ferro, probabile che venga preso perpazzo e portato nel CIM35 pi vicino, mentre se giro all'ac-quirente venti BOT da dieci milioni non avr probabilmentealcuna obiezione.

    Potrei anche pagare cedendo al mio venditore un creditoche ho nei confronti di terzi: se si tratta di un credito neiconfronti di una Banca, se cio faccio un assegno, non ci sa-ranno problemi, tranne la necessaria verifica dell'esistenzadel credito (ovvero se sul conto ci sono i fondi). Posso an-che cedere un credito nei confronti di un privato se perso-na o societ abbastanza ricca e conosciuta da garantire il pa-gamento al venditore, mentre se il mio credito nei con-fronti di un perfetto sconosciuto o di un nullatenente, il ven-ditore probabilmente mi rider in faccia. Insomma, le mone-tine e le banconote sono mediamente pi elastiche dei BOT,ma ci non toglie affatto che entrambi siano mezzi di paga-mento, ciascuno preferito per l'acquisto di beni di diversanatura.

    Il sistema che andremo a delineare di tassazione dellamassa monetaria, indurr le imprese ad effettuare i paga-menti in contanti e quindi far scomparire tale forma diemissione monetaria.

    In altri termini si sostiene che, dopo l'abolizione degliaccordi di Bretton Woods, tutte le attivit liquide di unanazione svolgono una funzione monetaria e che neces-sario ridurre la pressione di questa massa finanziariasull'economia reale prima che sia troppo tardi.

    Allo stesso tempo possibile considerare questa massa

    come ricchezza attuale e quindi soggetta a tassazione, ridu-cendo, fino all'azzeramento, l'imposizione fiscale sulla pro-duzione e sul lavoro.

    La tabella qui sotto da un'idea delle dimensioni delle atti-vit liquide degli italiani nell'anno 199536.

    35 Centro di Igiene Mentale, il pronto soccorso psichiatrico.36 Fonte ISTAT, 1996

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    ATTIVITA' MILIARDIDI LIRE

    Oro 40.257Banconote e monete metalliche 105.218

    Depositi bancari a vista 698.748Altri depositi 1.206.719Titoli a breve 425.808Crediti a breve 1.148.694

    Crediti a medio e lungo termine 977.847Titoli a medio e lungo termine 1.884.034

    Riserve tecniche, fondi e altreattivit

    656.503

    Azioni 1.329.589

    Totale generale 8.473.417

    Si deve considerare che la somma delle attivit liquidecresce ogni anno di circa 400.000 miliardi, e che, quindi,oggi il totale pu essere stimato in circa 10 milioni di mi-liardi.

    Ponetevi questa domanda: se voglio vendere un apparta-mento, quali strumenti posso accettare in pagamento?

    Diciamo che il prezzo dell'appartamento in vendita sia di200 milioni. Posso accettare il contante, nei limiti della leg-ge che ne limita la circolazione, gli assegni circolari, gli as-segni di conto corrente bancario (se mi fido dell'acquirente),

    i Bot o altri titoli di Stato. Che differenza passa tra tutti que-sti strumenti (a parte la maggiore o minore fiducia nei con-fronti dell'acquirente) se non il fatto che, paradossalmenteproprio lo strumento tipico di pagamento, ovvero le banco-note, possono essere prese in pagamento solo con l'autoriz-zazione delle autorit statali? Sia il denaro emesso in deficitpubblico, sia i titoli del debito pubblico sono messi a debitodello Stato. Le somme sui conti correnti, a vista o a termine,sono emesse a debito del sistema bancario che comunquegarantito dallo Stato. E allora che differenza c' tra tuttiquesti strumenti?

    Non c' nessuna differenza sostanziale. Tutte le attivitliquide possono essere quindi considerate denaro.

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    IV. KEYNESISMO, PIL E DEBITO PUB-BLICO

    Un'idiozia rimane sempre tale, anche se condivisa damolti: la sua universale accettazione, magari imposta perlegge, non la rende certo pi simile alla verit. Che il solegiri intorno alla terra un'idiozia sin dalla pi remota anti-chit, e quando Galileo dimostr il contrario, fu processatoin nome di una legge evidentemente idiota, per utile per ilpotere.

    Il fatto, quindi che in economia - la scienza del nulla - cisia a reggere le cose, un'idiozia universalmente accettata ma

    utile alla gestione del potere di alcuni, non deve certo desta-re meraviglia. E che quell'idiozia regga e giustifichi, a suavolta, altre idiozie, la conseguenza naturale di ci che ab-biamo detto. Perci, tenetevi forte lo stomaco e parliamo dikeynesismo, di deficit di bilancio, di debito pubblico e diProdotto Interno Lordo.

    Dobbiamo capire perch sia stato elaborato il concetto diPIL e che cosa esso cerchi di calcolare, ma per farlo ne-cessario ripercorrere un po di storia dell'economia dell'ulti-mo secolo.

    John Maynard Keynes un economista vissuto a cavallodelle due guerre mondiali e autore di un trattato famoso, la"Teoria generale dell'occupazione dell'interesse e della mo-neta", nel quale, tra l'altro, affronta le questioni relative allacrisi del 1929 e alle politiche adatte a superarla.

    Non crediate che Keynes fosse uno sciocco o un idiota.Come vedremo, egli ha scritto soprattutto cose molto inte-ressanti ed intelligenti, ma il potere ha messo nel dimentica-toio la maggior parte delle sue idee.

    Ci che rimasto, sono invece i suoi paradossi e le ideebalzane, tenute in gran considerazione dai suoi allievi e suc-

    cessori, nonch dai governi occidentali, per ragioni che ca-pirete tra breve.Sulle teorie di Keynes sono stati scritti migliaia di pon-

    derosi volumi, e non certo questa la sede per affrontaretutte le elucubrazioni in proposito. Oltretutto, vi assicuroche non ne vale proprio la pena, dato che il nocciolo dellateoria si pu esporre in poche righe, ed il resto appartiene aquel vaniloquio di cui Pareto, pur senza conoscere il keyne-sismo, ci ha reso ampia testimonianza.

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    L'essenza delle argomentazioni di Keynes si risolve indue domande. Come fare ad uscire dalla crisi del 1929 eperch il sistema lasciato a se stesso non produce la pienaoccupazione?

    Dopo la grande crisi del 1929, il denaro era sostanzial-mente sparito. Le aziende languivano, molte banche eranofallite, la disoccupazione era alle stelle, nessuno aveva pivoglia di intraprendere qualcosa di nuovo poich non c'era-no pi acquirenti in giro per le merci che marcivano nei ma-gazzini.

    Keynes ed altri accusarono della scomparsa del denaro itesaurizzatori, che lo nascondevano nel momento di crisiper aumentarne artificialmente il valore, speculando sul mo-mento difficile dell'economia. L'esistenza dei tesaurizzato-ri37, era la ragione per cui l'economia lasciata a se stessa nonavrebbe potuto mai superare da sola la crisi. Non potendoandarli a scovare uno ad uno ed essendosi rivelati inefficacii provvedimenti che vietavano la conversione delle banco-note ed il possesso dell'oro e dell'argento in lingotti, datoche, come era evidente a tutti, il denaro continuava a latita-re, Keynes se ne usc con una proposta balzana: nasconderedel denaro in una miniera per tirarlo fuori all'improvviso38,per riattivare gli acquisti di merci in modo da fare crescereil livello di fiducia degli operatori economici39.

    La sua teoria non molto lontana da quest'idea bislacca.Egli sostenne che per fare ripartire il sistema, era sufficiente

    effettuare una spesa in aggiunta a quella corrente dello Sta-to, immettendo nel sistema la quantit di denaro necessariaper affrontarla. Ovviamente si doveva trattare di una spesa

    37 La figura dei tesaurizzatori, ovvero di coloro che in momento di crisi nascon-dono il denaro sotto il materasso in attesa che il peggio passi, costituiva un veroe proprio incubo per gli economisti dell'800 e della prima met del '900, ed ispi-r la descrizione di Paperon de' Paperoni, il pi grande tesaurizzatore del mon-do, con le decine di depositi di monete d'oro sparsi per tutta l'America. E' inte-ressante notare come a Paperone si contrappone Rockerduck, ovvero la "pape-rizzazione" di Rockfeller, il ricco banchiere che investiva in imprese di produ-zione. La cosa strana che Paperone il tesaurizzatore, l'eroe positivo mentreRockerduck il banchiere quello negativo. La spiegazione si deve probabilmen-

    te ricercare nel diffuso senso di ingiustizia che gli americani provarono quandofurono emesse le norme sul divieto di convertibilit, che provoc casi clamorosidi resistenza passiva all'obbligo di portare l'oro e l'argento in lingotti e monetepresso i forzieri della Banca federale (Cfr. sul punto J. K. Galbraith, Soldi, op.cit. pag. 193).38 J. M. Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta,op. cit. pagg. 288-290. Keynes, per la verit addebitava la necessit di utilizzarequesto tipo di trucchi alla nefasta influenza della politica sulla forma mentisdella gente. Come vedremo, Keynes ha scritto molte cose interessanti, ma il po-tere le ha ignorate sistematicamente, elevando a sistema i suoi paradossi.39 Un umorista tedesco propose, pressoch contemporaneamente, di verniciaredi bianco la Foresta Nera, suscitando molta pi ilarit (la battuta di Sergio Ri-cossa, op. cit.).

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    che non fosse gi prevista nel bilancio dello Stato. Insommaun'iniezione di denaro a sorpresa rispetto a quella preventi-vata, e per questa ragione in deficit del bilancio. L'effettosorpresa era essenziale: cos come il denaro tirato fuori dal-la miniera al momento giusto, questa spesa doveva entrare

    sul mercato all'improvviso, senza che gli operatori potesse-ro prevederne l'arrivo.Si not che questa spesa non poteva essere costituita da

    investimenti produttivi, n poteva consistere in somme dadare ad imprenditori finanziariamente solidi e quindi in gra-do di restituire il finanziamento ricevuto. Queste operazioni,infatti, potevano essere eseguite da una banca qualsiasi,anzi costituiscono l'essenza dell'attivit delle banche, equindi non avrebbero prodotto alcuna sorpresa per gli ope-ratori del sistema.

    Doveva trattarsi, quindi, di una spesa improduttiva, co-stituita da denaro stampato in deficit di bilancio e dato adoperatori o a persone che comunque non lo avrebbero resti-tuito40. Spendendo tale denaro imprevisto, si sarebbe avutoun incremento dei consumi e quindi della produzione, e sisarebbe innestato un circolo "virtuoso" di aumento di con-sumi e aumento di produzione. Infatti, se gli operatori in unmercato hanno fiducia nel futuro, spendono anche pi diquello che guadagnano, contando sui guadagni futuri; que-sto incrementa i consumi e spinge altri operatori ad avviareiniziative imprenditoriali per approfittare del momento fa-vorevole; ci incrementa ulteriormente i consumi, dato che

    vengono assunti nuovi operai e stimolate le imprese dell'in-dotto (ovvero quelle aziende che producono pezzi necessariper la produzione principale e che non vengono prodotti di-rettamente da questa41).

    Keynes e i suoi epigoni, elaborarono, poi, il concetto dimoltiplicatore keynesiano, con il quale veniva calcolato l'ef-

    40 Un esempio tipico di spesa keynesiana quello di ingaggiare una squadra dioperai per fare delle buche su una strada, ed un'altra squadra per riempirle dinuovo e far tornare la strada come prima (cfr. le considerazioni in proposito diC. Napoleoni, Il pensiero economico del 900, Einaudi Editore, TO, 1963, pag.

    102).41 Per fare un esempio, l'impianto di uno stabilimento di automobili crea un no-tevole indotto sia a monte che a valle della produzione: a monte, perch perquanto lo stabilimento possa essere integrato (ovvero autosufficiente), non pucerto produrre anche il metallo, le gomme, gli strumenti del cruscotto, i vetri, laplastica, insomma tutti i numerosissimi elementi per costruirle, di cui dovr for-nirsi presso altri stabilimenti. A valle, perch le automobili hanno bisogno divenditori, di benzinai, di meccanici, di autostrade etc. Il modello di sviluppodell'Italia negli anni '60, che ha determinato il boom economico di quel periodo,si fondava proprio sull'automobile, ovvero sulla FIAT. Vennero finanziati igrandi stabilimenti petrolchimici (Porto Marghera etc.) e la costruzione di unafitta rete di autostrade che copriva quasi tutto il nord del paese. L'indotto a mon-te e a valle del processo economico era evidentemente enorme.

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    fetto benefico che l'iniezione di denaro effettuata secondoquesta brillante teoria, avrebbe prodotto sull'economia. Sicalcolava, cio, quanto reddito, e quindi, quanta occupazio-ne sarebbe stata creata dall'iniezione di denaro. Il "ritorno"dell'investimento, che la teoria prevedeva essere di gran

    lunga maggiore della somma investita.

    Mi rendo conto che difficile seguire questo ragiona-mento senza pensare istintivamente ad una idiozia o ad unabella truffa legalizzata, ma vi prego di credere che l'essenzadel keynesismo tutto qui.

    Sulla scientificit delle teorie keynesiane, e del moltipli-catore in particolare, vi basti riflettere su questo aneddoto42.Alcuni decenni pi tardi, nel 1973, venne commissionata daG. Fromm e L. R. Klein, a dodici operatori economici, laformazione di modelli econometrici in grado di calcolarel'effetto di un'iniezione di un miliardo di dollari di spesapubblica addizionale nell'economia americana. Ricossa, ri-porta solo i due estremi dell'esito di tale ricerca: la Broo-kings Institution, previde che in capo ad un anno, si sarebbeavuto un aumento del PIL di quasi tre miliardi di dollari, e,tre anni dopo, ancora un vantaggio di due miliardi di dollarisopra l'investimento iniziale.

    La Federal Reserve Bank, previde, invece, che in capo asei mesi il PIL sarebbe salito esattamente del miliardo didollari immesso nel sistema, che dopo altri otto mesi sareb-be ritornato al livello di partenza e che, in capo a 18 mesi, ilreddito si sarebbe stabilizzato leggermente al di sotto del li-

    vello iniziale, cio del livello che avrebbe avuto senza l'im-missione del miliardo di dollari43.

    Sull'accuratezza delle ricerche di Keynes illuminante latestimonianza di Galbraith, un keynesiano che consideravala teoria del suo maestro un'opera estremamente oscura,scritta male e pubblicata troppo presto44. Durante la stam-pa del suo trattato egli spesso leggeva le bozze ai suoi stu-denti: "Ogni tanto un foglio cadeva dal mucchio e si depo-sitava sul pavimento; si dice che Keynes non se ne accor-gesse neppure". Ricossa attribuisce il grande successo della

    42 In V. Mathieu, Filosofia del denaro, op. cit., che a sua volta cita una ricercadi S. Ricossa.43 A proposito del moltiplicatore, Kahn, il matematico inglese che lo elabor inun articolo del 1931, e Keynes sostenevano che la quantit di denaro da immet-tere nel sistema dovesse essere determinata in funzione del moltiplicatore: in al-tri termini maggiore il moltiplicatore minore deve esser la quantit di monetada investire. Il problema che non possiamo conoscere il moltiplicatore senzaeffettuare la spesa.. In altri termini, il moltiplicatore un bell'esempio di tau-tologia.44 In J.K. Galbraith, Soldi, op. cit. pag. 214, e prosegue: "Tutti gli economisti so-stengono di averla letta. Ma soltanto pochi l'hanno fatto. La sua influenza do-vuta in parte alla sua incomprensibilit".

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    "Teoria generale" essenzialmente al fatto che Keynes riusca rendere laboriosa la lettura delle ovviet. 45

    Nell'ultimo anno della sua vita, Keynes, preoccupato dal-l'andazzo determinato dall'interpretazione delle sue teorie,

    scrisse che non era un keynesiano. Anche Marx l'aveva det-to qualche decennio prima, ma per entrambi era troppo tar-di. Milioni di persone combatterono e morirono in nomedelle teorie di Marx, e altre milioni di persone hanno pagatodecenni di finanza allegra e di spesa pubblica impazzita innome di quelle di Keynes. Aveva ragione Marx quando so-steneva che la storia si ripete sempre due volte, la prima intragedia (la sua) e la seconda in farsa (quella di Keynes)46.

    Nel dopoguerra, passata l'euforia della ricostruzione, iprimi venti di crisi furono affrontati con interventi keyne-siani. La ricetta funzionava, ma per l'ovvia ragione che sti-molando il consumo si stimola anche la produzione, anchese poi rimane il problemino del debito pubblico. In altri ter-mini, se si spende pi di quello che si guadagna, alla fine sirischia di finire in bancarotta.

    Il meccanismo del deficit spending keynesiano pro-prio questo: una spesa in pi di quello che si guadagna(con le tasse) che alla fine si paga tutta assieme (compre-si gli interessi sugli interessi).

    E a pagare , ovviamente, il popolo produttivo che quellaspesa non ha voluto e dalla quale non ha tratto, in realt, al-cuna utilit.

    Ma pagare che cosa? Questa politica economica ha gene-rato, come abbiamo visto, un'enorme massa liquida, che ab-biamo definito tutta come massa monetaria. Buona parte diquesta massa liquida pretende degli interessi che paghiamo,anch'essi, con le tasse: per onorare il debito occorrerebberomolte pi tasse, ovvero uno sforzo mostruoso delle attivitproduttive che ci consentisse di andare in avanzo di bilancioper molti decenni.

    Invece, quello che sta accadendo esattamente il contra-rio. Non siamo assolutamente in grado nemmeno di conte-nere gli interessi sul debito, e dobbiamo ricorrere annual-

    mente al deficit di bilancio47 per pareggiare il conto degliinteressi. Tutti questi debiti gravano esclusivamente sullaproduzione e sul lavoro, perch appare ovvio a tutti assog-

    45 In Sergio Ricossa,Maledetti economisti, op. cit.46 "Hegel osserva in un punto delle sue opere che tutti i grandi fatti della storiadel mondo ed i loro personaggi, compaiono per cos dire a due riprese. Egli hadimenticato di aggiungere: la prima volta in tragedia, la seconda in farsa". K.Marx,Il diciotto brumaio di Napoleone Bonaparte, in Rivoluzione e reazione inFrancia, 1848-1850, a cura di L. Perini, Einaudi, Torino, 1976, pag. 17147 Che, come abbiamo visto, significa stampare banconote senza corrispettivo.

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    gettare a tassazione il lavoro e la produzione, per trarre lerisorse necessarie a pagare il debito.

    Fino agli anni '30, l'opinione comune era che il buon go-verno consistesse nel raggiungere il pareggio di bilancio, inmodo da non scaricare sulle generazioni future i debiti con-

    tratti dalle precedenti. In genere i bilanci erano in pareggio:solo durante le guerre andavano in rosso per le enormi speseche queste comportavano rispetto alle entrate dello Stato. Ilkeynesismo ha spazzato via questi (saggi) comportamenti:da allora tutti gli Stati del mondo hanno sperimentato le de-lizie del deficit di bilancio e del debito pubblico.

    Il primo esempio di debito pubblico risale al 215 a.c.,quando durante la seconda guerra punica, l'erario di Romasi trov senza fondi per pagare gli approvvigionamenti alletruppe impegnate in Spagna contro i Cartaginesi. Venne in-detta una gara per l'appalto delle forniture, e l'onere finan-ziario sarebbe stato anticipato dagli stessi appaltatori. Sipresentarono tre societ di pubblicani ed assunsero l'appaltoalla condizione di essere esentati, con tutta la propria trib,dal servizio militare per la durata dell'appalto, e che i rischidi perdite del carico, per naufragi o eventi bellici, fosseroposte a carico dell'erario. Il pagamento delle anticipazionisarebbe stato effettuato con i primi proventi dell'erario all'e-sito della guerra con Cartagine.

    Due degli appaltatori erano noti per la loro disonest eavidit, e decisero di assicurarsi per conto loro contro il ri-schio che Roma perdesse la guerra contro i Cartaginesi. Si

    trattava di Tito Pompeio Veientano e di Marco Postumio daPyrgi48.

    I due, con il consenso e la fattiva collaborazione di tuttala popolazione locale, inventarono naufragi inesistenti e neprovocarono di veri caricando vecchie carrette del mare dimerci avariate o di poco prezzo, pretendendo, poi, il ricono-scimento di importi di gran lunga maggiori dall'erario.

    La cosa fu scoperta dal pretore Marco Emilio e denun-ziata al Senato, ma questo non prese provvedimenti, per noninimicarsi, in un momento tanto delicato, la potente castadei pubblicani.

    L'anno successivo, la questione fu portata dinanzi all'as-semblea da due tribuni della plebe, Lucio e Spurio Carvilio,che proposero una multa enorme, 200.000 assi49, a caricodei due truffatori. In assemblea gli sgherri di Pyrgi irruppe-ro con le armi per cercare di impedire la votazione che ilTribuno Casca, loro complice, non era riuscito ad evitare

    48 Oggi S. Severa, amena cittadina balneare sul litorale laziale, recentemente as-surta agli onori della cronaca come "la citt dei Presidenti", dato che abitualemeta estiva di Cossiga, Scalfaro e Ciampi.49 Ovvero circa 70 tonnellate di rame, cfr. nota 18.

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    con metodi legali. Ne nacque un tumulto che si risolse solocon la fuga del console Fulvio e dei due tribuni sul Campi-doglio. Questi fatti costrinsero il Senato ad intervenire ener-gicamente e condannare i due truffatori e i loro complici al-l'esilio ed alla confisca dei beni50.

    Ma che cos' alla fine questo debito pubblico?Dal dopoguerra in poi, il debito pubblico di tutti gli Stati

    del mondo sale irreversibilmente, ora pi, ora meno, ma so-stanzialmente senza rimedio. Solo eccezionali periodi dicrescita del sistema economico, hanno consentito un relati-vo contenimento del debito pubblico, e raramente una suariduzione.

    Ci avvenuto per, solo negli USA, che sfruttano lapropria privilegiata posizione di nazione al centro dell'eco-nomia mondiale.

    Ma a parte questa eccezione, il debito pubblico dei paesidel mondo cresce continuamente. Ci che siamo in grado ditenere (parzialmente) sotto controllo la velocit di crescitadel debito, per solo al prezzo di una stretta violenta sull'e-conomia (come gli italiani hanno amaramente sperimentatonegli ultimi cinque anni).

    La cosa evidentemente contraddittoria: la stretta credi-tizia deprime l'economia reale, mentre solo una crescitastraordinaria di questa potrebbe far riassorbire il debitodopo una serie eccezionale di decenni d'economia in avan-zo. In questo modo il debito pubblico diventa eterno, insor-montabile, lo strumento di ricatto ideale per tenere al chiodo

    i cittadini.

    In realt il debito pubblico una vera e propria illusioneottica. Esso , infatti, un credito dei cittadini (ma vedremotra poco che si tratta per lo pi di Banche) esigibilesolo permezzo di un altro credito inesigibile, ovvero le banconote.Si tratta, insomma di una vera e propria farsa. Lo Stato, peresigenze diciamo cos estetiche, non pu emettere bancono-te direttamente per pagare le proprie spese improduttive, eoltretutto c' il problema di smaltire l'eccedenza di denaro inpossesso delle banche per via del meccanismo di creazione

    di denaro di cui parleremo in dettaglio nel prossimo capito-lo.

    Allora lo Stato emette titoli del debito pubblico che ven-gono acquistati per lo pi da Banche che utilizzano, per l'ac-quisto, proprio i denari virtuali che esse stesse creano51. In

    50 Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, XXIII, 48, 9-12; 49, 1-3;XXV, 3, 8-19; 4, 1-11, Rizzoli, Milano, 198651 Un meccanismo del genere fu gi descritto da Marx ed Engels un secolo emezzo fa: "Il fatto che un risparm