U1011t3n456 bambino lingua_scritta

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Servizio Scuola Materna Il bambino e la lingua scritta Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere Materiale di documentazione del percorso di formazione congiunta rivolto a docenti delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate e delle scuole elementari della provincia di Trento Anno scolastico 2001 – 2002 A cura di Maria Luisa Pollam con la collaborazione di Chiara Vegher e Anna Angelini Provincia Autonoma di Trento IPRASE del Trentino

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PROVINCIA AUTONOMA

DI TRENTO Servizio Scuola Materna

Il bambino e la lingua scritta

Un laboratorio per imparare

a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere

Materiale di documentazione del percorso di formazione congiunta rivolto a docenti

delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate e delle scuole elementari della provincia di Trento

Anno scolastico 2001 – 2002

A cura di Maria Luisa Pollam con la collaborazione di Chiara Vegher e Anna Angelini

Provincia Autonoma di Trento IPRASE del Trentino

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© 2003 by Provincia Autonoma di Trento – IPRASE del Trentino Tutti i diritti riservati Prima pubblicazione novembre 2003 Composizione & Grafica: TELESMA – Milano – Italia Stampa: ROTOOFFSET PAGANELLA s.n.c. - Trento Il bambino e la lingua scritta Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere p. 211; cm 24 ISBN 88 –86602-74-X

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INDICE

Prefazione 5

Parte prima QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO

Presentazione Maria Luisa Pollam 11

Il bambino e i processi di acquisizione

della Lingua Scritta Franca Rossi 17

Scrivere prima di scrivere,

leggere prima di leggere Mara Degasperi 21

Il curricolo di lingua Paola Calliari 27

I disturbi dell’apprendimento Livia Bonoli 41

Un laboratorio per imparare a leggere prima di

leggere e a scrivere prima di scrivere Mara Degasperi 57

I testi funzionali Patrizia Bortolotti 63

Parte seconda LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO

1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini

della lingua scritta

Che cosa sanno i bambini della lingua scritta? Franca Rossi 73

Attività progettate nel laboratorio e realizzate con

i bambini 76

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2. Attività per avvicinare i bambini alla

lingua scritta

Gli aspetti fonologici della lingua Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 93

Rilevare le incongruenze semantiche nel

contesto di una storia Franca Rossi 102

La produzione di testi scritti nella scuola

dell’infanzia Franca Rossi 113

La complessità del ruolo dell’insegnante

nell’organizzare e gestire un’attività Franca Rossi 126

Lavorare con le storie nel laboratorio Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 133

Lavorare sulle storie con le sequenze di

immagini Franca Rossi 140

Parte terza RIFLESSIONI FINALI

Le radici e le ali

La conoscenza e la libertà nel laboratorio Mara Degasperi 149

Punti di attenzione Patrizia Bortolotti 155

Il punto di vista dei docenti Maria Luisa Pollam 167

Riflessioni sui lavori dei laboratori Franca Rossi 173

Parte quarta LA DOCUMENTAZIONE

La documentazione delle attività

di lingua Franca Rossi 183

Appendice CONTRIBUTI

Quale approccio alla lettura prima di

leggere e alla scrittura prima di scrivere Patrizia Bortolotti 195

Bibliografia 209

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Prefazione

Il gruppo tecnico “Continuità materna-elementare” istituito dall’Iprase nel 1993, costituito da rappresentanti della componente sia docente sia direttiva delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate, della scuola elementare e della sovrintendenza, ha avuto fin dalla sua nascita come obiettivo principale quello di individuare modalità e strumenti per favorire il raccordo tra i due ordini di scuola.

Tra le varie iniziative avviate per sostenere e facilitare tale raccordo, vi è an-che l’attivazione di percorsi di formazione congiunta, così come previsto dalla delibera N. 13057 del 20.11.98 in cui la Giunta provinciale emana le direttive per la realizzazione della continuità e adotta lo strumento per il passaggio delle informazioni tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare.

Si ritiene infatti che la formazione congiunta, così come altre azioni - pas-saggio di informazioni, visite, momenti informativi e di scambio di materiali, progetti ponte, confronto metodologico e didattico, gestione di spazi comuni, costruzione di strumenti per l’osservazione e la valutazione, commissioni di lavoro - ciascuna delle quali tanto più efficace quanto più inserita in un piano articolato e condiviso di proposte, crei le condizioni per la continuità.

La formazione, infatti, prima ancora che per i contenuti di volta in volta toccati, è importante in quanto offre spazi di confronto e discussione rispetto a modalità di relazione con il/la bambino/a1, stili di insegnamento e di ap-prendimento, organizzazione degli spazi e dei tempi della didattica, strategie comunicative, attenzioni pedagogiche e così via al fine di condividere un’ipotesi educativa e un metodo di lavoro coerente in continuità.

Il bambino che passa da un contesto all’altro ha diritto a una continuità di metodi, strategie, attenzioni, criteri di valutazione dei risultati, modalità di ge-stione dell’errore, e ha diritto anche a veder riconosciuta una sua storia, a non

1 D’ora in poi il termine “bambino” verrà utilizzato in questa duplice accezione.

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PREFAZIONE

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ripartire ogni volta da zero: su questi elementi è importante che le/gli inse-gnanti2 delle due scuole si confrontino e riflettano se si vuole garantire a quel bambino un percorso unitario e senza fratture che si sviluppi secondo una lo-gica di progressività, essenzialità e continuità, con una specifica attenzione alle connessioni e ai raccordi.

Per dare risposta a questo tipo di bisogno e di attenzione, l’Iprase, in colla-borazione con il Servizio Scuola Materna della P.A.T. e la Federazione provin-ciale delle Scuole materne, ha attivato, nell’anno scolastico 2001/2002, due percorsi di formazione mirati alla realizzazione della continuità educativa, il primo più centrato su una continuità pedagogica, l’altro più su una continuità curricolare; è stato inoltre attivato un laboratorio – “Il laboratorio dell’arte” in collaborazione con il MART - mirato al confronto su contenuti, metodi, stra-tegie per affrontare il tema dei linguaggi e dei significati dell’arte.

Nello specifico questi i due percorsi di formazione attivati: 1. “Il bambino tra didattica intenzionale e didattica indiretta”, un per-

corso mirato all’individuazione e ricerca di pratiche operative coerenti che tengano conto e valorizzino l’intero percorso formativo del bam-bino;

2. “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, un percorso interatti-vo centrato sull’analisi ed approfondimento dei processi di concettua-lizzazione della lingua scritta in età prescolare.

I tre soggetti promotori intendono, con una serie di volumi, mettere a di-

sposizione dei docenti la documentazione di questi e di eventuali altri percor-si.

Si tratta di materiali che hanno il duplice scopo: di dare una restituzione del lavoro svolto a quelli che hanno partecipato all’esperienza, di sollecitare anche in altri una riflessione sulle tematiche affrontate e sulla possibilità di av-viare percorsi analoghi nel segno della continuità.

Per questo motivo, accanto alla presentazione delle attività svolte e che co-stituisce di fatto la memoria di quanto accaduto, sono stati recuperati contri-

2 D’ora in poi “gli insegnanti” verrà utilizzato per indicare sia la componente femmini-le sia quella maschile del corpo docente.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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buti utili a dare le ragioni e il senso delle scelte effettuate e, soprattutto, sono stati ricavati elementi di tipo metodologico che si prestano a una generalizza-zione e che come tali si ritiene possano essere utilizzabili anche in altri contesti e da parte di altri soggetti.

Il gruppo di progettazione si augura che il racconto ad altri di un’esperienza che per i docenti coinvolti è stata significativa possa attivare quel confronto e scambio di idee e prospettive che la documentazione rende possibile, facendo sì che un materiale - patrimonio di alcuni - diventi per altri strumento di lavoro e generatore di nuove esperienze.

Composizione del gruppo tecnico “Continuità materna-elementare”3

Roberto Fanini Dirigente scolastico - rappresentante della scuola elementare responsabile del progetto

Maria Luisa Pollam Insegnante in utilizzo, rappresentante dell’Iprase e coordinatrice del progetto

Clara De Boni O.P.P. - rappresentante della scuola elementare

Laura Bampi Funzionario – settore gruppo di studio - rappre-sentante della Sovrintendenza

Antonella Giurato Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale

Giuseppe Pesenti Coordinatore pedagogico - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale

Riccarda Simoni Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale

Chiara Vegher Insegnante di scuola elementare in utilizzo presso il Servizio Scuola Materna sul progetto continuità

Silvia Cavalloro Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata

Lorenza Ferrai Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata

Lara Gobbi Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata

Danila Moranduzzo Insegnante scuola dell’infanzia - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata

3 Dalla sua costituzione ad oggi il Gruppo tecnico ha subito modifiche nella sua com-posizione.

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PARTE PRIMA QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Presentazione di Maria Luisa Pollam

Ogni insegnante è consapevole del fatto che il bambino quando arriva a scuola ha già un suo bagaglio di esperienze e di conoscenze, sa già tante cose; non è altrettanto scontato che nel progettare le attività l’insegnante riesca a te-nerne conto veramente e che conoscere quello che il bambino sa incida sulle sue scelte metodologiche.

Che cosa può voler dire concretamente tener conto di quello che il bambi-no già sa e da lì partire? Che cosa può significare nella pratica un percorso coe-rente e continuo dal punto di vista metodologico?

Il percorso di formazione “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, che si è svolto nell’anno scolastico 2001-2002, ha inteso dare risposta proprio a questi interrogativi, partendo da un ambito in cui più che in altri c’è una tendenza a partire da zero e a non tener conto del fatto che il bambino, immerso com’è in un mondo ricco di parole, messaggi, produzioni scritte, ha iniziato un percor-so di riflessione e avvicinamento al codice scritto molto prima di arrivare alla scuola elementare.

Si tratta di un processo di acquisizione del codice che, come gli studi com-piuti in questo campo da Ferreiro e Teberosky prima, da altri studiosi italiani poi, hanno messo in luce, si sviluppa attraverso tappe ben precise, ma che non avvengono per tutti i bambini nello stesso momento. Bambini della stessa età, in base anche alla loro esposizione alla lingua scritta, possono trovarsi a livelli diversi di concettualizzazione, livelli che è utile che l’insegnante conosca per potersi inserire consapevolmente, utilizzando strumenti e strategie adeguate, con l’obiettivo ovviamente non di anticipare, ma di favorire tale processo at-traverso la creazione di un ambiente stimolante e l’attivazione di proposte che tengano conto di quella eterogeneità cognitiva che i bambini di una classe esprimono.

L’articolazione del corso prevede per questo momenti informativi di approfondimento e sviluppo di questi temi e di confronto tra i gruppi, alternati a momenti di laboratorio finalizzati alla individuazione di contesti

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PARTE PRIMA Presentazione

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significativi di apprendimento ed uso della lingua da attivare nelle due scuole nel segno della continuità.

Due i gruppi formati su base territoriale: docenti delle scuole dell’infanzia ed elementari di Trento e dintorni il primo; docenti delle scuole dell’infanzia ed elementari di Arco e Riva del Garda il secondo.

In questo volume viene presentata la documentazione del percorso e del lavoro svolto dai due gruppi che si sono incontrati con cadenza mensile da set-tembre 2001 a maggio 2002.

Nella parte introduttiva sono raccolti alcuni contributi utili a costruire quella cornice teorica entro cui inserire le proposte operative fatte nei labora-tori.

Nella parte centrale sono raccolte le esperienze fatte nelle diverse scuole a partire dalle sollecitazioni iniziali e organizzate in due sezioni:

1. le attività proposte per scoprire che cosa i bambini sanno rispetto alla

lingua scritta; 2. le attività che ha senso fare per avvicinare il bambino alla lingua scrit-

ta, sia quelle più di routine, sia quelle già conosciute ma proposte in altro modo, sia infine quelle più nuove. Per entrare nello specifico di tali proposte, tre sostanzialmente gli ambiti sui quali i due gruppi hanno lavorato nei laboratori: l’aspetto fonologico, la produzione di testi scritti, il lavoro con le storie.

Di tutta la documentazione raccolta durante il percorso è stato necessario

fare una selezione; e non è stata cosa facile, data la ricchezza di materiali che i docenti, che voglio qui ringraziare, hanno messo a disposizione del gruppo e dell’Iprase.

Per ogni ambito esplorato sono stati inseriti soltanto alcuni esempi ritenuti utili a far comprendere la complessità e la potenzialità nello stesso tempo della proposta.

Nella parte finale, la rilettura dell’esperienza di laboratorio proposta da Pa-trizia Bortolotti e Mara Degasperi e la riflessione sui lavori da parte di Franca Rossi aiutano a ricostruire il percorso e a ritrovarne il senso.

Si è voluto inoltre dedicare uno spazio specifico alla documentazione, così da fornire alcune indicazioni su come si documenta un’attività di lingua, che

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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cosa si documenta, per chi, con quale scopo e, soprattutto, su come fare per ricostruire il processo e non soltanto restituire un prodotto.

L’augurio è che tali materiali possano prima di tutto aiutare i docenti coin-volti a mantenere traccia dell’esperienza per molti aspetti innovativa che essi hanno fatto e a continuare su una strada di ricerca; in secondo luogo sollecita-re anche in altri una riflessione su che cosa significhi creare contesti educativi coerenti capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Scheda di presentazione del corso “IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA” Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere Corso di formazione per insegnanti delle scuole dell’infanzia ed elementari promosso da I.P.R.A.S.E. del Trentino, Servizio Scuola Materna della P.A.T. e Federazione Provinciale Scuole Materne, Trento. Problema specifico individuato Tutta la complessa problematica inerente alla nuova definizione del sistema scolastico impone una riflessione sia sul curricolo, sia su che cosa significhi creare contesti educativi coerenti e capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Di qui la proposta di un percorso di formazione che, partendo da un approfondimento su quelli che sono i processi di acquisizione della lingua scritta, si sviluppi attraverso la ricerca di contesti significativi di apprendimento ed uso della lingua. Percorso di formazione La proposta prevede una giornata seminariale iniziale in cui affrontare il tema dell’approccio del bambino alla lingua e delle competenze da costruire. A partire da questi input iniziali verrà attivato un laboratorio in cui gruppi misti di insegnanti lavoreranno alla progettazione di esperienze significative di incontro con la lingua negli anni ponte.

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PARTE PRIMA Presentazione

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Programma della giornata seminariale iniziale:

09.30 – 10.30 Il bambino e i processi di acquisizione della lingua scritta, Franca Rossi

10.30 – 11.30 I disturbi dell’apprendimento, Livia Bonoli

Mattino

11.30 – 12.30 Il curricolo di lingua negli anni ponte, Paola Calliari e Mara Degasperi

Esperienze significative di incontro con la lingua, Patrizia Bor-tolotti e Mara Degasperi

Pomeriggio

Progettare in laboratorio, Paola Calliari e Mara Degasperi

Seguiranno 6 incontri laboratoriali di 2h e 30’ ciascuno per un totale di 15 ore in date da concordare con il gruppo. Alla fine del percorso è previsto un incontro di 3 ore per la verifica e valutazione finali. Sede del corso: Liceo classico “G. Prati” per la giornata iniziale Direttore del corso: Maria Luisa Pollam Èquipe di formazione: Livia Bonoli, psicologa, Bologna, Paola Calliari, do-cente di pedagogia, Liceo Psicosociopedagogico, Trento, Franca Rossi, Facoltà di Psicologia – Università La Sapienza, Roma, responsabile di sezione di “In-fanzia e lingua scritta” - www.infantiae.org, Mara Degasperi, insegnante in pensione, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio, Patrizia Bortolotti, in-segnante di scuola elementare, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio. Referenti per il gruppo tecnico: Clara De Boni, Lara Gobbi, Chiara Vegher. Composizione dei gruppi Gruppo n. 1: Riva del Garda Conduttrice: Patrizia Bortolotti

Elenco docenti Tipo di scuola Nome della scuola Bones Caterina Lorenzi Lorenza Pedroni Lina Rosà Manuela Zampiccoli Milena Veronesi Sandra

Scuola dell’infanzia equipa-rata

Circolo di Riva Bolognano

Dapor Mariangela Miorelli Teresa Petrolati Lorella Rosà Lidia Rosà Paola Sartori Franca

Riva Giardino

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Brighenti Carmen Marcocini Nicoletta Salvo Rosalba Maria Secchi Mariagrazia

Varone

Angeli Maria Chisté Maria Teresa

Cavedine

Bertamini Lorenza Zanfei Serena

Scuola elementare I.C. Arco

Gabrielli Silvana Patuzzi Daniela

I.C. Riva I

Borelli Silvia I.C. Riva II Gruppo n. 2: Pergine Conduttrice: Mara Degasperi

Elenco docenti Tipo di scuola Nome della scuola Martini Maria Grazia Vitale Maria Grazia

Scuola dell’infanzia provin-ciale

Rizzolaga

D’Alpaos Daniela Fedel Rosella

Miola

Dal Col Lorena Ioriatti Rita

Baselga

Corradini Marilena Lorenzi Riccarda Nordio Marialina Panizza Carmela Ravanelli Miriam

Scuola dell’infanzia equipa-rata

Trento Pedrotti

Vigliotti Maria Zeni Anita

Pergine

Bortot Alberta Faver Mattarei Bruna Scuola elementare I.C. Trento 3 Cristelloni Bruna Dallapiccola Rosanna

I.C. Altopiano di Piné

Missaglia Beatrice I.C. Pergine 1 Dematté Antonella Filippi Coralba Pellegrini Elisabetta

I.C. Cembra

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta

di Franca Rossi Lo scopo del mio intervento è quello di condividere alcune riflessioni sulle

modalità di apprendimento del codice della lingua scritta, in che modo il bambino che non sa scrivere scopre e si appropria delle regole di funziona-mento del nostro sistema di scrittura.

Tradizionalmente l’apprendimento della scrittura nel contesto scolastico ha segnato la divisione di “compiti” tra la scuola dell’infanzia e la scuola ele-mentare; mentre alla prima si è chiesto di sostenere lo sviluppo dell’oralità, al-la seconda si è chiesto soprattutto di garantire l’apprendimento della lettura e della scrittura.

Tale separazione, oggi per fortuna non più così netta, a volte ha dato luogo a equivoci; infatti la scuola dell’infanzia quando si è occupata dell’insegnamento/apprendimento del codice scritto lo ha fatto ponendo at-tenzione soprattutto ai prerequisiti di carattere percettivo. Si pensi a tutte quelle attività proposte che hanno l’obiettivo di sviluppare la coordinazione oculo-manuale o le abilità di discriminazione visivo-uditiva. Si tratta sì di a-spetti importanti che vanno considerati in un progetto di educazione lingui-stica, ma che, alla luce delle ricerche condotte negli ultimi venti anni da Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, hanno acquisito un ruolo di secondo piano per la-sciare posto a fattori di tipo più cognitivo.

Le due studiose hanno analizzato le scritture spontanee di bambini tra i tre e i sei anni, con un livello socioculturale basso. L’analisi delle scritture sponta-nee, prodotte autonomamente dai bambini, ha fornito informazioni preziose che hanno contribuito a cambiare il nostro modo di intendere il percorso di apprendimento che un bambino compie per arrivare alla scrittura convenzio-nale.

Ogni bambino, anche se non sa scrivere in modo convenzionale, ha delle conoscenze sul codice, molto prima che la scuola inizi l’insegnamento forma-le.

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PARTE PRIMA Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta

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Le idee che i bambini si costruiscono autonomamente a proposito del codice sono molto interessanti, sono idee dotate di una forte coerenza, basate su ipotesi e ragionamenti rigorosi che hanno una importante implicazione educativa.

È fondamentale, quindi, creare le condizioni, mettere in grado i bambini di esprimere queste idee avendo, però, uno strumento di osservazione che colga le loro ipotesi e che sia efficace per differen-ziare la “lettura” adulta delle scritture

spontanee. L’ipotesi Ferreiro e Teberosky era che le scritture spontanee non fossero un prodotto casuale, ma il prodotto di ipotesi e regole ben precise che i bambini stanno utilizzando. Essi infatti si chiedono “che cosa rappresenta la scrittura? Come lo rappresenta?”.

Le diverse risposte che un bambino elabora a queste due domande caratte-rizzano i diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta.

Come riconoscere i diversi livelli di concettualizzazione sulla lingua scritta? Raccogliendo e incrociando due informazioni:

a) le scritte spontanee dei bambini; b) le modalità di lettura delle scritte stesse.

Il primo livello è quello pre-

sillabico, comprende scritture con modalità diverse tutte carat-terizzate dal fatto che la quantità di segni grafici utilizzati non ha alcuna relazione con la quantità dei suoni della parola. Sono scritture presillabiche anche quelle nelle quali i bambini uti-lizzano uno pseudocorsivo, co-me fa Ester, disegno n.1, nella scrittura della parola BAMBINA.

Disegno n. 1

Disegno n. 2

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Per Alfonso, disegno n. 2, la scrittura di parole diverse va dif-ferenziata, infatti utilizza una lettera diversa per ogni nome.

In altri casi i bambini utiliz-zano il criterio della variazione interna, come fa Daniele, dise-gno n. 3, che ricorre alla strate-gia di utilizzare lo stesso reper-torio di lettere che vengono combinate in modo diverso in ogni nome da scrivere.

Nel passaggio al livello di concettualizzazione ulteriore, quello sillabico, il bambino cerca di rendere nella scrittura la lunghezza sonora della parola, cercando una corrispondenza tra lettere (grafemi) e suoni, in questo caso le sillabe. Come nell’esempio di Luca, disegno n. 4, che all’inizio per scrivere la parola CAPRA uti-lizza sei grafemi (TCLAEU), quando rilegge gli avanzano dei segni e chiede di correggere e scrive TLC ma, nella rilettura gli avanzano ancora una lettera e al-lora nella terza scritta (TCLA) ne aggiunge una.

La consapevolezza sillabica si consolida in questo modo fino ad arrivare a una scrittura in cui si controlla il numero di sillabe. A volte la scrittura sillabica è con-venzionale sulle vocali come nell’esempio che segue:

Scrittura A E Lettura pa ne

Disegno n. 3

Disegno n. 4

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PARTE PRIMA Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta

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Interessante è l’esempio di Matteo un bambino che a dicembre, quando ha 3 anni e 8 mesi scrive AA e legge in modo sillabico ca-sa, mostrando un livello di concettualizzazione sillabico. Cinque mesi dopo utilizza con maggiore sicu-rezza la sua ipotesi sillabica tanto che si permette di non essere convenzionale pur di risolvere il problema che parole diverse (casa e fata) non possono essere

scritte in modo uguale, infatti per scri-vere fata prima traccia una A, poi mi guarda e mi dice “un’altra A?”, gli ri-spondo “fai tu” e lui “sii, FATA e CA-SA uguale!?” e per scrivere fata traccia AC e legge fa-ta.

Nel passaggio al livello sillabico-alfabetico i bambini cominciano a uti-lizzare lettere che stanno per fonemi, alternando una lettura sillabica con una fonetica come nel caso di Simone (disegno n. 5).

L’ultimo livello di concettualizza-zione è quello alfabetico nel quale i bambini concettualizzano che nella scrittu-ra si scrivono i suoni delle parole, ovvero i fonemi. Anche se non si tratta di scritture convenzionali il bambino ha ormai capito la regola sulla quale si basa l’uso del nostro sistema di scrittura, ovvero un segno per ogni suono. È solo da un livello di concettualizzazione di questo tipo che si può iniziare con l’insegnamento/apprendimento delle lettere convenzionali, dell’alfabeto.

Prima di iniziare qualsiasi approccio al codice, infatti, risulta essenziale porsi il problema di rendere visibili i livelli di concettualizzazione raggiunti dal bambino.

Negli incontri di laboratorio che voi avrete, le vostre conduttrici avranno appunto il compito di fornire indicazioni e strumenti per questo tipo di verifi-ca.

Disegno n. 5

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Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere di Mara Degasperi

Il titolo rende bene il senso e il contenuto del mio intervento. Io approfondirò infatti in modo più concreto e operativo il problema

dell’approccio alla lingua scritta, soffermandomi in quell’area delicata e per certi versi decisiva in cui intenzionalmente la scuola – dell’infanzia ed elemen-tare – si propone di avvicinare i bambini alla forma comunicativa che utilizza come mezzo il codice scritto, in maniera organizzata e con interventi struttu-rati mirati allo scopo, immettendo nelle situazioni della vita quotidiana occa-sioni nuove, in cui le attività di scrittura e lettura sono vissute come necessarie, funzionali al gioco, alla soluzione di problemi, alla vita di relazione ….

Il momento è delicato e decisivo, perché fonda gli atteggiamenti successivi nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con la parola scritta: inizialmente, è fondamentale procedere senza anticipazioni, che mortificherebbero il lavorio mentale di scoperta e di costruzione. È molto più produttivo valorizzare le co-noscenze che i bambini già posseggono e le teorie sulla lingua che hanno ela-borato dall’esperienza; è altresì importante approntare un ambiente di stimoli linguistici ricco e diversificato, che affondi nel mondo fertile delle relazioni, dell’ascolto e del racconto di sé, facendo percepire la lingua come un’ulteriore, ricca possibilità di esplorazione della realtà, di crescita e di scambio.

Le proposte che verranno fatte in laboratorio, come le osservazioni, saran-no forse diverse - almeno in un primo momento - da quelle che forse qualcu-no potrebbe aspettarsi; infatti non si parlerà mai di attività che si pongono di-rettamente come obiettivo primo l’accesso al codice, cioè l’apprendimento delle lettere, della scrittura strumentale e della lettura/decifrazione come con-quiste a sé stanti. Anche se codice e avvicinamento al codice fanno parte ormai sia di quanto la scuola dell’infanzia può fare, ma per altre vie come vedremo, sia del percorso iniziale del primo anno della scuola elementare, con alcuni di-stinguo e attenzioni di cui parlerò in seguito.

L’argomento in discussione, che costituisce anche il problema da risolvere, è che la competenza di lettura e scrittura va ben oltre il saper leggere e il saper

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PARTE PRIMA Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere

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scrivere inteso come acquisizione corretta del codice. Anzi, può portare a spia-cevoli sorprese separare, distinguere anche temporalmente i due aspetti dell’accesso al codice (significante) e della comunicazione di significati, e cede-re all’impulso di affrettare il primo, per poter poi agevolmente utilizzarlo co-me strumento di espressione, oppure, come pensava una certa didattica tradi-zionale, per semplificare le cose ai bambini.

Se infatti nella scuola, dalle elementari in su, sono rari i bambini e i ragazzi che non acquisiscono nel tempo gli strumenti della lettura e della scrittura, sono purtroppo molto più numerosi gli alunni che del codice non sanno che farsene: di fronte a un foglio bianco, a un libro, non si accende il corto circuito della curiosità intellettuale o la voglia di addentrarsi in storie che forse li ri-guardano o la sfida a misurarsi con i propri pensieri o il proprio immaginario. Forse perché non lo sanno fare ….. perché non si sono costruiti le abilità per poterlo fare. Perché codice e senso hanno subito esperienze precoci di separa-tezza, di esistenza autonoma.

In questo senso, ritornando al tema della relazione, è possibile per i bambi-ni leggere prima di leggere, scrivere prima di scrivere, se gli insegnanti a questa espressione fanno corrispondere un contesto organizzativo ricco e denso in cui i bambini siano portati a sviluppare con naturalezza, assieme alle abilità specifiche disciplinari, altre abilità/bisogni inscindibili come l’ideazione, il ri-ferirsi alle proprie esperienze ed emozioni, la pianificazione, l’ipotizzare e l’inferire, il saper selezionare parole e strutture per adeguare la comunicazione a scopi e destinatari, il sapersi decentrare dal contesto dialogico della situazio-ne reale. A tale proposito, mi sembra indicativo sintetizzare il “modo” giusto di progettare l’azione didattica con le parole di una bambina di quinta: “A me piace fare le cose quando hanno un segreto e un cuore”.

Ho letto in questa espressione le due indicazioni di fondo, sostanziali, della didattica cognitiva: i bambini (ma per gli adulti le cose non vanno diversa-mente) apprendono in situazioni problematiche (perché hanno un “segreto” da scoprire) e in condizioni ritenute significative, per i contenuti, per le possi-bilità di relazione (la motivazione sociale/affettiva, il “cuore”).

Parafrasando Francesco Tonucci, che è sempre decisamente dalla parte dei bambini, se volessi condensare in uno slogan il percorso di acquisizione della lingua, utilizzerei la frase: “Bambini si nasce, “scrittori” si diventa”; mi sembra il titolo di un programma insieme ottimista e impegnativo, perché consegna alla scuola la possibilità, a certe condizioni, di emancipare tutti gli alunni

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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dall’analfabetismo rispetto alla competenza di saper far uso della lingua a se-conda delle proprie esigenze.

Per concludere:

Codice e senso vanno tenuti uniti: sono però il senso, i significati, le situa-zioni che rendono necessario il ricorso al codice: i bambini apprendono a scri-vere e leggere per la troppa curiosità di sapere cosa dice una cartolina a loro indirizzata, per la voglia di comunicare qualcosa a una compagna ammalata, per il piacere di leggersi da soli le storie, o di leggerle ai fratellini, per preparare una festa dove la parola scritta fa parte del copione ….

Non è che la scuola dell’infanzia debba cambiare molto le proprie of-ferte: giochi di finzione, di imitazione, lettura di storie, raccontarsi, momenti della quotidianità, disegno, visione di cartoni animati, manipolazione e co-struzione di oggetti …. va tutto bene, la scuola dell’infanzia ha assorbito la ne-cessità di organizzare la giornata secondo i bisogni dei bambini; l’importante è che tutte queste cose usuali siano ri-proposte con una regia consapevole e lun-gimirante, e strutturate in modo da sviluppare più potenzialità. Comprese abi-lità che stanno alla base della lettura e della scrittura.

La scuola elementare sta già rivedendo certi suoi modi troppo “scolastici” e troppo precocemente mirati agli apprendimenti strumentali: soprattutto nel primo periodo, credo che lo scambio di competenze e di atteggiamenti fra in-segnanti dei due livelli in un’ottica di un’unica “scuola di base”, possa sortire trasformazioni e soluzioni efficaci e orientate sia alla continuità che alla neces-saria dis-continuità, nel rispetto dei bambini che, nella crescita e nel giusto de-siderio/bisogno di nuovo e di sempre più complesso, hanno anche necessità di permanenze e stabilità.

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PARTE PRIMA Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere

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Attività possibili Ascoltare i bambini, accogliere i loro punti di vista Le teorie sulla lingua A cosa serve leggere? A cosa serve scrivere? Conoscenze sull’uso della lingua: soluzione di situazioni problematiche in cui la risposta del bambino indica il grado di consapevolezza circa l’uso funzionale della scrittura. Cosa è per leggere? I criteri di leggibilità secondo i bambini.

Avvicinamento al codice Uso funzionale, come consuetudine, della scrittura: il cartellino del proprio NOME da prendere ogni mattina, la data, cartelli sugli angoli strutturati (non inutili, devono ricordare una decisione, una scadenza, un’abitudine …) car-tello degli assenti, menù, osservazioni sul tempo … senza forzare, senza entra-re nell’analisi, accettando ragionamenti che si confrontano con quelli dei compagni e si ripetono (evolvendosi) nel tempo … sensibilità fonologica:

• attività diffusa, pervasiva (ad esempio: i giochi fonologici come scherzetti quotidiani: Apri la torta! O nonsense: Abri la norta!)

• giochi fonologici mirati, cioè strutturati in modo da focalizzare gli aspetti fondamentali della consapevolezza fonologica.

L’oralità e l’emancipazione dall’oralità Giochi di finzione: cosa fai? Mi racconti? Verbalizzazione, disegno e racconto da parte dei bambini/scrittura dell’insegnante sotto dettatura (motivazione, decentramento). La narrazione: C’era una volta …. (emancipazione dal contesto). Le storie: l’insegnante che aiuta a saldare i “foglietti sparsi” delle esperienze. Ti ricordi: (connettori di spazio e tempo/relazioni causa effetto/logiche narra-tive: scopi, rapporti fra persone … piani … macrostrutture narrative).

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Attività specifiche, mirate Scrittura Lettura di immagini problematiche. “Testo narrativo”. Invenzioni di storie storie di disegni. Corrispondenza. Testi funzionali: avvisi, ricette, sequenze di gioco, liste immaginarie, percorsi.. Lettura Lettura dell’insegnante tipologia di libri variata (quotidianità, immaginazione, imprevisti, come è fatto il mondo, gli script, le relazioni, grammatica dei sentimenti: la gelosia, la rabbia, l’amicizia, la paura ……..). Lettura per finta da parte dei bambini. Rilettura di storie, esperienze, scatole di fiabe di cui l’aula conserva memoria artelli che compaiono all’improvviso o che cambiano di posto. Lettura anticipativa di significati (gioco del negozio, le scatole, corrispondenza, cartelli stradali …..).

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Il curricolo di lingua di Paola Calliari

Considerato che mi rivolgo a insegnanti sia della scuola dell’infanzia che della scuola elementare, inizio il mio intervento con un breve riferimento ai programmi dei due diversi gradi di scuola. Credo sia importante sottolineare quanto viene indicato già nella normativa a proposito della continuità nell'ap-prendimento della lingua: si tratta di saper cogliere questo aspetto, di valoriz-zarlo e, soprattutto, di attuarlo.

In un secondo momento vorrei parlare dei presupposti teorici. Conoscia-mo bene gli studi di psicolinguistica e sappiamo che il nostro grande maestro rimane sempre Piaget, ma segnalerò alcune rivisitazioni che, negli ultimi de-cenni, sono state apportate alle teorie piagetiane, anche con qualche accento critico (come è giusto che sia, d'altra parte, perché una teoria non è mai per-fetta e in sé conclusa) al fine di mostrare come questo discorso dell'approccio alla lingua scritta vada inserito in un contesto più ampio, di approccio alla formazione complessiva del bambino, che deve tener conto appunto del suo processo di sviluppo globale.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, nella nostra Provincia, abbiamo sia gli Orientamenti nazionali che quelli provinciali.

Gli Orientamenti nazionali sono suddivisi in quattro parti: 1. La prima parte di carattere introduttivo INFANZIA, SOCIETÀ, E-

DUCAZIONE considera le trasformazioni sociali in atto, la condizio-ne dell'infanzia e della famiglia (consideriamo che sono già di 10 anni fa), i diritti dei bambini e gli ambienti educativi in cui vive.

2. La seconda parte IL BAMBINO E LA SUA SCUOLA mette in evidenza le finalità fondamentali della scuola dell’infanzia, che sono la matura-zione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della competenza.

3. La terza parte fornisce indicazioni curricolari sui CAMPI DI ESPE-RIENZA EDUCATIVA, proprio perché l'approccio nella scuola dell’infanzia (ma questo verrà poi sottolineato anche per il I biennio

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PARTE PRIMA Il curricolo di lingua

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della scuola elementare) non deve essere assolutamente disciplinare, ma legato alla realtà concretamente vissuta. Il bambino si trova in uno stato di crescita globale, perciò i vari aspetti non possono essere setto-rializzati; è comunque importante incominciare a individuare dei campi, che vengono denominati “il corpo e il movimento”, “lo spazio, l'ordine e la misura”, “le cose, il tempo, la natura”, “messaggi, forme e media”, “il sé e l'altro” e “i discorsi e le parole”, quest’ultimo ci inte-ressa particolarmente in questa sede.

4. L’ ultima parte tratta gli aspetti didattici e organizzativi. Negli Orientamenti provinciali vengono individuati tre grandi ambiti: LA

COMUNICAZIONE, L’AZIONE E LA CONOSCENZA, IL PENSIERO E LA REALTÀ.

L’ambito relativo alla comunicazione esamina: l’educazione ai linguaggi verbali, l’educazione ai linguaggi del suono e della musica, l’educazione ai lin-guaggi del corpo, l’educazione ai linguaggi visivi, grafico-pittorici, l’educazione ai linguaggi audiovisivi e multimediali.

In entrambi i testi (nazionali e provinciali) è richiamata l'esigenza di porre attenzione alla storia precedente del bambino. “Al suo ingresso nella scuola dell’infanzia il bambino ha già una sua storia personale, che lo ha condotto a possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, di capacità ed orienta-menti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere, a capi-re, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per co-noscere e modificare la realtà” (dagli Orientamenti nazionali).

Si sottolinea molto la necessità di passare dall'azione al simbolo “Lo svilup-po cognitivo partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si arti-cola progressivamente in direzioni sempre più simboliche e concettuali”.

Nella scuola dell’infanzia, nel primo ciclo delle elementari, ma anche nelle classi successive non dobbiamo mai dimenticare che l'intelligenza è figlia del-l'azione, come affermava Piaget.

Vorrei ora richiamare velocemente il documento che era stato preparato per la riforma dei cicli scolastici. Anche se la riforma non è stata approvata, credo che alcuni aspetti sottolineati nel testo siano sicuramente condivisibili e degni di attenzione. Anche qui viene ribadita l'esigenza di favorire la continui-tà in questa fase delicata dello sviluppo, l'opportunità di considerare questo percorso formativo come qualcosa di unitario, che deve avere una sua pro-

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gressione. Infatti nel documento, dove si parla del curricolo della scuola dell’infanzia, si riprende e si avvalora pienamente quanto era già stato affermato negli Orientamenti nazionali.

Si legge: “…seguendo il cammino tracciato dagli Orientamenti del 1991, il curricolo della scuola dell’infanzia si pone essenzialmente come ricerca inte-grata dei criteri, dei contenuti e dei modi per organizzare la conquista di cono-scenza da parte delle bambine e dei bambini” e poi prosegue “bisogna inter-pretare in modo progressivo, processuale, organico e coerente le correlazioni esistenti tra i modi di apprendere del soggetto in crescita, le strategie e i conte-nuti della conoscenza postulata dai diversi campi disciplinari e le competenze specifiche”. Riprende ancora il discorso dei campi di esperienza, sottolinean-done la validità dal punto di vista psicopedagogico e didattico ribadendo che i traguardi formativi per i bambini dai 3 ai 6 anni all'interno dei singoli campi di esperienza, devono essere considerati la mappa del percorso formativo da promuovere nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola di base. È ne-cessario tenere sempre sullo stesso livello il piano affettivo, sociale, intellettivo, che non possono essere divisi, perché sono aspetti interconnessi e diventa un compito specifico della scuola tener presente l’unitarietà dello sviluppo.

Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree o aspetti del sapere che vanno trasmessi, “essi vanno invece concepiti ed e-spressi nella forma di atteggiamenti e capacità che si vogliono sollecitare, promuovere e affinare”. Questo punto è rilevante e ripreso da più parti nel documento; si tratta di promuovere atteggiamenti e non ancora di trasmettere saperi, di capire quello che c'è nella mente del bambino, prima di proporgli delle conoscenze e questo vale anche a proposito dell'apprendimento della lin-gua scritta come viene ben sottolineato nell’intervento della dottoressa Rossi.

Ancora: “la crescita della soggettività del bambino, il suo divenire sociale, le capacità intellettuali, quali la rappresentazione, il pensiero, la risoluzione di problemi, hanno luogo secondo un processo che non può essere promosso per compartimenti stagni, ma proponendo situazioni di esperienza che coinvol-gono emotivamente bambini e bambine, che sollecitino la loro mente, che li spingano a immaginare e a riflettere, che li invitino a socializzare, condividen-do con gli altri i frutti delle loro elaborazioni”. La modalità didattica di orga-nizzare dei piccoli gruppi in cui i bambini si possano confrontare in un conte-sto di operatività sociale è ampiamente sollecitata in questo documento.

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I tre traguardi di sviluppo indicati dagli orientamenti, che sono “la matura-zione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle competen-ze” vanno ripensati come frutto di un percorso nel quale a ogni bambina e bambino si offrono situazioni significative di esperienza scelte in modo oppor-tuno. A tutti deve essere data la possibilità di esprimere la propria soggettività e, progressivamente, di governarla così da sviluppare la maturazione della propria identità, di interagire, comunicare con gli altri in maniera sempre più efficace, rafforzando così la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle abilità sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive che si impegnano nelle prime forme di riorganizzazione dell'esperienza.

Riguardo alle competenze e ai traguardi, vengono sottolineati soprattutto tre aspetti:

1. la capacità di esprimere e dare forma al mondo interno attraverso un

linguaggio simbolico, evocativo di realtà immaginarie: questo “è un primo aspetto irrinunciabile dello sviluppo del bambino dai 3 ai 6 an-ni. Tale capacità si esprime nel gioco del far finta, nel disegno, nella narrazione, nella costruzione di realtà immaginarie e opera anche nel-la elaborazione di ipotesi e delle prime teorie sul mondo”.

2. “Deve essere data la capacità di esprimersi verbalmente per sollecitare le reazioni altrui, ma anche per condividere con altri emozioni, pen-sieri, ricordi per renderli partecipi della propria esperienza, per creare mondi immaginari, per collegare concetti e conoscenze. È una compe-tenza fondamentale che va acquisita e affinata nella scuola dell’infanzia, in quanto costituisce uno strumento essenziale di acqui-sizione di un senso del sé in relazione all'altro da sé e di interazione sociale”.

3. Un'altra capacità fondamentale è quella di saper “tener conto del pun-to di vista dell'altro, nell'azione e nella comunicazione e costituisce un terzo aspetto irrinunciabile dello sviluppo, alla base di qualsiasi forma di interazione sociale”.

Prima ho parlato di alcune rivisitazioni anche critiche alle teorie piagetiane

e una di queste è riferita alla teoria dell'egocentrismo. Alcuni studi effettuati da post piagetiani affermano che il bambino è in grado, molto prima di quanto ipotizzato da Piaget, di tener conto del punto di vista dell'altro, se la situazione

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in cui si trova è ricca dal lato affettivo, emotivo e motivazionale. È perciò da rivedere l'elemento contestuale in cui le attività sono inserite. Il contesto in cui si propone una attività è infatti fondamentale anche per l'esito stesso della at-tività.

Ritengo importante riprendere il documento sopra citato e sottolineare che il curricolo deve essere “flessibile e contestualizzato”; deve essere “libero da ri-gidità disciplinari, esso non si risolve in una scansione predeterminata di o-biettivi e contenuti settorializzati, definiti e confezionati astrattamente, vale a dire a prescindere dai vissuti e dalle esperienze, dall'identità personale e cultu-rale di ogni bambino e dalle specifiche condizioni ambientali. Al centro del progetto educativo della scuola dell’infanzia vi sono quindi gli alfabeti del vi-vere, del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell'esprimersi, del rappresentare tramite i diversi linguaggi della cultura. Nella scuola di base, e nei primi due anni in particolare, si tratta di porsi in continuità con un curri-colo che muove dal contesto sensoriale e percettivo, in cui il bambino esplora ed agisce a contatto diretto con gli oggetti, con i materiali e con le persone”. “La scuola di base” - questo è rivolto soprattutto agli insegnanti che accolgono i bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia - “deve muovere dalla consa-pevolezza che nel ciclo precedente il contesto educativo ha già promosso nei bambini un primo momento di riorganizzazione delle esperienze tramite la ricontestualizzazione dei vissuti, la creazione di condizioni che hanno favorito l'evoluzione delle esperienze spontaneamente prodotte dai bambini in espe-rienze culturali, favorendo dunque un progressivo passaggio dall'esperienza diretta verso la sua rappresentazione, dal contesto al testo, dall'uso diretto dei linguaggi della cultura verso la comprensione dell'esistenza e di codici forma-lizzati. In tale ottica porsi in continuità nella costruzione degli itinerari curri-colari, significa riuscire a non separare le diverse dimensioni dello sviluppo, a sollecitare percorsi che non siano rivolti esclusivamente ora al settore cogniti-vo ora alla sfera socio-affettiva, ma considerati parallelamente. Lo sviluppo dell'intelligenza è un processo che si alimenta con l'affettività e la passione del conoscere, nelle situazioni di scambio, di relazione con l'altro, nella condivi-sione di significati affettivi, simbolici e culturali da attribuire alle esperienze”.

Penso che queste indicazioni siano del tutto condivisibili. Pertanto si può affermare che nei documenti programmatici ufficiali o meno vengono sottoli-neati aspetti fondamentali che vanno raccolti e realizzati. Particolarmente si-gnificativo l’invito a tener conto della continuità dello sviluppo come processo

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globale, del ruolo importante del contesto e della necessità di partire da e-sprienze concretamente vissute dai bambini.

I riferimenti teorici sono gli studi psicolinguistici, il grande maestro rimane Piaget, ma di recente sono state individuate altre possibili modalità di lettura del suo pensiero riguardante il percorso cognitivo compiuto dal bambino.

Una di queste nuove teorie parla di onde evolutive, anziché di stadi evolu-tivi, togliendo forse quella rigidità che qualcuno ha letto negli studi di Piaget, dove sembrava che passato uno stadio, venisse quasi dimenticata e annullata tutta l'esperienza precedente. Mi riferisco a Gardner, conosciuto soprattutto per il suo testo “Forma mentis”, secondo cui esistono diverse forme di intelli-genza. Tradizionalmente si considerava intelligenza quella misurabile con il QI classico, cioè quella scolastica (linguistica, logica e matematica). Oggi non tutti la pensano così e Gardner è tra questi. Attento alla pluralità delle manifesta-zioni dei bambini, Gardner ipotizza l'esistenza di altre forme di intelligenza (non solo nei bambini chiaramente, ma anche negli adulti) e il compito del-l'insegnante, che ha la preoccupazione educativa, è quello di farle emergere tutte, di farle fiorire. È un compito certamente non facile, però è fondamentale che l'insegnante abbia la consapevolezza che un bambino, che ad esempio ha dei problemi a livello di concettualizzazione logica, può aver altre risorse. È importante avere sempre un atteggiamento di apertura, di fiducia, di positivi-tà, anche laddove ci sono dei limiti: in fondo è questo il compito dell'educato-re, vedere sempre le risorse in positivo e aiutare a superare le difficoltà, dove possibile.

L'ipotesi di Gardner è interessante proprio per questo, perché apre questa possibilità. Lui parla, oltre che di intelligenza linguistica e logico-matematica, anche di intelligenza musicale, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale (ad esempio, alcuni bambini manifestano precocemente la capacità di avere attenzione per l'altro, di preoccuparsi per lui, di ascoltarlo, e hanno la capacità di porsi in relazione positiva con l'altro), intrapersonale (cioè la capacità, che forse è quella più difficile anche per gli adulti, di conoscere se stessi e di saper analizzare la propria interiorità). Gardner apre delle nuove prospettive.

Sintetizzo ora le cosiddette onde evolutive di cui parla Howard Gardner. L'immagine dell'onda dà l'idea di qualcosa che può andare avanti, ma che può anche recedere e contaminare altri ambiti di conoscenza, dà un senso di fluidi-tà; e così è per il bambino, che può avere dei progressi in un certo ambito, re-gredire in un altro e poi ritornarci sopra, c'è flessibilità.

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Il passaggio che il bambino compie dall'azione al simbolo avviene per gradi successivi.

• La prima onda di simbolizzazione, quella di STRUTTURAZIONE

DEGLI EVENTI E DEI RUOLI, ha luogo quando il bambino, tra i 18 mesi e i due anni, diventa capace di esprimere in simboli la propria consapevolezza del fatto che ci sono degli eventi che implicano degli agenti, delle azioni, degli oggetti e hanno delle conseguenze. Qui si situa l'origine della capacità simbolica, che prende forma nel lin-guaggio e nel gioco simbolico, nell'imitazione differita nel tempo di attività che il bambino ha visto fare e che non sono più presenti ai suoi occhi. Il bambino a questo punto è già capace di pensiero rap-presentativo.

• La seconda onda di simbolizzazione è quella di RILEVAMENTO TOPOLOGICO. Attorno ai tre anni il bambino diventa capace di ri-produrre le relazioni spaziali di dimensione e di forma di un referen-te del mondo reale.

• La terza onda è quella di RILEVAMENTO DIGITALE. Gardner met-te l'accento sul fatto che a quattro anni di età i bambini sviluppano un particolare interesse a contare: sanno contare esplicitamente un insieme di oggetti, vogliono contare tutto… Questo confermerebbe un'ipotesi montessoriana, secondo la quale il bambino passa dalla “mente assorbente” (in cui fondamentale è il ruolo del contesto edu-cativo, che viene appunto “assorbito” dal bambino) alla “mente ma-tematica” come una naturale predisposizione e un interesse specifico verso gli elementi quantitativi della realtà.

• La quarta onda è definita di SECONDO LIVELLO e si riferisce anche all'acquisizione della lingua scritta. Intorno all'età che va da 5, 6, 7 anni, i bambini si sentono attratti verso una simbolizzazione che Gardner chiama “notazionale”. Dovendo fare un gioco o rappresen-tare una sequenza, essi ricorrono da soli e istintivamente a qualche schema che li aiuti a ricordare o codificare le informazioni necessarie per sapere come devono procedere e quale ordine seguire. Magari si servono del disegno, cioè spontaneamente arrivano a utilizzare si-stemi di tipo notazionale.

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Secondo Gardner l'impulso a creare un sistema simbolico di secondo livel-lo (quello di primo livello è la lingua parlata) rappresenta una profonda incli-nazione dell'uomo che è destinata a emergere naturalmente ed è influenzata dalla maggiore o minore frequenza di sistemi simbolici di segnatura della cul-tura di appartenenza.

Rispetto al percorso di concettualizzazione della lingua scritta, è interessan-te vedere come esso avvenga in bambini inseriti in culture altamente alfabetiz-zate, dove sono costantemente a contatto con i libri, e in bambini provenienti da ambienti poveri da questo punto di vista. Le ricerche svolte da Ferreiro e Teberosky evidenziano delle costanti in tale concettualizzazione che starebbe-ro a indicare come in parte sia influenzata dagli stimoli offerti dall'ambiente, ma in parte emerga spontaneamente con aspetti costanti in culture diverse.

Se tali onde rappresentano alcuni dei modi principali con cui gli esseri u-mani costruiscono i significati, esse possono avere importanti implicazioni educative: i curricoli devono tenerne conto e, in qualche modo, organizzarsi in base ad esse e presentare le loro proposte in forme che mettano in risalto:

• le strutture - eventi (ecco qui il ruolo fondamentale della narrazione,

che presenta le situazioni proprio con una loro struttura e in forma di evento);

• le mappe topologiche (rapporti dimensione/spazio/tempo); • le mappe digitali (aspetti quantitativi); • le forme simboliche di secondo livello (le segnature che si riferiscono

ad altre forme di conoscenza).

Il linguaggio si rivela cruciale nella categorizzazione degli oggetti, eventi ed entità del mondo. Innanzi tutto il bambino utilizza ed attribuisce dei nomi e questa capacità di assegnazione rivela che è ormai in grado di categorizzare i comuni oggetti del mondo.

In secondo luogo, l’uso dei copioni o script rivela da parte del bambino la capacità di determinare importanti sequenze familiari di eventi nel suo mondo di appartenenza. Un copione implica l’identificazione e l’ordinata collocazione delle caratteristiche associate a un evento particolare: è la sequenza di azioni che bisogna compiere in occasioni determinate e ricorrenti, (ad esempio, quando andiamo al cinema o al supermercato eseguiamo sempre lo stesso tipo di azioni e nello stesso ordine) con una sequenza che diventa costante (anche

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se ognuno di noi sperimenta in maniera diversa queste esperienze e di conse-guenza costruisce script particolari e solo suoi, alcuni elementi rimangono co-stanti). Già a 14 mesi il bambino incomincia a riconoscere e a utilizzare gli script, che all'inizio riguardano attività ricorrenti, come quelle del vestirsi e del mangiare. Ben presto questi copioni diventano un tutt'uno con l'attività lin-guistica, aiutano il bambino a concettualizzare e a riferire le vicende della pro-pria vita e fungono anche da avviamento alla narrazione e alla comprensione delle storie. La mente di un bambino di 5 anni è già piena zeppa di utili copio-ni, molti dei quali vengono utilizzati per lungo tempo e possono rimanere strutturati più o meno sempre nello stesso modo. La resistenza degli script è dimostrata anche dal fatto che sopravvivono ai danni cerebrali. La conoscenza e l'utilizzo dei copioni emergono prestissimo e in modo naturale; si manife-stano inizialmente nelle sequenze simboliche dei giochi di finzione. Comin-ciano a comparire in quella fase cruciale di passaggio dall'intelligenza senso-motoria all'intelligenza rappresentativa, in cui il bambino va oltre la capacità di saper cogliere solo direttamente il mondo dell'esperienza e diventa capace di immaginare, di rappresentarsi anche ciò che non è presente ai suoi sensi.

La capacità rappresentativa consiste proprio nel fatto che il bambino sa ve-dere con la mente uno stato di cose diverso da quello che coglie con i sensi. Questa capacità emerge anche nei diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta.

Vi è un ultimo elemento che si ricollega all'importanza di tener conto della storia e delle conoscenze precedenti del bambino. Il bambino, all'età di 5, 6, 7 anni, ha già sviluppato robuste percezioni delle tre sfere che costituiscono la realtà. Ha costruito una teoria della materia, degli oggetti fisici del mondo, una teoria della vita e una teoria della mente. Il bambino si interroga, si pone delle domande intorno al senso degli oggetti reali, alla loro origine, formula delle prime ipotesi ed elabora delle teorie (ad esempio: l’animismo e l’artificialismo di cui parla Piaget).

Queste teorie non si possono certamente definire scientifiche, ma sono comunque insiemi di credenze e di ragionamenti organizzati, coerenti e gene-rativi, che vengono utilizzati dai bambini anche per giustificare le loro prime scritture.

Le teorie emergenti dei bambini vengono utilizzate in modo regolare e ge-nerativo, cioè da un'ipotesi di partenza ne derivano successivamente delle altre e ciò significa che i bambini sanno trarre coerentemente le loro inferenze.

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Quando inizia la scolarizzazione formale, si tende purtroppo a ignorare tali teorie, ma queste non si dissolvono facilmente e rimangono come potenti mezzi di conoscenza. Le teorie costruite riguardano anche il significato e il funzionamento della scrittura come dimostrano le ricerche già citate di Ferrei-ro e Teberosky.

In riferimento all'insegnamento della lingua scritta, non ha senso proporre al bambino solo un lavoro tecnico e strettamente centrato sul codice, in una fase in cui non si è ancora posto interrogativi sul senso e sulla funzione della lingua: così facendo si potrebbe in effetti bloccare un apprendimento sereno e creare delle difficoltà (Monighetti).

La proposta di Monighetti, che ritengo particolarmente valida, è quella di lavorare sempre in parallelo sui due aspetti del senso e del codice, cioè fornire una tecnica, (il codice), ma contestualizzata nella sua funzione reale di comu-nicazione di significati (il senso); questo è importante anche perché nel bam-bino c'è sempre una stretta connessione tra l'affettività e la cognitività, che non possono mai essere scisse.

Per Gardner è molto importante che le teorie dei bambini, che egli chiama “intuitive” , vengano riconosciute, affrontate e sviscerate il più possibile, affin-ché sia il bambino, sia l'adulto che si occupa del suo apprendimento, possano stabilire in quali circostanze esse sono valide e per aiutare il bambino a supera-re quelle che non “funzionano” e non sono più adeguate. Ovviamente il bam-bino deve affrontare il suo percorso individuale e non forzato, l'insegnante non può imporre le sue conoscenze e dire, ad esempio, “io ti dico che è così e allora è così”. Quando la proposta dell'adulto è troppo netta e troppo diversa da quella che in quel momento rappresenta la disponibilità di apprendimento del bambino, emergono delle difficoltà.

Ciò suggerisce un’importante indicazione didattico-educativa e cioè che per prima cosa bisogna effettivamente capire a che punto è il bambino e parti-re da lì per accompagnarlo nel suo cammino di conoscenza.

La Zucchermaglio, un'altra studiosa del gruppo della Pontecorvo di cui fa parte la dottoressa Rossi, ha scritto un libro molto bello e interessante, intito-lato “Gli apprendisti della lingua scritta”. Il titolo è illuminante: l'apprendista è colui che si immerge nell'attività, che prova, che sbaglia, che torna indietro, che fa concretamente un'attività: anche nella lingua scritta c'è una sorta di ap-prendistato. L'autrice afferma che, quando i bambini arrivano in prima ele-mentare, “non sono tutti ugualmente ignoranti, ma diversamente competen-

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ti”: qui sta la sfida per gli insegnanti, riuscire a capire quali sono queste diffe-renze, fare del proprio meglio per coglierle e partire dalla loro analisi per co-struire un percorso rispondente ai reali bisogni di apprendimento dei singoli alunni.

Dobbiamo riconoscere che già nei programmi del 1985 per la scuola ele-mentare veniva sottolineata l'esigenza di tener conto dell'esperienza pregressa del fanciullo: “il fanciullo ha un'esperienza linguistica iniziale di cui l'inse-gnante dovrà certamente rendersi conto e sulla quale dovrà impostare l'azione didattica. Ha una varietà di codici verbali e non verbali (tra cui quelli derivati dai mass media), nella quale il codice verbale è dominante, ha maturato una capacità di comunicare oralmente in lingua o in dialetto” (quest'ultimo ele-mento andrebbe attualmente approfondito, dal momento che sta notevolmen-te aumentando a scuola la presenza di bambini stranieri che non parlano ita-liano) “sa che la lingua scritta esiste e percependone l'importanza desidera im-padronirsene”.

Anche in altre proposte rivolte alla scuola di base si ribadisce l'importanza di tener conto del percorso precedente e si afferma che gli obiettivi e le scelte fatte dagli insegnanti in questa fase devono “rispondere soprattutto all'esigen-za di introdurre gradualmente le alunne e gli alunni al confronto con i diversi linguaggi disciplinari, evitando sia il rischio della frammentazione e della di-spersività, sia quello di una precoce e improduttiva sistematizzazione discipli-nare”: viene ricordato come nei primi due anni della scuola di base si deve mantenere un approccio non ancora sistematico alle discipline. Si valorizza la dimensione dell’azione e dell’interazione sociale: “attraverso il fare con le ma-ni, l'operatività sociale, gli allievi diventano soggetti attivi, interattivi”… nel dialogo tra pari e con gli insegnanti, immessi in situazioni concrete e familiari, gli allievi elaborano e producono nuovi significati dei linguaggi, con il control-lo della parola (chiedere e ottenere il diritto di parola, descrivere verbalmente emozioni, stati d'animo, interrogare, rispondere…), del disegno e della scrit-tura, dello spostamento e dell’orientamento, della voce.

Per quanto riguarda l'attività linguistica si distinguono quattro ambiti: la lettura, la scrittura, la lingua parlata e la riflessione linguistica; si parla di “o-biettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”. C'è una particolare attenzione alla contestualizzazione, alla valorizzazione della narrazione, e della scrittura di testi intesa non tanto come dettatura, ma come produzione e ideazione di testi. La differenza tra la lingua parlata e la lingua

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scritta è fondamentale; si può avvicinare il bambino a quest’ultima già nella scuola dell’infanzia con il racconto, l’invenzione, la dettatura dei testi (nel momento in cui il bambino detta alla maestra, che svolge il ruolo di “scriba”, si rende conto che non è la stessa cosa dettare o raccontare una storia, che ci sono regole diverse, ecc.).

L'acquisizione del linguaggio scritto è un processo di ricostruzione attiva, che si sviluppa come ogni altro processo cognitivo attraverso operazioni plu-rimodali, non necessariamente e immediatamente legate agli aspetti fonetici, ai grafemi del segno scritto. Ad esempio, il bambino per un certo periodo pen-sa che la parola scritta debba in qualche modo richiamare qualche caratteristi-ca dell'oggetto (parola trasparente) e solo in un secondo tempo si accorge della corrispondenza tra suono e segno, in quanto aspetto specifico della produzio-ne linguistica che mette in stretta connessione il linguaggio scritto con quello verbale.

Tra la lingua parlata e la lingua scritta vi è una grande differenza: la prima è un fenomeno naturale, mentre la seconda ha bisogno di un insegnamento spe-cifico. La lingua parlata richiede una simbolizzazione di primo livello, cioè la parola parlata rimanda direttamente all'oggetto che denomina; la lingua scritta richiede un doppio livello di simbolizzazione, perché rimanda alla parola detta e poi all'oggetto, perciò è effettivamente un percorso complesso. Le diverse competenze che i bambini dimostrano nelle scritture spontanee, di cui ci ha parlato Franca Rossi, ci aiutano a capire a quale livello di concettualizzazione della lingua scritta sono giunti.

Esistono due grandi sistemi di scrittura, quello ideografico e quello foneti-co: nel primo, che è quello della scrittura cinese, il vocabolo è rappresentato da un segno unico e estraneo al suono (dal segno si va direttamente all'insieme del vocabolo); il nostro sistema è invece alfabetico-fonetico ed è più articolato, nel senso che viene riprodotta la sequenza dei suoni che si succedono nel vo-cabolo. La scrittura fonologica rappresenta con un segno ciascun elemento della catena sonora, si va dal segno al suono, al fonema, alla catena dei fonemi, alla parola, al concetto che la parola rappresenta: il percorso che deve compie-re il bambino nell’apprendimento è piuttosto complesso e va pertanto soste-nuto dando stimoli motivazionali adeguati.

È fondamentale riportare l'attenzione sul bambino che pensa, che impara, che produce, anziché occuparsi di funzioni parziali ancor più complesse e re-stituire al bambino le valenze cognitive e motivazionali connesse con il leggere

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e con lo scrivere, in quanto prerequisiti per l'acquisizione di linguaggio e di nuova conoscenza, e la titolarità del processo di apprendimento, che troppo spesso gli viene negata e attribuita solo quando il metodo d’insegnamento non funziona o vengono a galla i problemi.

Tradizionalmente nella scuola l'acquisizione della lettura segue questo mo-dello: parole scritte, sonorizzazione, significato, cioè segno - suono - significa-to, e conseguentemente la lettura viene intesa come oralizzazione dello scritto e poi accesso al significato.

Prima di tutto il bambino deve capire la funzione del linguaggio scritto, più che le regole di combinazione delle lettere (si vedano su questi aspetti i lavori di Pontecorvo e Monighetti).

Questo non significa trascurare l’acquisizione del codice nel suo aspetto tecnico che naturalmente deve avvenire in modo preciso e puntuale, ma ade-guatamente contestualizzato.

Proprio in riferimento a un aspetto più propriamente “tecnico” dell’acquisizione della lingua scritta vorrei richiamare l’attenzione sugli studi e ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo della “consapevolezza fo-nologica” come abilità importante e strettamente implicata in questo tipo di apprendimento. Monighetti dedica ampio spazio a questi aspetti e così anche Stella. Giuliana Pinto nel suo testo “Dalla lingua orale al linguaggio scritto” definisce la consapevolezza fonologica “la capacità di identificare le compo-nenti fonologiche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”, va-le a dire che di fronte al grafema, alla singola lettera, bisogna saper individuare la corrispondente immagine acustica: cioè al di là del suono (che può variare nei diversi accenti dialettali) si deve cogliere il fonema (la rappresentazione mentale di quel suono) sapendolo individuare e collocare nella catena sonora della parola.

Nella consapevolezza fonologica i bambini progrediscono via via che sono introdotti all’alfabetizzazione; fin dalla scuola dell’infanzia “giochi fonologici” (si vedano esempi in Monighetti, Stella, Pinto) proposti nelle forme opportu-ne possono facilitare la crescita di questo tipo di consapevolezza rendendo più agevole il percorso di acquisizione della lingua scritta (che appunto presuppo-ne in parte e potenzia tale consapevolezza nel bambino).

Anche su questo aspetto come sugli altri prima presi in esame è più che mai importante una conoscenza condivisa e una programmazione comune fra

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PARTE PRIMA Il curricolo di lingua

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insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola elementare per garantire una con-tinuità a vantaggio del bambino.

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I disturbi dell'apprendimento di Livia Bonoli

Le difficoltà scolastiche colpiscono il 15% della popolazione scolastica (2-3 bambini per classe), ma bisogna fare una netta distinzione tra i disturbi speci-fici dell'apprendimento (5-7%) e le difficoltà aspecifiche dell'apprendimento (10%).

Il termine DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) si riferisce a difficol-tà specifiche di lettura (dislessia), di scrittura (disortografia e disgrafia) e di calcolo (discalculia).

Le difficoltà di apprendimento possono essere dovute a deficit neurofun-zionali e dell'organizzazione neuropsicologica (in questi casi si potrebbe parla-re di DSA), oppure a problematiche ambientali (relazionali, emotive o svan-taggi culturali). Una volta individuate le cause, si formula la prognosi e, quin-di, si può intervenire con una azione mirata e specifica sul processo deficitario e collegata anche alla possibilità di modificare l'ambiente.

I bambini con DSA, oltre che avere problemi nella lettura, nella scrittura e nel calcolo, possono presentare difficoltà nel riportare l'ordine dei mesi del-l'anno e delle stagioni, nel definire la distanza tra le località geografiche, nella lettura dell'orologio e così via. Possono aggiungersi anche altri disagi, come conseguenze (e non cause!!) del disturbo: facile distraibilità, tempi brevi di at-tenzione, impulsività, irritabilità, irrequietezza, aggressività sia verso i compa-gni che verso gli insegnanti, pigrizia, insofferenza, svogliatezza, depressione, grande senso di frustrazione ed un effetto negativo sul livello dell'autostima. Si è notato che le reazioni comportamentali si differenziano nei maschi rispetto alle femmine: i bambini reagiscono più con l'aggressività, le bambine tendono a isolarsi da una parte della classe e per questo motivo vengono definite di-menticate. Infine vi è una diversa incidenza maschi/femmine, che stanno in un rapporto di 3 a 1. A questo punto bisogna distinguere le cause dagli effetti, perché i disturbi specifici dell'apprendimento provocano queste diverse rea-zioni comportamentali ed è importante definire se il disturbo primario è un disturbo specifico dell'apprendimento oppure se il disturbo primario è un di-

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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sturbo comportamentale: questo è fondamentale sempre per attivare un’ap-propriata attività di recupero.

Per quanto riguarda una definizione dei disturbi specifici dell'apprendi-mento ci troviamo in una vera e propria babele di significati. Questo dipende sia dal fatto che gli specialisti che compiono le diagnosi fanno riferimento a diversi orientamenti teorici, sia dal luogo e dal tempo in cui la diagnosi viene fatta. Un altro problema deriva dalla difficoltà di delineare un profilo identico per tutti i bambini che hanno questo disturbo (come abbiamo appena visto le reazioni sono numerose e diversificate).

A grandi linee sono stati comunque individuati due principali orienta-menti per la definizione dei DSA:

1. Orientamento descrittivo, a cui fanno capo la definizione dell'OMS

(Organizzazione mondiale della sanità) e quella del DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, redatto dall'American Psychiatric Association). Si tratta di un orientamento descrittivo per-ché vengono delineate le caratteristiche e i criteri di inclusione e di e-sclusione per il disturbo. Viene sottolineato, in linea generale, che si tratta di bambini intelligenti, che hanno un quoziente intellettivo nella norma, che non hanno disturbi sensoriali (quindi non si tratta di di-sturbi della vista), disturbi neurologici o disturbi comportamentali (che, come abbiamo visto prima, non sono la causa, ma ne sono la conseguenza). Si evidenziano inoltre la necessità di distinguere tra dif-ficoltà scolastiche e disturbi dell'apprendimento e il fatto che spesso dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia compaiono insieme. • ICD 10 redatto dall'OMS sotto la voce “Disturbi evolutivi specifici

delle abilità scolastiche”: i disturbi specifici delle abilità scolastiche comprendono gruppi di condizioni morbose che si manifestano con specifiche e significative compromissioni dell'apprendimento delle abilità scolastiche. Queste compromissioni dell'apprendi-mento non sono il risultato diretto di altre patologie (come il ri-tardo mentale, grossolani deficit neurologici, gravi problemi uditi-vi o visivi, disturbi emotivi), sebbene essi possono manifestarsi contemporaneamente a tali ultime condizioni. Frequentemente i disturbi in questione si presentano insieme ad altre sindromi cine-tiche (come il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria

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o i disturbi evolutivi specifici dell'eloquio e del linguaggio). L'ezio-logia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è nota, ma si suppone che vi sia un intervento significativo di fattori biologici, i quali interagiscono con fattori non biologici (come le opportunità di apprendimento e la qualità dell'insegnamento) producendo le manifestazioni.

• DSM IV redatto dall'American Psychiatric Association, criteri dia-gnostici per f 81.0 disturbo della lettura (315.00): A. Il livello raggiunto nella lettura, come misurato da test stan-

dardizzati somministrati individualmente sulla precisione o sulla comprensione della lettura, è sostanzialmente al di sotto di quanto previsto in base all'età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometrica dell'intelligenza e a un'istruzione a-deguata all'età.

B. L'anomalia descritta al punto A interferisce in modo significa-tivo con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura.

C. Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di lettura vanno al di là di quelle di solito associate con esso.

Nota per la codificazione: se è presente una condizione medica generale

(per es., neurologica) o un deficit sensoriale, codificare la condizione sull'Asse III.

2. Orientamento cognitivo, che ricerca nel funzionamento mentale le

radici dei DSA. Il modello più diffuso e accreditato è quello “dell'automatizzazione” adottato dalla commissione superiore del Ministero della Sanità del governo olandese. Si ha dislessia quando l'automatizzazione nell'iden-tificazione della parola nella lettura e/o nella scrittura non si sviluppa o si sviluppa parzialmente. Un processo automatico è rapido e accurato, richiede minime risorse attentive e produce l'impressione di svolgersi senza il controllo diretto e volontario del soggetto. Un esempio di pro-cesso che diventa automatico è la guida dell'automobile: alle prime e-sperienze di guida dobbiamo pensare a quello che stiamo facendo, po-niamo una grande attenzione a tutti i nostri movimenti (ad es., quan-

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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do dobbiamo curvare pensiamo al fatto che bisogna mettere la freccia, premere il pedale della frizione, cambiare e accelerare). Tutto questo con grande dispendio di energia e di risorse, tanto che non possiamo compiere altri processi contemporaneamente (ad es., è difficile man-tenere la conversazione con il nostro compagno di viaggio oppure a-scoltare la radio); man mano che le guide procedono il processo di-venta automatico e richiede minore attenzione, di conseguenza pos-siamo svolgere altri compiti in parallelo. Così è la lettura dei bambini. Quando i bambini, che non riescono ad automatizzare il processo di lettura, si trovano di fronte a una parola, è come se la vedessero sem-pre per la prima volta, per cui devono procedere tramite una lettura lettera per lettera. Questo spiega anche perché quando il bambino leg-ge un testo, riesce a leggere correttamente le prime righe e successiva-mente la sua prestazione decade: il bambino consuma tutte la sua e-nergia nelle prime righe, nelle prime parole, dopodiché le sue risorse si esauriscono e non riesce più a leggere in modo esatto.

Questi sono i due principali orientamenti di ricerca. Per una corretta defi-

nizione dei disturbi specifici dell'apprendimento bisogna quindi valutare il li-vello intellettivo, escludere disturbi sensoriali e neurologici.

I DSA sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico del bambino e sono trasmissibili geneticamente: come si possono trasmettere il colore degli occhi, dei capelli e la statura, purtroppo si possono trasmettere anche certe disfunzioni, come la tendenza all'obesità, il piattismo del piede e, appunto, i disturbi specifici dell' apprendimento. L'ipotesi che vi sia una base biologica nella trasmissione è avvalorata dalla scoperta della diversa incidenza del disturbo nei maschi e nelle femmine (3:1); inoltre si è notata una notevole familiarità: raccogliendo l'anamnesi dei bambini che giungono a consultazione presso il Centro Regionale per le Disabilità Linguistiche e Cognitive di Bolo-gna, è stato ricavato che il 60% di essi hanno parenti molto stretti come geni-tori, cugini o nonni che in passato hanno avuto o hanno attualmente un di-sturbo dell'apprendimento.

Sono state eseguite numerose ricerche volte ad analizzare la diversa inci-denza nei maschi e nelle femmine. I risultati stabiliscono che i bambini con disturbi specifici dell' apprendimento hanno un livello salivare di testosterone, che è un ormone maschile, più elevato rispetto agli altri bambini. È stato fatto

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anche un esperimento come controprova, da cui si è ricavato appunto che i soggetti con disturbi a livello ormonale (quindi con un livello di testosterone più elevato rispetto alla norma) hanno in percentuale maggiore un disturbo specifico dell' apprendimento rispetto al gruppo di controllo costituito da sog-getti senza questi squilibri ormonali.

Altri studi eseguiti sui gemelli confermano le basi biologiche dei DSA: i gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, soffrono entrambi di disturbi specifici dell'apprendimento.

Così gli studi di citogenetica, volti a cercare il gene responsabile del distur-bo, hanno trovato l' interessamento del cromosoma 6 o del cromosoma 15 nei bambini con disturbi dell'apprendimento.

Altri studi riguardano gli aspetti anatomici. È stato trovato che quella zona di corteccia cerebrale che si chiama planum temporale, nei soggetti senza di-sturbi di apprendimento è più sviluppata nello emisfero sinistro, mentre nei soggetti con disturbi specifici dell' apprendimento è ugualmente disviluppata, sia nell'emisfero sinistro, che nell' emisfero destro. Sono stati scoperti anche difetti nei fenomeni di migrazione, cioè alcune popolazioni di neuroni duran-te lo sviluppo dell' embrione si sono organizzate in maniera impropria.

Per quanto riguarda gli aspetti neurofisiologici, facendo l' elettroencefalo-gramma a questi bambini con DSA, è stata notata una maggiore percentuale di onde lente, cioè di onde delta nella zona occipitale, rispetto al gruppo di con-trollo. Si tratta di un disturbo di natura neurobiologica, non di una malattia, di conseguenza non si guarisce; il miglioramento dipende anche dalla gravità del disturbo: se si tratta di un bambino dislessico lieve, probabilmente da a-dulto avrà pochi problemi, se non, magari, quello di parlare in pubblico o di leggere ad alta voce; se invece si tratta di un bambino con un disturbo di di-slessia grave, probabilmente anche da adulto si trascinerà le medesime difficol-tà (lettura più lenta rispetto ai coetanei e con alcuni errori).

Il fatto che vi sia una base biologica nella trasmissione dei DSA ha impor-tanti conseguenze: innanzi tutto dimostra che non bisogna colpevolizzare nes-suno. Non è colpa del bambino che non si impegna, non è colpa dei genitori che magari non riescono a seguirlo e non è colpa degli insegnanti che non gli hanno fornito sufficienti strumenti: si tratta di un disturbo di natura biologi-ca.

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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Questo in sintesi quanto detto finora: I DSA: 1. Si manifestano in soggetti normodotati, con normali capacità intelletti-

ve e sociali

2. Sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico

del soggetto

3. Non sono facilmente pronosticabili prima dell'età scolare

4. Accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo

5. Non sono “guaribili”, ma le conseguenze funzionali si modificano attra-

verso adeguate misure rieducative e didattiche

6. Spesso sono accompagnati da manifestazioni psicologiche e relazionali

disturbate (disturbi della condotta)

7. Spesso sono associati a disturbi dell'attenzione e dell'iperattività

Adesso parliamo dei DSA nello specifico.

DISLESSIA

La dislessia è una difficoltà di lettura; i bambini commettono numerosi er-

rori, ma sono anche molto lenti rispetto a ciò che ci si dovrebbe aspettare in base a un certo grado di istruzione e alla media delle prestazioni dei propri co-etanei.

Bisogna distinguere tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita. La prima, quella di cui ho parlato fino adesso, è un disturbo settoriale della lettura che si manifesta in un bambino privo di disturbi neurologici, cognitivi, sensoriali e relazionali e nonostante il bambino abbia avuto normali opportunità scolasti-che. Di solito il disturbo si accompagna a difficoltà nella scrittura e nei proces-si di lettoscrittura del numero e del calcolo. Viene normalmente definita sin-drome dislessica evolutiva oppure disturbi specifici dell'apprendimento (DSA). Il bambino nasce con tale disturbo. La dislessia acquisita, invece, si presenta una volta che il bambino ha già imparato e leggere e può essere cau-sata ad esempio da un trauma cranico o da una lesione celebrale. In questo ca-

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so è più facile che il disturbo si presenti da solo (può esserci solo dislessia, solo disgrafia o solo discalcolia).

Vi mostro la curva della distribuzione normale (la curva gaussiana, grafico n. 1):

Grafico n. 1

I disturbi specifici dell'apprendimento rappresentano un'espressione della

variabilità individuale. La maggior parte delle persone si trova vicino alla media. Certi bambini si

collocano intorno o sopra la media per quanto riguarda l'intelligenza, mentre si trovano sotto la seconda deviazione standard per quanto riguarda la lettura: hanno perciò una buona capacità intellettiva, ma una lettura lenta e stentata. Questo è un campanello di allarme: un bambino intelligente, sveglio e capace in tante abilità, ma che non riesce in piccole abilità specifiche, come la lettura, il calcolo o la scrittura, potrebbe soffrire di DSA.

La diagnosi di dislessia si basa sui criteri di discrepanza tra efficienza cogni-tiva e linguistica, da un lato, e capacità di lettura, dall'altro. Per svolgere una diagnosi, bisogna fare riferimento al protocollo clinico e quindi compiere una serie di valutazioni:

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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• Valutazione cognitiva • Valutazione del linguaggio sia espressivo che recettivo (per accertare

che le difficoltà di lettura non derivino da deficit linguistici) • Valutazione dell'efficienza della memoria a breve termine • Valutazione dei processi attentivi attraverso prove di processing visi-

vo • Valutazione della lettura attraverso la somministrazione di prove di

decodifica di parole, di non parole, di un brano • Valutazione della comprensione del testo I parametri da considerare sono la velocità di decodifica (espressa in nume-

ro di sillabe per secondo, SILL/SEC) e l'accuratezza (numero di errori); è im-portante anche valutare il tipo di errori, per adeguare una successiva riabilitazione.

I protocolli di lettura sono diversi, a seconda dell'età del bambino, e sono standardizzati. Il bambino deve leggere ad alta voce e più velocemente possibi-le le liste di parole. Quando i valori di velocità e/o di accuratezza sono al di sotto della seconda deviazione standard dalla media prevista per la classe fre-quentata, oppure quando la velocità del soggetto è pari a valori medi per due classi inferiori a quella da lui frequentata si può dire che il bambino soffre di dislessia. Seguendo questo protocollo clinico, la diagnosi può essere fatta a partire dalla seconda elementare. A partire dalla prima elementare esistono degli indicatori che consentono di definire un indice di rischio basandosi sulla capacità del bambino di apprendere la scrittura.

Per i bambini con maggiori difficoltà si usano protocolli scritti in stampa-tello maiuscolo o contenenti parole semplici. È importante somministrare la lettura sia di parole che di non parole, per vedere dove il bambino compie i maggiori errori e cercare quindi di capire il particolare tipo di disturbo di cui soffre. Per la lettura di non parole il bambino deve utilizzare la via fonologica, perché sono parole che non conosce e per poterle decifrare deve fare una scan-sione lettera per lettera. Per la lettura di parole utilizziamo la via lessicale.

Per quanto riguarda la lettura del brano si valuta il tempo di lettura (calco-lato in deviazione standard) oppure si paragona la capacità di lettura a quella di bambini di età inferiore.

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Generalmente i bambini dislessici migliorano notevolmente nell'accuratez-za e poco nella velocità; anche quest'ultima può aumentare, ma, se confrontata a quella di ragazzi di pari età, è sempre inferiore.

Spesso la dislessia si accompagna ad altri disturbi specifici dell' apprendimento, quali appunto disgrafia, disortografia e discalculia.

DISGRAFIA Ogni scrittura indecifrabile, o comunque di difficile interpretazione, può

essere definita disgrafica. Si tratta di un disturbo correlato al linguaggio scritto che riguarda le abilità esecutive della scrittura. Per definire disgrafica una scrit-tura che non è comprensibile né da chi ha scritto, né da chi legge, bisogna con-siderare alcuni parametri, quali il livello di istruzione e l'età, e si deve confron-tare la scrittura stessa con quella di soggetti della medesima età. Altri parame-tri da considerare per la valutazione di una scrittura disgrafica sono la velocità di scrittura, la pressione debole o eccessiva sul foglio, l'orientamento delle let-tere sul foglio, la tendenza alla macro o alla micrografia, la ritoccatura del se-gno già tracciato, la direzionalità del segno, l' andamento del tracciato, la lega-tura delle parole e la distanza delle parole. Per una valutazione corretta della disgrafia è fondamentale poter osservare il bambino in momenti, perché la sua scrittura può risentire dei particolari stati emotivi (magari scrive in un mo-mento in cui è teso, oppure scrive velocemente perché ha fretta). Con ragazzi che hanno questa scrittura, questa grafia è stato accordato insieme all'inse-gnante di scrivere in stampato maiuscolo, perché comunque è il carattere più semplice e nei casi di disgrafia grave è il carattere più consigliato, addirittura a volte si suggerisce l'uso del PC, per poter scrivere correttamente. DISORTOGRAFIA

La disortografia consiste nella difficoltà di applicazione delle regole orto-

grafiche. Quando un bambino o un adulto commettono errori significativa-mente superiori, sia per numero che per caratteristiche, a quelli che ci si do-vrebbe aspettare facendo riferimento all'età, alla cultura e al grado di istruzio-ne ricevuto. Questa difficoltà non sono imputabili a handicap, né a condizioni

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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di svantaggio culturale o sociale, né a difficoltà emotive. Gli errori vengono suddivisi in categorie:

1. Errori ortografici fonologici: difficoltà nell'identificare corretta-

mente i suoni all'interno della parola, non è rispettato il rapporto tra fonemi e grafemi. • Scambio di grafema: sostituzione di vocale o consonante, o di

consonante in gruppo consonantico, o di sillaba (es. campa-gia/campania/canpagna/campaglia per campagna, magnioni per maglioni, nestole per nespole, tiepita per tiepida).

• Omissione di vocale, consonante, sillaba (es. uscamo/usiamo per usciamo, scarpe per sciarpe, stagone per stagione, ghiacco-li/giaccioli per ghiaccioli, fresce per fresche, cilege per ciliegie, spledida per splendida, tipida per tiepida, squite per squisite).

• Aggiunta di vocale, consonante, sillaba (es. campagnia per campagna, furuttivendolo per fruttivendolo, innindossia-mo/inndossiamo per indossiamo, questra per questa, nella ar-madio per nell'armadio, ccappotti per cappotti, splenndida per splendida).

• Inversione (es. stilavi per stivali, ni campagna per in campagna, gioranta per giornata, capmagna per campagna, vertina per ve-trina, csiarpe per sciarpe).

2. Errori ortografici non fonologici: sono tutti gli errori nella rappre-

sentazione ortografica della parole in cui il livello fonologico è preser-vato. Questi errori riguardano i fonemi per i quali esiste più di un cor-rispondente ortografico. Il fonema è stato identificato correttamente, ma è sbagliata la scelta del corrispondente ortografico fra quelli che lo rappresentano. • Scambio grafema omofono (es. quoio per cuoio, scuisite per

squisite, cuando per quando). • Grafema incompleto (es. campana/campaga per campagna,

malioni/magloni per maglioni, maliette/maglette per magliet-te).

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• Grafema inesatto (es. gielati per gelati, leggieri per leggeri, clgliege/ciglege per ciliegie, fraghole per fragole, cquoio per cuoio).

3. Errori non fonologici di origine semantico-lessicale: sono errori

di rappresentazione ortografica in cui il livello fonologico è preserva-to. A differenza della precedente classe di errori, in questo caso, l'erra-ta traduzione ortogrfica dipende da un cattivo o assente processamen-to semantico-lessicale. Il bambino non riesce ad accedere al suo ma-gazzino lessicale di conoscenze. In genere si fanno scrivere ai bambini liste di parole, di non parole e un dettato. • Fusione illegale (es. laria per l'aria, dellanno per dell'anno, piu-

bella per più bella). • Segmentazione illegale (es. in dossiamo per indossiamo, frutti

vendolo per fruttivendolo). • Fusione-segmentazione illegale (es. la ria per l'aria, del lanno

per dell'anno, nella rmadio per nell'armadio). • Omissione o aggiunta di consonante H (es. o visto per ho visto,

dell'hanno per dell'anno). • Omissione o aggiunta di accento (es. e per è, piu per più, citta è

per città, quèsta per questa). • Omofoni non omografi (es. d'anno per danno, l'ago per lago).

4. Altri errori:

• Omissione o aggiunta di geminata (doppia) (plausibile) (es. le-geri per leggeri, vettrina per vetrina, abiamo per abbiamo, in-dosiamo per indossiamo, abbiti per abiti).

• Omissione o aggiunta di parole (non ripetizioni) (es. ciliegie, caramelle e fragole per ciliegie e fragole, alla sera è tiepida per alla sera l'aria è tiepida).

• Omissione parte finale di parola (es. sembravan/sembrava per sembravano, maglie per magliette, fruttivendo per fruttivendo-lo).

5. Disgrafia:

• Segno grafico incompleto o inesatto (es. sero per sera).

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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6. Lessicali: • Sostituzione di parola • dello stesso campo semantico (es. fresca per tiepida, mele per

fragole) • di altro campo semantico (es. i gusci per gli usci) • per vicinanza fonologica (es. tacchini per taccuini). • Modificazione parola • per genere (es. bimbe per bimbi) • numero (es. dei per del) • tempo del verbo (es. era per è) • modo del verbo (es. trascinarli per trascinandoli) • persona del verbo (es. esco per usciamo, trasmettono per tra-

smette). • Ripetizione di parola (es. leggeri leggeri per leggeri, e indossia-

mo e magliette per e indossiamo magliette). 7. Errori lessicali di origine morfo-sintattica:

• Sostituzione di parola (es. all'anno per dell'anno, a fare per per fare, di sera per alla sera).

8. Morfologici:

• Errori di accordo (es. i giri per un giro). Oltre a un intervento riabilitativo personale, spesso è utile l'utilizzo del per-

sonal computer con la funzione del correttore ortografico, per cui il bambino, vedendo la parola sottolineata, può provare a correggersi da solo, senza che nessuno si sostituisca a lui. DISCALCULIA

La discalculia riguarda le difficoltà nell'area matematica e, generalmente, è

associata a dislessia. Per diagnosticarla viene proposto un protocollo di nume-ri, che valuta la capacità di lettura e di scrittura di numeri, il conteggio in a-vanti e all'indietro, il calcolo scritto, le tabelline, il calcolo a mente.

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I bambini di solito commettono errori nel calcolo e nel conteggio all'indie-tro, perché non riescono a tenere a mente tanti numeri in sequenza, e a causa delle loro difficoltà nel processo di automatizzazione e nella memoria a breve termine. Difficilmente riescono ad apprendere le tabelline e di conseguenza non riescono a compiere nemmeno le operazioni scritte. Quando un bambino non è in grado di risolvere un problema, bisogna capire se non ha inteso la lo-gica del problema o se non riesce a eseguire le operazioni. È significativa la dif-ferenza tra i bambini deboli cognitivi e i bambini dislessici: i primi presentano difficoltà nel procedimento logico e non nelle procedure del calcolo, viceversa i dislessici hanno difficoltà proprio nelle procedure del calcolo. Supporti utili sono la tavola pitagorica e la calcolatrice, nel caso in cui, malgrado anni di in-segnamento, il bambino non riesca ad apprendere le procedure del calcolo scritto. Fornendo questi strumenti si facilita lo svolgimento delle operazioni e dei problemi e si dà la possibilità al bambino di esprimere la propria intelli-genza e capacità. DIBATTITO

- La dislessia pura si trova solo in dislessie acquisite. La percentuale di

disgrafici e di disortografici puri è bassissima, questi disturbi compaio-no quasi sempre insieme alla dislessia (infatti si parla di sindrome di-slettica, per raggruppare insieme i vari disturbi).

- Un campanello d'allarme, che fa presumere la presenza di DSA, può essere un disturbo pregresso del linguaggio, sia nell'esordio, che nello sviluppo; un altro indicatore è la scrittura: se un bambino di prima e-lementare scrive una parola con una singola lettera, malgrado un inse-gnamento continuativo sul valore sonoro convenzionale delle lettere.

- È importantissima una diagnosi precoce nel primo ciclo della scuola elementare. Una volta individuati i disturbi, che siano di natura fono-logica o metafonologica, va attivata una riabilitazione e si ottengono dei notevoli miglioramenti (ma non una guarigione, perché si tratta di disturbi a livello cerebrale).

- I bambini dislessici mantengono a lungo lo stadio di scrittura precon-venzionale. Nel caso di bambini di terza, quarta o quinta elementare che mostrano DSA, sarebbe interessante avere a disposizione la loro

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PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento

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storia e le loro scritture spontanee e conoscere la metodologia di inse-gnamento, di approccio e di introduzione alla lingua scritta, per scopri-re nuovi collegamenti; si tratterebbe di una ricerca longitudinale di 6 -7 anni, ma non è ancora stata compiuta. Di fronte a un bambino di pri-ma elementare presillabico, che, nonostante il costante insegnamento, la ricchezza della proposta e dell'ambiente, nel corso di un anno scola-stico non migliora, è lecito porsi delle domande. In ogni caso è impor-tante aiutarlo, seguirlo e osservare il suo andamento.

- In Italia non esiste una certificazione specifica per bambini dislessici, è una certificazione uguale a quella per gli altri bambini. Esiste un pro-blema di etichetta: il bambino viene classificato come bambino certifi-cato. Inoltre non è detto che l'insegnante di sostegno, non per colpa sua ovviamente, non sia adeguatamente preparato per affrontare il pro-blema della dislessia. Noi consigliamo la certificazione solo quando la forma di dislessia è molto grave, se invece è lieve sono preferibili altri tipi di interventi.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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Biancardi A., Milano G. (1999), Quando un bambino non sa leggere, Ed Rizzoli, Mi-

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Boltansky E. (1996), Dislessia e Dislateralità, Marrapese Ed., Roma

Boscolo P. (1986), Psicologia dell'apprendimento scolastico, Ed. UTET Libreria, To-

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De Beni, Pazzaglia (1995), La comprensione del testo, Ed. UTET Libreria, Torino

Ianes D., Tortello M. (a cura di) (1999), La qualità dell'integrazione scolastica, Cen-

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Lucangeli D. (1995), La psicologia dell'apprendimento matematico, Ed. UTET Libre-

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Luisi A., Ruggerini C. (1997), Dislessia e disagio pedagogico. Un approccio interdi-sciplinare per la diagnosi e l'aiuto, Ed. T.E.M.I., Bologna

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Pontecorvo C., Ajello, Zucchermaglio C. (1981), Discutendo s'impara, Nuova Italia

Scientifica

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Stella G., Pippo J. (1992) Apprendere a leggere e a scrivere, Guida La Lettura Ed. Si-

gnum Scuola

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Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere

di Mara Degasperi Trascorreremo insieme tre ore di attività, spero produttive e piacevoli. Per

questo pomeriggio ho previsto assaggi, brevi anticipazioni di ciò che faremo in maniera più completa e strutturata negli incontri di laboratorio.

Prima mi sembra però utile una breve introduzione che fondi l’attività fu-tura e faccia intravedere le finalità importanti del percorso complessivo. Per brevità, procederò servendomi di alcune parole chiave.

La prima di esse è contesto. Il contesto giusto, cioè lo sfondo, organizzativo e relazionale, che connette

e dà senso alle attività con i bambini, è una condizione delicata e decisiva. Che non va lasciata al caso, se si vuole intraprendere con i bambini un percorso nel quale inserire in maniera naturale e non forzata delle situazioni funzionali di apprendimento e di crescita.

Nella quotidianità della scuola si presentano continuamente situazioni che è necessario risolvere. E sono proprio i piccoli problemi che scandiscono la quotidianità a offrire le opportunità più significative per creare un contesto ricco e attento ai bisogni. Giocare, mangiare, stare insieme, spostarsi, comuni-care con le persone della scuola e con i genitori, raccontare. Sono bisogni fon-damentali dei bambini. Possono diventare anche occasioni per avvicinare al codice scritto, se lettura e scrittura vengono promosse ad attività che in qual-che modo danno risposta a quei bisogni. Non avrebbe senso avvicinare i bam-bini al codice in altro modo, e cioè al di fuori del contesto in cui le giornate si muovono.

La scuola è il primo luogo in cui si incontra la lingua in situazioni inten-zionali, che proprio per questo presuppongono da parte del gruppo docente l’assunzione di un modello di conoscenza.

Che cosa fonderà il modello di conoscenza? E come si realizzerà? Il come è altrettanto importante del cosa.

La modalità di avvicinamento al codice è la seconda parola chiave.

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PARTE PRIMA Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere

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Qui risulta fondamentale quanto dicevo prima. Saper predisporre situazio-ni efficaci di apprendimento coincide in larga misura nel saper trasformare in opportunità la vita della scuola, per cui il bambino entra nella complessità del-la lettura e della scrittura, e ne sperimenta la funzione, passando per la porta del vivere insieme quotidiano. Quindi soprattutto all’inizio le attività di acces-so al codice non avranno spazi autonomi, per evitare che l’incontro con la pa-rola scritta nell’ambiente scolastico restringa gli orizzonti ampi del suo ruolo. Del resto l’acquisizione strumentale è solo una delle difficoltà che il bambino deve superare per accedere alla competenza linguistica, e non è sicuramente la più difficile.

Riguardo poi a quale sia il metodo più efficace da adottare, non esistono fondati studi scientifici che facciano optare per l'uno o per l'altro, sia esso il metodo globale, o il fonico-sillabico o altro. C’è però un’osservazione di fon-do, che va detta: la separazione del codice dal significato rischia di creare diffi-coltà con conseguenze sgradite che si farebbero sentire più avanti, quando le richieste sulla lingua, di tipo comunicativo, prevedono la mobilitazione simul-tanea di abilità strumentali, cognitive e linguistiche.

Nelle pratiche più tradizionali, la separazione del codice dal significato era dettata dalla buona intenzione di semplificare le cose al bambino. In realtà la dicotomia che si viene a creare è concausa di un fenomeno che nella scuola si vede piuttosto spesso. Troppi bambini, una volta acquisita l’alfabetizzazione, non sanno come spenderla. Possiedono uno strumento del quale hanno perso per strada la funzione.

Dunque, sintesi di codice e di senso necessaria, per prevenire eventuali e future difficoltà: se è vero che non incontriamo spesso bambini analfabeti, so-no però molti i bambini che di fronte a un foglio bianco o di fronte a un libro non sanno cosa fare. Del resto i più disponibili a sfuggire a una acquisizione inerte del codice sono proprio i bambini, e l’interesse per le attività che pro-poniamo, in cui la lingua scritta entra come un elemento necessario della si-tuazione, lo stanno a dimostrare.

Allora, come fare e che cosa fare? La cosa più importante è che non ci siano anticipazioni e regolarizzazioni

precoci, perché sarebbero di intralcio al processo evolutivo che a cinque, sei anni è già molto avanti. Si sa che i bambini iniziano a lavorare sul linguaggio molto presto, fin da poche ore dopo la nascita quando ascoltano la voce della

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mamma, quindi è immaginabile con quanta esperienza si affaccino al mondo della scuola.

Entra qui la parola chiave successiva: ascolto. È importante saperli ascoltare, è importante guidarli a sapersi ascoltare, so-

prattutto fra bambini, perché le idee, i pensieri dei pari sono materiale poi di-sponibile per successive rielaborazioni e ricreazioni di conoscenza. È infine importante aiutarli a riflettere su ciò che fanno, e su come lo fanno, e ad ascol-tare emozioni e sentimenti con cui prendono parte alla vita della scuola.

Dunque no ad attività sul codice fine a se stesse, no alle anticipazioni, sì al-l'ascolto e al racconto/promozione/socializzazione di teorie, di ragionamenti, di discorsi, di significati che i bambini costruiscono molto presto. Una enorme ricchezza. I bambini sono per noi dei maestri se li sappiamo ascoltare. Ci a-prono strade di lavoro e ci offrono anche gli indicatori giusti per verificare se il nostro percorso è efficace.

Ho accennato prima al versante della riflessione, e del racconto di sé, e mi sembra opportuna una sottolineatura. Il mondo di oggi non introduce i bam-bini alla grammatica delle emozioni, seppure minimale; a saperle riconoscere, anche nominarle, a soffermarsi quando provano piacere o disagio. Sta anche a noi accompagnarli in questo percorso, ed è sorprendente quanto siano capaci di apprendere in fretta anche in questa arte, come ci insegna Goleman (cfr. L'intelligenza emotiva, Rizzoli, 1995).

Per concludere questa parte, le cose che proponiamo sono interessanti e produttive se c'è qualcosa da scoprire e se c'è la possibilità di un coinvolgi-mento emotivo. La relazione fra pari è un motore di apprendimento insosti-tuibile, che attiva la grande forza della circolarità e dell'interscambio di pensie-ri e idee.

La prossima e ultima parola chiave è complessità, e ci riporta al tema cen-trale, dal quale ho apparentemente divagato.

Dunque, non è sufficiente conoscere il codice, serve dell'altro per appro-priarsi della lingua scritta.

Bisogna allora conoscere quali siano i territori nei quali la lettura e la scrit-tura distendono le proprie competenze e farli conoscere ai bambini. Le attività che proponiamo devono avere in altre parole valenza linguistica multipla, coinvolgere scopi e idee, costringere a selezionare e ordinare, a scegliere parole ed espressioni, ritmo, ad adattarsi a situazioni e destinatari diversi.

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PARTE PRIMA Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere

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Le attività devono poi avere un senso, riconoscibile e per i più piccoli di fruibilità quasi immediata. Questo succede quando quello che si sta facendo viene sentito come vantaggioso per il soddisfacimento dei propri bisogni. Al-lora le richieste di attenzione, di riflessione, di rappresentazione e di elabora-zione, anche di ricorso al codice, sono legittimate dalla realizzazione del pro-getto condiviso, piccolo o grande che sia. Tutto avviene dentro l’orizzonte co-gnitivo, affettivo e relazionale che è poi il mondo quotidiano dei bambini, e con un andamento che segue un modo più magmatico nella scuola dell’infanzia, e via via più esplicito nella scuola elementare.

Per finire, una presentazione veloce e motivata degli assaggi di attività che vi proporrò, e che spaziano su molti aspetti, non tutti, del fare lingua a scuola con i più piccoli.

In particolare, manca l’ambito della scrittura funzionale, o di servizio (cfr. Zucchermaglio, La costruzione della lingua scritta), che si riferisce alle molte-plici e importantissime opportunità di lettura e scrittura date dalla quotidiani-tà, e che è oggetto del laboratorio parallelo al nostro.

Per quanto ci riguarda, un primo nucleo di attività è legato alla narrazione. Va fatto l’elogio della narrazione. Essa soddisfa il bisogno primario dei

bambini di riconnettere in una storia le proprie esperienze, e lo fa soprattutto con i fili di spazio e tempo, che danno unità al movimento sparso degli eventi. Durante l’ascolto di storie i bambini hanno la possibilità di estraniarsi dal con-testo reale dialogico in cui sono immersi e di apprendere le strutture cognitive e linguistiche entro cui a loro volta ordineranno testi di vario genere, a voce e scritti.

È in questa direzione il gioco del Villaggio delle fiabe, un’attività per rac-contare le fiabe conosciute e per inventarne di nuove.

L’indicazione dell’Aula percorso della memoria è di fatto una strategia che tiene unite le esigenze del conservare le esperienze fatte insieme e di farne sto-ria di gruppo, di rendere evidenti i progressi fatti e di consentire ritorni e ri-prese, di rappresentare pubblicamente il libro aperto più personale che ci sia, quello della vita del gruppo-classe, da leggere e rileggere, da scrivere giorno dopo giorno.

Un secondo gruppo di attività privilegiano l’ascolto e la raccolta delle teorie dei bambini sulla lingua, e non solo. Sono suggerimenti di lavoro che di solito sono accolti con piacere dai piccoli, che finalmente si sentono ascoltati ed ap-prezzati per quello che sono e fanno. Come si vedrà, permettono approcci

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molto vari e ricchi di possibilità (uso della corporeità, della mimica, del dise-gno; conversazioni e confronti, dettature alla maestra, riletture, prime scritture spontanee).

L’ultima serie di proposte riguardano più da vicino l’apprendimento del codice e comprendono i giochi fonologici, una varietà ricca di attività diver-tenti da fare con i bambini senza la pretesa di sistematizzare alcunché. Il loro scopo è di affinare la sensibilità al suono delle parole, e di avviare quindi i pic-coli a sapersi rappresentare fonologicamente le parole (e successivamente i singoli fonemi) come entità autonoma sia dai segni, sia da quello che signifi-cano. Possono essere proposti in modo occasionale, come giochi di parole in situazioni conosciute (“Apri la torta!” “Limone, mettiti vicino a Teronica …”); o in attività più strutturate, ma, come potrete vedere fra poco, sempre molto legate ai modi di agire dei bambini, che sono narrativi, quindi non sle-gati da situazioni dotate di senso.

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I testi funzionali di Patrizia Bortolotti

PREMESSA

Ogni attività deve essere proposta nella prospettiva di evidenziare il princi-

pio fondamentale della lingua scritta: la comunicazione funzionale che per-mette alle persone di arrivare ad uno scambio di idee e notizie. Abituare il bambino a conoscere, in modo sistematico, quali siano gli scopi del linguaggio scritto darà spazio a tutte quelle conoscenze ed idee che i bambini hanno co-struito sulla scrittura e lettura, già durante gli anni della scuola d’infanzia. Noi li aiuteremo a riflettere su alcuni interrogativi:

Perché si scrive Quando si può scrivere un messaggio A chi si può scrivere un testo….

Tuttavia, all’interno del gruppo classe, ci saranno bambini ai quali questi quesiti potranno sembrare non chiari, proprio perché non si sono ancora posti interrogativi sulla funzionalità della scrittura. L’insegnante, dopo i primi gio-chi, si renderà subito conto che essi ignorano a cosa serva una cartolina, una lettera, un qualsiasi messaggio scritto. Semplicemente non hanno avuto l’occasione di vivere, in prima persona, momenti in cui era importante o veni-va reiterata la funzionalità della scrittura.

Innanzitutto, proporremo ai bambini attività in cui il confronto con testi funzionali sarà, per gli uni e per gli altri, un’occasione dove l’uso della lingua scritta è decisivo e funzionale per la comunicazione. Questo aspetto diventerà per i bambini un ulteriore stimolo alla lettura dei messaggi ricevuti o spediti.

Incentivare, in questo modo, il desiderio alla lettura servirà anche ad allon-tanare quei luoghi comuni sulla lettura che alcuni metodi più attenti al codice diffondono nella mente dei piccoli apprendisti lettori: si legge per imparare a leggere, oppure che si legge per imparare le letterine, e ancora se non si sa leg-gere non si sa scrivere e così via.

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PARTE PRIMA I testi funzionali

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Per sviluppare nel bambino un continuo desiderio di lettura e incoraggiare delle competenze comunicative che vadano ad unirsi con quelle già possedute, è necessario, perciò, proporgli attività di lavoro legate al suo quotidiano, ai suoi progetti e desideri, alla vita della scuola.

La realtà scolastica offre innumerevoli occasioni motivanti alla lettura e scrittura, sarà nostra attenzione dare ai bambini la possibilità di essere prota-gonisti attivi in ogni momento del lavoro: dalla discussione collettiva su come procede l’attività, alle soluzioni da adottare per eventuali problemi che posso-no sorgere in itinere.

Obiettivo principale delle attività sui testi funzionali è far maturare nei bambini il legame esistente tra attività di scrittura e lettura. Sia nella scuola d’infanzia che nella scuola elementare, nelle fasi iniziali di costruzione e stesu-ra, tali testi sono per il bambino uno stimolo ad una maturazione cognitiva, occasione di costruzione della propria autostima attraverso il confronto con gli altri compagni. Questo concorre a non disgiungere quel processo globale di crescita tra la parte intellettiva e la parte emotivo-relazionale del bambino.

Per la scuola d’infanzia non ci si pone l’obiettivo di leggere o scrivere in codice anticipando tappe di padronanza linguistica. Lo scopo sarà quello di trovare in attività e giochi, che tra l’altro già si stanno conducendo, una inten-zionalità nuova alla scoperta della lettura e scrittura.

Nella scuola elementare, d’altra parte, il testo non deve essere solo un mo-mento di analisi, di decifrazione, di segmentazione; la lettura va intesa come esplorazione del testo; infatti le parole per molti bambini sono ancora dei lo-gogrammi e solo più tardi essi comprenderanno che le parole sono costituite da segni che si ripresentano anche in altre unità linguistiche. ATTIVITÀ POSSIBILI

Si intendono testi funzionali gli avvisi, le ricette, i messaggi da lasciare a

qualcuno, la corrispondenza. Per quanto riguarda la modalità da seguire per l’elaborazione di testi fun-

zionali, quali quelli riportati nelle pagine seguenti come esempio, i bambini preparano prima il testo con l’insegnante attraverso la discussione. Questo momento orale è importantissimo per confrontare idee e proposte, ma soprat-tutto per coinvolgere nel lavoro di elaborazione anche i bambini più insicuri

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nella competenza funzionale della lingua; l’insegnante farà lo scriba dei vari interventi.

Quando si è deciso il testo che si vuol scrivere, nascerà dagli stessi bambini il problema del destinatario che richiede un certo tipo di registro perché se è un genitore, il direttore o un bambino non si può adoperare lo stesso tipo di linguaggio…. Le riflessioni che i bambini faranno a questo proposito, antici-pano già aspetti che saranno approfonditi negli anni futuri.

In fase di costruzione del testo, nella scuola d’infanzia, si darà maggior spa-zio ad immagini e simboli limitandosi a poche parole, decise e discusse con i bambini. Questa, però, potrà essere una buona occasione per invitare a scrive-re le parole che sono state decise. I bambini saranno invitati a provare a scri-verle, una alla volta, e chi vorrà cimentarsi lo farà su di un cartellone, in modo che i compagni possano discutere cosa è stato scritto.

In questa fase di co-costruzione del testo si potrà fare una richiesta ulterio-re ai bambini, che discutano quali parole, simboli ed immagini possano essere più adatte a quel tipo di testo. Sicuramente avranno le loro idee in merito e, dopo varie esperienze di questo tipo, diventeranno più attenti ed “esigenti”.

A scuola spesso si organizzano momenti in cui i bambini devono preparare qualcosa da cucinare, questi diventano un’occasione preziosa per fare la lista degli ingredienti: il testo deciso dai bambini potrà essere costruito aiutandosi anche con immagini o simboli, sarà poi dettato all’insegnante. Nella scuola e-lementare i bambini potranno affrontare la ricetta anche come testo regolati-vo, mettendo in atto un criterio di logica sequenziale e ordine logico temporale.

Con la corrispondenza ci sono numerose occasioni per costruire un testo funzionale: dalla lettura di una cartolina o lettera arrivata a scuola, ad un testo da inviare ad un compagno che è a casa ammalato o semplicemente dei saluti da mandare ai bambini di un’altra scuola….

I bambini oltre ad imparare che la lettera o i messaggi di saluto hanno una tipologia testuale particolare, inizieranno in seguito ad indagare e a conoscere le varie parti costituenti la corrispondenza, dal francobollo, al timbro postale, all’indirizzo.

Vi sono poi dei giochi di ruolo in cui i bambini si prestano volentieri anche a scuola, come “il gioco del negozio”. Questo diventa un’occasione per l’insegnante per invitare i bambini alla stesura di una lista della spesa da scri-vere assieme, oppure preparare l’elenco dei prodotti che si vendono a prezzi ribassati, o ancora dei prodotti che mancano ecc. Altro gioco può essere fatto

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PARTE PRIMA I testi funzionali

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con le scatole vuote di vari tipi di prodotti es. caffè, latte, biscotti, riso ecc. e proporre di allestire il negozio con i cartellini dei nomi dei prodotti da esporre in vendita.

Posto il problema da risolvere, l’insegnante, nei momenti in cui i bambini provano a scrivere o discutono le varie parole, non dovrà dare giudizi di meri-to, farà da scriba o da moderatore della discussione; infatti in questi momenti i bambini dovranno avere piena libertà di formulare idee, inferenze sul quesito cognitivo che è stato posto con la scrittura di parole.

Un’altra occasione, molto semplice, per affrontare lettura e scrittura in modo funzionale sarà la registrazione dei nomi dei compagni assenti. Spesso nella scuola i bambini assolvono volentieri piccoli incarichi all’interno della vita di gruppo, questo sarà un momento in cui tutti potranno cimentarsi a scrivere i nomi degli altri, la discussione che ne seguirà verterà sul come è stata scritta la parola. Se si iniziano attività sui nomi dei compagni, anche i momen-ti di prova di scrittura del proprio nome, sia nella scuola d’infanzia che in quella elementare, diventano un’occasione per l’insegnante di registrare il li-vello di competenza raggiunto dal bambino. Non servirà che l’adulto apporti correzioni, basterà che scriva sotto la parola scritta dal bambino la lettura che egli fa dell’unità linguistica, indicando segmento per segmento; con questo ti-po di registrazione si potrà così anche valutare il livello di competenza fonolo-gica raggiunto.

Nella pagina seguente sono riportati alcuni esempi di testi funzionali (dal laboratorio IPRASE “Lettura e scrittura”).

Nei disegni n. 1 e 2 (una cartolina - la corrispondenza in classe prima), il testo si presenta “con i buchi”: l’attività di smascheramento e quindi di com-prensione del testo richiede abilità di completamento come il cloze classico, ma attiva anche capacità di inferenza e di formulazione di ipotesi.

I disegni n. 3 e 4 (un invito ed una ricetta) sono il prodotto finale della co-struzione di testi funzionali prodotti da bambini di classe prima elementare.

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Disegno n. 2

Disegno n. 1

Disegno n. 4

Disegno n. 3

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PARTE PRIMA I testi funzionali

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MATERIALI DI RIFERIMENTO

Cardarello R., Chiantera A. (a cura di) (1989) Leggere prima di leggere, Scandicci

(FI)

Monighetti I. (1994), La lettera e il senso, La Nuova Italia, Scandicci (FI)

Il sito web di Infantiae. org: www.Infantiae.org

Materiale dei laboratori del Gruppo di ricerca linguistica Iprase Trento

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PARTE SECONDA LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO

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UN LABORATORIO PER IMPARARE A LEGGERE PRIMA DI LEGGERE E A SCRIVERE PRIMA DI SCRIVERE Documentazione delle attività svolte

Due voci autorevoli, come appunti di viaggio …

Clotilde PONTECORVO (Bologna, Fiera del Libro 2000) dice, a propo-

sito di tutti gli apprendimenti (e a maggior ragione per lettura e scrit-

tura): “È decisiva la PRECOCITÀ delle proposte; sono DECISIVE le offer-te che fanno nascere interessi e familiarità con la lingua scritta NO alle anticipazioni NO alla sistemazione precoce delle conoscenze NO a regole e leggi imposte SÌ ai RAGIONAMENTI IDEE IPOTESI TEORIE CONFRONTI SCRIVERE: CONTESTO CHE SOLLECITA, stimola, sviluppa idee, conget-ture …. scrittura semplificata (dettatura) che estrae dal contesto LEGGERE: sollecitare la lettura a modo loro imitando gli adulti per finta …senza obbligo immediato di soluzione giusta … apprendimento come partecipazione (da periferica a centrale, poi) alle sollecitazioni dell’ambiente sbagli come punti di vista diverso, da mettere in gioco e a confronto con altri TRINOMIO LIBRI CORPO PAROLA”

Andrea CANEVARO: “Non ridurre i bambini a obiettivi” sarebbe una mutilazione di molte le loro possibilità ….. “LA SCUOLA DELL’INFANZIA E IL PRIMO PERIODO DELLA SCUOLA E-

LEMENTARE: MONDO CHE FONDA UN MODELLO DI APPRENDIMEN-

TO”

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1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

Che cosa sanno i bambini della lingua scritta?

di Franca Rossi STRUMENTI ED IDEE PER DARE VISIBILITÀ ALLE CONOSCENZE DEI BAMBINI

Prima di progettare un percorso per i bambini è sempre importante avere

un quadro, il più possibile articolato, delle conoscenze, delle rappresentazioni, delle emozioni che i bambini hanno a proposito di una determinata area della conoscenza. Anche nel caso della lingua scritta è importante chiedersi e sapere che cosa sanno i bambini, che tipo di esperienza diretta/indiretta hanno con la lingua scritta, quali usi della lingua scritta si rappresentano (per lavorare, per fare i compiti, per comunicare...).

Utilizzando un’espressione di Vygotskij si può affermare che ogni appren-dimento ha una sua preistoria.

Che cosa possono sapere i bambini della scuola dell’infanzia sulla lingua scritta?

• possono avere conoscenze diversificate rispetto al codice scritto e alle

regole di funzionamento dello stesso; • possono avere ipotesi diverse circa la funzione che la scrittura dei te-

sti assolve per gli adulti; • possono avere ipotesi diverse riguardo la funzione degli atti di lettu-

ra degli adulti e riguardo le caratteristiche che rendono leggibile un testo;

• possono avere diverse ipotesi interpretative circa i luoghi, i tempi, le modalità attraverso le quali si impara a leggere e a scrivere.

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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COME RACCOGLIERE LE SCRITTURE SPONTANEE DEI BAMBINI Per rilevare il livello di concettualizzazione sulla lingua scritta dei bambini

si può utilizzare una breve intervista individuale da realizzare in un angolo tranquillo.

Materiale: fogli bianchi formato A4 e penne. Cosa chiedere al bambino: “Oggi la maestra vuole sapere come scrivono i

bambini, ora disegniamo degli oggetti e scriviamo a fianco il nome”. Può capi-tare che i bambini rispondano “Io non so scrivere!”, in questo caso gli diciamo “Non ti preoccupare, scrivi come sai scrivere tu”.

Parole da far scrivere, possibilmente sullo stesso foglio, tutte nello stesso giorno:

1. il proprio nome. Dopo che lo ha scritto copriamo con la mano metà

del nome e gli chiediamo: “Ora cosa ci sarà scritto?” 2. un pentasillabo (es. TELEVISIONE) 3. un quadrisillabo (CARAMELLA) 4. un trisillabo (TAVOLO) 5. un bisillabo (CASA) 6. un monosillabo (RE) 7. un nome (GATTO) e il suo diminutivo (GATTINO)

Da non dimenticare ... • dopo che il bambino ha scritto chiedergli di leggere seguendo con il

dito la scritta e prendere nota della modalità di lettura, che ci per-metterà di individuare il livello di concettualizzazione;

• lasciare libero il bambino di utilizzare il foglio come vuole; • permettere al bambino di correggere la scritta in qualsiasi momento. Dopo aver raccolto tutte le scritte di ogni bambino, analizzarle e individua-

re il livello di concettualizzazione corrispondente. Riportare le informazioni su tutto il gruppo classe e/o sezione su una scheda riassuntiva con il nome del bambino, la sua data di nascita, la data dell’intervista, il livello di concettualiz-zazione rilevato attraverso l’analisi di tutte le scritte prodotte.

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LE INTERVISTE Per sapere che cosa i bambini sanno della scrittura, si può scegliere di uti-

lizzare un’intervista, ponendo loro delle buone domande. Inizialmente l’intervista può essere fatta individualmente perché lo scopo è

quello di sapere cosa essi sanno. Successivamente si possono riprendere alcune delle domande in una conversazione di piccolo gruppo e focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti problematici, e per questo interessanti, emersi nelle risposte dei bambini.

Qui di seguito vi riportiamo un esempio di possibili domande da utilizzare con i bambini, si possono raccogliere le risposte con un registratore e si può chiedere loro anche di disegnare le risposte ad alcune domande.

Una possibile traccia: • Chi hai visto scrivere? • A che cosa serve scrivere? • Secondo te che cosa scrivono i grandi? • Secondo te come si impara a scrivere? • Come si impara a leggere? • Conosci qualcuno che sa scrivere bene? • Come fai a capire che qualcuno sa scrivere bene?

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Attività progettate nel laboratorio e realizzate con i bambini4

Nel laboratorio non sono state proposte in modo sistematico attività fina-lizzate ad accertare il livello di concettualizzazione della lingua scritta nei bambini. Le insegnanti hanno però raccolto scritture spontanee prodotte all’interno di diverse situazioni.

Nelle pagine seguenti sono riportati, a titolo esemplificativo, alcuni elabo-rati di bambini della scuola dell’infanzia.

Il primo riguarda il prodotto finale di un percorso centrato sulla discussio-ne relativa ai cibi preferiti.

Ai bambini è stato chiesto di scrivere, accanto al disegno del cibo preferito, o il nome stesso del cibo o il nome di qualche ingrediente.

L’insegnante ha registrato la lettura delle parole scritte dal bambino. La proposta è sollecitante per i bambini perché la richiesta di scrittura è

contestualizzata nella produzione di un libro “I nostri cibi preferiti” e perso-nalizzata in quanto ciascuno scrive i propri cibi preferiti.

Di seguito sono riportate la copertina e alcune pagine del libretto con ela-borati di bambini di età e livello di concettualizzazione diversi.

4 I commenti alle attività sono di Franca Rossi.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Scuola “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda

Elisa (4 anni): esempio di scrittura presillabica nella quale è presente il principio della varietà interna, infatti le scritte sono diverse tra loro (disegno n. 1).

Disegno n. 1

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Romina (5 anni 3 mesi): anche la sua scrittura è presillabica; rispetto ad E-lisa nella scrittura degli ingredienti appare il formato della lista, inoltre nella lettura appare un controllo iniziale della quantità (disegno n. 2).

Disegno n. 2

Andrea (5 anni e 9 mesi): la sua scrittura è a livello sillabico iniziale, anche lui nella scrittura degli ingredienti utilizza il formato della lista (disegno n. 3).

Disegno n. 3

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Vanessa (5 anni e 10 mesi): scrittura sillabico-alfabetica iniziale (disegno n. 4).

Disegno n. 4

Altri esempi. Scuola “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda

È interessante in questo caso l’uso della scrittura contestualizzata all’interno di una mappa, perché indica l’abilità di Paride nel gestire contem-poraneamente due sistemi di rappresentazione grafica (disegno n. 5).

Disegno n. 5

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Le scritte di Rossana e Giorgio testimoniano che i bambini stanno abban-donando il livello pre-sillabico e stanno iniziando ad utilizzare l’ipotesi sillabi-ca che tuttavia ancora non controllano (disegni nn. 6 e 7).

Disegno n. 6 Disegno n. 7

Per scoprire quello che i bambini sanno rispetto alla lettura e alla scrittura sono state proposte all’interno dei laboratori le seguenti attività:

Domande sulla scrittura/lettura: a) Chi hai visto scrivere?

Disegno individuale Racconto ai compagni Conversazione

b) A che cosa serve scrivere? Conversazione

c) Hai visto qualcuno leggere? Disegno individuale Racconto ai compagni Conversazione

d) A che cosa serve leggere? Conversazione

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Queste attività partono dal presupposto che i bambini hanno già sperimen-tato situazioni varie di lettura e scrittura e si sono dunque già formati delle lo-ro teorie sul codice e sulle sue funzioni. Esse rappresentano quindi un recupe-ro e una valorizzazione di quello che i bambini sanno (cognitivo) e sono (e-sperienze/affettività).

L’attenzione dell’insegnante, che fa da scriba nelle verbalizzazioni sui dise-gni, è volta a coinvolgere tutti i bambini e a favorire la circolarità delle idee, valorizzando la fase di ascolto e di confronto tra i bambini e tra i bambini e l’insegnante.

Nella conversazione ritorna utile l’utilizzo del registratore, per i possibili sviluppi nel futuro immediato e in tempi più lontani.

Un possibile utilizzo: i verbali delle registrazioni vengono dati ai bambini che evidenziano il loro nome. Ogni bambino “legge” in circolo ai compagni la propria idea.

Attività realizzate con i bambini: Scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda Sezione Fiori

In un libretto “Chi hai visto scrivere?” l’insegnante ha raccolto i disegni dei

bambini con la verbalizzazione (disegni nn. 8, 9 e 10).

Disegno n. 8

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Disegno n. 9

Disegno n. 10

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Tutti i disegni fanno riferimento a situazioni di uso sociale della lingua scritta, da parte di scrittori esperti, adulti e non.

Nello stesso libretto sono state raccolte anche le risposte che i bambini hanno dato alla domanda: “A che cosa serve scrivere?”. Prevale anche qui il riferimento a situazioni di uso sociale della lingua scritta.

Scrivere serve

Vanessa: Si imparano le lettere.

Matteo: Per capire le cose che ci sono e non ci sono; per imparare a leggere; ve-

dere cosa succede; se non c’erano le lettere sul libro scritte… non si legge… .

Ilaria: Per divertirsi.

Romina: Per imparare a scrivere.

Ilaria: Per imparare le parole.

Giulio, Stefano, Andrea, Aurora, Carole: Per imparare a leggere.

Insegnante: Quando la mamma o il papà hanno scritto la lista della spesa…

l’hanno scritta per imparare? (riferita ai loro disegni svolti).

Bambini: No… non scrivono per imparare.

Insegnante: Allora perché scrivono?

Bambini: Per ricordarsi; se non scrivono… la lista… non sanno cosa c’è; per ri-

cordarsi bisogna scrivere…(I bambino); sì perché ci si dimentica, se non si scrive

si prendono cose che non servono (II bambino); si buttano via i soldi… ed è un

peccato perché ci sono i poveri… .

Insegnante: Ma allora a cosa serve scrivere…?

Bambini: Per ricordarsi le cose; per imparare… e anche per studiare.

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Scuola dell’infanzia di Bolognano d’Arco Hai visto ancora scrivere. Chi?, bambini di 3, 4, 5 anni.

Eleonora, 3 anni e 10 mesi, disegno n. 11.

Disegno n. 11

Marco, 4 anni e 3 mesi, disegno n. 12.

Disegno n. 12

Ho disegnato le letterine del mio nome

Il signore sta scrivendo sulla strada la parola stop

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Daniel, 5 anni e 8 mesi, disegno n. 13.

Disegno n. 13

Sul retro Daniel disegna tante letterine, disegno n. 14.

Disegno n. 14

Alla domanda:“Cosa volevi scrivere ?” risponde: “Una cosa difficile”.

Mio fratello scrive con il computer

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Scuola dell’infanzia di Varone

Disegna qualcuno che hai visto scrivere

Omar, disegno n. 15.

Disegno n. 15

Scuola dell’infanzia di Riva del Garda

Dove hai visto delle scritte?

Omar, disegno n. 16.

Disegno n. 16

Il mio nonno che scrive il biglietto della spesa

I cartelli

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Rossana, disegno n. 17.

Disegno n. 17

Scuola dell’infanzia di Miola di Pinè

Disegno n. 18

I disegni prodotti dai bambini testimoniano la varietà dei contesti d’uso della lingua scritta che i bambini riescono a cogliere molto precocemente.

Un pacco col biglietto

Ho disegnato la mamma e il papà che mi leggono una storia. Siamo tutti seduti sul di-vano

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Testimoniano inoltre l’attenzione nel cogliere sia situazioni d’uso della scrittura apparentemente poco familiari, (la scrittura dei segnali stradali), sia situazioni d’uso sulle quali il bambino è piacevolmente coinvolto (ascolto del-la lettura di storie da parte dei grandi).

Le risposte dei bambini

Le risposte ed i disegni elaborati dai bambini rivelano una insospettabile quantità e qualità di esperienze relative all’uso della lingua scritta.

La ricchezza delle risposte alla domanda “Che cosa scrivono i grandi?”, di-pende dalle occasioni di vedere gli adulti che usano la lingua scritta per fare delle cose. Infatti per alcuni gruppi di bambini può verificarsi che non abbiano quasi mai visto i grandi scrivere. Altri gruppi di risposte fanno riferimento a situazioni sollecitanti, piacevoli che possono coinvolgere i bambini stessi; ne sono un esempio le risposte illustrate nell’esperienza della scuola dell’infanzia di Baselga di Piné, nella quale i bambini disegnano adulti che leggono, (dise-gno n. 19), mamme che leggono comodamente sdraiate a letto (disegno n. 20), papà che leggono il giornale a voce alta tanto che i bambini possono ascoltare (disegni nn. 21 e 22).

Disegno n. 19

Ho visto leggere la mamma, il papà ed il nonno… il papà legge il libro delle montagne, la mamma le sto-rie ed il nonno il giornale

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Disegno n. 20

Disegno n. 21

La mamma legge il libro… è sul letto

Il papà legge il giornale… ed io ascolto

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PARTE SECONDA Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta

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Disegno n. 22

Anche la domanda “A che cosa serve leggere?” attiva nei bambini la ricerca di tutte le situazioni in cui hanno avuto modo di osservare qualcuno che leg-geva. Nell'esempio che segue le risposte dei bambini sono molto ricche e solle-citanti per progettare attività; tutte fanno esplicito riferimento ad atti di lettura non “scolastici” ma con una reale funzione sociale (assegni, liste della spesa ecc.).

Io sto dando il libro a papà, è il libro di “Bambi”. Io le la Giulia ascoltiamo

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Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné

A che cosa serve leggere?

Linda: Per sapere che cosa c’è scritto sulle buste e cosa bisogna fa-re per scrivere le cartoline.

Gabriele S.: Per leggere le cose importanti della natura.

Sara: Bisogna leggere perché bisogna imparare.

Daniel: Per sapere le notizie del telegiornale.

Martina G.: Per imparare l’alfabeto.

Adelaide: Per scrivere i compiti, per imparare il tedesco e per leg-gere il libro delle piante se sono velenose.

Michelle: Sul libro delle piante di mia mamma c’è il puntino rosso per sapere se sono velenose. Leggere serve per i compiti.

Marco: Per poter imparare bene l’italiano.

Giovanni: Per sapere se gli animali sono carnivori.

Giustino: Per poter leggere l’assegno.

Feride: Per imparare le storie.

Luca: Per imparare e per sapere se i serpenti sono velenosi.

Angela: Per vedere cosa c’è scritto sui cartelloni della scuola.

Gabriele: Per sapere se le tartarughe sono di acqua o di terra.

Martina D.: Per leggere il libro della “Carica dei 101”.

Andrea: Per leggere le storie da solo.

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2. Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta Gli aspetti fonologici della lingua

di Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi Fin dai primi giorni di vita la mente del bambino inizia a discriminare gli

stimoli acustici appartenenti al sistema linguistico materno. Secondo alcuni studi recenti, i bambini nascono già “predisposti” a considerare in maniera del tutto speciale il linguaggio. Lo isolano precocemente e iniziano ben presto a trattarlo come problema a sé stante, utilizzando processi specifici.

Un contributo al riguardo viene offerto da A. Karmiloff Smith (1995) che, nel libro “Oltre la mente modulare”, propone appunto l’ipotesi che la nostra mente sia pre-adattata all’acquisizione del linguaggio (innatismo).

In estrema sintesi, questa la sua teoria dei “processi dominio specifici”: a. segmentazione stringa sonora

in unità di senso

b. analisi universo fisico spa-

zio/temporale per poterlo codi-

ficare

c. manipolazione delle relazioni fra unità linguistiche ed eventi/oggetti

d. rappresentazione specificatamente linguistiche con modularità progressi-

va

Molto presto dunque il bambino gioca con la lingua, prova a smontarla e

rimontarla, ripete, trasforma. La lallazione ripetitiva dei primi mesi di vita è un esempio di questa intensa sperimentazione: il bambino continua a modu-lare certe combinazioni di suoni (la – la … ma – ma …) per poi passare ad al-tre, una volta che le ha “acquisite”.

Su questa preistoria si innesta e si forma la sensibilità fonologica, che di-venterà in seguito consapevolezza fonologica, cioè capacità di rappresentarsi i

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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suoni costituenti una parola o una frase. G. Pinto la definisce come “capacità di identificare le componenti fonolo-

giche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”. Si tratta di una competenza preliminare, che facilita e in un certo senso è predittiva dei tempi e dei modi dell’apprendimento della lettura e della scrittura.

Quando i bambini si affacciano al mondo dell’istruzione formale e struttu-rata hanno quindi già un’ampia esperienza anche di questo aspetto particolare della lingua, di cui è opportuno tenere conto.

I giochi fonologici, così come li proponiamo, hanno un ruolo importante anche per gli insegnanti, in quanto li aiutano a comprendere il livello di sensi-bilità raggiunto dai singoli bambini, oltre a costituire lo strumento adatto a rinforzare tale abilità. Purché siano proposti in un contesto significativo, capa-ce di motivare i bambini, cioè di incuriosirli e interessarli a provare. Per que-sto è da privilegiare la modalità del gioco, in situazioni informali o strutturate. ATTIVITÀ INFORMALI

L’insegnante, intenzionalmente, sfrutta molte occasioni della quotidianità

per sollecitare l’attenzione sull’aspetto fonologico della lingua. I modi possono essere tanti quanti l’inventiva e l’estro dell’insegnante suggeriscono. Noi ne proponiamo di tre tipi:

• Non sense

“Vai a chiudere la torta!” oppure “Per favore, apri la minestra!” Qui l’attività si esaurisce nel divertimento del gioco. La sua validità sta nella

scoperta (immediata) dell’artificio linguistico, che sposta l’attenzione dal si-gnificato al significante. È bene non appesantire l’utilità del momento con ri-chieste dirette (“dove ho sbagliato?”) o discussioni che anticipano l’analisi dell’“errore” (“Cosa dovevo dire invece?” “Cosa ho sbagliato a dire torta inve-ce di porta?”). Sono eventualmente da apprezzare le battute, le osservazioni scherzose dei bambini orientate agli aspetti linguistici.

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• Scherzetti (scuola elementare) I bambini imparano presto a riconoscere “pezzetti” con lo stesso suono in

differenti parole. Lo fanno facilmente con le rime, nelle filastrocche (“parole che hanno la stessa coda”, come farfalla e palla), o con parole che “hanno la stessa testa” (come castello e caramella). A questo punto si possono far nascere situazioni linguistiche interessanti, che divertono i bambini, mentre portano la loro attenzione sugli aspetti fonologici e sulle caratteristiche combinatorie del-la nostra lingua.

Un esempio: “Il librone è nascosto sotto il tavolo” può diventare “Il limone è nascosto

sotto il tacco”.

• Giochi sui nomi propri dei bambini

ATTIVITÀ STRUTTURATE I giochi sono stati elaborati all’interno del Gruppo di Studio IPRASE per la Lettu-ra e la Scrittura

• Riconoscimento di rime (omofonia in posizione finale)

Gioco del “BUM!”: bosco delle parole … Io sono il mago delle parole. Ho un difetto, sono terribilmente ordinato… le parole possono uscire a passeggio, ma in file ordinate al mio comando: tutte le parole di una fila devono finire allo stesso modo (fare la rima). Voi mi aiutate nascosti sugli alberi. Vi serve un fucile (finto) e le orecchie bene aperte: le parole non si vedono, non si toccano, si sentono solamente… Fate BUM! se in una fila si nasconde una parola che non finisce come tutte le altre.

pane cane stanza rane tane

pallina sorellina vento cantina stradina

leone casa pallone pentolone melone

scale sale canale carta pedale

Nota: In questo caso, come negli altri che seguono, l’aspetto fonologico

sotto osservazione viene enfatizzato dalla voce dell’insegnante.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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• Riconoscimento omofonia in posizione iniziale Gioco: La banda delle parole e la parola “stonata”. Regola: la canzone deve essere fatta di parole che iniziano allo stesso modo

(stessa sillaba). Io sono il direttore d'orchestra: voi mi aiutate a scovare la pa-rola “stonata”. Giù la testa… ascoltate… alzate la testa quando sentite la paro-la “stonata”, e rimproveratela, pronunciandola forte.

robot rotondo rosso vigile romeo

bambino barca tappo batman ballare

giocattolo giovane giostra palo giovanni

tappeto tavolino libro tana tabella

postino pomodoro cielo polvere polpette

• Sintesi sillabica

Gioco del robot: l’insegnante si trasforma in robot, e parla la lingua dei ro-bot (sillabando). I bambini devono capire e “tradurre”, facendo sintesi.

Questo è un gioco che i bambini sanno usare normalmente in situazioni concrete (ad esempio, quando fanno i capricci, per accentuare la loro volontà “lo-vo-glio!” ). Si tratta qui di portare a consapevolezza una competenza agita.

tavolino telefono pavimento caramella calciatore cagnolino

• Analisi sillabica (con oggetto)

Gioco: Il bambino “robot” e la borsa misteriosa. Adesso voi siete i robot. Io pesco da questa borsa degli oggetti e voi dite il

loro nome, usando la lingua dei robot. Se sarete dei bravi robot, l’oggetto pe-scato sarà vostro (per un po’).

cartolina pennarello matita macchina orologio cacciavite giornalino

• Analisi fonemica

Gioco dello spezzatino fino fino (spelling). Storiella della luna che cade nel pozzo insieme ad altre cose (disegnate su foglietti e messi dentro uno scatolo-ne). I bambini “pescano un foglietto” e salvano la cosa disegnata, se sanno dire il nome usando lo spelling.

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casa luna pino sole mare mela lumaca

• Sintesi fonemica

Gioco: Indovinare la parola segreta per entrare nel castello. Fuori piove e nevica. I bambini bussano e possono entrare nel castello solo se sanno fare la sintesi della parola d’ordine pronunciata usando lo spelling dal padrone del castello (chi conduce il gioco).

spelling del nome del bambino

apri piove nevica amici

limone lumaca patata pirata salame

• Individuazione del suono iniziale Gioco: Il ristorante strano/il negozio di giocattoli strano/lo zoo strano/la

scuola stranissima. Funziona come un gioco dell’intruso. C’è in palio un bi-glietto gratis, per andare allo zoo, al ristorante… I bambini lo vincono indivi-duano l’intruso in una serie di nomi di giocattoli, di animali, di alimenti… che iniziano con la stessa lettera:

pollo patatine cavoli pane piselli

trenino macchinina trottola trattore telefono

cavallo cane tigre canguro coccodrillo

Marta Marina Giacomo Martino Mirco I giochi fonologici vanno organizzati se possibile in piccoli gruppi. Nella

scuola dell’infanzia servono ad avvicinare i bambini alla sensibilità fonologica e mantengono sempre la dimensione ludica, senza anticipazioni, approfondi-menti, richieste di analisi di nessun tipo.

Nella scuola elementare segnalano il grado della consapevolezza fonologica nei suoi vari aspetti e aiutano a consolidarla o a colmare eventuali carenze. Vanno comunque riservati alla fase specifica (e non per tutti coincidente) in cui i bambini si mostrano particolarmente interessati alle parole come insiemi di suoni. Sono quindi opportuni nel momento-soglia che aprirà poi anche alla ricerca delle corrispondenze fra suoni e grafemi.

È importante proporre i giochi in maniera equilibrata e variata, così che i bambini possano sviluppare tutte le abilità, senza forzature o ripetizioni noio-

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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se. Va ricordato infine che esiste una naturale evoluzione dei giochi fonologici,

da non disperdere. Essa confluisce nell’universo dei giochi linguistici, diverti-mento piacevole e creativo proponibile a qualsiasi età.

Nel laboratorio è stato proposto come compito di: • provare un gioco tra quelli presentati e inventarne uno; • registrare 10’ del gioco proposto; • inventare con i bambini una filastrocca sui loro nomi. Vediamo insieme alcune realizzazioni delle proposte:

NON SENSE Scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda

Ad un gruppo di bambini di 4 e 5 anni è stata proposta la seguente attività: 1. L’insegnante ha letto la storia di “Cappuccetto Rosso". 2. Il giorno seguente ha ri-letto la storia, cambiando delle parole: ad es.,

lupo-pupo, notte-botte, letto-tetto, gonna-nonna, cestino-festino, mela-vela, rosso-mosso, farina-carina, ecc.. I bambini dovevano inter-venire e correggere la maestra.

Di seguito viene riportata la registrazione dell’interazione.

Insegnante: “Questa notte ho sognato una cosa un po' strana: sbagliavo a leggere le parole. Voi dovete ascoltarmi, stare molto attenti e dirmi quando sbaglio le paro-le. Questa è la storia di Cappuccetto, che voi sapete già. L'ho letta anche ieri e voi conoscete benissimo le parole”.

Un bambino: “Io la so bene, me l'ha raccontata mia sorella!”

Insegnante: “Ecco, allora state attenti. Ogni tanto mi sbaglio, perché oggi la mia lingua non funziona bene. Aprite bene le orecchie e ditemi quando sbaglio le paro-le, d'accordo?”.

Bambini: “Sì! Sì!”

I.: “Allora pronti, che ve la rileggo. Questa è la storia di Cappuccetto Mosso…”

B.: “No! Rosso!” “Hai sbagliato!” “Rosso! Rosso!”

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I.: “Ho sbagliato? Non è mosso?”

B.: “Nooo!”

I.: “Perché ho sbagliato?”

B: “Perché è Cappuccetto Rosso!”

I: “Ma cosa ho sbagliato?”

B.: “Hai detto Cappuccetto Mosso!”

I.: “Ma dov'è ho sbagliato? Perché mosso è sbagliato? È Cappuccetto mosso o ros-so?”

B.: “Rosso!”

I: “Che cosa è sbagliato? Cosa vuol dire mosso?”

B.: “Mosso vuol dire tutto che si muove”.

I.: “E rosso?”

B.: “Vuol dire che colore rosso”.

I. “Allora? Che differenza c'è tra rosso e mosso? Cosa ho sbagliato a dire?”

(silenzio)

B.: “…. Cappuccetto Rosso!”

I.: “Mosso e rosso: cosa sbaglio? Dove ho sbagliato?”

B.: “… la erre!”

I.: “La erre?”

B.: “No … hai sbagliato…” (c'è un po' di indecisione).

I.: “Cappuccetto …?”

B.: “Rosso! Con la erre!”

I.: “Devo dire la erre?”

B.: “Si!” “No!” “Ca - pu - ce - to ro -so!”

I.: “Va bene, ho capito. Vedete che oggi la mia lingua funziona poco. Riprendiamo i personaggi della storia. Allora Cappuccetto Mosso…”

B.: “Rosso!”

I.: “Ah già! Questa è la …?”

B.: “Mamma!”

I.: “Mamma. Questo è il …?”

B.: “Lupo”.

I.: “Pupo?”

B.: ridono e poi dicono “No! Lupo!” “Hai sbagliato la lu”.

I.: “La lu?”

B.: “È il lupo. Tu hai detto pupo”.

I.: “Io ho detto pupo”.

B.: “Lupo!”

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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I.: “Va bene. Questa è la … ?”

B.: “La nonna!”

I.: “La gonna!”

B.: “La nonna!” “Nonna!” “Hai sbagliato la no!”

I.: “No …?”

B.: “Nonna” “Non - na”.

I.: “Nonna, non gonna?”

B.: “No!”

I.: “Ok, nonna. Questo è il cacciatore”

B.: “Cacciatore!”

I.: “Meno male che non sbaglio tutto! Questa mattina mi sento un po' strana”.

B.: “Come mai sei strana?”

I.: “Ho dormito un po' male questa notte. Ascoltatemi bene. C'era una volta una simpatica bambina, così allegra e gentile che tutti le volevano un gran bene, spe-cialmente la sua gonna…” (pausa, i bambini non reagiscono) “… chissà cosa non avrebbe fatto per lei. Una volta, per farle un regalo speciale, le aveva cucito un gra-zioso vestito tutto mosso …”

B.: “Rosso! Rosso!”

I.: “Con il cappuccio di velluto e da allora la bambina l'aveva sempre indossato, così in paese tutti avevano preso l'abitudine di chiamarla Cappuccetto Mosso”.

B.: “Rosso! Rosso!”

I.: “Rosso. Un giorno la mamma chiamò la bambina e le disse: “Vieni, devo darti un incarico molto importante!” e Cappuccetto: “Eccomi mamma, cosa vuoi?” “Devi an-dare ad aiutare la gonna”.

B.: “La nonna!” (ridono).

I.: “Aiutare la gonna”.

B.: “La NONNA!! Hai sbagliato un'altra volta!”

I.: “Cosa ho detto io?”

B.: “Gonna”.

I.: “E cosa devo dire?”

B.: “Devi dire nonna! Tu hai detto gonna, quella che si indossa!”

I.: “Ah, mi sbaglio. Cosa non devo dire?”

B.: “Gonna”.

I.: “E invece devo dire?”

B.: “Nonna, ma non devi dire neanche Cappuccetto Mosso”.

I.: “E lì cosa sbaglio invece?”

B.: “La erre. Tu dici Ca - pu - ce - to mo - so!”

I.: “Mosso? L'hai detto anche tu!”

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B.: “No!” …..

I.: “Ok, andiamo avanti!” “La mamma disse: “Vedi questo festino?”

B.: “No!” “Cestino!”

I.: “Ho sbagliato ancora?”

B.: “Sì!” “Cestino!” “Ce - stino. C'è la ce. Con la ce!” “C'è la ci”.

I.: “Cosa sbaglio qui?”

B.: “La ci”.

I.: “Non ho detto la ci? Cosa ho detto io?”

B.: “Festino”.

I.: “E invece devo dire?”

B.: “Cestino!”

I.: “Ok. Portalo alla nonna, ma non perdere tempo per la strada e torna prima che faccia botte”

B.: “La notte!” “Notte!”

(Da questo punto in poi la registrazione è piuttosto disturbata)

I.: “Nel cestino c'è il gino rosso”

B.: “No!” “ Vino!”

I.: “Cosa ho sbagliato adesso?”

B.: “La gi”. “La gi è sbagliata”.

I.: “Io cosa ho detto?”

B.: “Gino”.

I.: “La parola giusta è … ?”

B.: “Vino” “La vi!”

I.: “Il gino rosso e le uova fresche, … no, mi sono sbagliata, dillo tu”.

B.: “Vino rosso”.

I.: “Vino rosso e la focaccia impastata con tanto burro, zucchero e carina”. B.: “No!” “Non carina, ma farina!” “Farina!”

I.: “Qui cosa ho sbagliato?”

B.: “Farina, la fa, la fa”.

I.: “Fa -rina”.

B.: “Farina”.

I.: “ Possiamo andare avanti? Vi piace di più Cappuccetto Rosso o Cappuccetto Mos-so?”

B.: “Rosso!”

I.: “E la vela rossa”.

B.: “Mela!” “Hai detto vela invece di mela!”

I.: “Ho detto vela, ma non è una parola sbagliata”.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Solo due bambini hanno saputo indicare la lettera sbagliata. Alcuni si sono accorti che le parole simili “hanno la coda uguale”, cioè che fanno rima.

Dopo la lettura della favola la maestra ha scritto le parole simili (es. lupo - pupo) e i bambini le hanno disegnate. A questo punto, vedendo le parole scrit-te, hanno riconosciuto il segno, ma non hanno saputo riconoscere il suono. Rilevare le incongruenze semantiche nel contesto di una storia

di Franca Rossi

Che cosa ci aspettiamo quando proponiamo ai bambini un’attività di que-sto tipo che prevede il racconto di Cappuccetto Rosso con le parole sbagliate?

• Ad un primo livello ci si potrebbe aspettare che non tutti i bambini siano in grado di cogliere queste incoerenze, questi errori;

• ad un secondo livello ci si potrebbe aspettare che i bambini siano in grado perfettamente di cogliere le incoerenze, che non abbiano problemi a dirci: “Maestra che stai dicendo?”, ma che abbiano inve-ce più difficoltà nel fare l’analisi dell’errore, cioè a dire perché è sba-gliato, come si deve correggere, ecc. ..

Una prima osservazione riguarda il fatto che i bambini individuano facil-

mente tali incoerenze. Il fatto che, come qualche insegnante ha annotato, alcuni bambini non ab-

biano rilevato le incoerenze, gli errori potrebbero essere un problema legato alla velocità di elaborazione delle risposte, cioè al fatto di non arrivare a dire subito ciò che si sta pensando. Non possiamo escludere che in una situazione individuale in cui si lascia ai bambini più spazio, riescano a dire: “Hai sbaglia-to questa parola”.

È un dato confermato da tutte le ricerche che i bambini individuano molto molto precocemente le incoerenze semantiche “forti” e riescono a rispondere correttamente a richieste di questo tipo.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Però potrebbero esserci altre nostre aspettative rispetto a questo compito; quali potrebbero essere?

Per esempio ci si potrebbe aspettare che i bambini non solo siano in grado di rilevare questi errori, ma che siano anche in grado poi di utilizzare un lessi-co specifico per definire l’errore e per individuare la risposta corretta.

È quello che accade quando, nel momento in cui il bambino dice “No mos-so, rosso”, io insegnante non mi accontento della risposta, ma spingo il discor-so su un piano di argomentazione della risposta.

Leggendolo dal punto di vista di Vygotskij si potrebbe dire che, visto che l’attività è ormai consolidata, cioè visto che il rilevamento lo sanno fare, io mi spingo un po’ più in là e cerco di vedere se sono anche in grado di definire l’errore, andando ad agire in quella che Vygotskij definisce l’area di sviluppo prossimo. GIOCHI SULLE RIME DEI BAMBINI

Sono stati proposti numerosi giochi sulle rime, utilizzando sia i nomi dei bambini sia altre situazioni note.

Ecco alcuni esempi: Scuola dell’infanzia di Riva del Garda

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Rime sui nomi dei bambini Anna Pellegrini che mangia i tortellini

Alessio Polastri che gioca con i nastri

Prezzi Luca scava una grande buca

Daniela Rodella beve il latte dalla scodella

Peter Salizzoni gioca con i palloni

Maurizio Salmaso mette i fiori nel vaso

Gaia Segattini raccoglie i fiorellini

Ludovica Sodano saluta con la mano

Zanoni Michele beve il latte con il miele

Alessia Crosina mangia la polentina

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Come si può notare, non è difficile, anche per dei bambini piccoli indivi-duare e scegliere, nell’ambito del repertorio del proprio vocabolario, parole che siano in rima con il proprio nome e che siano anche semanticamente coe-renti con la frase proposta dall’insegnante, come nell’esempio seguente (Buongiorno …….. questo giorno sia ……). Scuola dell’infanzia di Varone, bambini di 4 e 5 anni

Buongiorno AMINA! Questo giorno sia luccicante come una stellina

Buongiorno GIORGIA PELLEGRINI! Ti diciamo grazie perché ci hai fatto vedere i tuoi vitellini

Buongiorno MARTIN GROTTOLO! Questo giorno sia gioioso come una corsa dietro un pallone in un viottolo

Buongiorno FILIPPO! Questo giorno sia dolce come un calippo

Buongiorno ELISA ANDREOLI! Questo giorno sia bello come un campo di girasoli

Buongiorno ROSSELLA! Una giornata insieme è proprio tanto bella

Buongiorno FRANCESCO! Questo giorno sia dolce come i fiori di pesco

Buongiorno LUCA! Questo giorno sia bello come un prato dove la pecorella bruca

Buongiorno FEDERICO! È con tutto il cuore che te lo dico

Buongiorno MICHELE! Questo giorno sia felice come una torta di mele (disegno n. 1)

Buongiorno LUCA CECOBELLI! Questo giorno sia allegro come il suono dei tamburelli

Buongiorno VALENTINA LOTTI! Questo giorno sia invitante come un piatto pieno di biscotti

Buongiorno ANDREA! Questo giorno sia misterioso come la marea

Buongiorno GABRIELE! Il tuo sorriso è dolce come il miele

Disegno n. 1

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Buongiorno MARCO! Questo giorno sia colorato come i pesci in un acquario

Buongiorno SHARON CASTELLINI! Questo giorno sia allegro come il cinguettio degli uccellini

Buongiorno ALESSANDRO! Questo giorno sia bello come i fiori di oleandro (disegno n. 2)

Buongiorno LUCREZIA MICHELOTTI! Questo giorno sia gioioso come il canto dei passerotti

Buongiorno DAVIDE ARMONI! Questo giorno sia bello come una camminata con gli scarponi

Buongiorno VALENTINA! Questo giorno sia luminoso come il sole che sorge ogni mattina

Buongiorno PATRICK TOSCO! Questo giorno sia bello come una passeggiata nel bosco

Buongiorno ARIANNA! Questo giorno sia dolce come una torta alla panna

Buongiorno SOFIA! Un giorno con gli amici è pieno di allegria I nanetti furbetti

I bambini hanno inventato delle frasi con la rima e per ogni frase hanno fatto un disegno (ne riportiamo uno). Sette nanetti allegri e furbetti che giocano tra loro e poi vanno al lavoro.

Ecco Dotto che si prepara un buon risotto.

Pisolo si addormenta sotto una pianta di menta.

Ecco Gongolo che costruisce un dondolo.

Eolo ha il raffreddore ma non va mai dal dottore.

Mammolo è un coccolone e gioca sempre al pallone.

Disegno n. 2

Disegno n. 3

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Brontolo sbuffa e dice uffa.

Cucciolo è il piccolino e gioca con il trenino. (disegno n. 3) Scuola dell’infanzia di Varone -Gruppo di 24 bambini di 5 anni (intersezione)

A partire dalla filastrocca costruita insieme su una fiaba (situazione nota),

Biancaneve lieve lieve ha la pelle come la neve,

la regina brutta brutta ha lo specchio e non lo butta,

ma i nanetti quando è sera se ne tornano dalla miniera,

ma un bel giorno nel ritorno una torta trovano nel forno,

e stupiti i piccolini videro la bimba che dormiva nei loro lettini.

i bambini hanno inventato e illustrato altre rime (ne riportiamo alcune).

Il nanetto cucciolo gioca con un truciolo.

Nel bosco gli animali portavano gli stivali.

Il nanetto dotto conta fino a otto. (disegno n. 4)

Il cacciatore mangiava le patate al vapore.

Il nano Gongolo gioca con il dondolo.

Nel bosco c'era una casetta piccolina, piccoletta.

La strega che cade dalla roccia e poi si fa una bella doccia.

Biancaneve vestita di stracci asciugava i piatti con gli strofinacci.

Disegno n. 4

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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La regina si guardava nello specchio ma era troppo vecchio.

Biancaneve gioca con la neve.

Sette nanetti andarono sopra i tetti. Sette nanetti indossavano berretti e stivaletti.

Arriva il principe a cavallo e porta Biancaneve al ballo. (disegno n. 5) I nanetti in miniera si portavano il tè nella teiera.

Attenzioni Con le filastrocche ritmate, in cui i bambini devono battere il tempo, c'è il

rischio che si formino degli automatismi, quindi è opportuno variare il ritmo oppure cambiare canzone.

Gli automatismi sono certezze meccaniche che compaiono soprattutto nei bambini fragili, per i quali costituiscono dei sostegni rassicuranti.

Disegno n. 5

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné UNA FILASTROCCA PER CANTARE

LA FINESTRA DI CASA MIA

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Scuola dell’infanzia di Rizzolaga Un gioco sul riconoscimento di parole (omofonia nella parte iniziale) IL RE DELLE PAROLE (gara a coppie) I momento

Si predispongono due cestini contenenti: • immagini di oggetti la cui parola inizia con lo stesso suono (es. “ca”); • immagini di oggetti la cui parola inizia con suoni diversi. Al via dell'insegnante due bambini a turno, dopo aver percorso un breve

tragitto con ostacoli, devono ricercare all'interno del cestino immagini di og-getti che iniziano con il suono “ca”. Vince chi per primo ne individua tre e, dopo aver percorso il tragitto ad ostacoli, le depone nel cestino posto alla par-tenza.

Al termine di ogni gara ogni giocatore mostra le immagini ai compagni pronunciando il loro nome.

Tra i vincitori si può proseguire il gioco ad eliminazione fino ad arrivare al-la proclamazione del “re delle parole” che avrà l'onore di indossare la corona d'oro (fatta con materiali vari, ad es. cartoncino dorato, pasta da cucina, carta crespa gialla). Ogni giocatore riceverà un premio di consolazione. II momento (dopo qualche mese)

Si propone lo stesso gioco con la seguente variante: le immagini sono ac-compagnate dalla sillaba iniziale scritta. III momento

Nel cestino si mettono cartoncini dove sono scritte le sillabe: i bambini de-vono riconoscere quelle uguali. Accorgimenti:

• scegliere immagini semplici e chiare, • scegliere immagini di oggetti che i bambini conoscono bene, in

quanto fanno parte del loro vissuto quotidiano, • scegliere oggetti il cui nome non si presta ad avere una doppia in-

terpretazione (ad es. canarino - uccellino).

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Scuola elementare di Baselga di Pinè Un gioco per lavorare con i fonemi GIOCO DELL'UOMO PIGRO

C'era una volta un uomo pigro che…. (descrizione di attività che rendano l'uomo pigro “divertente”) ….

Anche quando parlava l'uomo pigro era proprio pigro, sentite un po': quando andava al ristorante ordinava al cameriere un piatto di R..I..S..O.. e poi… si addormentava. Il cameriere disperato cercava qualcuno che lo aiutas-se a capire che cosa mai volesse l'uomo pigro. Chi lo vuole aiutare?

Si prosegue con altre situazioni: gli piacevano le B..A..N..A..N..E..; giocava spesso a C..A..R..T..E..; indossava solo scarpe V..I..O..L..A..; dormiva con un R..O..S..P..O.., ma era di peluche… Scuola elementare di Faver Giocare con i suoni iniziali della parole Ada, la strega del castello, ha perso le parole: aiutiamola a ritrovarle.

• Nascondere cartellini con immagini. • Invitare i bambini a cercare i cartellini. • Far pronunciare chiaramente e correttamente i nomi degli elementi

raffigurati. • Isolare il suono iniziale. • Mettere il cartellino nella scatola di Ada se la parola inizia con lo

stesso nome. Varianti:

• Individuazione del suono finale. • Individuazione della presenza del suono all'interno della parola. • Idem con gli altri personaggi del castello: Edo, Isa, Oro, Ugo. • Usare oggetti al posto dei cartellini.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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La produzione di testi scritti nella scuola dell’infanzia

di Franca Rossi

Bambini che non sanno scrivere, possono produrre testi scritti? La risposta alla domanda dipende dall’idea che si ha quando parliamo di

produzione di un testo scritto. Se pensiamo a una produzione di testo auto-noma ed individuale, è chiaro che si può rispondere solo con un «no».

Ci possono essere, tuttavia, modalità diverse di pensare alla produzione di un testo scritto, per esempio pensare ad un bambino che, pur non essendo an-cora capace di scrivere autonomamente, può pensare in lingua scritta un mes-saggio, il contenuto di un testo che può dettare all’insegnante.

Infatti saper scrivere un buon testo solo in parte dipende dalla capacità di scrittura autonoma, la richiesta maggiormente implicata è quella di pensare un messaggio in una forma adatta per essere scritto, quindi scegliere le parole, le forme linguistiche adeguate.

Pertanto l’interesse per il tema della produzione del testo scritto nella scuo-la dell’infanzia nasce dalla consapevolezza, costruita sugli esiti di anni di ricer-ca, di come non sia necessario padroneggiare il codice alfabetico per essere in grado di produrre testi scritti.

L’approccio che si può utilizzare, a partire dalla scuola dell’infanzia, è quel-lo relativo alla realizzazione di percorsi di produzione del testo scritto sgancia-ti dalla capacità di scrittura autonoma dei bambini e che quindi permettano ai bambini stessi di produrre un testo scritto già prima di saper scrivere in ma-niera convenzionalmente corretta.

Nella scuola e nella vita quotidiana i bambini sono immersi in situazioni comunicative nelle quali scambiano, con gli adulti e con i coetanei messaggi, verbali e non verbali, di vario tipo. Chiedono, invitano, litigano, protestano, raccontano, spiegano, stabiliscono, richiamano regole. Tutte attività che im-plicano l’organizzazione e l’espressione di un pensiero in una forma linguistica adeguata alle circostanze.

Anche nella realtà dei bambini, tuttavia, ci sono sia situazioni in cui è pre-feribile utilizzare una comunicazione scritta. Tali situazioni non vanno sciupa-

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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te. Infatti un curricolo di lingua per la scuola dell’infanzia che riconosca e fac-cia proprie queste possibilità propone ai bambini della fascia di età dai tre ai sei anni, non ancora ufficialmente alfabetizzati, una serie articolata di attività di scrittura intese come autentiche produzioni in lingua scritta.

Durante tali attività i bambini stessi dettano all’insegnante-scriba che scrive per loro quello che essi via via pensano che vada scritto nel testo.

Di conseguenza, se partiamo dalla consapevolezza che scrivere significa produrre testi significanti che vogliono dire qualche cosa a qualcuno per in-formarlo o per ottenere qualche cosa (chiedere i nuovi mobili per la sezione alla coordinatrice o chiedere il permesso di telefonare alla propria mamma nei momenti di malinconia), non potremo proporre «paginette» e esercizi di co-piatura di lettere, sillabe o parole. Questo vale, ovviamente, anche per la scuola elementare.

In queste attività, nelle quali pensiamo all’adulto come scriba, è fondamen-tale aiutare i bambini a differenziare la richiesta di pensare le cose da dire dalla richiesta di dettatura, perché è in quest’ultima richiesta che i bambini devono fare lo sforzo di trovare le parole più adeguate, più idonee, affinché il testo possa essere scritto in modo chiaro e comprensibile.

L’insegnante svolge un ruolo fondamentale, che è quello di rileggere conti-nuamente ciò che i bambini via via dettano, perché la rilettura offerta dall’adulto è l’unica possibilità, per i bambini, di accedere e controllare il testo.

Di seguito è presentato un esempio di una buona situazione di produzione di un testo scritto. Si tratta di un avviso per i genitori, raccolto in una scuola romana (esempio pubblicato su www.infantiae.org).

L'obiettivo dell'attività è quello di far produrre ad un piccolo gruppo di bambini della scuola dell’infanzia un testo scritto. Si tratta di un particolare genere di testo, un “avviso” per convincere i genitori a non sporcare il giardi-no durante l'entrata e l'uscita dalla scuola. I bambini partecipanti all'attività hanno un'età compresa tra i 4 e i 5 anni. La discussione è durata venti minuti e sviluppa 83 turni.

1. Ins: Che dobbiamo fare oggi? (L'attività era programmata e alcuni bambini sape-

vano anche il contenuto).

2. Marco: Dobbiamo registrare le cose, le schifezze.

3. Olga: Dobbiamo fare il cartellone per i genitori...che non devono buttare le schi-fezze.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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4. Marta: Io ho visto Angelo che ha buttato le sigarette ....

(...)

9. Ins: Va bene, questo poi lo possiamo discutere anche dopo. Vi ricordate che ab-biamo pulito il giardino, abbiamo tolto le cicche di sigarette, le cartacce...

11. Olga: Nel giardino stavano giocando con quel tipo di vetro come plastica, se lo lanciavano; allora io l'ho preso e l'ho buttato di fuori .

(....)

41. Ins: Come possiamo fare, Olga aveva avuto un'idea che era quella di scrivere... come avevi detto Olga?

42. Olga: Un cartellone.

43. Marta: Quando si sente? (indica il registratore)

44. Ins: Alla fine.

45. Olga: Allora scriviamo “Voi genitori non buttate le cartacce e neanche le sigaret-te perché il giardino è stato un po’ pulito e poi non deve essere più sporco”.

46. Marco: È troppo lungo.

(...)

47. Noemi: Io devo dire una cosa.

48. Ins: aspetta C'era prima Marco.

49. Marco: Infatti io ho pensato in un altro modo “Di non buttare le cose per terra” basta.

50. Olga: no Le cose! Loro buttano tutto se diciamo le cose, no, loro buttano solo cartone, cicche e sigarette, questo buttano.

51. Marta: E il vetro.

52. Noemi: E poi scriviamo pure “Bambini non buttate le cartacce per terra e le pa-tatine”.

53. Ins: Eh, questa è un'altra cosa.

53. Olga: Però certi bambini quando vengono e se ne vanno da scuola mangiano qualcosa proprio a terra.

(...)

56. Ins: Allora, questo cartello, chi è che leggerà questo cartello?

57. Marco: I genitori; però volevo dire in un altro modo.

58. Olga: Se noi prendiamo un cartellone e lo attacchiamo sotto è più comodo per attaccarlo al muro.

59. Marta: Devo dire una cosa: non buttate le carte delle caramelle e non buttate i pezzi dei giochetti.

60. Olga: Marta ha ragione, perché abbiamo trovato anche i pezzi dei giochetti.

61. Ins: Allora cominciamo a scrivere.

62. Marco: Di non buttare proprio niente niente sul giardino.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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63. Olga: Questa è un'idea bene; è meglio scrivere bene del cartone, del vetro, delle cicche e dei giochetti...

64. Noemi: ... e pure delle patatine.

65. Marta: E delle caramelle.

66. Marco: Non c'entra perché è troppo lunga.

67. Olga: E poi è proprio lunga infatti perché dobbiamo scrivere tutte le cose.

68. Ins: Allora dobbiamo decidere, come si può cominciare a scrivere?

69. Olga: sS può attaccare con la colla.

70. Noemi: È una bella idea.

71. Ins: Allora come si può scrivere? Voi mi dettate e io scrivo.

72. Olga: Allora prima scrivi il titolo.

73. Ins: Prima scrivo il titolo? E qual è il titolo?

74. Olga: Non buttate le cartacce.

75. Marta: ... e i giochetti e le caramelle.

76. Olga: Nooo! Noi non stiamo a scrivere ora, stiamo scrivendo il titolo.

77. Marco: Non buttate le cose nel giardino NO Le cose che non (dobbiamo), dove-te buttare nel giardino.

78. Olga: Allora scriviamo “Voi genitori non buttate le cartacce e neanche le sigaret-te perché il giardino è stato un po' pulito”.

79. Marco: È troppo lungo.

80. Olga: E poi non deve...

81. Noemi: Io devo dire una cosa.

82. Ins: Aspetta, c'era prima Marco.

83. Marco: Infatti io ho pensato in un altro modo “Di non buttare le cose per terra” basta.

In riferimento all’esempio appena riportato è interessante analizzare

l’interazione verbale che si realizza nel gruppo per costruire il testo. All’inizio i bambini divagano (t.1-40). Ad un certo punto Olga (t.45) cam-

bia tono e detta una prima proposta e dice: “Voi genitori non buttate le car-tacce e neanche le sigarette perché il giardini è stato un po’ pulito e poi non deve più essere sporco”. Marco (t.46) subito si oppone alla proposta di Olga con argomentazioni convincenti, «No, è troppo lungo». Olga controbatte con una considerazione linguistica raffinata (t.50) che dimostra la sua capacità di analisi del lessico, infatti il termine cose è troppo generico.

Alla richiesta dell’insegnante (t.71) Olga risponde con la proposta di scrive-re il titolo (t.72).

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Alla fine dell’attività emerge la differenza tra la «semplicità» del testo pro-dotto e la «ricchezza» delle analisi, dei ragionamenti effettuati dai bambini.

Un’esperienza di lavoro di gruppo nel laboratorio

Nell’incontro intermedio di confronto e verifica tra i due gruppi, è stato proposto ai docenti, suddivisi in tre sottogruppi, di progettare in dettaglio un’attività a scelta, relativa ad una situazione di produzione di un testo scritto da realizzare con un piccolo gruppo di bambini, massimo cinque.

La richiesta ai docenti è stata, nel progettare tale attività, di specificare mol-to bene i seguenti aspetti:

• le consegne iniziali dell’insegnante: deve essere esplicitato in modo

molto chiaro che cosa si chiede di fare all’inizio; • il materiale che si intende utilizzare: nel caso dell’invenzione di una

storia ad esempio è necessario decidere se utilizzare delle figure, dei pupazzetti o altro;

• il ruolo dell’insegnante: cioè che cosa l’insegnante non deve assolu-tamente dire e/o fare in quell’attività, che cosa invece è opportuno che dica e/o che faccia;

• che cosa ci si aspetta che i bambini riescano a fare rispetto alla ri-chiesta, pensando proprio a un gruppo specifico di bambini;

• come documentare l’attività; • che cosa è significativo analizzare alla fine, cioè che cosa è impor-

tante andare a vedere.

Il vincolo era di pensare ad un’attività che potesse essere realizzata al mas-simo in mezz’ora/quaranta minuti; nel caso di un’attività che richiedesse un tempo più ampio, andava pensata in termini di sottounità.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Consegna per il lavoro di gruppo Progettate in dettaglio un’attività di produzione testo scritto da realizzare con un piccolo gruppo di bambini (max. 5) specificando bene:

• il materiale

• le consegne iniziali dell’insegnante ai bambini

• il ruolo dell’insegnante (cosa non deve assolutamente dire e/o

fare, cosa è opportuno che dica e/ faccia

• che cosa ci aspettiamo che i bambini dicano e/o facciano ri-

spetto alla nostra richiesta

• come documento

• cosa analizzo

N.B. Pensiamo tutte ad un’attività della durata di massimo 40 minuti.

Nella tabella è riportato uno dei tre prodotti dei sottogruppi, relativo ad

un’attività progettata e successivamente realizzata con i bambini.

CONTESTO INIZIALE Pizza squisita preparata dalla cuoca, tentativo di realizzazione. Consegna: preparazione di biglietto di invito alla cuoca in classe per sve-lare i segreti della sua ricetta. Materiale: cartoncino, pennarelli, registratore Insegnante: scriba Insegnante: registra, non anticipa, non suggerisce, sostiene le intuizioni e le rilancia, rispecchia, regola il tempo e gli interventi, rilegge il testo. Aspettative molto divergenti (per lo più negative) Documento: registrazione – biglietto Analizziamo il percorso fatto dai bambini e la capacità dell’insegnante di essere regista.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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L’attività realizzata con i bambini:

Scuola equiparata dell’infanzia “Giardino d’infanzia” Riva del Garda (Trento)

Produzione di un testo scritto

Composizione del gruppo:

• Numero bambini: 9

• Numero insegnanti: 3

• Ruolo delle insegnanti: - due conducono la conversazione

- una effettua l’osservazione

• Contesto iniziale: pizza squisita preparata dalla cuoca

• Consegna: preparazione di un biglietto invito per la cuoca af-

finché venga in classe per svelarci i segreti della sua ricetta

• Materiale: - cartoncino

- pennarelli

- carta e penna per l’osservazione

• Insegnante: scriba

Registrazione 1. INS/I: Cosa mangiamo oggi?

2. B/I: Crema di patate e porri …

3. INS/I: Poi?

4. B/I: Arrosto e … broccoli!

5. INS/I: Cosa abbiamo mangiato ieri?

6. B/I: La pizza!

7. INS: Come era la pizza?

8. B/I: Buona.

9. B/I: No, speciale.

10. INS: Quando una cosa è buona, anzi, speciale, possiamo dire che è …

11. B/O: Squisita!

12. INS: E perché la pizza era squisita?

13. B/O: C’erano i würstel … (pausa) di solito sulla pizza non c’è niente.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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14. B/O: Sarebbe bello mangiarla ancora.

15. INS: Come si potrebbe fare per mangiarla ancora?

16. B/O: La cuoca lo scrive all’entrata.

17. INS: Lo avete detto alla cuoca?

18. B/I: Silenzio.

19. B/O: Bisogna mettere un biglietto e metterlo sul cartellone.

20. INS: E cosa scriviamo?

21. B/I: Silenzio.

22. INS: Che cosa avrà messo nell’impasto per essere così buono!

23. B/I: Silenzio – (pausa).

24. B/O: Farina.

25. INS: Poi?

26. B/O: Acqua, lievito.

27. INS: Allora cosa facciamo per avvertire la cuoca e chiedere se la fa ancora?

28. B/O: Un bambino può andare a chiedere se ce la fa ancora!

29. INS: Magari la cuoca non capisce.

30. B/O: Scriviamo un biglietto alla cuoca perché ci dica gli ingredienti.

31. B/O: Lui ha detto che dentro c’è la farina e l’acqua.

32. INS: Ma non si vede cosa c’è nell’impasto.

33. INS: Meglio tornare al biglietto.

34. B/O: Possiamo portarlo a casa e farlo scrivere alla mamma.

35. B/O: Farsi dare la ricetta dalla cuoca.

36. B/O: Far scrivere un biglietto da un bambino che sa scrivere e portarlo in cu-cina.

37. INS: Ma se voi siete capaci di scrivere solo il nome!

38. B/O: Bisogna ricopiare le lettere da un foglio scritto dalla maestra!

39. B/O: Bisogna disegnare le figure.

40. B/O: Disegniamo i würstel.

41. INS: Ma sotto scriviamo noi.

42. B/O: Possiamo disegnare la cuoca che prepara la pizza.

43. INS: Cosa possiamo disegnare per fare una domanda alla cuoca?

44. B/O: Le maestre scrivono le lettere e i bambini le ricopiano.

45. B/O: Dobbiamo dirlo a voce perché i bambini non sanno scrivere.

46. INS: Dobbiamo fare un biglietto, altrimenti la cuoca non si ricorda.

47. INS: Allora scriviamo un biglietto. Federico, vai a prendere l’occorrente!

48. INS: Secondo Federico, per fare un bel biglietto, occorrono un foglio di carta ed un colore.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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49. INS: È sufficiente?

Lorenza dallo scaffale prende un foglio e quattro pennarelli. 50. INS: Cosa prepariamo?

51. INS: Perché la cuoca veda che il biglietto è bello ci vuole un biglietto così bel-lo che colpisca!

52. B/I: Prendiamo un foglio grande?

53. INS: Io avrei pensato ad una forma grande, magari a forma di …

54. B/I:A forma di … cuore, …, sole, …, stella.

55. B/O: A forma ci pizza!

56. LORENZA: Facciamo un biglietto rotondo con dentro disegnate le cose da mettere nella pizza.

57. INS: Ma tu sai cosa c'era nella pizza?

58. B/I: Silenzio.

59. INS: Allora facciamo un biglietto rotondo.

60. INS: Alice, che forma daresti al biglietto? Vieni qui a disegnarmela su questo foglietto.

61. Alice disegna un fiore. E così via per gli altri bambini interpellati.

62. Stefano disegna una stella.

63. Alice disegna una luna.

64. Thomas disegna un cuore.

65. Lorenza disegna una stella.

66. Vittorio disegna una stella.

67. Le insegnanti mostrano ai bambini i biglietti che riportano le loro proposte in merito alla forma da dare al biglietto.

68. INS: Andrea, che forma daresti tu al biglietto?

69. ANDREA: Di luna.

70. INS: Matteo?

71. B/O: Cuore.

72. INS: Chi vuole la stella?

73. Tre bambini alzano la mano.

74. INS: Chi vuole il cuore?

75. Sei bambini alzano la mano.

76. INS: Vince il cuore.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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77. INS: Adesso la forma l'abbiamo decisa, che cosa chiediamo alla cuoca?

78. B/O: Di fare la pizza.

79. INS: Ma come facciamo a consegnare il biglietto: la cuoca è in cucina.

80. B/O: Chiamiamo la cuoca e lo consegniamo.

81. INS: Thomas ha detto: “Chiamiamo la cuoca e lo consegniamo”.

82. B/O: Chiediamo alla cuoca solo di farsi la pizza o qualcosa d'altro …

83. B/O: Per piacere ci dai la ricetta?

84. INS: Se la cuoca Sara ci dà la ricetta, cosa dobbiamo fare?

85. B/I: Silenzio.

86. INS: Che cosa vuol dire che la cuoca Sara ci dà la ricetta?

87. B/O: Ci dà le risposte.

88. INS: Che cos'è una ricetta?

89. B/O: Per fare da mangiare.

90. B/O: Le cose per fare la pizza.

91. B/O: Le cose che ci piacciono e che non ci piacciono.

92. INS: Nella ricetta si trovano gli ingredienti che servono per fare un cosa. Ad esempio: per fare la torta si usano: farina, …, zucchero, …, lievito.

93. INS: E per fare la pizza? Anche la pizza squisita della cuoca aveva degli ingre-dienti che noi non conosciamo.

94. B/I: Silenzio.

95. B/O: Scriviamo un biglietto.

96. INS: E cosa scriviamo sul biglietto?

97. B/I: Noi bambini.

98. INS: Per scrivere bambini, come faremo? Voi non sapete scrivere!

99. B/I: Silenzio.

100. B/O: Disegneremo.

101. INS: Allora disegneremo che cosa?

102. B/I: Silenzio.

103. B/O: Dei bambini.

104. INS: Allora che cosa vogliamo fare alla cuoca!

105. B/I: Chiediamo.

106. INS: Non possiamo scrivere “Chiediamo” perché non lo sappiamo scrivere.

107. INS: Come si può rappresentare la parola “Chiedere”?

108. B/I: Silenzio.

109. INS: “Chiedere” si può rappresentare come un bambino che dice qualcosa in un fumetto.

110. INS: Allora, i bambini, chiedono a chi?

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

123

111. B/I: Alla cuoca Sara.

112. INS: Come facciamo a scrivere questo?

113. B/O: Disegniamo la cuoca.

114. INS: I bambini chiedono alla cuoca Sara …, che cosa?

115. B/O: Di venire qui da noi.

116. INS: Come possiamo fare per farla venire qui in classe?

117. B/I: Silenzio.

118. INS: La facciamo andare dalle stelline?

119. B/I: Silenzio.

120. INS: Sul balcone?

121. B/I: No, qui dai funghetti.

122. INS: Lo sa la cuoca di venire qui da noi?

123. B/I: Silenzio.

124. INS: Che disegno potremmo fare?

125. B/I: Un fungo.

126. INS: Ma la cuoca può capire di dovere preparare i funghi..

127. INS: Come potremmo far capire alla cuoca di venire proprio qui da noi?

128. B/O: Un bambino va dalla cuoca Sara e le chiede …

129. INS: Vittorio, che disegno facciamo?

130. LORENZA: Disegniamo la nostra aula.

131. STEFANO: Disegniamo la classe dei funghi.

132. INS: Stefano, che forma ha la nostra classe? Un quadrato? Un rettangolo?

133. B/O: Un rettangolo.

134. INS: Che cosa c'è nella classe?

135. B/I: Il tappeto, …, il gioco della farina.

136. B/O: Allora noi dobbiamo disegnare le cose che ci sono nella classe.

137. INS: Per far capire che è la sezione dei funghetti e che la cuoca deve venire proprio qui, che cosa dobbiamo disegnare vicino alla nostra classe?

138. B/O: Dei funghetti!

139. L'insegnante prepara dei fogli con scritto le consegne da eseguire.

140. Lorenza disegna su un foglio i bambini.

141. Matteo disegna un bambino che parla.

142. Thomas disegna la sezione dei funghetti.

143. INS: Bene, leggiamo veloci l'invito da consegnare a Sara.

144. INS: Che cosa leggi qua Andrea?

145. B/O: I bambini e un bambino con una nuvola.

146. INS: Vuol dire che: “I bambini chiedono … a chi?”

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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147. B/O: I bambini chiedono … (silenzio).

148. INS: Che cosa dobbiamo chiedere alla cuoca?

149. FEDERICO: I bambini chiedono alla cuoca di venire nella nostra classe.

150. La cuoca Sara riceve l'invito, quindi viene a farci visita.

151. INS: Che cosa hai visto sul biglietto, che cosa hai letto?

152. C: Niente.

153. INS: Che cosa dovete chiedere a Sara?

154. B/O: Coma hai fatto a fare la pizza?

155. C: Ho usato farina, acqua, sale, lievito per il sotto. Pomodoro, sale, olio, wür-stel e mozzarella per il sopra.

156. C: Ogni tanto metto sopra qualcosa di verde … che cos'è?

157. INS: È insalata?

158. C: È origano.

159. INS: Allora che cosa ha usato la cuoca Sara per fare la pizza?

160. B/I: Acqua, …, sale, farina bianca.

161. INS: E sopra?

162. B/I: Pomodoro, formaggio, würstel e origano.

163. INS: Ma noi non sappiamo come ha fatto a fare la pizza. Ha buttato forse tutte queste cose dentro?

164. C: No. Allora, prima si prende la farina e si passa al setaccio, così esce come la neve. Alla farina si aggiunge l'acqua tiepida, il sale e il lievito di birra sciolto. Si impasta e si fanno tante palle più piccole. Si lascia lievitare, gonfiare.

165. INS: E quando le palline sono diventate grandi?

166. C: Si prende la padella, si unge e si stende l'impasto. In una ciotola si passa il pomodoro, si mette dell'olio, il sale e si stende sulla pizza. Si tagliano i würstel a rotelline e la mozzarella.

167. INS: E si mette dove? (Bambini in silenzio). In frigo?

168. B/I: No, in forno.

169. INS: Dovete chiedere ancora qualcosa alla cuoca?

170. B/O: Se ci fai ancora la pizza!

171. INS: Quale?

172. B/O: Quella con i würstel.

173. INS: Allora il giorno in cui ci sarà la pizza, la cuoca la farà ancora così, con i würstel.

174. INS: A casa dovete dire alla vostra mamma come la cuoca Sara fa la pizza con i würstel.

175. INS: Se vorremo chiederti ancora qualcosa, Sara, ti manderemo un altro biglietto.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Il prodotto finale

Un’enorme busta (disegno n. 6) e il biglietto d’invito (disegno n. 7).

Disegno n. 6 Disegno n. 7

La valutazione da parte delle insegnanti

Difficile la realizzazione del biglietto invito. I bambini preferiscono chia-mare la cuoca (vedi vicinanza della classe dei funghi alla cucina), piuttosto che inviare un biglietto scritto.

Tutt'altro che facile si è rivelata anche la scelta della forma da destinare allo stesso. Nonostante le ripetute sollecitazioni, i bambini, anziché scegliere per il biglietto una forma tondeggiante, quella della pizza appunto, contravvenendo alle aspettative delle insegnanti, hanno optato per una forma a cuore.

Più scorrevole la fase riguardante la composizione del biglietto scritto. An-che se i bambini che partecipano alla discussione sono sempre gli stessi.

Da precisare che, per il buon esito dell'esperienza, l'intervento dell'inse-gnante si è rivelato indispensabile e determinante.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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La complessità del ruolo dell’insegnante nell’organizzare e gestire un’attività

di Franca Rossi

Organizzare e gestire un’attività di ideazione e dettatura di un testo richie-de, da parte dell’insegnante, una competenza esperta che si acquisisce nel tempo e soprattutto grazie alla possibilità di rivedere, analizzare e riflettere su ciò che si è fatto con i bambini.

È inevitabile che nei primi tentativi siano presenti alcune incoerenze. Per questo motivo vogliamo ringraziare le insegnanti, autrici

dell’esperienza presentata, perché grazie alla loro disponibilità a documentare in modo fedele e puntuale i vari passaggi e a mettere a disposizione del gruppo di lavoro la loro documentazione, hanno permesso a tutte le insegnanti di ca-pire meglio gli “errori” da evitare. Per questo, ma non solo, le ringraziamo.

Nell’attività si voleva proporre ai bambini l’ideazione e la dettatura di un testo.

Fin dall’inizio non è chiara la funzione che il testo doveva assolvere: chie-dere alla cuoca come si fa la pizza/ringraziare la cuoca/spiegare come si fa la pizza.

Dal punto di vista organizzativo possiamo rilevare che la composizione del gruppo, nove bambini, è troppo numerosa per attività di questo tipo: più il numero è alto più scende la possibilità di scambi verbali rapidi ed efficaci.

La presenza di due insegnanti nel ruolo di conduttori della conversazione non è efficace, perché disorienta i bambini.

L’attività ha molto poco a che vedere con la produzione di un testo scritto, infatti nel corso dell’interazione l’attività si trasforma e diventa centrale l’utilizzo del linguaggio grafico-pittorico.

Questa trasformazione ha luogo in quanto l’adulto non riesce a chiarire (37, 101, 112) con i bambini e a proporre loro la sua funzione di scriba e di conseguenza non riesce a condividere con i bambini la possibilità che, anche se non sanno scrivere, possono pensare e dettare quello che vogliono inserire nel testo.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Di conseguenza i bambini, vedendo confermata anche dall’insegnante la loro incapacità di scrivere in modo autonomo, propongono altre alternative (t.38-42).

L’obiettivo dell’attività viene modificato in itinere e l’attenzione dei bam-bini viene spostata, dalle domande dell’insegnante, su aspetti diversi, definire una ricetta (t.93), come fare a rappresentare attraverso il disegno una parola (t.112), pensare una strategia per convincere la cuoca ad andare da loro (t.122).

L’importanza della rilettura dell’adulto

La gestione dell’attività di produzione di un testo scritto non è dunque cosa semplice ed è delicato il ruolo che ha l’insegnante nel facilitare i bambini nei passaggi di costruzione dello stesso. Per guidarli ed orientarli nella giusta ma-niera, pur nel rispetto delle loro idee e del loro pensiero, l’insegnante deve aver presenti tutti i passaggi: raccolta delle idee, selezione, dettatura, nonché la condivisione dello scopo e l’individuazione del destinatario del testo. Per que-sto è molto importante la registrazione di quanto avviene e, conseguentemen-te, la rilettura dell’adulto, come nell’esempio riportato di seguito.

L’attività, realizzata nella scuola elementare di Faver, inizia con un simpati-co equivoco. L’insegnante, con l’intenzione di introdurre il lavoro sulla pro-duzione scritta di un testo di contatto, rivolge al gruppo una domanda “Che cos’è una lettera?”. Il termine lettera viene interpretato dai bambini in uno dei suoi possibili significati, cioè lettere dell’alfabeto.

L'insegnante dice di voler scrivere anche lei una lettera a qualcuno e preci-samente al bibliotecario della biblioteca comunale di Cembra e ne spiega il motivo. I bambini sanno che l'insegnante aveva concordato con il biblioteca-rio una visita in biblioteca con gli alunni di 2° classe e con loro. Tale visita, pe-rò, non era stata effettuata causa il maltempo. L'insegnante, pertanto, ritiene opportuno spiegare al bibliotecario il motivo della mancata visita e propone ai bambini di aiutarla a scrivere la lettera.

Dopo 18 turni di interazione verbale il gruppo ha prodotto una prima ver-sione della lettera, che l’insegnante opportunamente rilegge:

“Perché venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti andare perché si andavamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo”.

L'insegnante, dopo la lettura, ricorda al gruppo la possibilità di aggiungere, cambiare, togliere parti del testo. I bambini rimangono silenziosi, sembra non

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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abbiano più nulla da dire al riguardo. Finalmente una bambina rompe il silen-zio dicendo che bisognava scrivere i nomi, che si devono scrivere sotto e che i nomi da scrivere sono quelli di tutti i bambini della classe. La stessa bambina spiega, più avanti, il motivo per cui è necessario scrivere i nomi (farsi ricono-scere). Un'altra bambina si rivolge alla maestra e chiede: “E il tuo nome?”, si decide quindi di scrivere anche il nome della maestra (Elisabetta). Un'altra bambina esprime il desiderio di colorare i nomi per rendere la lettera più bella.

Si arriva così ad una seconda versione del testo della lettera che l’insegnante rilegge: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti an-dare, perché si venivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Il Diego, Spetim, la Sara, Gabriele, Mauro, io, il Federico, la Lorena e la Drita, maestra Elisabetta”.

24. Ins: C'è qualcuno che pensa ci vada ancora qualcosa?

...

26. Chi è io?

27. È Michela che ha detto io!

28. Si decide di sostituire io con Michela.

Rilettura.

29. Si andavamo a piedi?

30. Si decide di togliere il “si”.

Rilettura.

31. Il Federico? Il Diego? La Drita?

Si decide di togliere gli articoli.

Rilettura.

32. E Drita?

Si toglie la “e”.

Rilettura.

Una bambina suggerisce di aggiungere in fondo “dai bambini della scuola”.

Rilettura del testo.

33. Ins: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti andare perché andavamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara, Gabriele, Mauro, Michela, Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. dai bambini della scuola”.

34. Che “dai”?

Si sostituisce “dai” con “i”.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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L’insegnante, prima di rileggere dice:

35. “Immaginate di essere il bibliotecario e di ricevere la lettera....

36. Maestra, maestra, maestra… volevo cambiare… “perché Venerdì scorso non

siamo potuti venire”.

Si continua la lettura.

37. Andavamo?

(...)

39. Si decide di sostituire “andavamo” con “venivamo”.

(...)

43. Avevi detto che dopo la rendevamo anche bella?

44. I bambini della scuola?

45. Si decide di spiegare di quale ordine di scuola (elementare).

46. Però si sbaglia…, ci sono anche di 3°, di 4°, di 5°.

47. Non sa che sono quelli di 1° e di 2°

(...)

Si decide di aggiungere “di prima” e “di Faver” .

Rilettura del testo.

48. Ins: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti venire

perché, venivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara,

Gabriele, Mauro, Michela; Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. I bambini di

prima della scuola elementare di Faver”.

49. “Perché”? Che cos'è questo “perché”?

Si decide di toglierlo.

(...)

53. Con tutti quegli sbagli diventa brutta la lettera!

Rilettura.

54. “Troppo”?

55. Mettiamo “tanto”.

Rilettura del testo.

56. Ins. “Venerdì scorso nevicava tanto e allora non siamo potuti venire, perché ve-

nivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara, Gabriele,

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Mauro, Michela, Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. I bambini di prima della

scuola elementare di Faver”.

Anche se la documentazione dell’interazione manca di alcune informazioni

(ad esempio il nome dei parlanti ad ogni inizio turno) tuttavia è interessante perché evidenzia la ricchezza dei processi di revisione che i bambini possono mettere in atto nel contesto del piccolo gruppo grazie alle riletture del testo fatte dall’insegnante. Tale ricchezza di operazioni, resa possibile grazie alla re-gistrazione puntuale da parte degli insegnanti, difficilmente sarebbe potuta emergere in un contesto di scrittura individuale. Infatti i bambini decidono di eliminare gli articoli davanti ai nomi propri (t.31,32), decidono di inserire un riferimento agli autori del testo (34) e scelgono la forma migliore per farlo (36-37), modificano le forme di alcuni verbi (39).

Fondamentale è che il contesto sia significativo e che lo scrivere risponda ad un bisogno reale.

Nell’esempio che segue è disponibile solo il prodotto finale. Non sappiamo se è un testo prodotto collettivamente. Possiamo però dire che il testo è stato prodotto per assolvere ad una funzione reale (invitare i genitori), è un testo efficace rispetto alla sua funzione (essenzialità e chiarezza delle informazioni).

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Scuola dell’infanzia di Pergine

INVITO PER I GENITORI Per le mamme e i papà. Cara mamma e papà! Vi invitiamo in questa scuola Chimelli per farvi vedere quello che abbiamo fatto durante i me-si passati. La maestra Maria della sezione verde deve rac-contarvi se siamo stati bravi o se siamo stati birbanti. Vi farà vedere i nostri lavori. Noi siamo lupetti e andremo presto alla scuola elementare. Abbiamo scoperto le cose della campagna e le ricette con la frutta. Venite mercoledì venti (20) febbraio, alle ore 16.

Maria

Anche l'angolo della posta può fornire occasioni per scrivere avendo uno

scopo ed un destinatario reali. Nella scuola ci sono comunque numerose si-tuazioni che l'insegnante può “sfruttare”: un’uscita può essere un’occasione per scrivere un avviso ai genitori, attività che può essere utile anche per co-minciare a riflettere con i bambini sul fatto che un avviso deve essere scritto in un certo modo (sintetico e preciso), utilizzando anche simboli al posto delle parole, come nell’esempio riportato nella pagina seguente e realizzato dai bambini della scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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L’attenzione dell’insegnante nel gestire attività di questo tipo, non dev’essere però tanto al prodotto - che chiaramente deve avere certe caratteri-stiche di chiarezza, essenzialità, accuratezza - ma al processo di costruzione de testo attraverso l’interazione verbale che avviene nel gruppo.

“Il prodotto non permette di osservare la ricchezza dei processi”. È importante avere consapevolezza che il testo in sé non ci permette di ac-

cedere alla complessità dei processi messi in atto dai bambini per scrivere quel testo, cosa che invece una rilettura della documentazione dell’attività consen-te.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Lavorare con le storie nel laboratorio di Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi

Oggi la scuola si trova ad operare in un contesto sociale in cui il bambino sempre più viene espropriato di spazi e tempi per giocare con creatività: il consumo delle esperienze, spesso mediate, è velocizzato, non viene dato tempo alla ricerca, all’attesa. Il bambino si limita ad essere fruitore quasi passivo di proposte che gli vengono presentate già organizzate e confezionate, prive di rischi cognitivi e di incognite emotive, che muovono solo in superficie la sua intelligenza e la sua creatività.

Capita sovente che anche l’ambiente scolastico chieda al bambino-studente di essere principalmente esecutore di consegne, con poco spazio per parlare, ascoltare, inventare, perché gli insegnanti considerano spesso questi momenti educativi dispersivi e “poco controllabili”. Così, in generale, l’esperienza pro-posta raramente prevede percorsi aperti alla scoperta, dove i bambini possono utilizzare e combinare materiali in modo originale e con diversi codici espres-sivi, anche ripescando e ricreando elementi del loro vissuto. In un contesto simile rischiano di rimanere inutilizzati anni di vita pieni di incontri personali con la realtà, fatta di situazioni, persone e cose, che i bambini in qualche modo hanno memorizzato ed elaborato costruendosi proprie teorie ingenue sul fun-zionamento del mondo. Situazioni, persone e cose che hanno sollecitato sia il corpo che la mente con una forte carica cognitiva ed affettiva, ed hanno moti-vato il bambino alla conquista del linguaggio, in cui la parola diventa stru-mento che nomina, chiarisce e trasferisce in altre esperienze le sue scoperte, combinandole in modi nuovi.

Se noi docenti riteniamo di dover accogliere il bambino con il suo vissuto, abbiamo la strada in gran parte tracciata. È la via della continuità. La continui-tà infatti sviluppa contemporaneamente nel bambino la sua intelligenza emo-tiva, cognitiva e creativa, valorizza prima di tutto quello che già sa e quello che è, e lo organizza in un percorso intenzionale, ma con lo stesso approccio al re-ale che lui conosce bene. Questo aggancio occupa in larga misura lo spazio della narrazione, intesa come possibilità di raccontarsi, di saper raccontare e di ascoltare narrazioni di altri. La narrazione è infatti lo strumento potente che

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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affina l’attenzione nel raccogliere e selezionare elementi, materiali, tracce, e nel saperli strutturare in storie, saldandoli insieme con i fili del tempo e dello spa-zio, e con i loro significanti linguistici. Ricordiamo al riguardo il pensiero di J. Bruner (1992), che valorizza l’esperienza narrativa come forma tipica di strut-turazione delle esperienze e del pensiero. Come ad affermare che la narrazione della realtà è un passaggio necessario perché un’esperienza diventi memoria, possa intrecciarsi con eventi passati e rendersi disponibile per farci partecipi di esperienze future.

La narrazione, nelle sue forme diverse - attività dell’ insegnante rivolta per lo più alla lettura di storie ed esperienza svolta dai bambini stessi – acquista valenza educativa e di apprendimento, diventa opportunità per sviluppare e per rinforzare abilità che stanno alla base di ogni conoscenza, come quelle di nominare, selezionare, identificare, collegare, classificare, distinguere, con-frontare. Proprio in relazione a questa ultima capacità vogliamo ricordare l’importanza dell’invenzione di storie, che si rifà in gran parte alla modalità del gioco di fantasia (ad esempio i giochi di finzione, o immaginativi), in cui i bambini iniziano a costruirsi e a “mettere in scena” gli schemi di comporta-mento (script). L’attività narrativa diventa in questo caso confronto con il mondo, creazione personale di mondi ipotetici (le storie), partendo dalla quo-tidianità e rivisitando il reale. I bambini attraverso la narrazione colgono e uti-lizzano gli elementi linguistici della temporalità e della spazialità. Allora, den-tro la macrostruttura delle storie, che fa da sponda con la sua grammatica e la sua logica, tutto può diventare possibile, perché non ci saranno confini per l’inventiva narrativa.

Una storia inventata e narrata insieme diventa un frammento di memoria collettiva che si integra con il tessuto di esperienze e conoscenze. Operativa-mente, una storia narrata può diventare un libro costruito assieme, un grande disegno collettivo, un piccolo spettacolo, cioè un prodotto che sia in qualche modo visibile e godibile in edizioni nuove, per dare ai bambini l’opportunità di rivisitarsi, di ri-narrare. Così l'invenzione va avanti, attraverso commenti, confronti, divagazioni che diventano esse stesse altre storie.

Si può raccontare con “niente”. Tutto può diventare motivo per l’inizio di una storia. Anche i materiali che

spesso noi insegnanti consideriamo di scarto, come ad esempio i disegni “lampo” che i bambini fanno nei ritagli di tempo, che ci regalano e che spesso

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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dopo qualche tempo finiscono nel cestino. È importante far sperimentare che “si può raccontare con niente”.

Ad esempio, si può partire appunto dai disegni di prima. Chiediamo ai bambini di ritagliare ognuno una parte del proprio disegno. I vari “pezzi” scel-ti vengono incollati un po’ a caso su un cartellone. Mentre i bambini incolla-no, osservano, parlano, partono le prime idee, nascono ministorie che si pos-sono in seguito sviluppare insieme. In attività di questo tipo i bambini sono attenti all’intreccio narrativo, l'insegnante ascolta, rilancia, fa sintesi e, nella scuola dell’infanzia e all’inizio della prima, fa da scriba. Non pretendiamo sempre che la storia abbia subito un testo corposo. Questo dipende dal mo-mento, dalla piega che prende l’attività. La narrazione può soddisfare i bambi-ni anche se brevissima, al limite fatta di una, due parole: “Che spavento!” è un’espressione che segna già la trasformazione avvenuta, la creazione di un nuovo luogo dell’immaginazione.

Altra situazione semplice, e piuttosto classica, per inventare storie può es-sere l’utilizzo di immagini: l’occasione è un disegno, un'immagine curiosa. Si parte da un brain-storming di idee, che la maestra raccoglie su un cartellone e rilegge. I bambini intrecciano le idee, scartano, aggiungono, e nasce così un racconto. In questo caso è fondamentale che l'immagine iniziale sia stimolan-te, non scontata, che crei attesa e che lasci spazio alla creatività. Le immagini possono anche suggerire giochi di ruolo e di finzione, da mettere in scena, da disegnare e raccontare (per es. i libretti di Pandi si prestano bene a questo tipo di attività).

Per tutte queste attività, nella scuola dell’infanzia e nei primi mesi della scuola elementare, l'insegnante farà da scriba. In seguito saranno i bambini stessi a scrivere le loro storie, in un lavoro collettivo o individuale. È impor-tante non affrettare i tempi, e lasciare che i bambini sperimentino le differenti modalità del codice parlato e scritto. Raccontare la storia o dettarla alla mae-stra non è la stessa cosa. Parlare non è scrivere. La maestra-scriba adotta spes-so, nella fase di “trascrizione” del racconto, la strategia della rilettura (in itinere). I bambini ascoltano e valutano la coerenza, la completezza, l’aderenza delle parole scritte alle intenzioni narrative. È questo un apprendistato effica-ce, che sviluppa le abilità critiche, di distanziamento, ed abitua a considerare il testo come un’entità autonoma e flessibile, aperta ad aggiustamenti di conte-nuto e di forma.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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I bambini iniziano ad appropriarsi delle macrostrutture narrative con na-turalezza e “facendo”, acquistano abilità riferite alle questioni cognitive (le i-dee e il loro intreccio) e linguistiche (marcatori propri della narrazione, strate-gie, competenza grammaticale-sintattica).

UN’ATTIVITÀ PROPOSTA NEL LABORATORIO Costruire una storia per ipotesi successive

Scopo: costruire insieme una storia facendo ricorso alle macrostrutture

narrative. Sperimentare in situazione alcuni problemi e risorse della logica narrativa per evitare la deriva narrativa (coerenza narrativa).

Modalità seguita:

a) le immagini sono proiettate una per volta; b) ogni immagine viene “letta”, interpretata dai bambini; c) per ogni immagine si chiede di anticipare ipotesi su quella successi-

va; d) l’immagine successiva seleziona l’ipotesi corretta.

Come si può intuire, si tratta di una lettura di immagine particolare, di tipo

pragmatico, che viene suggerita da domande dell’insegnante del tipo “Che co-sa succede qui? Che cosa succederà”? Gli interventi dei bambini sono orientati alla costruzione progressiva di una storia e attivano quindi abilità proprie della narrazione (ideazione, selezione delle idee, collegamento e sviluppo, ricerca del linguaggio e delle strutture linguistiche adatte …). L’attività ha anche il pregio di rinforzare comportamenti sociali positivi, quando chiede di valutare le idee degli altri e di tenerne conto, di mettere le proprie a disposizione di tut-ti, di saper ascoltare. L’insegnante è attenta a favorire la circolarità delle idee, il confronto linguistico e ideativo, l’accettazione di un’ipotesi, e assicura eviden-za all’intreccio narrativo che si va facendo.

Sviluppo dell’attività:

e) Visione in sequenza delle immagini. Racconto a voce della storia e dettatura all’insegnante-scriba. Costruzione di un libretto, messa in scena, trasformazione della storia in un gioco …

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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f) Recupero delle ipotesi “scartate” per la costruzione di altre storie in-dividuali o collettive (le storie hanno sviluppi infiniti).

Tra le tante esperienze realizzate con i bambini, ne riportiamo una, che in-

terpreta in maniera originale l’idea iniziale, pur mantenendosi aderente al suo scopo. Il suo valore sta appunto nel rendere evidente come da una stessa pro-posta possano nascere percorsi diversi. Scuola dell’infanzia di Miola di Piné Gruppo di 8 bambini (4 grandi e 4 medi)

Insegnante: Che cosa vedete?

Mattia (5 anni): Un legno con su un bambino, un bastone e una bandiera.

Diego (4 anni): Il legno, il bambino è seduto, ha gli occhi chiusi e una vela.

Evelyn (5 anni): Un legno, un bambino seduto, la vela.

Selene (4 anni): Il legno, un bambino seduto con gli occhi chiusi. Il legno si trova sul prato.

Alberto (4 anni): Un tronco, un bambino seduto, ha gli occhi chiusi, sta dormendo, dietro di lui c’è la vela sul lago.

Chiara (4 anni): Un legno, una bimba, dorme, il legno è sul prato.

Daniele (4 anni): Vedo un legno, un bambino dorme, sul legno, nel mare.

Besar (5 anni): C’è un legno, sta seduto un bambino; il legno è nel lago.

Martina (5 anni): Il legno. C’è un bambino che dorme. C’è un bambino con attacca-ta una vela in un prato.

Insegnante: Secondo voi cosa succede dopo?

(Ipotesi che fanno i bambini senza vedere la II immagine).

Mattia: Viene su una testa di una squalo dal lago.

Evelyn: La bambina si sveglia.

Chiara: Arriva su lo squalo,, vuole mangiare la bambina, lo squalo distrugge la sua barca, e poi va sott’acqua.

Daniele: Viene su dal mare un delfino amico della bambina e le chiede se vuole an-dare giù nell’ acqua a nuotare con lui.

Besar: Arriva un pesce spada su dall’acqua.

Diego: Viene su uno squalo e lo mangia.

Evelyn: Viene sulla barca una coccinella, era appoggiata sul legno, e vola in cielo.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Selene: La bambina si alza dal tronco.

Alberto: Salta fuori un delfino, stacca la vela dal bastone e mette la vela nella barca. Si alza in piedi la bambina e fa un tuffo, e il delfino rimane sulla barca.

Martina: La bambina dorme, arriva un delfino, la bambina poi si alza, il delfino porta a casa la bambina poi torna nel mare.

Che cosa succede dopo?

(Ipotesi che fanno i bambini vedendo la II immagine).

Chiara: Viene lo squalo che gocciola dalla bocca, porta a casa la bambina e dorme.

Selene: Viene su lo squalo e mangia la bambina.

Alberto: Viene su lo squalo e dice alla bambina che vuole fare i tuffi nell’acqua.

Daniele: La bambina prende uno spavento poi la mangia e va sott’acqua.

Besar: Lo squalo mangia la bambina e va sott’acqua.

Martina: Viene su un pesce, la bambina si spaventa.

Diego: Il delfino le distrugge la barca, e la bambina si trova in acqua.

Mattia: Viene su la balena, distrugge la vela alla bambina e se la mangia, poi viene su un delfino e rimette su la vela.

Storia inventata, rivista dopo la lettura finale delle tre ipotesi. Fase della trascrizione della storia intitolata “Il delfino e la bambina”.

I SCELTA DA PARTE DEI BAMBINI DELLE TRE IPOTESI, UNA PER SEQUENZA: FASE DELLA DETTATURA

1. Viene su dal mare un delfino amico della bambina e le chiede se vuole

andare giù nell’ acqua a nuotare con lui.

2. Viene su la balena, gli distrugge la vela e se la mangia. Ma poi per fortuna

arriva un delfino e rimette su la vela.

3. La bambina si attacca la vela addosso e fa paura allo squalo e lo squalo

scappa.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Prodotto finale

1. C’era una volta una bambina se-duta su un tronco che galleggiava in mezzo al mare. Aveva gli occhi chiusi ed era appoggiata all’albero maestro su cui era fissata una grande vela.

2. Ad un certo punto venne su dal ma-re un delfino amico della bambina e le chiese se voleva andare giù nell’acqua a nuotare con lui.

3. Ma improvvisamente saltò fuori dall’acqua una balena che strappò la vela buttandola nell’acqua.

4. Per fortuna poi arrivò un delfino che rimise su la vela.

5. La bambina se l’attaccò addosso espaventò la balena che scappò via infretta e furia.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Lavorare sulle storie con le sequenze di immagini di Franca Rossi

Le sequenze di immagini consentono di lavorare, anche con bambini mol-to piccoli, sulla costruzione delle competenze narrative.

Le ricerche psicologiche ci dicono che già a partire dai quattro anni i bam-bini iniziano a padroneggiare e a riconoscere lo schema narrativo delle storie. Anche i racconti dei bambini delle proprie esperienze quotidiane spesso assu-mono le caratteristiche discorsive delle storie.

Si diventa narratori ascoltando narrazioni e narrando e, se si ha a disposi-zione una sequenza di immagini come quella utilizzata, che visualizza una mi-ni storia, è più facile tessere il testo e provare a inventare una storia.

All’inizio i bambini meno esperti tenderanno a verbalizzare una descrizio-ne di ciò che vedono nelle immagini, però basta cambiare la consegna, per e-sempio: “Queste immagini raccontano una storia, ora guardale attentamente una prima volta, poi le riguardiamo una seconda volta e proviamo a racconta-re la storia” perché i bambini si spostino dalla descrizione alla narrazione.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Scuola dell’infanzia

Nell’oceano un ragazzo su una zatte-ra, si riposa, perché è molto stanco e fa molto caldo.

Improvvisamente un rumore lo sveglia, vede uno squalo bianco. Il ragazzo si spaventa molto perché lo squalo attac-ca la zattera.

Quindi il ragazzo prende la vela, la indossa e si trasforma in fantasma, così lo squalo si spaventa e fugge.

La sequenza di immagini può essere, infatti, utilizzata dall’insegnante per

sollecitare nei bambini l’uso del linguaggio con funzione descrittiva (Che cosa vedi?) ma anche la capacità di prevedere il seguito di una storia a partire da una immagine data.

La domanda finale (Che cosa è successo?) permette ai bambini di confron-tare le loro previsioni con quello che effettivamente l’immagine racconta, co-me nell’esempio riportato di seguito.

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Costruiamo una storia

Un uomo con i pantaloni corti su una barca in mezzo al mare.

Adelaide: Incontra uno squalo e lo mangia

Giovanni: Arriva un tornado (che è una bufera)

Gabriele S.: Il tornado aspira la barca

Greta: Incontra un bambino che nuota nel mare

Luca: Incontra un pesce spada

Linda: Incontra un delfino e lo accarezza

Sara: oppure incontra dei cuccioli di delfi-no

Feride: Incontra un pesce gatto

Gabriele P.: Potrebbe arrivare un fulmine

Michele: … E così la barca affonda

Linda: Arriva il bagnino oppure arriva la cicogna (quella che porta i bambini) e sal-va l'uomo

Luca: Potrebbe arrivare la nave dei pirati

Andrea V.: L'uomo si addormenta, arriva il pesce martello e si sdraia vicino all'uomo

Martina D.: Arriva un uccellino e si addor-menta lì vicino

Giustino: Potrebbe arrivare un pipistrello che gli succhia il sangue

Luca: O potrebbe arrivare l'aquila

Cosa vedete in questo disegno?

Cosa succederà dopo?

Andiamo a vedere cosa succede

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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La bambina si è svegliata e vede uno squalo! La bambina ha paura, si mette in piedi vicino al palo Lo squalo rompe la barca perché vuole mangiare la bambina

La bambina ha indossato la vela ed è diventato un fantasmino, così lo squalo è scappato per la grande paura!

La nostra storia ha pre-so questa strada

Cosa vedete?

… e ora cosa può succe-dere?

Andiamo a vedere cosa succede

La nostra storia ha pre-so questa strada…

Cosa è successo?

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PARTE SECONDA Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta

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Lavorare con le storie può essere inoltre l’occasione per realizzare un vero e proprio libro rilegato e con copertina.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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In alcuni casi possono essere definiti anche gli autori e la casa editrice, co-me fa Elena.

C'era una volta… una barca, anzi era una zattera di legno, che aveva un palo con una vela, la zattera galleggiava nel mare; sulla zattera c'era una bambina che dormiva perché era stanca. Mentre la zattera galleggiava sull'acqua si sen-tiva il rumore delle onde …

… Indossa la vela, diventa un fantasmi-

no e così lo squalo scappa!

Infine le immagini di una sequenza possono servire solo per fissare la scena

iniziale della storia e lasciare poi libero il bambino di disegnare e raccontare le scene successive come nell’esempio riportato a pag. 139 e realizzato dai bam-bini della Scuola dell’infanzia di Miola di Piné.

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PARTE TERZA RIFLESSIONI FINALI

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Le radici e le ali La conoscenza e la libertà nel laboratorio

di Mara Degasperi

Il mio intervento ha come oggetto la rivisitazione ragionata di alcuni aspet-ti del percorso fatto nel laboratorio didattico con uno dei due gruppi di lavo-ro. Voglio cogliere l’occasione per aprire la conversazione su un orizzonte più ampio, fatto da quelle “cose di scuola” che mi stanno a cuore e che natural-mente hanno molto da spartire con l’esperienza che sta volgendo al termine, vale a dire con il tema dell’approccio alla scrittura e alla lettura a scuola, nel segmento delicato che comprende la scuola dell’infanzia (periodo finale) e la scuola elementare (primi mesi).

È una riflessione di contesto, con centrature su alcuni punti critici, non ne-cessariamente negativi, che nei laboratori hanno fatto discutere e che abbiamo risolto insieme o dei quali almeno abbiamo svelato gli elementi di ambiguità, di disaccordo o semplicemente di non conoscenza.

Prima di tutto c’è da dire che le insegnanti con cui mi sono trovata a lavo-rare non si conoscevano prima; anzi, si conoscevano a gruppetti, cosa che di solito rallenta la possibilità di diventare “gruppo” che si attiva in solidarietà nella soluzione delle questioni affrontate. C’era poi la novità del ritrovarsi in-sieme, docenti di scuola dell’infanzia ed elementare, e intorno a un tema di grosso peso come quello del primo apprendimento della lettura e scrittura. In questo devo dire che le insegnanti mi hanno aiutato tantissimo: non sono scat-tati comportamenti di gelosia o difesa di funzioni che da sempre spettano al ruolo elementare, così come le insegnanti di scuola dell’infanzia si sono sentite libere e disponibili a confrontarsi, a proporre, a discutere alla pari.

Uno degli obiettivi grossi del percorso era di far compiere al gruppo e alle singole insegnanti una sorta di conversione professionale (e qui S. Paolo non c’entra). Ovverosia riuscire a far spostare l’attenzione dai prodotti ai processi, con tutto quello che ne consegue: organizzazione del lavoro, richieste ai bam-bini, tempi di lavoro, diverso ruolo nella relazione di apprendimento; infine diverso atteggiamento e coinvolgimento durante gli incontri di laboratorio, che servivano per un buon terzo della loro durata per analisi e discussioni su

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PARTE TERZA Le radici e le ali

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materiali, di solito registrazioni, che documentavano segmenti di attività con i bambini.

Tutto questo con uno scopo: come riuscire a “far scuola meglio”, nel no-stro caso ad avvicinare i bambini alla lingua scritta nel modo giusto ….

Devo dare atto che in questo caso il valore aggiunto è stato significativo, e come quasi sempre capita nelle situazioni di tipo laboratoriale, la condizione è stata cercata anche con fatica (e con impegno), ma una volta afferrata, la situa-zione ha segnato come un punto di svolta: gli ultimi due incontri credo abbia-no ripagato molto e illuminato dubbi e incertezze.

Una testimonianza, se ce n’è ancora bisogno, che la via sperimentale segna in profondità ed alla fine risulta vincente. E questo avviene fra noi adulti, e tanto più con i piccoli.

Dunque lavorare tenendo mirati i processi. È un modo di operare che ri-chiede di aver presenti contemporaneamente, almeno nei tratti essenziali, i tre livelli che attraversano il percorso di insegnamento/apprendimento:

livello disciplinare: a volte a scuola si maneggiano meccanismi della lingua senza conoscerne il funzionamento, con inutile perdita di energie e probabile confusione o parzialità nell’organizzazione delle attività;

livello psicologico: modalità e condizioni entro le quali i bambini appren-dono; risorse, bisogni …

livello della traduzione didattica/progettuale: “come fare” per raggiungere insieme gli obiettivi di far star bene i bambini a scuola e di farli crescere nel loro saper fare e saper essere ….

Livelli che nel coinvolgimento dell’insegnante corrispondono ad altrettanti modi di essere presente: dentro la situazione, appassionandosi, possibilmente divertendosi, nonostante gli inevitabili intoppi, insieme ai bambini; mante-nendo però il controllo della situazione per cogliere le intuizioni, rilanciare, riprendere, conservare, fare memoria …..; e tenendo acceso il “monitor supe-riore” della direzione e del traguardo generali, per non fare naufragio…..

È il nuovo ruolo richiesto all’insegnante nella scuola del saper fare, nella scuola–laboratorio, molto difficile da acquisire sui libri, a mio parere, se con-testualmente non viene sperimentato in gruppi di lavoro, se non si fa labora-torio, provando prima di tutto su di sé, insieme ad altri, cosa voglia dire ad e-sempio “lavorare mirati ai processi”, cioè con la barra dell’attenzione puntata su punti cardinali guida: “Cosa ti proponi di raggiungere, cosa ti aspetti, dove

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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ti trovi, dove stai andando mentre fai questo, dove ti porta questa possibilità, è pertinente oppure no, cosa fa la tua mente”.

Qui il lavoro sulle registrazioni in classe è stato utilissimo e credo abbia contribuito molto: ad allentare in primo luogo le preoccupazioni eccessiva-mente rivolte all’acquisizione del codice, che spesso si risolvevano all’inizio in interventi di anticipazione da parte dell’insegnante; a cogliere, per poterli evi-tare, gli scivolamenti da un obiettivo dichiarato ad uno implicito; a riconosce-re situazioni di scarto, di non fedeltà dell’insegnante alla consegna da lei stessa data ai bambini.

Un esempio di Patrizia entrerà a questo proposito in una situazione speci-fica.

Un’altra osservazione importante da fare, è che, a mano a mano che cre-sceva la sicurezza (e la chiarezza) del proprio ruolo, aumentava anche la densi-tà e la ricchezza degli interventi dei bambini. Si realizzava cioè un’autentica situazione di CO-COSTRUZIONE degli apprendimenti: questo perché l’insegnante non ricorreva a “censure”, accoglieva tutti gli interventi pilotan-doli poi in modo produttivo.

A volte siamo entrate direttamente in questioni disciplinari fondamentali: cosa si intende per ATTO DI SCRITTURA; quali abilità intercorrono nell’ATTO DI LETTURA; percorrendo però sempre la via sperimentale.

Per la scrittura, abbiamo lavorato a lungo con i bambini nella produzione di testi funzionali, soffermandoci soprattutto sulle fasi della ideazione e dell’organizzazione delle idee, e con attenzione mirata allo scopo e al destina-tario, con esperimenti di scrittura di qualche segmento o parola del testo, che nella sua interezza veniva dettato all’insegnante - scriba.

La riflessione sul MODELLO DI SCRITTURA DI HEYES E FLOWER ha portato a consapevolezza comportamenti consolidati di cui magari le inse-gnanti non si erano data ragione:

“Anch’io, come si fa di solito, ho sempre detto ai bambini: Pensate prima di scrivere, non cominciate subito … ma lo ritenevo un semplice consi-glio, non pensavo che si potesse costruire insieme la fase dello scrivere prima di scrivere”

“Il lavoro fatto con i bambini e la discussione su questo schema sono sta-ti prima di tutto per me una presa di coscienza …”

(Alcune osservazioni dalle discussioni fra docenti)

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PARTE TERZA Le radici e le ali

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Per l’atto di lettura, invece, le insegnanti si sono impegnate in un esperi-mento su se stesse, scrivendo, a lato di un breve testo narrativo, proiettato con la lavagna luminosa per segmenti di significato, COSA FACEVA LA LORO MENTE mentre assumevano pezzo dopo pezzo il segmento stesso.

Socializzando le osservazioni (alcune “divagazioni private” sono state giu-stamente taciute) e raggruppandole in abilità, siamo pervenute al seguente modello di lettura. Atto di lettura

competenza

OPERAZIONI INTERATTIVE testo - lettore

decodifica

informazioni

ipotesi

inferenze

anticipazioni

conferme/conferme

attribuzione di senso

sintesi progressiva

Anche in questo caso, alcune osservazioni emerse dal confronto sono illu-

minanti:

Credo di aver sbagliato, le mie note hanno spesso scarso collegamento con l’argomento del testo ….

Ho segnato, accanto all’inizio del testo MILIONI DI ANNI FA …. questa osservazione: Si tratterà di una storia di dinosauri.

Alcune parole, nel contesto, mi hanno richiamato alla mente sprazzi di esperienze che credevo di aver dimenticato.

Ho avuto la sensazione concreta che il pezzo successivo ridefiniva il sen-so che mi ero costruita.

TESTO • codice • informazioni • strutture • impliciti ……………

obiettivo attitudine alla lettura

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Anche in questo caso, è stato interessante il ritorno alle attività di lettura con i bambini proposte in precedenza, per riaffermare la relazione fra testo e contesto, testo e mappe private, decifrazione e capacità di attribuire significa-to, modalità della didattica e mondo dei bambini.

Per concludere, mi sembra di poter condensare l’esperienza comune in due osservazioni complessive:

- le insegnanti hanno potuto verificare in vari modi (e lo hanno espres-

so) che la modalità di apprendimento insieme e per scoperta realizza contemporaneamente gli obiettivi dell’imparare e della conoscenza di sé, perché nella relazione i bambini si confrontano e si differenziano; e della crescita sociale, perché si impara a cedere qualcosa di sé, a prende-re qualcosa degli altri, e a farlo proprio.

A costo di andare fuori tema, voglio inserire a questo proposito una brevis-

sima divagazione sulla realtà attuale: oggi sta avanzando una cultura che spes-so equivoca sul significato di individualità, facendolo coincidere con indivi-dualismo, con tutto quello di egocentrato, di competitivo, di diffidenza verso l’altro, di isolamento (e di solitudine) che quest’ultima accezione comporta. Il collegamento può sembrare azzardato, ma credo che i modi della scuola ab-biano il dovere, e la possibilità, di contrastare tale tendenza, offrendo ai bam-bini condizioni di apprendimento e di crescita possibilmente accoglienti, im-prontate all’incontro con gli altri …

- Il secondo punto di attenzione riprende quanto avevo avuto modo di dire a fine agosto, durante il primo incontro, ed è l’elogio della quoti-dianità, che non vuol dire monotonia, la ripetizione del sempre uguale, ma piuttosto valorizzazione delle situazioni dello stare insieme, pun-teggiate, è chiaro, dagli “attesi imprevisti” di Perticari. In questo caso la vita a scuola si fa storia, del gruppo e dei singoli bambini; e qui il cer-chio si richiude ed entra nella giusta prospettiva il codice scritto, che permette la comunicazione, conserva, fa memoria.

Una delle proposte che sono state più apprezzate dai bambini, è più

un’abitudine, quasi un rito dello stare insieme: l’abbiamo chiamata AULA PERCORSO DELLA MEMORIA.

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PARTE TERZA Le radici e le ali

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Prevede che un’attività piuttosto usuale, quella di esporre i lavori sulle pa-reti, sui tavoli …. sia organizzata insieme ai bambini con un’intenzionalità particolare: a disegni e scrittura è assegnato il compito di CONSERVARE I RICORDI di quello che non si vuole perdere. A intervalli, e con una sceneggia-tura concordata, va in scena il gioco del IO VOGLIO RICORDARE … I bam-bini, dopo aver passato in rassegna la “loro storia”, scelgono un evento - pro-prio come si fa in libreria quando ci si orienta su “quel libro” fra tante possibi-lità - si fermano, e “leggono” ai compagni la situazione scelta. Che può essere rappresentata anche da un oggetto, nel qual caso il racconto, se piace agli altri, può diventare TESTO SCRITTO da aggiungere al percorso.

Ho dato un titolo alla relazione. È un’espressione, forse il nome di un’associazione, non ricordo quale, che mi è rimasta impressa in questi ultimi giorni sfogliando un giornale: LE RADICI E LE ALI. Mi piace, perché rappre-senta quello che secondo me la scuola dovrebbe dare ai bambini: le radici, che affondano nella conoscenza, di sé e degli altri, nel sapere. E le ali, per immagi-nare e inventare e per essere liberi.

Sono complementari, servono tutte due. Tornando alla nostra attività, nel piccolo orticello dell’approccio alla lettura e scrittura, abbiamo cercato di col-tivarle entrambe, le radici – codice, con le proprie regole e convenzioni; e le ali-senso, che permettono di volare nei territori delle storie vere e di quelle immaginate.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Punti di attenzione di Patrizia Bortolotti

Premetto che l’esperienza di lavoro che ha visto a confronto insegnanti di due ordini di scuola, la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, è stata per me molto importante, sia come conduttrice, sia come insegnante di scuola e-lementare. Lo scambio concreto e costruttivo di opinioni nel gruppo ha costi-tuito un arricchimento reciproco sul modo di lavorare con i bambini.

Il fare laboratorio insieme ha permesso di arricchirci nella programmazio-ne di attività, nella verifica dei risultati, nel confronto delle idee sul materiale prodotto, confronto che non ha risparmiato discussioni animate, ma costrut-tive.

Al di là della soddisfazione a livello personale e professionale, vorrei qui sollecitare la vostra attenzione su alcuni elementi nodali emersi durante l’attività.

Innanzitutto é importante chiarire il ruolo che deve avere l’insegnante, quando propone ai bambini le attività di laboratorio. Nei gruppi abbiamo no-tato, talvolta, difficoltà, da parte degli insegnanti proprio nel chiarire e definire il ruolo da svolgere nella fase di applicazione delle proposte laboratoriali. Nelle attività che avete realizzato, a volte, non è stato compreso il ruolo che deve svolgere l’insegnante, non è stato chiaro come l’insegnante si debba porre all’interno delle attività con i bambini.

“Quando proponiamo delle attività di laboratorio ai bambini cosa e quanto devo chiedere loro?” È questo un interrogativo emerso frequentemente nell’attività di laboratorio. La chiarezza rispetto a quali siano gli obiettivi e le finalità delle attività é fondamentale, fin dalle prime fasi di preparazione del lavoro. Spesso durante gli incontri di laboratorio si è cercato di chiarire anche teoricamente “cosa mi propongo di fare nell’attività”. Per questo sono stati proposti, come traccia di lavoro e verifica in itinere, quesiti portanti, sui quali si è anche discusso animatamente e che sono serviti tantissimo, perché hanno permesso di chiarire i presupposti e il tipo di preparazione che l’insegnante deve avere, quando propone delle attività ai bambini. Così, ad esempio, prima

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PARTE TERZA Punti di attenzione

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di avviare un’attività, è necessario chiedersi: “Che cosa mi propongo di fare in questa attività? Quali sono le mie aspettative al riguardo?”

Altre domande da porsi sono le seguenti: “Le attività proposte sono in linea con gli obiettivi che io avevo in mente all’inizio e che ho stabilito di raggiunge-re? Le richieste che pongo al bambino sono troppo alte?”

A volte ci siamo resi conto che l’obiettivo era troppo alto rispetto alle com-petenze reali dei bambini. Soprattutto le insegnanti della scuola dell’infanzia hanno dovuto cercare talvolta di calibrare meglio le richieste, centrandole non troppo sul codice, prestando piuttosto attenzione proprio al lavoro che la mente del bambino stava facendo in quel momento e alle scoperte che si rea-lizzavano.

In altre occasioni si è rilevato che anche il modo di formulare le consegne e le richieste, le modalità di proporre le attività, indirizzavano i bambini in dire-zioni diverse e con dei risultati che si rivelavano completamente differenti da quelli proposti all’inizio in laboratorio dalle coordinatrici. “Le richieste che ho posto sono fuorvianti?” è pertanto un altro quesito che è importante porsi.

È inoltre fondamentale chiedersi: “Come sta lavorando la mente de bambi-no?” Questo è l’aspetto più complesso da acquisire, semplicemente perché non è nostra abitudine cercare di capire come il bambino sta ragionando, qua-li siano i passaggi che compie la sua mente, quali siano i collegamenti effettuati o ipotizzati. Per l’insegnante soffermarsi nella valutazione su questo aspetto cognitivo è importante perché saprà in seguito portare i bambini ad un pro-cesso di metacognizione, al sapere di saper fare. L’atto di scrittura e di lettura, come sottolineava Mara nella sua relazione, è non tanto il risultato finale quanto quel processo che fa la mente, e su questo, l’insegnante deve focalizzare il proprio lavoro di valutazione.

Un dubbio ricorrente che emergeva nelle discussioni di verifica all’interno dei gruppi, era quello concernente lo spazio che si deve lasciare alla spontanei-tà dei bambini; questo dubbio ha poi generato altre domande: “…ma se il bambino mi dice questo, io, come insegnante, come mi pongo di fronte alla sua spontaneità? Ho il diritto, ho l’impegno di limitarlo nella sua espressione? Si tratta di interrogativi che hanno portato a chiedersi: “Fino a che punto c’è la libertà di espressione del bambino? Fino a quanto come insegnante devo dare un percorso ben definito?”

Si potrà fare un’osservazione al riguardo: nella progettazione dell’attività, se ho chiarezza riguardo ai presupposti teorici e agli obiettivi che intendo rag-

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giungere attraverso delle proposte di lavoro in cui i bambini si confrontano, collaborano e progettano assieme soluzioni e materiali, la libertà di espressio-ne è salvaguardata proprio da queste modalità di lavoro centrate sullo scambio di idee.

È il dibattito che il bambino apre con i suoi compagni che porta alla circo-larità delle idee, alla crescita, alla modifica, alla realizzazione di un progetto iniziale. Le discussioni tra i bambini spesso sono viste come una perdita di tempo oppure come qualcosa che non ha una finalità ben precisa. Invece, quello della discussione è un momento molto importante perché l’espressione libera e la spontaneità sono arricchite proprio dal confronto che i bambini fanno tra loro.

Nella preparazione dell’attività è, inoltre, importante riflettere sulla coeren-za: che cos’è, come realizzarla e come indurre le inferenze che i bambini por-tano ai quesiti che io pongo, alle immagini che abbiamo proposto, all’interno del contesto ben preciso di lavoro e, soprattutto, la centratura del compito.

Nel laboratorio, soprattutto all’inizio del percorso, l’insegnante sembrava più attento all’aspetto estetico del prodotto che non al processo. Via via, negli ultimi due incontri, le insegnanti si sono mostrate invece molto più “mirate”, grazie soprattutto al fatto di aver cominciato a documentare le attività con le registrazioni. In modo particolare, queste hanno permesso, all’interno dei la-boratori, di discutere, analizzare i comportamenti, chiarire dubbi e sollecitare alcuni approfondimenti teorici fondamentali per un salto di qualità professio-nale.

Lo scambio ed il confronto laboratoriale tra insegnanti sulle diverse espe-rienze realizzate hanno permesso inoltre di far emergere tutti quei dubbi che sorgono a livello disciplinare e di metodo e sull’aspetto psicologico di risposta da parte del bambino. Si tratta di tre aspetti che vanno monitorati sempre in-sieme se si vuole realizzare una verifica approfondita delle attività svolte con i bambini: d’altra parte la conoscenza della disciplina porta a saper meglio con-trollare il processo cognitivo ed emozionale che si richiede al bambino.

Per capire meglio l’importanza di queste registrazioni, nella documenta-zione del nostro lavoro, vi presento uno stralcio di un’attività sul testo narrati-vo svolta da una collega in una scuola dell’infanzia. Il testo narrativo che ab-biamo proposto all’interno del quarto incontro di laboratorio, va costruito utilizzando immagini che vengono presentate, una alla volta, ai bambini. Le immagini devono essere particolarmente coinvolgenti per far scaturire ipotesi

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PARTE TERZA Punti di attenzione

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ed inferenze. In questo caso l’insegnante ha utilizzato quattro immagini di Pandi, l’orsetto1.

Questo lavoro è davvero prezioso e ha sollevato una discussione anche all’interno del laboratorio: discutendo sulla registrazione fatta dall’insegnante il gruppo si è reso conto di come a volte i bambini siano stati limitati dall’intervento dell’adulto. La collega stessa ha ammesso che “… l’obiettivo che io ho raggiunto è stato di un certo tipo, non era quello che avevo in men-te”.

Il lavoro inizia con l’insegnante che invita i bambini ad esprimere quello che vedono nel disegno: alcuni di loro sono molto precisi, mentre altri descri-vono l’immagine in modo molto approssimativo. In qualche occasione sorgo-no delle vere e proprie discussioni riferite ad alcuni particolari.

Vi leggo alcune frasi del verbale scritto dalla collega mentre si svolgeva l’attività:

Giulio: “Non è un cancello, è un recinto. Certi recinti sono di legno, certe case hanno questi recinti”.

Davide invece ribatte: “No, non è un cancello di ferro, è un recinto intorno alla casa, ci eravamo sbagliati”. I bambini prima avevano detto che questi erano dei funghetti anche se

qualcuno aveva obiettato, ma senza successo: “Di solito in inverno non ci sono funghi, sarà un mucchietto di neve!” Qui già il bambino inizia a dire che: “c’è stato uno sbaglio prima da parte nostra”.

Un altro bambino dice: “Sono funghi ghiacciati”.

Beatrice: “No, un funghetto ricoperto dalla neve”.

Davide: “Forse Pandi ha fatto un funghetto di neve”.

Adesso si passa alla fase in cui il bambino, basandosi sull’immagine, inco-

mincia a inventare e a descrivere quello che, secondo lui, accadrà successiva-mente nella storia. L’insegnante propone una seconda immagine.

1 La documentazione dell’attività è riportata integralmente in coda all’intervento alla pag. 162.

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Vi chiederete perché abbia scelto proprio questo pezzo della registrazione, qui si vede come l’insegnante passi subito all’immagine successiva, senza pre-occuparsi di quello su cui stavano discutendo i bambini. Essi, infatti, che sta-vano ragionando sui funghetti, iniziavano a fare una co-costruzione del signi-ficato, che non è tanto una lettura di immagini, ma è un confronto di quelle che sono le ipotesi e le inferenze che i bambini fanno.

In questi momenti molto ricchi, in cui i bambini espongono le proprie ide-e, l’insegnante dovrebbe cercare di lasciarli liberi, di lasciare loro un certo spa-zio, in modo da favorire una circolarità di idee, la più ricca possibile. Questo è fondamentale se crediamo che l’atto di scrittura sia una pianificazione, la rea-lizzazione di un progetto. Lo stesso accade anche con noi adulti quando af-frontiamo un atto di scrittura: ci prepariamo un’idea, iniziamo a farla in brut-ta copia, cancelliamo e via dicendo. I bambini, come noi adulti, hanno biso-gno di passare attraverso tutte queste fasi, pertanto lo spazio che deve essere lasciato in questo momento di progettazione è legittimo.

È importante, anche, che durante il tempo dedicato alla co-costruzione, l’insegnante intervenga per eliminare gli elementi che sono fuorvianti, perché i bambini devono anche abituarsi alla coerenza, ad impegnarsi in un lavoro, a rimanere centrati su quella che è stata la consegna di lavoro. Nel caso del testo narrativo la consegna di lavoro era che cosa succede? e che cosa accadrà dopo?

Da sottolineare anche l’attenzione e la pazienza perché siamo convinti, an-che supportati da contributi scientifici, che certe attività, sia per l’atto di scrit-tura, ma anche per quanto riguarda l’atto di lettura, devono essere fatte fino in fondo, senza preoccuparsi, per esempio, che si tratti di tempo perso. Si pensi ad esempio a quelle attività proposte in cui si è chiesto ai bambini: “A che cosa serve leggere?” oppure “A che cosa serve scrivere?” Le risposte dei bambini of-frono materiale utilissimo per saper quale sia il livello di partenza dei bambini nell’alfabetizzazione, costituisce il terreno stesso su cui fondare il percorso di avvicinamento alla lettura e alla scrittura. È un’attività, certamente, che richie-de tempi lunghi, spazi per lasciare i bambini discutere, disegnare o rappresen-tare le loro idee.

Vorrei proporre le risposte che i bambini di una prima elementare, durante la prima settimana di scuola, hanno dato alla domanda “A che cosa serve leg-gere?”

Ho diviso le risposte dei bambini in gruppi.

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PARTE TERZA Punti di attenzione

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Gruppo 1, lettura come promozione:

• Perché se non si sa leggere si diventa asini. • Leggere serve perché se leggi diventi grande. • Ad imparare tutto quello che vuoi. • Per imparare a scrivere presto. I bambini di questo gruppo iniziano a fare una promozione ancora rivolta

su se stessi. Gruppo 2, lettura autoreferenziale:

• Leggere serve per imparare le lettere. • Serve per imparare a leggere le frasi. • Per imparare le cose di scuola. In questo caso la lettura è strettamente limitata al codice alfabetico. Gruppo 3, lettura funzionale:

• Leggere per non stufare la mamma (quindi è in gioco anche una questione relazionale ed affettiva, con le persone adulte).

• Serve per leggere il giornale. • Per leggere le lettere del papà lontano. • Se uno legge capisce quando fermarsi al McDonald. • Leggere i segnali se ci troviamo in Francia (qui c’è anche il discorso

di capire l’importanza del codice anche in luoghi stranieri). • Per leggere quello che scrivono le maestre e per vedere che cosa hai

sbagliato (ritorna il discorso del rapporto con l’adulto e con le isti-tuzioni scolastiche).

• Per leggere le carte importanti. • Per leggere gli orari del cinema. • Per leggere la robba (bambino napoletano) se qualcosa è privato

(contesto di qualcosa che è segreto).

Si tratta di un gruppo molto vasto e variegato. Dalle risposte si capisce co-me i bambini si portino dietro la ricchezza del loro vissuto, delle loro idee. I bambini hanno già convinzioni e teorie ben precise su quel che sia il codice scritto. Si portano, anche, appresso un contesto in cui hanno sviluppato dei

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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modelli, degli script, dei comportamenti. Partire da quanto è in loro radicato e dalle storie che portano con sé, quando entrano a scuola, è per noi una ric-chezza e un modo per legittimare tutto questo vissuto.

La ricchezza e la varietà delle risposte ci danno ragione anche di un altro aspetto sul quale come conduttrici insistiamo nei laboratori: la partenza dell’alfabetizzazione è basata sulla funzionalità, sul valore funzionale della let-tura e della scrittura.

Gruppo 4, lettura come atto autoreferenziale:

• Leggere serve per entrare nelle storie. Questo bambino ha già un’idea molto più matura della lettura, ma è un so-

lo bambino all’interno della classe. Riassumendo, l’idea della lettura come atto referenziale è molto limitata e

ed è molto più sviluppato invece il discorso della funzionalità della lettura. Questo è fondamentale per noi, perché ci fa capire intanto quanto sia oppor-tuno partire da quello che i bambini hanno già costruito, dalle competenze che vanno sondate e valorizzate.

Tutte le attività proposte sull’aspetto fonologico e le domande sulla scrittu-ra e sulla lettura sono servite, soprattutto, per vedere da dove è il caso di parti-re. Anche voi avete svolto queste attività e per alcune di voi è stata anche una sorpresa: vi ha stupito il fatto che i bambini avessero già delle idee così ben strutturate sulla lingua.

Le domande sulla scrittura e sulla lettura hanno, infatti, lo scopo di recupe-rare le conoscenze e le teorie già possedute per agganciarle alle nuove espe-rienze cognitive che i bambini devono costruire, rendendoli protagonisti mol-to attivi di questo processo di costruzione delle conoscenze. Sono queste atti-vità che fanno da ponte tra quello che i bambini si portano a scuola e quello che invece devono imparare.

Vorrei sottolineare l’importanza di portare i bambini a riflettere sulla fun-zione della lettura; si tratta di un’attività grazie alla quale si abituano a fare metacognizione, a riflettere su quello che serve, ma anche su come si arriva a leggere o scrivere.

Tutto il discorso sullo scopo, sul destinatario, sul lavoro di pianificazione, sulla scelta delle parole, tutto il lavoro di riflessione che i bambini sono portati

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PARTE TERZA Punti di attenzione

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a fare alla scuola elementare, come si è visto in laboratorio, può essere avviato già nella scuola dell’infanzia.

Fondamentale è il discorso della socializzazione. Il confronto tra i bambini, il discutere porta ad imparare. È un momento irrinunciabile nella conduzione delle attività con i bambini. Diventa socializzazione di idee, ma anche di vissu-ti, di emotività. È una ricchezza su cui noi dobbiamo fondare il nostro stile di lavoro, perché altrimenti ritorniamo a dare più importanza a quello che è il risultato, inteso però come oggetto, sterile prodotto fatto, bello, strutturato, ma che non ha la ricchezza del confronto tra i bambini.

Ritorno, infine, all’importanza per gli insegnanti di lavorare in laboratorio, “il luogo” dove si agganciano varie esperienze, varie attività, si discutono, si propongono e si sperimentano modalità di lavoro diverse. Nel laboratorio s’impara anche partendo dalle cose che abbiamo sbagliato, dalle esperienze che dobbiamo rettificare o dobbiamo discutere di nuovo insieme. Documentazione dell’attività Scuola dell’infanzia di Bolognano –Vignole – Masi Situazione iniziale: Inventiamo una storia. Attività svolta durante il pomerig-gio con un gruppo di bambini formato da 11 bambini: otto grandi e tre medi. Materiali: le quattro immagini di Pandi.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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L’insegnante propone ai bambini di inventare una storia con l’aiuto di

quattro immagini proposte una alla volta. I bambini cominciano a dire le loro idee.

Inizialmente l’insegnante chiede se conoscono il personaggio rappresentato dall’immagine (Pandi): Riccardo, Michelle, Simone, Beatrice non conoscono Pandi.

L’insegnante invita poi i bambini a turno a descrivere quello che vedono nel disegno.

In questa fase alcuni bambini sono molto precisi, mentre altri descrivono l’immagine in modo approssimativo. In qualche occasione ci sono delle di-scussioni riferite ad alcuni particolari (cancello/steccato, fungo, porta/albero).

Giulio: Non è un cancello, è un recinto, certi recinti sono di legno. Certe case hanno

questi recinti.

Davide: Non è un cancello di ferro. È un recinto intorno alla casa, c’eravamo sba-

gliati. Di solito in inverno non ci sono i funghi, sarà un mucchietto di neve.

Marco: Sono funghi ghiacciati.

Beatrice: Un funghetto coperto dalla neve.

Davide: Forse Pandi ha fatto un funghetto di neve.

Si passa alla fase dove il bambino, basandosi sull’immagine, incomincia a

descrivere quello che succede nella storia che inventerà. L’insegnante propone una seconda immagine; i bambini, a turno, descri-

vono quello che vedono e l’insegnante rilegge loro ciò che hanno detto e li in-vita a continuare. In questa fase i bambini raccontano, tralasciando spesso di

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PARTE TERZA Punti di attenzione

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dire il soggetto (protagonista) dandolo per scontato. Per questo l’insegnante spesso deve intervenire.

La storia continua, i bambini sono entusiasti. Li invita a mettersi in semi-cerchio. Subito chiedono che cosa vuol dire: allora scoprono che ha la stessa forma della lettera C.

Riccardo: Ha la forma della lettera del mio nome.

Marco: Anch’io ce l’ho.

Davide: Se ne mettiamo due diventa una O.

Giulio: Una O.

Simone: Anch’io.

Davide: Se ci mettiamo una riga diventa quella del mio nome.

Nadin: Anch’io ce l’ho.

Riccardo: Nel mio nome ci sono tutte.

Dopo un po’ di tempo interviene l’insegnante e fa proseguire la storia. In questa fase i bambini incontrano difficoltà a fare i collegamenti da un’immagine all’altra. L’insegnante interviene per aiutarli, facendo loro do-mande del tipo: Cosa stava facendo Pandi? Ora che cosa fa? Perché? Come mai? È giusto così? Ti sembra che possa andare?

L’insegnante rilegge la storia di ciascun bambino e mostra la quarta imma-gine.

I bambini chiedono:

Riccardo: Nel mio nome ci sono tutte. È l’ultima?

Stefano: Forse.

Nadin: Mi sembra di sì.

Beatrice: Io sono stufa.

Davide: Ce ne sono ancora maestra?

L’insegnante risponde: “Vediamo …. Decidete voi …. Può darsi” I successivi racconti sembrano dare una fine alla storia. L’insegnante fa vedere ai bambini la loro storia completa, rappresentata

graficamente, riordinata e con le didascalie scritte con le loro parole. I bimbi

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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ne sono molto entusiasti, soprattutto del fatto che abbia riportato proprio le loro parole; chiede loro se così è abbastanza completa o se manca ancora qual-cosa. I bambini rispondono: Davide: Bisogna fare la copertina.

Simone B.: Manca l’etichetta.

Davide: Manca la foderina.

Simone P.: Mancano le scritte quelle da leggere.

Giulio: Le lettere se mai.

Davide: Per capire di che cosa si parla.

Dopo un po’ di scambio di idee nessuno riesce a dire che manca il titolo,

allora interviene l’insegnante e spiega che cos’è il titolo e stimola i bambini, rileggendo tutte le nove storie, a dare loro un titolo.

I bambini propongono i seguenti titoli:

Davide: PANDI SI DIVERTE.

Simone: PANDI TROVA UN AMICO.

Michelle ha qualche difficoltà, esce un po’ dal tema, viene aiutata dalla maestra con

qualche suggerimento, leggendo i titoli degli altri: PANDI SI DIVERTE CON GLI AMI-CI.

Giulio: PANDI SI FA UNA CASA.

Riccardo: PANDI SI È PERSO.

Simone P.: PANDI GIOCA CON LA NEVE.

Marco: PANDI SI COSTRUISCE UNA CASA CON I SUOI AMICI.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Il punto di vista dei docenti di Maria Luisa Pollam

Il lavoro presentato nelle pagine precedenti è stato reso possibile per il fatto che, fin dall’inizio, si è pensato alla documentazione; per questo sono stati puntualmente registrati, trascritti e rielaborati sia gli interventi fatti dagli e-sperti nella fase iniziale, sia i momenti di confronto tra i gruppi, e sono stati raccolti e riorganizzati i materiali utilizzati nei laboratori e quelli prodotti in classe con i bambini.

Le preziose annotazioni sull’attività svolta sia da parte delle conduttrici dei laboratori, sia da parte degli insegnanti coinvolti ci hanno permesso non solo di avere, alla fine del percorso, la restituzione di un prodotto, ma anche di re-cuperare elementi di processo utili a meglio comprendere l’esperienza fatta.

Con questo spirito e in quest’ottica si è ritenuto di raccogliere anche osser-vazioni personali da parte dei docenti sull’intero percorso, così da offrire di tale esperienza più sfaccettature, più punti di vista.

Per recuperare la loro voce rispetto ad essa e a quello che è accaduto nei due gruppi e durante l’intero percorso, durante l’ultimo incontro, è stata pro-posta la seguente attività.

Su dei post-it di diverso colore gli insegnanti sono stati invitati a esprimersi rispetto al percorso fatto, scrivendo qualcosa su uno o più (non necessaria-mente su tutti) dei seguenti quattro punti:

1. un apprendimento; 2. una scoperta, cioè qualcosa cui non avevano mai pensato, che è stato u-

tile scoprire e rispetto al quale hanno acquisito delle consapevolezze; 3. un consiglio per una collega che volesse decidere di proporre ai bambini

delle attività, dei percorsi che essi hanno fatto; 4. una questione che vorrebbero approfondire. Di seguito si riportano le risposte degli insegnanti e qualche breve com-

mento da parte di Franca Rossi. Per quanto riguarda il primo punto, un apprendimento, gli insegnanti

ritengono di:

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PARTE TERZA Il punto di vista dei docenti

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• aver appreso un nuovo approccio alla lingua scritta per i bambini della scuola dell’infanzia (che era poi il tema del percorso) e nuove modalità di avvicinamento alla scrittura e alla lettura partendo dal vissuto dei bambini;

• aver compreso il valore della discussione come punto di partenza di percorsi didattici validi ed efficaci;

• aver avuto supporti di lavoro molto utili e coinvolgenti per attivare continuità;

• aver conosciuto un metodo nuovo per proposte giocose, significati-ve sui contenuti della continuità;

• aver consolidato delle conoscenze; • aver imparato ad interrogarsi sul ruolo di insegnante all’interno del

gruppo; • aver fatto, grazie anche alla ricchezza della conduttrice,

un’esperienza diversa di laboratorio, e di aver ricevuto un aiuto nel mettere più attenzione a ciò che viene fatto, offrendo nel contempo anche uno stimolo per approfondire individualmente il tema af-frontato;

• aver acquisito una maggiore consapevolezza di saper ascoltare, regi-strare e discutere insieme ai bambini su un argomento specifico. La discussione, dando tempi e spazi adeguati, rafforza e stimola il bambino a confrontarsi, a far crescere nel gruppo una maggiore consapevolezza di sé e a dare spazio alle proprie idee.

Ricorrono nelle riflessioni degli insegnanti cose importanti quali la consa-

pevolezza rispetto alle scelte, l’attenzione al tempo, al rispetto delle costruzioni mentali e dei processi di scoperta del linguaggio scritto di ogni bambino.

Per quanto riguarda le scoperte, quello sulla lingua scritta è stato secondo gli insegnanti un percorso interessante sia per i bambini che per loro stessi che non conoscevano tale tipo di approccio.

Tra le scoperte gli insegnanti annotano: • le attività laboratoriali condotte alla scuola materna; • una maggior consapevolezza del percorso di apprendimento della

lettura e scrittura nel bambino;

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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• non bisogna correggere i primi segni grafici che per noi non hanno alcun significato, ma per i bambini è scrittura, hanno un significato, è solo che noi non riuscivamo a coglierlo;

• lavorare con i bambini nel modo suggerito dal corso: è stato mo-mento di riflessione, di chiarezza, di consapevolezza, non sottovalu-tare, ma dare la giusta importanza e il giusto spazio a tutti gli inter-venti (di bambini e insegnanti) che spesso non vengono approfon-diti e individuati;

• la “bellezza” di lavorare insieme (materne ed elementari); • ho scoperto che i bambini di 5 anni hanno delle conoscenze sulla

scrittura assai approfondite e che possono emergere in diverse atti-vità;

• ho scoperto che i bambini scrivono spontaneamente liberamente senza difficoltà;

• mi è piaciuto tanto conoscere il percorso di apprendimento della lingua scritta che finora non avevo avuto l’opportunità di appro-fondire; ora osservo con un’altra ottica il bambino quando traccia lettere a modo suo sopra un foglio;

• ho riscoperto attività scontate e sottovalutate e quindi riproposte in chiave più proficua;

• ho riscoperto il valore del tempo dedicato alla ricerca comune; • la lettura e la scrittura non è solo decodificazione dei codici; • maggior presa di coscienza dell’utilità del percorso che precede le

competenze di lettura e scrittura; • ho scoperto che, dove esiste, la continuità tra i due ordini di scuola

costituisce un vantaggio per i bambini. Emerge da alcune osservazioni (la lettura e la scrittura non è solo decodifi-

cazione dei codici; maggior presa di coscienza dell’utilità del percorso che pre-cede le competenze di lettura e scrittura; la riscoperta del valore del tempo de-dicato alla ricerca comune) l’immagine dell’insegnante ricercatore.

In qualche passaggio (riscoperta delle attività scontate e sottovalutate, quindi riproposte in chiave più proficua) viene anche riscoperto il valore delle piccole cose di ogni giorno (elogio della quotidianità) ma anche l’importanza di avere degli strumenti in più per “leggere” e “capire” il bambino (Mi è pia-ciuto tanto conoscere il percorso di apprendimento della lingua scritta finora

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PARTE TERZA Il punto di vista dei docenti

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non avevo avuto l’opportunità di approfondire perché ora osservo con un’altra ottica il bambino quando traccia lettere a modo suo sopra un foglio. Ho scoperto che i bambini di 5 anni hanno delle conoscenze sulla scrittura as-sai approfondite e che possono emergere in diverse attività. Ho scoperto che i bambini scrivono spontaneamente e liberamente senza difficoltà).

Si evidenziano, rispetto al percorso fatto, anche consapevolezze rispetto all’importanza di dare spazio all’individualità, ai modi e ai tempi di appren-dimento dei bambini.

La consapevolezza è un termine ricorrente ed è questo un fatto molto im-portante, soprattutto perché non riguarda soltanto i prodotti, riguardo ai quali questo tipo di consapevolezza c’è sempre stata e non era quindi da costruire. Quella che emerge dalle osservazioni degli insegnanti è invece, ed è questo un elemento molto positivo, una consapevolezza verso i processi. Si tratta di una consapevolezza che si è sviluppata probabilmente grazie alla metodologia del laboratorio, che è una metodologia di ricerca. Le riflessioni sulle trascrizioni, sugli elaborati dei bambini, sulle loro reazioni implicano un atteggiamento di ricerca: fatta un’ipotesi, ti aspetti delle cose, le provi, le progetti, le realizzi e poi vai a vedere cosa è successo.

Per quanto riguarda il terzo aspetto questi, oltre a quello ripetuto più volte di fare un corso analogo, i consigli che gli insegnanti danno sono di:

• non avere fretta di raggiungere il codice, dare tempo all’apprendimento;

• documentarsi e cercare di seguire un percorso analogo; • rispettare i tempi dei bambini; • frequentare un corso di questo tipo per capire che non si tratta di

anticipazione; • considerare l’opportunità, la necessità, l’importanza da parte dei

docenti dei due ordini di scuola di frequentare lo stesso laboratorio per la realizzazione di una vera continuità;

• tener conto del vissuto del bambino in ogni attività didattica; • leggere e documentarsi per conoscere l’argomento.

Il riferimento al documentarsi e al leggere suona un po’ strano dal momen-

to che c’è molta letteratura sull’argomento, ma va letto forse in un altro senso: il cambiamento passa per la riflessione, per la ricerca, per la capacità di docu-

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mentare ed è allora che le letture aiutano perché si riconosce nei contributi scientifici, nei contributi di ricerca quello che si è sperimentato nella pratica con i bambini.

Tra le questioni da approfondire: • Una questione che vorrei approfondire è senz’altro quella di avere

maggiore passaggio e dialogo tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, due realtà che corrono su due binari completamente diversi. Alla scuola dell’infanzia si dà modo al bambino di farsi co-noscere, alla scuola elementare no, si dialoga molto poco e si scrive e si studia tanto, si va avanti solo a verifiche da ottobre a maggio. Io penso che, almeno nei primi mesi, la scuola elementare dovrebbe favorire lo scambio e il dialogo tra bambini e poi tra insegnanti e bambini.

• L’importanza di frequentare lo stesso laboratorio per la realizzazio-ne di una vera continuità.

• L’importanza di soffermarsi sulle costruzioni della conoscenza e di dare input ad ogni bambino per il suo raggiungimento (della cono-scenza).

• Necessità di approfondire e concretizzare le attività strettamente legate all’apprendimento della lingua in continuità reale con la scuola dell’infanzia ed elementare, collaborando alla costruzione di un curricolo.

• Le dinamiche dei processi cognitivi che spesso si danno per sconta-te.

• Tempi più lunghi per riprendere alcuni passaggi problematici. • Continuare il corso per riprendere alcuni temi problematici che an-

drebbero ulteriormente approfonditi.

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Riflessioni sui lavori dei laboratori di Franca Rossi

Il materiale prodotto all’interno dei laboratori è molto eterogeneo, come sempre succede quando si mette a lavorare insieme un gruppo di insegnanti di ordini di scuola diversi.

Attraverso quel materiale ho voluto leggere le diverse esperienze tenendo in considerazione alcuni aspetti e riprendendo alcuni temi ricorrenti che vi resti-tuisco come punti di riflessione sull’esperienza fatta e come punti d’attenzione sull’intera proposta. LA CONTINUITÀ Insegnanti di scuola dell’infanzia e insegnanti di scuola elementare condivido-no l’idea della continuità, così complessa e così difficile da realizzare.

Facciamo continuità perché ci raccontiamo quello che fa ognuno? Faccia-mo continuità perché alla fine dell’anno il gruppo dei piccoli va a visitare la scuola elementare e conosce le insegnanti che si ritroverà a settembre?

Fare continuità sulla lingua scritta è una cosa decisamente più complicata. Siamo d’accordo sul fatto che il bambino ha uno sviluppo continuo; nessuno nega che ci siano dei balzi in avanti, dei ritorni indietro, però diciamo che il tutto avviene in una certa continuità.

Perché, perché puntiamo verso la continuità? Perché non ci sono ragioni che giustifichino una discontinuità. Nessuna

teoria sostiene dal punto di vista pedagogico la discontinuità, per questo biso-gna optare per una direzione di continuità. Pertanto la discontinuità e le frat-ture che esistono tra gli ordini di scuola non hanno un fondamento scientifi-co, ma hanno un fondamento di tipo diverso, storico, economico, ma sicura-mente non poggiano su basi né psicologiche, né psicopedagogiche.

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PARTE TERZA Riflessioni sui lavori dei laboratori

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ANTICIPARE LO SVILUPPO Qual è il compito della scuola? Qual è il compito dell’educazione? È quello di seguire lo sviluppo oppure quello di anticipare lo sviluppo?

Seguire lo sviluppo significa aspettare che il bambino sia pronto per impa-rare.

Nel caso della lingua scritta si traduce nell’aspettare che il bambino abbia una buona coordinazione occhio-mano prima di presentare le lettere, aspetta-re che impari le lettere prima di farlo scrivere, aspettare che sia in grado di scrivere autonomamente per lavorare sui testi. Viceversa è auspicabile che l’educazione anticipi lo sviluppo. Che cosa significa? Anticipare lo sviluppo significa che l’insegnante deve conoscere così bene i bambini dal punto di vista emotivo, cognitivo ecc, per poter riuscire a proporre un’attività in cui si è sicu-ri che una parte dell’attività è padroneggiata e che c’è una parte nuova. Si anti-cipa lo sviluppo fornendo il supporto del gruppo e la mediazione dell’insegnante.

Questa è una cosa difficile da realizzare, perché per esempio molte delle at-tività che vengono proposte a scuola non sono ben calibrate, sono o troppo facili o troppo difficili. LA PREISTORIA DEGLI APPRENDIMENTI Altro elemento importante, già introdotto da Mara e da Patrizia, è che un gruppo che lavora sulla continuità sicuramente condivide in modo forte l’idea che ogni insegnamento ha una sua preistoria.

Nessuno pensa che i bambini non sanno niente, i bambini sanno tante cose prima di iniziare qualsiasi insegnamento e i questionari e le interviste che sono stati utilizzati con i bambini hanno messo in luce questo. Le conoscenze che i bambini hanno, che non sono prerequisiti, vengono prima di, rappresentano proprio l’origine di una conoscenza.

Facciamo un esempio relativo alla lingua scritta che è il tema che ci interes-sa. Nessuno di voi nega che i bambini hanno delle conoscenze che si sono co-struite in modo proprio, autonomo, al di fuori del contesto scolastico, che queste conoscenze sono importanti ecc, però poi, nel momento di pensare le attività, un percorso, un progetto, in realtà non vengono sempre considerate.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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IL BAMBINO COME COSTRUTTORE DELLA CONOSCENZA Il bambino non deve solo acquisire conoscenza, ma l’atteggiamento forse

più giusto, più rispettoso dell’individualità e della complessità dei bambini, è proprio quello di assumere un atteggiamento di costruzione della conoscenza. Che differenza c’è tra pensare alla conoscenza come qualcosa che può essere costruito e come qualcosa che invece deve essere trasmesso.

Se penso che una conoscenza debba essere trasmessa, anzitutto la penso in una veste abbastanza rigida, esiste la conoscenza e la trasmetto, possibilmente attraverso un messaggio orale, con un insegnamento di tipo tradizionale; se invece penso che la conoscenza possa essere costruita, allora devo scegliere si-tuazioni che permettano ai bambini di costruirsi la conoscenza e su questo la ricerca ci dà delle indicazioni ben precise. È possibile costruire conoscenza at-traverso lo scambio tra pari. Quindi significa creare le condizioni per poter far lavorare i bambini in gruppi più ristretti, che non siano composti da 25.

Gli apprendimenti più significativi sono quelli che si costruiscono insieme e in cui succede tutto quello che hanno detto prima Mara e Patrizia, in cui l’adulto non ha l’attenzione verso il prodotto, ma piuttosto verso il processo. Questo non significa che ognuno dice e fa quello che gli pare e che non si in-travede un obiettivo specifico, ma che l’insegnante si preoccupa piuttosto del fatto che i bambini discutano tra di loro su questioni, su temi importanti.

Si può discutere anche di lingua scritta; in alcune delle vostre attività ci so-no dei bellissimi passaggi in cui questo avviene e non per caso, ma perché l’insegnante non era preoccupata di arrivare alla scrittura del testo, perché l’insegnante ha dato spazio a tutti i bambini, perché l’insegnante è stata brava a individuare quali bambini potevano lavorare insieme.

Una delle questioni che sicuramente unisce scuola dell’infanzia e scuola e-lementare, anche rispetto alla lingua scritta, è l’idea di dove sia la conoscenza.

Sicuramente i bambini, proprio perché figli di sistemi educativi abbastanza tradizionali, all’inizio, quando arrivano a scuola, pensano che la conoscenza stia nella testa della maestra, che le risposte giuste le hanno gli adulti e che loro in qualche modo le devono indovinare e questo vale anche per la lingua scrit-ta, perché quando i bambini rispondono “scrivere serve per riconoscere le let-terine, per imparare le letterine” hanno l’idea che c’è una cosa da imparare che è ben codificata e c’è poco da scoprire e da discutere.

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PARTE TERZA Riflessioni sui lavori dei laboratori

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Se l’insegnante crea delle condizioni diverse all’interno del gruppo, della sezione, della classe, per i bambini cominciano a cambiare anche queste idee. Per cui la conoscenza esiste nel gruppo e la discussione può essere un modo per costruirla e non solo per vedere chi possiede le conoscenze. Questa è già una posizione diversa da quella precedente, questa posizione può appartenere sia alla mente del bambino ma anche dell’insegnante.

Andando avanti si arriva anche a scoprire che alcune conoscenze sono nelle persone, però possono essere scoperte anche attraverso una discussione, che molte altre sono immagazzinate negli attrezzi della cultura, nel caso della lin-gua scritta stanno nei libri, stanno nella possibilità che io scriva liberamente e possa provare a spiegare perché ho scritto in quel modo, stanno nel confronto con le altre scritture dei bambini, stanno nella testa delle persone più colte, nei libri, nelle mappe ecc, quindi non stanno solo nella testa delle persone ma an-che negli oggetti.

Utilizzare la documentazione anche come memoria per il bambino: il bambino può ritrovare delle conoscenze anche nelle cose scritte da altri, gli si possono riattivare delle mappe, degli schemi. E in questo modo i bambini im-parano a capire come costruire conoscenza, quindi cambiano anche una loro teoria, però la possono cambiare soltanto se anche l’insegnante la condivide. IL RUOLO DELLA DISCUSSIONE IN PICCOLO GRUPPO

Rispetto alla discussione, questo sicuramente è l’aspetto più problematico, sia dal punto di vista degli adulti, sia dal punto di vista dei bambini. Dal punto di vista dell’adulto perché il rischio è questo: sono consapevole che intervengo troppo, allora cado nell’eccesso opposto, non intervengo per niente, lascio i bambini liberi di parlare, il che non va bene lo stesso. La difficoltà sta nel tro-vare un ruolo che sia neutro rispetto ai contenuti: io non devo intervenire sui contenuti, in merito ai contenuti che i bambini tirano fuori e mettono sul ta-volo della discussione, devo però intervenire per facilitare lo scambio. Allora le cose che diceva prima Patrizia in cui c’erano i bambini che dicevano tutte quelle belle cose sui funghetti e gli steccati, ecco lì, in quella situazione specifi-ca, l’adulto è stato sensibile nell’accogliere le diverse proposte, idee dei bambi-ni, ma è mancato il passo successivo, quello di sostenere i bambini nella co-struzione di una risposta comune, che non necessariamente sarà quella corret-

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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ta, ma che sarà la risposta che in quel momento è corretta per quel gruppo. Ecco questo è proprio il concetto che è alla base della ricchezza delle discus-sioni: le discussioni sono importanti per i bambini perché i bambini sono co-stretti ad argomentare il proprio punto di vista, non devono solo dire “per me è uno steccato”, ma devono dire perché, devono convincere il compagno che quello è uno steccato, perché in quella storia vale la pena scrivere o raccontare che quello è uno steccato. Questo è il valore aggiunto della discussione, che chiaramente non sostituisce tutte le altre situazioni di apprendimento. Quindi accanto a questa modalità comunque permangono situazioni a noi più fami-liari, in cui l’adulto dice delle cose e il bambino le apprende, in cui il bambino vede fare delle cose e le imita, anche quello è apprendimento.

A scuola tende invece a prevalere la seguente situazione comunicativa: do-mande dell’insegnante, risposte dei bambini e una restituzione dell’insegnante, che in alcuni casi può essere più o meno valutativa. Questa situazione sicura-mente non facilita una costruzione di conoscenze, sicuramente serve per veri-ficare che tipo di conoscenze hanno i bambini, sicuramente serve per consoli-dare le conoscenze che i bambini hanno, sicuramente serve a voi adulti per sa-pere cosa loro sanno, serve molto meno a loro.

Mentre gli insegnanti della scuola dell’infanzia in genere sembrano essere più lontani da una situazione di questo tipo, via via che si va avanti, essa sem-bra essere invece prevalente negli ordini di scuola successivi.

Mentre gli insegnanti della scuola dell’infanzia, meno preoccupati forse del risultato, della produzione, della risposta, normalmente concedono più spazi di discussione vera, rispettano maggiormente i tempi dei bambini, hanno una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli stessi. Più avanti si va negli ordini di scuola, più prevale il secondo modello e l’apprendimento diventa sempre più trasmissione, perché i contenuti sono molti.

Ma anche nella scuola dell’infanzia, dove c’è un’attenzione a partire dall’esperienza dei bambini, alla messa in comune di quella che abbiamo chiamato la preistoria degli apprendimenti, è necessario fare un salto di quali-tà, dando anche ai bambini il credito e la dignità di essere capaci, di essere in grado di gestire la potenza del conflitto che è data dal confronto e dalla discus-sione e quindi di fare ipotesi sul mondo e sulla realtà esterna anche in forma concettuale, in forme ipotetiche. Nella scuola dell’infanzia c’è apertura, ci so-no condizioni di accoglienza e di grande possibilità sul fare assieme ai bambini e quindi sul lasciare che le esperienze dei bambini s’intreccino fra di loro, ma

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PARTE TERZA Riflessioni sui lavori dei laboratori

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non è ancora del tutto consolidato il fatto che i bambini siano capaci di fare, abitualmente e con le parole. È una cultura ancora poco consolidata e poco condivisa sulla quale si deve lavorare senza gli stereotipi di anticipazione, ma in quest’ultima direzione. C’è talvolta anche una sorta di banalizzazione del valore della discussione, per cui sembra che i bambini piccoli possano farlo però la loro non è discussione nei termini in cui è presentata qui, ma è conver-sazione. Quindi tutto è accettato.

Banalizzare il valore della conversazione e della discussione significa bana-lizzare anche la ricchezza e le conoscenze dei bambini e la loro capacità di ar-gomentare, abilità che, anche se un po’ confusamente, i bambini hanno anche quando sono molto piccoli. Se il frutto di una conversazione è banalizzato e ritenuto “da piccoli” non porta in nessun luogo se non nel far star bene i bambini, nel farli conoscere reciprocamente, nel farli esprimere, però tutto fi-nisce lì.

Come insegnanti è importante allora riuscire a capire le potenzialità educa-tive della discussione e della relazione, riflettendo sul fatto che è nella relazione che il bambino costruisce anche se stesso.

Durante il percorso si è registrata una maggiore consapevolezza da parte degli insegnanti rispetto al valore della discussione e dunque anche una mag-giore libertà nel lasciare parlare i bambini, non a ruota libera, nel permettere loro di esporre le loro considerazioni liberamente, senza intervenire per bloc-care o censurare in qualche modo per paura di non saper rispondere o di non saper gestire la situazione.

La professionalità del docente sta dunque nel saper condurre l’attività, faci-litando la discussione, il che può voler dire anche rispecchiare, conservare, ri-lanciare, orientare, capire che ogni cosa che il bambino dice, se noi ci mettia-mo in un atteggiamento di ascolto, può essere ricondotta sulla strada che noi abbiamo tracciato. Qui si gioca una grossa parte della capacità professionale.

Va aggiunto che anche i bambini, dal loro punto di vista, devono imparare non solo a discutere, ma a discutere in quel gruppo, cioè si deve costituire un gruppo di discussione; e non è detto che il gruppetto che gioca bene insieme, che dipinge bene insieme sia un buon gruppo per discutere. Quindi anche questo è un aspetto che l’insegnante deve in qualche modo provare e vedere quali bambini possono discutere insieme, con la consapevolezza che, appunto, con la discussione, i bambini imparano ad utilizzare le parole per discutere su fatti, eventi del mondo, sulla cultura, su tante cose ed è anche un modo per far

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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sì che loro si costruiscano il pensiero. I bambini che discutono non solo mani-festano il proprio punto di vista, il proprio pensiero in quel momento; il bam-bino che dice che secondo lui è meglio scrivere casa con due rotondini piutto-sto che con tre lettere, è chiaro che sta esprimendo un suo punto di vista, però poi attraverso la discussione e il confronto con gli altri, lui, motivando, argo-mentando, prendendo atto che è possibile fare in un altro modo, che forse l’altro ha ragione ecc., modifica il suo pensiero e lo ricostruisce, quindi non è solo uno strumento per rendere visibile ciò che normalmente non sarebbe vi-sibile ad occhio nudo, ma è anche uno strumento per costruirlo.

UN BREVE COMMENTO SULLE ATTIVITÀ DOCUMENTATE Riprendendo la riflessione di Patrizia sull’importanza della chiarezza degli

obiettivi in base alla specificità del percorso, vorrei sottolineare anch’io la pro-blematicità legata al modo in cui gli adulti iniziano e presentano l’attività ai bambini. Ed è questa una cosa sulla quale insisto molto: è importante la prima frase con cui l’insegnante presenta l’attività ai bambini, perché quella frase mette i bambini in un contesto che potrebbe essere molto diverso da quello che l’insegnante voleva attivare e creare quindi complicazioni e confusione co-gnitiva.

Un esempio significativo riguarda le modalità con cui sono state utilizzate tre immagini in sequenza che illustrano una storia, una storia quindi che può essere costruita solo dalla lettura delle immagini in quanto non c’è testo scrit-to. Si tratta di immagini che possono essere utilizzate in modi diversi, introdu-cendo un sacco di varianti, come si è visto negli esempi relativi alla prima se-quenza di immagini. Alcune consegne iniziali attivavano nei bambini una si-tuazione di narrazione orale, in altre situazioni attivavano un contesto di nar-razione scritta, in altre ancora attivavano solo un discorso di tipo descrittivo. Quanto siamo consapevoli degli effetti di queste variazioni per i bambini? Il problema allora è quello di introdurre le variazioni in modo consapevole per spostarsi di volta in volta su un’area della lingua.

Se chiediamo “Che cosa vedi in queste figure? Mi descrivi queste figure? Che cosa succede in queste figure? non stiamo chiedendo la stessa cosa, stiamo chiedendo cose molto diverse che attivano nei bambini delle situazioni dal punto di vista cognitivo completamente diverse. Credo che una riflessione su

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PARTE TERZA Riflessioni sui lavori dei laboratori

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questo sia importante e credo che sia importante farla in continuità infanzia- elementare, perché questi equivoci cognitivi sono molto frequenti non solo nelle attività di lingua ma anche in altre situazioni che fanno riferimento ad altri contesti disciplinari.

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PARTE QUARTA LA DOCUMENTAZIONE

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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La documentazione delle attività di lingua di Franca Rossi

La documentazione delle attività e dei percorsi proposti e realizzati con i bambini è un momento importante per diverse ragioni:

1. perché costituisce la memoria, la storia di una comunità che lavora; 2. perché permette all'insegnante di ritornare sulle esperienze realizzate e

di riflettere sui punti forti e sui punti deboli di una proposta. L'insegnante può scegliere che cosa documentare di un'attività: i prodotti

finali, i prodotti in itinere oppure i processi. La scelta non è neutra, perché o-gnuna di esse permette di riflettere su alcuni aspetti dell'attività e non su altri.

I prodotti finali, ad esempio, danno visibilità immediata al lavoro, visibilità facilmente leggibile dagli insegnanti, ma anche dai genitori, inoltre veicolano un significato forte anche per i bambini. Ritrovare sulle pareti della scuola i testi scritti, le storie inventate, le lettere scritte come negli esempi che seguono, aiuta il bambino a costruire la sua identità di membro di una comunità e a ri-cordare le esperienze realizzate. Scuola dell’infanzia di Pergine

INVITO PER I GENITORI

Per le mamme e i papà

Cara mamma e papà!

Vi invitiamo in questa scuola “Chimelli” per farvi vedere quello che ab-

biamo fatto durante i mesi passati. La maestra Maria della sezione ver-

de deve raccontarvi se siamo stati bravi o birbanti. Vi farà vedere i no-

stri lavori. Noi siamo lupetti, e andremo presto alla scuola elementare.

Abbiamo scoperto le cose della campagna e le ricette con la frutta.

Venite Mercoledì venti (20) Febbraio, alle ore 16. Maria

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PARTE QUARTA La documentazione delle attività di lingua

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In questo esempio il prodotto finale dell'attività è rappresentato da un li-bro, costruito dai bambini, nel quale sono contenute le storie che loro stessi hanno inventato e che la maestra ha scritto per loro.

In questo secondo esempio, invece, il cartello serve per avere memoria del-

le idee espresse dai bambini rispetto ad un argomento, ogni bambino, anche a distanza di tempo e anche se non sa leggere, può riconoscere e ritrovare la sua idea.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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All'interno dei laboratori è stato proposto agli insegnanti anche la raccolta di una documentazione delle attività di lingua scritta che consentisse una ri-flessione a livello adulto dei processi cognitivi messi in atto dai bambini nel contesto della collaborazione in piccolo gruppo.

In particolare è stato chiesto alle insegnanti di realizzare delle attività di produzione del testo in piccolo gruppo. Si chiede al piccolo gruppo di ideare e dettare, all'insegnante scriba, un testo che può essere una lettera, una ricetta, un invito per i genitori, una storia ecc.

L’intera attività viene audioregistrata o videoregistrata. La documentazione è rappresentata dalla trascrizione fedele di tutta l'interazione verbale che aveva avuto nel piccolo gruppo. Per facilitare la lettura della trascrizione si utilizzano alcune convenzioni che facilitano la comprensione anche di un lettore esterno.

La trascrizione inizia con le seguenti informazioni generali:

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PARTE QUARTA La documentazione delle attività di lingua

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- DOCUMENTAZIONE n.° - NOME DELLA SCUOLA - INSEGNANTE - DATA ATTIVITÀ e numero progressivo dell’esperienza2 - LUOGO IN CUI SI SVOLGE L’ATTIVITÀ - DURATA - PARTECIPANTI3

Nella trascrizione dell’interazione è opportuno ricordarsi di:

- trascrivere tutto fedelmente, senza apportare correzioni di ciò che i bambini dicono;

- mettere sempre il nome di chi parla ad ogni turno (per l’insegnante u-siamo “Ins”);

- numerare progressivamente i turni, in questo modo sarà facile nel commento riferirsi a turni particolarmente interessanti;

- usiamo la convenzione “...” per indicare i completamenti di frasi iniziate da altri

es. 78. Marco: poi bisogna scrivere che lui...

79. Elena: ... aveva un cagnolino

- utilizziamo la convenzione XXX per le parole e/o frasi che non risultano

chiare nella registrazione:

es. 24. Gianni: e poi prende la XXX e la lancia

- trascriviamo in linee non numerate tutte le informazioni legate al non

verbale che riteniamo importanti

2 Coincide con il numero delle attività alle quali il piccolo gruppo ha partecipato fino a quel momento. 3 Indicare il nome dei bambini e l’età di ciascuno espressa in anni e mesi.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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es. 36. Marco: Allora scriviamo che si chiamava Alberto

37. Marta: no, non va bene

38. Andrea: si va bene

Elisa si alza e va a prendere un gioco - nelle riletture del testo che l’insegnante fa per i bambini, trascrivere

tutto

es: 29. Ins: allora aspettate che vi rileggo quello che mi avete det-tato “Per giocare a battaglia navale ci vogliono due bambini e due fogli” va bene? Come continuiamo?

Di seguito è presentato un buon esempio di un'attività di costruzione di un

testo scritto in piccolo gruppo prodotta in una Scuola dell'Infanzia del Comu-ne di Padova.

DOCUMENTAZIONE n.°2

NOME DELLA SCUOLA: Scuola materna San Lorenzo da Brindisi

INSEGNANTE: xxx

DATA ATTIVITÀ: 20 marzo 2001

LUOGO IN CUI SI SVOLGE L’ATTIVITÀ: angolo della sezione

DURATA: 30 minuti

PARTECIPANTI: sei bambini: Marco, Lorenzo, Francesco, Gianluca di 5

anni. Giulia, Giorgia di 4 anni

Dopo aver fatto attività di giardinaggio si è discusso Insieme ai bambini su

quali potevano essere le cose da fare per garantire alle piante e ai fiori una tranquilla e duratura presenza nelle aiuole della scuola. Si è stabilito che oltre a dare loro dell'acqua bisognava evitare di “toccare” con mani e piedi e si è quindi deciso di scrivere un cartello per dire a tutti queste regole.

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PARTE QUARTA La documentazione delle attività di lingua

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1. Ins.: Facciamo questo cartello per dire ai bambini di non...

2. Giulia: … strappare le piante.

3. Ins.: Allora voi mi dettate cosa vogliamo scrivere e io scrivo. Cosa scrivo?

4. Bambini (Insieme): Di non strappare le piante.

5. Ins.: Basta così?

6. Marco: No ancora....Di non tirare il pallone.

7. Giulia: non andargli sopra.

8. Gianluca: non si pesta.

9. Lorenzo: non lanciarli.

10. Ins.: Piano .... Allora ho scritto “non strappare le piante....... non tirare il pallone......non si pestano” poi cosa devo scrivere?

11. Lorenzo: Non si lanciano.

12. Beatrice: Non si tira la terra sopra.

13. Lorenzo: Non si strappano.

(…)

20. Ins.: Aspettate un momento che rileggo quello che mi avete detta-to. (Rilettura) Così va bene?

21. Giulia: Non si strappano le radici.

22. Beatrice: Non si strappano tutti i fiori.

23. Lorenzo: Non si fa la pipì sopra e non si strappano i fiori.

24. Francesco: La cacca neanche.

25. Ins.: Adesso rileggo tutto e dobbiamo decidere se queste cose che abbiamo scritto possono essere capite da tutti i bambini. (Rilettura) Così è chiaro?

26. Bambini: Sì, sì.

27. Ins.: Siete sicuri? C'è qualcosa che dobbiamo cambiare, oppure to-gliere o aggiungere?

28. Gianluca: Non si lanciano i giochi sopra.

29. Marco: Non tirare il pallone......No l'ho già detto.

30. Lorenzo: Non si sposta la terra sopra.

31. Gianluca: Non si tagliano.

32. Lorenzo: Non si spezzano.

33. Marco: Così sono morti tutti.

34. Beatrice: Non si scava.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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35. Giorgia: Non si scava sotto la terra altrimenti escono, (silenzio).

36. Ins.: Questo cartello dove lo mettiamo?

37. Marco: Sull'albero.

38. Francesco: In giardino.

39. Gianluca: Sui fiori..

40. Francesco: No sul muretto (aiuola). Però non va bene perché i bam-bini piccoli non capiscono, non sanno leggere.

41. Ins.: Allora come dobbiamo fare?

42. Gianluca: Dobbiamo fare un disegno.

43. Francesco: Dobbiamo dirglielo cosa c'è scritto.

44. Ins.: Allora dobbiamo leggerglielo?

45. Gianluca: No, bisogna fare un disegno.

46. Ins.: Di che cosa il disegno?

47. Gianluca: Di quello che abbiamo scritto.

48. Ins.: Di tutte queste cose che abbiamo scritto?

49. Bambini: Sì, sì.....

50. Ins.: Ma se io leggo così (l'Insegnante rilegge tutto) i bambini capi-scono di cosa stiamo scrivendo?

51. Gianluca: No.

52. Francesco: No.

53. Ins.: E allora?

54. Gianluca: Disegniamo un fiore.

55. Giulia: Dobbiamo disegnare le cose che abbiamo scritto.

56. Francesco: No, dobbiamo disegnare un prato e i bambini che non vanno a toccare i fiori.

57. Beatrice: Oppure possiamo disegnare dei fiori che stanno lì (indica l'aiuola). Alcuni.

58. Ins.: Ma noi questo cartello lo facciamo solo per i bimbi o anche per le mamme e per i papà.

59. Giulia: Per le mamme e per i papà no loro lo sanno già che non si devono strappare.

60. Gianluca: E poi loro sanno leggere.

61. Lorenzo: Solo per i bambini.

62. Ins.: Allora solo per i bambini?

63. Marco: No anche per i grandi.

64. Lorenzo: No.

65. Giulia: Per i piccoli.

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PARTE QUARTA La documentazione delle attività di lingua

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66. Beatrice: Anche per i medi.

67. Ins.: Voi siete sicuri che se noi scriviamo così tutte queste cose i bambini capiscono?

68. Lorenzo: Sì.

69. Marco: No.

70. Francesco: Se facciamo il disegno si.

71. Ins.: Abbiamo scritto non strappare le piante, che cosa vuoi dire?

72. Beatrice: Che non si strappano i fiori.

73. Ins.: ma le piante o i fiori?

74. Beatrice: le piante.

75. Francesco: Le piante sono i fiori.

76. Giulia: no.

77. Lorenzo: scriviamo non strappare i fiori.

78. Giulia: Le piante sono delle piantine che fanno nascere i fiori, i fiori si comprano sai.

79. Giorgia: Le piante quando le compri che hanno i fiori mica si sono seccate....

80. Giulia: I fiori si comprano.

81. Francesco: Guarda che i fiori crescono eh...

82. Giulia: Si comprano eh...

83. Beatrice: I fiori si possono comprare e anche farli crescere.

84. Ins.: Allora scriviamo come dice Lorenzo “Non strappare i fiori e non tirare il pallone”. Cosa vogliamo dire.

85. Giulia: Che non si tira il pallone nelle piante.

86. Ins.: Ma noi abbiamo scritto solo “Non tirare il pallone” Va bene co-sì?

87. Gianluca: No, perché si deve scrivere non tirare il pallone sulle piante.

88. Beatrice: Altrimenti capiscono che non si deve tirare il pallone sulla montagna.... oppure sul campo...

89. Ins.: Non si pestano che cosa vuoi dire?

90. Beatrice: Che mettono i piedi sopra.

91. Ins.: Dove?

92. Bambini: Sui fiori.

93. Ins.: Noi abbiamo scritto solo “Non si pestano”.

94. Gianluca: Dobbiamo aggiungere non si pestano i fiori.

(…)

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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ANALISI E RIFLESSIONI DELL’INSEGNANTE SULLA DOCUMENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ

Una volta che si ha la trascrizione dell’interazione si può iniziare il lavoro

di analisi su ciò che è successo durante l’attività. Nella stesura del commento ci si sofferma con particolare attenzione ai seguenti aspetti:

1. Livello di partecipazione dei singoli all’interazione (commento solo

sugli aspetti quantitativi). 2. Informazioni sul contesto precedente l’attività (come si è arrivati a

decidere di scrivere quel testo? È successo qualcosa di rilevante nei giorni precedenti che ci ha portato a decidere il contenuto dell’attività? Clima della giornata, eventi imprevisti, altro).

3. Ruolo dell’insegnante (Inizia l’attività in modo chiaro? Facilita l’interazione, lo scambio di informazione tra bambini, la discussione? Focalizza l’attenzione dei bambini sul testo? Attenzione ad altri aspet-ti...).

4. Direzione della comunicazione (“Chi parla a chi?” È un dialogo tra insegnante e singoli bambini? È una conversazione tra bambini? I bambini quando parlano si rivolgono prevalentemente all’insegnante? Agli altri bambini del gruppo?).

5. Processo di composizione del testo: A proposito delle riletture: chi le propone? Chi le richiede? Vengono fatte solo alla fine o anche in itinere? Vengono fatte revisioni e cam-biamenti nel testo? Se si, quando vengono fatti mentre si detta o dopo la rilettura dell’insegnante? Cosa viene cambiato del testo, aspetti rela-tivi alla forma e/o al contenuto? Gli interventi dei bambini indicano attenzione al destinatario del testo? Si preoccupano che il testo risulti comprensibile, chiaro, efficace per il destinatario? Ci sono opposizio-ni? Sono argomentate?...).

6. Commenti sull’attività da parte del gruppo (alla fine dell’attività pos-siamo chiedere loro se è piaciuta, se secondo loro hanno lavorato be-ne, se si sono divertiti, cosa vorrebbero scrivere la prossima volta...).

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APPENDICE CONTRIBUTI

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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Quale approccio alla lettura prima di leggere e alla scrittura prima di scrivere

di Patrizia Bortolotti

Per molto tempo si è pensato che i bambini potessero fare i loro primi pas-si alla scoperta della lettura e della scrittura grazie solamente ai metodi d’insegnamento che sono utilizzati dagli adulti. Con studi che sono stati effet-tuati da più di un ventennio e con ricerche ancora in atto negli ambiti lingui-stici e psicolinguistici di ambienti sociali e culturali diversi, si è invece scoperto che i bambini iniziano a leggere e a scrivere non solo grazie all’apprendimento e alla memorizzazione, ma anche attraverso una serie di ipotesi e scoperte di regole che essi si costruiscono sulla lingua scritta.

Vi sono vari studi che affermano che i bambini si avvicinano al codice scritto da un punto di vista olistico, orientato più dalla forma visiva delle parole, altri affermano che per i bambini il patrimonio delle parole scritte è un sistema ordinato di segni che sono in rapporto con le unità fonologiche della lingua parlata.

L’ipotesi di un momento di tipo logografico parte da risultati che riguar-dano i bambini in età prescolare; i bambini in questo periodo evolutivo effet-tuano il riconoscimento di parole basandosi molto sul contesto visivo in cui quelle parole sono collocate. È molto frequente nei bambini per es. riconosce-re la parola Coca Cola se hanno davanti una bottiglia di Coca Cola, ma la stes-sa parola non è più così familiare se viene presentata scritta su carta.

Secondo tale interpretazione la fase logografica è seguita da una fase alfabe-tica: il bambino passa dal riconoscimento di scritte a lui note o familiari ad una decodifica lenta di parole note e non. Il bambino pronuncia ora i suoni associati alle singole lettere e li compone nella sua mente prima di poter rico-noscere la parola. Questo passaggio di strategia è segnato da un intreccio tra scrittura e lettura: la considerazione per i suoni delle parole e per i segni che li rappresentano emerge prima nella scrittura e poi si trasferisce alla lettura (Frith, 1985). La lettura inizia con un approccio di riconoscimento olistico-visivo, ma poi si trasforma con la scrittura e l’apprendimento secolarizzato in un approccio analitico alfabetico.

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APPENDICE Quale approccio alla lettura prima di leggere e alla scrittura prima di scrivere

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Gli studi psicolinguistici condotti dalle studiose Ferreiro e Teberosky af-fermano invece che i bambini alla richiesta di scrivere “come volevano” parole e frasi sono attenti alle varie combinazioni delle lettere, cambiano quantità e l’ordine dei segni, cercano di stabilire differenze tra le parole. Alcuni bambini scrivono e rileggono quello che hanno scritto, rivelano una considerazione dei suoni della parola tentando di stabilire una corrispondenza tra numero dei suoni e numero dei segni.

Oltre ad avere già delle loro regole in base alle quali far funzionare la paro-la, tengono in considerazione aspetti fonologici; la fonologia, infatti, assume un ruolo centrale nello strutturare le loro prime scritte.

La segmentazione della parola viene adoperata da alcuni per decidere quanto dev’essere lunga una stringa scritta, vi sono bambini che segmentano in unità sillabiche, altri in unità fonetiche, altri ancora adoperano entrambe questi tipi di unità. L’insegnamento sistematico della scuola elementare pre-senterà ai bambini le varie convenzioni di scrittura della lingua e chiarirà che a certi suoni si fanno corrispondere, sempre per convenzione, dei segni. Secon-do Ferreiro e Teberosky …“La scoperta di un principio alfabetico avviene tut-tavia indipendentemente da questa istruzione esplicita, e si verifica quando i bambini coordinano la sequenza delle lettere di una scritta con la sequenza di unità fonetiche della parola. Per esempio, scandiscono /s-o-l-e/ mentre scri-vono TEVI. La lettura non inizia quindi con un approccio olistico, se conside-riamo lettura anche il modo con cui i bambini rileggono le proprie scritte”.4

Perciò, già molto tempo prima dell’istruzione alfabetica scolastica, scrittura e lettura sono collegate tra loro da un rapporto di segni scritti con unità fono-logiche delle parole.

Per gli insegnanti è opportuno avere chiarezza che quando i bambini arri-vano, sia alla scuola d’infanzia sia alla scuola elementare, hanno avuto più e-sperienze di immersione nella lingua che li circonda, di diverso tipo e inciden-za. I primi giorni di scuola ed il periodo della scuola d’infanzia diventano così un interessante osservatorio per gli insegnanti per valorizzare le conoscenze dei bambini.

Considerare il bambino un attivo costruttore della propria lingua e non un vaso vuoto da colmare rispetta il percorso che la sua intelligenza ha già con-dotto e rende più armonico l’incontro tra strategie e proposte della scuola con

4 M. Orsolini (a cura), Il suono delle parole, Milano, La Nuova Italia, 2000, p. 117.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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il suo sviluppo cognitivo. Il primo periodo, sia della scuola d’infanzia sia della scuola elementare, inoltre, permette di rilevare la diversità dei livelli raggiunti dai bambini per proporre loro attività che tengano conto delle conoscenze e teorie già sviluppate sul mondo che li circonda.

Siamo fermamente convinti che non si debba anticipare nella scuola d’infanzia un insegnamento sistematico alla lettura e scrittura, in questo ordi-ne di scuola saranno già moltissime le occasioni per i bambini di confronto con lettura e scrittura attraverso le conversazioni orali, l’ascolto delle letture di testi e i giochi con i libri, i giochi di ruolo….

Educare a leggere e a scrivere in queste occasioni assume il significato di u-tilizzare le conoscenze che sono già state maturate e far comprendere quanto la comunicazione scritta e orale sia importante perché funzionale al confronto tra le persone.

Man mano che il bambino frequenta la scuola elementare con l’apprendimento della lingua scritta anche la sua mente si alfabetizza, acquista a livello mentale modalità di operare che sono connesse con la lingua scritta stessa. Questo ultimo codice di comunicazione prevede una rappresentazione del mondo diversa da quella che dà la lingua parlata. Infatti, il linguaggio par-lato “[…] è uno strumento del senso comune, dei comportamenti sociali, in cui i significati sono negoziati e condivisi tra interlocutori e dipendono dal contesto […]”5. La lingua parlata è uno strumento flessibile, con significati co-struiti in funzione del contesto, delle aspettative degli interlocutori, dei rap-porti sociali. La lingua scritta, invece, esige delle modalità ben precise di orga-nizzazione del messaggio, rende possibili processi di astrazione, di deduzione e dimostrazione logica.

Anche Vygotskij trattando della lingua scritta e parlata ha spiegato che il linguaggio parlato e il linguaggio scritto si differenziano per funzione lingui-stica, per struttura e modo di funzionare. Questa differenza di comunicazione, di rappresentazione della realtà contesta decisamente la credenza della peda-gogia del senso comune che sostiene che si debba scrivere come si parla e che intende la lingua scritta come trascrizione della lingua parlata.

Il bambino che padroneggia con un certo margine di sicurezza a 5-6 anni la lingua parlata, non è così sicuro nella lingua scritta che è utilizzata a scuola,

5 M. Formisano, C. Pontecorvo, C. Zucchermaglio, Guida alla lingua scritta, Roma, Editori Riuniti, 1986, p.12.

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APPENDICE Quale approccio alla lettura prima di leggere e alla scrittura prima di scrivere

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perché questa è una lingua che richiede di parlare di cose che non ci sono, è una lingua che definisce, spiega.

Il bambino può trovarsi in questa situazione alla sua entrata nella scuola e-lementare, ma ciò non è dovuto ad incapacità cognitive, l’ostacolo è invece prevalentemente linguistico. I bambini che, per esempio, provengono da am-bienti culturali dove non si usa con una certa frequenza questo tipo di lin-guaggio, trovano inizialmente più difficoltà nell’approccio con la lingua scritta perché si richiedono operazioni cognitive particolari che influenzano l’organizzazione e la struttura della conoscenza. La scolarizzazione e l’alfabetizzazione del bambino comportano abilità logico-formali connesse all’uso della lingua scritta che caratterizzano la nostra cultura occidentale: sa-per dare definizioni, saper comunicare con premesse e assunti in maniera chiara ed esplicita, saper classificare, osservare con procedimenti induttivi e deduttivi.

Al bambino prescolare che inizia la sua esperienza scolastica è richiesto un maggior sforzo d’astrazione e di elaborazione rispetto a quanto è necessario per l’apprendimento del linguaggio orale. A conferma di ciò si riferisce che studi recenti hanno puntato a definire gli ambiti cognitivi e linguistici che so-no influenzati o modificati dall’alfabetizzazione in un bambino ed hanno aiu-tato a scoprire che certi processi di organizzazione cognitiva quali il saper or-dinare, classificare, definire categorie, non sono naturali.6 Risulta così che, per l’evoluzione e l’organizzazione delle abilità cognitive e cognitivo-linguistiche di un bambino, possono assumere un ruolo importante sia la scolarizzazione sia l’alfabetizzazione.

Il bambino di 5-6 anni che si appresta ad imparare la lingua scritta non trova facile distinguere ciò che si è inteso comunicare da quello che in realtà è stato espresso; le difficoltà sono nell’interpretazione del messaggio non ben esplicitato.

Questo si manifesta perché il bambino, specie prima della scolarizzazione e dell’approccio sistematico con la lingua scritta, dà molta importanza al conte-sto e alle informazioni che ne derivano più che alla pura forma linguistica in sé. I bambini di quest’età prestano la loro attenzione prevalentemente ad una comunicazione linguistica collegandola al contesto in cui è formulata. Questo serve loro da supporto, li aiuta a rendere esplicito il significato del messaggio

6 Di quest’avviso sono C. Pontecorvo, G. Pinto, P. Boscolo, F. Boschi.

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

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scritto. Gradualmente durante gli anni di scuola essi costruiranno un pensiero svincolato, capace cioè di astrarre dai contesti che sostengono degli eventi.

Col passare degli anni il bambino assumerà la padronanza di attenersi ai dati, senza farsi influenzare da elementi di esperienza soggettiva. È con l’esperienza scolastica che il bambino imparerà a ricercare e delimitare chia-ramente il significato di un testo, a controllare i dati percettivi e conoscitivi che derivano dalle sue esperienze, a trarre dalla memoria informazioni da uti-lizzare in successivi contesti scritti.

A scuola s’impara ad avere il controllo dei termini e dei significati, c’è un uso mnemonico costante delle proprie esperienze, ci si confronta con altre i-dee, opinioni. Nel processo di apprendimento ed uso del linguaggio scritto il bambino imparerà ad utilizzare la parola senza doversi richiamare ciò che rappresenta, aumenterà la sua autonomia dal contesto per un processo di sim-bolizzazione del linguaggio scritto e di connessione-differenziazione da quella parlata. Aumenterà lo spazio della memoria per registrare eventi, esperienze, in base a segnali, categorie e indizi. È a scuola che si richiede al bambino di apprendere e registrare in memoria materiale di per sé poco significativo, pre-sentato al di fuori di un contesto di esperienza, e tale operazione richiede al bambino una messa in atto di strategie per riprodurlo con una certa fedeltà. Secondo M. e C. Pontecorvo prima di andare a scuola un bambino non ha la necessità di impiegare strategie mnemoniche complesse e consapevoli per ri-cordare: il suo mondo è costituito da esperienze significative in famiglia e con persone, materiali, fatti, che per la loro concretezza e familiarità di contesto non richiedono sforzi cognitivi o di rielaborazione mnemonica per l’eventuale risoluzione di problemi. L’ampliarsi del mondo esperienziale del bambino che entra nella scuola elementare comporterà la necessità di adoperare strategie più specifiche e lo svilupparsi di abilità metacognitive che le controllano, scel-gono e guidano l’uso. Il bambino che entra a scuola e si avvia ad apprendere la lingua scritta ha però già sviluppato alcune conoscenze sulla lingua che devo-no essere considerate dall’adulto. Il punto di partenza per affrontare nuovi quesiti è costituito da tutte le perplessità, le incomprensioni, le scoperte che un bambino ha operato e accumulato nell’uso che egli ha fatto del linguaggio par-lato con gli adulti e nell’osservazione della lingua scritta da loro adoperata.

Su queste esperienze nella lingua orale M. e C. Pontecorvo riportano che “[…] il bambino che entra nella scuola dell’infanzia ha già acquisito - impa-rando a parlare, a capire e a usare produttivamente il linguaggio - il sistema

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linguistico di base ‘nei suoi aspetti sia di strutture ‘necessarie’ (intenzioni co-municative, referenza, predicazione) sia di strutture ‘facoltative’ (modificatori, avverbiali, frasi inserite). Ciò non toglie che ha ancora bisogno di continuare a usarlo in un contesto di comunicazione, di scambio sociale, diadico e di grup-po, di simbolizzazione e di categorizzazione della realtà, che gli può essere of-ferto proprio dalla situazione educativa, prescolare”7.

Anche C. Zucchermaglio condivide l’idea di un bambino che nell’apprendimento linguistico si manifesta quale soggetto attivo impegnato a capire il mondo che lo circonda, non capisce solamente quello che gli viene direttamente insegnato, ma impara sempre, in ogni attimo della sua esperien-za e di conseguenza produce e costruisce una sua conoscenza. Questa cono-scenza, aggiunge la studiosa, è “[…] originale - e non frutto di una semplice e diretta imitazione di ciò che lo circonda - essendo il risultato dell’iterazione che si produce tra il bambino (ciò che è e ciò che già sa) e l’informazione che seleziona e trae dall’ambiente - fisico e sociale - che lo circonda: il bambino elabora e mette alla prova ipotesi, cerca regole, categorizza la realtà per ridurne la complessità e per appropriarsene”.8 È così anche per il linguaggio scritto, poiché il bambino di oggi vive immerso in un mondo pieno di scritte, libri, giornali, pubblicità per le strade, scatole degli alimenti. COMPETENZE CHE IL BAMBINO SVILUPPA PRIMA DI ENTRARE NELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO

Durante gli anni della scuola d’infanzia la competenza linguistica di un

bambino si arricchisce sia nel lessico sia nella strutturazione sintattica delle frasi, acquista maggior attenzione e consapevolezza dell’efficacia comunicativa delle proprie espressioni. Inizia ad avere sensibilità metalinguistica nel rilevare messaggi ambigui, nel valutare l’accettabilità linguistica di frasi verificabili in un contesto quali descrizioni, osservazione di vignette, eccetera. A questo pro-

7 C. Pontecorvo, M. Pontecorvo, Psicologia dell’educazione. Conoscere a scuola…, p. 208. Sulla lingua orale interessanti i testi di M. S. Barbieri, Gli inizi del linguaggio: a-spetti cognitivi e comunicativi, Firenze, La Nuova Italia, 1977 e il testo di P. l. Baldi, Lo sviluppo del linguaggio nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1976. 8 C. Zucchermaglio, Gli apprendisti della lingua scritta, Bologna, il Mulino, 1991, p. 30.

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posito anche le ricerche di E. Ferreiro e A. Teberosky si orientano nel ricono-scere che il bambino già prima della scuola elementare “[…] cerca attivamente di comprendere la natura del linguaggio che si parla intorno a lui e che, nel tentativo di capirlo, formula ipotesi, cerca regolarità, sottopone a verifica le sue previsioni e si costruisce una grammatica propria che non è una semplice copia deformata del modello adulto, bensì è una creazione originale”.9 Il bam-bino prima dei sei anni cerca attivamente di ricostruire il linguaggio, di distin-guere i fonemi della lingua materna e di fare vari tentativi sul loro funziona-mento, di regolarizzare man mano le proprie ipotesi. Quando il bambino arri-va a scuola ha accumulato una notevole conoscenza della propria lingua, ha un sapere linguistico che utilizza senza saperlo in tutte le sue azioni comunica-tive quotidiane. Nella comunicazione orale esegue abbinamenti di parole e co-struzioni di frasi secondo delle regole ben precise atte a farsi comprendere in contesti particolari.

La psicolinguistica però ci mette in guardia a non identificare questa esecu-zione con la competenza effettiva rispetto alla propria lingua. Questa distin-zione tra competenza ed esecuzione, che diventa più chiara nella psicolingui-stica a partire da Chomsky e che ritroviamo anche alla base della teoria piage-tiana dell’intelligenza, non può più essere ignorata dalla scuola. Piaget aveva insegnato a vedere il bambino come un soggetto conoscente, un individuo che si pone attivamente di fronte al mondo che lo circonda, cerca di comprender-lo, di risolvere gli interrogativi che si pone. Il bambino fa, interagisce con og-getti, persone ed in questo modo impara; impara principalmente attraverso queste azioni e di conseguenza costruisce delle categorie cognitive quando ini-zia a sistematizzare il proprio mondo.

Nel processo di apprendimento della lingua che si inizia a scuola occorre tenere presente la preistoria linguistica dei bambini che entrano in prima ele-mentare a sei anni: sarà ben difficile immaginare che questi bambini - almeno nelle civiltà occidentali - non abbiano mai avuto da interagire con scritte pub-blicitarie poste ovunque, con cartelli stradali, scritte televisive. A questi stimoli i bambini non avranno certamente reagito passivamente, gli stimoli visivi ven-gono trasformati dai soggetti con propri schemi di assimilazione e ne traggono un’interpretazione. A questo proposito Vygotskij, argomentando sulle fasi di

9 E. Ferreiro, A. Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Firenze, Giunti-Barbera, 1985, p.16.

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sviluppo del pensiero e del linguaggio, scrive che nel bambino, già verso i due anni, la volontà di conquistare il linguaggio segue la prima percezione dello scopo della lingua, è il momento della grande scoperta: ogni cosa ha il suo nome. Prima di questo momento critico il bambino “[…] riconosce (come alcuni animali) un piccolo numero di parole che sostituiscono, come nel con-dizionamento, oggetti, persone, azioni, stati, o desideri. A quest’età il bambino conosce solo le parole che gli sono state insegnate da altre persone. Ora la si-tuazione cambia: il bambino sente il bisogno di parole e per mezzo di doman-de cerca attivamente di imparare i segni collegati agli oggetti. Sembra che ab-bia scoperto la funzione simbolica delle parole. Il linguaggio, che nei primi stadi era affettivo - conativo, ora entra nella fase intellettuale”.10

Questo modo di procedere dell’individuo dovrebbe far riflettere gli inse-gnanti di scuola elementare sul fatto che i processi assimilatori non sono uguali per tutti. Ciò significa che al centro del processo di apprendimento verrà posto il bambino con il suo sapere linguistico, diverso da quello di un altro. Anche lo studioso H.Gardner mette in guardia insegnanti e coloro che si occupano di educazione dagli stereotipi e dai copioni iniziali che portano a ritenere i bambini che entrano a scuola forniti di un’intelligenza eguale11, di conoscenze e abilità più o meno analoghe.

Inoltre quando ad una certa età vengono considerati pronti per imparare a leggere e a scrivere di solito la scuola richiede loro, anche sul codice scritto, prestazioni meccaniche, ritualistiche o convenzionali che si dimostrano assai lontane dalle concettualizzazioni sino allora maturate dai bambini di sei anni. Procedere pedagogicamente e metodologicamente senza tenere conto delle lo-ro conoscenze obbligherebbe gli alunni ad ignorare tutto ciò che essi hanno costruito. Se si tiene conto del lungo percorso cognitivo fatto dal bambino prescolare, la scrittura alfabetica è per lui un punto di arrivo e non di partenza come pare pensare la scuola.

Gardner aggiunge che i bambini non imparano nello stesso modo “[…] ci sono vari modi di acquisire e di rappresentare le conoscenze; e di queste diffe-renze individuali devono tener conto sia la nostra pedagogia sia le nostre valu-tazioni. A volte studenti incapaci di superare con successo prove di competen-

10 L. S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, Firenze, Giunti, 1966, p. 64. 11 H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolasti-co, Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1993, pp.14-17.

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za del tutto comuni, quando queste vengono ripresentate loro in modo diver-so e più appropriato, rivelano invece una significativa capacità di padroneggia-re e comprendere le cose”12.

Dare importanza a tutte le sue produzioni scritte non convenzionali, all’oggettivazione di teorie e di ipotesi sul funzionamento del linguaggio scrit-to che il bambino si va costruendo, prima di entrare a scuola, ci porta a diffe-renziare il suo lungo lavoro in momenti essenziali che definiscono e differen-ziano i modi cui i bambini costruiscono e inventano la scrittura. È importante inoltre non ridurre il suo sapere in una serie di abilità specifiche che deve pos-sedere per avviarsi alla sistematizzazione della lingua scritta, ma in una pro-spettiva attenta al processo di costruzione delle conoscenze ricercare il tipo di cognizioni specifiche sul linguaggio che ogni bambino possiede, comprendere la natura delle ipotesi che elabora ed identificare i processi cognitivi che sotto-stanno all’apprendimento del codice.

E. Ferreiro e A. Teberosky hanno posto in evidenza alcune ipotesi che i bambini prescolari di fronte al codice elaborano riguardo all’aspetto quantita-tivo:

• Un testo scritto per essere letto deve possedere una quantità suffi-

ciente di segni, il numero minimo in genere è tre. Questo criterio di QUANTITÀ MINIMA si nota molto nei bambini della scuola ele-mentare anche con la difficoltà che hanno ad accettare articoli, pre-posizioni, talora dei verbi, come unità necessarie per la costruzione di un messaggio.

• Un altro criterio di leggibilità che i bambini hanno è la necessità che ci sia una varietà di caratteri. Il criterio di VARIETÀ INTERNA per i bambini è un’esigenza di variazione grafica formale all’interno del-la parola.

• Un altro criterio che i bambini si costruiscono in merito alla lingua scritta è lo stretto legame tra significante e significato. Il criterio di TRASPARENZA TRA SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO è proprio dell’approccio psicogenetico dei bambini con la lingua scritta; la pa-rola in un primo tempo assume caratteristiche proprie del referente. Quando di fronte a due cartoncini con le parole orso e moscerino si

12 H. Gardner, ibidem, p.23.

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chiederà loro di dire dove si trova scritto /orso/ la maggior parte in-dicherà il cartoncino con la parola /moscerino/ motivando così la scelta…“perché è una parola grande e l’orso è grande e grosso”….

Un interessante osservatorio per gli insegnanti è l’indagine delle teorie co-

struite dai bambini sulla lettura e scrittura. La raccolta delle TEORIE SULLA FUNZIONALITÀ DEL CODICE SCRITTO permetterà di verificare se è in at-to il circolo vizioso che leggere e scrivere servono… per fare i compiti oppure …per andare a scuola. Per i bambini con tali convinzioni servirà un attento approccio di valorizzazione dei primi tentativi di scrittura spontanea per far capire loro che il codice scritto serve per comunicare con gli altri e compren-dere i messaggi che le persone attorno a noi inviano.

Altro aspetto è la familiarità con il materiale scritto e le tipologie testuali. I bambini che assistono con una certa frequenza ad atti di lettura, in casa, alla scuola d’infanzia, saranno perplessi che si possa leggere una fiaba dalle pagine di un quotidiano e viceversa che sia discutibile leggere il resoconto di una par-tita di campionato di calcio o un fatto di cronaca da un libro di fiabe. Questo sarà possibile se c’è nei bambini un retroterra di quotidiane esperienze con la lettura degli adulti.

Le due studiose hanno constatato questi criteri dopo una lunga ricerca e un confronto di dati; avevano lavorato con bambini argentini tra i quattro e i sei anni chiedendo semplicemente loro di scrivere e poi leggere ciò che avevano scritto. Questo ha permesso di individuare una serie di modalità di costruzio-ne delle lingua scritta, cioè di criteri con cui i bambini costruiscono e interpre-tano la scrittura, reinventandola attivamente. Successivamente tali modi con-creti sono stati ritrovati anche in ricerche condotte con bambini di varie na-zionalità: italiani, inglesi, israeliani, francesi, portoghesi.13 I bambini, oltre a seguire il criterio di quantità minima e di varietà dei caratteri, riconoscono come parola solo il soggetto animato, della frase o al massimo il soggetto e l’oggetto, non considerando come parole i verbi, gli avverbi, le preposizioni, aggettivi, articoli.

13 Le ricerche a cui si riferiscono i confronti sono di K. S. Goodman (1990), E. Ferreiro (1986), W. E. Teale, E. Sulzby (1986), A. Teberosky (1982), M. Formisano, C. Ponte-corvo e C. Zucchermaglio (1986).

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Il bambino prescolare, poi, non considera l’aspetto sonoro del termine, ma il vocabolo è tale per il suo significato, molti di loro di fronte alla parola ‘orso’ affermano che è più grande della parola ‘moscerino’ oppure che ‘cane’ è più lungo di ‘tartaruga’. Sono tutte ipotesi che il bambino compie in un lungo e continuo processo di concettualizzazione sulla lingua scritta.

“Di fronte alle parole il bambino” - come scrivono M. Formisano, C. Pon-tecorvo e C. Zucchermaglio […] – “azzarda risposte, sperimenta soluzioni che abbandona, modifica o sostituisce ogni qualvolta gli risultino insoddisfacenti. Al termine del lungo cammino il bambino arriva a comprendere che ad ogni suono emesso deve corrispondere un segno scritto”. Questa elaborazione co-gnitiva è continua, ogni bambino la compie con suoi tempi e modalità se-guendo un evolversi di capacità che vengono padroneggiate dopo il supera-mento di alcune tappe cruciali.

Per noi educatori è perciò fondamentale comprendere che leggere e scrive-re sono dei complessi processi che vanno molto al di là della decifrazione di lettere o della scrittura di segni. Il bambino coinvolge in questo percorso di competenze vari aspetti della propria intelligenza e capacità di relazionarsi con il mondo esterno. ATTIVITÀ DA SVOLGERE CON I BAMBINI SUI CRITERI DI LEGGIBILITÀ

Tutte le attività dovranno essere presentate in maniera di gioco, per non

annoiare e appesantire la richiesta cognitiva. Si consiglia nella scuola elemen-tare di sottoporre le prove individualmente (sfruttando la compresenza con altri colleghi di classe), per la scuola d’infanzia di costituire anche piccolissimi gruppi.

Le parole che si presentano ai bambini saranno scritte su cartoncini piutto-sto grandi, anche per facilitare una manipolazione della parola. I cartoncini si dovranno prestare alla ricerca del criterio quantità minima, di varietà interna, di rapporto tra significante e significato. Si scriveranno parole con un solo fo-nema es. LA, IL, DA, oppure parole contenenti più lettere di vario tipo es. STRADA, BICICLETTA, o con lettere che si ripetono es. MAMMA, PAN-NNINO, AZTFLI, AA, OOOOO, PPPIPP, ORSO presentato vicino a MO-SCERINO, oppure TRENO presentato con COCCINELLA ecc. Inserire anche

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parole del tipo CAS4A, PA77A per vedere se i bambini iniziano a distinguere i caratteri numerici da quelli alfabetici.

Per iniziare un gioco da proporre successivamente ai compagni si chiederà al bambino di aiutarci a trovare le parole che si possono leggere e quelle che non si possono leggere facendoci dire o spiegare le scelte di suddivisione dei due tipi di parole. Se i bambini sono abituati a fare giochi di scrittura sponta-nea alcuni criteri potranno essere rilevati anche in queste occasioni.

Per quanto riguarda le proposte di scrittura alla scuola d’infanzia e all’inizio della scuola elementare, ci sono numerosi spunti nel sito curato da Franca Rossi: www.infantiae.org che presenta esperienze sulla lingua scritta, condotte in varie scuole d’infanzia italiane ed estere. Alcune attività sono state presentate e discusse nei laboratori.

Durante l’attività è importante che l’insegnante effettui la registrazione del-le risposte dei bambini (trovandosi da solo utilizzerà il registratore). La raccol-ta delle osservazioni dei bambini è indispensabile per rilevare a quale stadio di competenza sulla lingua scritta essi si trovino. Le prove andranno fatte nel primo periodo di entrata sia nella scuola d’infanzia sia nella scuola elementare, a metà anno e a fine anno. L’insegnante accetterà tutte le risposte possibili, senza dare giudizi in merito. LETTURA COME COINVOLGIMENTO ATTIVO

Se si avviano i bambini alla lettura è fondamentale che essi la vivano anche

attraverso gli atti di lettura eseguiti da adulti. Nei vari ordini di scuola ai bam-bini dev’essere data l’occasione di vivere la lettura come un’esperienza piace-vole.

Molte attività con i libri, le fiabe, le storie vengono condotte nella scuola d’infanzia, meno attenzione si presta a questi momenti nella scuola elementare dove frequenti sono le realtà in cui la lettura viene insegnata come attività fine a se stessa, un automatismo di riconoscimento, cui i bambini si applicano spesso con l’imposizione esterna.

Anche se questi bambini capiranno quello che leggono, non reagiranno al testo, non ne saranno coinvolti, si lasceranno impressionare passivamente. La differenza sostanziale è fra un bambino con un atteggiamento passivo di fron-te al testo e un altro che, di fronte al contenuto del testo, non si ferma alla de-

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cifrazione o percezione delle parole, ma comincia a recepire dei significati. In un approccio alla lingua scritta gli insegnanti dovrebbero evitare di scindere i due momenti, di decifrazione e ricerca del senso: il bambino, nel suo processo di apprendimento, deve comprendere che la decifrazione delle lettere assume valore solo se unita alla ricerca del significato.

Sarà con l’esperienza di lettura protratta nel tempo che il bambino comprenderà che le parole scritte esistono per dare messaggi a chiunque le legge e perciò non solo a lui, si realizzerà cioè quella transizione da valori individuali del significato a quelli generali. Soltanto quando il bambino imparerà a reagire personalmente al contenuto di un testo, ad aprirsi al suo messaggio accettandolo, rifiutandolo o cambiandolo, ci sarà un’interazione tra le sue esperienze passate, i suoi interessi, le sue fantasie e il messaggio letto.

Creare le condizioni didattiche volte a promuovere nel bambino un coin-volgimento totale della sua persona (dalle emozioni, le esperienze raccolte in memoria, alle attività cognitive) nei messaggi scritti farà sì che la lettura sia vissuta come attività che può dare qualcosa e il rapporto che si stabilirà sin dall’inizio tra testo e lettore sarà positivo. Nei bambini apprendisti lettori, che considerano la parola stampata in base a quanto già conoscono, ci deve essere all’inizio questo coinvolgimento totale della loro personalità per aiutarli ad as-similare le nuove informazioni, per adeguarsi alle caratteristiche del nuovo materiale. Si realizzerà una manipolazione attiva della lettura, con spazio per interventi individuali, e soprattutto si accrescerà il piacere di lavorare con messaggi scritti, che dovranno essere anche in seguito vicino agli interessi di un bambino o comunque non avulsi dall’attività che sta svolgendo.

Nei primi anni di scolarizzazione il bambino è in un periodo di forte ten-denza alla manipolazione attiva, desidera soprattutto fare qualcosa, anche per conto proprio, dandogli un’impronta personale. Se, in questa fase dell’apprendimento, un bambino maturerà o no un gusto duraturo e profon-do per la lettura, ciò dipenderà da quanto abbia realmente potuto partecipare attivamente alla costruzione delle sue conoscenze sulla lingua scritta.

È indispensabile perciò leggere ai bambini molto e di frequente, organizza-re dei momenti particolari in cui essi sappiano che si sta leggendo, attrezzare un angolino, i piccoli della scuola dell’infanzia che arrivano alla scuola ele-mentare cercano in aula o nella scuola “l’angolo morbido”: con qualche cusci-no, un vecchio tappeto o coperta da srotolare al momento si potrà ricreare quella magia. Il momento della lettura con l’insegnante diventa un coinvolgi-

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mento dell’adulto nella storia narrata ai bambini, si diventa complici e com-pagni di un’avventura, di una vicenda. I bambini potranno, più avanti, imitare l’adulto e leggere le storie ai compagni, guardando solo le immagini o nella scuola elementare, leggere semplici testi nel gioco del lettore.

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Per ulteriori approfondimenti collegarsi con il sito www.infantiae.org nella sezione

Infanzia e Lingua Scritta/Bibliografia, curato da Franca Rossi