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Negli ultimi mesi l’Associazione degli Ex Allievi è progressivamente ringiovanita. Ecco la nascita del sito web nello scorso mese di ottobre: oltre 10.000 pagine viste nell’ultimo semestre (più della metà gli ingressi unici), considerevoli anche gli ingressi dall’estero (Europa, America del Nord e del Sud, ex Unione Sovietica e perfino dal Giappone). Fatto il sito ora mettiamo mano e portafoglio alla “Sveglia”: abbiamo per ora cominciato a rinnovare il logo. Lo abbiamo ringiovanito, facendo andare il pensione l’ormai leggendaria “sveglia della g” inventata dal prof. Luciano Doneda a cui va un ringraziamento per un logo azzeccato che ha fatto la storia del giornale. Dimenticavo il concorso “La mia scuola in uno spot”. Nonostante qualche difficoltà organizzativa iniziale sono stati diversi gli allievi che si sono cimentati in questa avventura. I lavori, già in avanzato stato di elaborazione, sono gradevoli e ricchi di spunti su cui meditare. L’anno prossimo sarà un’iniziativa da riproporre estendendola anche agli altri istituti superiori della bergamasca creando una giusta e sana competizione. fabio colombo Riflessioni in margine al recente conflitto L’Onu ha un futuro? Direttore Responsabile: mons. Achille Sana; autorizzazione n. 8 del 17-5-1948 del Tribunale di Bergamo. Con l'approvazione dell'Autorit¥ Ecclesiastica Anno XLVII - semestrale - N. 1 - Maggio 2003 Sped. A.P. - art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - Fil. Bergamo Nel momento in cui la coalizione an- glo-statunitense si prepara a lanciare l’attacco finale su Baghdad, il presidente George W. Bush ed il primo ministro Tony Blair dichiarano che lo scopo della guerra è quello, nobile, di volere liberare la popolazione irachena dalla crudele tirannia di Saddam Hussein. Questa, nella migliore delle ipotesi, è una mezza verità. Se i soldati statunitensi fossero intervenuti in Irak a causa della violazione dei diritti umani, ad oggi si sarebbero dovuti iniziare decine di conflitti in Africa ed in Medio Oriente.Infatti, lo scopo della guerra è quello di eliminare le armi di distruzione di massa ed assicurare che Saddam Hussein non costituisca più una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il conflitto è la conseguenza dei crimini commessi l’11 Settembre 2001 e della conseguente drammatica svolta nella politica estera americana, ossia la formulazione della dottrina dell’attacco preventivo contro quelle nazioni che si ritiene siano una minaccia, a lungo termine, per gli Stati Uniti e per l’Occidente. Il problema che oggi, eventualmente si pone è come questa dottrina possa essere compatibile con un ordine mondiale multilaterale. Gli Stati Uniti non possono ritenere che altre nazioni si dichiarino d’accordo sul fatto che solo gli USA abbiano il diritto di decidere quando e dove si possa e si debba interferire ed intervenire negli affari interni di altri Stati sovrani e se questa rimanesse l’impostazione della politica estera e di sicurezza degli Stati Il nuovo logo de “La Sveglia” Un look più giovane fabio marazzi continua in ultima Assemblea degli Ex Allievi Sabato 24 maggio alle 17.00 è convocata l’Assemblea annuale degli Ex allievi. Dopo il saluto del Rettore, il vicepresidente Fabio Colombo aggiornerà sulle iniziative dell’associazione. Saranno premiati i neolaureati e verrà consegnato un omaggio ai “reduci” delle Maturità 1983 e 1993. Seguirà la premiazione del concorso “La mia scuola in uno spot”. Al termine un rinfresco.

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Negli ultimi mesi l’Associazione degli ExAllievi è progressivamente ringiovanita. Eccola nascita del sito web nello scorso mese diottobre: oltre 10.000 pagine viste nell’ultimosemestre (più della metà gli ingressi unici),considerevoli anche gli ingressi dall’estero(Europa, America del Nord e del Sud, exUnione Sovietica e perfino dal Giappone).Fatto il sito ora mettiamo mano e portafoglioalla “Sveglia”: abbiamo per ora cominciato arinnovare il logo. Lo abbiamo ringiovanito,facendo andare il pensione l’ormai leggendaria“sveglia della g” inventata dal prof. LucianoDoneda a cui va un ringraziamento per un logoazzeccato che ha fatto la storia del giornale.Dimenticavo il concorso “La mia scuola in unospot”. Nonostante qualche difficoltàorganizzativa iniziale sono stati diversi gliallievi che si sono cimentati in questaavventura. I lavori, già in avanzato stato dielaborazione, sono gradevoli e ricchi di spuntisu cui meditare. L’anno prossimo saràun’iniziativada riproporre estendendolaancheagli altri istituti superiori della bergamascacreando una giusta e sana competizione.

fabio colombo

Riflessioni in margine al recente conflitto

L’Onu ha un futuro?

Direttore Responsabile: mons. Achille Sana; autorizzazione n. 8 del 17-5-1948 del Tribunale di Bergamo. Con l'approvazione dell'Autorit¥ Ecclesiastica

Anno XLVII - semestrale - N. 1 - Maggio 2003 Sped. A.P. - art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - Fil. Bergamo

Nel momento in cui la coalizione an-glo-statunitense si prepara a lanciarel’attacco finale su Baghdad, il presidenteGeorge W. Bush ed il primo ministro TonyBlair dichiarano che lo scopo della guerra èquello, nobile, di volere liberare lapopolazione irachena dalla crudele tiranniadi Saddam Hussein. Questa, nella miglioredelle ipotesi, è una mezza verità.Se i soldati statunitensi fossero intervenutiin Irak a causa della violazione dei dirittiumani, ad oggi si sarebbero dovuti iniziaredecine di conflitti in Africa ed in MedioOriente.Infatti, lo scopo della guerra è quellodi eliminare le armi di distruzione di massaed assicurare che Saddam Hussein noncostituisca più una minaccia alla sicurezzanazionale degli Stati Uniti.Il conflitto è la conseguenza dei criminicommessi l’11 Settembre 2001 e dellaconseguente drammatica svolta nellapolitica estera americana, ossia laformulazione della dottrina dell’attaccopreventivo contro quelle nazioni che siritiene siano una minaccia, a lungo termine,per gli Stati Uniti e per l’Occidente.Il problema che oggi, eventualmente si poneè come questa dottrina possa esserecompatibile con un ordine mondialemultilaterale.Gli Stati Uniti non possono ritenere che altrenazioni si dichiarino d’accordo sul fatto chesolo gli USA abbiano il diritto di deciderequando e dove si possa e si debba interferireed intervenire negli affari interni di altri Statisovrani e se questa rimanesse l’impostazionedella politica estera e di sicurezza degli Stati

Il nuovo logo de “La Sveglia”

Un look più giovane

fabio marazzicontinua in ultima

Assemblea degli Ex AllieviSabato 24 maggio alle 17.00 è convocatal’Assemblea annuale degli Ex allievi. Dopoil saluto del Rettore, il vicepresidente FabioColombo aggiornerà sulle iniziativedell’associazione. Saranno premiati ineolaureati e verrà consegnato unomaggio ai “reduci” delle Maturità 1983 e1993. Seguirà la premiazione del concorso“La mia scuola in uno spot”. Al termine unrinfresco.

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Ormai da sei mesi, staprocedendo la serie diincontri, dedicati aglistudenti del quartoanno dei licei, con gliEx-allievi che hannoaccettato dipresentarsi sia comepersone, cheprofessionisti, perspiegare ai nostristudenti i loro percorsi.Chi più chi meno, inostri relatori eranoemozionati nel tornarenella loro scuola conun ruolo diverso,“dall’altra parte dellabarricata” !Il motivo per cui ve neparlo è che molti di lorosono stati, per alcunianni, seduti nei banchianche delle mie classi equindi ho potuto ritrovarein loro qualche gesto,qualche atteggiamento, ilsorriso e lo sguardo diallora. Cambiati? Sì ma noncosì tanto, qualche capelloin meno, qualche ruga inpiù e molta più sicurezza.Industriali, managers, liberiprofessionisti che hannoraccontato di sé, dei loropercorsi scolastici e non,senza falsi pudori; hannorisposto alle mie domande(finalmente senza l’incubodel voto!) con il desiderio didare dei messaggi utili, deiconsigli ai giovani studenti,ai futuri universitari, alcunidei quali li hanno ascoltaticon vivo interesse ocuriosità, altri con lapresunzione di aver già fattola propria scelta e la pauradi veder messe in crisi le

certezze acquisite.Dai più adulti (30 anni daldiploma) ai più giovanineolaureati, per tutti il leitmotiv più volte sottolineatoè stata l’utilità del metodo distudio acquisito al liceo, lanecessità di competenzeinformatiche o nelle linguestraniere, e soprattuttoscegliere ciò che piaceperché solo così l’impegnonon pesa, gli ostacoli sisuperano, si trova latenacia necessaria.E’ innegabile che anch’io misono emozionata nelrivedere questi ex studentiche mi hanno fatto rifletteresul tempo cheinesorabilmente passa,sulla fondatezza di qualchegiudizio scolastico tropposevero che piacevolmente lavita riesce abilmente asmentire, e, in positivo, hoprovato l’orgoglio di dire che

anch’io ho dato un minimocontributo alla buonariuscita del futuro dei mieistudenti.Nonostante iltempo il filo che ci lega tuttinon si è spezzato,l’appartenza alla scuola èsignificata dal senso dicollaborazione, dalladisponibilità ad essere utilia qualcuno, il che gratificaanche chi nella nostrascuola continua a credere.

milly denti

La sveglia maggio 2003

Al Sant’Alessandro gli Ex salgono in cattedra

Bentornati “ragazzi”

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Hannopartecipato iprofessionisti

Alberto Baldi

Claudio Brembati

Fabio Marazzi

Filippo Crippa

Gianpietro Masserini

Giovanni Modina

Giuseppe Delmestri

Marco Ferrarini

Matteo Zanetti

Mattia Rossi

Nicoletta Ianniello

Paolo Aymon

Paolo Nusiner

e gli universitari

Andrea Nozza

Chiara Mascher

Clara Bracchi

Claudia Vismara

Fabio Nani

Giordano Suardi

Laura Locatelli

Marco Ghitti

Nazareno Lombardi

Paolo Canova

Patrizia Cirillo

Salvatore Giusto

Sara Pessina

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La sveglia maggio 2003

Non ci rendiamo contodi vivere incontraddizione

Molti nostricomportamenti sono il

frutto di automatismi,radicati nell’abitudine,nell’educazione o nellacultura. Spesso convinzionie comport- amenti non sonoin accordo e diverseconvinzioni sono incontraddizione, senza chece ne rendiamo conto. Lacognizione e ilcomportamento funzionanospesso per compartimentistagni riducendo lacomplessità della vitaquotidiana senza doversempre tener conto che tut-to è connesso con tutto. Avolte non ci rendiamo contodi vivere in contraddizionecon noi stessi: siamo in unasituazione di dissonanzacognitiva.

Se sei contro la guerraè meglio che usi labicicletta al postodell’automobile

Immaginatevi cinqueamici che prendono le

loro macchine per andaread una marcia contro unaguerra che ritengonocausata dal desiderio dicontrollare pozzi petroliferi,senza rendersi conto chebruciando benzinacontribuiscono a renderescarsa la risorsa per cuicredono si combatta laguerra. Oppure che usanol’ascensore anche per salireal primo piano (magarichiamandolo dall’ottavo),consumando elettricitàprodotta bruciandopetrolio.Se supponiamo che i cinquesiano anche a favore di unaguerra contro la

desertificazione nei paesipiù poveri, che è favoritadall’effetto serra, prodottodal consumo di petrolio,allora la dissonanza èmassima.Dissipare la dissonanza èpossibile e il primo passo èla presa di coscienza dellasua esistenza: i nostricomportamenti quotidiani,risultato dell’abitudine,della cultura o della pigriziad’azione o di pensiero,hanno un impatto globale.Scegliendo l’automobile o ilmotorino invece della bici odel mezzo pubblico,chiamando l’ascensore,dilungandomi in doccecalde sto dando il mio pic-colo contributo alla guerra,alla desertificazione e apreservare le relazionieconomiche e politiche chene sono alla base.Ma cambiare questicomportamenti in capo agliadulti è un’impresa moltodifficile.

Si può influire sullenuove generazioni, nonancora condizionate

Quanti dei lettori diquesto moralizzante

contributo pensano ora:“Ma non esagerare! Il pic-colo piacere di una docciacontribuisce alla guerra!?Mi vuoi instillare futili sensidi colpa!”. Io stesso, chescrivo, mi scopro a trovarefacili giustificazioni quandocompio scelteecologicamente noncompatibili (se tutti gliesseri umani utilizzasserotanta energia prodotta dalpetrolio come faccio io,

allora la terra sarebbe giàdiventata un postoinvivibile).

Abbiamo fondatoAdventerra Games persviluppare giochi

Se è tanto difficilecambiare per gli adulti,

cosa fare? Accettarel’ineluttabilità del destino?La risposta di un gruppo dipersone di più paesi (Italia,USA, Austria, Turchia,Slovenia, Brasile) cui faccioparte è stata ottimista. Sipuò influire sulle nuovegenerazioni, non ancoracondizionate ad essere con ipropri comportamentibombe ecologiche vaganti.Abbiamo fondatoAdventerra Games S.r.l.(www.adventerragames.com) e Greengames.org conl’obiettivo di svilupparegiochi (da tavolo, di carte,multimediali) per bambini eragazzi al fine di instillare inloro tramite il divertimentoc o m p o r t a m e n t ie c o c o m p a t i b i l i .Perseguiamo la massimadiffusione dei giochi nelmondo (abbiamo progetti inLombardia, a New York) inmodo che da adulti adottinocomportamenti e scelteecocompatibili.Magari nel frattempo i bam-bini e i ragazzi riusciranno afar venire qualche dubbio aipropri genitori quandoprendono la macchina perandare insieme allamanifestazione per la pace.

giuseppe delmestri

socio fondatoredi Adventerra Games S.r.l.

Anche tu pensi che il petroliosia stata la causa della guerra?

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Eh sì, lavoravolassù, proprio dentroquel “buco”, al 26°piano di un simboloinfranto.

Dell’incidente aereo al grattacielo Pirelli

dello scorso 18 aprile 2002 si è parlato

tanto sia sui giornali, che in televisione;

ma in realtà oggi poco è rimasto nei

cittadini di quel dramma, velocemente

“catalogato” dai mass media come un

“tragico incidente”.

Quella maledetta sera di unanomalo e caldo aprile, leimmagini del colosso di vetroin fiamme, simbolo modernodi una Milano operosa ebenestante, hanno fatto inpochi minuti il giro del mondo,giungendo drammatiche intutte le case di questo pianetasempre più globalizzato,anche nella condivisione dellepaure e delle ansie. Paure edAnsie che sembrano sempreessere di altri, quando levediamo in tv, salvo poicomprenderne – in questi casicosì eclatanti – la loroincredibile vicinanza anche anoi. Oggi a quasi un anno didistanza, tutto questo sembradimenticato; solo in pochi, diquelli che passano nella zonadella stazione centrale diMilano, alzano gli occhi perguardare lassù il “giganteferito” ed Io purtroppo sonoancora fra questi.Eh sì, lavoravo lassù, propriodentro quel “buco”, al 26° pi-ano di un simbolo infranto.Ancora mi si stringe il cuorequando guardo lo squarcio,così mestamente “ingarzato”da una rete nerastra. E subitoil pensiero corre alle colleghe,alle amiche, Alessandra edAnnamaria, che ora non cisono più. Alessandra propriodi recente avrebbe compiutogli anni.Non faccio particolare fatica arientrare ogni giorno nelventre del palazzo, ma certonon posso fare a meno dinotare come in tanti piccoliaspetti la vita di noi “regionali”

sia cambiata da quel tristegiorno. I nostri sei ascensori“all’americana” - un orgogliosobrivido da 30 piani in 30secondi - giaccionoinutilizzabili e semidistruttinel loro silenzioso sarcofago dicemento, l’ingresso – primasempre popolato e rumoroso –appare oggi silenzioso,mestamente vuoto. Molticolleghi entrano ed ancor piùescono in fretta, come se il pa-lazzo fosse per loro un luogoquasi ostile e poi i segni del“botto”, rimasti qua e là un po’dappertutto: tubatureammaccate dai vetri caduti,passerelle dai tetti “bollati”,verniciature e intonaci“segnati”, “lame” di vetroancora affioranti dalle aiuoledei dintorni.Eravamo quasi in 1.500 nelPalazzo prima dell’incidente,sembravamo un po’ delle apioperaie nell’alveare, oggi inmeno di 400, in una strutturacosì grande, sembriamo più gliultimi abitanti di una “cittàfantasma”. Eppure nessuno dinoi si è arreso, nessuno si èlasciato prendere dalloscoramento, nessuno haapprofittato del disastro pernon lavorare.I dipendenti regionali hannoinvece fornito un’eccezionalerisposta; uniti e coesi in modoimpensabile prima dell’evento,hanno saputo rimboccarsi lemaniche e ricostruire dal nullatutto ciò che avevano perduto.Non un solo giorno si è fermatal’attività generale, gli ufficicolpiti sono stati tutti subitoriattivati: c’è chi ha lavoratosulle scale, chi al bar, chi nellesedi periferiche in una febbrilecorsa contro il tempo pertornare alla “normalità”.Alcuni di noi sono statiimpegnati senza sosta per

giorni, anche la domenica e neiponti del 25 aprile e del 1°maggio.Aiutati dai volontari dellaProtezione Civile, dai Vigili delFuoco e dalle diverse societàche avevano con noi lavori inappalto, i piani colpitidall’evento sono stati svuotatie tutto il materiale è statocatalogato, guardato,ricostruito. Computer ed attibagnati e bruciati sono statiaffidati alle mani esperte diuna società specializzata nelrecupero dei documenti e giàalla fine di maggio lasituazione regionale si era difatto normalizzata.I “numeri” di quanto operatodanno un’idea della misuradel disastro: 1.000 sono stati itraslochi di postazioni dilavoro resisi necessari edeseguiti nell’arco di 15 giorni,560 i dipendenti che hannodovuto essere “ricollocati” instrutture esterne prese inaffitto subito dopo l’incidente,11 i piani riaperti in tre giornidopo un febbrile lavoro diverifica delle strutture e dibonifica dell’ambiente, 33 gliEnti e le Organizzazioni chehanno preso parte agliinterventi all’interno dei pianicolpiti subito dopo l’evento eper diversi giorni dopo diquesto, praticamente è comese l’incidente avesse colpito unintero piccolo comune, cometanti ve ne sono anche inLombardia.Oggi per Regione Lombardiasta per iniziare l’ennesimanuova scommessa. Il Pirelli,entro la fine di marzo, saràcompletamente svuotato;anche gli 11 piani, simbolodell’orgoglio dell’Ente,saranno liberati e sarà dato il

La sveglia maggio 2003

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Pirellone 18 aprile 2002

Lassù c’ero anch’io

nicola angelinicontinua in ultima

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La sveglia maggio 2003

Ho deciso di non parlaredel conflitto iracheno, che

chissà se sarà già finitoquando leggerete, bensì delfatto che un evento ben piùrilevante di una sempliceguerra si è verificato in questiultimi giorni e stranamentenon ha ricevuto il meritato rili-evo mediatico.Non sto parlando della nominadi Lucia Annunziata alla RAI,che in realtà ha avuto ben piùrilievo di quanto meritasse,bensì dello sconvolgenterisultato del referendumtenutosi il 16 marzo nelPrincipato del Liechtenstein.Ed è perfettamente inutile chefacciate quella faccia lì, come adire “è arrivato lo scemo delvillaggio”, la notizia èveramente di quelle cheminano alla radice leconvinzioni e i luoghi comunitipici delle civiltà occidentali.E che sarà mai, direte voi? E semi lasciate continuare ve lo dico,rispondo io! Dunque capita cheil 64,3% dei 17.800 aventi dirittoal voto (e, mi sia consentita unaparentesi, visto che il Liechten-stein conta 30.000 abitanti, chisarannomai i 12.200nonaventidiritto al voto? Non le donne,visto che il ridente Principato haloro concesso il diritto di voto findal lontano 1984. Ci devonoessere un sacco di minorenni!),dunque, dicevo, capita checostoro, con una maggioranzache in confronto il referendumsulla monarchia italianasembra un pareggio, abbianoreferendato di attribuiremaggiori poteri al principeHans-Adam II, tra i quali quellodi licenziare il governo, bloccarele leggi votate dal Parlamento eintervenire nella nomina deigiudici. Ossia, per i non adepti,

tutti i poteri tipici di un monarcaassoluto, o per dirla tutta di untiranno.Voilà: il paradosso è servito:nella democraticissima Europaesiste gente che liberamente edemocraticamente sceglie latirannia.Eocchioanon fare facili battute:il Liechtenstein non è mica larepubblica delle banane! A parteil fatto che il principino (che ha58 anni), secondo le recenticlassifiche di Forbes, dispone diunpatrimoniopersonaledi circa2 miliardi di dollari (curiosità: ilterzo posto nella classifica deimonarchi più ricchi, dopo ilsolito re arabo e il sultano delBrunei, gli è insidiatodaunaltrodespota di tutt’altro carattere:SaddamHussein) enonèquindipropriamente un balabiotto, visegnalo che il Liechtenstein èl’unico paese del modooccidentale in cui non esisteimposta sul reddito dellepersone fisiche (che vuol direche i 30.000 abitanti nonpagano una lira di tasse) e chenei forzieri delle banche del

Principato ci stanno ricchezzeoltre ogni immaginazione, fruttodel segreto bancario vigente, chein confronto le banche svizzeresono colabrodi, e della tendenzadegli istituti di credito a non faretroppe domande sullaprovenienza del contante.D’altra parte i Liechtensteinesi(ma come si chiamano costoro?Non è che poi salta fuori unacosa tipo gli abitanti di Ivrea chesi chiamano eporediensi oqualcosa di simile?) sonotalmente gelosi della loroidentità, e talmente ben messifinanziariamente, che sipermettono di rimandare a casacon le pive nel sacco la coda dicelebrità (cantanti, tennisti, pilo-ti e quant’altro) che gradirebbeassai fissare una residenza,anche solo fittizia, nella ridentelocalità, ammaliata da questaanomalia dell’assenza ditassazione, che in confronto ilPrincipato di Monaco è unvampiro che succhia sangue.Ma ho divagato, come al solito,perché in realtà volevo porre lafilosofica e profonda questionedella libera scelta di esseregovernati da un tiranno, chesuona molto di un controsenso,ma forse non è altro che unasfumatura diversa dello stessoatteggiamento bovino checaratterizza altri popolioccidentali. Che differenza c’ètra un assenteismo del 30-40%alle elezioni e la sceltaconsapevole di affidare pienipoteri a un principe? Perlomenola seconda è figlia di una volontàespressa; in fondo, se si ritieneche qualcuno sia veramente ingamba, non è meglio dirglichiaro in faccia “Fai pure quelloche vuoi e non rompermi lescatole ogni 3 per 2?” A unacondizione, è chiaro: se poi saltafuori che non sei in gamba, masei uno scemo, ci fai il favore dilevarti di torno. Ma questo losanno anche in Liechtenstein:gli elettori si sono riservati ildiritto di abolire la monarchia,via referendum. E se davveroavessero ragione loro?masse

La libera sceltadi non essere liberi

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Avevo sempre pensatol’Africa “nera” come

distese di savane brulicanti diogni forma di vita, fatta di sa-fari e cocktail al tramonto...mentre mi sono trovato difronte paese ricco di culturemillenarie, paesaggimozzafiato, di un’atrocestoria recente di gente pienadi voglia di vivere. Iniziavacosì la mia personale crociatacontro i problemiodontoiatricidellepopolazionidel continente africano, piùprecisamente il Ghana,miaprimaesperienza in tale terra.Preso possesso del mioalloggio, una simpaticacameretta con ariacondizionata (!) facevoconoscenza degli altri discretiinquilini con cui avrei divisola mia vita notturna per isuccessivi due mesi:sfrattatolo scorpione dalla doccia (piùche altro per incompatibilitàcaratteriale) si presentaronoame gecki, millepiedi grossicome grissini, falene delledimensioni del palmo di unamano, placidi rospi el’animale più temibile delcircondario: la zanzaraportatrice della malaria.L’indomani mattina potevoammirare la bellezza delluogo in cui mi trovavo: unpiccolo paradiso sulle rive del

fiume Volta, e mi si presentaun’immagine che mi seguiràper tutta la permanenza sulposto: pescatori con lepiroghe accompagnati dalsuono dei tamburi delvillaggio sull’altra sponda delfiume; suono cheaccompagna tutte lericorrenze locali, daimatrimoni ai funerali (tantoche spesso non se ne capiscela differenza).Dopo un breve periodo di“adeguamento” al clima e allagente, veramente simpatica eospitale, piena di voglia divivere, sempre disposta acontraccambiare un sorriso,mi tuffai nel mondodell’odontoiatria di frontiera:deciso a debellare per semprecarie, tartaro, aliti fetidi esorrisi mutilati mi trovai difronte ad una ben più crudarealtà, purtroppo la maggiorparte dei casi si rivelavanoirrecuperabili e si risolvevanocon estrazioni la maggiorparte delle volte complicate(ricordo ancora la donna diun villaggio a cui ho estrattonove tra radici e rimastigli didenti e il poveruomo che dopouna rissa è ricorso alle miecure con cinque estrazionicome risultato...).La cosa che più mi hasconcertato è il numero

esiguo di bambini da mecurato, questo dovutoprobabilmente al motto: senon fa male da morire nonvado dal dentista o forse alfatto che lo yavù (uomo bi-anco) incuteva un certotimore...Il Ghana rappresenta un veroparadiso per gli appassionatidi erpetologia come me:pitoni, cobra, agame, varani etartarughe marine chevengono a deporre le uovasulle spiagge semideserte. Ariportarmi alla realtà sonostate le visite ad alcuniospedali nella zona centraledel paese, lapiùpovera, ove cisono ancora bambini chemuoiono di stenti o personeaffetti da AIDS che, senzacure, attendono di morire inun letto di ospedale. E ancorala visita ai castelli, questa eraconosciuta come la costadegli schiavi, che fungevanoda centro di raccolta estoccaggio di milioni di esseriumani che erano consideraticomemerci inattesadi essereesportate. Sono ancora intrisidella sofferenza cheprovocarono a quegli esseriumani, sofferenza di unastoria recente che è bene nondimenticare...

edoardo mocchi

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il Ghana

la miaAfrica

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La sveglia maggio 2003

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Nell’ufficio di GiovanniModina, al sesto piano del

quartier generale di Mediaset aCologno Monzese, la batteria dischermi tv che fronteggia lagrande scrivania ècompletamente spenta: tranneche per un solo monitor,sintonizzato sul Televideo dellaRai.“Guardi – ci fa notare a un certopunto il direttore di Canale 5 – latelevisione mi ha sempreinteressato, però sinceramentepensavo che avrei fattotutt’altro. Credo sia stata la vitache mi ha portato qui. Sonocontento di ciò che ho fatto inquesti anni, mi va bene così;però dire che le tappe che hopercorso, e quindi anche isuccessi raggiunti, sono statisempre frutto dellaprogrammazione di unbravissimo automa che hamesso in ordine tassello dopotassello questo no. La vita è unascoperta su se stessi e sugli altri,una scoperta che continua: percui non c’è stata una mia sceltache – sia da un punto di vistapersonale sia professionale –abbia esattamente portato nelladirezione in cui mi sareiimmaginato”.

Approfittiamo subito della suadisponibilità chiedendole diraccontare ai lettori de “LaSveglia” le tappe del suopercorso professionale“Sono nato nel 1960 a Tagliuno,capoluogo e sede comunale diCastelli Calepio: un posto chemagari non è fra i più chiusidella Bergamasca, perché haun’uscitaautostradale edèsulladirettricecheportaal lagod’Iseo;però è pur sempre un paesino a20 chilometri da Bergamo, a 30da Brescia, a 70 da Milano.Forse è stato proprio per farmiuscire dall’ambiente un po’

ristretto del paese che i genitorimi hanno fatto frequentare lescuole medie inferiori a Sarnico,un centro già un po’ più grandee più aperto, e poi hanno fatto ditutto per mandarmi al“Sant’Alessandro”.Ricordo quelli del liceo comeanni fra i più felici della mia vita;probabilmente perché non erocostrettoadammazzarmidi stu-dio visto che me la cavavo, e poiperché ero in una classestupenda con la qualecontinuiamo regolarmente aritrovarci.Successivamente la vita è stata,

nel bene e nel male, un po’ piùcomplicata. Mi sono diplomatonel ‘79 allo Scientifico; subito misono poi iscritto ad Architetturaperchémipareva ilmigliormododi coniugare un desiderio dicreatività con l’acquisizione diun sapere tecnico che misembrava desse più garanzie.Già allora non sapevo – e nonl’ho capito ancora adesso – sefosse meglio coltivare i mieisogni piuttosto che da buonbergamasco andare sul sicuro,un passettino dietro l’altro. Hosempre cercato di contemperarele due cose e devo dire che di

esperienze negative non ne hofatte tante.Però, una volta superati quattroesami ad Architettura, ho decisodi passare a Economia: non aBergamo però – perché c’eraanche un po’ di malcelatoorgoglio nel non voler tornarecon i vecchi compagni un annoindietro – ma alla Bocconi.Alla fine mi laureo in finanza:avrebbe potuto essere la cartavincente per la mia carrieraperché a metà degli anni ‘80stavano esplodendo i cosiddetti“derivati” – opzioni, future eprodotti del genere – che adessosono sulla bocca di tanti ma cheallora erano in pochissimi aconoscere. E invece di coltivarela mia laurea, cerco subito lapossibilità di fare un master:sempre con addossoun’inquietudine strana, che nonhoancorabencapitosesia finitao dove mi porterà ancora.E allora faccio questo master inmarketing e comunicazione,dubbioso se cogliere fino infondo le prospettive che miavrebbe aperto o entrareimmediatamente in azienda. Omeglio: entro a Rti, l’azienda cheraggruppava le reti Fininvest(poi confluita in Mediaset), nonmi convinco che sia il postoidealeperme, tornoa lavorare inuna multinazionale, poi dinuovo mi colgono altri dubbi edecido di tornare.Di nuovo in Fininvest ho fattoesperienze a tutto campo: nelsenso che non parlo benissimole lingue, però evidentemente lacapacità di relazione che avevomi ha subito indirizzatoall’estero. Così ho passato moltimesi in Polonia a gestire ilpalinsesto di “Polonia 1”, molti

Giovanni ModinaEcco la mia tivù

Il direttore di

Canale 5

ripercorre le tappe

della sua carriera

e spiega come

funziona una rete

alberto pesenti palviscontinua alle pagine seguenti

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mesi in Turchia a gestire quellodi “Kanal D”; mi sono dedicatoper parecchio tempo allerelazioni con imercati esteri, conl’Irlanda e addirittura con laRussia ai tempi di Gorbaciov;poi mi sono occupato di market-ing e di cinema, in particolare diMedusa, che adesso è diventatala più grande casa didistribuzione italiana”.

Nell’aprile 2001 lei èdiventato direttore di Canale5. Che cosa trova di specificonel dirigere un’aziendaradiotelevisiva rispetto adaltri contesti aziendali, deiquali ha avuto esperienzaprima di entrare a Rti?“Guardi, non lo so perché laposizione del direttore di rete ètalmente anomala (in Italiasiamo in sei o sette) che è difficilefare confronti. Le posso dire solociòchepensoavreipotuto fare inun altro contesto. Ammettiamoche la mia carriera fosse andataaltrettanto bene fossi rimastonel settore finanziario cosapotrei essere adesso? Forse ilresponsabile della “merchantbank” interna di un grossogruppo bancario. Fossi rimastoin una multinazionale, oggipotrei forse essere un direttoredi area, qualcosa come il capodella Nestlè in Sudamerica. Dueposizioni abbastanza vicine almio precedente ruolo aMediaset, quello del direttore dicoordinamento.Adesso ricopro un ruolo moltopiù “pubblico”, molto più rivoltoverso l’esterno, nel quale ancheil fatto di tenere o meno certeposizioni su piccole polemicheche ci riguardano fa trasparireuna certa fisionomiacaratteriale, una certaformazione,uncerto tipodi idee.L’essere arrivato a una direzione

di rete ha insomma “stravolto”un po’ la mia figuraprofessionale: ringrazio chi miha scelto per questo ruolo, ilquale comporta però lanecessità di doti, qualità ocomunque di un atteggiamentoche prima non ritenevo né diavere né che fosse nelle miecorde. Non mi ci trovo malecome temevo, ma mi sto ancorachiedendo se è esattamente ciòper cui sono più adatto”.

Possiamo parlare un po’ ditelevisione? Non tanto delgiudizio che tutti ce nepossiamo fare da spettatori,ma piuttosto di “comefunziona” una rete comeCanale 5, come si arriva alprodotto che entra nellenostre case“Faccio una piccola premessa ditipo economico. Siamo in unasituazione di “quasi duopolio”nel quale il nostro principaleantagonista – quello che unavolta era il monopolista, la Rai –si era nel corso del tempo, perragioni che non avevano nientea che fare con il mercato,organizzato in tre reti, le qualiavevano piano piano assuntouna fisionomia diversa. Anchechi ha deciso di contrastare ilmonopolio Rai ha pensato che lavia più facile fosse quella diopporsi negli stessi modi,quantitativamente e forse anchequalitativamente: ed è nataMediaset, composta anche daqui tre reti con tre fisionomie di-verse.Ecco dove volevo arrivare: perfar funzionare tre reti comefossero aziende diverse, in unasituazione come quella delmercato italiano, non si può perragioni di efficienza lasciare chegiochino la loro partita in totaleautonomia. Diventa necessariauna struttura organizzativacomplessa che prevedel’autonomia delle direzioni, maimpone alle direzioni di rete e alcontrollo editoriale l’utilizzo degli“staff” a matrice orizzontale, cioèdi servizi aziendali in comune. Aparte quelli di carattere generale– le risorse umane, i servizi

generali, il legale,l’amministrazione e controllo, lafinanza, tipici anche delle altreaziende multiprodotto emulticanale – noi abbiamo inpiù degli staff peculiari: leproduzioni interned’intrattenimento, le produzionifiction, gli acquisti dei diritti edelle fiction, la gestione dellerisorse artistiche e l’ufficio mar-keting.Questo fa sì che il nostroprocesso decisionale sia moltocomplesso, perché partendo daun indirizzo determinatodall’editore e da chi interpreta levolontà dell’editore in termini dirisultato, cioè dai direttori direte, bisogna poi entrare in uncircolo virtuoso di carattereeconomico che c’impone diandare a cercare i prodottiprima all’interno dell’azienda,poi all’esterno nelle realtà concui abbiamo rapportiprofessionali più sviluppati; esoltanto in casi o di emergenza,o di particolare euforia dicambiamento, fuori da questicanali.Come avviene allora il processo?In prima battuta rivestono unruolo importante gli uominidella finanza e del controllo, chedevono tenere sotto controllo ilcorso del titolo nelle borseinterne e internazionali. Aquesto scopo fissano parametridi redditività, considerano leprospettive a medio-lungotermine del titolo, esaminano lastruttura dei costi e dei ricavi efanno tutte le valutazionitecniche.Unaseconda fasevede l’ingressodella nostra concessionaria dipubblicità, Publitalia `80, laquale ai dettami dei finanziaririsponde con una verifica difattibilità, valutando lasituazione di mercato, pesando ifattori esterni che possonocomplicare o migliorare ilquadro, esaminando leprospettive del mercatopubblicitario.A questo punto tocca a noi,editore, valutare, con le risorseche abbiamo a disposizione,

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quale tipologia di palinsesti amedio-lungo termine riusciamoa fornire, ovviamentecontemperando le esigenzecontrattuali (per quantoriguarda sia gli artisti, sial’acquisto dei diritti dei prodottistranieri, sia gli impegni sullefiction) e il risultato che ciaspettiamo in termini di “share”,di percentuali di ascolto.Mescoliamo il tutto per valutarese le esigenze di tutti sonosoddisfatte oppure se la copertarisultadaqualcheparte cortae –dovesse risultare corta – chideve fare il sacrificio. Siamo allafase numero tre: il direttore direte con i suoi diretticollaboratori decide ilpalinsesto, cioè laprogrammazione stagionale”.

Dalla sua descrizione ricavo lastrana impressione che ilruolo del direttore di rete, perquanto importante, siacondizionato da tanti vincoli.Resta comunque un marginesoddisfacente di autonomia?“Resta senz’altro, nel senso chequelli descritti sono, più che verivincoli, le condizioni per sedersial tavolo: come le regole che unoaccetta quando gioca a carte o simette alla guida.In questo quadro il ruolo delladirezione di rete rimanecomunque fondamentale. E’dalla gestione quotidiana dellecose, anche piccole, così comeimpostata dalle diverse figure didirezione che si sonoavvicendate, che emergono unindirizzo editoriale eun’immagine pubblica dellarete. C’è chi ad esempio è più ungestore di risorse, chi è più uncreativo, chi è più orientato aprivilegiare l’aspetto informativoe chi al contrario è più unesperto di televisione nel sensodi diritti, fiction e cose delgenere. Alla lunga questedifferenze di impostazionediventano evidenti e un espertole nota benissimo”.

Comevienegestitalapartegiornalistica?

“Per legge la parte giornalisticanon dipende dalla direzione direte quanto a contenuti, ma

soltantoquantoacollocazione. Ildirettore del Tg5, EnricoMentana, è responsabile nonsolo del telegiornale, ma anchedi “Verissimo”, “Terra” e di tuttigli “speciali” giornalistici.Mentanadipendedamesolopergli orari dove iopotrei decideredicollocarlo: però la strutturagiornalistica, il Tg5 in sostanza,è totalmente indipendente dameperchéper legge il giornalistadev’essere svincolato dallarappresentanza dell’editore”.

Come nasce un programma diCanale 5? Quanto tempopassa dall’idea alla sua messain onda?“Proviamo a fare l’esempio di unprogramma d’intrattenimento.L’idea può avere tre partenze di-verse: ci può essere un nostrocollega della strutturad’intrattenimento interna che,direttamente o tramite i suoiresponsabili, viene a presentarelasua ideadiprogramma;cipuòessere il contatto che – direttocon le direzioni di rete o mediatodalla strutturad’intrattenimento – ci vieneproposto da un fornitoreesterno; ci può essere l’ideacreativa partente dal nostrointerno e commissionata aesterni o a interni.Diciamo che il primo “step”, cioèquello di una possibilevalutazione positiva delprogetto, viene superato;s’ipotizzano una scaletta, uncast, una collocazione oraria e,se tutto appare fattibile,s’ipotizza una qualche forma di“test”: una prova che può essere“non in onda” – si realizza unnumero zero e lo si fa testare adei gruppi qualitativi – piuttostoche un vero “speciale” in onda.Dall’inizio sono passati a questopunto da due a tre mesi.Mettiamo che il test sia andatobene: in vista della preparazionedei palinsesti della stagionefutura (a meno di essere inemergenza nella stagione incorso) interpelliamo le personedel nostro controllo di gestioneinterno, analizziamo la strutturadei costi sulla tipologia ipotizzata– sei, otto, dodici puntate – e

valutiamo esattamente icontratti che dovremo stipularecon autori, registi, artisti: se stanei binari di budget definitil’anno prima, e se ci pareinteressante come propostaalternativa di palinsesto, lainseriamo nellaprogrammazione. A quel puntosi parte”.

Che cosa succede quandofinalmente il programmaviene messo in onda? Se irisultati non soddisfano puòessere sospeso? Se hasuccesso viene riproposto inun maggior numero dipuntate, si studiano dellederivazioni?“I casi in cui sbagliamodrammaticamente le aspettativedi ascolto sono molto rari edipendono,piùchedaunnostroerrore di valutazione, da uncambio nella programmazionedella concorrenza che perragioni di alchimie particolarimagari ci penalizza.Vere e proprie sospensioni di unprogramma ne ho viste non piùdi cinque o sei in tutta la miaesperienza. Può però succedereche il risultato non sia all’altezzadelle aspettative: ciò significache con la fine della stagione ilprogramma non verrà piùriproposto, o che potrà passaresu un’altra rete o in un’altra fas-cia oraria. Se invece ilprogramma fosse andato cosìcome ci si aspettava – è il casopiù frequente – entrerà a farparte del “magazzino idee” chenoi continueremo a tenerepresente, fino ad esaurimentodel ciclo di vita, per l’utilizzo neipalinsesti. Ultima ipotesi: se ilrisultato d’ascolto fosse statoassolutamente superiore alleaspettative ci troveremmo difronte a un “problema” in sensopositivo, e la soluzione potrebbeessere un allungamento del

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ciclo di vita o uno sfruttamentopiù ravvicinato e veloce, anchecon “cloni” e filiazioni immedi-ate.Lei ha sotto gli occhi il fatto chela Gialappa’s Band ha potutofare un programma come “Maidire Grande Fratello” proprioperché “Grande Fratello” hacostituito per noi un elementoimportante del palinsesto. Nonsi può definire propriamente un“clone” però tra virgolette, mipassi il termine, è unprogramma che “si ciba” di“Grande Fratello” e checomunque, senza l’argomentoprincipale, avrebbe dovutotrovare altre connotazioni”.

Possiamo fare un confrontotra la televisione italiana equella degli altri paesi? Ingenerale come siamo messi?Quali sono i nostri punti diforza e di debolezza?“Mi creda: checché ne abbiascritto il “Financial Times” – inun articolo che posso peraltrocondividere per alcuneosservazioni – non siamocertamente peggio degli altri,anzi! Conosco bene la tivù deglialtri paesi. Quella americana èdiventata più che altro unagrande vetrina dei propriprodotti, come un grande canaledi televendita per il mercatoestero. Programmano quasiventiquattr’ore al giorno le serieche loro stessi produconoperché possano essere “testate”di frontealpubblicoamericanoevendute. Per loro è piùimportante l’introito dellavendita dei prodotti sui mercatiterzi dell’introito pubblicitario,cosa paradossale per unmercato grande come gli StatiUniti.Anche guardando all’Europanon abbiamo secondo metroppo da invidiare agli altri. Unpo’ per lo sciovinismo dei

francesi e un po’ per lecaratteristiche di chiusura de-terminate dalla lingua inglese(che fa sì che si ricevano soloprodotti parlati in inglesepiuttosto che ridoppiati), mipare che le altre televisioni sianopiù “resistenti” delle nostre aiprodotti che vengono dall’estero.Nel complesso, le dicofrancamente chel’intrattenimento in Italia non èsecondo me né migliore népeggiore – certamente non èpeggiore – che sulle altretelevisioni.Quanto all’informazione, ritengogià una garanzia il fatto cheabbiamo sette telegiornali sullediverse reti: sono d’accordo chela Bbc inglese faccia buoninotiziari e per certi aspetti –come la presenza di inviati ingiro per il mondo – costituiscauna struttura ragguardevole,perònoncredoche l’Italia si troviin una situazione così “terribile”.La varietà di opinioni politicheche si registra nei notiziari dellediverse reti, e soprattuttol’obbligatorio distacco dalla lineaeditoriale nel gestire i diversitelegiornali, mi paionosufficiente garanzia dipluralismo.Per ciò che riguarda le fiction,non solo acquisiamo quanto dimeglio ci sia sul mercatointernazionale, ma produciamoanche a buoni livelli: nessuno inEuropa e nel mondo – è unacosa incredibile – produce per ilsolo mercato televisivo a uncosto orario alto come il nostro.A noi “Ferrari” è costato quantoun film americano, e tuttavia ilsuo unico sbocco è stato laprogrammazione nellatelevisione italiana: un prodottodi questo valore gli altri loprogrammano ma soprattutto lovendono. Noi no”.

Lei ha detto poco fa di nonsentirsi molto a suo agio neipannidel “guru”chesavedereil futuro Vorrei però chiederleugualmente qualche scenarioda qui a qualche anno: comesarà il sistema televisivo, cheofferta avremo?

“La grande novità a livellotecnico è quella del digitale, nonci sono dubbi. Faccio però unaconsiderazione: gli eventitelevisivi non si creano soloperché dal punto di vista tecnicoavremo la possibilità di avereun’enormità di canali. Ilproblema è e sarà sempre di piùil prodotto.Guardi, su questo punto sonomolto critico forse perché sonodi posizioni un po’ vecchie:quando per ragioni televisive sisono moltiplicati gliappuntamenti, per esempioquelli sportivi, gli appuntamentistessi hanno perso di richiamo.Non possiamo aumentare adismisura il numero degliappuntamenti solo perchédall’altra parte c’è disponibilitàdi emissione. Temo però che siandrà comunque su questastrada: senon lodovessimo fare,la grandissima disponibilità diofferta tecnica si accompagneràcomunque all’impossibilità difare dei veri e propri canali conun contenuto vero.Allora quale scenario sipotrebbe verificare? Unagrande disponibilità teorica dicanali tematici con però pochepunte di offerta vera: magari cisaranno canali che 24 ore su24 daranno “a rullo” i telefilmdegli anni ‘60, altri cheallestiranno tanti piccoli“Grande Fratello” permonitorare in continuità unavia della città, come letelecamere dei grandimagazzini, altri cheripeteranno tutta la storiadella televisione, senzaconsiderare che poi anche imateriali di deterioranoinsomma non so con cosaandremo a riempire tuttiquesti nuovi canali”.

alberto pesenti palvisndr. Il testo integrale dell’intervista

può essere letto sul sito degli Ex Allievi

www.exsantalex.it alla rubrica “Le

interviste di Alberto Pesenti Palvis”.

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Quando parla dei suoicani-bagnino ha una voceforte e sicura. Come se lepersone salvate in tutta Italiapotessero sentirlo. Dai bambi-ni strappati dal mare che se listava per inghiottire nel ‘94 aMarina di Massa ai marinairecuperati dalla barca inprocinto di schiantarsi controgli scogli a Zoagli, in Liguria.Fino al contributo offerto loscorso novembre allepopolazioni bergamaschealluvionate, quando i suoi canihanno trascorso nelle stanzedella Prefettura una notteintera, pronti ad intervenire incaso di bisogno.Merito di Ferruccio Pilenga,seriatese di 42 anni, ex alunnodel Sant’Alessandro (maturitàscientifica nel ‘79), che nell’89ha fondato, e ne è tuttora pres-idente, la Scuola italiana caniSalvataggio (Sics) con sede aSeriate e centro diaddestramento a Sarnico: lapiù grande organizzazionenazionale dedicata allapreparazione dei cani e dei loroconduttori per il salvataggio inmare e nelle acque interne.Un’associazione divolontariato che dipende daprefettura, dipartimento di

protezione civile e guardiacostiera a seconda del tipo diemergenze.Il traguardo raggiunto è laquota di cento unità cinofilebrevettate in servizio costante,per lo più terranova, labradore golden retriver: i primi cani asperimentare il salvataggiotuffandosi dall’elicottero, che èuna “macchina da tempesta”.Quest’anno Ferruccio Pilengaha fondato anche la Squadraitaliana cani salvataggio,operativa 24 ore su 24, proprioin una terra, quellabergamasca, coperta quasiinteramente da montagne.Un fatto straordinario? Perniente. Basti pensare aisalvataggi raccontati daFerruccio Pilenga: storie tantospettacolari da essersiritagliate un posto di assoluto

rilievo sulla stampa e le tv dimezzo mondo. Vedi lamareggiata a Marina di Massa,ricostruita negli States emessa in onda da DiscoveryChannel. O il salvataggio aZoagli, pubblicato sul “ReaderDigest” e poi ripreso da unatroupe canadese per girareuno speciale sui cani-bagnino.“La cosa che più mi avevaentusiasmato era che ildocumentario fossenientemeno che per NationalGeographic e in più che laproduzione volesse proprio lastoria del mio primo terranovaMas”.Quell’impresa non mostra solo

al mondo il lavoro coraggiosodei cani, ma in seguito divienelo spunto per girare uno spotpubblicitario su cibo per cani,commissionato da una grandeditta americana: “La scenefurono ricostruite sul lago diIseo, a Riva di Solto, con ondeartificiali per quelle in acqua –ricorda l’istruttorebergamasco - Quasi unatempesta perfetta dove il mionuovo Mas doveva lavorare dasolo, lanciarsi dall’elisoccorso,prendere in bocca la cima dellabarca per trarla in salvo contutti gli occupanti”. Qualchecambiamento e poi di nuovoaltri ciak. Si gira ancora.Questa volta per la Rai,protagonisti nel “Pianeta delleMeraviglie” condotto da LiciaColò.E’ finita? Certamente no. Ilnostro Ferruccio è affascinatoda una leggenda. Quella chenarra dei terranovaperfettamente a loro agio suivelieri da dove nei secoli scorsisi lanciavano senza paura nelmare in burrasca perrecuperare un uomo a mare.Sarà vero? “E’ proprio così –conferma Pilenga – con ilregista della stessatrasmissione Rai nel 2001siamo saliti sulla Palinuro: unveliero stupendo con trealberi, 160 uomini diequipaggio, un capitano moltodisponibile, tre labrador esette terranova che hannopotuto emulare i loro antenati.Erano tranquillissimi e ilsalvataggio compiuto dalterranova Alyssa è statoperfetto. Ora vorrei riprovarcisull’Amerigo Vespucci”.E magari fra un secoloFerruccio Pilenga saràricordato non solo per leimprese dei suoicani-bagnino, ma anche comecolui che per primo riuscì ariportare i terranova sui veliericon le vele spiegate al vento.

teresa capezzuto

Meglioun cane

perbagnino

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Ferruccio Pilenga,seriatese di 42 anni,ex alunno delSant’Alessandro,nell’89 ha fondato laScuola italiana caniSalvataggio con sedea Seriate e centro diaddestramento aSarnico: la più grandeorganizzazionenazionale dedicataalla preparazione deicani e dei loroconduttori per ilsalvataggio in mare enelle acque interne.

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Ci stimola ad alcuneconsiderazioni la recente

uscita di un agile libretto daltitolo “Veleni – Intrighi e delittinei secoli” scritto a quattromani per la casa editrice “Lelettere” da due tossicologiforensi dell’università diFirenze, Francesco Mari edElisabetta Bertol.Per il suo carattere infingardo,per il suo agire di sottecchi, atradimento, per il rifiuto diesporsi in prima persona daparte dell’assassino,l’avvelenamento è da sempreconsiderato il peggiore tra idelitti. Una legge romana,risalente all’imperatoreAntonino Pio, è chiara alproposito: “È più graveuccidere un uomo con ilveleno che con la spada”.In tempi di diffuso fervorereligioso, il tossicorappresenta l’essenza stessadel demoniaco. A precisarne icaratteri nel corso dei secolisono le sue caratteristiche, lasua evoluzione, la sua stessavocazione. Infatti, la viabattuta da avvelenatori,fattucchiere, apprendististregoni è stata quella dirincorrere un veleno semprepiù in grado di rendere“naturale” la dipartita deldisgraziato da eliminare. Eccoallora il farsi largodell’arsenico che, grazie allesue caratteristiche, viene benpresto eletto “principe deiveleni”: l’arsenico è difattisolubile, incolore, ma,soprattutto, insapore.Aneddoti storici percorronotrasversalmente la storia deltossico: la mortedell’imperatore Arrigo VII diLussemburgo avvenuta conl’avvelenamento dell’Ostiasanta ricevuta per mano di unfrate; la carta da parati cherivestiva la camera da letto diNapoleone a Sant’Elena e che

all’insaputa delle teorie deltempo conteneva unpigmento verde all’arsenicoresponsabile della probabile elenta intossicazionedell’Imperatore; l’acqua diGiulia Tofana colpevole dellamorte di oltre 600 personenella Roma papalina del XVIIsecolo.La scienza, che permea ogniistante della nostra vita, si èfatta largo nel corso dei secolianche per questa strada:l’opera degli avvelenatori èdiventata via via più difficileprima con la nascitadell’autopsia, poi con la provabiologica. In più, grazie allascienza, il nostro costume si èrivoluzionato: nuovi metodihanno scalzato l’indignazione,la paura di ciò che è diverso, ilsospetto e tutti gli altricampanelli di allarme che inpassato segnalavano edecretavano la presenza di unavvelenatore. Seguire le

vicende del veleno nel corsodei secoli significa gettare unosguardo alla storia da unadiversa angolatura.Come si è modificata lagiurisprudenza, la morale, laletteratura, l’arte in generaledinanzi all’urgenza di porrefine a ogni tipo di veneficio?Masoprattutto: oggi lascienzasembra poter ogni cosa etuttavia come tutto ciò che èumano anche la scienzapoggia su delle premesse che,come tali, nonsono invincibili.È intorno a questefondamenta che bisognagettare più di uno sguardo: dalì, da quel crinale sottile, ilveleno di domani potrà crearsiun varco, con il rischio allorache tutte le nostre difese lotrovino ancora una volta, perun’altravoltaancora, incolore,insapore e inodore.

giovanni caldara

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IL PRINCIPE DEI VELENI

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Il mio lavoro di fisico, specializzatonello studio della fusionetermonucleare controllata, mi portaspesso in giro per il mondo perintervenire a conferenze specifiche oper collaborare con istituti di ricercasimili a quello del C.N.R. (ConsiglioNazionale delle Ricerche) in cuilavoro a Milano. Una di questecollaborazioni è con il Centro diRicerche di Culham, vicino ad Ox-ford, dove è in funzionel’esperimento più interessante per ilmio campo di ricerca: il JET.Questo è un tokamak, unastruttura toroidale, dove gliatomi leggeri di idrogeno sonoionizzati da un riscaldamentoelevatissimo, cioè gli elettroni egli ioni di questi atomi vengonoseparati.L’idrogeno passa allora allostato di Plasma, quarto statodella materia, e la fusione diquesti nuclei può esserepossibile, generando cosigrandi quantità di energia,come quelle sviluppate nel solee che ci permettono di vivere. Ilfatto che queste energie sianodi molto superiori a quelle cheattualmente si possonoottenere dai processiinversi di separazione diatomi pesanti (fissionenucleare) o dallacombustione delcarbone portano apotenziare la ricercascientifica nel campodella fusione in cuiopero anch’io.Per me questo è unlavoro moltointeressante, che, comedicevo, mi obbliga adassentarmi da casa perperiodi anche superiorial mese. Pertanto, avolte, sono costretta aportare con me anchemio figlio Jacopo,attualmente alunnodella II media sez. C delSant’Alessandro. Ecco

perché alla fine del 2002Jacopo mi ha accompagnatoper la seconda volta inInghilterra, dove per due mesiha frequentato la ScuolaEuropea di Culham, adagiatain una tranquilla campagnainglese solcata dal Tamigi apochi Km da Oxford. É stataper entrambi un’esperienzapositiva: per me continuava adessere un momentoprofessionale importante diconfronto e collaborazione conaltri colleghi non solo inglesi, eper mio figlio un nuovomomento di crescita, giàsperimentato due anni prima,quando frequentava la quintaelementare. Per tutti e due si ètrattato pertanto di ritrovareposti e persone già noti, capacidi farci sentire a nostro agio dasubito.Nei fine settimana abbiamovisitato non solo Londra (ilBritish Museum, tappapreferita di Jacopo, la NationalGallery, la Tower Hill,Westmister Abbey,Westmister Cathedral e tantealtre zone interessanti

scoperte preferibilmente apiedi), ma anche l’Oxfordshirecon l’incantevole vallata delTamigi e del Cavallo Bianco, eregioni limitrofe come ilCotswolds con le sue dolcicolline non lontano da Bath,famosa per le sue termeromane, Gloucester con la suaAbbazia dallo splendidochiostro, Stonhenge con i suoinoti monumenti megalitici.Per me erano tutti posti giàvisti più volte, ma per Jacoposi è trattato di conoscereluoghi che solo in Inghilterra sipossono trovare: soprattuttola calma quasi irreale e fuoridal mondo delle campagne edei tipici villaggi con le casecon i caratteristici tetti dipaglia. Una delle cose che hastregato di più mio figlio sonostate però le chiese, che inogni paese, grande o piccoloche sia, sono circondate dacimiteri semplici ma `veri’.Lapidi di pietra e tanto verdeintorno: la pace lì diventaquasi palpabile.Anche questa volta, alla finedel nostro soggiorno, ci è

dispiaciuto molto lasciarequesto angolo di Inghilterra,che conoscevamo sempre dipiù ed apprezzavamo, senzafare i soliti confronti conl’Italia.Credo che ogni paese vadaamato per quello che è espero che in futuro Jacopopossa fare ancora altreesperienze analoghe, perché sonoconvinta che il confrontarsi conaltri modi di pensare, di vivere e distudiare non è affatto retorica, maun concreto e costruttivo tipo discuola.

silvana nowak

ricercatrice presso l’Istituto di Fisicadel Plasma

del CNR di Milano

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Una mamma del Sant’Alessandro ci parla della sua attività presso il C.N.R.

In Inghilterra per la fusione nucleare

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Nasce un pc raffreddato aliquido con migliori

prestazioni rispetto altradizionale sisyema diraffreddamento ad aria. Sichiama Icecore (dall’inglese“Hi score” rende bene il doppiosenso di “punteggio massimo”quanto a prestazioni e di“nucleo di ghiaccio” per ilmantenimento di unatemperatura più bassarispetto ai normali sistemi) edè la macchina progettata,elaborata e assemblata daFabio Zambelli di CenateSotto, 20 anni, ex allievo delcollegio vescovileSant’Alessandro.Il prototipo è stato presentatoproprio dall’inventore nelnegozio di Trescore dovelavora nell’ambitodell’informatica e a breveFabio Zambelli ne chiederàl’esclusiva per la Bergamasca.Da circa quattro mesi unaditta americana, che ha anchefiliali europee, ne ha avviato laproduzione in blocco a livelloindustriale. Ma il prototipomesso a punto da Fabio è piùfunzionale rispetto a quellistatunitensi, perché hadimensioni molto ridotte. Più omeno è un cubo di 40 x 35centimetri. “Il mio sistemasarebbe l’ideale perapplicazioni scientifiche cherichiedono grafica altamenteavanzata o per le aziende chetengono acceso il pc tutto ilgiorno – spiega Fabio Zambelli-.Ma come funziona questamacchina? “In pratica è unimpianto a liquido a circuitochiuso con scmbiatore dicalore, un impianto diverso daquello comunementeinstallato, dove ilraffreddamento invececonsiste in un dissipatore adaria attivo abbinato ad unaventola che ruotando generaun rumore elevato. chiarisce -.

Io ho sostituito il dissipatorecon uno scambiatore di calorein rame dove viene fattacircolare, grazie all’ausilio diuna pompa idraulica, unasoluzione composta in buonaparte da acqua distillata che siimmette poi in un radiatoredal corpo radiante in rame equindi è rimessa in circolodalla pompa”.Già da piccolo Fabio avevamesso a punto dei progetti,però nell’ambito

dell’elettronica. Poi vengono itempi del liceo alSant’Alessandro, dove affina leproprie capacità:“L’esperienza del liceo mi èservita per mettere a puntoquesto progetto, parlo delleconoscenze di fisica e digeometria – ricorda Fabio -. Ungrazie va quindi al mioinsegnante, DomenicoGualandris ma anche al pre-side monsignor Achille Sana,per la sua disponibilità”.

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Fabio Zambelli ha messo a punto un sistema di raffreddamento a liquido

Il computer dal cuore di ghiaccio

Alice Gamba espone a BerlinoDare una nuova vita agli

oggetti che vengono scartati,per creare pezzi d’arredamentounici: èquesta lapassionechehaportato Alice Gamba (ndr. exallieva), studentessadell’Accademia Carrara diBergamo, ad essere selezionatacome unica artista italiana peresporrealRestCycingArtFestivaldi Berlino. L’evento, giuntoquest’anno alla 2ª edizione, siterrà nella capitale tedesca il 24 eil 25 maggio e vedrà lapartecipazione di 50 artistiinternazionali, esperti in pittura,scultura, disegno, moda e graf-fito, il tutto con l’utilizzo dimateriali poveri di riciclo e diriuso, come lattine o bottiglie diplastica.Nato come evento mediatico peraccrescere la sensibilità delpubblico nei processi di riuso e diriciclo dei contenitori di consumoe di imballaggio ed evitare glisprechi, il Festival ha tuttaviaassunto lo status di vero eproprio evento d’arte. E lei, Alice,ventunenne bergamasca chefrequenta il quarto annodell’Accademia di belle arti, saràla prima italiana in assoluto avedere esposte le proprie opere inquella che è diventata la galleriad’arte ecologica per eccellenza.Tanto che il viaggio sarà a caricodell’ambasciata italiana aBerlino. “Quello che faccio è

prendere i materiali che la gentebutta in discarica e, dopo averlilavati e ripuliti, rimodellarli perdar loro nuova vita sotto forma dioggetti d’arredamento - spiegaAlice - Con questi materiali creotavoli, poltrone, divani.., tuttoquello che può arredare unambiente.La partecipazione al Festival diBerlino è nata per gioco: stavonavigando in Internet per cercaremateriale per la mia tesi, quandocasualmente sono finita nel sitodel RestCycling Art Festival. Holetto il bando di concorso e misono iscritta, spedendo tutto ilmateriale richiesto a Berlino.Pochi giorni fa mi è arrivataun’e-mail in cui micomunicavano che facevo partedei 50 artisti accettatiall’esposizione.E’ una bella soddisfazione, masoprattutto è una grandeopportunità per farmi conoscereanche all’estero (...). Ma ci saràanche la possibilità, per ciascunodei partecipanti, di poter portarea Berlino ed esporre una decinadi proprie opere, che potrannoessere vendute a prezzi compresitra 1 e 100 euro”. Attenti dunquea ciò che buttate dalla finestra:potrebbe rientrare in casavostra per la porta principale.

simona gauri da Il Giorno

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La sveglia maggio 2003

NOTIZIE DALLA SCUOLA

Notizie in breve• La prof. Marta Recalcati ed il marito Enrico

Nusiner hanno adottano Samreedhi, unabambina indiana di un anno.

• Rette per il prossimo anno scolastico2003-2004: Scuola Media con settimanatradizionale 2.895, Scuola Media consettimana corta 3.450, Biennio 3.490,Triennio 3.595.

• La Scuola Media ha vinto il concorso didatticodi Coin “Aspettando Natale...” Ha ricevuto inpremio cento volumi che sono stati donati allaBiblioteca del Collegio.

• Mons. Achille Sana è stato nominato Rettoredella nuova scuola media istituita dall’Opera S.Alessandro a Villa d’Adda.

• Giovedì 19 dicembre è nata Sara, prima figliadella prof. Cristina Baccanelli e di LucaMonguzzi, entrambi ex allievi.

• Venerdì 17 gennaio Xavier Jacobelli, direttoredel Corriere dello Sport-Stadio, è stato ospitedegli studenti della Scuola Media.

• Carlo Allevi e Susi Grassi hanno superato lafase eliminatoria della gara di matematica“Kangourou” e accedono alla finale nazionale diMirabilandia il 6-7 maggio.

• Mercoledì 26 marzo il Sant’Alessandro haconquistato il titolo provinciale di Pallamanobattendo Dalmine (15-5) e Treviglio (12-9).

• Edy Poloni e Carlo Vizzardi hanno ricevuto unamenzione d’onore per la partecipazione alCertamen Classicum di Clusone, gara ditraduzione dal latino in italiano.

• Sono 80 gli studenti che affronteranno iprossimi Esami di stato (nel 2002 erano stati66): 61 dello Scientifico (+13) e 19 del Classico(+1).

• Sabato 31 maggio si disputerà il “X GranPremio Donadoni” sul classico percorso di 6.6km da Ponte Giurino a Berbenno.

• Susi Grassi, dopo aver dominato la fased’istituto e quella provinciale delle Olimpiadidella matematica 2003, affronterà per laquarta volta consecutiva la finale di Cesenaticodall’8 all’11 maggio. Per la finale si è qualificatoanche Federico Rossi.

• La squadra del Sant’Alessandro, capitanata daSusi Grassi, si è qualificata al secondo postonella gara nazionale dei Giochi a squadre diMatematica disputata l’8 aprile 2003.

Un sfida per i genitoriRiforma Moratti. Quale sarà il ruolo deigenitori? A questi quesiti ha dato risposta ilpreside Luigi Roffia, in servizio all’exProvveditorato di Bergamo (Centro serviziamministrativi) a chiusura di un ciclo diincontri organizzato a marzo in Collegiodall’Agesc del Sant’Alessandro, guidato dallasignora Marcella Vernice Ruggeri, che èanche vicepresidente del consiglio d’istituto.Durante l’incontro è emerso in particolareche i genitori devono cogliere una grandesfida: “L’autonomia offre l’opportunità aigenitori di sentirsi dentro la scuola,facendosi portatori di bisogni educativi a cuii docenti devono rispondere attraverso levarie discipline – ha sottolineato Roffia –Scuola e famiglia devono educare insieme,ciascuna non abdicando al proprio ruolo”.Proprio la filosofia dei genitori delSant’Alessandro: “L’iniziativa è natadall’esigenza dei genitori di approfondire ledinamiche e le problematiche adolescenziali,il rapporto tra genitori, figli e scuola – precisala signora Ruggeri – Tutto ciò è stato resopossibile anche grazie alla disponibilità delpreside, monsignor Achille Sana, che credenella presenza dei genitori per un loro forteprotagonismo nella scuola”.

teresa capezzuto

S.O.S per “La Sveglia”Al momento in cui va in stampa questonumero de “La Sveglia”, sul conto correntedell’Associazione degli Ex allievi sonodepositati 287 euro, mentre per la solacellofanatura e spedizione ne servonocirca 500! A nome dell’Associazioneringrazio coloro che costantemente cifanno pervenire la loro offerta e invito tuttigli Ex allievi a fornire suggerimenti per lasoluzione di questo annoso problema.Scrivete a Eugenio Donadoni email:[email protected]. GrazieC/C N. 17088246Associazione degli Ex Allievi delCollegio Vescovile S. Alessandro ViaS. Alessandro 49, 24100 Bergamo

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La Redazione: Teresa Capezzuto, Gianpietro Masserini, Alberto Pesenti Palvis. Disegni di Stefano Savoldelli. Segretario di

La sveglia maggio 2003

Uniti, ciò comporterebbeuna crisi definitiva delsistema di amministrazionedella pace e sicurezzamondiale, che, dalla finedella IIª Guerra Mondialesino ad oggi, è stata affidataalla gestione edall’amministrazione delleNazioni Unite. Lacaratteristica di un sistemamultilaterale, quale quellodelle Nazioni Unite, è che ledecisioni che concernono lasicurezza globale sono presein conformità con regolepredeterminate e se leNazioni Unite dovesserolegittimare il fatto che unasola nazione, l’unica cheperaltro risulta avere la forzamilitare per farlo, imponga invia preventiva la propriadecisione, il sistema sarebbefatalmente distrutto.Né vi è motivo che unanazione si rechi a dibatterealle Nazioni Unite, a menoche riconosca che ledecisioni politiche siano ilprodotto di unanegoziazione e di undibattito genuini e pertantoriflettano gli interessi di piùPaesi partecipanti alsistema.Va peraltro ricordato chequesta non è certo la primavolta che si dà inizio ad unconflitto, senzaautorizzazione del Consigliodell’ONU, per poi ratificarne,a posteriori, la legittimità epertanto, ad oggi, il sistemamultiglobale è sì in crisi, macertamente non in pezzicome, da più parti, si è detto.

Certamente il conflitto in Iraqed il dibattito svoltosi neimesi precedenti al 20 marzo,provocheranno una seriariflessione finalizzata arivedere ed aggiornare isistemi di funzionamento econtrollo del Consiglio diSicurezza, soprattuttomettendo in luce l’arcaicosistema del diritto di veto e laforte dipendenza delleNazioni Unite da interessi,più o meno palesi, di ordinepiù economico cheumanitario. Il problema veroche oggi emerge è che solo unorganismo che la comunitàglobale accetti comelegittimo può credibilmenteesprimere giudizi allorché visiano abusi e violazioni deidiritti umani tali dagiustificare un’azione di

polizia internazionale e adoggi, fate salve le necessarierevisioni sui meccanismi difunzionamento, l’unicosoggetto legittimato sono leNazioni Unite.Bisognaaugurarsi che questoconflitto a ciò sia servito, chegli Stati Uniti riconoscanoche una posizioneisolazionista èassolutamente dannosa eche la vicenda irachena nonpuò essere un modello perinterventi futuri ed infine,che la comunità globale iniziad elaborare nuove regoleche si possano applicareallorché l’abuso dei dirittiumani giustifichi un’azionedi polizia contro gli “Staticanaglia”.

fabio marazzi

docente dell’università di Bergamo

L’Onu ha un futuro?dalla prima

ULTIMA PAGINA

via ad una grande opera direstauro. Sì, proprio unrestauro, il primo esempio direstauro di un edificiomoderno, che utilizzeràtecniche ingegneristiche maiprovate in Italia. Le linee guidainfatti sono l’unico paragonepossibile: quello del “Palazzo diVetro” dell’ONU a New York nonva dimenticato infatti che il Pirelliè tutt’oggi la torre ad uffici incalcestruzzo più alta del mondo;un “limite strutturale” di 127,10metri ideato dalla genialità di GiòPonti negli anni ‘50 e maieguagliato proprio perché troppovicino ai limiti massimi consentitidalle leggi della fisica. Solo ilmetallo infatti dà la sicurezzanecessaria nell’edificazione delletorri una volta superati i 100metri d’altezza.Il grattacielo rimarrà chiuso fino alla fine

del 2004 e sarà sottoposto ad opere

strutturali di recupero che spaziano dal

colossale remake della facciata continua

a vetri, alla ridefinizione degli spazi

interni sullo stile delle linee progettuali

dello stesso architetto studiate per la

Pirelli negli anni ‘60. I dipendenti,

nuovamente sottoposti allo stress del

trasloco verso la nuova sede provvisoria

di Via Taramelli (zona Pola/Lagosta),

aspettano ora fiduciosi l’esito di questo

maquillage, sperando di poter presto

rivedere il simbolo di Milano guarito

dalle ferite e pronto per rappresentare

nuovamente e degnamente la Regione

Lombardia nel mondo.

Il ricordo del 18 aprile 2002 invece, così

come quello delle nostre amate colleghe

scomparse, ci accompagnerà per sempre,

ormai marchiato a fuoco nel nostro cuore.

nicola angelini

Pirellone 18 aprile 2002: Lassù c’ero anch’iodalla quarta