“U tilaru” (1949 riproduzione greca) (Castagno) · tessili, al fine di permettere le successive...

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“U tilaru” (1949 riproduzione greca) (Castagno) Il telaio Longobucchese tradizionale in legno – di betulla castagno, pino o faggio – è composto da quattro assi verticali (ante), alte all’incirca un metro e mezzo, e da otto orizzontali (sbarre), incastrate tra loro, che costituiscono gli elementi portanti del telaio. All’interno vi sono due bastoni cilindrici (subbi): uno posteriore, posto più in alto, che regge l’ordito (il filo che determina la lunghezza del tessuto) e uno anteriore, posto più in basso, sul quale si avvolge il tessuto, a mano a mano che procede il lavoro. A sostegno del subbio anteriore vi sono i due reggi subbio (palummelle), dalla forma di una piccola chitarra, alle cui estremità si trovano dei pesi, detti acurèddhe, che servono a tendere il tessuto. Al centro del telaio vi è la pedala (o pernacchia) che si manovra con i piedi che serve ad alzare ed abbassare i licci, (elementi formati da pesante cotone ritorto nei quali passa l’ordito), affinché possa inserirsi il filo della trama (che determina la larghezza del tessuto). La cassa battente è costituita da due pezzi: l’incastro del pettine e un’impugnatura che serve alla tessitrice per tirare la cassa stessa sul tessuto per la lavorazione. Dietro al telaio si trova la petrangula, una pietra che fa da peso e tiene ferme le cruci, due canne che hanno la funzione di separare i fili dispari da quelli pari per facilitare le operazioni di riparazione dei fili stessi. I fili si distinguono in fili di trama (che formano la larghezza del tessuto) e fili d’ordito (che ne formano la lunghezza). Prima della tessitura tali fili vengono sottoposti ad alcune operazioni: – incannaggio (raccolta dei fili nelle rocche); – orditura (preparazione “matematica” dei fili d’ordito in base alle dimensioni della stoffa che si intende lavorare e a quelle del telaio); – piegatura (avvolgimento del filo d’ordito nel subbio posteriore); – riempimento (o rimetaggio) dei licci (i fili dell’ordito vengono passati uno ad uno attraverso le maglie dei licci che alzano e abbassano i fili in serie alterne, determinando l’intreccio, o armatura, del tessuto); – riempimento del pettine (gli stessi fili che prima sono passati attraverso le maglie dei licci, ora passano attraverso i denti del pettine); annodatura (tutti i fili dell’ordito vengono annodati al subbio anteriore).

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“U tilaru” (1949 riproduzione greca) (Castagno) Il telaio Longobucchese tradizionale in legno – di betulla castagno, pino o faggio – è composto da quattro assi verticali (ante), alte all’incirca un metro e mezzo, e da otto orizzontali (sbarre), incastrate tra loro, che costituiscono gli elementi portanti del telaio. All’interno vi sono due bastoni cilindrici (subbi): uno posteriore, posto più in alto, che regge l’ordito (il filo che determina la lunghezza del tessuto) e uno anteriore, posto più in basso, sul quale si avvolge il tessuto, a mano a mano che procede il lavoro. A sostegno del subbio anteriore vi sono i due reggi subbio (palummelle), dalla forma di una piccola chitarra, alle cui estremità si trovano dei pesi, detti acurèddhe, che servono a tendere il tessuto. Al centro del telaio vi è la pedala (o pernacchia) che si manovra con i piedi che serve ad alzare ed abbassare i licci, (elementi formati da pesante cotone ritorto nei quali passa l’ordito), affinché possa inserirsi il filo della trama (che determina la larghezza del tessuto). La cassa battente è costituita da due pezzi: l’incastro del pettine e un’impugnatura che serve alla tessitrice per tirare la cassa stessa sul tessuto per la lavorazione. Dietro al telaio si trova la petrangula, una pietra che fa da peso e tiene ferme le cruci, due canne che hanno la funzione di separare i fili dispari da quelli pari per facilitare le operazioni di riparazione dei fili stessi. I fili si distinguono in fili di trama (che formano la larghezza del tessuto) e fili d’ordito (che ne formano la lunghezza). Prima della tessitura tali fili vengono sottoposti ad alcune operazioni: – incannaggio (raccolta dei fili nelle rocche); – orditura (preparazione “matematica” dei fili d’ordito in base alle dimensioni della stoffa che si intende lavorare e a quelle del telaio); – piegatura (avvolgimento del filo d’ordito nel subbio posteriore); – riempimento (o rimetaggio) dei licci (i fili dell’ordito vengono passati uno ad uno attraverso le maglie dei licci che alzano e abbassano i fili in serie alterne, determinando l’intreccio, o armatura, del tessuto); – riempimento del pettine (gli stessi fili che prima sono passati attraverso le maglie dei licci, ora passano attraverso i denti del pettine); annodatura (tutti i fili dell’ordito vengono annodati al subbio anteriore).

“U CACCAVU” Paiolo (‘800) (Rame) La produzione in rame di carattere domestico è antica quanto quella del ferro. Si eseguivano oggetti d’uso domestico, bracieri, brocche, caldaie dette quadare ed il CACCAVO usato dai pastori per la produzione del formaggio, infatti sui monti di Longobucco si producono numerosi latticini: da quelli ovo-caprini a quelli vaccini, come il caciocavallo, la mozzarella, il butirro, la giuncata caprina e il pecorino. Una tradizionale ricetta pastorale è la ’mpanata fatta con pane duro, siero e ricotta fresca ancora calda.

“CHIANUAZZULI” Pialle (‘800) (Castagno) Le pialle del falegname per la lavorazione del legno. I meravigliosi boschi della Sila sono sempre stati una fonte inesauribile di legname di tutti i tipi e qualità che hanno consentito a falegnami e pastori di creare oggetti di uso quotidiano – da quelli per l’arredamento agli utensili, dagli strumenti musicali alle caratteristiche sedie impagliate – ma anche statue di notevole valore artistico. Dal legno di erica si ricavano le pipe, famose in tutto il mondo, fiore all’occhiello dell’artigianato locale. Durante il Medioevo l’artigianato del legno si sviluppa in cinque diverse applicazioni: edifici e costruzioni navali, sculture lignee di ispirazione religiosa, prodotti artigianali, oggetti funzionali d’uso domestico e agricolo, arredamento e decorazioni. Nasce in questo periodo la tradizione della lavorazione dei cesti, si producono le casse per oggetti e alimenti, le bare in legno dette tavuti (termine di origine araba). Fino al Medioevo il legname giungeva sulla costa attraverso i fiumi, allora in parte navigabili, mentre successivamente si utilizzarono allo scopo particolari carri, detti traini.

“CARDATURU”. (‘800) (Castagno e ferro)

Utensile dei pastori che serviva a cardare la lana delle pecore, La cardatura è un'operazione che precede il processo di filatura della lana. Consiste nel liberare dalle impurità, districare e rendere parallele le fibre

tessili, al fine di permettere le successive operazioni di filatura.Deve il suo nome alla pianta del cardo, anticamente le

infiorescenze seccate del cardo dei lanaioli (che sono coperte di aculei) venivano usate per questo lavoro.

“CUNCHETTA”. (‘800) (Rame)

Utensile da cucina per il caminetto. La cucina longobucchese elabora sapientemente sapori e ingredienti

semplici ma sani. A Longobucco la pasta fatta in casa con il ferretto, a ferriattu, è quasi sempre

accompagnata dal grastatu di capretto o agnello, e da una spolveratina di ricotta affumicata e

peperoncino sott’olio o in polvere. Una variante usata durante il carnevale è costituita dai

vermiciaddi, conditi sempre (spesso) con (il) grastatu o con finocchietto selvatico (mai i

vermiciaddi!), e (qualche volta, con la finninula) un salame (povero) longobucchese (ormai in

disuso.) chiamato finninula. Secondo una tradizione detta U ‘mmitu e San Giuseppe, durante (il

mese di marzo) la festività del santo, i tagghjarini, cioè le tagliatelle, vengono preparati in grande

quantità, ben più del fabbisogno familiare, per farne dono (in primo luogo al vicinato ed ai parenti).

Si preparano le tagliatelle con ceci e fagioli cotti insieme al baccalà. (I tagghiarini vengono preparati, quando è la stagione, anche con finocchietto selvatico.)

“Mantice” (Metà ‘800) (Betulla, Ferro e pelle di animale)

Lo strumento usato nelle “Forgge” dal fabbro è composto da una pelle di animale legata ad una estremità, in cui è

inserita la canna che fa uscire l’aria, mentre l’altra estremità ha una sorta di valvola rudimentale, che quando si apre

permette l’immagazzinamento dell’aria, mentre quando si spinge per soffiare, si chiude automaticamente, costringendo

il soffio a indirizzarsi verso il fuoco. Quando si comprime il mantice, il respiro dello strumento alimenta la combustione

del carbone. Senza una dose massiccia di aria soffiata, le fiamme non possono arrivare a produrre tutto il calore

necessario.

.

“Vrasciaru” (‘800) (Castagno e Rame) “Vrasciaru”. Il braciere l’antico termosifone con cui si riscaldava la casa, ma veniva usato anche per cucinare.

“Toccata” (Fine ‘800) (Castagno) Antico strumento musicale della banda musicale di Longobucco si suonava nelle processioni del Venerdì Santo in sostituzione del silenzio delle campane del Campanile.

“Pisaturu” (Fine ‘800) (Castagno) Utilizzato per pestare o macinare il peperoncino in precedenza essiccato per poi essere utilizzato in cucina.

“Valiggia” (anni ’30) (Castagno e pelle di animale) La valigia dell’emigrante, utilizzata nella II Guerra Mondiale.

“Cuculli” per “Siricu” da seta

I bozzoli dei bachi da seta. Nelle nostre campagne attorno a Longobucco e Frazioni(Ortiano,

Destro, Manco) i bachi ("Siricu") venivano cullati rivestiti da batufoli di cotone, quasi covati nel

seno delle nostre donne. Una volta spuntati venivano distesi su delle tavole rivestite di cotone e

cibati con le foglie dei gelsi (ciavuzi) numerosi nelle nostre campagne. I bozzoli i cosiddetti

“cuculli” davano vita alla seta che veniva filata e lavorata in maniera certosina per la produzione di

pregiatissimi capi in seta.

“TERZARULU”.

Utensile da cucina che serviva per le Conserve varie. Per conservare, lardo, pesci, salumi, sotto sale

e sotto olio.

“U Cistariaddu”

Cestino per tutto l’occorrente di vettovaglie. Fatto dagli artigiani longobucchesi serviva soprattutto

ai braccianti agricoli ed operai forestali per la loro giornata lavorativa.

“Fossile Ammonite”. Fossile guida Devoniano risalente a circa 400 milioni di anni ritrovato dai

curatori della mostra sotto alle pendici della montagna “A petra e ra gnazzita”.

“A Rigghiara”

Il setaccio per setacciare il grano.

“Menzullu”

Unità di misura (20 kg circa) per misurare gli aridi (noci, castagne, ecc.)

“A Cassarola”

Casseruola di fine ‘800 usata per il caminetto

“A Rattacasa”

Antica grattugia per grattugiare il formaggio.

“Furme e scarpe”

Le forme di legno o di ferro per la fabbricazione delle scarpe di qualsiasi misura.

“Tinagghie”

Tenaglie dei maestri furgiari (i fabbri)

“Acitalena”

Antico lume ad olio.

“Burraccia”

Borraccia della guerra Italo-Turca 1911

“A Mascatura”

La serratura con chiave fabbricata dai fabbri

“Astratila”

La bilancia usata nelle vecchie botteghe

“Virdulu”. “Morsa”,

Utensili da falegname per la lavorazione di pezzi in legno.

“Spitiddu”

Antico utensile da cucina per tostare il caffè e l’orzo sulla brace.

“menzullu”

Unità per misurare gli aridi (20 kg circa)(noci, castagne, ecc.)

“Seziaru”

Utensile per pestare le spezie (sale grosso, peperoncino, pepe nero)

“mailla”

Utensile di legno per impastare gli insaccati oppure la farina.

“U Quartu”

Unità di misura per aridi (10 kg circa)

“cistella”

Cesto ricamato per regali matrimoniali.

“Pisarra”

Antico contenitore ‘700 per conservare olio, olive, ecc.

“U Virdulu”

Utensile da falegname per effettuare fori nel legno.

“U mantu eru brigantu” ‘800

“U tilaru” (1949 riproduzione greca) (Castagno) “U Virdulu900

“Pisarra800 “cistella”900

“U Menzullu”900

“U Quartu

“U seziaru”900

“A Mailla”900

“U Spitiddu”900

“”Astratila”900

“Mascatura cura chiava”900

“burraccia 1911

“tinagghie”900

“A Rattacasa”900

Furme pe’ scarpe” ‘900

“A citalena” ‘800

“A cassarola” ‘800

“A Rigghiara” 800

“Fossile Ammonite” circa 500 milioni di anni

“Cistariaddu” 900

“U Terzarulu” 800 “Cuculli” per “Siricu” da seta “A Valigia e l’emigrante” anni ‘20 “U pisaturu” 900 “Toccata” (Fine ‘800) “Mantice” (Metà ‘800 “Toccata” “CARDATURU”. (‘800) “U CACCAVU” (‘800) “CHIANUAZZULI” (‘800) “CARDATURU”. (‘800)

“Mperraturi” “Scrungaturi” “Crivu” “A bella addormentata” (arazzo) “U canu rizzu” (Arazzo) “U campanacciu” “Vomero” “Tiniallu” “favucia” “Zappetta e ra cavucia” “Camastra” “tripuru” “U mastu” “Stuppiaddu” “Zappitu” “rusellara” “U Jimmiallu” “A visciuattula” A tagghiola per u suruciu. A trappola eru lupu. “A lascitella” “A nivula” “U pisciariaddu” “U Casciunu” 800 “tappatrice da sughero” 800 “MotoParilla” (n2) “U mantu” e ru brigantu 800 “A ‘mbagniata” “a sporta” “U maciniallu” “A Cardarella” “U stuppiallu” MOSTRA PERMANENTE ARTIGIANATO E ANTICHI MESTIERI IDEATA E CURATA DA DOMENICO FEDERICO E MARIO DE SIMONE RESPONSABILI DELL-UFFICIO CISP LAVORATORI DI PUBBLICA UTILITA PER IL COMUNE DI LONGOBUCCO.