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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia UN CASO INUSUALE di MORTE IMPROVVISA: CARDIOMIOPATIA TAKO-TSUBO RELATORE Ch.mo Prof. Ranieri Domenici CANDIDATA Francesca Iannaccone Anno Accademico 2014/15

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE

TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

UN CASO INUSUALE di MORTE IMPROVVISA:

CARDIOMIOPATIA TAKO-TSUBO

RELATORE

Ch.mo Prof. Ranieri Domenici

CANDIDATA

Francesca Iannaccone

Anno Accademico 2014/15

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Indice generale

1) Morte improvvisa

Premessa pag. 3

Definizione e inquadramento pag. 4

Morte improvvisa da cause cardiache e non cardiache pag. 6

2) Aspetti medico-legali in materia di morte improvvisa pag. 10

3) Cardiomiopatia tako-tsubo pag. 20

4) Case report pag. 36

Esame necroscopico pag. 39

Valutazioni epicritiche pag. 47

5) Conclusioni pag. 49

6) Bibliografia pag. 51

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PREMESSA

Ancora oggi la Morte improvvisa (MI) continua a rappresentare un fenomeno

meritevole di attenzione e di analisi, poiché a fronte dell’impegno in campo preventivo

e terapeutico non si evidenzia un calo statisticamente significativo della mortalità, che

per contro sembrerebbe addirittura incrementare.

Bisogna tuttavia ricordare come la stima precisa della MI risulti molto difficoltosa,

poiché le fonti dalle quali si estrapolano le informazioni epidemiologiche si basano sui

dati provenienti dai servizi di emergenza e dalle schede di morte ISTAT dove la

diagnosi di MI potrebbe essere non riportata.

Nondimeno la Morte Improvvisa ha anche notevole interesse in ambito medico-legale

proprio per il fatto di essere improvvisa ed inaspettata e avvenire spesso in mancanza di

assistenza medica, richiedendo quindi un riscontro autoptico per l'accertamento delle

cause (Legge 15 Febbraio 1961, n 83).

Da sempre la Medicina Forense si è dovuta confrontare con il problema della Morte

Improvvisa (MI), sia per dare a questo evento una corretta classificazione, sia per

eseguire una corretta diagnosi medico-legale. Risulta facile comprendere come, nel

corso del tempo, il diverso approccio etico, le differenti situazioni socioeconomiche e,

soprattutto, le veloci innovazioni tecnologiche applicate alla medicina, abbiano reso la

classificazione e la diagnosi di MI in continua evoluzione. Già nel 1718 il patologo

Lancisi pubblicava il suo trattato “De subitaneis mortibus”1 in cui identificava tre classi

di patologie responsabili: cardiache, craniche e respiratorie. Nel corso degli anni il

pensiero si è evoluto, ritenendo la MI la morte nella quale l’inaspettato evento terminale

si presentava in concomitanza di un processo morboso più o meno latente che

comunque avrebbe potuto portare all’exitus. Negli anni vennero inseriti nell’ambito

delle MI anche quei casi dove il decesso, inaspettato nella sua collocazione temporale,

si presentava in un paziente affetto da una o più patologie che non certamente avrebbero

potuto condurre alla MI con quelle caratteristiche cliniche e temporali2.

Quindi per definizione il quadro clinico di MI deve obbligatoriamente soddisfare le

seguenti caratteristiche3: 1) Non deve trattarsi di decesso da causa violenta, bensì da

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causa naturale. 2) Deve essere una morte rapida (vedi inquadramento cronologico della

MI). 3) L’evento dovrà essere del tutto inaspettato e non prevedibile.

DEFINIZIONE E INQUADRAMENTO

Per morte improvvisa (M.I.) intendiamo “il decesso repentino, naturale, non violento,

inaspettato, preceduto da perdita di coscienza, che avviene entro poche ore dall’esordio

dei sintomi, in un soggetto che aveva avuto o meno una malattia nota preesistente, ma

che comunque muore inaspettatamente per quel che concerne il tempo ed il modo”;

viene considerata morte improvvisa anche la morte naturale avvenuta in assenza di

testimoni 4-5-6

.

Per morte improvvisa giovanile intendiamo quella che avviene nel soggetto di età

compresa tra 15 e 35 anni.

La complessità del fenomeno della MI e la molteplicità delle cause ne hanno reso

estremamente difficile la classificazione. Gli Autori, che negli anni se ne sono

interessati, hanno proposto diversi inquadramenti nosologici: Inquadramento

Cronologico, Patogenetico, Fisio-patologico e Anatomo-patologico7.

a. L’INQUADRAMENTO CRONOLOGICO caratterizza la MI in relazione al

tempo intercorso tra l’inizio della sintomatologia e l’exitus. In base a tale

classificazione possiamo evidenziare tre sottoclassi: 1) Morte immediata quando

avviene in pochi secondi. 2) Morte in compendio quando avviene entro le 12 ore

dall’inizio della sintomatologia. 3) Morte rapida quando avviene entro le 24 ore

dall’inizio della sintomatologia. La Letteratura degli ultimi 50 anni comunque non

definisce con precisione il tempo di latenza, ma sottolinea soltanto che la

sintomatologia agonica deve essere molto breve.

b. L’INQUADRAMENTO PATOGENETICO E FISIOPATOLOGICO dovrebbe

essere estremamente settoriale e differenziare ogni patologia d’organo che possa, per

le sue caratteristiche di storia clinica e di eventuali complicanze, portare alla diagnosi

di MI.

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c. Per motivi pratici di inquadramento le morti improvvise, dal punto di vista

ANATOMO-PATOLOGICO, vengono suddivise in MI da:

• malattie dell’apparato cardiovascolare;

• malattie dell’apparato respiratorio;

• malattie dell’apparato digerente;

• malattie del sistema nervoso centrale;

• malattie dell’apparato genitale femminile e maschile;

• endocrinopatie;

• emopatie;

• infezioni acute;

• immunopatie;

• cause minori.

All’interno di ogni gruppo esisteranno poi ulteriori sottogruppi a specificare l’organo

interessato. (vedi Tabella)

Tabella 1 Elenco delle cause più frequenti di morte improvvisa in adulti:

Malattie Cardiovascolari

Coronaropatie (CAD)

Cardiomiopatìa ipertrofica

Cardiomiopatia aritmogena VD

Cardiomiopatìa Dilatativa

Miocardite linfocitica

Prolasso Mitralico

Stenosi Aortica

Cardiopatìe Congenite

Anomala origine arterie coronarie

Dissezione arterie coronarie

Dissezione Aortica

Sindrome del Q-T lungo

Sindrome di Brugada

Sindrome del Q-T corto

Tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica

Vie di conduzione anomale

Displasia delle arterie nodali

Tumore del Nodo Atrioventricolare

Malattie dell’Apparato Respiratorio

Crisi di Asma

Embolia Polmonare

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Malattie Neurologiche

SUDEP (sudden unexpected death in epilepsy)

Emorragie del SNC

Altre Malattie

Emorragie addominali

coma ipo- o iperglicemico

grave tireotossicosi complicata

iposurrenalismo acuto

All’interno del concetto di morte improvvisa, in considerazione dei differenti

meccanismi eziopatogenetici responsabili, è necessario mantenere distinti i termini di

M.I. da cause cardiache (MIC) da quella di M.I. non cardiaca (fig. 1), intendendo per

MIC quella morte improvvisa in cui venga inequivocabilmente dimostrata la

responsabilità di una patologia cardiaca come causa del decesso.

E’ altresì opportuno tenere separati i termini di Morte Improvvisa (MI) ed Arresto

cardiaco (AC), termine quest’ultimo che dovrebbe essere riferito esclusivamente

all’improvvisa perdita della funzione elettromeccanica del cuore che si verifica prima

della morte cerebrale.

La MIC (MI da cause cardiache), come si rileva da vari studi epidemiologici

(Framingham 1982, 1987; Maastricht 2003), è responsabile di circa l’80-90% dei casi di

MI, di cui la maggior parte (50 -70% a secondo degli studi) imputabili a malattia

coronarica. Nell’ambito delle MIC è dunque opportuno distinguere fra MIC da cause

coronariche (lesioni ateromasiche; anomalie congenite delle arterie coronariche; arteriti

coronariche etc.) e MIC da cause non coronariche (cardiomiopatie primitive;

cardiopatie congenite; cardiopatie secondarie a malattia ipertensiva; valvulopatie;

miocarditi, patologie degenerative del miocardio). In quest’ultimo gruppo devono

essere incluse anche le cosiddette “canalopatie”, ovvero patologie cardiache attribuibili

a difetti genetici a carico di canali ionici delle cellule miocardiche tra cui la Sindrome di

Brugada, la LQTS, la TV e la FV primarie. [Fig. 1]

Il meccanismo della M.I. è l’evento fisiopatologico terminale che è prodotto dalla causa

di morte; per lo più trattasi di M.I. elettrica (FV o asistolia), ma può anche trattarsi di

MI meccanica qualora si verifichi un improvviso impedimento alla progressione

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ematica (es. tamponamento cardiaco, embolia polmonare etc.). Eccezionali i casi di

dissociazione elettro-meccanica primaria in corso di ischemia miocardica iperacuta. A

tale riguardo una importante distinzione, per le implicazioni eziopatogenetiche, cliniche

e terapeutiche, è quella fra MI aritmica e MI non aritmica (Fig. 1).

Mentre le MI aritmiche sono determinate da ritmi defibrillabili, quelle non aritmiche, al

contrario, sono da ritenersi non defibrillabili per definizione.

Nell’ambito delle MI aritmiche sono comprese tutte quelle patologie cardiache

e non cardiache il cui quadro evolutivo finale è l’insorgenza di una TV o di una

FV (aritmie documentabili nel 90% dei casi di arresto cardiaco).

Il gruppo delle MI non aritmiche include, invece, quelle patologie che

determinano asistolia o PEA* (tamponamento cardiaco, patologie che

determinano ostruzione all’afflusso e/o all’efflusso del sangue al cuore etc.), non

comprendendo, tuttavia, i casi documentati in cui l’asistolia rappresenta

l’evoluzione terminale di una FV non trattata.

* PEA ovvero Pulseless Electrical Activity o electromechanical dissociation

Fig. 1

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Nei paesi cosiddetti industrializzati, la morte cardiaca improvvisa è responsabile di oltre

il 5% delle morti totali e di oltre il 50% della mortalità per malattie cardiovascolari. In

Italia, utilizzando analisi appropriate, anche se non relative a tutto il territorio nazionale,

si può stimare con buona approssimazione che l’incidenza di questo fenomeno sia

intorno a 0.7/1000 abitanti/anno, verificandosi nel 20-25% dei casi in soggetti

apparentemente sani, come prima manifestazione di una patologia sottostante

misconosciuta.

Le morti improvvise rappresentano il 15-20% della casistica medico-legale, accanto a

suicidi, decessi accidentali (incidenti stradali, folgorazione, annegamento etc.) ed

omicidi.

Dalle casistiche autoptiche4,5,86

si rileva che la cardiopatia ischemica (CI) rappresenta la

causa più frequente di MIC, seguita dalle cardiomiopatie primitive (10-15%) e dalle

cardiopatie valvolari (5%). Sopra i 30 anni di età la causa più frequente di MI è

rappresentata dalla cardiopatia ischemica secondaria ad una patologia aterosclerotica dei

vasi coronarici (90%), mentre sotto i 30 anni è frequente il riscontro di cardiomiopatie

ed anomalie delle arterie coronariche congenite (anomalie di origine; ponti miocardici

etc.). Fra le cardiomiopatie si segnalano per la particolare incidenza, la cardiomiopatia

ipertrofica che presenta un’incidenza del 4-8%/anno nei giovani e del 2-4%/anno negli

adulti e la displasia aritmogena del ventricolo destro con un’incidenza di 1/5000/anno.

Da segnalare, a tale riguardo, che, mentre negli USA la principale causa di MI negli

atleti <35 anni è rappresentata dalla cardiomiopatia ipertrofica, in Italia, invece, la causa

più frequente di MI nella stessa categoria di individui è rappresentata dalla displasia

aritmogena del ventricolo destro. Nel 5% dei casi non sono documentabili alterazioni

strutturali cardiache essendo interessate patologie correlate ad alterazioni genetiche dei

canali ionici (Sindrome di Brugada; Long QT Sindrome-LQTS; tachicardia ventricolare

polimorfa catecolaminergica-CPVT etc.).

Fra le cause non cardiache di MI la più frequente appare la rottura di un aneurisma

dell’aorta o di un vaso cerebrale (40-60% a secondo delle varie casistiche autoptiche), a

cui seguono per frequenza l’ictus cerebrale (10-12% dei decessi/anno), l’embolia

polmonare (30-80 casi/100000/anno) e l’ostruzione delle vie aeree non ascrivibile ad

asfissia meccanica violenta (es. asma e reazioni anafilattiche).

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Tali patologie possono presentarsi attraverso sintomi prodromici (astenia, dolore

toracico, sincope, palpitazioni, dispnea) oppure esordire con un arresto cardio-

circolatorio.

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ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA MORTE IMPROVVISA

Secondo le linee guida europee sull'autopsia giudiziaria (Racc. N°R-99-3-66) il

riscontro autoptico dovrebbe essere eseguito in tutti i casi di morte non naturale chiara o

sospettata, qualunque sia l’intervallo di tempo tra il fatto responsabile della morte e la

morte stessa, ed in particolare nei seguenti casi:

a. omicidio o sospetto di omicidio,

b. morte improvvisa inattesa, compresa la morte improvvisa del lattante,

c. violazione dei diritti dell’uomo, come nel sospetto di tortura o di ogni altra

forma di maltrattamento,

d. suicidio noto o sospettato,

e. sospetto di errore medico,

f. incidente di trasporto, del lavoro o domestico,

g. malattia professionale,

h. catastrofe naturale o tecnologica,

i. morte di detenuto o correlata ad azioni di polizia o militari,

j. cadavere non identificato o resti scheletrici.

L'indagine medico-legale risulta l'unico mezzo per conoscere la causa del decesso e per:

• stabilire se la morte è naturale o traumatica e, nel primo caso, se essa sia o meno

attribuibile ad una patologia cardiaca o ad altra causa;

• accertare la presenza o meno nell’organismo di sostanze illecite o tossiche;

• identificare la patologia che ha causato il decesso;

• se la patologia alla base è cardiaca, valutare se essa è ereditaria, e quindi se siano o

meno necessarie procedure di screening nei familiari del deceduto.

Tuttavia, anche in questo caso, non sono poche le situazioni in cui all’indagine autoptica

il cuore appare macroscopicamente e microscopicamente normale (mors sine materia);

fenomeno, questo, la cui prevalenza varia dal 5 al 20% nelle varie casistiche di MI

cardiovascolare 78-79.

La diversa percentuale di cuori “strutturalmente normali” riportata nelle diverse

casistiche può dipendere dalla diversa sensibilità delle metodiche impiegate, non

sufficienti ad evidenziare minime alterazioni strutturali, ma anche da differenti criteri

diagnostici che fanno includere le “minime alterazioni” nell’ambito di specifiche

condizioni patologiche.

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Nel caso di MI elettrica, può anche accadere che il substrato sottostante possa essere

rappresentato da patologie sub acute o croniche e l’evento precipitante, “trigger” (stress,

emozioni intense, alterazioni elettrolitiche etc.) possa risultare oscuro.

Per tale motivo le cause di morte improvvisa87

possono essere classificate come:

cause certe: patologie che per l’esordio acuto e l’elevato potenziale lesivo possono

essere causa di morte improvvisa (ad esempio la rottura di aneurismi cerebrali

importanti, la rottura di aneurismi aortici, la presenza di infarto miocardico recente

con rottura di cuore o con interessamento di più del 40% della massa ventricolare

sinistra, la presenza di embolia polmonare massiva, rottura di aorta o cuore con

tamponamento cardiaco, rottura di muscolo papillare o corda tendinea della mitrale

con edema polmonare acuto, occlusione coronarica acuta da trombosi

aterosclerotica od arteritica, dissezione od emboli, etc.).

cause probabili: patologie croniche, che però possono dar luogo ad eventi acuti

causa di morte improvvisa (es. placche aterosclerotiche con stenosi >75%, cicatrici

post infartuali, cardiomiopatia ipertrofica, cardiomiopatia aritmogena del VD,

cardiomiopatia dilatativa, etc.).

cause possibili: condizioni che eventualmente possono dar luogo a morte

improvvisa, con probabilità minore rispetto alle cause probabili [es. anomalie

minori di origine delle arterie coronariche dall’aorta (arteria coronaria destra dal

seno sinistro, origine alta dalla porzione tubulare dell’aorta, ramo circonflesso

dell’arteria sinistra da destra, plicatura ostiale coronaria), miocardite focale,

prolasso mitralico senza insufficienza valvolare, etc.].

L’indagine medico-legale in tema di morte improvvisa costituisce accertamento

complesso, che richiede nello stesso tempo competenza nella diagnostica

anatomopatologica e stretta osservanza del metodo medico-legale, poiché il range di

condizioni patologiche, spontanee e non, sottese alla diagnosi di morte improvvisa

impongono una disposizione di studio il più articolata possibile. Per tutto ciò,

preliminarmente alla fase settoria, un’analisi accorta deve essere riservata alle

circostanze in cui si è verificato il decesso poiché l’analisi del dato circostanziale è,

nella morte improvvisa, parte integrante dell’accertamento della causa stessa del

decesso. Nei casi di accertamenti riguardanti soggetti sconosciuti, rinvenuti cadaveri, si

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dovrà necessariamente eseguire un esame più approfondito, comprensivo di più tecniche

di studio. Pertanto è dalla ricognizione cadaverica che comincia l’analisi di tutti gli

elementi esterni che possono indirizzare le indagini successive, come la ricerca di tracce

biologiche correlabili a dati circostanziali o alle cause stesse della morte, sebbene

l’esame esterno del cadavere non richieda modalità di attuazione diverse da quelle

utilizzate in una consueta autopsia medico-legale.

Se può essere utile rilevare le caratteristiche costituzionali in relazione a specifici fattori

di rischio (ad esempio l’obesità che comporta un aumentato rischio cardiovascolare),

nondimeno una attenta analisi deve riguardare lo stato generale della cute, il suo

colorito significativo di congestione o cianosi, quello delle chiazze ipostatiche per la

relazione a particolari avvelenamenti, la presenza di lesioni cui ricondurre, in ipotesi,

cause di morte non naturali (ad esempio, tracce di punture significative di recenti

assunzioni di farmaci o droghe o rigor mortis precoce, prolungato e valido per scarsa

degenerazione delle fibrocellule muscolari). Così come potrebbero riscontrarsi

ecchimosi, abrasioni, ferite lacere al capo o al volto, spesso prodottesi in “liminae vitae”

per l’impatto al suolo o contro strutture in grado di procurare danni siffatti; tali

condizioni richiedono attenta verifica per stabilirne la compatibilità con lo stato dei

luoghi e la rilevanza o meno delle medesime ai fini del determinismo del decesso.

Alla luce di tali considerazioni, appare evidente dunque, che per cercare di limitare i

casi di morte “sine materia”, è necessario adottare non solo una corretta e rigorosa

procedura autoptica, ma esaminare con attenzione anche i dati storico-clinici inerenti la

modalità del decesso. Infatti i dati circostanziali assumono, in caso di morte improvvisa,

rilevanza fondamentale per indirizzare l’indagine necroscopica e gli accertamenti

complementari, nonché per la definizione della causa di morte e delle modalità

dell’evento. Tali dati sono desumibili da: rapporto di Polizia Giudiziaria; referti e

relazioni mediche (es. 118); informazioni rilasciate da testimoni presenti sul luogo

dell’evento o che hanno visto per ultimi la persona ancora in vita o che comunque

possano riferire notizie utili a ricostruire le abitudini di vita e la storia antica e recente

(ricoveri, assunzione di farmaci, caratteri, ultimo pasto etc.); sopralluogo medico-legale.

In tali casi potrebbe risultare utile una stretta collaborazione tra Servizio di Medicina

Legale e Sistema di Emergenza Territoriale (U.O. Rianimazione/118). Le informazioni

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che possono essere ricavate dal personale sanitario dei servizi di emergenza giunto per

primo sul posto, e quindi in un luogo che ancora non ha subito “manomissioni”,

possono essere molto utili per capire se si è in presenza, o meno, di una morte

improvvisa; le stesse informazioni possono rappresentare l’elemento di base per il

sospetto ed indirizzo in ordine alla ricerca della causa di morte (es. farmaci o droghe

rinvenute sul luogo dell’evento, posizione del cadavere, notizie apprese da persone

presenti o da familiari etc.).

L’intervento medico-legale ha due motivazioni prioritarie: da una parte le circostanze,

spesso particolari, in cui la morte si determina e dall’altra l’assenza, almeno apparente,

di cause idonee a giustificare l’accadimento in quel preciso momento; ambedue

elementi sufficienti ad indurre un generico “sospetto” che richiede, per un suo

chiarimento, una appropriata indagine tecnica.

Da quanto detto emerge che la diagnosi di MI ha impatto clinico importantissimo, ma

innumerevoli sono altri suoi risvolti. Si ricordano solo alcune situazioni nelle quali

l’exitus istantaneo ha risvolti di notevole peso e importanza valutativa: la MI in

ambiente pubblico può essere messa in relazione con circostanze o caratteristiche

dell’ambiente stesso? La MI in ambiente di lavoro può essere ad esempio secondaria a

noxae ambientali? Quali e quante saranno le problematiche assicurative legate

all’evento? Quali e quanti potranno essere i supposti di morte traumatica, soprattutto se

la MI si dovesse verificare

in strutture comunitarie aperte o chiuse? E se la MI dovesse colpire un infante, quali

ipotesi dovremmo sfrondare prima di essere certi che si tratti di morte naturale?

Questi interrogativi chiariscono ancora meglio quale ruolo importante gioca il Medico

Legale con la sua corretta e attenta valutazione, prima di indirizzare alle eventuali

competenze giudiziarie. Al Medico-Legale, quindi, tocca il compito di distinguere

quando determinati antecedenti (che fanno parte dello stato anteriore del danneggiato ed

il più delle volte sconosciuti prima di una specifica indagine) assumono il significato di

semplici antecedenti condizionali, e quando, viceversa, quello di concause preesistenti

nella produzione del danno. In sostanza, egli procede “per prove ed errori”, alla ricerca

della causa del decesso ed eventuali concause giuridicamente rilevanti.

Nel caso, poi, di morte improvvisa durante la guida di veicoli, è l’incidente che ha

causato la morte del conducente o la morte improvvisa del conducente ha causato

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l’incidente? Nel caso in cui la MI sia stata preceduta da un malore, il conducente era a

conoscenza di patologie che avrebbero potuto rendere possibile l’evento e in tal caso

avrebbe potuto fermare il veicolo? In questo ultimo caso gli attuali accertamenti sanitari

per l’idoneità alla guida (disciplinati dal DL n. 285/92, dal DPR n. 495/92 e dalla

direttiva CEE n. 91/439) hanno la possibilità di rilevare l’infermità e la possibilità del

verificarsi dell’evento?

I quesiti posti sono di enorme peso e di grande responsabilità civile e penale, tali da

rendere obbligatorie le consulenze di diversi Specialisti specifici, atti a un’attenta

valutazione della patologia dichiarata. Resta comunque fondamentale il rapporto di

collaborazione tra Medico Legale e Specialista Clinico.

ACCERTAMENTI MEDICO-LEGALI IN CASO DI MORTE

IMPROVVISA

L'investigazione forense della morte improvvisa si articola in quattro punti: 65

• Valutazione delle circostanze di morte e raccolta delle informazioni rilevanti

all'autopsia.

• Esame esterno ed esame interno

• Test di laboratorio

• Indagini tossicologiche e studi molecolari.

Di seguito saranno prese in considerazione soltanto le indagini di specifico interesse per

la morte improvvisa cardiaca.

Esame macroscopico standard del cuore

Particolare attenzione, nei sospetti casi di MI, deve essere riservata all'esame macro e

microscopico del cuore al fine di individuare le già citate patologie cardiache

maggiormente responsabili di MI.

L'ispezione macroscopica del cuore dovrebbe iniziare con l'ispezione del pericardio e

l'esplorazione della cavità pericardica, valutazione delle grosse arterie, delle vene.

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Successivamente l'organo deve essere asportato sezionando le arterie a 3 cm dalle

valvole aortica e polmonare, la cava inferiore in prossimità del diaframma e la cava

superiore in maniera tale da preservare il nodo del seno. Il cuore svuotato dal sangue

dovrà essere pesato e il valore risultante dovrà essere confrontato con i valori tabellati

relativi ad individui dello stesso sesso, età e peso dell'individuo in esame. Si

provvederà, poi, ad aprire l'atrio destro dall’ostio della vena cava inferiore fino all'apice

dell'auricola, l'atrio sinistro invece sarà sezionato tra le vene polmonari, e anche in

questo caso, fino all'apice dell'appendice atriale. L'apertura degli atri permetterà

l'ispezione delle cavità atriali, del setto interatriale, permetterà di valutare l'eventuale

pervietà del forame ovale e di apprezzare lo stato delle valvole atrioventricolari.

L'ispezione delle arterie coronarie dovrà essere molto attenta; innanzitutto dovranno

essere studiate la dimensione, la forma, la posizione e la pervietà degli osti coronari. Le

arterie epicardiche principali dovranno essere misurate e dovrà esserne determinato il

decorso e la dominanza, inoltre dovranno essere sezionate trasversalmente ad intervalli

di 3mm in modo da valutarne la pervietà. Poi si effettuerà una sezione trasversa

completa del cuore a livello medio-ventricolare e altre a intervalli di 1 cm verso l'apice

cardiaco; queste sezioni permetteranno di misurare lo spessore della parete libera del

ventricolo sinistro, del ventricolo destro e del setto interventricolare; anche questi valori

dovranno essere confrontati con i valori standard relativi ad individui dello stesso peso,

sesso ed età. Le misure del cuore dovranno essere registrate valutando la dimensione

trasversale come la distanza tra margine ottuso ed acuto del cuore a livello del solco

atrioventricolare posteriore; il diametro longitudinale sarà ottenuto come misura della

distanza tra la crux cordis e l'apice, anche in questo caso sulla faccia posteriore del

cuore. Completando la dissezione della metà basale del cuore sarà possibile terminare la

valutazione del setto interatriale e interventricolare, delle valvole atrioventricolari, dei

tratti di afflusso e di efflusso dei ventricoli e delle valvole semilunari.

Studio del sistema di conduzione cardiaco

In caso l'esame macroscopico del cuore non mostri anomalie, lo studio istopatologico

del sistema di conduzione cardiaco può rivelarsi utile nell'evidenziare lesioni

patologiche che possono essere alla base della genesi di tachiaritmie ventricolari e

morte improvvisa. Prima della valutazione istologica delle vie di conduzione deve

essere valuto il loro apporto ematico: il nodo del seno può essere vascolarizzato da un

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ramo dell'arteria coronaria destra o da un ramo dell'arteria circonflessa (a sua volta ramo

della coronaria sinistra), a seconda della dominanza. Il nodo atrioventricolare è

vascolarizzato da un ramo dell'arteria interventricolare posteriore; anche in questo caso,

a seconda della dominanza, il ramo può essere staccato anche dall’arteria circonflessa.

Successivamente dovranno essere eseguiti i prelievi:

• un campione conterrà il nodo seno-atriale (NSA), i suoi approcci atriali, la cresta

terminale, i plessi gangliari del nodo seno-atriale. Il maggiore punto di repere per la sua

rimozione è costituito dal solco e cresta terminale. Due tagli longitudinali sono condotti

parallelamente al solco terminale, lungo la parete atriale, con un prolungamento mediale

sul lato destro fino a raggiungere l'imbuto cavale superiore.

Sul lato sinistro si deve sezionare medialmente al ponte cava-cava, prolungando il taglio

fino alla parete della vena cava superiore. Dei due tagli trasversali, quello superiore e

indirizzato a rimuovere il più possibile l'imbuto cavale (tra le sezioni longitudinali),

mentre quello inferiore rimuove, più o meno distalmente (a seconda del volume atriale),

i muscoli pettinati che irradiano dalla cresta terminale.

• Un altro campione sarà costituito dalla giunzione atrio-ventricolare (AV) con i suoi

approcci atriali. I punti di repere sono, sul lato destro, lo sbocco del seno coronarico e la

porzione membranacea del setto. Si procede a rimuovere il setto interventricolare

insieme al corpo fibroso centrale, la parte inferiore del setto interatriale e gli adiacenti

segmenti dell'anello fibroso AV. I tagli devono essere condotti come segue:

a. una incisione longitudinale inferiore attraverso la porzione posteriore del setto,

attraverso l'anello AV, fino al margine superiore dell'ostio del seno coronarico;

b. una incisione longitudinale anteriore parallela alla precedente, attraverso la porzione

superiore del setto, fino all'anello valvolare aortico;

c. due incisioni perpendicolari ad a. e b. per rimuovere il blocco di tessuto con il suo

margine superiore (atriale-aortico) circa 1,5 cm sopra all'anello AV e il suo margine

inferiore (apice ventricolare) passando intorno alla base del muscolo tricuspide

mediale.

Entrambi i campioni verranno fissati in formalina, che ha il vantaggio di permettere le

tecniche istologiche di impregnazione argentica per le strutture nervose. Le

modificazioni del sistema di conduzione possono essere ricondotte all'età, ad insulti

ischemici perlopiù correlati ad aterosclerosi e a lesioni connesse a processi patologici

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sistemici come infezioni o stati infiammatori. Lo studio del sistema di conduzione non e

routinario, ma viene effettuato quando in base a registrazioni elettrocardiografiche

precedenti o alla storia familiare può essere sospettato un disturbo della conduzione

cardiaca. Le anomalie individuabili tramite lo studio del sistema di conduzione sono:

l'assenza della porzione atriale del nodo atrioventricolare, lesioni del fascio di His,

mesoteliomi nodali, stenosi dell'arteria che vascolarizza il nodo del seno o vie di

conduzione anomale (Wolf-Parkinson- White, malattia di Ebstein, ecc.).

Procedura di rimozione dei campioni per lo studio del sistema di conduzione cardiaco

Anche nel caso dei test di laboratorio, una particolare attenzione deve essere posta

sui prelievi e sulle analisi dei campioni cardiaci; per quello che riguarda l'esame

istologico del miocardio sarà necessario raccogliere campioni di tessuto dalle sezioni

trasverse effettuate durante l'esame macroscopico. I campioni di miocardio sono

raccolti ed etichettati in relazione alla porzione di muscolo cardiaco di provenienza, ed

è importante analizzare prelievi della parete libera del ventricolo sinistro (anteriore,

laterale e posteriore), del setto interventricolare (anteriore e posteriore), della parete

libera (anteriore, laterale e posteriore) e della porzione di efflusso del ventricolo

destro; nonchè ottenere due campioni anche dal miocardio di entrambi gli atri. Le

colorazioni standard utilizzate sono: Ematossilina e Eosina e la tricromica di Masson

(o Van Gieson). Nel caso di patologie delle arterie coronarie dovranno essere prelevate

le lesioni più severe e rappresentative per una successiva osservazione istologica.

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In ogni autopsia giudiziaria i prelievi di base devono prevedere anche campioni dei

principali tessuti per indagini istologiche e tossicologiche (rene, encefalo e fegato), il

contenuto gastrico e vescicale e un campione di sangue periferico (o cardiaco) per il

dosaggio del tasso di alcool e per le analisi tossicologiche.

Nei casi in cui la causa di morte non possa essere stabilita con certezza saranno

necessari ulteriori prelievi per gli accertamenti tossicologici (umor vitreo, liquor cefalo

rachidiano, bile, capelli e ogni altro tessuto ritenuto necessario).

L'esame autoptico tradizionale rimane il gold standard per cercare di individuare le

cause di morte. Inoltre, almeno al momento, elementi fondamentali all'indagine

forense come le analisi istologiche, non sono sostituibili da tecniche non invasive

(quali quelle radiologiche). Tuttavia è essenziale l'applicazione di un rigoroso

protocollo al fine di non dimenticare nessun campione biologico rilevante per

accertamenti istologici, tossicologici e molecolari.

Studi Molecolari L'applicazione delle tecniche molecolari nell'investigazione della morte improvvisa è

finalizzata sia alla ricerca di genoma virale (nei casi di sospetta miocardite o di

cardiomiopatia infiammatoria), che soprattutto all'individuazione di mutazioni relative a

patologie cardiache geneticamente determinate.

Un campione di miocardio di 5 g e 10 mL di sangue (+EDTA) e tessuto splenico

vengono congelati (-80°C) o conservati in RnaLater (una soluzione acquosa, non

tossica, che rapidamente penetra nel tessuto stabilizzando e proteggendo gli acidi

nucleici) a 4°C. I campioni raccolti verranno sottoposti ad analisi virale (tramite RTPCR

e PCR) e mutazionale (tramite PCR, DHPLC e Sequenziamento).

L'analisi molecolare dei campioni è essenziale per definire la causa di morte in quelle

situazioni in cui gli esami precedenti non hanno chiarito il substrato patologico che ha

causato il decesso; vale a dire quando ci troviamo di fronte ad una Sudden Unexplained

Death (SUD). Studi 65-73-74

hanno dimostrato che un terzo dei casi di SUD è attribuibile

a mutazioni patologiche dei canali ionici delle cellule miocardiche e che nel 15% dei

casi le mutazioni coinvolgono il gene codificante il recettore cardiaco della rianodina

(RyR). I geni principalmente indagati sono KCNQ1, KCNH2 e SCN5A.

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L'identificazione di cardiopatie aritmiche su base genetica risulta essere un elemento

fondamentale per attivare programmi di screening sui familiari del deceduto. Infatti

l’indagine molecolare post mortem può aiutare a ridurre ulteriormente i casi di MI che

rimangono inspiegati, nei quali la diagnosi finale può essere ottenuta solo attraverso uno

screening genetico.

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CARDIOMIOPATIA TAKOTSUBO

La cardiomiopatia takotsubo (takotsubo cardiomiopathy, TTCM), denominata anche

sindrome takotsubo, apical ballooning syndrome, ampulla cardiomyopathy, broken

heart syndrome, stress cardiomyopathy, è una patologia acuta caratterizzata da una

grave disfunzione del ventricolo sinistro (VS) transitoria e reversibile, la cui

presentazione clinica è sovrapponibile ad un infarto miocardico acuto e che viene

frequentemente scatenata da fattori emozionali. L’incidenza della TTCM è stimata al

2.2% dei pazienti con presunta sindrome coronarica acuta; questa percentuale aumenta

fino al 6-7% se si prendono in considerazione solo le donne. Nella gran parte dei casi si

tratta di donne in età postmenopausale (90%) ed in 2/3 dei casi è presente, quale fattore

scatenante, uno stress fisico come un intervento chirurgico (nel 36%) od emotivo,

tipicamente un lutto (nel 30% dei casi)75. Tende a recidivare in circa il 10% dei casi.

La sindrome, descritta per la prima volta nel 1990 in Giappone da Sato et al.5 fu definita

“tako-tsubo” in virtù dell’aspetto che assume caratteristicamente il ventricolo sinistro

discinetico: il termine “takotsubo” deriva in effetti dal nome di un cestello (tsubo) usato

dai pescatori giapponesi per la pesca del polpo (tako) che ha forma rotondeggiante con

la parte superiore più stretta (tale patologia, sempre per il medesimo motivo, prende

anche il nome di sindrome balloniforme).

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Dal punto di vista epidemiologico si tratta di una sindrome che colpisce con assoluta

prevalenza il sesso femminile, con un rapporto maschi/femmine variabile da 1:6 a 1:12

nelle varie casistiche riportate in letteratura; oltre il 90% dei soggetti colpiti ha più di 50

anni; la massima frequenza di comparsa è nella settima e ottava decade di vita con

segnalazioni anche in soggetti di 89 anni. La sua incidenza oscilla tra lo 0.7% e il 2.6%

di tutti i soggetti che si presentano con un quadro clinico di sindrome coronarica acuta,

a fronte di una frequenza di soggetti con infarto miocardico senza e con

sopraslivellamento del tratto ST e coronarie angiograficamente indenni da patologia

aterosclerotica ostruttiva pari, rispettivamente, al 9%8 e 0.7-2.6%

9. Nei dipartimenti di

emergenza di secondo livello la presentazione di pazienti con questa sindrome viene

riportata mediamente essere di un caso al mese10

. Se vengono presi in considerazione

solo i soggetti di sesso femminile che si presentano con quadro clinico di sindrome

coronarica acuta, l’incidenza di cardiomiopatia takotsubo è pari al 6%11

; Parodi et al.12

riportano che, a fronte di un 2% di comparsa di cardiomiopatia takotsubo sul numero

globale di soggetti pervenuti in pronto soccorso con sindrome coronarica acuta, su 305

donne con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST in sede

anteriore, in ben 36 (12%) è stata posta diagnosi di cardiomiopatia takotsubo.

La circadianità di presentazione della cardiomiopatia takotsubo appare

significativamente differente da quella dell’infarto miocardico acuto anteriore come

appare dal confronto tra 50 soggetti con cardiomiopatia takotsubo e 583 soggetti con

infarto acuto13-22

. Nei pazienti con cardiomiopatia takotsubo la sintomatologia si

presenta più frequentemente nelle ore diurne, tra le 6.00 e le 18.00, rispetto ai pazienti

con infarto miocardico acuto (73 vs 49%). Ciò è stato correlato con la stretta

associazione tra la patologia in esame e stress psichici e/o fisici. L’analisi della

distribuzione mensile della casistica non ha rilevato differenze statisticamente

significative tra i vari periodi dell’anno, anche se in uno studio di Hertting et al.16

, su 32

casi di cardiomiopatia takotsubo in pazienti tedeschi, 16 si siano verificati nei mesi

estivi.

In generale, sulla base dei dati oggi disponibili, nell’anamnesi dei pazienti con sindrome

takotsubo non sono usualmente riscontrabili precedenti eventi cardiologici e l’incidenza

dei fattori di rischio convenzionali per malattia coronarica non è significativamente

diversa da quella della popolazione generale.

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Viceversa in circa due terzi dei casi un intenso stress emotivo (incidente

automobilistico, decesso improvviso di un parente stretto, intenso spavento, aspro

litigio) o fisico (trauma accidentale, procedure mediche invasive, crisi asmatiche)

precede di minuti o di ore l’esordio del quadro clinico23,24

. Si tratta di un trigger

caratteristico della sindrome, con possibili implicazioni sul piano eziopatogenetico.

Ciononostante l’assenza di un evento psicofisico stressante temporalmente correlato con

il quadro cardiologico non deve far escludere la diagnosi di sindrome takotsubo25

.

La sindrome di takotsubo si associa a malattia neurologica o psichiatrica in oltre la

metà dei casi (55,8%), ovvero si presenta spesso in associazione a disturbi neurologici

come l’epilessia (è il caso delle SUDEP, Sudden Unexplained Deaths in Epilepsy), o

psichiatrici come, ad esempio, la depressione75

.

Alcune patologie neurologiche e cardiache che possono determinare alterazioni acute

transitorie della cinesi ventricolare in assenza di coronaropatia dovrebbero essere

distinte dalla sindrome takotsubo. Per tale ragione fra i criteri diagnostici proposti dalla

Mayo Clinic si contempla l’assenza di recente trauma cranico rilevante, emorragia

intracranica, feocromocitoma, miocardite e cardiomiopatia ipertrofica23,24

.

La causa della peculiare alterazione di cinesi di questa malattia è ancora sconosciuta e

lungamente dibattuta. Sono state identificate quattro principali ipotesi eziologiche:

1. Danno epicardico multivasale coronarico26,27

2. Alterazioni del microcircolo coronarico28-32-76

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3. Cardiotossicità catecolaminergica (suggerita dalla presenza di necrosi a bande di

contrazione, infiltrato neutrofilo di grado lieve, fibrosi) 33-39

4. Stunning miocardico neurogenico causato da una disfunzione autonomica

acuta40-47

Ma finora non sono stati descritti meccanismi fisiopatologici unitari in grado di

rispondere alle domande: 1) perché questa sindrome colpisca preferenzialmente le

donne in età post-menopausale; 2) perché un importante stress psicologico sia il fattore

precipitante più frequente della sindrome; 3) perché la disfunzione ventricolare sinistra

abbia una localizzazione regionale.

Ueyama et al.48

hanno dimostrato che uno stress emozionale, come si verifica nello

stress da immobilizzazione, aumenta l’espressione di alcuni geni in grado di aumentare

il numero degli alfa- e beta-recettori nel cuore del ratto, con conseguente disfunzione

ventricolare sinistra reversibile. La suddetta disfunzione sarebbe legata ad

un’ipersensibilità degli adrenorecettori e, inoltre, è stato dimostrato che la

somministrazione di un adrenobloccante (amosulalolo) previene le modificazioni

elettrocardiografiche in ratti sottoposti a stress da immobilizzazione49

.

Ueyama et al.48

hanno osservato che la somministrazione di beta-estradiolo in ratti

ovariectomizzati attenua la disfunzione ventricolare sinistra indotta da stress da

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immobilizzazione, attraverso la riduzione dell’espressione dell’mRNA cerebrale

codificante per c-fos (regolatore dell’eccitabilità neuronale). Questo reperto potrebbe

giustificare la più alta incidenza della malattia in donne in postmenopausa.

L’aumento di catecolamine sieriche43

e la più alta densità di innervazione simpatica

delle regioni apicali42,43

è stata documentata da alcuni studi. Inoltre altri studi hanno

dimostrato che il miocardio basale ha un contenuto più elevato di noradrenalina e una

densità più alta di terminazioni simpatiche rispetto al miocardio apicale, nell’uomo43

, e

la reattività miocardica è stata descritta in un modello canino di cardiomiopatia

takotsubo50

.

Un ruolo fisiopatologico nel determinismo della cardiomiopatia takotsubo potrebbe,

inoltre, essere svolto da un disordine del metabolismo del glucosio, catecolamino-

indotto, come dimostrato in uno studio con tomografia ad emissione di positroni (PET),

in cui la captazione di F-18 fluorodesossiglucosio (FDG) era severamente ridotta a

livello dell’apice51

. Ciò potrebbe anche spiegare la discrepanza esistente tra l’area di

acinesia evidenziabile all’ecocardiogramma e alla ventricolografia (corrispondente alla

zona di deficit metabolico) e il difetto di perfusione, notevolmente inferiore,

evidenziabile alla scintigrafia con tallio-201.

Quadro clinico

La sintomatologia d’esordio è rappresentata, nella maggior parte dei casi, da dolore

toracico a riposo (33-71% dei casi), anche se la dispnea e la profonda astenia non sono

infrequenti come manifestazioni iniziali della sindrome takotsubo23

. In rari casi la

sincope può essere la prima ed unica manifestazione17

. Come già accennato, la

presentazione clinica non è facilmente differenziabile da quella di una sindrome

coronarica acuta24

. Nel 12% dei casi l’esordio avviene con il quadro dello shock

cardiogeno52

.

In letteratura esistono dati preliminari che segnalano un’elevata incidenza di comorbilità

(67%); in particolare sono state descritte frequentemente patologie sottostanti di tipo

immunologico (asma bronchiale, distiroidismo, anafilassi), polmonare

(broncopneumopatia cronica ostruttiva), neoplastico o renale12

.

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Un recente studio multicentrico75

su 1750 pazienti chiarisce che, nonostante le

disfunzioni microvascolare e miocardica siano reversibili, si ha la possibilità di shock

cardiogeno nel 12% dei casi e di morte nel 5% .

L’edema polmonare acuto o l’insufficienza ventricolare sinistra sono descritti nel 3-

46% dei pazienti in fase acuta, con necessità di assistenza meccanica al circolo mediante

contropulsazione aortica nei casi di instabilità emodinamica. Nel 13-18% dei casi si può

osservare ostruzione nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro con un gradiente

pressorio dinamico transitorio che può associarsi ad insufficienza mitralica da

movimento sistolico anteriore dei lembi valvolari mitralici e delle corde tendinee (come

conseguenza della discinesia dei segmenti apicali e medioventricolari e dell’ipercinesia

dei segmenti basali del ventricolo sinistro). La tachicardia e la fibrillazione ventricolare

sono state descritte sia come modalità di presentazione che come complicanza tardiva

della sindrome takotsubo, ma appaiono infrequenti23

. Sono inoltre stati descritti casi

isolati di rottura della parete libera del ventricolo sinistro22

.

La possibilità di ripresentazione del quadro clinico a distanza viene riportata da alcuni

autori. Sharkey et al.10

riferiscono di un secondo episodio di cardiomiopatia takotsubo

scatenato da stress emotivo in 2 soggetti sui 22 studiati (9%) 3 e 10 mesi dopo il primo

episodio, mentre Tsuchihashi et al.52

descrivono due recrudescenze su 72 pazienti

(2.7%) ad un follow-up medio di 13 mesi. L’ampia variabilità dei follow-up riportati in

letteratura (8 giorni - 4 anni), l’esiguità numerica delle singole casistiche e la ancora

relativa debole conoscenza della sindrome clinica contribuiscono verosimilmente ad una

sottostima della reale incidenza delle recidive. In uno studio retrospettivo di 100

pazienti Elesber et al.53

hanno evidenziato che, sebbene le ricorrenze di dolore toracico

nei pazienti con takotsubo siano frequenti, la loro prognosi a 4 anni non differiva da

quella della popolazione generale di pari età e sesso.

L’ECG nella fase acuta è caratterizzato nella maggioranza dei casi (dall’80% fino al

100% nelle casistiche maggiori) da un sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni

precordiali, che può essere associato a sopraslivellamento nelle derivazioni inferiori e

laterali23,54

. In una percentuale di casi, che può arrivare fino al 40% in alcuni studi54,55

,

l’ECG è caratterizzato fin dall’esordio dalla presenza di onde T profonde negative nelle

derivazioni precordiali e talora anche inferiori. Non è chiaro se queste due differenti

presentazioni elettrocardiografiche siano dipendenti da un diverso intervallo di tempo

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fra l’esordio dei sintomi e il primo ECG, o riflettano una differenza nella severità e

nell’estensione delle alterazioni della cinesi regionale del ventricolo sinistro. In una

minoranza di casi (circa 5%) l’ECG d’esordio mostra solo alterazioni non specifiche

della ripolarizzazione. La presenza di onde Q patologiche di nuova insorgenza è

riportata nel 6-31% dei pazienti23,54,55

. Nella fase acuta si osserva spesso un

allungamento dell’intervallo QTc e un aumento della dispersione del QT che

raggiungono il massimo nei giorni immediatamente successivi, in corrispondenza con lo

sviluppo di onde T negative profonde56

; nonostante tali alterazioni nella fase

intraospedaliera, non viene riportata un’aumentata incidenza di aritmie ventricolari

maligne e di morte improvvisa e solo in casi isolati sono state descritte tachicardie

ventricolari tipo torsione di punta, associate ad un allungamento dell’intervallo QT.

L’evoluzione elettrocardiografica successiva è caratterizzata da una progressiva

riduzione delle alterazioni della ripolarizzazione fino alla completa normalizzazione

dell’ECG, che avviene in un periodo compreso fra alcune settimane e 2-3 mesi.

Tuttavia, in circa un terzo dei pazienti con TTCM e TdP, l’allungamento del QT e del

QTc si prolunga ben oltre la fase acuta e subacuta; in questo sottogruppo di pazienti, la

TTCM può essere interpretata come uno di quei trigger capaci di slatentizzare LQTS

(Long QT Syndrome) silenti o inapparenti.82

Dib et al.81

hanno evidenziato che i pazienti con TTCM che presentano aritmie maligne

mostrano una maggiore variazione degli intervalli R-R rispetto a quelli senza aritmie, a

differenza di quanto si verifica nell’IMA, dove una ridotta variabilità della frequenza

cardiaca è da considerare un importante predittore di mortalità. Gli autori hanno

ipotizzato che, evidentemente, quando le aritmie maligne si verificano nell’IMA sono

da porre in relazione all’ischemia miocardica stessa, mentre quando compaiono nella

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TTCMM sono invece da collegare ad un abnorme prolungamento del QT e quindi ad un

incremento della variabilità della frequenza cardiaca.

Nella sindrome takotsubo l’ECOCARDIOGRAMMA ha due principali applicazioni:

• nella fase acuta documenta la presenza delle tipiche alterazioni della cinesi regionale

del ventricolo sinistro, con acinesia e dilatazione dell’apice e dei segmenti medi ed

ipercinesia dei segmenti basali; il suo uso è quindi fondamentale per sospettare la

diagnosi nei pazienti con caratteristiche cliniche suggestive per la sindrome e per porre

quindi indicazione all’esecuzione della coronarografia;

• nella fase successiva l’ecocardiogramma dimostra la progressiva normalizzazione

della cinesi regionale e della funzione ventricolare sinistra globale, che rappresenta uno

degli elementi necessari per la diagnosi. La normalizzazione della cinesi regionale è

indicativa di un fenomeno di stunning miocardico la cui eziopatogenesi non è ancora

chiarita ed avviene in un periodo di tempo variabile da alcuni giorni ad alcune

settimane; spesso le alterazioni della cinesi regionale si risolvono più precocemente

delle alterazioni elettrocardiografiche.

L’ecocardiogramma è inoltre utile per individuare complicanze rare, ma riportate in

letteratura, come lo sviluppo di trombosi apicale67

, e per valutare la presenza e

l’evoluzione di un gradiente dinamico intraventricolare spontaneo, che viene riportato in

fase acuta in una percentuale di pazienti fino al 20%.

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In alto: immagine 4 camere apicale durante i frame telesistolico e telediastolico

registrati durante le fasi acute della malattia. In basso: gli stessi frame registrati

dopo completa risoluzione dell’episodio.

All’esordio la diagnosi differenziale tra TTCM ed infarto miocardico acuto è una vera e

propria sfida diagnostica di non facile soluzione, tanto che le linee guida American

College of Cardiology (ACC)/American Heart Association (AHA) hanno inserito la

tako-tsubo tra le categorie speciali da considerare in diagnosi differenziale68

di IMA.

Una valutazione sistematica con ecocardiografia bidimensionale permette di fare

diagnosi di tako-tsubo prima di eseguire la coronarografia, rivelando un peculiare

“pattern” di contrattilità del ventricolo sinistro, caratterizzato da acinesie della

contrattilità regionale del ventricolo sinistro simmetriche che coinvolgono tanto la

parete anteriore che la laterale, l'inferiore e la posteriore. A differenza di quanto viene

descritto nelle sindromi coronariche acute, le dissinergie di parete nei pazienti con

TTCM si estendono oltre il territorio di distribuzione di una singola arteria coronaria.

Inoltre il contemporaneo coinvolgimento del ventricolo sinistro e dell’apice del

ventricolo destro (ballooning biventricolare), dovrebbe essere considerato un marcatore

diagnostico di TTCM. La possibilità di distinguere rapidamente i pazienti con TTCM,

senza quindi lesioni significative alle coronarie epicardiche, dai pazienti con STEMI

anteriore può facilitare una gestione clinica rapida ed appropriata. I risultati associati ad

altre peculiari caratteristiche cliniche, quali il sesso femminile, la menopausa e il

riscontro di un trigger fisico od emozionale, possono essere di aiuto nella diagnosi

precoce di TTCM, soprattutto nei pazienti che si presentano con un sopraslivellamento

del tratto ST in sede anteriore68

.

E’ stato proposto l’uso dell’eco-dobutamina a basse dosi69,70

per documentare lo

sviluppo di un gradiente dinamico intraventricolare che potrebbe giocare un ruolo

patogenetico nell’induzione dell’apical ballooning. Secondo tale ipotesi70

, la presenza

di un’ipertrofia localizzata del setto medio-prossimale, che è frequente nelle donne

anziane ipertese, favorirebbe, in associazione con uno stress emotivo notevole, lo

sviluppo di un’ostruzione dinamica intraventricolare causata dalla giustapposizione del

setto ipertrofico all’apparato sottovalvolare mitralico e da un movimento sistolico

anteriore del lembo anteriore mitralico; tale ostruzione, a sua volta, condizionerebbe un

aumento dello stress parietale e una diminuzione della perfusione nei segmenti medi ed

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apicali responsabili delle alterazioni della cinesi. Tuttavia, un’ostruzione dinamica,

spontanea o indotta, è stata documentata solo in una minoranza di pazienti; inoltre, non

è chiaro se si tratti di un fenomeno primario o secondario allo sviluppo del ballooning,

per cui il suo significato clinico70,71

rimane da definire. L’uso dell’eco-stress con

dobutamina rimane quindi attualmente limitato al campo della ricerca clinica.

La CORONAROGRAFIA tipicamente evidenzia una compromissione della funzione

del ventricolo sinistro con ipo o acinesia del mesocuore e dell’apice, in presenza di un

albero coronarico indenne. Infatti, eseguita in fase acuta, è indispensabile per

documentare la presenza di coronarie angiograficamente normali, l’assenza di stenosi

coronarica ostruttiva o di evidenza angiografica di rottura acuta di una placca

aterosclerotica, criteri necessari per la diagnosi57

.

La percentuale di pazienti con coronarie normali varia fra il 100% in alcuni studi

giapponesi58

e il 25-38% in studi su popolazioni caucasiche55

. In letteratura la diagnosi

di cardiomiopatia takotsubo viene posta anche in presenza di una stenosi coronarica

organica <50%.

Tale criterio va tuttavia considerato con cautela, in quanto la valutazione angiografica

soggettiva o anche quantitativa della stenosi può sottostimarne la severità rispetto a

metodiche più sofisticate come l’ecografia endoluminale coronarica; si rischia quindi di

porre diagnosi di cardiomiopatia tako-tsubo in pazienti con una sindrome coronarica

acuta sostenuta da una coronaropatia organica significativa. Le limitazioni

dell’angiografia tradizionale e la necessità di ricorrere a metodiche più sofisticate per

definire i meccanismi eziopatogenetici della sindrome takotsubo nei pazienti con stenosi

borderline sono sottolineate da un recente lavoro in cui sono stati studiati con ecografia

endoluminale coronarica 5 pazienti con sindrome coronarica acuta associata ad aspetto

ventricolografico di takotsubo e assenza di lesioni coronariche >50%59

. In tutti i 5 casi

l’ecografia endoluminale coronarica ha dimostrato la presenza di una rottura di placca

non critica nel tratto medio della discendente anteriore, associata in 3 casi ad

ulcerazione della placca ed in uno a dissezione intimale. Secondo tale studio, quindi, nei

pazienti con ballooning apicale associato a lesioni subcritiche, una trombosi non

occlusiva su placca non critica complicata potrebbe essere il meccanismo patogenetico

della sindrome. Il tempo di esecuzione della coronarografia rispetto all’esordio dei

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sintomi rappresenta un’altra variabile importante che può influenzare l’individuazione

di eventuali trombi; per minimizzare la possibilità di non individuare una trombosi

coronarica che, soprattutto se non occlusiva, potrebbe essersi risolta spontaneamente, la

coronarografia dovrebbe essere eseguita il più precocemente possibile. La

ventricolografia sinistra eseguita in fase acuta documenta le alterazioni della cinetica

regionale tipiche della sindrome, costituite dall’acinesia e dilatazione dei segmenti medi

e dell’apice con ipercinesia dei segmenti basali, che impartisce al ventricolo sinistro la

classica morfologia a takotsubo.

Secondo alcuni autori, le alterazioni della cinesi regionale si estendono oltre il territorio

di distribuzione di un singolo vaso coronarico, in particolare dell’arteria

interventricolare anteriore, e sembrano quindi favorire l’ipotesi di un danno miocardico

mediato da un meccanismo neurogeno e/o dipendente da un eccesso di catecolamine

circolanti piuttosto che da un’ischemia miocardica regionale55

. Un’ipotesi alternativa

per spiegare l’estensione delle alterazioni della cinesi alla parete diaframmatica è stata

formulata da Ibanez et al.59

, che hanno osservato nei pazienti con sindrome takotsubo un

maggior sviluppo del ramo ricorrente della discendente anteriore, che risale lungo il

solco interventricolare posteriore ad irrorare la porzione medio-distale della parete

diaframmatica cardiaca.

Recentemente accanto alla forma tipica con ballooning apicale, è stata descritta una

variante caratterizzata da acinesia e dilatazione dei segmenti medi sia anteriori che

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inferiori del ventricolo sinistro con ipercinesia dei segmenti basali ed apicali, che è stata

definita midventricular ballooning. Le caratteristiche cliniche di tale variante, come

l’associazione con stress fisici o psichici e la prevalenza nel sesso femminile, sono

simili a quelle della forma tipica e fanno ipotizzare un meccanismo patogenetico

comune. D’altra parte, la peculiare distribuzione delle alterazioni della cinesi sembra

escludere come meccanismo patogenetico un’ischemia miocardica acuta legata al

coinvolgimento di uno specifico ramo coronarico.

Una prima classificazione suddivide i quadri di TTCM in:

1.Takotsubo type (quadro tipico): acinesia apicale e ipercontrattilità basale;

2.Reverse takotsubo: acinesia basale e ipercontrattilità apicale;

3.Midventricular type: ballooning medio-ventricolare unito a ipercontrattilità basale e

apicale;

4.Localized type: ballooning di qualsiasi altro segmento cardiaco in presenza di

disfunzione ventricolare sinistra simil-takotsubo.

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La SCINTIGRAFIA MIOCARDICA di perfusione e metabolica e la PET, pur non

essendo necessarie per la definizione diagnostica, hanno fornito importanti informazioni

per una migliore comprensione della fisiopatologia della sindrome.

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Gli studi di perfusione miocardica con tallio-201 o con tecnezio-99m tetrofosmin,

eseguiti in fase acuta, hanno documentato nella maggior parte dei casi un severo difetto

di perfusione in sede apicale60

che regredisce completamente nel follow-up. In alcuni

casi clinici, tuttavia, sia la scintigrafia miocardica con tallio che la PET di perfusione

non hanno dimostrato significativi difetti di perfusione a livello apicale. La valutazione

combinata della perfusione e del metabolismo miocardico regionale, utilizzando come

marcatore del metabolismo degli acidi grassi lo iodio 123-acido beta-metiliodofenil-

pentadecanoico (BMIPP), ha permesso di documentare in fase acuta un mismatch fra

perfusione e metabolismo, con un difetto metabolico più severo ed esteso del difetto di

perfusione60,61

. Lo studio accoppiato del metabolismo e della perfusione miocardica con

PET sembra confermare i dati della scintigrafia, dimostrando un reverse mismatch fra

perfusione e metabolismo con una ridotta captazione del F-18FDG molto più severa

rispetto al difetto di perfusione16,17,51

. Il difetto di perfusione regionale in assenza di

lesioni ostruttive dei vasi coronarici epicardici viene interpretato come secondario ad un

fenomeno di no-reflow da danno del microcircolo coronarico, la cui natura rimane da

definire e che potrebbe anch’esso essere legato ad un effetto tossico da eccesso di

catecolamine. La ridotta captazione dello iodio 123-BMIPP si osserva nel miocardio

stordito dopo terapia riperfusiva, mentre il difetto di captazione del FDG potrebbe

essere in relazione con un effetto dannoso delle catecolamine ed essere mediato da una

resistenza all’insulina indotta dalle catecolamine stesse.

Utilizzando la scintigrafia con iodio 123-MIBG, che funziona come marcatore delle

terminazioni simpatiche miocardiche, è stato inoltre documentato in fase acuta la

presenza di un esteso difetto di captazione a livello apicale, che sembra indicativo di

una denervazione regionale e sarebbe anch’esso riferibile ad un danno da catecolamine.

Tale danno selettivo regionale potrebbe essere in rapporto con la maggiore densità di

recettori adrenergici a livello apicale o con un’aumentata sensibilità dell’apice alla

stimolazione simpatica.

La RMN è un mezzo diagnostico certamente utile nel processo di diagnosi differenziale

della sindrome takotsubo perché è in grado di fornire non solo informazioni

sull’estensione e sulla reversibilità delle caratteristiche alterazioni della cinetica

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regionale, ma anche di differenziare la sindrome takotsubo da altre condizioni

patologiche che hanno una presentazione clinica simile, quali l’infarto miocardico acuto

e la miocardite, condizioni che presentano tipici pattern di late enhancement. Inoltre,

l’assenza di late enhancement nella maggior parte dei casi di cardiomiopatia takotsubo

depone per un buon recupero funzionale. Se eseguita in una fase molto precoce, la

RMN può mostrare l’estensione del miocardio colpito, mentre in una fase più tardiva è

in grado di valutare la reversibilità (conditio sine qua non della sindrome) delle peculiari

alterazioni della cinetica regionale.

L’assenza di un accumulo tardivo di gadolinio (late enhancement) è fondamentale per

porre la diagnosi differenziale con l’infarto miocardico acuto62

. La presenza di edema

tissutale nella fase acuta e la sua scomparsa nelle fasi più tardive, così come l’eventuale

presenza di late enhancement a distribuzione sottoepicardica e patchy, depone per la

presenza di un quadro infiammatorio tipico della miocardite63

.

Infine può essere presente anche una modesta elevazione degli indici di necrosi

(troponina I), da cui la diagnosi differenziale con infarto del miocardio.

Per quanto riguarda l’ISTOLOGIA MIOCARDICA (anche se solo un numero limitato

di studi ha effettuato biopsie endomiocardiche in vivo), le alterazioni più frequenti

consistono in bande di contrazione77

, tipiche della necrosi da catecolamine, e in piccoli

infiltrati mononucleati e polimorfonucleati17,58

, che però non rispondono ai criteri

diagnostici di miocardite acuta.

Si tratta comunque di una forma di cardiomiopatia a prognosi favorevole, poiché la

compromissione della funzione del ventricolo sinistro è generalmente transitoria e si

risolve nell’arco di qualche settimana. Tuttavia, soprattutto nelle fasi iniziali, in una

piccola percentuale di casi si manifestano delle complicanze potenzialmente mortali,

(edema polmonare, shock cardiogeno, tachicardia o fibrillazione ventricolare, arresto

cardiaco) che rendono molto verosimile anche l’associazione di detta patologia con

alcuni casi di morte improvvisa80

.

Trattandosi di una diagnosi sostanzialmente clinica, sono stati proposti alcuni criteri al

fine di riconoscere i soggetti affetti con uniformità.

I criteri attualmente riconosciuti necessari per la diagnosi sono quattro:

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1) ipocinesia, acinesia o discinesia transitoria della porzione centrale del ventricolo

sinistro con coinvolgimento o meno della punta, su un territorio la cui

irrorazione comunque deriva da più di un vaso coronarico. Frequentemente, ma

non sempre, è presente un fattore stressante scatenante l’evento.

2) Assenza di stenosi emodinamicamente significative dell’albero coronarico.

3) Anomalie elettrocardiografiche o modesta elevazione della troponina.

4) Assenza di feocromocitoma e/o miocardite.

Ciononostante, il riscontro agli esami di imaging della patognomonica morfologia a

“cesto da polpi” è tuttora l’unico assoluto criterio di certezza per una diagnosi

altrimenti di esclusione.

Ciò non vale soltanto per la clinica, ma anche per la medicina forense, come

dimostrato dal caso esposto di seguito; una anamnesi suggestiva, unita ad un quadro

biochimico e istologico compatibile con sindrome takotsubo, può porre il sospetto,

ma esclusivamente l’osservazione di un cuore “balloniforme” all’esame autoptico

potrà confermare tale sospetto al di là di ogni dubbio.

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CASE REPORT

Il caso esaminato si riferisce ad un episodio di morte improvvisa avvenuta durante

un’estrazione dentaria.

RIFERIMENTI ANAMNESTICI

A) Patologici prossimi

La sig.ra B.A., di anni 65, si era recata in uno studio dentistico per la terza volta per

subire un intervento di estrazione dentaria, motivato dall’individuazione di alcuni

granulomi nell’arcata superiore. L’indicazione alla estrazioni era stata posta a seguito di

visita cardiologica, per il rischio di sviluppare processi infettivi sistemici a partenza

dagli elementi dentari in un soggetto seguito per scompenso cardiaco.

Il medico curante della sig.ra B.A., che aveva visto la donna proprio la mattina del

decesso, riferì che la paziente presentava una flogosi delle alte vie respiratorie con lieve

broncospasmo, per cui le aveva prescritto terapia antibiotica.

B) Patologici remoti

Nel 2006 era stata posta alla signora B.A. la diagnosi di “blocco di branca sinistro

completo e lieve compromissione della funzione del ventricolo sinistro (frazione di

eiezione, EF, 45%)”.

Nel febbraio del 2007 era stata ricoverata per la comparsa di tachicardia

sopraventricolare trattata con cardioversione elettrica; i sintomi di accompagnamento

furono dispnea, astenia e vertigine. Un esame ecocardiografico eseguito in

quell’occasione aveva mostrato ipocinesia diffusa della parete del ventricolo sinistro ed

una frazione di eiezione del 30%.

Nel 2008 la donna aveva presentato un episodio di dolore precordiale e dispnea per il

quale era stata nuovamente ricoverata. L’esame coronarografico aveva mostrato un

albero coronarico angiograficamente indenne con moderata compromissione della

funzione del ventricolo sinistro (EF 35%) e per quanto riguarda gli enzimi cardiaci

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solamente un moderato aumento della Troponina I (valore massimo raggiunto 0,169

ng/mL, v.n. <0,060)”.

La frazione di eiezione era risultata in seguito migliorata ad un test eco-dipiridamolo,

negativo per ischemia inducibile, eseguito nell’agosto del 2012 (EF 42%). Inoltre, ad

una visita del luglio 2012, una ecocardiografia aveva evidenziato una frazione di

eiezione pari al 61%.

Il 30/05/13 era stato eseguito un ECG Holter, che aveva rilevato “ritmo sinusale con

BBS (blocco branca sinistra); rara extrasistolia ventricolare e sopraventricolare”.

Inoltre, ad una visita cardiologica effettuata in data 1/07/13: “Altezza 154 cm, peso 62

kg… Ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia ed iperuricemia in terapia

farmacologica… Compromissione della funzione contrattile del VS. Circa un mese fa

palpitazioni di ndd ed ipotensione marcata … Dopo somministrazione di Lexotan

relativo benessere… Nega angor e dispnea da sforzo…”

CIRCOSTANZE DEL DECESSO

Nell’occasione l’Odontoiatra aveva iniziato la procedura di estrazione, toccando la parte

da anestetizzare con cotone imbevuto di lidocaina, quindi aveva iniettato l’anestetico

senza adrenalina; nell’attesa dell’effetto dell’anestesia, aveva rimosso i punti di sutura

delle precedenti estrazioni. Dopo qualche minuto aveva sondato la gengiva per

verificare l’effetto del farmaco anestetico; tuttavia, prima ancora di iniziare l’estrazione,

la signora aveva riferito di “sentirsi male”. Inizialmente era stata ruotata la poltrona per

poterla posizionare con le gambe rivolte verso l’alto, ma la paziente stessa aveva poi

richiesto di poter rimanere con il busto eretto e che le fosse somministrato un

ansiolitico, che teneva in borsa e che in effetti assumeva. Poiché il malore non

migliorava, era stato allertato il 118 e la paziente era stata sdraiata a terra. Nell’attesa

dell’ambulanza, l’odontoiatra aveva somministrato alla donna del metilprednisolone per

via intramuscolare e messo in atto massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca.

All’arrivo dell’ambulanza, giunta senza medico a bordo, gli operatori avevano

continuato le manovre rianimatorie, procedendo ad aspirare il cavo orale ed utilizzando

il defibrillatore. Tali manovre erano state continuate anche dopo l’arrivo del medico del

118, ma senza successo.

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Dal referto del 118: “Al mio arrivo la pz era già stata rianimata per più di 30 minuti,

prima dal personale dello studio dentistico, poi dall’equipaggio dell’ambulanza. Il DAE

non ha mai registrato ritmo defibrillabile, dato questo riferito dai componenti della

BLSD. Il lifepak al mio arrivo ha registrato in modalità piastre un ritmo simile alla

fibrillazione ventricolare a voltaggi medio-bassi. La defibrillazione fatta ha

immediatamente indotto un ritmo completamente piatto h 19.22”.

In seguito al decesso, di causa ignota, i familiari avevano presentato un esposto alla

Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Pisa, ed il Sostituto Procuratore della

Repubblica aveva affidato al Consulente Tecnico l'incarico di procedere alle operazioni

necroscopiche sul cadavere, allo scopo di rispondere al seguente quesito:

“Accerti il CT, mediante autopsia, analisi istologiche e tossicologiche, la

causa della morte di B.A., con quanto altro di utile.”

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ESAME NECROSCOPICO

1) Esame esterno

Il cadavere, di sesso femminile ed età apparente compatibile con quella anagrafica di

anni 65, della lunghezza di 153 cm, presentava masse muscolari normotrofiche e

pannicolo adiposo abbondantemente rappresentato soprattutto a livello addominale.

Tolti gli indumenti è stata rilevata la presenza di elettrodi adesivi per rilevazione ECG

nelle comuni sedi di repere, nonché alcune escoriazioni pergamenacee di colore rosso-

arancio, figurate, riferibili ad applicazione delle piastre del defibrillatore a livello

dell’emitorace sinistro. Segni di agopuntura alla piega cubitale ed al polso di sinistra.

Presenza di herpes labiale al labbro superiore.

Alle manovre di mobilizzazione del capo si è verificata fuoriuscita di materiale ematico

dalla cavità orale.

Preliminarmente, con l’ausilio di un odontoiatra, si era proceduto all’analisi del cavo

orale ed alla incisione e prelievo della mucosa in corrispondenza del sito di iniezione

dell’anestetico. Si era evidenziata, in tale occasione, la presenza di una protesi mobile a

livello dell’arcata dentaria inferiore ed i segni delle pregresse estrazioni dentarie

all’arcata superiore (Foto 1).

Sulla parete vestibolare dell’emiarcata superiore destra, in corrispondenza del canino,

era presente un piccolo stravaso emorragico, nell’ambito del quale si è apprezzato anche

un segno di agopuntura, nella comune sede di esecuzione dell’anestesia nella zona del

canino superiore (Foto 2). Detto stravaso interessava anche la sottomucosa. La messa

allo scoperto del piano osseo dell’emiarcata dentaria superiore destra ha permesso di

rilevare l’assenza di lesioni ossee.

All’esame esterno non si è osservato alcun altro segno di interesse.

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Foto 1

Foto 2

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41

2) Sezione cadaverica

a. Capo: Non è stato rilevato alcun reperto di rilievo né a carico delle strutture ossee, né

a carico del parenchima cerebrale. L’encefalo, del peso di 1350 g, era regolare per

volume, morfologia e consistenza. Al taglio il parenchima presentava aspetto

congesto e smaltato come per edema. I ventricoli cerebrali contenevano liquor in

normale quantità e colore proprio. Niente da segnalare a carico del tronco encefalico

e del cervelletto.

b. Collo: L’osso ioide risultava integro. Nell’esofago era contenuta una piccola quantità

di materiale alimentare. La glottide non mostrava alterazioni di rilievo; in particolare

non era edematosa e lo spazio respiratorio risultava ampio (Foto 3 e 4). In trachea, la

cui mucosa appariva iperemica, era contenuta modesta quantità di schiuma

biancastra. Nulla di rilevante a carico della tiroide.

Foto 3

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Foto 4

c. Cavo toracico : i cavi pleurici contenevano 100 ml di liquido ematico a sinistra e 150 a

destra.

I polmoni, di peso normale (610 g il destro e 500 g il sinistro), presentavano colorazione

rosso-cupa con aspetto antracotico soprattutto agli apici. All’apice del polmone destro

era presente un’area biancastra e di aumentata consistenza verosimilmente di interesse

pleurico. All’esplorazione delle vie aeree si è osservata la fuoriuscita di schiuma dai

grossi bronchi (edema). Al taglio ed alla spremitura dei polmoni si è rilevata la presenza

di edema e congestione diffusi a tutto il parenchima bilateralmente.

Il cuore, del peso di 480 gr (superiore rispetto alla norma) presentava un aspetto

rotondeggiante soprattutto a carico dei ventricoli (Foto 5 e 6). L’organo è stato poi

fissato in formalina per una successiva, più attenta osservazione.

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Foto 5

Foto 6

d. Cavo addominale : Lo stomaco conteneva abbondante quantità di materiale alimentare

semisolido di colore verde-marrone e non presentava alterazioni della parete.

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Niente di rilevante al duodeno.

Il fegato, del peso di 1350 g, presentava normale volume e morfologia; il parenchima

non mostrava alterazioni macroscopiche. Vie biliari pervie.

Il pancreas presentava caratteri di normalità tranne per congestione del parenchima.

La milza, del peso di 150 g, risultava di normale volume e morfologia.

Le ghiandole surrenali non mostravano alcuna alterazione macroscopica.

I reni, del peso di 110 g il destro e 130 g il sinistro, non evidenziano alterazioni

significative tranne per evidente congestione.

Vescica, ureteri, intestino non presentavano alcuna alterazione significativa. L’aorta

presentava caratteri di normalità.

Nel corso dell’accertamento autoptico sono stati prelevati frammenti di polmoni, milza,

fegato, reni, surrene, stomaco ed encefalo per l’esame istologico; il cuore è stato

prelevato in toto e fissato in formalina al fine di garantire una migliore osservazione

futura. Sono stati altresì prelevati sangue, contenuto gastrico, frammenti di fegato, rene

ed encefalo per successive indagini tossicologiche, risultate negative.

e. Sezione del cuore

Dopo un congruo periodo di fissazione, il cuore è stato sottoposto a sezione.

Morfologicamente è stata confermata la particolare forma rotondeggiante (Foto 7 e 8):

il diametro trasverso risultava infatti pari a 13 cm il longitudinale a 12 cm.

Le coronarie, analizzate per tagli trasversali posti a circa 0,5 cm uno dall’alltro,

presentavano origine e decorso regolari e risultavano pervie per tutto il tratto

esplorabile. Alla apertura delle cavità sia atriali che ventricolari non si evidenziavano

alterazioni particolari ed al taglio il parenchima non mostrava caratteri di anormalità.

Anche gli osti e gli apparati valvolari risultavano nella norma. Gli spessori parietali

misurati al mesocuore risultavano nel range di normalità: ventricolo sinistro 1,8 cm;

setto 1,5 cm; ventricolo destro 0,4 cm.

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Foto 7

Foto 8

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3) Esami istologici

I frammenti di organo prelevati al tavolo settorio sono stati fissati in formalina

tamponata al 10%. Previo lavaggio e disidratazione sono stati poi inclusi in paraffina e

le sezioni ottenute mediante microtomo sono state colorate con la colorazione

all’ematossilina/eosina come di routine.

La lettura microscopica ha fatto rilevare quanto segue.

Cuore: Moderata ipertrofia delle miocellule con alcune aree caratterizzate dalla

presenza di bande di contrazione.

Polmoni: Modesto enfisema. In corrispondenza dell’apice del lobo superiore del

polmone destro presenza di esiti di pleurite con ispessimento fibroialino della pleura.

Encefalo: assenza salienti alterazioni, soltanto lieve edema e congestione

Rene: arteriosclerosi di modestissima entità

Fegato: steatosi di lieve entità.

Milza: fenomeni autolitici nel contesto di parenchima con caratteri di normalità.

Stomaco: congestione vasale nel contesto di una mucosa con caratteri di normalità.

Surrene: diffusi fenomeni autolitici nel contesto di parenchima con caratteri di

normalità.

Mucosa orale prelevata dalla sede di iniezione dell’anestetico: modesto stravaso

ematico nel contesto di un tessuto in cui erano riconoscibili sia vasi di piccolo diametro

che fibre nervose.

Glottide: mucosa con caratteri di normalità; in particolare assenza di edema.

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VALUTAZIONI EPICRITICHE

Le contrapposte ipotesi al vaglio nel presente caso erano quelle di un decesso correlato

alla procedura odontoiatrica (eventualmente conseguente ad errore dei sanitari) e di un

decesso per cause naturali.

Le evidenze necroscopiche ed istologiche hanno consentito di escludere la prima delle

due ipotesi. L’agopuntura per la somministrazione di anestetico locale era stata praticata

in sede corretta e nessun reperto anomalo è stato notato in sede di iniezione nè

all’ispezione, nè all’osservazione microscopica. Neppure sono stati rilevati segni di

reazione allergica, quali l’edema della glottide.

Inoltre va evidenziato, sempre in rapporto al prudente operato degli odontoiatri, che, a

causa della patologia cardiaca di base da cui la sig.ra B.A. risultava affetta, l’anestetico

era stato somministrato senza l’aggiunta di vasocostrittori (adrenalina), anche se

numerose pubblicazioni di settore, inerenti le cure odontoiatriche nel paziente

cardiopatico, non considerano la somministrazione di adrenalina, nei modi e nelle

quantità necessarie per l’azione anestetica, un rischio effettivo.

L’ipotesi di morte per causa naturale era al contrario suffragata dal riscontro di una

rilevante (e del tutto inconsueta) alterazione della morfologia cardiaca, descritta in sede

di esame necroscopico e caratteristica della cardiomiopatia takotsubo (TTCM).

Tale patologia non era stata diagnosticata in vita, sebbene la sig.ra B.A. fosse già nota

come paziente cardiopatica. Nel 2006 le era stato, infatti, riscontrato un blocco di

branca sinistro. Nel 2007 era stata ricoverata per un episodio di tachicardia ventricolare.

Nel 2008 ancora ricoverata per un episodio di precordialgia, con isolato aumento della

troponina e cononarografia negativa. In occasione dei ripetuti controlli la funzione

ventricolare aveva mostrato un grado variabile di compromissione: EF 45% nel 2006,

EF 30% nel 2007, EF 35% nel 2008, EF 61% e successivamente 42% nel 2012

(Riferimenti anamnestici patologici remoti).

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Questi dati inducevano a inquadrare l’episodio di precordialgia del 2008 nella cornice di

una sindrome coronarica acuta su base funzionale. Dei quattro criteri clinici, di cui si è

dato atto, necessari per porre diagnosi di TTCM in vita non era stato possibile verificare

il primo: “ipocinesia, acinesia o discinesia transitoria della porzione centrale del

ventricolo sinistro con coinvolgimento o meno della punta, su un territorio la cui

irrorazione comunque deriva da più di un vaso coronarico”; infatti l’esame ecografico

era stato eseguito a eccessiva distanza dall’acuzie sintomatica. Risultavano invece

rispettati gli altri tre criteri: “assenza di stenosi emodinamicamente significative

dell’albero coronarico” (il secondo, poi confermato anche in sede di necroscopia);

“incremento isolato dei valori della troponina I “(terzo criterio); assenza di

feocromocitoma e/o miocardite (il quarto criterio, che ha trovato conferma all’esame

autoptico).

In realtà, il riscontro di una funzione ventricolare variabile nel tempo, sebbene non

incluso nei criteri diagnostici, era peraltro ben compatibile con la clinica della TTCM.

Ancora, la sig.ra B.A. rientrava appieno nel profilo del “paziente tipo” di codesta

cardiomiopatia: donna in età postmenopausale che sviluppa la sindrome in occasione di

un evento emotivamente stressante, come un’estrazione dentaria (la sig.ra B.A. in effetti

aveva riferito di sentirsi molto ansiosa e si era autosomministrata degli ansiolitici).

Si può aggiungere che alcuni studi17,58,77

hanno permesso di osservare, anche mediante

biopsie endomiocardiche in vivo, alcune alterazioni miocardiche microscopiche

associate con la diagnosi di cardiomiopatia takotsubo, quali bande di contrazione77

tipiche della necrosi da catecolamine e piccoli infiltrati di mononucleati e

polimorfonucleati17,58

, senza però aspetti riferibili a miocardite acuta. In pratica sono

state osservate alterazioni simili a quelle che si riscontrano nell’infarto del miocardio,

ma, invece di essere localizzate in una specifica area di irrorazione coronarica,

interessano singoli miociti o comunque piccole aree (foci) diffuse su più settori del

parenchima.

Ebbene, questi stessi reperti sono stati osservati nel caso in oggetto.

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In sede di epicrisi vi sono dunque fondati motivi per concludere che l’episodio

coronarico acuto occorso nel 2008 fosse in realtà una manifestazione della

cardiomiopatia takotsubo e che un nuovo episodio della stessa miocardiopatia, stavolta

con esito infausto, si sia manifestato in correlazione allo stress legato all’intervento

odontoiatrico.

CONCLUSIONI

Il caso in questione, dunque, sembrerebbe essere una rara eccezione, ad esito mortale, di

una patologia di recente identificazione nosologica, considerata benigna. Ma la reale

benignità della cosiddetta “sindrome da crepacuore” va ancora approfondita, come un

recente studio internazionale multicentrico75

ha rilevato: nonostante la prognosi di

questi pazienti continui ad essere considerata generalmente buona, perché le disfunzioni

microvascolare e miocardica sono reversibili e perché nella maggior parte dei casi la

funzione ventricolare sinistra in genere ritorna a valori di normalità in tempi

relativamente brevi, questo studio segnala la ricorrenza di shock cardiogeno nel 12% dei

casi e di morte nel 5%.

Bonello et al.84

suggeriscono che il rischio aritmico nella TTCM potrebbe essere più

rilevante di quanto ritenuto inizialmente, perché in uno studio del 2008 hanno

riscontrato aritmie ventricolari maligne nel 15% dei pazienti con TTCM. Gli autori

ritengono che la discrepanza tra i loro dati e quelli dei precedenti studi potrebbe essere

riconducibile a una sottostima di aritmie ventricolari letali non riconosciute, in quanto

responsabili di MI quale prima manifestazione clinica della malattia.

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Syed et al.85

hanno condotto un’analisi della letteratura internazionale sull’argomento,

riscontrando una prevalenza di fibrillazione ventricolare del 2.2%, di tachicardia

ventricolare sostenuta dell’1.2%, di tachicardia ventricolare non sostenuta dell’1%, di

asistolia dello 0.5%, di blocchi atrioventricolari del 2.9%, di disfunzione sinusale

dell’1.3%, di fibrillazione atriale del 4.7% e di MCI dell’1.1%.

La TTCM quindi, generalmente ritenuta una sindrome a prognosi benigna, dovrebbe

essere più opportunamente riconsiderata come una condizione clinica ad alto rischio per

aritmie potenzialmente letali. Il fatto stesso che la gran parte degli studi sulle aritmie in

pazienti con TTCM siano basati su casi clinici, e che tale sindrome possa manifestarsi

ab initio come MI, potrebbe aver portato ad una sottostima del suo reale rischio

aritmico. Questa sindrome andrebbe invece considerata come una delle cause di LQTS

acquisita oltre a poter essere uno di quei trigger capaci di slatentizzare LQTS congenite

inapparenti o silenti.82

Pertanto i patologi forensi dovrebbero tenere maggiormente in considerazione la

eventualità di tale patologia, poiché rappresenta una possibile complicanza di situazioni

stressanti. Sfortunatamente, la conferma in sede autoptica dipende dal riscontro della

caratteristica morfologia balloniforme all’esame macroscopico del cuore; reperto che

rende il caso qui descritto, al momento attuale, un unicum in letteratura.

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Ringraziamenti

Ritenevo, erroneamente, che scrivere questa parte non si potesse nemmeno

lontanamente paragonare, quanto a difficoltà, alla redazione della tesi. Devo ammettere

che, invece, è stato molto meno facile di quanto mi aspettassi, una dura lotta tra il

desiderio di sintesi e l’altrettanto forte timore di tralasciare qualcuno di importante.

Spero di aver raggiunto un compromesso accettabile.

Innanzitutto, un sentito ringraziamento va al mio Relatore, il prof. Ranieri Domenici,

per la fiducia accordatami assegnandomi questo lavoro di tesi, del quale ha seguito

pazientemente lo sviluppo, e alla dr.ssa Chiara Toni, che mi ha supportata (“sopportata”

sarebbe più corretto) con cortesia e professionalità nella stesura dell’elaborato. Senza il

loro prezioso aiuto non ce l’avrei mai fatta.

Grazie, dal profondo del cuore, alle persone meravigliose che ho la fortuna di avere per

genitori e nonna, per l’affetto e il sostegno mai invadenti che mi hanno sempre

dimostrato nelle grandi e piccole sfide della vita.

Grazie a Luisa, la madrina migliore che si possa desiderare. Se ho scelto di

intraprendere la strada in salita meglio nota come corso di laurea in Medicina e

Chirurgia è principalmente merito suo (o colpa sua, a seconda dei punti di vista).

Grazie ad Arianna, Brunella, Sabina e Silvia, prova vivente che la vera amicizia non si

misura in chilometri, e agli ottimi amici che ho conosciuto a Pisa e mi hanno fatta

sentire a casa in questa nuova realtà, condividendo con me gioie e dolori, avventure e

disavventure ( passate, presenti e, perché no, future).

A tutti, grazie!