Un Apporto Della Sociologia Visuale All'Analisi Del Paesaggio

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   Atti del Convegn o Rarità, utilità e bellezza nell’evoluzione sostenibile  del mosaico paesistico-culturale Udine, 26-27 ottobre 2006 Punti di vista: un apporto della sociologia visuale all'analisi del paesaggio  PAOLO PARMEGGIANI Università degli studi di Udine Questo contributo raccoglie alcune considerazioni metodologiche sulla sociologia visuale e riporta i  primi risultati di una ricerca empirica sul paesaggio e lidentità Valle di Soffumbergo, un piccolo villaggio nella provincia di Udine. Grazie alla sociologia visuale vengono studiati quei segni visibili del panorama, dellarchitettura e della cultura mate riale prodotti dalle trasformazioni demografiche , economiche e culturali negli ult imi cinquantanni. La metodologia utilizzata per raccogliere, a nalizzare ed interpretare i segni visibili è una combinazione di ricerca fotografica basata sulla Grounded Theory [Glaser e Strauss 1967], di ri- fotografia e di interviste effettuate con la tecnica della foto-stimolo. Le immagini non sono solo fonte di dati oggettivi, ma possono anche divenire mezzi per far emergere i diversi significati attribuiti al territorio. Con il loro aiuto possono affiorare i diversi vissuti, i conflitti culturali palesi o latenti, i compromessi e le negoziazioni necessarie tra posizioni che privilegiano il valore dellutilità o quello della bellezza, quello di una tradizione agricola o di una economia post industriale, le nuove strategie di costruzione e rappresentazione dellidentità del territorio.  Paesaggio e fotografia La sociologia visuale è una disciplina che ha ispirato (in particolare in ambito anglosassone) numerose ricerche empiriche permettendo di ottenere risultati apprezzabili, non solo dal punto di vista documentale, ma anche della costruzione e verifica dipotesi culturali e sociologiche più generali. A parte il rilievo fotografico realizzato con finalità geografiche, la tradizione italiana soffre spesso, a mio avviso, di un fuorviante intreccio tra finalità estetiche ed informative [Mattioli 1984]. Esistono molte produzioni di fotografi e archivi che hanno come soggetto il paesaggio rurale o il territorio e  possono avere un valore dal punto di vista sociologico, ma ben poche sono state concepite funzionalmente per analisi metodologicamente definite (e quindi non estemporanee, non generalizzabili o estetizzanti). Di fatto, la rappresentazione del paesaggio ha una forte (e spesso inconsapevole) componente ideologica, sostenuta da una tecnica retorica sedimentatasi nel corso del tempo. Grafica, incisioni, fotografie sono tutte legate a convenzioni narrative e stili della rappresentazione riconducibili a differenti contesti storici. Italo Zannier sottolinea come  Il paesaggio, la sua “fotografia”, ci offre un’ idea di re altà che è masc herata dall’esige nza di “mostrare”, di “illustrare” (…); queste fotografie sembrano piuttosto e al di là delle intenzioni,  sogni di realtà e a v olte vogliono pe rsino esser lo, mentre appaiono così loro malgrado , senza che il f otografo ne avesse l’intenzione. [Zannier 2000, 16].  Il paesaggio è un elemento simbolico dellidentità e della cultura popolare, in cui si riversano e si ritrovano valori e mentalità. Se da una parte ogni fotografia di un panorama ha un evidente componente di denotazione indicale (“oggettiva”), per gli abitanti di quei territ ori ha anche una forte connotazione (“culturale”) [Barthes], che si traduce spesso in nostalgia o fascino verso panorami e “scorci caratteris tici” che contengono, cifrati o evidenti, i segni di una cultura rurale ormai scomparsa [Zannie r 2000]. La scelta dei soggetti, dei tagli compositivi, delle convenzioni artistiche condizionano tuttora (inconsapevolmente) il modo di fotografare il paesaggio, creando una sorta di “immaginario collettivo” che fa da costante metro di giudizio e riferimento iconografico. 

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Questo contributo raccoglie alcune considerazioni metodologiche sulla sociologia visuale e riporta i primi risultati di una ricerca empirica sul paesaggio e l‟identità Valle di Soffumbergo, un piccolo villaggio nella provincia di Udine. Grazie alla sociologia visuale vengono studiati quei segni visibili del panorama, dell‟architettura e della cultura materiale prodotti dalle trasformazioni demografiche, economiche e culturali negli ultimi cinquant‟anni.

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 Atti del Convegno

Rarità, utilità e bellezza nell’evoluzione sostenibile 

del mosaico paesistico-culturale

Udine, 26-27 ottobre 2006

Punti di vista: un apporto della sociologia visuale all'analisi del paesaggio 

PAOLO PARMEGGIANI 

Università degli studi di Udine

Questo contributo raccoglie alcune considerazioni metodologiche sulla sociologia visuale e riporta i

 primi risultati di una ricerca empirica sul paesaggio e l‟identità Valle di Soffumbergo, un piccolovillaggio nella provincia di Udine.Grazie alla sociologia visuale vengono studiati quei segni visibili del panorama, dell‟architettura e

della cultura materiale prodotti dalle trasformazioni demografiche, economiche e culturali negli ultimicinquant‟anni. La metodologia utilizzata per raccogliere, analizzare ed interpretare i segni visibili èuna combinazione di ricerca fotografica basata sulla Grounded Theory [Glaser e Strauss 1967], di ri-fotografia e di interviste effettuate con la tecnica della foto-stimolo.

Le immagini non sono solo fonte di dati oggettivi, ma possono anche divenire mezzi per far emergere idiversi significati attribuiti al territorio. Con il loro aiuto possono affiorare i diversi vissuti, i conflitti

culturali palesi o latenti, i compromessi e le negoziazioni necessarie tra posizioni che privilegiano ilvalore dell‟utilità o quello della bellezza, quello di una tradizione agricola o di una economia post

industriale, le nuove strategie di costruzione e rappresentazione dell‟identità del territorio.  

Paesaggio e fotografiaLa sociologia visuale è una disciplina che ha ispirato (in particolare in ambito anglosassone) numerosericerche empiriche permettendo di ottenere risultati apprezzabili, non solo dal punto di vistadocumentale, ma anche della costruzione e verifica d‟ipotesi culturali e sociologiche più generali.A parte il rilievo fotografico realizzato con finalità geografiche, la tradizione italiana soffre spesso, a

mio avviso, di un fuorviante intreccio tra finalità estetiche ed informative [Mattioli 1984]. Esistonomolte produzioni di fotografi e archivi che hanno come soggetto il paesaggio rurale o il territorio e

 possono avere un valore dal punto di vista sociologico, ma ben poche sono state concepitefunzionalmente per analisi metodologicamente definite (e quindi non estemporanee, nongeneralizzabili o estetizzanti).Di fatto, la rappresentazione del paesaggio ha una forte (e spesso inconsapevole) componente

ideologica, sostenuta da una tecnica retorica sedimentatasi nel corso del tempo. Grafica, incisioni,fotografie sono tutte legate a convenzioni narrative e stili della rappresentazione riconducibili a

differenti contesti storici. Italo Zannier sottolinea come Il paesaggio, la sua “fotografia”, ci offre un’idea di realtà che è mascherata dall’esigenza di“mostrare”, di “illustrare” (…); queste fotografie sembrano piuttosto e al di là delle intenzioni, sogni di realtà e a volte vogliono persino esserlo, mentre appaiono così loro malgrado, senza

che il fotografo ne avesse l’intenzione. [Zannier 2000, 16]. Il paesaggio è un elemento simbolico dell‟identità e della cultura popolare, in cui si riversano e siritrovano valori e mentalità. Se da una parte ogni fotografia di un panorama ha un evidente

componente di denotazione indicale (“oggettiva”), per gli abitanti di quei territori ha anche una forteconnotazione (“culturale”) [Barthes], che si traduce spesso in nostalgia o fascino verso panorami e“scorci caratteristici” che contengono, cifrati o evidenti, i segni di una cultura rurale ormai scomparsa[Zannier 2000]. La scelta dei soggetti, dei tagli compositivi, delle convenzioni artistiche condizionano

tutt‟ora (inconsapevolmente) il modo di fotografare il paesaggio, creando una sorta di “immaginario

collettivo” che fa da costante metro di giudizio e riferimento iconografico.  

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La fotografia e la sociologia visualePer definire cosa sia la sociologia visuale è necessario puntualizzare sinteticamente i rapporti trasociologia, fotografia ed antropologia. La sociologia di Auguste Comte e la fotografia con Nicephore Niepce e Louis Jacques Daguerre iniziano entrambe il loro sviluppo attorno al 1830. Ciò nonostante la

sociologia del passato non ha fatto un adeguato uso della immagine come strumento di ricerca, cosache è invece avvenuta per altre discipline come l‟astronomia, la biologia o l‟antropologia.

La fotografia documentaristica con funzione giornalistica e quella a fini d‟indagine sociale si sviluppaautonomamente e separatamente dalla ricerca accademica, dove la documentazione visiva èassolutamente accessoria e sporadica 

Semplificando molto: mentre la fotografia ha cercato una legittimazione come arte, la sociologiaambisce al ruolo di scienza e per fare questo privilegia i metodi quantitativi. L‟aspetto qualitativodell‟immagine, il suo significato e valore è assai più complesso da gestire con metodologie condivisedalla comunità scientifica. Il fotogiornalismo, il documentarismo, il reportage sociologico non hanno

queste preoccupazioni: la finalità è stimolare la risposta emotività del pubblico, comunicare econvincere piuttosto che analizzare i fenomeni che descrivono. Questa sovrapposizione tra finalità

estetiche, di ricerca o di comunicazione continua ancora oggi è alla base, mi sembra, di molte

difficoltà ed incertezze metodologiche nell‟uso della fotografia in sociologia.

Bellezza o significatività

La prima problematica, così come emerge anche dall‟analisi delle foto del paesaggio, può esseresintetizzata nella dicotomia tra foto bella e foto significativa. A mio avviso l‟utilizzo della fotografiain sociologia visuale deve, almeno con alcune tecniche, stigmatizzare la “specifica bellezza” [Zannier 

2000, 17]. Nella fase della ricerca, che implica la produzione e la scelta delle immagini, i criteri estetici sonoaltamente fuorvianti [Mattioli 1996, 406]: la “bellezza” è un optional che risulta incommensurabilerispetto ai criteri di valutazione sociologica. John Collier acutamente nota come

“le immagini di un buon documentario e le belle fotografie hanno spesso un limitato valoreanalitico, proprio per la ragione che le rende immagini avvincenti ai nostri occhi sono spesso

inquadrature che riducono la complessità del contesto o l'ambiguità del messaggio e sono spesso presentate a noi come una singola immagine, separata dalla più ampia serie dalla quale sono state estratte. Delle buone immagini per la ricerca presentano una complessità, registranoassociazioni e relazioni spesso non sono particolarmente degne di nota al primo sguardo e ci

vuole del tempo per leggerle.”[Collier 2001, T.d.A.] La nostra cultura iconica ci condiziona invece a valutare, a scegliere inconsapevolmente e afotografare soggetti, sfondi, panorami in base al nostro senso del “bello” ed in base a stereotipi visuali . 

Se l‟estetica non è un criterio di scelta, bisogna definire cosa viene individuato come pertinente edeuristico. In sociologia secondo John Scott [1991] le fotografie dovrebbero essere trattate come testi ilcui significato viene interpretato come ogni altra fonte documentale e valutate secondo quattro criteri:l'autenticità, la credibilità, la rappresentatività, e il significato. Per Costantino Cipolla un‟immagine per essere definita informatore sociale deve rispondere a precisi criteri metodologici di validità,attendibilità, comparabilità, coerenza, convergenza [Cipolla 1993: 30].Un‟altra vexata quaestio (mai superata metodologicamente e strettamente legata alla precedente)determina e caratterizza quell‟ambiguo valore conoscitivo attribuibile alla fotografia: quella cioè di

essere considerata di volta in volta oggettiva o soggettiva, documento fedele o espressione personale.Molti ritengono che l‟immagine derivi dalle sue qualità iconiche [Peirce] il proprio status di fonte di

dati: “la prima condizione, quindi, è che cinema e fotografia siano in grado di restituire una sorta di“riproduzione” della realtà.” [Mattioli 1996, 396]. Altri, invece, enfatizzando il versante soggettivodelle rappresentazioni, studiano l‟aspetto culturale del visivo o giungono alla conclusione che è larealtà stessa ad essere costituita attraverso rappresentazioni [Seppanen 2005, 51].

Le tecniche

La sociologia visuale si è sforzata di ricomporre quella separazione storica tra tecnologie audiovisive ericerca affrontando in modo variegato quelle dicotomie e ambivalenze di cui abbiamo parlato.

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In effetti le analisi (qualitative o quantitative) in sociologia visuale possono avvenire su due versanti principali1 [Worth, Faccioli]. La prima categoria vede il sociologo operare in prima persona per creareod usare immagini a fini di ricerca, con un metodologia che può essere definita sociologia con leimmagini. In questo caso l‟immagine viene considerata uno strumento per raccogliere informazioni,

ovvero una fonte di dati per l‟analisi dei comportamenti o dell‟ambiente . La foto o il video sonoregistrazione e ripetizione delle cose del mondo.

La seconda categoria riguarda l‟analisi  sulle immagini: una rinnovata riflessione teorica basatasull‟approccio fenomenologico centrato sul soggetto e sul vissuto (inteso come esperienza esperita esensibile) utilizza invece l‟immagine come indice della soggettività, come testo prodotto all‟interno di

specifiche relazioni sociali. In questo caso il focus è posto sui dati sociali, storici e culturali che hainfluenzato la produzione di particolari immagini o la loro interpretazione. La categoria comprende

quelle immagini che già sono state prodotte, esistono e circolano in una data società e che sonofunzionali alla comunicazione visuale interpersonale o massmediatica (dalle istantanee personali allo

studio delle foto di moda). Con quest‟ap proccio culturologico “i sociologi esplorano prevalentementeil sistema segnino (o semeiotico) dei differenti sistemi di comunicazione visuale” [Harper 1993:16].

Anche se di fatto questi due approcci si sovrappongono, l‟ambito di ricerca della sociologia v isuale

con le immagini riguarda lo studio di dati raccolti con la macchina fotografica e altre tecnologie divideoregistrazione. Gli studi documentano ed analizzano alcuni aspetti che possono essere riassuntinei termini di  segni della differenziazione sociale, dei comportamenti sociali, dell’ambiente

antropizzato e dei documenti della cultura materiale. Quindi la sociologia con le immagini utilizzaquesti strumenti come fonte di dati per l‟analisi dei comportamenti sociali o dell‟ambiente.Tra le tecniche utilizzate nelle ricerche con le immagini possiamo evidenziare la ricerca video-

fotografica sul campo (o la esplorazione con la telecamera di elementi visuali dell‟organizzazionesociale), la ri-fotografia, la videoregistrazione dell'interazione, l'intervista con foto-stimolo (o foto-elicitazione) [Faccioli e Losacco 2003].- Nell‟ambito della ricerca video-fotografica sul campo è degna di nota la metodologia degli  shooting 

 scripts che fonde la sociologia visuale, la strategia etnografica di lavoro sul campo e ladocumentazione fotogiornalistica [Collier e Collier 1986, Rothstein 1989; Gold 1994; Suchar 1997].

La metodologia della ricerca è di tipo induttivo e ha un diretto collegamento con la teoria sociologicadella Grounded Theory che cerca di far emergere nella ricerca non solo una descrizione dei fenomeniosservati, ma anche una serie di “proposizioni teoriche” ad un livello di astrazione sempre maggiore.Si basa sulla generazione di categorie concettuali per la raccolta, organizzazione e analisi degli

elementi visuali rilevati [Suchar 1997] iniziando da un esteso rilevamento (inventario visivo).- La ri-fotografia o crono fotografia è molto utilizzata nelle ricerche, specie in presenza di archivi e parte dal presupposto che qualunque tipo di documento fotografico, se inserito in una serie storica,

consente una serie di rilevazione di permanenze o cambiamenti ambientali. Si tratta essenzialmente diuna comparazione storica di fonti: la stessa scena viene rifotografata a distanza di tempo e lacomparazione diacronica consente di evidenziare elementi scomparsi, comparsi, modificati che

risultano significativi. E‟ un metodo ormai consolidato2 e John Rieger [1996] lo teorizza

compiutamente.- Nella tecnica della  foto elicitazione  il valore polisemico dell‟immagine viene utilizzato comeopportunità di proiezione di temi e valori soggettivi raccolti con il metodo dell‟intervista, per cogliereil punto di vista del soggetto (il concetto weberiano di Verstehen) e per formulare domande inerenti

realtà sociali, culturali e di comportamento [Curry e Clark 1983, Collier e Collier 1986; Harper 1987]. Il ricercatore può iniziare (…) fotografando un soggetto o un ambiente sociale, ma poi si

rivolge al soggetto per la definizione del significato delle immagini. In questo processo,chiamato foto – stimolo, il ruolo del ricercatore e del soggetto vengono modificati. L’intervistatore, più simile ad uno studioso del soggetto, eviterà di porre domande che (…) A

1 La distinzione è stata introdotta da Worth [1981]. Vedi per una trattazione estesa di aree, metodi, tecniche ed esempi

Patrizia Faccioli e Giuseppe Losacco [2003]

2Un esempio di ri-fotografia è, ad esempio, quello che Italo Zannier realizza in Valcellina [Zannier 1979, 139].

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mano a mano che il soggetto studia le immagini del suo mondo per poi spiegare quale significato i vari elementi assumono per lui o per lei, l’intervista genera informazioni radicate

in profondità nella fenomenologia del soggetto. Una fotografia o un testo scritto che richiamielementi del mondo che appartiene al soggetto, origina associazioni, definizioni o idee che

altrimenti passerebbero inosservate.”[Harper 1993: 27]. Secondo Patrizia Faccioli

“L’ipotesi è, allora , che attraverso le foto-stimolo si possa riuscire a studiare il modo in cui le persone percepiscono il proprio mondo, senza strutturare tale percezione degli intervistatiattraverso le domande stesse o, in altri termini, evitando l’arbitrio di una tecnica che “pretende

di indagare una cosa mediante uno strumento di ricerca che decide, con la propria formulazione, che cos’è la cosa (Adorno 1972 , 88”. [Faccioli 1996, 411]  

Le ricerche sociologiche  sulle immagini studiano la comunicazione visiva come indice dellasoggettività o della cultura, mettono a fuoco quei dati sociali, storici e culturali che ha influenzato la

 produzione (e il consumo) di particolari immagini o la loro interpretazione [Faccioli e Losacco 2003].In questo caso si parla di interpretazione del vissuto (per identificare significati simbolici personali o

una ideologia o uno stile culturale) e di spiegazione “cioè il processo di identificazione dei significati

 simbolici di immagini che sono state prodotte allo scopo di raccontare una storia, ad esempio film di fìction, fotografie, fumetti, storie illustrate” [Faccioli e Losacco 2003:9]. Oggetto della disciplina puòessere quindi l‟analisi delle forme con cui si esprime la cultura materiale (dalle decorazioni delle

suppellettili, al paesaggio alla moda) così come quella dei messaggi audiovisivi prodotti nel circuitomass mediatico (dalla pubblicità su carta stampata all‟informazione televisiva). Tra le ricerche  sulle immagini, ricordiamo [Wagner 1979, Faccioli 2003] la produzione di immagini da parte dei locali

(native image making), in buona parte ispirate agli esperimenti di Worth e Adair [1972] con i Navajo.Questo spostamento del fuoco dell‟analisi dall‟immagine come registrazione della realtà a immaginecome rappresentazione costruita socialmente viene proposto in particolare dai Cultural Studies . StuartHall [1997, 24- 25] sostiene che il tema della rappresentazione può essere affrontato da tre punti di

vista differenti. Il primo è rappresentato dalla concezione della rappresentazione come riflesso dellarealtà. Il secondo afferma che la rappresentazione è un documento intenzionale e soggettivo e quindi è

importante esplicitare i significati che l'autore del messaggio intende veicolare con quella particolareforma di rappresentazione. Il terzo punto di vista considera l'immagine come una costruzione: è larappresentazione stessa a costruire la realtà. Diviene quindi illogico confrontare una rappresentazionecon una realtà supposta esterna, essendo la realtà stessa costituita attraverso rappresentazioni. Queste

rappresentazioni sono politiche nel senso che esiste (nel complesso processo di produzione) un pianodi azioni che privilegia (scegliendo, privilegiando o escludendo) alcune modalità di visualizzazione infavore o a scapito di altre. Con il concetto di “ politcs of representation” Hall (1997:8) intende quindiun piano di azioni che adotta alcuni modi di rappresentare a scapito di altri non usati. In questocontesto i visual order sono le costanti, le regolarità, spesso i presupposti impliciti: sono ad esempiociò che “può essere visto” in un dato contesto e ciò che non viene rappresentato e def inire il visibile el'invisibile nell'ordine visuale significa analizzare il potere, valori e norme connessi ad esso[Foucault

1986].Sintetizzando le problematiche descritte fin qui , mi sembra che lo specifico della sociologia visuale sidistingua da altr e discipline che utilizzano l‟immagine valorizzandone l‟estetica, la funzione diarchivio storico di dati, il suo valore topografico, la sua differenza culturale. Si concentra sulla

relazione tra l‟immagine e gli uomini di quella specifica società. Il dato visuale è solo un indizio (nelsenso di indice come lo definisce Peirce) di una scena di cui bisogna far riemergere ed interrogare gli

attori sociali implicati. Questi attori sono spesso occultati, nel senso che, tradizionalmente, l‟autoredella foto, il soggetto fotografato o l‟autore dell‟oggetto fotografato nella foto, o infine lo spettatore -utilizzatore della foto non hanno più la possibilità di esprimersi a riguardo, lasciando all‟immaginel‟affascinante ed illusoria funzione di parlare da sola. In altre parole il focus dell‟analisi passa dall‟immagine (e dalla informazione che riteniamo

rappresenti) alla sua relazione con le persone, alla epifania dell‟autore o dei soggetti implicati nella

rappresentazione. In questo processo (metaforicamente un procedimento di esplicitazione di una“verità” condivisa in un gruppo sociale) i contesti descritti dai testimoni reali permettono di situare unsignificante visivo isolato (la fotografia) nel suo sistema (nei diversi sistemi) o codici culturali.

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Definire il contesto di produzione, il contesto culturale del soggetto, il contesto nel sistema deglioggetti o il contesto di fruizione sono essenziali per capire funzioni e valori dell‟immagine 3.

Una ricerca empirica

Valle di Soffumbergo è un piccolo borgo rurale del Friuli orientale (comune di Faedis), alle pendicidel Monte San Lorenzo alla quota di 685 metri. E‟ abitata da friulani e da parlanti un dialetto sloveno,che chiamano il paese Podcirku (sotto la chiesa). La storia del luogo è legata al sottostante castello diSoffumbergo.4 (La comunità, che nel corso dei secoli si era sviluppata fino a raggiungere nel 1950 una popolazione di circa 400 persone grazie ad una economia basata sull'agricoltura e all'allevamento, a

causa dell'emigrazione ha subito un costante spopolamento: oggi conta solo 16 residenti. Come moltealtri piccoli borghi italiani tenta di contrastare questo declino puntando sul turismo. In particolare

l'associazione Pro loco, attiva dal 1983, ha promosso alcune manifestazione (la più famosa è chiamata"Festa delle castagne e del miele di castagno") che hanno richiamato migliaia di turisti (e hanno

contribuito a diffondere lo slogan "Valle - il balcone del Friuli" che mette in rilievo la vista panoramica sulla pianura).

In questa località ho iniziato a fare fotografie dal 1978 ed ho prodotto più di un migliaio di fotografie

utilizzando diverse tecniche di sociologia visuale. Di fatto,per raccogliere, analizzare ed interpretare leimmagini ho integrato la Grounded Theory, la ri-fotografia e la tecnica delle interviste con foto-stimolo. Di questo work in progress, per ragioni di sintesi, presenterò solo alcuni esempi.

La ri-fotografiaPerfino da una cartolina si può ricostruire quella storia sociale che ha definito le linee di confine tra le

differenti zone e riconoscere i segni delle pratiche quotidiane, specialmente se viene contestualizzatain una serie storica (ri-fotografia).Della serie di immagini di cui dispongo (1960: cartolina, 1978, 1985, 2003, 2006) riporto qui quellache ho realizzato nel 1978 quando era già impossibile raggiungere il punto di ripresa dell'immagine

 precedente a causa della vegetazione cresciuta nel frattempo. Si nota una donna nell'orto, il numerodelle coltivazioni è già diminuito rispetto alla precedente.

3 Come ci ricorda Saussure possiamo individuare il significato di un segno solo se lo inseri amo all‟interno del suo sistema. 

4Il castello di Soffumbergo (dal tedesco medievale Scharfenberg, "monte aguzzo"), costruito nel XI secolo deve la sua

importanza soprattutto al fatto che per molti secoli fu il soggiorno estivo del Patriarca di Aquileia.

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1978

2003

 Nel 2003 si nota un aumento dei prati, a scapito delle coltivazioni, la scomparsa dei covoni, una seriedi antenne radio-televisive sullo sfondo. I piccoli dettagli visivi marcano radicali trasformazionieconomiche e sociali. L‟osservatore può, specie quando i prati sono falciati, riconoscere come quasitutti i terreni siano in pendio, corretti con dei terrazzamenti e una sistemazione colturale a giropoggio.

Il terreno è caratterizzato dall'alternanza fra colture differenti e un seminativo arboreo. Ora questo paesaggio presenta molte aree inutilizzate, incolte, abbandonate a causa della marginalità e delle

improduttività del sistema agrario.Come afferma MacDougall [1994. 265] è importante notare non solo quello che c'è nella fotografia,

ma anche i "segni delle assenze". Quello che colpisce nella comparazione di foto su cambiamenti

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urbanistici, sulla demolizioni di edifici, sulle nuove costruzioni è che molti cambiamenti avvengonosenza lasciare alcuna traccia visibile.Se queste osservazioni si possono rilevare anche dalle foto aeree (1957, 1977, 2003), ascoltando gliabitanti si evidenziano pratiche e valori invisibili per i nuovi arrivati.

Ad esempio la latteria turnaria, che serviva a raccogliere il latte prodotto dalle poche vacche degliabitanti era il principale centro economico in quanto con la produzione del burro e del formaggio era possibile guadagnare qualcosa. Oggi nel borgo non esistono più mucche. L'allevamento si èconcentrato in una unica fattoria fuori del paese. Nel confronto tra due foto si rileva come la latterianon abbia lasciato alcuna traccia visibile: oggi esiste solo nelle 16 memorie personali dei residenti più

anziani.

fotografia del 1991 sovraimpressa ad una del 2003

2003

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Ma se approfondiamo il valore sociale ed affettivo emer ge come con l‟edificio sia scomparsa ancheuna istituzione: una cooperativa sociale che, assieme al CRAL era una risorsa economica e un luogodove stringere e consolidare relazioni anche con gli abitanti delle frazioni vicine..

La fotostimoloDal confronto tra le foto aeree si può leggere l'estensione dei terrazzamenti e delle coltivazioni, il progressivamente abbandonate contemporaneamente al diffondersi della vegetazione boschiva. E'evidente anche la costruzione della strada verso Colloredo e Raschiacco, che negli anni „60 avrà unruolo decisivo nelle trasformazioni del paese. Queste dati visuali hanno dei risvolti culturali che la

tecnica dell‟intervista basata su delle immagini può far emergere.  Il primo esempio riguarda i cambiamenti che la nuova strada ha operato anche a livello di percezione

del paesaggio agricolo per i residenti.Una informatrice racconta:

e dopo là per dove ha tagliato la strada nuova, ha cambiato anche il... ha cambiato tutto. Là inquel grande tornante, là, prima di venire alla Madonnina, là è nostro, là della curva è

nostro...però vede non, non...non si ci orizzonta come prima che non era la strada. Prima era

un sentiero, ma non era la strada, non era la curva, cambia faccia, non so come spiegarmi, èdiverso, certo si riconoscono le piante, ma quando si lascia abbandonato, diventa tutto rovo,tutto spine, tutto bosco, cambia faccia. Eh sì, sì...

Oltre alle foto su Valle è rilevante considerare il panorama da Valle. Dagli anni 70 una delle ragionidell'acquisto di case di emigranti da parte di persone non residenti è stato il valore estetico della vista

sulla pianura, che può giungere fino al mare. L'associazione Proloco ha coniato lo slogan “Valle, balcone sul Friuli”, che sintetizza la volontà di promuovere gli aspetti ambientali-paesaggistici. Unaspetto spesso non preso in considerazione è invece come questa vista viene interpretata dalle diversecomponenti sociali. Riporto qui i commenti riuniti a due persone a cui ho chiesto di descriverel'immagine. La prima è una persona che trascorre solo le vacanze estive, la seconda è residente a

Valle.

 Questa è Valle di notte, la chiamano il terrazzo del Friuli. Bellissimo, quando guardavi la sera sembrava di guardare New York, tutto luccicava. Bello… 

Il secondo informatore inverte la priorità primo piano/ sfondo adottando una scala di valoricompletamente diversa:

 Ma questo camino di chi è?... Di XX? Perché è brutto, rovinato, questo tetto qua. (...) Che non sia d’XY? Sì, è di XY… 

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 Nella foto si notano i ripetitori radio televisivi e telefonici a ridosso delle abitazioni. Questo proliferaredelle antenne ha creato una divisione all'interno della località tra coloro che ne hanno ricevuto un beneficio economico, affittando i terreni, e coloro che ne mettono in rilievo i risvolti negativo

sull'inquinamento elettromagnetico e il danno ambientale - paesaggistico. Parte delle trasmissioni sonocessate ma la maggior parte degli impianti non sono stati smantellati nonostante la manifestainopportunità o illegalità della localizzazione.Un residente:

 Hanno venduto tutti pezzi su per là per le antenne, e mi chiedevano anche a me. Io ho detto nonvendo quello che mi ha lasciato mio papà. Se mi serve vengo a tagliare su un legno, se no che

 stia lì. Non ho quello da vendere, io.I newcomers hanno una particolare sensibilità per le risorse ambientali e gli aspetti panoramici, ma

molti tra questi rilevano come, d‟altra parte, ora sia possibile usare i cellulari e quindi sia necessarioscendere ad un compromesso tra bellezza paesaggistica e tecnologia. Nella foto si nota anche la

 parabola per la ricezione delle trasmissioni satellitari: è un segno visibile della crescenteglobalizzazione.

 Nella ricerca su Valle dall‟analisi ripetuta5

delle immagini, dalle interviste con fotostimolo e dalconfronto con la letteratura esistente emerge chiaramente un processo di negoziazione tra vecchiresidenti e nuovi arrivati. Ad esempio la dicotomia tra pubblico e privato, tra norme sociali condivise elibertà personale si evidenziano nel differente modo di delimitare i confini. Una volta erano tramandatida una cultura orale condivisa e venivano visivamente marcati da una semplice pietra o un albero; oggi

vengono sottolineati e rimarcati con recinti e cartelli, anche per evitare trasgressioni da parte diestranei (che non condividono le stesse conoscenze).

5A mio avviso una delle metodologie di tipo qualitativo più utili è la Grounded Theory. Senza scendere nello specifico,

rilevo come la necessità implicita di realizzare una sorta di inventario molto esteso di fotografie, l‟opportunità di non cer carela conf erma visiva alle proprie ipotesi, l‟elaborazione di categorie e concetti a partire dai dati per successive astrazioni ed

infine l‟imprescindibilità di una osservazione ed interpretazione ripetuta nel tempo delle stesse immagini siano tutti fattor i particolarmente euristici.

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 Rarità, utilità e bellezza nell’evoluzione sostenibile del mosaico paesistico-culturaleUdine, 26-27 ottobre 2006  

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In questa foto del 2006 si nota un contrasto tra confini: la strada pubblica viene ridefinita dal segnaledi proprietà privata. L‟appezzamento trae il suo valore non più dalla redditività agricola ma dalla

doppia funzione di parcheggio e luogo panoramico.Un residente ricorda:Si conoscevano tutti, l'organizzazione del villaggio era tribale come delle tribù africane ogni famiglia sapeva i suoi beni, ma anche i beni degli altri, anche delle persone.(…) 

 I recinti non c'erano, si entrava direttamente, non dico nelle case, ma alla porta.

2006: turisti alla Sagra delle Castagne (organizzata dalla Proloco) con bottiglia di vodka e gubana dicastagne

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Anche nella cultura gastronomica le trasformazioni sono molto significative e vengono interpretatediversamente dai residenti di lunga data e dai portatori di una cultura globalizzata.

 A quando era molta gente nera miseria a quei tempi ma tanta. (…) si puliva le castagne cioè le

 scarte si mettevano in parte e si portava a casa e le belle grosse si vendeva.  E con quelle scarte alla sera tutta la sera una ad una pignatona così per il maiale. (...)Simangiava, come mangiare si mangiava castagne, però qualcuna si metteva anche a seccare lecastagne, sui pavimenti (…) si sbucciava e poi si faceva il mattino piene le tasche. Si dovevaalzarsi presto se no non toccavano la più svelto se ne metteva di più nella tasca. Castagne! Si

mangiavano direttamente (secche) così venivano belle dolci. Nella sagra delle castagne oggi viene offerta anche la crostata di castagne e la gubana di castagne

(ricette che reiventano la tradizione elaborando e fondendo differenti influssi), ma è soprattuttol‟aspetto del marketing territoriale che viene difficilmente compreso dai portatori di una cultura

contadina in estinzione. Una cultura che è stata per secoli fortemente conservatrice e restia ad accettarecambiamenti provenienti dall‟esterno 

 Mia madre era di Reant (villaggio a pochissima distanza NdA), più bassa e più calda, dove

avevano l’usanza di tra piantare negli orti delimitati, mentre qui a Valle avevano i campi e neicampi riservavano dei pezzi dove seminavano il radicchio da taglio. Mentre a Reant sapevano trapiantare le lattughe, anche adesso difficilmente lei trova uno qui

che trapianta, a Reant lo facevano. Quando mia madre è venuta su (a Valle) ha cominciato a farlo, ma nessuno le andava dietro,” no, no si deve seminare e basta”. Il modo di fare i covoni

di fieno: la forma cambiava; la lavorazione della terra hanno perfezionato di padre in figlio enon hanno voluto cambiare. 

La trasformazione dell'identità in questo villaggio della società post industriale segue dinamiche dellaglocalizzazione [Robertson 2004] in un contesto che Bauman [2003] definisce modernità liquida.

 Nel borgo (come in tantissimi altri) da alcuni decenni si assiste ad una rapidissima accelerazione nelcontrasto ed ibridazione tra il locale e il globale. Il confronto avviene anche tra la cultura ed economia

agricola e quella post-industriale, tra la lingua slovena, quella f riulana e l‟italiano, tra i residenti e ituristi. Le differenze (rilevanti tra vecchi residenti e nuovi venuti) affiorano e si ricompongono nellanuova arena della Pro Loco, che ha sostituito in buona parte le tradizionali istituzioni sociali digestione delle decisioni civiche e del potere e che ha adottato una strategia di rilancio e re-invenzione

dell'identità locale.La sociologia visuale legge ed interpreta questo scenario come uno schermo in cui si proiettano leimmagini del passato, del presente e del futuro immaginato, in un incessante lavoro di creazione,

rappresentazione e negoziazione della propria identità.

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 Rarità, utilità e bellezza nell’evoluzione sostenibile del mosaico paesistico-culturaleUdine, 26-27 ottobre 2006  

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