CASA DOLCE CASA PER I RESIDENTI ALL ESTERO · scelse di investire in lingotti d oro i proventi in...

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CASA DOLCE CASA PER I RESIDENTI ALL’ESTERO L’INTERVISTA Cinestar Cinemas: gli investimenti premiano. I migliori in Europa Star Plus. Un piano da 250 milioni di dollari per Fincantieri PROGETTI RICONOSCIMENTI 4|5 6 7 Start-up: il successo dipende dal team. Da soli non si va da nessuna parte A colloquio con Andrea Di Anselmo, fondatore e vicepresidente di Meta Group, una società che segue le start-up. Star Plus prevede l’allungamento, la sostituzione dell’apparato motore e il rinnovamento di tre navi. Il valore viene stimato a 250 milioni di dollari Cinestar Cinemas è il migliore in Europa. A ricevere il riconoscimento assegnato dagli operatori del settore sarà il fondatore Hrvoje Krstulović l a V oce del popolo economia & finanza www.lavoce.hr Anno 15 • n. 363 giovedì, 25 aprile 2019

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CASA DOLCE CASA pER I RESIDENTI ALL’ESTERO

L’INTERVISTACinestar Cinemas: gli investimenti premiano. I migliori in Europa

Star Plus. Un piano da 250 milioni di dollari per Fincantieri

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4|5 6 7Start-up: il successo dipende dal team. Da soli non si va da nessuna parteA colloquio con Andrea Di Anselmo, fondatore e vicepresidente di Meta Group, una società che segue le start-up.

Star Plus prevede l’allungamento, la sostituzione dell’apparato motore e il rinnovamento di tre navi. Il valore viene stimato a 250 milioni di dollari

Cinestar Cinemas è il migliore in Europa. A ricevere il riconoscimento assegnato dagli operatori del settore sarà il fondatore Hrvoje Krstulović

la Vocedel popolo

economia & finanzawww.lavoce.hr Anno 15 • n. 363giovedì, 25 aprile 2019

economia&finanza2 giovedì, 25 aprile 2019 la Vocedel popolo

RISPARMI a cura di Mauro Bernes

L’ORO DELLA BANCA D’ITALIA: UNA RISERVA PER I TEMPI CUPI

QUASI 2.500 TONNELLATE DI ORO, PER UN VALORE D 90 MILIARDI DI EURO. MA CHI PUÒ DISPORNE

La Banca d’Italia possiede la quarta ri-serva d’oro più grande del mondo, dietro soltanto a Stati Uniti, Germania e

Fondo monetario internazionale. Sono quasi 2.500 tonnellate di oro, per un valore – agli attuali prezzi di mercato – di 90 miliardi di euro. La storia di questo accumulo risale al boom economico del dopoguerra, quando una serie di prudenti governatori della Banca scelse di investire in lingotti d’oro i proventi in valuta estera delle esportazioni italiane. La riserva avrebbe dovuto funzionare come una sorta di paracadute d’emergenza, nel caso in cui la situazione economica del Paese fosse volta al peggio. L’ultimo acquisto di oro fu fatto nel 1973, quando la riserva toccò il re-cord di 2.600 tonnellate.

Le proposteDa allora non si parla più di comprare oro, anzi: sempre più spesso si è iniziato a parlare di venderlo o di trovare altri modi per met-terlo a frutto. Romano Prodi, per esempio, propose nel 2011 di cederlo a un fondo dove sarebbero dovute confluire le riserve auree di

tutte le Banche centrali europee, e che sarebbe stato poi usato per garantire l’emissione di un nuovo debito pubblico europeo. Di recente l’attuale maggioranza ha più volte lasciato intendere che queste riserve possono essere utilizzate per finanziare in qualche modo la spesa pubblica: per esempio disinnescando le famose clausole di salvaguardia che rischiano di scattare nel 2020 e far aumentare l’Iva per oltre 40 miliardi di euro.Quello che è meno chiaro, però, è chi pos-sieda l’oro di Banca d’Italia e soprattutto chi ne possa disporre per farci quello che meglio crede. Gli ultimi a occuparsi di questa que-stione sono stati Alberto Bagnai e Claudio Borghi, i due più noti sostenitori dell’uscita dell’Italia dall’euro e oggi parlamentari della Lega e presidenti delle Commissioni bilancio rispettivamente di Senato e Camera. Tramite interviste e mozioni parlamentari (l’ultima approvata pochi giorni fa) Bagnai e Borghi hanno chiesto al governo di mettere in chiaro una volta per tutte che l’oro appartiene allo Stato italiano, che quindi ne può disporre come meglio crede.

La proprietàIn realtà, anche prima delle loro richieste di chiarimenti, c’erano pochi dubbi sul fatto che l’oro fosse di proprietà dello Stato: la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico, il cui presidente è nominato dal Presidente della Repubblica su proposta del governo. Fa insomma indubbiamente parte del peri-metro dello Stato. Ribadirlo, anche tramite una legge, non cambierebbe molto, almeno nell’immediato. Molti però temono che Borghi e Bagnai, sostenuti dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, abbiano intenzione di ribadire la proprietà pubblica delle riserve auree come primo passo per mettere quelle stesse riserve a disposizione del governo.Salvini, Bagnai e Borghi hanno negato che questa sia la loro intenzione e in effetti que-sta manovra sarebbe probabilmente molto complicata da mettere in pratica. La Banca d’Italia è, per statuto, completamente indi-pendente dal governo, che quindi non può obbligarla a trasferire le sue riserve. Inoltre i Trattati europei, che hanno rango costitu-zionale, proibiscono alle Banche centrali dei

Paesi dell’Unione di finanziare direttamente gli Stati membri (e la Banca d’Italia specifica sul suo sito che cedere l’oro andrebbe consi-derato esattamente come un finanziamento).

Seimila tonnellate al mondo Ma se invece questo o un futuro governo dovessero, comunque, riuscire a prendere il controllo dell’oro, sarebbe davvero possibile usarlo per finanziare spese come il reddito di cittadinanza o bloccare aumenti di imposte come le clausole di salvaguardia? La risposta è che sì, potrebbero riuscirci, almeno per qual-che anno, ma probabilmente non sarebbe una buona mossa e per una serie di ottime ragioni.Salvatore Rossi, a lungo importante dirigente della Banca d’Italia, nel suo libro “Oro”, pub-blicato dal Mulino, ha ricordato per esempio che nel 2016 l’offerta totale di oro sul mercato mondiale fu di poco inferiore alle 6mila ton-nellate. Se a questo totale venissero aggiunte le 2.500 tonnellate delle riserve italiane, o anche soltanto poche centinaia, il risultato più probabile sarebbe un crollo del prezzo dell’oro e una conseguente riduzione dei profitti che lo Stato potrebbe ricavare dalla vendita.A questo bisogna aggiungere che la liquida-zione di questo patrimonio – “l’argenteria di famiglia”, come la chiama spesso Rossi – da-rebbe il segnale di un governo sulla soglia della disperazione, disposto a tutto pur di rag-granellare un po’ di risorse. Temendo un crollo imminente, quindi, i fondi e gli investitori che oggi mensilmente prestano denaro all’Italia chiederebbero probabilmente rendimenti più alti, o addirittura potrebbero rifiutare di prestare al Belpaese denaro, potenzialmente neutralizzando qualsiasi beneficio derivato dalla vendite dell’oro.Sarebbe molto più prudente vendere le ri-serve poco a poco, al ritmo di pochi miliardi l’anno. Il beneficio della vendita, però, a quel punto sarebbe molto ridotto. GLi esperti del settore hanno notato che se le riserve auree della Banca d’Italia appaiono a prima vista im-pressionanti, 90 miliardi di euro, ammontano in realtà ad appena il 4 per cento dei circa 2.350 miliardi di euro di debito pubblico ac-cumulati dallo Stivale.Insomma, vendere l’oro della Banca d’Italia rischia di non avere grandi effetti positivi per i conti pubblici, ma potrebbe averne di nega-tivi, in particolare sul lungo periodo. Nel suo libro Rossi spiega che un’importante riserva aurea come quella italiana funziona come un’assicurazione da utilizzare in momenti di grave difficoltà. Tra il 1973 e il 1974, per esempio, l’Italia si trovò improvvisamente a corto di valuta estera, necessaria per acqui-stare sui mercati internazionali il petrolio e le altre materie prime energetiche dalle quali dipendeva. La Banca centrale tedesca accettò di prestarle 2 miliardi di dollari, scongiurando una grave crisi energetica, ma chiese che a garanzia del prestito un quinto delle riserve auree italiane. Senza le riserve, ottenere il prestito sarebbe stato più complicato e gli italiani avrebbero probabilmente passato al freddo tutto l’inverno.Con la moneta unica situazioni del genere sono divenute impossibili, e lo resteranno fino a che questo sistema rimarrà in piedi. Cosa accadrà nei prossimi dieci, venti, trenta o cinquant’anni, però, rimane imprevedibile. Quale che sia il futuro della moneta unica e dell’Italia, sarà più rischioso affrontarlo senza le grandi riserve d’oro accumulate negli ultimi 70 anni.

| Nicolas Maduro con un lingotto d’oro

L’impegno profuso da buona parte dei governi nel congelare i beni del Venezuela non fornisce il risultato desiderato o, quantomeno, mostra qualche falla, in quanto Caracas è riuscita a piazzare a mercato ben 400 milioni di dollari in oro: questo è quanto riportano alcune fonti interpellate dai giornalisti di Bloomberg.L’ammontare della vendita, circa 9 tonnellate, si riflette nelle riserve totali della Banca centrale venezuelana, che sono scese a 8,6 miliardi di dollari; di questi

Maduro vende 400 milioni di dollari in lingottiIl Presidente del Venezuela aggira così le sanzioni

circa 5,1 miliardi sono costituiti da oro.La transazione potrebbe significare che il Presidente del Venezuela Nicolas Maduro, ha effettivamente trovato il modo per aggirare le sanzioni; il governo venezuelano, infatti, ha venduto oro ad alcune ditte negli Emirati Arabi Uniti d in Turchia sin dal momento che le sanzioni hanno iniziato a far sentire il loro impatto sul regime di Maduro.Il Capo dello Stato, attualmente, mantiene il controllo sulle istituzioni presenti sul suolo nazionale, tra cui le forze armate, ma il leader dell’opposizione Juan Guaidó sta utilizzando il supporto fornito da numerose nazioni al fine di impadronirsi degli assets finanziari venezuelani all’esterno

dei confini nazionali. Gli Stati Uniti, che riconoscono in Guaidó il leader legittimo della nazione sudamericana, hanno sanzionato Minerven, controllata statale impegnata

nella produzione di oro, ma confermano che il commercio di oro è uno tra gli elementi che consentono a Maduro di mantenere la fedeltà delle forze armate.

Il calo delle riserve complessive può anche significare che la Banca centrale del Venezuela sta iniziando a non tenere in considerazione l’oro a cui non è più possibile accedere, tra cui potrebbe esservi parte degli 1,2 miliardi di dollari in lingotti presso la Bank of England.La Banca centrale del Venezuela ha operato, spiegano i vertici, con una squadra d’emergenza composta da circa 100 operatori contro i tradizionali 2.000: da quando sono iniziati i blackout il gruppo opera da un sito esterno alla struttura principale e si concentra principalmente sulle operazioni di vitale importanza come, ad esempio, le transazioni tra istituti di credito locali e le riserve.

economia&finanza 3giovedì, 25 aprile 2019la Vocedel popolo

IL PUNTO di Christiana Babić

L’Italia, tra le economie avanzate del Pianeta, è uno dei pochi Paesi che

ha registrato una variazione reale negativa dei prezzi delle case nel quinquennio 2013-2018, con un calo che si avvicina al 4 p.c. sia per l’intero Paese sia per i prezzi della capitale. È uno dei dati che emergono dal Global Financial Stability Report (Gsfr) del Fondo Monetario Internazionale, che ha pubblicato di recente la parte analitica del documento. Secondo il rapporto dell’istituzione di Washington – che per questa elaborazione ha attinto dai dati della Banca dei Regolamenti Internazionali e dell’Ocse – tra il 2013 e il secondo trimestre del 2018 oltre all’Italia, che presenta il calo di quotazioni più marcato, sono andate in controtendenza per i prezzi immobiliari la Finlandia, Singapore, e la Francia. In questi ultimi due casi, tuttavia le rispettive capitali hanno evidenziato una variazione dei prezzi crescente. Venendo ai mercati immobiliari in rialzo, nello stesso periodo l’incremento reale maggiore è stato

registrato dall’Irlanda, seguita dalla Nuova Zelanda, dall’Australia, dal Canada e della Norvegia.

Il mattone è in caloPiù in generale la parte analitica del Gsfr studia e quantifica i prezzi a rischio delle abitazioni, che costituiscono una misura dei rischi al ribasso per la futura crescita dei prezzi delle abitazioni, con un campione di 32 economie di mercato avanzate ed emergenti e grandi città. Secondo lo studio fattori come il minor movimento dei prezzi delle case, la sopravvalutazione, l’eccessiva crescita del credito e le condizioni finanziarie più stringenti possono anticipare un rischio al ribasso maggiore sui prezzi delle case fino a tre anni in anticipo. La misurazione dei prezzi a rischio delle abitazioni aiuta inoltre – sottolineano gli economisti dell’Fmi – a prevedere i rischi al ribasso per la crescita del PIL, al di là di altre misure più semplici degli squilibri sui prezzi delle abitazioni, e quindi si aggiunge ai modelli di allarme precoce per le crisi finanziarie.

Le stime dell’Fmi evidenziano che i rischi al ribasso per i prezzi delle abitazioni sono aumentati dalla crisi finanziaria globale, con la maggior parte dei Paesi che presentavano un rischio più elevato alla fine del 2007 che affrontare rischi più bassi oggi, anche se in molte economie avanzate.

L’acquisto «sentimentale»Comunque sia, è certo che la flessione del prezzo del mattone ha favorito il mercato. O almeno quella parte rappresentata dall’acquisto che taluni definiscono “sentimentale” riferendosi alla scelta di acquistare casa nel Paese di provenienza. Lo rivelano i dati diffusi da Facile.it secondi i quali il 2 p.c. dei mutui richiesti in Italia fa capo a un italiano all’estero che intende rientrare in Patria. Non soltanto il numero di mutui richiesti dagli italiani residenti all’estero è alto, ma è anche tendente alla crescita. In media i richiedenti chiedono un finanziamento pari a 187mila euro per coprire così il 67 p.c. del valore dell’immobile (contro il 72

p.c. finanziato col mutuo per i residenti in Italia).

Residenti all’estero e mutuiLa curiosità è che il 40 p.c. dei richiedenti vuole comprare casa nel luogo d’origine, mentre il maggior numero è orientato a diventare proprietario di un immobile a Roma, Palermo o Napoli. Ivano Cresto, responsabile mutui di Facile.it, spiega: “Gli aspiranti mutuatari di nazionalità italiana, ma residenti all’estero, che cercano casa nello Stivale sono solitamente persone con redditi piuttosto buoni, tali da consentire di ottenere finanziamenti senza troppi problemi e, anche, di ripagare quanto ottenuto dalla banca in tempi decisamente rapidi”. I residenti all’estero, infatti, tendono a chiedere un mutuo per un tempo inferiore rispetto a quello richiesto da chi vive in Italia. Infatti, se il mutuo classico ha un piano di ammortamento medio di poco inferiore ai 23 anni, quello per un acquisto da parte di residenti all’estero supera di pochissimo i 19 anni. Considerazioni

confermate dai dati. Confrontando i valori di un mutuo medio per l’acquisto con quelli di un mutuo per l’acquisto per residenti all’estero si vede che nel primo caso la cifra che si punta ad ottenere è pari a poco meno di 135.000 euro, mentre nel secondo supera i 187.000 euro. Eppure il tasso di accettazione per i mutui di acquisto richiesti da chi vive in Italia è pari al 3,94 p.c., mentre per gli italiani che risiedono all’estero arriva a superare il 6,40 p.c.

Giovani professionisti“Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, gli italiani all’estero che cercano casa in Italia non sono persone ormai prossime alla pensione. La loro età media è di appena 40 anni. Piuttosto sembrano essere giovani professionisti che, al di fuori dei confini nazionali italiani, hanno raggiunto una solidità economica tale da consentirgli di acquistare casa nel loro Paese d’origine. Sia per investimento sia per le proprie vacanze, oppure in previsione di un rientro futuro”, spiega ancora Cresto.

CASA DOLCE CASAMADE IN ITALY

la Vocedel popolo4 giovedì, 25 aprile 2019 la Vocedel popolo

Innovazione e creatività stanno sempre più diventando un binomio senza il quale si fa fatica a centrare il successo

nel mondo imprenditoriale, tanto che sem-pre più spesso si parla di imprenditoria innovativa. A queste due parole si ag-giunge il termine “formazione”, ovvero la capacità dell’imprenditore di comprendere il suo mercato e prevedere gli sviluppi fu-turi, anticipando i tempi. Le start-up hanno fanno scoprire un nuovo mondo, centinaia di migliaia di giovani si cimentano in nuovi percorsi imprenditoriali e spesso, nono-stante abbiano un ottimo prodotto, non riescono a piazzarlo sul mercato proprio per la mancanza di formazione, innova-zione e creatività. È di questi argomenti che parliamo con uno dei massimi esperti italiani Andrea Di Anselmo, vicepresidente e co-fondatore di META Group.

Di che cosa si occupa META Group, qual è la sua storia, come si è sviluppata nel corso degli anni e di che cosa si occupa lei al suo interno?“Sono uno dei fondatori della META. META Group è una società internazionale specia-lizzata nell’erogazione accompagnamento/accelerazione di start-up e spin off e nell’a-iutare la ricerca a raggiungere il mercato. I nostri principali clienti sono tutti coloro, incluse le istituzioni, che si concentrano su R&D, innovazione e imprenditorialità quali leve di sviluppo, i giovani che vo-gliono sfruttare le loro attività di ricerca e gli investitori interessati a iniziative con elevati potenziali di crescita. META Group opera da 25 anni a livello internazio-nale. La società ha sedi in Italia, Belgio, Slovenia e Polonia. Siamo stati scelti dalla Commissione europea per realizzare azioni di supporto alla R&S&I, all’imprendito-rialità e alla finanza. Abbiamo portato a termine con successo oltre 800 incarichi, assistito più di 40 regioni e consegnato oltre 300 studi di fattibilità e progetti pi-lota in tutto il mondo.”

Un progetto «first in human»

META ha investito in più di 200 start up a rapida crescita in tutta Europa attra-verso otto fondi di capitale di rischio in tre Paesi. Come investite e quali sono i criteri che seguite per i vostri inve-stimenti? C’è un investimento al quale tenete particolarmente?“Con META Ventures gestiamo investimenti ‘early stage’ e cioè investiamo in imprese ‘appena nate’, le cosiddette start-up. Cerchiamo e selezioniamo i team migliori, che riteniamo capaci di portare il prodotto rapidamente sul mercato. Cerchiamo im-prenditori, anche alla prima esperienza, motivati e ambiziosi che condividano con noi la sfida di raggiungere un mercato globale. Tra questi, merita di essere men-zionato Roberto Tonelli CEO di Biogenera, un’impresa biotech innovativa dell’Univer-sità di Bologna, che è prossima a portare

Si parla molto di innovazione, dell’importanza del sapere innovarsi. META Group offre attività di consulenza anche ai governi nazionali. A suo avviso quanto le realtà con le quali vi siete confrontati sono sensibili al tema dell’innovazione? O meglio quanto la politica in Italia, e anche a livello europeo, è attenta all’innovazione? Perché la parola innovazione sta diventando sempre più determinante?“Innovazione di per sé non significa nulla, è solo una parola di moda; inoltre troppo spesso è collegata alla tecnologia. Quello che è importante è trovare soluzioni nuove, risposte migliori ai problemi di oggi e a quelli di domani! Trovare soluzioni nuove, innovare, significa abbandonare la ‘comfort zone’ far cose diverse dal solito. Questo spaventa e spaventa anche quei funzionari pubblici che dovrebbero invece essere i primi a supportare i cambiamenti. Tutti parlano di innovazione, ma veramente pochi si impegnano affinché ci siano politiche attente all’innovazione. Perché fare cose nuove se puoi continuare a fare quello che facevi ieri e non devi tenerne conto a nessuno?”

Che cosa ci dobbiamo aspettare sul lato investimenti in start-up nei prossimi anni in Europa? Riusciremo mai a colmare il gap con gli Stati Uniti?“Il gap con gli Stati Uniti è culturale! Io ho sentito parlare per la prima volta di “Elevator Pitch” nel 1991 negli USA all’Università quando un professore di ingegneria meccanica ci ha insegnato come presentare le nostre idee in pochi minuti. Mi dica lei in quante Facoltà d’Ingegneria in Croazia i professori insegnano questo nel 2019.”

Innovazione. Una parola di moda

| Andrea Di Anselmo

| L’ambasciatore Paolo Trichilo e Andrea Di Anselmo

intestardirsi, ma servono anche capacità che consentono di comprendere quello che sta accadendo e una visione nel gestire risorse scarse. Saper anticipare le sfide in maniera innovativa e non semplicemente reagire ai problemi.”

in fase clinica una terapia alternativa alle cure chemioterapiche per i tumori pedia-trici rari. Un ‘first in human’ che potrebbe cambiare drasticamente la qualità e l’ef-ficacia della cura per migliaia di piccoli pazienti.

Cerchiamo di sfatare un mito. È diffusa l’idea che con le start-up è facile gua-dagnare molto denaro in poco tempo e quindi in molti si gettano a capofitto in un progetto, senza averlo ben definito, nella speranza di fare molti soldi quanto prima. È veramente così?“Se le dicessi che tutti i ragazzi che gio-cano a pallone nella squadra del quartiere diventeranno campioni della nazionale, lei mi crederebbe? Ci vogliono talento e impe-gno, l’impegno da solo non basta, il talento da solo non è sufficiente. Ci vuole un’idea, ma ci vuole anche e principalmente un team. Un gruppo che dimostri di saper raggiungere il mercato e conquistarlo. Servono ‘imprenditori’, anche alla prima esperienza, motivati ed ambiziosi che con-dividano con noi la sfida di raggiungere un mercato globale e non si accontentino. Poi a volte i soldi arrivano, spesso non il giorno dopo!”

Tra le vostre attività figura anche quella riguardante la promozione dello spirito imprenditoriale. Concepire, lanciare e far crescere una start-up basata sulle cono-scenze richiede molto più di un ambiente favorevole e un investimento finanziario. Che cos’è questo “molto di più”, ovvero quali sono gli ingredienti per uno spirito imprenditoriale vincente?“Come evidenziavo prima ci vuole ambi-zione, capacità nel fare e nel raggiungere obiettivi, perseveranza. Non bisogna sco-raggiarsi ai primi fallimenti, ma nemmeno

Ecosistemi innovativi

Lei è coinvolto nello sviluppo di progetti de-stinati alla creazione di ecosistemi innovativi. Ci può spiegare meglio di che cosa si tratta?“Per poter fare bene ed essere veloci non possiamo fare tutto da soli, in isolamento. Dobbiamo essere in grado di confrontarci con altri, e acquisire quello che ci manca, ‘acce-dere alle risorse’ come dicono gli esperti. Un ecosistema è quell’insieme di infrastrutture e servizi, anche servizi sociali, con il quale dobbiamo interagire per poter fare crescere le nostre idee e farle diventare un’impresa di successo. Più l’ecosistema è ‘moderno’, ‘innova-tivo’ più la nostra impresa accelera. Purtroppo, la maggior parte degli ecosistemi sono anco-rati a una visione del passato, poco aperta alle nuove tendenze e alle nuove modalità di lavoro, di accesso ai servizi, alla conoscenza, alla finanza e ultimo, ma non in ordine di im-portanza, ai mercati.”

In occasione dell’Italian business forum svoltosi a Lubiana, nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di investire nel talento sin dalla più tenera età, prendendo esempio da quanto avveniva in passato all’epoca dei grandi artisti e dei mecenati, ma anche dalla realtà svedese. Ce lo può spiegare meglio?“La creatività è un talento importante e raro. In passato ci sono stati dei grandi visionari che

la Vocedel popoloeconomia&finanza 5giovedì, 25 aprile 2019

L’IntervIsta di Marin Rogić

Da sOLI nOn sI va Da nessUna ParteSERVE UN TEAM

a COLLOQUIO COn ANDREA DI ANSELMO, COFOnDatOre e vICePresIDente DI Meta GrOUP, Una sOCIetÀ CHe aCCOMPaGna Le start-UP

| Il vicepresidente di Meta Group con Jadran Lenarčič, direttore dell’IJŠ

la difficoltà è nella dimensione, troppo pic-cola e nella burocrazia che spesso opera come se fosse una fortezza inespugnabile e invincibile, poco disposta a essere al servi-zio dell’impresa. Recentemente in Italia si sta facendo moltissimo per le start-up inno-vative con una legislazione tutta per loro e nuovi strumenti finanziari. L’importante è che si faccia largo a giovani coraggiosi.”

L’anno scorso è stato anche a un conve-gno a Zagabria. Quanto conosce la scena delle start-up in Croazia e cosa ne pensa? Più in generale, cosa ne pensa del sistema Croazia. A suo avviso, è un Paese “amico delle imprese”?“Le imprese si moltiplicano dove c’è un mer-cato aperto, dinamico e in forte crescita, disponibilità di talenti e facilità di accesso. Gli incentivi fiscali aiutano, ma non sono tutto, come le imprese arrivano poi se ne vanno. Lo sappiamo bene anche in Italia. La Croazia si sta avviando a diventare un grande Paese, più moderno e come tutti i Paesi in ‘transizione’, tiene un piede anco-rato nel passato e uno ancora ‘appoggiato’ sul futuro. Fatto il salto penso che la Croazia possa attrarre giovani e imprese.”

Il talento si può coltivare

Quanto conta la formazione per la crescita e la nascita di nuovi progetti im-prenditoriali?“Il talento si può coltivare, non lo si può co-struire insegnandolo a scuola. Quello che conta è la capacità di comprendere quello che sta succedendo, il saper governare gli strumenti richiesti per quel tipo di mercato/problema, essere in grado di confrontarsi a li-vello internazionale e sapersi circondare delle persone giuste. Quanto questo possa essere insegnato da un professore, magari all’Uni-versità, lo lascio discutere ai suoi lettori.”

Oggi sembra che esista un’app per qualsiasi tipo di servizio. Quali settori ri-mangono, invece, ancora scoperti? Su che cosa si potrebbe puntare?“Non lo deve chiedere a me, lo chieda ai giovani talenti croati, loro sapranno rispon-dere.”

Dall’idea alla realizzazione di un’attività imprenditoriale il passo è lungo. Cosa consiglia a un giovane che ha un idea che ritiene buona, ma non sa come muoversi, o meglio non sa come realizzarla?“Trovare un team, da soli non si va da nes-suna parte. Insieme si può validare l’idea, prima di investire tempo e denaro a svi-luppare una cosa che non serve a nessuno! Verificare con i potenziali acquirenti/utenti se il problema che si vuole risolvere è real-mente un loro problema. Se è effettivamente un problema allora si deve capire come lo stanno risolvendo per poter offrire una so-luzione migliore! Se così non è allora vale la pena abbandonare l’idea e passare ad altro. “Fail fast, fail cheap”, dicono gli americani”.

hanno scelto di investire in creatività – in tutti i settori, dalle scienze all’arte, dalla let-teratura alle esplorazioni –; oggi, molto di quello di cui parliamo o che osserviamo in-torno a noi è la diretta conseguenza di quegli investimenti, che accaddero in un brevis-simo orizzonte temporale. Oggi non siamo più capaci a fare altrettanto. Non capiamo che servono non solo co-working space o business angels, ma anche e principalmente servizi per giovani coppie, leggi che per-mettano alle donne di lavorare al pari degli uomini, asili nido, etc. Come fanno i giovani a diventare imprenditori di successo se non trovano i servizi giusti per loro? Ecco, questo in Svezia lo hanno capito.”

Italia, Slovenia, Europa

Quali ritiene che siano i pro e i contro del fare start-up in Italia rispetto magari ad altri Paesi europei come la Slovenia dove siete presenti? Quanto e come l’Italia sup-porta l’imprenditoria innovativa?“La difficoltà nel fare impresa in Italia è relativa al fatto che il nostro è un Paese grande, complesso, ma anche frazionato. La burocrazia è pesante e i tempi della giustizia sono lunghissimi. Tutto questo non lo rende un posto facile per il ‘business’. Ma chi ha successo in Italia, avendo vinto spesso con-tro tutti, ha enormi possibilità di crescita anche a livello internazionale. In Slovenia

economia&finanza6 giovedì, 25 aprile 2019 la Vocedel popolo

STAR PLUS. UN PIANO DA 250 MILIONI DI DOLLARI

FINCANTIERI-WINDSTARSI LAVORA ALL’«ALLUNGAMENTO» DI TRE NAVI

| Giuseppe Bono, ad di Fincantieri

| La targa della Majestic Princess

| Giuseppe Bono con Massimiliano Fedriga e Matteo Salvini

La presenza all’estero

L’assemblea dei soci di Fincantieri, svoltasi a Trieste, ha riconfermato Giampiero Massolo nel ruolo di presidente e Giuseppe Bono ad amministratore delegato. Approvato pure il Bilancio 2018, che ha chiuso con un utile di 277 milioni di euro. A favore il 99,57 p.c. del capitale sociale, nessuno contrario. “Quanto al dividendo, potremmo dare più profitti in futuro, ma una parte andrà riservata al futuro”, ha detto l’ad Giuseppe Bono, che ha risposto anche a dei rilievi critici in tema di personale. “Ci accusano di usare molto personale straniero nei Paesi in cui operiamo. Ma noi abbiamo responsabilità nei confronti di questi Paesi che ci ospitano. Sul fonte dei lavoratori siamo un’azienda maschilista, ma ora vogliamo coinvolgere il personale femminile soprattutto nel settore ingegneristico”. Infine, Bono ha annunciato agli azionisti che il Gruppo sta lavorando a navi di non grandi dimensioni senza personale a bordo, “e – ha fatto presente siamo già in uno stato avanzato”. “Stiamo costruendo traghetti a propulsione elettrica – ha aggiunto l’ad – utilizzabili per brevi percorsi, dove ci sono isole vicine. Stiamo sviluppando le batterie, che vengono sostituite al porto di destinazione”.

Personale straniero:un fatto di responsabilità

“La Via della Seta è a doppio senso: va percorsa dalla Cina all’Occidente e dall’Occidente alla Cina e non va fatta quindi da soli, d’altronde contro un colosso di quel genere credo che alla fine saremmo perdenti. Gli accordi che

finora noi abbiamo fatto sono accordi molto equilibrati, anzi noi siamo molto soddisfatti. Soprattutto bisogna che le regole siano comuni, perché con regole diverse è difficile fare competizione, soprattutto a livello internazionale, poi

ci si trova sempre in difficoltà”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, che ha chiarito che per quanto riguarda Fincantieri, il gruppo “i suoi accordi li ha già fatti indipendentemente dalla Via della Seta. “Io comunque ho detto che la Via della Seta deve prima di tutto consentire reciprocità” ha concluso l’ad.

La Via della Seta è a doppio senso

Ha preso il via a inizio aprile nell’Arsenale San Marco di Trieste, con il taglio della

prima lamiera delle nuove sezioni, l’attuazione del piano Star Plus di Windstar, che prevede l’allungamento, la sostituzione dell’apparato motore e il rinnovamento di tre unità. È il più complesso e completo del suo genere e il valore viene stimato a 250 milioni di dollari. A inaugurare il progetto è stato John Gunner, vicepresidente Expansion Projects di Windstar Cruises, società che sottoporrà in successione metà della sua flotta – Star Breeze, Star Legend e Star Pride – a questo genere di ammodernamento. I lavori sulla prima delle tre navi, Star Breeze, inizieranno nell’ottobre di quest’anno e termineranno con la partenza della terza, Star Pride, nel novembre 2020. Il taglio della prima lamiera ha segnato l’inizio della fase di costruzione delle nuove sezioni. Le navi, infatti, saranno tagliate a metà per consentire l’installazione di una nuova sezione nella parte centrale che allungherà ogni unità di circa 25 metri. La capacità totale delle “nuove” navi ingrandite porterà a 312 il numero di passeggeri, e per mantenere il rapporto tra staff e ospiti di 1,5 a 1 sarà assunto nuovo personale.

Minore impatto ambientale“Non si tratta solo di tagliare una nave a metà e renderla più grande. Stiamo anche sostituendo i motori e il ‘back of house’, in modo che queste navi mantengano la promessa di accedere ai porti più piccoli e agli itinerari speciali con minore impatto ambientale per le generazioni a venire”, ha sottolineato John Gunner. Andrew Toso, responsabile Ship Repair & Conversion della Divisione Services di Fincantieri, ha dichiarato: “La notevole esperienza maturata con importanti progetti negli ultimi anni e il programma Windstar che stiamo ufficialmente avviando, consolidano la posizione di Fincantieri come punto di riferimento in tutto il mondo per questo tipo di operazioni altamente sofisticate e complesse. Siamo molto orgogliosi che Windstar, un nuovo prestigioso cliente per la nostra azienda, ci abbia scelto per questi lavori strategici che richiederanno un altissimo livello di competenza ingegneristica e gestione dei progetti”.

Aperte le prenotazioniLe nuove sezioni saranno costruite a Trieste e trasportate poi a Palermo per essere inserite nelle navi Windstar insieme ai nuovi motori. Il cronoprogramma prevede che le nuove sezioni verranno realizzate tra aprile e settembre, trasferite in ottobre e successivamente inserite in modo che Star Breeze possa essere completata in tempo per gli eventi inaugurali nel porto di Miami il 19 marzo 2020. Le prenotazioni sono aperte per le rinnovate Star Breeze e Star Legend, compresa la crociera da 10 giorni Colors of Key West & Central America a bordo di Star Breeze da Miami a Colón, Panama, il 20 marzo 2020. La navigazione da Miami sarà la prima per la compagnia con sede a Seattle.

Progetti per 54 naviIl progetto di ampliamento e ammodernamento è stato curato dalla funzione Ship Repair & Conversion della Divisione Services di Fincantieri, uno dei più grandi gruppi cantieristici al mondo e numero uno per diversificazione e innovazione, che ha costruito 89 navi da crociera dal 1990 ad oggi, con 54 nuove navi che attualmente sono in fase di progettazione o costruzione nei cantieri del gruppo. L’azienda

ha anche una profonda esperienza nella conversione di navi da crociera, grazie alla quale consolida la propria leadership in questo comparto ad alta specializzazione. Lo studio Johnson di Cooper Carry a New York, diretto da Ray Chung, Director of Design, è stato incaricato di creare un’estetica moderna e accattivante per le nuove aree pubbliche e le 50 nuove suite. Oltre ad esse ci sarà una nuova area piscina, ristoranti, un centro spa e benessere e un migliorato “living room deck space”.

PROGETTI

economia&finanza 7giovedì, 25 aprile 2019la Vocedel popolo

CINESTAR CINEMAS È IL MIGLIORE IN EUROPA

IL RICONOSCIMENTO SARÀ CONSEGNATO A HRVOJE KRSTULOVIĆ A BARCELLONAÈ CineStar Cinemas il migliore in Europa. Il riconoscimento targato 2019 sarà consegnato al

cofondatore e membro della direzione della società Blitz-CineStar, Hrvoje Krstulović, al congresso CineEurope in programma a giugno a Barcellona. Si tratta dell’evento più longevo e di maggior successo dedicato ai professionisti del cinema, che coinvolge sia i grandi operatori sia quelli regionali e indipendenti. A conclusione dei lavori del convegno viene tradizionalmente assegnato il premio al gestore di sale cinematografiche che si è distinto per i risultati raggiunti e che ha imposto nuovi standard in termini di progetti innovativi, crescita e leadership. Quest’anno come già scritto il premio Internacional Exhibitor of the Year sarà appunto assegnato a Krstulović in rappresentanya di CineStar Cinemas a conclusione dell’evento in programma dal 17 al 30 giugno prossimi nel Centru Convencions Internacional di Barcellona (CCIB).

Investire nella qualitàMotivando la scelta, dalla CineEurope hanno rilevato che Blitz-CineStar è una società che rappresenta al meglio la tendenza di innalzare costantemente l’asticella della qualità nell’industria cinematografica riuscendo al contempo a mantenere costanti i ritmi di crescita. “È ammirevole l’impegno profuso per assicurare la migliore offerta possibile rendendo la permanenza al cinema un vero e proprio evento. Grande attenzione viene dedicata all’innovazione e questo ha consentito alla compagnia di diventare un leader nel settore e registrare ottimi tassi di crescita nella regione e più in generale in Europa”, si legge nelle motivazioni. Più che soddisfatto Hrvoje Krstulović, che si è detto onorato del fatto che gli esperti del settore abbiano riconosciuto gli sforzi profusi e gli investimenti fatti, ma anche il sapere e le competenze di tutto lo staff. Ha poi ringraziato in modo particolare tutti i dipendenti, i partner d’affari e i clienti, definiti tutti “attori importanti di questo successo”. “La nostra idea di Cinema a cinque stelle si sta rivelando un’ottima idea. Essere il primo in Europa è un riconoscimento importantissimo che ci sprona a fare ancora di più e ancora meglio in futuro. Considerato che Blitz- CineStar continua a crescere espandendo la rete di sale e promuovendo nuovi progetti nella regione – così ancora Krstulović – il premio ottenuto ci impone di mantenere alto il livello qualitativo e di migliorarci costantemente”.

23 multiplex, 145 saleIl ciclo d’investimenti avviato dalla Blitz-CineStar sin dalla fondazione avvenuta nel 2003 ha portato ad oggi il gruppo CineStar Cinemas a gestire in Croazia e nei Paesi della regione 23 multiplex (incluso quello che sarà inaugurato a breve a Belgrado). Complessivamente dispone di 145 sale digitalizzate con una capienza superiore ai 23mila posti. “I quasi cinque milioni di biglietti venduti all’anno fanno di CineStar Cinemas il più grande operatore del settore nella regione”, hanno concluso dalla società.

InSky Solutions-Infobip nasce MessageInSkyInSky Solutions e Infobip uniscono le forze e lanciano sul mercato un nuovo servi-zio. La società leader a livello globale nel settore delle comunicazioni digitali e la giovane società CRM ad alto tasso d’in-novazione che ha saputo guadagnarsi il titolo di partner della Microsoftov colla-boreranno al progetto che poggia su una soluzione sviluppata dalla InSky. Si tratta di MessageInSky, un prodotto che consente la consegna automatica di tutte le informa-zioni ai device degli utenti attraverso brevi messaggi testuali, Viber, Whatsapp e altri canali sui quali Infobip offre l’accesso alla sua piattaforma globale. Con il lancio di MessageInSky, InSky è diventato il primo

partner locale che beneficia dell’accesso alla piattaforma comunicativa globale di Infobip, uno strumento utilizzato in tutto il mondo. MessageInSky inteso come canale comunicativo offre a tutte le società che utilizzano CRM ovvero Microsoft Dynamics 365 di accedere a una nuova dimensione comunicativa, ridurre i costi d’interazione con i dipendenti e i clienti.Il prodotto è un ottimo esempio del ben noto concetto di “omnichannel” conside-rato che tutte le attività vengono svolte attraverso uno schermo unico che com-bina tutti i canali a disposizione. Tutti i principi del CRM vengono applicati anche su MessageInSky il che significa che la co-

municazione è contenuta nello stesso data base e collegata con un concreto contatto o società. Si tratta di un passaggio impor-tante per entrambe le soceità che potranno ora combinare i rispettivi prodotti e of-frire sul mercato una soluzione integrata. In tutto il mondo, indipendentemente da quale sia settore d’attività, hanno ora la possibilità di utilizzare MessageInSky e as-sicurare così un valore aggiunto ai clienti. Un’applicazione pratica è facilmente imma-ginabile nei settori turistico, farmaceutico, produttivo, finanziario… Inoltre il prodotto esprime un ottimo modello di collabora-zione tra le società InSky e Infobip a livello globale.

ATTUALITÀ di Francesca Mary

La presenza all’estero

economia&finanza8 giovedì, 25 aprile 2019 la Vocedel popolo

Anno 15 / n. 363 / giovedì, 25 aprile 2019

Caporedattore responsabileRoberto Palisca

Redattore esecutivoChristiana BabićImpaginazioneVanja Dubravčić

la Vocedel popolo

IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina

Edizione ECONOMIA & FINANZA

CollaboratoriMauro Bernes, Marin Rogić e Francesca Mary

[email protected]

FotoPixell, Reuters, Barbara Reya, ARC e archivio

INVESTIMENTI

I BISCOTTI DIVENTANO FERRERO

ACQUISITI ANCHE SEI STABILIMENTI NEGLI STATI UNITI. L’ACCORDO PESA 1,3 MILIARDI DI DOLLARI

Il Gruppo Ferrero ha siglato un accordo definitivo in base al quale acquisirà il bu-siness dei biscotti, degli snack alla frutta,

dei gelati e delle crostate da Kellogg Company per 1,3 miliardi di dollari in contanti. Questi business hanno generato un fatturato di circa 900 milioni nel 2018. Ferrero acquisirà un forte portafoglio di marchi molto amati negli Stati Uniti nella categoria dei biscotti, tra cui il marchio iconico di biscotti Keebler, i biscotti top selling nel consumo “on the go” Famous Amos, il marchio di biscotti premium per fa-miglie Mother’s e i biscotti senza zucchero Murray, così come Little Brownie Bakers, for-nitore di biscotti per le Girl Scouts. Ferrero acquisirà anche il business degli snack alla frutta Kellogg`s, compresi gli snack Stretch Island e Fruity, insieme ai coni gelato e alle crostate Keebler’s. Dal 2017, Ferrero ha ac-quisito diversi marchi e aziende statunitensi

e, con questa transazione, entrerà in nuove categorie di prodotti strategici, rafforzando ulteriormente la sua posizione nel mercato nordamericano. Ferrero acquisirà da Kellogg anche sei stabilimenti di produzione statu-nitensi di proprietà, situati in tutto il Paese, ad Allyn (Washington) Augusta (Georgia) Florence e Louisville in Kentucky e due sta-bilimenti a Chicago in Illinois; così come un impianto di produzione in affitto a Baltimora, nel Maryland.

Marchi iconici“Il business di Kellogg dei biscotti, degli snack alla frutta, dei gelati e delle cro-state rappresenta un`eccellente soluzione strategica per Ferrero, perché consente di continuare ad aumentare la nostra presenza complessiva e l’offerta di prodotti nel mer-cato nordamericano”, ha dichiarato Giovanni

Ferrero, presidente esecutivo del Gruppo Ferrero. “Con quest’operazione non vedo l’ora di portare molti marchi iconici Kellogg nel portafoglio Ferrero, di accogliere i nuovi colleghi nella nostra vasta comunità e di pro-seguire la nostra tradizione nel far crescere i marchi, come abbiamo fatto attraverso le ac-quisizioni di successo di Fannie May, Ferrara Candy Company e l’ex business dolciario statunitense di Nestlé. Abbiamo un grande rispetto per Kellogg, per la sua eredità e i suoi valori e siamo orgogliosi che abbia scelto Ferrero come una buona casa per que-sti business”.

Un’opportunità entusiasmante“Stiamo acquisendo un portafoglio di mar-chi consolidati amati dai consumatori, con posizioni sul mercato molto forti attraverso le loro rispettive categorie, permettendoci di

diversificare in modo significativo il nostro portafoglio e di sfruttare le nuove entusia-smanti opportunità di crescita nel mercato dei biscotti più grande del mondo”, ha dichia-rato Lapo Civiletti, CEO del Gruppo Ferrero. Todd Siwak, CEO di Ferrara Candy Company, ha commentato: “L’acquisizione rappresenta un’opportunità entusiasmante per portare avanti i nostri obiettivi strategici di crescita e non vediamo l’ora di condividere i nostri piani aziendali con i nostri clienti, fornitori e gli altri partner nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e dare il benvenuto ai nostri nuovi colleghi di Kellogg’s”.La transazione è soggetta alle consuete con-dizioni di chiusura e approvazioni normative e si prevede che si chiuderà nella seconda metà dell’anno. JP Morgan Securities plc, Davis Polk & Wardwell LLP sono stati consu-lenti di Ferrero.

Le Associazioni bancarie di Austria, Croazia, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia e Slovenia “rilevano che l’articolata e dettagliata regolamenta-zione finanziaria comporta per le banche di medie e piccole dimensioni, in partico-lare, oneri e costi sproporzionati: oltre l’80 per cento di esse ha sede negli Stati in cui operano queste Associazioni. Nonostante il pacchetto di riforma del settore bancario dell’UE abbia introdotto una prima serie di misure, tese ad alleggerire gli oneri di compliance alle norme per tali istituti, ap-paiono necessari ulteriori interventi. Come illustrato in un position paper condiviso tra le nove Associazioni, i principali am-biti di potenziale intervento appaiono le disposizioni in materia di rendicontazione

Servono regole più semplici

Unicredit estende l’iniziativa a 10 mercati

Unicredit lancia l’iniziativa Social Impact Banking anche a livello di gruppo. Il progetto sarà supportato anche attraverso la vendita delle collezioni d’arte italiane, tedesche, austriache. La decisione, spiega la banca in una nota, è stata presa dopo il successo del primo anno dell’iniziativa in Italia con l’approvazione di 72,9 milioni di euro di finanziamenti a impatto, di cui 32,6 milioni di euro per 31 operazioni impact financing e40,3 milioni di euro per 2.050 prestiti di microcredito. A fronte di questo impegno, sono stati erogati 47,8 milioni di euro in totale.Nel corso del 2019, Unicredit estenderà l’iniziativa su base graduale ad altri dieci mercati del Gruppo: Germania, Austria, Serbia, Croazia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Turchia, Repubblica Ceca e Slovacchia e Bosnia ed Erzegovina. Il modello Social Impact

Banking “per promuovere un impatto sociale positivo sarà adattato in ciascun mercato in base alle caratteristiche locali”.L’estensione di Social Impact Banking nel 2019, spiega Unicredit, è “pienamente in linea con le ambizioni iniziali del programma e con il forte impegno di Unicredit nel contribuire allo sviluppo delle comunità in cui opera la banca”. L’ulteriore roll-out, prosegue la nota, “sarà supportato anche da una progressiva vendita delle collezioni d’arte locali del Gruppo Unicredit in Italia, Germania e Austria, i cui proventi iniziali saranno di circa 50 milioni di euro. Alcune opere d’arte saranno donate anche a musei locali. I proventi saranno principalmente reinvestiti in iniziative Social Impact Banking; il resto del ricavato sarà dedicato ad altri progetti rilevanti, incluso il supporto di giovani artisti”.

Social Impact Banking anche a livello di gruppo

e remunerazione”. Lo si legge in una nota diffusa dall’associaizone bancaria italiana.“L’obiettivo – viene rilevato nel documento congiunto, non è mettere in discussione una regolamentazione il cui impianto è adeguato: gli stessi requisiti patrimoniali e di liquidità devono continuare a essere applicati in pre-senza dei medesimi rischi. Alcune misure appaiono tuttavia non pienamente coerenti, considerando le dimensioni delle banche coinvolte, né contribuiscono alla stabilità finanziaria. Ne derivano dunque – si legge ancora – costi indubbiamente sproporzionati rispetto ai benefici perseguiti”.A titolo di esempio, il documento cita “i re-quisiti di rendicontazione, che si traducono in una quantità enorme di pagine e dati da gestire, con sforzi notevoli da parte delle banche, in termini sia di tempo sia di risorse, assolutamente sproporzionati rispetto ai benefici ottenuti ai fini della stabilità finan-ziaria. Le Associazioni caldeggiano pertanto il completamento del mandato dell’Eba affin-ché l’Autorità possa definire, assieme ad altri aspetti, raccomandazioni finalizzate a ridurre i requisiti di rendicontazione”.Un altro ambito di interesse sono le regole in materia di remunerazione. “Nonostante siano rilevanti soltanto per un numero limitato di banche di grandi dimensioni, tali complesse norme – conclude il documento – devono es-sere applicate da tutti gli istituti di credito in egual misura, con gli ingenti oneri che ne deri-vano in termini di tempo e risorse impegnate”.

Proposta per le banche medio-piccole