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Un progetto per la mobilità sostenibile a Senigallia Giovanni Sergi, p. 43 Roma: i piani locali delle reti ciclabili Marco Contadini, Roberto Pallottini, Amedeo Tirolese, p. 45 Parcheggi interrati Paola Marotta, p. 47 Metodi di valutazione Lucia Martincigh, p. 49 Mobilità e qualità urbana Riccardo Wallach, p. 51 Esperienze e nuove politiche per il turismo sostenibile a cura di Raffaella Radoccia, p. 53 Il turismo e il progetto urbacost Paola Nicoletta Imbesi, p. 54 Le esperienze delle Marche Rosalba D’Onofrio e Roberta Angelici, p. 56 Liguria: paesaggio costiero e turismo a rischio Francesco Gastaldi, p. 59 La sfida nella Provincia di Rimini Massimo Briani, p. 61 Mobilità dolce Mauro D’Incecco, p. 63 Strategie comunitarie Valentina Carpitella, p. 66 Centri storici minori, terre di sviluppo a cura di Manuela Ricci, p. 69 Memoria e sviluppo: l’incontro possibile Alberto Arletti, p. 69 Artigianato nei centri storici minori Giulia Agusto, p. 71 Il commercio e la forza dei piccoli Roberta Lazzarotti, p. 73 Aperture Dopo il XXVI congresso dell’Inu Intervista al presidente Federico Oliva, p. 3 Agenda Il “problema della sicurezza urbana” e la rigenerazione delle periferie Angela Barbanente, p. 6 … si discute: La città di Report Paolo Avarello, p. 8 Rigenerazione urbana a cura di Anna Laura Palazzo, p. 9 L’approccio anglosassone: conoscere il mercato Gualtiero Bonvino, p. 10 Gentrification non è rigenerazione Sandra Annunziata, p. 12 22@BCN: ripensare la città dell’età industriale Federica Zampa, p. 14 Berlino. Marzahn NordWest, decostruzione e riqualificazione Angelica Fortuzzi, p. 16 Politiche integrate in Emilia Romagna e in Danimarca Francesco Musco, p. 18 La Lr Emilia-Romagna sulla riqualificazione urbana Michele Zanelli, p. 21 Interrogativi sul futuro di Genova Francesco Gastaldi, p. 23 Verso una nuova dimensione del waterfront Massimo Bertollini, p. 25 Il Parco dell’Appia: la delocalizzazione come strategia per le qualità ambientali Vittoria Crisostomi, Elena Andreoni, p. 27 Il mercato e la rigenerazione della Bolognina Giovanni Ginocchini, Cristina Tartari, p. 29 Mobilità sostenibile 2 a cura di Carolina Giaimo, p. 33 Il quadro legislativo della mobilità ciclistica Michele Zazzi, p. 34 Spazio urbano e mobilità pedonale Lucia Martincigh, Maria Luisa Cochi, p. 36 Ruolo dei nodi di interscambio Manlio Marchetta, p. 38 Il trasporto pubblico riminese Monica Maioli, p. 39 Mobility management d’area Piero Secondini, Simona Tondelli, p. 41 una finestra su: Jeju, Corea: sindaci del mondo in conclave a cura di Marco Cremaschi, p. 75 Jeju, Corea: sindaci del mondo in conclave Giovanni Allegretti, p. 75 Democrazia locale e decentramento Giovanni Allegretti, p. 77 Ambizioni e struttura di un’organizzazione asimmetrica Giovanni Allegretti, p. 79 Opinioni e confronti Un quadro organico per il nuovo piano Patrizia Colletta, p. 81 Relazioni tra piano e progetto: un ambito ancora da esplorare Valeria Erba, Andrea Arcidiacono, p. 83 Crediti urbanistici La perequazione nei piani di nuova generazione Ezio Micelli, p. 86 Eventi Le politiche di sviluppo della Regione Lazio Carmela Giannino, p. 88 L’Inu Il testo di revisione del Dlgs 152/2006, la Vas Alessandra Fidanza, p. 90 Assurb a cura di Daniele Rallo, p. 92 Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 94 Indice Indice

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Un progetto per la mobilità sostenibilea SenigalliaGiovanni Sergi, p. 43

Roma: i piani locali delle reti ciclabiliMarco Contadini, Roberto Pallottini,Amedeo Tirolese, p. 45

Parcheggi interratiPaola Marotta, p. 47

Metodi di valutazioneLucia Martincigh, p. 49

Mobilità e qualità urbanaRiccardo Wallach, p. 51

Esperienze e nuove politicheper il turismo sostenibilea cura di Raffaella Radoccia, p. 53

Il turismo e il progetto urbacostPaola Nicoletta Imbesi, p. 54

Le esperienze delle MarcheRosalba D’Onofrio e Roberta Angelici, p. 56

Liguria: paesaggio costiero e turismoa rischioFrancesco Gastaldi, p. 59

La sfida nella Provincia di Rimini Massimo Briani, p. 61

Mobilità dolceMauro D’Incecco, p. 63

Strategie comunitarieValentina Carpitella, p. 66

Centri storici minori, terre di sviluppoa cura di Manuela Ricci, p. 69

Memoria e sviluppo: l’incontro possibileAlberto Arletti, p. 69

Artigianato nei centri storici minoriGiulia Agusto, p. 71

Il commercio e la forza dei piccoliRoberta Lazzarotti, p. 73

ApertureDopo il XXVI congresso dell’InuIntervista al presidente Federico Oliva, p. 3

AgendaIl “problema della sicurezza urbana” e la rigenerazione delle periferie Angela Barbanente, p. 6

… si discute: La città di ReportPaolo Avarello, p. 8

Rigenerazione urbanaa cura di Anna Laura Palazzo, p. 9

L’approccio anglosassone: conoscere il mercatoGualtiero Bonvino, p. 10

Gentrification non è rigenerazioneSandra Annunziata, p. 12

22@BCN: ripensare la città dell’etàindustrialeFederica Zampa, p. 14

Berlino. Marzahn NordWest, decostruzione e riqualificazione Angelica Fortuzzi, p. 16

Politiche integrate in Emilia Romagna e in DanimarcaFrancesco Musco, p. 18

La Lr Emilia-Romagna sulla riqualificazione urbanaMichele Zanelli, p. 21

Interrogativi sul futuro di GenovaFrancesco Gastaldi, p. 23

Verso una nuova dimensione del waterfrontMassimo Bertollini, p. 25

Il Parco dell’Appia: la delocalizzazionecome strategia per le qualità ambientaliVittoria Crisostomi, Elena Andreoni, p. 27

Il mercato e la rigenerazione dellaBolognina Giovanni Ginocchini, Cristina Tartari, p. 29

Mobilità sostenibile 2a cura di Carolina Giaimo, p. 33

Il quadro legislativo della mobilità ciclisticaMichele Zazzi, p. 34

Spazio urbano e mobilità pedonaleLucia Martincigh, Maria Luisa Cochi, p. 36

Ruolo dei nodi di interscambio Manlio Marchetta, p. 38

Il trasporto pubblico riminese Monica Maioli, p. 39

Mobility management d’areaPiero Secondini, Simona Tondelli, p. 41

una finestra su: Jeju, Corea:sindaci del mondo in conclavea cura di Marco Cremaschi, p. 75

Jeju, Corea: sindaci del mondoin conclaveGiovanni Allegretti, p. 75

Democrazia locale e decentramentoGiovanni Allegretti, p. 77

Ambizioni e struttura diun’organizzazione asimmetricaGiovanni Allegretti, p. 79

Opinioni e confrontiUn quadro organico per il nuovo piano Patrizia Colletta, p. 81

Relazioni tra piano e progetto: un ambitoancora da esplorareValeria Erba, Andrea Arcidiacono, p. 83

Crediti urbanistici La perequazione nei piani di nuovagenerazioneEzio Micelli, p. 86

Eventi Le politiche di sviluppo della RegioneLazioCarmela Giannino, p. 88

L’InuIl testo di revisione del Dlgs 152/2006,la VasAlessandra Fidanza, p. 90

Assurba cura di Daniele Rallo, p. 92

Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 94

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quali lo Stato dispone, come quello fiscale. Mentre anche ilcontenimento del consumo di suolo, un’altra patologia terri-toriale che caratterizza la situazione attuale, non può esseresolo un tema della pianificazione, ma di uno specifico prov-vedimento legislativo, che, come in altri Paesi europei, mettain campo tutti gli strumenti necessari per contrastare unadelle principali condizioni di insostenibilità territoriale oggipresente. Insomma, governare il territorio è certamenteresponsabilità della pianificazione e degli altri strumentiurbanistici di cui oggi disponiamo, quali i programmi o iprogetti urbani, ma è anche responsabilità di politiche urba-ne e territoriali promosse dallo Stato e dalle altre ammini-strazioni elettive che hanno competenze territoriali.La prospettiva, a breve termine, è quindi quella dell’appro-vazione della legge nazionale, ma anche quella dell’appro-vazione di altri provvedimenti indispensabili, come unalegge per limitare progressivamente il consumo di suolo,magari integrata da provvedimenti per la compensazioneecologica preventiva dei consumi indispensabili: regole vali-de per tutto il territorio nazionale, che le Regioni potrannosviluppare e innovare, come hanno fatto a suo tempo per glistandard urbanistici. L’Inu assumerà presto un’iniziativa perla legge nazionale, proponendo un testo proprio che verràaffidato alle Regioni, per stabilire il necessario confronto edialogo con Governo e Parlamento su un argomento che èassolutamente decisivo. Sarà un testo assai diverso anche daquelli migliori presentati nel passato, senza nessun aspettodescrittivo e regolativo, quindi assai più sintetico ed essen-ziale; insomma, una vera e propria “legge di principi”, ingrado di consolidare ed orientare le leggi regionali e disostituire efficacemente il vecchio ordinamento, finalizzata aprodurre strumenti in grado di guidare effettivamente i pro-cessi.

DD.. Ad Ancona numerosi interventi hanno voluto sottolineareil ruolo della pianificazione come atto di governo, quasi avoler affermare la necessità di superare il semplice ruoloregolativo a cui era stata “relegata” negli ultimi decenni, e afianco a questo, quasi come un corollario è emersa ladomanda di un forte contributo disciplinare. L’Inu per tradi-zione è stata, ed in particolare dopo il congresso di Bolognadel 1994 e la battaglia per la riforma urbanistica, sempreattenta alle questioni della politica e dell’Amministrarel’Urbanistica, oggi l’aver messo al centro dell’attenzione ilNuovo Piano significa ripensare anche al ruolo politico delladisciplina?

RR.. Il rapporto tra politica e urbanistica è, ovviamente, assaistretto: l’urbanistica è sostanzialmente un’attività pubblica,non solo perché ogni sua pratica è finalizzata all’interessepubblico (la ragione del piano), ma perché predispone pro-getti diretti alle pubbliche amministrazioni. “Amministrarel’urbanistica” è stata una parola d’ordine lanciata in unmomento di crisi, la sconfitta sulla riforma Sullo, che tutta-via non voleva rappresentare uno sbilanciamento verso lapolitica, ma affermare l’esigenza di una maggiore concretez-za, di una più efficace capacità di incidere sui processi esulla loro gestione. In realtà non si trattava di una semplice

Il congresso di Ancona è stato certamente un successo perl’Inu che è riuscito ad organizzare un evento di riflessionesui temi del nuovo piano coinvolgendo amministratori digrandi e piccole città, progettisti, studiosi e numeroseUniversità, allestendo anche una mostra che sicuramente harappresentato un importante campione di sperimentazionedei nuovi strumenti urbanistici (strutturale e operativo) maanche di verifica della capacità di questi di affrontare quelliche abbiamo chiamato i temi trasversali.

DD.. Quale bilancio e quali prospettive si aprono per il gover-no del territorio e per la centralità della questione dellametropolitanizzazione delle nostre città, quali le domande alnuovo governo e come può essere definito il ruolo degliurbanisti?

RR.. Un bilancio complessivo del governo del territorio nelnostro Paese negli ultimi dieci – quindici anni non puòcerto essere positivo. Da un lato diverse Regioni hanno svi-luppato leggi innovative che hanno cambiato positivamentela qualità e l’efficacia della pianificazione, anche se perman-gono alcune situazioni di ambiguità, nelle quali la dimen-sione strutturale è ancora condizionata da vischiosità legateal vecchio modello regolativo e qualche Regione, poche perla verità, non ha ancora prodotto nessuna riforma significa-tiva; dall’altro lato lo Stato è sostanzialmente assente daquesto processo, dato che Governo e Parlamento non hannoapprovato, neppure nella passata Legislatura (forse troppobreve perché questo potesse avvenire), l’indispensabile edurgente legge nazionale sui “principi generali del governodel territorio”, vale a dire l’unico compito legislativo chespetta allo Stato in questa materia. Così come sono statecarenti le politiche di Stato e Regioni per contrastare leprincipali patologie delle trasformazioni territoriali comeoggi si presentano. Mi riferisco, innanzi tutto, proprio allametropolizzazione della città, il fenomeno emergente degliultimi anni, che sta cambiando forma e struttura della cittàcontemporanea: la diffusione insediativa dilagante, che ne èl’espressione più evidente, non può, infatti, essere contrasta-ta solo da politiche urbanistiche, cioè dall’azione dei piani,ma deve essere affrontata con strumenti ben più efficaci, dei

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Dopo il XXVI congresso dell’InuFrancesco Sbetti intervista il Presidente Federico Oliva

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Urbanistica INFORMAZIONI

parola d’ordine, di uno slogan efficace, ma di una vera epropria svolta che ha determinato un nuovo approccio disci-plinare, che da allora (sono passati più di quarant’anni) harappresentato una nuova maniera di pensare e di agire degliurbanisti italiani, cioè di fare i piani, che ha determinatouna condizione culturale e disciplinare ormai irreversibile.Un approccio che, tuttavia, non esclude una necessità, perme ineludibile, di garantire un contenuto tecnico sempremaggiore del piano, che consenta di affrontare al meglio leproblematiche attuali, spesso assai più complicate e difficiliche nel passato, come quelle che abbiamo cominciato adapprofondire nel Congresso di Ancona, dalla metropolizza-zione della città al consumo di suolo, dalle problematicheenergetiche ad una nuova dimensione progettuale della pia-nificazione paesistica, per non dimenticare il ruolo dellapianificazione operativa nella costruzione della città pubbli-ca e nel controllo e nella ridistribuzione della rendita.Peraltro, anche il rapporto tra urbanistica e politica si èmodificato nel tempo. Da un lato vi sono condizioni ogget-tive che cambiano tale rapporto: per fare un esempio, unascelta di sostenibilità urbanistica non è classificabile politi-camente, ma rappresenta un’esigenza oggettiva che devevalere per ogni orientamento e ogni formazione politica;così come la necessità di affrontare sprechi e consumi ener-getici eccessivi, ai quali non sono estranee scelte di proget-tazione urbanistica in termini di uso del suolo e di tipologieinsediative; due aspetti tipicamente propri della nostradisciplina. Dall’altro lato, grazie anche ai profondi cambia-menti della società italiana di questi ultimi decenni, è sem-pre più difficile attribuire a questo o quello schieramentouna precisa connotazione politica alle scelte di governo delterritorio: spesso si possono riscontrare politiche urbanisti-che del tutto analoghe da parte di amministrazioni politica-mente alternative e non è assolutamente raro sentire neiConsigli Comunali argomentazioni del tutto identicheespresse dai diversi schieramenti a seconda che siano inmaggioranza o all’opposizione. Le stesse modalità di letturae di interpretazione delle vicende urbanistiche valide nelpassato, cambiano radicalmente in un contesto mutato:rivendicare un approccio prevalentemente espropriativo,che negli anni sessanta e settanta avremmo giudicato “disinistra” perché finalizzato a contenere la rendita e quindila speculazione immobiliare, oggi dovrebbe essere valutatoin maniera opposta, dato che gli espropri hanno ormai rag-giunto i valori di mercato, inglobando quindi interamentela rendita; così come, per fare un altro esempio, un approc-cio tradizionalmente regolativo articolato in un modello dipiano rigido e totalmente prescrittivo, oggi dovrebbe essereconsiderato “di destra” al contrario che nel passato, datoche si tratta di uno strumento assegna diritti edificatori aiprivati, a tempo indeterminato e senza alcuna contropartitaper la collettività.Per questi motivi mi sembra necessario rivendicare una sem-pre maggiore dimensione tecnica del piano, vale a dire delprincipale strumento di governo del territorio, che passa daun ampliamento del quadro conoscitivo su cui fondare lesue scelte al coinvolgimento di nuove professionalità checoncorrono alla sua formazione. Una dimensione che però si

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deve esprimere nei modi propri dell’urbanistica, senza scon-finare in altre forme d’intervento; che, se si vuole, èanch’essa una scelta di garanzia tecnica e di serietà e auto-nomia professionale del nostro lavoro di urbanisti.

DD.. Il congresso ha posto al centro dell’attenzione anchenuove parole chiave: energia, clima, ambiente, paesaggio,consumo di suolo, …, ma ha anche riaffermato la necessitàdi ritrovare forme e modi per dare risposta a problemi vec-chi anche se nuove sono le modalità con cui si presentano.E tra questi la casa ed in particolare la casa in affitto cherimanda alla necessità di rivedere l’oggetto dei piani urbani-stici che troppo spesso sembrano piani pensati per risolverei problemi solo di una parte dei cittadini: quelli “immobili”,mentre oggi la nostra società sembra andare sempre piùverso un modello dove “tutti si muovono”, per lavoro, stu-dio per cercare casa e anche per svago. Il piano, come puòdare risposte utili per il governo di questi fenomeni?

RR.. Nel Congresso di Ancona abbiamo affrontato solo alcunitemi del Nuovo Piano, quelli che ci sembravano i principali,anche tendendo conto delle limitazioni di tempo che una talemanifestazione comporta. Necessariamente, quindi, abbiamodovuto tralasciarne altri, altrettanto importanti, che intendia-mo approfondire nel prossimo futuro, continuando lungo lastrada che il Congresso ha tracciato. Ciò anche perché il suc-cesso dell’iniziativa, in termini di partecipazione innanzitut-to, ma anche di approfondimento culturale e disciplinare(senza dimenticare la mostra, di grande interesse, anche se difruizione troppo limitata rispetto all’impegno dedicato allasua realizzazione) dimostra che in questo Congresso abbiamotoccato il cuore dell’Istituto, il centro degli interessi culturalee professionali della sua base associativa.Tra i temi non affrontati nel Congresso, ma che ovviamentedobbiamo riprendere, vi è certamente quello dell’ediliziaresidenziale sociale, che è stato oggetto di approfondimentoda parte di uno specifico gruppo di lavoro, che ha prodottouna impostazione assai innovativa presentata in alcune ini-ziative dell’Istituto molto frequentate, in parte ripresa anchedalle nuove disposizioni legislative contenute nell’ultimalegge finanziaria. Una impostazione che si può sintetizzarenel considerare l’edilizia residenziale sociale una dotazionepubblica, uno standard urbanistico se vogliamo utilizzare untermine per noi più abituale, realizzabile quindi sulle areeacquisite dall’amministrazione attraverso la perequazionecompensativa; una soluzione questa, che comporta unapproccio del tutto diverso da quello fino ad ora utilizzato,con la realizzazione di interventi specifici per l’edilizia pub-blica, dapprima concentrati in grandi o piccoli quartieri esuccessivamente confinati in parti di città che solo lamigliore pianificazione e gestione urbanistica ha saputo, incasi non troppo frequenti, integrare realmente nei tessutiurbani. Analoghe considerazioni potrebbero essere fatte aproposito del rapporto tra trasformazione urbana e mobilità,tra sistema insediativo e sistema infrastrutturale, un temadecisivo per l’efficienza e la sostenibilità della città, soprat-tutto di quella metropolizzata, tema del quale ad Anconanon è stato possibile parlare.

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Più in generale, senza citare tutti gli altri temi affrontatianche in iniziative che hanno preceduto il Congresso, ilNuovo Piano significa, da un lato la completa affermazionedel modello della riforma, con una dimensione del pianogenerale effettivamente strutturale che superi la ristrettavisione del piano locale ed una dimensione del piano opera-tivo in grado non solo di guidare efficacemente i processi,ma anche di garantire pienamente gli interessi della colletti-vità; mentre, dall’altro lato, significa la capacità affrontare inuovi temi che oggi attraversano la città e il territorio e checonfigurano uno scenario del tutto diverso da quello anchedi un passato recente. Completare la strada tracciata dun-que, ma anche andare oltre, sviluppando nuovi approcci enuovi contenuti del piano, adeguati alla realtà attuale.Per l’Inu, inoltre, credo debba anche esserci un impegno in

più, che è quello di rendere evidente non solo al mondo del-l’urbanistica, ma all’intera opinione pubblica la ricchezzadei piani che si fanno in molte Regioni, grazie alle nuoveleggi regionali, che non è certo restituita dai media in modocorretto: il contenuto dei piani non è certo solo riconducibi-le alle pur importanti scelte relative ai nuovi insediamenti,oggetto spesso di considerazioni banali e di maniera, mentresi tende a trascurare l’impegno e le soluzioni che i pianispesso dedicano al sistema ambientale e a quello infrastrut-turale, con scelte di grande interesse il cui completo succes-so dipende però da politiche nazionali e regionali (si pensialla mobilità per esempio) che spesso sono assenti. Un impe-gno, quindi, non solo nella costruzione del Nuovo Piano maanche nella sua comunicazione, che personalmente conside-ro decisivo per la sua affermazione.

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incida sulla qualità della vita nelle città. Il problema nonpuò essere dunque liquidato facendo riferimento alla discre-panza fra le evidenze dei dati statistici e le percezioni collet-tive, questione, questa, bene approfondita dalla letteratura eper valutazione comune da imputarsi anche (come in altricampi) all’influenza dei media e della televisione. Semmai,tale consapevolezza dovrebbe indurre a individuare iniziati-ve che affrontino oltre al problema della sicurezza, quellodella domanda di sicurezza e della rassicurazione di chicomunque vive in condizione di paura, quale che ne sia l’o-rigine.E’ mia convinzione che se distogliessimo l’attenzione dall’e-mergenza segnalata dalle notizie di cronaca e posassimo losguardo sulle sfere del vivere quotidiano, potremmo renderciconto di quanto siano complessi i rapporti fra caratteristichedelle persone e dei gruppi sociali e caratteristiche dei luoghie di quanto errata sia un’idea di insicurezza, appiattita sullaversione intollerante e xenofoba del problema che ne dà ladestra, quale preoccupazione che affligge prevalentementeun ceto medio che ha paura della diversità. Purtroppo nellecittà occidentali contemporanee il senso di vulnerabilitàinteressa in modo trasversale le classi sociali e lo stessoconcetto di periferia ha assunto un carattere ambiguo.Andando oltre gli stereotipi e i pregiudizi e frequentando leperiferie invece di analizzarle a distanza, si può facilmenteconstatare che queste, se intese non solo in senso geograficoma in una prospettiva multidimensionale quali luoghi dellamarginalità, dell’abbandono, del degrado fisico e del disagiosociale, sono le aree dove probabilmente il problema è piùsentito nell’esperienza della vita quotidiana.D’altra parte, è noto ai lettori di questa rivista che il terzoWord Urban Forum tenutosi a Vancouver nel giugno 2006,che per la prima volta ha attribuito grande importanza altema della sicurezza urbana proprio in ragione della prioritàad esso assegnata dagli abitanti, ha fra l’altro ricordato chela domanda di sicurezza viene sempre più dalle fasce debolidelle popolazioni urbane, poiché sono proprio i gruppi piùmarginalizzati dal punto di vista economico e sociale aessere maggiormente colpiti dalla criminalità.Come si può ignorare che in questi quartieri si addensanoproblemi che vanno dalla disoccupazione alla precarietàlavorativa, dalla criminalità organizzata alla micro-crimina-lità e alla devianza minorile; che in essi la violenza si prati-ca dentro e fuori l’ambiente familiare, e qui sempre piùspesso in forma di vandalismo e bullismo. Come si può noncomprendere che proprio in questi luoghi, non solo per gli‘esterni’ al quartiere, che peraltro hanno ben poche ragioni eoccasioni di ‘entrarvici’, ma soprattutto per chi vi è costrettoad abitare il disagio è legato anche alla percezione di viverein un luogo insicuro, dove è difficile realizzare una vita‘normale’, dal camminare sereni per strada all’avere relazio-ni sociali.La risposta a simili problemi non può consistere solo nelcolmare le carenze di verde e servizi o nella giustapposizio-ne di nuove e diverse funzioni negli spazi inutilizzati, eneppure solo nella creazione di occasioni di aggregazione esocializzazione. Se non si incide in profondità su quel sensodi estraniazione e separatezza che stigmatizza questi quar-

Nel corso della campagna elettorale per le recenti votazionipolitiche e amministrative il tema della sicurezza urbana haavuto grande centralità. La destra, per la quale il tema è tra-dizionale terreno di battaglia politica, lo ha ampiamentesfruttato anche approfittando di fatti di cronaca di grandeimpatto sull’opinione pubblica per dare maggiore risalto allapropria visione del problema, innegabilmente pervasa daintolleranza e xenofobia. Dagli schieramenti opposti, invece,a me pare che il tema sia stato largamente trascurato, sotto-valutato o esorcizzato. Allorquando costretti ad affrontarlo,magari proprio in occasione dei su accennati fatti di crona-ca, anche per carenza di elaborazione autonoma, è stata evi-dente la tendenza a scivolare sullo stesso terreno dell’avver-sario, proponendo versioni edulcorate e quindi meno efficacisia dei modi di definire il problema sia delle possibili solu-zioni.Eppure, avrebbe dovuto essere vivo il ricordo dell’importan-za di questo tema nella campagna elettorale francese cheaveva portato alla presidenza Nicolas Sarkozy, ossia chiaveva sostenuto di voler ripulire le banlieues dalla “feccia”(ossia i giovani che le avevano bruciate nel 2005). Salvopoi, una volta eletto presidente, doversi egli stesso misurarecon la difficoltà di passare dalla facile presa dei discorsisulle paure dei francesi ad azioni concrete in grado dimigliorarne le condizioni di vita. La riflessione su questo tema, sempre muovendo dai recentirisultati elettorali, può essere incrociata con il voto nelleperiferie, specie nelle grandi città del Mezzogiorno, com’ènoto nettamente a vantaggio del PdL, al contrario di quantoè accaduto nei quartieri centrali ove è stato più favorevoleai partiti del centro-sinistra.So bene che non si può stabilire né un nesso di causalitàdiretta né una correlazione lineare fra ‘problema della sicu-rezza’ e voto nelle periferie. Quest’ultimo è dovuto a dina-miche ben più complesse, che andrebbero a fondo indagateda chi ha dati e competenze per farlo. Né questa rivista è lasede adatta a un simile approfondimento. Essa è però lasede appropriata per promuovere una discussione su un pro-blema largamente sottovalutato anche in urbanistica. Che le città contemporanee generino paure e senso di insi-curezza è noto da tempo. Così come è evidente quanto ciò

Angela Barbanente*

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Il “problema della sicurezza urbana” e larigenerazione delle periferie

AgendaAgenda

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tieri, se non si sottraggono questi territori alle varie formedi criminalità lì radicate, se non sradicano le molteplici ediverse ragioni della condizione di vulnerabilità soffertadagli abitanti, è ben difficile dare risposte efficaci alladomanda di sicurezza che da essi proviene. E’ ormai affermata l’idea che le criticità delle periferie urba-ne rendono necessarie politiche integrate nelle dimensionifisica, economica e sociale. Il punto è che tale approcciomanca di continuità e diffusione pari alla dimensione deiproblemi, che esso non è ancora uscito dalla sfera dell’inter-vento pilota, straordinario ed episodico, per entrare in quelladella pratica ordinaria. Inoltre, la partecipazione degli abi-tanti, elemento centrale dei migliori esempi di simili politi-che, soprattutto in questi quartieri non può essere limitataalle fasi di progettazione e al più di esecuzione degli inter-venti di riqualificazione né può essere attivata utilizzandouna ‘cassetta degli attrezzi’ magari calibrata su realtà pro-fondamente diverse. Stimolare la partecipazione degli abi-tanti di questi quartieri non è facile. Eppure il loro coinvol-gimento è essenziale per attivare processi incisivi e duraturidi rigenerazione dei loro ambienti di vita, perché essi si

riapproprino di grandi spazi avvertiti come insicuri e abban-donati nelle pratiche d’uso quotidiane, per sviluppare sistemidi welfare locale e di sostegno a percorsi formativi e d’inse-rimento lavorativo capaci di incidere sulle loro condizioni divita materiali. E’ evidente che tali questioni non possonoessere affrontate con le tradizionali competenze urbanistichee che occorre che anche l’interdisciplinarità diventi praticaordinaria. Ma soprattutto è necessario che di questo assumaconsapevolezza la politica, superando le logiche estempora-nee e gli steccati delle divisioni settoriali e assessorili. InPuglia ci stiamo provando con le nuove norme per la rige-nerazione urbana, facendo diventare ordinario l’approccioindicato per i programmi integrati di riqualificazione delleperiferie e i programmi integrati di sviluppo urbano dellaprogrammazione comunitaria 2007-2013.

* Assessore all’Assetto del Territorio, Regione Puglia.

Note1. Vedi L. Putrella, Sicurezza urbana e governo delle città, Urbanistica Informazioni211, 1997, pp 36-38. L’autrice segnala che a questo tema sono stati dedicati unodei sei Dialogues e almeno 15 Networking events.

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...si discute...si discute

La città di Report

Sarebbe bello poter dire, come dice qualche buontempone:“il piano dà, il piano (un altro piano) toglie (edificabilità)”.Peccato non lo dicano anche i Tar, soprattutto dopo che peranni si è pagata l’ICI sulle aree “fabbricabili” (da pianogenerale), e magari la Corte costituzionale, che per la verità,sull’ICI, ci ha provato, ma subito “smentita” dalla successivafinanziaria (ultimo anno del precedente governo Berlusconi).Così come sarebbe bello che il Comune espropriasse le aree,ormai necessariamente a “prezzi di mercato” (e questo laCorte costituzionale lo ha detto), realizzasse servizi e infra-strutture, per poi rivenderle a cooperative, costruttori eopere di beneficenza, per fare le case, magari a prezzi “cal-mierati”, o magari vincolate all’affitto (ancora magari, perpiù di otto anni). Ma sarebbe bello davvero? Si direbbe pro-prio di no, almeno stando alle critiche che piovono ancorasulle “vecchie 167”, che di fatto strutturavano il “vecchiopiano” di Roma, e dove per altro si è esercitata a lungo lacultura urbanistica e quella architettonica.In Report si è parlato del “nuovo piano” di Roma, ma sisono fatti vedere gli “aggiustamenti”, certo tutt’altro chefelici, del vecchio. E si sa che fatalmente le immagini pre-valgono sulle parole. Si è promosso inoltre lo scandalo pergli accordi di programma, definiti “necessari” per variare ilpiano; come se fossero un’invenzione romana, e come seprima che fossero inventati non si facessero ugualmentevarianti, per altro del tutto fisiologiche con piani tanto vec-chi (nel caso Roma di ben oltre quarant’anni) e troppo rigi-di. Almeno finora, ma ancora oggi nel Lazio, grazie allalegge regionale voluta dall’assessore Bonadonna(Rifondazione) per garantire il primato del pubblico, facendobarriera sui nuovi strumenti di concertazione, comunqueutilizzati, da più tempo e più massicciamente in altri paesieuropei, che ci vengono portati ad esempio.Dimenticando che gli strumenti sono solo strumenti, e tuttodipende da chi e da come li usa: il martello è senz’altroutile, ma ci si può anche ammazzare il coniuge: colpa delmartello? E poi, non sono strumenti anche i piani?Il senso profondo di questa puntata di Report, comunque,andava ben oltre i comportamenti eventualmente scorrettie/o scandalosi dell’amministrazione romana. Citando “dati”costruiti sulle vecchie tecniche di dimensionamento deipiani, per ovvi motivi ormai di fatto desuete, si è fatto capi-re che a Roma (solo a Roma?) si sono costruite, e si costrui-ranno ancora “troppe” case, ad esempio rispetto agli anda-menti demografici. Subito dopo, però, venivano intervistati icittadini che le case le avevano comprate, e semmai, oltreche del prezzo, che pure avevano pagato, si lamentavanodella incompiutezza delle strade, della carenza dei servizi e,naturalmente, del traffico automobilistico. Sembra per altronormale, invece, che finché le case si vendono, i costruttorile fabbrichino: è il loro mestiere.In una cosa, comunque, il nuovo piano di Roma ha certa-mente fallito: a Roma si continua a parlare di “metri cubi”,invece che di urbanistica.

La puntata di Report sull’urbanistica romana sembra averdestato più scalpore di quanto non avesse fatto quella, ana-loga, su Milano, forse anche perché, sebbene probabilmentepreparata prima, dopo il risultato delle elezioni, quando èandata in onda, è sembrata correre in soccorso dei vincitori.Ben venga comunque anche lo scandalo, se serve a far par-lare, e magari a discutere, dell’urbanistica e dei problemidelle città, temi che in genere non godono di audience cosìampia, salvo quando si toccano i “centri storici”, o magari il“paesaggio toscano”. A parlare, insomma, di temi consideratiin genere noiosi, e difficilmente “comunicabili”.Un po’ meno bene, forse, se si mischiano troppo le carte. Adesempio, attribuendo alla cattiva amministrazione del singo-lo Comune – o comunque dando così a intendere – situazio-ni e condizioni che per il nostro paese sono di fatto ormaistrutturali. Scoprire, anche attraverso confronti internazio-nali (Parigi, Madrid, Londra), che nel nostro paese mancanopolitiche per l’abitazione sociale da venti anni, e politicheurbane almeno da settanta, è un po’ come scoprire l’acquacalda. Così come scoprire che diversa è altrove la fiscalitàlocale, in qualche modo anche il “regime dei suoli” (comun-que acquistati a prezzi di mercato), il cosiddetto “sistema dipianificazione”, l’efficienza delle amministrazioni e quelladella giustizia. Per tacere dell’abusivismo, e dei condoni, ter-mini che facciamo perfino fatica a tradurre in altre lingue.Acqua calda, se si vuole, anche che a Roma i traffici ediliziabbiano sempre avuto un peso strutturalmente maggiore chein altre città.Nessuna difesa d’ufficio, comunque, delle (pen-)ultimeamministrazioni romane, per altro tra loro alquanto diverse– se non altro per attivismo e determinazione – e comunquearticolate al loro interno, e tanto meno del “nuovo piano”che faticosamente sono riuscite a mettere insieme: in unnumero certamente eccessivo di anni – e negli anni cambiaanche il mercato, naturalmente – sotto la pressione, peraltro sostanzialmente inevitabile, dei “diritti pregressi” deiproprietari di aree. Infine, pagando agli stessi un prezzo,probabilmente eccessivo, che l’abbozzo delle pratiche “com-pensative” messe in campo “in corso d’opera” ha consentito,forse, un po’ di “spalmare”, e un po’ di dilazionare, ma nondi “cancellare” del tutto.

Paolo Avarello

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all’inizio, già nella fase di realizzazio-ne, ma ancor più in quella di gestionee di consolidamento del capitale rela-zionale. In definitiva, lavorare per ridurre laforbice dell’incertezza senza rinunciarealla flessibilità significa mettere afuoco priorità strutturali, funzionali etemporali stabilendo regole di contestoe di processo, relativamente ad esem-pio agli oneri aggiuntivi da reinvestiresotto forma di prestazioni urbane loca-li, in cui il ruolo dell’amministrazionecome primus inter pares si impongacon trasparenza e autorevolezza.Il compito è tutt’altro che facile, comedimostrano i contributi raccolti. Al dilà delle aspettative messianiche chehanno decretato il successo della rige-nerazione urbana, locuzione vaga einclusiva che va a sostituire i più pre-cisi e limitati recupero, riqualificazione,riuso, le pratiche in corso, nel mostrarela inevitabile forbice tra efficienza edequità, propongono altre associazioninon meno problematiche, come com-petitività/coesione, partecipazione/par-tenariato, government/governance,rappresentanze/rappresentazioni. E’ un invito a prendere le distanze dafacili ottimismi o da soluzioni precosti-tuite fortemente marcate dall’ideologia,considerando e ponderando gli inevita-bili meccanismi di trade-off che ognipolitica urbana comporta.

* Università di Roma Tre.

Rigenerazione urbana. Scenari, strategie, strumentiAnna Laura Palazzo*

“Certezza” sta allora per garanzia delleregole e modalità fondamentali di unasorta di “road map” della trasformazio-ne, tra cui il rispetto della tempistica ela precisazione di quelle opzioni strate-giche connotate da più forte incisività,come le opere di interesse pubblico o ilpotenziamento infrastrutturale, chenelle esperienze condotte, ben lontanedal modello dirigista gestibile con unminimo di interferenze esterne, costi-tuiscono non di rado occasione di con-flittualità elevata e di stallo decisiona-le: ciò chiama in causa, evidentemente,attendibili valutazioni di sostenibilitàin senso lato, oltre che di fattibilitàtecnica e finanziaria, sin dalla fase ini-ziale dei programmi.Il requisito della flessibilità, invocatoin relazione alla mutevolezza dei con-testi e alla gestione degli imprevisti,sacrifica i consueti vincoli delle “unità”- unità di tempo, di luogo e di azione -, che almeno in linea teorica assicura-vano “certezza” nei procedimenti tradi-zionali, in favore di laboriose attivitàdi concertazione e valutazione dei pro-grammi per singoli stadi di avanza-mento, stabilendo diverse temporalitànell’attuazione e coordinando soggettidistinti portatori di esigenze di fruizio-ne svariate e simultanee per evitare ilrischio della monofunzionalità: così ilparadigma della mixité, fatta di prossi-mità o convivenza tra attività di diver-so segno (pubbliche e private; o anco-ra, tendenzialmente inclusive e tenden-zialmente esclusive), invita a costruiregovernance di attori che pongano ipresupposti di complesse “identità diambito urbano”, tutt’altro che scontate

La rigenerazione urbana si èaffermata in tutta Europa facendoleva su politiche che coniugano“certezza” (le regole connesseall’assegnazione di usi e diritti) e“flessibilità” (connaturata a undisegno strategico piuttosto che aun land use plan), superandol’impasse di una pianificazione ditipo tradizionale dove lepreoccupazioni di conformitàformale prevalgono sulle prestazionisostanziali attese. Anche in Italia, pur nella diversitàdegli scenari trasformativi, lepratiche di rigenerazione della cittàesistente, tanto entro i progettiurbani che attraverso strumenti ditipo ordinario, condividono l’esigenzadi incorporare obiettivi di naturastrategica accanto ai consuetimeccanismi di regolazione. I contributi che seguono provano aragionare sulla rigenerazione comespazio per eccellenza dellainterazione tra civitas e urbs nellaprospettiva di una valorizzazioneequilibrata di entrambi i fattori,sulle capacità di visione e gli scenariassociati, su strategie, strumenti epolitiche per trattare gli inevitabilitrade-off dei processi innescati.

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- la delocalizzazione delle attivitàindustriali ha reso obsoleti molti spaziproduttivi localizzati spesso in areeurbane divenute semicentrali rendendonecessaria la loro conversione e lariqualificazione dei siti.Questi cambiamenti e la conseguentearticolazione del mercato immobiliarecomplicano la gestione dei processi ditrasformazione e rigenerazione urbanarendendo cruciale la fase di definizionedella strategia.

La strategia e gli obiettivi

La strategia è il processo attraverso ilquale si perseguono degli obiettivi.Sono quindi gli obiettivi, la loro defi-nizione e condivisione il primo passodi un qualsiasi processo di sviluppo origenerazione urbana.Operare per obiettivi significa ancheragionare per obiettivi, il che sposta ilfuoco dell’attenzione dai procedimentiburocratici (che devono essere stru-mentali) alla sostanza della rigenera-zione: la visione di trasformazione, lemodalità e le azioni per realizzarla.Una strategia di rigenerazione urbanaper sua natura deve integrare la com-ponente di rigenerazione fisica e quellaeconomica e sociale. Per essere fattibilequesto tipo di attività deve esserecostruito in modo sostenibile sia dalpunto di vista economico che in termi-ni ambientali.L’amministrazione pubblica italiana,tuttavia, non è organizzata per funzio-nare per obiettivi bensì per competen-ze. Da qui una delle difficoltà di chi sioccupa nell’amministrazione di riquali-ficazione urbana nel raggiungere degli

L’approccio anglosassone: conoscere il mercatoGualtiero Bonvino*

all’esigenza di rendere liquidi i capitaliimmobilizzati in tali beni, produconouna crescente separazione della figuradell’utilizzatore e del proprietario;- l’evoluzione dei mercati finanziari haprogressivamente attratto gli investitoriverso beni immobiliari, considerandolialla stregua di asset finanziari, quindivalutabili in termini di flussi di cassagenerati e incrementi di valore capita-le; grazie alla maturazione dei mercatiimmobiliari ed alla sterilizzazione delrischio cambio dovuto alla MonetaUnica Europea anche l’Italia ha comin-ciato ad attrarre investitori stranierispecializzati;- la capacità di creare “luoghi”, graziead un mix funzionale vitale, alla capa-cità di stupire di un’architettura land-marking e alla fruibilità dello spaziopubblico, è diventato elemento indi-spensabile per la riuscita economica diogni operazione;- le pratiche di negoziazione fra i sog-getti privati e le autorità pubbliche e leforme di partenariato nei processi dirigenerazione urbana sono diventatesempre più frequenti anche a causadella riduzione delle risorse pubblichedestinabili a tale scopo;- gli utilizzatori di spazi ad uso ufficiosia pubblici che privati, spinti dallacrescente competizione internazionalea razionalizzare i costi operativi, ten-dono ad ottimizzare gli spazi occupatiper le loro attività sia in termini quali-tativi, per esempio con la scelta dilayout più efficienti, che quantitativi,focalizzandosi sulle necessità reali delleattività lavorative e massimizzando ilworkable space;

L’esperienza maturata nel mondoanglosassone e l’approccio che ne èderivato, rappresentano uno dei puntidi riferimento nella pratica e nella teo-ria della rigenerazione urbana, sia perla numerosità degli interventi che perla qualità delle soluzioni adottate. Questo approccio scaturisce da unarealtà nella quale la filiera di trasfor-mazione del territorio è, per certi versi,più matura di quella italiana, con ruolie competenze più articolati e definiti.Questo articolo concentrerà l’attenzio-ne su alcuni di questi aspetti, e in par-ticolare sul ruolo che gioca la cono-scenza del mercato immobiliare nelprocesso di pianificazione; in primoluogo nel mondo anglosassone e quin-di nel contesto italiano. Lo scenario di riferimento per i proces-si di trasformazione/rigenerazioneurbana è mutato negli ultimi anni inconseguenza dei cambiamenti chehanno interessato le economie mature:il processo di terziarizzazione e conse-guente de-industrializzazione, che haliberato spazi nelle città, la progressivainternazionalizzazione dei mercati, cheha liberato risorse e aperto le impresead un contesto più competitivo, l’af-facciarsi di nuovi soggetti e prodottinei mercati finanziari ed il continuoprogresso IT, che ha influenzato l’orga-nizzazione e le modalità di lavoro.Questo quadro di macro cambiamentiha prodotto numerosi impatti anchesul mercato immobiliare europeo editaliano, fra i quali:- l’esigenza di maggiore flessibilitàoccupativa e localizzativa da parte degliutilizzatori dei beni immobiliari, insieme

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Urbanistica INFORMAZIONI

le componenti fondamentali e le lineeguida per lo sviluppo argomentando lescelte;- tale forma proposta alla PA è spessoformulata da un architetto o nelmigliore dei casi da un urbanista, chenon sempre hanno la necessaria cono-scenza del mercato. Il disegno diventapoi vincolante per un progetto di cuinon è stata ancora verificata la fattibi-lità.Di queste formalizzazioni preliminari sipercepisce la rigidità nelle successivefasi di verifica e affinamento del pro-getto limitando la possibilità di miglio-rarne la profittabilità e la qualità.Ad acuire gli effetti negativi di questadiscrasia tra esigenze del processo eprocedure nelle trasformazioni urbaneè la questione tempo. In particolare:- la distanza temporale tra progetto esua realizzazione spesso è incerta ren-dendo obsolete le analisi condotte asupporto del concept;- questa distanza fa perdere la tensioneprogettuale sia negli sviluppatori chenei progettisti che tendono quindi adisegnare progetti la cui finalità prin-cipale è l’approvazione amministrativa,quindi progetti di cubatura e non,paradossalmente, il posizionamento sulmercato del prodotto immobiliare;- collegato a questo secondo aspettoc’è poi il turn over dei soggetti coin-volti nel processo. Su orizzonti tempo-rali spesso decennali, gli operatori, iprogettisti, gli amministratori e politicicambiano, ed il processo di trasforma-zione rischia di allungarsi ulteriormen-te in quanto messo in discussione dainuovi soggetti coinvolti.Cercando di trarre delle raccomanda-zioni dalla comparazione con l’espe-rienza anglosassone si evidenzianoalcuni aspetti:- investire tempo e risorse economichenelle fasi iniziali del processo di tra-sformazione ed impostare la fase nego-ziale tra Amministrazione e soggettiprivati sulla definizione di obiettivi,vision e concept;- formulare accordi vincolanti tra pub-blico e privato solo sulla base di unavision condivisa e di un concept percui è stata verificata la fattibilità dimercato;- assicurare flessibilità nella definizio-ne dei volumi a vantaggio di una più

del mercato, ottimizzandone l’assorbi-bilità, riducendo quindi il rischio disviluppo e aumentando la profittabilitàe quindi la qualità dell’operazione. Insintesi questo approccio prevede:- valutazione del sito, individuazionedei vincoli e opportunità di sviluppoper l’area e definizione della vision disviluppo: analisi del sito (territorio,ambiente, infrastrutture…); contestostrategico e vision (il contesto pianifi-catorio, gli obiettivi delle politichepubbliche rilevanti…); valutazione delmercato e della domanda.- definizione del concept: definizionedi scenari alternativi di uso del suolo edi concept; valutazione della sostenibi-lità degli scenari (economica-sociale edi mercato, ambientale…); scelta del-l’opzione ottimale e definizione delleraccomandazioni per lo sviluppo delprogetto.A questo punto il processo continuaparallelamente su due scale diverse:- la prima riguarda il disegno delmasterplan e dell’urban design, dove lavision e il concept devono prendereforma in modo coerente ed efficace. Lequestioni riguardanti l’accessibilità, lavisibilità, la qualità dello spazio pub-blico sono fondamentali per la qualitàed il successo commerciale di moltetipologie di sviluppo; - la seconda riguarda la definizione deldevelopment brief del singolo prodottoimmobiliare (es uffici, commerciale,alberghiero, leisure…), cioè la defini-zione delle caratteristiche ottimali dalpunto di vista della localizzazione, del-l’accessibilità, del layout di pianta,delle specifiche tecniche e impiantisti-che, che il singolo edificio deve avereper incontrare al massimo le esigenzedegli utilizzatori e degli investitori.Appare evidente che esiste una distan-za tra l’approccio metodologico fin quidescritto e quanto avviene nel mercatoitaliano. In particolar modo le pratichenegoziali tra soggetti privati e pubblicaamministrazione presentano delle inef-ficienze di processo che inficiano spes-so la fattibilità dei progetti:- il rapporto tra pubblico e privatoviene spesso formalizzato (in ottempe-ranza alle normative procedurali) conla presentazione di un progetto diforma e quantità; non quindi su unavision e su un concept che identifichi

obiettivi che non siano ricadenti nelleproprie competenze e quindi di approc-ciare la trasformazione in modo inte-grato. La frammentazione dei processie delle competenze spesso porta al fal-limento della trasformazione in fasepre-costruttiva oppure nel momentodell’operatività. Per sopperire a questaframmentazione è necessaria una fortecapacità di regia sostenuta dall’esplici-tazione di una visione di sviluppo con-divisa che funzioni da filo rosso cheleghi e indirizzi il processo decisionalesin dalla fase di pianificazione, attra-verso la trasformazione e poi nella fasedi vita del progetto di rigenerazione.

La centralità della vision, del concept edel mercatoLa definizione della vision della tra-sformazione è il primo momento disintesi tra esigenze spesso contrastanti,è la scelta di una direzione, della voca-zione del luogo. È quindi in questafase che bisognerebbe iniziare la nego-ziazione tra pubblico e privato.Il concept è il primo passaggio di affi-namento di questa vision e quindi defi-nisce i principi dello sviluppo, le lineeguida, è una sintesi informata dallavoro di analisi. Il concept non èquindi disegno (nel senso di design) mapresuppone una profonda conoscenzadel territorio, della struttura economicalocale e delle esigenze localizzativeoccupative dei potenziali utilizzatorifinali del prodotto immobiliare. Laconoscenza del mercato è quindi unelemento fondamentale per plasmareun concept di successo. Il concept defi-nisce le caratteristiche dell’operazionedi sviluppo/risviluppo così da favorirnel’allineamento alla domanda di merca-to e quindi a garantirne la sostenibilitàeconomica. Immaginare ad esempio lariqualificazione di un quartiere degra-dato attraverso l’iniezione di spazi/fun-zioni per le quali non c’è mercato, perassenza di domanda o eccessiva con-correnza, potrebbe essere fallimentare.L’operazione si fermerà per assenza dioperatori interessati a svilupparla.

L’approccio Un approccio interessante mutuatodall’esperienza anglosassone prevededelle fasi di ottimizzazione progressivadel progetto: allineandolo alle esigenze

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di cui il termine gentrification è porta-tore; distinguere il piano fenomenolo-gico da quello delle politiche; infineriflettere sulla compresenza come unfatto da evitare: il fenomeno di gentri-fication è ciò che si dovrebbe evitare, enon perseguire, nei programmi di rige-nerazione urbana.Per decostruire alcune sovrapposizioniconcettuali è necessario in primo luogorestituire al termine gentrification ladenuncia sociale di cui è portatore.Negli anni recenti, infatti, è stato uti-lizzato indiscriminatamente per descri-vere forme molto diverse di cambia-mento e ha allargato la sua caricasemantica fino a perdere la sua origi-naria carica espressiva. L’uso di questoneologismo negli anni Sessanta, insie-me ai concetti di class e displacement,dichiarano fin da subito la marcatadenuncia sociale di cui la parola gen-trification si faceva portavoce: la ten-denza progressiva della città a diventa-re sempre più selettiva nei confrontidelle classi sociali più svantaggiate. Iltermine nasce infatti per descrivere ilprocesso, seppur inizialmente lento, disostituzione degli abitanti di un’areada parte di una neo-borghesia affluen-te.Successivamente è stato oggetto di unaricca letteratura e di strumentalizzazio-ni ideologiche diventando portatore diun preciso modo di guardare alla cittàe all’urbanistica: una città sempre piùdisuguale e “una urbanistica dell’ingiu-stizia” prodotta da processi ciclici eautorinforzanti di investimento sullerendite posizionali. Questo punto divista, noto come approccio politico-

Gentrification non è rigenerazioneSandra Annunziata*

Nella storia della città il rinnovamentoè un fatto del tutto naturale, e dadiversi decenni, re-inventare la città“che c’è” sul piano estetico e formale èl’imperativo categorico per risollevarneanche le sorti economiche e sociali. Diseguito si propone di scandagliare irisvolti di quello che viene general-mente assunto come un portato inevi-tabile di tali processi: il binomio gen-trification-rigenerazione urbana.Nell’ottica della città che reinventa sestessa, si è iniziato ad accettare il pro-cesso di gentrification come un inevi-tabile processo di ricambio sociale ecome un’opportunità di rigenerazioneper interi quartieri e porzioni di città.Si tratta in particolare di una tendenzache la scuola politico-economica neomarxista, a cui fanno capo Neil Smithe David Harvey, definisce “naturalizza-zione del processo di gentrification”,che raggiungerebbe il suo apice nel-l’eufemismo di “rigenerazione urbana”. Nonostante la forza ideologica ed eticadi questa tesi, che ha il merito di averfatto luce sulle iniquità di alcuni pro-cessi di trasformazione urbana, lacoincidenza tra gentrification e rigene-razione non è cosi ovvia e non deveessere data per scontata.Con questo contributo ci si propone difornire alcune precisazioni concettualiche consentono di affermare che ilfenomeno di gentrification non è e nondeve essere uno dei modi della rigene-razione urbana, né va confuso conessa.A questo fine si propongono tre nodidi riflessione: recuperare le radici di undibattito e restituire la denuncia sociale

precisa definizione di requisiti qualita-tivi sul design e linee guida di proget-to;- semplificare le procedure per conte-nere i tempi della trasformazione suorizzonti controllabili, sia dal punto divista del mercato che dei soggetti coin-volti;- allargare la rosa delle competenze dacoinvolgere nel processo di trasforma-zione, affidando un ruolo più impor-tante, nelle fasi iniziali, alle competen-ze economiche e di real estate e unamaggiore specializzazione delle figuresia dell’urbanista che dell’architetto perla definizione del Masterplan, dell’ur-ban design e dei layout specifici deisingoli prodotti immobiliari.

* Development & Regeneration Advisory Jones LangLaSalle.

Rigenerazione urbana

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Urbanistica INFORMAZIONI

la tesi smithiana, ammettendo implici-tamente che gli aspetti positivi, tra iquali un generale miglioramento dellearee residenziali e l’opportunità di cre-scita economica, comportino dei costisociali inevitabili. Nel momento stesso in cui descriviamoquanto avviene nelle città italianecome gentrification, implicitamente nedenunciamo la progressiva selettività, eprendiamo coscienza di un’anomaliadel mercato, sempre più erosivo edescludente: condizione questa che larigenerazione urbana, e gli strumentiurbanistici atti a perseguirla, dovrebbe-ro evitare in quanto politiche. Se que-sta denuncia non si addice al contestoitaliano, sarebbe invece opportunodotarsi di nuovi codici di interpretazio-ne del cambiamento che offrano unadescrizione densa dei fenomeni cheavvengono nella città.Infine l’ultimo punto sul quale è oppor-tuno riflettere per scompaginare lesimilitudini tra gentrification e rigene-razione è nelle, eventuali, compresenze.I programmi di rigenerazione urbanasono stati accusati di strumentalizza-zione, da parte delle politiche e deipolitici, della “capacità rigenerativa”dell’attore privato nella determinazionedelle trasformazioni urbane, e di favo-rire, invece che contrastare, il fenome-no di gentrification. Laddove si sianoavviati programmi di rigenerazioneurbana non dovrebbero verificarsifenomeni di gentrification; la loro com-presenza è un problema perchè prevedeun certo consenso negli effetti di selet-tività ed esclusione tipici di questofenomeno: il ricambio sociale, l’apertu-ra di nuove attività e il miglioramentodelle condizioni edilizie dell’area nonpossono essere le uniche logiche deiprogrammi di rigenerazione.Mentre sul piano fenomenico sarebbesufficiente dotarsi di nuove descrizionidei processi che investono la città e diuna lettura attenta delle forme sponta-nee di rigenerazione, la coincidenza tragentrification e rigenerazione è inac-cettabile sul piano delle politiche per-ché implicherebbe, dandolo per sconta-to, un processo disuguale di sviluppo.In questa prospettiva i programmi dirigenerazione perderebbero il loro sta-tuto di strumenti di gestione del terri-torio.

ne urbana è distinguere il piano deifenomeni da quello delle politiche.Di recente in Italia, uno spontaneo erinnovato interesse per alcune porzionidi città è stato descritto con il terminegentrification e allo stesso tempoaccolto come una forma di dinamismourbano allo stato nascente salutare perl’economia locale. Esso viene utilizzatoper descrivere lo spazio urbano che stacambiando, in relazione alla sfera deiconsumi e dell’intrattenimento, degliimmaginari e del punto di vista dellepopolazioni che lo “abitano”, mentrerecentissimi sono gli studi che si occu-pano delle forme di selettività associa-te. Tra i più noti il Quadrilatero diTorino (Semi, 2004), il Ticinese aMilano (Bovone, 2005), il quartiereIsola a Milano (Diappi, Bolchi, Gaeta,2007), il Pigneto a Roma (Scandurra,2005), il centro storico di Genova(Gastaldi, 2003). L’uso del termine gentrification in que-sti contesti è problematico, ma ancorpiù problematica è la compresenza,anche se solo sul piano delle idee, traforme di rigenerazione spontanee edeventuali forme di gentrification. Ingenerale, questa fioritura dei quartieridelle città italiane è vista come unaforma salutare di riattivazione dell’eco-nomia locale e di ri-nascita dei quar-tieri, in qualche modo simile ad unarigenerazione urbana spontanea.Quando la rigenerazione è spontanea,essa non è necessariamente una formadi gentrification, ma non è nemmenol’esito della gestione di un processo. E’l’esito di un atteggiamento politico chelascia che il mercato privato della casae delle attività commerciali sempre piùricercate risollevi le sorti di un’area. In quest’ottica è opportuno sottolineareche il fenomeno di gentrification, conil quale si descrive la fioritura e larigenerazione spontanea di questeunità minori della città, non è unapolitica quanto piuttosto un vuoto dellepolitiche: e, nonostante le posizionieconomico-politiche sostengano il con-trario, la gentrification non è e nondeve essere considerata nemmeno unastrategia. Considerarla uno dei modidella rigenerazione e un atteggiamentoprogrammatico da parte dei decisorilocali significa sposare l’ipotesi di un’“urbanistica dell’ingiustizia” e accettare

economico al processo digentrification, ha caratterizzato il ter-mine caricandolo di una forte connota-zione ideologica e di classe. Altre spiegazioni, sebbene più modera-te, affidano un ruolo significativo allaclasse sociale responsabile del processoe depositaria di quei valori culturali edelle preferenze in grado di scolpirelentamente il significato simbolicodello spazio urbano: la nuova classemedia. La connotazione di classe èquindi uno dei caratteri fondativi delprocesso di gentrification, fin quibanalmente inteso come la sostituzionedi una classe sociale con un’altra piùbenestante.Tuttavia questo termine veicola anchealtri significati. Implica il migliora-mento complessivo delle condizioni diun’area, una certa riqualificazione edi-lizia (rehabilitation) ad opera di inve-stimenti privati e l’allontanamentodegli abitanti a reddito basso e fisso(displacement) che non sono più ingrado di fare fronte all’aumento deicanoni di affitto, esito della valorizza-zione dell’area. Un processo ciclico,autorinforzante, che ha come risultatoil miglioramento delle condizioni diun’area a discapito dei residenti piùsvantaggiati e, per questo, consideratopoco equo. In quest’ottica la parola gentrificationha in sé la peggiore delle condanne: laperdita dell’anima di un quartiere, ildepauperamento delle caratteristiche (edegli abitanti) depositarie dell’autenti-cità e del sapore della città. Sebbene la riqualificazione, a costozero in quanto prodotto della somma-toria d’investimenti privati individuali,possa apparire un esito collettivamentecondivisibile, ciò non può prescinderedall’istanza pubblica di cui la discipli-na urbanistica è portatrice.Nella denuncia sociale si trova quindila prima ragione di distanza dai pro-grammi di rigenerazione urbana che inepoche più recenti mirano a risollevarele sorti di un’area anche e soprattutto avantaggio di chi ci vive. Il passo com-piuto dai programmi integrati, dariqualificazione a rigenerazione urba-na, è proprio in questo senso.Il secondo nodo sul quale si deveriflettere per sottolineare le dovute dif-ferenza tra gentrification e rigenerazio-

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città, costruiscono nuove polarità enuove connessioni a scala metropolita-na. Gli insediamenti produttivi delPoblenou, che permetteranno di crearenella zona più di centomila nuovi postidi lavoro, il recupero di 4.600 alloggi ela costruzione di un numero pressochéequivalente di nuove abitazioni, la rea-lizzazione di spazi verdi per 114.000 mqe di 145.000 mq di attrezzature e servizipubblici, modificano la geografia econo-mica della città. Barcellona sta cambian-do rapidamente la sua specializzazioneproduttiva nella rete delle città metropo-litane: quasi due terzi delle esportazioniriguardano beni a contenuto tecnologicoalto o medio-alto. Il futuro della suacompetitività dipende, dunque, in buonamisura, dalla capacità di intensificare leattività industriali e di servizio connessealle nuove tecnologie ICT.

Una variante di piano per la costruzionedella “ciutat digital”Il documento Criterios, objectivos ysoluciones generales de planeamiento dela renovación de las àreas industrialesdel Poblenou, pubblicato dal Municipiodi Barcellona nel 1998, segna l’avvioper il definitivo cambiamento delle pre-visioni contenute nel Piano GeneraleMetropolitano del 1976. Uno dei contri-buti più importanti alla definizione dinuovi indirizzi di pianificazione è datodal Cercle digital, composto da espertiin settori come l’urbanistica, le tecnolo-gie dell’informazione, l’ecologia urbana.La difesa di un modello di città compat-ta e differenziata, secondo il Cercledigital, è la condizione affinché il

22@BCN: ripensare la città dell’etàindustrialeFederica Zampa*

Il progetto “22@Barcelona”, coniugandostrategie di sviluppo economico e politi-che di rinnovamento urbano, trasformale aree industriali dismesse del Poblenouin spazi per l’economia della conoscen-za.Il Poblenou costituisce oggi una dellearee più dinamiche per lo sviluppo diBarcellona, e si candida a divenire laprincipale piattaforma economica e tec-nologica non solo della città ma dell’in-tera Catalogna. Motore di questa strate-gia è il progetto “22@ Barcelona”, unprogetto di rigenerazione urbana chereinterpreta la storia e le potenzialità diun insediamento industriale di 200 etta-ri, in progressivo declino dagli anni ‘60,in un innovativo distretto produttivo,dotato di infrastrutture di eccellenza, ingrado di offrire al mercato dell’economiadella conoscenza più di 3 milioni di mqdi spazi moderni, tecnologici e flessibili.L’area, per la sua stessa posizione, faparte di un più ampio disegno strategicoelaborato per il settore orientale diBarcellona, un triangolo costituito dalcorridoio ferroviario della Sagrera, dallaRambla de Prim e dalla estensionedell’Avenida Diagonal fino al mare,mentre i vertici sono segnati dallanuova stazione per l’alta velocità, la cuirealizzazione è compresa nel Plan SantAndreu-Sagrera, dalla Plaça de lasGlorias e dall’area del Forum 2004, chesi riallaccia alle sistemazioni del FrontMaritim, da un lato, e a quelle previstelungo il fiume Besos, dall’altro. Lenuove centralità definite da questi inter-venti, i grandi progetti legati alle infra-strutture, insieme al piano del Delta delLlobregat nella parte occidentale della

L’imperativo diffuso della rigenerazio-ne: risollevare le sorti di un’area dalpunto di vista economico, fisico esociale, al fine di migliorare la qualitàdella vita degli abitanti, di creare con-senso collettivo e di attirare nuoveattività commerciali e nuovi investi-menti, non può e non deve prescinderedalla ricerca di equità sociale.Inoltre la rigenerazione urbana non èsolo diversa dal fenomeno di gentrifi-cation per il suo carattere programma-tico ma lo deve essere negli esiti.L’effetto gentrification non deve essereinteso come uno dei modi della rigene-razione urbana, ma come uno degliesiti da contenere, e questo aspettodovrebbe essere tenuto presente findalle prime formulazioni dei program-mi di rigenerazione anche e soprattuttoquando questi agiscono sulla cittàpubblica.Infine anche il fenomeno di gentrifica-tion lascia un margine d’azione al pro-getto locale: non è una frontiera, unalinea netta tra giustizia e ingiustiziasociale, ma uno spessore, nello spazioe nel tempo, in cui i programmi digovernance urbana sono interpellatinella gestione di problemi differenti ecomplessi che il fenomeno stesso digentrification solleva, che non sonosemplicemente da intendere come lacapacità delle logiche imprenditorialidi contribuire alla rigenerazione dellacittà.In quest’ottica gentrification e rigene-razione hanno un solo elemento incomune: essere una opportunità digestione del cambiamento.

* Dottoranda presso il Dipartimento di Studi Urbanidell’Università di Roma Tre.

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funzioni urbane - residenziali, produtti-ve, di servizio, - in un tessuto ibrido,rispettando la morfologia storica delquartiere.La morfologia del Poblenou è il risultatodi un lungo e complesso processo. Essaè caratterizzata dalla contiguità di edificiindustriali, residenziali e di servizio,molto variabili per dimensioni e forme.Il tessuto urbano è irregolare, pocoomogeneo, segnato da discontinuità erotture. Le ciminiere in mattoni e quelloche resta dell’architettura industriale diun tempo si giustappongono, senzasoluzione di continuità, lungo le strade,dando luogo ad un paesaggio mutevole,caratterizzato da una grande ricchezzadi immagini, di contrasti e di forme.I vari piani di rinnovamento urbanodefiniscono i tracciati e le forme dellatrasformazione, compresi i criteri diordine morfologico, tipologico e spazia-le. Nuovi edifici sorgono così accanto avecchie fabbriche restaurate, ribadendoil layout preesistente e la specificità diquesta parte della città. Viene conferma-ta la morfologia legata ad una strutturaproduttiva che ha occupato l’area peroltre un secolo e mezzo. Spazi pubblici espazi privati interstiziali si mescolanonella forte struttura della maglia dell’en-sanche. Si realizza, in definitiva, un tes-suto funzionalmente stratificato e for-malmente complesso. La Variante riconosce in quest’area unascarsità di infrastrutture, evidentementeincompatibile con le trasformazioni pre-viste e, proponendo la redazione di unapposito Plan Especial deInfraestructuras (PEI), afferma la neces-sità di un approccio non settoriale. IlPlan Especial de Infraestructuras defini-sce un nuovo modello di organizzazionedel sottosuolo e di gestione delle reti,che sia di incentivo alla localizzazionedelle nuove attività. Le opere cosiddette“strutturanti” rappresentano il 30% deltotale e costituiscono l’ossatura primariadelle reti. Sono realizzate indipendente-mente dai ritmi di sviluppo edilizio, anzigarantiscono la presenza di servizi ainuovi insediamenti. Le opere cosiddette“derivate”, ovvero le connessioni allereti strutturanti, il restante 70% del fab-bisogno previsto, sono realizzate inparallelo alla costruzione o alla ristrut-turazione degli edifici. La strada, spazio pubblico per eccellenza

poter fruire dei diritti edificatori, devonoincludere nei loro progetti attività @ inmisura non inferiore al 20%. Ai cosid-detti Servizi 7@ - servizi a supportodelle attività produttive - è destinato il10% dell’area di intervento. Sono i luo-ghi dove concentrare le attività di for-mazione, ricerca e diffusione delle nuovetecnologie, promuovere la collaborazio-ne tra settore pubblico e settore privato,l’interazione tra università, imprese, cen-tri tecnologici. Numerosi centri di for-mazione e di innovazione sono già attivie altri sono in costruzione. In particola-re, nel settore nuovi media, è da segna-lare l’apertura, prevista nel corso del2008, del Parc Barcelona Media, uninsediamento pluridisciplinare di 60.000mq, posto lungo l’Avenida Diagonal, nelquale troveranno sede aziende del setto-re audiovisivo, istituzioni universitarie,centri di ricerca e per il trasferimentotecnologico, incubatori d’impresa, resi-denze temporanee, spazi espositivi.

Criteri, tempi e strumenti (non conven-zionali) per la “riurbanizzazione” di unaparte di cittàIl Progetto 22@ rifiuta la monofunzio-nalità industriale prevista dal piano del1976 e definisce un nuovo concetto dispazio produttivo ispirato ai criteri dellamixité. Non fissa una zonizzazione det-tagliata del territorio, afferma piuttostoun sistema di trasformazione flessibile, apiù livelli, volto a favorire lo sviluppo diinterventi di diverse dimensioni e la rea-lizzazione di edifici con un vasto assor-timento tipologico, tali da risponderealle richieste di qualità, di funzionalità edi rappresentatività dei potenziali utiliz-zatori finali. Il Progetto 22@ ricerca l’integrazionetra gli elementi propri dell’identità stori-ca dell’area e i nuovi interventi. La con-tinuità con la maglia viaria del piano diCerdà diventa un fattore di unità checonsente una distribuzione più liberadegli edifici all’interno di ciascun isola-to. Il progetto è flessibile perché prevedeuno sviluppo progressivo del Poblenou,integra le preesistenze, non definisce apriori e in dettaglio le condizioni morfo-logiche delle trasformazioni. In questosenso, esso consente che i diversi inter-venti si adattino meglio, di volta involta, ai rispettivi programmi funzionali.Tenta di integrare la nuova mixité delle

Poblenou possa aderire ad un nuovotipo di rivoluzione, quella tecnologica,dopo quella industriale del XIX secolo.Lo stesso studio Ciutat digital, precisan-do il modello di distretto produttivointegrato nel tessuto urbano, diviene labase concettuale e pratica dei nuoviorientamenti urbanistici.La variante al Piano GeneraleMetropolitano per il rinnovamento dellearee industriali del Poblenou - ovvero laModificación del PGM para la renova-ción de las zonas industriales delPoblenou - Districte d’activitats22@BCN - è approvata nel 2000. Essadefinisce le condizioni per l’attrazionenel Poblenou di attività in vario modolegate all’economia della conoscenza eall’universo digitale: di qui l’espressione“attività @”, attività che richiedono cen-tralità, un buon livello di infrastrutture,un ambiente urbano di qualità, unnuovo sistema di regole insediative. La trasformazione dell’area in un distret-to urbano della nuova economia richie-de un processo complesso ed innovativo,nell’ambito del quale diventano di cru-ciale importanza temi quali le strategiedi attrazione degli investitori finali, lafattibilità economica finanziaria, la pro-grammazione temporale delle azioni, glistrumenti della governance. Un ruolorilevante è assegnato alla ComisiónAsesora, una sorta di comitato di vigi-lanza sull’andamento del programma,che partecipa al processo di aggiorna-mento e di adattamento del catalogodelle attività @, esercitando in tal modoun monitoraggio costante sul rapportotra domanda e offerta insediativa. AllaSocietà municipale 22@Barcelona, crea-ta nel 2001, è affidato il compito di pro-muovere e gestire lo sviluppo di alcuniambiti di eccellenza. Sei aree, dislocatein punti strategici, funzionano da “con-densatori urbani”, capaci di stimolare, aloro volta, la riqualificazione di altreparti del territorio. Esse rappresentano il47% della superficie dell’intero distrettoe la loro trasformazione avviene attra-verso piani speciali (Planes Especiales) diiniziativa pubblica, realizzati in brevetempo. A questi settori strategici è asse-gnato il compito di garantire la leggibi-lità e la qualità della struttura urbana. L’attrazione delle attività @ nell’area èregolata da un articolato sistema di vin-coli e incentivi. I proprietari fondiari, per

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tieri e i distretti. Oggetto dell’azione sonoi distretti con particolare bisogno di svi-luppo, al fine di produrre politiche eazioni che possano portare ad una cittàsocialmente integrata e, innescando inte-razioni virtuose nelle realtà locali, otte-nere uno sviluppo duraturo di questepolitiche e azioni nel tempo. Tramite uno studio, l’ente di governodella città, in stretta collaborazione con iquartieri, ha identificato 33 aree con par-ticolari necessità. Marzahn NordWest4 èuna di queste e, con una superficie dicirca 250 ettari, è tra i quartieri piùgrandi di Berlino: ospita circa 23.000abitanti, e sta conoscendo intensi feno-meni di avvicendamento, con circa il37% dei preesistenti residenti insediatialtrove, e nuovi nuclei familiari che tor-nano ad abitarvi, sia per l’assenza ditraffico che per una qualità della vita, incerti aspetti, migliore. L’età media degliabitanti è molto bassa, 33 anni; diversemigliaia di abitanti sono tedeschi di ori-gine russa, mentre circa il 2% sonoimmigrati di altre nazionalità. Si tratta diun tessuto sociale misto e problematico,caratterizzato da diverse figure professio-nali (ad es. professori provenienti dallaRussia) e da molte famiglie con bambini.All’interno del programma “Die SozialeStadt” è stato organizzato in ognunadelle aree un “QuartiersAgentur”, unlaboratorio operante sul territorio delsingolo quartiere. Parole chiave di questainiziativa sono equità, integrazione,opportunità, partecipazione, formazione eintermediazione, allo scopo di orientarelo sviluppo futuro con criteri di sosteni-bilità; l’azione comprende tutti gli aspet-ti, sociali, economici, ecologici e urbani

Berlino. Marzahn NordWest, decostruzione e riqualificazioneAngelica Fortuzzi*

Per chi arriva con la metropolitana, laporta di accesso a Marzahn, quartiere adest di Berlino, è la fermata diAhrensfelde. Le prime impressioni suMarzahn sono: spazi ampi; la presenzadi architettura ed edilizia popolare socia-lista, costruita negli anni ’70 sotto laDDR; gli interventi recenti, che parlano illinguaggio della contemporaneità. Lagrande arteria di Havemann Strasse sud-divide quasi in maniera simmetrica ilquartiere di Marzahn NordWest (fig. 1)1.La riqualificazione del quartiere parte dauna situazione di forte disagio sociale eambientale che risale alla metà deglianni ’90. In quel periodo numerosi fattoriprovocarono cambiamenti nella strutturasociale di alcuni distretti di Berlino; traquesti le difficoltà economiche, la cre-scente povertà e disoccupazione, lamigrazione della classe media, problemietnici e una forte espansione dell’ediliziaabitativa, motivata dalle previsioni diuna grande crescita demografica. Questifatti innescarono un fenomeno di pola-rizzazione delle classi sociali in determi-nate aree della città: in tal modo il tessu-to sociale non era più miscelato ma con-centrato per censo nelle diverse zone; iceti più abbienti tendevano a spostarsi incampagna, mentre il centro e altre zonedella città rimasero abitate da quelli piùpoveri. Su questa realtà nel 1999 è statoavviato il programma “Die Soziale Stadt- Gebiete mit besonderemEntwicklungsbedarf”2, con finanziamentinazionali, federali ed europei (FESR -Fondo Europeo di Sviluppo Regionale)3.Il programma è coordinato dal Senato diBerlino e dal Dipartimento per loSviluppo Urbano in accordo con i quar-

nella ricerca che Barcellona conduce daanni, nel distretto 22@ è anche elemen-to conduttore e integratore di altri cana-li. La maglia viaria vincola il disegnodelle reti energetiche ed idriche, delletelecomunicazioni, della climatizzazione.Cambia il concetto tradizionale dellospazio pubblico come supporto delleinfrastrutture di servizio e si stabilisce ilprincipio generale che l’organizzazionedella distribuzione, degli allacciamenti,delle installazioni e così via, fino aipunti di raccolta dei rifiuti solidi urbani,sia spostata all’interno dello spazio pri-vato. Tutte le reti di servizio sono dotatedi canalizzazioni speciali, di gallerieperimetrali che collegano i vari isolati edi allacci disposti negli spazi interni aquesti ultimi. Vi è continuità, in questosenso, tra suolo e sottosuolo, tra la stra-da e l’interno degli isolati. Lo spaziopubblico della strada è “liberato” dallesemplificazioni dell’approccio funziona-lista e settoriale, preoccupato solo del-l’organizzazione della circolazione, dellagestione dei flussi, del disegno del trac-ciato e delle distanze di sicurezza. Sidefinisce un interesse per la tipologia ela topologia degli spazi delle reti tecno-logiche. Si colgono le relazioni tra ledimensioni di questi spazi e il comporta-mento degli utenti, si considera la diffe-renziazione degli spazi sulla base dellaloro posizione rispetto alla strada.L’attenzione all’estetica dello spazio pub-blico non si riduce al decoro. E’ atten-zione alla varietà: agli spazi di connes-sione, agli spazi di circolazione, agliaccessi esterni, agli spazi per i servizi,ecc. L’identità dello spazio pubblico deri-va dalla organizzazione della sua com-plessità.

* Dottore di ricerca, responsabile Urban Center Roma XI.

FontiAjuntament de Barcelona, Modificación del PGM parala renovación de las zonas industriales del Poblenou –Districte d’activitats 22@BCN, Barcelona 2000.Ajuntament de Barcelona, Plan EspecialInfraestructuras Poblenou, Normativa, Barcelona 2000.Planes de renovación urbana del Distrito 22@Barcelona, Barcelona 2005.Ajuntament de Barcelona, 22@ Barcelona. Estat d’exe-cuciò, Barcelona, 2007.A. Oliva, El districte d’activitats 22@bcn, CollecciòModel Barcelona. Quaderns de gestió n. 15, Aula,Barcelona 2004.A. Clos, “The transformation of Poblenou: the new 22@District”, in T. Marshall (ed.), Trasforming Barcelona,Routledge, London - New York 2004, pp. 191-201.www.22barcelona.com

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scuole e società immobiliari – organiz-zando forum e cicli di incontri per laformulazione di strategie per lo sviluppofuturo del quartiere. Per promuovere ilsettore occupazionale è stato aperto nelquartiere il “Job Gate MarzahnNordWest”, presso la sede delQuartiersAgentur; mentre il gruppoOutreach Team Marzahn Nord7 si occupadal 1997 della promozione dei giovani.Per quanto riguarda il costruito, le pro-prietà edilizie sono miste, tra privati,cooperative e stato; alcuni edifici di edi-lizia popolare socialista sono stati riqua-lificati con interventi sulle facciate; sualtri le operazioni sono state più innova-tive, come per Ahrensfelder Terrassen; oradicali, con demolizioni dove ci sonoappartamenti vuoti o anche edifici scola-stici non più in uso. I terreni così liberativengono recuperati per estendere le areesportive e verdi a disposizione del quar-tiere. Tra i blocchi di edifici sono statiattrezzati numerosi spazi per il gioco dibambini e ragazzi.L’immagine che si vuole dare di Marzahnè quella dei colori, che caratterizzano lariqualificazione dell’edilizia popolaredella DDR ma anche lo slogan scelto delQuartiersAgentur “marzahn nordwest -der stadtteil mit farbe”8, e della qualità,“Lieber besser leben als teurer wohnen”9. Ahrensfelder Terrassen rappresenta unesempio interessante di questa ricerca del“vivere meglio”. Parola chiave di questaoperazione è “riconversione” e riguarda

riguardano sia progetti sugli spazi pub-blici che iniziative economiche e sociali.Si attende che per il 2008-‘09 questeazioni siano in grado di auto-sostenersi.Il quartiere offre buone potenzialità disviluppo con la presenza di molte areeverdi e di gioco, una buona accessibilitàviaria, sufficienti strutture scolastiche ela vicinanza con l’area naturale diBarnim. Il QuartiersAgentur lavora astretto contatto con attori locali e stake-holder – abitanti, associazioni, industrie,

con la finalità di includere nel processodi pianificazione abitanti e istituzionilocali5. Il QuartiersAgentur, gestito da ungruppo di circa 3-6 persone, i“QuartiersManager” che lavorano sulposto, si occupa quindi di sviluppo urba-no, ma anche di avviare iniziative dipotenziamento dell’economia locale: inquesto modo è resa visibile sia la presen-za che l’azione del laboratorio sul territo-rio. Il processo di partecipazione haincluso tutti gli strati sociali, non solo leclassi povere ma anche quelle più bene-stanti: uno degli obiettivi è stato quellodi migliorare le condizioni abitative deigruppi più deboli – bambini, giovani,famiglie giovani e anziani – con loscopo di consolidare la struttura dellapopolazione.

Il metodo usato nei processi partecipati-vi: strategie di piccola e media scalaLavorare alla piccola scala è necessarioper poter arrivare alla gente; la parteci-pazione, a questa scala, è molto attiva,ma è importante stimolare la mobilita-zione, accrescendo il senso di coinvolgi-mento e di responsabilità degli abitantinella cura del proprio quartiere (self-empowerment)6; nelle strategie di mediascala il coinvolgimento è più passivo.A Marzahn le azioni previste dal“QuartiersAgentur Marzahn NordWest”,per lo sviluppo futuro del quartiere,

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Fig 1: L’area di Marzahn Nord Ovest (Da: www.quartiersmanagement-berlin.de).

Fig 2: Ahrensfelder Terrassen, i cantieri della decostruzione: gli edifici vengono “smontati” pezzo perpezzo, grazie agli elementi prefabbricati da cui sono costituiti (Da: www.marzahn-nordwest-quartier.de).

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attivati, sia per il rilevante ruolo dicoordinamento dei livelli di governoproponenti. Tra questi, la RegioneEmilia Romagna in Italia, e ancor piùla Danimarca, hanno avviato program-mi integrati per la rigenerazione urba-na nei quali possono essere riscontratealcune caratteristiche comuni:- in entrambi i casi il programma èpromosso da un livello superiore digoverno (nazionale/regionale) ma trovadiretta applicazione a livello locale,con l’erogazione di un finanziamentoai comuni, dietro presentazione di unprogetto che deve rispettare le indica-zioni date da un apposito bando pub-blicato a cadenza periodica;- i programmi si rivolgono ad unnumero complessivo di abitanti simile(la Danimarca ha 5,5 milioni di abitan-ti contro i 4,5 della sola EmiliaRomagna);- comprendono azioni finalizzate alrecupero fisico ma anche socio-econo-mico delle aree interessate, prevedendosinergie importanti con politiche estrumenti per lo sviluppo sostenibile

Il caso dell’Emilia Romagna

La Regione Emilia Romagna ha pro-mosso sul suo territorio un programmaper il sostegno della rigenerazione diaree dismesse e degradate nei principa-li comuni, attraverso la Lr 19/1998Norme in materia di riqualificazioneurbana, ulteriormente rafforzato dalrinnovo della legge urbanistica con laLr 20/2000 Disciplina generale sullatutela e l’uso del territorio.Ai bandi per i finanziamenti dei Pru(Piani di riqualificazione urbana) pro-

Politiche integrate in EmiliaRomagna e in DanimarcaFrancesco Musco*

Il concetto di rigenerazione declinatoin relazione alla città, tende ormai ariguardare il contesto urbano nel suocomplesso, in un intreccio di temi edi-lizi, sociali, ambientali, infrastrutturali,economici, architettonici, di qualitàdell’ambiente costruito. Va chiarito cheil recupero fisico della città non costi-tuisce l’unico obiettivo di processi dirigenerazione urbana; solitamente ai“vuoti fisici” lasciati dalle dismissioni edal degrado, seguono ripercussioninella struttura sociale, con alti tassi didisoccupazione e la presenza dei grup-pi sociali oggetto di marginalizzazionerispetto al resto della città (VicariHaddock, 2005). Un processo di rigene-razione urbana integrata deve quindiattivare le opportune interazioni conaltre politiche di settore, perseguendo ilrisanamento del tessuto fisico eambientale ma non trascurando laricostituzione delle reti sociali e le eco-nomie locali.A partire dalla seconda metà degli anninovanta diversi governi nazionali elocali hanno promosso, accanto aglistrumenti di piano normalmente previ-sti dalle legislazioni di riferimento, unaserie di programmi a carattere siastrettamente urbanistico ma anche piùorientati alle gestione e ai processi. Sifa spesso riferimento in questo caso aiprogrammi integrati e strumenti com-plessi che hanno contribuito ad arric-chire la pratica urbanistica, andandoprogressivamente ad intrecciarsi concoeve politiche per la sostenibilitàurbana. Nel contesto europeo si posso-no individuare numerosi casi rilevanti,sia per la consistenza dei programmi

un intervento su alcuni edifici di ediliziapopolare, che furono motivo di prestigioper la DDR perché costruiti con elementiprefabbricati. Il progetto ha avuto inizionel dicembre del 2003 e ha visto ladecostruzione di circa 1670 alloggi tra laHavemann Strasse e la RosenbeckerStrasse e la ricostruzione di circa 409appartamenti; il completamento dellaparte strutturale è avvenuto nell’estatedel 2005, unitamente alla sistemazionedegli spazi aperti e delle aree verdi, checompresero l’installazione di 180 nuovialberi e la piantumazione di essenzelungo gli spazi stradali10. Gli edifici preesistenti sono stati deco-struiti, smontando pezzo per pezzo glielementi prefabbricati da cui erano costi-tuiti, per essere poi ricostruiti parzial-mente, seguendo un differente schemamodulare, con un numero inferiore dipiani, da 3 a 6, e una diversa attenzionealla vivibilità degli appartamenti (fig. 2).Particolare attenzione è stata posta agliaspetti di risparmio energetico e ai prin-cìpi di bioedilizia, ad es. con la predispo-sizione di pannelli solari e con sistemiper la raccolta dell’acqua piovana.L’impressione che si respira a Marzahn èquella di un grande impegno e voglia difare, con l’obiettivo ambizioso di porsicome alternativa al centro.

* Dottore di Ricerca, Università Roma Tre.

Riferimentiwww.berlin.dewww.marzahn-hellersdorf.net www.marzahn-nordwest-quartier.de www.outreach-marzahn.dewww.quartiersmanagement-berlin.de www.sozialestadt.dewww.stadtentwicklung.berlin.dewww.wbg-marzahn.de

Note1. Impressioni dal viaggio studi “Riqualificazione urbanae partecipazione: l’esperienza di Berlino”. Berlino 29 set-tembre-7 ottobre 2005; organizzato da INU, Universitàdi Berlino, Senato di Berlino, DIFU.2. Trad. “Aree con particolari bisogni di sviluppo”; cfr. ilsito <www.sozialestadt.de> per maggiori informazioni eper un’ampia bibliografia, disponibile anche in inglese,sul programma “Soziale Stadt”, tra gli autori il DIFU -Deutsches Institut für Urbanistik.3. Cfr. il sito <www.quartiersmanagement-berlin.de>.4. Cfr. il sito <www.marzahn-nordwest-quartier.de>.5. Ibidem.6. Ibidem.7. Cfr. il sito <www.outreach-marzahn.de>.8. Trad. “Marzahn NordWest - Il quartiere colorato”.9. Trad. “Meglio vivere in modo migliore piuttosto cheabitare in modo costoso”.10. Cfr. il sito <www.wbg-marzahn.de>.

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ciente a fornire nuova qualità urbanaad aree della città che l’hanno persa.Con questo presupposto, nel 1996 ilgoverno danese presenta il programmanazionale Kvarterløft (“risollevare ilquartiere”) e l’anno successivo le primesette aree, di cui ben cinque aCopenhagen, ricevono i finanziamentiper avviare i progetti.Si possono individuare alcune caratte-ristiche base del programma nazionaledanese:1) innanzi tutto Kvarterløft funzionasecondo il principio area-based, indivi-duando in genere nella matrice urbani-stica delle città che ricevono i finan-ziamenti, quartieri a regime misto resi-denziale/produttivo;2) ha una funzione di raccordo, pro-muovendo il coordinamento tra gliattori pubblici che operano nelle aree;3) facilita l’analisi delle potenziali pro-blematiche dell’area a cui viene appli-cato;4) si basa su un processo partecipativo,che delega molte scelte agli attori loca-li, abitanti in primis.Il programma opera su quartieri didiversa dimensione: si passa infatti dai13000 abitanti delle esperienze svilup-pate ad esempio ad Aalborg, nel norddella Danimarca, ai 16000 abitanti inmedia di quelle di Copenhagen. Larigenerazione fisica di queste aree èl’ambito di maggiore azione del pro-gramma, anche se in realtà l’obiettivoè il recupero del tessuto socio-ambien-tale facendo leva sulla qualità dellospazio costruito. In alcuni casi poiKvarterløft si è anche concentrato suaree ghetto, caratterizzate da presenzadi popolazione a basso reddito e per lopiù immigrata.

Tab. 1 – Le risorse della Lr 19/1998 dell’Emilia Romagna distrubuite per provincia

Contributo regionale Contributo locale pubblico Altri contributi pubblici Contributo locale privato Totale

Parma 9.224.953,13 27.166.102,12 65.262.784,26 212.236.251,94 313.890.091,45

Forlì - Cesena 7.748.918,30 30.431.808,90 23.633.525,38 202.328.066,92 264.142.319,50

Bologna 23.180.651,40 22.416.525,06 106.404.772,97 69.402.505,69 221.404.455,12

Ferrara 8.080.484,65 14.120.562,59 23.479.793,73 2.499.699,45 48.180.540,42

Piacenza 2.506.365,33 3.290.701,74 3.126.557,69 3.687.708,21 12.611.332,97

Rimini 1.629.937,98 4.431.151,15 8.224.870,87 22.973.282,23 37.259.242,23

Ravenna 4.979.677,43 7.677.834,98 16.513.643,61 5.170.258,94 35.155.567,70

Reggio Emilia 2.829.150,89 11.472.984,22 13.382.610,68 8.455.814,42 36.140.560,21

Modena 8.304.626,94 10.875.080,56 16.019.607,29 1.276.000,00 36.475.314,79

(Fonte: Regione Emilia Romagna, 2008)

i cittadini possano trovare elementi diappartenenza in cui riconoscere la pro-pria comunità (Lavagnetta et al., 2005).Tramite la programmazione delle risor-se della Lr 19/1998 del settore per il2000-2005, la Regione Emilia-Romagna ha messo complessivamentea disposizione dei Comuni 70 milionidi Euro per i Programmi diRiqualificazione Urbana, attivandoinvestimenti privati per più di 800milioni di Euro. Sono stati finoraapprovati 60 accordi di programma,relativi ad altrettanti PRU con un con-tributo regionale complessivo di Euro68.484.766,07 per interventi riconduci-bili alle seguenti finalità: interventi diEdilizia residenziale pubblica, anche direcupero: 38,48%; interventi di ediliziaagevolata: 34,56%; interventi infra-strutturali, servizi pubblici e urbanizza-zioni: 26,9% (tab.1).L’orientamento verso le politiche dirigenerazione urbana in EmiliaRomagna è stato poi riaffermato anchenella Lr 20/2000, secondo la quale ènecessario “prevedere il consumo dinuovo territorio solo quando non sus-sistano alternative derivanti dallasostituzione dei tessuti insediativi esi-stenti ovvero dalla loro riorganizzazio-ne e riqualificazione”.

Il caso danese

L’idea che il governo danese ha dellarigenerazione è chiara: i suoli urbani (equindi edificabili) sono limitati perlegge, quindi prima di pensare aespansioni esterne alla città vanno per-seguite tutte le strategie possibili perrecuperare ed adattare l’esistente; spes-so però il recupero fisico non è suffi-

mossi tra il 1998 e il 2003 hanno par-tecipato 135 comuni della regione,andando ad interessare 2,8 milioni diabitanti. Tra tutte le proposte avanzatedai capoluoghi di provincia l’estensio-ne totale delle aree da rigenerare èstata di circa 5000 ettari, di cui 800 diaree produttive dismesse di ambitoindustriale. Infatti la maggior partedelle proposte ha riguardato interventiin quartieri residenziali di edilizia pub-blica, recupero di aree nei centri stori-ci, stazioni ferroviarie, aree per la logi-stica merci (Ave, 2003).I principali obiettivi generali contenutidella legge 19/1998:1) riqualificazione urbana;2) miglioramento della qualità ambien-tale e architettonica;3) superamento di fenomeni di abban-dono delle aree urbane, di degrado edi-lizio ambientale e sociale,hanno trovato risposta in differenticategorie di progetti di rigenerazioneurbana sostenuti all’interno della legge:a) il recupero dei “vuoti urbani”, areedelle città legate al mondo della pro-duzione industriale, convertendoli anuove funzioni legate alla residenza efavorendo un generale recupero dellacittà consolidata; b) la realizzazione di progetti sufficien-temente ampi da innescare effetti posi-tivi a livello urbano;c) la creazione o il recupero di spazipubblici e il miglioramento delle infra-strutture.Gli interventi di recupero delle areedismesse e abbandonate possono esserel’occasione per dare continuità allacittà pubblica con nuove centralità,che si configurano come i luoghi pub-blici della città post-industriale, in cui

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rispondere a questo limite intrinseco,estendendo l’applicazione di ogni pro-getto finanziato con i programmiKvarterløft in 7 anni, diluendo cosi l’a-zione di rigenerazione urbana nelmedio periodo e permettendo la sedi-mentazione di pratiche di pianificazio-ne specifiche nelle municipalità coin-volte.Probabilmente, nel caso italiano lapuntualità dei programmi complessi hain parte favorito la diffusione di pro-getti “occasionali”, solitamente definitiin concomitanza di bandi nazionali oregionali in vista dell’aggiudicazionedei relativi finanziamenti una tantum.

* IUAV di Venezia.

Riferimenti bibliograficiAve G. (2003), La riqualificazione urbana come buonapratica di sviluppo urbano e azione preventiva contromodifiche irreversibili del territorio, in Ave G. (a curadi), Sostenibilità ambientale e rigenerazione urbana,Alinea Editrice, Firenze.Cole I, Etheringhton D. (2005), NeighbourhoodRenewal Policy and Spatial Differentiation in HousingMarkets. Recent trends in England and Denmark,“European Journal of Housing Policy”, vol. 5, n. 1,77-97.Lavagnetto F., et al. (2005), Obiettivo città.Monitoraggio e valutazione dei Programmi di riquali-ficazione urbana, Regione Emilia Romagna, Bologna.Vicari Haddock S. (2005), La rigenerazione urbana:frammentazioni e integrazioni, in Bifulco L. (a curadi), Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti,Roma, Carocci.

IL 5 PER MILLEPER SOSTENERE L’INU

I costi dell’attività dell’Istituto Nazionaledi Urbanistica

L’attività culturale ed editoriale dell’INU èin costante aumento e rappresenta unimportante punto di riferimento per ildibattito disciplinare sulla pianificazioneurbanistica nel nostro paese.

Il “sistema INU” nello scorso anno ha rea-lizzato oltre 60 iniziative convegnistiche alivello nazionale e regionale, corsi di for-mazione per funzionari pubblici, ammini-stratori e professionisti.Alcune iniziative come Urbanpromo si sonoaffermate nel panorama nazionale comeeventi di grande rilievo per il dibattito sulletrasformazioni urbane.Le riviste Urbanistica, UrbanisticaInformazioni, Urbanistica Dossier eUrbanistica Quaderni sono ormai da moltianni un punto di riferimento per il dibatti-to disciplinare.Tutte queste attività vengono svoltedall’Istituto grazie al sostegno dei soci,mentre i contributi pubblici continuano adiminuire rendendo sempre più critico ilbilancio dell’Istituto.

Contribuite alle entrate dell’INU con il 5per milleAnche quest’anno è possibile contribuireall’attività culturale dell’Istituto attraversoil versamento del 5 per mille sull’impostaIRPEF dei contribuenti.

Come dare il 5 per mille all’INUPer effettuare il versamento del contributoa favore dell’INU basta compilare l’apposi-ta casella contenuta nelle dichiarazioni deiredditi riportando ilcodice fiscale dell’INU che è80206670582

Per qualsiasi informazione relativa al 5 permille è possibile contattare la segreteria alnumero 06/68801190-68809671

Per la gestione dei programmi, nei sin-goli quartieri vengono aperti i segreta-riati locali che oltre a svolgere compitidi promozione e organizzazione dellapartecipazione dei residenti, coordinanol’attuazione del progetto in tutte le fasitecniche, sia di progettazione che diassistenza ai lavori nell’area interessata.Al segretariato si affianca il comitato dicui fanno parte stakeholder locali, conun ruolo rilevante, visto che decidecome spendere i finanziamenti ricevuti,operando nell’ambito di limiti precisi econ un progetto attuativo supervisiona-to dal governo: l’80% del budget per ilrecupero fisico e ambientale dell’areacomprese le abitazioni, il 20% per ini-ziative di recupero sociale, promoziona-le e la gestione del processo. In questo senso la più recente strategiaurbana contenuta in Kvarterløft, sot-tende sia ideologicamente che filosofi-camente le nozioni di comunità e diautogoverno, forse nel senso più ampiodi responsabilizzazione diretta, all’in-terno delle città, facilitando cosi lacreazione di comunità sostenibili locali(Cole and Etherington, 2005).Questo aspetto conferma che il pianodi rigenerazione danese ha nella suacomponente di intervento fisico sull’a-rea l’azione preponderante, ma innescaun processo di forte legame con altriprocessi già in essere nelle aree in cuiviene applicato.

La rigenerazione urbana necessita distrumenti complessi

Le politiche per la rigenerazione urba-na integrata rappresentano un cambia-mento significativo rispetto alle politi-che per la rigenerazione a sola matriceautoritativa, perché l’abitante dellearee destinatarie diventa anche unattore sociale di importanza fondamen-tale perché cambia il ruolo degli attoriin tali processi.Volendo rintracciare un limite nei pro-grammi complessi, questo è sicuramen-te individuabile nella loro attuazione,solitamente legata all’erogazione dirisorse puntuali in un breve periodo ditempo, e nella mancanza di un disegnostrategico di insieme che, spesso, sitraduce in una scarsa integrazione coni sistemi di pianificazione ordinari. InDanimarca, ad esempio, si è cercato di

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soprattutto coinvolga le risorse che ilsistema locale può mettere in campo,senza alcuna distinzione tra pubblico eprivato”. Che si facesse sul serio lo dimo-strano alcuni fattori. In primo luogo ilforte impulso e la relativa autonomia,anche economica, attribuita al gruppo dilavoro regionale Inforum istituito con ilsupporto dell’Ervet e la collaborazionedella Facoltà di Architettura di Ferrara.In secondo luogo va ricordato che nellostesso numero del Bollettino ufficialeregionale (8 marzo 2000) in cui venivapubblicata la ripartizione dei contributiregionali ai Comuni per la formazionedei Pru (Dgr 8 febbraio 2000, n. 163),con uno sforzo non indifferente di inte-grazione intersettoriale, erano pubblicatianche i seguenti atti di programmazione:1) Programma 1999/2000 delle risorse diedilizia residenziale pubblica (contenentetra l’altro il bando per la realizzazione dialloggi sociali per cittadini stranieri), incui l’85% delle risorse del settore venivadestinato a finanziare interventi ricom-presi negli ambiti di riqualificazioneurbana individuati dai Comuni ai sensidella legge 19/1998;2) Direttiva per la presentazione e ilfinanziamento dei Programmi pilota voltial miglioramento della sicurezza deglispazi pubblici nelle città, ricompresi neiPru;3) Direttiva tecnica per la realizzazionedi alloggi con servizi per anziani nel-l’ambito del programma di interventipubblici di edilizia abitativa per il trien-nio 2000/2002. A tale impegno, che metteva in camporisorse per circa 100 milioni di euro, nonha forse corrisposto da parte delle ammi-

La Lr Emilia-Romagna sulla riqualificazione urbanaMichele Zanelli*

varando proprio in quegli anni con lalunga gestazione della legge 20/2000. Edaltrettanto esplicito risulta il richiamo,nella definizione del ruolo di indirizzodella Regione, alle scelte di prospettiva,individuate nel Piano territoriale regio-nale, per la tutela delle risorse del territo-rio in un’ottica di sviluppo sostenibile. Latendenza alla globalizzazione, già affer-matasi negli anni novanta, veniva coltacome motivo in più per esaltare la diver-sità tra le specifiche realtà locali ed ali-mentare il “grado di attrazione” dellecittà: all’identità di un luogo concorronofattori diversi, tra cui la dotazione diinfrastrutture e servizi, la capacità diaccoglienza, la tutela e la valorizzazionedel patrimonio storico, dei beni culturalie ambientali. E ancora: “la qualità degliinsediamenti costituisce di per sé unaattrattiva che le città devono giocaresulla competizione globale per attirarenuovi investimenti, nuove funzioni,nuovi abitanti…”

Come si vede, gli obiettivi e gli impegniche la Regione individuava con la legge19/1998, anche in rapporto al proprioruolo di governo, erano ambiziosi e pernulla “settoriali”. Si era consapevoli cheoccorreva un salto di qualità nell’azioneamministrativa e lo si dichiarava: “finorasi è agito collocando le risorse e renden-dole fruibili per programmi settoriali,preoccupandosi di gestirle secondo unalogica di equa ripartizione sul territorio;d’ora in avanti occorre individuare formee modi di programmazione integratadelle risorse, in una gestione a matrice,che attraversi trasversalmente i tradizio-nali settori di intervento pubblico ma

È l’occasione per tracciare un bilanciodei Programmi di riqualificazione urbanaattivati nella nostra Regione, in questidieci anni in gran parte giunti a conclu-sione. Per andare oltre la semplice affer-mazione che sono stati raggiunti i risul-tati attesi, occorre ragionare sull’effettivacapacità dello strumento di incidere sullacomplessiva funzionalità e attrattivitàdelle aree urbane. Parallelamente è forseutile interrogarsi sulla opportunità di rei-terare l’esperienza o aggiornarla, nonsolo alla luce dei risultati prodotti, maanche in conseguenza dell’evoluzioneche hanno conosciuto, in questi diecianni, gli strumenti di pianificazione ter-ritoriale e le politiche urbane. A comin-ciare dalla consapevolezza acquisita,anche grazie alla sperimentazione deiPru, della necessità di superare la separa-tezza delle programmazioni settoriali peraffrontare la complessità delle trasforma-zioni urbane.Le condizioni base per il successo dei Pruerano definite in premessa nelDocumento di indirizzo, stilato a cura delgruppo di lavoro istituito dalla Regioneper accompagnare il lancio della legge19/1998 e promuovere la partecipazionedei Comuni al bando del 1999.E’ interessante rileggere quel documentoalla luce dell’esperienza oggi maturata,perché vi si ritrova, in nuce, la puntualeanticipazione delle tematiche su cui si èconcentrato in questi dieci anni il dibat-tito sul rapporto tra piano urbanistico eprogrammi di riqualificazione. Trasparein esso, fin dalle prime righe, la preoccu-pazione di non creare ostacoli o diver-sioni al processo di trasformazione deglistrumenti di pianificazione che si stava

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alla disciplina degli ambiti da riqualifica-re, in modo che anche i Comuni nonancora dotati di Psc possano attivareprocedure negoziali con i privati, sullabase di un Documento programmaticodella qualità urbana, elaborato in rela-zione alle zone urbane riconoscibili comeparti significative della città e finalizzatoad individuare gli obiettivi pubblici daattuare concretamente, in risposta ai fab-bisogni rilevati negli ambiti di riqualifi-cazione, in una prospettiva coerente conle finalità strategiche generali.Passa dunque ai futuri Poc il compito didisciplinare la trasformazione negliambiti urbani da riqualificare, applican-do il modello perequativo e localizzandonei nuovi insediamenti residenziali lanecessaria quota di edilizia sociale che ilprogetto di legge regionale ha istituitocome una delle componenti delle dota-zioni territoriali: un meccanismo che èstato inserito anche nel disegno di leggenazionale Principi del governo del terri-torio, predisposto dall’Ulivo con l’obietti-vo di proporre, per il rilancio delle politi-che abitative, un modello urbano finaliz-zato all’integrazione sociale e basatosulla pluralità sociale e generazionale deiresidenti. Un modello che punta al rilan-cio del mercato dell’affitto come condi-zione necessaria per rendere competitivi inostri sistemi urbani, per attirare i “lavo-ratori della conoscenza” o semplicementeper accogliere gli studenti e i ricercatoriche affluiscono già ora numerosi nellenostre università, provenienti da moltealtre regioni.I nuovi Psc potranno dunque diventarelo strumento ideale per disciplinare,anche attraverso forme perequative eaccordi pubblico-privato, l’adozionegeneralizzata di interventi mirati al com-plessivo miglioramento della qualitàurbana se sapranno assumere la prospet-tiva di piani strategici, intesi come sce-nari attuativi di una “profezia credibile”per le città. In questo senso debbonosuperare l’impianto tradizionale delpiano regolatore per farsi soggetto dina-mico delle trasformazioni necessarie esupportarle tramite un “approccio inte-grato” e concertato tra le diverse istanzedel territorio, promuovendo forme strut-turate di partecipazione dei cittadini.

* Responsabile Servizio Riqualificazione urbana-Promozione della qualità architettonica della RegioneEmilia-Romagna.

Inoltre va rilevato che l’esigenza impostadalla legge 19/1998 di selezionare i part-ners privati mediante procedure concor-suali si è tradotta molte volte in forme dipartnership elementari, spesso frutto diaccordi tra i diversi soggetti dellaimprenditoria edile in una situazioneobiettiva di ridotta concorrenzialità fra leproposte. Carenze che hanno certamente influitosulla qualità progettuale dei programmi:essi non sempre hanno raggiunto lamaturità di “progetti urbani” capaci diricucire la trama della riqualificazione diampie aree dismesse nelle periferie indu-striali con i tracciati ordinatori dell’ambi-to urbano circostante. Perciò è necessarioripensare le politiche mirate alla riquali-ficazione non più o non solo come azio-ni episodiche che si limitano a sanareuna situazione circoscritta, ma comescelte strategiche che guidino il processodi continua trasformazione della cittàverso degli obiettivi di accrescimentocomplessivo della qualità urbana.

Il nuovo progetto di legge della giuntaregionale, che significativamente ha pertitolo Governo e riqualificazione solidaledel territorio, si propone di aggiornare edarmonizzare tra loro i principali stru-menti legislativi regionali in materia digoverno del territorio, riqualificazioneurbana, politiche abitative, nel presuppo-sto che queste materie concorrono assie-me alle politiche sociali e a quelle per lamobilità sostenibile a definire un quadronecessariamente unitario di “politiche perla città”. In questo quadro complesso tretematiche assumono valenza prioritariaper un’azione del governo regionale: latrasformazione delle aree industriali dis-messe e la riqualificazione delle periferieurbane; la promozione della pianificazio-ne locale e di area vasta basata sullaconcertazione e la partecipazione; unnuovo piano casa che si interfacci con ilmodello perequativo e compensativodella pianificazione urbanistica.

Le modifiche alla legge regionale19/1998 tendono ad una maggiore tuteladel cittadino attraverso il coinvolgimentodegli abitanti dell’ambito da riqualificaremediante procedure più strutturate dipartecipazione. Alla legge 19/1998 vienetuttavia attribuito un ruolo transitorio,rispetto alla legge 20/2000, relativamente

nistrazioni locali una strategia altrettantocoordinata di programmi che, partendoda una corretta individuazione degliambiti urbani da riqualificare, puntasse alocalizzare le risorse in una ristrettafascia di interventi prioritari. Tuttavia,almeno per quanto riguarda i settori del-l’edilizia pubblica e agevolata, della sicu-rezza urbana e delle politiche sociali perle fasce deboli della popolazione, si puòdire che si è raggiunto in molti casi unbuon livello di integrazione nei 60 pro-grammi di riqualificazione urbana chesono pervenuti alla sottoscrizione del-l’accordo di programma.

Infatti l’effetto più diffuso dei Pru, comed’altronde è oggi il risultato atteso daiContratti di Quartiere II, è stato il recupe-ro urbano dei quartieri con forte presen-za di edilizia residenziale pubblica e larealizzazione di opere pubbliche e servizicomplementari. L’apporto degli operatoriprivati ha prodotto risultati apprezzabilinella differenziazione del mix funzionalema si è tradotto anch’esso soprattuttonella realizzazione di interventi abitativi.In alcune situazioni si è creato un positi-vo intreccio con le politiche dei trasporti,soprattutto in relazione agli ambiti distazione e, più in generale, sono statiintroitati nei Pru finalità sociali e obietti-vi di sicurezza urbana. Di fatto tuttaviaquello che era uno degli obiettivi dichia-rati della legge 19/1998 - l’integrazionedei diversi settori d’intervento che posso-no influire sulla qualità urbana, dall’am-biente all’urbanistica, dall’edilizia alleattività produttive, al welfare, alla cultu-ra - si è realizzato solo parzialmente oepisodicamente.In questa scarsa rilevanza dell’intersetto-rialità hanno certamente avuto un ruoloi vincoli di destinazione di buona partedelle risorse pubbliche utilizzate per pro-muovere i programmi, che, essendoancora provenienti dal settore dell’edili-zia residenziale pubblica, hanno indub-biamente determinato un indirizzo pre-valente verso le politiche abitative. Unaltro motivo della scarsa integrazionedelle funzioni nei Pru va ricercato in unacarenza del processo partecipativo che,pur richiamato dalla legge regionale, inmolti casi non si è tradotto in una effica-ce concertazione pubblica delle propostee in una condivisione allargata dellescelte.

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a compimento in tempi abbastanzarapidi invertendo le tendenze all’abban-dono e al degrado. Ma si intravedono questioni più impe-gnative e problematiche che dovrannoessere affrontate cercando di coniugareuna varietà di opinioni, di controversiee di ipotesi in campo: è il caso dellegrandi questioni infrastrutturali, dellenuove relazioni di problematica inte-grazione fra porto e città e della qualitàdell’abitare nei grandi quartieri di edili-zia residenziale pubblica.Il problema del potenziamento delleinfrastrutture ha posto negli ultimi anniquestioni assai spinose legate all’impat-to ambientale e sociale dei nuovi trac-ciati in un territorio ad elevata com-plessità dal punto di vista orografico.Se tutti sono concordi nel rimarcare ildeficit infrastrutturale che interessa l’a-rea metropolitana genovese (traffico dimerci e persone che cresce su reti inva-riate) e l’assoluta necessità di avviaresoluzioni ritenute indispensabili perattivare processi di sviluppo e dimiglioramento della qualità urbana edambientale, la questione infrastrutturalesi pone anche e soprattutto in un qua-dro di competitività fra territori semprepiù spinta a livello mondiale: il ruolodella logistica diventa sempre più rile-vante in un sistema globale dove laproduzione si sposta sempre di piùverso l’est del mondo e i mercati euro-pei sono sempre rilevanti per consumi eimportazioni. Sulle possibili soluzioni negli ultimianni è maturato un panorama vasto dialternative, con presupposti di fattibili-tà concreta assai variegati. Alcune ipo-

Interrogativi sul futuro di GenovaFrancesco Gastaldi*

attenzioni sulla parte antica della città,il vero “quartiere in crisi” in cui sisommavano, in modo cumulativo, varieforme di problematicità e di disagio;- il recupero virtuoso di quest’areacome mezzo per promuovere l’interosistema urbano.Se è vero che la zona centrale somma-va (e ancora in parte somma) in sé variproblemi, erano anche evidenti le gran-di potenzialità su cui far leva per met-tere in atto possibili processi di rigene-razione urbana. A poco a poco il bino-mio waterfront e Centro storico si èconsolidato e ha ottenuto consensoanche in molte forze politiche e socialilegate in modo inerziale o ideologicoall’idea di città operaia. Il percorso èstato lungo e travagliato, non esente dadifficoltà, ma ha prevalso e si è rivelatovincente.

Il nodo infrastrutture, fra territorio ecompetitività

Questa fase andrà in futuro consolidata,ma ci sono molte questioni aperte chefanno capolino in modo discontinuo oche sono presenti nell’agenda politicasenza che ne scaturiscano soluzionidefinitive e condivise. Il futuro si dovràinterrogare su temi più scomodi, su cuiè difficile ottenere un consenso diffusoe trasversale, ma probabilmente decisiviper capire quali traiettorie e scenari disviluppo caratterizzeranno la Genovadei prossimi decenni.Il recupero delle grandi aree industrialidismesse del ponente genovese nellaseconda metà degli anni Novanta hafatto grandi passi in avanti ed altreoperazioni sono state avviate e portate

I grandi eventi hanno giocato un ruoloimportante nel quadro della trasforma-zione di Genova mettendo in campouna gran quantità di risorse economi-che, attivando un capitale sociale unpo’ rassegnato e inerziale e risollevandol’orgoglio della città. Il 2004, anno diGenova Città europea della cultura, haconsolidato il nuovo ruolo della cittànel panorama dei flussi turistici e cul-turali, ha migliorato l’immagine dellacittà sull’esterno e ha fatto riscoprire airesidenti risorse identitarie e potenziali-tà di cui non erano consapevoli. OggiGenova appare a tutti come una cittàpiù dinamica, non più avvolta nelclima di declino che l’ha attraversataper anni. La chiusura dell’IRI (Istitutoper la Ricostruzione Industriale), avve-nuta nel 2000, ha forse aperto unanuova stagione di protagonismo dell’e-conomia genovese con possibili ricadu-te positive sui processi di rigenerazioneurbana.Con il 2004 si è compiuto un ciclo cheha avuto i suoi prodromi alla metàdegli anni Ottanta quando la RegioneLiguria, il Comune di Genova e ilConsorzio Autonomo del Porto siglaro-no il “Protocollo di intesa” che sancivala dismissione dei vecchi moli per recu-perarli ad usi turistici e diportistici. Daallora molti soggetti e molte risorsedella città si sono concentrate sullacostruzione e successiva realizzazionedi iniziative volte al recupero del cen-tro storico e del waterfront. Per moltianni gli interventi di trasformazione diqueste aree sono stati motivati da due“assiomi”:- la necessità di concentrare molte

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In queste realtà, assai problematiche eoggettivamente difficili, l’azione ammi-nistrativa, per essere nel contempo effi-cace ed autorevole, deve fondarsi suelementi di interazione sociale, collabo-razione interistituzionale e di ricercadel consenso. I diversi soggetti locali(pubblici o privati, istituzionali e non,formali o informali) possono essereportatori di risorse, di conoscenze, diintelligenze utili a interpretare la com-plessità e la natura dei bisogni e amigliorare l’efficacia e l’articolazionedel processo decisionale e di sceltadegli interventi. Questi ultimi, unavolta avviati, devono essere in grado dimettere in moto processi e di sostenersiin modo autopropulsivo nel tempo inun quadro di miglioramento complessi-vo della competitività del sistema urba-no.Il futuro di queste aree dipenderà ancheda alcune nuove opportunità ed occa-sioni: il Technology Village di Erzelli,la parziale dismissione del polo siderur-gico di Cornigliano e l’insediamentodell’IIT a Morego potrebbero inserirsi inun quadro di trasformazioni dell’areadel Ponente ormai orientata verso set-tori economici dinamici ed avanzati.L’insediamento delle nuove attivitàapporterebbe benefici di indubbio valo-re dal punto di vista occupazionale esociale con insediamento di popolazio-ne giovane e di elevati livelli formativie professionali. Né va trascurata la pos-sibile diffusione di modelli culturalimaggiormente ancorati ad una logicadi sviluppo formativo, di progresso tec-nologico e scientifico.

* Docente a contratto, Politecnico di Torino.

Riferimenti bibliograficiGastaldi F. (2004a), Verso una Genova post-industria-le?, in Rugafiori P. (a cura di), Genova del Saper Fare.Lavoro, imprese, tecnologie, Skirà Editore, Milano,pagg. 152-161.Gastaldi F. (2004b), Genova: la difficile transizione, inEquilibri n. 1, pagg. 29-37.Petrillo A. (2004), Dopo la grande tristezza.Ripensando vent’anni di periferie genovesi”,“Urbanistica Informazioni”, n. 193, pagg. 41-42.Petrillo A. (2005), L’altra periferia. We, band of broth-ers, “Gomorra”, n. 8, pagg. 59-66.Seassaro L., Gastaldi F. (2002), Genova. Riconversioneproduttiva e qualità ambientale, in Palermo P.C.,Savoldi P. (a cura di), Il programma Urban e l’innova-zione delle politiche urbane. Esperienze locali: conte-sti, programmi, azioni, FrancoAngeli, Milano, pagg.193-205.

(Voltri 2, Begato, Cà Nuova, Pegli 3) inquel Ponente che ha subito i maggioriprocessi di trasformazione e di crisi deltradizionale tessuto produttivo indu-striale. Terminata ormai da molto tempo lafase di domanda abitativa di tipo quan-titativo, oggi le tematiche da affrontareriguardano il degrado fisico, la bassaqualità abitativa e degli spazi pubblici,i fenomeni assai frequenti di marginali-tà e di impoverimento sociale, l’assenzadi servizi e infrastrutture di base.Ancora oggi, forme di stigmatizzazioneconnotano gli abitanti dei quartieri piùdifficili della periferia genovese (spessosituati in luoghi profondamente snatu-rati sul piano fisico, morfologico e del-l’identità locale), mentre nuove emer-genze abitative si registrano per effettodei nuovi fenomeni migratori dovutiagli extracomunitari. Se questi ultimi,tradizionalmente, trovavano una solu-zione abitativa, spesso inadeguata eprecaria, nel Centro storico della città,oggi i nuovi processi di riqualificazionee gentrification con l’insediamento dinuovi abitanti di tipo elitario e contem-poranea espulsione di popolazionedebole e marginale, ne favoriscono unaredistribuzione su tutto il territoriocomunale. In molte realtà perifericheun nuovo disagio tende a sommarsi aquello già esistente.I grandi quartieri pubblici possono rap-presentare un’occasione per sperimen-tare nuove tipologie di intervento,nuove interazioni fra istituzioni pubbli-che e cittadini che possano valorizzare,reinterpretare attivamente, riutilizzarele risorse presenti in questi quartieri. Ladimensione sociale dell’intervento puòessere esplicita e prevedere azioni adhoc o costituire un esito comunquericercato, l’importante è che ci sia unlegame multidimensionale ed una inte-grazione fra dimensione fisica, econo-mica e sociale che possa migliorare lecondizioni di queste aree. I limiti degliinterventi che prevedono un’azionesulle sole parti fisiche sono ormai deltutto evidenti e ampiamente studiati,mentre l’individuazione di nuoveopportunità economiche, anche attra-verso l’offerta di patrimonio edilizio evarie forme di agevolazioni a nuovisettori di attività, costituisce la nuovafrontiera.

tesi di nuovi tracciati autostradali dicui si è dibattuto hanno evidenziatouna presunzione di consenso o un’erra-ta valutazione dei problemi di accetta-zione da parte di abitanti ed istituzionilocali. In altri casi si è privilegiato un“effetto annuncio” per opere che divolta in volta si dichiarano “cantierabi-li”, ma che non si trasformano in fatticoncreti per non disponibilità di risorsefinanziarie.Lo sviluppo del porto a Ponente poneda molti anni problemi di difficile inte-grazione con le realtà urbane esistentiche, dopo aver sopportato il profondosnaturamento del rapporto della cittàlineare con il mare, attualmente sub-iscono gli effetti di ingenti quantità ditraffico ed inquinamento dovuto amezzi pesanti che trasportano le merciportuali. In tal senso, la realizzazionedelle opere infrastrutturali potrebbeavere importanti ricadute sul migliora-mento della qualità della vita degli abi-tanti di quell’area e della qualità delterritorio in generale. I fenomeni dicongestione da traffico, frutto di erratee mancate scelte, sono oggi in primoluogo un pesante vincolo allo sviluppodei traffici portuali, ma soprattuttodanneggiano l’ambiente e la possibileattrazione di nuove attività produttive.Infine, emerge un tema su cui la cittàdovrà necessariamente dibattere nelprossimo futuro: quello dei grandiquartieri di edilizia residenziale, preva-lentemente pubblica, che non ha trova-to finora adeguato riscontro nell’agen-da politica. Sono proprio questi ultimi,costruiti durante le diverse fasi delleemergenze abitative del dopoguerra, aporre nuovi interrogativi e domandeancora in attesa di soluzione.

Nuovi approcci al tema dellarigenerazione urbana

Il miglioramento della qualità abitativaed ambientale dei grandi quartieri diedilizia residenziale pubblica sviluppa-tisi fra gli anni Settanta ed Ottanta, inaree prevalentemente marginali, rap-presenta un nodo problematico con cuigli attori pubblici dovranno confrontar-si in modo più sistematico nel prossimofuturo. Se si escludono i casi diSant’Eusebio, Granarolo e Quarto, granparte di questi quartieri si trovano

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trale. Gli effetti di questo restyling inminiatura non permeano l’interfacciacittà-porto in tutta la sua complessità,non derivano da un piano unitario,mentre proprio le esperienze europee ciinsegnano che la dimensione delwaterfront redevelopment non è piùcircoscritta ai bacini storici e/o all’e-sercizio formale sui singoli pezzi.Si è riscoperto il sistema costiero dellecittà ed il waterfront si amplia, giun-gendo a contatto con realtà dove siconcentrano attività strategiche per losviluppo di intere regioni urbane.Da questo punto di vista Genova hacolto questa sfida già dal 2002 con lanascita della “Agenzia Waterfront-Territorio” focalizzando l’attenzione sututto il margine costiero, e sul suodiretto entroterra, e non solo sulle areedel Porto Antico.E’ palese che cambiano la dimensionedel problema, le domande di trasfor-mazione, gli interessi, e si devonoevolvere, di conseguenza, gli strumentioperativi attraverso cui si struttura latrasformazione del waterfront.Deve essere rivisto ed aggiornato l’ap-parato legislativo ed il quadro di riferi-mento non solo a livello nazionale (L.84/94) ma anche regionale; pochi sonoinfatti i casi in cui si affronta il temadel waterfront in relazione ai processidi trasformazione di tutta la città por-tuale6 e del ciclo dell’economia costierain genere.

Il Network dei porti di Roma e delLazio

Il contesto laziale ha visto negli ultimianni alcune iniziative rivolte al recu-

Verso una nuova dimensione del waterfrontMassimo Bertollini*

nale che di rapida ed efficace comuni-cativa, fondato così sul più ampio con-senso sociale.Tali esperienze hanno compreso e meta-bolizzato la profonda trasformazionedello spazio portuale: cittadella produt-tiva, nodo di un network transfrontalie-ro legato non solo al ciclo delle merci4,che irradia le proprie attività nella cittàe nella regione di cui è parte come inaltri territori, distanti anche centinaia dichilometri. Territori che si fondono conl’economia del “sistema porto”. Una tex-ture articolata, che non risponde più almodello di crescita tipico dell’impiantourbano e che in Italia non possiamo piùripensare secondo i canoni della pianifi-cazione urbanistica consolidata e/osecondo le varie generazioni di pro-grammi complessi.Dopo Genova altre città portuali comeTrieste, Savona, La Spezia,Civitavecchia, Ancona, Napoli, Salerno,stanno affrontando questa nuova sfidasecondo quanto stabilito dalla legge84/94, Riordino della legislazione inmateria portuale, ma i risultati sonoper lo più poco incoraggianti.Da più parti è ormai riconosciuta l’esi-genza di un aggiornamento di questalegge, in particolare per la difficoltà digestione dei processi di copianificazio-ne: due entità, Autorità Portuale eComune, che spesso sono in conflitto,con obiettivi di sviluppo dissimili pro-prio per le diverse velocità di trasfor-mazione dell’ambiente portuale rispettoa quello cittadino.Poche le esperienze portate a termine,e peraltro solo su parte del waterfront5,in aree prossime al tessuto urbano cen-

In molti paesi europei il recupero delwaterfront è pratica consolidata da piùdi due decenni ed è legata alla rigene-razione urbana laddove questo tipo dioperazioni si è concentrato su intereparti di città.Le esperienze portate a termine, seppurcaratterizzate da aspetti dimensionalimolteplici1, fanno riferimento a schemidi struttura2 a scala più ampia, defi-nendo linee guida e relazioni tra ciòche è città e ciò che si è ridefinitofronte d’acqua, concetto quest’ultimoche ormai travalica i confini, in veritàincerti, dell’urbano.In Italia, al di fuori della vicendagenovese, solo da alcuni anni l’atten-zione verso il waterfront è al centro dipratiche di riqualificazione urbanadove però, è bene sottolineare, il termi-ne “urbano” non definisce né racchiu-de al suo interno tutti i caratteri propridi una dimensione meticcia (S. Boeri,1999) come quella del fronte d’acqua.Negli ultimi anni in più città portualiitaliane si sono succeduti concorsi diidee finalizzati al recupero del water-front, concorsi che troppo spesso esal-tano l’omologazione tra progetti, igno-rando quanto di meglio è stato realiz-zato in ambito europeo3, dove il ridise-gno dell’interfaccia “città-porto”, tran-ne qualche rara eccezione, è frutto diazioni articolate, dai tempi lunghi.Lo scenario continentale vede comepunto di riferimento un progetto unita-rio di medio-lungo termine, che incidenon solo il territorio portuale maanche quello della città (talvolta piùcittà contermini), basato su regolecerte, dotato sia di flessibilità funzio-

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lizzata una parte del centro storico, silavorava alla qualificazione di areefronte-mare a nord ed a sud del portostesso (Fiumaretta, viali a mare), veni-vano completati interventi infrastruttu-rali come il prolungamento della viaMediana sino all’intersezione con labretella autostradale di accesso all’areaportuale, veniva realizzato l’interportoa ridosso del porto commerciale. Se tutte queste trasformazioni fosserostate pensate secondo un piano unita-rio, avrebbero sicuramente da un latoevitato conflitti, dall’altro generatoprocessi virtuosi di coazione estendibilipiù facilmente ad altre parti del territo-rio del waterfront costiero.Penso ai comuni limitrofi di Tarquiniaed Allumiere che sono a tutt’oggi alcentro di importanti ipotesi di sviluppoper il retroterra portuale, il Distripark.L’esempio del network portuale lazialedeve quindi farci riflettere, anche esoprattutto a scala nazionale.Nelle aree d’interfaccia città-porto,proprio secondo una logica di rete,ritengo che un piano unitario ormai siaineludibile.Si devono porre le basi affinché leAutorità Portuali ed i Comuni possanoe debbano mettere a sistema risorse edaree ed a proposito torna ancora utilel’esempio europeo che ci mostra comeil successo per tali operazioni derividall’aver coniugato tre fattori, secondoconnotazioni di scala diverse. Un quadro di riferimento generale, perla definizione di scelte di lungo termi-ne esplicitate attraverso un assettofunzionale (mixité e flessibilità) einfrastrutturale largamente condiviso,in modo da facilitare partnership trapiù soggetti ed incrementare le oppor-tunità di sviluppo per l’intero water-front costiero.Molteplici riferimenti di dettaglio,quindi alla scala del waterfront urba-no, per la creazione di uno spiccatosenso identitario dello spazio, dove lecomunità possano riconoscersi e rela-zionarsi e dove la qualità del disegnodello spazio pubblico e laricchezza/varietà di offerta di servizisiano la regola.Nell’architettura di questo nuovo stru-mento per la pianificazione e gestionedel waterfront è in verità anche neces-sario riconoscere all’organismo portua-

ma di progetto, ma non è questo chemi preme sottolineare.La qualificazione dell’interfaccia città-porto, pur con i limiti di cui si è dettoprima, non è stata riproposta né aFiumicino, né a Gaeta, dove l’obiettivodel rilancio delle aree di waterfrontevidentemente sembra non interessaregranché; ciò non è in linea con unalogica di rete, di sistema.Anche a Fiumicino e Gaeta sono pre-senti aree di interesse storico-monu-mentale che potrebbero qualificare larelazione tra città e porto, ma eviden-temente questo aspetto problematicoderiva anche da difficoltà di rapportitra amministrazioni locali e AutoritàPortuale, oltre che dalla carenza distrumenti di pianificazione che faciliti-no l’interazione sul waterfront.E poi non è esclusiva delle risorse sto-riche fungere da collante tra porto ecittà: per questo scopo sono del tuttocompatibili funzioni legate al turismo,alla nautica, alla cultura, al terziario edaltre ancora.

Spunti di riflessione

Ragionando sul network portualelaziale, si riconosce che a Civitavecchiamolto si è fatto, soprattutto nel ridefi-nire il Piano Regolatore Portuale deitre scali e nell’implementazione deirisultati operativi.Ma centrando l’attenzione sul water-front, riferendoci ad una dimensionepiù ampia che è ormai di fatto in rela-zione con il sistema portuale, è manca-ta una logica di sinergia in merito adoperazioni di rivitalizzazione di areeportuali e retroportuali che avrebberopotuto trarre vantaggio sia dalla pro-gressiva infrastrutturazione del territo-rio che dall’insieme delle operazioni dirigenerazione urbana compiute. Di sicuro l’assenza di un quadro diriferimento comune a tutto il water-front è uno dei problemi cruciali aiquali, nel nostro paese, è doverosoporre rimedio proprio per superare lecriticità tipiche del sistema di pianifi-cazione separata su contesti che dasecoli vivono stati di coazione.Prendendo sempre spunto daCivitavecchia, di pari passo con la tra-sformazione del porto venivano riqua-lificati antichi edifici e veniva pedona-

pero di aree di waterfront (Latina,Fregene, Lido di Ostia), ma è il caso diporre l’attenzione su Civitavecchia.Bisogna infatti sottolineare la fortedinamicità del “Network dei Porti diRoma e del Lazio”7 frutto di un’iniziati-va di livello nazionale e regionale invirtù della crescita delle attività legateall’economia portuale, soprattutto delloscalo di Civitavecchia.Sono state ridefinite le linee di svilup-po dei tre porti secondo una loro spe-cializzazione8 e nel 2003 è iniziata l’o-perazione di recupero del PortoStorico.Secondo un approccio tipicamenteimprenditoriale, confermato dai detta-mi della legge 84/94, l’AutoritàPortuale si è posta al centro dellascena nazionale e mediterranea dichia-rando lo start up di un complesso pro-getto sia di potenziamento delle strut-ture portuali esistenti che di recuperodi aree di interesse storico-monumen-tale (appunto il waterfront storico) incontinuità con una serie di interventiche già erano stati realizzati in funzio-ne dell’evento giubilare del 2000.Anche se gli aspetti funzionali propridel concorso di idee del 2002 (sei aree-progetto nel porto di origine romana)si riferiscono ad un modello tipicodelle esperienze di prima generazione,questo processo virtuoso ha contribuitoa fornire ulteriore visibilità al sistema-porto9, proprio in ordine alla suacostante capacità di trasformazione edammodernamento. Fattore, questo, cru-ciale per il successo nella competizionetra porti in ambito mediterraneo e con-tinentale.A poco più di due anni dall’esito delconcorso, nel 2005 è stata inauguratala nuova struttura polifunzionale dellaDarsena Romana (uffici, servizi per ilnuovo mercato ittico, aree commercia-li), nel 2006 sono terminati i lavori direstauro della Porta Livorno e di partedella Rocca, e nel 2007 è stata inaugu-rata l’area pedonale attrezzata lungo leMura di Urbano VIII, compreso ilrestauro della Fontana del Bernini.Si è costituita una continuità pedonaletra le antiche Mura, la Porta Livorno,la Darsena Romana e le aree del PortoStorico garantendo un accesso plurimoda e per la città. Restano da portare atermine altre opere previste dallo sche-

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delle prospettive di sviluppo da partedelle aziende insediate in assenza diuna piena legittimità delle localizzazio-ni; la possibilità di utilizzare nuovistrumenti urbanistici in grado di incor-porare obiettivi di natura strategica.Il modello utilizzabile per poter gestiree organizzare una manovra così com-plessa non può certamente essere quel-lo proprio del piano “dirigista”, forte-mente autoritativo e vincolante. Deveessere, al contrario, un modelloimprontato a un’elevata flessibilità,consapevole e dunque non de-regolati-va, alla concertazione fra i diversiinteressi e attori coinvolti, ad un’atten-ta valutazione preliminare dei valorieconomici, urbanistici e sociali messiin campo. In tal senso sono state fissa-te delle regole strutturali quali i prere-quisiti dei soggetti per partecipare alprogramma e una definizione prelimi-nare dei passaggi gestionali dell’interoprocesso.Gli obiettivi strategici prioritari sonoquelli di:- tutelare le qualità paesaggistiche,archeologiche e naturali del Parcoattraverso la delocalizzazione delleattività incompatibili e la bonifica deisiti liberati, creando le condizioni peruna acquisizione e fruizione pubblica euno sviluppo turistico sostenibile del-l’area del Parco; - tutelare le imprese e l’occupazione inmodo che le attività attualmente loca-lizzate nel Parco dell’Appia continuinoad operare mantenendo e incrementan-do i propri livelli economici, occupa-zionali e di servizio alla città in conte-sti territoriali appositamente individua-

Il Parco dell’Appia: la delocalizzazione come strategiaper la qualità ambientaleVittoria Crisostomi*, Elena Andreoni**

Il territorio del Parco dell’Appia Anticacostituisce un patrimonio di valoreinestimabile dal punto di vista storico,archeologico, ambientale e paesaggisti-co, una risorsa unica al mondo i cuivalori sono unanimemente condivisi.La presenza in tale contesto di attivitàproduttive non compatibili o fortemen-te impattanti, che distruggono la conti-nuità storica e ambientale del territorioanche in ambiti di particolare pregio –come porta S. Sebastiano o CasalRotondo – è una questione che fino adoggi non ha potuto avere un efficacetrattamento per l’estrema complessitàdegli interessi e diritti messi in campoe per diversi fattori concomitanti. Inprimo luogo infatti, almeno fino alla L.47/85 e alla L.r. 66/881, non vi eranostrumenti normativi adeguati né poteririconosciuti; in secondo luogo le atti-vità presenti erano stabilmente insedia-te nell’area da anni e la loro elimina-zione comportava problematiche didiversa natura, anche sociale; infine,non di minore rilevanza, non vi eranostate adeguate politiche di offerta diaree produttive a costi calmierati nelterritorio romano.Recentemente la situazione di contestosi è modificata rendendo possibile l’in-tervento in virtù di una sempre mag-giore certezza del regime giuridicodelle aree e delle norme di eserciziodella tutela (ultimo atto l’adozione delpiano d’assetto del Parco); un dialogodiretto fra i diversi soggetti interessatifra i quali svolge un ruolo chiave pro-prio l’Ente Parco Appia Antica; unavalutazione sui futuri imprenditorialiche rende evidente il restringimento

le operativo uno status particolare,agile, che non limiti le sue capacità diadeguamento alla velocità dell’evolu-zione dei processi tecnologici propridegli apparati portuali.Ciò non è però in antitesi con l’idea diun nuovo piano strutturale per le areedi waterfront, strumento che potrebbedar vita a processi di rinascita socio-economica sull’intera interfaccia città-porto: la pratica europea ce lo insegnaormai da anni, i nostri porti e le nostrecittà portuali lo reclamano a granvoce.

* Architetto, docente - Università di Firenze.

Note1 I progetti di recupero del waterfront variano daalcune decine sino a svariate centinaia di ettari. 2 Master plan, urban design framework, schemi strut-turali ed altre accezioni che spesso hanno dimensioneintercomunale. Si veda il materiale dellaWaterfrontExpo del 2007 svoltasi in ottobre aLisbona.3 Oslo, Malmöe, Amburgo, Rotterdam, Barcellona,Lisbona, Valencia per citare solo alcuni esempi. 4 In area portuale si localizzano anche servizi ai pas-seggeri, al turismo nautico e crocieristico, alle attivitàlegate alla cantieristica, alla logistica, ma anche servi-zi e funzioni di eccellenza tipicamente urbane. 5 Ad esclusione di Genova i progetti si sono addensa-ti esclusivamente su quella parte definita waterfrontstorico, contenente in gran parte i bacini di anticoimpianto e non la totalità delle aree di interfacciacittà-porto.6 La Regione Liguria ha approvato il Piano territoria-le di coordinamento della costa (Dcr 64 del19/12/2000) ripreso successivamente nel PTR del2004, la Regione Toscana ha elaborato un Masterplan“La rete dei porti toscani” (all’interno del PIT 2005-2010) dove sono evidenziate linee d’indirizzo per l’in-tero sistema portuale, compresi gli aspetti logistico-infrastrutturali. 7 Si tratta dell’ampliamento della circoscrizione terri-toriale dell’Autorità Portuale di Civitavecchia aFiumicino e Gaeta avvenuta tra il 2002 ed il 2003con conseguente Variante al Piano RegolatorePortuale per la ridefinizione dello sviluppo dei trescali ed il potenziamento del sistema portuale laziale.8 In sintesi Civitavecchia rimane lo scalo principalededicato al traffico merci e passeggeri da e per laSardegna, alle crociere e al transhipment nel Tirreno,potenziando anche lo scalo energetico grandi masse;Fiumicino è dedicato al traffico merci e passeggeri,capta parte del flusso crocieristico verso Roma, man-tiene la sea-line per i prodotti petroliferi e lo scalopeschereccio; Gaeta rappresenta il terminale per lemerci destinate in prevalenza al mercato ortofruttico-lo di Fondi (LT) oltre che per il traffico da e per l’arci-pelago Pontino.9 Negli ultimi dieci anni l’Autorità Portuale ha rag-giunto importanti accordi e partnership commerciali:oggi Civitavecchia è il 2° porto crocieristico delMediterraneo (dopo Barcellona) ed il 1° in Italia, evive significativi successi anche a livello commer-ciale.

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superficie complessiva, che resterà alComune di Roma. Questa verrà succes-sivamente assegnata alle ulteriori atti-vità da delocalizzare ad oggi nonancora consorziate, collocando cosìl’intera manovra in una prospettiva diattuazione in tempi differiti ma intera-mente gestiti e coordinati. Mixité, integrazione fra imprese e con iservizi, principi di bioarchitettura, fontidi energia rinnovabili sono state leregole strutturali funzionali e morfolo-giche che hanno organizzato gli inter-venti. L‘assegnazione delle singole atti-vità ad una specifica area di rilocaliz-zazione è stata condizionata dalleoggettive necessità delle aziende – mer-cato già consolidato, visibilità, prossi-mità alle maggiori reti infrastrutturali –e dalle compatibilità di natura ambien-tale e urbanistica con il contesto. La concertazione con i soggetti localiha portato ad accogliere la richiestaavanzata dal Municipio XII nel qualericade l’area Fioranello – TenutaCalandrella, relativa alla realizzazionedi un centro sportivo di quartiere, aparziale compensazione dei disagi cau-sati dalle attività delocalizzate.L’impianto consente di rispondere inmodo efficace alle esigenze delle socie-tà sportive locali, in alte serie agonisti-che per il calcio e la pallavolo, attual-mente costrette a servirsi di locali inaffitto presso altri centri sportivi. Lalocalizzazione del centro risulta poiparticolarmente adeguata data la suaprossimità agli insediamenti esistenti,rispetto ai quali si pone in continuità ein posizione baricentrica.In tale area vengono applicate le pro-cedure di cessione compensativa previ-ste dal NPRG4 per le aree di verde eservizi di livello locale: il proprietario,a fronte della cessione gratuita del90% dell’area, può concentrare sulrestante 10% i diritti edificatori deri-vanti dall’applicazione dell’indice di0.04mq/mq sull’intera area.Una manovra così complessa non puòriuscire ad essere efficace nello struttu-rare le trasformazioni tramite il solopiano urbanistico. È necessario accom-pagnare la predisposizione dell’offertaurbanistica con un processo di gestionearticolato che ad ogni passaggio rista-bilisca le regole e le convenienze trapubblico e privato.

ha portato ad individuare come aree diatterraggio: Fioranello-TenutaCalandrella, tra il fosso di Fioranello evia Ardeatina, che ospita la maggiorparte delle attività da rilocalizzare;GRA- Capannelle Tor di Mezzavia, pros-sima all’Ippodromo delle Capannelle, inposizione strategica per ospitare la rilo-calizzazione di alcune aziende aventiesigenze specifiche; Castel di Leva -Programma Integrato per attività (Print)“Cecchignola – Tor Pagnotta”, in adia-cenza al Grande Raccordo Anulare,all’interno di un procedimento giàapprovato con Accordo di Programma(AdP); S. Palomba all’interno delle areedel Consorzio ASI Roma-Latina perquelle attività che necessitano di parti-colari condizioni di contesto, come lebitumazioni.La complessità del procedimento didelocalizzazione ha fornito inoltre l’oc-casione per poter applicare e in uncerto modo “sperimentare”, anticipan-doli, alcuni degli strumenti previsti dalNuovo PRG di Roma. In tutte le areeindividuate, fatto salvo il caso di S.Palomba, sono state applicate o utiliz-zate le norme previste nel PRG per iProgrammi Integrati prevalentementeper attività3. In particolare, nel caso diCastel di Leva, le aree che verrannooccupate dalle attività appartengonoalla quota esplicitamente riservataall’Amministrazione Comunale perfinalità istituzionali e di interesse pub-blico nei Print.Negli altri due casi il ProgrammaIntegrato è stato costruito ex novo,dimensionato in coerenza con le nuovenormative e pertanto sempre suddivisoin: una parte ceduta dal proprietario edestinata alle attività da rilocalizzare eun’altra che resta al proprietario su cuisviluppare i diritti edificatori maturatia fronte della cessione. Nell’area di Fioranello, in cui si riloca-lizza il 75% delle attività, il compartoproduttivo ospita al suo interno uncentro di servizi alle aziende e allapersona, col fine di strutturare unintervento adeguato alle sempre piùevidenti necessità di mixité e di inte-grazione fra le imprese proprie degliinsediamenti produttivi contemporanei.Le aree per attività previste nel proget-to sono comprensive di una quota di“riserva”, pari a circa il 20% della

ti, adeguati alle esigenze di sviluppo eregolamentati in modo coerente con ledestinazioni d’uso consentite.La manovra ha avuto inizio con la sot-toscrizione del Protocollo d’Intesa nel2004, indirizzato alla “delocalizzazionee riconversione delle attività incompa-tibili site nel Parco Regionaledell’Appia Antica e alla bonifica eriqualificazione delle aree dismesse”,sottoscritto da: Comune di Roma,Comuni di Ciampino e Marino,Regione Lazio, Parco Regionaledell’Appia Antica e Consorzio AppiaAntica Scarl (soggetto individuato conprocedure di evidenza pubblica, rap-presentativo delle imprese coinvoltenella delocalizzazione per la partecipa-zione ai procedimenti amministrativi).Le attività incompatibili attualmentepresenti all’interno del Parco Regionaledell’Appia Antica occupano una super-ficie pari a circa 73 ettari. Tale cifra èstata in prima istanza decurtata dellesuperfici non ubicate nel comune diRoma, delle attività che dovranno esse-re adeguate ma potranno restare all’in-terno del Parco e delle superfici sullequali operano attività che devonoseguire per il processo di delocalizza-zione un iter autonomo e già in essere,come gli autodemolitori e le depositeriegiudiziarie.La perimetrazione, ristretta alle areeeffettivamente occupate e trasformate enon agli interi lotti di proprietà, haportato ad una stima complessiva paria circa 15 ettari ed è stata frutto diun’attenta verifica operata in modocongiunto con i soggetti privati. La superficie riconosciuta è stata suc-cessivamente incrementata di unaquota pari a circa il 30%, poiché ilprogetto risponde a particolari criteridi riqualificazione2. Si sottolinea chel’area ceduta dalle aziende è costituitanon solo dalle aree occupate (15 Ha),ma dagli interi lotti di proprietà ormainon funzionali, pari a 42 Ha. Talisuperfici, acquisite al patrimonio pub-blico, saranno rese realmente fruibili.L’individuazione delle aree idonee perrilocalizzare tali superfici è avvenutasecondo criteri di fattibilità urbanistica,verifiche di legittimità, aspetti economi-ci e minimo impatto sui valori ambien-tali. Questi sono confluiti in una valuta-zione di sostenibilità complessiva che

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accade, le diverse esigenze di sviluppodi una città: da una parte le politiche ei programmi dell’amministrazione intema di edilizia residenziale sociale,dall’altra le richieste di compensazionein termini di aumento della qualitàdella vita e della soglia di vivibilità daparte dei soggetti locali, e infine lavolontà dei promotori privati di sbloc-care un patrimonio che giace immobi-lizzato da oltre vent’anni. Nel gennaio 2005 una delibera diGiunta istituisce formalmente il labora-torio di urbanistica partecipata dell’exmercato – da allora in poi conosciutocome Laboratorio Mercato – per larielaborazione del piano adottato nel20044, fermi restando alcuni capisalditra cui la capacità edificatoria e gliassetti infrastrutturali. A partire daquesto momento comincia un percorsoche vede moltiplicarsi le voci protago-niste e amplificarsi i processi virtuosidi legittimazione reciproca. Il Laboratorio Mercato nasce su forterichiesta del contesto locale: sonoassociazioni, comitati e gruppi di citta-dini tra loro coordinati, insiemeall’amministrazione di Quartiere, cheaspirano ad aprire un tavolo di con-fronto per modificare il piano adottato. La prima fase, durata otto mesi, faregistrare un forte e ampio coinvolgi-mento, portando alla rivisitazionecomplessiva del precedente piano edunque alla adozione e approvazionedi un nuovo progetto. Nei mesi succes-sivi, la seconda fase, che ha ricevuto ilsupporto dell’Unione Europea, haapprofondito la definizione degli spazipubblici e si è conclusa con un evento-

Il mercato e la rigenerazione della BologninaGiovanni Ginocchini*, Cristina Tartari**

La prima parte della storia dell’area delMercato è raccontata nel recente volu-me Il Mercato: una storia di rigenera-zione urbana a Bologna (Edisai, Ferrara2007), promosso da Urban CenterBologna. Il libro ripercorre la narrazio-ne cronologica degli eventi: a partiredalla storia del Mercato Ortofrutticoloe dall’urbanistica della Bolognina1,passando per la dismissione e per l’isti-tuzione e lo svolgimento delLaboratorio Mercato – il primo labora-torio di urbanistica partecipata dellacittà di Bologna – il racconto giungesino alla descrizione del progetto2 e deisuoi presupposti principali, mettendoin luce l’esemplarità dell’esperienzaMercato nelle pratiche di riqualifica-zione urbana. L’area del mercato è strategica per lacittà di Bologna: adiacente alla stazio-ne e in particolare allo spazio che pre-sto accoglierà la fermata dell’alta velo-cità, essa è separata dal centro storicosolo dal fascio dei binari ed è connota-ta da un’elevata densità insediativa.La Bolognina d’altro canto è un quar-tiere profondamente mutato negli annipiù recenti, per le attività (la dismissio-ne ha riguardato non solo il Mercatoma anche numerose aree produttive) eper le popolazioni che ospita, nonchéper l’intensità del traffico automobili-stico: è necessario non solo mitigare ipossibili effetti delle trasformazioni giàdecise, ma anche assicurare un vero eproprio rilancio del patrimonio socialeed economico locale3. Sulla grande area del mercato, pari acirca 30 ettari, per metà di proprietàpubblica, convergono, come spesso

Per la positiva conclusione dell’opera-zione le due condizioni essenziali sonomolto lontane tra loro e simmetrica-mente rischiose per i due soggetti: dauna parte, per gli imprenditori, poterdisporre dei suoli e poter realizzare inuovi impianti prima delle demolizio-ni; dall’altra, per il Comune, mantenerela certezza di acquisire suoli che saran-no liberi e bonificati solo alla fine delprocesso.Questi due estremi vengono gradual-mente avvicinati e garantiti attraversoun sistema di regole e condizioni. IlConsorzio Appia Antica Scarl stipuleràatto d’obbligo nei confronti delComune di Roma impegnandosi acedere le aree interne al Parco liberatedalle attività incompatibili e con i fab-bricati demoliti, a fronte dell’assegna-zione delle aree. A tutela e garanziadella demolizione e bonifica il consor-zio stipulerà fideiussioni e le nuovearee di rilocalizzazione verranno asse-gnate solo in diritto di superficie alfine di potervi realizzare i manufattiedilizi ed evitare possibili soluzioni dicontinuità nello svolgimento delle atti-vità. Solo con i successivi adempimen-ti, legati alla demolizione dei vecchimanufatti abusivi, al pagamento del-l’intera oblazione, nonché alla bonificadell’area da cedere, il Consorzio acqui-sirà la piena proprietà dell’area asse-gnata.

* Dirigente U.O.10 Dip. VI - Comune di Roma.** Consulente U.O.10 - Comune di Roma.

Note 1 L.r. Lazio del 10 novembre 1988, n. 66, Istituzionedel parco regionale suburbano dell’Appia Antica.2 In coerenza con le indicazioni delle Nta del NPRGadottate in data 19-20 marzo 2003 per ciò che con-cerne le demolizioni e ricostruzioni (art. 49 comma 9).3 Si vedano le Nta del NPRG di Roma per la normati-va inerente, artt. 48 e 49.4 Nta adottate, artt. 77 e 79

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di strade e/o di percorsi ciclo-pedona-li), garantisce il proseguimento del tes-suto urbano e relazionale, nonché lacostruzione della continuità5.Rispetto alle componenti della cittàprivata, il piano concentra la capacitàedificatoria in una porzione limitatadell’area. Ciò consente di liberare ilsuolo per destinarlo a spazi aperti everdi, e di elevare la densità insediati-va relativa, considerata come un ele-mento di valore per superare la sogliadel distretto periferico e per assicurarsiil cosiddetto “effetto città”6. Tale carat-tere deriva (ed è generato) da unamassa critica in grado di sostenere ilcommercio diffuso e garantire la pre-senza continua negli spazi pubblici.Il recente progetto Relemcom, finan-ziato dal programma europeo Grow,non solo ha consentito il confrontocon altre esperienze internazionali, maha messo in luce la portata delle scelteeffettuate.È attorno al concetto di paesaggiointeso in senso ampio, quindi non solonaturalistico e geografico, che il pro-getto ruota: una declinazione inclusivadi paesaggio, che comprende anche ilpaesaggio sociale ed economico delquartiere. Il progetto Mercato si è confrontatocon questa tridimensionalità, ricercan-do un bilancio delle tre componenti (lepersone, l’ambiente, l’economia), comeunica garanzia per potere parlare ditrasformazione sostenibile.Nel momento in cui Bologna sta rinno-vando i suoi strumenti urbanistici (alPiano strutturale adottato seguirannoPiano operativo e Regolamento urbani-stico-edilizio) e si accinge ad unagrande trasformazione urbana (in par-ticolare sull’asse aeroporto-stazione-fiera-caab, ovvero la cosiddetta “cittàdella ferrovia”7) il progetto del Mercatoanticipa alcune politiche fondamentaliper l’abitabilità: efficienza energetica,housing sociale, alta e media densità,centralità dello spazio di uso pubblico,coinvolgimento attivo dei cittadini.Ora si aprirà un’altra fase, quella dellatrasformazione fisica e della costruzio-ne: il futuro dovrà confrontarsi con leaspettative, rafforzate dal percorsocompiuto, di tutti gli attori coinvoltinel progetto (cittadini, associazioni,amministratori, imprenditori, tecnici,

e di servizio alla residenza), evolven-dolo verso un nuovo modello in cuipredomina la dimensione dell’abitabili-tà a tutto tondo (ovvero abitare lo spa-zio pubblico come quello privato),rispetto a quella della pura residenzia-lità.Nel caso della sostenibilità ambientale,si tratta di dare vita ad un eco-quartie-re, ovvero di sostanziare le scelte pro-gettuali alla luce della loro compatibi-lità e ancora di più della loro capacitàdi auto-produrre l’energia necessariaper il funzionamento del nuovo inse-diamento. Il piano urbanistico affiancaalle ragioni del disegno urbano vero eproprio valori e priorità ambientali,mettendo a sistema una cornice discelte energetiche, di carattere attivo epassivo, con l’obiettivo strategico diottenere elevati standard ambientali edi qualificare l’insediamento per la suasostenibilità.Dal punto di vista dell’assetto struttu-rale due sono le macro-scelte attraver-so le quali il progetto intende persegui-re i suoi obiettivi: da un lato un parcourbano centrale, cuore attorno al qualesi costruisce l’ossatura del progetto es’incardina l’esistente al nuovo insedia-mento; dall’altro l’estensione all’inter-no del comparto dei tracciati del reti-colo viario della Bolognina (sottoforma

festa che ha coinvolto l’intero quartie-re. Se nella prima parte del lavoro sonovalutate alcune delle caratteristiche delprogetto arrivando ad una vera e pro-pria rielaborazione, la seconda si èproposta invece di affrontare temi rela-tivi ai servizi e agli spazi pubblici checaratterizzeranno il nuovo comparto. Il progetto, attraverso le soluzioniadottate e il percorso partecipativo svi-luppato, ha inteso occuparsi della qua-lità della vita degli abitanti pensandoai benefici che ne potevano discendere,e non soltanto di attuare previsioniurbanistiche. Due sono gli obiettivi principali perse-guiti: la sostenibilità sociale e la soste-nibilità ambientale ed energetica delnuovo insediamento.Per quanto riguarda la sostenibilitàsociale, il tema della città pubblica,della sua varietà e accessibilità, èemerso più volte all’interno del labora-torio, sia per la sensazione diffusa diinsicurezza che oggi hanno gli abitantidella Bolognina, sia per la cronicamancanza di spazi pubblici e di luoghid’identificazione collettiva. Il progettofa proprie queste istanze e propone unmodello insediativo consolidato (quellodei blocchi edilizi compatti e densi, alcui interno ricavare spazi pertinenziali

Figura 1. Plastico di studio (fonte: Studio Scagliarini)

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progettisti) e con le esigenze di coloro iquali non hanno partecipato. È questala sfida più grande, ancora tutta dacogliere: dopo avere messo a punto unprogetto che ha raccolto suggestioni eproposto visioni, sollecitando la “spe-ranza progettuale” di ognuno, oraoccorre realizzare un quartiere che siain grado di accogliere,anticipandole, le fluttuazioni e levariazioni della società, ovvero dicreare spazi urbani condivisibili e diindiscutibile qualità architettonica edambientale.La recente firma congiunta della con-venzione urbanistica da parte delleproprietà, atto propedeutico alla costi-tuzione del consorzio degli attuatori

che dovrà realizzare le opere di urba-nizzazione primaria, ovvero gli spazipubblici, rappresenta il primo passoreale verso la trasformazione fisica delluogo.

* Architetto coordinatore del Laboratorio Mercato.** Architetto, gruppo di progettazione del Piano delMercato.

Note1 L’area del Mercato si trova nel quartiere dellaBolognina, distretto popolare nato negli anni ‘20, sitoa nord del centro storico e a ridosso della stazioneferroviaria, regolato da una maglia urbana di blocchia corte, secondo il disegno del primo PRG risalente al1889, mai portato a compimento.2 Lo studio Scagliarini di Bologna ha redatto il pianoparticolareggiato. Per il Comune di Bologna, il coor-dinamento generale è a cura di Giacomo Capuzzimati,Direttore operativo e Direttore del Settore Territorio eUrbanistica, il responsabile del procedimento è Mauro

Bertocchi, vice direttore dello stesso settore. IlLaboratorio è stato promosso dall’AssessoratoUrbanistica e Pianificazione territoriale del Comune diBologna (Assessore Virginio Merola). Incaricati dicoordinare le attività del Laboratorio sono statiGiovanni Ginocchini, Valter Baruzzi e Monia Guarino. 3 A testimonianza della necessità di un percorso dirigenerazione nella Bolognina storica sono stati indi-viduati negli anni precedenti alcuni lotti interessatidai Contratti di quartiere, focalizzati sul rinnovo delpatrimonio edilizio pubblico.4 Il comparto è destinato alla trasformazione dal PRGdel 1985. Il primo progetto risale però al 1996. Quellodel 2004 è l’ultimo di una serie di piani, tutti oggettodi discussioni e contestazioni.5 Il sistema della mobilità è stato progettato completan-do la rete ciclo-pedonale esistente e limitando quellacarrabile, integrando tra loro i diversi vettori di mobilitàe ponendo le condizioni per la loro coesistenza.6 Un campione del tessuto storico della Bologninarileva una densità pari a 1,66 mq/mq.7 Il piano strutturale individua sette figure territorialistrategiche, le “sette città”: la città della ferrovia èuna di queste http://www.comune.bologna.it/psc.

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l’auto ma un’altra importante alternativaall’uso dell’automobile in città è rappre-sentata dalla bicicletta.Molte città europee hanno preso provve-dimenti per la disincentivazione dell’usodell’auto, a favore non soltanto del mezzopubblico ma anche potenziando i sistemidi mobilità ciclabile, innanzitutto inve-stendo in piste ciclabili messe in sicurez-za, in servizi di bike-sharing, nell’intermo-dalità trasporto pubblico-bici, in parcheg-gi per biciclette. Il risultato è un rilevanteincremento dell’uso della bicicletta ancheper gli spostamenti sistematici (casa-lavo-ro, casa-scuola) e non soltanto per quelliricreativi del fine settimana. Guardando qualche dato emerge che, frale grandi città europee, Roma, Milano,Madrid e Napoli risultano avere le piùbasse dotazioni infrastrutturali per laciclabilità e, in generale, che le miglioriesperienze italiane sono modeste rispettoalle migliori esperienze del Nord Europae che la somma di tutte le piste ciclabilidelle città italiane è persino lievementeinferiore all’estensione della rete di pisteciclabili che mettono assieme Vienna,Helsinki e Copenaghen. In generale rispetto alla questione “mobi-lità sostenibile”, nella città italiane ènecessario portare a termine i molti pro-getti annunciati e talvolta solo iniziati,estendendo gli assi di forza del trasportopubblico anche nelle aree più periferiche,integrandoli con reti di adduzione ed ade-guati nodi di interscambio e con reti dimobilità alternativa ciclabile ed anchepedonale. Occorre, vale la pena ripeterlo, soprattuttouna politica di governo integrato del terri-torio delle aree.

Mobilità sostenibile 2a cura di Carolina Giaimo

Gli aspetti problematici connessi allamobilità hanno assunto un rilievo prima-rio in tutte le principali città italiane (edeuropee) spingendo le amministrazionipubbliche ad un maggiore impegno nelladefinizione di politiche ambientali e nellasperimentazione di diverse soluzioni perperseguire in maniera congiunta obbiettividi sostenibilità oltre che di sicurezza. Seda una parte è vero che anche molte cittàitaliane hanno investito sulla qualitàambientale urbana come elemento carat-terizzante delle azioni di riqualificazione erigenerazione per promovere una migliorequalità della vita ma soprattutto attrarrenuovi investimenti, residenti e city users,è allo stesso modo indiscutibile che,rispetto a tali obbiettivi, uno dei principalinodi critici delle città post-industriali siala gestione della mobilità. Ma le città ita-liane scontano la condizione di avere unadensità di automobili che non ha pari inEuropa oltre al fatto di avere reti di tra-sporto pubblico di massa assai modeste. I dati sulla qualità dell’aria indicano che,per il biossido di azoto, in più della metàdei capoluoghi di provincia risultanosuperati i valori limite e analogo peggio-ramento riguarda anche le polveri sottili(PM10); un fenomeno rilevato non soltan-to nelle zone ad alta incidenza di trafficoma persino in quelle più periferiche.Migliorare i risultati su tali indicatori èovviamente operazione complessa, oveperò, i diversi modelli di mobilità urbanaposso giocare la loro parte. Fra le possibili risposte per contenere egestire la crescita della mobilità, vi è sicu-ramente lo sviluppo di un’offerta di tra-sporto pubblico capillare adeguata e real-mente competitiva alla scelta di utilizzare

La questione della mobilità sostenibile(pubblica e privata), fortementesovrapposta ed intrecciata a quelledelle fonti energetiche edell’inquinamento atmosferico, sipone fra i temi centrali e più inevidenza nelle problematiche sociali enel dibattito tecnico e politico.Diversi sono gli attori che entrano ingioco: dalle amministrazionipubbliche a tutti i livelli con leconseguenti normative, programmi epiani, ai cittadini-utenti e relativigruppi di pressione, alle aziende ditrasporto, alle società autostradali,alle ferrovie, alle case produttrici diautoveicoli, alle multinazionali deicombustibili, al mondo della ricerca edelle professionalità a supporto delleattività di pianificazione eprogrammazione (chiamati a trovare eproporre soluzioni alternative) e moltialtri ancora. Prosegue su questo numero latrattazione di tale tema iniziata su UI217, introducendo nuoviapprofondimenti tematici,accompagnati da casi studio specifici.

Mobilità sostenibile 2

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finanziamento, attenzione che ha sem-pre prevalso sulla specificazione deicontenuti di una possibilepianificazione2 e che persiste tuttora.La legge 19.10.1998, n. 366, “Norme peril finanziamento della mobilità ciclisti-ca”, il successivo Decreto ministerialedel 30.11.1999, n. 557, “Regolamentorecante norme per la definizione dellecaratteristiche tecniche delle piste cicla-bili”, nonché circolari applicative edesplicative emanate da molte Regionihanno modificato e aggiornato il quadronormativo di riferimento conferendo ildefinitivo riconoscimento legislativo allepolitiche per la mobilità ciclistica. Lalegge 366/1999, seppure con i consuetilimiti di carattere finanziario, ha costi-tuito un sicuro incentivo per far sì chele amministrazioni locali fossero stimo-late a presentare nuovi progetti concontinuità. In particolare all’art.2 si demanda alleRegioni il compito di predisporre i pianiregionali di riparto dei finanziamenti perla mobilità ciclistica e per la realizzazio-ne di reti di percorsi ciclabili integrati.Tali finanziamenti si applicano a proget-ti predisposti da Comuni e Province nel-l’ambito di programmi pluriennali, per iquali la legge prevede di dare priorità aicollegamenti con:- edifici scolastici;- aree verdi;- aree destinate a servizi;- strutture socio-sanitarie;- rete di trasporto pubblico;- uffici pubblici;- aree di diporto e turistiche.Ulteriore indicazione rilevante ai finidell’individuazione delle infrastrutture

Il quadro legislativo della mobilità ciclisticaMichele Zazzi*

favorire la promozione della pluralità deimodi di trasporto. L’enunciazione dellefinalità e degli obiettivi deve allora attri-buire allo strumento di pianificazione laprerogativa di integrare i bisogni deiciclisti in azioni capaci di portare bene-fici all’intera comunità e non solo agliutenti della bicicletta, secondo unavisione più generale dei modi di traspor-to che vede il loro riequilibrio in funzio-ne di una maggiore qualità ambientale. Le ragioni generali a cui ricondurre lemotivazioni espresse da una comunitàper sostenere un piano della mobilitàciclistica rispecchiano alcune grandi areedi interesse:- l’auspicato aumento del livello di uti-lizzazione della bicicletta;- la riduzione del numero di incidentiche interessano la mobilità ciclistica equindi del livello di rischio associato;- il miglioramento del sistema di viabili-tà e trasporto esistente;- la promozione di iniziative specifichelegate alla mobilità ciclistica, solitamen-te con scopi ricreativi, sportivi e turistici.Gli obiettivi da perseguire per raggiun-gere tali finalità non sono riferibili inmaniera esclusiva alle attività di pianifi-cazione, ma più in generale a program-mi compositi che affrontano i temi poli-tici, i cambiamenti dei dispositivi nor-mativi esistenti, i percorsi formativi dilungo periodo, il reperimento e la pro-grammazione dei fondi disponibili1. In questa sede interessa porre in eviden-za la natura dei dispositivi legislativi cheinformano la pianificazione della mobi-lità ciclistica in Italia. A tal fine, occorrerimarcare l’originaria attenzione dellegislatore per la previsione di norme di

Se sono ormai molteplici le occasioni diriflessione e le iniziative promozionaliriguardo ai benefici, individuali e collet-tivi, attribuibili all’uso della bicicletta,ancora limitate sono le azioni di pianifi-cazione e programmazione della mobili-tà ciclistica. È sicuramente possibile riconoscere unacerta effervescenza dedicata alla proget-tazione di singoli itinerari ciclabili diparticolare rilievo territoriale o di trattidi piste ciclabili in territorio urbano, macon più difficoltà si può constatare laloro effettiva realizzazione, spesso esitodi una scarsa consapevolezza tecnico-scientifica. Quasi mai, infine, troviamoespressa una visione d’insieme dellepotenzialità ascrivibili agli spostamentiin bicicletta. E tuttavia il ciclo-escursio-nismo, giornaliero e di lunga percorren-za, l’attività sportiva e ricreativa, glispostamenti funzionali di natura tra-sportistica svolti per scelta o necessità(dalla propria abitazione ai luoghi dilavoro, alle sedi scolastiche o, più ingenerale, alle sedi dei servizi di interessecollettivo) rappresentano fenomenisociali che giustificano da tempo l’atten-zione per le politiche e la pianificazionedi infrastrutture e attrezzature per lamobilità ciclistica.Sono molteplici le ragioni che giustifica-no un’attività di pianificazione per lamobilità ciclistica. Se le finalità generaliche supportano ogni azione di pianifica-zione e promozione dell’uso della bici-cletta generalmente non suscitano con-troversie, risulta più difficile evidenziareurgenze e azioni condivise per assicurarela rilevanza di tale componente nei con-fronti del trasporto motorizzato e per

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Urbanistica INFORMAZIONI

genze degli utenti potenziali e del ruolofunzionale accordato agli itinerari.Il principale dilemma è posto dalleistanze di separazione generalizzatadella mobilità ciclistica dal trafficomotorizzato in contrapposizione con l’e-sigenza di esperire tutte le possibilità diintegrazione tra le varie componentidella mobilità, sia mediante uno studioattento delle valutazioni di compatibili-tà, sia selezionando le infrastrutture piùopportune tra quelle che il Regolamentotecnico rende disponibili: piste ciclabiliin sede propria, piste ciclabili su corsiariservata in sede stradale, percorsi pro-miscui pedonali e ciclabili, percorsi pro-miscui ciclabili e veicolari. Le risposte aquesto tipo di problemi costituisconoprobabilmente il tema privilegiato deifuturi piani delle reti di itinerari ciclabili,che sempre più dovranno spostare il lorocampo di attenzione dai modi di selezio-ne dell’armatura degli itinerari principaliall’identificazione di criteri prestazionaliper assicurare coerenza e coordinamentoalle molteplici azioni progettuali cheemergono nei contesti locali.

*Facoltà di Architettura, Università degli Studi diParma.

Note1. Per una trattazione più estesa dell’argomento si veda:M. Tira e M. Zazzi, Pianificare le reti ciclabiliterritoriali, Gangemi Editore, Roma, 2007.2. La prima legge nazionale sul tema, legge 208/1991:“Interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili epedonali nelle aree urbane”, poneva particolare enfasisulla realizzazione degli itinerari ciclabili e non sul piùesteso concetto di programmazione della mobilità cicli-stica.3. V. A. Castagna (a cura di), Rapporto su: La legislazio-ne regionale in materia di ciclabilità; I piani urbani deltraffico contenenti l’apposito capitolo sulla mobilitàciclistica; I piani regionali di mobilità ciclistica; I pianiprovinciali di mobilità ciclistica, FIAB e Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio(http://www.fiab-onlus.it/downl2/04legisl.pdf), 2003.4. Recenti disegni di legge, quali il n. 1170/2006,“Norme per la tutela e valorizzazione del patrimonioferroviario in abbandono e la realizzazione di una retedella mobilità dolce” e il n. 2821/2007, “Disposizioniper la predisposizione del Programma nazionale per lamobilità ciclistica nonché per la realizzazione della retedegl’itinerari ciclabili d’Italia”, propongono l’istituzioneanche nel nostro paese di una rete nazionale incardina-ta sui principali itinerari di interesse europeo.5. V. A. Julien, Comparaisons des principaux manuelseuropéens d’aménagement cyclables, CERTU, Lyon,2001.

Nel nostro ordinamento la pianificazionedelle reti e la progettazione degli itinera-ri ciclabili rappresentano lo strumentotecnico per rispondere alle seguenti fina-lità:- favorire e promuovere un elevatogrado di mobilità ciclistica e pedonale,alternativa all’uso dei veicoli a motorenelle aree urbane e nei collegamenti conil territorio contermine che si ritienepossa essere raggiunto dalle localitàinteressate, con preminente riferimentoalla mobilità lavorativa, scolastica eturistica; - puntare all’attrattività, alla continuitàe alla riconoscibilità dell’itinerario cicla-bile, privilegiando i percorsi più brevi,diretti e sicuri secondo i risultati diindagini sull’origine e la destinazionedell’utenza ciclistica;- valutare la redditività dell’investimentocon riferimento all’utenza reale e poten-ziale nonché all’obiettivo di ridurre ilrischio di incidentalità e i livelli diinquinamento atmosferico e acustico; - verificare l’oggettiva fattibilità e lareale utilizzazione degli itinerari ciclabilisecondo le diverse fasce d’età e le diver-se esigenze dell’utenza. Queste finalità possono essere raggiuntepiù agevolmente mediante la previsionedi uno specifico strumento di pianifica-zione, che viene infatti introdotto dal-l’art. 3 del Regolamento tecnico. Il pianodella rete degli itinerari ciclabili prevedegli interventi da realizzare e comprendei dati sui flussi ciclistici, la lunghezzadei tracciati, la stima economica di spesae una motivata scala di priorità e ditempi di realizzazione. Ancora, lo stessoarticolo precisa che il piano della reteciclabile deve essere inserito in manieraorganica, quale piano di settore, all’in-terno del piano urbano del traffico per icomuni che sono tenuti alla predisposi-zione di questo strumento. Un approccio pragmatico per un obietti-vo così generale di accessibilità territo-riale richiede uno strumento di pianifi-cazione atto a prevedere un equilibratocorredo di interventi per le nuove infra-strutture a supporto della mobilità cicli-stica, per l’adeguamento delle infrastrut-ture stradali esistenti e per la dotazionedi quelle in previsione. In altre parole, sipuò osservare che l’impianto di una retedi itinerari ciclabili deve confrontarsicon una accurata valutazione delle esi-

per la mobilità ciclistica, arriva dall’art.8, dove si afferma espressamente chel’area di sedime delle ferrovie dismesse oin disuso è da utilizzarsi prioritariamenteper la realizzazione di piste ciclabili diinteresse territoriale. In maniera analoga,il comma 2 indica negli argini dei fiumie dei torrenti una seconda categoria pri-vilegiata per la realizzazione di pisteciclabili. L’art. 6, inoltre, contiene l’elen-co degli interventi finanziabili ai sensi dilegge, con particolare attenzione neiconfronti della realizzazione di una retedi piste ciclabili e ciclopedonali e di iti-nerari ciclabili turistici. Poiché l’approccio reticolare rimandaimmediatamente alla necessità di unostrumento di pianificazione e program-mazione della mobilità ciclistica, si puòritenere che i modi di finanziamentoprevisti nelle disposizioni legislative nonfacciano particolare differenza tra laredazione di piani e programmi e la rea-lizzazione di singoli interventi. Le primeapplicazioni3, pur con esiti differenziatiper le varie Regioni, permettono di rico-noscere una spiccata attenzione per laprogettazione delle infrastrutture. Comepaventato, i singoli interventi finanzia-bili e finanziati non hanno contribuito acostruire scenari complessivi per lamobilità ciclistica. Soprattutto alla scaladi area vasta esiste il rischio che la defi-nizione di priorità di localizzazione inbase a specifiche categorie territoriali –anche se riproposizione di esperienzeinternazionali spesso di successo (i rail-trails americani o le recenti esperienzespagnole e belghe) – costituisca impedi-mento per lo sviluppo complessivo dellarete ciclabile e per la scelta di alternati-ve più efficaci.Porre enfasi sul concetto di rete ciclabile,da intendersi come una rete di itinerariche rende accessibili le diverse destina-zioni territoriali in condizioni di sicurez-za e di comfort accettabili per tutte lecategorie di ciclisti, è conseguenza delritenere che una mobilità “dolce” capil-lare e diffusa costituisca una funzionesocialmente rilevante. Non a caso, a par-tire dagli anni novanta, sono stati ideatie promossi numerosi progetti di retinazionali e trans-nazionali4, progetti chesono diventati l’elemento primario,anche con valenza simbolica, di unapolitica di sostegno alla mobilità ciclisti-ca nei diversi paesi interessati5.

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decisionale e condizionano la scelta dicamminare o di utilizzare un altro mododi trasporto: sicurezza, accessibilità,comfort, attrattiva, possibilità di scambiomodale. Il coinvolgimento di esperti ed utenti hareso possibile confrontare e valutare lacorrispondenza tra realtà oggettiva esperimentata, con il fine di porre in evi-denza falsi problemi o priorità. Le meto-dologie utilizzate, per ogni tematica, ed irisultati delle analisi sono stati organiz-zati prima in report nazionali e quindi inreport internazionali riepilogativi,anch’essi tematici. Molti degli strumentisperimentati possono guidare i soggettidecisionali, i pianificatori e i progettistinelle loro scelte, suggerendo un ordine dipriorità, la tipologia, l’importanza, lalocalizzazione e i modi di un potenzialeintervento.Nel workpackage2 finale della ricerca, percogliere le diverse sfaccettature e la com-plessità di ogni problematica individuata,tutti i problemi emersi sono stati classifi-cati e raggruppati in sei grandi insiemi,quindi, con l’ausilio di matrici di relazio-ne, posti in graduatoria (cfr. box. n1).Successivamente, attraverso un brain-storming, il gruppo di lavoro di PROMPTha proposto un insieme di soluzioni perogni classe di problemi evidenziati, intotale circa 200. Ogni soluzione è stataquindi valutata in funzione di quattroparametri: importanza, pertinenza, origi-nalità e fattibilità. La graduatoria che neè risultata ha portato a scegliere, e quin-di ad approfondire, le più appropriate.Queste sono state raccolte in 12“Famiglie di Soluzioni” diverse, tra lorointerrelate, che nell’insieme costituiscono

Spazio urbano e mobilità pedonaleLucia Martincigh*, Maria Luisa Cochi**

del modo pedonale, si possa aumentarela vivibilità dell’ambiente urbano e, diconseguenza, l’utilizzo della bicicletta edei mezzi pubblici di trasporto collettivo,riducendo l’uso del mezzo privato ingenere. Il fine ultimo è incentivare unamobilità più sostenibile che migliori l’ac-cessibilità e la qualità degli spazi pubbli-ci, che tuteli la salute dei cittadini, ridu-cendo i livelli d’inquinamento e i costiper incidenti, che promuova l’eguaglian-za sociale e la solidarietà intergenerazio-nale, che rinforzi la continuità tra centroe periferie, che valorizzi il patrimonioedilizio, pur riducendo le necessità dimanutenzione.I metodi e gli strumenti analitici definiti,che vanno da rigorosi criteri scientifici avalutazioni soggettive, sono stati speri-mentati e validati applicandoli a 22 casistudio, quartieri ubicati in varie città dei6 Paesi europei partecipanti alla ricerca.Poiché la maggior parte degli aspetti cheinfluenzano la qualità della mobilitàpedonale sono sia oggettivi che soggetti-vi, dipendendo dal livello di prestazioneofferto dagli spazi urbani e dalla perce-zione di esso da parte degli utenti, lostudio è stato svolto utilizzando in con-temporanea due approcci; i ricercatori,da un lato, hanno rilevato ed analizzato idati, per definire la presenza e la dimen-sione dei problemi e per valutare il livel-lo prestazionale offerto dai luoghi esami-nati, dall’altro hanno utilizzato metodiempirici per rilevare il punto di vistadegli utenti sugli stessi aspetti.L’individuazione dei problemi è statafatta ponendo l’attenzione su 5 diverseclassi esigenziali/prestazionali, relative adaspetti che entrano in gioco nel processo

Si può migliorare l’ambiente stradale perfar si che la città sia “per” le persone chela vivono camminando? Se camminare è“il” modo di trasporto per coprire ledistanze brevi, allora la strada deve esse-re pensata in modo da far svolgere taleattività con piacere e da offrire la possi-bilità di compiere, in modo libero ecasuale, anche le attività di supporto chela rendono più attraente. Per raggiungeretale obiettivo è evidente l’importanza diagire in direzioni e campi diversi: la pro-gettazione urbana e dei trasporti si deveaccompagnare ad una specifica progetta-zione esperta degli spazi pubblici e allascelta di appropriate misure, tecniche enon, alla consultazione e coinvolgimentodegli utenti, in modo da rendere l’am-biente urbano sicuramente appropriatoalle diverse categorie di pedoni, alladivulgazione ed alle campagne promo-zionali finalizzate a creare una culturadel camminare più radicata ed infine astrategie per convogliare o raccoglierefondi. Data l’ampia gamma di interventi, sem-bra importante avere a disposizione indi-cazioni su quali sono le difficoltà, leaspettative e le preferenze che i pedonihanno, e quindi sugli aspetti prioritari daaffrontare per poter strutturare e confi-gurare lo spazio urbano in modo appro-priato.Il progetto di ricerca PROMPT-Newmeans to PROMote Pedestrian Traffic incities1 si è posto proprio l’obiettivo disviluppare strumenti che portino a capirequali sono i problemi reali e ad indivi-duare soluzioni atte a migliorare le con-dizioni di mobilità dei pedoni, nella con-vinzione che, attraverso l’incentivazione

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Urbanistica INFORMAZIONI

sottolineando la molteplicità di azioni,complementari e sinergiche, che possonoessere intraprese per ottenere lo scopo ela necessità di adottare un approcciosistematico.

Le “Famiglie di Soluzioni sono descrittenel dettaglio nel “PROMPT SolutionsReport”, qui ne sono riportati solo i titolie le principali articolazioni. Queste“Famiglie di Soluzioni” prefigurano sce-

una sorta di “albero genealogico”; ognifamiglia è tesa a risolvere aspetti specifi-ci ed è composta da varie soluzionigerarchizzate, dalla più generale, riferitaa “cosa fare”, alle particolari, riferite a“come fare”; la più generale e maggior-mente valutata assume il ruolo di “geni-tore”, le altre di “figlio”. Ad ognuno dei 6 gruppi di problemi cor-rispondono da 1 a 4 famiglie di soluzioniche diversi aspetti della stessa problema-tica complessiva. Le soluzioni ideate,sono adatte a risolvere in senso olisticole carenze rilevate, fornendo alternativealle prestazioni mancanti o inadeguate,

I PROBLEMI EMERSI

A. CARENZA DI SPAZIO FISICO E SOCIALE• Mancanza di spazi pedonali fisicamente e

socialmente appropriati• Scarsa manutanezione e gestione degli spazi

aperti• Infrastrutture inadatte agli utenti più deboli:

ostacoli e barriere

B. MANCANZA DI SPAZI ATTREZZATI E DI SERVIZI• Mancanza o inadeguatezza dell’illuminazione

artificiale• Mancanza, insufficienza o eccessiva distanza

dei servizi, delle attrezzature ed attività com-merciali di uso quotidiano

• Assenza o inadeguatezza di attrezzature diarredo urbano

C. INTERFERENZA CON VEICOLI MOTORIZZATI• Invasione veicolare degli spazi pedonali• Assenza di rete pedonale: discontinuità del

percorso e offerta di attraversamento inappro-priata

• Interferenza fisica, visiva e psicologica dellamobilità veicolare: velocità e flusso incompa-tibili con l’andatura pedonale

D. INSUFFICIENTE SUPPORTO E CONNESSIONECON ALTRI MODI DI TRASPORTO• Offerta inadeguata di trasporto pubblico: ser-

vizio, vetture, fermate e attraversamenti con-nessi

E. ASPETTI CARENTI DELL’AMBIENTE• Insufficienza o mancanza di caratteristiche

che incrementino il senso di identità e orien-tamento

• Inappropriatezza o monotonia di materiali,dettagli e finiture

• Mancanza o insufficienza di elementi naturali• Ambiente costruito oppressivo e inospitale

F. SCARSE PRESTAZIONI AMBIENTALI• Scarse prestazioni ambientali• Scarsa sicurezza personale, fisica o psicologica

LE FAMIGLIE DI SOLUZIONI

A1. PRIORITÀ AI PEDONI NELLA PIANIFICAZIONEDELLA MOBILITÀ URBANA• 50% dello spazio pubblico ai pedoni• rete pedonale densa e continua• progettazione architettonica di qualità per lo

spazio pubblico

A2. OGNI MUNICIPALITÀ DOVREBBE AVERE UNAPOLITICA PEDONALE• istituzione di politiche favorevoli al cammino• educazione, formazione, dialogo, consapevo-

lezza dei bisogni degli utenti• più investimenti negli spazi pubblici• controllo dei processi attuativi

A3. STRADE “VIVE” GIORNO E NOTTE• pluralità di funzioni nei quartieri, servizi pub-

blici lungo le strade, uso diversificato deglispazi pubblici lungo le strade, uso diversifica-to degli spazi pubblici

• spazi pubblici e privati: continuità e separazio-ne appropriate

• confini permeabili tra edifici e strade

B1. LO SPAZIO PUBBLICO COME UN SALOTTO• pavimentazioni appropriate di alta qualità• arredo urbano sufficiente ed adeguato, di

buon design e ben mantenuto• illuminazione diversificata e appropriata• facile orientamento• protezione dagli agenti atmosferici

B2. ATTUAZIONE DI POLITICHE DI LOCALIZZAZIO-NE DI SERVIZI, ATTIVITÀ COMMERCIALI EATTREZZATURE• negozi, altri servizi e punti d’incontro a breve

distanza• promozione di attività commerciali e di servizi

di uso quotidiano ubicati vicino a casa• prevenzione della localizzazione, nelle perife-

rie urbane, di attività commerciali e di servizioin competizione.

C1. CONSIDERARE CHE IN AMBITO URBANO CI SISPOSTA COME PEDONI E NON SOLO COMEAUTOMOBILISTI• evitare il traffico di attraversamento• minimizzare il traffico vicino alle scuole• aree residenziali senza automobili• zone di traffico, restrizioni alla possibilità di

parcheggio, uso di pedaggio d’ingresso allacittà

• controllare la velocità attraverso il disegnostradale

• zone di traffico misto• dare ai pedoni una priorità generalizzata nel

traffico

D1. TRASPORTO PUBBLICO PER TUTTI• rete densa di fermate, ubicate a distanza breve

di cammino• accesso pedonale diretto alle fermate da tutte

le direzioni e per tutti gli utenti• fermate sicure e confortevoli, sia di giorno che

di notte• offerta di trasporto pubblico accattivante

E1. UNA RETE VERDE PER OGNI CITTÀ• spazi costruiti alternati a nodi verdi e densa-

mente interconnessi• percorsi pedonali confortevoli, che connetto-

no i nodi verdi• integrazione nel progetto di acqua e verde,

con le loro variazioni stagionali• varietà nel disegno e nell’utilizzazione degli

spazi verdi

E2. I PEDONI DEVONO SEMPRE SENTIRSI A CASA• disegno, materiali, arredi, e funzioni degli

spazi pubblici che valorizzano l’identità locale• successione di visuali diverse lungo il percorso• luce e cambiamenti di immagine• spazio pedonale come componente essenziale

e dedicata

F1. INTEGRARE LA SCALA PEDONALE NELLAPROGETTAZIONE URBANA• piani urbani per i pedoni• progetto del dettaglio e della luce, attraente a

scala umana• uso multiforme dei segnali

F2. STANDARDS ACUSTICI PER GLI AMBIENTIESTERNI• pianificazione urbana e scelte strategiche• gestione del traffico• progettazione creativa per mitigare i problemi

del rumore: barriere, materiali a basso impat-to, disegno delle facciate, mascheramento deirumori fastidiosi con suoni piacevoli, etc.

F3. SPAZI URBANI PULITI E SALUBRI• standard e strategie per controllare l’inquina-

mento atmosferico• gestione e smaltimento appropriati delle deie-

zioni canine• pianificazione urbana e del traffico che favo-

riscano un ambiente sano e pulito• raccolta appropriata dei rifiuti e pulizie delle

strade• strategie e programmi di manutenzione• impiego di elementi verdi e acqua.

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verso tale concezione innovativa inoccasione della sintesi delle proprieelaborazioni di merito esposta nel XXCongresso (Palermo, 1993). Tuttavia i risultati concettuali e praticigeneralizzati non possono ritenersiancora soddisfacenti sia sul piano deimetodi che su quello delle stesse, siapure interessanti, realizzazioni innova-tive molto parziali. In particolare nonappare ancora chiaro, in modo suffi-cientemente generale, che l’armatura ele funzioni territoriali (effettive o pro-grammate) offrono al quadro dellamobilità urbana non solo mere quanti-tà ma soprattutto configurazioni spa-ziali e differenziazioni qualitativedirettamente significanti.Il nodo urbano di interscambio nondeve costituire, nell’ambito dell’urbani-stica “con” mobilità - e con tempisticaurbana ben articolata - mero luogo dicoincidenza materiale fra un mezzo adun altro. Tende invece, inevitabilmente, a dive-nire, se opportunamente configuratonel disegno urbano, luogo di scambiosociale esaltato in cui, peraltro, posso-no trovare “naturalmente” sede le atti-vita’ di servizio comprese sia nei tradi-zionali (ma insopprimibili) standardurbanistici che negli standard presta-zionali di rinnovata concezione. Iltutto però valorizzando, ove è datofarlo, contesti già connotati particolar-mente e senza mai cadere nella tenta-zione, sempre presente, dello svuota-mento della città dalle attività diversedalla mera residenza ma proprio perquesto a quel diretto servizio dellaresidenza che, per sua natura, non

Ruolo urbanistico dei nodidi interscambioManlio Marchetta*

L’uso della definizione è risultata deci-siva sul piano teorico, ma non è certonuova. L’innovazione è consistita sem-mai nel coraggio dimostratodall’Azienda nell’accettare di conferirleefficacia in un proprio atto fondamen-tale di pianificazione a fini rigenerativie riassestativi, anche economici oltreche, naturalmente, al fine di renderecongruo il servizio nel territorio inte-ressato e meglio servite le persone e leattività produttive.In passato, infatti, prevedere che l’u-tente cambiasse mezzo di trasporto nelpercorso complessivo fra due luoghiteoricamente poco mutanti nello spazio(ed esempio fra casa e luogo stabile dilavoro) sarebbe stato considerato pres-sappoco un errore di gestione traspor-tistica e, spesso, qualcosa da sconsi-gliare decisamente quasi come lecosiddette “rotture di carico” del, bendiverso, settore del trasporto dellemerci pesanti o pesantissime. Settore,per la verità, la cui evoluzione ha inse-gnato e insegna innovazioni sempremaggiori e sempre più scevre da pre-giudizi molto influenzati da abitudiniche non si ha il coraggio di abbando-nare.E’oggi avanzata una adeguata conce-zione dell’urbanistica della mobilitàurbana, più precisamente di una scien-za urbanistica che non subisca più itrasporti come corpo improprio ma sia,al contrario, fondata proprio sullainterpretazione del bisogno di movi-mento, sia veloce che lento e anchelentissimo, che caratterizza la civiltàurbana. Lo stesso INU è stato in gradodi sviluppare un importante contributo

nari diversi o campi d’azione, adottabilisecondo i problemi rilevati, che prendo-no in considerazione vari aspetti del-l’ambiente pedonale, a diverse scale:strutturazione e configurazione, fruibilitàe leggibilità degli spazi; relazioni traspazi “grigi” e spazi “verdi”; arredo stra-dale e illuminazione, materiali e dettagli;organizzazione del traffico veicolare epedonale, del trasporto pubblico e deinodi intermodali; servizi e attività, rela-zione tra pubblico e privato, integrazionefunzionale e sociale, etc. Ogni scenario siarticola in specifici passi del processo,dalle scelte politiche e strategiche allaproposta progettuale e alle soluzioniappropriate, alle misure e alle indicazioniper la realizzazione.Per ogni campo d’azione sono state pro-poste misure tecniche e non tecniche;alcune rappresentano la best practiceinternazionale, altre sono il migliora-mento di misure già in uso, che nonsono coerenti con le richieste esigenzialiespresse o con le caratteristiche dell’am-biente urbano, altre infine sono proposteinnovative di vario tipo.Questo insieme di indicazioni può effetti-vamente costituire un punto di riferi-mento per politici, soggetti decisionali etecnici ed, in particolare, per quelleamministrazioni comunali che intendonoaffrontare un processo di riqualificazio-ne, finalizzata a migliorare le condizionid’uso dello spazio urbano per la diversi-ficata categoria dei pedoni.

* Dipsa, Università di Roma Tre, responsabile e coordi-natore del progetto di ricerca PROMPT.** Dipsa, Università di Roma Tre.

Note1. PROMPT (2000/2004), è una ricerca finanziata dallaCommissione Europea nell’ambito del Quinto ProgrammaQuadro; il consorzio è coordinato da Kari Rauhala, VTT -Finlandia ed è costituito da 5 partners: Lucia Martincigh,DiPSA, Università degli Studi Roma Tre - Italia, WilliHusler, IBV – Svizzera, Liv Ovstedal, SINTEF - Norvegia,Philippe Hanocq, Università de Liège Belgio, CatiaRennesson e Patrice Bernard, CERTU e CETE NP - Francia.Il DiPSA ha partecipato a tutti i workpackages previsti edè stato responsabile del WP4 - Attractiveness Report e delWP7 - Solutions Report. I Reports possono essere consul-tati sul sito: http://prompt.vtt.fi2. PROMPT Solutions Report, Prof. arch. LuciaMartincigh, responsabile e coordinatore, dottore di ricer-ca ing. Luca Urbani. Ricercatore, DiPSA – Dipartimentodi Progettazione e Studio dell’Architettura, Universitàdegli Studi Roma Tre, riguarda sia la sistematizzazionedei problemi rilevati, sia l’individuazione delle soluzioniatte a risolverli e la loro articolazione in misure.

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quadri analitici, l’analisi dell’offertaattuale di trasporto (incluso quello fer-roviario) ed, infine, il progetto di reterinnovata. La parte analitico-descrittiva tratta: - la definizione della maggiore consi-stenza geografica del bacino dellamobilità, che include il territorio di 49Comuni divisi tra tre Province (Rimini,Forlì e Pesaro e Urbino) e nove Castellidella Repubblica di San Marino, conuna popolazione residente totale di415.557 unità;- lo studio delle componenti permanen-ti della mobilità, ovvero le componentigenerate dai residenti, dalle attivitàeconomiche e dai poli generatori/attrat-tori permanenti (ospedali, uffici pubbli-ci, stazioni ferroviarie, ecc.). Con i datiIstat dei Censimenti di Popolazione edIndustria e Servizi, sono stati creati perl’intero bacino i seguenti quadri analiti-ci: Carta della popolosità, Carta degliaddetti, Carta dei poli permanenti gene-ratori ed attrattori di mobilità;- lo studio delle componenti tempora-nee e turistico-stagionali della mobilità,le prime generate dai poli aperti solotemporaneamente (fiera, palazzo deicongressi, parchi tematici, discoteche,etc.), le seconde generate dal turismobalneare che stagionalmente “invade” ilbacino riminese. Fra le componenti sta-gionali vi è anche quella scolastica,generata dagli spostamenti da e per lescuole, attualmente la più servita daltrasporto pubblico;- lo studio su poli generatori ed attrat-tori che costituiscono i luoghi e le fun-zioni origine/destinazione, direttamenteaccertate, degli spostamenti di tipo per-

Il trasporto pubblico rimineseMonica Maioli

In previsione dell’Accordo di program-ma tra Regione Emilia Romagna ed entilocali, che sancirà la programmazionedell’offerta di trasporto pubblico localeed il conseguente finanziamento dellostesso per il triennio 2007-2009, e nel-l’ambito delle funzioni di progettazioneattribuite alle Agenzie della mobilità1,l’Agenzia mobilità Rimini ha ritenutoutile verificare il servizio di trasportopubblico esistente, sancito dal prece-dente Accordo di programma (2004-2006), con la domanda di mobilità esi-stente e potenziale incaricando ilDipartimento di Urbanistica e pianifica-zione del territorio della ricerca per laformulazione di un modello di rete ter-ritoriale del trasporto pubblico2.Il lavoro di ricerca ha considerato iseguenti obiettivi posti dall’Agenzia:- conquistare un numero maggiore diutenti al servizio di trasporto pubblicospecie fuori dalle fasce orarie scolasti-che ed, in periodo estivo, fuori dallelinee e dalle fasce orarie turistiche;- includere nell’offerta di trasporto ilTrasporto Rapido Costiero (TRC), di cuiper il 2010 è prevista l’entrata in eserci-zio per la parte che collega le stazioniferroviarie di Rimini e di Riccione; - ottimizzare la rete di trasporto pub-blico locale considerando le nuove esi-genze di mobilità prodotte dai cambia-menti intervenuti nella struttura inse-diativa.

La ricerca

La ricerca descrive lo stato della mobi-lità del bacino riminese, attraverso qua-dri analitici dettagliati, l’interpretazionedelle esigenze di mobilità emerse dai

dovrebbe essere esercitato altrove.Il nodo assume quindi, naturalmentenon da solo (e nel caso in esame uni-tamente agli attrattori speciali), ruoloinnovativo rigenerante in una pianifi-cazione che - al di la delle denomina-zioni sempre più varie ma in una sem-pre più ampia gamma che tende a per-dere significati pregnanti - rischiaaltrimenti regressione e depressione. Ilnodo perciò, mentre conferma o assu-me ruolo urbanistico specifico, divienenello stesso tempo, in potenza e nel-l’ambito di porzioni di tessuto genera-listico, sia spazio urbano precipuo percollocazione e gamma multifunzionaleche spazio architettonico per tendenzaconfigurativa. Spetta alla cultura urbanistica esserecapace di rinnovare se stessa e di uti-lizzare, senza divagare fuori temaverso altre forme di progettazione, glistrumenti propri della pianificazionespaziale e funzionale generale. Di que-ste deve semmai essere nettamenteaffermato il grado di efficacia generalee la stessa pregnanza sociale ricono-sciuta, inglobando propriamente eintensamente le garanzie per unamobilità nella città assicurata a tuttisecondo i bisogni accertati. Ma anchesecondo quelle opportune modalità tra-sportistiche articolate che sono resecoese da nodi di interscambio di mezzidotati, geneticamente e non con imma-turi artifici di arredo, di requisiti for-mali e gamme funzionali pianificati,che assicurino preventivamente il suc-cesso dell’interscambio sociale.

*Direttore del Master interateneo di Architetturasostenibile nelle città mediterranee Università diFirenze.

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conseguenza diretta determinano unadomanda di mobilità. Questa domandapuò restare latente oppure essere soddi-sfatta e, solo in questo caso, generaredegli spostamenti. Le ipotesi di nuovi assetti trasportisticiin genere si basano sull’analisi delladomanda soddisfatta in quanto misura-no gli spostamenti nelle diverse moda-lità, lungo i diversi percorsi, nelle oredi punta, etc. e proiettano queste misu-razioni in uno scenario diverso permet-tendo di simulare le modifiche deglispostamenti. Occorre sottolineare cheper questo tipo di analisi va predispostoun apparato di dati molto costoso dareperire, da mettere a verifica e daaggiornare4. Con questa ricerca, anche in considera-zione dei dati di base a disposizioneche escludevano le matrici origine-destinazione, si è sperimentato unmetodo che definisce la domanda dimobilità presunta nelle diverse parti delterritorio, rappresentate dalle sezioni dicensimento singole o aggregate, e daquesta domanda di mobilità localizzatasi desumono i livelli di servizio chel’offerta di trasporto pubblico devegarantire in coerenza con quantorichiesto dalla struttura insediativa. Considerando la mobilità al pari di unafunzione complessa, come questa puòessere più agevolmente studiata ope-rando una scomposizione che conducaa funzioni più semplici. Pertanto si èoperato una scomposizione della mobi-lità generale in componenti: le compo-nenti permanenti, temporanee e stagio-nali. L’approfondimento dello studiodelle componenti temporanee e stagio-nali, che caratterizzano fortemente ilterritorio riminese - che vive differentistagioni molto diverse tra loro - com-porterebbe una specifica indagineconoscitiva, che non è stata possibileeffettuare nell’economia della presentericerca, su calendari, regimi orari eflussi di utenza, quantomeno delleprincipali attività di tipo economico edi servizio.

Pensare il territorio per punti

Il metodo utilizzato considera il territo-rio per punti a cui garantire una certaaccessibilità, piuttosto che per percorsi.Questa impostazione aderisce maggior-

stazioni. Lo studio si conclude con ilprogetto della rete rinnovata del tra-sporto pubblico locale e dei relativilivelli di servizio da assicurare agliutenti. La domanda di mobilità desuntadalle analisi è stata tradotta in progettodi livelli di servizio per le diverse areedel territorio e per i diversi tipi dimobilità studiati: permanente, tempora-nea e stagionale. La proposta progettuale si fonda sul-l’applicazione del concetto di inter-scambio, con conseguente limitazionedelle attuali penetrazioni delle lineeextraurbane nel “cuore” delle cittàcostiere e la creazione di servizi urbaniad altissima frequenza (mai superiore a10 minuti) a servizio sia delle particonsolidate delle città che dei luoghi diinterscambio modale. Il progetto si articola in un Progetto dinodi ed un Progetto di collegamenti. Inodi territoriali desunti dall’analisi rap-presentano i punti notevoli o caposaldidel sistema della mobilità di bacino esono riportati con i livelli di servizionecessari a soddisfare le loro peculiariesigenze di mobilità. I collegamenti deinodi rappresentano la proposta di reterinnovata in cui si prevedono dei servi-zi cadenzati con 4 tipi di frequenzeorarie3 e servizi non cadenzati con duetipi di servizi a chiamata.La ricerca considera in esercizio ilTrasporto Rapido Costiero (TRC) neltratto Rimini FS – Riccione FS. In atte-sa della sua realizzazione, viene propo-sto un nuovo servizio in affiancamentoal servizio filoviario costiero. Infine, la ricerca propone una sezionecon il progetto dell’uso locale del trenoquesto per utilizzare le potenzialitàofferte dal trasporto ferroviario, presen-te nel bacino con 15 stazioni, e moltocompetitivo in termini di tempi di per-correnza.

La metodologia applicata

Il metodo adottato considera la mobili-tà frutto della struttura insediativacostituita da un insieme di caratteristi-che geomorfologiche, da un tessutourbano e territoriale formato da stradeed edifici, da una varietà illimitata direlazioni immateriali e di modalità divita, che determinano gli usi dello spa-zio da parte degli individui e come

manente, temporaneo, stagionale e sco-lastico. La loro definizione e localizza-zione costituisce un’originale integra-zione dei dati desumibili dalle indaginisu origine e destinazione degli sposta-menti dei soli residenti.La parte interpretativa propone la stimadella capacità di generazione e attra-zione di mobilità delle diverse parti delterritorio. In particolare, nella Cartadella capacità potenziale di generazionee attrazione di mobilità la capacitàviene articolata in 6 livelli: trascurabile,bassa, media, medio-alta, alta e altissi-ma, mentre la Carta della domanda dimobilità non trascurabile, escludendo leparti del bacino con livelli di mobilitàtrascurabili, individua quelle parti cheper le caratteristiche insediative, accu-ratamente ponderate, necessitano diservizi di trasporto pubblico cadenzati.L’analisi dell’offerta attuale di trasportopubblico su gomma e ferro presentenell’intero bacino, trova riscontri nelQuadro sinottico della classificazionedelle linee di trasporto pubblico e nelleTabelle di analisi del servizio ferroviariolocale. Il Quadro sinottico è un tabulato di sin-tesi che, linea per linea, riepiloga i datiper il periodo 2005-2006 e 2006-2007,diversificati in autunno, inverno, pri-mavera ed estate. In esso il complessodelle linee esistenti è classificato sullabase della tipologia del servizio pratica-to e quindi raggruppato in: - servizi con alta frequenza con caden-zamento (> 2 corse/ora)- servizi con media frequenza concadenzamento (1 o 2 corse/ora)- servizi con bassa frequenza concadenzamento (fino ad 1 corsa/ora) - servizi con bassa frequenza senzacadenzamento- servizi di nicchia (scolastici, per imercati settimanali, per i cimiteri)- servizi notturni in estate (in generecon alta o media frequenza- servizi di nicchia di collegamento trazone alberghiere, centro storico e quar-tiere fieristico.Le Tabelle di analisi del servizio ferro-viario locale riportano i migliori tempidi percorrenza dei servizi diretti di col-legamento tra le 15 stazioni del bacinoe riportano analiticamente per le 24fasce orarie giornaliere i collegamentiferroviari offerti in ciascuna delle 15

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stato quello di costituire la base docu-mentale ed analitica per la predisposi-zione di un piano degli spostamenticasa-lavoro degli addetti dell’areaindustriale, oltre che individuare indi-cazioni di carattere più generale supotenzialità e prospettive dell’appli-cazione del mobility management.

Le analisi

La necessità di affrontare una realtàampia e soprattutto eterogenea, sia intermini di settori di attività economi-ca, sia dal punto di vista della dimen-sione delle aziende, ha reso necessa-ria l’acquisizione di un’immaginecomplessiva, sintetica ed esaustivadelle caratteristiche dell’accessibilità,delle strutture produttive e dellemodalità degli spostamenti casa-lavo-ro degli addetti. Dal punto di vista della mobilità pri-vata, l’accessibilità alla zona, è com-plessivamente buona. Le uniche criti-cità di una certa entità sono rappre-sentate, da una parte, dai due passaggia livello posti su via Larga e viaBassa dei Sassi, dall’altra dalla pre-senza di alcune intersezioni stradali incorrispondenza degli accessi alla zonaindustriale da via dell’Industria. Lacircolazione interna è garantita da unastruttura principale con ampie carreg-giate, collegate da diverse rotatorie; lapossibilità di sosta degli autoveicolirisulta sovradimensionata rispetto alladomanda: agli ampi parcheggi regola-mentati presenti sulle strade interne, siaggiungono i molti posti auto riservatidentro ai cortili aziendali.

Mobility management d’areaPiero Secondini*, Simona Tondelli**

I temi della mobilità in ambito urba-no e dell’inquinamento atmosferico,tra loro strettamente interconnessi,sono stati negli ultimi anni oggetto diun’attenzione sempre crescente, sfo-ciata in iniziative che tentano di inte-grare gli interventi sui diversi settoricoinvolti. A tale obiettivo rispondeanche il Piano straordinario per laqualità dell’aria e della mobilitàsostenibile adottato dal Comune diBologna a fine 2004 in parzialevariante al Piano generale del trafficourbano del 2000. Tale strumento, checontiene le linee di intervento per ilbreve medio periodo su mobilità, tra-sporti e logistica nell’area urbana diBologna, ha tra i suoi obiettivi lariduzione dei consumi energeticidovuti agli spostamenti casa-lavoro, ilcontenimento dell’inquinamentoatmosferico ed acustico e il trasferi-mento di quote della domanda di tra-sporto dai mezzi individuali a quellicollettivi, anche attraverso la promo-zione di azioni di mobility manage-ment di area ed aziendale.Lo studio in oggetto si colloca nel-l’ambito dello sviluppo di politiche digestione della mobilità, applicatenello specifico all’intera zone indu-striale Roveri, individuata nell’ambitodel Piano straordinario come zonasperimentale per l’applicazione diazioni di mobility management.Obiettivo dello studio, svolto nel-l’ambito di una convenzione di ricer-ca tra il Settore Mobilità urbana delComune di Bologna e il Dipartimentodi Architettura e pianificazione terri-toriale dell’università di Bologna, è

mente sia al carattere discontinuo delterritorio che alla forma reticolare,erratica e, quindi, imprevedibile dellecatene degli spostamenti prodotti dal-l’attuale domanda di mobilità. Si tratta,in primo luogo, di studiare la strutturainsediativa, individuando per ogni suaparte la capacità potenziale di generaree di attrarre spostamenti, ovvero mobi-lità, quindi, di ponderare le diversecapacità potenziali e di trasformarle inrichieste di livelli di servizio. I livelli diservizio individuati puntualmente sulterritorio rappresentano il progetto dinodi da cui si deve partire per costruireil progetto dei collegamenti che assiemecostituiscono il progetto di rete. Le statistiche rilevano che più del 60%degli spostamenti è a corto raggio (perdistanze inferiori a 5 km) e che piùdell’80% di questi viene effettuato conl’auto privata. Spostare una parte con-sistente di questo tipo di spostamentidall’auto privata al mezzo pubblico,rappresenta un obiettivo di sostenibilitàraggiungibile a condizione di un ripen-samento dei modelli di rete propostidagli attuali servizi di trasporto pubbli-co locale. Occorre rivedere l’ostracismonei confronti della cosiddetta “rotturadi carico” e progettare reti e servizi cheesaltino le potenzialità che il cambio dimezzi può offrire all’utente. Prima fratutte quella di avere servizi di trasportopubblico in grado di garantire nelleparti di città consolidata il collegamen-to di tutti i punti notevoli o caposaldidella mobilità con livelli di servizio e diaccessibilità adeguati alle necessitàespresse dalla struttura insediativa.

Note1. Istituite dalla Regione Emilia Romagna con Lr 2ottobre 1998, n.30; per le loro funzioni si vedano gliartt. 13 e 19.2. Autori: Prof. Arch. Manlio Marchetta, Dott.ssa Arch.Monica Maioli, in collaborazione con Agenzia mobili-tà Rimini: Presidente Prof. Franco Fabi, Direttore (finoal 2006) Dott. Maurizio Baldacci, Direttore (dal 2007)Prof. Ermete Dal Prato, Responsabile Servizio Rete eServizi Dott. Roberto Renzi.3. Le frequenze di progetto dei servizi cadenzati sono:altissima (≤ a 10’), alta (> a 10’ e < a 30’), media ( = a30’ e < a 60’), bassa (? a 60’).4. I dati di base sono costituiti essenzialmente dallematrici origine – destinazione per Sezione diCensimento Istat, che, nel processo di calibratura delmodello, vanno implementate con i dati desunti daindagini periodiche di rilevazione sul campo (sistemacordone, conteggio passaggio veicoli, etc.) che necessi-tano di ingenti risorse economiche per la rilevazione el’elaborazione.

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d’informazione diffusa, che ne illustrisia le finalità ecologiche e sociali, siai vantaggi economici per l’utente.Altre azioni che si ritengono necessa-rie affinché il servizio possa diffon-dersi tra gli addetti, riguardano essen-zialmente la facilitazione della crea-zione dei contatti attraverso la costru-zione di un database, disponibileeventualmente anche su web, checontenga informazioni sugli sposta-menti e sulle esigenze degli addetti;l’organizzazione di incontri volti allaconoscenza reciproca degli addetti ead eventuali accordi sulle modalità diviaggio; la nomina di un responsabi-le, il mobility manager d’area, che sioccupi di favorire la pubblicità sulservizio e che rappresenti una figuradi riferimento e supporto per i poten-ziali utenti del car pooling. Inoltre,potrebbe rivelarsi utile, perlomenofinché la modalità del car poolingnon si fosse affermata, attuare unacampagna di incentivi (ad esempiobuoni benzina o prima colazione gra-tuita) che aumentino l’appetibilità delservizio. Non è invece ipotizzabilel’adozione di “disincentivi” all’utiliz-zo dell’auto privata come, ad esem-pio, al tariffazione della sosta, vistigli ampi spazi di parcheggio riservatiall’interno dei cortili aziendali, ingrado di soddisfare quasi completa-mente la domanda di sosta nell’area.Per quanto riguarda il trasporto pub-blico, al fine di incentivare l’utilizzodel SFM risulta indispensabileaumentare l’accessibilità alle fermateed in particolare alla stazione Roveri,posta alla fine di via dellaCentralinista, ad esempio attraversol’istituzione di un servizio di mini-bus-navetta riservato che offra uncollegamento diretto nelle ore dipunta tra la stazione e le aree piùdistanti. E’ inoltre auspicabile ilpotenziamento del collegamentoautobus tra via Larga e le zone inter-ne del complesso produttivo, in parti-colare coprendo gli intervalli tempo-rali della giornata in cui il serviziorisulta oggi del tutto assente, anchealla luce dell’evoluzione in corsodella struttura produttiva da artigiana-le e industriale a direzionale, quindicon un afflusso non solo di addetti,ma anche di clienti e visitatori la cui

azienda, ottenere collaborazione ecreare consenso, pubblicizzando lefinalità della ricerca in corso e lericadute positive attese. L’indagine, che ha coinvolto un cam-pione pari a circa al 9% del totaledegli addetti, ha messo in luce comela maggior parte degli addetti risiedanella parte orientale della provincia,senza soluzione di continuità tra ilterritorio comunale di Bologna equello dei Comuni della prima e dellaseconda cintura; inoltre gli orari diinizio e fine del turno di lavoro risul-tano fortemente concentrati. Questagrande omogeneità della domandarisulta un fattore positivo per qualsia-si ipotesi di intervento volta al rilan-cio di modalità di trasporto ambien-talmente sostenibili. L’analisi della ripartizione modale neiviaggi casa lavoro rivela un ricorsomassiccio al mezzo privato per oltrel’80% degli addetti, motivato essen-zialmente dalla presenza di condizioniviabilistiche favorevoli all’uso delmezzo privato e dalle criticità connes-se ai sistemi di trasporto collettivi.Altri fattori, come ad esempio lanecessità di effettuare soste interme-die durante il viaggio o di spostarsiper pranzo o per esigenze professiona-li, influiscono in maniera non deter-minante sulla scelta degli addetti.

Proposte di intervento

Il conseguimento di una significativariduzione del traffico veicolare e ilgenerale miglioramento dell’accessi-bilità dell’area possono essere conse-guiti sia tramite interventi strutturalisulla mobilità della zona industriale,volti all’indirizzo di segmenti delladomanda di trasporto verso modalitàambientalmente sostenibili, sia attra-verso azioni complementari a queste,dirette alla facilitazione nell’uso dimezzi di trasporto collettivi, almiglioramento della viabilità ciclope-donale e alla sicurezza.Viste le caratteristiche di omogeneitàdella domanda, l’introduzione di unservizio di car pooling può essereritenuto fattibile sia dal punto di vistatecnico che economico. E’ chiaro chel’incentivazione di questa modalità ditrasporto necessita di una campagna

A fronte di una buona accessibilitàcol mezzo privato, la zona Roverimostra invece varie criticità per quan-to concerne l’organizzazione dei ser-vizi di trasporto collettivo. Il collega-mento tra via Larga e l’interno dellazona industriale è sospeso in alcuneore della giornata e, in generale,richiede quasi sempre un cambio dilinea. A ciò si aggiunge il fatto chemolte delle fermate all’interno dell’a-rea non sono dotate né di pensiline nédi illuminazione dedicata, elementiche certo limitano l’appetibilità delservizio, specialmente nella stagioneinvernale. La linea del ServizioFerroviario Metropolitano (SFM)Bologna-Portomaggiore, che lambi-sce a sud la ZI Roveri, rappresentacertamente una grande potenzialità;tuttavia la marginalità della localizza-zione delle due fermate esistentirispetto alla distribuzione delle azien-de e la scarsa integrazione del SFMcon i sistemi di trasporto su gomma,fanno sì che l’uso del servizio siaoggi limitato ai lavoratori delle azien-de localizzate nelle immediate vici-nanze delle stazioni.Al fine di approfondire le conoscenzerelative alle origini degli spostamentied alle scelte modali dei lavoratori,sono stati messi a punto due questio-nari, il primo da somministrare aidirigenti delle unità locali dell’area, ilsecondo rivolto agli addetti. Il questionario proposto ai dirigentiaveva lo scopo di definire le caratteri-stiche della struttura dell’unità localee di ottenere informazioni in meritoai servizi disponibili in azienda(eventuali parcheggi interni per auto-mobili, motocicli o biciclette, servizidi mensa, ecc.). L’indagine campio-naria effettuata sugli addetti è stataprincipalmente rivolta a comprenderele scelte di trasporto dei lavoratori e imotivi fondamentali delle decisionirelative alla scelta modale.Indispensabile al fine del buon esitodell’indagine si è rivelato il coinvol-gimento di tutti i soggetti a vario tito-lo interessati ed, in particolare, delleorganizzazioni che rappresentanolavoratori ed imprese che, oltre a rap-presentare un elemento di aggrega-zione degli interlocutori, ha costituitouna via preferenziale per “entrare” in

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nuare ed attraversare il centro urbano,oppure spostarsi verso l’interno e opta-re per la più ampia “complanare”, unanuova strada a due corsie per senso dimarcia aderente all’autostrada e desti-nata ad assorbire il traffico pesantedirottandolo oltre il centro abitato perpoi restituirlo alla statale 1,7 km più anord, in direzione di Fano.L’esile linea dell’autostrada fra le colli-ne vicino al mare apparirà ben piùconsistente, dal momento che è previ-sto anche un allargamento della A14da due a tre corsie che verrà realizzatoinsieme alla tangenziale. Questo pro-getto, approvato dal Ministero delleInfrastrutture, prevede l’ apertura delcantiere per il 2009.Questo ultimo dato merita attenzione,poiché il Piano del traffico attualmentein elaborazione ha, a termini di legge,una validità di due anni e non puòoccuparsi nel dettaglio di quello cheaccadrà una volta costruita la nuovacomplanare. La portata però sarà taleche tutta la rete viaria urbana dovràscendere di un gradino nella propriascala gerarchica, adeguandosi alladeclassificazione della strada statale,ora strada extraurbana secondaria. La ridefinizione del modello di mobili-tà urbana ed extraurbana derivantedalla nuova opera, potrebbe ad esem-pio rivelarsi incompatibile con la vec-chia rete stradale, che è già oggi ina-deguata. Altro punto di discussione, ifuturi innesti della viabilità urbana esi-stente con la complanare,a raso o conrotatorie,e sulla nuova distribuzioneipotizzata “a pettine”, poche uscite dis-poste strategicamente, in modo che la

Un progetto per la mobilità sostenibile a SenigalliaGiovanni Sergi*

A Senigallia la statale adriatica cheattraversa la città da nord a sud, cam-bia aspetto rapidamente quando ci siavvicina al centro. A circa cinque chilometri dai primisemafori che sono posti alle porte delnucleo urbano, il paesaggio è ancorascarno: verso il mare, gli sporadicialberghi a pochi metri della spiaggiainsieme con la linea ferroviaria checollega Bologna con Bari creano unabarriera visiva e fisica, lasciandoall’automobilista un’unica scelta, quelladel rettilineo; sull’ altro versante l’autostrada A14 corre parallela alla sta-tale, inserita tra le basse colline colti-vate e spoglie.Ci si accorge di essere in città, a unchilometro o poco più dall’ area pedo-nale del centro storico quasi improvvi-samente, tra i cartelli “spiaggia”,“risto-rante”, il tessuto del costruito più fitto,le prime strade di quartiere e qualcheciclista sperduto in mezzo al traffico, La SS 16 ha cambiato nome, prenden-do quello di qualche insigne statista opittore, la larghezza della carreggiata siè ridotta ed ai lati di questa, moltovicino, sorgono delle abitazioni. Ma ilcamion che vi precedeva è ancora lì,riparte lento al verde, si muove pesantetra le biciclette, le auto in sosta, ipedoni. Senigallia, che conta oggi 45.000 abi-tanti residenti che diventano 100.000nel mese di agosto, avrà un aspettoben diverso quando fra quattro o cin-que anni, provenendo da Ancona edavvicinandosi alla città attraverso laSS 16, a circa due chilometri dal cen-tro ci si troverà a scegliere se conti-

affluenza sarà necessariamente diluitanell’arco della giornata.Interventi complementari che posso-no incentivare l’utilizzo del trasportopubblico, e che possono essere con-dotti in generale con costi contenuti,riguardano l’introduzione, nelle fer-mate che ne siano sprovviste, di pen-siline con panchina e adeguata illumi-nazione; il posizionamento di rastrel-liere coperte per le biciclette in pros-simità delle fermate SFM; il comple-tamento della rete ciclopedonale, conl’adeguamento degli attraversamentie la sistemazione dell’illuminazionein modo da eliminare la sensibileinterferenza della vegetazione; l’inte-grazione della segnaletica verticale,anche con l’introduzione di cartelliinformativi che riportino la descrizio-ne grafica della struttura viaria dellazona, in modo da evitare che i veicolipercorrano per errore percorsi piùlunghi all’interno dell’area; la realiz-zazione di rotatorie su alcuni ingressiall’area da via dell’Industria che con-tribuiscano, insieme alla riduzionedella velocità sulla strada di raccordo,all’incremento della sicurezza inentrata e in uscita dalla zona.A questi interventi si affiancano poli-tiche di riqualificazione complessivadell’area che, offrendo servizi interniall’area, possono contribuire a ridurreil numero di spostamenti giornalieridegli addetti: si tratta in particolaredella valorizzazione di parte dellearee rurali presenti nella zona, chepossono diventare punti di aggrega-zione nelle ore libere durante la bellastagione, e della realizzazione di ser-vizi (tra cui, ad esempio, uffici ban-cari e postali, asili nido e scuolematerne, punti di ristoro che possanorappresentare anche luoghi di relaxed aggregazione sociale, ecc.), cheperaltro sono in parte già stati pro-mossi dall’Amministrazione comuna-le attraverso l’approvazione di unPiano di Riqualificazione.

*Direttore DAPT Università di Bologna.

** Ricercatrice Università di Bologna, il Dapt, respon-sabile operativo.

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Assessorato, istituito nel 2004,hannoprevisto per il 2008 una serie di misureinnovative. Oltre ad un potenziamento del sistemadi segnalazione per orientare gli auto-mobilisti verso le aree di sosta cherisulterà costituito da una decina didisplay luminosi ed alle telecamere peril controllo a distanza,le aree per ilparcheggio saranno dotate di varchielettronici con invio di dati in temporeale. É allo studio la possibilità diattivare forme di diversificazione delticket per i parcheggi del CentroStorico per disincentivare l’uso dell’au-tomobile privata.Da gennaio 2008 il servizio di traspor-to su gomma sarà potenziato, grazie aimaggiori finanziamenti ottenuti daRegione e Provincia.Allungamento dei tragitti e maggiorefrequenza delle fermate per i bus urbanied extra-urbani già esistenti, utilizzatiper il 95% da studenti e popolazioneanziana, rappresentano l’unica alterna-tiva valida ad un servizio stabile dinavetta da e verso i maggiori parcheggi.La società privata che gestisce i tra-sporti urbani ed extraurbani ha valuta-to che produrre un sistema di busnavetta a cadenza ravvicinata sarebbetroppo oneroso per l’Amministrazionecomunale. In quanto corrispondente adun quarto del chilometraggio che puòessere prodotto nel corso dell’anno eper questo possibile solo in concomi-tanza di eventi speciali.Gli interventi messi in campo dall’Assessorato al traffico e alla mobilitàsi propongono in sostanza come un’al-ternativa capace di estendere gradata-mente il bacino di utenza del trasportopubblico oltre i limiti attuali dei dueprincipali gruppi di utenza costituitidagli studenti e dalle persone anziane.

* Università Politecnica delle Marche-Ancona.

singoli interventi di riqualificazione,pur producendo un non trascurabileeffetto di immagine, non riescano acostituire un sistema coeso di spaziurbani rilevante sia in termini ambien-tali (abbattimento dell’inquinamentoatmosferico ed acustico), che in terminidi nuovo modello di mobilità urbanapedonale e/o ciclabile.Simone Ceresoni, Assessore al trafficoe alla mobilità, crede nel metodo appli-cato dai suoi tecnici che per la primavolta dopo anni hanno impostato unarevisione sostanziale del modello dellamobilità utilizzando anche modelli dimacrosimulazione (come Citylab Cubee Paramix per microsimulazioni in 3D).É inoltre ben cosciente delle carenze dicui soffre Senigallia e dell’urgenza direalizzare interventi importanti: perquesto ha accettato di mettere in dis-cussione i suoi progetti e nel primoForum sulla mobilità cittadina, tenutosirecentemente, si è confrontato con lerichieste e le critiche degli abitanti.“L’idea è quella di rendere l’automobileun po’ più scomoda”, spiega Ceresoniriferendosi alla scelta di porre unatariffazione sui 1.500 posti auto aridosso della ZTL avvenuta circa dueanni fa e accolta malvolentieri dallapopolazione. Si è preferito inoltre siste-mare la maggior parte dei restanti2.750 posti auto gratuiti in lotti urbanidisponibili, alcuni dei quali nelle vici-nanze dei principali punti di intercon-nessione.Un recente progetto per realizzare unparcheggio interrato nell’area dell’edi-ficio ex GIL in viale Leopardi nellevicinanze del Centro Storico e da svi-luppare con le modalità del projectfinancing sembra essere stato postici-pato al 2010. Gli ingegneri dell’Ufficio tecnico dell’

complanare intersechi il meno possibilele strade minori.Negli ultimi quindici anni sono statimessi a punto diversi progetti di opereper potenziare la viabilità ferroviaria estradale che di fatto non hanno potutoessere realizzate.Fra queste, un importante progetto èquello fatto proprio anche dal Pianoterritoriale di coordinamento dellaProvincia di Ancona che prevede laconversione della linea ferroviaria adoppio binario, che attualmente attra-versa la città, in una metropolitana disuperficie spostando il traffico ferro-viario in una nuova sede a monte del-l’autostrada. Una scelta, quella del Ptc,che potrebbe rappresentare una rivolu-zione del paesaggio litoraneo, allegge-rendo la barriera del rilevato ferrovia-rio e rendendo disponibile un serviziomolto utile,con conseguente riduzionedel traffico veicolare.Per ora,un miglioramento della qualitàambientale si nota solo in alcune pic-cole “isole felici”, chiuse al traffico edotate di piste ciclabili realizzate constandard di buona qualità. Può essereutile citare a riguardo il dato dei 6.000utenti che hanno usato il nuovo siste-ma di bike sharing gratuito promossodall’Amministrazione municipale nel-l’estate del 2007.Oltre alla pedonalizzazione completadel Corso II° giugno (il corso principaleall’interno del centro storico) e diPiazza del Duca (un’importante piazzarinascimentale), la città si è dotata solonegli ultimi anni di una serie di areeurbane di buona qualità caratterizzatedalla chiusura parziale o totale al traf-fico auto, da assenza di parcheggi, dauna buona presenza di attività com-merciali. É però necessario rilevare come questi

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Foto in bianco e nero di Giovanni Giacomelli 2007

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110 km di percorsi su strada ed altricirca 100 km di itinerari percorribili inbicicletta in ville, parchi ed aree verdi.I chilometri di piste in fase di realizza-zione sono circa 30, 60 sono i km rela-tivi a tracciati già finanziati ed in fasedi progettazione.E’in corso la pianificazione, di concer-to con i 19 municipi romani, delle reticiclabili locali, per circolare nei quar-tieri e per raggiungere in sicurezza lestazioni del trasporto pubblico. In piùdi 30 delle principali stazioni ferrovia-rie e della metropolitana sono statirealizzati circa 400 posti bici in mag-gioranza presidiati e al coperto. Questaazione si completa con la diffusione didiscipline di traffico all’interno dei sin-goli quartieri (zone 30 e ZTPP, segnale-tica ed arredo), con itinerari e reti checollegano i principali punti di attrazio-ne locali - scuole, servizi, giardini,monumenti, ecc.. Per quanto concerne politiche e servizi,recentemente è stata estesa la possibili-tà di trasporto della bicicletta sullalinea B della metropolitana e della fer-rovia concessa Roma – Lido oltre leore 21.00. Inoltre è stata effettuata consuccesso la sperimentazione del tra-sporto di bicicletta su una linea busfestiva. Visto il successo di queste ini-ziative, è prevista l’ulteriore estensionedel trasporto a seguito sia su bus etram che sulle infrastrutture ferroviariee metropolitane in altri orari di morbi-da.Sempre per incentivare il cittadino adutilizzare la bicicletta per il suo sposta-mento da casa al trasporto pubblico, èin avvio un sistema di bikesharing che

Roma: i piani locali delle reti ciclabiliMarco Contadini*, Roberto Pallottino**, Amedeo Tirolese***

presentato una risposta importante alleesigenze espresse dall’utenza organiz-zata, soprattutto in quanto hannoaffermato la ciclabilità come un temanon settoriale ma come parte integran-te delle politiche sui trasporti urbani.

Sintesi delle azioni in corso epreviste

La strategia di intervento per la cicla-bilità di Roma è articolata su due livel-li principali.Un primo livello prevede l’incrementodelle infrastrutture dedicate alla cicla-bilità, piste e percorsi ciclopedonali,siano esse di livello radiale, con fun-zioni di penetrazione (dorsali) e conl’obiettivo di far scegliere la biciclettaall’utente per effettuare tutto il propriospostamento dalla periferia al centro,siano esse di livello secondario (retilocali) per servire le funzioni di quar-tiere e permettere la scelta della bici-cletta per raggiungere i nodi di scam-bio con il trasporto pubblico (primospostamento della catena degli sposta-menti).Un secondo livello prevede lo sviluppodell’intermodalità mezzi pubblici –bicicletta. Sono stati individuati unaserie di interventi per facilitare loscambio modale tra bicicletta e mezzipubblici e quindi incentivare il cittadi-no alla scelta della bicicletta per effet-tuare il primo spostamento dalla pro-pria residenza ai parcheggi di inter-scambio. A cui si aggiungono azioniper lo sviluppo del trasporto a seguito.Dal lato infrastrutturale, ad oggi sonopresenti sul territorio comunale circa

Oggi a Roma, circa lo 0,4 % degli spo-stamenti è effettuato con la bici: datoche si colloca tra 1/3 e 1/30 di metro-poli europee quali Parigi, Londra eBerlino, che hanno puntato da temposulla bicicletta come modalità alterna-tiva e più sostenibile dal punto di vistaambientale. Eppure anche a Roma esi-ste una quota di domanda inevasasulla ciclabilità tutt’altro che trascura-bile. Indagini condotte dall’Atac pressogli addetti delle aziende romane hannomesso in evidenza come, se si concen-tra l’attenzione esclusivamente su que-gli utenti che effettuano spostamentiurbani di lunghezza appetibile per lamodalità ciclabile (< 5 km), un numerorilevante di essi (si ipotizza fino al52%) sarebbe disponibile ad utilizzarecome mezzo di trasporto la bicicletta;inoltre esiste una domanda potenzialesignificativa anche per spostamenti > 5km con tempi di percorrenza superioriai 60 min. L’esperienza insegna comeuna significativa estensione della reteciclabile e l’introduzione di misurequali ad esempio il bikesharing permet-terebbe un rilevante spostamentomodale e un numero di spostamenticon la bicicletta paragonabile ad altremetropoli europee. Per quanto l’atten-zione di cittadini e decisori politiciverso tale modalità di trasporto siaaumentata nell’ultimo quinquennio,l’importanza del suo sviluppo richiedeun’attenzione ancora maggiore. Daiprimi anni del 2000 l’Amministrazionecomunale ha perseguito in modo siste-matico e pianificato la realizzazione dipolitiche ed infrastrutture per l’usodella bici: azioni che hanno già rap-

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sali (Tevere e Aniene innanzitutto, learee protette e i parchi…). I programmiintegrati potranno facilitare la realizza-zione delle zone 30 e ZTPP fuori dellearee centrali.

Il Piano delle reti locali dei 19Municipi di RomaTra i compiti dell’Ufficio Ciclabilità,istituito per coordinare l’insieme diqueste politiche e azioni, c’è quello dicollaborare con le Municipalità delComune nelle azioni rivolte alla mobi-lità sostenibile e nell’elaborazione diuna rete di percorsi ciclo-pedonalilocali che abbiano il compito, all’inter-no del territorio locale, di collegare traloro e poi alle reti di trasporto su ferro(FM, tram e metro), centralità urbani-stiche, uffici pubblici, scuole, palestre episcine, piazze, parchi e luoghi diaggregazione, zone importanti com-merciali, per rendere l’uso della bici-cletta una seria alternativa, in sicurez-za, all’auto privata nei percorsi entro i5 km, nelle diverse forme di percorsicasa/scuola, lavoro, svago, consumo,intermodalità con il ferro.La finalità di questi piani locali è quel-la di inserire sistematicamente e in viaprioritaria le infrastrutture per la cicla-bilità nella programmazione ordinariadelle trasformazioni del territoriodeterminate dai Piani generali e localidel Traffico, dai lavori pubblici strada-li, dalla realizzazione di nuovi insedia-menti nell’ambito del Prg, dalla riqua-lificazione di quartieri (soprattutto coni programmi integrati), dalle nuovelinee di trasporti pubblico su ferro, dainuovi parchi ecc.L’azione dell’Ufficio, in coordinamentocon l’Assessorato alle PoliticheAmbientali, prevede il massimo coin-volgimento delle realtà politiche localirappresentate dai Municipi: anzi, unavolta indicate le finalità e le modalitàdel progetto, sono i municipi che sifanno promotori della realizzazione deipiani locali, attraverso il coinvolgi-mento delle associazioni dei ciclisti, deicomitati di quartiere, degli uffici tecni-ci territoriali, polizia municipale com-presa, con una intensa attività diriunioni, sopralluoghi, discussionigenerali e su singoli problemi. La pro-posta di rete elaborata con questamodalità partecipata, viene sottoposta

dei diversi portatori di interessi (primadi tutti gli attuali e futuri utenti, mapoi tutte quelle componenti sociali edeconomiche che vivono di uno spaziopubblico più accessibile e amichevole),capace di dialogare con gli altri stru-menti di pianificazione e programma-zione, di condizionarne gli esiti e a suavolta di esserne condizionato. Lo stru-mento più appropriato dove questoconfronto può trovare ricadute positiveè proprio il nuovo PRG, che contienele regole per la trasformazione dellacittà e ne disegna la sua forma futura.Il piano per la ciclabilità del Comunedi Roma dovrà dare un contributo allacostruzione di questa forma futura.Dovrà quindi essere uno degli stru-menti per la sua realizzazione, siaattraverso gli strumenti propri chegovernano la trasformazione urbanisti-ca (progetto urbano, programma inte-grato, piano attuativo) sia con i propriautonomi programmi attuativi coordi-nati con l’insieme della programmazio-ne delle opere pubbliche. Ciascun progetto urbano o interventodi trasformazione della città dovràessere pensato comprendendo l’attua-zione di una parte del “Piano quadrodella ciclabilità” e l’attuazione delPiano quadro dovrà privilegiare lecomponenti che contribuiscono inmodo più efficace alla strategia di rior-ganizzazione dell’intera città1.Gli elementi forti della forma urbanache caratterizzano il nuovo Prg sonotre, ai quali ne va aggiunto uno che èstrumentale, ma implicitamente riman-da alla forma della città: le centralitàper conseguire il policentrismo, la reteecologica, la rete del ferro, e poi lostrumento del programma integrato,che è proposto estensivamente perintervenire nei contesti locali, perricomporre i tessuti urbani discontinui,nelle aree dove la trasformazione è piùcomplessa e deve essere attuata conprocedure negoziali fra pubblico e pri-vato.Questa elementi corrispondono benealla struttura a doppio livello, dorsali ereti locali, adottata dal programmadella ciclabilità. Le centralità e i conte-sti locali, con le loro stazioni della retedel ferro, vengono sostenute dalle reticiclabili locali, e mentre la rete ecolo-gica sostiene la realizzazione delle dor-

permetterà all’utente di prelevare inmaniera agevole e veloce una biciclettain un punto dell’area centrale e lasciar-la in uno qualsiasi degli altri puntibikesharing esistenti.Il successo di questo programmarichiede un forte impegno alla coope-razione fra tutti i soggetti istituzionalicoinvolti per competenza (dipartimenti,municipi, comandi PM), quelli coinvol-ti per opportunità (aziende pubbliche) ei numerosi portatori di interesse (asso-ciazioni di ciclisti, ambientaliste, comi-tati). Per questo sono stati attivatidiversi strumenti e procedure parteci-pate (costituzione di tavoli e gruppi dilavoro operativi focalizzati).Importante, per lo sviluppo dell’inter-modalità mezzi pubblici – bicicletta, èstata l’istituzione nel 2004 da partedell’Assessorato alle PoliticheAmbientali, di un tavolo tecnico com-posto da tutti i soggetti coinvolti diret-tamente ed indirettamente dal temadello sviluppo della ciclabilità a Roma:aziende proprietarie delle infrastrutturedi trasporto (FS, Atac), gestori(Trenitalia, Metro, Trambus), società diservizi (STA, Multiservizi), organi isti-tuzionali (Comune di Roma, RegioneLazio, Provincia di Roma) e associazio-ni dei ciclisti.Il quadro delle infrastrutture, dellepolitiche e dei servizi finalizzati allosviluppo della ciclabilità urbana, laloro definizione tecnica, la loro pro-grammazione e le connessioni con glialtri settori di sviluppo e gestione delterritorio, definiranno il “Piano quadrodella Ciclabilità”.

Il rapporto con la pianificazioneurbanistica

Anche la politica della ciclabilità ha inqualche modo adottato l’approccio del“pianificare facendo” che a Roma hacaratterizzato la fase di redazione delnuovo Prg di recente approvato. Sistanno realizzando interventi già pro-gettati sulla base di orientamenti nonsistematici e contemporaneamente sista portando a termine un lungo per-corso di pianificazione partecipata, permettere a sistema l’insieme delle inizia-tive in un programma per la ciclabilitàcondiviso. Condiviso vuol dire, oltre adessere capace di raccogliere le esigenze

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urbano. Nei documenti di programma-zione e pianificazione dei trasporti edella mobilità redatti da numeroseamministrazioni comunali si confermala necessità della riduzione del trasportoprivato a favore del trasporto pubblicoattraverso azioni volte sia al decentra-mento di alcune funzioni importanti delcentro cittadino, sia al potenziamento ealla realizzazione di un sistema a retedel trasporto pubblico. L’obiettivo princi-pale per il recupero e la riqualificazionedi tutte le parti della città è la possibilitàdi rendere accessibili tutte le funzionidella città, alleggerendo le strade daltraffico automobilistico.In particolare, la città di Napoli da annista agendo secondo un approccio inte-grato alla pianificazione del sistema stra-dale, prevedendo un’azione congiunta traurbanistica e trasporti. In tal modo alconcetto di mobilità, utilizzato prevalen-temente per le problematiche di tipo tra-sportistico, si affianca il concetto diaccessibilità al territorio, prettamenteurbanistico. Nel mese di settembre del2006, a seguito di precise istanze presen-tate dal Sindaco di Napoli, Rosa RussoIervolino, il Presidente del Consiglio deiMinistri, Romano Prodi, ha dichiarato lostato di emergenza determinatosi nel set-tore del traffico e della mobilità nel terri-torio della città di Napoli. L’attribuzionedei “poteri speciali” al Sindaco di Napoliconsente l’attivazione di procedure emodalità di intervento che consentono diperseguire in maniera più veloce ed effi-cace gli obiettivi di riduzione del traffico.Tra le principali operazioni sbloccate dalcommissariamento c’è la costruzione diparcheggi pubblici e privati rientranti

Parcheggi interratiPaola Marotta*

La crescente attenzione verso il temadella mobilità sostenibile comporta lanecessità di esplorare e analizzare lamolteplicità delle questioni che interes-sano il progetto delle infrastrutture. Seda un lato per le strade e le stazioni esi-ste una letteratura consolidata sulla con-sapevolezza della necessità di una pro-gettazione integrata trasporti/territorio,in merito alla questione parcheggi, con-tinua a prevalere una mentalità obsoleta,legata ad interessi economici, che attri-buisce ai parcheggi il ruolo di risolutoridei problemi del traffico urbano. VezioDe Lucia parla “del più grave e diffusodegli errori, quello appunto di lasciarelibero accesso alle automobili, anzi diagevolare sempre di più l’invasione deglialieni, come succede con la realizzazionedei parcheggi sotterranei.”Il grande obiettivo di portare le macchi-ne sottoterra per restituire spazio pubbli-co ai cittadini, politica tra l’altro abban-donata da tempo da numerose cittàeuropee, stride con la componente pri-vatistica che caratterizza il progetto deiparcheggi considerato che si tratta dellacreazione di posti auto da destinare allavendita ai privati, in cui la riqualifica-zione dello spazio pubblico assume unruolo marginale, spesso mai portata acompimento. In una recente intervistaRichard Rogers, afferma “un’altra folliatutta italiana, questa dei parcheggi sot-terranei nei centri storici! Così si conti-nua a inquinare, a congestionare la via-bilità, si rallenta la velocità dei mezzipubblici.” In effetti non appare chiarocome la creazione dei parcheggi neicentri urbani possa costituire una dellesoluzioni per la riduzione del traffico

alla discussione più ampia con tutti icittadini attraverso iniziative pubbli-che, presentazioni, dibattiti durante ledomeniche ecologiche, fino ad appro-dare nelle Commissioni Consiliarimunicipali o meglio ancora neiConsigli Municipali per essere appro-vata e per definire le priorità di realiz-zazione. La rete locale, secondo questoapproccio, deve adattarsi in modoattento e articolato alle particolaritàdei territori che deve servire. La parte-cipazione serve a valorizzare la cono-scenza diretta dei luoghi e delle neces-sità di spostamento, di chi ci vive epratica l’uso locale della bicicletta.I piani che escono da questo percorsonon sono strumenti rigidi e quindisono aperti ad aggiunte e modifichedei percorsi. La loro elaborazione staora terminando ma non è stata facilené lineare. I Municipi hanno dovutocombattere la mancanza di culturasulla mobilità sostenibile, quando nonuna propria e vera avversione alla bici,che viene vista come fattore di ulterio-re riduzione dello spazio per le auto ela loro sosta. E questa mancanza dicultura la si è avvertita maggiormenteproprio in alcuni uffici tecnici e dellaPolizia Municipale.Nonostante la crescente presa dicoscienza dei cittadini sulla necessitàdi trovare alternative sostenibili all’au-to privata, ad oggi il modo di trasportociclabile non è ancora percepito diffu-samente come alternativa conveniente.Per dare seguito ai miglioramenti degliultimi anni sarà importante, oltre asviluppare i già avviati processi di par-tecipazione e ascolto con l’utenza,orientare e coinvolgere maggiormentele strutture e le aziende comunali,creando un nucleo, capace di espan-dersi, composto da funzionari e tecnicisensibili al problema e motivati sull’o-biettivo di sviluppo della ciclabilitàurbana.

*Direttore Ufficio Ciclabilità, Comune di Roma.**Inu Lazio.***Legambiente.

Note1. Buoni esempi di questa pratica sono descritti nel-l’articolo di Crisostomi ed altri pubblicati su UI.

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bensì una componente integrata ad unsistema urbano e territoriale. Taleapproccio è posto alla base delle indica-zioni a livello europeo circa le relazionitra la crescita della domanda di traspor-to e l’ambiente. In particolare le direttivesu infrastrutture e impatto ambientalevertono sul miglioramento del coordina-mento tra pianificazione territoriale epianificazione dei trasporti e su quantoefficacemente vengono utilizzati glistrumenti di monitoraggio e di gestioneambientale per supportare il processopolitico e decisionale. La realizzazione di un parcheggio deveessere letta sia in relazione alle dimen-sioni, ai ruoli, alle prestazioni delleinfrastrutture sia in relazione ai contestie agli ambienti che esso attraversa. E’ necessario dunque proporre la messaa punto di un orientamento metodologi-co che possa costituire uno strumento disupporto alle scelte programmatiche,progettuali e gestionali soprattutto inrelazione alla crescente domanda dimobilità nelle città. Appare evidente chela questione verte principalmente sulproblema della qualità dell’ambiente e inparticolare delle compensazioni, intesecome elementi del bilancio ambientale,che dovrebbero ripagare la perdita divalori ambientali connessa alla creazio-ne dei parcheggi. Particolare attenzione,in effetti, deve essere posta verso l’indi-viduazione dei criteri progettuali per glispazi pubblici da destinare alla viabilitàe all’arredo urbano, per il dimensiona-mento e l’individuazione delle essenzevegetazionali che possono ottimizzare larigenerazione della qualità dell’aria dellearee soprattutto le più densamente con-gestionate, in cui sono in corso dicostruzione i numerosi parcheggi privatiinterrati.Se da un lato, con adeguate soluzioniprogettuali è possibile ridurre i danniambientali causati dalla presenza deiparcheggi nelle aree centrali della città,dall’altro occorre richiamare con forza lanecessità di un’inversione del processo,che sebbene caratterizzato da fortissimiinteressi economici, limiti la realizzazio-ne dei parcheggi in centro, e dunquelimiti la crescente convenienza all’utiliz-zo dell’auto privata.

*Assegnista di ricerca, Università di Palermo.

cienti e rapide. Allarga gli spazi dell’in-termediazione, palese e oscura, che agliappalti fa da alone. Elimina alcunestrozzature che minacciano di restringe-re il mercato della maggiore industriaitaliana. Infine, consente di ridare slan-cio alle classiche operazioni di valoriz-zazione e sfruttamento della renditaimmobiliare, indubbiamente provocatedalla localizzazione e realizzazione diquei grandi attrattori di traffico chesono i parcheggi.” Se da un lato, secondo una logica inte-grata trasporti e territorio, la strumenta-zione urbanistica localizza parcheggi aridosso del confine comunale e in corri-spondenza della intersezione delle lineesu ferro con i principali assi viari diaccesso alla città, in modo da assolverealla funzione di nodo di interscambiocon il trasporto privato, dall’altro lacostruzione dei parcheggi privati interra-ti contrasta fortemente con istanze dimobilità sostenibile. Appare evidente chei parcheggi di interscambio di sistemadevono essere di grandi dimensioni e atariffa molto bassa e integrata con il tra-sporto collettivo, al fine di servire glispostamenti provenienti dall’esterno del-l’area urbana e rendere attrattivo l’inter-scambio modale dal mezzo privato almezzo collettivo su ferro in area urbana.Tuttavia tale logica discorda con la for-mazione dei nuovi parcheggi interratiche, localizzati nel centro della città,diventano poli attrattori del traffico pri-vato con conseguente incremento del-l’inquinamento dell’aria. L’obiettivo didecongestionare il centro favorendol’uso del trasporto pubblico mediante larealizzazione di una rete di parcheggipubblici e privati può essere perseguitolocalizzando i parcheggi in corrispon-denza delle stazioni della metropolitanao degli stazionamenti degli autobus. In tal senso nel Programma UrbanoParcheggi del Comune di Napoli del1999, per quanto concerne i parcheggiprivati, le connessioni con la più com-plessiva strategia dei trasporti sono pres-soché nulle.A partire dallo studio di esperienze inatto e normative esistenti in Europa, sipone dunque l’esigenza di procedereall’individuazione di un approccio meto-dologico per il progetto delle infrastrut-ture alla cui base c’è la consapevolezzache il parcheggio non è un oggetto

nelle previsioni del Programma UrbanoParcheggi del Comune di Napoli del1999. Anche in questo caso l’obiettivoprincipale è la riduzione della congestio-ne del traffico veicolare nel territorio cit-tadino e l’incentivo all’utilizzo del tra-sporto pubblico. Tuttavia occorre intro-durre alcune considerazioni sulla tipolo-gia dei parcheggi in corso di edificazio-ne: occorre comprendere ruoli e funzionidei nuovi parcheggi distinguendo effettie conseguenze dei parcheggi pubblici masoprattutto dei parcheggi privati in fasedi costruzione nel sottosuolo di Napoli.Per quanto concerne la realizzazione deiparcheggi privati interrati è possibileenucleare tre problematiche: 1. il dimen-sionamento dei parcheggi in deroga alpiano regolatore; 2. l’utilizzo del sotto-suolo con le stesse logiche di lottizzazio-ne del secondo dopoguerra; 3. progetti disistemazione degli spazi in superficiestrutturato sulle componenti funzionalidella costruzione sottostante, e dunqueuna “riqualificazione urbana” in cui lerampe di accesso, i locali tecnici e lecamere di ventilazione, sono gli elementidi un presunto progetto urbano.Nel caso di Napoli è particolarmenteforte il contrasto tra il dimensionamentodei parcheggi nel sottosuolo previstodalla variante al piano regolatore diNapoli e il progetto approvato. Sebbenela legge Tognoli e la normativa dellaRegione Campania in materia di par-cheggi prevedano la deroga rispettoanche al regolamento edilizio comunale,sorprende che il piano regolatore, stru-mento di visione organica che regola letrasformazioni della città di Napoli, indi-chi come numero massimo di posti autoda costruire nel sottosuolo la quantità dicentocinquanta. Tale numero, presumi-bilmente, è stato definito in relazionealla vulnerabilità del sottosuolo napole-tano e in relazione alla tipologia dellestrade. Nonostante ciò, in aree caratte-rizzate anche da fenomeni di voragini,sono in corso di realizzazione parcheggiper 220 box auto. Come afferma Edoardo Salzano “pro-mettere un sollievo immediato allemigliaia di automobilisti impaniati neltraffico, i quali preferiscono trovare unparcheggio più che trasformarsi in utentidel trasporto pubblico. Offre alle grandiimprese un consistente volume d’affari,finalmente regolato da procedure effi-

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Il quadro di riferimento per la stesuradel Toolbox è costituito dai risultatiottenuti nelle fasi svolte in precedenzanell’ambito della ricerca ASI: l’analisidella letteratura finalizzata a redigerelo stato dell’arte; le opinioni raccoltecon le interviste fatte agli esperti di 5città europee, coinvolte in LUTR eappositamente selezionate; le ideeemerse da un seminario internazionalea cui hanno partecipato esperti euro-pei, coinvolti a vario titolo in ricerchesulla mobilità sostenibile finanziatedalla Ue; l’esperienza multidisciplinaredei partners di ASI. La definizione diun insieme di problemi ricorrenti hadato luogo all’individuazione di campid’indagine proritari per la relazionequalità della vita/mobilità urbanasostenibile; per ogni campo sono statielencati appropriati indicatori chiaveda utilizzare in qualsiasi contesto, ilcui numero può essere variato sosti-tuendo o inserendo indicatori più spe-cifici, maggiormente attinenti al tipo diintervento da valutare.Per indagare i diversi campi, misuraree valutare gli indicatori chiave, sonostati quindi definiti due tipi di stru-menti: un questionario, dedicato all’a-nalisi e alla valutazione degli aspettisoggettivi, da usarsi con gli utenti econ gli esperti, a vario titolo coinvoltinel processo progettuale; linee guidaper la misurazione e la valutazionedegli aspetti oggettivi, che vanno uti-lizzate dai tecnici. Entrambi sono con-cepiti mantenendo una stretta correla-zione tra domande e operazioni daeffettuare, attinenti ad ogni indicatorechiave e riferite a diversi ambiti pre-

Metodi di valutazioneLucia Martincigh*

prefissati. Il toolbox è stato concepitoper essere il più semplice possibile,facile e veloce da usare, ma allo stessotempo abbastanza approfondito dapoter permettere la valutazione dell’im-patto di una politica, strategia, piano oprogetto sulla qualità dell’ambiente incui si svolge la vita degli utenti coin-volti.Per evidenziare la relazione tra realtàpercepita ed oggettiva, esso utilizza unmetodo indiretto, basato sull’analisicontestuale degli aspetti soggettivi edoggettivi.I primi sono strettamente connessi allapercezione che gli utenti hanno del-l’ambiente; poiché questa non puòessere misurata direttamente, è oppor-tuno sia valutata attraverso interviste;i secondi sono strettamente connessiall’ambiente nel quale le persone simuovono, alle sue caratteristiche pre-stazionali e al modo in cui viene utiliz-zato; essi possono quindi essere valu-tati da personale tecnico, appositamen-te impegnato.L’approccio scelto è basato sull’assuntoche la qualità della vita in relazionealla mobilità dovrebbe essere valutataattraverso la comprensione di come gliutenti percepiscono l’ambiente urbanoche utilizzano, cioè cosa rilevano e cheimportanza vi attribuiscono, in quantoquesti sono gli aspetti su cui, se delcaso, intervenire. Poiché pianificatori eprogettisti, per migliorare l’ambiente incui le persone vivono, possono agiresoprattutto sul quadro oggettivo, que-sto va visto come l’occasione da usareper variare in positivo la percezionedegli utenti.

La ricerca applicata ASI1 è l’occasioneper una valutazione dei metodi perconoscere le esigenze dell’utenza e perl’elaborazione di un Toolbox sulla qua-lità della vita in relazione alla mobilitàurbana.La consapevolezza che spesso le misurerealizzate per governare la mobilitàurbana non soddisfano i bisogniespressi dall’utenza, o non sono adattea risolverne i problemi, che poco èstato fatto per capire, ed affrontarecorrettamente, le difficoltà che i diversigruppi incontrano nella mobilità e, inconclusione, che la valutazione positi-va che gli esperti danno delle soluzioniadottate non è sovente condivisa dagliutenti ha portato il consorzio2 a porsiun duplice obiettivo: da un lato, valu-tare i metodi già ideati e/o utilizzatiper conoscere e quantificare le esigen-ze dell’utenza, per scegliere le misure eper prefigurarne l’influenza; dall’altro,elaborare uno strumentario, toolbox,che permetta di considerare meglio gliaspetti legati alla qualità della vita inrelazione alla mobilità urbana e chefornisca indicazioni agli amministratoried ai progettisti per scegliere le solu-zioni e le misure da adottare, in mododa tener conto dei bisogni e delleaspettative dell’utenza per conseguireuna mobità sostenibile. Tale strumenta-rio può essere utilizzato in tre momentidel processo progettuale: prima dell’i-deazione e della realizzazione di unintervento, per finalizzarli nel migliormodo; prima e dopo la realizzazioneper confermarne l’appropriatezza: unadichiarazione di successo; ed infinesolo dopo per la validazione dei goals

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delle valutazioni soggettive con quelleoggettive, svolto prima e dopo l’inter-vento, ha evidenziato che la relazionetra percezione e realtà non è prevedibi-le, o per lo meno non è lineare; piccolicambiamenti possono produrre grandivariazioni nella percezione o viceversa.Gli originali esiti conseguiti sottolinea-no sia la validità dell’approccio scelto,sia l’importanza dello strumentario ela-borato in modo olistico, che permette apianificatori e progettisti di considerareentrambi gli aspetti in contemporanea,e ne rivelano le potenzialità; la speri-mentazione conferma anche la fattibi-lità e la facilità di applicazione.

*Dipsa, Università di Roma Tre.

Note1. ASI – Assess implementations in the frame of thecities of tomorrow (2002-05), finanziata dalla UE nel-l’ambito del Quinto Programma Quadro, è una misuradi accompagnamento tesa a valutare le ricerche sullapromozione della mobilità sostenibile, finanziate dallaUE nello stesso programma e coordinate nel progettoLUTR (Land Use and Transport).2. Il consorzio è coordinato da Ralf Risser, FACTUM-Traffic and social analyses, Wien, A ed è formato dacinque partners: Sonja Forward, Swedish NationalRoad and Transport Research Institute (VTI), Instituteof Sociology, Linköping, S; Linda Steg, University ofGroningen (RUG), Department of Psychology,Groningen, NL; Lucia Martincigh, Università degliStudi Roma Tre, Dipartimento di Progettazione eStudio dell’Architectura (DiPSA), Roma, I; KarelSchmeidler, Transport Research Centre (CDV) Sectionof Social and Human Aspects of Transport, Brno, CZ.3. “Results and Assessment of the Pilot Study,Deliverable D11, Public Report from WP7”, responsa-bile e coordinatore, prof. arch. Lucia MartincighUniversità di Roma Tre, dottore di ricerca ing. LucaUrbani, ricercatore senior.

rimento; tali valori, da usare comesoglia, sono, caso per caso, dedotti daprecedenti lavori di ricerca, dalla lette-ratura o da standards e normativeinternazionali, ove disponibili. La scelta dei valori di soglia su cuibasare le valutazioni è fondamentale,soprattutto per giungere a risultatiripetibili e comparabili. Il loro uso siaper le valutazioni soggettive che perquelle oggettive rende possibile para-gonarle e quindi fare varie, interessanticonsiderazioni.Poiché lo scopo principale del Toolboxè valutare l’influenza che le scelte e lerealizzazioni nel campo della mobilitàesercitano sulla qualità della vita degliutenti, tutte le indagini, per evidenzia-re i cambiamenti nella realtà oggettivapercepita, devono essere fatte prima edopo l’ideazione o la realizzazione delprogetto da valutare.Tutto lo strumentario è stato sperimen-tato su un caso di studio; il progettopilota di validazione, che è stato svoltoad Umbertide, in provincia di Perugia,riguarda la realizzazione del completa-mento di un anello di pista ciclabileurbana, che corre intorno alla princi-pale area residenziale moderna dellacittadina. L’indagine è stata svolta daicomponenti del gruppo di ricerca ita-liano di ASI, prima e dopo la realizza-zione; tutte le fasi del progetto pilotaed i risultati conseguiti sono statiriportati in un rapporto di ricerca3. Ilsupporto dei tecnici e dei politicidell’Amministrazione Comunale è statofondamentale, sia per la raccolta deidati sia per verificare che il Toolboxfosse facilmente comprensibile edattuabile con le risorse comunali, vistoche esso è stato ideato proprio peressere usato dai tecnici delleAmministrazioni locali.Il confronto tra i diversi livelli diimportanza e di soddisfazione, attribui-ti ai vari aspetti dagli utenti e dagliesperti, ha portato ad interessanti con-siderazioni sulla corrispondenza delleloro prospettive; l’esistenza di alcunesignificative differenze mette in evi-denza la possibilità che gli esperti nonsiano sempre a conoscenza di come gliutenti percepiscono l’ambiente urbanoo non considerino abbastanza le loroopinioni in merito alle soluzioni piùappropriate da adottare. Il confronto

stazionali: accessibilità, sicurezza,comfort, aspetto, offerta servizi/attrez-zature, socialità, igiene dell’ambienteurbano. L’uso dello stesso questionarioper considerare anche la valutazionesoggettiva degli esperti permette diconfrontare il loro punto di vista conquello degli utenti.Il questionario è composto di due parti:la prima, introduttiva, riguarda infor-mazioni generali sull’intervistato e sulcontesto; la seconda, sostanziale, com-prende un certo numero di domandestrettamente correlate agli aspetti daindagare. Agli intervistati viene chiestosia il livello di soddisfazione sia l’im-portanza che attribuiscono ad ogniindicatore: la soddisfazione vieneespressa con un “sì” o con un “no”,mentre l’importanza viene valutatausando una scala Likert; tali giudizivengono analizzati in contemporaneariportandoli su un piano cartesiano: ilposizionamento di ogni aspetto neiquattro quadranti aiuta a mettere afuoco quali sono i possibili interventida effettuare e permette quindi diaffrontare gli aspetti più urgenti e piùimportanti. La percentuale che esprimela soddisfazione ed il numero cheesprime il livello di importanza perogni indicatore sono poi valutati para-gonandoli a valori di soglia.Le modalità da utilizzare per rilevare idati oggettivi possono variare in fun-zione dell’indicatore chiave; studi dicartografia e ricerche di archivio,sopralluoghi e misurazioni, osservazio-ni dirette e brevi interviste fornisconoinformazioni che vengono riportatesimbolicamente su mappe, generali etematiche, ed elaborate al fine di con-seguire dati numerici; in questo modosi ottiene una rappresentazione multi-dimensionale della situazione locale,focalizzata sugli aspetti che influenza-no la qualità della vita in relazionealla mobilità. Tutte le indagini vannoeseguite da tecnici qualificati, seguen-do le linee guida che costituiscono unasorta di check list. Gli indicatori,secondo le loro caratteristiche, sonovalutati utilizzando criteri diversi che,come risultato, danno un livello di pre-stazione o di qualità; questo, a suavolta, può essere definito come: basso,medio e alto confrontandolo con unasituazione ottimale o con valori di rife-

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collocazione delle categorie di tracciaticostituenti la rete viaria all’interno delsistema delle previsioni urbanistiche, equindi dei diversi livelli della pianifica-zione.In particolare, le strade che costituisconol’infrastrutturazione del territorio devonopotersi individuare nel Piano, di qualsiasilivello, ciascuna come appartenente aduna precisa categoria, secondo peculiari-tà tecniche che rispondono a distintefunzioni e a diverse velocità di transito;lo stesso vale per la gerarchia ed il tipodi intersezioni, che devono essere chiara-mente definite, affinché sia favorita l’al-ternatività e la “intermodalità” nel traffi-co veicolare.Al livello metropolitano le strade devonoconsentire l’accessibilità agli impianti -terziari, commerciali, residenziali, di ser-vizio, produttivi - presenti o previsti sulterritori, mentre alla scala dell’insedia-mento devono costituire luogo d’espe-rienza sociale per la comunità. Le stradeassumono comunque configurazioni ecaratteri talmente vari da rendere impra-ticabile qualsiasi tipo di classificazione,se non strumentale, per poter stabilirecriteri di valutazione codificabili e rica-varne modelli o metodi progettuali tra-smissibili.Per questo, oltre che una corretta appli-cazione delle norme relative alle singolecomponenti elementari, va tenuto contodi una serie di altri fattori che incidonoaltrettanto profondamente sul processoprogettuale.La qualità urbana è infatti rintracciabilenella combinazione di numerosi elementidi carattere fisico, dimensionale e fun-zionale, ma dipende anche da una serie

Mobilità e qualità urbanaRiccardo Wallach*

na: se la città è sicura per loro, lo èanche per gli altri utenti “deboli”, èquindi sicura per tutti.A questo fine va ovviamente ricercatoun necessario equilibrio tra qualità dellospazio urbano ed esigenze proprie dellamobilità, rivolgendo l’attenzione nontanto alla forma complessiva delle città oalla struttura dei tessuti o ai tipi ediliziche le configurano, ma sopratutto ai per-corsi ed agli spazi pubblici esterni che necostituiscono il sistema delle relazioni. Lestrade sono infatti molto di più checanali di comunicazione, sedi delle reti diservizio, aree di sosta o luoghi per iltempo libero, rigidamente regolati danormative urbanistiche o da schemi diingegneria del traffico e standard dimen-sionali: le strade garantiscono i flussi diinterrelazione necessari, non solo allafunzionalità, ma all’esistenza stessa del-l’insieme delle attività localizzate sul ter-ritorio, dall’intorno residenziale al quar-tiere, dalla città alla regione.Le molteplici attività localizzate lungo lestrade determinano caratteri, significati e“forme”, quindi la qualità urbana di uninsediamento. La rete viaria, perciò, con-siderata quale elemento strutturante degliinsediamenti e luogo privilegiato di atti-vità umane, deve essere oggetto diun’autonoma ed adeguata progettazione.Ciò non significa che gli aspetti dimen-sionali o quelli tipologici siano poco rile-vanti nella determinazione della qualitàurbana: la complessità funzionale dellesedi viarie può essere gestita unicamenteattraverso l’applicazione di regole, talvol-ta elementari, indispensabili per rispon-dere alle molteplici esigenze.Una possibile classificazione deriva dalla

Per le categorie dei cittadini meno pro-tette attraversare una strada può costitui-re in molti casi un pericolo reale o perlo-meno causare inibizioni e limitazioni allapropria autonoma mobilità; il riuscire agarantire l’accessibilità di tutte le compo-nenti la collettività deve costituire unodegli obiettivi imprescindibili di un dise-gno di città basato su una mobilitàsostenibile.Nella valutazione del “grado di vivibili-tà”, l’esperienza quotidiana fornisce unaprova evidente di quanto sia importanteriappropriarsi di ogni spazio urbano,affinché questi divengano luoghi pertutti, senza discriminazioni. In questaottica le sedi viarie, gli spazi di sosta, gliattraversamenti, l’arredo urbano devonofare parte integrante di un disegno com-plessivo che modifichi la loro funzionetradizionale per mirare ad un risultatounitario. Da ciò emerge l’esigenza di unostrumento urbanistico mirato, un pianoquadro dell’accessibilità, con la finalità direndere possibile la coesistenza tra idiversi tipi di fruizione, nel rispetto dellereciproche sicurezze. Un piano di questotipo può contribuire a formulare criteriutili a rigenerare i tessuti della città, adifferenziare le varie esigenze dellamobilità, a garantire le migliori condizio-ni di agibilità per tutti, a restituire allepiazze il carattere di spazi di relazione ealle strade quello di legame tra parti,anziché, come spesso accade, di cesura odi barriera invalicabile.Uno dei criteri da seguire potrebbe esserequello di considerare prioritarie le esi-genze dei bambini. La loro presenzavitale e autonoma nella città rappresentaun importante indicatore di qualità urba-

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nuove possibilità di organizzazione estrutturazione degli insediamenti.La creazione di una trama verde devequindi costituire parte di un organismoambientale complesso, che sia generatoredi un sistema di luoghi e attrezzaturealtamente significativi e in grado di for-nire direttrici anche per la localizzazionedelle nuove attrezzature urbane.

Un nuovo tipo di piano orientato versouna qualità urbana diffusa, dovrebbe indefinitiva far coesistere le problematicheambientali e paesaggistiche con quelledella mobilità e dell’accessibilità, e, nelrapporto tra la scala urbanistica e lascala architettonica, utilizzare i materialidella ingegneria naturalistica e dellaarchitettura bioecologica, come strumentiper una progressiva modificazione del-l’ambiente.Un approccio metodologico che non silimiti a mitigare gli impatti, ma, model-lando fin dall’inizio gli interventi secon-do principi di tipo ambientale, consentadi controllare il funzionamento dellerelazioni esistenti e di orientare la pro-gettazione di quelle future.Una progettazione urbana non derivantequindi esclusivamente dall’applicazionedi meccanismi deterministici, vincolantie poco attenti alla questione centrale deldisegno della città ed al reale fabbisognodelle comunità; ma che derivi da un pro-cesso progettuale non convenzionale.Uno strumento operativo moderno che,per ottenere una città vivibile, condivisae determinata dalle comunità locali, nonprescinda da un approccio metodologicoche porti a valutare sotto ogni aspetto lacomplessità dei luoghi e a disciplinare ilprocesso di trasformazione interpretandointegralmente le istanze sociali della col-lettività. Per questo un nuovo tipo di progettazio-ne del sistema della mobilità urbanadeve avvenire attraverso sia l’aggiorna-mento dei procedimenti tradizionali, cheil controllo dell’insieme delle variabiliproprie del paesaggio urbano, da ammi-nistrare con atteggiamento sensibileverso le tematiche della sostenibilità edell’ecologia, argomenti finalmente daaffrontare nei termini metodologici edisciplinari propri della pianificazioneurbanistica.

* DiPTU, Università di Roma La Sapienza.

mente accettabile, in fase di progettazio-ne di nuove opere di tipo infrastrutturale,vanno previsti opportuni accorgimentivolti all’abbattimento del rumore allasorgente. L’introduzione di barriere anti-rumore va vista solo come intervento dimitigazione a posteriori, qualora ognisforzo compiuto in fase di progettazionerisulti inefficace al raggiungimento dilivelli accettabili.Per l’ambiente aereo, a parte i beneficiche possono derivare dalla fluidificazionedel traffico con l’eliminazione delleintersezioni lente o semaforizzate, vannoadottati accorgimenti per abbattere glieffetti dei fumi di scarico, in particolarenei sottopassi, per mezzo di areatori efiltri, e attraverso la introduzione di spe-cie floristiche in grado di trattenere ilparticolato residuo della combustione.Per evitare l’impoverimento delle risorseidriche, si dovrà tendere a minimizzare laquantità di superfici impermeabili, privi-legiando pavimentazioni che garantisca-no una buona permeabilità all’acqua edal vapore, al fine di preservare la circola-zione delle acque sotterranee.La questione ambientale in ambito urba-no va affrontata prefigurando un “siste-ma di mobilità verde” del tutto organicoal territorio di riferimento: non soloimponendo standard minimi per ildimensionamento delle aree, ma proget-tando un sistema organicamente funzio-nante che verifichi le ricadute sul sistemaurbano complessivo.Alcune tecniche d’intervento ambientalepotrebbero risultare particolarmente effi-caci quando impiegate come armaturateorica della pianificazione dello svilup-po e della riqualificazione, in particolarecon la realizzazione di una rete ecologi-ca, che riconnetta aree “insularizzate”mediante la costituzione di corridoiverdi, per prevenire la frammentazionedel territorio e mettere a sistema ambien-ti naturali o antropizzati molto diversi,parti organiche di un tutto capaci diintrecciarsi, diffondersi e agire per ilmiglioramento della qualità biologica edambientale urbana.Ciò si concreta nel definire la necessitàdi continuità ambientale, ottenuta attra-verso un sistema costituito anche dastrade verdi e da spazi urbani intercon-nessi da corridoi e integrati da zonecuscinetto disposte intorno alle aree dimaggiore densità abitativa, che indichi

di fattori di tipo emozionale: nonostantegli spazi urbani possano essere valutatiin ragione di parametri predeterminati,non se ne può definire in assoluto ilvalore, che, in molti casi, è legato soloalla soggettività delle percezioni.Sono luoghi nei quali la gente si incon-tra, osserva la città e svolge le sue attivi-tà quotidiane, dove percepisce il senso diappartenenza, formula inconsci meccani-smi di rifiuto o accettazione: per ogniintervento è dunque indispensabile con-siderare i possibili impatti emotivi chepuò determinare.Si pensi all’importanza che rivestono gliaspetti percettivi come il movimento, laluce e il colore. A piedi o su un mezzo ditrasporto, ad esempio, una prospettivainteressante può essere inizialmente solointuita, quindi scomparire per brevetempo, per poi essere pienamente perce-pita in tutta la sua complessità.Le caratteristiche della luce e del colorecontribuiscono all’individuazione dellospazio; ne definiscono le singole parti, neenfatizzano i contorni e le superfici, nerivelano o nascondono le forme, ne ridu-cono o esaltano le dimensioni.Gli oggetti, le attrezzature, le immaginiinteragiscono direttamente con le perso-ne, non solo sul piano funzionale, maanche emotivo: il loro uso simbolico edevocativo può trasformare un vuotourbano in una esperienza memorabile.L’arredo è il moltiplicatore di efficienza edi comfort, se visto come espressione diuna spazialità complessa, frutto di inte-razione tra tradizione e innovazione, fraelemento naturale e prodotto tecnologi-co, tra natura e tecnica, tra unicità arti-gianale e soluzioni modulari.Il progetto di dettaglio va inteso comeelemento costitutivo della forma urbana,in quanto strumento indispensabile allacostruzione dello spazio, in grado, anchein assenza di peculiari qualità del conte-sto, di innescare processi rigenerativi ecreare identità tra individuo e luogo.Per un controllo efficace della qualitàdell’ambiente urbano e far sì che si inse-risca coerentemente nel contesto territo-riale, con un effetto di propagazionepositivo, l’attenzione va rivolta anchealle norme finalizzate ad evitare o a con-tenere e mitigare forme di inquinamentoambientale, specificatamente acustico,aereo e idrico.Al fine di ottenere un ambiente acustica-

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Esperienze italiane tra turismo e sostenibilità

Come sappiamo, nell’ultimo decennio lepolitiche italiane sul turismo hannosubito un’evoluzione, rivolta perlopiùad ampliare la tipologia dell’offertainterna, nel tentativo sia di compensarela progressiva diminuzione delladomanda, nazionale ed internazionale,sia di ampliare le possibilità di crescitadei diversi territori. In questo senso, iltrasferimento delle competenze turisti-che alle regioni, all’interno del più arti-colato quadro europeo delle politichelocal oriented, se da un lato ha consen-tito di potenziare le risorse sociali e cul-turali e di salvaguardare le specificitàambientali, d’altro lato ha determinatouna certa frammentazione degli inter-venti di carattere recettivo, introducen-do il rischio di una opacizzazione dellapresenza italiana sui mercati internazio-nali. Dunque in Italia il dibattito sulturismo sostenibile sembra spostarsidalla ricerca prudenziale di definireregole, in grado di conciliare i valori edi saperi locali con le esigenze delle cre-scita economica regionale e nazionale,verso una gestione dell’offerta turistica,interpretata come elemento costitutivodelle politiche territoriali, in rapportoalle emergenze ambientali, all’organiz-zazione della viabilità e dei trasporti,all’espressioni della società e della cul-tura. In questo senso in molte regioniitaliane, in particolare in quelle medio-adriatiche, si sta cercando di program-mare una gestione del sistema turismo,che sappia conciliare la specificità delrapporto tra domanda ed offerta distrutture e servizi, con il peso degliimpatti sull’ambiente, sulla popolazione,sull’economia locale e sugli strumenti

della pianificazione territoriale. Imbesi utilizza l’esperienza del progettoInterreg III “Urbanizzazione costiera earee rurali a elevata strutturazione stori-ca”, al fine di esplorare il ruolo, che ilturismo si candida a ricoprire nelle ope-razioni di valorizzazione dei territori asviluppo lento, come le aree costiere delMediterraneo occidentale, caratterizzateda emergenze architettonico-paesistichee da micro-imprese artigianali, ed anchegravate da crescenti pressioni abitative.D’Onofrio e Angelini descrivono le poli-tiche della Regione Marche per promuo-vere interventi di turismo sostenibile, inlinea con le direttive europee e sul filodell’innovazione degli strumenti diintervento sul territorio, come: l’intro-duzione degli standard ambientali,attraverso la L.R. 9/2006 o la condivi-sione transfrontaliera dei problemiambientali, attraverso il programmaASTA. Briani ripercorre azioni ed espe-rienze, condotte dalla Provincia diRimini per elaborare un modello inte-grato di turismo sostenibile, in grado divalorizzare le vocazioni locali e disostenere lo sviluppo dell’economiaturistica, dalla “Carta di Rimini” a“SpiaggiaLiberAtutti”. D’Incecco eCarpitella affrontano, da angolaturediverse, le questioni legate alla declina-zione locale delle politiche comunitariein materia di mobilità e servizi recettivi.Gastaldi delinea i rischi della recenteripresa dei progetti di trasformazionedelle coste liguri, a fronte di obiettivi dicontenimento del degrado e di sviluppoturistico.

* Direttivo Inu Abruzzo e Molise.

Questa sezione sviluppa, con unduplice intento, le questioniproposte nella sezione “Turismo esostenibilità in Abruzzo”, pubblicatanel n.212 di UI. Da un lato proponedi allargare lo sguardo sullosvilupparsi delle forme del rapportotra turismo e sostenibilità in altreregioni d’Italia, tradizionalmenteattraversate da fenomeni turistici,tra loro diversi ed in profondocambiamento. Illustrando in questomodo e senza ambizione di esaurirela varietà delle esperienze in corso,alcuni fra i programmi ed i progettidi sviluppo turistico, promossi direcente nelle Marche, in EmiliaRomagna, nel Lazio e in Liguria.D’altro lato cerca di comprenderecome le politiche italiane sul turismosi stiano orientando verso unadimensione di sostenibilità nuova edintegrata, anche sulla base dellesollecitazioni, europee edinternazionali, ad esempio in materiadi organizzazione della mobilitàprivata e del trasporto pubblico o dipotenziamento della qualità deiservizi e delle strutture perl’accoglienza territoriale.

Esperienze e nuove politiche per il turismo

a cura di Raffaella Radoccia*

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caratterizzazione che lo distingue nelsuo impatto sul territorio: da unaparte il suo carattere di sistema chiusocon proprie leggi di comportamento,propri valori di riferimento e proprieconvenienze; dall’altra la configura-zione di un sistema aperto alla città eal suo territorio che chiede di valutarein tempi reali le condizioni di offertaper tutelare i valori e il consumo dellerisorse di cui si compone. Quale ruolo svolge, o potrebbe svolge-re il turismo nelle operazioni di valo-rizzazione e riqualificazione del terri-torio?

Il Progetto Interreg III Urbacost

I territori costieri sono in una qualcheforma “beni rari” resi limitati nellospazio proprio dalla presenza del mareche ne amplifica le potenzialità ma necircoscrive le superfici d’uso, anchedal punto di vista delle correnti e dellameteorologia. Tali territori, da semprecaratterizzati dalla compresenza dirisorse storico ambientali, sociali e digrandi vulnerabilità alla trasformazio-ne, possono essere definiti a “sviluppolento”3 proprio per la loro difficoltà areinventare una economia postindu-striale.Il progetto Interreg IIIB Urbacost“Urbanizzazione costiera e aree ruralia elevata strutturazione storica” hastudiato alcune realtà costiere delMediterraneo occidentale caratterizzateda un patrimonio storico-architettoni-co e da un background produttivo-artigianale.Le finalità insite nel progetto sonostate duplici: da una parte la costruzio-

Il turismo e il progetto UrbacostPaola Nicoletta Imbesi*

grado di conservare e le risorse endo-gene e di rendersi strumento per lapromozione e la crescita territoriale.Diminuisce il turismo di gruppo afavore di quello individuale, generan-do nuovi tipi di domanda, articolati inquanto connessi sia alla qualità “gene-rale” dei servizi offerti, sia alla qualitàambientale, di fruizione, informazione. Le nuove “popolazioni transitorie”esprimono domande non soltanto diservizi turistici e commerciali maanche di servizi civili e di comunica-zione, di attività di intrattenimento edi accessibilità alle funzioni urbane eesprimono modalità non sempre pre-vedibili di fruizione e uso delterritorio2.I beni e le risorse che determinano talecapacità d’attrazione non sono esclusi-vamente orientati al turista ma, alcontrario, possono riferirsi ad una pla-tea molto più vasta di utenti creandointerconnessioni complesse e spessoconflittuali fra il territorio, i turisti e imolti fruitori che, a vario titolo, vivo-no, lavorano o amministrano il territo-rio stesso. Inoltre, molto spesso, con-tribuiscono a determinare l’attrattivitàdi un’area attrezzature e servizi propridella società civile: la presenza di untrasporto pubblico efficiente, di unabassa congestione insediativa e viabi-listica, di una buona dotazione di fun-zioni e servizi collettivi. Condizioni,queste, che travalicano lo specificosettore turistico per rivolgersi allageneralità della popolazione presentein una determinata area.Governare il turismo però non è facile,soprattutto tenendo presente la duplice

Turismo e sostenibilità: due terminidal significato complesso anche sepurtroppo, almeno fino ad oggi, spessoconflittuale. Temporalmente distinti -l’uno rappresenta l’eccezionalità, laconcretizzazione di un’occasione difruizione in un lasso di tempo control-lato, l’altro la prospettiva, la necessitàdi tutela delle risorse per un tempo avenire – hanno però qualcosa incomune e cioè il “capitale fisso” la“materia prima” sul quale costruirestrategie e progettualità future: il terri-torio nel suo complesso, con le suerisorse e le sue attrattive. Ed è propriopartendo dal territorio che si possonotrovare dei temi condivisi fra turismoe sostenibilità e si possono coniugareprogetti e programmi in grado di cam-biare sostanzialmente gli scenari disviluppo. Un nuovo accordo fra turismo e soste-nibilità va ricercato in una dimensionedi “produttività sostenibile”, non solosotto il profilo quantitativo, quantopiuttosto in termini di valori culturali,sociali, di qualità ambientale, generan-do circuiti di sinergie tra attivitàantropiche e elementi naturali; unavalorizzazione “complessa” delle pro-prietà peculiari del territorio che lascispazio ad una nuova “cultura del pro-getto”, dove il territorio e la sua salva-guardia divengono una materia dagestire e non da subire. Il fenomeno turistico, profondamentecambiato dai tempi dell’elitario “grantour” novecentesco1, può rappresentareoggi una concreta occasione di valo-rizzazione e di impulso economicocome settore produttivo “ad hoc” in

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ripercussioni territoriali delle attivitàlegate al turismo e delle pressioniinsediative esercitate5.Se si vogliono avviare processi alter-nativi legati al concetto di sviluppoarmonico delle regioni costiere, l’o-biettivo è quello di limitare la trasfor-mazione in relazione alle capacità pro-prie di tali regioni di promuoveremodelli di sviluppo che tengano contodella permanenza delle attività pecu-liari e, nel contempo, delle potenzialitàeconomiche che tali regioni investononelle strategie di intervento condivise. In quest’ottica il percorso progettuale,proposto dal progetto, ha affermato ilruolo di centralità del territorio par-tendo proprio dalle qualità peculiaridell’ambiente costiero nel suo com-plesso e lasciando all’individuazione dialcuni progetti pilota la specificazionee il perseguimento degli obiettivi spe-cifici. L’approccio integrato proposto ha per-messo l’individuazione di alcuni criterifisici e gestionali di “buona progetta-zione per le aree costiere” che hannovalenza sia per la progettazione e laprogrammazione degli interventi, siaper la valutazione degli effetti prodottisul territorio, nel medio come nellungo periodo.Il concetto di “valutazione” del pro-getto si lega alla necessità di garantireun adeguato livello qualitativo, oltreche quantitativo, su cui fondare il pro-cesso di trasformazione: la valutazionediviene cerniera fra piano e progetto,fra singolo intervento di riqualifica-zione e contesto, fra il progetto e ilquadro delle strategie e delle politicheurbane e territoriali. L’elaborazione di criteri ha avuto unduplice obiettivo: da una parte crearele premesse per la valutazione dellescelte e delle relative coerenze e com-patibilità legate ai nuovi tipi di inter-vento; dall’altra ha costituito una piat-taforma di discussione fra le forzesociali imprenditoriali e politiche che avario titolo operano nel territorio. L’approccio proposto porta a ribaltarela logica deduttiva fino ad oggi usata(top down), per individuare quellelinee guida, in grado di rappresentaresinteticamente gli elementi di scelta diun processo integrato, fisico e gestio-nale che tragga sputo ed ottimizzi le

La metodologia proposta dal Programma Urbacost per una gestione integrata delle zone costiere

alla modifica dei rapporti tra tempolibero e tempo di lavoro nella vitaquotidiana, all’interesse per una mag-giore conoscenza, e quindi culturasociale ed individuale, che si sta deter-minando nei confronti dei luoghiattrezzati come i musei. E’ però molto rischioso sottovalutare ivalori complessi del territorio, e delterritorio costiero in particolare, quan-do si sposta, troppo facilmente, l’at-tenzione solo sul “possibile” consumodei beni storici, culturali ed ambientaliper il turismo. La riuscita di un inter-vento di trasformazione sotto il profilodell’attrazione turistica non sta solonella realizzazione delle nuove operema nel grado di accessibilità e integra-zione funzionale e formale che siriuscirà a determinare per la loro frui-zione e nella capacità di trasformazio-ne che le stesse saranno in grado diindurre nel contesto di riferimento.

I risultati della ricerca: per unapproccio integrato alle zonecostiere

Uno dei principali problemi dellagestione delle zone costiere è la diffi-coltà di elaborazione di una pianifica-zione specifica che tenga conto delle

ne di una metodologia di lettura edintervento della regione costiera basatasulla valorizzazione ed innovazione diinsediamenti a forte connotazione sto-rica (cultural heritage); dall’altra ladefinizione di possibili scenari di svi-luppo dell’offerta compatibili con leipotesi politiche di sviluppo sostenibile.Il consistente numero di regioni chehanno partecipato alla realizzazionedel progetto4 ha consentito di proporreuna visione comparata dei problemidell’urbanizzazione delle zone costieree, di conseguenza, la possibilità di uti-lizzare metodiche analitiche di ampiorespiro senza però dimenticare le spe-cifiche necessità di ogni singola realtàterritoriale. Nel progetto, sostenibilità e turismo -conservazione e valorizzazione - nonsono stati pensati come termini antite-tici, ne sotto il profilo culturale, nesotto quello della pianificazione edello sviluppo economico, quantopiuttosto come la volontà di riconfigu-rare un’offerta territoriale in grado dideterminare una qualità maggioredella domanda turistica. D’altra parte èil cambiamento dei modi di fruire ilterritorio da parte degli stessi abitantia rappresentare occasione di potenzia-mento della domanda. Basta pensare

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ambientali di qualità certificata daparte delle strutture turistiche, contrad-distingue l’esperienza di reti di acco-glienza “ecologica” legate a diversimarchi ambientali nel turismo europeo.Una presenza numerosa riguarda lestrutture aderenti all’etichetta Ecolabeldi Legambiente Turismo. Nelle Marcheè attiva una rete di alberghi, agrituri-smi, campeggi, ostelli e bed&breakfast,per un offerta di posti letto che superaoltre le 2000 unità, che sulla base diimpegni volontari e condivisi per lariduzione del proprio impatto ambien-tale hanno sottoscritto il decalogo diLega Ambiente Turismo. Le Province, iComuni e le Camere di Commercio sisono quindi fatti fautori di iniziativevolte alla promozione delle strutturecertificate mediante la sottoscrizione diprotocolli d’intesa locali per la nascitadi reti di accoglienza ecologica , comenel caso delle strutture certificate diSenigallia e della Riviera del Conero odella Provincia di Ascoli Piceno che haanche istituito un “marchio ombrello”per valorizzare le imprese e le attivitàche hanno conseguito una certificazio-ne di qualità, allargando il concetto diqualità dalla struttura ricettiva all’inte-ro complesso di servizi che il territorioè in grado di offrire.Anche il turismo nei parchi nazionalista proponendo iniziative di qualifica-zione delle strutture ricettive. Il ParcoNazionale dei Monti Sibillini, 70.000ettari di territorio montano a cavallotra Marche e Umbria, ha approvato nel2006 un protocollo per la concessionedell’emblema del Parco alle attivitàricettive e di ristorazione che siano

Le esperienze delle MarcheRosalba D’Onofrio, Roberta Angelini

Nell’ambito delle politiche messe inatto dalla Regione Marche per promuo-vere il Turismo Sostenibile, due sono leprincipali linee d’azione intraprese inquesti anni: da una parte l’emanazionedi leggi e la promozione di iniziativevolte al raggiungimento di standardambientali da parte delle strutturericettive; dall’altra, la promozione e/ol’adesione a programmi, spesso divalenza europea, volti alla diffusionedi azioni sperimentali.Appartengono alla prima linea d’azio-ne, la recente emanazione del TestoUnico in materia di Turismo e la diffu-sione di marchi europei di qualità eco-logica. La Regione, con la Lr 9/2006 (TestoUnico delle norme regionali in materiadi Turismo) e soprattutto con il suoRegolamento attuativo del 1 marzo2007, ha fissato i criteri per il raggiun-gimento di standard ambientali inno-vativi che mirano a limitare nellestrutture ricettive i consumi energeticied idrici, a razionalizzare la produzio-ne e la raccolta dei rifiuti, a favorirel’utilizzo di fonti rinnovabili e a ridurrel’uso di sostanze pericolose per l’am-biente.Il Regolamento, in particolare, attribui-sce ai comuni, competenti per territo-rio, la facoltà di rilasciare un attestatoalle strutture ricettive alberghiere eall’aria aperta che ne fanno richiesta eche rispettano i criteri ambientali indi-viduati, con l’impegno, da parte dellestrutture stesse, ad assumere iniziativefinalizzate alla formazione/informazio-ne dei dipendenti e degli ospiti. Il raggiungimento di elevati standard

voci, le idee e le risorse, vive ed ope-ranti sul territorio (bottom up).L’innovazione di tale approccio èsostanziale: l’assunzione di criteridiventa l’opportunità per l’introduzio-ne di fattori contestuali di valutazionedegli interventi specifici o delle speci-fiche strategie da adottare; non l’ap-plicazione di un modello ideale ma laricerca contingente delle regole piùidonee al contesto e agli obiettivi pre-fissati, al fine di evidenziare le concre-te possibilità di trasformazione “soste-nibile”6.

* Università “La Sapienza”.

Note1. Dagli anni ’50 ad oggi l’incremento medio degliarrivi in Italia è stato del 7% annuo e dai 25 milionidi presenze del 1950 si è passati ai 699 milioni del2000. Dati disponibili sul sito del Wto (www.world-tourism.org). 2. Esistono oggi nuove opportunità di visita e di sog-giorno: le aree dei parchi tematici (archeologici,minerari, letterari, ecc.) – all’interno dei quali posso-no essere previsti percorsi pedonali per il tempo libe-ro, per il fitness, piste ciclabili e attrezzature ricettiveleggere - il litorale marino (waterfront). 3. A. Marin, Turismo e urbanistica: strategie, stru-menti e progetti, in “Urbanistica Informazioni” n.204, INU Edizioni, Roma, dicembre 2005. 4. Il progetto ha quale ente capofila la RegioneCalabria (dott. R. Mercuri) per gli aspetti tecnici e ilDipartimento di Pianificazione territorialedell’Università della Calabria (prof. M. Francini) pergli aspetti scientifici; altri partner sono ilDipartimento di Architettura e Urbanistica perl’Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza “(prof. G. Imbesi), l’Assessorato Territorio e Ambiente,Dipartimento Urbanistica della Regione Sicilia (dott.G. Salemi e Prof. N. G. Leone), la Generalitat diValencia, Direzione Generale di Architettura, per laSpagna, la Municipalità di Portimão per il Portogalloe il Centro delle Regioni Euromediterranee per l’am-biente (CREA-MedRegio) per la Grecia.5. Nei casi in cui le autorità locali sono state coin-volte nella gestione di questo processo, ciò è avvenu-to generalmente soltanto in termini di urbanizzazio-ne e pianificazione dell’utilizzo del territorio o, even-tualmente, di promozione turistica. 6. Da parte delle Amministrazioni Pubbliche, si poneoggi la necessità della definizione di un quadro diinvarianti progettuali e gestionali (livelli inderogabilidi trasformazione) che assicurino un riferimento ingrado di garantire un adeguato livello qualitativo e,per gli attori della trasformazione, garantiscano lacoerenza con il quadro generale e quindi l’efficaciadell’intervento. Inoltre un approfondimento “vertica-le” della realtà urbana (basato cioè su singoli appro-fondimenti specifici per nodi, temi o, appunto, criterivalutativi) può conseguire una maggior operativitànelle scelte e un processo trasparente in cui sianochiari i rapporti fra le parti nella dialettica di trasfor-mazione. Bisogna comunque ricordare che le meto-dologie di valutazione rimangono degli strumentiquanto più efficaci ed utili se riescono a mantenerequel carattere di semplicità e flessibilità che permettedi studiare le specificità degli interventi “in un qua-dro di incertezza radicale per l’autonomia degli attorie la molteplicità delle opzioni”.

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la promozione di azioni sperimentaliper il Turismo Sostenibile alla scala deiSistemi Turistici Locali (STL) e allascala europea con l’adesione ad alcuniprogrammi che coinvolgono anchealtre realtà territoriali e la regione bal-canica.A partire dal 2003, con l’adozione delProgramma A.S.S.O- Azioni ambientaliper lo Sviluppo Sostenibile, è statoavviato, alla scala regionale, un siste-ma di sperimentazioni volto alla piùconcreta integrazione dei rapporti svi-luppo-ambiente, in linea con quantodefinito e promosso a livello comuni-tario e nazionale. Questo programmaproposto dall’Autorità AmbientaleRegionale, intendeva infatti favorireinterventi per integrare la componenteambientale nell’industria, nell’artigia-nato, nel turismo e nell’agricoltura.Il bando relativo al Turismo era incen-trato su due misure destinate rispetti-vamente ai Sistemi Turistici Locali isti-tuiti dalla Regione in attuazione dellaLegge Quadro sul Turismo (L.135/2001)e alle imprese turistiche ricettive anchein forma associata.I beneficiari della “Misura 1”, chefinanziava la progettazione dellariqualificazione ambientale di un’areaa forte concentrazione turistica, sonostati i STL “Misa Esino Frasassi” e“Marca Fermana.Dal Mare ai MontiAzzurri”.Il STL “Misa Esino Frasassi” ha propo-sto il Progetto “Turismodec: deconge-stionamento, ecosostenibilità e compa-tibilità ambientale”, che riguarda lafascia costiera di Senigallia, Falconarae Montemarciano. Il progetto proponel’analisi delle criticità presenti, eviden-zia le prestazioni ambientali connessealle attività turistiche dell’area ed indi-vidua gli interventi da porre in essere. Il Progetto “Terr.A.Ferma” del STL“Marca Fermana. Dal mare ai MontiAzzurri”, si propone, invece l’obiettivodi avviare sul territorio l’implementa-zione di un Sistema di GestioneAmbientale conforme ai requisiti diEmas II (Reg.CE 761/2001), puntandosul coinvolgimento dei diversi soggettiinteressati, attraverso l’istituzione di untavolo di partecipazione e l’attuazionedi protocolli d’intesa.La maturazione di una coscienza euro-pea nella condivisione di obiettivi dello

reni al contenimento dei diversi tipi diinquinamento, dal risparmio energeticoagli approvvigionamenti, dai serviziofferti all’accessibilità e trasporti, dallacomunicazione/informazione e coin-volgimento delle comunità locali allatutela del patrimonio ambientale in cuiopera. La valutazione quali/quantitati-va dei criteri suddetti porta alla con-cessione di diverse targhette Oro,Argento, Bronzo che contribuiscono aqualificare e rendere riconoscibili lestrutture nel sistema turistico delParco. Le strutture ricettive certificatedopo un anno dall’istituzione sono innumero di sei.La seconda linea d’azione sostenutadalla Regione in questi anni riguarda

coerenti con le proprie finalità istituti-ve e in possesso di requisiti di qualitàin merito a sostenibilità ambientale,sociale ed economica. Il documento èvolto a migliorare l’offerta turistica nelParco favorendo una crescita sostenibi-le e competitiva del turismo locale.Sono previsti requisiti obbligatori perottenere la concessione dell’emblema edella denominazione del Parco, erequisiti facoltativi, in base ai quali lestrutture sono distinte in classi. I criterisono molteplici ed articolati a secondadella tipologia della struttura richie-dente e vanno dall’adozione di criteridi bioedilizia all’inserimento architetto-nico e paesaggistico della struttura, dalgrado di impermeabilizzazione dei ter-

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differenziata, zone limitate al trafficoveicolare, arredo urbano curato edinformazione ed educazione ambienta-le a diversi livelli (punti blu, convegni,materiale informativo, mappe temati-che).Dal 2001,invece, la collaborazione traTCI e Assessorato al Turismo dellaRegione Marche ha portato alla realiz-zazione di 5 edizioni dell’iniziativa“Bandiere arancioni nelle Marche”: nel2007 ben 16 centri marchigiani hannoottenuto il riconoscimento del marchioe hanno intrapreso azioni di crescitasociale ed economica nel settore dellosviluppo sostenibile del turismo.Infine, la cultura dello sviluppo soste-nibile nelle Marche ha recentementeportato alla sperimentazione di un pro-getto innovativo con l’obiettivo dieducare il territorio alla cultura diun’accoglienza attenta ai diversamenteabili. “Oscar dei sapori…..al di là degliocchi” (settembre 2007, Offida, SanBenedetto e Grottammare) è promossoda Confindustria Marche, RegioneMarche, Unione Italiana Ciechi edIpovedenti, Università Politecnica delleMarche e Museo Tattile Omero, con ilcoinvolgimento di associazioni di nonvedenti di tutta Europa, Comuni mar-chigiani turistici, Province, CentroServizi per il Volontariato, Aziendeproduttrici, strutture ricettive e diristorazione e Associazioni gastrono-miche.È un progetto dedicato ai non vedentie agli ipovedenti di grande valoresociale e culturale, che vuole sensibi-lizzare la Regione Marche verso unanuova forma di turismo responsabileattraverso la creazione di percorsi mul-tisensoriali, itinerari turistici con per-corsi tattili, strutture ricettive conmenù e informazioni turistiche inbraille, botteghe tipiche di prodottimarchigiani con etichette in braille,gite ed escursioni con guide turistichespecializzate.

che e politico-demografiche per evi-denziare le criticità del settore turismo(Tourism Carrying CapacityAssessment); la diffusione della cono-scenza del Sistema di GestioneAmbientale EMAS; la promozione delcoordinamento transfrontaliero nell’a-nalisi e gestione dei problemi ambien-tali legati ai flussi turistici; la speri-mentazione di interventi concreti diriduzione dell’impatto ambientale delleattività turistiche.I rapporti di collaborazione tra laRegione Marche e l’area balcanica perquanto riguarda il Turismo Sostenibile,sono legati anche ad altre esperienzecome, in ordine di tempo, il Progetto“Parchi Educativi dell’Adriatico”.Previsto nell’ambito del ProgrammaInterreg-Cards/Phare, consiste inun’importante iniziativa di turismoeco-sostenibile che lega i parchi delledue sponde dell’Adriatico e di cuil’Agenzia Regionale per lo sviluppo diZara è il soggetto capofila, e prevedeforme di integrazione e cooperazione elo sviluppo di un marchio di qualitàche rappresenti uno standard qualitati-vo che rispetti, garantisca e promuovala sostenibilità ambientale in manieracongiunta. Il progetto, avviato nel set-tembre 2007, individua nel porto diAncona il nodo principale di raccordotra i parchi dell’Adriatico per la costi-tuzione di itinerari eco-sostenibili tra iParchi Croati e quelli della Provincia diAncona.Nell’ambito del Turismo Sostenibilenon si può non ricordare che sononumerosi i centri che nelle Marchepartecipano ed ottengono certificazioniambientali di alto valore, come adesempio la Bandiera Blu, rilasciatedalla FEE (Foundation forEnvironmental Education) o laBandiera Arancione, rilasciata dalTouring Club Italiano.Nel 2007 sono state assegnate 12 ban-diere per le spiagge e 3 per gli approdituristici. Ma al di là dei numeri occorreguardare alle azioni di miglioramentoche sono state avviate e mantenute neltempo dalle comunità premiate, chevanno tutte nella direzione di daremaggiore forza ad una serie di servizie di pratiche a sostegno di un turismopiù sostenibile: presenza e potenzia-mento dei depuratori, raccolta rifiuti

sviluppo sostenibile porta, a seguitodella costruzione di rapporti formalitra enti diversi e in conformità al rico-noscimento degli impegni per le comu-nità locali dettati da Agenda XXI,anche alcune comunità locali, all’ade-sione al “Network di città per lo svi-luppo sostenibile” promossa dall’ICLEI(International Council for LocalEnvironmental Initiatives) e dallaProvincia di Rimini. Aderiscono al net-work organismi di nazioni che si affac-ciano sul bacino del Mediterraneo, e leMarche sono rappresentate dal Comunedi San Benedetto del Tronto, realtàturistica significativa nel settore bal-neare, sottoposta ad una serie di stressambientali molto accentuati, che siglaun accordo di partenariato con gli altripaesi della rete sulla possibile identifi-cazione di progetti territoriali per ilsettore turistico. L’ente entra così a farparte di una rete di informazione e didivulgazione di buone pratiche sullosviluppo sostenibile del settore turisticoche sviluppa anche altri rilevanti con-tenuti nelle pratiche di vendita sosteni-bile, che stimolano la nascita degliacquisti verdi, nelle capacità di caricoe stagionalità e nelle prime riflessionisugli Aalborg Commitments.La presa di coscienza dei problemiambientali legati al Turismo, su unascala proporzionata alla dimensionedel problema, avviene nell’ambito delProgetto ASTA-Azioni per laSostenibilità del Turismo nell’Adriatico,cofinanziato nell’ambito delProgramma Interre IIIA TrasfrontalieroAdriatico. Il Progetto coordinato dallaRegione Marche coinvolge la Regionedi Valona e il Comune di Saranda(Albania), il PAP/RAC di Spalato(Croazia), il STL “Riviera del Conero”(Comune di Numana). Concluso neldicembre 2006, questo progetto haavuto come obiettivo generale il perse-guimento di una maggiore sostenibilitànel settore del Turismo, attraverso ladefinizione di un documento unico econdiviso di strategia per lo SviluppoTuristico Sostenibile nelle aree costierecoinvolte, nonché la sperimentazionedella loro applicazione pratica in terri-torio italiano. In particolare il progettosi è proposto: l’acquisizione di idoneemetodologie di analisi ambientale inte-grate con valutazioni socio-economi-

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più frequenti: tutto l’arco ligure è sog-getto a forti pressioni da parte digruppi imprenditoriali che sostengonointerventi che, secondo le dichiarazio-ni di molti amministratori locali,dovrebbero rilanciare l’economia, odare nuova linfa al turismo.Sono attualmente in corso quindiciprogetti, giunti a diversi livelli proce-durali, di cui nove riguardano l’am-pliamento di strutture esistenti(Bordighera, Imperia, Diano Marina,Alassio, Loano, Varazze, Arenzano,Santa Margherita Ligure, Portovenere),mentre sette prevedono nuove opere(Ventimiglia, Ospedaletti, San Lorenzoal Mare, Borghetto Santo Spirito,Albissola, Genova-Sestri Ponente). In molti casi gli iter progettuali sisono rivelati lunghi e travagliati, esolo ora giungono a compimento; inalcuni casi i cantieri sono già aperti,mentre per altri manca ancora l’istrut-toria sul progetto definitivo. Tutti gliinterventi risultano comunque formal-mente compatibili con il Piano territo-riale della costa, e con gli indirizzi diprogrammazione regionale.Ma non mancano le polemiche, aSanta Margherita Ligure, nel Tigullio,una delle città maggiormente tutelatedurante il boom edilizio del dopoguer-ra, l’ampliamento del porto esistentesta dividendo la città in due fazionimolto agguerrite, che comprendonocittadini ed ospiti illustri. Giulia MariaCrespi, presidente del FAI ha lanciatol’allarme dalle pagine de Il Secolo XIX,e le ha risposto, fornendo rassicurazio-ni, il presidente della giunta regionaleligure Claudio Burlando.

Liguria: paesaggio costiero e turismo a rischioFrancesco Gastaldi*

realizzazione di interventi compromis-sori, ma anche dall’eccessivo presenzaumana che grava su queste aree neiperiodi di massima affluenza turistica.Questi effetti, spesso irreversibili, gra-vano sulle località turistiche ancoroggi, senza che sia possibile intravede-re soluzioni.

I nuovi rischi

Dopo un periodo di relativa stasi edifi-catoria, l’ultimo allarme è stato lancia-to dal sovrintendente per i beniambientali Giorgio Rossigni nell’estate2007, egli ha rilevato a chiare letterela possibilità che si avvii una nuovafase di cementificazione del litoraleligure, con rischi molto elevati dicompromissione di siti di altissimovalore paesistico. In particolare, sonoaccusati i numerosi progetti di portic-cioli turistici, ai quali spesso sono difatto annesse anche altre ingentiopere: edilizia residenziale, uffici,negozi, alberghi, aree artigianali, postiauto. Secondo Legambiente le trasfor-mazioni in gioco in Liguria sono note-voli: l’associazione parla di 9.000 postibarca e 143.000 metri cubi di spaziriservati ad uso residenziale e terzia-rio.Il meccanismo è sempre lo stesso: perriqualificare una zona degradata ospesso sottoutilizzata, per adeguareuno scalo turistico, o per effettuareuna messa in sicurezza o modifichefunzionali, vengono legittimati proget-ti totalmente stravolgenti. Gli episodiche suscitano preoccupazione per gliimpatti sull’assetto fisico e territorialesi sono fatti negli ultimi anni sempre

La “speculazione edilizia”

L’assetto spaziale della fascia costieradel territorio ligure è stato pesante-mente compromesso negli anniSessanta, durante la “speculazione edi-lizia”. Il periodo è caratterizzato da unforte incremento del patrimonio edili-zio, dalla crescita di seconde case e daun forte consumo di suolo in totaleassenza di un’adeguata strumentazioneurbanistica (in molti casi i piani urba-nistici non esistono, o nei rari casi incui sono presenti non riescono a svol-gere alcuna funzione di regolazione,hanno previsioni espansive moltoampie che si concretizzano in pochianni). In quegli anni il “boom” econo-mico nazionale agisce da forte propel-lente per il diffondersi di un nuovomodello turistico in queste aree terri-toriali assai vicine a quelle del “trian-golo industriale”. Il mutamento deglistili di vita e di consumo fa esplodereil turismo di massa e alimenta la dif-fusione delle seconde case. La dilapi-dazione del territorio avviene in unclima di consenso pressoché generaliz-zato favorendo un’elevata mobilità edascesa sociale per larghi strati dipopolazione, ma con prevalenza diinteressi privati che vanno a discapitodi quelli collettivi e pubblici. Gli effettisul territorio comprendono il degradodel patrimonio paesistico, le elevatedensità edilizie, la compromissionedell’ambiente costiero, l’eccessivo cari-co antropico in ambiti territorialimolto ristretti. La dequalificazioneambientale di alcune località turistichenon dipende soltanto dall’alterazionedel contesto paesistico dovuta alla

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BibliografiaArtom Corinna, “Piani e progetti per il litorale” inMarco Massa (a cura di) Passeggiate lungo moltimari, Maschietto editore, Firenze, 2006Battilani Patrizia, Vacanze di pochi, vacanze di tutti,l’evoluzione del turismo europeo, Il Mulino, Bologna,2001Cederna Antonio, “Che cosa facciamo per le coste?”,in Le vie d’Italia n.12, 1957Fazio Mario, “Continua la distruzione del paesaggioligure”, in Le vie d’Italia n.12, 1959Gabrielli Bruno, “La dilapidazione del territorio”, inGibelli Antonio, Rugafiori Paride (a cura di), LaLiguria, Einaudi, Torino, 1994Lorenzani Franco, “La pianificazione della costa inLiguria” in Marco Massa (a cura di) Passeggiate lungomolti mari, Maschietto editore, Firenze, 2006Preve Marco, Sansa Ferruccio, “Liguria, l’Unione fa ilcemento”, in Micromega n. 5, 2006.

invasivi, ancorati ad un’idea diversadi valorizzazione delle risorse del ter-ritorio, ed in grado di mettere in attoprocessi di sviluppo più radicati e vir-tuosi.

Il nuovo ruolo della Regione

Negli ultimi anni il trasferimento dellecompetenze avviato dai decretiBassanini ha delegato alle regioniquasi tutte le competenze che interes-sano la gestione costiera: non solourbanistica quindi, ma anche demanio,porti turistici, difesa dall’erosione,ambiente marino, qualità delle acque epesca.Il tema della difesa della costa è statofino a qualche anno fa gestito diretta-mente dallo stato, che agiva sullabase di una normativa originaria-mente concepita in funzione della“difesa degli abitati” e mai aggiornataalla luce dello sviluppo del turismobalneare e dell’importanza economicadelle spiagge.Gli interventi realizzatinel corso degli anni hanno messo inevidenza in Liguria e in Italia i prob-lemi derivanti da opere di difesarigide (massicciate, dighe e barriereparallele alla costa) e, soprattutto,hanno rimarcato la necessità ditrovare soluzioni che favoriscano ilmantenimento e l’approfondimentodelle spiagge, che costituiscono senzadubbio il miglior sistema di difesadella costa nelle zone turistiche. LaLiguria, così come le altre regionicostiere, ha quindi inteso sviluppareun approccio ai problemi della difesacostiera che fosse più compatibile conil paesaggio e con l’ambiente; questoobiettivo si può conseguire pro-muovendo progetti che ribaltino con-cetti obsoleti legati all’uso esclusivodi difese rigide e che prevedanosoluzioni atte ad assecondare e utiliz-zare la naturale dinamica del litorale.In termini generali si può dunque direche il mare deve essere considerato unalleato nella protezione della costa ela sua enorme energia, più che esser,contrastata, deve essere sfruttata neimodi più idonei per contribuire amantenere le spiagge nel loro naturaleequilibrio.

*Docente a contratto Politecnico di Torino.

Ad Ospedaletti, nel ponente ligure, ilnuovo sindaco, che aveva condotto lacampagna elettorale dichiarando unfermo “no” all’ipotesi del mega portic-ciolo turistico, dopo una rimodulazio-ne di alcune volumetrie, si è ritrovatocostretto ad approvare gli ultimi attiamministrativi già avviati dalla prece-dente giunta, pena un risarcimentomilionario chiesto dal promotore.A Savona, dopo che per anni si è dis-cusso del progetto di Ricardo Bofillper il porto storico (ora in attuazione),suscita grande dibattito un progettoper la costruzione di una torre alta120 metri, da realizzarsi nell’area dellaMargonara, al confine con il comunedi Albissola. Interrogativi in termini diimpatti territoriali (nuova domanda ditraffico ed infrastrutture) riguardano lestrutture più grandi previste a Loano,Ventimiglia e ad Imperia. Proprio ad Imperia potrebbe essererealizzato uno degli scali turistici piùgrandi del Mediterraneo, dotato diquasi 1.500 posti barca, con l’obiettivodi arginare la concorrenza di molterinomate località della vicina CostaAzzurra. In realtà, andrebbe condottauna più attenta riflessione riguardoalla effettiva capacità di queste opera-zioni di offrire nuove opportunità disviluppo. Occorrerebbe valutare qualetipo di fruizione sia compatibile conuna fascia costiera molto ristretta efortemente antropizzata, che rischia diessere ulteriormente condotta adattrarre flussi di popolazione. L’industria ligure delle vacanze, legataall’utilizzo delle seconde case, manife-sta segnali di crisi. Il turismo di massache si è diffuso e consolidato a partiredagli anni Sessanta sta evidenziandomolte contraddittorietà, ed i visitatorioggi rifuggono da una riviera chesempre più spesso ripropone le mede-sime criticità dei centri urbani (conge-stione, smog, assenza di spazi e servi-zi). Le errate scelte degli scorsi decennioggi pesano in modo irreversibile sulterritorio, ma nonostante tutto questo,sono portati avanti nuovi progetti spe-culativi. Sarebbe opportuno, invece, valutareattentamente vantaggi e svantaggi ditali interventi, specie in un’ottica dilungo periodo, pensando contempora-neamente a nuovi modelli, meno

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sulla base della metodologia messa apunto a livello UE e per la prima volta,due “destinazioni turistiche di massa”,Rimini e Calvià (Spagna) si sono impe-gnate con l’approccio ICZM a disegnareun nuovo modello di sviluppo turisticosostenibile che ha consentito di mettereal centro l’ambiente come risorsa pri-maria dei territori portando alla defini-zione delle scelte fondamentali attra-verso la “partecipazione” dei portatoridi interessi e della comunità locale.Strumento per la concretizzazione diquesto “nuovo” approccio è stata infattila “partecipazione” a tutte le fasi (ana-lisi, definizione degli scenari, indivi-duazione degli interventi e realizzazio-ne operativa) dei cosiddetti stakeholder,pubblici e privati, e più in generaledelle comunità locali, attraverso l’ado-zione della Carta di Aalborg e così delconsolidamento del processo di Agenda21 locale. Nel corso degli ultimi dieci anni, moltiimprenditori turistici italiani hannoavviato, con il supporto delle ammini-strazioni pubbliche, iniziative volte almiglioramento della qualità ambientaledei servizi turistici, in particolare attra-verso l’adozione di sistemi di gestioneambientale, certificazioni o strumenticosiddetti “volontari”. Innanzitutto, èstato ampliato il campo di applicazionedei regolamenti europei, in particolareISO, EMAS ed Ecolabel europeo, daisoli siti industriali a tutti i settori com-preso quello dei servizi turistici per iquali l’applicazione di suddetti stru-menti avveniva solo a livello sperimen-tale5. In tal senso uno dei principaliobiettivi, al centro delle politiche di

La sfida nella Provincia di RiminiMassimo Briani*

damentale per il raggiungimento diimportanti traguardi socio-economici,ma come debba essere, per questo stes-so motivo, sia motore per la valorizza-zione del patrimonio territoriale eambientale che settore chiave per lariduzione dei consumi energetici ascala mondiale. La conferenza è stataanche la sede di nascita di un impor-tante partenariato, promosso dalla pro-vincia di Rimini in collaborazione conICLEI (The International Council forLocal Environmental Initiatives), il“Network delle città per il turismosostenibile” di cui oggi fanno parte 16città costiere di Italia, Spagna, Tunisia,Grecia, Turchia e Israele.L’amministrazione provinciale di Riminiha successivamente elaborato unimportante studio sulla “Valutazione dicapacità di carico turistica” del proprioterritorio con un potente strumentoinnovativo, la “Tourism CarryingCapacity Assessment” (TCCA), messo apunto dall’UNEP e sperimentato per laprima volta in una “destinazione turi-stica di massa”. Tale studio pilota èstato considerato dalle stesse Nazioniunite “Good Practice in TourismCarrying Capacity Assessment” e l’espe-rienza della provincia di Rimini è statacosì inserita come “buona pratica” inuna specifica pubblicazione diffusadall’UNEP a livello internazionale4.La valutazione della capacità di caricosi è rivelata di enorme importanza perla migliore impostazione del Piano digestione integrata delle zone costieredella riviera di Rimini (ICZM -Integrated Coastal Zone Management).Il piano ICZM è stato così elaborato

La provincia di Rimini1, a fronte deiproblemi creati a livello ambientale dalsuo tumultuoso e massiccio sviluppoturistico2, risulta oggi essere una dellerealtà di spicco nel panorama nazionalee internazionale avendo scelto di faresforzi per concretizzare un nuovomodello turistico sostenibile. Un model-lo non soltanto di sviluppo, ma divalorizzazione delle identità locali edelle vocazioni territoriali che sappiaconiugare positivamente la difesa delpatrimonio naturale con il migliora-mento e l’innovazione del settore turi-stico e del comparto produttivo più ingenerale. Questo approccio, generatoredi scelte politiche di indirizzo strategicorivolte a tutti i settori dell’amministra-zione, è ciò che la provincia di Riminista attuando a partire dal 2001 con ilprogetto Life-Ambiente intitolato“Strategie e strumenti per un turismosostenibile nelle aree costiere delMediterraneo”3 che si è tradotto in pos-sibilità concrete di progettare la “soste-nibilità” nel settore turistico. Tra le atti-vità svolte in seno al progetto vainnanzitutto sottolineata l’importanzache ha rivestito la “Conferenza interna-zionale sul turismo sostenibile”, orga-nizzata dalla Provincia nel giugno2001. In tale occasione gli ambasciatoridelle organizzazioni Internazionali,insieme ai rappresentanti di settore,hanno licenziato, dopo tre giorni diintenso confronto con esperti di livellomondiale presenti all’appuntamento, la“Carta di Rimini del turismo sostenibi-le”. Nel documento si evidenzia, per laprima volta, come il turismo possa con-tinuare a rappresentare un volano fon-

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Urbanistica INFORMAZIONI

“SpiaggiaLiberAtutti” a Riccione hainaugurato un percorso di modernizza-zione delle strutture ricettive balnearinell’ottica di un turismo europeo, siasostenibile che accessibile, attento alcontenimento degli impatti ambientali(sostenibilità ambientale) come all’ab-battimento delle barriere architettoni-che (sostenibilità sociale), conferendo atale iniziativa una valenza sia stretta-mente turistica che sociale ed etica. Un’ultima, ma non meno importante,“buona pratica”, nata all’interno delforum Agenda 21 Locale, è risultata dalprogetto “Acquisti verdi negli alberghi”,promossa in collaborazione con leassociazioni albergatori locali, che hadato vita alla prima “Convention com-merciale per gli acquisti verdi neglialberghi” come momento di incontrotra i produttori di prodotti ecologici edi qualità ed i gestori delle struttureturistico ricettive della provincia. Fra i principali impegni che l’ammini-strazione provinciale di Rimini si èassunta nel prossimo futuro per pro-muovere una pianificazione territorialevolta allo sviluppo del turismo sosteni-bile spiccano: la tutela e la riqualifica-zione delle aree ad alto valore ambien-tale previste dal nuovo Piano territoria-le di coordinamento provinciale (Ptcp),la drastica riduzione della espansioneedilizia ed anche la prossima costruzio-ne del Trc (Trasporto rapido costiero)fra Rimini e Riccione, una metropolita-na costiera di superficie che risolveràalla base il problema della mobilità deituristi lungo la fascia costiera.Visto il grande impegno della provinciadi Rimini per la promozione del turi-smo sostenibile, sia in ambito localeche nazionale e internazionale, ilCoordinamento nazionale delle Agende21 locali Italiane le ha affidato il ruoloa partire dal 2003 di responsabile delgruppo di lavoro “Agenda 21 e turismosostenibile”.Il lavoro finora svolto a livello nazio-nale nelle molte destinazioni turistiche,sia nel settore pubblico che in quelloprivato, ha permesso di ottenere impor-tanti risultati sebbene sia ora necessariocompiere un salto di qualità per passaredalle “buone pratiche” ad un cambia-mento più profondo che coinvolgatutto il sistema economico, sociale edambientale. Il percorso intrapreso da

di Rimini, divenuta una vera e propriaindagine di settore, è stata ideata dal-l’amministrazione che ha messo incampo in tale ambito politiche e stru-menti dedicati. Questi, sulla base di unaconoscenza significativa ed aggiornatadei target turistici, hanno mirato adaccrescere la sensibilità degli stessi edei tour-operator verso i temi dellasostenibilità. Primo e fondamentalepasso per centrare l’obiettivo, una ricer-ca sull’incidenza della domandaambientale e sul grado di soddisfazionedei turisti intervistati in termini di con-tenimento dell’impatto ambientale,condotta dalla facoltà di Economia delturismo (Università di Bologna - sede diRimini). Affiancato all’indagine suituristi, una ricerca sul peso della varia-bile ambientale in pacchetti turistici dialcuni dei principali tour-operatorseuropei ed italiani, per cogliere caratte-ristiche e dinamiche dell’offerta in rap-porto ai cambiamenti della domanda.Sulla base dei risultati della ricercasono state elaborate le “Dieci regoled’oro del turista sostenibile” il primocodice di buon comportamento elabo-rato in Europa, distribuito in 150 milacopie nella sola stagione 2003. Le“Dieci regole d’oro” sono parte di unpiù ampio “Educational kit”7 elaboratoin quattro lingue e messo a punto peressere veicolato prima di tutto neglialberghi e negli uffici di Informazionituristiche (IAT).Passi avanti e progetti concreti sonostati realizzati anche negli stabilimentibalneari della riviera di Rimini, infattiattraverso la promozione di Agenda 21locale, la provincia di Rimini ha postoin primo piano il tema del turismosostenibile, il risparmio delle risorse el’utilizzo di tecnologie sostenibili, stu-diando insieme ai bagnini un progettosulla gestione eco-compatibile di unostabilimento balneare, quello che poi èstato chiamato il “Bagnino ecososteni-bile”8. Grazie ad un bando dedicato alprogetto i “bagnini ecosostenibili” pre-senti sul territorio sono 20 di cui 16 aRiccione, 3 a Cattolica ed 1 nel comunedi Rimini.Da giugno 2007 la provincia di Riminiè inoltre diventata la prima destinazio-ne turistica in Europa ad essere dotatadi una spiaggia interamente accessibileed ecosostenibile. La nuova

sostenibilità rivolte agli operatori priva-ti della provincia di Rimini, è statoquello del miglioramento delle perfor-mance ambientali dei servizi turistici, apartire dalla collaborazione con glialbergatori. Federalberghi, la principaleassociazione Italiana degli albergatori,lo ha confermato con il suo impegno,sia in fase di elaborazione che di disse-minazione, per l’implementazione distrumenti per gli albergatori, messi apunto dalla provincia di Rimini in col-laborazione con l’Istituto di ricercheambiente Italia, che costituiscono adoggi l’esperienza più avanzata a livelloitaliano di gestione imprenditorialesostenibile dei servizi turistici. Una“cassetta degli attrezzi” messa a puntoattraverso il coinvolgimento di circa150 operatori turistici in tutte le fasidel lavoro, dall’analisi conoscitiva dellostato di fatto, alla proposta dei criterimigliorativi, fino all’applicazione speri-mentale degli stessi.Questa esperienza “pionieristica” haconsentito la messa a punto di tre“Linee guida per il miglioramento delleperformance ambientali dei servizi turi-stici”6: 1. linee guida per gli acquisti ecologicinegli hotel;2. linee guida per l’applicazionedell’Ecolabel dei servizi turistici; 3. linee guida per l’adozione di un“Sistema semplificato di gestioneambientale”. Il successo delle Linee guida ha trovatoin seguito un motore fondamentale nelProtocollo di intesa stilato fra provinciadi Rimini e Legambiente-Turismo, tito-lare con il comune e l’associazionealbergatori di Riccione, della principalee più numerosa esperienza italiana diadozione del marchio volontario diqualità ambientale denominato“Alberghi consigliati da Legambienteper l’impegno in difesa dell’ambiente”,aderente al Network europeo “VISIT”.Grazie all’adozione e applicazione diquesta “etichetta volontaria” nelle ulti-me stagioni turistiche è stato riscontra-to un sensibile incremento positivo,rispetto ai valori medi registrati nellaprovincia, nelle presenze e negli arriviregistrati in tutti gli “alberghi ecologici”del comune di Riccione.Un’ulteriore, ma non meno importanteazione, dedicata ai turisti della riviera

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Decreto Interministeriale “MobilitàSostenibile nelle Aree Urbane” delmarzo 1998 e nel DM 60/2002 sullaqualità dell’aria.

Orientamenti per una mobilitàsostenibile

Al fine di garantire una rinnovabilitàdelle risorse - non esclusivamenteambientali - impiegate nel turismo èpossibile tracciare alcune linee di con-dotta per la pluralità di soggetti coin-volti (istituzionali e non) e per la messain atto di politiche della mobilità.In primo luogo, occorre assumere comeobiettivo prioritario la ricerca dell’e-quilibrio tra gli aspetti prestazionalidel sistema di trasporto e quelli ditutela delle risorse non rinnovabili pre-senti sul territorio. In questa ottica, seincentivare l’uso di mezzi di trasportopubblici nei confronti dell’utenza turi-stica, consente di migliorare l’efficaciadel servizio erogato (in aree spesso adomanda debole o con notevole varia-zione delle presenze) è altresì vero chela regolamentazione e la vigilanzasulla mobilità privata nell’ambito diaree di rilevante e riconosciuto valorepaesaggistico diventa una precondizio-ne alla salvaguardia dello stato del-l’ambiente e dei valori del paesaggio.D’altro canto, l’introduzione di mezzidi trasporto ecologici da parte deglistessi operatori turistici non può cheenfatizzare l’effetto di tutela nei con-fronti del patrimonio paesaggistico dicui sono principali gestori.Una seconda strategia riguarda diretta-mente le aree costiere interessate da unturismo molto stagionalizzato, di natu-

Mobilità dolceMauro D’Incecco*

L’interpretazione del turismo in chiavedi sostenibilità sembra assumere unaportata di sempre di maggior rilevanza,così come è crescente la consapevolez-za che molteplici siano le dimensioniinterpretative di tale sostenibilità: losviluppo sostenibile del turismo impo-ne che esso sia ecologicamente compa-tibile, socialmente equo e convenienteda un punto di vista economico efinanziario. L’istanza di sostenibilità applicata alleattività turistiche è presente già nel1987 nel Rapporto della CommissioneBruntland (World Commission onEnvironment and Development –WCED). Altresì, la Comunicazione dellaCommissione Europea del 2001 “Unapproccio di cooperazione per il futurodel turismo europeo” ribadisce che: “Losviluppo turistico sostenibile soddisfale esigenze attuali dei turisti e delleregioni di accoglienza, nel contempotutelando e migliorando le prospettiveper il futuro. Esso deve integrare lagestione di tutte le risorse in modo taleche le esigenze economiche, sociali edestetiche possano essere soddisfatte,mantenendo allo stesso tempo l’inte-grità culturale, i processi ecologiciessenziali, la diversità biologica e isistemi viventi”.Dando seguito a queste interpretazioniesortative, molteplici sono state le con-ferenze organizzate ed i documentipredisposti da Enti territoriali e daaccreditati istituti di ricerca che hannoindividuato nella politica della mobilitàuna strategia di contenimento deglieffetti indesiderati connessi alle attivitàturistiche, che trova supporto nel

alcune amministrazioni pubbliche,come nel caso della Provincia diRimini, rappresenta una sfida crucialealla quale siamo chiamati a risponderenell’intero territorio nazionale e costi-tuisce un forte stimolo ed una guidaall’innovazione sostenibile dei servizituristici e dell’offerta turistica più ingenerale. Da questa sfida dipende ilnostro futuro, il futuro che vogliamo.

*Ufficio Turismo Sostenibile della Provincia di Rimini.

Note1. La provincia di Rimini è l’area leader in Italia perquanto riguarda il turismo balneare: è caratterizzatada un turismo di massa (16 milioni di presenze uffi-ciali) a forte impatto territoriale. Sono infatti 2700 glihotel e decine di migliaia gli appartamenti ad usoturistico, oltre a svariate migliaia le imprese commer-ciali e pubblici esercizi che sono localizzati nella stret-ta fascia fra il mare e la linea ferroviaria.L’organizzazione turistica è fatta del protagonismo dimigliaia di piccoli imprenditori. Sono infatti circa30.000 le piccole e medie imprese della provincia diRimini, in gran parte legate al fenomeno turistico.2. L’entità dei flussi turistici in costante aumento negliultimi anni e la loro concentrazione nel periodo esti-vo, in particolare nei week-end, comportano una note-vole pressione sulle risorse ambientali e evidenti pro-blemi in particolare in ordine alla mobilità delle per-sone e delle merci.3. Primo Premio Europeo “Carmen Diez de Rivera” peril turismo sostenibile, promosso dal governo delleBaleari e dalla Royal Awards Foundation, con il sup-porto dell’Agenzia europea per l’ambiente.4. La seconda conferenza internazionale sul turismosostenibile nell’ambito del progetto Life-Ambiente èstata quella organizzata a Calvià nel gennaio 2003,denominata “Integrated Coastal Zone Management inMediterranean Tourist Region”, mirata a mettere afuoco le metodologie di gestione integrata della zonacostiera applicate a Rimini e Calvià, attraverso l’imple-mentazione dei rispettivi piani ICZM. In questo conte-sto si può citare anche il workshop sulla “Valutazionedella capacità di carico per il turismo nelMediterraneo: esperienze ed opportunità”, tenutosi aRimini, nel 2003, organizzato congiuntamente dallaProvincia e dall’UNEP-PAC-RAC.5. Ad esempio, ricordiamo nel nostro Paese gli esperi-menti pilota relativi all’applicazione dell’EMAS nellearee protette e alle strutture turistico ricettive.6. Tali “Linee guida”, pubblicate in appositi manuali,sono state altresì tradotte in inglese per massimizzarnele potenzialità a livello internazionale.7. L’Educational kit in un video di circa 10 minuti, unCD-Rom, una brochure, manifesto, locandina e news-letter sul turismo sostenibile per spiegare ai turistil’impegno che Rimini sta dedicando loro per un turi-smo più sostenibile e nel contempo invitarli a modifi-care il loro attuale consumo della vacanza nella dire-zione di contenere l’impatto negativo sull’ambiente.8. Il primo progetto realizzato in uno stabilimento diRiccione nel 2003 ha visto l’utilizzo di un impiantofotovoltaico e solare termico per il risparmio energeti-co, un sistema di riutilizzo delle acque e l’introduzionegeneralizzata di riduttori di flusso nelle docce per ilrisparmio idrico, contenitori per la raccolta differen-ziata dei rifiuti, ed una stazione informativa, info-point, realizzata da Arpa–sezione Rimini contenente idati relativi alla qualità delle acque di balneazione, ilivelli di radiazione UV, e le previsioni meteo.

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trasporto e modelli di esercizio, daimpiegare anche nell’ambito del TPL,alternativi e sostenibili a parità dicaratteristiche prestazionali (efficienzaed efficacia). Una prima proposta è destinata adindividuare una pluralità di azionisistematiche, da perseguirsi ai varilivelli di governo del territorio (euro-peo, nazionale e locale), facenti levasul sistema tassativo e tariffario deitrasporti conformemente a quantodefinito dalla Strategia dell’UnioneEuropea per lo Sviluppo Sostenibile.Per quanto concerne le modalità e letariffe per il soggiorno e lo spostamen-to delle presenze turistiche sul territo-rio viene messa in atto una politicapromozionale di pacchetti integratividei servizi erogati. È distinguibile lanecessità di perseguire il miglioramen-to dell’attrattività del trasporto colletti-vo e a basso impatto ambientale. Nederiva il rafforzamento categorico del-l’integrazione e della riduzione dellesoluzioni di continuità tra le differentimodalità del Trasporto PubblicoLocale. Le modalità d’integrazionesono certamente molteplici e pongonoall’attenzione, sia l’integrazione infra-strutturale dei sistemi di trasporto ter-restri (gomma, ferro e fune) con quelliaerei e marittimi, sia l’integrazioneoraria del servizio TPL, tramite uncoordinamento tra i vari ambiti ammi-nistrativi di programmazione (regiona-le, provinciale e sub provinciale). Le prime iniziative relative alla mobili-tà sostenibile si registrano sulle Alpicon Alpine Awareness (Interreg III B,Spazio Alpino), AlpsMobility eAlpsMobility II, ma ben presto si regi-strano anche in Abruzzo: l’integrazio-ne oraria e tariffaria del TPL vienericercata attraverso, sia il coordina-mento dello sviluppo del SistemaFerroviario Metropolitano Regionale(SFMR) con il Sistema TariffarioIntegrato Regionale (STIR), sia le possi-bili aperture offerte dalle relazionitransadriatiche proposte dall’InterregIII B “Sea Bridge”.Un ulteriore progetto pilota riguarda lapromozione di sistemi e servizi di tra-sporto innovativi, come ad esempio: ilcar sharing, il bus a chiamata, i taxicollettivi, il car pooling, ecc. Molteplicisono state le esperienze messe in atto

fini del perseguimento degli obiettivipiù volte dichiarati:- regolamentare l’accessibilità dei luo-ghi turistici;- incentivare l’uso dei parcheggi scam-biatori e navette a metano e limitarel’accessibilità diretta ai luoghi turisticicon l’auto privata;- estendere il servizio “bici-sharing”anche attraverso il coordinamentointercomunale.Con l’ausilio di associazioni ambienta-liste è possibile effettuare:- mappature dei percorsi e dei punti diinteresse, anche attraverso tabellazionee appropriata manutenzione;- aumentare la fruibilità dei percorsiesistenti nei Parchi, attraverso adegua-ta cartellonistica, pubblicizzazione conmanifesti e cartine collocate nei per-corsi tracciati;- percorsi alternativi a quelli classifica-ti con finalità culturali, diverse daquelle canoniche e ad alta intensità.- un uso integrato e razionalizzato deimezzi pubblici treno e bus ecologico.Attraverso il coordinamento tra leProvince e la collaborazione dellesocietà di trasporto è possibile:- giungere ad un potenziamento delservizio di trasporto pubblico locale(città-casa, città-città, città-stazioniparco, città-paesi) favorendone unamaggiore frequenza e capacità oraria.- vietare il transito alle auto privatenei tratti stradali ambientalmente eculturalmente significativi, prevedendol’utilizzo di mezzi sostenibili alternativicome i traghetti da impiegarsi sulle vied’acqua.Accanto all’enunciazioni del ridotto setdi azioni cantierabili, è posta una par-ticolare enfasi nella ricerca dei possibi-li partners coinvolgibili per la loroattuazione, non tanto per le ragioniche le rendono amministrativamente oproceduralmente fattibili, ma per ilprerequisito irrinunciabile che sta allabase di ogni forma di integrazione ecoordinamento: la collaborazione.

Azioni in corso

L’importanza di attuare azioni specifi-che, finalizzate al sostegno ed alla rea-lizzazione di “progetti pilota” locali,dimostra l’esistenza delle condizioni difattibilità per l’adozione di sistemi di

ra perlopiù balneare. Il concentrarsidelle presenze in un periodo estrema-mente circoscritto dell’anno determinaun forte innalzamento del livello delleemissioni, acustiche ed atmosferiche,dovuto all’impatto ambientale delleauto che si addensano sulla costa.Pertanto, s’impone all’attenzione lanecessità di giungere ad una raziona-lizzazione del traffico automobilisticoverso la costa, sulla costa e di attraver-samento della città. Una tale strategianon può che far leva sull’efficienzadegli strumenti propri dell’organizza-zione della mobilità e dei trasportiurbani (dai Piani Urbani della Mobilitàai Piani Generali del Traffico Urbano)ed extraurbani (dai Piani Regionali deiTrasporti ai Piani di Bacino delTrasporto Pubblico Locale), sulla lorocapacità di gestire la separazione deitraffici locali da quelli di attraversa-mento, nonché dei flussi leggeri daquelli pesanti. In taluni casi, questistrumenti vengono accompagnati daaltri strumenti innovativi destinatiall’organizzazione degli orari di attivitàdi alcuni esercizi pubblici (es. Piani deiTempi e degli Orari dei PubbliciEsercizi).Lo sviluppo di forme di comunicazionesostenibili tra pianura, costa e collinapuò essere assunto come una ulteriorelinea d’azione strategica, atta a recupe-rare eventuali reti di percorsi alternati-vi lenti, che avvalendosi di percorsi giàesistenti, consentono la “mise envaleur” di quella pluralità di risorseminori di carattere storico, enogastro-nomico o semplicemente rurale, checontraddistinguono gran parte del ter-ritorio nazionale.Infine, ma non per ordine di importan-za, è utile segnalare alcune ulterioriesigenze. Se da un lato si attende unmiglioramento della sicurezza dellaviabilità pedonale e ciclabile, dall’altroresta augurabile una estensione dell’e-sigua rete, attualmente in dotazionedelle città, magari accompagnata dacampagne di sensibilizzazione all’usodei mezzi non a motore (così come inmolte città d’Italia sta avvenendo conil noleggio gratuito delle biciclette).A partire dai sopra citati orientamenti,risultano auspicabili alcune possibiliazioni, perlopiù di iniziativa delleamministrazioni comunali, rilevanti ai

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gramma destina ai Comuni capoluogodelle aree metropolitane 270Meuro, avalere sulle risorse relative alle annua-lità 2007-2009, che si sommano ai 70milioni di euro l’anno per il co-finan-ziamento degli interventi previsti daipiani regionali di risanamento dellaqualità dell’aria, ai 20 milioni di europer il rilancio del metano ed ai 10milioni di euro per il rifinanziamentodell’iniziativa del Car sharing. Inoltre,circa 200 milioni di euro l’anno, per iltriennio 2007-2009, sono reperibili dalfondo rotativo di Kyoto.A questo punto non resta che mettersia lavoro.

* Inu Abruzzo-Molise.

negli ultimi anni attraverso il DemandResposive System, tuttavia il servizioha perlopiù riguardato l’integrazionetrasportistica nelle aree periurbane.Diversamente, un tentativo di speri-mentazione in ambiti rurali a bassadensità abitativa e a vocazione turisti-ca è stato recentemente attivato attra-verso un PIC Interreg denominato“TWIST - Transport WIth a SocialTarget”. Il progetto coinvolge quattroregioni italiane dell’Adriatico centromeridionale (Marche, Abruzzo, Molisee Puglia), il distretto dell’Oberhavel(Berlino-Brandegurgo), la Prefettura diJoannina (Grecia) e la microregione diSzentlorinc (Ungheria).Nel Molise è in corso di sviluppo unprogetto di riefficientamento ferrovia-rio a scala vasta, promosso dallaRegione, dal capoluogo e dal Patto delMatese. Traendo fondamento dallavalorizzazione delle risorse locali,secondo la Convenzione Europea delPaesaggio, viene recepito nell’ambitodel Piano Strategico di Campobassocome occasione di sviluppo territorialeorientato alla sostenibilità.Infine, nella Provincia di Bari sononumerose le occasioni di realizzazionedi reti di piste ciclabili associate allariqualificazione dei tracciati ferroviaridismessi, o in via di dismissione, pereffetto di potenziamenti dell’accessibi-lità al servizio di trasporto pubblico insede propria.

Conclusioni

Mentre in Europa è recentemente nataun’iniziativa sulla mobilità dolce nelturismo denominata “NETS – Networkfor Soft Mobility in EuropeanTourism”, nel gennaio 2007 ilMinistero dell’Ambiente ha coordinatola prima riunione del Tavolo Nazionaleper la Mobilità Sostenibile.Facendo seguito al Decreto delMinistero dell’Ambiente e della tuteladel territorio e del mare datato 3 ago-sto 2007, il 2 novembre 2007 è statopubblicato il programma di finanzia-menti per il miglioramento della quali-tà dell’aria nelle aree urbane e per ilpotenziamento del trasporto pubblico,ai fini dell’utilizzo delle risorse delFondo per la mobilità sostenibile (art.1comma 1121, legge 296/2006). Il pro-

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Paesaggidella montagna umbraA cura di Sandra Camicia

Nell’ambito del Progetto europeo LOTO(Landscape opportunities for territorialorganization), la Regione Umbria cogliel’opportunità per approfondire ed indi-viduare indirizzi di metodo e strumentioperativi attraverso cui governare letrasformazioni paesaggistiche, al fine digarantire la conservazione e valorizza-zione dei caratteri identitari più rilevan-ti del territorio.Particolarmente curato l’apparato ico-nografico di questo volume nel qualeemerge il percorso tracciato dalle foto-grafie “monumento” di Guido Guidi.

Pagine 184, abstract in ingleseIllustrazioni a colori,formato cm. 23,5 x 29,5Prezzo di copertina €35

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INU Edizioni Volumi

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appropriati alle caratteristiche territoria-li; al coinvolgimento del maggior nume-ro di soggetti impegnati nel settore;all’uso delle più avanzate conoscenzedisponibili e dunque più in generale allacircolazione delle stesse; alla minimizza-zione e gestione del rischio sociale eambientale, soprattutto attraverso analisie valutazioni appropriate e azioni pre-ventive; all’imposizione di equi costi perutenti e per chi incide negativamentesull’ambiente; all’attenzione alla capaci-tà di carico, rispetto alla quale, se neces-sario, limitare il volume dei flussi turisti-ci all’interno di ambienti fragili; almonitoraggio continuo che consenta dimodificare e migliorare le azioni inqualsiasi momento. A partire da questiprincipi, vengono esplicitate due condi-zioni essenziali affinché si possa parlaredi turismo sostenibile: innanzitutto chesussistano le giuste condizioni per ilsuccesso del settore, in termini di sicu-rezza per il turista, di qualità di servizi estrutture, di accesso al mercato da partedegli operatori, di qualità di strutture eservizi; in secondo luogo che si preveda-no i principali cambiamenti economici,ambientali, tecnologici, sociali e politiciin grado di influenzare il settore.A partire da queste premesse, gli obietti-vi proposti dal Gruppo per laSostenibilità del Turismo e assunti dallaCommissione perseguono congiunta-mente, come nell’Agenda dell’UNWTO eUNEP, sviluppo economico, attraverso lariduzione del carattere stagionale delladomanda ed il miglioramento della qua-lità del lavoro nel settore; equità ecoesione sociale attraverso l’impegno amantenere e incrementare la qualità

Strategie comunitarieValentina Carpitella*

alla sostenibilità ed alcuni piccoli opera-tori tentano il riconoscimento delle pro-prie pratiche ambientali e sociali: segnalidiscontinui e sporadici che tuttaviadimostrano una crescita di interesseverso la tematica. Rispetto ai consuma-tori, maggiore è l’interesse per mete turi-stiche attraenti, con un ambiente pulitoe ben mantenuto, probabilmente a causadell’effetto mediatico, ed in crescita sonoi viaggiatori che preferiscono rivolgersia tour operator che si preoccupano perambiente e comunità locali.Il piano d’azione e l’Agenda predispostidalla Commissione assumono comepunto di partenza l’Agenda MakingTourism More Sustainable, predispostadall’l’Organizzazione Mondiale per ilTurismo (UNWTO) e dal ProgrammaAmbiente delle Nazioni Unite (UNEP)nel 2005, ed in particolare i 12 obiettiviper il turismo sostenibile da essa esplici-tati, che vengono riconsiderati e integra-ti nei documenti comunitari.I principi relativi alla tematica più gene-rale dello sviluppo sostenibile che sonostati presi in considerazione fanno riferi-mento all’adozione di un approccio oli-stico e integrato, che tenga conto da unlato dei diversi tipi di impatto e dall’al-tro delle relazioni con le altre attivitàche si dispiegano sul territorio, ponendoin tal caso l’accento su quella strettarelazione che esiste tra turismo ed altreattività economiche che sul territorio sidispiegano; alla costruzione di piani estrategie di lungo termine, in riferimentoal fatto che lo sviluppo sostenibile pro-muove delle scelte per la nostra genera-zione ma anche per quelle future; allascelta di modelli e ritmi di sviluppo

La Commissione Europea si è impegnatanella produzione di documenti e indiriz-zi rivolti alla promozione del turismosostenibile a partire dal 2003, con lapubblicazione di una relazione per lapromozione del turismo europeo sosteni-bile. Successivamente, nel 2004, è statocostituito un Gruppo per la Sostenibilitàdel turismo, composto da rappresentantidi enti pubblici e privati, che hannocontribuito alla costruzione di un qua-dro d’azione, intitolato “Azione per unturismo europeo piú sostenibile.Rapporto del Gruppo per la Sostenibilitàdel Turismo”, del Febbraio 2007. Il lavo-ro complessivo è confluito nellaComunicazione della Commissione“Agenda per un turismo europeo soste-nibile e competitivo”, del 19 ottobre2007, con la quale è stata ufficialmenteavviata un’Agenda a medio-lungo termi-ne per incrementare la concorrenzialitàdell’Europa tra le destinazioni turistichemondiali. L’attenzione dellaCommissione per il turismo sostenibilenasce dalla necessità di conciliare unsettore tra quelli a maggiore potenzialeper generare crescita e posti di lavoronell’Unione, con una contribuzione alPIL dei diversi Paesi che varia tra il 2 eil 12% ed un’offerta di posti di lavoropari al 12%dell’Unione Europea, con latutela delle destinazioni, attraverso lasalvaguardia del contesto ambientale,delle caratteristiche culturali, dell’intera-zione sociale, della sicurezza e delbenessere delle popolazioni.Il contesto di riferimento, per ciò cheattiene gli operatori del settore, abbrac-cia alcune situazioni in cui grandi socie-tà stanno introducendo strategie legate

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ti. Nelle zone rurali si asseconda la ten-denza già in atto che vede un forteinvestimento nel settore turistico per ladifferenziazione delle economie. Infine, nelle aree urbane, si evidenzia lanecessità di una strategia globale, basatasullo sviluppo sostenibile, riconosciuta esostenuta a tutti i livelli, anche quellocomunitario. Tra le politiche promossedalla Commissione, rivolte alla promo-zione e sviluppo del turismo sostenibile,è opportuno segnalare il progetto EDEN,European Destinations of Excellence chepromuove le destinazioni europee emer-genti e offre sostegno a quelle che per-seguono lo sviluppo turistico in mododa garantire sostenibilità sociale, cultu-rale ed ambientale. E’ opportuno inoltresegnalare come le prassi turistiche soste-nibili e innovative siano già evidenziatecome criteri prioritari nei diversi obietti-vi dei vari strumenti finanziari europei,dal Fondo europeo per lo svilupporegionale, al Fondo sociale europeo, alFondo europeo agricolo per lo svilupporurale,al Fondo europeo per la pesca, alsettimo programma quadro comunitarioper la ricerca, lo sviluppo tecnologico ele attività di dimostrazione, nel quale lapriorità relativa ai cambiamenti climaticicomprende l’impatto sul turismo, al pro-gramma “Leonardo da Vinci”, al pro-gramma quadro per la competitività el’occupazione.

*Inu Abruzzo e Molise.

gli impatti nel tempo, di monitorare icambiamenti e di consentire il confrontocon altre destinazioni turistiche.Per ciò che attiene l’induzione delleimprese all’adozione della sostenibilità,gli strumenti individuati sono l’incenti-vazione e la certificazione delle aziendesulla base di criteri concordati di perfor-mance. Per ciò che invece riguarda lasensibilizzazione dei turisti, apparenecessario stimolare la consapevolezzadel loro impatto e fornire informazionispecifiche per facilitare scelte ed azioniappropriate, attraverso comunicazione,regolamenti e codici di condotta, l’impo-sizione di tasse e la richiesta di contri-buti volontari. Dal punto di vista deicontesti territoriali, i documenti dellaCommissione individuano innanzitutto ilturismo marittimo e costiero; in talsenso i temi proposti dall’Agenda riguar-dano da un lato segmenti in rapida cre-scita come le crociere, proponendo diesaminare il rapporto tra tali attività, lestrutture portuali, le marine e le altreattività connesse al settore, dall’altro letematiche relative alla concorrenza tradestinazioni interne marittime e areecostiere. Per le zone montane da un latosi riconferma l’impegno a preservare ilpatrimonio naturale di grande valoredegli spazi più vulnerabili, dall’altro agarantire prospettive politiche di svilup-po rurale al fine di integrare la tutelapaesaggistica e il benessere degli abitan-

della vita della comunità, nonostante icambiamenti, ed a garantire l’opportuni-tà di accesso alle vacanze a tutti; prote-zione ambientale e culturale, attraversola riduzione dell’impatto dei trasportituristici, la minimizzazione dell’uso dellerisorse e della produzione dei rifiuti, laconservazione e valorizzazione del patri-monio culturale e naturale. Un ultimoobiettivo riguarda l’uso del turismocome strumento per lo sviluppo sosteni-bile globale. Gli strumenti d’azione indi-viduati consistono in politiche pubblichefinalizzate alla gestione sostenibile delledestinazioni, all’integrazione della soste-nibilità da parte delle aziende ed allasensibilizzazione dei turisti in merito atale aspetto. Centrale in tal senso apparela proposta del Gruppo per laSostenibilità del Turismo inerente ledestinazioni turistiche sostenibili. Perdestinazione turistica, in particolare, ilGruppo per la Sostenibilità del turismointende un’area, definita in vario modoe di dimensioni variabili, caratterizzatada immagini e qualità caratteristiche chele conferiscano un’identità riconoscibilecome marchio. La gestione della destina-zione comporta la necessità di indivi-duare una struttura efficiente, alla qualepartecipino autorità locali e regionali,operatori di settore, rappresentanti dellecomunità locali, enti per il patrimonioambientale e culturale, settore dei tra-sporti; gruppi locali ricreativi e di con-sumatori; sindacati ed enti locali diistruzione e formazione, che consenta lacostruzione di partnership. La strutturadovrebbe costruire una strategia e unpiano d’azione al fine di individuare gliobiettivi, le attività, gli impegni dei sog-getti e coordinarne l’intervento. Agliobiettivi andrebbero associati indicatoridi sostenibilità che permetterebbero unmonitoraggio continuo; un set di indica-tori turistici viene proposto in allegatoal documento “Azione per un turismoeuropeo più sostenibile” e riguarda que-stioni di sostenibilità comuni alla mag-gior parte delle destinazioni turistiche;tali indicatori sono basati essenzialmen-te sulla rilevazione di visitatori e impre-se, su dati relativi a caratteristicheambientali e relazioni tra valori paesag-gistici e preferenze dei visitatori. La lorofunzione è sostanzialmente quella dievidenziare la condizione effettiva delladestinazione turistica, di mettere in luce

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Estimo e Territorio nasce dall’evoluzione di Genio

Rurale, fondata nel 1937. La rivista si rivolge a

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Centri storici minori, terre di sviluppo

Memoria e sviluppo:l’incontro possibileAlberto Arletti*

Che le professionalità preposte adintervenire sul territorio siano chiama-te a governare vincoli e potenzialità,trasformandoli in valore e opportunità,è un dato di fatto. Che l’operazione siaparticolarmente difficoltosa per la stra-tificazione di storia e sguardi, geologiecomplicate di memoria, interpretazionie varia umanità, è altrettanto vero: siguardano quindi con rispetto ed inte-resse le sperimentazioni locali di politi-che di tutela e valorizzazione su per-corsi inusuali spesso solo abbozzati. Ilconvegno di Orvieto “Valorizzazionedei centri storici minori - attività ecommercio”, ha preso avvio proprio daipiccoli centri, terre di sviluppo, per unracconto di idee ed esperienze di pro-mozione del territorio che sembranoavere una risposta positiva in terminidi rivitalizzazione, nella volontà disondarne l’efficacia e la trasmissibilità,con il definitivo riconoscimento delleattività quali tasselli del patrimonioidentitario di una comunità.Per attenuare il serpeggiante entusia-smo alla trasformazione del centro sto-rico in Centro Commerciale Naturale,versione edulcorata di macchina pervendere dove il passato e il futuro nonsembrano esistere nell’eterno presentedel consumo, vogliamo pensare chepossano affiorare altre strategie, chenon esista la ricetta ma che questa siauna possibilità, aperta ad auspicabiliriscritture: si moltiplicano i percorsi di

senso, così come le modalità di assem-blaggio del contenuto e l’articolazionedelle scelte. “La complessità è una condizione irri-ducibile quanto ineluttabile, che, se dauna parte genera confusione e incer-tezza, dall’altra ci offre, nelle attualitrasformazioni sociali, economiche,politiche e culturali, la possibilità diripensare noi stessi in modo nuovo”1;ogni occasione di incontro e formazio-ne è importante non solo come eventoin sé ma anche come momento chemuove ad altro, secondo la inevitabilepersonale elaborazione del singolo.L’organizzazione delle informazioni ela riflessione, meglio se oggetto dicondivisione e confronto, complicanola trama, arricchiscono l’ordito: “Ilcompito che ci troviamo ora di fronte”scrive Taylor “non è quello di rifiutarela complessità o di evitarla, ma diimparare a convivere con essa in modocreativo”2. Le argomentazioni dei rela-tori e gli eventi collaterali che hannovariamente intrecciato i percorsi degliintervenuti, hanno viaggiato nella cittàvisibile con incursioni esplicite nellacittà più invisibile, immateriale, com-posta di testi, rappresentazioni, musicae pensiero. Talvolta inseguendosi, piùspesso interfacciandosi: logica conse-guenza di un percorso formativo intra-preso che credevamo lineare e che inrealtà costruisce tappe successive diavvio di ulteriori percorsi. L’ulterioreincrocio/scambio tra la trama dellecomunicazioni e l’ordito delle elabora-zioni nelle diverse regioni della nostramente. Occorrerà riprendere indicazio-ni, passaggi e scritture: riannodare fili.

XS Extrasmall, i tre articoli di questasezione riportano pensieri eriflessioni a seguito del primoappuntamento 2008 della “Festa deicentri storici minori”che ha avutoluogo nel mese di febbraio a Orvieto.L’incontro, sul tema “attivitàartigianali e commercio” ha avutol’obiettivo di concentrare sulle“attività”, oltre che sullariqualificazione fisica, l’elaborazionee la formazione di programmi voltialla valorizzazione intercomunale eintersettoriale dei centri storiciminori. Le manifestazioni musicali eteatrali che hanno accompagnato lafesta hanno testimoniato dellavitalità e delle espressioni d’identitàdei piccoli contesti locali.La manifestazione – con lapartecipazione di NOVA 24 – hacoinvolto in prima persona leassociazioni di categoria degliartigiani, CNA e Confartigianato, edei commercianti, Confesercenti eConfcommercio in qualità di soggettipromotori di sviluppo locale.Il secondo appuntamento della“Festa 08” è previsto a Spoleto nelmese di Ottobre 2008.“Urbanistica Informazioni” è mediapartner terrà informati i lettori suprogrammi ed eventi.

Centri storici minori, terre di sviluppo

a cura di Manuela Ricci

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Urbanistica INFORMAZIONI

dizionale. Diventiamo responsabiliquando siamo in grado di portare ilpeso di tale doppiezza e disposti aduna continua attenzione all’ascolto.L’ascolto rimane muto se non tentiamodi restituirgli le parole attraverso unascrittura: non attraverso l’illusione diuna trascrizione, ma attraverso unlavoro sulle parole, perché esse ci per-mettano di ascoltare e vedere5. In real-tà, crediamo di lavorare la lingua, maè poi la lingua che ci lavora.Scrivere vuol dire dunque (e non sem-pre ce ne rendiamo conto), muoveredall’udito, che ha la durata di unascolto, verso un silenzio interno, nellacui accogliente risonanza sprofondanoi nostri pensieri e riaffiorano paroleche rugginosamente si assemblano aduncinare l’esperienza, con cura, quasiscovandoci nella folla muta del nostrolessico, dando finalmente reazione ecorpo all’ascolto.In questa rete, siamo parte del tessuto:del flusso di comunicazione, che ciattraversa in andata e in ritorno, siamocustodi con facoltà di parola. Siamochiamati ad essere non semplici pas-santi che non lasciano tracce ma pas-santi appassionati, intenti a scioglierenodi e ad allacciare nastri nella nostrascrittura vagabonda sul territorio.

Un possibile ancora invisibileNel quadro variegato delle politiche dipromozione del patrimonio culturale èevidente l’accavallarsi di processi con-trastanti, con incertezze che comporta-no evoluzioni, regressioni, rotture. Laconoscenza (ed anche l’approccio stra-tegico alle trasformazioni, potremmoaggiungere), come scrive Morin, è“navigare in un oceano di incertezzeattraverso arcipelaghi di certezze”6.A livello di governo locale e all’internodi alternative, si decide, si sceglie: l’a-zione è scelta, ma è anche scommessa,e nel concetto di scommessa vi è lacoscienza del rischio e dell’incertezza.In più interventi si è parlato di ‘cabinedi regia’, per gestire e coordinare,cogliere al meglio aspettative concrete,fare rete: solo lo sviluppo di azioniintegrate può garantire una ragionevo-le riuscita nella generazione di attratti-vità per lo ‘sviluppo di terre’.L’auspicata ‘regia unitaria’, validata daun approccio e un metodo di lavoro

esplicitarne la seduttività grazie alcoinvolgimento degli abitanti, ci sidovrà inevitabilmente confrontare. Confermati dalle fisarmoniche e daipifferi dell’appennino apparsi sorpren-dentemente sulla rupe orvietana, i ver-nacolarismi inscritti nel suono emergo-no con evidenza, talvolta intraducibili:la storia di un luogo è “una sorta diarchivio sonoro, una collezione diaccenti e di accidenti musicali, un’ac-cumulazione di note storiche, un’or-chestrazione di tracce culturali”4: cipiace pensare che i suoni pur scaturen-do da determinati territori, siano tutta-via destinati a viaggiare varcando ine-sorabilmente le frontiere innalzatedalle identità locali.I testi letterari in mostra nelle librerieorvietane hanno offerto la possibilitàdi cogliere l’alchemica abilità del lin-guaggio nei paesaggi della scrittura.Gli autori presentano le personali geo-grafie: chi scrive di luoghi si producein variazioni linguistiche che tolgonola presunta chiarezza, familiarità eprossimità alle parole. Nei vuoti fra leparole e nello spazio fra le righe, ognilettore ha modo di esplorare l’universodi conoscenza che si situa al di là diuna non richiesta oggettività. Fra memoria e innovazione, le culturedell’oralità si collocano sul difficile eaffascinante crinale fra il locale e ilglobale: verrebbe da pensare che pro-prio perché immateriale, questo patri-monio debba volare senza frontiere perpoi tornare pregno di consapevole ric-chezza.

Artificio della trama e compiersi dell’i-nattesoAnche un convegno costituisce unartificio della trama: nodo dell’intrec-cio narrativo attraverso cui si trasmet-te, come al lettore, una storia. Sta a chilegge, sviluppare collegamenti, traccia-re parabole e costellazioni: la consape-volezza della natura complessa di ciòche chiamiamo reale, il riconoscimentonella nostra storia di altre storie,danno la chiave per arrivare ad altrepossibilità, nella condivisione. L’incontro possibile tra memoria e svi-luppo nasce dall’intreccio di conoscen-za e intuizione, esperienza e invenzio-ne, continuità e mutamento, equilibriotra energia del nuovo e solidità del tra-

Ormai sappiamo che i nodi aggiunti,raggiunti e svelati rimodellano laforma dei nodi esistenti.

Trame sfilacciate e cammino trasversale Le compartimentazioni sono ormai sfi-lacciate dalla realtà di scambi, intrecci,contatti, prestiti: città e territorio sonotermini ormai non più in opposizione,mondi che si cercano e s’incontranocuriosi l’uno dell’altro in un’accelera-zione progressiva alla formazione diuna diversa geografia delle centralità edelle marginalità.L’agonia ciarliera dei vecchi centri sto-rici è accompagnata dall’evocazione diimmagini diverse: ‘terre di sviluppo’dalle sembianze per molti versi ancorainafferrabili, quasi in attesa. Per questamateria mobile e irrequieta, la nostrapigra razionalità deve aprirsi a caleido-scopiche contaminazioni fra disciplinee intraprendere un cammino trasversa-le: suggestiva e densa indagine alleradici del motore capriccioso chegoverna la conoscenza, non più“monumentale e monolitica ma diffe-renziata e nomade”3.

Seduttività della memoria e della scrittura Musica, teatro e letteratura hannoaccompagnato il tema di XS-ExtraSmall08, parlando alla nostrapercezione emotiva. Hanno risposto alpiacere necessario di mettersi in ascoltopur nella ormai distratta umana trans-umanza quotidiana: con il poema deimonti naviganti siamo stati catapultatinell’inusuale divertito viaggio tra ipaesaggi più aspri d’Italia: un dentro,un fuori, una soglia, passaggi, sguardomobile su luoghi geografici e luoghidell’anima. Ma la seduttività non èscambio, è sfida. Non si esprime se noncon modificazioni nella profondità piùintima di noi stessi: non ha strategia, èun dire implicito, è un gioco segretoche trascina noi, assorti ma mobili, sualtri sentieri.Sempre in agguato è il pericolo dellafolklorizzazione della memoria, bana-lizzazione di una risorsa identitariafondativa per lo sviluppo di un territo-rio: la responsabilità non è tanto quel-la di preservare, bensì di produrrememoria, processo e non deposito.Sull’inesausta metamorfosi delle cultu-re immateriali e sulla necessità di

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di Stradella, nella provincia di Pavia.Con soli 11.500 abitanti e ben 250 atti-vità artigianali, Stradella è una cittàben inserita nel contesto territorialedell’Oltrepò orientale, impegnata sullastrada di uno sviluppo sostenibile con-diviso e concertato, grazie anche alsupporto di Unione Europea e dellaRegione Lombardia. Stradella è capofi-la dell’area costituita da 29 Comuni percui è stato individuato il PISL (pianointegrato di sviluppo locale) per inver-tire il crinale di declino che il territorioaveva, suo malgrado, intrapreso. IlProgramma Integrato di SviluppoLocale, ‘Lo sviluppo produttivodell’Oltrepo Orientale, la tutela e valo-rizzazione del suo ambiente’, è statoideato con l’obiettivo di supportare losviluppo economico, in modo partico-lare per le attività produttive, le risorseambientali, rispettando la vocazioneagricola propria del territorio. Una notevole mole di investimenti pro-venienti dalla programmazione si èconcentrata sullo sviluppo del PIP diStradella. A partire dal 2004, la cifrastanziata è pari a circa 3.5 milioni diEuro, con un numero di otto lotti asse-gnati pari a 59.000 mq, e restanti 5(pari a 23.000 mq) in fase di assegna-zione. Un investimento che si è dimo-strato preziosissimo poiché in grado diinnescare il fatidico circolo virtuosoche ha permesso al territorio di attrarreinsediamenti produttivi di qualità.Sembra ben chiaro che i benefici pro-dotti da interventi di questo tipo nonsono semplicemente legati allo svilup-po economico, ma sono in grado,anche, di rafforzare ed integrare la

Artigianato nei centri storiciminoriGiulia Agusto*

Territorio e artigianato: l’artigianatomotore di sviluppo di un centro storicominore. In un metaforico viaggio traFrancia, Spagna ed Italia, i casi presen-tati hanno permesso di farci un’ideadel rapporto che intercorre tra il centrostorico e la sua capacità di sviluppolegata all’artigianato. La cornice all’interno del quale sonostate affrontate queste tematiche èstata assicurata dalle quinte dellaprima festa sui centri minori “XS ExtraSmall. Centri storici, terre di sviluppo”,primo appuntamento ospitato aPalazzo del Popolo ad Orvieto. Le esperienze illustrate durante la gior-nata, benché molto diverse, sono statein grado di offrire un quadro composi-to delle iniziative e di illustrare il ruolodell’artigianato quale veicolo di rap-presentazione del patrimonio identita-rio della comunità locale e di farsiinterprete di politiche di valorizzazionee rivitalizzazione.Un’interessante esperienza di rete èstata rappresentata da Arpea, Agenziaper il recupero del patrimonio edilizioed architettonico di Cna, che opera perla valorizzazione delle imprese di arti-gianato e restauro. Un’impostazioneche ha giovato nel rapporto con lepubbliche amministrazioni, facilitandoun approccio alla gestione integratadelle risorse pur tenendo in debita con-siderazione questioni quali l’accessibi-lità, il potenziamento di servizi (diaccoglienza, sociali), la differenziazio-ne turistica e l’integrazione con i polidi ricerca. Analoga la logica di intervento sul pic-colo centro storico dell’Oltrepò Pavese

condiviso, deve utilizzare strumentiche siano in grado di lavorare sulsenso e non solo sulle tecniche, orien-tandosi narrando, aperta sul possibileancora invisibile. Deve consapevol-mente affrontare il tema dell’interpre-tazione, aperta a connessioni: la ricettaper produrre senso, ci ricorda Weik, èelaborare una buona storia, “qualcosache conservi plausibilità e coerenza,qualcosa di ragionevole e di memora-bile, qualcosa che incarni l’esperienzapassata e le aspettative, (…) qualcosache si possa costruire retrospettiva-mente, ma che possa essere usato inprospettiva”7.Una verità è pur sempre pronunciabile:l’incontro, lo scambio, la forza sugge-stiva delle idee, il conflitto delle inter-pretazioni, danno fondamento allaresponsabilità del nostro mestiere.Progetti e connessioni si aprono allanarrazione che, forte della “capacità discambiare esperienze”8, di dare “formaal disordine”9 e all’affastellarsi di tuttequelle “storie che restano in sospeso esi perdono per la strada”10, ne rendepossibile la trasmissibilità e dunquel’attribuzione di un senso. Cercareparole dunque che diano valore al faredi oggi, ciò che possiamo responsabil-mente definire ‘il nostro meglio’, perdare appoggi significanti alle azioni.Per rendere l’imprevisto prevedibile,quindi gestibile.

*Architetto, Comune di Carpi. [email protected]

Note1. M.C. Taylor, Il momento della complessità.L’emergere di una cultura a rete, Codice, Torino, 20052. M.C. Taylor, cit.3. I. Chambers, Paesaggi migratori. Cultura e identitànell’epoca postcoloniale, Meltemi, Roma, 20034. I. Chambers, Le molte voci del Mediterraneo,Cortina, Milano, 20075. G. Deleuze, Critica e clinica, Cortina, Milano, 1996:“è attraverso le parole, in mezzo alle parole, che sivede e si ascolta”6. E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione delfuturo, Cortina, Milano, 20017. K.E.Weik, Senso e significato nell’organizzazione,Cortina, Milano, 19978. W. Benjamin, Considerazioni sull’opera di NicolaLeskov, in Angelus Novus, Einaudi, Torino,19769. U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi,Bompiani, Milano, 199310. I. Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore,Einaudi, Torino, 1979

Centri storici minori, terre di sviluppo

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Urbanistica INFORMAZIONI

4% del valore aggiunto totale regiona-le. L’impegno di questa struttura cosìflessibile, sebbene articolata, si concre-tizza nella partecipazione attiva a piat-taforme quali la piattaforma tecnologi-ca italiana sulle costruzioni e la parte-cipazione ad associazioni per il pianostrategico di Venezia.Il viaggio alla ricerca di pratiche divalorizzazione territoriale attraversol’artigianato ha fatto tappa anche inFrancia attraverso il caso dei baciniinterni dell’Aquitania, vasta zona delsud-ovest. Un’area caratterizzata dallapresenza di territori agricoli attivi, seb-bene poco valorizzati; da antichi sitiindustriali in riconversione e da unaragnatela di piccoli centri in possessodi una valida rete di servizi. Dal puntodi vista dell’offerta, il territorio, purdotato di un patrimonio monumentalee urbanistico tipico costituito dai“bastides”, può contare su un’offertamuseografica locale di un certo rilievo,non è però diversificata, e si scontracon un’offerta ridondante e stagionalepolarizzata sulla turisticizzazione dellitorale. La popolazione residenzialerisulta essere negli ultimi tempi inaumento, si presentano fenomeni di re-urbanizzazione, con tentativi di rotturadell’isolamento.Pur in presenza di un quadro istituzio-nale complesso e sfaccettato all’internodel quale intervengono a vari livelli, eda volte si sovrappongono, stato centra-le, associazioni e governi locali edimprese, le strategie e le politiche sem-brano orientarsi verso una serie diazioni quali il rilancio dei musei el’implementazione di politiche dimediazione sul patrimonio, la creazio-ne di centri di formazione e di inter-pretazione del patrimonio. In concretociò significa: sostegno alla ricostruzio-ne e al restauro, azione di divulgazio-ne, attività di edificazione in totalecongruenza da quanto stabilito daipiani urbanistici locali. La strategiaimpostata si basa sul rafforzamentodelle attività tradizionali (produzionedi ceramica, produzione di oggetti diartigianato tessile tradizionale basco)per amplificare l’attrattività e la valo-rizzazione attraverso la creazione di unmarchio forte per ridefinire l’incremen-tare immagine e per riattivare i flussidemografici e residenziali.

imprese artigianali di qualità per speri-mentare, innovare, misurarsi con lesfide sui mercati esteri sempre piùagguerriti. Impostazione innovativa e modalitàindicative di soluzioni efficaci per con-tribuire al miglioramento delle politi-che in campo di restauro, nel mutatoquadro legislativo ed istituzionale, èrappresentato dall’esperienza delDistretto veneto dei beni culturali. La base normativa su cui esso è statofondato è costituita dalla legge regio-nale 8/2003. Il distretto nasce per for-nire uno strumento operativo di sup-porto alla filiera dei beni culturali(restauro, conservazione e valorizzazio-ne) attraverso una base allargata costi-tuita da un totale di 250 aziende, uni-versità, centri di ricerca, soprintenden-ze, pubbliche amministrazioni e asso-ciazioni di categoria. Tra i soci checostituiscono il Consorzio figurano siapubbliche amministrazioni quali laProvincia di Venezia, associazioni dicategoria, quali Confartigianato,Unindustria e Ance, società per lo svi-luppo tecnologico quali Vega, VenetoInnovazione. Una compagine composi-ta e strutturata per stabilizzare la retedi collegamento tra tutti gli attori che,sul territorio veneto, orbitano nei set-tori del restauro, della conservazione edella valorizzazione dei beni culturali.Il fulcro organizzativo e di orienta-mento è costituito dal “Comitato perl’innovazione” costituito da università,centri di ricerca e soprintendenze; essoassicura la coerenza con una progetta-zione in tema di innovazione tecnolo-gica, infrastrutture, creazione di osser-vatori e banche dati. Gli ambiti di atti-vità delle imprese che sono entrate adoperare all’interno del distretto proven-gono dal sistema produttivo del restau-ro, della conservazione e valorizzazio-ne del patrimonio culturale. Dal moni-toraggio della filiera produttiva sonoemersi dati significativi che sottolinea-no la rilevanza del comparto, sia alivello provinciale che regionale: leaziende presenti sono pari a 911; ilnumero delle risorse umane impiegateammonta a 4.153; il volume d’affaricomplessivo supera il miliardo di euro(dati riferiti al 2003). Dato ancora piùsignificativo è quello del valoreaggiunto della filiera produttiva pari al

comunità locale con obiettivi di cresci-ta sociale e ambientale. A cavallo tra commercio ed artigiana-to, un progetto che coinvolge il tessutourbano per la difesa e promozione diun sistema commerciale di qualità è Letre piazze del Borgo finanziato nelquadro dei PICS (Piani Integrati per laCompetitività del Sistema), il quale,attraverso il coagularsi di diverse orga-nizzazioni sia pubbliche che private, siè focalizzato intorno alla riqualifica-zione di tre piazze del centro storico.Tre piazze restituite nella loro primige-nia bellezza per fare da sfondo ad uncentro commerciale naturale coinci-dente con il perimetro del borgo otto-centesco; un centro storico rinatoattraverso la predisposizione di bandiper il recupero di facciate, di concorsidi idee ed il recupero di un teatro otto-centesco. Risultati lusinghieri a giudi-care dai numeri: ben 200 interventi tramanutenzione e risanamento, 11 pro-getti presentati per la riqualificazionedel centro storico (due dei quali portatia termine); 17 elaborati per la valoriz-zazione del verde pubblico; il teatrosociale restaurato che diventa un can-tiere per investire nella creazione diprofessionalità sul territorio. In questavisione complessiva che coinvolge ilterritorio di Stradella, l’artigianatocostituisce elemento di differenziazionecerta ed inequivocabile: una città dallalunga tradizione artigianale di qualitàlegata alla fisarmonica grazie aMariano Dallapè. Cinque le piccolefabbriche produttrici, prevalentementea conduzione familiare che assicuranouna produzione di diverse centinaia diarticoli, in gran parte per un mercatoestero. La fisarmonica, come rappre-sentativa della cultura immaterialedella musica popolare, delle tradizionidell’Appennino, scambio vitale diconoscenze, di arte, di umori, di cultu-re. La filiera su cui si è giocata e si giocala scommessa di valorizzazione del ter-ritorio dell’Oltrepò è una filiera lunganella quale i beni culturali assumonoimportanza rilevante per la creazionedi un “sistema cultura” efficiente, incui il turismo è supportato da profes-sionalità orientate all’accoglienza e sibasa anche sul sostegno alla creazionedi strutture di servizio per le piccole

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spesso seguire logiche diverse, soprat-tutto perché gestite da unità ammini-strative differenti; né è ritenuta prati-cabile l’ipotesi – in tempi di liberaliz-zazione delle attività e di eliminazionedi tutte le forme di contingentamento,oggi ben accolte dalle associazioni innome di una reale competitività delsettore – che la pianificazione urbani-stica compia nei confronti di quellesettoriali un ruolo di coordinamento econtrollo. Le direzioni intraprese dalle sperimen-tazioni più recenti (UI 212) miranoinvece ad una maggiore integrazionetra competenze, operatori e tipologie diintervento, nonché all’adozione diforme di progettazione partecipata. Suquesta linea si muovono, tra le altre,iniziative quali quelle dei centri com-merciali naturali, finanziatidall’Assessorato alle Attività Produttivedella regione Lazio (Regolamentoregionale 23 ottobre 2006, n. 6), cheincludono interventi di arredo urbanoe di riorganizzazione della mobilità.“La nuova programmazione non èquella dei numeri ma è quella delleattività” ha affermato GiuseppeDell’Aquila della Confesercenti allaFesta dei Centri Storici Minori adOrvieto del 15 e 16 febbraio, intitolatanella sua prima versione “Attività ecommercio”. Nell’occasione del conve-gno di apertura della Festa è statainfatti data voce – anche nel ruolo disostenitori - alle più rilevanti organiz-zazioni di categoria (Confcommercio,Confesercenti, CNA, Confartigianato),che intendono oggi porsi nei confrontidelle amministrazioni come un interlo-

Il commercio e la forza dei piccoliRoberta Lazzarotti*

Il ruolo imprescindibile delle attivitàcommerciali nei processi di rivitalizza-zione dei centri storici è ormai indi-scusso. Le esperienze di successo deicentri commerciali naturali, soprattuttonelle realtà di minore dimensione,stanno a testimoniare la forza dell’ef-fetto trainante del commercio sul con-testo socio-economico, con tangibilieffetti indotti di riqualificazione urba-na e di valorizzazione turistica. In que-sto senso l’aggettivazione “piccolo” –anche come riferimento dimensionaleper i centri interessati - assume parti-colare significato, come sinonimo diunicità, di atmosfere ed esperienze chepossono essere fruite solo essendo lì …ed in quel momento. Le amministrazioni locali pongonooggi particolare attenzione al tema,con iniziative di incentivazione esoprattutto con un atteggiamento dimaggiore flessibilità nei confronti delleesigenze del settore, che viene ormaiconsiderato un alleato prezioso nellalotta al depauperamento demograficoed economico dei centri.Non si devono però trascurare gliaspetti relativi agli ostacoli concretiche tuttora questa strategia di valoriz-zazione incontra. Prima fra tutte l’og-gettiva difficoltà di raccordo tra pro-grammazione del commercio - innova-ta nel 1998 con il d.lgs. 114 e con lesuccessive applicazioni regionali - epianificazione urbanistica; divaricazio-ne che concerne anche le altre pianifi-cazioni di settore (piani urbani dellamobilità, dei parcheggi, dei tempi edegli orari, …). Attività pianificatorieche non dialogano, e che sembrano

Strategia di sviluppo condivisa anchedal piccolo comune spagnolo di Soller,che si basa sulla costruzione di retiinnovative di gestione e sviluppo cen-trate sulla valorizzazione del patrimo-nio architettonico e della filiera dell’ar-tigianato tipico. Il caso di questo pic-colo comune evidenzia quanto la com-petizione con i sistemi economici e ter-ritoriali sia una partita che si gioca suesperienze di apertura e di comunica-zione delle proprie specificità territo-riali: promozione territoriale comeinvestimento massiccio sulla qualitàdella vita e politiche orientate al turi-smo sostenibile. La feconda discussione durante il con-vegno ha illustrato e descritto l’emer-gere di un modello non più univoco diintervento sul centro storico minorenonché una logica che supera l’uso dipolitiche difensive di tutela o preventi-ve di conservazione, che affronta iltema della qualificazione del territorioin un quadro di ampia scala e secondoun’impostazione basata sull’integrazio-ne di strumenti, strategie e schemid’intervento innovativi.

*Senior Professional, Monti&Taft.

Centri storici minori, terre di sviluppo

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tà del funzionamento di una rete dis-tributiva che deve essere in grado disostenersi e di sostenere quotidiana-mente le produzioni locali.Infine, ancora in tema di eventi, nonva sottovalutato il pericolo sempreincombente della banalità, della ripeti-tività delle iniziative, per cui si rischiadi prestare il fianco alle critiche di chivede l’immagine del centro storico vei-colata come un qualsiasi prodotto diconsumo (peraltro sempre più veloce). Ma non solo il convegno ha offertointeressanti spunti di riflessione sull’ar-gomento ….. A margine della Festainfatti uno spettacolo teatrale narra diviaggi, attraversamenti, soste: continuicontatti – fisici e non - con luoghiunici, incontri con persone straordina-rie (espediente spesso utilizzato in let-teratura per narrare il territorio) cheperpetuano leggende, tradizioni emestieri. Si tratta del Poema dei montinaviganti di Roberta Biagiarelli, trattodal libro di Paolo Rumiz La leggendadei monti naviganti: il resoconto lette-rario di un “lento” viaggio dell’autorenel cuore dell’Italia minore, gliAppennini, un territorio estraneo aiprincipali processi di sviluppo delpaese e perciò apparentemente fermo. L’inganno in cui non cadere: che lastoria dei luoghi sia immutabile. Leattività dell’uomo – commercio ed arti-gianato in primis - cambiano e modifi-cano i luoghi, forse anche il lorosenso, ma sono comunque preziosecustodi di un’origine.

* Dottore di ricerca in Urbanistica, “La Sapienza”Roma.

del piccolo commercio nei processi divalorizzazione. Prima fra tutte la costi-tuzione della già citata ANCESTOR, chesi occupa da alcuni anni dei temi dellavalorizzazione dei centri storici, e cheagisce sia raccordando i diversi sogget-ti imprenditoriali operanti in questicontesti (Consorzi, Associazioni di Via,di Centro Storico, …) in iniziative pro-mozionali, che divulgando informazio-ne ed esperienze presso i propri asso-ciati. Sul fronte degli strumenti di interven-to, è stata inoltre portata al convegnol’esperienza dei PICS (Piani Integratiper la Competitività di Sistema) dellaregione Lombardia, specificamentedestinati al finanziamento di azioni“per l’integrazione dell’offerta commer-ciale con quella turistica ed artigiana-le”; azioni rivolte al piccolo commer-cio, soprattutto nei piccoli centri.Emerge dall’insieme degli interventi alconvegno una duplice ruolo del com-mercio: come strumento di marketingterritoriale, in virtù della capacità dicatalizzare attenzione con eventi emanifestazioni; ma anche come servi-zio pubblico, garantendo illuminazioneanche nelle ore serali, sicurezza, vitali-tà. Ne consegue la coesistenza di undoppio bacino di utenza di riferimento(ampio e diversificato nel primo caso,locale e stanziale nel secondo) e di undiverso respiro temporale delle attività(straordinario, periodico/quotidiano); laricerca di un difficile punto di equili-brio tra le due nature rappresenta forseil vero nodo critico per le strategie divalorizzazione fondate (anche) sulcommercio.In particolare, sembra urgente studiarei delicati rapporti:- tra lo sviluppo della capacità diattrazione di un luogo urbano e quelladi ricreare condizioni di vivibilità; laresidenzialità rappresenta tuttora lavera attività debole dei centri storici. Inquesto senso il perseguimento di formedi integrazione funzionale (cultura,formazione, lavoro) e l’attenzione allaqualità degli spazi pubblici fornisconoapporti importanti; - tra la straordinarietà degli eventi digrande richiamo, spesso volutamentesnaturanti rispetto all’identità locale(perché orientati allo scambio cultura-le, magari internazionale) e l’ordinarie-

cutore importante e consapevole,attento ai temi della sostenibilità edella mobilità.L’attenzione di queste categorie ai temidella riqualificazione urbana non ènuova, ma forse lo è l’interesse per unabattaglia – sostanzialmente di tipo cul-turale – contro l’omologazione e infavore della salvaguardia delle identitàlocali, per arginare lo strapotere dellagrande e grandissima distribuzione. Eper contrastare un fenomeno (comemesso in luce anche dal direttore delneonato Servizio Centri Storici dellaregione Umbria, Gabriele Ferranti) chevede sempre più i centri di attrazione“uscire” dalla città (centri commerciali,strade mercato, ecc.), storicamenteluogo del mercato per eccellenza. Unfenomeno apparentemente in contro-tendenza rispetto a quanto avviene inaltre realtà europee – come ha fattonotare Angelo Zaroli, della sezioneumbra ANCESTOR (AssociazioneNazionale Centri Storici dellaConfesercenti) – dove la grande distri-buzione nei centri storici spesso svolgeun ruolo di traino, anziché di freno,per lo sviluppo e la qualificazione dellarete commerciale. La Festa ha rappresentato senza dubbioun’occasione per riflettere insieme, maanche una vetrina per presentare alcu-ne interessanti iniziative italiane edeuropee, accomunate dalla centralità

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miele e dai frequentatori di casinò enightclub che riempiono il tessutodella capitale. Se – ancora una volta – gli spunti didibattito offerti dal contesto nonhanno prodotto avanzamenti, lo sideve, forse, alla “passione per i procla-mi e i bei discorsi” che irretisce laCGLU nell’immobilismo delle sue logi-che spartitorie, fortemente stigmatizza-ta dal Consigliere Comunale diLiverpool Richard Kemp nel chiuderel’ultima conferenza plenaria dall’ironi-co titolo “Un mondo migliore è possibi-le! I governi locali in una nuova gover-nance mondiale”.Anche questa volta, la CGLU non harinunciato a produrre un “documentodi chiusura” del Congresso. I 30 puntidella Dichiarazione Finale di Jeju siincentrano sul punto di non ritornoche il 2007 ha rappresentato, dato che– secondo le stime dell’ONU – hasegnato il raggiungimento del 50%della concentrazione umana nelle città.Il Congresso non ha cercato di chiarireuna persistente ambiguità terminologi-ca che ha segnato negativamente ildibattito interno a molte reti di governilocali in questi anni: ovvero quella cheregna nell’uso erroneamente inter-scambiabile dei termini di “municipio”(inteso come organismo di amministra-zione locale, che può governare ancheterritori a prevalenza non costruita) e“città” (ovvero compagine fisico-socia-le densa di relazioni e con prevalenzacostruita). Invece che parlare propria-mente di governi locali, spesso si èparlato appena di città, leggendo sem-pre queste ultime appena come spazi di

a cura di Marco Cremaschi

Jeju, Corea: sindacidel mondo in conclaveGiovanni Allegretti*

Per la maggiore organizzazione cheriunisce amministrazioni locali e regio-nali dell’intero pianeta, si è trattatodell’evento internazionale più impor-tante dalla fondazione (2004). Già allo-ra, le federazioni asiatiche di ammini-strazioni locali e regionali insistetteroper opzionare l’Asia come sede dell’in-contro che avrebbe dovuto rinnovare ivertici della CGLU, anticipando un’on-data di eventi internazionali che inquesti ultimi anni ha posto vari paesiasiatici al centro dell’attenzione (e inparticolare la Cina, che dal 13 al 16ottobre 2008 ospiterà il 4º WorldUrban Forum, organizzato da UN-Habitat a Nanchino).Il contesto avrebbe offerto molti spuntianche per discutere dell’inconciliabilitàtra due visioni dello sviluppo che nonpoche amministrazioni locali presenta-no come ‘complementari’: quelle cen-trate sulla difesa dell’autosostenibilitàdei territori, e quelle rivolte ad attrarreturismo di massa in un clima di com-petizione globale tra città. Oggi l’isola di Jeju è una Disneylandsemi-ecologica, che alterna stupendipaesaggi incontaminati di origine vul-canica a villaggi tematici (dedicati allepietre, ai bambini, agli elefanti…),enormi alberghi in stile Las Vegas ecampi da Golf con riciclo dell’acqua eilluminati da sistemi di energie rinno-vabili, che offrono ottimi posti di lavo-ro finanziati dalle coppie in luna di

Non tutti gli esiti del 2º CongressoMondiale di Città e Governi LocaliUniti (CGLU) sono stati all’altezzadelle aspettative. Senza dubbio, laCGLU possiede non pochi elementi‘strutturali’ di ambiguità (vedi box1), per la natura lobbistica ecompromissoria, la prevalenza del‘discorso’ rispetto alle azionioperative, e per l’attualecomposizione. Quasi tutti i relatorichiamati ad aprire le sessioniprincipali del Congresso Mondialeappartenevano a grandi città, quasiche la rete Metropolis (a rigoreappena uno tra i tanti ‘socifondatori’ di CGLU) avesse lasciatoun’impronta fortissima nellastruttura di governo dellaFederazione. Invece, negli spaziautorganizzati dalle 12 commissioni(a cui – proprio a Jeju - se ne èaggiunta una sulla PianificazioneUrbana, voluta e coordinata dallacittà argentina di Rosario) sipotevano notare convergenzepolitiche ed impegni concretimaturati ‘in rete’ tra amministrazionispesso affini nei loro obiettivi.

Jeju, Corea

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poteri tradizionalmente più forti sullequestioni di sviluppo strategico del ter-ritorio. La stessa ‘delusione’ per ilmancato raggiungimento degliObiettivi del Millennio in molti paesipare appena un ‘atto dovuto’, visto chepoi su alcuni punti (come la promozio-ne della presenza femminile in politica)la stessa CGLU pare incapace di unimpegno concreto per realizzare formedi ‘discriminazione positiva’ all’internodei suoi organi.Gli unici impegni che sono parsi uscirerealmente rafforzati dall’incontro diJeju sono stati quelli relativi alla lottaai cambiamenti climatici, sulla quale inquesti anni molte amministrazionilocali e regionali hanno mostrato unaconvinzione maggiore dei proprigoverni statali – ben sapendo che il75% della spesa energetica e l’80%delle emissioni che aumentano l’effet-to-serra sono prodotte nei centri urba-ni.In tal senso, la CGLU ha fatto propriala ‘chiamata alle armi’ dei 670 sindacistatunitensi che hanno firmato il“Mayors Climate ProtectionAgreement”, impegnando le ammini-strazioni firmatarie a perseguire gliobiettivi del Protocollo di Kyoto attra-verso campagne informative, una den-sificazione pianificatoria, l’integrazionedella difesa della biodiversità nellaprogettazione urbana, la moltiplicazio-ne dell’uso di energie rinnovabili, lacostruzione di forme di eco-budgeting(bilancio ambientale), l’uso di sistemidi trasporto e materiali da costruzionepiù ecologici e la riforestazione del ter-ritorio.Proprio in relazione a questi temi, ilCongresso della CGLU ha mostrato ilsuo volto innovatore, quello che emer-ge nel lavoro delle CommissioniTematiche che lavorano in maniera“orizzontale” (cioè antitetica al com-portamento ‘verticistico’ che per altriversi caratterizza l’organizzazione)sullo scambio di buone pratiche terri-toriali. Non solo tra metropoli, maanche tra piccole città che talora lavo-rano ai loro margini con profondaattenzione ai temi del “rururbano” (iterritori agricoli interclusi agli spaziabitati) e diventano polmoni importan-ti per il mantenimento dell’equilibrioclimatico.

Piuttosto, si limitano a compiacersidell’espandersi della democrazia alivello locale (ipotizzando che ciò pre-luda ad un estendersi del suffragiouniversale ad altri livelli istituzionali) edel diffondersi di forme sempre nuovedi partecipazione dei cittadini alla vitapolitica. Eppure si interrogano poco sucome questa vada spesso moltiplican-dosi su micro-tematiche per lasciareintatta la capacità di manovra dei

“creatività e innovazione” piuttosto checome condensati anche di esternalitànegative, tra cui quelle conseguentiall’abbandono della cura del territorioaperto e alla non-risoluzione dei pro-blemi dei territori “di margine”.Nel documento di Jeju, gli amministra-tori sembrano dimenticare il forterichiamo fondativo allo “sviluppovocazionale” dei territori che comparenella Costituzione della CGLU.

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ta dal Centro Nazionale delle RicercheFrancese.Frutto di una lunga discussione tra unatrentina di redattori d’area e un ulte-riore centinaio di collaboratori nei 100paesi-campione analizzati, nelle 7 areedi articolazione della CGLU, ilRapporto esamina il percorso trasfor-mativo che va mutando il volto e lecompetenze delle amministrazionilocali nel mondo, con l’obiettivo con-creto di contribuire a rafforzare –attraverso una diffusione di conoscen-ze nuove - le indicazioni contenutenelle “Linee Direttrici sulDecentramento” approvate dall’ONU-Habitat nell’aprile di quest’anno. Per l’ampia varietà di contesti checopre, il testo costituisce un’operaindubbiamente innovativa, e forse pro-prio per questo attribuisce al coordina-mento scientifico le sue “responsabilitàpolitiche” aprendosi con l’avvertenzache “i nomi impiegati e il materialepresentato […] non sono l’espressionedi una posizione o di un’opinione uffi-ciale della CGLU sulla situazione giuri-dica di qualunque paese, territorio,città o area, né quella delle sue autori-tà”. La libertà e le responsabilità attri-buite al responsabile scientifico sonostate, per la CGLU, l’unico modo dipoter pubblicare la ricerca, davanti adalcune importanti critiche avvenutel’anno scorso durante il Congresso diMarrakesh, dove la bozza è stata pre-sentata e discussa in alcune sessionipubbliche, attirandosi soprattutto lecritiche di alcuni paesi ancora lungi dauna piena democratizzazione istituzio-nale (come la Cina). Nondimeno, il testo costituisce unimportante attraversamento della “plu-ralità sperimentatrice” delle diverseforme di decentramento in atto a varielatitudini del pianeta, ed un’imprescin-dibile ed appassionante lettura di comei retaggi delle diverse potenze colonialisi rapportano con la maggiore o mino-re propensione a rapidi mutamenti distato dei sistemi istituzionali nei 3continenti ‘colonizzati’.Inoltre, esplorando la “rivoluzionedemocratica silenziosa” che i percorsidi decentramento hanno rappresentatoin molti paesi, propone un’analisi dicome le amministrazioni locali abbianospesso costituito un sostrato resistente

presentanza, salvo rare eccezioni comequelle legate agli incontri tra sindaciisraeliani e palestinesi, o tra quellicurdi e turchi.

*Ricercatore presso il Centro de Estudos Sociais,Università di Coimbra.

Democrazia locale edecentramentoGiovanni Allegretti

A Jeju, la CGLU ha presentato ilmiglior lavoro prodotto in questi treanni di vita, ed il primo risultato con-creto di Gold, l’Osservatorio Globalesulla Democrazia Locale e ilDecentramento che oggi anima un por-tale con i link ad oltre 1000 siti web,organizzati su una base informativageografica accessibile da www.cities-localgovernments.org/gold.Si tratta del Primo Rapporto Globalesul Decentramento e la DemocraziaLocale nel Mondo, un volume pondero-so che inaugura un’ambiziosa propostadi revisione e aggiornamento annuale,e si giova del coordinamento scientifi-co di Gérard Marcou, professore allaSorbona di Parigi e direttore delGRALE, una Rete di Ricerche suiGoverni Locali in Europa co- finanzia-

Per chi ha preso parte agli oltre 20 ate-lier autorganizzati dalle CommissioniTematiche durante il congresso di Jejul’impressione di un pomposo evento incui “tutto era già scritto” esce comun-que molto attenuata. Perché dalloscambio fitto e appassionato di prati-che è emerso un brulicare di saperi chesostanziano l’impressione di un movi-mento silenzioso che (pur dovendocombattere contro i mulini a vento didecisioni assunte spesso “a monte”,come quelle sulle privatizzazioni o itagli dei finanziamenti statali) ha in séenergie per poter proporre qualcosa dinuovo.Ad esempio, molto interessante è con-statare come la maggior parte dellecittà intervenute negli atelier sulla“sicurezza urbana” non concentrino leloro battaglie sull’interpretazione secu-ritaria del tema, ma su letture più lega-te al diritto alla città per tutti, alladifesa dei bambini e degli anziani dairischi di una “civiltà della fretta e delladisattenzione” o all’aumento dellecatastrofi naturali dovute al pocoimpegno nel difendere la natura e adinformare i cittadini su come preveniree minimizzare gli effetti dei cataclisminaturali.Lo spirito cooperativo emergente daquesto “ombrello” di relazioni e scambimultipolari non ha trovato degna rap-

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all’emergere di forti interessi locali chechiedevano spazio nella gestione pub-blica (bottom-up). In queste ultime sipuò riconoscere la matrice di moltedelle innovazioni che oggi vanno vivi-ficando le istituzioni locali con lacostruzione di forme di co-decisione edemocrazia partecipativa in cui siriscoprono principi di ‘mutualismo’ esolidarietà che (nei secoli passati) sonostati alla base di molte comunità divillaggio, specie presso popolazioniindigene e in aree marginali di monta-gna o di territorio aperto. Importante è anche l’osservazione sulrimescolamento concettuale indottodalla crisi dell’era keynesiana, dallacrisi del Welfare State e dalla cadutadella Cortina di Ferro, che ha portatonuova luce in aree dove le istituzionilocali (una volta perduta la spintaideale legata all’origine del concetto di‘soviet’) avevano finito per assumere ilmero ruolo di organismi periferici ebracci esecutivi del potere centrale.Il testo – molto critico dove affronta ilgiudizio sull’efficacia delle istituzionidi scala metropolitana – mostra laconvinzione che i criteri decisivi dellametropolizzazione siano molto legati alruolo dei diversi territori nell’economiamondiale, e sembra riconoscere un’effi-cacia delle istituzioni deputate agovernare queste aree appena nell’am-bito della gestione coordinata di singo-li servizi, mostrando la difficoltà difarle respirare con un afflato politicounitario. Infine, il Rapporto appareparticolarmente interessante nelle sueanalisi delle proposte finanziarie chesostengono (o ostacolano) decentra-mento e democratizzazione locale,creando principi di “asimmetria” trarisorse/responsabilità e capacità deci-sionali all’interno del principio di sus-sidiarietà.In tale ambito, questiona la “naturali-tà” delle privatizzazioni come principio“convergente” rispetto al decentramen-to, pur riconoscendo che la contiguitàtemporale dei due fenomeni abbiasovente trasportato il binomio in unasfera del “dover essere”.A sostegno di questa tesi, avversa adalcune privatizzazioni troppo semplifi-cate – che a tratti nel testo apparecaricata di significati politici –, vi èsoprattutto l’esplicita constatazione che

offerto al locale). Pertanto, accettacome propri principi d’ordine la “diver-sità” e “l’eterogeneità”, ammettendo la“convergenza” tra sperimentazioni dif-ferenti come l’unico minimo comunemultiplo individuabile.Un aspetto interessante del Rapporto ècome – nel suo percorso – egli ricono-sce due tipologie organizzative deldecentramento: quella fondata sullabase di criteri funzionali (fondi dispo-nibili, dimensione territoriale, numerodi abitanti) e quella centrata sulla“logica comunitaria degli insediamentiumani” ovvero su principi di riconosci-mento dell’identità e dell’appartenenzadegli abitanti a luoghi segnati da pecu-liari risorse. L’opzione degli autori vaad una “terza via” che si è andata svi-luppando nel tentativo di conciliare ledue visioni tra loro, e con forme digoverno “polivalente” che non lascinotroppo potere ad istituzioni di governo‘monotematiche’ (come le autorità sul-l’acqua o i rifiuti, esistenti in moltipaesi) ma sappiano affrontare settori diintervento differenti con approcciointerdisciplinare ed olistico.Allo stesso tempo, il testo riconoscedue famiglie fondamentali di decentra-mento in termini di ‘origine’: quellelegate ad un’opzione volontaria – oanche indotta dall’alto - degli Stati(top-down), e quelle dovute piuttosto

in grado di dare al cittadino l’ideadello Stato (e la fiducia in esso) anchein contesti nazionali difficili o marto-riati da conflitti permanenti e guerrecivili.Nel costruire griglie di lettura compa-rata tra casi di studio, il Rapporto sem-bra scoprire gradualmente la realeimpossibilità di una precisa compara-zione tra di essi (a causa delle enormidifferenze nelle competenze, nell’origi-ne storica, nella dimensione territoria-le, e nel reale grado di autonomia

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unitaria e potente nella “difesa degliinteressi dei governi locali sul palco-scenico mondiale indipendentementedalla dimensione delle comunità cheessi servono”. Inoltre, si pone obiettividi promuovere l’autonomia democrati-ca locale (anche attraverso la forma-zione e lo scambio di buone pratiche),di divenire fonte privilegiata d’infor-mazione aggiornata sui governi locali,di sollecitare lo sviluppo sulla base deiprincipi di un buon governo sostenibilee d’inclusione sociale come anche diattivare politiche, programmi e iniziati-ve di cooperazione decentrata tra isuoi membri (ma non solo). Per questo,si dota annualmente di un Piano diLavoro che contempla queste diversesfide, a partire da quelle sulla Lottaall’AIDS, l’uguaglianza di Genere, ladifesa dell’Acqua come bene comune eil raggiungimento degli Obiettivi delMillennio (ODM o MDGs). Si tratta, pertanto, di un’organizzazio-ne-ombrello e di “advocacy” nei con-fronti dei territori locali, ma con finali-tà collaterali molteplici in ambitidiversificati, che includono anche stra-tegie di impegno diverse dalle forme dipressione e lobbying. La sua nascitarisale al 2004 e origina dalla fusionedelle due storiche associazioni mondia-li dei Poteri Locali: la IULA(International Union of LocalAuthorities) e la FMCU (FédérationMondiale des Cités Unies) che per alcu-ni decenni si sono ‘spartite’ la rappre-sentanza delle amministrazioni localidel pianeta dialogando con gli statinazionali, ma soprattutto con l’ONU ele Istituzioni di Bretton Woods (BancaMondiale, Fondo Monetario,Organizzazione Mondiale delCommercio).In tale ottica, è frutto di un processo‘virtuoso’ di unione delle forze, ancor-ché in parte le motivazioni della fusio-ne non fossero soltanto ideali masoprattutto pratiche: la necessità digarantire alle rappresentanze delle isti-tuzioni infra-nazionali una maggiore‘massa critica’ che permettesse loro diavere maggior peso a livello interna-zionale. Per questo, da subito, l’adesio-ne alla CGLU si è estesa a reti intermu-nicipali quali Metrex (la Rete europeadelle Regioni e delle aree metropolita-ne, nata nel 1996 in occasione della

per il futuro sulle continuità e discon-tinuità con altre forme di pluralizza-zione del governo territoriale, comequelle che (ad esempio, in Africa)hanno avuto, e spesso ancora hanno,nel loro centro le cosiddette “autoritàtradizionali”.

La Descentralización y la Democrazia Local en elMundo (2007), CGLU, Barcellonahttp://www.cities-localgovernments.org/goldhttp://www.dexia.comhttp://www.diba.es/innovacio/obs_bibliografia2_cast.asphttp://www.diba.es/innovacio/obs_bibliografia2_cast.asp

Ambizioni e strutturadi un’organizzazioneasimmetricaG. A.

Alla fine del 2007 - nell’isola coreanadi Jeju – si è svolto il 2º CongressoMondiale di Città e Governi LocaliUniti (CGLU), intitolato “Le città checambiano guidano il nostro mondo” eaperto da un saluto del SegretarioGenerale dell’ONU Ban Ki-Moon e delprimo ministro coreano Han Duck Soo(in scadenza di mandato).Nella sua costituzione, la CGLU (UCLGin ambito anglofono) ha come obietti-vo primario l’acquisizione di una voce

senza “autonomia locale non può esi-stere decentramento”. E pertanto, lad-dove le privatizzazioni divengono unvincolo insostenibile allo sviluppo diprogetti politici liberi da costrizioni,esse non possono venire automatica-mente annoverate tra i principi delbuongoverno. Anche se, tra le pieghedel testo, si notano dei distinguo sullaquestione che lasciano al lettore l’im-pressione di una scrittura che restavitale proprio in quanto non rinunciaad una visione e ad una esposizionenarrativa “plurale”.Nonostante tutto, il testo appare par-zialmente “sterilizzato” rispetto alleversioni provvisorie circolate nel 2006,e – al contempo – mantiene unosguardo parzialmente eurocentrico suiprocessi analizzati. Nel dare un po’ perscontata l’identificazione tra i processidi democratizzazione, quelli di de-con-centrazione e quelli di reale decentra-mento istituzionale, il Rapporto taloranon si interroga neppure sui rischi chela proposta di forme di decentramentomodellate su quello europeo o nord-americano – se applicate a paesi in viadi sviluppo da grandi istituzioni finan-ziarie internazionali – si traducano inun “neocolonialismo” non necessaria-mente pluralista. E finisce per nonchiedersi come sia possibile lavorare

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zione, furono scelte come lingue uffi-ciali tre lingue ‘coloniali’ (inglese,francese e spagnolo). L’arabo si èaggiunto informalmente come “linguadi lavoro” in occasione del ConsiglioMondiale di Marrakesh (appena nel2006), ma le lingue orientali ancorarestano fuori dalla porta. Una curiositàriguarda il sito web della CGLU, dovestupisce la traduzione in catalano dimolte sezioni e testi. Del resto, la sedeufficiale della CGLU è ospitata aBarcellona e in gran parte mantenutaattiva dai contribuiti del governo loca-le, provinciale e regionale.

DEXIA/CGLU (2007), Local Government in the World.Basic Facts on 82 selected Countries, CGLU,BarcellonaInforme de Actividades de CGLU 2004-2007, CGLU,Barcellonahttp://www.cities-localgovernments.org

Inclusione Sociale e DemocraziaPartecipativa, Eguaglianza di genere,Diplomazia delle Città, Mediterraneo,Decentramento, Mobilità,Pianificazione Urbana, Città diPeriferia, Società dell’Informazioneecc.) e dei 2 Gruppi di Lavoro(Migrazioni e Co-Sviluppo eRafforzamento Istituzionale, la cosid-detta piattaforma ABC). Il dinamismo eil coordinamento di queste ultime sonoaffidati – su base volontaria - a singo-le città, e gestiti spesso in autofinan-ziamento. Cosicché si verificano feno-meni di dissimetria funzionale cherasentano l’anarchia, oltre ad una pocodemocratica selezione darwiniana deicoordinatori che si lega al censo, tantoche 10 di loro hanno origine europea.Inoltre, una simile organizzazione “adue velocità” formalmente non tieneconto di un elemento forte della suabase organizzativa: la presenza delleAssociazioni Nazionali di Comuni,Province e Regioni. Tali associazioni(con i loro rapporti di forza interni giàstabiliti su base territoriale statale)spesso monopolizzano i ComitatiNazionali (per l’Italia è il CICU –Comitato Italiano Città Unite, con sedea Torino). E al loro attivismo la CGLUaffida in gran parte la sua legittima-zione e la sua rappresentatività.Del resto, il censimento 2007 dei mem-bri della CGLU (oggi mappabile tramitesistemi informativi territoriali e attra-verso il sito “CGLU on Google Hearth”)mostra che appena un migliaio di cittàe regioni nel mondo aderiscono diret-tamente e individualmente all’organiz-zazione, rappresentando 127 paesi sui191 membri dell’ONU.Visibili “sbilanciamenti” sono presentinell’adesione dei diversi paesi allaCGLU. Tra i 95 paesi che garantiscono‘adesione diretta’ alla CGLU si registra,infatti, una netta prevalenza di ammi-nistrazioni italiane, francesi, marocchi-ne e senegalesi. In Europa aderiscono34 paesi, in Africa 36 (su 52 esistenti)e 22 nelle Americhe, mentre le rappre-sentanze asiatiche (35 paesi appena)sono indubbiamente ancora da “con-quistare”.Del resto, esistono non poche difficoltàlogistiche di ‘comunicazione’ dellaCGLU con il mondo esterno, a partiredalle lingue. All’atto della sua fonda-

Conferenza delle regioni metropolitanedi Glasgow) o Metropolis (nata nel1985). Quest’ultima – forte dei suoi 90membri – oggi ha ridefinito i suoi ruoliinternazionali proprio in virtù dell’ade-sione alla CGLU, definendosi al con-tempo “Associazione Mondiale delleGrandi Metropoli” e “sezione metropo-litana della stessa CGLU.Dentro Città e Governi Locali Uniti,infatti, la sezione metropolitana ha unpeso uguale (se non maggiore) delle 7aeree geografiche di articolazione delleproprie sedi di rappresentanza, che nonricalcano i 5 contenenti tradizionalima propongono una diversa manieradi riconoscere le differenze tra sub-continenti, separando l’America anglo-sassone da quella latina, fondendol’Oceania con l’Asia e smembrando intre quest’ultima (Asia-Pacifico; AsiaOccidentale e Medio-Oriente; Eurasia,che comprende quasi tutte le repubbli-che ex-sovietiche).La struttura organizzativa della CGLUviene presentata come una “piramiderovesciata” che – a partire dai territorilocali – elegge una rappresentanza disindaci, presidenti di provincia, gover-natori o consiglieri a livello nazionale,e poi a livello delle 7 regioni mondialidi articolazione della CGLU.Quest’ultima prevede due struttureprincipali di democrazia interna:l’Assemblea Generale (formata da tuttigli iscritti che hanno versato le rispet-tive quote annuali) e il ConsiglioMondiale. Il Consiglio rappresenta 318amministratori locali o di altri livelliinfra-statali, che (nelle diverse areegeografiche) eleggono la principalestruttura di “governance interna” dellaCGLU: il Comitato Esecutivo, che siriunisce biennalmente ed è formato da112 membri con “equa distribuzionegeografica”. Al vertice del governo –eletti a maggioranza semplice - stannoun Presidente, due vice-presidenti(divenuti 4 proprio nel CongressoMondiale di Jeju), un Tesoriere e 8vicepresidenti, anch’essi nominatisecondo una “equa distribuzione geo-grafica”.A questa struttura complessa, tradizio-nale e fortemente piramidale se neaffianca una parallela disegnata dallavoro delle 13 Commissioni Tematiche(Finanze, Culture, Cooperazione,

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Infine, un ultima domanda articolata ecomplessa: quali strumenti sono neces-sari per realizzare un nuovo modellodecisionale e come le regole del gover-no del territorio possono assolvereall’esigenza di ricomporre i “conflitti”territoriali e ambientali? Esiste, infatti,una stretta connessione tra sistemaistituzionale, politiche, assunzionedelle decisioni e delle responsabilità,corretto modello partecipativo, stru-menti e attuazione delle scelte chedevono trovare una coerenza attraver-so la gestione condivisa del piano edelle sue regole. Sono interrogativi aiquali è possibile rispondere con molteargomentazioni, ipotesi e proposte. Ildibattito1 sulla legge sul governo delterritorio, nella passata legislatura, haormai consolidato una serie di posizio-ni condivise, contenute, in particolare,nel PdL2 “Mariani”: l’attribuzione pub-blica della pianificazione, il principiodi sostenibilità e di tutela dei benicomuni, prima fra tutte il suolo, lacostituzione dei principi di equità, ditrasparenza e democrazia delle scelte,di tutela e di valorizzazione dell’am-biente naturale e antropico, il coordi-namento tra materie diverse, ma stret-tamente connesse tra loro. Sicuramente, il tema dei “conflitti” nonè risolvibile solo con nuove regole enon basta un piano “nuovo”; è vero,tuttavia, che occorre, in modo semprepiù evidente, costruire un sistema isti-tuzionale realmente sussidiario e “ade-guato” che veda tutte leAmministrazioni, di diverso livello,operare in modo “ordinario” anche nelcaso di emergenze che vengono alla

Un quadro organico per il nuovo piano Patrizia Colletta*

vo, ricognitivo delle invarianti ambien-tali e territoriali, capace di indicare lestrategie di medio e lungo termine,affiancato da piani operativi, confor-mativi dei suoli e da regolamenti per lacittà esistente, rispondono a questeapparenti dicotomie. In questo senso,occorre “riallinerare” la normativanazionale a quello che, da circa dieci,anni sta avvenendo nel territorio.

La seconda domanda: è necessaria unariforma “organica” del governo del ter-ritorio che rinnovi i fattori comuni delprocesso di sviluppo e di trasformazio-ne, a fronte di una abbondante e con-solidata legislazione regionale? E’ statarichiamata la necessità – sempre piùurgente - di rendere stabile lo speri-mentalismo regionale. La legge diriforma sarebbe utile per razionalizzaree organizzare le molte leggi regionaliche intervengono su varie materie,anche di competenza statale come, adesempio, la tutela ambientale e delpaesaggio, il diritto di proprietà, lafiscalità. E’ bene ricordare, comunque,che si discute di un complesso di argo-menti molto ampio di cui occorre,innanzitutto, definire il “perimetro”, afronte di un modello istituzionale,derivato dalla riforma del Titolo V nonancora compiuto. Quello che emerge,con tutta evidenza, è che la legge sta-tale sul governo del territorio non è un“prodotto” ma un processo dinamicoorientato e continuo, la cui attuazionedovrebbe avvenire - nella situazioneattuale - in condizioni di disomoge-neità istituzionale, economica, sociale eterritoriale.

È da molto tempo, ormai, che si discu-te della riforma del governo del territo-rio, ma ancora non siamo approdati aduna nuova legge che sostituisca quellavecchia e obsoleta del ‘42. Per offrireuna spiegazione a tale condizione difatto è necessario porsi alcunedomande, per fare chiarezza circa gliobiettivi e i contenuti di questa impor-tante revisione dell’ordinamento nazio-nale. Provo a sintetizzare gli argomen-ti, per poi analizzare alcuni temi che visono connessi.

La prima domanda: è necessario avereun piano “nuovo”? L’esigenza derivada una situazione ormai verificabile difatto non solo nelle legislazioni regio-nali ma anche nella pratica urbanisticapiù evoluta. Tra legislazione nazionalee regionale esiste una “asimmetria” chenon dipende solo dalla diversità nomi-nale degli strumenti di pianificazione,ma assume un valore contenutisticoquando al “nuovo” piano è associatoun modo profondamente diverso diattuare le politiche di governo e di tra-sformazione del territorio.Il piano, oggi, non può prescinderedalla dinamicità dei fabbisogni che lasocietà contemporanea richiede, per laquale occorre trovare un equilibrio trala tutela e la trasformazione, tra ilmodello di sviluppo e il risparmio dellerisorse non rinnovabili a partire dalsuolo, tra l’innovazione tecnologica e ipatrimoni identitari, tra capacità digestione e qualità degli apparati ammi-nistrativi, tra rendita fondiaria e reddi-to d’impresa.Un piano strutturale, non conformati-

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Tutto questo è possibile? La mia opi-nione è che si debba operare con con-vinzione per raggiungere questa nuovaconfigurazione dell’intero sistema. Ed èancora più vero se ricordiamo che lanatura dell’urbanistica – ancora di più,del governo del territorio - è quella diessere contemporaneamente una “tec-nica” (della conoscenza, degli stru-menti, della ragione) e un “arte” (diprefigurare il futuro, di migliorare lavita sociale e di operare le scelte possi-bili per rendere più vivibile l’ambienteantropico e naturale). Per questi motivi, il quadro delle regolenon può sottrarsi dall’intervenire sulcoordinamento istituzionale e legislati-vo, con la definizione di una modalitàintrodotta, ad esempio nel PdL“Mariani”, di coordinamento dellecompetenze di natura esclusiva conquelle attribuite dalla Costituzione alleRegioni in via concorrente. Ed è ancheevidente come la questione non possaessere affrontata solo dal punto divista degli strumenti di pianificazione,ma comporta l’adesione ad un “percor-so” composto da diversi momenti e dascelte che integrano il principio disostenibilità all’interno delle regole edelle normative generali del sistemaeconomico e sociale. La conseguenzadi questa scelta prioritaria è una ricon-figurazione complessiva degli strumen-ti di programmazione e di pianificazio-ne territoriale ed economica, ma anchedei comportamenti e delle azioni deisoggetti con una nuova stagione dicopianificazione istituzionale e di dia-logo sociale, basata sulla condivisionedegli obiettivi di sostenibilità, che con-solidi un sistema incardinato in unquadro di previsioni e di responsabilitàcondivise, di coordinamento dei sog-getti competenti, di partecipazionereale al processo di decisione. Appareormai davvero urgente, per il “sistemaPaese”, costruire una modalità di collo-quio e di corresponsabilità istituzionaleper portare a coerenza le pianificazioni“separate”, quelle settoriali e le diversecompetenze concorrenti, per evitare iparadossi, le contraddizioni, i conflittiche sono oggi sotto gli occhi di tutti. E’ necessario un quadro organico eflessibile, anche perché nessuna legge èimmutabile nel tempo, specie quandosi tratta di regolare comportamenti

- alla carenza di un sistema relazionalee di coordinamento istituzionale tra imolteplici soggetti titolari di compe-tenze ai vari livelli, alla mancanzadella valutazione dei costi esternidovuti al consumo di risorse per le tra-sformazioni territoriali e urbane e dellacertezza dei tempi di realizzazionedegli interventi programmati. L’idea difar diventare un modello di “comporta-mento” valido in tutto il Paese unpiano distinto in parte strutturale eoperativa risponde, senza dubbio, aqueste complesse tematiche, di nonsemplice soluzione.Una riforma organica del governo delterritorio è, a mio parere, l’unica possi-bile strada per stabilire regole condivi-se per la programmazione, pianifica-zione e gestione del territorio, dellecittà e delle aree rurali e agricole.Sarebbe una soluzione “tampone” inse-rire misure “puntuali” di vario generecon l’idea che si possano comunquerisolvere problemi specifici o “vuoti”normativi derivanti da sentenze dellaCorte Costituzionale. Viceversa, il“sistema” del governo del territorio(soggetti, politiche, strumenti, metodi,ecc.) non può esimersi dal tenere insie-me, in modo coerente, diversi elementi:i principi fondamentali a cui i soggettiistituzionali devono fare riferimentoper declinare la normativa concorrente,il metodo e il “luogo” del dialogo isti-tuzionale indispensabili per assumerele decisioni, la dotazione strumentaledei diversi livelli istituzionali, per dareattuazione alle scelte e alle volontàpolitiche di gestione del territorio. Il governo del territorio, infatti, appareessere – oggi come non mai - il diffici-le esercizio di rendere compatibili losviluppo economico e sociale con latutela e la valorizzazione dell’ambientee del paesaggio, di premiare la riqualifi-cazione e il recupero delle città e deiterritori, di promuovere il valore dell’i-dentità delle aree rurali, di realizzare einnovare i sistemi infrastrutturali dellamobilità e delle tecnologie, attraversoscelte consapevoli di trasporto pubblicolocale. Con il governo del territorio sidovranno operare scelte che consentanola riduzione del degrado urbano e degliinquinamenti e che garantiscano il con-tenimento del consumo delle risorsenon rinnovabili e l’efficienza energetica.

ribalta della cronaca. Tra i temi diattualità che si propongono anchenella gestione del territorio e dell’am-biente, oltre che in una più ampiavisione della società, vi è certamentequello del recupero della credibilità edella autorevolezza delle Istituzioni,con la creazione di una interlocuzionedel tutto nuova e trasparente traAmministratori e cittadini. La questione sempre più eclatante, nelgoverno del territorio, è il tema dirom-pente dei conflitti territoriali e ambien-tali che pone interrogativi di naturapolitica, sociale, istituzionale e civile.Non è semplice trovare una cura o una“ricetta” valida per tutte le situazioni,per tutti i territori e per tutte le comu-nità, ma è comunque necessario, congli strumenti che ci offre una solidacultura riformista, ripensare in modoprofondo il tema delle regole, dellaresponsabilità istituzionale e della con-divisione delle scelte. Una nuovademocrazia del “fare”, rispettosa edequilibrata, che utilizzi tutte le levedella partecipazione, della condivisio-ne, del coinvolgimento ma che infondo, dopo aver esplorato, sondato,analizzato, valutato e considerato allafine decida che “se è sostenibile si fa”senza più ritardi, veti e inutili tempo-raggiamenti. Dal quadro molto complesso e stratifi-cato della legislazione sul governo delterritorio e della normativa ambientalenazionale e regionale appare evidentela necessità di avere un approccio chesi concretizza nel piano “nuovo” comeluogo delle scelte e delle decisioni, checonsenta di pervenire con coerenza aduna programmazione territoriale e algoverno delle trasformazioni urbanesostenibili. E’ sempre più urgente infat-ti, superare l’incompletezza delle rispo-ste che gli strumenti di programmazio-ne e di pianificazione offrono rispettoalle dinamiche sociali ed economiche,oltre che ai temi ambientali, trovandouna ricomposizione coerente, sinergicae reale. Ad oggi, viceversa, vi è ancoraseparatezza e settorialità degli stru-menti di pianificazione e di program-mazione rispetto alle politiche di svi-luppo sostenibile - basti pensare aitemi della messa in sicurezza del terri-torio dal rischio naturale e tecnologicoe della prevenzione degli inquinamenti3

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che cercano di stabilire un legame effi-cace tra piano e progetto fisico dellospazio urbano per quei luoghi della tra-sformazione interstiziale (aree industrialidismesse, scali ferroviari, vuoti urbani)nei quali l’aspetto morfologico del pro-getto assume un carattere rilevante nellerelazioni con il contesto e nel disegnodegli spazi pubblici (il verde, le piazze,le strade, i parcheggi, i servizi), non piùaffrontabile in termini esclusivi di con-formità funzionale e quantitativa con ilPrg. Alcuni limiti di efficacia di questesperimentazioni sono apparsi evidenti.La quantità di progetti falsificati nell’at-tuazione sembra dimostrare l’incertezzaculturale e tecnica delle “schede norma”evidente sia nella verifica degli esiti, cheraramente sembrano rispondere alleistanze di qualità urbana poste dai pianidi terza generazione, sia soprattuttorispetto alla capacità di governare lacomplessità dei nuovi progetti urbani.

Le riforme urbanistiche regionali deglianni 90

Numerose leggi regionali recenti hannocercato di risolvere le criticità del Prgdel 1942 attraverso un’articolazionedelle componenti del piano: una dimen-sione strutturale non conformativa chedefinisce gli aspetti non negoziabili del-l’armatura urbana (in primis le valenzeambientali e paesistiche) e le strategieurbanistiche di lungo periodo; unadimensione operativa che seleziona eprogramma le politiche urbanistiche inbase alla reale fattibilità in un tempolimitato. Liberato dalla tentazione di unapredefinizione formale dei progetti urba-ni il Piano strutturale determina il qua-

Relazioni tra piano e progetto:un ambito ancora da esplorareValeria Erba, Andrea Arcidiacono

Il rapporto tra piano urbanistico e pro-getto d’architettura ha rappresentato untema centrale nel dibattito disciplinaredegli anni 80, emerso a fronte di unaevidente crisi del tradizionale pianoregolatore generale di matrice funziona-listica e di una sua possibile sostituzionecon il più accattivante “progetto urba-no”. In questi anni si sono analizzate piùattentamente le motivazioni della crisidel piano, se ne sono riconosciuti i limiticoncettuali e tecnici ascrivibili ad unprogressivo irrigidimento e ad una iper-definizione delle sue previsioni, divalenza atemporale ma nello stessotempo conformative nell’immediatodella proprietà privata dei suoli. Questanatura del Prg si manifestava nella esi-genza di definire con valenza giuridicale norme d’uso e quantitative di ognisingolo lotto in situazioni che avrebberopotuto realizzarsi anche dopo decenni,spesso con poca attenzione al disegnourbano e al risultato morfologico gene-rato dalla trasformazione. Il senso prin-cipale del piano era quello di definirel’assetto complessivo ottimale dal puntodi vista insediativo, infrastrutturale,ambientale, senza dimostrare particolareattenzione alla dimensione “fisica dellacittà”1.Il confronto tra piano e progetto si tra-duce in un ritorno degli urbanisti adoccuparsi in termini progettuali dei pro-cessi di trasformazione urbana. Nei“piani di terza generazione”2 compaionodiffusamente strumenti grafici e norma-tivi (“progetti e schede norma”) che defi-niscono all’interno del Prg stesso leregole del progetto urbano; documenti,diversificati rispetto al grado di cogenza,

sociali o istituzionali che sono, per loronatura, dinamici. Rispetto a questicambiamenti, sempre più “veloci”, ènecessario essere in grado di fornirerisposte adeguate alle esigenze e alledomande della collettività. Sono incausa sia le diverse componenti dellasocietà sia, soprattutto, le istituzionichiamate a definire le regole cherispondano ai nuovi “diritti di cittadi-nanza”.Queste brevi riflessioni mi provengonodal lavoro svolto per la costruzione deltesto di riforma “Mariani”, per il qualeringrazio tutti quelli che hanno contri-buito per la stesura, per i commenti, iconsigli e che ne hanno sostenuto ilprocesso di elaborazione durato circadue anni. La speranza è che questolavoro possa avere una utilità in futu-ro, avendo contribuito a chiarire alcuniaspetti, a mio avviso, fondamentali perrimettere in una giusta prospettiva ildibattito per la costruzione della rifor-ma del governo del territorio.

* Presidente Comitato Qualità urbana ed edilizia diRoma Capitale

Note1. La qualità e l’innovazione per il governo del terri-torio: verso la proposta di riforma. Atti del seminariodel DS / Direzione nazionale area sostenibilità e poli-tiche del territorio. Roma, 16 gennaio 2007. Collana“Scritture” DS – Area comunicazione e formazionepolitica. 2. AC 2319 Mariani e altri, “Principi fondamentali peril governo del territorio. Delega al governo in materiadi fiscalità urbanistica e immobiliare”, presentata il 2marzo 2007.3. Tema affrontato in modo ampio e articolato nelconvegno nazionale dell’INU nel 2001 “Pianificazioniseparate e governo integrato del territorio” in partico-lare per il rischio tecnologico l’articolo di P. Colletta“Controllo dell’urbanizzazione e la valutazione inte-grata nelle aree a rischio di incidente rilavante” pg.175-176.

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Figura 1 – Milano “Programma di Riqualificazione Urbana Pompeo Leoni ex OM”

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e sociali nella valutazione delle possibilialternative funzionali e insediative,senza con questo condizionare la qualitàprogettuale agli interesse immobiliari.

Il ruolo dei programmi complessinelle nuove logiche del pianourbanistico

I programmi integrati di intervento, isti-tuiti nel 1992 per cercare di sciogliere inodi attuativi del Prg (attraverso lasinergia di risorse pubbliche e private,flessibilità attuativa e qualità progettua-le) sono divenuti lo strumento operativopiù utilizzato per realizzare grandi e pic-coli progetti di riqualificazione urbana.La loro applicazione “ordinaria” previstain molte legislazioni regionali, è statapreceduta dalla sperimentazione deiProgrammi di riqualificazione urbana,che ha avviato su scala nazionale il pro-cesso di rigenerazione urbana delle areedimesse.A Milano i cinque Pru in corso di realiz-zazione consentono alcune riflessionisulle relazioni tra piano e programmicomplessi. I diversi progetti, che interes-sano ex aree industriali di grande rile-vanza per estensione e localizzazione,applicano indici urbanistici omogenei,con analoghi mix funzionali e rilevanticessioni di aree per verde e servizi (circail 50% dell’area). Gli esiti di questariqualificazione mostrano soluzioni cor-rette dal punto di vista ambientale eprogettuale, ma estremamente poverenell’integrazioni funzionale, nel disegnodello spazio pubblico, nella qualità mor-fologica (Fig.1).3L’applicazione di regole urbanisticheequilibrate e l’efficienza operativa deinuovi strumenti complessi non hannogarantito la produzione di veri “progettiurbani”; l’indifferenza alle diverse con-dizioni localizzative e strategiche dellearee (ad es. il livello di accessibilità) èapparso evidente nella mancanza di unprogetto urbanistico generale definito daun disegno di piano. In questo senso lavicenda in corso dei ProgrammiIntegrati di Intervento suscita non pocheperplessità sugli esiti possibili di progettiche dipendono da processi negozialivalutati rispetto ad un quadro di coeren-ze spaziali piuttosto vago (la “T” rove-sciata”) e a generali obiettivi strategici.Pare evidente la necessità di approfondi-

nella fase operativa, nel momento in cuisi verificano le condizioni per una effet-tiva realizzazione delle trasformazioni.L’articolazione degli elementi progettualiviene determinata sulla base dei caratteridel luogo e dei bisogni locali (accessibi-lità, dotazione di servizi pubblici, valen-ze ambientali, etc.), rispondendo in talmodo alle coerenze territoriali e localidefinite dal quadro generale di riferi-mento, nonché attraverso una partecipa-zione effettiva degli operatori economici

dro delle coerenze che dovranno essererispettate in riferimento al disegno infra-strutturale, insediativo e ambientale;individua gli ambiti della trasformazionee le modalità attuative (strumenti, mec-canismi perequativi e compensativi,regole prestazionali e incentivazioni,condizionamenti ambientali); garantisceun riferimento conoscitivo approfondito(es. la mappa dei tessuti e delle qualitàurbane) dei contesti insediativi. Il pro-getto architettonico viene sviluppato

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Figura 2 – Piano dei Servizi di Como “Schema di struttura e azioni strategiche”

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del disegno di piano alla scala locale(Circoscrizione). Il progetto procede dalleindicazioni strategiche e programmati-che definite nello schema della strutturaurbana e stabilisce, a partire da unavalutazione dei bisogni espressi dallecomunità locali e delle opportunità delcontesto, le prescrizioni e gli indirizzi diassetto spaziale del disegno urbano conl’obiettivo di creare nuovi sistemi dicentralità pubbliche e una rete ambien-tale integrata. Un disegno finalizzatoalla ricomposizione delle parti urbaneattraverso il rafforzamento delle connes-sioni e delle relazioni reciproche, a par-tire dai materiali del progetto pubblico.Uno schema progettuale che definisce lastruttura e lo scenario fisico verso cuiorientare le trasformazioni locali indi-cando allo stesso tempo il quadro delleopportunità per gli operatori privati.

Note1. La dimensione fisica del piano urbanistico e la com-plementarietà tra urbanistica e architettura sono statiper molti anni campo di ricerca di alcune figure centralima eterodosse del panorama disciplinare quali Quaroni,Samonà e De Carlo, in contrapposizione ai temi funzio-nalistici dell’urbanistica regolativa.2. I primi ad affrontare la dimensione del progetto diarchitettura all’interno del Prg sono stati Campos Venutia Bologna (1988), Secchi a Jesi (1987) e Gregotti adArezzo (1988).3. Si veda in proposito su www.ala-g.it l’analisi dell’im-pianto insediativo del Pru Pompeo Leoni sviluppata daA. Giannini.

re le relazioni che devono guidare unaprogettazione integrata tra piano e pro-getto; l’opportunità di un quadro strut-turale delle coerenze infrastrutturali eambientali (un “master plan” preventi-vo); ma anche schemi di assetto localedove evidenziare gli obiettivi e le regolepubbliche del progetto, in modo piùflessibile ed adeguato rispetto alle sem-plificazioni e rigidità del “progettonorma” degli anni 80.Alcune recenti esperienze segnalanopossibili sviluppi. Nel Piano dei Servizidi Como le strategie generali e lecoerenze territoriali definite in un pianostrutturale trovano specificazione ecarattere operativo all’interno di progettilocali. Lo Schema di struttura (Fig. 2)costituisce lo scenario di lungo termineche individua, in coerenza con gli altristrumenti di programmazione settoriale,le invarianti territoriali e seleziona unset di azioni strategiche che vanno acostituire le priorità dell’azione pubblicanella costruzione della “città dei servizi”.Si tratta pertanto di un quadro di riferi-mento per la valutazione di tutte le pro-poste di trasformazione urbana attuabilisia con strumenti ordinari che con pro-cedure complesse (PII). Il Progetto diassetto (Fig. 3) definisce le modalitàattuative, gli indirizzi urbanistici eambientali, e gli obiettivi prestazionali

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Figura 3 – Piano dei Servizi di Como “Progetto e programma locale”

INmigrati e centri storici minori

XS centri storici minori, terre di sviluppo (LaSapienza Università di Roma (centro di ricercaFOCUS e Master ACT), Monti & Taft) e URBITlanciano una call per la manifestazione d’inte-resse sul tema “migranti e centri storici mino-ri”.Si intende organizzare alla prossima manife-stazione di Urbanpromo, un incontro che vertasu alcune realtà abbastanza diffuse nel nostroPaese per mettere a confronto caratteristicheed esperienze di lavoro: la presenza di forticomponenti di migranti rispetto alla popolazio-ne autoctona nei territori dei centri storiciminori (borghi e relativa area vasta).Questo incontro fa seguito ai due precedentiattivati nelle manifestazioni di Urbanpromo2006 (immigrati e urbanistica) e 2007 (habitate immigrati). Quest’anno vorremmo affrontarepiù nel dettaglio le realtà dei centri storiciminori per due motivi:- il fenomeno si sta espandendo ed è necessa-

rio attivare politiche che contemperino unosviluppo positivo dei processi multiculturalie la promozione di azioni per il lavoro e laqualità della vita, nonché politiche condivi-se, non strettamente immobiliaristiche, voltea risolvere alcune sacche di degrado fisico

- esistono alcune peculiarità specifiche diquesto fenomeno nei centri storici rispettoalle manifestazioni più generali.

L’obiettivo dell’incontro è quello di cominciaread avviare una sorta di osservatorio, a livellonazionale e internazionale, in cui raccoglierecasi ed esperienze da discutere per far emerge-re i fermenti, positivi e negativi, che a livello dirivitalizzazione questi fenomeni comportano eper valutare possibili politiche integrate daattivare.

Si chiede di esternare la manifestazione diinteresse rispondendo alle indicazioni cheseguono e di inviarlo alla seguente mail:[email protected]

MMOODDUULLOO- soggetto interessato- territorio comunale o intercomunale

interessato- nproblematiche in atto- politiche e azioni attivate- politiche programmate

Info: [email protected]/focuswww.monti-taft.org [email protected]/arcorvieto

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piano strutturale il solo compito di fis-sare regole massimamente generali.Due recenti piani strutturali esemplifi-cano bene i modi in cui il principiodella perequazione è tradotto in prassinei piani articolati tra parte strutturalee quella operativa. Il Piano di assettodel territorio (Pat) del comune diVerona costituisce un esempio di pianodi natura strutturale che contiene soloregole di carattere generale relativa-mente allo strumento della perequazio-ne, affidando al piano operativo - ilPiano degli interventi - e ai pianiurbanistici attuativi il compito di decli-nare le modalità attuative del principioperequativo.Le norme del Pat veronese stabilisconoinfatti “criteri e modalità per l’applica-zione dell’istituto della perequazioneurbanistica, perseguendo l’equa distri-buzione, tra i proprietari degli immobi-li interessati dagli interventi, dei dirittiedificatori riconosciuti dalla pianifica-zione urbanistica e degli oneri derivan-ti dalla realizzazione delle dotazioniterritoriali”.Il piano di Verona tuttavia non preve-de una specifica delimitazione spazialedelle aree soggette a perequazione, pri-vilegiando una loro individuazionenelle fasi successive del processo dipiano: le norme prevedono in partico-lare “la possibilità di applicare l’istitutodella perequazione urbanistica per l’at-tuazione: a) del piano degli interventi;b) dei piani urbanistici attuativi ed agliatti di programmazione negoziata; c)dei comparti urbanistici”.Non vi sono nel Pat riferimenti allafase di classificazione, né a quella di

La perequazione nei piani di nuova generazioneEzio Micelli*

piano, la loro classificazione e infinel’attribuzione dell’indice perequativo:le tre operazioni si ritrovano nellenorme tecniche di attuazione dei pianitradizionali, mentre alla pianificazioneattuativa è demandato il compito digestire operativamente la realizzazionedei singoli comparti secondo modalitàche possono prevedere diversi livelli diflessibilità e un ruolo più o meno rile-vante dell’iniziativa privata.Diversa è la situazione nei piani dinuova generazione. Nella maggiorparte delle leggi di riforma urbanistica,il piano è diviso in due parti: la primaha valore strategico e strutturale, laseconda ha carattere operativo. Ilpiano strutturale solo in parte confor-ma la proprietà (più precisamente con-forma le aree considerate invarianti delterritorio, mentre non conforma le areedi sviluppo pubblico e privato), mentreè il piano operativo che svolge questafunzione cruciale per l’effettiva valo-rizzazione immobiliare delle aree ditrasformazione urbanistica.La divisione tra piano strutturale eoperativo determina nuove modalità diapplicazione del principio operativonella prassi. Con un certo grado dischematizzazione, è possibile indivi-duare due modelli che radicalizzano lepossibilità implicitamente propostedalle nuove legislazioni urbanistiche. Ilprimo ripropone le tre fasi prima illu-strate nel piano strutturale, lasciandoal piano operativo solo il compito dideclinare le fasi di attuazione delpiano; il secondo sposta invece a valle,nel piano operativo, le fasi di traduzio-ne del principio in azione affidando al

Il metodo con il quale la perequazionediventa parte integrante del pianourbanistico tradizionale è - pur connumerose varianti - sostanzialmenteconsolidato. Per prima cosa, si tratta diindividuare le aree soggette al nuovostrumento di gestione del piano urba-nistico. L’individuazione delle aree tra-dizionalmente esclude le aree urbanedestinate all’impiego agricolo cosìcome le aree di cui si auspica la con-servazione: rientrano dunque nel peri-metro dei suoli soggetti a perequazionele aree destinate a trasformazioneurbanistica. Da un punto di vista eco-nomico, sono le aree che il piano rendebeneficiarie di un plusvalore (rendita)le cui modalità di ripartizione traamministrazione e proprietà e tra pri-vati sono rese più eque e più efficientidal nuovo strumento.A questa prima fase ne segue unaseconda che distingue e classifica learee interessata dalla trasformazioneurbanistica. Il piano infatti non inter-viene su aree dotate della stessa quali-tà: la perequazione deve tenerne contoe la seconda fase del metodo di appli-cazione della perequazione classificagli immobili in ragione del loro statodi fatto e di diritto.Il piano quindi attribuisce l’indiceperequativo alle diverse classi indivi-duate. Si tratta di un’operazione deli-cata poiché, come è noto, il valoreimmobiliare esito delle decisioni ammi-nistrative è funzione diretta del poten-ziale di edificazione attribuito dallostrumento urbanistico.La perimetrazione delle aree interessatedal nuovo strumento di gestione del

Creditie debiti urbanistici

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Urbanistica INFORMAZIONI

città, ma riduce il margine di innova-zione dei piani di carattere operativo,ricondotti a una versione più sofistica-ta ed efficace dei tradizionali pianipluriennali di attuazione. Le due strategie - oltre alle variantiche adottano scelte intermedie - sonoil riflesso di scelte e possibilità di ordi-ne più ampio: l’opzione verso uno deimodelli deriva in particolare dallavolontà e dalla capacità di prefigurareanticipatamente il futuro sviluppo dellacittà. Rispetto a tale scelte, lo strumen-to perequativo appare straordinaria-mente duttile, assecondando posizionitecniche e politiche anche assai distan-ti ed evidenziando una capacità diadattamento che probabilmente con-corre a spiegarne il successo.

* Università IUAV di Venezia.

Comune di Verona, Piano di assetto del territorio,Elenco allegati alla DGRV 4148 del 18 dicembre del18 dicembre 2007, Relazione generale, pp. 67 e ss.(reperibile su internet all’indirizzohttp://portale.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=2194).Al riguardo, cfr. il volume del Comune di Verona,

Piano di assetto del territorio, curato da PaoloBoninsegna e Cristina Salerno (2007, Inuedizioni,Roma), pp. 90 e ss.Comune di Ravenna, Piano strutturale comunale

2003, approvato con Deliberazione di ConsiglioComunale del 27/02/2007, Elaborati descrittivi,Relazione, p. 28 (reperibile su internet all’indirizzo:http://www.comune.ra.it/pagine/index.php?t=urbani-stica&ref=169&id=19).

vise in funzione delle loro caratteristi-che di fatto e di diritto, in rapportocon la loro destinazione pubblica opubblico/privata ed anche in riferimen-to alla loro localizzazione rispetto allezone territoriali nelle quali è suddivisoil territorio comunale (Capoluogo,Frangia, Litorale, Forese)”.Infine, l’amministrazione ha fissato perle diverse posizioni proprietarie gliindici di edificazione. Alle diverse clas-si “sono stati attribuiti indici perequa-tivi secondo le tabelle che seguono:Aree a destinazione pubblica e Aree adestinazione pubblico/privata.” All’opposto del caso scaligero, il Psc diRavenna articola sin dalla sua fasestrutturale tutte le tappe metodologicheprima illustrate: esso infatti delimita learee, le organizza in classi accomunateda analoghe caratteristiche di fatto e didiritto, procede ad attribuire un indiceperequativo a ciascuna di esse.Punti di forza e di debolezza contrad-distinguono entrambi i modelli di cuiVerona e Ravenna forniscono importatiesempi. Dal piano di Verona emerge lavolontà di affidare alla parte struttura-le, per ciò che concerne le aree dellosviluppo pubblico e privato, solo glielementi guida del meccanismo pere-quativo per lasciare al piano degliinterventi il compito di specificare lecondizioni di operatività dello stru-mento. Il Pat delinea dunque il quadrodi regole a cui spetta l’attuazione delpiano, lasciando sostanzialmente allefuture amministrazioni la facoltà dimodulare i contenuti dello sviluppocittadino per ciò che attiene le areededicate alla trasformazione urbana. Seguadagna in flessibilità, il piano vero-nese perde tuttavia la capacità di con-trollo dello sviluppo urbanistico dellearee di trasformazione di cui solo lefuture amministrazioni potranno deter-minare il carico insediativo e i rispetti-vi indici edificatori.Al contrario, il piano di Ravenna risol-ve nella componente strutturale tutte lefasi legate all’applicazione del princi-pio perequativo, in modo coerente conla volontà dell’amministrazione di pre-vedere, sin da questa fase della pianifi-cazione, la forma dello sviluppo urba-no della città. Una simile strategiaconsente un controllo importante dellearee di trasformazione urbanistica della

attribuzione degli indici edificatori: ilpiano di assetto del territorio demandaimplicitamente simili azioni al succes-sivo piano degli interventi, pur nelquadro della ripartizione dei volumiprevista dal piano la cui articolazionespaziale, centrata sulla riduzione delconsumo del territorio aperto, è giàdeterminata per grandi aggregati spa-ziali (gli ambiti territoriali omogenei,gli Ato).A ciò si aggiunga come le norme dellostrumento strutturale consentano speri-mentazioni significative per l’attuazio-ne del principio perequativo. Ad esem-pio, esse stabiliscono come “a finiperequativi, potranno comprendersianche aree distinte e non contigue, mafunzionalmente collegate ed idonee, inparticolare per quanto riguarda ladotazione di servizi a scala territoria-le”, riconoscendo la validità di com-parti perequativi spazialmente discon-tinui, e come sia possibile, quandoopportuno, permutare le aree eccedentilo standard acquisite a mezzo dellaperequazione con opere di valore equi-valente.Di diverso tenore le norme che regola-no l’impiego della perequazione urba-nistica nel Piano strutturale comunaledel Comune di Ravenna, da anni alcentro di importanti sperimentazioniper ciò che attiene il trasferimento divolumetria con i progetti della cinturaverde e della Darsena di città.L’impiego della perequazione nel Psc diRavenna “viene generalizzata a tutte lesituazioni di rilevante trasformazioneurbanistica (la cintura verde e le suearee di integrazione, gli ambiti a pro-grammazione unitaria e concertata),nelle quali l’accordo e il convenziona-mento con i privati garantisce in primoluogo l’acquisizione gratuita delle areepubbliche”. Il piano non si limita aindicazioni di principio, ma procede adelimitare tutte le aree interessate dalmeccanismo perequativo: la perimetra-zione delle aree in cui trova applica-zione il nuovo strumento di politicafondiaria viene portata a termine giàcon lo strumento urbanistico di naturastrutturale. Il Psc procede poi a classificare le areeoggetto di trasformazione urbana: “learee oggetto di trasformazione e dun-que di perequazione sono state suddi-

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Carmela Giannino*

Il 6 marzo scorso, pressol’Università degli StudiRoma Tre – Dipartimento diStudi Urbani della Facoltà diArchitettura, si è svolto ilSeminario “Le politiche disviluppo della Regione Lazio- quale occasione per pro-muovere i livelli di competi-tività e sostenibilità del ter-ritorio”, organizzato da InuLazio**. L’evento ha costitui-to l’occasione per approfon-dire la nuova programma-zione regionale dei fondicomunitari 2007-2013 e lemisure di programmazioneeconomica e finanziaria atti-vate dalla Regione Lazio. Unprocesso che ha portato cia-scuna regione a rinnovare lebasi della sua competitività,incrementare il suo poten-ziale di crescita e la suaproduttività e rafforzare lasua coesione sociale.Il POR, ProgrammaOperativo Regionale, delLazio è strutturato per assiprioritari, per un finanzia-mento totale pari a circa750 milioni di euro. Gli assiprioritari di interventoriguardano le tematichedella ricerca, dell’innovazio-ne e del trasferimento tec-nologico (Asse I); l’efficienzaenergetica e la sostenibilitàambientale insieme allavalorizzazione delle risorsenaturali e culturali (Asse II);

la promozione di una mobi-lità integrata e sostenibile(Asse III); l’assistenza tecni-ca (Asse IV). Attraverso que-ste politiche intende pro-muovere nuovi modelli digestione e promozione inte-grata per la valorizzazionedel patrimonio nelle aree diparticolare pregio dal puntodi vista naturale, culturale eartistico (grandi attrattoriculturali) e promuovere unamobilità integrata e sosteni-bile, attraverso l’implemen-tazione della mobilità suferro e il finanziamento diprogetti di sviluppo sosteni-bile con particolare riferi-mento al risparmio energeti-co e all’uso di energie pulite.Tali previsioni di sviluppo sicontrappongono ad unaarticolazione territoriale delsistema regionale struttural-mente connotata da unaforte polarizzazione sia intermini di distribuzione dellapopolazione, sia di funzioni,dalla presenza di Roma edella sua area metropolita-na. Anche se i sistemi urba-ni, in generale, hanno sup-portato l’avvio di fenomenidi consolidamento dell’indu-strializzazione, di decollo disistemi produttivi, di valo-rizzazione delle risorse agri-cole, ambientali e culturali,di rafforzamento delle strut-ture di formazione e ricerca,

le aree urbane e i loro ambi-ti di gravitazione manifesta-no però nel contempo lemaggiori criticità in ordinesia all’esposizione ai fattoridi rischio ambientale, sia aiproblemi di accessibilità emobilità. Al riguardo le misure previ-ste intendono garantire lamaggiore accessibilità suferro del flusso pendolare inentrata e in uscita dal siste-ma romano, promuovere imezzi a trazione pulita per iltrasporto pubblico nelle cittàcaratterizzate da maggiorecongestione e inquinamentoatmosferico. A tal fine gliinterventi si prevede saran-no selezionati all’internodelle “Linee Guida del PianoRegionale della Mobilità, deiTrasporti e della Logistica” edalla pianificazione locale inmateria (PROIMO–Programma Integrato dellaMobilità del Comune diRoma, PUM – Piano Urbanodi Mobilità, altri strumentidi pianificazione). In parti-colare per quanto concernel’area metropolitana romana,le attività saranno coordina-te all’interno di uno specifi-co Accordo di ProgrammaQuadro che coinvolgerà isoggetti istituzionali compe-tenti per territorio e permateria.E’ evidente che, data l’esten-sione e la densità del territo-rio regionale interessato aglispostamenti quotidiani chehanno come origine e desti-nazione l’area romana, siagli interventi diretti di raf-forzamento infrastrutturalevolti ad un maggior gradodi efficienza del serviziopubblico sia quelli rivolti adincentivare l’uso di mezzi ditrasporto a basso impattoambientale dovrebbero esse-re inseriti in un piano o inun Quadro di riferimentoterritoriale. Un aspetto che sembra non

emergere è la promozione diuna progettualità in gradodi valorizzare le potenzialitàterritoriali e finalizzata asostenere crescita e sviluppo.Questo aspetto è invece unodei più rilevanti della politi-ca regionale per la realizza-zione di interventi di quali-tà, rispondenti alle esigenzedel territorio e coerenti conla strategia del QuadroStrategico Nazionale (QSN)2007-2013. Inoltre un temanon valorizzato riguarda ilriconoscimento del poten-ziale di crescita e sviluppodelle città che ha portato nelQSN alla definizione di unaPriorità per la Competitivitàe Attrattività di città e siste-mi urbani (n.8) che indivi-dua gli obiettivi, le modalitàdella programmazione per losviluppo di aree metropoli-tane e di reti intercomunali.Tale scelta, invece, se attua-ta e condivisa in ambitoistituzionale, avrebbe potutorafforzare e dare coerenzaad una pianificazione delterritorio che appare divisatra scelte meramente econo-miche e interventi estraneiad un contesto complessivodi policies. E’ questo inveceun tema – cioè il rilanciodelle politiche urbane - sulquale ci si aspettava una“nuova occasione” per lecittà e per le politiche disviluppo regionale nel com-plesso (Giannino).Un aspetto importante dasottolineare è lo scollamentotra gli strumenti di pianifi-cazione e le politiche di svi-luppo regionale: sul cosafare e sul come utilizzarequesti strumenti di pianifi-cazione. La Capitale haormai il suo piano regolato-re e il tema è il come le cen-tralità passono assumere unruolo rispetto al Comune diRoma, non solo localizzandoresidenze. Oggi il territorioregionale ha ormai un

EventiEventi

Le politiche di sviluppodella Regione Lazio

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mosaico di piani la cuiattuazione è in una faseavanzata (i piani provincialidi Frosinone, di Viterbo, diRieti, di Roma recentementeadottato, di Latina in fase dichiusura). Il piano regionalepaesistico è stato adottato,con evidenti indicazioni diindirizzo dello spazio regio-nale, con l’introduzione diazioni, attività e opportunitàper il territorio. Le risorsedisponibili potrebbero anda-re a “pescare” in questi stru-menti di programmazione.La tavola rotonda ha evi-denziato l’importanza dellaprogrammazione economicache, in una logica redistri-butiva, vede le regioni incompetizione tra loro in ter-mini di nuove opportunità esviluppo sostenibile.In effetti la nuova program-mazione ha promosso unanuova governance che intanti casi si è dimostrataun’esperienza moto benriuscita. Il rafforzamento deldialogo con il partenariatoistituzionale ed economico esociale, oltre che la dimen-sione dei fondi disponibili,ha consentito di program-mare sia i fondi comunitariche il FAS, Fondo AreeSottoutilizzate, in una logicadi programmazione integra-ta, che potesse restituirecoerenza ad ancora evidentidifferenze di sviluppo traterritori. Un territorio chevede rafforzarsi i sistemiurbani in un nuovo concettodi urbano legato ai fenome-ni territoriali diversi che necostituiscono la strutturastessa. Questi concetti silegano alle politiche dell’in-novazione che modificano lastruttura del nostro sistemainsediativo e produttivo eche rispondono ad unadomanda pubblica di inno-vazione. Anche il concettodi mobilità sembra contrad-distinguere le nostre città

che sembrano caratterizzateda “policentrismo” o permeglio dire da “diradamentourbano”, che porta a definirel’ingorgo una risorsa perchéè la molla che consente diprogettare.In conclusione è sembratoutile ribadire che non sonopassati invano questi 20anni. Che un sistema diregolazione delle trasforma-zioni c’è. Che scelte etiche visono state individuate. Chesi intravede un minimo sce-nario strategico che affrontila pressione sociale deglispazi urbani. Che la nuovaprogrammazione può costi-tuire un “utile orizzonte disenso”.

* Architetto, Inu Lazio.

**Comitato scientifico: VittorioCaporioni, Marco Cremaschi, CarmelaGiannino, Simone Ombuen. RobertoPallottini, Michele Talia.

Urbanistica INFORMAZIONI

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Corso di Laurea in“Verde Ornamentale e Tutela del Paesaggio”Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna

Corso di Laurea nato per rispondere all’esigenza di formare unafigura nuova, il tecnico degli spazi verdi e del paesaggio, unospecialista nelle tematiche del verde in un più ampio contestodi tutela e valorizzazione del paesaggio e di perseguimentodegli obiettivi ambientali promossi dall’Unione Europea.

A partire dal prossimo anno accademico 2008/09 il Corso siattiverà infatti in una veste rinnovata, frutto di un’ottimizza-zione dell’articolazione del corso stesso rispetto a quantoattualmente in essere.Il corso, della durata di tre anni, forma un tecnico in grado disvolgere attività professionale nei settori delle produzioni flo-rovivaistiche, della pianificazione, progettazione, gestione erealizzazione del verde e del paesaggio, operando interventisugli spazi aperti e l’ambiente alla scala puntuale e di paesag-gio. Al termine del corso il laureato può inserirsi nel mondo dellavoro, o proseguire i propri studi in una laurea magistrale, inun corso di alta formazione o in un Master di primo livello.

MACRO AREE TEMATICHE- pianificazione territoriale delle politiche di tutela, conserva-zione e trasformazione del paesaggio- progettazione paesaggistica a diversi livelli - da quella delsingolo spazio verde a quella di paesaggio- produzione florovivaistica per la realizzazione di spazi verdie di opere di paesaggio

PROFILOCompetenze specifiche e trasversali nei campi della botanicaornamentale, dell’agronomia, dell’arboricoltura e della fitopa-tologia, del verde urbano, sportivo e ornamentale, del florovi-vaismo, della paesaggistica, della progettazione e del restaurodi parchi e giardini. Conoscenze di economia e marketing checonsentono di valutare anche sul piano economico gli inter-venti sul verde.

PPrreessiiddeennzzaa ddeell ccoorrssooProf. Patrizia TassinariUniversità di Bologna - Facoltà di AgrariaViale G. Fanin 48 - 40127 BolognaTel: +39 051 2096170 - Fax: +39 051 [email protected]

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dell’autorità competente, acui a nostro avviso attribui-sce un ruolo forse troppoattivo nellapianificazione/programma-zione.L’endoprocedimentalità dellaVAS non ci sembra suffi-cientemente garantita dallabipartizione del processo diPianificazione/VAS tra auto-rità competente e autoritàprocedente. Il retaggio della VIA si per-cepisce forse troppo nel lin-guaggio utilizzato: oltre afare riferimento, invece cheagli “effetti” sull’ambiente,ancora agli “impatti”, (ter-mine quest’ultimo non pro-priamente ascrivibile a pianio programmi), il testo ripro-pone il ben noto errore ditraduzione dalla versioneinglese/francese della diret-tiva, riportando in augequindi la “valutazione” delrapporto ambientale.L’impressione generale chene traiamo è quindi di untesto discreto ma necessaria-mente migliorabile, ancorafiacco in alcuni concetti e aprima vista forse eccessiva-mente macchinoso nellospacchettamento delle com-petenze, senza un coordina-mento con la parte III del“nuovo” correttivo.I commenti del Gruppo diStudio VAS si focalizzano sualcuni punti critici.Il primo rilievo riguarda ladefinizione dei ruolidell’Autorità competente edell’Autorità procedente.In estrema sintesi, secondo iltesto MATTM2 i soggetti cheintervengono nel processo diVAS sono: - autorità competente (lapubblica amministrazione3

cui compete l’adozione delprovvedimento di verifica diassoggettabilità, l’elabora-zione del parere motivatonel caso di valutazione dipiani e programmi e l’ado-

zione del provvedimento divalutazione d’impattoambientale nel caso di pro-getti); - autorità procedente (lapubblica amministrazioneche elabora il piano/pro-gramma soggetto alle dispo-sizioni del decreto, ovveronel caso in cui il soggettoche predispone il piano/pro-gramma sia un diverso sog-getto pubblico o privato, lapubblica amministrazioneche recepisce, adotta oapprova il piano, program-ma);- proponente (il soggettopubblico o privato che ela-bora il piano, programma oprogetto);- soggetti competenti inmateria ambientale (le pub-bliche amministrazioni che,per le loro specifiche com-petenze o responsabilità incampo ambientale, possonoessere interessate agli impat-ti sull’ambiente dovutiall’attuazione dei piani, pro-grammi o progetti).L’impostazione del processodi VAS ci sembra essereeccessivamente spostatosull’Autorità competente(ovvero quell’autorità concompetenze ambientali a cuiil testo MATTM assegna unruolo fondamentale nellosvolgimento della VAS), intal modo sbilanciando l’inte-ro processo di pianificazio-ne/programmazione, quasi ascapito dell’autorità proce-dente. L’autorità competente,secondo il testo delComitato si esprime:- sull’assoggettabiltà delpiano o programma alla fasedi valutazione;- sugli approfondimenti dacondurre e la qualità delrapporto ambientale;- sulla proposta di piano oprogramma e sul rapportoambientale tenuto conto deipareri dei soggetti compe-tenti in materia ambientale e

Alessandra Fidanza*

Osservazioni del gruppo Vasdell’Inu**

L’entrata in vigore dellaparte II del Dlgs 152/2006,relativa a VIA e VAS, è stataposticipata, attraverso variprovvedimenti, al 31 luglio2007, data entro la quale sisarebbe dovuto perfezionarel’iter legislativo del decretocorrettivo. Purtroppo, inoccasione di quest’ultimascadenza non è stato possi-bile reiterare la proroga, enel frattempo, scaduti anchei termini per l’approvazionedel correttivo sui rifiuti, ilConsiglio dei Ministri del 13settembre 2007 ha approva-to in prima lettura un nuovoschema di decretolegislativo1, nel quale sonostate trasfuse le norme inmateria di rifiuti e valuta-zione ambientale. Il nuovocorrettivo dovrà ora percor-rere tutto l’iter delle appro-vazioni da parte delGoverno e delleCommissioni parlamentari.Mentre aggiorniamo il pre-sente commento alla nuovaversione dello schema didecreto (Settembre 2007), èquindi in vigore il testo ori-ginario della parte II del d.lgs. 152/2006. Un bel pro-blema, soprattutto per quelleregioni che da tempo “prati-cano” la VAS rifacendosiessenzialmente alla direttiva

2001/42/CE, emanata bensei anni or sono. Sei anninon sono stati sufficienti perpervenire ad una codificacondivisa della valutazioneambientale di piani e pro-grammi. Ammettiamo che la sistema-tizzazione di alcune azionirichieste dalla VAS non siaun puro esercizio formalefacilmente e direttamenteapplicabile nel nostro Paese,dove una molteplicità disoggetti intervengono, avario titolo e in varie fasi,nei processi di pianificazio-ne e programmazione, che sislabbrano spesso in millecontrapposizioni di poteri einteressi. La partecipazione del pub-blico e l’effettiva “trasparen-za” nei processi di pianifica-zione/programmazione,come richiesto dalla VAS,sono esercizi molto più sem-plici in altri contesti, comead esempio quello anglosas-sone dove è chiara l’attribu-zione di “chi fa cosa” e“quando” nel processo dipianificazione. La stessadirettiva 2001/42/CE risentefortemente dell’imprintinganglosassone.Per quanto attiene alle com-petenze, il decreto correttivoche qui commentiamo nonpuò far altro che individuaregenericamente la categoria

InuInu

Il testo di revisione delDlgs 152/2006, la Vas

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delle osservazioni del pub-blico interessato, nonchésull’adeguatezza del piano dimonitoraggio.Essa inoltre:- individua e consulta, insie-me all’autorità procedente, isoggetti con competenza inmateria ambientale e il pub-blico interessato; - raccoglie pareri e osserva-zioni; - verifica e decide se assog-gettare a valutazione il P/P- valuta e al termine espri-me un parere motivato; - collabora con l’autoritàprocedente per revisionare ilP/P ed il RapportoAmbientale. Riteniamo che il testoMATTM dovrebbe ricondurrequeste attività in capo alsoggetto titolare della pote-stà pianificatoria/program-matoria: l’Autorità proce-dente. Essa è il soggetto piùindicato per indire e gestireuna conferenza di pianifica-zione-valutazione.Il processo di VAS dovrebbeessere avviato, gestito econcluso dall’autorità proce-dente, coadiuvata dall’auto-rità competente, proprio per-ché questo processo dovreb-be essere connaturato alpiano o al programma. Soloin tal modo, infatti, cisarebbe una reale integra-zione tra valutazioneambientale e pianificazio-ne/programmazione. L’autorità competentedovrebbe collaborare conl’autorità procedente a favo-re del buon andamento dellaprocedura, nonché esprimereun proprio parere, come tuttigli altri soggetti con compe-tenza in materia ambientale.Il suo parere, nella fase discoping, sarebbe comunquedi rango superiore rispettoalle altre autorità, divenendovincolante qualora essa nonconcordasse con la decisionedell’autorità procedente di

escludere un piano o pro-gramma dalla valutazioneambientale. Il gruppo VAS suggerisce dirivedere le assegnazionidelle competenze, cercandodi non appesantire i proce-dimenti di elaborazione dipiani/programmi, e di ren-dere il ruolo dell’autoritàcompetente, vincolante, fun-zionale al buon andamentodei procedimenti propri dellaPubblica Amministrazione.Come gruppo VAS dell’INUriteniamo che una siffattaimpostazione possa andare ascapito del buon andamentodei procedimenti ammini-strativi, rischiando di molti-plicare i passaggi burocraticiinvece di snellirli, nonché dirallentare i già lunghi tempidella pianificazione in Italia.Nel testo MATTM, all’art. 11c. 1 lett. d), viene impegataancora la locuzione “valuta-zione del rapporto ambien-tale”. L’utilizzo del terminevalutazione non è corretto,in quanto, come già sottoli-neato nel documento INU-Gruppo VAS del 20064, ilrapporto ambientale non va“valutato” ma “tenuto inconsiderazione” per la deci-sione finale di approvazionedel piano/programma.L’autorità procedente, poi, èchiamata a “collaborare”con l’autorità competente. IlGruppo VAS ritiene anchequi che i ruoli andrebberoinvertiti, pur mantenendoquanto sancito dalla secon-da parte del comma 2 del-l’art. 15, ovvero che,comunque, l’autorità compe-tente deve esprimere unparere motivato. L’uso del termine “impatti”,all’interno di tutta la ParteII, indistintamente per piani,programmi e progetti non èa nostro avviso corretto, inquanto solo i progetti posso-no avere “impatti” sull’am-biente, essendo relativi a

strutture che si calano sulterritorio e operano necessa-riamente un “impatto”, siaesso positivo o negativo. Per quanto riguarda, invece,i piani ed i programmi è piùcorretto utilizzare il terminedella Direttiva 2001/42/CE:“effetti”. Gli indirizzi e lenorme di un piano o pro-gramma, infatti, possonoprodurre, più propriamente,“effetti” positivi o negativisull’ambiente.Si suggerisce, dunque, disostituire il termine “effetti”al posto di “impatti” all’in-terno di tutta la Parte IIogniqualvolta si tratta dipiani o programmi.Il testo lascia il dubbio chela Verifica sia una fase dellaVAS e che dunque sia daeffettuarsi sempre. Siccome,invece, essa è da effettuarsisolo per taluni piani o pro-grammi sarebbe auspicabileuna maggiore chiarezza. Non condividiamo la defini-zione di “consultazione”perché più consona alla par-tecipazione, come insieme diforme di informazione econsultazione. Suggeriamodi eliminarla in quanto esi-ste un intero articolo dedi-cato alle consultazionioppure di scambiare “parte-cipazione” con “consultazio-ne” e viceversa all’articolo 5c.1 lett. t).In ragione di ciò suggeriamodi cambiare il titolo dell’ar-ticolo 14 (Consultazione) in“Partecipazione”.Il testo MATTM, inoltre, nonprevede una consultazionespecifica dei soggetti concompetenza ambientale e delpubblico interessato, comeprevisto dalla Direttiva, mauna messa a disposizione ditutti. Non comprendiamoquindi perché nelle defini-zioni ci sia il pubblico inte-ressato se poi non viene evi-denziato il momento in cui èconsultato. Si dovrebbe

inoltre prevedere di indivi-duare dei criteri specifici perindividuare il pubblico inte-ressato.Non è ben chiaro il momen-to in cui viene effettuato ilmonitoraggio. Esso non sieffettua materialmentedurante il processo di VAS,in quanto viene avviatodurante l’attuazione delpiano o programma.Tuttavia nel RapportoAmbientale devono esserecontenute le misure deciseper il monitoraggio e quan-do, a termine del processo diVAS, deve essere data infor-mazione circa il piano oprogramma adottato, il rap-porto ambientale prodotto ela dichiarazione di sintesi,devono essere rese pubblicheanche le misure adottate peril monitoraggio.

* Inu Lazio.** Hanno contribuito: Maria Cerreta,Pasquale de Toro, Imma Laltrelli, SoniaOcchi, Corrado Zoppi.

Note1. Schema di decreto legislativo recanteulteriori disposizioni correttive ed inte-grative del decreto legislativo 3 aprile2006, n. 152, recante norme in mate-ria ambientale, disponibile sul sito webdel gruppo VAS2. Cfr. Schema di decreto legislativo<…>”, Art. 5 (Definizioni), lettere da q)a t).3. Cfr. Schema di decreto legislativo ...,(cit.), art. 7, cc. 5 e 6: 5. In sede stata-le, l’autorità competente è il Ministerodell’ambiente e della tutela del territo-rio e del mare. 6. In sede regionale,l’autorità competente è la pubblicaamministrazione con compiti di tutela,protezione e valorizzazione ambientalea tal fine designata dalle regioni edalle province autonome.4. INU–Gruppo di studio VAS, Letturacritica del “recepimento” della direttiva2001/42/CE (VAS) nel d.lgs.152/2006, recante “Norme in materiaambientale”, Maggio 2006.

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Sezione III - Doveri edobblighi verso il cliente

§§ 11.. Disposizioni generali3.01.01 Prima di accettareun incarico, il pianificatoreterritoriale deve tenere inconsiderazione i limiti dellesue attitudini, delle sueconoscenze e dei mezzi dicui dispone rispetto, in par-ticolare, all’importanza, alcarattere od a motivi diurgenza dell’incarico daintraprendere. Deve ancheassicurarsi che gli elementid’informazione necessarisiano disponibili e che pos-sono essere acquisiti e/o for-niti.3.01.02 Il pianificatore terri-toriale non può precludereal committente il diritto diconsultare un collega, uniscritto ad un altro ordineprofessionale, o un’altra per-sona, comunque, competen-te.3.01.03 Il pianificatore ter-ritoriale deve astenersi dal-l’esercizio professionaleallorquando vi sono condi-zioni o motivi suscettibiliche possano comprometterela qualità dei suoi serviziprofessionali. 3.01.04 Il pianificatore terri-toriale deve cercare di fissa-re una relazione di fiduciareciproca tra sé stesso ed ilproprio cliente. A tale scopo,deve, in particolare, astener-si di esercitare la professionein modo impersonale. 3.01.05 Il pianificatore terri-toriale deve astenersi diintervenire negli affari per-sonali del cliente per nonrestringere indebitamentel’autonomia di quest’ultimo.

§§ 22.. Integrità 3.02.01 Il pianificatore terri-toriale deve assolvere i pro-pri obblighi professionalicon assoluta integrità.

2.02 Nell’esercizio professio-nale, il pianificatore territo-riale, deve tenere in consi-derazione l’insieme delleeventuali e prevedibili con-seguenze che possono averele sue scelte contenute inpiani, programmi, studi,ricerche, atti di panificazio-ne territoriale, urbanistica,ambientale e lavori, in gene-re, sulla società, ed in parti-colare, nell’interesse genera-le della popolazione interes-sata direttamente o indiret-tamente da tali lavori. 2.03 Nell’esercizio professio-nale, il pianificatore territo-riale deve anche tenereconto della qualità dellospazio e dei luoghi interes-sati e deve sempre conside-rare il territorio, nel signifi-cato più ampio del termine,come una risorsa naturaled’interesse pubblico, limitataed insostituibile. 2.04 Per ogni opzione studia-ta, nell’ambito di un progettoo di un atto di pianificazione,il pianificatore territorialedeve informare la committen-za sulle conseguenze che cia-scuna opzione di scelta puòavere sulla popolazione e sulterritorio, tanto in quelloimmediatamente interessatodalla pianificazione che neiterritori esterni ma intercon-nessi o correlati con l’atto dipianificazione. 2.05 Il pianificatore territo-riale deve favorire le inizia-tive di istruzione, approfon-dimento, formazione edinformazione nel settore incui esercita, cosa che costi-tuisce per lui un doveresociale. Eccetto che per vali-de ragioni, deve anche, nel-l’esercizio della professione,predisporre atti ed iniziativeappropriati affinché siafavorita tale funzione di for-mazione, istruzione edinformazione permanente.

L’Assurb, in vista della pre-disposizione di appositiCodici deontologici per lenuove figure professionaliinserite in appositi Ordini,dopo aver richiamato le pre-messe (UI 216), propone ilseguente testo che si fondasu tre presupposti: a) che ipianificatori territoriali eurbanisti hanno un ruolocostituzionalmente rilevante(art. 117) perché il lorolavoro è destinato a prende-re corpo all’interno di un’a-zione di livello istituzionale;b) che i pianificatori territo-riali e urbanisti esercitano laloro professione esclusiva-mente nel dominio pubblico,dunque nell’interesse gene-rale, quindi il loro operareha come fulcro di riferimen-to il patrimonio e i benicomuni; c) che i pianificato-ri territoriali e urbanistihanno responsabilità nonsolo verso la loro clientela,quanto anche verso pubblicoe, soprattutto, verso le gene-razioni future, per questodevono esercitare la profes-sione in modo etico eresponsabile. (gdl)

Sezione I - Disposizionigenerali

1.01 Nel presente regola-mento, a meno che il conte-sto indichi un senso diverso,si intende con: a) “Ordine”: l’ordine profes-sionale degli architetti, pia-nificatori, paesaggisti e con-servatori; b) “pianificatore territoria-le”: una persona che detienel’abilitazione all’esercizioprofessionale e che è iscrittaal relativo Settoredell’Ordine. 1.02 Le leggi ed i regola-menti interpretativi con leloro modificazioni presenti efuture, si applicano nel pre-sente regolamento.

Sezione II - Doveri edobblighi verso il pubblico

2.01 Il pianificatore territo-riale deve, eccetto per validee motivate ragioni, sostenereogni misura suscettibile dimigliorare la qualità e ladisponibilità dei servizi pro-fessionali nel settore in cuiesercita.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Codice di Deontologia dei pianificatori territoriali italiani

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ritoriale ha il dovere diesporre al cliente in modocompleto ed oggettivo lanatura e la portata dei pro-blemi che, a proprio parere,costituiscono un insieme difatti e circostanze determi-nanti di cui è a conoscenza. 3.02.07 Il pianificatore terri-toriale deve astenersi daesprimere pareri o emettereconsigli contraddittori oincompleti. A tale scopo,deve cercare di essere acompleta ed approfonditaconoscenza di fatti e circo-stanze, prima di esprimereun parere o un consiglio. 3.02.08 Il pianificatore ter-ritoriale deve informare, nonappena possibile, il clientedi ogni errore pregiudizievo-le e difficilmente riparabileche ha commesso nell’esple-tamento dell’incarico profes-sionale.3.02.09 Il pianificatore ter-ritoriale deve svolgere conimpegno e cura l’incaricoaffidatogli e non deve divul-gare notizie riservate di cuiviene a conoscenza o che glivengono riferite né può uti-lizzare queste per finalitàdiverse da quelle per le qualiè stato incaricato. 3.02.10 Il pianificatore terri-toriale quando viene aconoscenza durante l’esple-tamento dell’incarico di ogniatto illegale che può portareun beneficio al cliente stessodeve avvertirlo.

3.02.02 Il pianificatore ter-ritoriale deve evitare qual-siasi rappresentazione falsatanto rispetto alle propriecompetenze quanto all’effi-cacia dei propri servizi pro-fessionali. Se il bene delcliente lo esige, deve, suautorizzazione di quest’ulti-mo, consultare un collega,un membro di un altro ordi-ne professionale od un altroprofessionista competente, oindirizzarlo verso una diqueste persone. 3.02.03 Il pianificatore ter-ritoriale deve, prima dell’ac-cettazione di un incarico,informare il cliente dell’am-piezza e delle modalità del-l’incarico. Se durante l’e-spletamento dell’incarico, siverificano fatti e nuove con-dizioni che possono influiree/o modificare l’ampiezza ole modalità dell’incarico ini-ziale, il pianificatore territo-riale deve adoperarsi diavvertire il proprio clienteed ottenerne, a tal proposito,il suo esplicito accordo. 3.02.04 Prima di accettareun altro incarico che inte-ressa parzialmente o total-mente un territorio sul qualeeffettua già uno studio, ilpianificatore territorialedeve informare tutte le partiinteressate ed ottenere a taleriguardo il loro esplicitoaccordo o consenso. 3.02.05 Parimenti nonappena viene a conoscenzache l’oggetto dell’incaricocontrattuale che gli propon-gono o che sta svolgendoriguarda il territorio di perti-nenza o interessato in tuttoo in parte con un incarico infase di esecuzione affidatoad un altro collega o profes-sionista, il pianificatore ter-ritoriale deve informare lacommittenza ed il collega oprofessionista incaricato. 3.02.06 Il pianificatore ter-

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The Town PlanningReview centenary

Call for papersCentenary Papers – AESOP

In 2010 the Town Planning Review will be celebratingits centenary. To mark this important milestone, theEditors are proposing to publish a series of reviewpapers that record and reflect on the state-of-the-artin a range of topics within the general field of townand regional planning. Appropriate topics includeurban regeneration, environmental planning and man-agement, strategic and regional planning, sustainableurban development, rural planning and development,transport planning, planning and urban governance,planning methods, planning theory, urban design,planning history and planning education. The review papers should be written for an interna-tional audience and should therefore communicate inclear straightforward English, avoiding wherever possi-ble the extensive use of academic and professional jar-gon. Papers may focus on research, on professionalpractice or on a combination of the two. The preferredlength of papers is 8,000 – 10,000 words.The Editors would welcome expressions of interest andwould be pleased to discuss the scope and content ofproposed papers. If you would like to contribute tothese centenary issues of the Review, please get intouch with one or other of the Editors before 30thSeptember 2008.

Submission deadline: 30th September 200

Professor Peter Batey:[email protected]

Dr David Massey:[email protected]

Professor David Shaw:[email protected]

Professor Cecilia Wong: [email protected]

Visit the official site: http://www.aesop-planning.com/

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a cura di Ruben Baiocco

Librie altrodettati da particolari condi-zioni culturali, civili, politi-che, climatiche. Modello cheviene esportato, in seguito,anche in altri continenti.Ricordando Braudel, Aymardci dice che a lungo la piazzaè stata il luogo dell’innova-zione culturale: luogo in cuisi stabiliscono le modalità direlazioni fra individui eluogo degli scambi, non solocommerciali, anche frapopolazioni lontane. Inquanto spazio reale e simbo-lico di civilizzazione e dellagaranzia dei diritti di citta-dinanza, la piazza è “meta-fora vivente” della lungadurata, configurandosi pro-prio sul lungo periodo comeuno spazio sorprendente-mente duttile capace dirispondere al cambiamentodi ruoli e funzioni.Il medesimo volume racco-glie le ampie e ben docu-mentate relazioni dei coor-dinatori nazionali dellaricerca. Tali contributi resti-tuiscono ampiamente icaratteri precipui assunti neltempo dalla piazza neirispettivi paesi –sopra elen-cati -, assumendo alcunicasi di studio accuratamenteselezionati e documentati asostegno delle rispettive ipo-tesi. Sebbene in questa pro-spettiva assuma notevoleimportanza l’aspetto patri-moniale dello spazio-piazza,ricordato appunto nel titolo(La Place, un patrimoineeuropéen), né i saggi intro-duttivi né quelli sui casi distudio scivolano mai versoretoriche conservative delmanufatto in sé, assuntocome cliché patrimoniale etipologico da salvaguardaree rianimare a tutti i costi inquanto “ipotetico paradisoperduto”. Le stesse relazioni prediligo-no l’opportunità di eviden-ziare attraverso descrizioniaccurate, sostenute da fonti

e documenti di prima mano,il continuo avvicendamentodi forme e tipi di piazze neisecoli che rispondonocoerentemente a differenti“requisiti prestazionali”meglio verificabili, per l’ap-punto, sul lungo periodo. Lapiazza non soltanto cambiavolto, ma lo cambia inragione delle continue solle-citazioni cui è “ciclicamen-te” sottoposta per risponderea concrete esigenze dei cit-tadini, con i quali intrattienerapporti che assumono unanatura processuale di fun-zionale reciprocità, d’idealericonoscimento e di sostan-ziale identificazione. Taliprocessi si misurano nellospazio della piazza in muta-zione, percorso da pratichesempre differenti ma con ununico e costante effetto:produrre cittadinanza.Il saggio di Luciana Miotto eJean-Pierre Muret, intitolato“Un futuro per la piazza inEuropa”, rileva la necessitàdi connotare il termine“patrimonio” al di là d’ogninostalgia passatista, focaliz-zando l’attenzione sul fattoche il destino della piazzanon è ciò che stato ma quel-lo che sarà o potrebbe esse-re; riprendendo ancora leparole di Aymard la piazzava considerata per moltepliciragioni “una sfida per il pre-sente”, una sfida, ritornandoquesta volta alle parole deidue autori del saggio prece-dentemente citato, che hainizio proprio nelle bestpractices poste in essere neiprogetti di riqualificazioneche questa ricerca ha messoin luce, in “quanto parte diun futuro possibile, in cuiuna migliore qualità dellospazio [della odierna piazza]possa identificare una realeconcentrazione di qualitàurbane e sociali” estendibiliall’intera città.In tal senso si comprende

Luciana Miotto (a cura di),La Place, un patrimoineeuropéen. Un état des lieuxdans cinq pays (Espagne,France, Grèce, Italie,Pologne) [The Square. AnEuropean Heritage],Fondation Maison desScience de l’Homme, Paris2007.

Franco Mancuso eKrzrysztof Kovalski (a curadi), Squares of Europe,Squares for Europe, [Placesd’Europe, Places pourl’Europe], JagiellonianUniversity Press, Cracovia2007.

I due volumi bilingue (fran-cese e inglese) in oggettomettono a frutto il lavorocondotto da un’equipe distudiosi provenienti da uni-versità e istituzioni di cin-que paesi (Spagna, Francia,Grecia, Italia, Polonia) nel-l’ambito di una ricercafinanziata dalla ComunitàEuropea che avuto comeoggetto di studio la piazza.Si tratta di una partnershipad hoc che, fra Europamediterranea e continentale,tenta – e a mio avviso viriesce – di riscrivere il ruologiocato e da giocarsi dallapiazza come elemento pri-mario nella costruzionedello spazio pubblico della

città. Conseguentemente,alla piazza si riconosce la“naturale” inclinazione, sto-ricamente determinata, nel-l’essere un supporto concre-to per rinnovabili processiidentitari fra cittadini ecittà: anche - e a ragione -per l’Europa contemporanea.

Maurice Aymard nella pre-fazione al primo volume, Lapiazza, un patrimonio euro-peo, chiarisce il perché lapiazza possa dirsi un’inven-zione spaziale europeamedievale, a partire dalleorigini greche, ellenistiche eromane. Come tutte leinvenzioni è il frutto di unasemplice ma risolutiva com-binazione di elementi giàesistenti: essa concentra,infatti, in un unico spazioquattro funzioni che primavenivano separate: il merca-to, le funzioni religiose, lavita pubblica e politica, einfine quella sociale. Questacompresenza ha da sempredato luogo ad una comples-sa trama di relazioni, scambie incontri fra persone.Siamo di fronte all’invenzio-ne di uno fra i più complessispazi relazionali della storiadella città che diviene benpresto anche un modellospaziale, ripetibile e ripetutoma che accentua, in ognioccasione, tratti singolari

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meglio il senso dello sforzodi includere nel medesimovolume un documento disintesi che raccoglie “trentaraccomandazioni/suggestioni– potremmo anche dire bestpractices – per creare o rin-novare piazze”, da conside-rare un primo quanto tangi-bile risultato della ricercasul piano operativo del pro-getto.La “Carta delle piazze euro-pee”, tale il titolo del docu-mento a cura di LucianaMiotto, Franco Mancuso eJean-Pierre Muret, descriveper punti il processo (diquestioni e di possibili solu-zioni) da seguire quando cisi appresti a progettare unanuova piazza o a rinnovarneuna già esistente. Si tratta diun documento indirizzato adamministratori locali, archi-tetti, urbanisti, pianificatori,promotori culturali e achiunque abbia a che farecon la costruzione o il rin-novo e la valorizzazione diuna piazza europea. La“Carta”, infatti, non solosollecita le attenzioni, lecure e gli interrogativinecessari al progetto dellapiazza ma sottende anche ilfatto che il mettervi manopotrebbe voler dire restituireall’Europa un nuovo spazioreale e concreto per lacostruzione della sua stessaidentità.

Il secondo volume “Piazzed’Europa, piazze perl’Europa”, curato da FrancoMancuso e KrzrysztofKovalski, funge da catalogoalla mostra che restituisce leesperienze piuttosto recentidi progetto (di riqualifica-zione e rinnovo o ex-novo)della piazza, descrivendo eillustrando sessanta casi distudio estesi all’intera com-pagine delle nazioni euro-pee.Si evince dagli articoli che

illustrano e commentano icasi presi in esame il ruolostrategico che può assumerela piazza nel progetto enella costruzione di scenaridi un’intera città o di consi-stenti settori di essa. Il pro-getto della piazza (che con-sista nel rinnovarne una esi-stente o crearne una nuova,o che avvenga in una gran-de città o in una piccola)costituisce un’operazioneche sottende il fine di rin-saldare attraverso la defini-zione di uno specifico spazioil senso di appartenenza deicittadini nei confronti dellacittà o di un ambito territo-riale; per questo agire inuno spazio circoscritto comela piazza, relativamente pic-colo, spesso significa predi-sporre le condizioni per ilverificarsi di ripercussioniche coinvolgono l’interacittà.Ma occorre guardare oltreun’apparente e inconfutabilelinearità del senso di operareuna selezione di piazze sto-riche rimaste tali o che sirinnovano e si trasformanonel tempo e piazze di nuovacreazione per scorgere l’ipo-tesi fondante dell’interaricerca: ragionare intornoalla piazza significa sempreragionare sulla città - esulla sua forma -, qualora siassuma quest’ultima comeespressione dell’articolazionecomplessa di spazio pubbli-co. Se è lo spazio pubblico“a fare città”, la piazza per-mane ancora oggi come ilpiù nitido spazio pubblicodella città stessa, anche se lasua fortuna in tal senso èalterna nel tempo così comeè alterno il grado d’attenzio-ne e di disattenzione ad essadedicato. Riconoscere allapiazza un tale ruolo signifi-ca anche assumere l’interoportato critico che concernela riflessione sullo spaziopubblico contemporaneo e i

suoi continui processi diattribuzione di significato; eciò proprio a fronte sia dellareale erosione del ruolostrutturante dello spaziopubblico e della sua perditadi significato, sia dell’atten-zione in tal senso che dadecenni ormai riserva adesso una cospicua letteraturadi matrice sociologica, sia,ancora, delle retoriche iper-realiste dell’urbanistica con-temporanea, che da quellaletteratura sembrano avermutuato prevalentementealcune modalità discorsive,per affrettarsi a sancireprima del tempo il totaledeclino del pubblico e deglispazi in cui esso ha conti-nuato a rappresentarsi neltempo. Spazi come la piaz-za, infatti, sarebbero datempo sostituiti da altri luo-ghi o superluoghi – privati –che ne dovrebbero fare leveci.Della fortuna alterna dellapiazza come tema proget-tuale ma soprattutto dellasparizione della piazza dagliinteressi della disciplinaurbanistica nel secondodopoguerra parla il saggio diFranco Mancuso, “Piazze espazio pubblico nella cittàeuropea: alla ricerca diparadigmi e buone praticheper il progetto urbano”; unasparizione, questa, coinci-dente con il disinteresse neiconfronti della qualità dellospazio urbanizzato e moti-vata dal prevalere, nellaredazione di master plans,di strumenti come standardse zoning. Ma il saggio cidice anche che la piazza,proprio a fronte di certi pro-cessi di individualizzazionedella società, è ancora unospazio privilegiato dove spe-rimentare possibili soglie esoluzioni mediane del rap-porto fra spazio pubblico edusi privati o maggiormentespecializzati. Ed è forse

anche per questo che il pro-cesso di appropriazione dellapiazza da parte di chi la usasi basa sia sulla percezionedi concreti livelli di comfortche un buon design puòoffrire e sia su di una preci-pua disposizione mentaledegli stessi utenti alla condi-visione. In tal senso la ripre-sa di un interesse recente,non solo disciplinare, per lapiazza, di cui questo testorende atto, trova una moti-vazione nel fatto che nellacittà contemporanea si regi-stra una domanda crescentedi spazio pubblico, le cuidimensioni simboliche emateriali risultano adeguateal fine di attivare quella dis-posizione mentale nei citta-dini europei di oggi e didomani.In ultimo si ricorda che ilvolume si chiude con unpregevole tentativo di com-parazione, per mezzo direstituzioni grafiche di sin-tesi, di ogni singolo caso distudio, corredato da unmirato apparato iconografi-co e da brevi relazioni cheinvitano a rilevare la reci-procità del processo d’acqui-sizione di senso del progettodi una piazza: dal riconosci-mento di un contesto urba-no alla piazza e dalla piazzaalla città, e perché no al ter-ritorio.

Ruben Baiocco

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Urbanistica INFORMAZIONI

CIPRA (CommissioneInternazionale per laProtezione delle Alpi), NOIALPI! Uomini e donnecostruiscono il futuro, (3Rapporto sullo stato delleAlpi). Cipra-CDA & VivaldaEditori, Torino 2007, pp.304,ill. b/n, 24.90 euro.

È stato recentemente pubbli-cato dalla CIPRA il terzoRapporto sullo stato delleAlpi. La CIPRA,Commissione per laProtezione delle Alpi, èun’organizzazione nongovernativa internazionale,fondata nel 1952, che hacome compito istituzionalequello di promuovere laadozione e la messa in pra-tica della Convenzione delleAlpi. La Convenzione, che siarticola in diversi protocollitematici, è volta a stabilirealcuni principi chiave dellagestione comune dellaregione alpina, definendoalcuni obiettivi comuni disostenibilità che gli Statidelle Alpi sono chiamati acondividere. La CIPRA simuove con iniziative molte-plici, ma è sul fronte dell’in-formazione e della divulga-zione che si è concentrato ilsuo impegno in questi ultimianni. Tra le iniziative avvia-te in questo senso(l’Accademia estiva “obietti-vo sulle Alpi”, l’organizza-zione dell’appuntamentointernazionale “AlpineWeek” e molte altre) laCIPRA pubblica i “rapportisullo stato delle Alpi”, a cuiè affidato il compito di fareperiodicamente il puntosulla situazione della regio-ne alpina e sottoporre allariflessione pubblica le que-stioni più urgenti.Dopo il primo (1998) e ilsecondo Rapporto (2002),editi dalla CIPRA con il CDA(Centro DocumentazioneAlpina) di Torino, questo

nuovo volume, pubblicatodal nuovo gruppo editorialefrutto della fusione tra ilCDA e la Vivalda Editori,assume una veste nuova eaccattivante ed è dedicato ingran parte alla diffusionedegli esiti di una interessan-te iniziativa conclusasi loscorso anno, denominata“Futuro nelle Alpi”. Si trattadi un lavoro di indagine chela CIPRA ha avviato, grazieanche alla partecipazione adalcuni progetti europei, perla raccolta di conoscenzetecniche e scientifiche sulmondo alpino. L’obiettivo èquello di concorrere allapromozione di uno svilupposostenibile delle Alpi, basatosulla condivisione di infor-mazioni e di esperienzepositive, che aiutino le gentialpine a costruire il propriofuturo nel loro territorio. Nonostante siano al centrodell’Europa, le Alpi soffronoinfatti di un ormai lungoprocesso di marginalizzazio-ne rispetto alle aree circo-stanti urbane di pianura,economicamente più ricchee culturalmente dominanti.La cultura urbanocentricadella società postindustrialesembra percepire le areemontane solo come riservadi biodiversità, d’acqua e dimaterie prime, come ostaco-lo da superare (si pensi alproblema del traffico diattraversamento su gomma)o come spazi per il tempolibero. Il vertiginoso proces-so di spopolamento e decli-no demografico che ha inte-ressato questo territorio nelNovecento non si è esauritoe oggi, nonostante la popo-lazione delle Alpi complessi-vamente aumenti, cresconole sacche di abbandono nellearee più marginali. Gli stessiabitanti delle Alpi a spessopercepiscono il loro territo-rio come perdente, incapacedi offrire opportunità e di

supportare processi innova-tivi. Nonostante tutto il territorioalpino ospita però numeroseesperienze innovative che -se condivise – potrebberorappresentare occasione disviluppo. “Futuro nelle Alpi”ha lavorato proprio sulparadigma emergente delle“buone pratiche” proponen-dosi di far conoscere lemigliori iniziative che nelterritorio alpino si sforzanodi armonizzare la protezionedella natura, i bisogni dellapopolazione e gli obiettivieconomici, mettendo in retele conoscenze più recentiprovenienti dalla ricerca e ilsapere pratico basato sulleesperienze. Proprio l’idea dicambiare l’immagine delleAlpi mi sembra stia allabase di questo progetto e delvolume che lo illustra, cheha al centro, come anche iltitolo testimonia, non solo ilterritorio, ma la gente che loabita e contribuisce acostruirlo e a conservarlo.L’edizione plurilingue di NoiAlpi! si inserisce nellamigliore tradizione diCIPRA, sempre attenta apromuovere l’uso e la cono-scenza delle principali lin-gue delle Alpi.

Viviana Ferrario

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Urbanistica DOSSIER103Paesaggio, ambiente,territorio aperto trapianificazione egorvernance. Casi nelLazio

a cura di Anna Laura Palazzo

Urbanistica DOSSIER102Il nuovo piano.Marche: problemi epratiche

a cura di Maurizio Piazzini

Nel prossimo numero:

Riqualificazione urbana eambientale

Politiche nel mezzogiorno

Rassegna

14 Libri (218) 30-06-2008 10:35 Pagina 96