C E A E L E LE A E SANKALPA - cadelleoreDa giovane volevo una vita speciale, qualcosa che mi desse...

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UN CUORE APERTO OLTRE LE PAURE DALL’ASSOCIAZIONE PAg. 8 CONDIVIDERE IN VERITÀ DALL’EREMO PAg. 4 VIVERE CON AMORE CÀ DELLE ORE PAg. 22 RINASCERE ALLA VITA CON IL MONDO PAg. 29 CON IL CUORE IN MANO TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE SANKALPA ONLUS ANNO XVII - N. 4 DALLE DIPENDENZE ALLA LIBERTÀ SANKALPA

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UN CUORE APERTO OLTRE LE PAURE

DALL’ASSOCIAZIONE

PAg. 8

CONDIVIDERE

IN VERITÀ

DALL’EREMO

PAg. 4

VIVERE

CON AMORE

CÀ DELLE ORE

PAg. 22

RINASCERE

ALLA VITA

CON IL MONDO

PAg. 29

CON IL CUORE

IN MANO

TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE SANKALPA ONLUS ANNO XVII - N. 4

DALLE DI PEN DENZE ALLA LI BE RTÀ

SANKALPA

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EREMO DI S. PIETROSituato tra le verdi colline di Mason Vic. tra ulivi, vi-

ti e ciliegi, è un luogo di pace e silenzio, di serenità eraccoglimento, di ricerca spirituale e meditazione. Iprimi cenni della sua esistenza risalgono al 1293 edopo varie alternanze di custodia, arriva a questa or-mai semi-distrutta chiesetta, nel 1983, Padre Ireneoda gemona, frate francescano, che con devozioneed impegno, con l’aiuto di tanti volonterosi, ha ridatovita all’antica costruzione. Nel tempo è diventato uncentro di spiritualità e di accoglienza dove si può fa-re esperienza di preghiera e raccoglimento, di incon-tri individuali e di gruppo, formazione umana espirituale, condivisione...

è il “cuore” che pulsa e nutre tutte le attività fon-date da P. Ireneo e che da qui sono partite.

ASSOCIAZIONESANKALPA

L’Associazione Sankalpa nasce nel giugno 2000 pressol’Eremo di S. Pietro a Mason Vicentino con due attività:presso la Comunità terapeutica “Cà delle Ore” di Breganzee presso l’Eremo di S. Pietro. Poi, per rispondere piena-mente ai principi fondamentali cui si ispira “l’uomo è natoper ricevere doni e diventare a sua volta dono e per risco-prire la sua essenza e impegnarsi nell’umanizzazione” leattività si sono sempre più ampliate. Ad oggi siamo impe-gnati nella Comunità, all’Eremo, nella realizzazione com-pleta del giornale Sankalpa, con aiuti verso Bosnia, Brasile,Africa, India, Betlemme ed Ecuador nelle raccolte e distri-buzioni di generi di prima necessità, nelle raccolte fondicon mercatini, cassettine presso esercizi del territorio,adozione di progetti a distanza e sensibilizzazione indivi-duale e quanto ancora troveremo sul nostro cammino.

FRATERNITÀ S. FRANCESCOCOMUNITÀ CA’ DELLE ORE

Nasce nel 1981 per volontà dei Frati Minori Veneti come comunità di accoglienza,si evolve poi come Cà delle Ore cooperativa sociale nel 1984 per gestire l’omonimacomunità terapeutica per il recupero e la riabilitazione di persone affette da di-pendenza da sostanze ed alcool. La comunità è situata sulle colline dell’alto vicentino,a Breganze (VI), in una struttura ampia ed accogliente immersa nelle prealpi venete.Sono accolti sino ad un massimo di 25 utenti residenziali, mantenendo nel profilodi “piccola comunità” un rapporto tra numero di utenti e operatori basso, perfavorire un approccio il più possibile individualizzato e personalizzato. Il progettoterapeutico riabilitativo Sankalpa, mira alla rinascita del soggetto ad una nuova vitanella sua interezza di uomo, proponendo un approccio di ampio respiro, che trovale sue radici nella visione francescana della vita e nella psicologia transpersonalee sistemico-costruttivista. Il progetto Sankalpa prevede un percorso individualizzatodi psicoterapia personale e di gruppo, integrato con una serie di attività psicocor-poree, culturali e educative, anche esterne alla comunità, nonché incontri con lefamiglie, e fase per il reinserimento lavorativo e follow up dopo la dimissione.

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3SANKALPA

gli AUGURI quest’anno lifaccio a me e con TUTTOIL CUORE a ciascuno di

voi, a partire dai giovani ospiti dellaComunità, agli operatori, alle fa-miglie, ai soci e a tutti gli amici cheAIUTANO questa “FRATERNITÀFRANCESCANA POLIEDRICA”che da 36 anni è in cammino.

È un augurio a vivere il S. NA-TALE come una MAGNIFICAOPPORTUNITÀ per riprenderein mano la Vita e viverla conAMORE, Dio che è Amore si fauomo-dono di amore incondizio-nato per noi… è l’incontro del Cie-lo con la terra...!

“Facciamo continuamente degli errori e talvolta sembranosempre gli stessi. Certo, sarebbe meglio per tutti riuscire adevitare di farli, però alla fine non importa quante volte saremocaduti, ma quante volte ci saremo rialzati. Questo vale pertutti.

Non importa quello che fai, che hai fatto e chi sei. Non im-porta se quando lo guardi il tuo passato ti lascia l’amaro inbocca, se in fondo non sei così soddisfatto di quello che hairealizzato. Non importa se hai fregato te stesso mille volte, sealtri hai fatto credere di essere qualcosa che non sei, se haimentito a te stesso. Non importa, ora non più.

Ciò che davvero conta è la decisione che ora puoi prendere,il passo che puoi fare verso la tua autentica libertà. Adessopuoi scegliere di prendere in mano la tua vita, liberarla dallecatene e affidarla in tutto e per tutto a Dio. Tu sei un essereunico e irripetibile, le forze più straordinarie della vita si uni-scono in t per darti l’opportunità di essere qui, ora.

Sei un miracolo che cammina, un portento che ascolta, unprodigio che agisce nella Storia. Nessuno potrà prendere il tuoposto, nessuno potrà strappartelo mai, nemmeno con la for-za.

Se tu lo vuoi, il Cielo e la Terra si uniranno per darti ciòche a te e solo a te serve davvero per realizzare la tua operaumana in perfetta connessione con l’opera divina.

Se tu lo vuoi, e sono certo che lo vuoi, sarai Leggenda.La LeggendaCammini a passi svelti

Mi piace la tua ombradanza sulla sabbiae lascia un segno sulla terra.Da lungo tempo viaggima la tua meta è certahai fatto scelte audacie ho visto quanto conta.Non so come m’hai cambiatoMi sento acceso come mai primae il sole m’illumina la via e il visoHo scelto il mio destino.Tutta la mia vita è una folle storiae tutta questa voce canta una vittoria:il fuoco nelle vene che cambia il male in bene!Questa è la mia Luce e spezza le catene.È più di una leggendaLa gente ancora sognaResiste a chi la ingannaNon si rassegna a chi le impone una vita fasulla.Lo senti il sole che illumina la via e il viso?È questo il mio destino.Da giovane volevo una vita speciale,qualcosa che mi desse la spinta a continuareDi certo non pensavo a questa mia missione,ma tutto ora ha un senso: mi dono per Amore”.

(Francesco Lorenzi – La strada del Sole – Ed. Rizzoli)

Ecco… ciò che auguro e ciò che spero. Buon Natale e Buon Inizio di un Nuovo tempo nella Luce.P. Ireneo

DALL’EREMO

NATALE – DONO D’AMORE

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DALL’EREMO

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La gioia è un fuoco che senti dentro e ti scalda il cuore,un sorriso, un abbraccio.La felicità è quando abbiamo l’anima dipinta con i colori della pace,un respiro leggero, una lacrima felice.La speranza è non mollare mai,è conoscere l’impossibile e affrontarlo.L’amicizia è rifiutare il mondo per trovare l’universo negli occhi di un amico,è avere una spalla su cui piangere e un motivo per sorridere.L’amore è ascoltare, capire, provarema è anche litigio, consapevolezza e perdono.Tutto questo ce l’ha donato Dio e l’ha donato a tutti.

Marta C.

PENSIERI IN UNA SERA D’AUTUNNO…

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5SANKALPA

DALL’EREMO

UN INSOLITO NATALE!

Questi due grandi personaggi della storia contem-poranea, uno, genio della scienza moderna e l'al-tro genio della scienza antica orientale, ognuno

a modo suo e per vie con-trapposte, sembranomandarci entrambi lostesso messaggio. Nonbasta credere a un'ideanuova, per avere una vitanuova. Se guardiamo at-tentamente la storia, le ri-voluzioni, i cambiamenti,sono sempre accaduti apartire da un ideale. Daconcetti spirituali, politici,sociali o scientifici. Masempre comunque idee,concetti, elaborati dalpensiero. Il generatore deipensieri, se cosi si può di-re, cioè la mente, è statapresa in considerazionesolamente negli ultimidecenni, quindi, proba-bilmente, non è mai cam-biata nei secoli. L'uso della mente razionale, infatti, èstato l'unico strumento tramandato in occidente. Inoriente invece, i Veda, facevano una separazione distintatra la mente intuitiva, e la mente razionale, già cinquemilaanni prima di Albert Einstein. Le rivoluzioni che cono-sciamo, politiche, sociali, culturali o religiose che sianoquindi, nel migliore dei casi hanno proposto nuove idee,ma la mente di chi ha ricevuto queste nuove idee non èmai cambiata e non era pronta a riceverle. È come cam-biare la qualità del seme, invece di cambiare la qualitàdel terreno che deve riceverlo, come ben descrive la pa-

rabola del seminatore, “...e una parte cadde nella terrabuona e diede frutto” è la terra buona che fa la differenza.Che cosa può essere quindi dentro di me la terra buona?

Di che cosa ho bisogno,mi chiedo, per accoglie-re un livello di veritàpiù alto, che mi consen-ta di andare un po’ piùin profondità del puroconcetto teologico, chemi faccia uscire da unapigrizia spirituale in cuiin realtà non c'è nessunsenso autentico di ricer-ca, ma uno sterile repli-care sempre gli stessigesti e gli stessi pensieri.Un natale consumistico,per esempio, che invecedi celebrare l'avventodell'amore incondizio-nato nel mondo, si ada-gia pigramente in unsottofondo di tradizionidove l'amore è tutt'altro

che incondizionato. Al bambino buono babbo nataleporta il regalo, al bambino cattivo la befana porta il car-bone. È questo il messaggio? Se sarò buono avrò il premioe sarò felice? Se sarò questo, se avrò quello, se otterròquell'altro allora sarò felice, se avrò successo, se avrò de-naro, sarò felice? Il Buddha, nelle quattro nobili verità,afferma che il bisogno di diventare qualcosa non permettea ciò che già siamo di emergere, e dice che lì è la vera fe-licità, nel superamento del processo del divenire. Conparole più semplici Gesù mi invita semplicemente a cer-care il regno di Dio dentro di me, “cercate prima di tutto

“La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo. Noi abbiamocreato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono. - Il mondo che abbiamo creatoè il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo ilnostro modo di pensare”.

Albert Einstein“C’è una rivoluzione che dobbiamo fare se veramente vogliamo sottrarci all’angoscia, ai

conflitti e alle frustrazioni in cui siamo afferrati. Questa rivoluzione deve cominciare noncon le teorie o le ideologie, ma con una radicale trasformazione della nostra mente”.

Jiddu Krishnamurti

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DALL’EREMO

il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà datoin aggiunta”. “Il regno di Dio è dentro di voi”.

Non è una terra lontana da scoprire, non è un premioda conquistare, il regno di Dio è già presente, deve sem-plicemente emergere. E invece ci hanno sempre insegnatoa diventare qualcuno, qualcosa, perché diventare qual-cuno nella vita è sinonimo di sicurezza, realizzazione,successo, è il motore delle nostre azioni e dei nostri pen-sieri. Tutti cerchiamo di affermarci, di trovare la nostraidentità, anche nelle cose più semplici, diventare unamoglie, un papà, un sacerdote, acquistare una casa, tro-vare un posto fisso, quanti desideri ci sono nella nostramente e quante aspettative? E cosa c’è di male? Lo fannotutti, e se lo fanno tutti è normale. Ma, se osserviamocon particolare attenzione questi processi del pensiero,scopriremo che automaticamente e inconsapevolmente,questi desideri si trasformano in paure, paura di perderequalcosa o paura di non riuscire a raggiungere qualcosa.Questo conflitto inconscio, tra il desiderare fortementequalcosa, ma allo stesso tempo temere di non raggiun-gerlo, di non essere all'altezza, o di perderlo una voltaraggiunto, genera ansia, insicurezza, agitazione, compe-tizione, preoccupazione, diffidenza, aggressività, isola-mento, separazione, infelicità, senza alcun motivo reale,perché le paure sono sempre proiettate in un qualcosache deve ancora accadere. La paura di perdere la faccia,la paura di far brutta figura, per esempio, quanto incidonosulla mia creatività o sulla mia unicità? E quanto condi-zionano queste paure l'immagine che ho di me stessocome buon cittadino, buon cristiano, buon genitore,buon maestro? C'è qualcosa in me, che trascende ciò cheposso fare per essere più buono? C'è qualcosa in me che

non sia condizionato dalla mia idea di “buono”, dal miodesiderio e dal mio sforzo per raggiungerlo? Cioè, C'èqualcosa in me di cui posso fare esperienza, per il qualenon devo fare niente perché diventi quello che è, perchégià lo è? Un qualcosa che aspetta di essere rivelato. Unqualcosa fuori dal tempo, fuori dal processo del divenire,qualcosa di eterno e già perfetto? Secondo i più grandimaestri orientali quel qualcosa è lo spazio di consape-volezza in cui tutto accade e lo chiamano il vero sé, è liche secondo il Buddha, si raggiunge l'illuminazione.

Possibile quindi che il regno di Dio di cui parla Gesùsia uno spazio cosciente senza forma, che ha il potere diliberarmi dalla mia storia personale e dai condiziona-menti che questa genera? Si tratta quindi di realizzareciò che siamo sempre stati e sempre saremo e non di di-ventare qualcosa dopo uno sforzo di pratica? È forse inquesto “io sono” senza forma che è in me, che non vedoma posso intuire, che non ha desideri perché è già tutto,che si nasconde la mia vera identità? E possibile che lanatura essenziale di ogni persona sia la quiete della puracoscienza non separata? In oriente si dice che anche soloun bagliore di percezione di questa Realtà, genera uncambiamento totale e definitivo.

Gesù invece mi dice che basta una fede grande comeun granello di senapa per realizzare tutto questo e moltoaltro, ma questo seme, può dare frutto in una mente di-stratta e piena di aspettative? Che cosa posso fare quindiper preparare un terreno fertile, profondo, acuto e in-tuitivo? Nulla! Nel senso più sacro e profondo del ter-mine. È proprio Gesù a dirmelo, nel modo più semplicee chiaro possibile, “beati gli ultimi”. Beati quelli che hannofallito, quelli che lasciano perdere, beati quelli che si ar-

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rendono e non sentono più il bisogno di competere achi fa di più, a chi è di più, a chi ottiene più denaro, piùprestigio, più fama, insomma, a chi ha più successo nellavita. “Beati gli umili”, quelli che hanno il coraggio dilasciar cadere tutto il bisogno di dimostrare di essere mi-gliori di quello che in realtà sono. Quelli che accettanoquello che c'è, cosi com’è, finché c'è. Che non si affannanoper il domani, ma che vivono il momento presente perquello che è, senza cercare di renderlo diverso da comeè. Arrendersi e affidarsi. Questo insegna il maestro Gesùe questo non vuol dire non avere desideri o non averesogni da realizzare, “chiedi e ti sarà dato”, ma vuol direaffidarli a questa “coscienza” superiore che io sono,“...nonla mia, ma la Tua volontà”.

Finché continuerò a proiettare la mia felicità nel fu-turo, non potrò mai essere felice adesso e la vita, pianopiano, perderà valore e profondità e sarà sempre più in-soddisfacente e triste, e la lamentela sarà la sua unicaespressione. Fin quando sono preso dal bisogno di di-mostrare quanto io valgo, un valore immensamente piùgrande di me non può circolare attraverso di me. Mentresono preso dalla frenesia di realizzare tutti i desideri delmondo, non mi sto accorgendo che sono nel mondo pertrovare il senso profondo di chi sono veramente. Senso,che nella ricerca dei successi, anche spirituali, non solonon trovo, ma perdo anche quel poco che ho. Senza dub-bio il pensiero razionale è uno strumento eccezional-mente efficiente per la sopravvivenza e per l'evoluzione,indispensabile per migliorare le condizioni di vita, at-traverso la medicina, la tecnologia ecc. Essere efficientiè una cosa meravigliosa, ma sono veramente convintoche sono in questo mondo per essere solamente efficiente

come mi vuole far credere il “mondo”? Sono qui per pro-durre e consumare oppure c'è un altro motivo per cuimi sono incarnato in questo corpo? La mente mi rendeuna persona efficiente, certo, ma può rendermi anchelibero e felice? O deve emergere qualcosa di nuovo inme perché questo possa realizzarsi? L'educazione, i con-dizionamenti, i bombardamenti mediatici a cui siamosottoposti fin dall'infanzia, creano quel senso di me cheho sempre pensato di essere, ma che non è me e che vienechiamato “io”. L'“io” mi dice che sono il mio ruolo, lemie esperienze, il mio sapere, le mie conquiste, “io” sonoun professore, “io” sono un manager, un miliardario, unmarito, un impiegato, l'ego mi dice che “io” sono il miopassato e se per qualche motivo tutto questo viene meno,allora l'ego mi dirà che “io” sono un perdente, per cuinon vale più la pena di vivere. Ma il problema non è l'ego,l'ego è uno strumento che mi identifica nella società, chemi da nome e ruolo, il problema è la mia totale e incon-sapevole identificazione con il continuo flusso di pensieriche esso genera senza controllo e che sono l'origine dellemie azioni. Quindi, per essere di più, per essere migliore,per vincere, devo sapere di più, devo avere più ruoli, farepiù esperienze, devo darmi da fare, devo impegnarmi dipiù. In questo modo, semplicemente non mi accorgo cheil pensiero compulsivo, il dialogo mentale incessante incui sono identificato, è tenuto acceso proprio dal bisognoinconsapevole di diventare qualcosa nel futuro. In uncerto senso il pensiero è futuro, che genera l'idea del tem-po psicologico che percepisco interiormente, ma che difatto mi impedisce di “essere” nel momento presente.Cosa posso fare quindi? Nulla! Nel senso più profondoe più sacro del termine. Posso solo sedermi immobile,in silenziosa ma attenta osservazione di quella parte dime che pensa e che genera questo processo, senza fareniente, senza cercare di cambiare niente, ma semplice-mente diventando consapevole della realtà che sto vi-vendo. In questo modo, si attiva automaticamente espontaneamente un livello superiore di consapevolezza,con il quale, piano piano, nella pratica del silenzio, faemergere dal profondo la comprensione che esiste unvasto “regno” di “intelligenza” dentro di me oltre al pen-siero, e che le cose che contano davvero, la bellezza, l’amo-re, la creatività, la gioia, l'armonia, la pace interiore,sorgono al di là dei miei desideri e dei miei pensieri. Lamente può rendermi efficiente, non potrà mai rendermifelice. Allora la mente diventa silenziosa spontaneamentee naturalmente, non ci sarà bisogno di sforzo per renderlasilenziosa, perché una mente silenziosa non è una mentesenza pensieri, ma una mente senza identificazioni. Svin-colato dall'identificazione il pensiero diventa un candidostrumento di manifestazione per questa nuova “intelli-genza, capace di fare nuove tutte le cose, capace di tra-sformare non solo me stesso, ma anche il mondo che micirconda. Non più un puro concetto teologico, ma un'au-tentica esperienza personale. Non possiamo che augu-rarcelo, gli uni gli altri. Con tutto il rispetto per la befanae babbo natale, che sia per tutti un insolito Natale.

Gruppo di meditazione Eremo di San Pietro.

7SANKALPA

DALL’EREMO

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DALL’ASSOCIAZIONE

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NOTIZIE…

“L’amore non è un dono riservato ai buoni,ma il fondamento della vita di ognuno”

Giovedì 26 Ottobre i volontari del gruppoMagazzino e Smistamento si sono ritrovatiall’Eremo per condividere una cena fraternae Sabato 11 Novembre gli amici del merca-tino si sono incontrati per partecipare a unmomento di preghiera cui è seguita una ce-na conviviale.

Sono sempre momenti importanti utiliper rafforzare l’amicizia, la fraternità e spro-narci a superare i nostri egoismi e ad aprircigli uni agli altri per imparare ad ascoltare eascoltarsi.

Nelle domeniche di Novembre si sono svolti gli incontri di formazione pertutti i soci-volontari e amici di Sankalpa. Si è continuato a riflettere sul testo“DOCAT – Che cosa fare?”.

Padre Ireneo durante questi incontri ci invita a riflettereche essere uomo, donna significa assumersi delle respon-sabilità, che è un dovere morale aiutare gli altri, servire ilbene comune, assistere ogni individuo a sviluppare unadignità perenne. Dobbiamo quindi “fare”, ma l’importanteè che le basi del nostro “fare” siano regolate dai principiuniversali di Verità, Giustizia e Amore.

Siamo dentro un progetto di grande umanità e bisognarenderci liberi dai condizionamenti capaci di donare, diessere dono, di camminare insieme nelle diversità, di pren-derci per mano e accompagnarci a vicenda nel cammino della vita.

La partecipazione agli incontri è stata molto sentita e interessata.

Lunedì 6 Novembre si è svolto l’incontroperiodico di aggiornamento e formazione spe-cifico per i volontari della Comunità Cà DelleOre tenuto dal direttore dott. Giovanni Carollo.L’incontro, come di solito, è stato molto inte-ressante, ricco di spiegazioni e chiarimentiutili ai volontari per svolgere nel miglior modoil loro servizio in comunità e per una cono-scenza e sviluppo personale.

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DALL’ASSOCIAZIONE

9SANKALPA

Sono ripresi nel mese di Novembre i corsi di meditazione che sitengono come di consueto il mercoledì alle ore 20,15 per i principianti

e il venerdì sempre alle ore 20,15 per i non prin-cipianti.

Anche quest’anno la partecipazione è assai nu-merosa (circa un’ottantina di persone) questo a se-gnalare il grande bisogno di armonia, di pace, disilenzio di cui sempre più hanno bisogno le personeche frequentano l’Eremo e che attraverso la me-ditazione possono arrivare a calmare i pensieri, aprovare la vera gioia e ad aprire il cuore. Con ilcuore aperto liberato dalle paure ogni esperienza

può diventare un’occasione di crescita e un dono meraviglioso.

Sabato 25 Novembre alcuni volontari dellanostra Associazione hanno partecipato allaGiornata Nazionale della Colletta Alimentare,promossa e organizzata dal Banco Alimen-tare.

È stato significativo ed importante avercollaborato a questo evento, è una piccolarestituzione per quanto ogni mese riceviamo dal Banco Ali-mentare di Verona, che serve ad arricchire ciò che racco-gliamo con le nostre “Raccolte” e che serve per meglio aiutarele famiglie in difficoltà che sosteniamo.

Nell’Assemblea di Venerdì 8 Dicembre oltre ariflettere sul tema “Ascoltare, decidere e agire concoraggio, senza paura di andare controcorrente. Treatteggiamenti che aiutano ad andare avanti nelcammino del servizio”. (dal discorso di papa Fran-cesco ai volontari della GMG a Cracovia), vengonoricordate due figure esemplari di amici/soci chesono saliti in cielo: Marchioro Gianfranco e Cam-pagnolo Graziano. Oltre a questi due volontaripreziosi per la loro costanza e affidabilità vogliamoricordare e ringraziare anche tutti gli amici di San-kalpa, dell’Eremo e della Comunità Cà Delle Oreche sono andati avanti e che con noi hanno con-diviso gli ideali e i principi che sono alla base delnostro agire.

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DALL’ASSOCIAZIONE

Per l’Assemblea dell’8 dicembre dell’Associazione San-kalpa di quest’anno è stato scelto, come tema di ri-flessione della giornata, “Ascoltare, decidere e agire

con coraggio, senza paura di andare controcorrente. Treatteggiamenti che aiutano ad andare avanti nel camminodel servizio”. (dal discorso di papa Francesco ai volontaridella GMG a Cracovia)

Questo pensiero di Papa Francesco può aiutare ancheil cammino personale di ciascuno, e non solo il lavoro deivolontari, se prendiamo bene in esame i tre verbi-atteggia-menti rilevati, li approfondiamo, li assorbiamo e poi li met-tiamo in pratica.

L’Assemblea dell’8 dicembre, al termine di un altro annosociale, è per noi il momento del bilancio morale del nostro“essere” e del nostro “fare” e questa frase di Papa Francescosintetizza pienamente ciò che cerchiamo di portare avan-ti.

Nel mondo che ci circonda sembra che ascolto non cene sia proprio, ognuno cerca di urlare più forte dell’altroper far sentire la propria voce, mettersi in mostra ed imporrele proprie idee; le decisioni che si prendono non sono dettateda valori universali, ma da spinte personalistiche ed obiettivialquanto materiali; l’agire poi è il risultato delle due azioniprecedenti.

Questo è quanto in gran parte si vede intorno a noi e sicerca di far passare in ogni modo come esempio da seguireper essere in linea con i tempi, ma a ben guardare c’è anchetutt’altro modo di esprimersi nella vita, ci sono tante silen-

ziose persone, famiglie, gruppi, associazioni…. che ascoltano(nel senso di udire con attenzione e vedere le necessità),che prendono buone decisioni e agiscono di conseguenzae con coraggio. Sì, per portare avanti un modo di essere edi fare suggerito dalla giustizia, dal rispetto e dall’amore peril prossimo, ci vuole coraggio, perché si cozza continuamentecon il pensiero comune individualistico, materialistico eprepotente, irrispettoso delle idee e del credo degli altri.

Come siamo e come agiamo dipende da ciò in cui cre-diamo, dal senso che diamo alla vita e dai valori che ci spin-gono e ci sostengono. Dipende da che parte stiamo, qualidecisioni prendiamo! E da che parte stiamo lo possiamo edobbiamo dimostrare con ogni nostro atteggiamento anchenella quotidianità della nostra vita, senza nasconderci dietropigrizie o le solite scuse “ma io che posso fare…”, “ci devepensare lo stato…”.

E l’augurio che faccio a tutti e a ciascuno è che possiamoriuscire veramente ad ascoltare con attenzione, a prenderele decisioni giuste e ad agire con determinazione per il benedi tutti, per una società migliore, per un mondo migliore,consapevoli che i grandi cambiamenti iniziano dalle piccolecose.

Auguri, amici, BUON CAMMINO e BUON NATA-LE!!!!!

La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza difare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò chegli altri dicono e fanno (Gandhi)

ASCOLTARE,

DECIDERE E AgIREdi Armida galasso

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11SANKALPA

DALL’ASSOCIAZIONE

Come direbbe, facendo appello a tutto il suo sanguignovigore, Tonino Di Pietro - Ma che c’azzecca una squa-dra di calcio con la Shoah?- Ebbene sì, c’azzecca e

non è nemmeno la prima volta che il mondo sportivo in-crocia ruvidamente il mondo giudaico. C’è stato nel tempochi ha deciso, come l’Ajax in Olanda e il Tottenham in In-ghilterra, di affratellarsi con le comunità ebraiche della propriacittà, divenendone vessillo e chi ha deciso di seguitare a ri-proporre vecchi slogan, vecchie frasi antisemite che offen-dono più chi le pronuncia di chi le riceve. Su questo filonesi inserisce l’autodenigratoria trovata della fazione ultràlaziale degli Irriducibili, che ha diffuso migliaia di fotografiegrandi quanto una figurina di calcio, che riproducono AnnaFrank vestita con i colori giallorossi dell’odiata cugina capi-tolina. La tifoseria biancazzurra nazi-fascista non è nuovaa demenzialità del genere. Già in passato, tifosi ma anchepresidenti e pure giocatori nostalgici del Ventennio si sonoaccomodati in casa Lazio, sentendola coma propria. La co-munità ebraica di Roma, attraverso la sua portavoce ha ov-viamente tuonato contro la poca sensibilità e la mancatavigilanza del mondo calcistico rispetto a manifestazioni cosìurticanti di xenofobia e di antiebraismo. In uno Stato cul-turalmente evoluto, non sarebbe dovuto nemmeno esserenecessaria la sonora indignazione della comunità ebraica,perché bruciata sul tempo da quella dei tifosi romanistipronti ad appuntare sulla propria giacca la foto di AnnaFrank in maglia romanista, onorati per essere stati associatialla ragazzina tedesca. Ma non è andata così e ognuno netragga le conclusioni che crede. Tale e tanta strada, culturae genio separano il mondo dei figli di David da quella sot-tocultura gretta, becera e bavosa che si annida nella societàcomune e di riflesso anche nello sport, ma questa consape-volezza non è sufficiente per poter fare spallucce a questaennesima trovata idiota. Lo sport, nonostante ci si ostini apensarlo fatto d’altro, è fatto della stessa sostanza di cui èfatta la vita in ogni sua espressione. Non è più nobile di tutto

il resto che ci circonda. Fino a che la diversità verrà consi-derata colpa di cui scusarsi e per la quale implorare amorevolecomprensione saremo condannati in eterno come Prometeoa rivivere il supplizio inferto al corpo di una società mai cre-sciuta, mai rasserenata nel profondo, mai risolta nei suoi in-cubi e nelle sue “necessarie” ossessioni. La confusione cheancora permette il dilagare di ipocrisia infestante è proprialegata alla lettura politica che ancora si dà al fenomeno an-tisemita. La violenza subita dagli ebrei, a cui aggiungiamosinti, slavi, ritardati, sbandati e nemici politici non può cheavere una condanna tombale, è un decreto di inammissibilitàverso l’atto stesso: Non uccidere, non ti è permesso da qual-siasi punto tu intenda partire. Le valutazioni su eventi storici,passibili di considerazioni e rivisitazioni è cosa per gli storiciche percorrono vie di speculazione e di indagine su accadi-menti personali e collettivi. Là, su quel piano, ci si può trovareper parlarne. Ma sull’atto no, non si può. Nemmeno per unattimo. E invece, si rimane sempre lì a fare cortocircuito: Gliebrei nel 1945 internati e uccisi nei campi di concentramento.E tutti noi guardiamo là, esecriamo e rimaniamo torti al-l’indietro, mentre il mondo ripropone lo stesso film. Ci siadombra e ci si indigna e migliaia di poveracci tribolano esoffrono in egual misura nei campi di internamento sullacosta libica. Nel 2017 sui fondali del Mediterraneo un numeroimprecisato di uomini, donne e bambini hanno finito la lorodisperata rincorsa alla sopravvivenza, fuggendo da guerree dall’assenza di tutto. Stiamo a guardare la sofferenza passarcidavanti come fosse altro da noi, come riguardasse solo glisventurati che popolano le periferie sociali e geografiche delmondo. A colpi di pietistica contrizione governiamo questisentimenti, non diversamente da come fece il mondo piùdi settant’anni fa. Ecco perché quel semplice quadratino dicarta con su disegnata la ragazzina in giallorosso non è unproblema ebraico è innanzitutto un problema del non- ebreo,del non-africano, del non-malato, del non-emarginato cheancora non sa fare i conti con l’inclusione dell’altro.

PER FORTUNA ChE C’è ANNAdi giacomo Rosa

(Bruno Neri (1910-1944) giocatore della Fiorentina. Nel 1931 fu l’unico a non rendere omaggio alle autorità rifiutandosi di eseguire il sa-luto romano

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COSA NE SARÀ DELLO SPORT?

di giacomo Rosa

RIVENDICOIL DIRITTO DI ESSERE

VECChIO

Ogni giorno la modernità ci spiega chele novità sono irrinunciabili. Come si è vi-sto, perfino la secolare concezione del-l’idea di sport sembra divenuta stantìa eda rivedere. Il televisore lcd, seppur recen-te, non è abbastanza nuovo. Se contesti, tispiegano con sufficienza rassegnata che sitratta dell’inesauribile rincorsa alla como-dità che l’era tecnologica ha previsto pro-prio per ciascuno di noi. Sarà, ma ildiritto all’efficienza io lo sento piuttostocome un logorante dovere di efficienza,che non desidero, non sento, non amo. Ildiritto a prendersi indietro un mezzo pas-so non è previsto, non è permesso. Glistrumenti tecnologici vanno cambiati dicontinuo, va imparato il loro uso, vannoazzerate le nostre abitudini e va messamano al portafogli, con la sensazione didover pagare per quel che non si desidera:la rincorsa alla prestazione. Se rompi di-sgraziatamente il telefonino che sei riusci-to a domare con sudore e sangue, dalnegoziante non lo trovi già più e sei co-stretto a comperare la nuova serie dotatadi un sistema operativo completamentediverso. Cambiare fornitore elettrico, tele-fonico o del gas è diventato snervante, pa-ri a un lavoro.Non posso piùnemmeno gode-re dell’assurda eincomprensibilelibertà di rima-nere legato alvecchio fornito-re, magari il piùcostoso sul mer-cato. Desiderovivere come un consumatore affetto dasindrome di Stoccolma. Voglio pagare lanon preoccupazione di rescindere un con-tratto e vivere l’odissea di riallacciare unanuova utenza. Ma tutto questo, seppur an-tieconomico, mi è vietato. Insomma, nes-suno nega che il progresso sia portatore dicomodità, di velocità e di efficienza a pat-to però siano cose desiderate e non impo-ste. L’imposizione, fosse anche al meglio,ha un solo nome: dittatura. E questa nonmi ha mai ispirato simpatia.

giusto in questi giorni, dopo qualche anno di discussioni il Co-mitato olimpico internazionale (CIO) ha deciso di aprire ai vi-deogiochi e ora per loro pare profilarsi un futuro olimpico. Scelta

questa che ha letteralmente diviso la pubblica opinione tra scettici epossibilisti. La mia non vuole essere un’ulteriore presa di posizione,magari pregiudiziale, ma un semplice tentativo di lettura di un futuroche corre così velocemente da non concederci né ostinazioni nostalgiche,né profetici ma irragionevoli salti in avanti. I videogiochi sono una realtàincontestabile, che occupa quotidianamente parecchio del tempo di cuidispongono gli adolescenti (e non solo). Possiamo pensarne quel chevogliamo ma gli e-sports intrattengono come uno sport, impegnanocome uno sport e sono seguiti quanto e più di molti sport assurti alla

nobiltà olimpica, come ilcurling, il badminton o labmx. Le loro gare o contestriempiono stadi da 40milaspettatori e vengono seguitein diretta da milioni di per-sone in tutto il mondo. I lorocampioni guadagnano cifrecon sei zeri, in certi casi allivello di Ronaldo e Messi. Iloro exploit comportanocentinaia di azioni nello spa-zio di un minuto, con unosforzo di concentrazione e

un’abilità tecnica che solo un talento naturale e un inflessibile regimedi allenamenti possono rendere possibile. Adesso, come logico, dopoanni di pervasiva e progressiva intrusione nelle nostre vite i video giochihanno chiesto di varcare un altro traguardo: diventare una disciplinaolimpica. Il comitato olimpico è parso possibilista e aperto. Ma ammettereun nuovo sport alle Olimpiadi è un processo lento e laborioso. Per dipiù il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha posto un limite al nu-mero di sport che possono partecipare ai Giochi, per cui aggiungerneuno nuovo sarebbe complicato ma possibile. Se i videogiochi fosseroaccettati come disciplina olimpica, non solamente riconosciuti comesport, cioè messi a calendario, non significherebbe automaticamentevederli ai Giochi di Tokio 2020 o di Parigi 2024 . Ma che cosa ha indottogli esperti del Cio ad accogliere nel novero degli sport i video-giochi?Innanzitutto sport significa etimologicamente allontanarsi; e fino a quiniente da eccepire. Poi ci si è accorti che non si gioca da soli ma insiemead altri, attraverso il web; e ancora che l’età media di chi gioca è fra i 20e 35 anni; quindi che migliaia di persone assistono dal vivo alle partitepiù importanti, e dieci o 100 volte tanti si sintonizzano su Internet otivù per guardarle. A una recente finale dei mondiali di Riot Game perla League of Legends, a Seul, in Corea del Sud, c’erano 40mila spettatoriin uno stadio. Sono sfide altamente competitive, con giocatori profes-sionisti che devono avere riflessi rapidissimi e capacità di prendere alvolo una decisione dopo l’altra. È stato calcolato che compiono più di300 azioni al minuto. Che volete che vi dica… è il progresso.

Tano-Festa-Don Chisciotte, 1986

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DALL’ASSOCIAZIONE

13SANKALPA

Qualche giorno fa, per ragioni dilavoro, mi è capitato di udirequesta frase: “La felicità è trovare

cento euro per terra, la gioia è usarli peroffrire da bere agli amici”. È solo un esem-pio, certo. E non so se questa sia la defi-nizione corretta per tali stati d'animo(ammesso che per essi, come per ognisentimento, esista una definizione esau-stiva), ma certamente fa riflettere sul fattoche, senza condivisione, anche un sen-timento come la felicità rischia di assu-mere un carattere solipsistico,masturbatorio.

Lo stesso giorno, per ben altre ragioni,mi è capitato di leggere una dichiarazionedi Nick Cave, artista australiano profondocome le tenebre a lungo frequentate, uo-mo attualmente molto lucido e ben av-viato lungo le strade della redenzione.Due anni fa, addomesticati da tempogran parte dei suoi demoni, ha dovutoaffrontare il dolore più grande: la mortedi un figlio di 15 anni, caduto da una sco-gliera (il fatto che il ragazzo fosse sottol'effetto dell'LSD non toglie un milligram-mo a quel dolore). Nell'intervista rac-contava di come avesse iniziato a reagirea quella tragedia: rendendosi conto che“ognuno ha avuto la propria esperienzacon la tristezza […]. Tutti noi, in un certosenso siamo in lutto, se non per noi stessi,per il mondo. La cosa più bella per me,quella che mi ha cambiato, quella che miha fatto venire fuori da quel posto terrifi-cante, è stato capire che in questo ci siamodentro tutti assieme. È la vita”.

Mi sembra che si torni sempre lì: allanecessità di una condivisione con l'altroda noi, perché tutto quello che fa partedelle nostre vite assuma il significato e ladimensione giusti. Altrimenti, nella so-litudine, la felicità perde peso, mentre ildolore ingrassa fino a divenire obeso einsostenibile.

Probabilmente eserciti di asceti o diaspiranti tali non saranno d'accordo. Nel-la verticalità del loro rapporto con Dioo con qualsiasi altro Essere Buddhiforme,hanno trovato le risposte e le soluzioni a

ogni enigma dell'anima. Chi, invece,umanamente incapace di liberarsi dallaforza di gravità, ha scelto di vivere in unadimensione orizzontale, si deve confron-tare continuamente con gli altri, affron-tando le gioie, i dolori e le rotture discatole che questo comporta. Sia che perriuscirci si chieda la Grazia dall'Alto, siache si faccia leva esclusivamente sulleproprie forze, non è mai facile. A volteviene da mollare tutto e rifugiarsi sulmonte. Ma per un rapporto esclusivo conDio non c'è fretta. C'è Tempo.

Nel frattempo, per noi orizzontal-mente orientati, niente può essere altret-tanto bello e vero di una risata con gliamici, di un momento d'amore vissutoin due/tre/quattro (una specie di orgiadel cuore insomma), o di una mano cheti asciuga le lacrime.

Ormai condividiamo tutto, in mo-do molto social. Ma taggare e postarenon comporta le stesse rinunce e lostesso impegno che il concetto di con-divisione comportava nelle ere pre-fa-cebook, nel mondo prima del web. Aproposito di rete e di pesci (mammamia che link, se vi piace mettete il vo-stro like), vale forse la pena chiarireun episodio del Vangelo che, sulla basedi una traduzione sbagliata, ci è statotramandato con gusto scenografico dacolossal. Ciò che fece Gesù, non fumoltiplicare i pani e i pesci - in questomodo avrebbe reso impossibile a noiuomini seguire il suo esempio - ma fe-ce una cosa molto più semplice, allaportata di molti: li spezzò e li divise.Ovvero, li condivise. E ci fu da man-giare per tutti.

Forse è il caso di condividere i duesoldi che ci avanzano in tasca, a menoche non li si stia risparmiando per pagarel'obolo a Caronte; ci farebbe bene metterein rete (che non è solo il web) il nostromigliore sorriso, salvo che non lo si vogliariservare allo Specchio Magico, chieden-dogli ogni mattina se siamo ancora i piùbelli del Reame. E vivendo per sempresoli, felici e contenti.

LA PER E LA DIVISOdi Federico Manzardo

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DALL’ASSOCIAZIONE

Chiediamoci:

“Come le nostre comunità cristiane possono diventare sempre più emeglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi?”

L’amore non ammette alibi: chi intende amare come Gesù ha amato,deve fare proprio il suo esempio; soprattutto quando si è chiamati adamare i poveri.

Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli,guardarli negli occhi, abbracciarli per far sentire loro il calore dell’amoreche spezza il cerchio della solitudine.

La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostrecertezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in se stessacostituisce.

La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare aldenaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per lafelicità.

Benedette le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli:sono mani che portano speranza.

Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religionee di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità.

Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza“se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratellila benedizione di Dio.

Papa Francesco

“NON AMIAMO A PAROLE, MA CON I FATTI”

Dal Messaggio di papa Francesco perla 1° Giornata Mondiale dei Poveri

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UNA BELLA NOTIZIA

L’anno scorso è passata a trovarci Suor Agrippina, missionaria di origineburundese che svolge la sua missione a Mabay, nelle Filippine, dove assiemead altre sorelle accoglie bambini orfani e abbandonati.

Durante il suo soggiorno in Italia Suor Agrippina ha conosciuto molte personedi cuore generoso tra cui Padre Ireneo e gli amici dell’Associazione Sankalpache, con le loro donazioni, hanno reso possibile concretizzare un grande sogno,quello di comprare una mucca, per dare a questi bimbi del latte, alimento tantoprezioso per la loro crescita.

Con grande gioia Suor Agrippina ci fa sapere che la mucca è stata acquistata,ma non solo, è nato anche un vitellino e che il latte della sua mamma è unagrande provvidenza per i bambini.

Bastano piccoli gesti per far sorridere queste creature tanto bi-sognose.

Un grande ringraziamento a tutti da Suor Agrippina ed ibimbi di Mabay.

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Era la vigilia di Natale del1223, a Greccio, quandoFrancesco d'Assisi desiderò

che il popolo potesse vedere, sen-tire e addirittura toccare quel me-raviglioso evento: la nascita diGesù a Betlemme. Lamangiatoia, il bue, l'asinoaiutarono Francesco arealizzare il suo desiderio.Quel Natale di Greccio re-stò memorabile. Era l'ini-zio della tradizione delpresepio. Il libro illustratoracconta questa storia contesti brevi e disegni deli-cati, aiutando i bambini acapire il vero significatodel presepe e il messaggiodi "pace e bene" che ne scaturi-sce.

Chiara Amata è una Suora diclausura dell’Ordine di SantaChiara d’Assisi. Ha scelto di viverein clausura per mettersi al servi-zio degli altri nell’obbedienza, maprincipalmente per dedicarsi allapreghiera. Pur dal chiuso del suoMonastero, Chiara Amata avver-

te che, attraverso la preghiera ela contemplazione, Dio la con-duce in tutte le parti del mondo.Ella è anche scrittrice e musicista.Il suo talento è un dono naturaleche le permette, in quanto artista,

di dare vita ai li-bri “Noted’amore delpiccolo France-sco” e “La Not-te Santa”, conun tocco magi-co di colore,usando sempli-cemente i pa-stelli. Tutti isuoi personaggi

storici appaionoin forma contemporanea, susci-tando l’interesse della gente diogni età. Chiara Amata sente che,in questo tempo di rapidi muta-menti nella chiesa e nel mondo,Francesco rimane una presenzasempre valida e attuale, oggi co-me otto secoli fa. AttualmenteSuor Chiara Amata vive nel Mo-nastero di S. Chiara in Milan.

DA LEggEREa cura della Redazione

LA NOTTE SANTATesto di Julie hanna - disegni di Chiara Amata

Suor Chiara Amata

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DALL’ASSOCIAZIONE

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Fra poco saremo alla conclusione delle “Raccolte ali-mentari” di quest’anno e faremo il resoconto finale,ma possiamo già dire di essere più che contenti per-

ché abbiamo potuto mantenere l’aiuto costante alle 100famiglie (più gli extra) che mensilmente ricevono i nostripacchi pre-confezionati.

Il nostro lavoro è sempre in collaborazione con i ServiziSociali dei Comuni che fanno da perno tra tutte le varieassociazioni e gruppi del territorio, presentando i bisognie coordinando insieme i diversi interventi possibili.

GRAZIE a tutti i volontari che hanno collaborato pereffettuare le “Raccolte” per eseguire il “Conteggio”, per si-stemare il “Magazzino, per preparare i “Pacchi” e per effet-tuare le “Consegne mensili”.

GRAZIE ai Direttori degli esercizi che ci hanno accoltocondividendo le nostre iniziative.

Ma un GRAZIE ancora più grande va a tutte le anonimepersone che hanno donato, ognuno secondo le proprie di-sponibilità, tutto ciò che la loro sensibilità suggeriva, con-sentendoci, quindi, di poter portare avanti questo grandeaiuto al prossimo.

Siamo già pronti per partire per un nuovo anno di so-lidarietà all’insegna del Rispetto, della Giustizia e del-l’Amore.

RACCOLTE - DISTRIBUZIONI

“TI ACCORgERAI PRESTO ChE LA CARITÀ è UN FARDELLO PESANTE...

MA TU CONSERVERAI LA TUA DOLCEZZA E IL TUO SORRISO.

NON è TUTTO DARE IL BRODO E IL PANE.

QUESTO LO POSSONO FARE ANChE I RICChI” (S. VINCENZO DE’ PAOLI)

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AFRICA

Una trentina di anni fa, il meglio del rock britannicosi chiedeva se i bambini dell'Africa o, più in ge-nerale, del mondo povero, sapessero che era Na-

tale. Con Do they know it's Christmas (brano mollementeripreso più recentemente dalle nuove leve della musicainglese) veniva inaugurata una serie di iniziative bene-fiche che avevano l'indubbio merito di puntare i riflettorisulla fame nel mondo. Attraversando un mare di retoricae un oceano di contraddizioni, una discreta quantità didenaro (anche se, purtroppo, molto meno di quello chepartiva) giungeva a destinazione.

La risposta, incredibilmente, è: sì, quei bambini lo sannoche è Natale. Nonostante a quelle latitudini non cada la neve,non ci siano camini in cui far scendere Babbo Natale e giàa novembre il mondo non si sia trasformato in un grandepacco (dono).

Lo sanno perché in tutti i paesi africani, prima delle rock-stars, sono arrivati i missionari. Che in moltissimi casi, nonhanno impiegato tutte le proprie energie in una catechesifanatica per sterminare spiriti e divinità pagane, ma hannocercato di rendere la vita di quelle genti più dignitosa gioiosaanche attraverso il Vangelo.

E visto che i Vangeli partono all'incirca da quell'evento, che cosa sia veramente il Natale è cosa risaputa anche nella

missione di Cumura, in Guinea Bissau, giusto per fare unesempio. Nato come lebbrosario quando la lebbra era unadelle emergenze sanitarie nei paesi poveri, questo centromissionario è divenuto negli anni un'autentica salvezza nonsolo per gli stessi malati di lebbra, ma anche per le personeaffette da TBC e AIDS, altra epidemia che in Africa è ancoradevastante.

La struttura, oltre al trattamento di numerosissimi pazientidell'area, segue molte madri sieropositive, riuscendo, attra-verso l'uso dei farmaci antiretrovirali, a fare in modo che lestesse generino figli sani, non contagiati dal virus dell'HIV.Proprio il reparto di maternità è uno dei fiori all'occhiellodella missione; qui partoriscono circa 5 donne al giorno, perun totale di 160 nascite al mese; straordinario, se si pensaall'abitudine delle donne locali a partorire in casa, un risultatoche testimonia il successo del lavoro di educazione sanitariafatto dal personale della missione.

Le scuole della missione, da quelle dell'infanzia agli istitutisuperiori, ospitano e formano le future classi dirigenti gui-neiani, a cui i frati vogliono lasciare in eredità la missione ele competenze per gestirla.

A tutti loro (e non da ultimo al nostro amico Fra' Memo)vanno i nostri migliori auguri e le nostre più belle strennenatalizie.

NGuinea Bissau - Cumura N

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hELP MISSION

19SANKALPA

Confesso una cosa: quando nel 2011 sono stato in Tan-zania, di fronte allo stato di confusione e abbandonoin cui versava l'edificio che sarebbe poi diventato Lulo

Maji, ero molto, molto perplesso. Faticavo a credere che dalì, un giorno, da uno sperduto stabilimento a 2400 metri d'al-titudine raggiungibile solo percorrendo strette e sconnessestrisce di terra rossa; da quello che appariva come poco piùche un capannone invaso da cavi aggrovigliati e bottiglie ab-bandonate a testimoniare i ripetuti fallimenti; paralizzatodalle continue discussioni di tecnici che non riuscivano amettersi d'accordo, sarebbero uscite le bottigliette d'acquaperfettamente confezionate che Baba Camillo aveva sempresognato. Evidentemente mi sbagliavo, non avevo capito chiavevo davanti.

Sei anni dopo, guardando le immagini che lo riprendonomentre passeggia tra macchinari in funzione, bottiglie chescorrono sigillate ed etichettate, casse di acqua pronte per lavendita, mentre parla e scherza con responsabili e operai,scorgo l'espressione concentrata e il sorriso placido di chi hasempre saputo che ce l'avrebbe fatta.

Immagino (o meglio, mi auguro: nella speranza che il mioscetticismo non sia una patologia rara) che una sensazionesimile l'abbiano provata molte altre persone di fronte ai milleprogetti e sogni che Baba Camillo, nella sua lunga vita di mis-sionario, ha rivelato. Dalla stalla all'officina per le stufe a legna,dall'acqua potabile in tutte le case alla corrente elettrica chealimenta la missione di Kipengere, e poi le scuole e le strade,la sala parto, l'orfanotrofio...fino all'acqua minerale di LuloMaji.

Adesso è tutto lì, a disposizione degli abitanti della zonae, in futuro, dei bambini accolti nel centro nutrizionale checolora e anima la sua missione.

Lui intanto percorre le strade rosse che attraversano ilverde degli altopiani; in tenuta da lavoro o vestito da parroco,con la stessa voglia di sporcarsi ancora le scarpe e le mani. Siguarda intorno, ma non credo stia lì a compiacersi dei risultatiraggiunti. Al massimo ringrazia il Signore per quello che gliha consentito di fare. E si chiede cosa può fare ancora.

E io vorrei essere veterinario, contadino, ingegnere, idrau-lico, elettricista, industriale, meccanico, medico, ministro osottosegretario, alpino... per potergli dare una mano, ma so-prattutto per imparare qualcosa da lui. Oppure, mi accon-tenterei di aver scritto qualcosa che incuriosisca queste e altrecategorie di persone, facendo nascere in loro il desiderio diprendere un aereo e volare fino alla Parrocchia di Kipengere(Tanzania), da Padre Camillo Calliari, meglio noto da quelleparti come Bwana Maji, l'uomo dell'acqua.

Ne vedranno di ogni specie, leoni inclusi.

Un volontario

NTanzania - Kipengere N

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NBarreiros - Palmares N

BRASILE

gli ultimi aggiornamenti ricevuti daDom Enrique, vescovo della Diocesidi Palmares, ci hanno ragguagliato

sul tema scelto per la “Romaria” di quest’an-no: “O RIO DE ÁGUA VIVA ALEGRA A CI-DADE DE DEUS” (Salmo 46.4). La“Romaria” si svolge l’ultima domenica di No-vembre in occasione della ricorrenza di CristoRe dell’Universo, patrono della Diocesi. Datutte le parrocchie i fedeli arrivano davantialla cattedrale di Palmares per raggiungerepoi a piedi, cantando e pregando, il Santuariodel Sacro Cuore di Gesù dove poi si svolgela S. Messa. È un appuntamento di fede moltosentito e partecipato.

Ci hanno informato anche di una bellanotizia, è prossima l’apertura della casa fem-minile per la cura delle dipendenze. È statodato in comodato per 50 anni un terreno conun edificio già costruito che però deve esseresistemato, per cui tra questa e l’altra già inuso per gli uomini, magari scambiandole, sipuò partire a breve.

Chiedono preghiere per tutto, perché lìmancano assolutamente le risorse e si vaavanti proprio per miracolo, noi, nel nostropiccolo, cercheremo di accompagnarli e so-stenerli.

www.diocesepalmares.org

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21SANKALPA

BETLEMME

Per i circa 300.000 bambini che vivono tra He-bron e Betlemme, privi di un'assistenza medicasufficiente, il Caritas Baby Hospital è diventato

un punto di riferimento fondamentale. Si tratta spessodi neonati prematuri, che sopravvivono grazie allecure somministrate nell'Unità di Terapia intensivadel reparto di Neonatologia, piccoli pazienti con pa-tologie respiratorie, infezioni e malformazioni. Anchei bambini affetti da malattie croniche possono ricevereassistenza sanitaria e insieme alle loro famiglie hannotrovato, al Caritas Baby Hospital, una sorta di secondacasa.

Nel solo 2016, l'ospedale ha curato, in regimedi ricovero o ambulatoriale, oltre 46000 pazientitra neonati e bambini. Un dato come questo, as-sociato alle trasformazioni in atto nella società pa-lestinese, impone una necessità: rendere il CaritasBaby Hospital sempre più capace di adattarsi allanuova realtà sanitaria locale, divenendone fulcroe punto di riferimento all'avanguardia. È impor-tante quindi costruire un sistema sanitario mo-derno garantendo anche alle fasce di popolazionepiù povere e svantaggiate la possibilità di usufruiredei progressi finora ottenuti.

A tal fine, l'Assemblea generale di Aiuto BambiniOnlus ha approvato la strategia 2018-2023 che fissagli obbiettivi da raggiungere per i prossimi 5 anni. Invirtù del principio per cui tutti i bisognosi, di qualsiasiprovenienza, sesso o religione, debbano ricevere aiuto,è stato stabilito che il finanziamento futuro della sud-detta Onlus debba poggiare su tre capisaldi:

1) le offerte provenienti dall'Europa2) le entrate provenienti dall'erogazione dei servizi

del Caritas Baby Hospital (dei quali fanno parte alcunicontributi del Ministero della Sanità Palestinese)

3) la raccolta di offerte in PalestinaVerrà inoltre introdotto un sistema tariffario equo

dal punto di vista sociale. È importante garantire chele donazioni vadano a beneficio dei poveri e di coloroche ne hanno effettivamente bisogno. Le famiglie che,invece, dispongono di un certo reddito, dovrannopartecipare in modo congruo al costo delle cure sa-nitarie.

Infine, in risposta alle esigenze della popola-zione locale, bisognerà investire nei settori Neu-rologia, Pneumologia e Terapia IntensivaNeonatale, potenziando inoltre l'assistenza medicosociale dei pazienti, aspetto molto importante perchi risiede nelle zone più sperdute.

A tutti quei bambini, alle loro famiglie, ai medicie al personale sanitario, a tutti i volontari che si im-pegnano per il Caritas Baby Hospital, vanno i nostrimigliori auguri.

Di Natale, a Betlemme, se ne intendono.

www.aiutobambinibetlemme.it

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hELP MISSION

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La vita nel Vicariato Apostolico del Napo prose-gue sempre tra le mille difficoltà di ogni giorno,dalle distanze rese problematiche dalle vie di co-

municazione ai mezzi a disposizione per rendere la vi-ta il più dignitosa possibile. Ci si destreggia al meglio,

ma si confida soprattutto nella Provvidenza per porta-re avanti e migliorare le condizioni di vita di questagente, l’educazione, l’aiuto sanitario…

Noi siamo sempre loro vicino e contiamo nell’aiutodi tutti.

NVicariato Apostolico di Napo N

ECUADOR

Anche quest’anno abbiamo avuto la pos-sibilità di aiutare una ragazza ad avviareuna piccola impresa, seppur famigliare.

I contatti frequenti con Alberto Bonifaciodell’ASS. A.R.Pa di Lecco ci aiutano a costruireponti con queste realtà poco evidenti ma moltobisognose. Perciò abbiamo raccolto il materialenecessario, un lavatesta, attrezzi vari, spazzole,bigodini, forbici ecc. Questa ragazza può rea-lizzare il suo sogno di fare la parrucchiera, nelsuo paese. Tutto ciò è arrivato a destinazionegrazie ai nostri amici che portano ogni mese,con i loro furgoni, aiuti in Bosnia. È una pic-cola necessità che abbiamo aiutato a concre-tizzarsi, ma negli anni, tanti sono stati i casidi cui ci siamo presi cura.

Una goccia che non fa le cose in grande,ma continua a farle e farle bene.

BOSNIA ERZEgOVINA

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hELP MISSION

INDIA

NPrema Vasam N

Le frequenti lettere di Selvyn Roy da Prema Vasam,ci tengono aggiornati sulla situazione dell'orfano-trofio e sull'andamento dei lavori per la costruzione

della Casa delle Ragazze.Come da tradizione, nonostante il sovraccarico di la-

voro e le limitate risorse, recentemente sono stati accolticinque nuovi bambini, bisognosi e disabili. Lo staff diPrema Vasam rimane quindi fedele al principio su cuisi basa la sua attività: nonostante si tratti ogni volta dinuove e difficili prove, questi inserimenti saranno ancheuna fonte di benedizione e felicità.

Intanto procedono i successi scolastici di molti ospitidell'orfanotrofio. E da chi non è andato molto bene, Sel-vyn si è fatto promettere maggior impegno.

Non mancano, ovviamente, i momenti di grande pre-occupazione, come quando, di recente, due bambine di-

sabili si sono gravemente ammalate e sono state ricoverateal vicino ospedale St. omas. Fortunatamente, sonoguarite e ora sono tornate a casa.

Più recentemente, si è svolto per la prima volta unevento molto importante. Il matrimonio di Ambika, ra-gazza orfana che anni fa era stata accolta a Prema Vasame che ha voluto festeggiare questo splendido evento nelluogo e con le persone che le hanno consentito di vivereuna vita dignitosa.

Come sempre, per ogni nuovo o vecchio ospite, perogni esame, per ogni intervento chirurgico e per ogniprogetto, Selvyn ci chiede solo preghiere e benedizioni.Gli mandiamo tutte le nostre, insieme agli auguri di BuonNatale.

www.premavasam.org - http://percorsisolidali.org

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hELP MISSION

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FOOD FOR LIFE

Food for Life Vrindavan è una associazione uma-nitaria riconosciuta ufficialmente dal governoindiano. Per gli ultimi dieci anni, Food for Life

Vrindavan ha lavorato nei più poveri villaggi nella zo-na di Vrindavan (120 Km a sud di Nuova Delhi).

Il lavoro dell’Associazione comprende:* Distribuzione alimentare* Assistenza medica di base* Corsi di formazione per le donne* Perforazione per acqua potabile e costruzione di

serbatoi d’acqua* Assistenza agli anziani e ai disabili

* Distribuzione di vestiti* Progetti ambientali e di educazione* Cura delle mucche* Scuola di istruzione primaria per i bambini svan-

taggiati.

Sappiamo che per portare avanti qualsiasi progettonon basta la buona volontà, essa è la partenza, ma poioccorre l’aiuto concreto di tutti, noi cerchiamo di es-serci.

www.fflvrindavan.org

NVrindavana N

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hELP MISSION

Questi tre Paesi sono uno più bisognoso dell’altro, ma pur tra tante contrad-dizioni e diversità, c’è chi veramente manca delle basilari condizioni di-gnitose.

Ogni luogo ha esigenze specifiche ed Eugenia e Gendun cercano di risponderealle urgenze ed ai bisogni delle popolazioni di quei territori rispettando usi, costu-mi e cultura, impegnandosi principalmente per il loro miglioramento. Siamo sem-pre loro accanto aiutandoli a portare avanti i loro progetti.

www.sostibet.org

N SOS Tibet India Nepal N

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PENSIERIa cura della Comunità Ca’ Delle Ore

N Cara vita N

Se la via è decisaSe fai le cose semplici

Tutto sarà tuoE alla fine dirai

Caro SoleTu illumini i miei giorni

Cara LunaTu illumini le mie notti

Cara vitaGrazie Dio per questo regalo

Se vedi la lucePuoi iniziare a camminare

Tutto sarà tuo, prestoE alla fine dirai

Caro SoleTu illumini i miei giorni

Cara LunaTu illumini le mie notti

Cara vitaGrazie Dio per questo regalo

Tommaso

DA CA’DELLE ORE

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36 anni di ACCOGLIENZA

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DA CA’DELLE ORE 36 anni di ACCOGLIENZA

N Questo “Natale” N

Ieri…!Oggi sono un Uomo

Che vi parlaORA

SedutoSulla sediolina bianca

A rimirar se stessoE

La famosa vista dal colle di Cà delle OreIncantato

AbbacinatoDal paesaggio steso ai suoi piedi…

La bellezza è umileE osserva la strana curva del profilo dell’orizzonte

Gioco illusorio della terraChe finge d’esser piccola

E tutta medesima…

Mario

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Mi chiamo Tomas e vengo da un piccolo paesinodella provincia di Vicenza. Ho 32 anni ma vogliodire che ho un mese di vita.

Sono nato quando ho attraversato il cancello di Ca’delle Ore, in quell’istante ho ricominciato a vivere.

La tossicodipendenza è una belva che continua a gi-rarti attorno, ti mette con le spalle al muro per sferrareil suo devastante colpo… sta a tè trovare le difese pernon farti assalire, però queste difese non le ho maiusate ed ogni colpo per me era mortale.

Qui a Ca’ delle Ore queste difese le sto cominciandoad usare nel volermi bene esteriormente e interna-mente, nel prendere coscienza che dentro di me sono

un diamante però incrostato da questa melma che sichiama droga.

In questa comunità con operatori qualificati in psi-cologia e psicoterapia, e attività come meditazione,yoga ecc.. sono sicuro di poter ripulire il diamante perpoi mostrarlo e farlo splendere tra di voi nel compren-dere che la droga è un grande inganno.

Vorrei ringraziare la mia famiglia che in varie rica-dute e in questa ultima mi sono sempre stati vicino.

L’Equipe, gli insegnanti per le loro riflessioni e sug-gerimenti e tutti gli operatori di Ca’ delle Ore peravermi dato l’opportunità di tornare a vivere e essereun ragazzo libero.

N Cari lettori... N

DA CA’DELLE ORE

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36 anni di ACCOGLIENZA

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CON IL MONDO

Quando due persone si incontrano non comuni-cano solo con parole. Possono esprimersi anchecon espressioni del volto, con gesti delle mani e

delle braccia, con gli occhi , ecc, ecc. Tutti noi abbiamosperimentato i diversi modi di esprimerci e comunicare...

C’è però chi non vuole sapere di “vedere” o di “capire”, epuò accadere che l’altro venga trattato come uno sciocco,un ignorante, un imbroglione... Il linguaggio dei bambini èil più bello, il più vero, il più spontaneo e significativo.

Ho scelto, per questo Natale di rivedere un raccontoche ho scoperto anni or sono, quando non erano diffusii computer, e bisognava fissare o nella mente, o nel cuore,o nella carta ... Io l’ho fissato anche sulla “carta”; e mi ècapitato tra le mani in questi giorni. Potrei raccontare lastoria del “presepe”. Non mi dispiacerebbe. Ma la storiadel presepe la sentiremo e la vedremo più volte in questotempo... Preferisco soffermarmi nel trascrivere con tuttoil cuore la storia di questi due Bambini che “parlano” traloro, mentre due anziani commentano la scena. Sembraimpossibile che la stessa scena venga vista in modo cosìdiverso .

È un regalo di Natale che volentieri faccio a Voi e a me...È proprio vero che ogni situazione nasconde aspetti che peralcuni appaiono evidenti, per altri sono nascosti, per altri

ancora non esistono. Ma passiamo all’“ascolto”... e BUONNATALE!

** Due bambini stanno giocando in cortile. Hanno in-ventato un alfabeto segreto che non può essere compresoda nessun altro. - Brif, braf - dice il primo. -Braf, brof- ri-sponde il secondo. E scoppiano a ridere tutti e due.

**Al primo piano un vecchio signore legge il giornalesul balcone. Una anziana signora si affaccia alla finestra dellacasa dirimpetto ed esclama: -che bambini sciocchi!- Il vecchiosignore però non è d’accordo: -Io non li trovo sciocchi- . –Ma non mi dica, per favore, che capisce ciò che stanno di-cendo!?- -Ma certo! Ho capito tutto! Il primo ha detto: “Oggiè una giornata meravigliosa!”. E il secondo ha risposto: “do-mani sarà ancora più bella!”

**L’anziana signora arriccia il naso ma rimane zittaper ascoltare i bambini che hanno ricominciato a parlare.–Marasci barabosci, fiffirinosci- dice il primo. E il se-condo: -Bruf!- e di nuovo una grande risata. –Pensa diaver capito anche questo?- chiede la vecchia signora alsuo vicino. –Sicuro- risponde questi sorridendo. –il pri-mo ha detto: “Siamo felici di essere al mondo!”. E il se-condo ha risposto: “Il mondo è meraviglioso”! -Ma èveramente meraviglioso il mondo?- insiste la donna. –Brif, bruf, braf- risponde l’anziano signore.

UN REgALO DI NATALEdi Fra Angelo Visentin ofm

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Questa la classica frase che ci si senteripetere ogni anno all’avvicinarsi del-le festività natalizie. Verrebbe da pen-

sare allora che una tale bontà tutto l’annorimanga sopita, o del tutto assente, per poirisvegliarsi prontamente e quasi miracolo-samente in quei giorni propizi. Recentementein rete girava un’intervista concessa a un gior-nale spagnolo da Howard Gardner, psicologoe pedagogista americano. Gardner è consi-derato il padre della teoria delle “intelligenzemultiple” secondo la quale gli esseri umaninon sarebbero dotati di un solo tipo di intel-ligenza univoca, uguale per tutti, ma di unnumero variabile di facoltà indipendenti l’unadalle altre come l’intelligenza logico-mate-matica, l’intelligenza linguistica, l’intelligenzamusicale, e così via, e le differenze tra le ca-ratteristiche intellettive degli esseri umanisarebbero così da ricercarsi nelle relative ri-spettive combinazioni.

In questa intervista lui ipotizza una nuo-va teoria: “Le persone cattive non riusci-ranno mai a essere veri professionisti.Possono avere buone competenze tecniche,ma non saranno mai eccellenti”. Quasi unaprovocazione: in una società in cui al primoposto vengono messi il successo, l’afferma-zione individuale, la realizzazione di sé aqualsiasi prezzo, sicuramente una tale affer-mazione potrebbe costituire un ottimo in-centivo a essere quantomeno più buoni, enon solo a Natale; ma proprio in questi gior-ni ci giungono notizie di grandi imprendi-tori holliwoodiani, dei veri professionistinel loro settore, rivelatisi ora non proprio“stinchi di santo” o quantomeno con qual-che problemino relazionale.

Quanto afferma Gardner ci induce co-munque a riflettere: “Senza principi etici,si può diventare ricchi o tecnicamente pre-parati ma non eccellenti […] Non si rag-giunge l’eccellenza se non si pensa asuperare la soddisfazione del proprio ego,delle proprie ambizioni e della propria ava-rizia”. Padre Laurence Freeman, direttoredella Comunità Mondiale di MeditazioneCristiana, sta intensificando sempre più leproprie conferenze, i propri insegnamentidella meditazione cristiana, rivolgendosi a

grandi “business men”, a grandi uomini d’af-fari, nella convinzione che, ancor più di al-tre, proprio queste persone, che spessotengono in mano le redini di grandi azien-de, di multinazionali, o di importanti or-ganismi internazionali, e pertanto anchedel mondo, necessitino di ritrovare tempoper fermarsi, per centrare ogni loro deci-sione su un qualcosa di più profondo chenon sia solo il loro semplice ego.

Naturalmente non possiamo non pensarea chi ci governa, a chi con un semplice “clic”ha il potere di far saltare tutto in aria, a quantoil Silenzio potrebbe giovare soprattutto loro,a quanto, sostanzialmente, il mondo abbiabisogno dei frutti dello Spirito: “amore, gioia,pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fe-deltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22).

Tra questi proprio la Bontà, quel noc-ciolo di Bene incontaminato, puro, disin-teressato, che ognuno di noi, nel profondo,porta con sé. E come pure non possiamonon pensare a quanto la Bontà, la facoltàumana più alta, in realtà si compensi da sé,al fatto che non si dovrebbe ricercarla peraltri fini se non per essa stessa, senza biso-gno di ricompense, di medaglie, di appro-vazione di popolo. Come è pur vero che lavera Bontà è già di per sé culla di Silenzio,non fa rumore, non ha bisogno né ricercastrombazzamenti.

Ognuno di noi dovrebbe perseguirlanon fosse altro perché per prima cosa fastare meglio noi stessi. Lo so, viene un po’da sorridere guardandoci attorno, eppure,anche se a volte ci si sente isolati, anche sespesso chi ci sta accanto ci fa sentire dei fes-si, la Bontà come la Bellezza è la sola via diuscita in questo mondo così malmesso. Anoi, che troppo spesso ci scoraggiamo, nonresta che ritornare a quel Silenzio per rica-ricarci, per ritrovare quella “perla di grandevalore” (Mt 13, 46) che è sempre dentro dinoi, e non solo a Natale, pur nelle nostreimperfezioni, nel mezzo delle nostre ripe-tute cadute, e tentare così di farla risplenderenel mondo! “A me basterà avere un cuoreche ascolta e ravvivarlo, come fosse unalampada, e uscire incontro a chi mi portaun abbraccio” (Mt 25,1-13, Ermes Ronchi).

A NATALE, TUTTI PIù BUONI!di Susanna Facci

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“Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia,non ve ne accorgete?” (Is. 43,19a). Lasciano senzafiato queste parole di consolazione con cui il se-

condo Isaia esorta il popolo, in esilio a Babilonia, alla spe-ranza, al non ripiegarsi nell’amarezza, al non arrendersi.L’esilio per il popolo ebraico è un’esperienza drammatica,perché segna la disfatta militare, la distruzione del tempiodi Gerusalemme, la deportazione in terra straniera, tuttociò genera smarrimento, confusione, delusione, ma soprat-tutto determina la sconfitta di JHWH: il Dio d’Israele è statovinto, un’idea inaccettabile. Il profeta, allora, insegna alpopolo a fare dell’esilio un evento di salvezza, un incontrocon l’irriducibile fedeltà di un Dio vinto ma vivo, che se siè lasciato vincere è per svelare una nuova promessa, un rin-novato amore, un nuovo volto non più legato al luogo, alsuccesso militare e politico. È un cambiamento di prospettiva,

di sguardo, un passaggio doloroso ma liberante che apreuno squarcio di luce: lo stupore. Quanto abbiamo bisognodi stupore nella vita!

Lo stupore illumina la realtà quotidiana per rivestirla diluce, la coltiva per farla fiorire in qualcosa di nuovo, nellaconsapevolezza che dalla vita c’è molto da attendere e dasperare e che tante pagine belle possono ancora essere scritte.Certo è più facile viaggiare nello spazio dell’utopia, aprendol’immaginazione su nuovi mondi più confacenti alla nostrarealizzazione, su nuove frontiere che presumiamo portatricidi libertà, su nuove relazioni che ci risparmiano la fatica del-l’incontro con la diversità dell’altro, invece è questa terra lasola che ci sia data e che dobbiamo amare, “standoci” conamore tenace. La strategia sapiente consiste nel far sì che gliinevitabili rimpianti, scoraggiamenti, amarezze, angosce peril domani, frenesie di possesso e di successo non spengano

CON IL MONDO

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ECCO, FACCIO UNA COSA NUOVA:PROPRIO ORA gERMOgLIA,

NON VE NE ACCORgETE?di suor Maria Chiara

DA ASSISI – DAL PROTOMONASTERO SANTA ChIARA UNA PAROLA DALLA CLAUSURA

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la speranza, non rubino lo stupore, non distolgano lo sguardodallo scorgere il germoglio. Vivere di stupore è impararedalla tenacia e dolcezza della natura: dagli alberi e dai fioriche producono molto più frutto di quanto è necessario allaloro riproduzione nella logica del dono, della gratuità, quasidello spreco per noi abituatia controllare e determinaretutto; dal baco da seta chedeve morire per divenirefarfalla, insegnandoci la for-za che si può sprigionaredalle nostre ceneri; dai tra-monti in cui l’intersecarsi dimille colori dalle svariate to-nalità diverse crea meravi-glia e come il dito di Diodipinge il cielo, usando pureil nero per disseminare bel-lezza, così la nostra capacitàdi tessere relazioni dovrebbesaper mettere assieme le di-versità e le differenze.

Lo stupore è gioia inspe-rata, fiorisce dentro la realtàimperfetta dell’oggi, ma èproteso verso un domani migliore, che ancora non conosce,ma che attende. Lo stupore apre a una responsabilità amantee poco alla volta trasfigurante, perché Dio vuole che i suoidoni diventino una nostra conquista. Ci sono certamentelacrime nascoste in ogni conquista, ma c’è pure la gioia, lanecessaria e umile felicità della vita che vuole essere comu-nicata e condivisa. Chi sa stupirsi è certo che la vita porta insé sempre qualcosa da sperare e attendere, non confondel’essenziale con il superfluo, l’eterno con il caduco, l’accumulocon ciò che è necessario. Le troppe cose fanno morire di sa-zietà, soffocano senza che ce ne accorgiamo, perché l’uomonon vive di cose ma di relazioni, prima di tutto quella conDio, Qualcuno capace di accendere fame di cose vere, di ge-nerare futuro rimettendo in cammino, perché riprendere ilcammino è sempre possibile.

Per chi ha stabilito un rapporto con la nostalgia di Dio,

che abita il cuore, innumerevoli sono i segni della misteriosadisponibilità di Dio a scendere nelle cose non appariscenti.Chiara e Francesco ne erano sorprendentemente consapevoli,basta pensare al Cantico di frate sole, dove il poverello sirivela esperto di stupore, spargendo semi di luce. Ugualmente

Chiara esortava le so-relle che prestavano ser-vizio fuori delmonastero “… chequando vedessero li ar-bori belli, fioriti e fron-duti, laudassero Iddio;e similmente quandovedessero li omini e lealtre creature, semprede tutte e in tutte le coselaudassero Iddio” (Proc.15,9). Sprazzi di stuporeaffiorano anche nellaforma di vita, comequando scrive “… e peramore del santissimo edilettissimo Bambino,avvolto in poveri pan-nicelli e adagiato nel

presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, pregocaldamente ed esorto le mie sorelle a indossare sempre ve-stimenti vili “ (Reg. II, 25). In questo passo si coglie comesappia lasciare la struttura normativa della Regola per perdersicon tanta delicatezza nel segreto che sorregge la sua quoti-dianità, il mistero di un Dio che si fa Bambino, l’immensitàche si fa piccolezza in una mangiatoia a Betlemme: stuporedi vedere avvolto in umili panni il Creatore dell’universo.

Ogni oggi porta in sé nuovo stupore per chi ha occhi ca-paci di vedere, basta essere in cammino, anche con il fiatonema in cammino, sicuri che Dio è esperto nello spalancarenuovi orizzonti, nell’aprire brecce nelle nostre prigioni enello squarciare le nostre notti per svegliare l’aurora. Ecco,faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non te ne ac-corgi? … Sì me ne accorgo e non cesso di stupirmi e di cam-minare con ostinato amore.

Le informazioni riguardo

le celebrazioni all’Eremo di S. Pietro

si possono trovare sul sito

www.sankalpa.it

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CON IL MONDO

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gli organi di informazione, isaggi ed i sapienti da salottobuono, coloro che guidano e

conducono le danze, ci costringonocon le spalle al muro, peggio, ci obbli-gano a ragionare con la pancia, maicon la testa, forse mai con il cuore.

Quando il dibattito è inerente alcarcere, c’è sempre conflitto di inte-ressi, di corporazioni contrapposte edivergenti, di casacche sdrucite inbella mostra e roboanti filippiche na-zional popolari, molto in auge al barsport, in particolare alla bouvette inParlamento.

Non c’è giorno che sul pianeta sco-nosciuto più di qualcuno abbia daelargire la propria ricetta ricostituen-te, per poi accorgerci che la galera ènuovamente alle corde, stritolata daquel famoso problemino endemico atutte le amministrazioni penitenzia-rie, che sta riportando a livelli di nonsopportabilità il mostro del sovraffol-lamento. In termini di soldoni, chec-ché non se ne dica, oppure se ne dicain modo fuorviante, comporterà unnuovo fuori pista, come a dire, chearea inclusiva, cultura della legalità,sistema affidabile perché meglio gui-dato, lascerà ancora, e ancora, e anco-ra il posto, a un perenne approccioemergenziale. Ciò significherà che lapatologia dell’ansia da prestazioneavrà una ricaduta esagerata sulle per-sone detenute che in carcere scontano(si presume con dignità) la propriacondanna ma anche e soprattutto su-gli operatori, che per risolvere proble-

mi che s’accatastano uno sull’altrosenza tregua né soluzione, rischianodi rimanere impigliati in una apneaasfissiante che non produce nulla oquasi, nonostante professionalità ebuona volontà,

Ho l’impressione che una certa cri-ticità sociale diligentemente alimen-tata dai pregiudizi non fa altro cheperpetrare uno scollamento e un di-stacco dal proporre progetti, pro-grammi, linee guida che tutelino levittime del reato, ma che proprio daquesta premessa possano essere gene-rate nuove opportunità di riparazionee riconciliazione. Si tratta di una verae propria rivolta copernicana, è vera-mente necessario attuare una giusti-zia giusta, una giustizia che non stasolo a una mera punizione, per cuisappiamo chi entra in prigione ma chiesce non è dato saperlo. Sappiamo chiè l’attore del reato ma tranne richie-dere inasprimenti delle pene e ipote-tiche chiavi da buttare via, perdiamocontatto con la realtà di un territorioche include sfruttando le capacità diognuno, perché la responsabilità so-ciale condivisa genera corresponsabi-lità, e ciascuno attraverso realtà esensibilità differenti, attraverso ruolie competenze definisce il senso comu-ne.

Chissà se sul carcere, sulla restri-zione della libertà, sul castigo inevita-bile e su una pena rieducativa, forseoccorrerà finalmente argomentare,abbandonando la sponda delle opi-nioni vestite di stereotipi.

di Vincenzo Andraous

TUTT’INTORNO STANNO gLI INDIFFERENTI

AUTORIZZAZIONE

DEL TRIBUNALE DI VICENZA

N° 1008 DEL 19/09/2001

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SANNA FACCI, gIACOMO RO-

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Citazioni tratte da “Il rifugio”, di W. Paul Young, teologo canadese

«La Bibbia non ti insegna a se-guire le regole. È un ritratto diGesù. Le parole ti dicono com’èDio e magari anche cosa potreb-be desiderare da te, ma tu nonpuoi compiere nessuna azione dasolo. La vita è fatta per essere vis-suta in lui, e in nessun altro. Nonmi dire che pensavi di poter vive-re secondo la giustizia di Dio perconto tuo?

«La terra è piena di paradisoe ogni roveto arde di Dio,ma solo colui che vede si toglie le scarpe;gli altri gli siedono intorno e colgono mirtilli.

Elizabeth Barrett Browning (1806- 1861), poetessa inglese

«Quasi tutti noi abbiamo un dolore, sogni spezzatie cuori infranti, ciascuno ha avuto le sue perdite, hail proprio rifugio. Prego che là ritroviate tutti lastessa Grazia che ho ritrovato io e che la presenzacostante di Pa [Dio], Gesù e Sarayu [lo Spirito San-to] riempia il vostro vuoto interiore di gioia inde-scrivibile e gloria eterna.

«Tutto il male viene dall’indipen-denza, e l’indipendenza è una vo-stra scelta […] Il male è il caos diquesta era, che voi avete creato,ma che non avrà l’ultima parola.Ora tocca a tutti coloro che amo,quelli che mi seguono e quelli chenon lo fanno. Se io [Dio] rimuo-vo le conseguenze delle scelte del-l’umanità, distruggo le possibilitàdell’amore. L’amore imposto nonpuò essere amore.