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CHI SIAMO LOG IN PRIVACY MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 10:23 I lingotti di piombo romani vanno alla ricerca dei segreti dell’Universo 18 gennaio 2016 Cronaca, In evidenza 13 Tweet 0 Da Cagliari parte l’ultimo carico verso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di 30 lingotti di piombo recuperati da una nave romana affondata duemila anni fa al 28 Consiglia Condividi Condividi HOME PRONTO INTERVENTO CRONACA P HOME PRONTO INTERVENTO CRONACA P

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CHI SIAMO LOG IN PRIVACY MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 10:23

I lingotti di piomboromani vanno allaricerca dei segretidell’Universo 18 gennaio 2016   Cronaca, In evidenza 13

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Da Cagliari parte l’ultimo carico verso i Laboratori Nazionali del

Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di 30 lingotti di

piombo recuperati da una nave romana affondata duemila anni fa al

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largo

delle

coste

sarde, davanti all’isola di Mal di Ventre. Il prezioso carico servirà per

completare la schermatura di un esperimento che studierà

rarissimi eventi riguardanti i neutrini. La messa a disposizione di

questo piombo è il frutto della collaborazione ventennale tra l’Infn, la

sua sezione di Cagliari, e la Sovrintendenza Archeologica della

Sardegna, con il parere favorevole del Ministero dei beni e delle

attività culturali e del turismo (Mibact) e prevede la possibilità di

utilizzare i lingotti preservandone ogni caratteristica di carattere

archeologico, per ricerche di archeometria.

L’Università degli Studi di Sassari partecipa agli studi

archeometrici promossi dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

nell’ambito dell’esperimento CUORE sui neutrini (Underground

Observatory for Rare Events), presso i Laboratori Nazionali del Gran

Sasso. Un gruppo di ricerca multidisciplinare guidato dal fisico

Massimo Carpinelli, Rettore dell’Università di Sassari, sta lavorando

per stabilire la composizione chimica dei lingotti di piombo romano.

Questo piombo antico, privo ormai di isotopi radioattivi, è ideale per

condurre l’esperimento CUORE, ideato da Ettore Fiorini

dell’Università Milano Bicocca, per consentire agli scienziati di

scoprire un raro fenomeno della fisica dei neutrini (il doppio

decadimento beta senza emissione di neutrini).

I ricercatori sardi. Il lavoro Ateneo turritano grazie a Massimo

Carpinelli, Marco Rendeli, Gabriele Mulas, Valeria Sipala e

Alessandro Contini, attraverso l’attivazione neutronica e la misura

dei rapporti tra gli isotopi stabili del piombo, ha permesso di

accertare la composizione chimica dei lingotti, di risalire alla

BLOGGER

Lingua Sarda e musicamoderna in un’unicasoluzione: ecco “SaFossa” dei BumbeOrchestra

 15 gennaio 2016

Emanuele Pintus sipresentò ai tempi delmio programma in radiocon il suo gruppo “WhiuWhiu!!”. Un doppiofischio e delle chitarrepesanti sul solco dellestrade barbaricine,testi...

provenienza dei lingotti e alla tecnica metallurgica utilizzata per

l’estrazione dei minerali. “La gran mole di dati che stiamo

raccogliendo è al servizio della comunità scientifica, impegnata nel

lungo lavoro di analisi e interpretazione archeometrica”, dichiara il

fisico e Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli –

“L’Università di Sassari è orgogliosa di contribuire a questa impresa

e di collaborare con prestigiose istituzioni scientifiche come l’INFN,

prime al mondo in questi campi di ricerca. Un altro esempio di come

nel nostro ateneo ci siano ricercatori capaci di essere al vertice di

ricerche di punta. Le ricerche multidisciplinari, alle quali collaborano

anche archeologi del nostro Ateneo, andranno avanti e

consentiranno di raccogliere altre informazioni preziose”.

Un ritrovamento che ha permesso di far avvicinare due scienze che

a prima vista sembrano molto lontane tra loro l’archeologia e la

fisica e diverse istituzioni. “L’utilizzo dei lingotti di piombo romano

rappresenta un caso esemplare di collaborazione tra le Istituzioni,

finalizzata a valorizzare il patrimonio archeologico nazionale e la

ricerca scientifica di frontiera, come quella sulla fisica dei neutrini,

premiata nel 2015 con il Nobel”, spiega Fernando Ferroni,

presidente dell’Infn.

LE FOTO

La scoperta. La nave romana fu trovata da nel 1989 da un

sommozzatore dilettante, Antonello Atzori, di Cagliari,

appassionato di mare e conoscitore dei fondali sardi, al largo della

costa di Oristano nel braccio di mare compreso tra la costa del Sinis

e l’isola di Mal di Ventre a circa trenta metri di profondità. Ad oggi,

quella di Antonello Atzori, è una delle scoperte subacquee più

significative degli ultimi decenni: una navis oneraria magna di

trentasei metri per dodici che oltre 2000 anni fa, nel periodo

compreso tra l’89 ed il 50 a. C, trasportava una carico di 1003

lingotti di piombo, assieme ad anfore di vario tipo, quattro ancore e

oggetti di uso quotidiano, dalla zona della Sierra di Cartagena,

nell’attuale Spagna, diretta probabilmente a Roma.

I lingotti. Ogni lingotto persa circa 33 kg, che corrisponde alle 100

libbre romane, che era il peso massimo trasportabile per legge da

uno schiavo, è lungo quarantasei centimetri ed alto nove e portano

incisi i marchi delle fabbriche, i cartigli, di coloro che li avevano

costruiti, come Caius e Marcus Pontilieni, figli di Marcus (circa

l’ottanta percento del carico), Quintus Appius, figlio di Caius, e

Carulius Hispalius. Famiglie di origine italiana che svolgevano

attività mineraria in Spagna e che inizialmente “Si pensava –

racconta la dottoressa Donatella Salvi, che a seguito lo scavo tra il

1989 ed il 1996 – che tra loro non fossero contemporanei”. Trecento

sono i lingotti che sono stati dati all’Infn, oltre seicento sono custoditi

presso il Museo Civico di Cabras, dove il 7 giugno 2008, è stata

inaugurata una sezione che ospita i materiali provenienti dal relitto,

ed i restanti a Cagliari, presso il Museo Archeologico.

Il piombo è un sottoprodotto dell’estrazione dell’argento e in epoca

romana costituiva un mercato importantissimo perché veniva “usato

per fare oggetti di uso comune” come ricorda dottor Marco Minoja,

Soprintendente per i Beni Archeologici, “dalle condutture per l’acqua

(fistulae), ai pesi, alle urne cinerarie”, ma fornisce anche un metro di

paragone delle attività estrattive che venivano portate avanti durante

l’Impero Romano. L’archeologa Donatella Salvi ha raccontato come

la scoperta del carico “raddoppiava, con un solo ritrovamento, il

numero dei lingotti di piombo iscritti conosciuti, e conferma

l’esistenza di un grosso mercato del metallo”.

L’importanza del piombo nella fisica. Oggi il metallo viene

ricercato perché particolarmente utile per gli esperimenti di fisica.

Infatti il piombo è un materiale ideale per la sua densità e per il suo

numero atomico elevato, unito a proprietà meccaniche discrete e ad

un costo accettabile, che riesce a schermare gli spazi dalla

radioattività ambientale. Ma ha un piccolo problema: alla sua

estrazione il metallo ha un isotopo radioattivo naturale, il Pb210,

che si dimezza ogni 22 anni circa, e che spesso contribuisce a

rendere gli esperimenti meno precisi.

Il piombo di cui sono composti i lingotti sardi è rimasto sotto il mare,

assieme alla nave che li trasportava, per due millenni e ha diminuito

di circa 100.000 volte la sua pur piccolissima radioattività di

partenza, praticamente annullandola, rendendoli utilissimi per

schermare perfettamente esperimenti di grandissima precisione

come quelli ospitati dai Laboratori sotterranei, a 1.400 metri di

profondità, del Gran Sasso dell’Infn. Dai lingotti verrà staccata la

parte anteriore con i marchi di cui sono adornati e le iscrizioni

verranno conservate, mentre il resto, una volta pulito dalle

incrostazioni marine, verrà fuso per farne lo schermo di un

internazionale.

L’esperimento. “Il piombo sardo servirà per scoprire un rarissimo

processo chiamato doppio decadimento beta del tellurio” racconta il

professor Stefano Ragazzi, direttore dei Laboratori Infn del Gran

Sasso “che serve per studiare la massa dei neutrini ma anche di

dimostrare la loro natura di particelle di Majorana (ovvero che il

neutrino è identico all’antinueutrino) oppure quella di Dirac (dove le

due particelle sono distinte)”. Ed aggiunge “sono ricerche queste

che, speriamo, ci aiutino a capire perché l’Universo è fatto di materia

e non di antimateria. In pratica capire la natura del neutrino ci aiuta

a capire le prime fasi di vita dell’universo”.

La conoscenza che produrrà questo esperimento non è soltanto di

fisica teorica, ma ha una ricaduta fortissima anche nella in quella

pratica, contribuirà, infatti, a sviluppare la strumentazione necessaria

per studiare a fondo questi fenomeni. Attrezzatura che avrà ricadute

anche in altri campi, come è successo al professor Ettore Fiorini,

che ha iniziato a studiare il doppio decadimento beta del tellurio con

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Alessandro Ligas

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