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1 Utilizzo di polimeri biodegradabili e compostabili nel comparto agricolo ed alimentare INTRODUZIONE L'esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo ha iniziato a prendere piede a partire dagli anni ’70, come conseguenza dell'avvenuta presa di coscienza del fatto che il concetto di sviluppo classico, legato esclusivamente alla crescita economica, avrebbe causato entro breve il collasso dei sistemi naturali. La crescita economica non è di per sé sufficiente, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo. All’inizio del XXI secolo la crescente attenzione rivolta ai biopolimeri trae origine dalla volontà di porre un freno all’inquinamento ambientale. Nella sua accezione più ampia, il concetto di sostenibilità implica la capacità di un processo di sviluppo da sostenere nel corso del tempo, la riproduzione del capitale mondiale composto dal capitale economico, umano/sociale e naturale. ……………………………………………………………………… PLASTICHE Problematica ambientale E’ difficile immaginare che solo un secolo fa la presenza di plastica nel mondo fosse trascurabile, quando ora essa pervade le nostre vite dai contenitori per alimenti ai dispositivi medicali, fino ai componenti delle

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Utilizzo di polimeri biodegradabili e compostabili

nel comparto agricolo ed alimentare

INTRODUZIONE

L'esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di

sviluppo ha iniziato a prendere piede a partire dagli anni ’70, come conseguenza dell'avvenuta presa di

coscienza del fatto che il concetto di sviluppo classico, legato esclusivamente alla crescita economica,

avrebbe causato entro breve il collasso dei sistemi naturali. La crescita economica non è di per sé

sufficiente, lo sviluppo è reale solo se migliora la qualità della vita in modo duraturo. All’inizio del XXI secolo

la crescente attenzione rivolta ai biopolimeri trae origine dalla volontà di porre un freno all’inquinamento

ambientale. Nella sua accezione più ampia, il concetto di sostenibilità implica la capacità di un processo di

sviluppo da sostenere nel corso del tempo, la riproduzione del capitale mondiale composto dal capitale

economico, umano/sociale e naturale. ………………………………………………………………………

PLASTICHE

Problematica ambientale

E’ difficile immaginare che solo un secolo fa la presenza di plastica nel mondo fosse trascurabile, quando

ora essa pervade le nostre vite dai contenitori per alimenti ai dispositivi medicali, fino ai componenti delle

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auto ed ai giocattoli. La plastica consente al nostro cibo di rimanere fresco più a lungo e di poter essere

trasportato su distanze maggiori, mantiene i dispositivi medicali sterili, ad esempio tramite gli involucri di

aghi o le sacche per il sangue o la soluzione salina, rende le nostre auto più leggere ed efficienti nei

consumi, rallegra i bambini nella forma di Lego o Barbie, solo per menzionare alcuni dei tanti usi attuali

(Kržan,2012). Questo è sorprendente se si pensa che la plastica è l’unico gruppo importante di materiali

interamente realizzato dall’uomo. La parola plastica deriva dalla parola greca "Plastikos", che significa "in

grado di essere stampati in diverse forme" (Joel,1995). La produzione mondiale di plastica è di circa 200

milioni di tonnellate/anno. Tale produzione, in costante aumento negli ultimi 50 anni, ha fatto sì che

venisse coniata l’espressione "Era della Plastica", applicata a tutta la seconda metà del novecento. Questa

definizione dà un’idea di quanto l’avvento delle materie plastiche abbia inciso sui comportamenti e le

abitudini quotidiane dei paesi sviluppati ed in via di sviluppo, e di quanto abbia contribuito allo sviluppo di

importanti settori come trasporti, comunicazioni, elettronica, informatica.

Settori di utilizzo delle materie plastiche

La plastica tradizionale, o sintetica, è prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del

greggio. La sua caratteristica è quella di essere costituita da monomeri, l’unità strutturale ripetitiva che

forma un polimero, con una notevole resistenza meccanica ed al calore ma costituisce un grave problema

ambientale a causa della sua bassa biodegradabilità e l'accumulo in vari ambienti. La crescente

consapevolezza ambientale e la presenza di nuovi regolamenti, nonché nuove tendenze nella gestione dei

rifiuti solidi, hanno portato i ricercatori ad incrementare le attività sulla progettazione di materiali

polimerici compostabili che si degradano facilmente in condizioni ambientali ben definite.

Il metodo tradizionale di smaltimento dei rifiuti (interramento in discariche ed incenerimento) non può

essere applicato alla plastica perché:

alcune materie plastiche quando bruciano producono gas tossici;

quasi tutte le plastiche bruciando producono una notevole quantità di calore che, se non viene

utilizzato per produrre energia, si disperde nell’ambiente circostante causando un indesiderato

aumento della temperatura (inquinamento termico);

la plastica non è degradabile, se non in tempi lunghissimi (centinaia di anni), quindi una volta

abbandonata permane nell’ambiente.

Nel Mar Mediterraneo galleggiano 500 tonnellate di rifiuti plastici, che rappresentano circa l’80 per cento

della spazzatura presente in mare: tali materiali impiegano dai 500 ai 1.000 anni per degradarsi e ciò

rappresenta un serio problema non solo per le specie marine, ma anche per l’uomo, essendo la plastica

entrata inevitabilmente nella catena alimentare. Il problema dell’accumulo di materiale plastico nelle acque

è talmente grave che in un’area posta tra la California e le Hawaii si è formata una vera e propria isola di

plastica grande due volte l’Italia e profonda 30 metri. Lo strano fenomeno è stato causato dalle correnti

marine che hanno fatto convergere migliaia di tonnellate di rifiuti sparsi in mare. Ma il problema maggiore

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è creato da ciò che il nostro occhio non riesce a percepire: micro-particelle di plastica spesse dai 0,3 ai 0,5

mm fluttuano nei nostri mari, alterando in modo significativo gli ecosistemi e contaminando la catena

alimentare; gli oggetti di plastica, infatti, mano a mano si riducono in frammenti sempre più piccoli e

invisibili ad occhio nudo (Spagnolo,2013).

La maggior parte dei film di pacciamatura è attualmente prodotta da plastiche a base di petrolio,

generalmente polietilene, e causa un notevole problema di smaltimento dei rifiuti (Halley et al., 2001).

Utilizzo plastiche biodegradabili

Il problema dell’impatto ambientale della plastica può essere risolto, o almeno ridotto, con metodi di

recupero tramite raccolta differenziata e di riutilizzo degli stessi materiali a fine vita (riciclo). Per soluzioni

più definitive, si punta oggi a sostituire le plastiche tradizionali con plastiche biodegradabili. Secondo un

calcolo effettuato dall’European Climate Change Program (ECCP) per ogni tonnellata di bioplastica prodotta

si potrebbero introdurre nell’ambiente circa 4 milioni di tonnellate di anidride carbonica in meno. Le

plastiche biodegradabili, dunque, possono rappresentare una valida soluzione ai problemi di smaltimento

post consumo, sempre più onerosi sia in termini economici che ambientali. Tuttavia gli enormi vantaggi

derivanti dall’impiego delle bioplastiche non sono, purtroppo, un dato sufficiente alla loro adozione su larga

scala. In primo luogo pesa il fattore economico: sono necessarie condizioni di mercato che scoraggino la

produzione di plastica tradizionale, che rimane attualmente un prodotto più conveniente (i sacchetti in

materiale biodegradabile costano 3-4 centesimi in più rispetto a quelli in plastica tradizionale). Le

bioplastiche, inoltre, non sempre offrono le stesse garanzie qualitative di quelle tradizionali. C’è un bisogno

costante di investimenti che si traducano in maggiore attenzione alla ricerca: la competitività economica

delle bioplastiche, infatti, è minata dai costi elevati per lo sviluppo di nuove tecnologie. Ciò che fa ben

sperare verso l’introduzione su larga scala di questi nuovi materiali è la crescente sensibilizzazione alle

tematiche ambientali, che potrebbe rappresentare uno stimolo decisivo verso la promozione di iniziative

legislative a favore della ricerca.

I biopolimeri rappresentano un’area con grande possibilità di sviluppo perché uniscono elevate potenzialità

tecniche, eco sostenibilità sia dal punto di vista delle materie prime e/o del loro recupero a fine vita. E’

interessante notare che i biopolimeri sono presenti sul mercato da molto tempo, alcuni risalgono alle

origini dello sviluppo di questo settore. I primi polimeri sintetici erano basati su risorse naturali. Tra i

biopolimeri da risorse rinnovabili “storici” possiamo citare i cellulosici, il Nylon 11 (PA 11) e le gomme

naturali. Invece, tra i polimeri biodegradabili sono stati sviluppati da molti anni i policaprolattoni. Negli

ultimi anni si sta assistendo ad un nuovo progressivo impegno dei grandi gruppi per quanto riguarda l’uso di

biomonomeri per produrre polimeri “tradizionali”. In sintesi, il rinnovato interesse verso i biopolimeri è

dettato dal crescente impegno nella risoluzione delle problematiche ambientali e dal timore di possibili crisi

legate ai prodotti petroliferi (Kržan,2012).

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Classificazione dei materiali polimerici secondo EuropeanBioplastics

Biodegradabilità, compostabilità e normativa

I termini “biodegradazione”, “materiale biodegradabile” e “compostabilità” vengono utilizzati

comunemente ma spesso in modo errato diventando fonte di fraintendimenti. La degradazione di tipo

idrolitico è frequentemente considerata sinonimo di biodegradabilità e la biodegradabilità sinonimo di

compostabilità. La biodegradazione o degradazione biotica è il processo attraverso il quale il materiale

polimerico si decompone sotto l’influenza di organismi viventi. I microrganismi (batteri, funghi, alghe)

riconoscono i polimeri come fonte di nutrimento ed energia. Inizialmente la degradazione è di tipo chimico

e porta alla frammentazione delle lunghe catene polimeriche in frammenti più piccoli. ……………………………….

La biodegradazione è fortemente influenzata sia dalla natura chimica della sostanza che dall’ambiente. Essa

avviene a ritmi consistenti e può essere gestita industrialmente durante i processi di compostaggio e

digestione anaerobica. Alcuni materiali possono biodegradarsi completamente in suolo e questa proprietà

può essere sfruttata in specifiche applicazioni, quali ad esempio la pacciamatura.

La compostabilità è la capacità di un materiale organico di trasformarsi in compost mediante il processo di

compostaggio. Tale processo sfrutta la biodegradabilità dei materiali organici di partenza per trasformarli in

un prodotto finale che prende il nome di compost. Esso è un terriccio simile all'humus, ricco di sostanza

organica e adatto ad essere usato in agricoltura come ammendante.

Migliora la costituzione fisico-meccanica e la fertilità dei suoli. Si ottiene a partire da scarti vegetali e dalla

frazione organica dei rifiuti urbani mediante processi di compostaggio su larga scala (compostaggio

industriale) o in piccole compostiere domestiche. Il compost ottenuto dagli impianti industriali è un

prodotto commercializzabile ed in quanto tale deve rispondere a specifici criteri di qualità chimico fisica e

microbiologico-sanitaria fissati dalla legge.Attualmente il compostaggio è applicato su rifiuti selezionati,

contenenti cioè solo materiale organico biodegradabile. Le plastiche tradizionali non sono ammesse e, se

presenti, vengono scartate perché recalcitranti alla biodegradazione e pertanto causa di contaminazione

del compost finale. Viceversa le plastiche biodegradabili sono ammesse al compostaggio, ma solo se

rispondono ai criteri stabiliti dalle norme che definiscono i materiali compostabili. Il compostaggio di

materiali non compatibili è avvenuto in passato, in assenza di regole e nell'anarchia delle definizioni e dei

metodi di prova, e ha creato molti danni, specie nella fiducia degli utenti e dei tecnici responsabili degli

impianti di compostaggio. Ora non è più possibile grazie alla norma europea EN 13432 che è stata

pubblicata dal CEN nel 2000 e immediatamente raccomandata dalla Commissione Europea come norma

“armonizzata”, associata alla Direttiva sugli Imballaggi e sui Rifiuti di Imballaggio (94/62/EC) e alla sua

gemella EN14995, che applica gli stessi criteri presenti nella norma EN13432 al campo di applicazione più

generale delle ‘Plastiche’.

Secondo i criteri di valutazione presenti nella UNI EN 13432 le caratteristiche da esaminare mediante prove

di laboratorio sono le seguenti:

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Assenza di sostanze tossiche. Il materiale di imballaggio deve essere pressoché privo di metalli pesanti

ed altri elementi indicati nella norma.

Biodegradabilità. UNI EN 14046 o ISO 14855, ossia la tendenza del materiale di imballaggio ad essere

convertito in anidride carbonica grazie ai microrganismi, in modo analogo a quanto accade ai rifiuti

naturali.

Disintegrabilità. UNI EN 14045, ovvero la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale.

Assenza. di effetti negativi nel compost finale. Il materiale da imballaggio non deve contaminare il

compost finale con sostanze ad azione eco-tossica e non deve diminuirne la qualità.

Ciascuno di questi punti è necessario per la definizione della compostabilità ma da solo non è sufficiente.

Ad esempio, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché deve anche

disintegrarsi durante il ciclo di compostaggio. D’altra parte, un materiale che si frantuma durante il ciclo di

compostaggio in pezzi microscopici che non sono però poi totalmente biodegradabili non è compostabile.

La metodologia della EN 13432 è stata recentemente adottata a livello internazionale dalla International

Organisation for Standard (ISO) come ISO 18606:2013 Packaging and the Environment Organic Recycling

(Broglio,2008). Le bioplastiche conformi a tali norme possono giocare un ruolo fondamentale nella

valorizzazione e ottimizzazione del processo di compostaggio e nella produzione di compost di qualità.

Un materiale è considerato "compostabile" soltanto se soddisfa i requisiti di biodegradabilità (conversione

in acqua, CO2 e biomassa mediante l’azione di microrganismi) per cui si raggiunge il 90% di

biodegradazione in un tempo massimo di 6 mesi, e di disintegrabilità, per cui si ottiene una

frammentazione e riduzione delle dimensioni dei residui del materiale tale da determinare la perdita di

visibilità nel compost finale.

In Europa oggi sono disponibili LOGHI riconosciuti per le plastiche biodegradabili rilasciati da enti

certificatori.

I principali enti di certificazione europei sono Vinçotte (Belgio) e DIN CERTCO (Germania). Negli USA

vengono utilizzati come metodi di riferimento ASTM D5338, D6400, D6868, D5526; in Europa UNI 13432,

UNI 14855, UNI 14995, UNI 11183. In tutte le normative sopraelencate si considera in genere accettabile

una biodegradabilità superiore al 90 % ottenuta in un tempo inferiore a 6 mesi.

Perchè usare le plastiche biodegradabili ?

Le risorse fossili sono limitate e destinate ad esaurimento. Non si possono riformare in tempi brevi perché

derivano da processi di natura geologica. Di contro una risorsa rinnovabile non è destinata all’esaurimento

perché può riformarsi con una velocità confrontabile con quella del suo sfruttamento. La maggior parte dei

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polimeri e delle plastiche industriali sono attualmente prodotte a partire da risorse fossili, quali fonti non

rinnovabili.I polimeri biodegradabili possono derivare sia da risorse rinnovabili che non rinnovabili. Con il

termine biopolimeri si indicano i polimeri derivati da risorse rinnovabili. Le caratteristiche e la disponibilità

a basso costo dei polimeri a base di petrolio, però, ha lasciato per lungo tempo ben poco spazio al mercato

dei biopolimeri e solo l’attenzione per gli aspetti ecologici ha di recente rinnovato l’interesse per questa

categoria di materiali.

I biopolimeri sono generalmente suddivisi in tre gruppi: i polimeri naturali (come l’amido e la cellulosa), i

polimeri sintetici da monomeri naturali (come l’acido polilattico, PLA), i polimeri da fermentazione

microbica (come il poli-idrossi-butirrato, PHB e i poli-idrossialcanoati, PHA).

I polimeri a base di amido più comuni sul mercato derivano da cereali quali grano, riso, frumento e da

tuberi quali patata e tapioca. I polimeri biodegradabili devono essere a basso costo e devono avere

prestazioni simili a quelle dei polimeri sintetici. Al fine di raggiungere le caratteristiche suddette, negli

ultimi anni i polimeri biodegradabili sono stati combinati con fibre naturali per produrre biocompositi

ecocompatibili. L’attenzione scientifica ed industriale si è concentrata sullo sviluppo di entrambi, polimeri

biodegradabili e loro biocompositi derivati. La sfida attuale è quella di progettare materiali con stabilità

strutturale e funzionale durante la conservazione e l'uso, nonché suscettibile alla degradazione microbica

senza alcun impatto ambientale negativo. La produzione di polimeri biodegradabili può comprendere

differenti procedure che non intaccano la biodegradabilità del materiale. Esse posso essere sintetiche

(chimiche) o biotecnologiche (realizzate da microrganismi o enzimi).

Le procedure più comuni sono:

Produzione di plastiche da polimeri naturali processati meccanicamente o chimicamente (es. plastiche

basate sull’amido destrutturato).

Sintesi chimica di un polimero da un monomero prodotto per conversione biotecnologica di una risorsa

rinnovabile (es. uso di acido lattico derivato dalla fermentazione dello zucchero per la produzione di

PLA). In questo caso il polimero è prodotto chimicamente a partire da una risorsa rinnovabile.

Produzione di un polimero con procedura biotecnologica basata su una risorsa rinnovabile (es.

fermentazione di zuccheri in cui microrganismi sintetizzano poliesteri termoplastici alifatici come il

PHB).

Sintesi chimica di un polimero basato su componenti ottenuti da risorse non rinnovabili con processi

petrolchimici (Kržan,2012).

L’interesse correlato ai biopolimeri (BP), cioè ai polimeri biodegradabili e/o provenienti da fonti rinnovabili,

riguarda ormai la maggior parte delle nazioni del nostro pianeta e trae origine dalla volontà di porre un

freno al degrado ambientale terrestre. Progressi straordinari sono stati compiuti nello sviluppo di

tecnologie di produzione di biopolimeri, tuttavia ancora oggi il mercato dei biopolimeri è un mercato di

nicchia, principalmente ristretto al mercato del packaging e dell’agricoltura. Può essere valutato attorno

allo 0,4-0,5% del consumo totale delle materie plastiche. Secondo le statistiche di European Bioplastics

Association si può notare che l’attenzione dei mercati dei biopolimeri si sta spostando dalla

biodegradabilità verso un maggiore impiego di materie prime rinnovabili (ovvero verso le plastiche di

origine biologica). Gli argomenti a favore della sostenibilità, cioè la necessità di tutelare il clima e la

riduzione delle riserve di combustibili fossili, premono per la sostituzione delle plastiche basate sui

combustibili fossili con polimeri basati su materie prime rinnovabili, che troveranno presto applicazioni più

durevoli sul mercato, con un’enfasi sul riutilizzo e sulla riciclabilità. Ci si può attendere che i materiali

biodegradabili si diffonderanno e miglioreranno il proprio rendimento in aree in cui la biodegradabilità

offre un vantaggio tangibile e significativo (ad esempio, i bioteli per pacciamatura). …………………………………….

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MATER-BI

Caratteristiche

L’assimilazione fotosintetica della CO2 da parte delle foglie porta alla formazione di amido. Tutti gli amidi

contengono amilosio e amilopectina, con rapporti che variano con la fonte di amido. Questa variazione

fornisce un naturale meccanismo per la regolamentazione del materiale contenenti le proprietà dell’amido.

I biopolimeri a base di amido possono essere prodotti da dalla miscelazione con polimeri sintetici. Variando

la miscela sintetica componente e la sua miscibilità con amido, la morfologia e quindi le proprietà possono

essere regolate facilmente ed in modo efficiente. Questo approccio è stato attuato con successo da

Novamont con il marchio Mater-Bi.

Proprietà fisiche di materiali in Mater-Bi, poliesteri e poliolefine

L'amido può essere termoplastico secondo una tecnologia molto simile alla cottura per estrusione. La

cottura per estrusione e formatura è caratterizzata da lavoro e calore sufficiente applicati ad una base di

cereali ottenendo un prodotto per cucinare o gelatinizzare completamente gli ingredienti. Le attrezzature

utilizzate per l’estrusione ad alta pressione riscaldano i materiali durante la lavorazione e li comprimono

continuamente. L’amido termoplastico può essere solubilizzato senza alcuna formazione di maltodestrine

ed il grado di solubilizzazione dipende dalla temperatura di estrusione, il contenuto di umidità dell'amido

prima dell'estrusione e la percentuale di amilosio/amilopectina. L’amido termoplastico puro può essere

elaborato come un plastica tradizionale; la sua sensibilità all'umidità, tuttavia, lo rende inadatto per la

maggior parte delle applicazioni. L'utilizzo principale dell’amido termoplastico puro è finalizzato a schiume

compostabili solubili, vaschette espanse, vaschette modellate con parti stampate, fogli espansi in

sostituzione del polistirolo. Miscele contenenti amido termoplastico e poliesteri biodegradabili [come

policaprolattone (PCL)] vengono prodotte per aumentare la flessibilità e la resistenza all’umidità.

Il comportamento biodegradativo dei diversi prodotti è influenzato principalmente dalla biodegradabilità

della componente sintetica, anche se la presenza dell’amido è in grado di influenzare in modo significativo il

tasso di biodegradazione di componenti sintetici intrinsecamente biodegradabili. Da copolimeri sintetici

come ad esempio, i sistemi amido/copolimero di alcol vinilico, a seconda delle condizioni di trasformazione,

sul tipo di amido e composizione del copolimero, si può generare una grande varietà di morfologie e

proprietà come risultato della misura di un complesso formato tra amilosio e molecole sintetiche.

Prodotti in Mater-Bi

Sotto il marchio Mater-Bi, Novamont oggi produce quattro classi di materiali biodegradabili, tutti basati

sull’amido e con diversi componenti sintetici:

Classe Z: Biodegradabile e compostabile, principalmente per film e lastre.

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Classe V: biodegradabile, compostabile e solubile, in sostituzione del polistirene.

Classe Y: Biodegradabile e compostabile, per gli articoli stampati ad iniezione rigidi e dimensionalmente

stabili.

Classe A: Biodegradabile, materiali non compostabili.

Questi materiali in Mater-Bi sono prodotti industriali progettati per i film e fogli. Un esempio importante di

applicazione è rappresentato dai sacchetti compostabili per la raccolta della frazione organica e la raccolta

dei rifiuti di cantiere. I film e le borse possono essere prodotti mediante pellicola sottoposta a soffiaggio

tradizionale e attrezzature di tenuta per polietilene a bassa densità con modifiche minori, raggiungendo

produttività simili. I sacchetti di diverse dimensioni vengono già utilizzati da milioni di cittadini europei per

la raccolta separata della frazione organica dei rifiuti solidi urbani destinati al compostaggio. L’ingresso di

Novamont in questo settore di mercato è stato preceduto da uno studio completo sul comportamento dei

sacchetti in Mater-Bi in diversi impianti di compostaggio (da cumuli statici a reattori di fermentazione

rotante). Il preliminare studio è stato completato in circa 2 anni, da 1992 al 1994. Una sintesi di questa

preliminare attività è stata presentata alla Conferenza Internazionale 'La Scienza del compostaggio nel 1995

(Bastioli et al., 1997). Sia le prestazioni in uso che di compostabilità dei sacchetti in Mater-Bi in strutture di

compostaggio su vasta scala sono state pienamente soddisfacenti.

MATER-BI NEL COMPARTO ALIMENTARE

Le possibilità di utilizzo di tali materiali sono:

materiali di imballaggio usa e getta

beni di consumo per uso di routine, quali piatti, tazze, contenitori

materiali usa e getta per la cura personale, quali fazzoletti, assorbenti, pannolini

rivestimento laminazione

sacchetti per pacciamatura agricola

Due tipi di biomolecole, idrocolloidi e lipidi, sono generalmente usati in combinazione per la preparazione

di film per imballaggio biodegradabili o materiali compositi (Garcia et al., 2000).

Biopackaging

La protezione e la conservazione di tutti i tipi di cibo è oggi, in materia di imballaggi alimentari, una

disciplina importante nell’ambito della tecnologia alimentare: riguarda la conservazione e la protezione di

tutti i tipi di alimenti e loro materie prime. Finora sono stati utilizzati come materiali di imballaggio i

prodotti plastici petrolchimici, per la loro disponibilità in grandi quantità, il basso costo, la buona resistenza

alla trazione ed allo strappo, la buona barriera per l’ossigeno e i composti aromatici. Di contro hanno una

bassissima velocità di trasmissione del vapore acqueo e, non essendo biodegradabili, pongono seri

problemi ecologici. Pertanto, il loro uso in qualsiasi forma deve essere limitato e può essere addirittura

gradualmente abbandonato per aggirare problemi riguardanti lo smaltimento dei rifiuti (Tharanathane e

Saroja, 2001). Anche se un po' costoso, il biopackaging è il futuro per l'imballaggio soprattutto per alcuni

prodotti alimentari a valore aggiunto. Il cibo, sia nella sua forma di prodotto trasformato o in fase di

materiale crudo, a seconda della sua attività e dalla temperatura di stoccaggio, è altamente deperibile e

quindi ha bisogno di un attento intervento tecnologico per essere preservato più a lungo.

La qualità di conservazione degli alimenti è una grave preoccupazione nelle operazioni di trasformazione

dei prodotti alimentari. Le perdite in post-raccolta dei nostri prodotti agricoli, per esempio, vanno dal 15 al

20%. Queste perdite sono dovute principalmente ad un uso improprio delle tecnologie praticate in post-

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raccolta. Il trasporto dal centro di produzione verso luoghi lontani costituisce ulteriori perdite a causa del

deterioramento. Produrre con freschezza, maggiore shelf-life, migliore sapore/aroma e avere un più alto

valore nutrizionale sono la necessità giornaliera.

I film per imballaggio comunemente utilizzati sono indicati nella tabella sottostante:

Anche se una sostituzione totale delle materie plastiche sintetiche con materiali biodegradabili è poco

attuabile per alcune applicazioni specifiche, appare evidente e utile l’utilizzo per certi prodotti. Esiste una

grande opportunità di business in tale direzione.

I requisiti essenziali per un buon film per imballaggio (Kader, 1989) sono:

consentire una respirazione lenta ma controllata (ridotto assorbimento di) della merce;

consentire una barriera selettiva ai gas () e al vapore acqueo;

creazione di un’atmosfera modificata per ciò che concerne la composizione del gas interno, regolando

così il processo di maturazione ed estendendo la shelf-life;

diminuire la migrazione dei lipidi (nell’industria pasticcera);

mantenere l'integrità strutturale (ritardo della perdita di clorofilla) e migliorare la movimentazione

meccanica;

servire come veicolo per incorporare additivi alimentari (sapore, colori, antiossidanti, agenti

antimicrobici);

evitare (o ridurre) il deterioramento microbico durante lo stoccaggio prolungato.

MATER-BI IN AGRICOLTURA

L'uso estensivo e la costante espansione di film plastici (principalmente polietilene) in agricoltura ed in

particolare in orticoltura protetta (pacciamatura, piccoli tunnel, serre) è attuato in scala mondiale nel corso

degli ultimi decenni (Chandra et al., 1998). La plastica utilizzata per questi scopi in Europa coinvolge

centinaia di migliaia di ettari e migliaia di tonnellate di film plastici all'anno (Dilara e Briassoulis, 2000). Il

crescente interesse nell'uso di pacciamatura e piccoli tunnel per la coltivazione protetta mira

all’eliminazione delle erbacce o all’anticipazione della maturazione e della produzione, alla protezione delle

coltivazioni da alcuni parassiti, al migliorare le prestazioni produttive o a mantenere pulito dal fango il

raccolto.

Nell’'agricoltura convenzionale i film plastici oggi usati sono: polietilene a bassa densità (HDLE, LDPE),

policloruro di vinile (PVC), polibutilene o copolimeri di etilene e di acetato di vinile. Una importante

conseguenza negativa di questo diffondersi delle materie plastiche per l'orticoltura protetta è legato alla

gestione dei rifiuti di plastica e solo una piccola percentuale della quantità sempre crescente di rifiuti

plastici dei prodotti agricoli è attualmente riciclata. Pertanto, l'uso di materiali biodegradabili appare come

una sfida alternativa per migliorare le applicazioni sostenibili e rispettose dell'ambiente e delle attività

agricole legate alla pacciamatura e piccoli tunnel. Nel tentativo di far fronte al grave e continuamente

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crescente problema dei rifiuti plastici in agricoltura sono stati sviluppati materiali biodegradabili, alcuni dei

quali sono già sul mercato, anche se non ancora ampiamente utilizzati (Briassoulis, 2004). Purtroppo, in

diversi casi, la biodegradabilità rappresenta anche un problema importante controverso. Così, è noto che i

film di poli ε-caprolattone e l’alcol polivinilico (PVA) sono facilmente degradati da microrganismi del suolo.

L'uso efficiente e redditizio dei film biodegradabili commerciali mira al raggiungimento di elevate

prestazioni in tutta la loro vita utile e alla riduzione dell'inquinamento attraverso la pratica rispettosa

dell'ambiente.

L'agricoltura sostenibile comporta alcune importanti domande tecnologiche. In particolare, i film agricoli

biodegradabili devono soddisfare una serie di requisiti di progettazione minima, tra cui: adeguata

resistenza all’allungamento e alla rottura per l'installazione meccanica, buone proprietà meccaniche per

quanto riguarda l'invecchiamento durante la vita utile del film e il 100% di biodegradazione nel suolo

preferibilmente prima della successiva stagione di coltivazione. In particolare per i film per piccoli tunnel, i

requisiti di design includono anche un comportamento meccanico adeguato a resistere a vari carichi e

combinazioni di carico (vento, grandine, carichi di neve, ecc) (Briassoulis, 2004). Inoltre, additivi speciali

possono essere richiesti per la modifica delle proprietà fisiche di questi film a seconda della regione

geografica, di particolari esigenze di coltivazione e la stagione. Le proprietà meccaniche dei materiali

biodegradabili dipendono, in generale, dalla loro composizione chimica, i parametri di lavorazione, lo

stoccaggio, le condizioni di applicazione e la modalità di degradazione (Willett, 1994; Choet al., 2001).

Tuttavia, il comportamento meccanico del film agricolo biodegradabile non è ancora stato oggetto di una

ricerca sistematica in quanto questi materiali sono o in fase sperimentale di sviluppo o la quota di mercato

rimane ancora limitata. In un caso, un copoliestere biodegradabile con nerofumo8 rivestito da una pellicola

di pacciame (EA) e una di polietilene ad alta densità con nerofumo (HDPE) è stato esposto a condizioni di

crescita di colture orticole commerciali per 12 settimane negli Stati Uniti e sono stati riportati risultati

positivi (Tocchetto et al., 2001). In questo caso il film per pacciamatura biodegradabile EA è stato

sottoposto ad una maggiore trazione e allungamento a rottura rispetto al HDPE che è il film per

pacciamatura attualmente usato. È stato dimostrato che le proprietà meccaniche, tra cui la resistenza alla

trazione sia della EA che del HDPE erano sufficientemente preservate dalla semina al raccolto. Le variazioni

di allungamento a rottura del film EA dimostra che possiede le proprietà necessarie per le applicazioni

agricole specifiche. Il presente lavoro riguardava l'analisi del comportamento meccanico della pacciamatura

biodegradabile innovativa sui film per piccoli tunnel sviluppate nel corso di un European project volto ad

ottimizzare la progettazione di questi film. Il materiale biodegradabile selezionato e usato era il Mater-Bi,

un materiale a base di amido complessato con poliesteri biodegradabili. Il Mater-Bi è stato selezionato tra

diversi materiali biodegradabili alternativi presi in considerazione, con una particolare attenzione

all'applicabilità; il materiale è stato scelto per le applicazioni agricole (biodegradabilità nel suolo, assenza di

ecotossicità).

Il comportamento dei film biodegradabili in condizioni reali di campo

Piccoli tunnel

Briassoulis (2004) riporta che in uno studio di campo le caratteristiche meccaniche complessive dei film

biodegradabili dei piccoli tunnel sono risultate in generale soddisfacenti, paragonabili alle corrispondenti

prestazioni di resistenza alla trazione dei film convenzionali di spessore analogo. Un esempio illustrativo è

mostrato in figura: le prestazioni meccaniche del film 30 millimetri L3-NF803/pea-30-04/A, dopo 50 giorni

di esposizione, sono risultate buone al pari del film LDPE tradizionale 60 millimetri. Nonostante la presenza

di aperture di ventilazione, il film ha funzionato molto bene e non è stata osservata alcuna propagazione di

rottura o un prematuro fallimento a causa della pressione del vento. Si può concludere che il criterio di

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resistenza alla trazione, fortemente associata alla resistenza allo strappo del film, è il criterio di

progettazione principale nel caso del sottile film biodegradabile del piccolo tunnel.

Tipico piccolo tunnel L3-NF 803 /

pea-30s-04 / un film

biodegradabile dopo 50 giorni di

esposizione tra cunicoli bassi con

film LDPE tradizionali L0-LDPEeA-

60-04 / B

Pacciamatura

I film sottili per pacciamatura biodegradabili a piccolissimo allungamento di valori di rottura sono stati

testati per verificare se si degradavano più velocemente delle (più spesse) pellicole convenzionali. Il fine

desiderato non è stato raggiunto a causa della direzione della lacerazione di propagazione trasversale lungo

i fori aperti per il trapianto (la rottura prematura si ha nei casi di utilizzo di strumenti con bordi dentellati).

Tali problemi non sono stati osservati con film biodegradabile più spessi o per pacciamatura tradizionali (ad

esempio, spessore di 20 e 25 mm). Pertanto, i teli per pacciamatura biodegradabili molto sottili a base di

Mater-Bi devono essere ulteriormente migliorati in termini di comportamento meccanico attraverso

l'ottimizzazione dei parametri del trattamento. I film biodegradabili spessi (cioè di almeno 15 mm) possono

essere utilizzati in modo sicuro in sostituzione dei teli per pacciamatura convenzionali.

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Tipica pacciamatura molto sottile M2-NF 803 / pea-12b-04 / film biodegradabile dopo 21 giorni di

esposizione.

Bioplastiche nella normativa e nei PSR 2014-2020

A marzo 2014 il Parlamento Europeo ha votato la proposta di direttiva europea sui sacchetti per la spesa

presentata dalla Commissione il 4 novembre 2013. Si tratta di un voto importante perché per la prima volta

il Parlamento Europeo ha approvato una normativa volta esclusivamente a ridurre al minimo la produzione

di rifiuti e promuovere modelli virtuosi ispirati all’economia circolare che è una delle priorità strategiche

dell’U.E.

Inoltre dopo un lungo dibattito a livello di stati membri il voto ha implicitamente approvato il modello

italiano di normativa. L’ Europa riconosce le differenze dei Paesi membri e le loro possibilità di seguire

strade diverse per conseguire il comune obbiettivo di riduzione del 50% delle buste della spesa (shopper) in

3 anni rispetto al 2010 e dell’80% in 5 anni. La legge italiana era contenuta nella finanziaria 2007 e

determinava la progressiva riduzione della commercializzazione degli shopper non riutilizzabili e che

secondo i criteri fissati nella normativa comunitaria e dalle nostre tecniche approvate a livello comunitario,

risultino non biodegradabili e, più precisamente non compostabili. L’Italia con questa legge ha portato il

consumo di shopper non biodegradabili da circa 180.000 tonnellate del 2010 a circa 90.000 del 2013, con

una riduzione dell’ordine del 50% ed ha migliorato qualità e quantità del rifiuto organico. Il mercato

europeo di film plastici è stimato da Amiconsulting attorno alle 550.000 t di cui il 47% in Sud Europa e

dovrebbe crescere a ritmo annuo dell’1,5%.

A livello di PSR 2014-2020 in alcune regioni si sta promuovendo l’uso delle bioplastiche in agricoltura per

promuovere ed incrementare i processi virtuosi dell’attività agricola verso la tutela e salvaguardia

ambientale. A scopo puramente esemplificativo la Regione Emilia-Romagna con la collaborazione di

Novamont ha svolto uno studio campione dove si evince che: per ogni ettaro pacciamato con teli

biodegradabili rispetto ai teli in polietilene vi è un risparmio di circa 328 € di rimozione e smaltimento e un

risparmio di 436 kg di se non vengono bruciati in campo.

PROSPETTIVE E CONCLUSIONI

Uno dei maggiori problemi che condizionano le possibilità di sviluppo dei biopolimeri è il costo.

Recentemente, per cercare di superare questo problema, oltre agli studi per migliorare impianti e processi,

è sorta la tendenza a stringere accordi tra industrie produttrici di polimeri ed industrie agricole per la

produzione di biopolimeri o biomonomeri a prezzi competitivi (bioraffinerie11).

In questi ultimi anni si sta affermando sempre più il concetto di un’agricoltura per usi non alimentari, volta

cioè alla produzione di materie prime e ausiliari per usi a livello industriale (alternativa ecologica ai prodotti

di derivazione petrolchimica), dai prodotti energetici ai biolubrificanti, dai colori naturali ai solventi, dalle

plastiche biodegradabili ai compositi e alle fibre vegetali. Tutto questo incontrando numerose difficoltà

nella fase d’avvio delle filiere produttive, oggi è diventata una novità potenzialmente in grado di

trasformare il comparto primario da settore arretrato a motore di innovazione. L’interesse per gli usi non

alimentari dei prodotti agricoli ha acquisito interesse in seguito alla riforma della PAC, 12/10/2011,

all’entrata in vigore del Regolamento Comunitario “Reach” sulla chimica e alle nuove misure per

fronteggiare i cambiamenti climatici e la dipendenza dalle fonti fossili di energia assunte recentemente

dalla Commissione Europea.

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Tuttavia questa nuova attenzione del mondo politico, agricolo e imprenditoriale si è concentrata finora

quasi esclusivamente sull’uso energetico, soprattutto per la produzione di energia elettrica, alimentando

grandi attese. Il decollo, invece, di materiali provenienti da fonti rinnovabili e/o biodegradabili si scontra

invece con una struttura del territorio agricolo italiano e con una struttura di costi di produzione che non

consentono competitività con i prezzi vigenti sul mercato internazionale. I biopolimeri, quindi, non solo

devono rispondere ai requisiti imposti dall’ambiente di utilizzo, ma devono anche rispondere ad esigenze

tecnologiche, meccaniche e legislative.

Questo lavoro è stato basato sulle informazioni e la letteratura attualmente disponibili sull’argomento ed è

stato ben evidenziato come i biopolimeri possano oggi essere effettivamente usati nel vivere quotidiano e

soprattutto in settori per l’imballaggio di un vasto numero di alimenti e in agricoltura. Attualmente esistono

tecnologie adeguate che aiutano nell’abbattimento dei costi, mentre le performance dei vari biopolimeri

sono in costante fase di studio e miglioramento.

Alcuni biopolimeri sono già una realtà abbastanza diffusa (MaterBi®, NatureWorks©, BioMax®), ma

vengono per lo più usati per imballaggi secondari o nel settore del catering monouso, oppure in settori

totalmente estranei a quello alimentare (pacciamature agricole, additivi di pneumatici, fibre tessili). Viste le

potenzialità enormi e le buone proprietà di alcuni biopolimeri, sarebbe auspicabile in futuro una maggiore

attenzione verso queste applicazioni dirette, approfondendo il potenziale impatto dei biopolimeri sulla

qualità della vita.

Sulla base di una stima, il volume di produzione di PLA nel 2020 sarà 3.6 miliardi di kg/anno. Per evitare di

perturbare l'ecosistema, il processo deve essere ciclico, senza creare squilibri chimici o biologici. I

biopolimeri derivati annualmente da materiali rinnovabili consentono processi ciclici che possono essere

rinnovati nel corso del tempo in brevi intervalli (meno di 1 anno). I prodotti chimici presi dalla natura

saranno restituiti alla natura senza perturbare l'ambiente. Ciò è estremamente difficile perché i nuovi

processi richiedono un'intensa attività di ricerca e spese di grandi dimensioni, che devono essere ridotte

fino a rendere la ricerca economicamente competitiva. I biopolimeri sono spesso progettati per imitare la

"sensazione" di materiali esistenti. Sarà importante nello sviluppo dei biopolimeri identificare e sfruttare le

caratteristiche uniche dei materiali.