Un anno commenti di terremoto - micropolis.umbria.it · Le scosse sono durate con minore o maggiore...

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ella notte tra il 26 ed il 27 e, poi, nella mattina del 27 settembre 1997 il terremoto iniziava la sua opera di devastazione nella Valle Umbra e nell'Appennino umbro-marchigiano. Quando saremo in edicola sarà un anno esatto da quello che da subito "micropolis" ha definito come l'evento traumatico più importante che ha attraversato l'Umbria nell'ultimo quarantennio. Le scosse sono durate con minore o maggiore intensità per tutto l'anno, hanno investito un’area più ampia di quella originariamente colpi- ta. Oggi circa un terzo del territorio umbro con circa duecentomila abitanti si trova ad affrontare i problemi della rico- struzioni che, è bene dirlo, impegnerà cit- tadini e istituzioni per alcuni anni. Il numero delle case inagibili è imponente: circa quindicimila persone abitano nei container o in alloggi di fortuna; buona parte del patrimonio artistico e culturale dell'area ha subito lesioni; la stima dei danni ammonta ad una cifra oscillante tra i 20 ed i 30.000 miliardi: una finanziaria di medie dimensioni in situazione di crisi. Si discute nelle ultime settimane sui ritardi della ricostruzione, sulla inadeguatezza degli strumenti legislativi approntati da Stato e Regioni, serpeggia un malcelato municipalismo, specie nei comuni minori, che tende a scaricare responsabilità sui livelli istituzionali superiori. Se critiche occorre fare non crediamo siano di questo tipo. Tenendo conto dell'imponenza del fenomeno il ritardo di qualche mese, per- chè di ciò si tratta, non appare così grave. D'altro canto lo sforzo della protezione civile nel primo soccorso è stato relati- vamente sollecito. Si può discutere se le soluzioni provvisorie approntate, ad esempio i container, siano le più con- venienti e rispondenti alle esigen- ze delle popolazioni, ma non v'è dubbio che in questa occasione lo Stato e le sue articolazioni siano stati presenti e vigili, impedendo fenomeni di malcostume ed abusi. D'altro canto i ritardi non sono imputabili solo alle normative farraginose e all'inade- guatezza delle istituzioni, ma vedono come protagonisti sia gli studi tecnici e di pro- gettazione, che hanno ritenuto troppo esi- gue le parcelle stabilite e che hanno rispo- sto ritardando la consegna dei progetti, che le imprese costruttrici della regione, che hanno cercato di ritagliarsi un ruolo di monopolio e hanno aperto un conten- zioso per la rivalutazione dei prezziari. La critica, quindi, non è tanto sui tempi e i modi della ricostruzione, sulle soluzioni tecniche che si propongono e che verranno adottate, quanto sul fatto che si discuta solo di questo, che la politica resti sullo sfondo, che il punto del contendere per tutte le forze politiche sia "ricostruire pre- sto e bene", frase che dice tutto e nulla. Nella stessa verifica interna al centro sini- stra svoltasi in Regione a luglio il tema in questione è rimasto in ombra, quasi che su esso non si giocasse gran parte del futuro dell'Umbria. Schematicamente e riassu- mendo cose già dette: un intervento del- l'entità di migliaia di miliardi destinato a durare alcuni anni mette naturalmente in discussione equilibri sociali e di potere, attiva flussi finanziari destinati ad incide- re con forza sulle strutture economiche. Se le risorse messe a disposizione saranno utilizzate in modo programmato, definen- do priorità e obiettivi, utilizzandole come moltiplicatore di attività, avendo un pro- getto di crescita regolata della regione c'è la possibilità di rovesciare un evento trau- matico in una opportunità, rafforzando i tessuti connettivi e le dinamiche di svi- luppo dell'Umbria, cosa questa che appare particolarmente urgente in una società profondamente modifica- ta nell'ultimo decennio. Per far questo - vista la pochezza delle forze economiche, la fragilità del sistema bancario, la disarticolazione della società civile - occorrerebbe uno sforzo progettuale delle istituzioni e delle forze politiche capace di proiettarsi oltre l'e- mergenza e la congiuntura. Fuori di chia- ve: un rilancio di una ipotesi di program- mazione capace di configurarsi in modo diverso e innovativo rispetto al passato, a cui connettere le politiche relative agli assetti urbanistici, alla formazione, all'oc- cupazione, al turismo e ai beni culturali, ai lavori no-profit, e su cui sperimentare nuovi rapporti tra Regione ed enti locali e forme di aggregazione dei comuni e di ter- ritori. Su tali questioni ci sembra che la riflessione di forze politiche e sociali sia ancora alle dichiarazioni di principio, il dibattito all'anno zero. Se questo terreno viene eluso per preoccupazioni su pericoli dirigisti, se l'entità della posta in gioco viene sottovalutata, appare quasi inevita- bile che finito il bagliore dei soldi e dei finanziamenti che arriveranno dallo Stato e dall'Unione europea, emergeranno - met- tendo tra parentesi i rischi di inserimento di organizzazione criminose e di clienteli- smo - nuove dipendenze e forme di assi- stenzialismo nei confronti delle imprese destinate a non sedimentare nessun tessu- to economico destinato a durare. Si rischia che si stabilizzi la pratica del band wagon cui stiamo già assistendo: rapidi profitti che arricchiranno pochi senza indurre sviluppo, cementando un blocco sociale dominante, abituato a sfruttare provvidenze pubbliche, sostanzialmente parassitario, legato alle posizioni della rendita finanziaria e urbana. Non male per forze politiche che ormai da anni esal- tano la forza salvifica del mercato così come è, che hanno ridefinito la loro ragio- ne sociale sulla critica all'assistenzialismo e al dirigismo. Da questo punto di vista ci pare che sia sempre più necessaria una discussione spregiudicata e senza rete. Come "micropolis" ci sentiamo impegnati. All'interno di questo numero rivolgiamo alcune domande in primo luogo a tecnici, politici, intellettuali, ma anche a tutti coloro che sono interessati a discutere sul tema. Insomma, parafrasando Von Clausewitz, la questione è troppo impor- tante per essere affidata solo ai tecnici. 2 3 4 5 6 8 10 11 12 13 14 15 16 Inizi di campionato Terni: nuove puntate di una “soap opera” di Re.Co. Nove domande su ricostruzione e sviluppo Un federalismo possibile di Salvatore Lo Leggio I travagli di Rifondazione Non facciamoci del male di Stefano De Cenzo Agenzia regionale del lavoro pesante o leggera? di Franco Calistri In qualità di direttore di Nicola Chiarappa La guerra umbra degli elettrodotti di Alberto Pileri Aria distillata di Monica Giansanti Turismo sostenibile: che fare? di Paola De Salvo DIG.IT Chi salterà sull’arca digitale di Vittorio Tarpanelli Aroma di teatro di Enrico Sciamanna Umbria & fumetti di Barbara Pilati Todi: umori clericali di Enrico Sciamanna Libri & Idee Un anno di terremoto commenti politica settembre 1998 - Anno III - numero 8 In edicola con”il manifesto”. L. 200 mensile umbro di politica, economia e cultura copia omaggio interventi ambiente cultura Micropolis il 27 di ogni mese in edicola con il manifesto N istituzioni inchiesta

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ella notte tra il 26 ed il 27 e, poi,nella mattina del 27 settembre1997 il terremoto iniziava la sua

opera di devastazione nella Valle Umbra enell'Appennino umbro-marchigiano.Quando saremo in edicola sarà un annoesatto da quello che da subito "micropolis"ha definito come l'evento traumatico piùimportante che ha attraversato l'Umbrianell'ultimo quarantennio. Le scosse sonodurate con minore o maggiore intensitàper tutto l'anno, hanno investito un’areapiù ampia di quella originariamente colpi-ta. Oggi circa un terzo del territorioumbro con circa duecentomila abitanti sitrova ad affrontare i problemi della rico-struzioni che, è bene dirlo, impegnerà cit-tadini e istituzioni per alcuni anni. Ilnumero delle case inagibili è imponente:circa quindicimila persone abitano neicontainer o in alloggi di fortuna; buonaparte del patrimonio artistico e culturaledell'area ha subito lesioni; la stima deidanni ammonta ad una cifra oscillante trai 20 ed i 30.000 miliardi: una finanziariadi medie dimensioni in situazione di crisi.Si discute nelle ultime settimane sui ritardidella ricostruzione, sulla inadeguatezzadegli strumenti legislativi approntati daStato e Regioni, serpeggia un malcelatomunicipalismo, specie nei comuni minori,che tende a scaricare responsabilità suilivelli istituzionali superiori. Se criticheoccorre fare non crediamo siano di questotipo. Tenendo conto dell'imponenza delfenomeno il ritardo di qualche mese, per-chè di ciò si tratta, non appare così grave.D'altro canto lo sforzo della protezionecivile nel primo soccorso è stato relati-vamente sollecito. Si può discutere sele soluzioni provvisorie approntate, adesempio i container, siano le più con-venienti e rispondenti alle esigen-ze delle popolazioni, ma nonv'è dubbio che in questaoccasione lo Stato e lesue articolazioni sianostati presenti e vigili,impedendo fenomeni dimalcostume ed abusi.

D'altro canto i ritardi non sono imputabilisolo alle normative farraginose e all'inade-guatezza delle istituzioni, ma vedono comeprotagonisti sia gli studi tecnici e di pro-gettazione, che hanno ritenuto troppo esi-gue le parcelle stabilite e che hanno rispo-sto ritardando la consegna dei progetti,che le imprese costruttrici della regione,che hanno cercato di ritagliarsi un ruolodi monopolio e hanno aperto un conten-zioso per la rivalutazione dei prezziari.La critica, quindi, non è tanto sui tempi e imodi della ricostruzione, sulle soluzionitecniche che si propongono e che verrannoadottate, quanto sul fatto che si discutasolo di questo, che la politica resti sullosfondo, che il punto del contendere pertutte le forze politiche sia "ricostruire pre-sto e bene", frase che dice tutto e nulla.Nella stessa verifica interna al centro sini-stra svoltasi in Regione a luglio il tema inquestione è rimasto in ombra, quasi che suesso non si giocasse gran parte del futurodell'Umbria. Schematicamente e riassu-mendo cose già dette: un intervento del-l'entità di migliaia di miliardi destinato adurare alcuni anni mette naturalmente indiscussione equilibri sociali e di potere,attiva flussi finanziari destinati ad incide-re con forza sulle strutture economiche.Se le risorse messe a disposizione sarannoutilizzate in modo programmato, definen-do priorità e obiettivi, utilizzandole comemoltiplicatore di attività, avendo un pro-getto di crescita regolata della regione c'èla possibilità di rovesciare un evento trau-matico in una opportunità, rafforzando i

tessuti connettivi e le dinamiche di svi-luppo dell'Umbria, cosa questa cheappare particolarmente urgente in

una società profondamente modifica-ta nell'ultimo decennio. Per

far questo - vistala pochezza

delle forze economiche, la fragilità delsistema bancario, la disarticolazione dellasocietà civile - occorrerebbe uno sforzoprogettuale delle istituzioni e delle forzepolitiche capace di proiettarsi oltre l'e-mergenza e la congiuntura. Fuori di chia-ve: un rilancio di una ipotesi di program-mazione capace di configurarsi in mododiverso e innovativo rispetto al passato, acui connettere le politiche relative agliassetti urbanistici, alla formazione, all'oc-cupazione, al turismo e ai beni culturali,ai lavori no-profit, e su cui sperimentarenuovi rapporti tra Regione ed enti locali eforme di aggregazione dei comuni e di ter-ritori. Su tali questioni ci sembra che lariflessione di forze politiche e sociali siaancora alle dichiarazioni di principio, ildibattito all'anno zero. Se questo terrenoviene eluso per preoccupazioni su pericolidirigisti, se l'entità della posta in giocoviene sottovalutata, appare quasi inevita-bile che finito il bagliore dei soldi e deifinanziamenti che arriveranno dallo Statoe dall'Unione europea, emergeranno - met-tendo tra parentesi i rischi di inserimentodi organizzazione criminose e di clienteli-smo - nuove dipendenze e forme di assi-stenzialismo nei confronti delle impresedestinate a non sedimentare nessun tessu-to economico destinato a durare. Sirischia che si stabilizzi la pratica del bandwagon cui stiamo già assistendo: rapidiprofitti che arricchiranno pochi senzaindurre sviluppo, cementando un bloccosociale dominante, abituato a sfruttareprovvidenze pubbliche, sostanzialmenteparassitario, legato alle posizioni dellarendita finanziaria e urbana. Non maleper forze politiche che ormai da anni esal-tano la forza salvifica del mercato cosìcome è, che hanno ridefinito la loro ragio-ne sociale sulla critica all'assistenzialismoe al dirigismo. Da questo punto di vista cipare che sia sempre più necessaria unadiscussione spregiudicata e senza rete.Come "micropolis" ci sentiamo impegnati.All'interno di questo numero rivolgiamoalcune domande in primo luogo a tecnici,politici, intellettuali, ma anche a tutticoloro che sono interessati a discutere sultema. Insomma, parafrasando VonClausewitz, la questione è troppo impor-

tante per essere affidata solo ai tecnici.

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Inizi di campionato

Terni: nuove puntatedi una “soap opera”di Re.Co.

Nove domandesu ricostruzionee sviluppo

Un federalismopossibiledi Salvatore Lo Leggio

I travagli diRifondazione

Non facciamocidel maledi Stefano De Cenzo

Agenzia regionaledel lavoro pesanteo leggera?di Franco Calistri

In qualitàdi direttoredi Nicola Chiarappa

La guerra umbradegli elettrodottidi Alberto Pileri

Aria distillatadi Monica Giansanti

Turismosostenibile:che fare?di Paola De Salvo

DIG.IT Chi salteràsull’arca digitaledi Vittorio Tarpanelli

Aroma di teatrodi Enrico Sciamanna

Umbria& fumettidi Barbara Pilati

Todi:umori clericalidi Enrico Sciamanna

Libri & Idee

Un annodi terremoto

commenti

politica

settembre 1998 - Anno III - numero 8 In edicola con”il manifesto”. L. 200

mensile umbro di politica, economia e culturacopia omaggio

interventi

ambiente

cultura

Micropolis il 27 di ogni mese in edicola con il manifesto

N

istituzioni

inchiesta

a pol i t ica ternanaassume sempre più lesembianze d'un ro-

manzo d'appendice. Colpi discena s i susseguono l 'unoall 'altro senza lasciare unattimo di respiro. Il mese d'a-gosto è passato con un dibat-tito interno al centro sini-stra, anzi segnatamente tra iDs, sulle cause della sconfittae sulle prospettive. Ci si èconfrontati tra chi sostenevala necessità di forme di coa-bitazione con il sindaco e chiinvece riteneva necessariauna opposizione rigida alcentro destra. Non sono nep-pure mancate accuse e con-traccuse tra singoli dirigenti,richieste di dimissioni deivert ic i , vivaci scambi diinsult i tra vecchi e nuoviesponenti del partito. Quelloche non è emerso, al di làdell'ormai stucchevole richie-sta di un programma e di uncandidato e della necessità diriallacciare i contatti con lasocietà cittadina, è su qualiassi tematici ciò dovrebbeavvenire, attraverso qualipercorsi e quali dovrebberoessere i gruppi sociali su cuifar leva per costruire un pro-getto capace di vincere neiconfronti del centro destra. D'altro canto il sindaco, usci-to indenne dalla campagna diluglio, ha rimpastato la suagiunta. Dentro tre nuoviassessori: un s indacal istadell'Uil al personale, un com-mercial ista al bi lancio, i l

presidente del Coni provin-ciale allo sport; in più alcuniconsigl ieri del "principe":Terenzio Malvetani, impor-tante esponente della Cassadi Risparmio di Terni, pre-siederà un comitato d'affariper lo sviluppo economico;un esponente del Ccd colla-borerà a definire le politichedella terza età. Si è tentato diarruolare un consigliere dis-senziente del centro destraastenutosi durante la verifica- Omero Mariani - come con-sultore per il turismo, mal'invito è stato declinato dal-l'interessato. Naturalmentetutt i scontenti nel centrodestra: An perchè ridotta alpuro ruolo di donatore disangue, Cicchini e StefaniaParis i - subito entrata inforza all'Udr - perchè trom-bati da assessori, ForzaItalia perchè i suoi esponentidi punta sono rimasti allastanga, Ermanno Venturaperchè, sconfessato daRinnovamento italiano (il suogruppo di appartenenza),non ha ottenuto il desideratoassessorato ( ma forse verràrecuperato come vice citymanager). E' successo, comeera prevedibile, che Ciaurrosi è autonomizzato, perquanto gli è stato possibiledai partiti del suo schiera-mento, mentre - attraversoMalvetani - ha trovato untrait d'union istituzionaletra ceti forti cittadini, giuntacomunale e governo centrale

(leggi Enrico Micheli). Nelfrattempo tiene banco la que-st ione del l 'aumento del latassa dei rifiuti che ha apertoil capitolo del bilancio 1998-99. Ebbene su tale questioneSantaniel lo, bol lato cometrasformista, ha f irmatocome capogruppo di se stessol'ordine del giorno del centrosinistra, costruendo un asseprivilegiato con socialisti epopolari. Insomma ciò cheemerge è una variegata arti-colazione centrista e notabi-lare che attraversa l'insiemedegli schieramenti e tagliasia a destra che a sinistra. Iconflitti all 'interno di taleagglomerato non mancano. Icentristi di centro sinistratenteranno di raggiungerel 'obiett ivo di sf iduciareCiaurro e di unificare la sca-denza elettorale del comunecon quella amministrativapiù generale di primavere, edel resto era questo l'obietti-vo dichiarato già a luglio;Ciaurro e i suoi fedeli cer-cheranno di egemonizzarel'insieme del ceto medio citta-dino garantendo il peso e leposizioni della rendita urba-na di posizione ( e del resto acosa se non a ciò sono funzio-nal i le pol i t iche di lavoripubblici di Melasecche?).Non è chiaro quali siano ledifferenze tra le due posizio-ni, ma non importa: quelloche è certo è che tra cani nonci si morde.Re. Co.

Inizi di campionato

Data importante l ' inizio del campionato. I l "Corrieredell'Umbria", consapevole di ciò, il 6 settembre ospita nellacronaca di Terni il presidente della Ternana e il sindacoCiaurro. Tralasciamo l'intervento del presidente che, ovvia-mente (è il suo mestiere), pubblicizza il "cartellone" e venia-mo a quello del sindaco. Non sospettavamo uno spirito cosìtifoso. Per Ciaurro la squadra di calcio è l'ambasciatricedella città in Italia ed è un supporto per una apertura all'e-sterno di Terni che molti italiani potranno riscoprire que-st'anno "attraverso le televisioni e le radio nazionali". Masoprattutto Ciaurro, oltre a rivolgere un augurio alla squa-dra con un "forza fere, forza Terni", augura a se stesso "dipoter tornare quanto prima sulle gradinate del Liberati appe-na mi sarò rimesso in sesto completamente dopo l'incidentealla gamba". Dovessimo scoprire che la frattura dell'arto infe-riore del sindaco di Terni è frutto di incauti e appassionatipalleggi nella cortile della sua residenza romana!

Comuni contro comuni,province contro province

Fiammetta Modena, sospesa dal coordinatore di Forza ItaliaGianfranco Ciaurro, riprende su "Il Messaggero" il sindaco diTerni Gianfranco Ciaurro, che aveva a mezzo stampa propo-sto il riequilibrio tra le due province umbre accorpandoall'attuale provincia di Terni Spoleto e la Valnerina perugina.In verità gli argomenti con cui rimbecca all'amico di partitola Modena non sono di grande livello: si parla di scippo delDucato di Spoleto, di Terni città di serie B, ecc.... Ma tant'è:chi di municipalismo ferisce di municipalismo perisce, d'altrocanto di livello non molto più alto erano le polemiche del pro-fessore su Perugia ladrona e pigliatutto. Né stupiscono le rea-zioni di esponenti del centro destra ternano a cui una sodalesottrae un argomento di polemica contro la sinistra centrali-sta. Quello che stupisce è la discesa in campo di autorevoliesponenti del centro sinistra, sempre ternani, che prendonosul serio una rissa interna a Forza Italia e lasciano intendereche forse un riequilibrio sarebbe opportuno e da discutereseriamente. Viene da rimpiangere quando la sinistra sostene-va lo scioglimento delle province come una delle riforme isti-tuzionali necessarie.

Flessibilità

Moreno Caporalini, coordinatore della segreteria regionaledei Ds il 22 agosto propone come candidato a Sindaco diPerugia il segretario regionale del suo partito, AlbertoStramaccioni. Quest' ultimo a strettissimo giro di posta lodestituisce dall'incarico. Sulla questione si è aperta una dottadisputa statutaria conclusasi con una convinzione: cheStramaccioni poteva "licenziare" Caporalini, ma delicatezzae opportunità consigliavano di non farlo senza aver sentitochi lo aveva eletto in segreteria, ossia il comitato regionale.Insomma in tempi di flessibilità è possibile licenziare il dipen-dente incompetente,infedele o incauto, l'importante è farlocon garbo.

Editore: Micropolis Srl Viale Pellini 29 - PerugiaDirettore responsabile: Fabio Mariottini

Tipografia: Litosud via di Tor Sapienza 172 RomaAutorizzazione del Tribunale di Perugia del 13/11/96 N.38/96

2settembre 1998

commenti

Il piccasorci - pungitopo secondo lo Zingarelli - è un modesto arbusto che a causa dellesue foglie dure e accuminate impedisce, appunto, ai sorci di risalire le corde per saltaresull’asse del formaggio. La rubrica “Il piccasorci”, con la sola forza della segnalazione,spera di impedire storiche stronzate e, ove necessario, di “rosicare il cacio”.

IL PICCASORCI

Terni:nuove puntatedi una “soap opera”L

3settembre 1998

inchiesta

La tenuta delleIstituzioni difronte all'emer-

genza e alla "norma-lità" della ricostru-zione viene conside-rata come un ele-mento imprescindibi-le. Eppure non sonomancate obiezionisostanziali. In parti-colare una gestioneultra-centralizzatache - si è detto hatrasformato i Presi-denti delle Regioni inPrefetti del Ministrodegli Interni non èforse destinata a per-petuarsi essendo iPresidenti stessiridotti al rango di"funzionari delegati"del Governo? Tuttoquesto non è forsel'esatto contrario diun'operazione futuradi federalismo? Finoa che punto tutto ciònasconde una incof-fessata sfiducia delGoverno nei con-fronti delle Regioni?Come giudicare quel-lo che è sembrato inquesto quadro il ten-tativo - neanchetroppo elegante - distabilire, in molticasi, un rapportodiretto fra Prote-zione Civile e Comu-ni? Tutto questo èsemplicemente fruttodell'emergenza oppu-re le possibili tensio-ni Regioni-Enti Lo-cali dovute alle inevi-tabili difficoltà ri-porteranno in primopiano il protagoni-smo centrale?

Si parla moltodel ruolo prin-cipale dei Co-

muni nella ricostru-zione. Questo uffi-cialmente -program-maticamente. Nonc'è, in tutto questouna riserva menta-le? Non si pensa, inrealtà all'incapacitàdei Comuni, special-mente quello medio-piccoli, a svolgeregli immensi compitiamministrativi, tec-nici, sociali che laricostruzione impo-ne, pronti a livelloregionale e centralead esercitare poterisostitutivi?Con circa 25.000

miliardi di spesedi ricostruzionesi dà una svolta

imponente nell'equi-librio fra pubblico eprivato. Si parla del-l'effetto moltiplicati-vo di tale spesa sul-l'economia regionale.Ma la concentrazio-ne territoriale e set-toriale e il lungoperiodo della rico-struzione non ri-schiano di produrrenel tempo effettidistorsivi permanen-ti sulla struttura eco-

nomica e, soprattut-to, sul mercato dellavoro?

Si è molto di-scusso della ca-pacità qualitati-

va e quantitativa del-l ' i m p r e n d i t o r i aumbra a sostenerel'impegno della rico-struzione. Al di làdell'apologia di sestesso che il sistemadelle imprese localifa continuamente,non è da ritenere checi sarà bisogno -

oggettivamente - diun impegno diimprese esterne all'a-rea regionale? Comesi possono sviluppa-re alleanze fruttuo-se? Quale impulsopuò ricevere l'im-prenditoria locale aspecializzarsi in set-tori strategici (es.beni culturali, sicu-rezza e qualità del-l'abitare)?

Un problemacruciale già pre-sente è quello

dell'offerta di lavo-ro in edilizia (spe-cial izzata e non).Non sembra che ilmercato del lavoroin questa area siagià saturo?Come gestire l‘ine-vitabile flusso tem-poraneo e forseanche vere e pro-prie migrazioni sta-bili?Quali problemisociali può produr-re questo fenomenoe con quali stru-menti affrontarli?

Siamo propriosicuri dellacapacità e tem-

pestività del Bilanciodello Stato di finan-ziarie con flussi mas-sicci la fase di rico-struzione? Le espe-rienze passate e l'e-stensione dell'areadei disastri generaliin molte zone delPaese non fannoemergere dubbi diquesto senso? C'èconsapevolezza diquesto pericolo alivello di Istituzioni,

forze sociali e popo-lazioni?

L'Umbria ha unbrutto primatonel campo degli

incidenti sul lavoro.La carenza di ri-spetto delle elemen-tari norme di sicu-rezza è anch'essa unprimato e non solonei piccoli e medicantieri.Quali sono le condi-zioni e i comporta-menti da mettere inatto soprattutto alla

luce del fatto che laquota di mano d'o-pera esterna (italia-na e straniera) saràmassiccia e, come ènoto, è la meno pro-tetta? Saranno ingrado i ristrettiapparati preposti aicompiti di controllo(INPS, INAIL,Ispettorati, Regioni)di svolgere realmen-te un ruolo efficacee al passo con le esi-genze?

La fase dell'e-mergenza è sta-ta caratterizza-

ta da una sostanzia-le tenuta del tessutosociale delle zoneterremotate per ilmassiccio - anche sea volte caotico -intervento di molte-plici soggetti. Itempi lunghi dellaricostruzione -soprattutto nei vil-laggi di accoglienza,in che misura posso-no produrre distor-sioni nei rapporti diconvivenza tipichedelle economie edelle società e collet-tività emarginatefino a produrrefenomeni di vera epropria devianzasociale? Si ha consa-pevolezza di tuttoquesto e quali pos-sono essere le azionida mettere in atto?

Rispetto dellalegalità e del-l'ordine pubbli-

co sono diventati insituazioni difficilicome quelle di altrezone terremotateaspetti di granderilievo.Le norme sugliappalti e le strutturedi controllo sono dagiudicare sufficien-ti? Gli apparatidello Stato si sonoposti i l problemadella possibile pene-trazione della crimi-nalità organizzataintrecciata con lacriminalità economi-ca in un settore piùvolte preda di que-sto intreccio, so-prattutto in presen-za di masse enommidi investimenti pub-blici?

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8Novedomandesu ricostruzionee sviluppoMicropolis ha rivolto queste domandea un gruppo di esponenti del mondopolitico istituzionale , sindacalisti,dirigenti delle organizzazioniimprenditoriali, tecnici, operatorisociali e culturali.L’obiettivo è quello di aprireun dibattito su questioni crucialiper i prossimi anni.

6settembre 1998

politica

baglia chi crede che l'agostoin città coincida necessaria-mente con il letargo della

polit ica. Mai come quest 'anno,infatti, il clima, già torrido di persé, si è ulteriormente surriscaldatocon la venuta al pettine di alcuninodi fondamentali, primo fra tuttiquello legato alla costituzione dellasocietà a partecipazione mista"Perugia Metrò" ed alla relativadesignazione dei componenti i lConsiglio di Amministrazione, daparte tanto del Comune di Perugia,in qualità di socio pubblico, chia-mato ad esprimere, tra gli altri, lecariche di presidente e vice presi-dente, quanto della Apm e dei sociprivati (Sipa,S o c i e t àLeitner diBolzano e lacordata diimprenditoriperugini gui-data da Fio-roni), chiama-ti ad indicare irestanti mem-bri, tra i qualil 'amministra-tore delegato.L'aria, come ènoto, è diven-tata irrespira-bile nel momento in cui è emersa lacandidatura alla carica di ammini-stratore delegato di Marcel loPanettoni, noto esponente diessino,ex assessore comunale all'urbani-stica, ex presidente della Provinciae, in quanto attuale capo dellasegreteria del ministro dei traspor-ti Burlando, principale artefice delfinanziamento governativo di 37miliardi per la realizzazione delMinimetrò. Il niet di Stramaccioniha fatto il resto, tanto che il sinda-co si è trovato costretto a sospen-dere i l tutto e ad anticipare leferie. Nel frattempo è scoppiata un'altragrana, meno machiavell ica, maaltrettanto poco comprensibile, cheha finito per coinvolgere, negativa-mente, parte della cittadinanza. Sitratta, anche questo è di dominiopubblico, del conflitto di compe-tenze sorto in seguito ad una scia-gurata del ibera del Comune diPerugia del 10 agosto che, ribaden-do i l r iconoscimento del l 'Apmquale soggetto unico del trasportosu gomma in ambito comunale, haimposto il servizio Apm nel trattoPonte San Giovanni Perugia, giàampiamente servito, su ferro egomma, dal la Fcu. L' inuti lesovrapposizione delle corse, oltre asuscitare i commenti ironici dei cit-tadini, che si spostano quotidiana-mente sul tratto in questione, ha

avuto un effetto devastante in ter-mini di rapporti aziendali, al puntoche la Fcu si è rivolta immediata-mente al Tar chiedendo l'annulla-mento della delibera comunale. Lanatura pubblica delle due aziende -la Fcu è attualmente gestita dalleFS - ha fatto scivolare, inevitabil-mente il conflitto sul piano istitu-zionale, coinvolgendo Regione,Provincia e le organizzazioni sin-dacali; queste ultime, pur nelladiversità delle posizioni espresse,preoccupate del le conseguenzenegative del braccio di ferro in ter-mini occupazionali.Con l ' inizio di settembre le duesituazioni si sono, in parte, sbloc-

cate. L '8(data alquan-to suggestiva)è stata resanota larinuncia diPanettoni e,nel giro di 48ore, Maddoliha nominatoil presidentee gl i al tr i 3consiglieri diparte pubbli-ca nelle per-sone di CarloC a l v i e r i ,

docente di diritto costituzionale,Carlo Baiolett i , insegnante,Adriano Marazit i , ingegnere edirettore dell'area edilizia dellaProvincia e Lorena Pesaresi, diri-gente della Provincia. Lo stessohanno fatto i soci privati indicandocome propri rappresentantiGiorgio Farinelli, Mario Fagotti,Filippo Maria Pantini e LeonardoCasini. Al momento restano ancorada stabilire le cariche di vice presi-dente e di amministratore delegato.Sull'altro fronte, l'opera di media-zione condotta dall'assessore regio-nale ai trasporti Girolamini haportato, quantomeno, ad un riavvi-cinamento delle parti, che si è con-cretizzato nella sospensione delladelibera comunale in attesa di unaccordo definitivo.Fin qui i fatti che, pur nella loronon facile interpretazione, impon-gono alcune rif less ioni.Cominciamo dal Minimetrò. Inutiledire che la vicenda delle nomine èstata, quantomeno, imbarazzante.Se non fosse per la serietà deltema, che si misura dal livello dirisorse che vi saranno impiegate,verrebbe quasi da sorridere, pen-sando agli inutili proclami sulladiscontinuità con il passato, sullatrasparenza di tali procedimenti,sull'autonomia delle scelte istituzio-nali rispetto alla sfera politica.Anche questa volta niente c'è stato

risparmiato. Ad ogni modo, ormai,è acqua passata, anche se perman-gono dubbi ragionevoli rispetto adun'operazione che, sino a questomomento, è poco più che una trac-cia su carta. Ciò che, allo stato delle cose, è datosapere è che il vettore ottometrico,convenzionalmente denominatoMinimetrò, dovrà spostarsi lungoun percorso che andrà da Pian diMassiano alla Cupa, passando perle vie Cortonese, Briganti,Pievaiola e per i quartieri diFontivegge e Case Bruciate.Soltanto in una seconda fase, infat-ti, si intende realizzare il trattoCupa-Monteluce. Per quello checoncerne le caratteristiche tecni-che, si sa che le cabine si muove-ranno in sede propria, in partesoprelevata e in parte in galleria(Cortonese-Briganti, Broletto,Cupa), agganciate ad una funeazionata da un motore elettrico. Levetture, che transiteranno nelle

stazioni con tempi di attesa moltobrevi, saranno dotate di ruote rive-stite in gomme per limitare al mini-mo l ' inquinamento acust ico.Secondo quanto ha affermatoPaolo Brutti, che in qualità di pre-sidente dell'Apm è uno dei princi-pali sostenitori dell'iniziativa, ilsistema, a guida automatica, impie-gherà dai 13 ai 14 lavoratori, con-sentendo di mantenere il costo diesercizio intorno alle lire 1.500 alchilometro (contro lire 3.500/kmdel trasporto su gomma e l ire40.000/km di quello su rotaia). Mancano, tuttavia, dei dati essen-ziali. Si è già rammentato che ilgoverno ha stanziato 37 miliardi,ma il costo dell'intera opera non siconosce, anche se si parla di circa200 miliardi di lire. Si obietteràche è naturale, mancando ancora ilprogetto esecutivo, ma la questionenon è di poco conto. Se, comeBrutti ha dichiarato, uno dei puntidi forza di questa operazione risie-

Non facciamocidel maleS

Le grandi manovre perfar convivere minimetròe metropolitanadi superficie: i dueprogetti che dovrebberorivoluzionare la mobilitàurbana a Perugia

politica

7settembre 1998

de nella elevata capacità del siste-ma di produrre profitti al puntotale da autofinanziarsi in un arcodi tempo di 5/7 anni, così da poteripotizzare non solo il prolungamen-to sino a Monteluce, ma la realizza-zione di altre linee sino alla crea-zione di una vera e propria rete, èevidente che la dimensione dei costiva fissata al più presto per scongiu-rare eventuali lievitazioni che fini-scano per snaturare il senso stessodell'iniziativa. Per quanto si debbatenere conto della percentuale dirischio insita in una operazione delgenere riguardo ai tempi di rispostadella cittadinanza, è evidente cheun investimento di tali dimensioni,che coinvolgerà inevitabilmente letasche di cittadini, sarebbe inaccet-tabile laddove non dovesse rispon-dere alle previsioni fatte in terminidi redditività.Non basta, pertanto, la prospettivadi un mezzo innovativo, non inqui-nante, in grado di riportare la città

di Perugia al l 'avanguardia nelcampo della mobilità urbana, comeal tempo della realizzazione dellescale mobili, se non c'è la certezzadi un saldo economico positivo.Soprattutto perché decisa è stata, econtinua ad essere, l'esistenza diposizioni contrarie all'iniziativa, enon soltanto trale forze politichedi opposizione. IVerdi, ad esem-pio, hanno piùvolte chiaramen-te espresso i lloro disappunto,giudicando inuti-le ed antiecono-mico i l Mini-metrò, in particolare insistendosulla sovrapposizione che verrebbea crearsi con l'altro progetto, ancheesso sul tappeto, di realizzazione diuna metropolitana leggera di super-ficie utilizzando le linee FS e Fcu. L'idea di rendere maggiormente

funzionale la Ferrovia CentraleUmbra non è certo nuova, ma oggi,sulla base di un accordo del 1996tra Regione, FS e Ministero deiTrasporti, e in virtù di uno stanzia-mento governativo di c irca 90miliardi dovrebbe trasformarsi inrealtà. In pratica si tratterebbe di

congiungere ledue ret i ferro-viarie, realizzan-do stazioni urba-ne a Pian diMassiano, SanSisto, Ponte SanG i o v a n n i ,Fontivegge er i v a l u t a n d od e c i s a m e n t e

quella di S. Anna. Ora è evidenteche, anche volendo evitare ogni giu-dizio affrettato, il problema delrapporto tra le due opere si pone.La Giunta comunale di Perugia rea-gisce agli attacchi, sostenendo aper-tamente la loro complementarietà eattribuendo alla metropolitana disuperficie un ruolo di collegamentopiù ampio, che comprenda le fra-zioni e definisca, così, i confinidella città estesa. Tuttavia all'osser-vatore esterno la situazione conti-nua a presentarsi poco chiara.Si prenda ad esempio quanto acca-duto in occasione del dibatt i totenutosi nel corso della Festa citta-dina dell'Unità, nello stesso giornoin cui veniva resa nota la rinunciadi Panettoni. A parte l'assenza for-zata del ministro Burlando, causale difficoltà derivanti dal progettoMalpensa 2000, gli interventi del-l'assessore regionale ai trasportiGirolamini e di Brutti, che avreb-bero lasciato prevedere, quantome-no, un chiarimento delle rispettiveposizioni, non solo riguardo al temaMinimetrò/metropolitana di super-ficie, ma anche, e soprattutto, inmerito allo scontro Apm/Fcu, sonostati, invece, condotti con la logicadel "non facciamoci del male", nellaconsapevolezza che le risorse giàstanziate assicureranno ad ognunoil compimento del proprio disegno.Al massimo sono state pronunciatemezze parole, come quando Bruttiha ironizzato sul fatto che si conti-nui ad investire "sul cavallo zoppo",mascherando, con scarso successo,l'obiettivo del suo attacco. Anche alla luce di episodi comequesto, il dubbio legittimo che man-chi una visione globale del proble-ma, proprio a coloro che istituzio-nalmente dovrebbero esprimerla,non può che crescere. Per esserechiari, in mancanza di dati più con-creti, come possono essere sicuri icittadini di Perugia che domani ilMinimetrò e la metropolitana nonfiniranno per pestarsi i piedi a

vicenda, vanif icando la tantodecantata copertura dei costi?Urge più che mai, pertanto, il varodella legge regionale e la successivastesura del Piano regionale dei tra-sporti così come previsto dal DL422/97 attuativo della Bassaniniche, come è noto, attribuisce alleRegioni un ruolo fondamentale inquesto campo (stipula dei contrattidi servizio, istituzione del fondoper i trasporti, determinazionedella quantità e qualità dei serviziminimi, definizione degli obblighidel servizio pubblico). Infatti, sol-tanto la presenza di un quadro nor-mativo certo può scongiurare situa-zioni di conflitto come quelle finqui generatesi. Il tema dei trasporti è, storicamen-te, una spina nel fianco degli ammi-nistratori umbri. Il fatto è, però,che i l ritardo che la regione haaccumulato in questo campo è statosempre ed esclusivamente letto allaluce di scelte governative nazionalisfavorevoli. E' evidente che ciò nonpuò essere del tutto negato, mabasterebbe rileggere la storia inmodo più approfondito per scoprireche, di fronte alle pur poche oppor-tunità avute, le risposte degli ammi-nistratori locali non sono state, percosì dire, sempre tempestive. Lasofferta vicenda che ha accompa-gnato la costruzione della FerroviaCentrale Umbra sta, appunto adimostrarlo: trent'anni (1885-1915)sono trascorsi prima che l'idea diun collegamento longitudinale cheunisse il bacino industriale ternanocon le campagne dell'Alta valle delTevere, esaltando la centralità diPerugia, riuscisse a vedere la luce,proprio per la mancanza di unavis ione comune da parte del lecomunità locali interessate. Ora,ben lungi dal volere istituire unqualche parallelo con una vicendacosì lontana, pare comunque lecitoesprimere una preoccupazioneriguardo ad una questione che,come visto, è destinata, nella suacomplessità, a drenare ingentirisorse finanziarie. Le istituzioni ele forze politiche che le sorreggonosono chiamate a definire i contenutidi una svolta, per certi versi epoca-le, ed è importante che lo faccianoin modo trasparente e partecipato,tanto rinunciando ad ogni partico-larismo od interesse di parte, quan-to dimostrando di possedere unavisione adeguata del territorioregionale e delle dinamiche ad essocollegate; soprattutto nella consa-pevolezza che, questa volta, nessuneventuale errore potrà essere impu-tato ad altri.

Stefano De Cenzo

Il dibattito in corsonon scioglie i dubbi su utilità e economicità delle due opere

4settembre 1998

istituzioni

rosegue con un col-loquio con PaoloBaiardini, l’inchie-

sta di “micropolis” sullaprogettata r i forma del laRegione e de l model loamministrativo in Umbria,in iz iata a g iugno con leinterviste di Borgognoni eCimicchi, che si concluderàad ottobre con gl i ult imiinterventi e le nostre, prov-visorie, conclusioni. Baiar-dini, consigliere regionaledel gruppo PDS e presiden-te della Commissione Spe-ciale del Consiglio Regio-nale per la Riforma delloStatuto, è indignato per leimproprie reaz ioni e lemalevole interpretazionidata alla relazione sui lavo-ri sin qui svolti dalla com-missione.

“Le questioni che ho posto -spiega Baiardini - vannomolto al di là della banalecontrapposizione commis-sione sì, commissione no.La prima riguarda il livellodi federalismo, che, senzaattendere le riforme costi-tuzional i , g ià le leggi e idecreti Bassanini introdu-cono e l’impatto che avràsulle finanze di Regioni eComuni, c ioè sul la v i tadel le popolaz ioni . Unadistribuzione delle risorsebasata sui soli parametridella popolazione e del get-tito fiscale accentuerebbe ledisuguaglianzeed, in partico-lare, creereb-be gravi pro-blemi in unareg ione comela nostra che èe resta unaregione assisti-ta”.

S i può dareuna r i spos tanon assisten-z i a l i s t i ca aqueste proba-b i l i conse -guenze?

La commissio-ne ha avanzato due propo-ste. Lo Stato dovrà fornirea tutte le regioni uno stockdi risorse che consenta digestire le funzioni trasferi-te. Un secondo stock dovràessere garant i to a l leRegioni per invest imentisoprattutto nel campo delleinfrastrutture in modo daconsentire, attraverso lanuova ricchezza prodotta ela leva del fisco, di raggiun-gere nel giro di alcuni annil’autonomia finanziaria .

Ma questo è un compitodella Commissione o delGoverno regionale?

Appunto. Io ho chiesto ches i desse mandato a lPresidente ed alla Giuntadi intervenire ne l le sediappropriate per affermarequest i pr inc ipi , che nonsono so lo ne l l ’ interesse

dell’Umbria, ma anche ditante altre aree del paese.Le Regioni hanno sot to-scritto nel luglio un docu-mento secondo il quale la

ripartizione delle risorse vadef in i ta at traverso unaccordo. Bisognerà tenereconto del fatto che le picco-le regioni mantengono unastruttura di costi fissi che

non può essere parametratacon i soli criteri della popo-lazione e del gettito.

In quali sedi si svolgeràquesto confronto?

Non è ancora chiaro. Neiprogetti di riforma appron-tati dalla Bicamerale c’erauna norma che aveva datoluogo ad interpretazioniper ico lose. S i lasc iavaintendere che potesse esse-re i l “Senato de l leRegioni”il luogo in cui sisarebbero negoziate ler isorse. Un governo puòessere di destra o di sini-stra, più egualitario o piùliberista, ma deve comun-que tener conto di tutte leesigenze, ma se sposti lanegoziazione in un luogoche si chiama Senato fede-rale è facile immaginare chele regioni forti non daranno

nulla a quel le deboli. E’proprio sul federal i smofiscale che la Bicamerale hasegnalato una incapacità discelta, sulla ripartizionedelle risorse che del proget-to federalista era carne esangue.

Quali sono le altre que-stioni che la tua relazioneha posto?

Le Bassanini definiscono unnuovo modello amministra-tivo che va oltre la costitu-z ione formale v igente edisegnano una nuova costi-tuzione materiale. Basta unesempio: con le Bassaninivengono aboliti numerosicontrol l i , che però sonoancora previs t i ne l laCostituzione così com’è.

S icché una Cor teCos t i t u z iona l e r i g ida

po t rebbe abrogare i ntutto o in parte le nuoveleggi?Sicuramente. Ma c’è di più.Se il nuovo modello ammi-nistrativo non trova spondanella revisione costituzio-nale potrebbe tornare i lcentral i smo. Già ogg i leRegioni devono fare i conticon forti resistenze delleburocrazie ministeriali epoi , spesso, l ’abi to fa i lmonaco, come ho denuncia-to al Festival dell’Unità.Perf ino i l minis tro Vel -troni, sicuramente federali-s ta ne l le proclamazioni ,di fende s trenuamente leprerogative del Ministeroper i Beni Cultural i . LaBassanini è stata, in parte,una forzatura che io condi-vido. Non si poteva atten-dere la conclusione del pro-cesso di revisione costitu-z ionale per rendere i lnostro sistema competitivosu scala europea; bisognavacostruire un ponte verso leriforme. Ma ora non si puòrimanere in mezzo a lguado. Fal l i ta la Bica-merale, bisogna comunquemodificare la Costituzioneper via ordinaria, altrimen-ti si torna indietro. In que-s to campo la RegioneUmbria dovrebbe aprireuna battaglia politica e leforze politiche di centro-sinistra impegnarsi senzaalcun attendismo, perché

m e n t r eScal faro faa p p e l l i ,D’Alema sem-bra sperare inuna resurre-z ione de l laB i c a m e r a l e ,Fini dice chela legislaturabuona non èquesta e Ber-lusconi atten-de la soluzionedei suoi pro-blemi giudizia-ri, la regioneVeneto appro-va una mozio-ne perché at-

traverso una raccolta difirme si abroghi la legge del1866 con cui si annette ilVeneto all’Italia.

Quali proposte hai fattoper quel che riguarda lemodif iche del lo StatutoRegionale? Sembra ragio-nevole sospendere i lavo-ri, in assenza di chiarezzasu que l l a che sa rà l anuova Costituzione nazio-nale?

La revisione statutaria, inalcune parti, è fin da oraobbligata. Il nuovo modelloamministrativo non preve-de per le Regioni e per leProvince il principio di dif-ferenziaz ione: tut te leRegioni e tutte le Provincehanno ident ic i compit i epoteri: l’Umbria è come laLombardia, Terni è comeMilano. Non è così per i

P

Un federalismopossibile

I nodidel dibattitoregionalesulle riformeistituzionali.Intervista aPaolo Baiardini

politica

5settembre 1998

Comuni, per i quali conti-nua a vigere il principio didifferenziazione: i Comunipiù piccoli infatti sono ingrado di recepire le funzio-ni , che, trasfer i te dal loStato alle Regioni, dovran-no essere poi trasferite als istema del le autonomie.C’è pertanto un compitourgente delle Regioni: indi-viduare il livello di territo-rio e di popolazione ottima-le per il trasferimento deipoteri. Questo problema,che non è stato sollevato dame, ma dai fatti, entra incontrasto con lo StatutoRegionale che cons iderauguali tutti i luoghi istitu-zionali di pari livello. Cisono poi altri punti in cuila revisione è resa urgentedai fat t i : ma a lmeno unaltro va citato, quello dellaseparazione della funzionepol i t ica dal la funzioneamministrativa che è leggedello Stato e che deve esse-re recepita nello Statuto. Ilnostro attuale statuto nondefinisce obblighi e respon-sabil i tà del la burocraziaregionale.

In altri termini quello chetu proponi non è, almenoin questa fase, un riscrit-tura radicale dello statu-to, ma un adeguamento.

Una tempestiva e ampiar iv is i taz ione, ma bensapendo che uno s tatutor iv is i tato non può darefrutti, in presenza di unalegislazione regionale intri-cata e paludosa. Nei piùdiversi campi molti provve-dimenti legislativi si sonosovrapposti determinandoprocedure macchinose edifficoltà interpretative. E’dunque urgente un lavoroprofondo di semplificazioneanche delle leggi regionaliordinarie, perché le modifi-che si traducano in vantag-gi visibili per la popolazio-ne regionale, migliorando ilrapporto tra i cittadini e lapubblica amministrazione,che oggi è segnato da unaprofonda sfiducia.

Quali sono le conseguenzepolitiche di questo ragio-namento?

Io credo che le forze regio-naliste, che la sinistra ed ilcentro-sinistra non possanoessere spettatori passivi diuna vicenda istituzionaleche può portare ad arretra-menti, a sbocchi centralisti-ci. E’ necessario ritrovareun protagonismo nei con-fronti del governo e dell’in-tera società nazionale, mabisogna anche fare quiquello che oggi è necessa-rio. Lo Statuto regionale èinvecchiato non solo per glieffetti della Bassanini, maanche per le modificazionidell’economia regionale. LaRegione deve restare lasede della programmazione,ma la programmazione che

oggi è necessaria non puòessere astrattamente pensa-ta ne l le sedi reg ional i ,quanto piuttosto negoziatacon il sistema delle autono-mie locali e con i soggettisociali. Le leggi e le proce-dure devono essere sempli-ficate, non è possibile cheben set te ent i debbanointervenire, ad esempio, suun manufatto in zona sismi-ca con problemi idrogeolo-gici. E non è solo questionedi efficienza, ma anche ditrasparenza, in relazione algrande trasfer imento dirisorse che è previsto per laricostruzione. Io non so chidebba fare questo lavoro.Se si vuole, si può scioglierela commiss ione spec ia leregionale che ho finora pre-sieduto, oppure si può affi-dare ad essa il compito diistruire in tutto o in partequesto lavoro. Il punto èche quest’opera di grandedi rinnovamento democrati-co deve comunque essereavviata.

Un’ul t ima quest ione: i lruo lo de l l e prov ince .Nella primo puntata del-l’inchiesta di micropolis,mi è sembrato di notareche anche da noi l’abitofaccia il monaco. Cimicchi esalta i l ruolodei Comuni e deprime leprovince, mentre Borgo-gnoni sembra indicarlecome il livello intermediomigliore possibile.

Io appartengo ad una scuo-la di pensiero che diffidadel le province, ma chisegnala oggi questo proble-ma in realtà non vuol fareniente. Lo Stato, con leleggi Bassanini, ci ha datoil compito di trasferire inostri poteri, pena la sosti-tuzione, ed ha indicato leprovince come un l ivel loistituzionale indifferenziatoa cui i poteri vanno trasfe-riti.Al la conferenza Stato-Regioni le Regioni avevanofat to ins ieme a l l ’ANCI,l’associazione dei comuni,un documento in cui s idiceva che le province veni-vano r id isegnate dal leRegioni italiane, ma queldocumento, per fare l’ac-cordo con l’UPI (l’Unionedelle Province Italiane), èstato stravolto e la stessaBicamerale prevedeva didare dignità costituzionalealle Province italiane perquello che sono. Il supera-mento delle Province saràforse domani un problemada af frontare, ma non èoggi all’ordine del giorno.La Bassanini dice che leProvince hanno ugual i eprecisi compiti e che a tuttevanno trasferite le risorse ele competenze indicate.

Salvatore Lo Leggio

l mese di agosto ha visto le divisioni interne a Rifondazione comunista esposte condovizia di particolari sui principali giornali italiani. La cosa è proseguita in settem-bre fino all'articolo di Armando Cossutta su "Liberazione" che formalizzava la divi-

sione interna al partito. I termini della questione sono noti: il rapporto con il governo econ il resto della sinistra sono gli stessi - sia pure in termini diversi - che portarono alladivisione con i Comunisti unitari oltre tre anni fa. I toni del confronto sono durissimi esfiorano l'incomunicabilità quando non l'insulto. In tale quadro le questioni di schiera-mento interno si intrecciano con strategie e tattiche nei confronti delle altre forze politi-che, del governo centrale e di quelli locali. Così è spiegabile il tipo di confronto inUmbria tra Rifondazione e il centrosinistra. Sono noti gli schieramenti interni. In sintesiil segretario regionale e i due federali sono schierati con Bertinotti; Bellillo e Caponi, siapure con sfumature diverse con Cossutta; non manca neanche una minoranza di sinistrache ha il suo fulcro a Spoleto, nè sono assenti gli unitari autorevolmente rappresentatidal vicepresidente della Giunta regionale. Tuttavia uomini dello stesso schieramentosembrano avere convinzioni diverse o perlomeno si presentano con atteggiamenti diversi.Mentre il segretario e capogruppo regionale apre una guerra di guerriglia con la maggio-ranza, per alcuni aspetti incomprensibile, il segretario ternano (sempre bertinottiano)sostiene che quanto avverrà a livello nazionale non avrà ripercussioni in Umbria, dovetutto è destinato a rimanere tale quale. Lo stesso avviene nella Cgil dove alle dichiarazio-ni roventi della segretaria della minoranza (bertinottiana) corrispondono le posizioni piùconcilianti di altri esponenti di Rifondazione (anch'essi schierati con Bertinotti). Gliesempi potrebbero continuare. Quello che è certo è che in caso di rottura con il governo ilPrc in Umbria non potrebbe fare come se nulla fosse. Infatti la realtà umbra non è poimolto diversa da quella nazionale, il quadro non è, come si sarebbe detto una volta, piùspostato a sinistra; in secondo luogo l'interruzione della legislatura e il voto contrarioalla finanziaria rischiano di diluire i tempi della ricostruzione e ciò è destinato ad aprireun terreno di scontro difficilmente gestibile dal Prc. Insomma gli equilibri politici nazio-nali non potrebbero non ripercuotersi sul terreno umbro. Il fatto è che il gioco appareterribilmente complicato, la dinamica oggettiva delle cose sta prendendo la mano ai pro-tagonisti, la durezza dello scontro interno fa presagire una nuova scissione. Insomma lateoria delle due sinistre, come avevamo sempre sospettato, aveva qualche debolezza ana-litica di troppo.

er anni la Bosco è stata in mano ad una proprietà che ha coniugato insipienza,volubilità gestionale ed incompetenza; prepotenza nei confronti dei lavoratori ecapacità truffaldine. Dopo anni di concordati e di lotte il proprietario,

Morandini, è finito in carcere. Infine ci si è trovati nella necessità di mettere la questionein mano ai giudici che dovevano scegliere la procedura del concordato o quella di iniziarele procedure per la dichiarazione di fallimento. Nel secondo caso i lavoratori avrebberoavuto le garanzie di recuperare gli stipendi non pagati, mentre nel primo le probabilitàsarebbero state minori. Ovviamente la magistratura ha optato per il concordato favoren-do i creditori esterni dell'azienda. Ciò peraltro da ancora poteri alla proprietà ed oggetti-vamente blocca l'acquisto da parte di altri industriali che si sarebbero dichiarati interes-sati. D'altro canto gli stessi sindacati dopo aver optato per il meno peggio dando creditoper lungo tempo a Morandini oggi sono in difficoltà a trovare una soluzione credibile epraticabile. La situazione si è avvitata su se stessa. Al rientro dalle ferie si è giunti allasoluzione finale: se gli operai continuano ad andare in fabbrica continuano ad accumula-re quote di salario, quindi... meglio sospenderli e poi metterli in mobilità: ce ne sarà dipió per gli altri creditori. Ma quello che più stupisce è che da mesi i 130 operai conduco-no le loro battaglie - incatenandosi ai cancelli, bloccando la Roma - Ancona, manifestan-do di fronte al tribunale - senza che da parte da parte degli operai delle altre aziende edella città scatti una qualche forma di solidarietà e simpatia. Tutto si svolge nella piùcompleta indifferenza. La ricerca delle soluzioni viene delegata ai vertici sindacali, aiparlamentari, alle istituzioni. La solidarietà operaia è divenuta una sorta di cane morto,non si esprime, non viene organizzata nè dai partiti di sinistra e neppure dagli stessi sin-dacati. Gli operai della Bosco sono drammaticamente soli. E' questo il sintomo di una piùgenerale solitudine operaia, della interiorizzazione della sconfitta.

I travagli di Rifondazione

Bosco: gli operai sono soli

P

I

8settembre 1998

politica

genzia dell'impiego leggera opesante? Quest'interrogativo,dal tono vagamente amletico, è

riecheggiato nelle cronache dei quoti-diani locali dedicate a dar conto degliandamenti, umori e posizioni delleforze politiche impegnate nella verificapreferiale sulle questioni del governoregionale. Sempre stando alle cronachead avanzare la richiesta di un'Agenziapesante sarebbe stata RifondazioneComunista, mentre una prima propostaelaborata dagli Uffici regionali e delibe-rata dalla Giunta Regionale sarebbeorientata ad un Agenzia leggera, daqualcuno definita così leggera da sem-brare eterea.Al di là dell'interrogativo sulpeso specifico da attribuire aquesta struttura, la questioneAgenzia dell'impiego, si connet-te strettamente, anzi per certiversi rappresenta una sorta dicartina tornasole, di prova delnove, della volontà da parte delGoverno Regionale di voler rea-lizzare, e in che grado, inter-venti di politica attiva del lavo-ro, all'interno di un contestoistituzionale di trasferimentoalle Regioni di funzioni e compi-ti in materia di collocamento epolitiche del lavoro. Il dibattitoattorno alle Agenzie dell'impie-go (o del lavoro), al loro ruolo,compiti e funzioni (e quindi allivello di pesantezza o leggerez-za) non è certo di oggi, al con-trario si trascina nel nostropaese, con alterne vicende,ormai da anni, almeno dallaseconda metà degli anni settan-ta, ed, in certo qual modo, hacostituito uno, se non il terrenoprincipale di scontro dei diversimodi di concepire l'interventopubblico nel mercato del lavoro.Risulta, perciò, di una qualche utilitàricostruire, seppur senza la pretesadella completezza, questo dibattito.

Idee nel tempo a sinistra

La prima ad avanzare un'ipotesi diAgenzia dell'impiego come strumento diintervento attivo sul mercato del lavoroè Confindustria. Nel 1977, infatti, ilCensis, su commessa della FondazioneAgnelli, elabora uno studio dal titoloIpotesi di revisione delle politiche diavviamento al lavoro e di garanzia peri disoccupati nel quale si avanza la pro-posta di creazione di un'Agenzia nazio-nale, articolata territorialmente, intesa,

brutalmente, come "struttura di par-cheggio" delle eccedenze di manodoperae dotata di tutta una strumentazione(dall'orientamento alla formazione pro-fessionale) funzionale ad interventi diriallocazione dei lavoratori espulsi dalciclo produttivo: uno strumento attra-verso il quale lo Stato si accollava i costidella gestione (ed eventuale ricolloca-zione) di questa forza lavoro.Sempre negli stessi anni, a sinistra, si fastrada l'ipotesi di un'Agenzia del lavoroinserita in un più ampio contesto diriforma dei meccanismi di governodel mercato del lavoro, che costituisseelemento di "equilibrio" tra esigenze del

mercato capitalistico (a partire dallaflessibilità del fattore lavoro) e tutela esalvaguardia di alcuni irrinunciabilidiritti del mondo del lavoro (lo statutodei lavoratori era ancora fresco diinchiostro). Secondo questo schemaall'Agenzia, sempre intesa come struttu-ra centrale articolata regionalmente,dovevano essere affidati compiti di:gestione della formazione professionale,garanzia di continuità del reddito per ilavoratori espulsi impiegandoli in atti-vità di interesse sociale o di riqualifica-zione finalizzate al reinserimento, ero-gazione di un reddito minimo sociale aigiovani inoccupati in cambio del loroimpiego in attività socialmente utili o diformazione, promozione ed assistenza

alla costituzione di imprese cooperativee di forme di impiego autonomo. Inquegli stessi anni Sylos Labini ed altristudiosi propongono che l'Agenzia gesti-sca, attraverso l'istituzione di una sortadi servizio civile obbligatorio, progettidi attività socialmente utili per "impie-gare giovani che altrimenti resterebberoinutilizzati per fare cose che altrimentinon verrebbero fatte".Per completare il quadro di quegli anniè di un certo interesse la proposta avan-zata nel 1979 dall'Associazione per ilprogetto socialista, animata da GiorgioRuffolo. "Lo Stato, non limitandosi piùal tradizionale trattamento assistenziale

dei problemi della disoccupazione,assuma direttamente la responsabilitàdella piena occupazione. Ponendo gra-datamente fine alle svariate forme,dirette ed indirette, di sussidio impro-duttivo alla disoccupazione ed interes-sando le risorse così rese disponibili, loStato dovrebbe promuovere e realizza-re l'impiego di cospicue masse di lavo-ratori in lavori temporanei, nel settorepubblico e privato, ed in attività di for-mazione professionale, avendo partico-lare riguardo ai giovani delMezzogiorno". Lo strumento attuativodi questa politica è individuato inun'Agenzia, che "assuma, sostengafinanziariamente, impieghi in corsi diformazione ed in attività temporanee,

direttamente ed in proprio, unaquota della disoccupazione". Cosiragionava la Sinistra in queglianni e viene da commentare:quanta acqua è passata sotto iponti, ma anche quanti pontisono crollati trascinati via daquell'acqua.

Esperienze italiane:politica e gestione

D'altro canto il dibattitosull'Agenzia, come già accennato,si è fin da subito collegato stretta-mente alla riflessione sulla neces-sità di riformare complessivamen-te la strumentazione di interventoe governo pubblico del mercato

del lavoro, a partire dal sistema dei ser-vizi all'impiego, gli uffici del colloca-mento istituiti con L.264 del 1949, cheormai si mostravano palesemente inade-guati alle nuove necessità del mercatodel lavoro, delle imprese come dei lavo-ratori.Negli altri paesi europei da tempo si eraimboccata una strada che, dal punto divista istituzionale, presentava questicomuni tratti caratteristici. Innanzitutto la netta distinzione tra momentopolitico e momento gestionale. Alprimo, inteso sia come governo nazio-nale sia come governo locale, secondo ildiverso tasso di decentramento, è affi-

dato il compito di definire lepolitiche, gli obiettivi da rag-giungere e la strumentazione dautilizzare; al secondo, affidatoad agenzie formalmente esostanzialmente autonome cen-trali o decentrate a seconda deicasi, la responsabilità, attraver-so la predisposizione di piani diintervento, di realizzare gliobiettivi indicati dal momentopolitico. A queste agenzie è, tral'altro, di fatto affidato il com-pito di gestire i servizi all'impie-go, al cui interno le funzioni diorientamento, formazione pro-fessionale e le misure di politicadell'occupazione si presentanostrettamente intrecciate e com-plementari.In Italia questo modello è statointegralmente ripreso dallaProvincia di Trento che, inforza dello status di autonomiache le dava piena potestà legi-slativa in materia di lavoro, conla L.P. I9 del 1983, nel provve-dere alla riorganizzazione deiservizi all'impiego, prevede lacostituzione di un'Agenzia per

l'Impiego, quale struttura pubblica,dotata di autonomia gestionale, ammi-nistrativa e contabile. L'Agenzia è rettada un Consiglio di Amministrazione, incui sono rappresentati, in manieraparitetica, la Provincia e le parti socia-li. L'Agenzia elabora e propone unPiano triennale di politica del Lavoroarticolato in progetti, la CommissioneProvinciale per l'Impiego lo approva,proponendo eventuali modifiche edintegrazioni, la Giunta Provinciale, conatto amministrativo, lo adotta e provve-de al suo finanziamento (per avere unordine di grandezza le risorse attual-mente impegnate per la realizzazionedel Piano ammontano a circa 30 miliar-di l'anno). All'Agenzia sono affidati

Agenzia regionaledel lavoro pesanteo leggera?A

politica

9settembre 1998

compiti di osservatorio del mercato dellavoro, di orientamento ed assistenzanell'avviamento al lavoro (in pratica lagestione dei servizi all'impiego), di for-mazione professionale, nonché i diversiinterventi di politica del lavoro, chevanno da azioni di job creation alla rea-lizzazione di lavori di pubblica utilità.Sulla scia dell'esperienza trentina ven-gono realizzate Agenzie del lavoro nelFriuli Venezia Giulia (1985), inSardegna (1988) ed in Valle d'Aosta(1989). Nel Friuli Venezia Giulial'Agenzia si configura come ente stru-mentale della Regione dotato di perso-nalità giuridica pubblica, in Sardegna eValle d'Aosta come articolazione inter-na della struttura regionale. Per com-pletare il quadro va ricordata la sceltaoperata in Lombardia, dove nel 1983,con apposita legge regionale venivacostituita l'Agenzia Lombardia Lavoro,sotto forma di S.p.A. a partecipazionemaggioritaria regionale e minoritariadelle Camere di Commercio. ALombardia Lavoro erano affidati com-piti di progettazione formativa alleimprese, nonché di sportello informati-vo per l'incontro domanda-offerta dilavoro, un tentativo, per altro nontroppo riuscito, di superare il divieto diintermediazione di manodopera previ-sta dall'ancora vigente legge del 1949,che, come noto, riservava questa fun-zione a monopolio pubblico esercitatodallo Stato.In tutti i casi, ad eccezione dell'espe-rienza di Lombardia Lavoro, le funzio-ni ed i compiti affidati all'Agenzia sonosostanzialmente gli stessi previsti inTrentino, ad esclusione della gestionedei servizi all'impiego che anche in que-ste regioni a statuto speciale rimangonodi competenza dello Stato. Simile èanche lo schema di funzionamento:I'Agenzia predispone un Piano, dinorma triennale, nel quale sono detta-gliatamente indicati i progetti e gliinterventi di politica del lavoro che s'in-tendono attuare, il Piano viene appro-vato dal momento politico (Giunta e/oConsiglio) che provvede al suo finanzia-mento.Ne consegue che, per tornare all'inter-rogativo iniziale, tutte queste esperien-ze regionali, dal punto di vista funzio-nale, si orientano verso un modello diAgenzia pesante, ovvero di un'Agenziache non solo progetta ma realizza egestisce direttamente interventi di poli-tica del lavoro . E' importante, ai finidella discussione in corso, sottolineareche questa scelta generalizzata diAgenzia dalle funzioni "pesanti" pre-scinde dalla sua configurazione istitu-zionale, infatti la troviamo in Trentinoed in Friuli Venezia-Giulia, dovel'Agenzia si configura come ente stru-mentale autonomo, ma anche in Valled'Aosta e Sardegna dove si presentacome articolazione interna della strut-tura regionale.

Vecchio e nuovofra Stato e Regioni

Il complesso di tutte queste esperienze,assieme ad altre (si veda la produzionelegislativa di quasi tutte le Regioni astatuto ordinario in materia di promo-zione dell'occupazione), che all'epocal'attuale Ministro del Lavoro Treudefinì come il segnale di uno "sfonda-

mento progressivo della demarcazionedelle competenze regionali rispetto aquelle statali" in materia di lavoro,maturavano all'interno di un quadrocaratterizzato da una generale inerziadel legislatore nazionale. Il risveglio daquest'inerzia (o sonno) riformatoreavviene nel 1987 con il varo della L.56"Norme sull'organizzazione del mercatodel lavoro". Questa legge, pur introdu-cendo alcune novità, elude, tuttavia, inodi di fondo di una concreta riformadell'organizzazione dei servizi all'impie-go, non attua quel decentramento regio-nalista da più parti richiesto, lasciandointatta la struttura centralistica mini-steriale. Con questa legge (articolo 24)vengono istituite in tutte le Regioni leAgenzie Regionali per l'Impiego qualiarticolazioni periferiche del Ministerodel Lavoro (un bello schiaffo per leRegioni), cui vengono affidati compitidi natura tecnico progettuale, fermirestando i compiti e le funzioni dellapreesistente articolazione periferica,ovvero uffici regionali del lavoro, ufficiprovinciali del lavoro, uffici di colloca-mento, che da base comunale passano aquella circoscrizionale.Al di là dell'incoerenza del disegno che,in logica tutta italiana introduce ilnuovo (le Agenzie) senza toccare, se nonmolto parzialmente il vecchio (i diversilivelli di uffici periferici del lavoro), lascelta che viene operata in relazionealle Agenzie è quella di Agenzia debole,ovvero mero momento di supporto tec-nico privo di capacità di intervento.Dal 1987 ad oggi si susseguono numero-si interventi legislativi in materia dimercato del lavoro, che introducono,per usare un termine in voga, progressi-vi elementi di "liberalizzazione" delmercato. Il culmine di quest'azionesistematica di smantellamento e svuota-mento del vecchio sistema è raggiuntocon la legge 196 del 1997, meglio notacome "Pacchetto Treu", quando conl'introduzione del lavoro interinale,viene di fatto a cadere il "baluardo" delmonopolio pubblico dell'intermediazio-ne di manodopera.

Verso al riforma

I tempi sono ormai fin troppo maturiper passare ad una riforma radicaledell'organizzazione dei servizi all'impie-go. Con il Decreto legislativo 469 deldicembre del 1997 vengono cancellatigli uffici di collocamento, chiuse leAgenzie per l'impiego, abolite le diversecommissionipariteticheregionali eprovinciali,il tuttopassa alleRegioni, allequali oltre le funzioni ed i compiti rela-tivi al collocamento, vengono affidatiquelli in materia di politica attiva dellavoro. Le Regioni con propri atti legi-slativi dovranno provvedere a regolarela materia. Nel provvedere al trasferi-mento di queste funzioni e compiti alleRegioni, il legislatore nazionale, tutta-via, non si è limitato a dare indicazionidi carattere programmatico generale,ma, eccesso di scrupolosità o mancanzadi fiducia, ha provveduto puntigliosa-mente dettagliare i contenuti delle leggiregionali, stabilendo la costituzione e

composizione di organismi pariteticiregionali e provinciali, nonché di comi-tati di coordinamento interistituzionaledecidendo che la gestione dei nuovi ser-vizi all'impiego debba essere affidataalle Province, individuando in 100.000abitanti la soglia minima in base allaquale devono essere costituiti i nuovicentri dell'impiego, e così via, conbuona pace dell'autonomia legislativaregionale.Tra le numerose prescrizioni contenutenel decreto in questione si precisa che leleggi regionali dovranno contemplare la

costituzione di una "apposita strutturaregionale dotata di personalità giuridi-ca, con autonomia patrimoniale e con-tabile", di fatto una, si passi il termine,riedizione dell'Agenzia. In relazione aicompiti da affidare a questa struttura ildecreto è alquanto generico, in quantooltre a proporre funzioni di assistenzatecnica e monitoraggio in materia dipolitiche del lavoro, lascia alle Regionifacoltà di attribuire "funzioni ed atti-vità ulteriori". Al di là della definizionedello status giuridico di questa nuovastruttura (che per comodità chiamere-mo Agenzia), ovvero ente strumentaleautonomo, come definito nelle leggiregionali già approvate di Calabria,Piemonte, Lazio, Abruzzo e Toscana, ostruttura regionale dotata di autonomiaorganizzativa, come nella leggedell'Emilia Romagna, il problema èesattamente quello della definizionedelle funzioni e dei compiti di questaAgenzia.

Umbria: quale agenzia

Questo problema rimanda ad un altrointerrogativo di fondo: se e come laRegione intende praticare interventi dipolitica attiva, a partire da quelli indi-rizzati a superare gli squilibri esistentinel mercato del lavoro, a supportare lacrescita dell'occupazione e di nuoveopportunità di lavoro, a rimuovereostacoli che impediscono a particolaricategorie di esercitare il loro diritto allavoro. Si pensa che queste azioni deb-

bano vederecome prota-gonista, intermini diprogettazio-ne ma anchedi realizza-

zione e gestione, il soggetto pubblico o,al contrario, il soggetto pubblico si develimitare ad offrire un quadro di oppor-tunità, comprese naturalmente quellefinanziarie, lasciando al mercato, alladinamica delle libere forze del mercatola soluzione dei problemi? Nella rispo-sta a questo interrogativo (posto inmaniera forzosamente schematica) stala soluzione al quesito Agenzia pesanteo leggera. E' evidente che se si sceglie laseconda strada, un'Agenzia regionaledel lavoro non può che avere connotatidi "leggerezza", a dire il vero, in un con-

testo di quel tipo, se ne potrebbe faretranquillamente a meno.Al contrario, I'esperienza (ma vorrem-mo aggiungere anche una tradizione di"pensare a sinistra"), i positivi risultati,in termini di impatto sul mercato dellavoro, conseguiti dalle Agenzie pesantidel Trentino, della Valle d'Aosta, delFriuli e della Sardegna inducono avalutare positivamente la scelta di unapolitica pubblica forte di intervento sulmercato del lavoro, anche in considera-zione del fatto che determinati inter-venti o li realizza il pubblico o altrimen-

ti non verranno mai attua-ti. D'altro canto, per veni-re a fatti di casa nostra, lastessa esperienza delPiano regionale umbroper il Lavoro e l'Occu-pazione, le difficoltà adispiegarne tutte le poten-zialità, a realizzare impat-ti apprezzabili, non deri-

vano, forse, da una carenza, anche dalpunto di vista della strumentazione, delsoggetto pubblico nel passare dalla fasedi progettazione a quella di realizzazio-ne degli interventi?

Alla luce di queste considerazioni, seuna critica va avanzata all'attuale dise-gno di legge regionale di attuazione delDlg. 469, è che la sua elaborazione edimpostazione, consapevolmente o meno,elude questi interrogativi di fondo,risente di una mancanza di riflessioneprogrammatico strategica di lungorespiro, si caratterizza per una disat-tenzione ai temi che, più generalmente,potremmo definire di governo pubblicodei processi di sviluppo, mentre prevaleuna logica tutta schiacciata sul contin-gente, di risposta immediata ad obblighiburocratici, alla ricerca di un onorevo-le compromesso tra le forze istituzionaliin campo. Non è un caso che lo specificopolitiche del lavoro, che dovrebbe costi-tuire il cuore della proposta legislativa,risulta evanescente, indefinito, affidatoalla programmazione regionale, maanche a quella provinciale, da esercita-re in raccordo con i Comuni, ma anchela stessa Agenzia è chiamata a dire lasua con un proprio piano. Il tutto siconcreta in un susseguirsi di produzio-ne cartacea di piani, mediati dai pareridei diversi comitati paritetici; piani cherinviano l'uno all'altro, con il risultatodi provocare, per usare un termineinformatico, un gigantesco loopN,ovviamente cartaceo. Il problema, aquesto punto, non si pone solo e tantoin relazione alla scelta di una capacitàd'intervento diretto del soggetto pubbli-co in tema di mercato del lavoro, e con-seguentemente il "dilemma" Agenziapesante o leggera, ma più in generaleinveste la sfera stessa della programma-zione, viene, in altre parole, messa indiscussione la praticabilità di un dise-gno programmatorio, di cui si smarri-scono i connotati, se ne disperdono icontenuti.Dopo anni di battaglie condotte dalmovimento regionalistico per affermarela piena potestà delle Regioni ad inter-venire in materia di mercato del lavoroe di politiche del lavoro, la stradaimboccata con questo disegno di leggenon pare certo delle migliori.

Franco Calistri

I nodi delle politicheregionali per il lavoroe l'occupazione.

La legislazione nazionaledi riforma dei serviziper l’impiego:una maglia strettaper l’autonomia regionale

10settembre 1998

interventi

o letto con interesse l'artico-lo comparso sul numero 7 di"Micropolis" (luglio 1998)

dal titolo I tormenti della ricercaregionale. La firma Ma.Mo. nonpermette di individuare l'autore, chepur ha espresso valutazioni sullaproduzione scientifica dell'IRRES. Non spetta a me addentrarmi invalutazioni di taglio politico; in qua-lità di direttore dell'IRRES dallasua fondazione ad oggi non posso farmancare un mio contributo al dibat-tito in corso, rapportandomi preva-lentemente ad aspetti tecnico-scien-tifici: sono spinto a tale decisione daalcune affermazioni svolte sullepagine del periodico che trovo quan-to meno discutibili.

A - Viene affermato che l'Irres è "...un Istituto che si occupa di tutto e dinulla, senza una ragione socialeforte". Sono certo che all'estensoredell'articolo non sia sfuggita la pre-messa del nostro ultimo "Repertoriodelle Ricerche" che riporta ed illu-stra in sintesi tutta la produzionescientifica dell'Istituto nel periodo1986-1997; in esso si fa presente che"si sono venuti a definire alcuni filo-ni peculiari che costituiscono lanostra identità: esclusione sociale,gestione ambientale, mondo dellavoro, valutazione". La conoscenza acquisita ci ha per-messo di dare un contributo alladefinizione di diversi piani regiona-li, dal Piano Urbanistico Territo-riale alla Formazione Professionale,al Piano Sociale Regionale; nè vadimenticato il nostro qualificanteapporto al Piano Territoriale diCoordinamento Provinciale di Ternie all'Osservatorio Regionale sullePovertà. A questo punto sorge la domanda: sescopo della ricerca è in generalequello di SPIEGARE i fenomeni inatto o in fieri, PREVEDERE la loroevoluzione ed i riflessi, fornire cono-scenze atte a MODIFICARE l'esi-stente attraverso interventi operati-vi, avrà la nostra produzione scien-tifica contribuito a provocare rifles-sioni ed avviare cambiamenti attra-verso gli atti programmatori (toh!,la programmazione!) e verificarne irisultati?Sotto questo aspetto è da condivide-re lo spirito critico dell'autore del-l'articolo, ma va sottolineato cheoccorre tenere distinta la fase dellaricerca da quelle della programma-zione e della progettazione cheattengono ad altre sfere. Dettodiversamente: l'Istituto potrebbeaver approntato contributi più auto-revoli per spiegare, prevedere emodificare; ma il cavallo beve?Fuori dai denti: c'è abbastanzavoglia e capacità di cambiamentoattraverso la forma della program-mazione (dei fattori, o per indirizzo,o per progetti, o quant'altro anco-ra)? Ad esempio: la Relazione sullostato dell 'ambiente in Umbria,accolta con ampi consensi all'attodella presentazione comporteràriflessioni e ripensamenti in ordinead una modificata gestione del terri-torio? D'altra parte non mi risulta che per-fino sulle pagine di questo mensile,di solito molto attento a questiaspetti, siano comparsi con decisio-ne articoli forti e cogenti, stimoli espinte volti a valorizzare quellaparte della nostra produzione ingrado di avviare riflessioni e cam-

biamenti. Basti pensare all'indiffe-renza registrata in occasione dellapresentazione della ricerca sullearee industriali dei Comunidell'Umbria.In questo contesto, l'esempio piùilluminante è rappresentato dallaricerca sul sistema Tevere-Montedoglio e dallo studio sullagestione della risorsa idrica: con laprima veniva messo a punto unmodello matematico quantitativo diflusso del sistema Tevere a valle del-l'invaso di Montedoglio, con l'altrostudio veniva descritta la gestionedelle risorse idriche, dalla captazio-ne alla depurazione passando per lapenosa situazione della rete didistribuzione.Allora, è colpa della ricerca se ogniestate si assiste ad una cultura diemergenza nella gestione delle(cospicue) risorse idriche regionali?A questo punto c'è da augurarsi chealmeno i risultati degli studi siano diaiuto per impostare adeguatamentel'imminente gestione delle risorseidriche del Chiascio, perché il pro-blema è ancora oggi sotto gli occhi ditutti, e in termini sempre più scot-tanti sia sotto l'aspetto ambientaleche di quello produttivo e sociale. FORSE CHE APPROFONDIREquesti temi è l'equivalente di "occu-parsi di tutto e di nulla"?B - Riguardo ai ricercatori a con-tratto, nell'articolo definiti "giovanidi più o meno belle speranze" (sic!)va precisato che essi vengono rigoro-samente selezionalti da una commis-sione di esperti e operativamenteverificati in gruppi di lavoro e colla-borano con risutati positivi con inostri esperti e ricercatori. Va infineevidenziato che, a tale scopo l'Irressvolge ricorrentemente attività diformazione o con iniziative in pro-

prio o attraverso scambi culturalicon altri centri di ricerca (ancheeuropei) o infine con stages pressouffici operativi degli enti locali.C - Gratuita è inoltre l'affermazione"... così non si fanno buone ricer-che"; ciò fa presupporre che l'autoresia in possesso di validi elementi perdimostrare che il valore delle ricer-che dell'Irres sotto gli aspetti meto-dologico e interpretativo sia più omeno inconsistente. Se così fosse, non si capisce comemai Enti pubblici e privati, fuoridall'ambito territoriale si avvalgonosempre più dell'Irres per l'appronta-mento di studi, indagini e ricercheper la conoscenza dei fenomeni e perl'impostazione di iniziative operative(ad esempio la Regione Toscana, laProvincia di Arezzo, le ComunitàMontane del Cilento, la FondazioneAgnelli, la Tecnovia di Bolzano,ecc.). Né si capirebbe come mai cen-tri di ricerca ed Università conti-nuano a "dialogare" con i nostriricercatori (Università di Girona,Università di Rennes, I.Fo. diMonaco di Baviera, Isoplan diSaarbruecken, il C.A.P. diManchester, il Tavistock Institute diLondra, Centro Ferrari di Modena,l'Università di Torino, ecc.).Ma, a parte ciò, ho l'impressione cheanche in questo articolo si ripresentiun equivoco che continuamenteritorna: l'Irres non è l'Istituto pre-posto alla programmazione econo-mica della Regione.La legge istitutiva dell'Irres (L.R.35/1984), all'articolo 2 assegna infat-ti all'Istituto una serie di compiti chedi seguito sintetizzo: a) svolgerestudi, ricerche e indagini per fornireelementi di conoscenza utili per laprogrammazione regionale; b) offri-re la propria consulenza agli organi

regionali su iniziative riguar-danti la ricerca; c) svolgerestudi e ricerche negli interessidegli Enti locali, delle asso-ciazioni sindacali e di altrisoggetti; d) attivare infine ildibattito culturale sulla ricer-ca economico-sociale.Certamente è un merito dellegislatore regionale che giànel lontano 1984 aveva com-preso che per supportare ilgoverno di una società sem-pre più complessa, la ricercanon può riguardare esclusi-vamente il mondo economico.Ne consegue che la nostraattività di ricerca spazi al dilà di specialismi settoriali conil vantaggio di una ricchezzadi conoscenze e dell'amplia-

mento di orizzonti.

Forse è anche per questi motivi chela nostra biblioteca è sempre piùfrequentata da studenti, laureandi,ricercatori, amministratori pubblicie privati (per il 1997 sono state regi-strate oltre 400 presenze) e la nostrastruttura è sempre disponibile per laconsultazione ed utilizzazione dellanostra produzione scientifica e delpatrimonio di dati costruito nelcorso degli anni.L'Irres ha sviluppato un progetto diconsultazione del proprio materialescientifico attraverso Internet. Ciòpermetterà, quindi, di espandereulteriormente l'utenza del patrimo-nio dell'Irres, del suo Repertoriodelle ricerche, della sua Banca Dati,della sua biblioteca e della sua rivi-sta. È auspicabile al più presto, inquesto contesto, il raccordo fra lastruttura informativa-informaticadell 'Irres ed il SIR (SistemaInformativo Regionale).

Infine, una mia personale conside-razione. I problemi di fondo che lasocietà europea (e internazionale)sempre più complessa si trova adaffrontare, sono essenzialmente due:la redistribuzione della ricchezza - acui si riferiscono i fenomeni dell'e-marginazione, dell'immigrazione,delle diverse forme di nuove e vec-chie povertà - e il degrado dellerisorse naturali con riflessi sulleanomalie climatiche, sulla risorsaidrica e su aspetti che sono sotto gliocchi di tutti.Su questi nodi fondamentali lanostra produzione, le nostre pubbli-cazioni, le iniziative di divulgazione(seminari e convegni) non hannonulla da invidiare ad altri centri diricerca.Dobbiamo, però convenire che nonsempre le conoscenze e gli approfon-dimento hanno trovato la dovutavalorizzazione negli atti programma-tori degli enti locali, e non semprehanno contribuito e inciso nei pro-cessi di cambiamento.Come pure si conviene sul fatto chela ricerca in Umbria non costituisceun sistema, come del resto ampia-mente descritto nella nostra pubbli-cazione Primo rapporto sulla ricer-ca scientifica in Umbria.

Ma criticare la produzione scientifi-ca dell'Istituto per lamentare lacaduta della programmazione comestrumento di governo e di controllo,è del tutto scorretto.

Nicola Chiarappa

H In qualitàdi direttore

Nicola Chiarappa, direttore dell'Irres è nostro assiduo lettore; ha anchecollaborato a “micropolis” e conosce pertanto i suoi limiti di spazio e diperiodicità ridotta. Abbiamo poche cose da dire sul suo intervento:

1. Non può essergli sfuggito che “micropolis” nei suoi - con questo -ventinove numeri ha ospitato - a parte le recensioni - sei fra interventi,articoli e interviste riguardanti l'attività dell'Irres.

2. Nel numero scorso avevamo ritenuto doveroso sottolineare polemica-mente il disagio - questo ci sembrava - emergente da autorevoli inter-venti sul ruolo (o sulla mancanza di ruolo) dell'Istituto, primo fra tuttiquello della Presidente dell'Irres. Disagio per la mancanza di rispostaistituzionale, difficoltà di ruolo, di organico stabile, ecc. Per partenostra avevamo insistito polemicamente con forza su questi aspetti nonsolo con considerazioni sul bilancio dell'Irres ma basandosi sulla ormaipluriennale eco della sequenza di lamentele che a più d'uno è capitatospesso di ascoltare. L'intervento di Chiarappa ridimensiona le nostreopinioni: le cose vanno bene all'Irres, è fuori di esso che va male!Evidentemente ci eravamo sbagliati, qualcuno ci aveva indotto in erro-re! Prendiamo atto e ci scusiamo.

rogetto costruzione edesercizio raccordo a380 kv, in doppia

terna, collegamento StazioneElettrica Villa Valle, in Terni,all’esistente elettrodotto a 380kv “Montalto di Castro-Villanova””, tratto Montalto diCastro-Leonessa (approvatocon decreto Ministero dei lavo-ri pubblici). I lavori per laposa in opera dei grandi tralic-ci di sostegno, alti fino a 70metri con una base di sostegnodi 400mq, sono in fase di svol-gimento;Progetto costruzione ed eserci-zio varianti ingresso sulla sta-zione elettrica di Villa Valle didue esistenti elettrodotti a 220kv di collegamento agli stabili-menti della società Terni, perla costruzione del raccordo a380 kv (approvato con decretoMinistero dei lavori pubblici).I lavori sono in fase di realizza-zione;Progetto ampliamento dellaStazione Elettrica Villa Valle,per l’inserimento di una sezio-ne a 380 kv, che interessa unasuperficie di circa 12.000 mq(approvato con decretoMinistero dei lavori pubblici).I lavori per l’installazione deigrandi trasformatori sono infase di ultimazione;Ricostruzione ed esercizio elet-trodotto 150 kv StazioneElettrica Villa Valle-Spoleto.Progetto autorizzato dallaRegione. Lavori ultimati;Progetto realizzazione elettro-dotto Pianello-Nocera Umbra -derivazione Pianello lineaPonte San Giovanni-BastiaUmbra (la Regione ha concessol’autorizzazione);Studio di fattibilità elettrodott-to a 380 kv, collegamento cen-trale di Pietrafitta-Stazioneelettrica di Villa Valle, Terni(la richiesta di finanziamentodello studio di fattibilità pre-sentata dall’Enel è stata accol-ta dall’Unione Europea).Da un anno e mezzo ormai,dapprima in forma di singoleazioni di protesta, via viaallargatesi in questi ultimi mesifino ad assumere le dimensionidi una mobilitazione di massache percorre in lungo e in largotutta l’Umbria, la battaglia chegruppi di cittadini, organizzatiin comitati locali, e associazio-ni ambientaliste conducono neiconfronti dell’Enel contro larealizzazione di linee elettrichead alta tensione che attraversa-no il territorio regionale, èdiventata incandescente egeneralizzata.Si contestano le sceltedell’Enel, non solo per ragionidi interesse privatistico, masoprattutto perché preoccupatida un lato dell’impattoambientale e paesaggistico,dall’altro dei rischi e degli

effetti che i campi elettroma-gnetici generati dalle linee elet-triche possono provocare sullasalute delle persone. Le istitu-zioni sono sollecitate ad inter-venire e a prendere posizioneper tutelare gli interessi gene-rali, l’ambiente, la salute e lasicurezza. All’Enel vengonoavanzate richieste di modifica-zione dei tracciati proposti,evitando aree naturali di parti-colare pregio e ad alta densitàdi popolazioone, e soluzioni direalizzazione alternative allelinee aeree, come quella del-l’interramento, anticipando intal modo gli orientamenti dellalegislazione nazionale in mate-ria di riduzione dell’inquina-mento acustico ed elettroma-gnetico attualmente in discus-sione in parlamento.la lotte - che ormai vannoavanti da mesi con assembleepermanenti, resistenza passi-va, blocco dei lavori, ricorsi alCapo dello Stato e al Tar -hanno indotto le forze politichee le istituzioni locali - consiglidi circoscrizione, consiglicomunali, sindaci, consigli pro-vinciali - a prendere posizione,fino ad approdare in ConsiglioRegionale che in ben due occa-sioni si è pronunciato in manie-ra molto chiara e forte sulla

questione degli elettrodotti.Con un primo ordine del gior-no, votato a stragrande mag-gioranza il 7 luglio, la massimaassemblea elettiva dell’Umbriaha impegnato la Giunta regio-nale a valutare i rischi che l’e-sposizione alle radiazioni elet-tromagnetiche determinanosulle popolazioni, a sospenderei procedimenti per l’autorizza-zione alla realizzazione dell’e-lettrodotto da 150 kv Pianello-Nocera, a sottoporre lo stessoprogetto alla valutazione diimpatto ambientale.Con un secondo ordine delgiorno, votato all’unanimità il14 settembre, il Consiglioregionale ha impegnato laGiunta regionale a chiedereall’Enel l’immediata sospensio-ne dei lavori dell’elettrodottoda 380 kv Villa Valle - Montalto- Villanova, e l’avvio immedia-to di un confronto che veda lapartecipazione anche delMinistero dell’ambiente perdefinire il complesso delle que-stioni riguardanti gli elettro-dotti interessanti il territorioregionale.Assenti, silenziose, forse preoc-cupate dal clamore delle prote-ste e delle prese di posizione,dalle eco sugli organi di infor-mazione, sono finora le forze

sociali, le associazioni impren-ditoriali ed i sindacati, chetemono da un lato il blocco o laperdita di investimentidell’Enel, dall’altro gli effetti ele conseguenze politiche dimovimenti che hanno finito conil portare alla luce le debolezzee le contraddizioni di unasituazione ormai ingovernabileper quanto attiene le questionienergetiche, ambientali, terri-toriali, e le scelte in materia didotazioni infrastrutturali,prive ormai di un quadro diriferimento programmaticocerto e verificabile.Quando in gioco ci sono sceltepolitiche ed economiche rile-vanti che investono lo svilupposostenibile, l’uso dell’ambientee del territorio, i diritti dei cit-tadini, a partire da quello pri-mario alla salute, la “concerta-zione” fra istituzioni, impren-ditori e sindacati, sganciata daun quadro di programmazioneforte di cui le istituzioni devo-no essere protagoniste e garan-ti, in quanto le sole rappresen-tative degli interessi generali,dimostra limiti fin troppo evi-denti, inadeguatezze ed insuffi-cienze su cui sarebbe necessa-rio aprire una riflessione criti-ca di merito. In questo casonon si afferma la filosofia e la

logica del patto sociale per losviluppo, che non può eluderequestioni come l’ambiente, lasalute, i diritti, ed escluderesoggetti sociali diffusi, ma laprassi di una gestione dellerelazioni sociali dentro accordisempre più ristretti e neocor-porativi.Del resto che vi sia un preoccu-pante deficit di progettazione eprogrammazione autonomodelle istituzioni regionali esubregionali, frutto di un inde-bolimento generale e a volte diuna subalternità del ruolodella politica, è fin troppo evi-dente. Così come risulta ormaievidente che senza la program-mazione si riducono gli spazi ele possibilità di un confronto,di una partecipazione reale deicittadini e delle comunità localialla formazione delle scelte edelle decisioni, in altre parolesi indebolisce e si restringe l’e-sercizio della democrazia.È tempo dunque, per la mag-gioranza di governo di centrosinistra e per la Giunta regio-nale, di dare attuazione agliimpegni politici e programma-tici assunti nel ‘95 con gli elet-tori, riproposti nell’estenuanteverifica del luglio ‘97, e ancoradi recente nei mesi scorsi, perquanto concerne: l’adozione el’approvazione del nuovoPiano urbanistico territoriale-PUT scaduto nel’93; la messa apunto e l’adozione di un Pianoenergetico regionale, peraffrontare in una visione inte-grata e interregionale sia lequestioni dei fabbisogni ener-getici della nostra regione per iprossimi anni, sia le questionidel risparmio energetico, siaquelle del governo e della rego-lamentazione del complessosistema dei rapporti fra idiversi soggetti pubblici e pri-vati operanti nella regione,primo fra tutti l’Enel, maanche grandi produttori priva-ti come la Edison e la Sondel,attive nel ternano, e piccoliproduttori e distributori pub-blici locali, come le AziendeServizi Municipalizzati;la revisione del Piano regionaledi Smaltimento dei Rifiuti, perrimuovere le assurde irraziona-lità, inadeguatezze, sprechi edisparità nei servizi e nel regi-me delle tariffe che finisconocon il penalizzare i cittadini (ilcaso di Terni, con il raddoppiodelle tariffe, che costringe pernegligenza e responsabilità pri-marie della Giunta Ciaurro lacollettività ad un maggioreesborso di ben 10 miliardiall’anno è emblematico);l’adozione del Piano Ambien-tale regionale;Il nuovo Piano regionale diSviluppo, strumento indispen-sabile per posizionare la nostraregione oltre il 2000;Superata l’emergenza terremo-to, avviata, seppure con qualchedifficoltà, la macchina della rico-struzione, è necessario riprende-re il ragionamento e la riflessionesulle prospettive e la qualitàdello sviluppo delle nostre città edella nostra regione.

Alberto Pileri

ambiente

11settembre 1998

La guerra umbradegli elettrodotti

Enel sotto accusaistituzioni spiazzateforze sociali latitanti

P

12settembre 1998

ambiente

Ponte Valleceppi, i primi espo-sti per i disagi arrecati allapopolazione dalla presenza di

industrie maleodoranti, rumorose e,certamente, inquinanti, nonché perico-lose, risalgono all'ormai lontano 1983.Allora non esisteva una normativa cheregolasse tali situazioni. Come spessoaccade, molto significativamente, intema di questioni ambientali, la presa dicoscienza proviene da una vera e pro-pria spinta dal basso, suscitata dallafocalizzazione di problemi che divengo-no quotidiani. Ma altrettanto indicati-vamente essi attraversano una faselunga in cui vengono misconosciuti daparte delle autorità, almeno fino aquando, come si dice, “non ci scappa ilmorto”.Anche a Ponte Valleceppi le anomalie diuna situazione insostenibile, si sonofatte strada prima, attraverso la diffu-sione della percezione dei problemi cheessa provocava alle persone, poi, dopoil duro impatto con una totale mancan-za di coscienza a tutti i livelli, sono dive-nute oggetto di una legiferazione sanato-ria che, non di rado, si accontenta didare una botta al cerchio e uno allaruota, ma quasi mai trova la forza diaffrontare i problemi alla radice e inmodo complesso. Il primo portavoce ufficiale delle prote-ste è stata la VII Circoscrizione, forte-mente radicata sul territorio e forte-mente provata, anch'essa, dalla insoste-nibile convivenza. In seguito, nel 1996,si è costituito il comitato "I molini diFortebraccio", che raccoglie voci pro-venienti da gente comune, anche dal DSe da Legambiente. Ma veniamo al capodi accusa. In un'area di appena 10 km2 si trovanoquattro industrie ad alto impattoambientale. La Distilleria Di Lorenzo -dal nome della famiglia dei fondatori -sorge nel 1938 circa. E' una tra le piùgrandi e rinomate distillerie d'Italia efigura al secondo posto nazionale per laproduzione di grappa da vitigni locali;attualmente occupa una ventina didipendenti in modo stagionale, da otto-bre alla fine di maggio - salvo deroghe -,tranne la parte impiegatizia, che è lapiù consistente. A poca distanza si trova

la Liquigas, appartenente ad una multi-nazionale di Milano. Le altre due indu-strie sono la Tecnoasfalti e la Spinelli-Mannocchi (ex Tigellino) che produconoconglomerati bituminosi. Tutte questeimprese sorgono lungo le sponde delTevere in un'area compresa entro ilparco fluviale, che risulta sottoposta adun progetto interregionale tra Umbria eLazio per la costituzione del parco delTevere.In particolare, la distilleria e laLiquigas sono addossate l'una all'altra eciò costituisce motivo di profondapreoccupazione - per l'alta esplosivitàdell'una e l'alta infiammabilità dell'altra-, soprattutto in relazione alla sequela,piuttosto fitta, degli incendi che l'annoscorso hanno riguardato la distilleria(gli ultimi risalgono al 12 febbraio '97 eal 2 aprile '98).A fronte di un rischio certo quale quellodovuto alla natura di tali imprese pro-duttive, non deve essere sottovalutato,comunque, il disagio che in variomodo esse provocano, determinandoun abbassamento forte della qualitàdella vita, causato dalle esalazioninauseabonde che durante il periododi attività della distilleria soverchia-no Ponte Valleceppi. Oggi le leggi, più o meno buone, cisono. L'attenzione alle questioniambientali si è ampiamente diffusa.Ma, come sembra, la società indu-strializzata continua a reclamare anco-ra notevoli sacrifici di vario genere sul-l'altare del progresso, se è vero che leleggi in materia ambientale, continuanoa trascurare gli aspetti legati alla qua-lità della vita che pure, sono così stret-tamente connessi alla tutela della salutee del benessere dei cittadini.Sulla base del D. M. 5 settembre 1994(Elenco delle industrie insalubri relati-vo all'art. 216 del testo unico delle leggisanitarie - R. D. 27 luglio 1934, n.1265), tutte le industrie menzionatesono classificate industrie insalubri diprima classe; ciò significa, in base allalegge del '34, che debbono essere isolatenelle campagne, lontano dalle abitazio-ni. Nonostante i vari altri decreti, suc-cedutisi nel tempo, come ad esempio ilD.P.R. 175/88 che ha classificato tali

industrie non solamente come insalubri,ma anche ad alto rischio di incidente, lalegge fondamentale di riferimento è lan.1265 del '34, la quale stabilisce, tral'altro, che la presenza di industrie insa-lubri all'interno di un abitato è possibilequalora l'industriale dimostri di averintrodotto misure tali che rendono l'e-sercizio innocuo nei confronti dellasalute del vicinato. In questo modo, traun aggiustamento e l'altro, in mezzo acontrolli incrociati che spesso si sonoannullati a vicenda, la Distilleria ha piùvolte ottenuto l'autorizzazione adampliamenti e a costruzioni di nuoviimpianti considerati ad alto rischio.Così pure l'installazione, a pochi metridi distanza, della Liquigas è risultatapossibile. E' semplicemente una questio-ne di giochi di potere, di equilibri politi-ci, o è possibile individuare ragioni eresponsabilità specifiche, che impedi-scono una soluzione accettabile per unasituazione che ormai ha potuto raggiun-

gere i limiti dell'indecenza?Certo, una di queste può essere indivi-duata nella mancanza di coordinamentotra le diverse competenze e i vari enti(Usl, Regione, Comune e cosè via). Oancora nei ritardi con cui vengonoapplicati i provvedimenti. A febbraio,ad esempio, è stato raggiunto un proto-collo d'intesa tra il comitato "I Molini diFortebraccio" e la VII Circoscrizione -da un lato -, la Regione dell'Umbria, laProvincia e il Comune di Perugia e l'Usln. 2 - dall'altro -, in cui sono stati fissatii punti da seguire per una procedura disoluzione che prevede, tra l'altro, lapossibilità - e l'opportunità - di deloca-lizzare gli impianti, la sospensione delleattività in caso di inosservanza dinorme o prescrizioni, controlli più ser-rati e diffusione delle informazioni sul

caso, in modo da favorire la partecipa-zione della cittadinanza nelle scelte digestione e uso del territorio. Da una let-tera inviata dal Comune di Perugia alleDistillerie Di Lorenzo, datata 4 agosto'98, risultano, invece, completamentedisattesi gli interventi di risanamento eregolarizzazione da parte dell'aziendache dovrà riprendere i lavori con laprossima campagna delle vinacce.Forse più ancora di una assenza di nor-mative adeguate, risulta maggiormentedeleterio l'attendismo che caratterizzatutta questa lunga vicenda. Cosa acca-drà quando le attività della Distilleriariprenderanno - ci si continua a chiede-re. I provvedimenti saranno sufficienti,i controlli saranno davvero adeguati edefficaci? E intanto si continua in questoclima di conflitto e di tensione, quandouna adeguata delocalizzazione dell'atti-vità potrebbe arrecare una probabilesoddisfacente soluzione. Di delocalizzazione si è cominciato a

parlare fin dal 1993. Durante l'as-semblea cittadina dello scorso mag-gio tale soluzione si è prospettatapraticabile per la Tecnoasfalti, laLiquigas e la Spinelli-Mannocchi.Per quanto riguarda la Di Lorenzosi oppone l'alto costo dell'operazione- anche se esiste la possibilità diaccedere a finanziamenti nazionali ecomunitari - e il bisogno di acquache entra nel processo produttivo,

per cui la vicinanza del fiume è determi-nante. Entro la fine di questo mese la VII cir-coscrizione vaglierà il nuovo piano rego-latore. Molte altre circoscrizioni lohanno già fatto. Ci si attende che con-tenga l'individuazione di un adeguatosito per le aree a rischio. Certo però,che se il trasferimento dovesse avvenirein aree già gravate da problemi ambien-tali, come sembra prospettarsi, non sipotrebbe certo parlare di delocalizza-zione, né tantomento di prospettiverisolutorie, ma solo di spostamento delproblema e il braccio di ferro conti-nuerà altrove, giacché non è possibileprospettare l'esistenza di aree votate adivenire ghetti del degrado ambientale.

Monica Giansanti

Aria distillataA

La distilleria di PonteValleceppi e le altreindustrie inquinantidevono essere spostate.Ma dove?

ambiente

13settembre 1998

a recente emanazionedel decreto Ronchi diistituzione della riser-

va naturale di Portofino e lavivace reazione da parte degliorgani locali ist ituzionali,degli operatori turistici, deiresidenti e di alcuni perso-naggi pubblici, dimostranol'attualità della difficoltà dinon riuscire ancora a trovareun'armoniosa coniugazionedel rapporto uomo-ambiente.Nonostante la sensibilizzazio-ne dell'individuo nei confron-ti del patrimonio naturaleabbia portato la collettivitàlocale ad un rin-novato atteggia-mento nei modi dipensare e neic o m p o r t a m e n t iquotidiani resi-stono tenacemen-te alcune frangedi interessi orga-nizzati che vedo-no nel la salva-guardia ambien-tale uno tra i piùtemibili limiti allosviluppo.A fronte di posi-zioni contrariealla attuazione dipolitiche che nonprescindono dalconflitto che puòcreare lo sviluppoincontrol lato enon consapevoleall'ambiente natu-rale e a quel los o c i o - c u l t u r a l edel le nostrecomunità, s i vadiffondendo unanuova coscienzaa m b i e n t a l i s t anel la r icerca dinuove forme disoggettività e dicultura.La sensibilizzazione dell'individuonei confronti dell'ambiente e la per-cezione dei problemi ad esso connes-s i , inf luenzano e modif icano lemodalità di consumo turistico, defi-nendo nuovi comportamenti e nuoverichieste da parte della domandaturistica e determinando un conse-quenziale, anche se meno immediato,rinnovamento dell'offerta.Le nuove modalità di consumo turi-stico sono investite da una comples-sità che tende ad esaltare le sceltepersonali dell'individuo: emerge unamaggiore consapevolezza nel turistache gli permette di svolgere le vacan-ze in modo diverso, di avere un con-tatto profondo con la realtà circo-stante, dando così vita a forme diturismo alternative ai tradizionalipercorsi del turismo di massa.Una rinnovata attenzione alla qua-lità ambientale del luogo di vacanzacaratterizza la scelta della domandaturistica, permettendo lo sviluppo dinuovi turismi accomunati dalla esi-genza di un contatto diretto conl'ambiente naturale che incida ilmeno possibile sul paesaggio e chenon metta in pericolo l'identità cul-turale della regione visitata, turisminon distruttivi che si fondano sullariproducibilità e non sulla trasfor-mazione delle risorse naturali.Vengono così a diffondersi modalitàalternative ai modi istituzionalizzatidi fare vacanza che, pur avendo trat-

ti comuni, restano sostanzialmentedifferenti quanto a soddisfacimentodei desideri, dei bisogni e delle esi-genze individuali. I1 turismo verdenon è infatti altro che una sintesi dimolteplici tipologie di consumo turi-stico che vanno dall'agriturismo, alturismo escursionistico, al turismoalpino, etc..Se nel turista sta nascendo unanuova cultura del viaggio che vieneeffettuato nel rispetto dell'ambientee del paesaggio, stenta ancora l'ac-quisizione da parte degli attori isti-tuzionali della consapevolezza che ilpatrimonio naturale non sfruttatoma opportunatamente promossoquale valore universale di cui tuttidevono godere, costituisce un van-taggio competitivo, un plus qualifi-cante per quei luoghi che la sannovalorizzare senza "consumarlo".I programmi territoriali dovrebberoquindi prevedere l'implementazionedi politiche tese ad uno sviluppoturist ico che garantisca profittosenza anteporlo alla qualità dell'am-biente. E' necessario quindi che siala componente istituzionale che ilmondo imprenditoriale non prescin-dano dalle richieste di una domandaturist ica sempre più esigente edorientata al rispetto dell'ambiente.Sostenere politiche di marketingfinalizzate alla creazione, promozio-ne e commercializzazione del prodot-to turistico naturalistico permette

quindi di rispondere efficacementesia al cambiamento motivazionale inatto che alla crescente qualificazioneche ultimamente sta caratterizzandoil consumo turistico. Sebbene diversipiani regionali di promozione turisti-ca individuino il turismo naturalisti-co quale prodotto qualificante lapropria offerta, manca una rispon-denza tra ciò che viene pianificato insede istituzionale e quanto vienerealmente implementato nel territo-rio rischiando che le nuove tendenzediventino solodegli slogan enon opportu-nità per ladel ineazionedi una politicaturist ica differente. Inuovi approc-ci al turismo,a c c o m u n a t idal la piùampia logicadello sviluppo sostenibile che tentadi conciliare interessi legati alla qua-lità della vita dell'uomo, alla tutelaambientale ed alla crescita economi-ca, dovrebbero quindi indirizzare lepolitiche di promozione turisticaverso nuovi modelli di valorizzazionedelle località che non creino tensionial loro interno, come spesso hadeterminato il turismo di massa che,attraverso la ripetizione di compor-

tamenti scorretti, ha provoca-to una trasformazione nonsolo dell'identità territorialema anche di quella sociale.Attivare possibilità di crescitasostenibile permette alle col-lettività locali di attuare mec-canismi endogeni che evitanol'esternalizzazione di tuttauna serie di azioni necessarieper attività di promozione delterritorio, permettendo,attraverso una partecipazioneattiva dei cittadini, il perma-nere in loco dei benefici eco-nomici ed il rafforzamentodelle tradizioni e delle iden-

tità locali.L' ist i tuzione diparchi natural i ,aree naturali pro-tette, riserve mari-ne, costituisconoconcreta possibi-lità per sosteneremodalità di frui-zione turist icasostenibile attra-verso un'opera diconoscenza erispetto del l 'am-biente che è risor-sa essenziale perlo sviluppo stessodel turismo.Anche se la recen-te attualità sembraconfermare il con-trario, l'opposizio-ne all'istituzione diparchi si è certa-mente affievolita afronte di una con-sapevolezza chestrategie di svilup-po che controllanoil movimento turi-st ico possonodeterminare posi-tive condizioni div a l o r i z z a z i o n edelle risorse e por-tare profitti eco-

nomici, diventando opportunità dicrescita occupazionale richiedendosiad esempio professionalità semprepiù specializzate per rispondere arichieste e bisogni sempre più diffe-renziatiLa diffusa sensibilizzazione sullanecessità di un equilibrato rapportotra turismo ed ambiente e l'incre-mento di forme di turismo naturali-stico, sono presupposti per inserireelementi di innovazione nell'offertaturistica nazionale e locale, assecon-

dando il desi-derio di espe-rienze turisti-che nona g g r e s s i v e ,perseguendocosì politichedi qual i tàdel la vitautili non soloai turisti maanche ai cit-tadini resi-

denti. Le nuove forme di turismopossono così diventare una realealternativa al turismo di massa i cuiparadigmi certamente non scompari-ranno ma potrebbero essere correttigarantendo i l diritto di godere,anche in futuro, del patrimonionaturale e paesaggistico.

Paola De Salvo

La crescita della sensibilità ambientalee il turismo verde si scontrano con le carenti politiche di tutela del territorio

L

Giovanni Castellani, Valle del lago di Pilato

Turismosostenibile:che fare?

i diffonde di nuovo aPerugia l'aroma di tea-tro. Come all'ora di

cena nelle cucine italiane esala-no odori dalle pentole, all'arri-vo della stagione culturale,effluvi di spettacoli si disperdo-no secondo un rituale che dianno in anno varia impercetti-bilmente. Ma, per restare nellametafora, variano i menu. Cosìcome scoprendo una pentolaprevale il profumo del basilicosul dragoncello, altrettanto ilcartellone teatrale, realizzatosulla base della schiavitù aduna certa liturgia, in ragionedelle presenze complessiva-mente intese, puÚ esserecomunque più o meno appeti-tosa. Perchè è (anche) il condi-mento che fa la pietanza.Intendo dire che Shakespearead esempio - che non puÚ man-care in nessun programma tea-trale di provincia - corrispondea un succulento filetto, ma lamanipolazione e l'integrazionecon spezie e verdure, possonorisultare decisivi. Conta altre-sì, io credo, la lista delle pie-tanze e le loro reciprocità, pernon dire dei vini.Insieme a precotti di sicurorisultato, anche se sottopostiad un processo di omologazio-ne del gusto, sono presenti pro-dotti a lunga conservazione ericette antiche rivisitate allaluce della nouvelle cuisine maci sono piatti di recente crea-zione, che godono dei meritidell'attualità. "E' la somma chefa il totale" diceva il grandemaestro di spettacoli ancheteatrali. E il totale, rappresen-tato dal cartellone "Un grande

viaggio in tredici atti", enfasida sudditanza al fascino deltitolo, non mi pare in rosso,ovvero il ristorante Morlacchinon deluderà i suoi avventori.E' una previsione audace, masuggerita dalle seguenti consi-derazione, suscettibili di verifi-ca: presenza di una qualitàprofessionale collaudata egarantita: Strehler-Soleri-Goldoni, la riproposizione del-l'astuto Branciaroli, il debuttodella charmante Anna Galiena,pur con l'inspiegabile - per me- presenza di LucaBarbareschi.L'elemento che contraddistin-gue il cartellone e che, mi pareavrebbe dovuto essere sfrutta-to per evidenziare le caratteri-stiche della scelta, che a questopunto mi pare involontaria,consiste nel fatto che gli autori,presenti e passati, sono quasitutti capocomici o attori, oalmeno registi. Mi sembra unacifra importante, anche didat-ticamente e mi riferisco ad unadidattica non necessariamentescolastica, bensì ad un'altrapiù vasta, giocoforza implicitain una complessa offerta tea-trale cittadina. DaShakespeare a Molière aPaolini a De Simone,Bergonzoni compreso, la gran-de maggioranza corrisponde aquesti requisiti e ciÚ rendeparticolarmente interessante edefinita la proposta. Così comemi sembra, seppure con qual-che eccezione che non lo rendeuniforme sotto questo aspetto,che si tratti di una vera e pro-pria rassegna di teatro borghe-se, sotto varie specie, di altissi-

mo livello, atipico in certi casi:il Milione, Giulio Cesare - chesecondo la lettura che ne faBrecht si connota come unantesignano dei valori borghesi- convenzionale in altri:Goldoni, Feydeau, ma comun-que il profilo prevalente misembra proprio quello dellarappresentazione a campionedel percorso borghese nellastoria attraverso il teatro.Quando dico borghese mi rife-risco al testo letterario, nonalla messa in scena che dovràessere verificata, immaginandogià interpretazioni ardite.Assistendo agli spettacoli forseriusciremo a trovare qualchealtro elemento di collegamentoche risiederà più specificata-mente nell'impianto, nel porge-re, nel dialogare col pubblicodi provincia, a cui forse per laprima volta, non sono stati datiin pasto predigeriti televisivi.A proposito di Brecht, ricorreil primo centenario della nasci-ta del vecchio Bertolt, manonostante la più volte dimo-strata sensibilità alle ricorren-ze, non si è ritenuto di dareospitalità ad un pezzo di tea-tro, seppure senza fini celebra-tivi. siccome l'intento deiresponsabili del programmanon pare che si ispiri ad unarigorosa adesione al teatro bor-ghese, vista la presenza ditestimoni di altro tipo di tea-tro, il non aver voluto coglierel'occasione del centenarioappare francamente una lettu-ra difficile.

Enrico Sciamanna

14settembre 1998

cultura

er una settimana, dal 7 al 13 settembre, l’antica e splen-dida Loggia dei Lanari si è trasformata in un laboratoriodel possibile; sotto le sue calibrate volte l’ARCI ha volu-

to inaugurare, in collaborazione con Mizanscena e Sinfor, laprima settimana alla cultura digitale, un appuntamento pubblicoper verificare lo “stato dell’arte” del digitale, la qualità delleimprese multimediali e per sensibilizzare il tessuto sociale.Ebbene, l’esperimento, giacché di questo si trattava, è riuscito:oltre 3000 presenze (e in assenza di un battage pubblicitario dirilievo), 24 appuntamenti formativi, culturali, promozionali,musicali, 15 tra imprese e associazioni coinvolte e una decina diragazze e ragazzi di Voludia che garantivano l’assistenza tecnica.Uno sforzo organizzativo consistente, senza alcun tipo di sovven-zione né pubblica né privata. Ci piace sottolineare il caratteresperimentale della manifestazione, il suo porsi come momentoper riflettere “comunitariamente” (o collettivamente) sul senso diquella “rivoluzione digitale” definita da Michele Mezza “unarivoluzione senza rivoluzionari”. Oggi ci troviamo dinanzi aduna delle più consistenti trasformazioni della modernità e nonsoltanto per la velocità con cui si va facendo, ma perché incide inmaniera determinante sui processi della nostra conoscenza, sul-l’idea di come noi conosciamo il mondo, sulla nostra epistemolo-gia. Si badi, non parliamo di dottrine o teoremi: parliamo di cosegià per molti versi visibili; parliamo di atti e non di potenze: letecnologie dell’informazione hanno già destrutturato l’anticoquadro di riferimento epistemologico e continuano a farlo nondissimulando il loro operare e la loro finalità. Il problema che sipone oggi , anzi che andrebbe posto, è quello relativo al “senso”sociale e culturale di tali processi, senso che non andrebbe con-segnato all’autoreferenzialità delle mistiche negropontiane oall’etilismo tecnologico dei vari produttori di hardware e softwa-re; piuttosto andrebbe costruito passando attraverso dei filtri,alti e bassi che siano, attraverso resistenze, inquinamenti, meta-morfosi, opposizioni e concessioni, cedimenti e ipotesi alternati-ve. Ecco, questo senso, creato da tutto e da nessuno oggi non èimmediatamente visibile; ed è questa la ragione per la qualel’ARCI vuole impegnarsi nel diffondere il sapere, la pratica, lediscussioni intorno alle tecnologie multimediali e informatiche,vale a dire tentare di costruire di punti di accesso alle nuove tec-nologie privilegiando le differenze dei punti di vista e delle moda-lità d’uso e favorendo, nel contempo, la diffusione di quel “knowhow” minimale capace di favorire l’alfabetizzazione dei cittadinie scongiurare quel micidiale e ben concreto pericolo della esclu-sione sociale causato dalla difficoltà di accesso alle tecnologiedigitali. In sostanza DIG.IT è stata l’anticipazione di un ambizio-so progetto articolato su tre livelli: il primo, è quello dell’alfabe-tizzazione informatica a livello di massa; il secondo, è inerente lacreazione di spazi di accesso alle potenzialità tecnologiche; ilterzo, concerne la possibilità di collegare le risorse imprendito-riali (multimediali e non) del territorio con i fenomeni più vitalidell’underground giovanile artistico e creativo(sia esso multime-diale e digitale sia “analogico”). Andiamo per gradi.Alfabetizzazione informatica – Citatissima, ma assente da qualsi-voglia programmazione culturale o politica eppure necessaria,anche in relazione al suo stretto collegamento con a) la formazio-ne b) l’apprendimento continuo c) la possibilità di accedere alleinformazioni; d) il godimento dei piaceri della rete e del digitalee) la politica; f) fenomeni di esclusione socialeCreazione di centri per l’accesso alle tecnologie – Tradotto inaltri termini: officine della multimedialità e delle tecnologieinformatiche ossia spazi liberi di accesso alle tecnologie per laproduzione di materiale multimediale di interesse artistico, stori-co, turistico, ludico ecc. (in questo modo si crea l’ecosistema peril mercato e per i cervelli)Collegamento delle risorse imprenditoriali con i settori più vitalidella cultura giovanile –Ecco la proposta: cerchiamo di sensibi-lizzare le aziende (multimediali e non) nel promuovere i giovanicreativi attraverso collaborazioni, commesse, incarichi, esperi-menti. Cerchiamo di mescolare le carte dell’ufficialità, del mana-gement e dell’underground, creiamo un sistema a rete all’internodella quale possano coesistere centri di “resistenza”, collabora-zioni, formazione di professionalità, divertissement, opposizionial sistema ecc.Il progetto non sarà utopistico nella misura in cui diverrà semprepiù chiara l’urgenza delle sinergie, della necessità di collegarerisorse per innalzare il tasso di competitività su scala mondiale diun territorio, della immensa forza progettuale dell’ ”Intelligenzacollettiva”. Lavoriamo affinché l’ambizione che ci anima nonresti tale.

Vittorio TarparelliArci Perugia

Aromadi teatro

DIG.IT – Chi salteràsull’arca digitale?

S

P

cultura

15settembre 1998

mbriafumetto è unmarchio ormai familia-re a chi presta attenzio-

ne alle occasioni culturali inquesta regione.E’ dai primi anni 90 che ungruppo di cultori del fumettoperugini decidono di provaread aprire nuovi spazi inUmbria. Nel 1991 esce Flit, unarivista che raccoglie contributidi giovani autori e critici. Nel1993 lo stesso gruppo, contan-do sull’appoggio dell’ARCI,della Cassa di Risparmio diPerugia e di enti locali comeRegione e Provincia, inizia amarzo con una significativarassegna di autori esordientiumbri a Umbertide, “Nuvoledall’Umbria”; a maggio partela prima edizione diUmbriafumetto, senza nessunacertezza di poter avere unseguito. Nella consapevolezzadell’aleatorietà della sfida gliorganizzatori decidono di par-tire alla grande. Vengono dipersona a Perugia idoli delfumetto come Magnus, TaninoLiberatore, il francese JeanGiraud Moebius: subito perso-naggi che, unendo un talentostraordinario a una certa popo-larità, permettono alla manife-stazione di decollare e di rita-gliarsi uno spazio preciso nelpanorama italiano, in unmomento in cui la mostra-mer-cato di Lucca sembra vivere unmomento di stanca, mentrequella di Roma non è ancoradecollata. L’anno successivoUmbriafumetto propone altriospiti del calibro di Lorenzo Mattotti,l’argentino Alberto Breccia, MiloManara. I nome importanti, a volteanche precorrendo i tempi, non man-cheranno per tutte e cinque le edizioni;La formula si affina e diventa il carat-tere distintivo della manifestazione.Di fatto Umbriafumetto si proponecome un incontro di cultura delfumetto, totalmente incentrata sumostre personali di qualità, incontritra gli autori e il pubblico, convegnidi approfondimento, presentazioni dinovità editoriali, incursioni versoaltre forme della medialità nei lorocollegamenti con il mondo delle stri-sce. Nella suggestione della sua sededi sempre, gli spazi della RoccaPaolina,l’aspetto del “mercato” è deltutto marginale, con pochissimi standdi vendita che evidenziano a colpod’occhio la sua unicità. Sergio Rossi,uno degli organizzatori, sottolineaquesto aspetto: ”Noi abbiamo sceltodi collocarci nel settore delle mostre,il settore mercato non ci interessa. Inrealtà nelle mostre mercato si trovanocose che tranquillamente è possibile

reperire nei negozi di fumetto. Ilnostro è un discorso diverso: in decisacontrotendenza, Umbriafumentto èuna mostra a ingresso gratuito; lo stes-so catalogo della manifestazione, conschede sugli autori, illustrazioni, pre-

sentazione degli eventi, è gratis. Questoperché è raro che i visitatori conoscanotutti gli autori che vedranno esposti,così hanno la possibilità di fruire lemostre in modo meno passivo, e la dif-fusione del fumetto viene favorita pra-

ticamente.”La risposta del pubblico è sem-pre stata ottima: quest’anno,secondo Sergio Rossi, sono statequantificate circa 10.000 pre-senze, basandosi sulla tiraturadei cataloghi in distribuzioneall’interno della mostra. Il pub-blico di appassionati è eteroge-neo sia per età che per cultura,in risposta al vasto raggio dellaproposta. Gli autori vengonovolentieri a Perugia, perché lamanifestazione è considerataanche dai “grandi” un momentoideale di incontro e scambio diesperienze.Ma va da sé che non mancanonote dolenti. Ci sono i problemigenerali che incontra il fumettoin Italia, cioè la povertà deiprogetti editoriali, la carenza distrutture distributive, lo scarsocoraggio delle case editrici checostringe spesso le teste e lematite migliori a lavorare all’e-stero, l’incertissimo status delfumetto nella classificazionedella cultura in Italia, dove èspesso ancora considerato unpassatempo da ragazzini svo-gliati. Ci sono poi i problemiche condizionano la crescita diUmbriafumetto, che SergioRossi riassume così: “Dal puntodi vista economico siamo in pas-sivo. Oltre che alla Regione,alla Provincia e al Comunesiamo sostenuti anche da spon-sor privati come la Cassa diRisparmio di Perugia, laGesenu e la Conad, che è entra-ta quest’anno ed è rimastamolto soddisfatta di tutta l’or-ganizzazione. Ma i costi sonotanti, noi continuiamo a basarcisul lavoro volontario e a rinun-ciare ad alcune cose, come unufficio stampa, o ospiti che cor-teggiamo da anni ma che, adesempio, richiedono spostamen-ti troppo costosi. Anche que-st’anno fino a maggio siamostati in forse, poi si sono scioltialcuni lacci burocratici e siamopotuti partire. Ma servirebbeuna maggiore stabilità persostenere la crescita diUmbriafumetto.”L’ Umbria rimane comunque uncuore pulsante del fumetto inItalia: una rassegna importanteche l’entusiasmo di chi l’ha

creata e continua a farla esistere man-tiene ai livelli più alti; dal punto divista imprenditoriale la Star Comics,casa editrice che dopo aver diffuso ifumetti dei supereroi americani finoalla creazione della Marvell Italia, con-

trolla ora la fetta di mercato deimanga giapponesi, con successi enor-mi come Dragon Ball.Tra poco nascerà una nuova esperien-za: dalla collaborazione tra il gruppodi Umbriafumetto e l’Arci sta perpartire la Scuola Perugina delFumetto, dall’esperienza della già col-laudata scuola romana. C’è la creati-vità, c’è la passione, c’è il gusto dellasfida, ci sono le idee e la tenacia pertradurle in realtà. Quello che manca èsolo un’attenzione più partecipe econvinta delle amministrazioni pub-bliche, che non hanno forse colto finoin fondo il potenziale culturale ed eco-nomico insieme della scena fumettisti-ca umbra.

Barbara Pilati

U

A Roma e in altre grandi città è una realtà che esiste da anni: una scuola puramente formati-va, a numero chiuso, dove disegnatori e sceneggiatori di fama internazionale come Caracuzzo,Morales, Rotundo, Sorgi, Trigo, insegnano a creare una storia a fumetti. La scuola di Perugia,che per adesso ha sede in corso Cavour, fa parte di un progetto di più largo respiro. Gli orga-nizzatori pensano alla spazio attualmente in fase di restauro dell’ex Cavallo di Troia, in viaEugubina, come sede definitiva per la scuola e un centro di documentazione, in collaborazionecon la Biblioteca Augusta. La biblioteca Augusta dispone infatti di un vasto fondo di letteratu-ra a fumetti, sia perché, avendo diritto ad una copia di tutto ciò che viene stampato inUmbria, possiede tutto ciò che è uscito da esperienze come la Star Comics, sia perché ha inca-merato la vecchia Biblioteca dei Ragazzi. E’ stata la stessa Augusta a chiedere l’aiuto diUmbriafumetto per gestire questo patrimonio. Trasferendolo in uno spazio interamente dedi-cato ai fumetti diventerebbe il fulcro di un luogo di studio, incontro e discussione, sviluppandoanche una vocazione didattica che il gruppo di Umbriafumetto ha manifestato sin dai tempi diFlit, con l’organizzazione di seminari e incontri nelle scuole e nelle carceri, per diffondere letecniche e il linguaggio dei fumetti in situazioni dove la scoperta di mezzi espressivi diversi puòconcretamente aprire nuovi orizzonti.

Scuola perugina dei fumetti

Umbriafumetti&

Libri ricevuti

Alvaro Valsenti, Diventammoprotagonisti, Prefazione diClaudio Carnieri, Terni,Edizioni Galileo, 1998.

Alvaro Valsenti, operaio licen-ziato per rappresaglia politicaalla Bosco, poi funzionario delPci e amministratore pubblico,racconta la sua storia intrecciatacon quella del suo partito e delmovimento operaio ternano.Emerge la ricchezza di unavicenda che si snoda nell'arco diun cinquantennio. Valsenti èestremamente attento a ricorda-re le decine di protagonisti gran-di e piccoli di una vicenda cora-le. Le pagine più felici sono quel-le dedicate al dopoguerra e aglianni cinquanta. Un po' di trion-falismo emerge quando si affron-tano lo sviluppo del Pci neidecenni tra gli anni sessanta esettanta e le conquiste del movi-mento democratico in queglianni, mentre non si spiega suffi-cientemente come e perché que-ste conquiste siano andate esau-rendosi nei due decenni successi-vi, fino a giungere alla vittoriadel centro-destra. Infine neltesto di Valsenti sembra quasiche tutto si svolga in un clima dicontinuità, che da Gramsci aD'Alema il processo si sia svoltoin modo logico e consequenziale,quasi senza rotture. Valsentiaggiunge al testo un'appendice incui vengono elencati dirigenti emilitanti del partito. Si tratta dioltre mille nomi: un utile stru-mento e fonte per gli storici delfuturo.

Le Acciaierie di Terni, a cura diRenato Covino e Gino Papuli,documentazione fotografica diFabio Menghi, Perugia, Electa -Editori Umbri Associati, 1998.

Inserito nella collana delCatalogo regionale dei beni cul-turali dell'Umbria, il volumerappresenta più di una raccoltadi schede catalografiche.Quest'ultime costituiscono il pre-testo da una parte per rilanciareuna tematica estremamenteattuale, come quella relativa allavalorizzazione e conservazionedei siti e dei monumenti archeo-logico-industriali, dall'altra peraccompagnare e dare valore aduna analisi dei diversi aspettidella vita di uno stabilimento lacui attività ha segnato profonda-mente la realtà della città e delterritorio che lo ospita. I curato-ri hanno rispettivamente tratta-to l'uno dello sviluppo dell'azien-da, degli uomini che ne hannosegnato la vicenda, delle tipolo-gie d'impresa che le Acciaierie

hanno assunto nel corso di oltreun secolo; l'altro dei processi,dei prodotti e dell'immagine. ARisorse idrauliche ed energiaelettrica è dedicato il saggio diAldo Buscaglione, a Macchine eimpianti quello di GiorgioCipolla. Del peso dell'industrianel tessuto edilizio cittadino sioccupano i lavori di MicheleGiorgini (L'industria dell'acciaioe l'industria della città) e diMaria Grazia Fioriti (I due vil-laggi Matteotti); infine AugustoCiuffetti e Monica Giansantiaffrontano i temi relativi a LeAcciaierie e l'impatto ambienta-le, analizzando per il periodo1880-1940 come la presenzadella grande impresa abbiamodificato l'ecosistema dellavalle del Nera.

Dal conflitto alla libertà. Gubbio(1940 - 1945) a cura di DinoRenato Nardelli, Foligno,Istituto per la storia dell'Umbriacontemporanea - Editorialeumbra, 1998.

Il volume raccoglie l'esperienzadi un corso di aggiornamentoper insegnanti elementari tenu-tosi a Gubbio nel periodo com-preso fra l'ottobre del 1996 e ilgennaio 1997. Il corso seguivauna attività didattica che avevaportato ad una mostra di mate-riali prodotti dagli allievi dellescuole elementari di Gubbio. Il lavoro tratta specificamentedei percorsi attraverso cui è pos-sibile organizzare la memoriastorica. Si va dalle interviste ai

nonni illustrate da disegni deibambini, all'uso dell'intervistacome fonte, al racconto dellevicende quotidiane di combat-tenti e civili, alle scritture diguerra e al materiale documen-tario prodotto dalla scuola stessain quel periodo. Insomma sitratta di un percorso che utilizzatutte le fonti attraverso cui siorganizza la memoria degli even-ti, che offre una chiave didatticaimportante per indagare construmenti diversi da quelli tradi-zionali su quel fenomeno com-plesso che è la guerra. Il volumeè dedicato a Gianfranco Canali,scomparso mentre il libro era incorso di stampa, e contiene quel-lo che forse è il suo ultimo lavo-ro, significativamente intitolatoTra memoria e storiografia.

Ernesto Treccani - Opere Grandi(con presentazione di EnricoSciamanna) - Edizioni GoldenArt - Spello.

Si sta concludendo a Bastia, nelcentro Umbriafiere Maschiella,la mostra che la galleria GoldenArt ha allestito per le ultimeopere grandi di ErnestoTreccani, integrata da un cata-logo con saggio di EnricoSciamanna. Una serie di venti-tre oli su tela che rappresenta-no la produzione più recentedell’allora giovane ribelle di“Corrente”.Chi ha nella memoria i lavoridel periodo milanese del reali-smo o la produzione calabresesull’occupazione delle terre nelsecondo dopoguerra, resteràsicuramente sorpreso a vedere irisultati attuali del suo percor-so artistico. L’impegno degli anni roventi siè stemperato in una ricercaestetica dove il colore, piuttostoche il contenuto, la fa dapadrone. Tuttavia la rinunciaalla politica non è totale, infat-ti, attraverso la nuova forma, ilmaestro tende a schierarsi inuna posizione radicalmente cri-tica nei confronti della realtàattuale. E lo fa nei tre tritticiintitolati “Inferno ParadisoPurgatorio”, dove illustra ilsuo punto di vista sui fenomenidi ingiustizia dell’odiernasocietà, mettendo in risalto,tramite un colore magistral-mente steso, le storture che ilmondo ancora subisce, quali laguerra, l’emarginazione, ladroga, la difficoltà a comunica-re e la privazione della bellez-za, intesa come compenetrazio-ne con la natura, che è poi ciòche egli immagina e descrivecome paradiso in terra. Lacifra è la stessa anche nellealtre opere dove frequente è ilricorso ai colori puri, anchecon accostamenti bruschi, peròmai dissonanti, ed è singolarecome le sue pennellate sianosempre curve, rarissimi gliangoli, le linee spezzate.Qualche spazio si interrompeall’improvviso, qualche tocco èduro, ma sempre, l’uno e l’al-tro sono assistiti da una spondamorbidaDalla solidità degli acrobati diperiferia dell’Arlecchinata aPorta Volta o dei Tegamini(una sorta di irrisione, di sber-leffo nei confronti degli aristo-cratici e metafisici contenitoridi Morandi), Treccani giunge,passando attraverso le espe-rienze calabresi, cubane, pari-gine, del mondo intero, a que-sta pittura di oggi, in cui laforma cede al colore che sem-bra transitare, senza soluzionedi continuità, dall’animo allatela.

La battaglia delle idee

Todi: umori clericaliNon siamo in grado di giudicare il valore dell'esperienza di Todi Festival, quanto di avanguardia edi avanguardistico ci sia nella iniziativa avviata da Silvano Spada. Fatto sta che, di fronte allospento splendore del Festival di Spoleto ed al paludato eclettismo di Umbria Jazz, Todi Festivalrappresenta una delle poche cose nuove che, sul piano dello spettacolo, si produce in Umbria. Sipuò naturalmente discutere del ruolo di puro contenitore che la città umbra ha nell'occasione, maè anche vero che Spoleto e gli altri centri della regione hanno la stessa funzione nei confronti dellealtre due manifestazioni, così come il Teatro Stabile rappresenta - indipendentemente dalle valuta-zioni di merito - una oggettiva sottrazione di risorse alla produzione teatrale umbra. E' certo inve-ce che, per dichiarazione esplicita del suo animatore, Todi Festival si caratterizza come mostra,vetrina, di attori e produzioni giovani, come rampa di lancio sul mercato italiano ed estero dinuovi possibili protagonisti della scena teatrale. Non è poco per un paese in cui la produzione tea-trale è da decenni assistita e finanziata dal settore pubblico. Sono questi temi sui quali sarebbeopportuno iniziare una riflessione meno episodica e gridata. Per il momento ci accontentiamo disegnalare la forsennata campagna promossa in prima persona dal vescovo di Todi - con l'appoggiodiretto del senatore Ronconi (oggi dell'Udr) e, più sfumato, del Ppi - contro il carattere dissacra-torio - provocatorio e/o osceno degli spettacoli, giudicati pregiudizievoli per la pubblica morale eoffensivi per la Chiesa. Vero è che uno spettacolo prevedeva la riduzione in pezzi di un vescovo,ma da qui a incitare allo sciopero dell'Ici e ad invocare una guerra di religione ci pare che ce necorra. D'altro canto in un'epoca violenta come quella attuale ci sembra che un teatro che si rispettinon possa non prendere spunto dalla realtà. Così era nella tragedia greca, di cui è noto il carattereliberatorio, così era nel teatro elisabettiano, in cui si provvedeva a mettere in scena le peggiorinefandezze di cui l'uomo è capace. D'altra parte cosa si pretende in anni in cui la rappresentazionedi maggior successo è costituita dal racconto delle performances sessuali di Bill Clinton e in cui uncardinale è sospettato di essere connivente in fatti d'usura? Allora che senso ha la reazione vesco-vile? Lo scopo è riproporre un sentire codino in cui la Chiesa assuma nuovamente il monopolio delsenso comune, coagulando umori sanfedisti e reazionari. Il punto è che la battaglia culturale suquesti temi non esiste più, se non episodicamente e con i tratti del vecchio anticlericalismo, e chenel crollo dei valori si riafferma un ritorno alla tradizione non contrastato efficacemente da unamorale laica. Anche questo è un segno della crisi della sinistra.

16settembre 1998

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