UN CUORE APERTO OLTRE LE PAURE SANKALPA · 2019. 1. 31. · DALL’EREMO 4 Carissimi, non vi sembri...

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UN CUORE APERTO OLTRE LE PAURE DALL’ASSOCIAZIONE PAg. 8 ANDARE AVANTI DALL’EREMO PAg. 4 CON LO SgUARDO AL CIELO CÀ DELLE ORE PAg. 22 SCOMMETTIAMO SULLA gIOIA CON IL MONDO PAg.29 CON L'OCChIO DEL CUORE TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE SANKALPA ONLUS ANNO XVII - N. 2 DALLE DIPENDENZE ALLA LIBERTÀ SANKALPA

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UN CUORE APERTO OLTRE LE PAURE

DALL’ASSOCIAZIONE

PAg. 8

ANDARE

AVANTI

DALL’EREMO

PAg. 4

CON LO SgUARDO

AL CIELO

CÀ DELLE ORE

PAg. 22

SCOMMETTIAMO

SULLA gIOIA

CON IL MONDO

PAg.29

CON L'OCChIO

DEL CUORE

TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE SANKALPA ONLUS ANNO XVII - N. 2

DALLE DI PEN DENZE ALLA LI BE RTÀ

SANKALPA

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EREMO DI S. PIETROSituato tra le verdi colline di Mason Vic. tra ulivi, vi-

ti e ciliegi, è un luogo di pace e silenzio, di serenità eraccoglimento, di ricerca spirituale e meditazione. Iprimi cenni della sua esistenza risalgono al 1293 edopo varie alternanze di custodia, arriva a questa or-mai semi-distrutta chiesetta, nel 1983, Padre Ireneoda gemona, frate francescano, che con devozioneed impegno, con l’aiuto di tanti volonterosi, ha ridatovita all’antica costruzione. Nel tempo è diventato uncentro di spiritualità e di accoglienza dove si può fa-re esperienza di preghiera e raccoglimento, di incon-tri individuali e di gruppo, formazione umana espirituale, condivisione...

è il “cuore” che pulsa e nutre tutte le attività fon-date da P. Ireneo e che da qui sono partite.

ASSOCIAZIONESANKALPA

L’Associazione Sankalpa nasce nel giugno 2000 pressol’Eremo di S. Pietro a Mason Vicentino con due attività:presso la Comunità terapeutica “Cà delle Ore” di Breganzee presso l’Eremo di S. Pietro. Poi, per rispondere piena-mente ai principi fondamentali cui si ispira “l’uomo è natoper ricevere doni e diventare a sua volta dono e per risco-prire la sua essenza e impegnarsi nell’umanizzazione” leattività si sono sempre più ampliate. Ad oggi siamo impe-gnati nella Comunità, all’Eremo, nella realizzazione com-pleta del giornale Sankalpa, con aiuti verso Bosnia, Brasile,Africa, India, Betlemme ed Ecuador nelle raccolte e distri-buzioni di generi di prima necessità, nelle raccolte fondicon mercatini, cassettine presso esercizi del territorio,adozione di progetti a distanza e sensibilizzazione indivi-duale e quanto ancora troveremo sul nostro cammino.

FRATERNITÀ S. FRANCESCOCOMUNITÀ CA’ DELLE ORE

Nasce nel 1981 per volontà dei Frati Minori Veneti come comunità di accoglienza,si evolve poi come Cà delle Ore cooperativa sociale nel 1984 per gestire l’omonimacomunità terapeutica per il recupero e la riabilitazione di persone affette da di-pendenza da sostanze ed alcool. La comunità è situata sulle colline dell’alto vicentino,a Breganze (VI), in una struttura ampia ed accogliente immersa nelle prealpi venete.Sono accolti sino ad un massimo di 25 utenti residenziali, mantenendo nel profilodi “piccola comunità” un rapporto tra numero di utenti e operatori basso, perfavorire un approccio il più possibile individualizzato e personalizzato. Il progettoterapeutico riabilitativo Sankalpa, mira alla rinascita del soggetto ad una nuova vitanella sua interezza di uomo, proponendo un approccio di ampio respiro, che trovale sue radici nella visione francescana della vita e nella psicologia transpersonalee sistemico-costruttivista. Il progetto Sankalpa prevede un percorso individualizzatodi psicoterapia personale e di gruppo, integrato con una serie di attività psicocor-poree, culturali e educative, anche esterne alla comunità, nonché incontri con lefamiglie, e fase per il reinserimento lavorativo e follow up dopo la dimissione.

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3SANKALPA

DALLA REDAZIONE

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DALL’EREMO

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Carissimi, non vi sembri una stranezza il proporvi – in questo numero estivo della rivista – il testo di una canzone diFiorella Mannoia.

Spesso la leggo e la rileggo e trovo sempre qualche spunto positivo per alzare gli occhi e guardare il Cielo…Fatelo anche voi… vi farà certamente bene!Buona Estate

P. Ireneo

Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfettaPer quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspettaSiamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta

Tenersela stretta

Siamo eterno, siamo passi, siamo storieSiamo figli della nostra verità

E se è vero che c'è un Dio e non ci abbandonaChe sia fatta adesso la sua volontà

In questo traffico di sguardi senza metaIn quei sorrisi spenti per la strada

Quante volte condanniamo questa vitaIlludendoci d'averla già capita

Non basta, non bastaChe sia benedetta

Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfettaPer quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspettaSiamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta,

a tenersela stretta

A chi trova se stesso nel proprio coraggioA chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio

A chi lotta da sempre e sopporta il doloreQui nessuno è diverso, nessuno è migliore

A chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finiscequando vivi davvero

A chi resta da solo abbracciato al silenzioA chi dona l'amore che ha dentro

Che sia benedettaPer quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfettaPer quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspettaE siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta

A tenersela strettaChe sia benedetta

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5SANKALPA

DALL’EREMO

UNA PAgINA DI DIARIO

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DALL’EREMO

Un bambino nel buio della sua cameretta pregava Diodicendo: “Dio mio, sono sceso in un posto in cui nes-suno va mai, e ho scoperto che in quel posto Tu non

ci sei. Com'è grande la mia solitudine e la mia angoscia,perchè quel luogo è il luogo dove più Ti vorrei, quel luogo èil mio piccolo e tremante cuore. Subito Dio, nella sua infinitamisericordia esaudì la sua preghiera andando ad abitare icuori di tutti gli uomini, verificando così le parole pronunciateda quel bambino. Il cuore è un posto dove nessuno va mai.Da quel giorno Dio vive nel cuore di ogni uomo e chi vuolevolgere lo sguardo verso quel luogo deve prima avere persoogni recriminazione per tutto ciò che sta fuori per giungerecosì al suo cospetto libero e sincero, mosso solo da un profondodesiderio di libertà e di pace.Questa storiella, come tante altre tramandate dalle varie

tradizioni popolari di tutto il mondo sta a indicare chel'uomo è fatto da Dio e per Dio e “l'anima, che aspira atrovarlo deve uscire dal creato per entrare in se stessa erestarvi in un raccoglimento così profondo che tutte lecreature per lei scompaiono” (Benedetto XVI 20 giugno2012) . “Signore – diceva Sant'Agostino – non ti trovavoperché male ti cercavo: ti cercavo fuori, e tu eri dentro”. Dio è dunque nascosto nel cuore, ed è là che va cercato.

Meditazione è una parola che deriva dal latino e significa“stare medio”, o “stare al centro” e la parola contemplazioneha lo stesso significato, “stare nel tempio” (con Dio), iltempio del nostro cuore, il centro del nostro essere. Lameditazione quindi si può definire come un pellegrinaggio

dalla mente al cuore. Quando meditiamo infatti siamoimmobili, nel corpo, nella mente e nello spirito, cioè nelsilenzio, spostando la nostra attenzione dal mondo esternoal mondo interiore, totalmente aperti alla “presenza”, sco-prendo piano piano, che questa presenza è dolcezza, bel-lezza, misericordia, compassione, in una sola parolaamore...Dio! Ripetendo la parola “Maranathà”, vieni Si-gnore, l'attenzione, piano piano, si sposta dalle distrazioniesterne, pensieri, preoccupazioni, paure, ecc. a una con-sapevolezza interiore che ci consente di percepire sussurriinteriori che solo il silenzio ci permette di cogliere. La co-stanza, la perseveranza e la coerenza nella pratica medi-tativa, passo dopo passo, alimentano il coraggio di lasciareandare le proprie sicurezze, le proprie certezze, le proprieconvinzioni, per abbandonandosi a una fede semplice,che non fa tanti ragionamenti, che non cerca spiegazioni,ma affonda le sue radici nella certezza che la volontà diDio per me è la mia realizzazione come persona, questoè il mio bene supremo, un bene che va oltre la mia com-prensione umana, che va oltre la mia intelligenza e chesolo il silenzio può svelare.In questo silenzio, in questa pura presenza, senza aggettivi

o definizioni, giungiamo a comprendere che meditare si-gnifica semplicemente “essere”, essere ciò che già siamo,creature di un Dio che si chiama amore e questa scopertaè una esperienza di gioia indescrivibile, che nessuna parola,nessun ragionamento potrà mai spiegare.

Miriam

DOVE SI è NASCOSTO DIO?

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7SANKALPA

DALL’ASSOCIAZIONE

Negli ultimi sessant’anni il mondo è molto cambiato.Il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisiche dalla speranza di un futuro migliore con la de-

terminazione di volerlo perseguire.C’è la crisi economica, la crisi della famiglia e di modelli

sociali consolidati, c’è una diffusa crisi delle istituzioni, lacrisi dei migranti….. Tante crisi, che celano la paura e losmarrimento profondo dell’uomo contemporaneo. Ma iltermine crisi non indica solo “un brutto momento da su-perare”, perché il verbo greco da cui deriva significa inve-stigare, vagliare, giudicare. Il nostro è un tempo didiscernimento che ci invita a vagliare l’essenziale e a co-struire su di esso: è un tempo di sfide e di opportunità. (daldiscorso di Papa Francesco ai leader europei nel 60° anni-versario della firma dei trattati di Roma)Purtroppo il più delle volte la parola crisi viene usata più

che altro per demoralizzarci, manipolarci, controllarci, perspeculare… ma non dobbiamo cadere in questo tranello,dobbiamo prendere in mano la nostra vita giorno dopo gior-no ed impegnarci nella costruzione di un futuro migliore apartire dall’uomo e dai valori fondamentali. Guardandociintorno, tutto quello che accade in ogni ambito, dagli attentatialla lentezza della burocrazia, dai rapporti interpersonalidominati ed oscurati dagli aridi mezzi di comunicazioneagli inquinamenti di ogni genere, dall’immoralità imperante

ad ogni forma di dipendenze ecc. ecc. tutto, ma proprio tuttociò che non funziona, è una conseguenza della mancanzadei valori fondamentali, è il fallimento dell’uomo che haperso per strada il senso della propria esistenza.Abbiamo la capacità ed il potere di agire per il meglio (op-

pure no) e per quanto difficile ed impegnativo possa essere,è solo operando che potremo possedere ciò che saremo staticapaci di costruire.“I nostri atti quotidiani devono produrre una realtà capace

di rafforzare la nostra umanità, la fede nella giustizia, di raf-forzare la nostra fiducia nella nobiltà dell’animo umano e so-stenere tutte le nostre speranze per una vita gloriosa per tutti.… Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostraora”. (dal discorso di insediamento pronunciato da NelsonMandela a Pretoria il 10 maggio 1994)Quindi rimbocchiamoci le maniche, guardiamo in alto e

dentro di noi, prendiamo tutte le nostre capacità e poten-zialità, mettiamoci al lavoro rapidamente senza scuse e senzapaure, e partecipiamo, anche con i più banali gesti quotidiani,a migliorare questo meraviglioso mondo, mettendo al centrodi ogni azione, di ogni decisione, di ogni pensiero, l’uomo,con i suoi bisogni, con la sua dignità, con i suoi diritti (e isuoi doveri) non individualistici, ma per il perseguimentodi un bene comune. Solo così potremo avere un uomo mi-gliore, una donna migliore, un mondo migliore!

TEMPO DI COSTRUIRE

di Armida galasso

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DALL’ASSOCIAZIONE

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NOTIZIE…

“La gioia e l’amore sono le aliper le più grandi imprese”

(J.W. Goethe)

Domenica 23 aprile presso l’eremo sì è concluso ilcorso di meditazione dei principianti con S. Messa epranzo di fraternità. Una mattinata di serena condivi-sione del percorso meditativo, vera e propria terapiaper l’anima e per il corpo.La meditazione continua libera ogni venerdì sera alle

ore 20,30.Mercoledì 26 aprile presso l’Eremo si è

tenuto un incontro di aggiornamento-for-mazione, per i volontari, sui problemi delledipendenze che auspichiamo possa ripetersicon altri approfondimenti. La formazioneè stata condotta dal dott. Giovanni Carollodirettore della Comunità Terapeutica. Laserata è stata molto interessante ed ha offertonumerosi spunti di riflessione.

Se ti trovi per caso a passare tra leverdi colline dell’Eremo… ti potràcapitare di udir tante voci cantare…son le voci dei nostri bambini… conl’aiuto di mamma e papà… preganDio e Maria con tanta felicità.

Lunedì 1 maggio solenne apertura estivadel Santuario di Sant’Anna a Salcedo. Dal-l’apertura del Santuario e fino al Transitodi S. Francesco d’Assisti a Sant’Anna ci sarà: ogni Martedì, ore 5,30 Rosario e ore 6,00

S. Messa;ogni domenica, S. Messa alle ore 19,00ogni terza domenica del mese la S. Messa

sarà animata dal gruppo Fraternità.

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DALL’ASSOCIAZIONE

9SANKALPA

La somma raccolta da donazioni di privati pro terremoto delle Marche, aseguito anche di quanto ci è stato suggerito dal Provinciale del Nord Italiadei frati minori Padre Mario Favretto, è stata devoluta per procurare deglialloggi provvisori ai frati degli otto conventi e delle rispettive Chiese distruttedal terremoto; questo per permettere che questi frati rimangano tra la gentedel posto e possano portare loro conforto. Un aiuto concreto cui diamo ilnostro supporto ricordandoli anche nelle nostre preghiere.

È ripresa all’Eremo di S. Pietroogni domenica mattina alle07,30 “la preghiera del mattino”bellissima opportunità per apri-re i nostri cuori a Dio nel silen-zio, nella pace e nella serenitàdi questo luogo, per fermarsi eripartire con la gioia e l’armoniache la preghiera lascia nel cuorepronti ad affrontare la nuovagiornata e la nuova settimanacon rinnovato slancio.

Il 21 maggio abbiamo ricevutole gradite visite di due nostri amici:Angela Seracchioli, autrice della gui-da “Di qui passo Francesco”, unaguida dettagliata a piedi sulle stradedi Francesco dai luoghi più cono-sciuti a quelli meno famosi ma al-trettanto affascinanti, fondatricedel nuovo progetto “la Ruah” unostello ad Assisi per accogliere ipellegrini, oltre che preziosa colla-boratrice del nostro giornale; ed ilpoliedrico artista Antonio Gregolinideatore di mostre originali e uni-che nel suo genere sulle scarpe.Gregolin attraverso le sue esposi-zioni si propone di “lasciare rac-contare la storia proprio alle scarpe:se la vita è un cammino, nessunacosa più delle scarpe può narrarestorie di vita…”.Li ringraziamo di cuore e a en-

trambi auguriamo di continuare adesplorare, sognare e scoprire.

Domenica 28 mag-gio si è tenuta l’Assem-blea ordinaria dei socidell’Associazione San-kalpa con la presenta-

zione del bilancio e resoconto delle attività svolte.È stato un incontro molto bello, sereno e di pienacondivisione che ci ha rimesso tutti in movimentocon rinnovato entusiasmo e passione.Approfittiamo per ringraziare anche tutti gli amici

che ci seguono e ci aiutano in vari modi per la rea-lizzazione dei nostri progetti.

Sabato 6 maggio, alla nostra consueta raccolta ali-mentare si è aggiunta la partecipazione di volontaridell’Associazione A.R.Pa di Lecco. Parte dei prodottiraccolti è stata loro donata in quanto mensilmente or-ganizzano carovane di convogli di generi di prima ne-cessità destinati ai campi profughi e centri di assistenzadi Bosnia ed Erzegovina. È stata un’intensa giornata di collaborazione proficua

e condivisione di obiettivi comuni: uscire da noi stessie dare un po’ del nostro tempo, della nostra vita alle po-polazioni più bisognose perché è questo che Gesù vuoleda noi. Tra gli altri volontari dell’Associazione ci hafatto una gradita sorpresa la visita di Alberto Boni-facio, grande e umile servo di Maria Regina dellaPace, anima dell’Associazione A.R.Pa a cui dedica dapiù di 35 anni tutto il suo tempo libero per organizzare i convogli disolidarietà.

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DALL’ASSOCIAZIONE

CCari fratelli e sorelle, buongiorno! Nell’immi-nenza della solennità di Pentecoste non possiamonon parlare del rapporto che c’è tra la speranza

cristiana e lo Spirito Santo. Lo Spirito è il vento che cispinge in avanti, che ci mantiene in cammino, ci fa sentirepellegrini e forestieri, e non ci permettedi adagiarci e di diventare un popolo “se-dentario”. La lettera agli Ebrei paragona la spe-

ranza a un’àncora (cfr 6,18-19); e a questaimmagine possiamo aggiungere quelladella vela. Se l’àncora è ciò che dà allabarca la sicurezza e la tiene “ancorata” tral’ondeggiare del mare, la vela è invece ciòche la fa camminare e avanzare sulle ac-que. La speranza è davvero come una ve-la; essa raccoglie il vento dello SpiritoSanto e lo trasforma in forza motrice che spinge la barca,a seconda dei casi, al largo o a riva. L’apostolo Paolo conclude la sua Lettera ai Romani con

questo augurio: sentite bene, ascoltate bene che bell’au-gurio: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, diogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per lavirtù dello Spirito Santo» (15,13). Riflettiamo un po’ sulcontenuto di questa bellissima parola. L’espressione “Dio della speranza” non vuol dire soltanto

che Dio è l’oggetto della nostra speranza, cioè Colui chesperiamo di raggiungere un giorno nella vita eterna; vuoldire anche che Dio è Colui che già ora ci fa sperare, anzici rende «lieti nella speranza» (Rm 12,12): lieti ora disperare, e non solo sperare di essere lieti. E’ la gioia disperare e non sperare di avere gioia, già oggi. “Finché c’èvita, c’è speranza”, dice un detto popolare; ed è vero ancheil contrario: finché c’è speranza, c’è vita. Gli uomini hanno

bisogno di speranza per vivere e hanno bisogno delloSpirito Santo per sperare. San Paolo – abbiamo sentito – attribuisce allo Spirito

Santo la capacità di farci addirittura “abbondare nellasperanza”. Abbondare nella speranza significa non sco-

raggiarsi mai; significa sperare«contro ogni speranza» (Rm 4,18),cioè sperare anche quando vienemeno ogni motivo umano di spe-rare, come fu per Abramo quandoDio gli chiese di sacrificargli l’unicofiglio, Isacco, e come fu, ancora dipiù, per la Vergine Maria sotto lacroce di Gesù. Lo Spirito Santo rende possibile

questa speranza invincibile dandocila testimonianza interiore che sia-

mo figli di Dio e suoi eredi (cfr Rm 8,16). Come potrebbeColui che ci ha dato il proprio unico Figlio non darciogni altra cosa insieme con Lui? (cfr Rm 8,32) «La spe-ranza – fratelli e sorelle – non delude: la speranza nondelude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostricuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato»(Rm 5,5). Perciò non delude, perché c’è lo Spirito Santodentro di noi che ci spinge ad andare avanti, sempre! Eper questo la speranza non delude. C’è di più: lo Spirito Santo non ci rende solo capaci di

sperare, ma anche di essere seminatori di speranza, diessere anche noi – come Lui e grazie a Lui – dei “paracliti”,cioè consolatori e difensori dei fratelli, seminatori di spe-ranza. Un cristiano può seminare amarezze, può seminareperplessità, e questo non è cristiano, e chi fa questo nonè un buon cristiano. Semina speranza: semina olio disperanza, semina profumo di speranza e non aceto di

LA SPERANZA CRISTIANALO SPIRITO SANTO CI FA ABBONDARE

NELLA SPERANZA

PAPA FRANCESCOUDIENZA gENERALE

Mercoledì, 31 maggio 2017

Più volte papa Francesco ci ha parlato della speranzae continua a farlo, perché senza di essa si cede al pessimismo

e si diventa cristiani che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi.

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11SANKALPA

DALL’ASSOCIAZIONE

amarezza e di dis-speranza. Il Beatocardinale Newman, in un suo discor-so, diceva ai fedeli: «Istruiti dalla no-stra stessa sofferenza, dal nostrostesso dolore, anzi, dai nostri stessipeccati, avremo la mente e il cuoreesercitati ad ogni opera d’amore versocoloro che ne hanno bisogno. Sare-mo, a misura della nostra capacità,consolatori ad immagine del Para-clito – cioè dello Spirito Santo –, e intutti i sensi che questa parola com-porta: avvocati, assistenti, apportatoridi conforto. Le nostre parole e i nostriconsigli, il nostro modo di fare, la no-stra voce, il nostro sguardo, sarannogentili e tranquillizzanti» (Parochialand plain Sermons, vol. V, Londra1870, pp. 300s.). E sono soprattuttoi poveri, gli esclusi, i non amati adavere bisogno di qualcuno che si fac-cia per loro “paraclito”, cioè consola-tore e difensore, come lo SpiritoSanto fa con ognuno di noi, che stia-mo qui in Piazza, consolatore e di-fensore. Noi dobbiamo fare lo stessocon i più bisognosi, con i più scartati,con quelli che hanno più bisogno,quelli che soffrono di più. Difensorie consolatori! Lo Spirito Santo alimenta la spe-

ranza non solo nel cuore degli uomi-ni, ma anche nell’intero creato. Dicel’Apostolo Paolo – questo sembra unpo’ strano, ma è vero: che anche lacreazione “è protesa con ardente at-tesa” verso la liberazione e “geme esoffre” come le doglie di un parto (cfrRm 8,20-22). «L’energia capace dimuovere il mondo non è una forzaanonima e cieca, ma è l’azione delloSpirito di Dio che “aleggiava sulle ac-que” (Gen1,2) all’inizio della creazio-ne» (Benedetto XVI, Omelia, 31maggio 2009). Anche questo ci spin-ge a rispettare il creato: non si puòimbrattare un quadro senza offenderel’artista che lo ha creato.Fratelli e sorelle, la prossima festa

di Pentecoste – che è il compleannodella Chiesa - ci trovi concordi in pre-ghiera, con Maria, la Madre di Gesùe nostra. E il dono dello Spirito Santoci faccia abbondare nella speranza.Vi dirò di più: ci faccia sprecare spe-ranza con tutti quelli che sono piùbisognosi, più scartati e per tutti quel-li che hanno necessità. Grazie.

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DALL’ASSOCIAZIONE

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DON MILANI

CCi sono coincidenze che non pos-sono essere considerate tali. A 50anni dalla morte di don Milani la

Mondadori, a maggio, ha pubblicato tuttigli scritti del prete toscano nella collana deiMeridiani. È una cosa riservata ai grandidella letteratura o comunque a persone dinotevole spessore intellettuale. Questo ri-conoscimento sarebbe già un rendere giu-stizia per le difficoltà incontrate da donMilani nel suo cammino. Ma un gesto si-gnificativo viene anche da papa Francescoche ha programmato di salire a Barbianail 20 giugno per pregare sulla tomba di que-sto prete oggetto di emarginazione da partedelle autorità ecclesiastiche del tempo.Con la chiarezza, la determinazione e il

coraggio che lo contraddistinguono, dauomo di grande fede qual è, papa France-sco parla di misericordia, perdono, amore,ma anche giustizia.Nei suoi discorsi più volte ha citato don

Milani e ha detto: “La sua inquietudine nonera frutto di ribellione, ma di amore e tene-rezza per i suoi ragazzi, per quello che erail suo gregge, per il quale soffriva e combat-teva per donargli la dignità che, talvolta, ve-niva negata. La sua era un’inquietudinespirituale alimentata dall’amore per Cristo,per il Vangelo, per la Chiesa, per la societàe per la scuola che sognava sempre più come‘un ospedale da campo’ per soccorrere feriti,per recuperare gli emarginati e gli scartati”. La citazione dell’ospedale viene dal libro

“LETTERA A UNA PROFESSORESSA”frutto di una scrittura corale con i suoi al-lievi.Dopo un’analisi approfondita della scuola

vengono evidenziate le seguenti manche-volezze:-La scuola è di classe quando consolida

le diseguaglianze socio economiche e cul-turali presenti nella società.

-Non fornisce i mezziaffinché studenti “di-versi” abbiano comun-que successo a scuola.-La scuola è come un ospedale che cura

i sani e respinge i malati.-A quelli che sembrano cretini bisogne-

rebbe dare la scuola a tempo pieno, aglisvogliati dare uno scopo.Come suggerimenti il libro propone di

investire di più dove le condizioni sono piùdifficili, dare più attenzione alla formazionedei docenti e maggiori agevolazioni comele borse di studio.Per fortuna alcuni di questi problemi so-

no stati risolti, altri però se ne sono aggiunti;quindi molto rimane ancora da fare.La scuola deve dare a tutti “la chiave per

tutti gli usci” cioè la dimestichezza con lalingua italiana indispensabile per pensareed esprimersi. “Perché andare a scuola si-gnifica aprire la mente e il cuore alla realtà,nella ricchezza dei suoi aspetti” - sono paroledel priore di Barbiana.Una personalità complessa, quella di don

Milani. La forza delle sue idee e del suooperato gli derivavano anche dal ceto so-ciale e dalla cultura.Senza mai dimenticare il desiderio di

aderenza alle parole del Vangelo.“Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché

ho bisogno più volte alla settimana del per-dono dei miei peccati e non saprei da chi al-tro andare a cercarlo quando avessi lasciatola Chiesa”. Come educatore, insegnante sarebbe ri-

duttivo, ha percorso sentieri originali eavanzati, talvolta difficili da comprenderee per questo spesso si attirò critiche aspre.Ma lo animava l’amore per quei ragazzipoveri, emarginati, ai quali nel suo brevetestamento scrisse: “Ho voluto più bene avoi che a Dio, ma ho speranza che lui nonstia attento a queste sottigliezze e abbia scrit-to tutto al suo conto”.

DA LEggEREa cura di Paola Cremonese

BIOgRAFIA DI DON MILANI

(1923-1967)

Nato a Firenze in una fami-glia della buona borghesia in-tellettuale e anticlericale, lamadre originaria da ebrei boe-mi.Nel 1930 si trasferiscono da

Firenze a Milano dove Lorenzocompie i suoi studi iscrivendosiinfine all’Accademia di Brera. Nel 1943 il giovane decide di

convertirsi aiutato dall’incontrocon don Raffaele Bensi e verràcresimato dal cardinale EliaDalla Costa che rimarrà finoalla morte il suo direttore spi-rituale. Entrato in seminarioben presto si scontra con lamentalità della curia, rivelandoil suo dissenso a manierismi eregole obsolete.Ordinato sacerdote nel 1947

fu mandato prima a Monte-spertolo, poi a san Donato diCalenzano (Fi) come aiuto delparroco. Qui fonda una scuolaserale per operai e contadinidella parrocchia.Nel 1954 fu nominato priore

di Barbiana, un piccolo borgodi montagna, quasi un esiliofrutto degli screzi con la curiafiorentina.A Barbiana inizia il tentativo

di scuola a tempo pieno e spe-rimenta la scrittura collettiva.Solo pochi giorni prima di

morire torna a Firenze dovemuore nel 1967 e il suo corpoè tumulato nel cimitero vicinoalla chiesa di Barbiana, sepoltocon l’abito talare e gli scarponida montagna.In vita ha pubblicato sola-

mente due libri: Esperienze pa-storali (1958) e appena un mesedopo la morte Lettera a unaprofessoressa (1967). Ha lasciatoinnumerevoli scritti e due epi-stolari, uno che raccoglie la cor-rispondenza con la madre e unaltro con vari amici e persona-lità dell’epoca.

Eraldo Affinati è risultato finalista al premio Strega 2016 con il libro SULLE STRADEDI DON LORENZO MILANI con sottotitolo L’uomo del futuro.Una biografia che è anche una riflessione sulla scuola e i suoi problemi, un dialogo con

se stesso e una ricerca dell’eredità spirituale del priore di Barbiana.Edito da Mondadori, pag. 171, euro 18,00.

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DALL’ASSOCIAZIONE

13SANKALPA

SStamattina ho chiamato l’ufficio che avrei tardato unamezz’ora. Oggi ho bisogno di sostare un attimo nel si-lenzio di casa, ho bisogno di riflettere, ho bisogno di

interiorizzare e anche di gioire.Ieri c’è stata la consegna dei pacchi a casa Santa Chiara,

che emozione!Non sono di ‘primo pelo’ in queste chiamiamole, espe-

rienze.Fin dall’adolescenza mi sono dedicata al volontariato con

le associazioni parrocchiali. Ho conosciuto mio marito in un campo di lavoro dove

eravamo presenti gran parte dell’estate. Abbiamo condivisocon volontari provenienti da tutta Italia un pezzo della nostravita con grandi progetti, tanto lavoro, amicizia e allegria.Eppure stamattina ho un groppo in gola.Scorro con il pensiero i volti di ieri e inevitabilmente mi

emoziono perché anche ieri per tutti noi è stata una grandelezione di vita.Per chi ci vede nell’atto di farlo, la consegna dei pacchi è

materiale, nella immediata gestualità; per chi invece lo fa,

con una mano consegni e con l’altra ricevi.Ricevi dalle persone chiamate con un numero, per motivi

di giusta privacy, ma di cui conosci il volto e le emozioni.All’inizio timidi e schivi prendono il pacco e se ne vanno,

alcuni anche con vergogna, altri dicendo che prendono ilpacco per il vicino.A chi piacerebbe questa situazione?Con il tempo si fermano un po’ di più, raccontano qualche

aneddoto, i più spigliati una barzelletta, alcuni le loro diffi-coltà. Altri non parlano ancora, vedi negli occhi la sofferenza;non avrebbero mai pensato di trovarsi così.Una persona ci ha confidato che le prime volte viveva que-

sto giorno con grande nervosismo ma ora aspetta la datacon gioia come fosse ogni volta Natale contenta di trovareil necessario consegnato con simpatico calore.Ritengo di non fare grandi cose, certamente grandi cose

avvengono in me e aspetto anch’io il giorno della consegnacon gioia, come fosse Natale

Francesca

DIAMO NOI A TE, O SEI TU ChE DAI A NOI?

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DALL’ASSOCIAZIONE

Per informazioni: [email protected] (Alberto Bonifacio) Tel. 0341/368487Il nostro sito: www.associazionereginadellapace.org

Su Facebook: pellegrinaggi di carità

Sabato 6 maggio abbiamo vissuto una bellissimaesperienza di collaborazione tra due grandi realtà:l’Associazione Regina della Pace di Pescate (Lecco)

e la vostra splendida Associazione Sankalpa.Con vero piacere accolgo l’invito che mi è stato fatto

di mettere nero su bianco le mie impressioni sulla gior-nata trascorsa insieme. Mi spiace soltanto che le mie pa-role non saranno sufficienti a descrivere pienamente lebelle ed appaganti emozioni vissute.Alberto, Paolo ed io siamo partiti di buon mattino con

il nostro furgone, per questa nostra inedita “missione”in terra veneta. Lo scopo principale della giornata era,molto concretamente, riempire il furgone!!La nostra Associazione organizza da quasi 26 anni, al-

meno una volta al mese, dei convogli umanitari in BosniaErzegovina, allo scopo di venire incontro alle necessitàdi tanti nostri fratelli bisognosi che sono in condizioniprecarie a causa di una guerra orribile, terminata da oltrevent’anni, ma le cui conseguenze sono ancora molto evi-denti. Alberto ha voluto chiamare questi viaggi “pelle-grinaggi di carità”, in quanto si tratta anzitutto di unaesperienza spirituale e di preghiera, che si svolge peròcon una modalità del tutto inconsueta, perchè buonaparte del tempo viene impiegata in attività molto concretecome quella di guidare o scaricare un furgone.Peccato che per poter scaricare un furgone, prima devi

averlo riempito! Ma purtroppo nella nostra zona di Leccosono davvero pochissimi i supermercati che ci dannol’autorizzazione per effettuare le collette alimentari.E così ad Alberto è venuta una buona idea: “Perché

non chiediamo agli amici di Sankalpa di darci una mano,chiedendo se possiamo unirci a loro in una delle tanteraccolte che fanno abitualmente?” Detto-fatto. È statodavvero commovente vedere tutta la vostra disponibilità

e generosità: praticamente avete fatto quasi tutto voi e ametà pomeriggio ci siamo ritrovati il furgone pieno. Gra-zie!!Vorrei aprire una parentesi e spendere una parola su

un tema che ricorre spesso durante le raccolte. Mentreporgo il volantino, tanti mi dicono frasi del tipo: “Manon sapete che anche in Italia c’è gente che ha bisogno?”.Certo che lo sappiamo! È vero che, Vangelo alla mano,tutti noi siamo chiamati a farci prossimi anzitutto ai fra-telli più vicini, ma è altrettanto vero che in Bosnia cisono bisogni di un altro ordine di grandezza. Sono duefacce della stessa medaglia. È la ricchezza e la libertà delmondo del no-profit che, in base alla sensibilità di cia-scuno, indirizza su strade diverse le attività benefiche incui si crede. A volte ho l’impressione che il nostro paeseresti in piedi grazie alle Onlus. Se soltanto i nostri politicise ne accorgessero….Terminata la raccolta, ci siamo recati presso l’eremo di

UNA gIORNATA DI INDESCRIVIBILE

LUCE

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15SANKALPA

DALL’ASSOCIAZIONE

S. Pietro: il tentativo era quello di fare una sorpresa a Pa-dre Ireneo, non dicendogli che c’era anche Alberto, maqualcuno deve aver fatto la soffiata….! Pensando a loro due e alle nostre due associazioni, non

credo di esagerare dicendo che, nel nostro piccolo, è statoun incontro storico ed è un grande privilegio essernestato fra i pochi testimoni. Dicevo all’inizio che le mieparole non sono sufficienti a descrivere le belle sensazionivissute: questo vale soprattutto nel tentare di raccontarequesta seconda parte della giornata. Mi porto semplicemente nel cuore quei bei momenti

in cui ci siamo messi in ascolto di Padre Ireneo: ci ha ri-volto parole cariche di speranza, che invitano ad andareavanti con coraggio, e dalle quali traspare in manieraeloquente il suo amore per Gesù e Maria. E per PapaFrancesco! Non lo conoscevo personalmente: di lui avevo solo

sentito parlare e devo dire che mi è venuto spontaneol’accostamento con la figura profetica di David MariaTuroldo, che dalle nostre parti è molto conosciuta.Concludendo vorrei aggiungere, in una nota più per-

sonale, un altro motivo che ha contribuito a far sì che

questa sia stata una giornata speciale per me. È stata laprima volta che ho avuto occasione di passare un’interagiornata insieme ad Alberto e a Paolo, ovvero l’ideatoredei pellegrinaggi di carità e colui che ne è il principalecollaboratore da ormai molti anni. Stavolta non eravamoin convoglio e quindi per recitare il Santo Rosario nonè stato necessario lo strumento che utilizziamo di solito,e cioè. il CB!!Ah, dimenticavo..…nei nostri viaggi si portano gli aiuti

e poi…si va a Medjugorje!!!Non potevo non dirvelo, anche perché monsignor Ho-

ser, il vescovo polacco inviato speciale del Papa a Med-jugorje per la pastorale, al termine della conferenzastampa del 6 aprile scorso, ha pronunciato queste testualiparole:“Voi, cari amici, dovreste essere i portatori della Buona

Novella: dite al mondo che a Medjugorje si ritrova laluce. Perché abbiamo bisogno di punti di forte luce, inun mondo che sta cadendo nell’oscurità”.

Ciao e….alla prossima raccolta!!Gerry

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LA NOSTRA BOSNIA

DALL’ASSOCIAZIONE

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Pare giusto anche a noi volontari Sankalpa, impegnatiregolarmente nei viaggi-pellegrinaggio a Medjugorjee in Bosnia-Erzegovina, raccontare da dove nasce

questa nostra attività che tanto ci impegna e altrettanto cigratifica, ma soprattutto ringraziare chi ci aiuta a renderepossibile e fattivo questo desiderio che da diversi anni cipermette di aiutare chi versa ancora in condizioni di indi-genza in un territorio la ex-Jugoslavia, che dopo aver at-traversato a fasi successive vent’anni di conflitto-se contiamocome inizio l’indipendenza semipacifica della Slovenia(1991) e per ultimi i fatti violenti che condussero all’indi-pendenza della Macedonia slava (2001)- non pare ancoraconciliato veramente con se stesso. Ovviamente esserci dappertutto, in quella terra marto-

riata, pare impossibile, anche perché nel frattempo moltealtre associazioni si sono date da fare per aiutare da vicinochi necessitava d’aiuto. Noi come associazione SanKalpaci siamo concentrati sulla Bosnia dolente che ancora oggistenta a trovare vera stabilità, uno stato sociale efficiente,e un’alternanza politica effettiva e stabile.In verità per trovare realtà ai limiti della povertà profonda,

di questi tempi non servirebbe nemmeno varcare i confininazionali, ma per noi questa missione balcanica è diventataormai una sorta di chiamata elettiva che si identifica conuna parte di noi stessi innamorata di quei luoghi. Ci appoggiamo fin dall’inizio a un’associazione dal nome

estremamente evocativo A.r.p.a associazione Regina della

Pace che nasce, stando alle parole del suo fondatore il lec-chese Alberto Bonifacio, la sera del 25 novembre 1991,dopo 5 mesi dall’inizio della guerra nell’ex Jugoslavia, chefino ad allora stava insanguinando soprattutto la Croazia,durante la trasmissione su Medjugorje che faceva a RadioMaria, ascoltata in tutta l’Italia, lanciò l’idea di un convoglioper portare aiuti ai profughi, che già pullulavano sulla costadalmata, e per raggiungere poi Medjugorje nella festa del-l’Immacolata. Certo non immaginava che quell’appelloavrebbe incontrato così tante e generose risposte, né tantomeno che dopo oltre ventiquattro anni si sarebbe trovatoa dover organizzare e guidare ancora così tanti convogli,assieme a tanti bravissimi volontari da varie parti d’Italia,pronti ad affrontare pericoli, spese e disagi di ogni genere.Per lui tutto questo è un segno evidente che quanto si stafacendo non è solo opera umana, ma volontà di Dio, ilquale ci fa dono anche della virtù della perseveranza. Dal 1991, anche se diminuita, non si è spenta la generosità

di molti amici, famiglie, gruppi di preghiera, parrocchie,enti, commercianti… e così possiamo raggiungere tantifratelli e sorelle che vivono in Bosnia ancora in condizioniassai precarie, soprattutto tra i profughi che, come ci hadetto recentemente il Ministero competente di Sarajevo,sono ancora ben 800.000 nella sola Bosnia. Abbiamo vistocon piacere che da quelle prime esperienze sono sorti altrigruppi ed associazioni che si sono impegnati come noisulle frontiere della carità. Abbiamo però visto anche molti

di Anna e Francesco

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DALL’ASSOCIAZIONE

17SANKALPA

gruppi fermarsi e sparire. Abbiamo già detto che la perse-veranza è un dono di Dio. A noi forse lo dà perché cer-chiamo di impostare i nostri viaggi come veri pellegrinaggidi fede e di carità, dando ampio spazio alla preghiera e so-stando quasi sempre una giornata a Medjugorje per unaricarica spirituale. Questo si cerca di proporre a quantipartecipano, ovviamente nel pieno rispetto di quanti nonsono animati da principi religiosi ma solo da sana solidarietàumana.Insieme agli aiuti materiali cerchiamo di portare a questi

nostri fratelli poveri un po’ di speranza, perché non si sen-tano del tutto dimenticati e abbandonati. Tentiamo di rag-giungere i più poveri senza fare distinzioni etniche oreligiose: musulmani, serbi-ortodossi (tra loro cerchiamodi avvicinare e coinvolgere la Chiesa ortodossa locale),croati-cattolici, ebrei, atei, ecc. perché siamo cattolici equindi il nostro amore non può essere settoriale, ma ap-punto “cattolico”, cioè universale.In questo modo pensiamo di portare un piccolo contri-

buto al dialogo e alla pace là dove ci sono ancora tante di-visioni, tanto odio e tanta incapacità a perdonareAncor’oggi aiutiamo i profughi e i poveri tramite i Centri

sociali di Mostar, tramite i francescani di Siroki Brijeg e diMedjugorje; così pure nei centri profughi di Dubrava (Gru-de), di Tasovcici e Domanovici (Capljina). Soccorriamovari orfanotrofi e centri di riabilitazione a: Sarajevo, Mostar,Vitez, Gracanica, Citluk, Medjugorje, ecc.. Portiamo variaiuti agli ospedali psichiatrici di Drin e di Bakovici pressoFojnica e di Pazaric a sud di Sarajevo, e a diversi altri ospe-

dali della Bosnia, che a volte sono anche sprovvisti di ciboper i degenti. Inoltre portiamo medicine presso quegliospedali o centri di medici volontari dove sono sorte far-macie per i poveri, che distribuiscono tutto gratuitamentea quanti non possono pagare. In Bosnia, per poter accederead un minimo di assistenza sanitaria, bisogna pagare un’as-sicurazione. Ma pochi possono farlo perché non c’è lavoroquasi per nessuno. Pochissime fabbriche sono state rico-struite e nessuna grande potenza sta aiutando la Bosnia.Così i poveri non possono avere le medicine, le visite me-diche, i ricoveri ospedalieri … e bisogna aiutarli.Subito dopo la fine della guerra, oltre ai musulmani e ai

croati, abbiamo cominciato ad aiutare anche le popolazioniserbe con tanti profughi e profonde sacche di povertà: nellazona di Sarajevo e di Pale in collaborazione con l’Associa-zione.Spesso andiamo nei 13 villaggi a nord di Nevesinje, tutti

distrutti, dove stanno ricostruendo qualche casa, ma hannobisogno di tutto, compresi i mobili, arredi e stoviglie, at-trezzature agricole, sementi, mucche, pecore, ecc.. Analo-gamente per altri villaggi nella zona di Doboj, a nord.Aiutiamo anche quelle situazioni di povertà che ci ven-

gono segnalate dal Ministero dei profughi di Sarajevo.Per diversi bambini di famiglie poverissime o disastrate

ci occupiamo anche di adozioni a distanza ai nostri con-vogli.Finché troviamo fratelli in situazioni di grande povertà

e di abbandono, pensiamo di continuare nel nostro impe-gno, confidando nell’aiuto di Dio e nella sua Provvidenza.

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RACCOLTA

Distribuzione “roba usata”

Come tutte le attività dell’Asso-ciazione Sankalpa anche la no-stra si regge sul volontariato, ma

dove si svolge, qual è la nostra attivitàe chi sono i volontari/e?Il luogo in cui si svolge è Casa Santa

Chiara a Mason Vicentino, casa che ciè stata messa a disposizione da generosepersone del posto. Abbiamo un po’ allavolta allestito delle stanze che vengonoadibite all’esposizione di quanto racco-gliamo.La nostra attività consiste nella rac-

colta e nella distribuzione di “roba usa-ta”, cioè raccogliamo vestiti, scarpe,stoviglie, coperte, carrozzine, libri, gio-cattoli ed ogni cosa che possa essere riu-tilizzata, la “passiamo” ossia facciamola cernita cioè vediamo che sia in ordinee la mettiamo a disposizione di chi neha bisogno.Le donazioni di chi dismette o elimi-

na roba è la nostra fonte di approvvi-gionamento e a chi ci rifornisce va ilnostro ringraziamento.Nella nostra attività, il momento che

richiede il maggior impegno nel lavoroè la cernita perché il materiale che arrivaè effettivamente tanto (e qualche volta,purtroppo, anche in disordine). Tuttoviene vagliato in base alle condizioni incui si trova quindi suddiviso per tipo:vestiario con vestiario, scarpe con scar-pe, ecc.Quanto non ci sembra essere propo-

nibile viene scartato. Se si tratta – però- di vestiario o scarpe non viene buttatoma dato agli amici dell’ “OperazioneMato Grosso” che a loro volta provve-deranno a trovargli sistemazione.Il vestiario e le scarpe tenute viene

ancora una volta suddiviso tra uomo,donna e bambino, quindi tutto espostonelle stanze di Casa Santa Chiara a di-sposizione di chi, come dicevamo pri-ma, ne ha necessità.Il primo mercoledì del mese, negli

orari previsti per la distribuzione delpacco alimentare, è possibile accedere

ai locali della casa per poter usufruiredell’usato. Ecco allora che il lavoro diquattro settimane trova il suo compi-mento: vestiti, scarpe, stoviglie, giocat-toli, tutto quanto esposto viene portatoa casa da chi è meno fortunato di noi.Questo lavoro di scelta e suddivisione

è un lavoro continuo: tutte le settimane,uno o due giorni vengono dedicati dallevolontarie/volontari a preparare il “ma-teriale” che arriva. Non è il caso di sal-tare giorni perché altrimenti il materialesi ammucchia, lo spazio che abbiamoa disposizione non è moltissimo, incompenso è moltissimo quello che civiene donato. Una volta all’anno anche la Befana

passa per Casa Santa Chiara: per l’Epi-fania le volontarie/i preparano dei pac-chi dono che in base all’età deibambini/ragazzi possono conteneregiocattoli o libri o cancelleria oltre agliimmancabili dolci. In questa occasioneun lavoro importante viene svolto daun volontario il quale, con un lavoro ti-picamente maschile, si dà da fare perchéi giocattoli che la Befana porterà sianoin ordine e funzionanti.Chi sono i volontari? Persone che de-

dicano il loro tempo per un’attività nonappariscente, un’attività che però siamocontenti di svolgere perché, come dicePapa Francesco, “Non si può capire uncristiano fermo. Il cristiano sempre deveandare avanti, deve camminare. Il cri-stiano è un uomo in cammino, unadonna in cammino, che fa sempre il be-ne, che cerca di fare il bene, di andareavanti”.Ecco, quello che facciamo vuole pro-

prio essere “cercare di fare il bene, diandare avanti”. Senza presunzione, sen-za compiacimenti, consapevoli che sia-mo solo uno strumento di un progettopiù grande nelle mani di Dio; noi nonconosciamo il Suo progetto sappiamoperò che anche questa attività fa partedel Suo disegno.

M.B.A.

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hELP MISSION

19SANKALPA

AFRICA

In Guinea Bissau, sosteniamo l'attivitàdella missione di Cumura in cui ope-ra il nostro amico Fra' Memo.Oltre ai malati di lebbra (sempre me-

no) e TBC, i tre padiglioni dell'ospedaleospitano i numerosi malati di HIV e inparticolare le donne in gravidanza chegrazie al monitoraggio fatto dai mediciriescono così a dare alla luce bambininon affetti dal virus.La missione brilla anche dal punto

di vista dell'istruzione e dell'educazioneche tra asilo, elementari, medie e liceo,conta un migliaio di studenti (moltidei quali vengono appositamente dallacapitale) e una sessantina di professo-ri.Anche qui, proprio per volontà di Fra'

Memo e degli altri responsabili dellaMissione, si va formando quella classedirigente del futuro a cui, un domani,i missionari restituiranno il paese, incondizioni decisamente migliori rispet-to a quelle in cui l'avevano lasciato i suoicolonizzatori.

NGuinea Bissau - Cumura N

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hELP MISSION

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Nel 1985, Indro Montanelli spedì in Africa GiorgioTorelli, suo grande amico e inviato de “Il Giornale”.Gli diede mandato di testimoniare il lavoro dei mis-

sionari che erano al lavoro già da decenni nel ContinenteNero, nel momento in cui il governo italiano, aprendo gliocchi di fronte all'ennesima emergenza, era pronto a far pio-vere miliardi. Queste le parole con cui gli affidò l'incarico:“Ti scegli l'Africa che vuoi e scendi a vedere quello che ioso per certo, con la memoria e l'intuito: i missionari, vecchiomio, sono gli unici promotori di sviluppo, i soli che dianogaranzia di battere fame e pochezza perché ci mettono anima,competenza e rigore senza scadenza. […] Il missionario nonva a fare un bagno di poveri per poi tornare in patria a de-legare il da farsi a una ditta ansiosa di profitti, compreso ilsovrappiù di tangenti. Il missionario, come lo vedo io, bruciala vita sul posto, non esige tornaconto, penetra lingua e co-stumi, riconosce gli onesti, non compie analisi mondiali cheparalizzano l'azione, realizza cose piccole e costanti, aiutagli uomini a crescere”.Torelli scelse per sé la Tanzania e Padre Camillo Caliari

della Val di Non, ormai già divenuto Baba (Padre) per gliabitanti di quegli altopiani tropicali. Come poi raccontò inun libro, vide all'opera, tenace e indefessa, uno di quei mis-sionari che non ha mai recitato le Beatitudini senza mettersianche al tornio, piantare semi e far gomito a gomito con gliAfricani più sepolti nell'indigenza. (Baba Camillo e altrestorie d'Africa, Ancora edizioni, 1987). Testimoniò l'operadi uomini che amano veramente l'Africa e gli Africani, chegli riconoscono il diritto a una vita che non abbia solo l'odoree il colore della miseria; che sanno progettare e costruire

non solo nella logica dell'emergenza e degli aiuti a pioggia,ma del polepole (lentamente, un passo alla volta) e dellagoccia costante; che si battono, senza inutili polemiche, perrestaurare la dignità depredata dai predoni d'oriente e d'oc-cidente. Perché tutti gli abitanti di quel continente abbianoun motivo per restare, più forte della fame e della disperazioneche li spinge via.Baba Camillo e altri missionari ci stanno riuscendo, cre-

ando oasi di vita dove la parola domani veniva pronunciatasenza convinzione. Da altre parti, invece, progetti e denarivengono offerti a governanti e organizzazioni non governativemal governate; lì, si creano i presupposti per gli esodi disperati,le stragi in mare, il disagio e la paura che invadono oggi lenostre strade, case, uffici.Come nel 1985, ancora oggi, l'Africa irrisolta brama uomini

che si accollino la sua stessa fame, la sete, la precarietà del de-stino, il divenire della gente, la speranza che non è mai dissipata,i sogni di avere in fine quel che milioni di uomini già posseggonoperché hanno saputo tessere la loro Storia in modo diverso.[…] La verità è che, per altri cent'anni, resteranno dei pro-

tagonisti in assoluto. Tu gli chiedi: perché siete qui? E loro ri-spondono: per sostenere gli altri uomini a norma di Vangelo.E quanto costate? Nulla, siamo volontari. E quanto rimarreste?Per sempre, che significa l'intera vita. (ibidem).Baba Camillo e altri del suo calibro, siano essi uomini di

Dio o semplici galantuomini, non procedono con il passodi chi rincorre un'emergenza, ma di chi ha sempre saputodove andare.Noi di Sankalpa, da molti anni, abbiamo l'onore di cam-

minargli a fianco.

NTanzania - Kipengere N

IL BABA, IL FENICOTTERO E IL REPORTER

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21SANKALPA

NBarreiros - Palmares N

BRASILE

gli ultimi aggiornamenti che dom Henrique, vescovodi Palmares, ci invia dal Brasile ci informano che laCasa di Accoglienza “Nova Jericó”, situata ai piedi del

Santuario a Palmares, continua a crescere e c’è l’intenzione disvilupparla per accogliere 50 persone, adesso la capienza è dicirca 25. Necessita pure aprire una casa femminile.Inoltre, si è sempre in attesa del progetto per costruire i bagni

presso il Santuario ed ampliare il palco esterno dove si svolgonole celebrazioni.Per il Centro “Francisco e Clara” stanno cercando accordi

con il governo di Barreiros per avere un aiuto nel manteni-mento, speriamo in una positiva soluzione.La Diocesi è anche in trattativa per prendere a São José da

Coroa Grande, vicino Barreiros, sul mare, una casa di acco-glienza affinché i bambini vi passino tutto il pomeriggio, dopola scuola della mattina, per essere seguiti, anche nello studio.Il 17 maggio è stata creata un’altra parrocchia nella Diocesi,

ora sono 24.Purtroppo una nota triste, il 28 maggio la Diocesi è stata in-

teressata da violenti acquazzoni con conseguente alluvioneche ha aggiunto desolazione e distrutto e danneggiato tuttodove è passato, nelle case, nei negozi, nelle strade, nella cam-pagna…. Noi siamo vicini con affetto a tutto il popolo della Diocesi

e dom Henrique ci saluta e ci augura che durante tutto l’anno,in tutti i giorni della nostra vita, la gioia pasquale e la certezzadella Vittoria del Cristo Signore, riempia di senso e di forzala nostra esistenza!

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BETLEMME

Si dice spesso che la prima vittima di ogni guerrasia la verità. La seconda sono sicuramente ibambini che, tra le altre cose, vedono il proprio

futuro distrutto, soffocato dalla paura e dall'odio incui cresceranno. E' così, almeno dal 1948, in Palestinae in Israele, e la volontà di proseguire quel conflittosembra più forte e determinata che non quella di ri-solverlo. In quella terra che ci ostiniamo a chiamare Santa,

continua il nostro sostegno al Caritas Baby Hospitaldi Betlemme, l'ospedale fondato nel 1952 per pren-dersi cura con spirito cristiano dei bambini vittimedel conflitto appena iniziato. In questa zona dellaCisgiordania vivono circa 300.000 bambini bisognosidi un'assistenza medica sufficiente. L'ospedale si oc-cupa non solo di quelli vittime del conflitto, ma ingenerale di neonati prematuri o di bambini affettida patologie varie, infezioni e malformazioni. L'azionedel Caritas Baby Hospital e di Aiuto Bambini Be-tlemme, la Onlus che ne coordina l'attività, si rivolge,oltre che alle cure mediche, anche alla promozionesociale, al rispetto e alla pace, cercando di gettare lebasi per una storia diversa da quella degli ultimi set-tant'anni.

www.aiutobambinibetlemme.it

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La ragazza che vedete nelle foto si chiama Ambika,ritratta il giorno del suo fidanzamento ufficiale. Lasua è una delle splendide storie che vengono scritte

a Prema Vasam; prima l'abbandono e la solitudine, poil'accoglienza, l'amore, la forza di volontà e la voglia direstituire, con gioia e generosità, quanto ricevuto. Perquesto Ambika, dopo aver assistito a lungo gli altri ospitidell'orfanotrofio, ha scelto di professionalizzarsi e di-ventare infermiera. È la prima volta che a Prema Vasamsi celebra un evento così importante come un fidanza-mento ufficiale (laggiù fidanzarsi è roba seria...). Ambikaha scelto di farlo lì, davanti ai circa 200 ospiti a cui PremaVasam sta dando un presente dignitoso e una speranzadi futuro, per esprimere tutta la propria gratitudine aSelvyn Roy (il fondatore) e al suo staff.Oltre al quotidiano lavoro terapeutico e assistenziale,

i nostri amici di Chennay City stanno portando avantila costruzione di una Casa delle Ragazze, edificio con lestesse caratteristiche di quello già realizzato per i ragazzie per il quale è necessario proseguire con la raccoltafondi. Anche nella nuova casa, oltre agli ambienti ne-cessari alla residenzialità delle ospiti, molte sale sarannoadibite ad attività artistiche, ludico- ricreative e di ad-destramento al lavoro, oltre che all'assistenza allo studio,da sempre un obiettivo fondamentale per tutte le resi-denti.

www.percorsisolida.org

INDIA

NPrema Vasam N

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25SANKALPA

hELP MISSION

N SOS Tibet India Nepal N

Continua la nostra attenzione ver-so Eugenia e Lama Gendun pertutti i loro progetti che portano

avanti in quei paesi. Si possono aiutareanche con le adozioni a distanza peraiutare a studiare i ragazzi appartenentia famiglie poverissime che altrimentidovrebbero rinunciarvi e finanziare glistudi universitari per i più dotati…..Grazie per aiutarci ad aiutare…….ab-

biamo bisogno del contributo di moltepersone e di molti collaboratori per po-ter dar vita ai nostri progetti….nellasperanza che anche tu decida di esseredei nostri ti ringraziamo e ti inviamo ipiù cordiali saluti…..

Eugenia Cuccowww.sostibet.org

CContinua sempre con immutato af-fetto la nostra vicinanza agli amicidel Food for Life perché possano rag-

giungere gli obiettivi della loro missione: de-dicarsi ai più poveri tra i poveri, per sostenerlie guidarli nel raggiungimento di una vitasoddisfacente. FFL Vrindavan è anche dedi-cata alla protezione e allo sviluppo dell’am-biente naturale di Vrindavan.

www.fflvrindavan.org

NVrindavana NFOOD FOR LIFE

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L’ultima lettera ricevuta da Dom Adelio Pasqualotto,Vescovo titolare di Abtugni e Vicario Apostolicodel Napo in Ecuador, ci racconta un po’ della vita

nella missione:

Carissimi amici di Sankalpa,1. Sto svolgendo la visita pastorale alle parrocchie del

Vicariato Apostolico del Napo, perchè quest’anno a set-tembre, l’ultima settimana, Papa Francesco ha invitatoa Roma i vescovi dell’Ecuador per la visita ad limina. Perme è la prima volta da vescovo; anche se ormai le comu-nità parrocchiali le conosco tutte per via delle cresime;ma il numero dei villaggi abbonda e richiede tempo vi-sitarli. Parrocchie con 40, 60 e anche 100 villaggi… Espe-rienze belle, di contatto con la gente. Non è facile fare ilmissionario… La vita è dura, austera, le comunità semprein attesa del missionario. Si trovano laici entusiasti, con-tenti di servire e di collaborare. Sto preparando il mal-loppo da mandare a Roma, con foto e informazioni.Adesso capisco come si costruisce la storia della Chie-sa…Sono stati qua tre giovani di Padova. Piacevole la con-

vivenza, contentissimi. Prima volta che venivano in Ecua-dor. Scattavano foto, guardavano, ammiravano le bellezze

naturali, ma stavano zitti… Una di loro è dottoressa, chedi recente si è laureata. Abbiamo approfittato anche perfare qualche visita agli ammalati nelle case… Una bellaesperienza. 2. Qualche settimana fa ho ricevuto la visita di 50 stu-

denti universitari USA, nella pausa scolastica di fine se-mestre hanno deciso di fare un’esperienza di volontariatoda noi in Amazzonia. Erano accompagnati da due cap-pellani e una suora. Contentissimi, generosi. Hanno vi-sitato i villaggi, camminato sotto la pioggia, nel fango.Ci guardavano come pezzi da museo, increduli ancorache un missionario possa vivere senza tanti fronzoli esenza tante cose che oggi per loro diventano indispen-sabili. Li ho visti abbastanza rassegnati anche quandonon potevano usare il telefonino perchè mancava il se-gnale. È uno scossone e una spinta anche dal punto divista vocazionale. Perchè la missione mette in questionela vita stessa.3. Qui piove, piove, piove. E comincia di nuovo il dram-

ma di ogni anno: inondazioni, frane, diluvio. Il giorno6 gennaio scorso un’inondazione improvvisa ci ha spiaz-zato completamente. Un metro e sessanta di acqua. An-cora dopo mesi le pareti delle cappelle non hanno altrocolore che quello del fango. Bloccati i motori delle mac-

ECUADOR

NVicariato Apostolico di Napo N

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27SANKALPA

hELP MISSION

chine per pulire il riso o il mais; non si trovano pezzi diricambio. Distrutto il bestiame. Le galline sono riuscitea rifugiarsi sugli alberi. Non ci sono state perdite umane,ma hanno perso tutto. Le scuole sono state svuotate delmateriale esistente; l’acqua si è portata via i banchi, i librie i quaderni degli alunni, anche il computer portatile delprofessore. Sto cercando banchi di scuola. Le autorità?Bene, grazie. Non si sono visti. Unica presenza di sollievoe di conforto: quella del missionario. Come missione ab-biamo regalato sementi per riprendere il lavoro dei cam-pi.4. L’altro ieri, per un’altra forte pioggia, una frana ha

sepolto tre persone: un vecchietto di 65 anni, una mam-ma di 45 e il figlio di 15 anni. Ieri abbiamo fatto il fune-rale. Tragedia.5. Sabato scorso, il 25 marzo, qua da noi è la giornata

della vita e del bambino non nato. Grande momento co-munitario. Una marcia per la vita e la famiglia. Tre scuolehanno partecipato con la banda che scandiva i ritmi dellamarcia; alcune ragazze hanno dipinto con i pennarellila pancia di mamme incinte; in quel momento il sole ciha aiutato perchè durante tutta la marcia non è piovuto.Nel tragitto la prima tappa è stata l’ospedale civile: sostaper riflettere sugli aborti che si provocano, una danza digiovani che invita alla festa della vita e lancio di palloncini,scandendo il nome di bambini non nati. Seconda tappa:abbiamo riflettuto sul valore della maternità, dato che il25 marzo è la festa della Annunciazione. Ultima tappa:messaggio rivolto specialmente ai giovani sulla purezzae la castità prematrimoniale. Moltissimi giovani eranopresenti e hanno partecipato. Poi ho concluso con laMessa all’aperto e messaggi appropriati. Molta gente.6. Pregate, pregate per noi. Un saluto cordiale dall’Amazzonia equatoriana.Abbracci.

+ Adelio Pasqualotto

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CCaro Lettore, con astio e molto stento sto buttandogiù quattro righe. Con astio e stento perché so giàche non sarai tu ad aver bisogno di quello che sto

scrivendo. Fino a tre settimane fa, mentre seminavo velenotra le strade dell’inferno dove la cosa più preziosa era la ce-nere, non sarei sicuramente andato a leggere un piccoloarticolo, di una piccola sezione, di un piccolo libricino, diuna non grande associazione, come invece grande è il sensoed il cuore di chi la gestisce. Vabbè, comunque, io ho 27anni, arrivo dalle Marche ed arrivo dalle Marche in unposto con uno dei più belli panorami, che al tuo arrivopensi sia il paradiso!Arrivo perché, come dicevo, da quando ho 16 anni pesto

passi e macino chilometri nelle strade fatte di lussuria, vi-ziosità e comodi. Qualche mese fa ho saputo che la mia ra-gazza è in dolce attesa, una splendida bimba. Il Signore miha donato un germoglio di Vita nella vita bruciata che hocondotto fino a poco fa. Come? Io? Papà?... 8 novembre2016, i miei pensieri cambiano, c’è un cuore che batte, chebatte per me e per la mia ragazza magica, c’è un cuore cheinizia a battere mentre per il mio, battere era una scommessatutti i giorni! Capisci anche tu caro lettore la preoccupazione,la felicità, l’emozione la responsabilità e… e il controsensoche stavo offrendo io alla speranza nascitura, mah… manulla riusciva a salvarmi dalla cenere che stringevo tra lemie mani con i pensieri, immaginaria cenere da una parteed un immaginario cuore dall’altra… continuavo a pensaree continuamente i miei conti non tornavano. Fu solo inquell’istante che capii la mia impotenza contro quell’uraganofatto di vento e lame che solo verso una strada mi stavaportando. Avevo bisogno di aiuto… si hai capito bene, diaiuto!!! Nulla fino a poco fa mi avrebbe fatto dire una cosadel genere, aiuto io? Aiuto per cosa? Ho un donna stupenda,una famiglia che mi sta vicino, un lavoro, tutte le comoditàdel mondo e dico tutte, gli amici, quelli sani e quelli comeme.. cosa mi avrebbe fatto chiedere aiuto?? Un germoglio,solo quello! Il tema del giornale è la gioia, anzi le mie gioie che si rea-

lizzano, ma cosa manca? Manco io! In tutto quello che, unpo’ con la fortuna, per il resto tutto frutto del mio sacco,insomma tutto quello che volevo che avevo creato… man-cavo io. Solo quando ho capito che tutte le sostanze mi sta-vano fermando dal chiedere aiuto e mi stavano portandovia dai miei sogni che possono essere riassunti nel riuscirea crearMi. Mancavo io e senza me cosa ha più senso? Sono

qui da pochissimo ma ho conosciuto anime salvate dal ve-leno che abbiamo vissuto e nonostante io sia a più di 400kmda casa, dal mio germoglio, dalla mia ragazza magica, dalsuo pancione a cui penso ogni istante e che mi manca comel’aria; ora sento la fortuna che ho avuto a chiedere aiuto,soprattutto ad averlo chiesto ad una grande, grandissimafamiglia come questa, che prima di chiederti chi sei ti rin-grazia perché ti vuoi perdonare, perché hai voluto perlo-meno provare a pulire la tua anima dall’inutile luttoquotidiano che ci creiamo.Perciò caro lettore, se tu sei altrettanto fortunato ad essere

il lettore giusto, che ne possa aver bisogno, c’è una via perognuno di noi, perlomeno, provaci! Nessuno è mai riuscitoa farmi prendere questa decisione nella mia vita, né le la-crime di una mamma che ti vede morire ogni giorno né ladepressione di due fratelli che sono per me come il sangueper il cuore. Né la tristezza nei loro occhi, nemmeno il vedermorire con te giorno per giorno amici o anche solo senti-menti di amore da persone che ami. Qualsiasi sostanza è più forte di qualsiasi altra cosa finché

non siamo consapevoli che ci sono persone come questepronte a ringraziarti perché.. solo perché ti sei messo indubbio…e come dice De Andrè e cita il nostro Padre Ireneo,grandissimo uomo pieno di riflessioni e pieno d’amore perchi è pronto a riceverne, insomma, come cita lui… “daidiamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”…perciò se tu che stai leggendo come me metti in circolo edin gioco tutto il letame che hai che, qui lo trasformerannoin gioia di vivere. Non sarò io far cambiare idea ad una ge-nerazione ma sarò io a crescere quella bimba con tutta lagioia che un essere umano, un terrestre, un comune mortale,un figlio di Dio. Ogni mia speranza la devo a me perchéqui a Cà delle Ore il più grande regista della tua vita sei solote stesso. Buona fortuna a me e a tutti quelli “come me”perché possiamo ritrovare la vera pace quotidiana e la gioiadi tornare a svegliarsi al mattino, di riscoprire i sapori diciò che mangiamo, di riscoprire le proprie passioni, di ri-scoprire i veri amici, di far tornare a sorridere i propri cari,di riassaggiare la vita sana, di riprovare il vero gusto del-l’adrenalina. La gioia di ricominciare a vivere la nostra vita così come

madre natura ce l’ha donata con i cinque sensi, con i piacerie con noi stessi, la vera gioia che è la vita insomma! In boccaal lupo e crepi!

Fabio

PENSIERIa cura della Comunità Ca’ Delle Ore

DA CA’DELLE ORE

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36 anni di ACCOGLIENZA

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DA CA’DELLE ORE 36 anni di ACCOGLIENZA

STATO O MOTIVO DI VIVA COMPLETA, INCONTE-NIBILE SODDISFAZIONE, FELICITA’, ASPETTO FE-STOSO DELLA NATURA. Nel dizionario è facile da

trovare, pure da cercare.. secondo me non bisogna cercarla piut-tosto bisogna impegnarsi nel stare bene, nel trovare un equilibrio,nell’essere puliti dentro e fuori e a quel punto arriverà da sola…la felicità è una conseguenza del vivere in modo regolare, unaconseguenza dell’aver costruito rapporti sani e sinceri…Pensavo di averla trovata nella droga, perché mi piaceva, mi

faceva stare bene e mi divertivo ma quella costava, la pagavoquando le emozioni non hanno un prezzo, quindi era tutto tran-ne gioia. Forse a questo punto sto realizzando che la felicità èun’emozione mai provata dentro di me ma si è riaccesa la spe-ranza che nulla è perduto!Per ora mi limito di vedere e sentire la gioia/felicità che ho

dato alla mia famiglia venendo qui e nel percepire i piccoli maallo stesso modo grandi cambiamenti fatti fino a qui. Ho intra-preso un cammino, una strada in salita, dove, sono sicuro, tro-verò la gioia di vivere, amore per la Vita e dove imparerò a gestiretutte le amozioni positive e negative che incontrerò.. la speranzac’è … non è poco… tutte le emozioni se non si sa gestirle possonodiventare armi a doppio taglio.

Simone Z.

NGioia… Felicità… Speranza N

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Il desiderio di un Vero Primo Giorno N

“C’’è questo stagnofetente e puzzo-lente, ma guarda

cosa cresce in quest’acqua spor-ca disse il saggio, i fiori diloto,uno dei fiori più belli delmondo.Questo vale anche per noi,

che eravamo immersi fino alcollo in quella melma ma confatica e motivazione si puòuscire dal pantano, lavarsi, sa-pere e provare quanto si sta be-ne puliti.

Matteo Ga.

grazie a Dio che ora sto spen-dendo il mio tempo a ri-prendere in mano la mia

vita che prima era nel buio eterno.A volte nel corso della mia esisten-

za, quando la strada mi sembravaperduta , fermandomi a pensare eriflettendo ho chiesto consiglio; poipian piano ho scoperto e separatole cose giuste da quelle sbagliate,mettendole poi sulla bilancia ne hotratto le conclusioni, capendo chemettendomi in gioco sarei poi rinatosu una strada nuova, che non sia lasolita vecchia vita.Diventando protagonista e po-

nendomi obbiettivi giusti, avrò ilpiacere di assaporare il gusto di riu-scita sana nei miei intenti nel futuroo nel presente che sia, amando lamia vita con fatica, sudore e sacri-ficio perché, niente è scontato.“Quanti si per coprire sempre lo

stesso no, quante vecchie rinascite pernascondere la mia paura di vivere.La voglia di non essere mai nato,

mai morto.Il desiderio di un vero primo giorno

è proprio immenso, perché so che severrà sarà per sempre”.E come diceva il vecchio Fabri-

zio De Andrè: “dal letame nasco-no i fiori più belli, dai diamantiinvece, non nasce nulla”; un otti-mo paragone che potrei utilizzareper far comprendere lo svolgi-mento della mia vita.Ero coperto di problemi fino al

collo ma alla fine sono riuscito avedere quel piccolo bagliore di lu-ce che mi ha portato ad intrapren-dere un cammino “spirituale” incomunità.Parole sante quelle del nostro

buon Padre Ireneo quando diceche io sono un miracolato perchéfinalmente diventerò lievito buo-no per la nostra società.Io, porto nel cuore un sogno e

con amore e umiltà potrò co-struirlo e ogni giorno, con il miosudore una pietra dopo l’altra, inalto arriverò e per sempre guari-rò!!!!!!!!!!!

R.A.87

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Ciao a tutti, sono un ragazzo venticin-quenne con problemi di tossicodipen-denza di Vicenza.

Sei mesi fa’ ho deciso di iniziare questo cam-mino in questa splendida comunità (Cà delleOre), all’inizio ho fatto molta fatica, perché lacomunità di per sé è molto dura ma necessariaper quelli che come me le hanno provate tutte,situazioni e sostanze.Io mi ritengo un ragazzo privilegiato per aver

fatto la scelta di entrare qui, che oltre ad essereuna comunità con regole ben definite e rispet-tate da noi utenti è anche una scuola di vita.Quella scuola di vita e quelle regole che fuoridi qui mi sono mancate prima di aver preso, iopenso, una delle decisioni più importanti dellamia vita e non è facile prendere la decisione distaccarsi da: famiglia,amici e conoscenti.La mia vita fuori di qui era come un mulinello

d’acqua che ti trascina sempre più sotto,fino ache non tocchi il fondo. Ecco, in quel fondo ioci sono stato e diciamo che ho voluto scavareancora di più fino ad essere diventato un'altrapersona, una persona che quando si guardavaallo specchio non si riconosceva più, non eroio, ma un ragazzo finito e sfinito dalla droga,un ragazzo che era arrivato a pesare 53 chili. Ilmessaggio che voglio portarvi è questo: la drogati trascina sempre più sotto, nelle tenebre oscureda dove è difficile risalire per vedere, ancora,almeno un po’ di luce.Vabbè ma questo è il mio passato, ora qui a

Cà delle Ore sono arrivato a pesare 68 chili e aritrovare finalmente quella gioia che ormai ave-vo perso.Avevo dimenticato quanto bella è la vita, per

questo voglio ringraziare tutti gli operatori(sempre a nostra disposizione),i ragazzi chestanno vivendo con me questa esperienza, rin-grazio i dottori e per finire… ringrazio il nostroamato Padre Ireneo, che motiva tutti noi a vi-vere le nostre vite piene di GIOIA.Perché…. C’è sempre una speranza!!!

Matteo Ga.

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Il mulino della Vita N

DA CA’DELLE ORE

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Una sera d’inverno, una come tante altre. Giovane stu-dentessa universitaria, quella sera rientravo a casa inbicicletta dopo una lezione di danza.

A dire il vero non era un gran periodo per me, varie vicendemi rendevano triste. Ma la danza mi dava sempre la carica,mi faceva ripartire: “La danza è poesia e preghiera” (PapaFrancesco). Poi, quella sera, un tonfo all’improvviso e misono ritrovata a terra. Una macchina era passata veloce toc-cando il mio manubrio, facendomi sbandare. Quella mac-china non si è fermata, proseguendo così la sua corsa versochissà dove, lasciandomi sola a terra sull’asfalto. Non se neè mai saputo più nulla. Chi mi seguiva in macchina, e poimi ha soccorso, ha rischiato a sua volta di investirmi. Misono alzata in piedi, sotto shock ma in piedi: “Non è nulla- mi dicevo a voce alta, forse per autoconvincermi - non misono fatta nulla”. Un controllo al pronto soccorso, io che non mi lamentavo,

e il medico che confermava la mia diagnosi. Ma, l’indomani,i dolori alla schiena, insopportabili durante la notte, mihanno ricondotta in ospedale. Ricordo l’infermiera che miha accompagnata in reparto in barella: “L’hai scampata bella!”.

Una frattura a una vertebra che avrebbe potuto danneggiareil midollo. E poi quel busto di gesso, allora si usava così, chemi ingabbiava, imprigionando anche la mia rabbia, la miaribellione a quella sorte, la mia voglia di danzare. Ricordoche all’inizio, intrappolata in quel guscio kafkiano, non riu-scivo nemmeno a mettermi seduta sul letto d’ospedale e tan-tomeno a scendere per camminare. Poi, poco a poco, misono ingegnata per cercare di uscire da quella situazione pa-radossale. Nessuno avrebbe potuto aiutarmi se non me stessa.E così, ancor più paradossalmente, proprio in quel momentola gioia ha cominciato a esplodere. Ricordo mia mamma che, al suo arrivo in ospedale, spa-

ventata non mi ha trovata sul letto: “È in giro per l’ospedale”,le ha spiegato scherzosa una mia compagna di stanza. Unqualcosa per me allora inspiegabile e misterioso mi avevaspinta a reagire, a non rassegnarmi a tre mesi di vita seden-taria, lontana dal mio mondo universitario, magari così in-nervosita da rendere la vita impossibile anche a chi mi stavaattorno: una forza per me nuova che non credevo assoluta-mente di possedere mi aveva rimesso in piedi. Sentivo cheero stata molto fortunata: è vero, avevo visto la morte in

IN PIEDI…CON gIOIAdi Susanna Facci

CON IL MONDO

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Immagine tratta dal film “Pina” di Wim Wenders, http://www.pina-film.de/en/

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faccia, o forse una vita da giovane paralizzata…ma ero vivae sarei guarita! Ricordo un professore che con simpatia miseguiva con lo sguardo attonito mentre avvolta da quella co-razza di gesso salivo le scale saltellando, sì proprio saltellando,per recarmi in aula: possono provare a ingabbiarci in ognimodo ma, se lo vogliamo, il no-stro Spirito rimane sempre libero!Ho compreso anche come si pos-sa sentire chi l’handicap lo vivepermanentemente e non per unbreve periodo come è stato perme, come pure ho scorto glisguardi non sempre garbati di chigli sta attorno. Anche questo miha aiutata: sempre quando il cuo-re si allarga, si apre agli altri, lavita si risolleva. Nel mio piccolo,difficile a credersi, tutta la tristezzache aveva occupato le mie gior-nate poco prima dell’incidenteera scomparsa, e conservo tuttoraun ricordo gioioso di quel perio-do. La vertebra è rimasta lesa, ma

sono tuttora in piedi. Tutti abbia-mo delle risorse dentro di noi, di cui non siamo forse deltutto consapevoli, che ci aiutano a risorgere anche nei mo-menti più bui e drammatici della nostra vita: chi crede lichiama Dio, chi non crede forse in un altro modo. Ma al dilà di ogni definizione o credo, noi tutti, se vogliamo, possiamofar ritorno a quella fonte, quella sorgente inesauribile di Vita.

Purtroppo, invece, chi più chi meno, tendiamo a ricercarela felicità in ciò che è al di fuori di noi: il mondo ci spinge inquella direzione, a credere che la nostra felicità, la nostragioia, la nostra vita, dipenda unicamente da un lavoro, dalsuccesso, da un vestito nuovo, da un paio di scarpe o da

quant’altro di materiale, op-pure dall’approvazione di chici circonda, ne siamo tutti unpo’ condizionati, e così nasco-no le frustrazioni, quelle in-felicità artificiali che non sonopropriamente nostre ma co-struite ad arte da altri per i lo-ro interessi; ma basta che lanostra salute subisca solo unpiccolo crac per renderci con-to di ciò che realmente conta,di quanto valiamo e di quantopossiamo gioire anche delsemplice essere in vita. Ed è,infatti, nei momenti più bruttie oscuri che ce ne rendiamoconto: le prove servono pro-prio ad aiutarci a riprenderecon più vigore la danza della

Vita, a riscoprirne il valore. Le nostre cadute, le nostre ferite,possono divenire così i nostri punti di forza. Sono momentiin cui possiamo chiederci: di cosa abbiamo realmente biso-gno? “Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti” (PinaBausch), per ognuno di noi c’è sempre un momento in cuiil sole risorge.

Le informazioni riguardo

le celebrazioni all’Eremo di S. Pietro

si possono trovare sul sito

www.sankalpa.it

33SANKALPA

CON IL MONDO

Ensemble in Vallmond, Coreografia di Pina Bausch, foto diLaurent Philippe

“Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l'abito di sacco,mi hai rivestito di gioia”.

Salmo 29 (30)

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CON IL MONDO

34 SANKALPA

Mi auguro che cia-scuno di voi pos-sa avere visto, in

questo inizio di Primave-ra, un prato pieno di mar-gherite. ...Vari possonoessere gli atteggiamenti ole reazioni che possonosorgere in cuore. Uno puòdire che sono troppe...L’altro risponde: Mica ledevi raccogliere... o darea ciascuna un nome... Gu-stati la bellezza, la sempli-cità, il fulgore, ilchiacchierìo, la gioia cheesse possono imprimerenel nostro animo e comu-nichiamola. E il giornodopo fermati di nuovo a“vedere” quel prato in fe-sta. Voglio educarmi alla gioia, a vedere anche ciò chesi può non vedere. A volte può essere l’egoismo o la vo-glia di possedere che impediscono di vedere. Chiediamoa noi stessi e al Buon Dio di poter guarire la vista! “Cosavuoi che io faccia?”. Chiede Gesù al cieco. “Fa che io ve-da!”. Allora il Signore accarezzerà i nostri “occhi” e ciaccorgeremo che è possibile godere ciò che l’occhio delcorpo non vede quando non è unito all’anima... Quelloche viene chiamato l’occhio della fede lo potremo chia-mare “l’occhio della gioia”. La gioia è sì un dono di Dio,ma è anche un atto di volontà, un esercizio a leggere isegni. Ogni situazione, o persona, o cosa è un “segno”,cioè è più di quanto si vede... Stupore e gioia nasconodalla volontà di mettere insieme segno e mistero, segnoe ciò che il segno indica. Ogni creatura è più grande ebella del suo nome.Direbbe “il piccolo principe”: “L’essenziale è invisibile

agli occhi”!Il racconto di Marina ci insegna certamente qualcosa...

... salita su una motovedetta della guardia costiera im-pegnata nel salvataggio dei migranti: “…quel mare chesembra così infinito quando non si vede più traccia diterra... di notte poi, cosa deve essere il mare nero nellenotti senza luna... fino a quando si intravide, nella foschiadel calore, vaga ancora, la linea rocciosa della costa di

Lampedusa. Che per imigranti era già Italia,era già Europa... Vedevinei loro tratti improv-visa la gioia di essere vi-vi! Vivi in un paese incui non si spara, in unpaese dove c’è da man-giare per tutti. Mi sentiiaddosso tutta l’indiffe-renza e il cinismo delvecchio in quei migrantiun giovane popolo cheriempiva il vuoto delnostro, incanutito, de-cadente; così come Oc-cidente: dove ogni cosaè scontata, dove non siè più grati del semplicefatto di essere sani, esfamati . Vidi è naturale

che l’acqua colmi un vaso vuoto, da un altro pieno e co-municante... Poi vidi che più d’uno, nella folla, al vederela terra si era messo in ginocchio: e chi pregava Allah, echi invece il nostro Dio, leggendo da piccoli Vangeli, fradicidi acqua di mare. Genteche vive, che è grata, cheprega. E allora quella pic-cola folla di naufraghi misembrò portatrice di unagrande forza. Felicità? Oforse semplicemente vi-ta, nelle vene del nostromondo invecchiato.”(Cf. Avvenire6.5.2017 p.2). Si deve real-

mente ripeterecon il Piccolo Prin-cipe: “L’essenzialeè invisibile agliocchi”.

di F. Angelo Visentin ofm

gLI OCChI NON VEDONO. BISOgNA CERCARE COL CUORE

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Quei bimbi ammazzati dapprima con le pallottole,con le granate, con il ferro ed il fuoco, ora indegna-mente azzerati nuovamente con i gas, perché non

è la prima volta, è cosa nota anche se strenuamente malcelata.Saranno condanna della condanna per una umanità termi-nata senza un sussulto di pietà, di impetuosa e non più rin-viabile difesa della vita. Quel che è accaduto in quel lembo di terra di nessuno,

dove non cresce più erba ma filo spinato disseminato di pa-role apparentemente nuove, eppure vetuste come le più in-fami degenerazioni umane, è la riedizione neanche troppomascherata di tante altre insopportabilità che il potere sot-toscrive ben attento a non apporre alcun timbro di ricono-scimento. Quei bambini con il volto reclinato e gli occhispalancati dalla disperazione, designano una «nuova manieradi parlare al nemico», una forma-azione di annientamentoinaccettabile e proibita che al contempo diventa una formadel fare, anonima ma risolutiva. Piccole creature devastatedalla morte e abbandonate tra detriti e bossoli di ogni colore,appaiono caricature sgangherate di un piano invece ben de-finito, protagonisti della tragedia che previene la disartico-lazione di un equilibrio esistenziale così precario da barcollaresotto il peso della vergogna.

Quei bambini che rappresentano l’intoccabilità dura epura, sono la questione che renderà inquieto anche il piùtracotante degli assassini, questione non di poco conto comesi sta cercando di fare passare, questione di onore, per nonriaffermare l’unica vera questione da non osare più oltraggiarecon i giochetti e i manicaretti, si tratta di questione d’amoreper ogni bimbo calpestato e per ogni uomo che si ritengatale. Bimbi inseguiti dalla furia della vendetta, bimbi falcidiati

dal delirio di onnipotenza che non risparmia dignità di al-cuno, figuriamoci il rispetto del più debole, degli innocentimartoriati e buttati via dalle parole che fanno scempio deipiccoli corpi. Sulla guerra, sugli eccidi, sulle fosse comuni,sulle razzie, sulle pulizie etniche, nonostante i silenzi assor-danti, ben sappiamo chi e quanto abbia dato assenso e con-senso. Su queste morti così incomprensibili e dunque così in-

combenti, si ergono come grattacieli invalicabili i sepolcriimbiancati degli aggettivi che non sono sostantivi, dellegrammatiche dis-umane che non sono assolutamente com-patibili con i comportamenti e gli stili di vita dell’onore. Se-polcri imbiancati appunto, maniere di fare e di dire chepraticano l’infamia più grande: uccidere un bambino.

CON IL MONDO

35SANKALPA

http://piattaformainfanzia.org/rassegna/siria-save-the-children-mente-bambini-devastata-da-guerra/”

BAMBINI E SEPOLCRI IMBIANCATIdi Vincenzo Andraous

DALLA “CASA DEL gIOVANE” DI PAVIA

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CON IL MONDO

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GGarruloI Infanzia

OOdeI Inno

AAmore

Che bel suono ha questa parola nella nostra lingua! A direil vero in tutte le lingue europee: Joy, Joie, AlegríaFreude, …in italiano di più. 4 vocali su 5 lettere e la

bocca che pronuncia questa parola si deve atteggiare adun sorriso, non la si può dire a denti stretti specialmenteperché il dittongo già fa arricciare all'insù le labbra, inun sorriso appunto e, provateci, se ci si sforza di sorridereanche quando non se ne ha nessuna voglia, si finisce poiper farlo davvero scivolando, da prima con il volto quasicontratto in una smorfia gioiosa, che magari non ci cor-risponde nell'ora, ma che poi contagia il cuore dove lagioia, quella vera e senza smorfie, sta di casa.

GARRULO

E poi ogni lettera può fare da “prima della fila” di paroleche hanno in sé il senso del tutto e quella G iniziale sad'infanzia, di poesie del sussidiario dove le rondini sta-vano sotto il tetto ed erano garrule, stridevano incro-ciandosi nel cielo regalandoci un senso di libertà eleggerezza.

Infanzia perchè il pensiero adulto aggiungerebbe: “Male povere rondini devono volare tantissimo per raccattareinsettini per cibarsi e cibarne i piccoli, e che dire dellafatica loro e dei balestrucci per costruire precari nidisotto tetti che oramai esistono solo nei centri storici?”

INfANzIA

Ma nooo, non voglio pensare a questo, la fatica del viveremi è ben nota, è la mia e la loro, voglio immergermi in quel“qui e d'ora” di quando ero bambina e ogni gioco era un'av-ventura fuori dal tempo degli orologi e accendere una candelasulla terrazza sul tetto della vecchia casa di un'amica facevaradunare brutte topacce che, nascoste, osservavamo con cu-riosità quasi scientifica, e il tempo passava e noi, ignare delsuo trascorrere, non ci rendevamo conto dell'angustia dimia mamma che non mi vedeva tornare a casa e mi beccaiquello schiaffo che lei non mi aveva mai prima dato e di cuisi pentì perchè capì che io ero stata nel “non tempo” dellagioia dell'inesplorato che solo i bambini conoscono assiemea coloro che non hanno mai smesso di esserlo.

OdE

...e senza mie parole che non saprebbero dire, questa Odedi Tagore

UN INNO ALLA gIOIA

di Angela Seracchioli

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CON IL MONDO

37SANKALPA

Tutti i miei versi di gioiasi mescolino nei miei ultimi canti –la gioia, che fa straripare la terranel rigoglio sfrenato dell’erba,la gioia che fa danzare per il mondole due gemelle, la vita e la morte;la gioia che irrompe come una tempesta,scuotendo e destandotutta la vita col suo riso;la gioia che siede silenziosacon il suo pianto sul dischiusorosso fior di loto del dolore;e la gioia che getta nella polveretutto quello che hae non conosce parole.

INNO

Mi emoziona sempre l'Inno alla Gioia diBeethoven, l'ho amato prima che divenisse,con una felice intuizione di chi lo decise,Inno d' Europa. Quel saltellare di pochenote all'inizio, preceduto da un quasi cuposuono di archi all'unisono seguito da tuttal'orchestra che ripete il motivo rendendolocantabile, trionfale e da un baritono potenteche annuncia la Gioia seguito da tutto il

coro, è pieno di gioiosa aspettativa comelo zampillare delle prime gocce di una nuo-va fresca fonte. In esso c'è già il fiume che poi si allar-

gherà maestoso perdendosi in rivoli che,un po' oltre, si ritroveranno divenendo mu-linelli e onde popolate di creature. Un riccofiume pieno di sfumature e storia come èil nostro continente e la gioia diviene or-goglio di appartenere ad esso.

AmORE

E il mare in cui si sperde, si confonde, sifonde il fiume della gioia, dopo aver attra-versato terre inesplorate e luoghi conosciu-ti, è l'amore “che muove il sole e l'altrestelle...” le piccole gioie e i piccoli amori, legrandi e profonde gioie e l'Amore con laA maiuscola, poco importa cosa ci conducaad essa. Le labbra ora sorridono, le rughe attorno

agli occhi si stringono, il cuore è nuova-mente leggero e una cascatella di note siaccorda allo stridio delle rondini che invi-tano l'esploratrice per sempre bambina avolare nuovamente.

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N° 1008 DEL 19/09/2001

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Inno alla gioiaO amici, non questi suoni! Ma intoniamone altri più piacevoli, e più gioiosi.

Gioia, bella scintilla divina, figlia degli Elisei, noi entriamo ebbri e frementi, celeste, nel tuo tempio. La tua magia ricongiunge ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli, dove la tua ala soave freme.

L'uomo a cui la sorte benevola concesse di essere amico di un amico, chi ha ottenuto una donna leggiadra, unisca il suo giubilo al nostro! Sì, - chi anche una sola anima possa dir sua nel mondo! Chi invece non c'è riuscito, lasci piangente e furtivo questa compagnia!

Gioia bevono tutti i viventi dai seni della natura;

tutti i buoni, tutti i malvagi seguono la sua traccia di rose! Baci ci ha dato e uva, un amico, provato fino alla morte! La voluttà fu concessa al verme, e il cherubino sta davanti a Dio!

Lieti, come i suoi astri volano attraverso la volta splendida del cielo, percorrete, fratelli, la vostra strada,gioiosi, come un eroe verso la vittoria.

Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio vada al mondo intero Fratelli,sopra il cielo stellatodeve abitare un padre affettuoso.

Vi inginocchiate, moltitudini? Intuisci il tuo creatore, mondo? Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitare!

Friedrich Schiller

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CON IL MONDO

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La vita è un cammino, non facile ma d’infinita bel-lezza, dove s’intersecano ombre e luci, entrambeesposte all’amore e alle sorprese di Dio. Camminare,

procedere a piccoli passi ma avanzare, avviare processi,iniziare percorsi, fare il primo passo, credere, in qualsiasisituazione ci si trovi, che sia sempre possibile fare almenoun passo è la gioia esigente che ci riserva il camminodella vita.Accostando Francesco e Chiara entusiasma la loro ca-

pacità di rinascere durante il percorso della vita. Gesùstesso ne parla a Nicodemo: “… se uno non nasce dall’alto,non può vedere il regno di Dio … se uno non nasce da

acqua e spirito, non può entrare nel regno di Dio”. (Gv.3,3-5)Rinascere è, essenzialmente, la fatica per eccellenza e

comporta la fatica di crescere e discernere, la fatica delvivere quotidiano e del non fuggire la realtà, la fatica dicamminare al ritmo della grazia per vedere, ossia scorgeretra le tante vie, quella per entrare nel regno dei cieli. Unafatica che non è un intoppo ma solo un altro nome del-l’amore, una rinuncia per un bene più grande, per unalibertà più piena.Sono importanti i testimoni che incontriamo e sce-

gliamo come compagni di viaggio per la loro testimo-

SICURA, gIOIOSA, ALACRE, AVANZA …di sr. Maria Chiara

DA ASSISI – DAL PROTOMONASTERO SANTA ChIARA UNA PAROLA DALLA CLAUSURA

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nianza, fatta non di parole e discorsisoltanto ma di trasmissione di vita.Vita che riscalda, accende il cuore ediventa forza per rimetterci in cam-mino, per ricominciare e di ricomin-ciare ne abbiamo tutti tanto bisogno.Chiara in una lettera ad Agnese di

Boemia, esortandola a seguire la vitadi povertà di Gesù, le insegna comeavanzare sul cammino intrapreso:“… memore del tuo proposito, comeuna seconda Rachele sempre vedendoil tuo principio, ciò che hai ottenutotienilo stretto, ciò che stai facendo, falloe non lasciarlo, ma con corsa veloce,passo leggero, senza inciampi ai piedi,così che i tuoi passi non raccolganonemmeno la polvere, sicura, gioiosa ealacre avanza cautamente sul sentierodella beatitudine”. (Lettera II 11-13)Memore del tuo proposito... ciò

che hai ottenuto tienilo stretto: è te-nere lo sguardo fisso alla meta, per-ché il percorso abbia una direzione,ben precisa. Solitamente si parte conentusiasmo e passione, carichi di at-

tese e promesse, che la fatica del cam-mino rischia di affievolire, bisognaresistere all’usura del tempo, sapendogioire e custodire i risultati raggiunti,nella consapevolezza che le grandidistanze si coprono nella pazienza diun passo dopo l’altro.… ciò che stai facendo, fallo e non

lasciarlo: è l’essere perseverante, ilnon mollare. Il sentiero della vita èsegnato dalla luce e dal sole che ri-caricano e infondono forza, ma anchedalla delusione e dall’infrangersi deisogni, quando il passo rischia di farsilento e rassegnato. Mollare non è maila soluzione giusta. Questi ultimi mo-menti sono necessari per lo sviluppodi un buon cammino, sono tempi dirinascita, in cui accogliere le contrad-dizioni del nostro cuore. È necessarioche crolli qualcosa per veder fiorirela speranza, deve morire l’ideale peramare il reale, infatti, la sconfitta puòdiventare il luogo di una nuova par-tenza, della rinascita.… con corsa veloce, passo leggero,

senza inciampi ai piedi, così che ituoi passi non raccolgano nemme-no la polvere, sicura, gioiosa e ala-cre avanza cautamente sul sentierodella beatitudine: è il ritmo del passoin sintonia con il canto del cuore, èla frequenza d’onda su cui sintoniz-zarsi per non lasciarsi catturare dallezavorre che incontriamo sul cammi-no, solo così le preoccupazioni, le an-sie e le paure rimangono ciottoli sulsentiero e non diventano montagneinvalicabili. È bellissima l’immagineche nemmeno la polvere debba trat-tenere e deviare il nostro avanzare. Ilcuore avanza sicuro, gioioso, alacrequando sa di andare verso una pie-nezza, quando confida in Gesù checammina con noi e prende il nostropasso qualsiasi esso sia. Un avanzarecon prudenza per dire l’importanzadel sì della nostra responsabilità, chesola può rivestire d’amore il fram-mento di vita e di tempo donatoci,così che nel nostro respiro possanoentrare gli spazi del mondo.Avanzare con il sapore di vita e di

fatica, di risurrezione e di sconfitta,di lacrime e di festa, sicuri che nellenostre notti possiamo stare comesentinelle capaci di forzare l’aurora,perché vivere è l’infinita pazienza diricominciare, come padre ErmesRonchi ben delinea in questo passo:«Vivere è l’infinita pazienza di rico-minciare. E quando sbagli strada, ri-partire da capo. E là dove ti eri seduto,rialzarti.Salpare a ogni alba verso isole in-

tatte, ma non per giorni che siano fo-tocopia di altri giorni, bensì per giornirisorti, passati al crogiolo di amore,festa e dolore che è la vita, e restituitiun po’ più puri e leggeri, e poi utiliz-zare gli ostacoli per aprire le finestredell’intelligenza.Le parole più caratteristiche della

mia fede cominciano tutte con un pre-fisso: “Ri”, due sole lettere per dire “dacapo”, “ancora”, ”di nuovo”, ”un’altravolta”, sono le parole rinascita, ricon-ciliazione, risurrezione, rimettere ildebito, rinnovamento, la stessa parolareligione e redenzione.È quella piccola sillaba “Ri” che dice:

“Non ti devi arrendere, c’è un sognodi cui non ti é concesso stancarti”».

CON IL MONDO

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“Mi hanno aiutato in tanti. Una delle cose positive èche ti rendi conto di non essere una cella isolata. Difar parte di una comunità meravigliosa. Questa

consapevolezza mi è stata di grande aiuto […], se decidi sempli-cemente di essere gioioso, non è detto che lo diventi. Rischi diconcentrarti unicamente su te stesso. È solo grazie agli altri se,come un fiore, ti apri e sbocci. E io penso che un po’ di sofferen-za, anche intensa, sia una componente necessaria della vita,quanto meno per sviluppare la compassione”.

(Desmond Tutu)

“La fonte della sofferenza è proprio un pensiero eccessi-vamente incentrato su sé stessi. Una sincera attenzioneal benessere degli altri è invece la fonte della felicità

[…], prendersi cura degli altri e aiutarli è il modo giusto per sco-prire la gioia che c’è in te e vivere una vita felice. È questo ciò chedefinisco egoismo saggio”.

(Dalai Lama)

“La gioia più grande la proviamo quando cerchiamo difare del bene agli altri […] siamo fatti così. Intendo di-re che siamo compassionevoli per natura”.

(Desmond Tutu)

“La gente vuole i soldi, la fama, il potere. In termini di fe-licità personale, è una scelta miope. La realtà […] è chegli esseri umani sono animali sociali. Il singolo indivi-

duo, per quanto potente e per quanto intelligente, non può so-pravvivere senza gli altri. Dunque, il modo migliore persoddisfare i tuoi desideri e raggiungere i tuoi obiettivi è aiutaregli altri, farsi nuovi amici”

(Dalai Lama)

Da “Il Libro della gioia”, Dalai Lama e Desmond Tutu, con Dou-glas Abrams.

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