Tutti i film per la scuola - CSC - Centro Studi Cinematografici · ma del folk di Bob Dylan....

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Tutti i film per la scuola CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA 107/108 SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 Supplemento Poste italiane SpA. Sped. in a.p. 70% - DCRB-Roma - Anno XXX - nuova serie - Periodico bimestrale - Supplemento al n. 107/108 della rivista il Ragazzo Selvaggio

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Tutti i film per la scuola

CINEMA, TELEVISIONE E LINGUAGGI MULTIMEDIALI NELLA SCUOLA

107/108SETTEMBRE-DICEMBRE 2014Supplemento

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SOMMARIO

E D I T O R I A L E 01 Carlo Tagliabue

01 12 anni schiavo02 A proposito di Davis / A spasso con i dinosauri03 The Act of Killing / The Amazing Spider-Man 2 -

Il potere di Electo04 Anita B. / Anni felici05 Belle & Sébastien / Bling Ring06 C’era una volta a New York / Il capitale umano07 Capitan Harlock / Captain Phillips -

Attacco in mare aperto08 Il castello magico / Cattivissimo Me 209 La città incantata / The Congress10 I corpi estranei / Dallas Buyers Club11 Disconnect / Father and Son12 Foxfire - Ragazze cattive / Frozen - Il regno del ghiaccio13 Fuoriscena / Giraffada

14 Godzilla / Grand Budapest Hotel15 Gravity / Hannah Arendt16 Ida / In grazia di Dio 17 Incompresa / Un insolito naufrago nel tranquillo

mare d’Oriente18 Jersey Boys / Jimmy P.19 Khumba - Cercasi strisce disperatamente /

The Lego Movie20 Lei / Locke21 La mafia uccide solo d’estate / Maleficent22 Maps to the Stars / La mia classe23 Monuments Men / Mr. Peabody e Sherman24 National Gallery / Il passato25 Peppa, vacanze al sole e altre storie / Philomena

26 Piccola patria / La prima neve

pagina 11Father and Son

pagina 6 C’era una volta a New York

pagina 10Dallas Buyers Club

27 Principessa Mononoke / Pulce non c’è28 Saving Mr. Banks / Smetto quando voglio29 Snowpiercer / I sogni segreti di Walter Mitty30 Solo gli amanti sopravvivono / Still Life31 Storia di una ladra di libri / Il Sud è niente32 Tutto sua madre / Vado a scuola33 La vita di Adele / X-Men - Giorni di un futuro passato

AUTORI SCHEDE

m.a. Matteo Angaronif.b. Franco Bregap.c. Patrizia Canovat.c. Tullia Castagnidolil.c. Luisa Cerettoc.d. Carla Delmigliod.d.g. Davide Di Giorgioa.f. Anna Fellegaram.gn. Marzia Gandolfig.g. Giuseppe Gariazzoe.g. Elio Girlandas.g. Silvio Grassellil.g. Leonardo Gregorioa.l. Alessandro Leonem.m. Minua Manca

a.ma. Angela Mastrolonardo

m.mo. Michele Mocciaa.m. Alessandra

Montesantog.p. Grazia Paganellim.g.r. Maria Grazia

Roccatos.s. Silvia Savoldellif.s. Francesca Savinoa.s. Andreina Sirenac.t. Carlo Tagliabuef.v. Flavio Vergerioc.m.v. Cecilia M. Voi

pagina 5Belle &

Sébastien

pagina 9La città

incantata

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In copertina: Maleficent

di Robert StrombergUsa 2014.

pagina 5Bling Ring

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La storia descrive il passaggio dalla li-bertà alla schiavitù di Solomon Nor-

thup, che vive un’esperienza ancora piùdrammatica, la differenza tra lui e chinon ha mai conosciuto una vita norma-le. Una consapevolezza terribile che lopone di fronte a difficili scelte, a con-traddizioni che lacerano l’anima: la cri-si di identità (è costretto a cambiare no-me), il tradimento, la brutalità dei rap-porti, l’aggrapparsi alla fede per non soc-

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combere. Con una sceneggiatura solidama tradizionale il regista non tralascia al-cune sequenze di duro impatto: il pianosequenza della tentata impiccagione diSolomon, immersa in un silenzio ‘assor-dante’ rotto dal fruscio dei piedi inertidell’uomo sul terreno, mentre intornosi svolge la normale vita di lavoro. O lecarni lacerate dalla frusta sulla nudaschiena della schiava Patsey.

Ma tutto il film è percorso da unosguardo insistente su una violenza sotti-le e crudele, sullo strazio dei corpi e del-le anime, una sofferenza insopportabileperché vera, perché accaduta. Anchel’ambiente esterno presenta aspetti in-soliti: c’è qualcosa di inquietante nel rigo-glio delle piantagioni, una prigione a cie-lo aperto dove, assenti gli animali, glischiavi fanno anche il lavoro del bestia-me. La natura non può dare alcuna gio-ia. Ma non per questo è meno bella, neiprofili dei salici, nelle anse dei canali, neicampi di cotone, nel verde intrico dellecanne, dove gli schiavi lavorano inces-santemente, accompagnandosi con le lo-ro struggenti canzoni. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 104, p.18 e 19. m.m.

12 anni schiavo 12 Years a Slave

Nel 1841, prima della guerra di Secessione,Solomon Northup, talentuoso violinista dicolore, vive libero nella contea di Saratogacon la moglie Anne e i figli Margaret eAlonso. Ingannato da due falsi agenti dispettacolo, viene rapito, privato deidocumenti e portato in Louisiana doverimarrà in schiavitù fino al 1853,cambiando per tre volte padrone elavorando principalmente nellapiantagione di cotone del perfidoschiavista Edwin Epps. Nel dodicesimo anno della sua terribileodissea l’incontro casuale conl’abolizionista canadese Samuel Bassrappresenta per lui la salvezza. Tornato acasa, ritrova la moglie e i figli adulti. Prima dei titoli di coda veniamo aconoscenza delle sue inutili battaglie legalicontro i rapitori e dell’impegnoabolizionista che contraddistinse gli annisuccessivi alla sua drammatica esperienzada cui trasse il libro autobiografico 12 Years a Slave.

r. Steve McQueen or. Usa 2013 distr.Bim dur. 133’

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1numero 107/108· settembre-dicembre 2014

N onostante le ristrettezze economicheabbiamo voluto mantenere anchequest’anno l’appuntamento con

l’Annuario dei Film per la Scuola (Stagione2013/2014), un servizio ai lettori che proponiamoda una diecina d’anni. Come l’anno passato lo mettiamo a disposizionedegli interessati solo in versione digitale (PDF),supplemento al numero della Rivista 107/108. È scaricabile gratuitamente dal Sito del CentroStudi Cinematografici. Oltre ai titoli e ai temi cui fanno riferimento ifilm scelti - i quali confermano come il cinemasia ancor oggi uno strumento particolarmenteutile per riflettere in ambito educativo suargomenti importanti e attuali - ricordiamo chenel corso dell’annata sono tornati in sala molti

film cosiddetti classici che possono essereopportunamente visti e discussi nella scuola o inaltri ambienti culturali. Tra i più interessanti, che abbiamo schedato nellepagine della nostra rivista da gennaio ad agosto,ricordiamo: Ninotchka di Ernst Lubitsch, Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock, La febbre dell’oro di Charlie Chaplin, Roma città aperta di Roberto Rossellini, La grande illusione di Jean Renoir, Hiroshima mon amour di Alain Resnais,Chinatown di Roman Polanski, Per un pugno di dollari di Sergio Leone. L’8 dicembre arriverà anche Tempi modernidi Charlie Chaplin.

CARLO TAGLIABUE

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Nella New York del 1961 si muove unmusicista folk di indubbio talento e

sfacciata sfortuna che va ad allungare lafila dei loser dei Coen. Lo spettatore loconosce sul retro del Gaslight Cafè, do-ve si fa picchiare e comincia la sua odis-sea in compagnia di una chitarra e di ungatto rosso. Llewyn e Gatto espandonola loro odissea oltre i confini della cittàe dentro la parte più surreale del film, de-saturata in una gamma di grigi bruni e

verdi smorzati. Un viaggio verso il Mid-west raggelato che gli dirà (ancora) pic-che e lo restituirà ai fumosi locali del Vil-lage, bistrattato e sopraffatto da una re-lazione irrisolta col successo. Perché nonc’è crescita verticale nel cinema dei Co-en, che non aspira a una consequenzia-lità evolutiva ma all’espansione orizzon-tale rivolta all’infinito.

Liberamente ispirato al memoir diDave Van Ronk (The Mayor of MacDou-gal Street), folk singer degli anni Sessan-ta, A proposito di Davis ricostruisce luo-ghi, atmosfere, rivalità e condizioni me-tereologiche del Village bohémien, pri-ma del folk di Bob Dylan. Costruito co-me una canzone, strofa, refrain, strofa,refrain, la commedia esistenziale e (mu-sicale) dei Coen ci racconta la settimanadi un uomo condannato a errare dentroun limbo di talento senza successo.

I registi mettono in scena il suo per-corso con fluidità, emozionando, diver-tendo, confondendo le carte e restituen-do con straordinaria acutezza una scenamusicale mossa nell’ombra e sotto cieligelati. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion. 104, p. 14 e 15. m.gn.

r. Joel ed Ethan Coen or. Usa 2013 distr.Lucky Red dur. 105’

Da una serie televisiva BBC di suc-cesso un film dalla natura non de-

finibile, da ammirare per l’impianto vi-sivo, il supporto scientifico e il chiarissi-mo obiettivo didattico, ma povero diemotività, troppo semplice nell’impian-to narrativo per catturare un pubblicopiù ampio di quello infantile. È una clas-sica storia di formazione inserita in uncontesto documentario, una contami-nazione tra i due generi che può raffor-zare l’efficacia educativa, attraverso laprassi dell’insegnare divertendo, ma può

anche essere un punto di debolezza neiconfronti del prodotto film. Narrazionee divulgazione si snodano in un conte-sto che non perde mai di vista un livelloimpressionante di realismo che garanti-sce l’effetto immersione nel Cretaceodell’Alaska.

Fondali ripresi dal vivo, computer gra-fica, animazione, supportati dalle piùrecenti scoperte paleontologiche. Le di-verse specie sono presentate ciascunada cartelli descrittivi.

Un livello realistico e scientifico raffi-nati. Tante nozioni organizzate in unavicenda che tuttavia non colpisce peroriginalità. Quattro personaggi affron-tano tremende avventure, in cui a volteil dramma e la paura ancestrale pren-dono il sopravvento.

Un’ironia costante nel dialogo, trova-te umoristiche per alleggerire, portanoavanti una vicenda saldamente ancora-ta alla realtà animale. Prevale il caratte-re documentario, l’intento educativo diun film, che con leggerezza vuole accen-dere la curiosità, spingere i bambini almuseo. Vedi anche in Il Ragazzo Selvag-gio n.104, p.34. ca.de.

A spasso con i dinosauriUn ragazzino disinteressato a undentone di gorgosauro cambierà ideaquando un uccellino, un Alexornis, gliracconterà l’incredibile storia di Patchi,un pachyrinosauro vissuto 70 milionidi anni fa. È fragile, ma sa lottare giàdal nido. Durante Il lungo invernos’incamminerà con la famiglia,migliaia di dinosauri e la giovanefemmina Ginepro nella primamigrazione verso sud.Dovrà affrontare pericoli ambientali,feroci predatori, le logiche di branco perconquistare il dominio e il diritto allariproduzione. Separato da tutti, dovràcrescere in fretta e imparare che nonbasta la forza fisica per sopravvivere. Dopo una serie di avventure, ritroveràGinepro e il fratello,con cui avrà unultimo scontro per conquistare lafemmina e diventare capo del branco. E il ragazzino dell’inizio correrà d’ora inpoi al museo per fantasticare su ciò cheresta dei dominatori del pianeta.

r. Neil Nightingale, Barry Cook or. Usa/Gran Bretagna/Australia 2013 distr. 20thCentury Fox dur. 87’

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A proposito diDavisInside Llewyn DavisGreenwich Village, 1961. Llewyn Davis èun giovane musicista folk che ha inciso undisco ma non riesce a essere incisivo nellavita. Afflitto da una sfortuna cosmica eperduto dentro un rigoroso invernonewyorkese, con un gatto rosso el’inseparabile chitarra in mano, Llewyndorme dove può e quasi sempre sui divanidi amici occasionali. Stanco di barcamenarsi tra il manager e lasorella, i Cafè del Village e un’ex amanteincinta, che lo vorrebbe morto e si mettecol tipo d’uomo che lui detesta di più (ilcantante ‘carrierista’), accetta un passaggioper Chicago. Deciso a procurarsil’occasione che può cambiargli la vita, faun’audizione con l’impresario musicaleBud Grossman. Ma il nostro (anti)eroe nonha veramente alcuna speranza, tutto ilmondo lo disprezza e lo congeda (la suametà artistica si è suicidata dal pontesbagliato), condannandolo a un’erranzache lo ricondurrà al punto di partenza.

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Il film è un testo denso e intenso chepuò e deve esser letto a più livelli: sul pia-no narrativo e visivo Oppenheimer co-struisce una piccola epopea paradossalee grandguignolesca, una ricostruzionedel passato impastata con le pratiche delteatro contemporaneo e con la comuni-cazione televisiva (ma che gronda di rife-rimenti espliciti e diretti al cinema di ge-nere del passato, dal musical al noir), unatragedia grottesca in cui un epos rove-sciato e corrotto fa da specchio al diariodi squallori esistenziali quotidiani.

A innervare questo edificio vasto e ar-ticolato c’è poi una riflessione che si faproprio mentre il cinema modifica la re-altà, la rimastica, la costringe a uno spo-stamento: il cinema invita e decide la ri-petizione ossessiva, la ricostruzione mi-nuziosa, il ricordo, e li riproduce, li regi-stra e li monta in una struttura che nonsi limita a serie cumulativa ma che fun-ziona come intreccio che mentre racco-glie e aumenta la tensione emotiva lun-go una successione lineare, tesse rela-zioni e rimandi tra i materiali che scegliee riscrive. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 101/102, p. 30. s.g.

Il nuovo The Amazing Spider-Man 2 –Il potere di Electro si apre come un film

di fantasmi e di ombre da dissolvere e dicui liberarsi per continuare a vivere, perpotersi dare un’identità o per poter ab-bracciare una volta per tutte la proprianello stesso mutamento del corpo.

Marc Webb filma le inquietudini e lepassioni di Peter guardando al cinema,alle sue immagini (imagines: fantasmi,

ombre), e se ci si prova a raccontare difantasmi e di ombre non può essere al-trimenti, basterebbe entrare nella came-ra di Peter che, da sola, è anche un omag-gio al cinema, per rivivere quel senso diinvisibilità e il desiderio di voler, e voler-si, vedere di più, come sembra raccon-tarci il poster di Blow-up di Michelange-lo Antonioni.

Poi i colori si incupiscono e riprendeil furore della battaglia e della morte cheaveva chiuso il precedente film. E quan-do tutto sembra essersi risolto la provasi fa ancora più dura nello scontro di Pe-ter/Spider-Man contro Harry/Goblindentro la torre, tra gli ingranaggi delgrande orologio che sembra, anch’esso,metaforicamente uno spettro, quello deltempo che, di lì a poco, lascerà che siconsumi il dramma della morte di Gwen.

E un nuovo velo di ombre si stendesulla storia e sembra arrestare il passa-re del tempo e delle stagioni, come nel-la sequenza di Peter fermo davanti allatomba di Gwen, oscurità che sembra vo-ler avvolgere ogni atto di eroismo a ve-nire. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion. 105, p. 4. m.mo.

The AmazingSpider-Man 2Il potere di ElectroThe Amazing Spider-Man 2

Peter Parker comunica a Gwen di volertroncare la loro relazione. Intanto MaxDillon, progettista della Oscorp, restavittima di un incidente sul lavoro, che lorende Electro. Spider-Man riesce però afare in modo che sia rinchiuso nelRavencroft Institute. Poi Peter incontraHarry Osborn, suo vecchio amico, cheguida la Oscorp dopo la morte del padre. Harry ha la malattia di suo padre ed èconvinto di poter guarire grazie al sanguedi Spider-Man. Quando Peter rifiuta didonarglielo, preoccupato delleconseguenze che potrebbero essere mortaliper l’amico, Harry libera Electro, recuperadalla Oscorp il siero degli esperimenti digenetica del Dottor Parker e se lo iniettadiventando Goblin. Spider-Man devebattersi contro Electro e contro Harry/Goblin e riesce a sconfiggerli senza evitareperò che nello scontro perda la vita Gwen.

r. Marc Webb or. Usa 2014 distr. SonyPictures dur. 140’

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Padrini e coproduttori del film sonoErrol Morris e Werner Herzog. Nessu-

na meraviglia dunque che il giovane re-gista stabilisca con gli aguzzini suoi pro-tagonisti un rapporto di reciproca fidu-cia e che poi lo gestisca con tanta scal-trezza e lucidità. Nessuna meraviglianeppure che il giovane apprendista di-mostri una così esatta consapevolezzanell’uso della macchina cinema e un ta-lento tanto vivace quanto rigoroso nel-la trasfigurazione del mondo.

r. Joshua Oppenheimer or. Danimarca/Norvegia/Gran Bretagna 2012 distr. I.Wonder Pictures dur. 115’

3numero 107/108· settembre-dicembre 2014

The Act of KillingIl giovane Joshua Oppenheimer cerca iprotagonisti della repressioneanticomunista che tra il 1965 e il 1966investì l’Indonesia dopo il fallimento diun colpo di stato. Oppenheimer seguetre dei più efferati assassini al soldodell’esercito, tuttora ritenuti eroinazionali e ancora coinvolti in violenzee collusioni con i politici al governo econ l’esercito; li segue mentre siinoltrano in un dispositivo direviviscenza e rimemorazione(reenactment) che li condurrà versoesiti tutt’altro che prevedibili. I tre sono invitati a partecipare dainterpreti protagonisti a una sorta dimini-kolossal cinematografico cheufficialmente deve ricostruire, trarealismo truculento e metaforagrottesca, i riti di sangue compiutisenza freno dalle milizieanticomuniste. Lungo il percorso ildocumentarista segue le vite dei treraccogliendone routine familiari,racconti memoriali - per lo piùaneddoti tragici - e vita pubblica.

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Roberto Faenza riprende il raccontodove l’aveva lasciato ai tempi di Jo-

na che visse nella balena. A vent’anni didistanza, troviamo la sedicenne Anitache va incontro, piena di speranza e vo-glia di vivere, al futuro che la attende inuna famiglia, la sua, che dovrebbe amar-la. Quello che trova è un altro inferno,sottile e trattenuto, ma non meno crude-le di quello al quale è scampata.

Sceneggiato dal regista insieme all’au-trice del libro, realmente sfuggita ai cam-pi, e al marito Nelo Risi, psichiatra e fra-tello di Dino, il film si concentra sulle di-namiche psicologiche del ritorno alla nor-malità. Il fatto è che di normale non c’èpiù nulla, dopo che i confini dell’Europasono stati ridisegnati e nuovi oppressori,i Russi, si fanno avanti. Questo spiega lafigura ben tratteggiata di Eli, ragazzosconvolto, privato di un’identità, che vi-ve nella paura e la manifesta con l’aggres-sività e la repressione. Anita lo adora, losegue, lo supplica, ma dovrà rendersi con-to, nel suo personale viaggio di scopertadi sè, che questo non è amore.

La strenua volontà di ricordare assu-me allora un preciso valore di formazio-ne: attraverso il ricordo della deportazio-ne Anita comprende la necessità di sot-trarsi a ogni forma di violenza, di sfrut-tamento, di sopraffazione. Un impegnolodevole del cineasta torinese che si pro-diga da tempo nel favorire la piena co-scienza di quella Giornata della Memo-ria che, con un certo scandalo, suscitaancora polemiche. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 104, p 31. c.m.v.

r. R. Faenza or. Italia/Ungheria 2013distr. Good Films dur. 88’

Il titolo avrebbe dovuto essere Storiamitologica della mia famiglia, con l’in-

tenzione dichiarata di raccontare unastoria autobiografica nei modi e nelleforme, non solo nei dettagli narrativi enella caratterizzazione dei personaggi,anche e soprattutto nello sguardo. Neldelineare la storia di un’estate nella vitadi Guido e Serena il regista adotta il pun-to di vista del figlio maggiore Dario, didieci anni, che osserva e segue da vicino

le turbolenze di una coppia in rapidatrasformazione, con tutte le sfumature diuno sguardo bambino, che sa cogliere iparticolari con candore, sempre al con-fine, però, con irriverenza e saggezza.

1974, l’anno del referendum per abro-gare la legge che quattro anni prima ave-va istituito il divorzio. Un momento sto-rico importante, in cui il paese era attra-versato da istanze vitali tali da alimenta-re un fervente dibattito attorno all’artecontemporanea, ma anche all’internodelle consuetudini famigliari e di coppia,all’improvviso più aperte e libere.

Tuttavia, il personaggio che dà al filml’impronta più forte è quello di Serena.È lei che più di tutti ha saputo analizza-re la realtà, assimilare i fermenti dellamodernità sociale e farli propri, anche acosto di sacrificare i valori della tradi-zione. Seguendo Serena ci rendiamoconto di quanto il femminile in questofilm rappresenti la tavola su cui dipinge-re, la materia da plasmare e l’ossatura diuna costruzione che, proprio in virtù diquesto centro, non ha bisogno di speci-ficazioni. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 101/102, p.10 e 11. g.p.

Anni felici 1974, Roma. Guido insegnaall’Accademia di Belle Arti ed è lui stessoartista, con una forte attrattiva per imovimenti avanguardisti. Nel suostudio, però, crea oggetti di design chevende alle gallerie d’avanguardia, senzadisdegnare la compagnia delle suemodelle. Sua moglie Serena, figlia di unasolida famiglia di commercianti, lo amaappassionatamente ma, insicura per lagelosia, lo opprime facendolo spessosentire incompreso e intrappolato. I lorofigli, Dario e Paolo, rispettivamente didieci e cinque anni, sono i testimoniinvolontari della loro irresistibileattrazione fisica, ma anche dei lorodisastri, dei tradimenti, delle eternetrattative amorose. Quando Guido èchiamato per una performance allaTriennale di Milano, Serena stringeamicizia con la gallerista del marito chela invita ad andare con lei in Franciaper una vacanza con un gruppo difemministe. Uscirà trasformata daquesta esperienza, e così anche il suomodo di stare con Guido.

r. Daniele Luchetti or. Italia/Francia2013 distr. 01 dur. 106’

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4 numero 107/108 · settembre-dicembre 2014

Anita B.Sopravvissuta ad Auschwitz dove haassistito alla morte dei genitori, Anitaviene ospitata dagli unici parentirimasti in un villaggio dellaCecoslovacchia. Si tratta della ziaMonika, sorella del padre, che vive conil marito Aron, il figlioletto Roby e ilfratello di Aron, il giovane Eli. Laragazza è accolta con freddezza, leviene proibito di parlare dell’esperienzatrascorsa nel lager e di uscire di casa,perché priva di documenti. Nel paese iCechi non vedono di buon occhio né gliEbrei, avversati dal neo-regimecomunista, né gli Ungheresi come lafamiglia di Anita, consideraticollaborazionisti dei nazisti. Anita tuttavia desidera mantenere vivala memoria del suo passato e, pertrovare sollievo, lo racconta di nascostocon disegni e brevi storie a Roby, seppurtroppo piccolo per capire. Attratta daEli, oscuro e affascinante, inizia unastoria d’amore fatta di passione ediffidenza.

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Fin dall’incipit il film presenta i temifondamentali: la vita, la libertà, la re-

lazione con la natura, il rapporto uo-mo/animale e uomo/uomo, la stigmatiz-zazione e il rifiuto della violenza che na-sce da violenza subita, il rispetto del-l’ambiente, l’opposizione vita/morte e ilrischio che la scommessa in favore del-la vita comporta.

Fra le modalità espressive adottate fi-gurano parallelismi, analogie e simbolo-gie; la natura stessa, mostrata in splen-

dide immagini lungo l’arco di varie sta-gioni, nella sua generosa e molteplicecapacità di rifugio e di accoglienza, hacarattere materno. Il maestoso volo diun’aquila che ruota ad ampi giri sulle ci-me scoscese delle Alpi e che apre il film,espressione del libero espandersi dellavita all’interno di una natura inconta-minata, tornerà più volte lungo il testo asignificare libertà e vitalità. L’America ela Svizzera al di là delle cime innevatedelle Alpi simboleggiano la vita vagheg-giata come possibile, libera oltre il con-fine e si oppongono alla realtà locale, incui uomini e animali sono braccati amorte. L’orologio dotato di bussola cheviene utilizzato nella traversata delghiacciaio è segno materiale della guidainteriore nell’itinerario di formazionedel piccolo, che attraverso mille difficol-tà, confidando solo sul proprio sentire,confortato dalla presenza di Belle, riescea trovare la strada della propria crescita.

Splendido nelle immagini, il film av-verte anche che l’apparenza inganna einvita a liberarsi dagli stereotipi in ognirelazione. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 104, p. 10 e 11. m.g.r.

Belle &SébastienAmbientata a St. Martin, piccolo paesedell’alta Savoia, nel giugno 1943, lavicenda racconta la storia dell’amiciziasegreta fra Sébastien, un ragazzoorfano che vive presso il “nonno” Césared è accudito dalla nipote di lui,Angelina, e la femmina di un canepastore tedesco, sfuggita alle sevizie diun padrone crudele, a cui i valligianidanno la caccia, credendolaresponsabile di malefatte. La relazione fra Sébastien e Belle nasceda rispetto e affetto e crea un’alleanzacapace di aiuto reciproco. Non è Belle asgozzare le pecore, ma un branco dilupi, che essa allontana.In paese i nazisti sequestrano i viveri edanno la caccia agli ebrei intenzionatia varcare il confine con la Svizzera.Sarà nel corso di una di questespedizioni, la notte di Natale del 1943,che Sébastien, confortato dalla devotafedeltà di Belle, raggiungerà lamaturità e l’autonomia.

r. Nicolas Vanier, or. Francia 2013 distr.Notorius Pictures dur. 98’

Sofia Coppola, giunta al suo quintolungometraggio, conferma la pro-

pria attenzione per il mondo dell’adole-scenza; dopo Il giardino delle verginisuicide e la giovane Scarlett Johanssonin crisi esistenziale in Lost in Transla-tion, dopo il coloratissimo ritratto diMaria Antonietta e la struggente solitu-dine di Cleo, protagonista di Somewhe-re, questa volta l’autrice figlia d’arte sce-glie di raccontare la storia, ispirata a fat-ti realmente accaduti, di una banda di

ladruncoli ossessionati dalle celebrità edai social network.

Cambiando i nomi veri e modifican-do in parte gli eventi, ma costruendo lasceneggiatura attraverso le trascrizionidelle interviste e degli interrogatori, la re-gista compie un interessante rovescia-mento di prospettiva rispetto ai luoghicomuni del cinema di sempre: la miticacollina di Hollywood e le principeschedimore di Malibù vengono riviste infat-ti attraverso lo sguardo di un’indifferen-te gioventù attratta verso il nulla.

Il punto forte del film è il tocco lievedella regista: la sfrontata noncuranzadelle possibili conseguenze delle azionida parte dei ragazzi, la mancanza di ri-morsi e l’ossessione per soldi e fama so-no raccontati senza mai giudicare i pro-tagonisti, come se la Coppola, il cuisguardo sembra sospeso tra pietà e iro-nia, si limitasse a mostrare, sempre unpasso indietro, questi piccoli criminali,costretti, dopotutto, a muoversi in unluccicante vuoto di valori, senza mai in-contrare un adulto capace di schiudereloro altri orizzonti. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 101/102, p. 27. f.s.

Bling Ring Marc e Rebecca sono due adolescentiche vivono in un quartiere benestantedi Los Angeles e diventano amiciinseparabili al liceo Indian Hills,frequentato da ragazzi ricchi eproblematici. Una sera Rebecca coinvolge Marc inuno dei suoi passatempi notturni, il“controllo auto”, che consiste nel provaread aprire gli sportelli delle auto lussuoseparcheggiate nel quartiere nellasperanza di trovarne aperta qualcuna, erubare soldi e borsette dimenticate. Dal “controllo auto” al furto nelle case ilpasso è breve: i due prima entrano nellavilla di un amico di Marc, che sannoessere in vacanza con la famiglia; poiiniziano a setacciare social network, sitie riviste di gossip per scoprire quando ipersonaggi famosi sono fuori, trovanol’indirizzo su Google e si introducononelle loro ville.Quando ai due ladri si uniscono anchele amiche di Rebecca il gruppo finisceper farsi prendere la mano e vienescoperto.

r. Sofia Coppola or. Usa 2013 distr.Lucky Red dur. 90’

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Il film conferma le doti di originalitàdrammaturgica dell’autore, nipote

d’immigrati ucraini giunti a Ellis Islandproprio negli anni rievocati dal film, ol-tre al suo interesse per i temi dell’integra-zione degli immigrati e della fuga dallafamiglia come del triangolo amoroso,ma ne segnala qualche limite. Con unadedica del film alla madre, Gray apparecoinvolto biograficamente in un’opera

Una sceneggiatura che ha l’impian-to di un romanzo: quattro capitoli,

un finale, storie che si intersecano e co-struiscono la narrazione. Un film bensceneggiato quest’ultima opera di Pao-lo Virzì. Anche il titolo, Il capitale uma-no, è originale e utile a svelare il signifi-cato - o meglio la sua mancanza - che sidà oggi alla vita umana.

Dino, Carla e Serena sono i tre narra-tori, emblema, con gli altri, di un’“ita-

r. Paolo Virzì or. Italia/Francia 2014distr. 01 Distribution dur. 109’

troppo ‘personale’ per poterci offrire unosguardo lucido sull’altra faccia dell’ame-rican dream.

Così, tra convenzioni di genere ribal-tate (il villain che cerca di redimersi; an-zi, che, migliorando per amore, finiscecome una vera eroina melodrammaticaper peggiorare la sua vita), il punto di vi-sta femminile, come nella tradizione delmélo americano Anni 30/40, e i rimandiespliciti a Ladri di biciclette e Sciuscià,oltre alla ricostruzione degli “autocromi”d’inizio Novecento, il film è opera visiva-mente corretta. Come avviene con i ri-mandi alle opere di George Bellows, fa-moso per le sue vedute realistiche dellaNew York d’inizio secolo scorso, e ai qua-dri di Everett Shinn sul music-hall a Man-hattan, fino alle Polaroid quadricromati-che di nudi dell’architetto Carlo Mollinoe al lavoro di Bresson per Il diario di uncurato di campagna). Tuttavia, nonostan-te la prova di fedeltà da parte di collabo-ratori, il film fa emergere un’elaborazio-ne troppo raffinata di scrittura, a scapi-to di un sincero e pieno coinvolgimentodello spettatore. Vedi anche in Il Ragaz-zo Selvaggio n. 103, p. 20. e.g.

r. James Gray or. Usa 2013 distr. Bimdur. 120’

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Il capitale umanoUn racconto in cui si confrontano imembri di due famiglie: Fabrizio e CarlaBernaschi, benestanti, col figlioMassimiliano; Dino Ossola e lacompagna Roberta Morelli,medioborghesi arricchiti, con la figliaSerena.In Brianza, un cameriere in bicicletta èinvestito da un Suv: la polizia bussa allaporta dei protagonisti e tre di loroesprimono il proprio punto di vistasull’accaduto, facendo emergere lemiserie morali di un’Italia in crisi. Dino, immobiliarista fallito, dichiara ilfalso pur di migliorare la propriacondizione economica; Carla, moglie emadre, è appiattita dai ruoli sociali esepolta sotto l’ipocrisia; Serena, fidanzatadi Massimiliano, come lui assorbe in sé ilfallimento educativo dei genitori. È la più sospettata del gruppo riguardoall’incidente, ma ripete di non sapere chifosse al volante del fuoristrada…. Il finale è amaro: il sorriso della ragazzanon lascia molto spazio alla speranza ealla redenzione.

lietta” misera, debole e corrotta. Dino ècapace di svendere tutto pur di ottene-re lo status sociale da sempre desidera-to; Carla è la donna-ombra del marito,idealista e insicura; Serena e Massimilia-no sono la riproduzione di genitori e diesempi fallimentari.

Ma protagonista del film è anche ilfuoristrada, che è il motore di una tramasempre più disperata e disperante. Nonserve possedere un Suv per dimostrare diessere persone perbene. Essere “perbe-ne” significa essere onesti con gli altri, so-prattutto con se stessi e in questo rac-conto pochi lo sono.

Virzì sceglie il registro del noir per cri-ticare quello che siamo o siamo diventa-ti. Solo Roberta la compagna-psicologadi Dino, riesce a esprimere un po’ diumanità ed è, infatti, lei a portare ingrembo due gemelli che, forse, farannoancora in tempo a salvarsi.

Il film ha un respiro cupo ma universa-le, che parla di disonestà, di desertificazio-ne emotiva e valoriale, di una mentalitàmafiosa che induce le persone a compor-tarsi con prepotenza. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 103, p. 28. a.m.

C’era una volta a New YorkThe Immigrant New York, 1921. Ewa e Magda Cybulskiarrivano a Ellis Island dalla Polonia.Divisa dalla sorella, trattenuta inquarantena per sospetta tubercolosi, erespinta dal marito della zia (già a NewYork), Ewa si ritrova sola. Caduta nella retedi Bruno, dai modi gentili ma sfruttatoresenza scrupoli di ragazze sprovvedute, ècostretta a lavorare in spettacolini diterz’ordine e poi a prostituirsi.Tuttavia Bruno s’innamora della ragazzae la coinvolge nella sua passione, fatta dilacrime e sangue, stenti e attacchi digelosia. Addirittura l’uomo, tra pentimentie confessioni in chiesa, medita di poterlasalvare dall’inferno che le ha procurato.Invece la donna, pur mortificata dai sensidi colpa, s’è impegnata solo a guadagnaretanto, pur di ricongiungersi con la sorella.L’incontro con Orlando, cugino di Bruno,affascinante prestigiatore dal destinotragico di cui s’innamora, l’aiuterà afuggire e a rifarsi una nuova vita.

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La sceneggiatura stringata, immaginispettacolari, la magistrale prestazio-

ne di Tom Hanks, accanto al cast di atto-ri africani non professionisti, capaci diinterpretare la propria parte con natura-lezza, esprimendo, accanto alla sovra-eccitata ferocia, l’angoscia di una costri-zione psicologica, culturale e sociale, unmontaggio serrato, una regia asciuttafanno di questo film un thriller capace difar palpitare lo spettatore.

Illustra un effetto collaterale dell’eco-nomia globale. Due universi si oppongo-no, due opposte visioni del mondo: daun lato il mondo occidentale capitalisti-co, ricco di mezzi; dall’altro la prospet-tiva disperata del terzo mondo. Tale con-trapposizione si concreta nel faccia afaccia fra il capitano Phillips e Muse, ilcapo dei pirati, il cui rapporto di inimi-cizia e sfida si vena di sotterranea stimae in qualche momento perfino di confi-denza e quasi fiducia, per cui più chel’assalto alla nave dei ricchi da parte deipoveri è la relazione fra i due a rivelare glisquilibri del mondo, all’interno dei qua-li entrambi sono prigionieri. Nonostan-te una sorta di nostalgia per una simpa-tetica intesa, il film mostra l’impossibi-lità per entrambi di oltrepassare il con-fine, venendo a una soluzione pacifica.

La soluzione infatti e la vittoria sa-ranno di quella parte in gioco che, nono-stante le apparenze, è la più forte, ilmondo occidentale, realizzate dall’in-tervento violento dei Navy Seals. E Mu-se, ingannato, perverrà in America inmanette. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 103, p. 21. m.g.r.

Captain PhillipsAttacco in mare apertoCaptain Phillips

Aprile 2009. La nave americana MaerskAlabama, partita da Salalah (Oman)carica di aiuti umanitari destinatiall’Africa, viene avvicinata da due barchedi pescatori somali. Il comandante dellanave, Richard Phillips, chiesta protezione,adotta varie strategie per dissuaderli(aumenta la velocità della nave, mette inservizio gli idranti, fa chiudere i cancelli intutti i ponti e nasconde la ciurma nelluogo più basso e nascosto, la salamacchine). I pirati, riusciti a salire a bordo,cercano i marinai e prendono in ostaggioil capitano, offertosi in cambio dellaciurma. Attaccati da navi ed elicotteriamericani, essi cercano di fuggire verso lacosta su una scialuppa di plastica colcapitano come ostaggio, ripromettendosiun forte riscatto, ma vengono bloccati dalcapillare intervento dei Navy Seals.Il fatto, realmente accaduto, è stato narratodal capitano stesso nel libro Il dovere di uncapitano.

r. Paul Greengrass or. Usa 2013 distr.Warner Bros. Pictures Italia dur. 134’

L’Harlock del 2013 si pone in discon-tinuità rispetto all’originale: sulle

pagine del fumetto di Leiji Matsumoto (enella serie tv trasmessa dalla Rai alla fi-ne degli anni Settanta) serpeggiava infat-ti una malinconia profonda, capace al-lo stesso tempo di tenere insieme l’uto-pia di quei decenni dove si bramava lospazio come possibile nuova frontieradell’umanità, e quel senso di innocenza

perduta tipico di chi già capiva la derivaverso cui andava il mondo.

Per Shinji Aramaki l’innocenza è ormaiperduta, la spinta verso la nuova frontieraè ripiegata in un ritorno a casa che purenon smette di produrre conflitti e malcon-tenti, ma stavolta Harlock non è l’unicobaluardo dei vecchi principi utopici: alcontrario è egli stesso la causa del proble-ma, e la sua missione non è ammantatadall’idealismo, ma dal nichilismo di chivuole cancellare lo spazio e il tempo.

La missione del pirata, basata sullapossibilità di rifondare il proprio uni-verso, diventa così l’autentico principioispiratore di un progetto che guarda alpassato ma cerca di proiettarsi in un fu-turo dove l’unione di classicismo e mo-dernità produca dinamiche di granderespiro, ma anche personaggi tridimen-sionali, animati da passioni forti.

La maschera rimane dunque comesfondo, direttrice ma non unico baluardo,e come tale può infine anche passare dimano per far restare il racconto nei con-sueti binari, mentre la ricombinazione de-gli elementi continua. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 103, p. 30. d.d.g.

Capitan Harlock2977. Dopo aver colonizzato lo spazio,l’umanità ha cercato di tornare sullaTerra, ma le autorità hanno dichiaratoil pianeta sacro e inviolabile. Acontrastare il regime della GaiaSanction è Capitan Harlock, ilcoraggioso pirata dello spazio. La storiaha inizio quando il giovane Yamariesce a farsi arruolare nell’equipaggiodi Harlock, apparentemente perservirlo, ma di fatto per eliminarlo,come ordinatogli dalla Gaia Sanction.Il pirata dichiara di voler salvarel’universo facendo tornare indietro iltempo, ma in realtà la Terra è statacompromessa da un suo errore e ora ilsuo vero intento è distruggere lastruttura stessa della realtà percancellare le sue colpe e gli sbaglidell’umanità. Starà a Yama convincerlocirca le decisioni giuste da prendere:impresa complicata anche dal fatto cheil comandante delle truppe terrestri èEzra, il fratello maggiore dello stessoYama. I due campioni devonoproteggerla.

r. S. Aramaki or. Giappone 2013 distr.Lucky Red dur. 115’

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Il sogno di conquistare la luna è lonta-no: Mr. Gru adesso è buonissimo e,

per questo, ha forse perso un po’ di fasci-no. La sua megalomania è stata addome-sticata dalla paternità e le sue giornate siconsumano tra infanzia e marmellateprodotte industrialmente dai Minion,soliti buffi soldatini tuttofare. Per Gru lanormalità è una chance di riscatto socia-le. Così la trasformazione azzera il con-trasto che costruiva uno dei più accatti-vanti personaggi animati su grandeschermo degli ultimi anni.

Ben Stassen e Jeremy Degruson diri-gono un’opera con la struttura del-

le fiabe tradizionali, una grafica accura-ta e accattivante, una fotografia dai co-lori caldi e accesi, scene d’azione dota-te di ritmo concitato.

Essendo il film destinato a un targetinfantile, la vicenda è scorrevole, diret-ta e divertente ma, oltre a una conno-tazione educativa, ha momenti dotati diuna lieve componente horror che li ren-de affascinanti anche per un pubblicoadulto. Tutta la prima parte è girata con

inquadrature soggettive attraverso ilpunto di vista del protagonista. Il co-protagonista umano, Lawrence, è unbuffo prestigiatore d’altri tempi; tienespettacoli negli ospedali per i bambinimalati e ha sempre un incantesimopronto per far sorridere anche i piùscettici.

Tutto il film è immerso in un univer-so di animali parlanti e giochi vecchiamaniera, di quelli che ormai sembranofar parte dell’antiquariato e del collezio-nismo, verso cui la pellicola nutre un’evi-dente e condivisibile nostalgia.

Spiccano alcune sequenze spettaco-lari, come la corsa di Lawrence in bici-cletta, i tentativi di demolire la casa, gliinterventi di Tuono e degli altri abitantiper contrastarli. Nel corso della vicendainoltre prendono risalto, senza enfasi néforzature, oltre al dovere dell’accoglien-za, il valore dell’amicizia e della solida-rietà, con una declinazione davvero eu-ropea totalmente aliena dal chiasso edall’ossessione del successo che caratte-rizza i prodotti d’animazione d’oltreo-ceano. Vedi anche in Il Ragazzo Selvag-gio n. 106, p. 63. s.s.

r. Ben Stassen, Jeremy Degruson or. Belgio2013 distr. Notorius Pictures dur. 90’

Il secondo capitolo di CattivissimoMe si pone come sequel naturale in ununiverso speciale, dominato dalla pre-senza straordinaria di altri cattivi, menosorprendenti e poetici, comunque in gra-do di rivaleggiare per ambizione con ilvecchio alter-ego del nuovo Gru. Eduar-do, che pare un wrestler latino, non pun-ta alla luna ma a una più prosaica con-quista del mondo.

Si ripropone quindi il conflitto tra be-ne e male, dove la posta in gioco è la pa-ce collettiva e l’armonia familiare. Saràper questo che la missione proposta aGru per sabotare il piano di conquista diEduardo diventa l’occasione per affian-cargli un quarto personaggio femminile:non solo una spalla che rovescia in tuttole caratteristiche di Gru (fisiche e psico-logiche), ma soprattutto un potenzialetassello che completi il quadro di una fa-miglia moderna. Il racconto fiorisce dauno spunto banale con un intreccio bencongegnato, capace di offrire il giusto spa-zio a ogni personaggio. L’empatia è spon-tanea, merito di dialoghi efficaci e diun’animazione fluida. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n.101-102, p. 32. a.l.

Cattivissimo Me 2Desplicable Me 2

Gru non è più cattivissimo.Abbandonato il crimine, adesso è unaspecie di imprenditore con tre figlieadottive di cui occuparsi: Margo, Edith eAgnes. Il laboratorio segreto dei Minion è statotrasformato in fabbrica e di essa sioccupa il dottor Nefario insieme aidiligenti, ma spesso anche pasticcioni,esseri giallastri. Però Nefario non riesce arinunciare alla cattiveria, per cui decidedi trasferirsi e di lavorare per un altropadrone. Quando Gru viene contattatodalla Lega Anti-Cattivi che gli chiedeaiuto per smascherare un super-criminale, che vorrebbe impadronirsi delmondo, rifiuta per occuparsi dellafamiglia. L’avvenente e bizzarra Lucy glifa ben presto cambiare idea. La resa dei conti con il supercattivoneEdoardo arriverà solo dopo numeroseavventure che coinvolgeranno l’interafamiglia di Gru, affiancato da Lucy. Traloro sboccerà l’amore.

r. Pierre Coffin, Chris Renaud or. Usa2013 distr. Universal Pictures dur. 94’

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Il castello magicoLe manoir magique

Un gattino viene abbandonato einseguito da un feroce doberman. Ilprimo riparo che trova è in una vecchiaabitazione che anche i cani temono: sidice sia infestata dagli spiriti. In realtà ilproprietario è Lawrence, un illusionistache vive con alcuni animali e deigiocattoli animati. Il micio suscita subito antipatia nel grossoconiglio Jack e nell’aggressiva topolinaMaggie, viene invece accolto con affettoda Lawrence che lo chiama Tuono perchéè arrivato in una notte di tempesta.Ben presto tutti gli animali dovrannovincere la loro diffidenza verso il gattino,riconoscendolo come leader, perchédovranno fronteggiare una comuneminaccia. Il nemico è Daniel, nipote delmago, cinico agente immobiliareintenzionato a vendere la casa e a sbatterelo zio in ospizio. Urge scoraggiareeventuali acquirenti e il modo miglioreper farlo è terrorizzarli come solo gliabitanti dei castelli magici sanno fare.

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Non si può restare indifferenti a que-sto mondo a colori vivaci, animato

in digitale, ma con tratti a mano, ricco didettagli di fiori, di foglie, di stoffe, di na-stri; illuminato da file di lampioncini dicarta rossa; popolato da creature bizzar-re, a volte amichevoli, a volte ostili, abi-tanti di un passato mitico che torna ainterpellare le coscienze: lo spirito di unfiume che è stato prosciugato dall’edili-

La città incantataSen to Chihiro nokamikakushi

Una famiglia trasloca in campagna condispiacere della figlia Chihiro che portacon sé un mazzo di fiori e un biglietto,regali di addio degli amici. Guidandoverso la nuova casa, il padre sbagliastrada e si trova all’ingresso di un tunnelche li costringe a lasciare l’auto e adattraversarlo a piedi. Al di là si stendonovasti prati e un villaggio abbandonato.Attratti dal profumo di cibo, i tretrovano un ristorante deserto, pieno disucculenti piatti a disposizione. In attesache arrivi qualcuno i genitori iniziano amangiare, mentre Chihiro si allontanaper le vie solitarie; incontra Haku, unragazzo dai poteri magici che la invitaad andarsene prima di notte. Quando labambina torna al ristorante, scopre che igenitori sono stati trasformati in maiali.Spaventata, fugge per riattraversare iltunnel, ma il fiume ha isolato ilvillaggio che, con il buio, si stapopolando di spiriti.

r. H. Miyazaki or. Giappone 2001 distr.Lucky Red dur. 125’

In Valzer con Bashir, terzo film di Fol-man, i ricordi di giovane soldato duran-

te la Guerra del Libano del 1982, le paure,i vuoti di memoria si trasferiscono sui per-sonaggi, scarni volti in cerca del filo logi-co delle proprie azioni. L’animazione, pa-ragonata al sogno, permette di mostrarcil’interiorità meglio di quanto avrebberopotuto fare attori in carne e ossa.

La via che sceglie per The Congress è si-mile. Le sequenze animate illustrano unfuturo prossimo - il 2033 - popolato da“reincarnazioni”: ciascuno sceglie di esse-re chi desidera: Gesù, Buddha, Clint Ea-stwood, Marylin Monroe. E poi danzatri-ci, soubrette, steward in livrea. Il paradisoartificiale è ottenuto ingerendo una fialache trasforma gli uomini in cartoon; i per-sonaggi hanno i tratti sperimentali dei Fra-telli Fleischer, creatori, tra gli anni Venti eTrenta, di Betty Boop, Braccio di Ferro e Su-perman. Non è un futuro del tutto nega-tivo, come spesso narra la fantascienza,perché si vive a contatto con la natura o inmetropoli colorate, sospese in un eternoCarnevale. La gente sta insieme assisten-do ai film dei propri eroi sempre giovani.

Le tematiche messe in scena da Fol-man sono complesse e sembra che, inquesta sua realtà animata, ci sia spazioper tutto. La distopia di The Congress ri-siede infatti in un’alienazione visiva checattura lo spettatore e che costituisce ilfulcro della realtà virtuale e digitale dal-la quale, è d’obbligo far notare, non sitorna indietro. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 106, p. 10 e 11. c.m.v.

The CongressA 44 anni Robin Wright è un’attrice indeclino che vive ritirata con i figli.L’agente di Robin, preoccupato per lacarriera di entrambi, le proponel’offerta della Miramount: sottoporsialla scannerizzazione della propriaimmagine per trasformarla inpersonaggio digitale. Pianto, riso emimica saranno utilizzati dalla casa diproduzione per realizzare film in serienei quali gli attori non invecchianomai. L’eterna giovinezza, la fama e ildenaro in un unico contratto; incambio, l’impegno a non recitare più. Robin firma l’accordo della durata divent’anni. Vent’anni dopo, al Congressoper annunciare la fusione dellaMiramount con un colossofarmaceutico, si presenta una Wrightsessantenne per rinnovare o rifiutare ilcontratto in scadenza. Vivràl’incredibile esperienza di vedersitrasformata in disegno animato in unarealtà parallela che è il prodotto deidesideri delle menti individuali.

r. Ari Folman or. Usa 2013 distr. WiderFilms dur. 122’

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zia selvaggia non trova più la strada di ca-sa. Ricorda solo una bambina piccolache ha salvato dall’annegamento anniprima; e ora lei, più grande ma ancorapiena di entusiasmo, gli salverà a suavolta la vita restituendogli un’identità. Èun girotondo di scene accuratissimequesto capolavoro di animazione che,con un nuovo doppiaggio e una nuovadistribuzione, è tornato nelle sale per tregiornate speciali. Vincendo i pregiudiziche di solito penalizzano i cartoni ai fe-stival, La città incantata vinse nel 2002l’Orso d’Oro a Berlino e l’Oscar nel 2003,segnando la consacrazione del suo auto-re. Mette in scena un Giappone ricco edisincantato che incontra e si scontracon il suo stesso passato e con l’anticaspiritualità. Il titolo originale del film si-gnifica infatti “La sparizione di Sen eChihiro ad opera dei Kami”. I Kami sonogli spiriti della religiosità shintoista cheappartengono a varie entità naturali untempo adorate come divinità. Il moder-nismo forzato della cultura nipponicacontemporanea non li riconosce più co-me sacri. Vedi anche in Il Ragazzo Selvag-gio n. 106, p. 32. c.m.v.

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Al secondo lungometraggio Locatelliconferma la capacità di indagare l’ani-

mo umano con tocco lieve. Non è un filmfacile questo perché si svolge in spazi chiu-si, non luoghi che sottolineano la precarie-tà e la sospensione temporale. Ma non è unfilm sul dolore o la malattia. Quest’ultimac’è, ma rimane sullo sfondo. È un film sul-l’integrazione, l’accettazione dell’altro edi conseguenza sulla conoscenza di sé.

Antonio è un uomo chiuso in se stes-so e nei pregiudizi, non riesce a intera-gire con il prossimo, ancor meno se sitratta di extracomunitari. È impermea-bile al dolore altrui, non vuole contami-nazioni. Locatelli non lo giudica. Si fatestimone delle sue difficoltà. Lo ripren-de spesso nella macchina ferma, peren-nemente sintonizzato sulle frequenze diIsoradio, quasi alla ricerca di una direzio-ne da prendere. Parimenti ci mostra gliextracomunitari come sensibili compa-gni di viaggio, desiderosi di rendersi uti-li. Però non ne fa l’apologia. I suoi nonsono stranieri scevri da difetti.

Azzeccatissimo il titolo scelto dal re-gista perché può suggerire diverse lettu-re. Corpo estraneo è il corpo che a nostrainsaputa si ammala, lo straniero che cisembra così diverso da noi, il figlio chedobbiamo imparare ad accettare, accu-dire e amare. Corpo estraneo infine sia-mo noi stessi, quando, guardandoci consufficiente distacco, ci rendiamo contodi quante distorsioni dobbiamo correg-gere per scegliere il giusto percorso. Ve-di anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 105,p. 19. f.b., t.c.

r. Mirko Locatelli or. Italia 2013 distr.Strani Film in collaborazione conMariposa Cinematografica dur. 102’

La storia, con qualche concessione dram-maturgica, è vera. Negli anni 80, quan-

do si diffondevano notizie sul virus dell’HIVe sull’AIDS, la sperimentazione non seguìstrade sinergiche in tutto il mondo ma, co-me spesso accade, le lobby farmaceutichesi scatenarono imponendo ai governi leproprie soluzioni ipotetiche e i test su mi-gliaia di malati. Forte di un’attenzione alla

ricostruzione storica e all’atmosfera del-l’epoca (Oscar ai costumi), la sceneggiatu-ra bilancia pesi e misure, costruendo il rac-conto intorno a Ron, quasi sempre centra-le in ogni segmento della vicenda, puraenergia vitale, che cresce a ogni giorno gua-dagnato dopo la certezza dei medici di unafine prossima e senza scampo.

La parabola dell’eroe sgradevole chescopre una sensibilità mai emersa è cosìservita, all’americana diremmo, ma nonper questo scontata negli snodi narrativi.Mai banale o, peggio, patetico, Ron non di-venta un missionario generoso, ma si limi-ta a coinvolgere nella sua lotta chi è nellesue stesse condizioni, cercando di soprav-vivere con il contrabbando. Non offre nul-la gratuitamente, non compie una trasfor-mazione poco credibile per intercessionedella morte. Col mondo gay non ha nullaa che fare, ma passa dal rifiuto alla tolle-ranza, nel senso di “vivi e lascia vivere”,riconoscendo comunque l’umanità dietrociò che viene superficialmente etichetta-ta come anomalia. Rayon, in particolare,smette di essere “checca”, a vantaggio di unrapporto che sa di adozione. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n. 104, p. 12 e 13. a.l.

Dallas BuyersClubRon Woodroof è un elettricistaappassionato di rodeo senza una fissarelazione sentimentale e abituato arapporti occasionali. È il 1985 quandoscopre di aver contratto l’HIV, all’epocadenominato malattia delle checche. Imedici gli danno trenta giorni di vita; gliamici lo allontanano, convinti che luiabbia sempre nascosto loro la suaomosessualità. Per reazione, dopo l’inizialescoramento, decide di non arrendersi a undestino che pare segnato. L’AZT,sperimentato su larga scala da una grossaindustria farmaceutica, si rivela tossico.Per questo Ron si reca in Messico, dove unmix di altri farmaci è testato con successosu un gran numero di pazienti. Sulla falsariga di un gruppo di gaycaliforniani, crea un’associazione chepermette ai tesserati di accedere ai farmacinon autorizzati dal governo statunitense.Ron trova nuovi amici, tra cui Rayon,trans tossicodipendente cui si lega inmaniera fraterna.

r. Jean-Marc Vallée or. Usa 2013 distr.Good Films dur. 117’

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I corpi estraneiAntonio arriva a Milano col figlio dipochi mesi per sottoporlo a un delicatointervento chirurgico. In ospedaleincontra Jaber (15 anni), di originetunisina, che assiste un amico. Jabercerca di stabilire una relazione conAntonio, ma questi è diffidente, non hasimpatia per gli arabi ed evita ogniapproccio. Accetta l’aiuto del giovanesolo quando deve sostituire la batteriadella macchina. La permanenza in ospedale si protrae eAntonio è irrequieto. Le telefonate a casae le preghiere nella cappella non gliriempiono le giornate né lo calmano. Peroccupare il tempo e racimolare qualchesoldo inizia a lavorare di notte almercato generale di frutta e verdura afianco di extracomunitari. Ma sembrache nulla possa scalfire la corazzadell’uomo che si muove silenzioso,mantiene un atteggiamento urticantecon tutti. Solo quando apprende che di lìa pochi giorni potrà lasciare l’ospedaleper ritornare col bimbo a casa, avvienein lui una leggera apertura.

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Quanto siamo dipendenti da inter-net e da tutte le forme di comunica-

zione che ci offre? La domanda se la po-ne Henry Alex Rubin che con Discon-nect ha voluto osservare i vizi di una for-ma di “socialità” ormai dilagante, e i ri-schi e le distrazioni che non ci dovrem-mo permettere. Cortocircuiti imprevedi-bili ma irreversibili. Errori di comunica-zione, vuoti di senso di uno stare sovrae-sposti al contatto indiretto. L’ossessionedella comunicazione a senso unico è di-lagante e finisce per estromettere gli in-

dividui dalla vita reale, isolandoli e rele-gandoli nella solitudine.

Con abilità e senso della misura, Ru-bin organizza il film a partire da unastruttura corale che si svela e si compo-ne via via. In una città quasi semprenotturna, i personaggi escono lenta-mente allo scoperto, spiati dalla mac-china da presa di un regista che sceglieun’immagine “sporca”, sgranata e irre-golare. Il principio formale che condi-ziona il percorso narrativo sembra se-guire una sorta di morale secondo cuiogni gesto ha le sue conseguenze. Bastapoco per far cambiare una vita. Un sem-plice tasto e tutto sarà diverso. E non inmeglio. Il nodo cruciale si dibatte trarealtà e verità. Nell’abbracciare i suiprotagonisti, Rubin riesce a sottolinea-re le distanze, ma mette anche in rilie-vo gli elementi di contatto, le vicinan-ze di uomini e donne troppo distrattidalla comunicazione per riuscire a ve-derli. E non è un caso che nei diversi fi-nali con cui il film si conclude a vince-re siano per la prima volta fisicità e so-litudine. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 104, p. 8 e 9. g.p.

Disconnect Il film segue le vicende di personaggiimprigionati nella rete e nelle trappoleche si nascondono nelle chat, nei siti diincontri e nei social network. Tre storie che si intreccianocasualmente e che hanno lo stessocomun denominatore. Un investigatore privato, rimastovedovo, assume atteggiamentiautoritari nei confronti del figlio,spingendolo a comportamenti scorrettinei confronti di un compagno di scuolatimido e introverso. Una giornalista televisiva, dopo averscoperto una video chat per adulti,contatta uno dei ragazzi coinvolti e loconvince a farsi intervistare e diventareil protagonista di un reportage cheriscuote molto successo. Infine, unacoppia in crisi cade vittima di unhacker che clona le carte di credito deidue e li deruba di tutti i risparmi. Sono questi i protagonisti di una storiacomposita, i cui personaggi sonoaccomunati fra loro dall’illusione della rete.

r. Henry Alex Rubin or. Usa 2012 distr.Filmauro dur. 115’

Sospeso tra sorriso e dramma, Fatherand Son infila la strada della poesia e

filma con tenerezza lo sguardo che ibambini pongono sugli adulti. PerchéKeita e Ryusei sono testimoni a carico,miti e quasi muti ma qualificati ad atte-stare le prove di colpevolezza dei gran-di. È il loro punto di vista che annulla lefalsità chic e le verità volgari che agita-no i rispettivi genitori, ciascuno dispera-to alla sua maniera. Midori Nonomiya èdivorata dal senso di colpa per non aver

capito che il bambino che allevava nonera il suo, Yukari Saiki è decisa a lottareper tenersi il bambino che ha cresciuto,Yudai Saiki, sembra approfittare della si-tuazione fantasticando su eventuali ri-sarcimenti finanziari, prima di opporrela sua fondamentale onestà all’aviditàdi Ryota Nonomiya, quasi sollevato dauna scoperta che convalida la delusioneche sentiva per il figlio.

Kore-eda affronta la costellazione digravose questioni sociali con tatto e de-licatezza, attraverso una messa in scenaprecisa, minuziosa e paziente, che siprende tutto il tempo per immergercinel cuore delle famiglie. L’autore descri-ve il loro quotidiano, il loro ambientesociale, i loro comportamenti, i loro ge-sti, ovvero la posizione che gli individuioccupano nello spazio sociale e che de-termina il loro punto di vista.

Premio della Giuria al festival di Cannes2013, Father and Son è una lezione di mo-dernità, che consegna un messaggio rivo-luzionario: i bambini più felici e compiu-ti sono quelli che riconosciamo e nonquelli che (ri)produciamo. Vedi anche in IlRagazzo Selvaggio n. 105, p. 10 e 11. m.gn.

Father and SonDue famiglie giapponesi, una diestrazione borghese e una di umiliorigini, vengono convocate in ospedaledove apprendono che i rispettivibambini non sono in realtà i loro figlibiologici. Scambiati alla nascita, Keita e Ryuseihanno sei anni e una storia diversadietro le piccole spalle. Keita è figlio unico di una madreremissiva e di un padre ambizioso, checerca nel figlio la conferma di sé e deipropri successi, Ryusei è il primo di duefratelli, che crescono spensierati in unafamiglia frugale e lontana daglistereotipi borghesi.Persuasi dagli avvocati edall’amministrazione ospedaliera a‘regolarizzare’ la loro situazione, lefamiglie decidono per un’inversioneriparatoria. Ricominceranno da sei, sei anni chepesano come macigni e che lidefiniranno, e ridefiniranno i lorovalori.

r. Hirokazu Kore-eda or. Giappone,2013distr. Bim dur. 120’

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Cantet, con questo film torna a esplo-rare l’universo adolescenziale con

la sua rabbia mal incanalata, la sua con-fusione di ideali e le contraddizioni affet-tive tipiche di quell’età.

Decide di ambientare la storia neglianni 50, l’epoca del perbenismo e dellefamiglie intatte, e di spostarla dalla vec-chia e acculturata Europa all’Americadel capitalismo e degli affari. E i riferi-menti all’attualità sono evidenti.

Il vecchio socialista predica alle ragaz-ze: “ Si parla troppo di felicità in America,la felicità sfugge via, la felicità è solo nelmovimento”: ed è vero. La felicità è quel-la chimera o utopia inseguita dalle giova-ni protagoniste che prima la individuanonel liberarsi dai soprusi al maschile, poila interpretano come “faccio quello chevoglio” e, infine, la identificano con il po-tere sulla vita degli altri, scivolando in unpericoloso delirio di onnipotenza.

I corpi delle ragazze “cattive” sonosempre in movimento per esprimerel’inquietudine costante che non permet-te loro di riflettere e il bisogno di agire peravere l’impressione di fare qualcosa percambiare il mondo.

L’uso della cinepresa a mano e di unafotografia sporca immerge le protago-niste in un inferno buio, dove si sonoperse le coordinate dell’etica e della mo-rale. Una metafora di quel tunnel esi-stenziale in cui è caduto un Occidente al-le prese con la ricerca del Dio-Denaro, inun sistema di valori rovesciati come sug-gerisce la sequenza dell’industriale bi-gotto. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion. 101/102, p. 21. a.m.

FoxfireRagazze cattiveFoxfire

Stato di New York, anni 50. Un gruppo diragazze quindicenni crea una loggiasegreta, chiamata Foxfire, nella quale sientra con un patto di sangue, il tatuaggiodi una fiamma che arde che le ragazze sifanno tatuare sulla schiena. Decidono diandare a vivere insieme ma, col passar deltempo le regole che sorreggono il gruppodiventano più ferree e, anche perun’interpretazione confusa dell’ideologiacomunista, l’agire si fa più violento, lagang più criminale.Legs è la più carismatica, sfrontata e senzafreni; è lei che decide il destino degli altri (eil proprio). Le fa da contraltare Maddy, piùtimida e riflessiva. Entrambe chiedonogiustizia e uguaglianza: ma la primasceglie la strada del Male e l’altra quelladel Bene. Legs verrà giudicata da untribunale e si ritroverà, per l’ennesimavolta, sola; l’amica, invece, diventerà unadonna che otterrà stima e rispetto senzapuntare la pistola.

r. Laurent Cantet or.Francia/Canada/Gran Bretagna 2012distr. Teodora Film dur. 143’

Frozen dimostra di voler innovare nelsegno della tradizione disneyana, con

una storia vagamente ispirata a un classi-co letterario, la protagonista Anna che at-tinge da celebri modelli femminili del pas-sato (Biancaneve o Rapunzel) e una strut-tura narrativa con una classica cifra mu-sical. Al contempo, però, Frozen si ponenei confronti del passato in una prospet-

tiva critica, senza timori reverenziali. Nesia prova il fatto che manca un antagoni-sta di rilievo e l’intreccio si articola sulla di-cotomia che oppone Anna alla sorella El-sa. Lo fa, però, senza attribuire alla secon-da lo status di “cattiva” della situazione, maunicamente quello di vittima suo malgra-do del suo potere.

Il “male”, insomma, non deriva tantodai sentimenti negativi di cui si fanno por-tatrici soprattutto le figure maschili, ma di-venta una sfumatura di un più comples-so spettro emozionale tutto interno alle fi-gure femminili. Da questo punto di vistaFrozen compie una scelta coraggiosa per-ché abbraccia un punto di vista totalmen-te femminilizzato e sceglie protagonista eantagonista all’interno della stessa fazio-ne di genere. Si palesa dunque l’intentometanarrativo di un’opera che vuole an-che essere tributo e riflessione su una tra-dizione che sulle donne ha sempre pun-tato, attraverso figure quali Biancaneve,Alice, Belle o Mulan e che è stata in talmodo capace di comprendere le trasfor-mazioni in atto nella società occidentale,spesso anticipandole. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 103, p. 12 e 13. d.d.g.

FrozenIl regno di ghiaccio

Nell’antica Scandinavia, le sorelle Elsa eAnna sono molto legate fra loro: lamaggiore possiede il potere di congelareogni cosa con un semplice tocco, che sirivela però un dono incontrollabile edunque pericoloso per chi le sta vicino.Ciononostante, dopo la morte deigenitori, Elsa diventa la nuova regina delregno, ma in questo modo devemostrarsi al popolo, rivelando il suopotere. Il paese viene così ricoperto dalgelo e la colpa dell’accaduto fa apparirela regina un mostro agli occhi deisudditi: perciò Elsa fugge sulle montagnee Anna la insegue per aiutarla.Nella sua impresa, Anna viene soccorsadal venditore di ghiaccio Kristoff e dalpupazzo di neve Olaf, cui Elsa stessa hadato vita. Nel frattempo il regno vieneretto dal principe Hans delle isole delSud, apparentemente innamorato diAnna e deciso a tutto pur di aiutarla,ma in realtà interessato unicamente alpotere come un mostro.

r. Chris Buck e Jennifer Lee or. Usa 2013distr. Walt Disney Pictures dur. 108’

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Per la prima volta una cinepresa havarcato la soglia dell’Accademia del

Teatro alla Scala, tempio sacro dedicatoalla ricerca della perfezione nell’Arte.Hanno osato avvicinarsi i due giovaniregisti Donati e Leone con grande rispet-to. Non hanno imposto la loro presenza.Per alcuni mesi, senza macchina, hannosolo osservato cercando di capire, di far-si accettare, di confondersi tra allievi edocenti. Hanno raggiunto una tale em-

patia con l’ambiente da mimetizzarsicon esso tanto da rendersi quasi invisi-bili. Questo ha permesso loro di foto-grafare la realtà senza dover inventarestorie e scene perché era già storia quel-la che si svolgeva davanti ai loro occhi.Per raccontare hanno evitato una vocefuori campo per far posto all’ascolto delcicaleccio dei ragazzi nei momenti dipausa o durante le telefonate alle fami-glie lontane, facendo emergere la lorovita privata e la loro ferrea volontà di riu-scire senza competizione, ma con reci-proca amicizia e collaborazione.

Emozionante l’intervento del famosobaritono Bruson “aldilà delle doti voca-li e della tecnica si raggiungono le vettedell’arte quando si sa comunicare e com-muovere chi ascolta”. È l’obiettivo del-l’Accademia, vera protagonista del film.

Il documentario è stato presentato alFestival di Torino e ha ricevuto il premiospeciale Nastro d’Argento perché “emozio-na e sorprende raccontando dietro lequinte un’Accademia che trasforma lapassione e il talento in un’eccellenza del-la Cultura italiana nel mondo”. Vedi anchein Il Ragazzo Selvaggio n. 105 p. 24. a.f.

FuoriscenaIl documentario racconta un interoanno scolastico presso l’AccademiaTeatro alla Scala di Milano, scuolariconosciuta a livello internazionale,unica a formare tutte le figureprofessionali del Teatro dell’Arte. Lafrequentano ragazzi provenienti datutto il mondo che sognano didiventare ballerini, cantanti lirici,scenografi, costumisti. I registi liseguono dalla domanda di ammissionee, dopo la severa competente selezione,alle quotidiane fatiche: lezioni di ballo,canto, scenografia, preparazione dicostumi, ma anche di italiano e dilingue straniere. Coinvoltiemotivamente nel percorso della loroformazione li accompagnano tra ansie,speranze, paure, desideri fino alle provein scena e al debutto al Piccolo Teatro oalla Scala stessa. Racconto corale, che mette in evidenzaalcuni personaggi, simboli emblematicidell’impegno e dell’amore per l’arte ditutti.

r. Massimo Donati, Alessandro Leone or.Italia 2013 distr. GA&A dur. 82’

Tema dominante del film è il rappor-to padre-figlio. Per Ziad avviene il

passaggio dall’infanzia a una prospetti-va più matura: se all’inizio il padre è vi-sto come un piccolo dio, capace di faremiracoli, questa fiducia nei poteri delgenitore viene distrutta allorché Yacinenon riesce a salvare la vita a Brownie. Lareazione di Ziad è violenta, arriva persi-no a gridare “ti odio” al padre: è la fine

dell’infanzia e delle sue illusioni. Ma poivedrà quanto l’amore di un padre sia ca-pace di fare ‘miracoli’, benché in un’ac-cezione diversa. Quanto sappia metter-si in gioco completamente.

Yacine finirà in carcere. Giraffada nonci regala un lieto fine, ma Yacine ci ricor-da quanto leggiamo in un passo del Van-gelo di Giovanni (15.13): “Nessuno haun amore più grande di questo: dare lavita per i propri amici”.

Il regista ha detto: “Ogni moderna fiabache si rispetti non può che arricchirsi disenso ed emozioni dalla presenza di ani-mali: in questo caso sono due giraffe - ani-mali bellissimi, esotici, delicati -, esposteanche loro alla follia e alla violenza uma-na. Anzi esposte ancor più tragicamenteperché tali follie e violenze non possonocomprendere. E così le disavventure dellacoppia di giraffe diventano una metaforadelle disavventure di noi umani. Così lavulnerabilità delle giraffe è la nostra vulne-rabilità, portata all’estremo: non hannovoce per parlare, vivono in gabbie con sbar-re ben visibili (ma il muro palestinese nonè forse una gabbia?). Vedi anche in Il Ragaz-zo Selvaggio n. 107/108, p. 18. a.s.

Giraffada Yacine è il veterinario dello zoo diQalqilya in Cisgiordania. La cittadinasorge presso il muro che divide iterritori della cosidetta West Bankpalestinese da Israele. Ziad, il figlio diYacine, nutre un profondo amore per ledue giraffe dello zoo, Rita e Brownie:trascorre con loro intere giornate, leaccudisce e le nutre. Una notte, duranteun raid aereo, Brownie viene colpita emuore. Rita inizia a lasciarsi morire,rifiutando il nutrimento. Yacine deveassolutamente trovare un nuovocompagno per Rita, ma l’unico modoper procurarsi un’altra giraffa ètrafugarla da uno zoo in Israele.Pertanto Yacine, insieme a Ziad e Laura- giornalista francese invaghita delveterinario – intraprende un pericolosoviaggio al di là del muro. Il suo piano è di rapire una giraffamaschio nello zoo dove lavora un suoamico e di portarla a Rita. Dopo due giorni rocamboleschi i treriescono a passare il confine con lagiraffa Romeo e a ritornare a casa.

r. Rani Massalha or. Italia/Francia/Germania/Palestina 2014 distr.Visionaria dur. 85’

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In sessant’anni di attività, fra grandeschermo, tv, libri e fumetti, Godzilla

ha continuato a rappresentare un simbo-lo dell’inconscio collettivo e delle paureconnaturate alla cognizione che l’uomonon è il reale centro dell’universo. Così,le imprese dei mostri ritratti nel filmchiamano idealmente in causa il disastronucleare di Fukushima, lo tsunami nel

Sud-Est asiatico del 2004, gli attacchi cit-tadini dell’11 Settembre 2001, in una sor-ta di compendio dei traumi globali chehanno minato (e allo stesso tempo forag-giato) l’immaginario del mondo a caval-lo dei due millenni.

Ciò che più colpisce però è il doppiopasso di una pellicola che da un lato ten-ta quasi di sabotare l’elemento umanoper ridare centralità ai giganteschi mo-stri, solleticando in tal modo la cifra “mi-tica” su cui queste storie prosperano. Aquesto fa da contrappunto una tenden-za, poi, a stare su storie “piccole”, comequella della famiglia Brody, che del filmè l’autentico cuore pulsante, di cui se-guiamo le peripezie, le dinamiche filia-li e i sentimenti contrastati, fra separazio-ni traumatiche e voglia di ricongiungi-mento.

Come a dire che, se da un lato il cam-po è tutto per i mostri, unici in grado dideterminare lo spazio nel quale l’uomopossa permettersi di muoversi, dall’altrosono i sentimenti a garantire alla marto-riata umanità l’unica chiave di volta peresserci nel mondo. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 105, p. 5. d.d.g.

r. Gareth Edwards or. Usa/Giappone,2014 distr. Warner Bros dur. 123’

Anderson ci riporta alle atmosfere acavallo tra le due guerre. Omaggio a

un’Europa che ha i colori pastello di unfondale scenografico, in cui l’autore ri-crea l’universo affascinante dei grandialberghi del periodo.

Privilegia figure-simbolo che si con-frontano con la Storia, pur senza rinun-ciare alle stravaganze e a quell’incon-fondibile misto di ilare serietà e determi-nazione che ne caratterizza l’agire in unatrama che si dipana in un noir.

Dedicato a Stefan Zweig, autore le cuiopere furono bruciate dai nazisti, GrandBudapest Hotel è ispirato a un profondopacifismo e quel suo prendere posizionecontro l’ottusità di chi ha obbedito cieca-mente al nazismo è un monito nei con-fronti di ogni dittatura. Ma la vicenda nonha nulla di realistico, i toni sono quelli diuna favola surreale a cui il regista impri-me un dinamismo inatteso, con colpi discena a ritmo di slapstick comedy.

Grand Budapest Hotel ha una com-plessità compositiva che si esplica in ungioco di scatole cinesi, dove una vicen-da rimanda a un’altra avvenuta in epo-ca precedente, entrambe racchiuse dauna cornice che apre e chiude il film.

Stilisticamente il cineasta mette inpiedi un’imagerie coloratissima, a parti-re dalla composizione di ogni inquadra-tura, simile a un dipinto in movimento.

Costruito come un conte philosophi-que, il film sottolinea i valori dell’amici-zia e della parola data, è un’avventuravisiva al sapore di un Courtesan au cho-colat e dal profumo inconfondibile diAir de panache. Vedi anche in Il Ragaz-zo Selvaggio n. 105, p. 6 e 7. l.c.

Grand BudapestHotel 1968. Uno scrittore trascorre un soggiornoin un albergo fatiscente e conosce ilproprietario Zero Moustafa. Questiracconta come sia entrato in possessodell’hotel. Si torna a quando l’uomo era garzone inprova e Gustave il concierge del GrandBudapest Hotel, amato dagli ospiti. Inparticolare da Madame D. che un giornogli rivela il presentimento che non sirivedranno più. Poco dopo giunge lanotizia della morte della donna. Gustave con Zero si reca a darle l’estremosaluto. Presente alla lettura deltestamento, viene a sapere che MadameD. gli ha lasciato in eredità un famosodipinto. Approfittando della confusione,porta via il quadro. Nel frattempo leindagini sull’assassinio di Madame D.inducono a ritenere che sia lui il colpevoleed è incarcerato. Ma riuscirà a provare lapropria innocenza e scoprirà una letteraautografa della compianta che lo nominaerede di tutti i suoi beni, incluso l’albergo.

r. Wes Anderson or. Usa 2014 distr.20th Century Fox dur. 100’

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Godzilla1999. Joe Brody è costretto a sacrificarela vita di sua moglie per impedire lacontaminazione della città di Janjiradopo l’attacco alla centrale nucleare.Nei successivi 15 anni l’uomo indagasu quanto è accaduto, certo com’è chele cause del disastro siano statenascoste. Insieme a suo figlio Ford scopre così cheil responsabile è una creaturapreistorica, il MUTO, che si nutre diradiazioni e che ha fatto il suo bozzolonella zona, costantemente monitoratoda una squadra comandata dalloscienziato giapponese Serizawa. Ma il MUTO non è solo: già nel 1954Godzilla, un altro e più temibilepredatore, era stato individuato dalleautorità. Quando il MUTO infine si risveglia, lasua attività esercita un richiamo cheriporta in superficie anche Godzilla.Dopo la morte di Joe, Ford deve quindimettere le sue abilità al serviziodell’emergenza globale e ricongiungersialla famiglia.

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Gravity staziona perennemente fra lavastità e la ristrettezza dello spazio,

e fra la pregnanza di dialoghi che fissa-no punti fermi e gesti che invece evoca-no l’indeterminato.

Cuarón imbastisce un complessospettacolo dove la tecnica usata per ri-produrre l’assenza di gravità genera nel-lo spettatore una vertigine potentissi-ma; ma lo fa per dare forma a un raccon-

to “piccolo” e intimo, dove la distruzio-ne spaziale esteriorizza un conflitto in-terno riconducibile comunque a una so-la persona. Lo spazio che noi vediamo ri-prodotto sullo schermo, per quantoscientificamente esatto nel mostrarel’inerzia dei corpi alla deriva, è in realtàun enorme schema metaforico che guar-da al cuore di una donna indifesa.

Ecco dunque che la sfida più grandeche il film si pone è quella di trovare lasintesi fra la meccanica e le regole inde-rogabili della fisica, e l’inafferrabilità deimeccanismi cui è sotteso l’animo dellagente. La battaglia che Ryan deve affron-tare per riuscire a guadagnare la propriasalvezza è dunque quella che la porti a ri-guadagnare una stabilità, sfruttando aproprio vantaggio l’assenza di gravità.

Per certi aspetti è come se la donna siacostretta a ricreare una propria gravità,ponendosi dunque in una posizione chenon sia subalterna al caos che ha gene-rato l’avventura, ma che anzi sfrutti lostesso assumendo un ruolo critico e con-sapevole rispetto a quanto accade. Vedianche in Il Ragazzo Selvaggio n. 101/102,p. 8 e 9. d.d.g.

GravityLa Dott.ssa Ryan Stone è per la primavolta nello spazio per lavori dimanutenzione al telescopio Hubble.Mentre si trova sul posto la suanavicella viene colpita da uno sciamedi detriti causati dall’esplosione di unsatellite russo. Separata dai compagni ecostretta a seguire quanto ha imparatonelle esercitazioni, la donna vieneguidata via radio dal pilota MattKowalski, che però ben presto muorenell’incredibile catena di disastrigenerati dai detriti. Ogni sforzo di riguadagnare ilcontrollo della situazione sembravanificato dall’incalzare degli eventi,tanto che la sfortunata astronauta saràcostretta dapprima a raggiungere laStazione Spaziale Internazionale e poi,da lì, la stazione orbitante cineseTiangong 1. L’avventura diventa per Ryan ancheun’occasione per riflettere sulle sceltecompiute nella sua vita, sui traumisepolti nel passato e sulla sua realevoglia di vivere.

r. Alfonso Cuarón or. Usa/Gran Bretagna2013 distr. Warner Bros dur. 90’

Margarethe von Trotta per il biopic diHannah Arendt si è documentata

sui libri, sulle lettere della giornalista, sul-le testimonianze dirette scoprendo unadonna affascinante, spiritosa e piacevole,un personaggio complesso e discusso al-l’epoca per i suoi scritti. La pellicola mo-stra la protagonista nel corso dei quattroanni (dal 1961 al 1964) in cui assiste, scri-ve e affronta la reazione ai suoi articoli sulcriminale di guerra nazista Adolf Ei-

chmann, sostenuta dal marito e da una ri-stretta cerchia di amici.

Osservando il personaggio della Arendtavvertiamo l’intensità della sua figura che ilfilm descrive con primissimi piani nel suoaffascinante mix di supponenza e vulnera-bilità. La regista intreccia il pubblico e il pri-vato di Hannah mostrandoci, attraversopochi ma importanti flashback, l’amoregiovanile per il suo maestro-amante MartinHeidegger, seguace del nazismo. I fitti dia-loghi con l’amica del cuore, la scrittrice Ma-ry McCarty che la difende strenuamente.Quindi moglie affettuosa, innamorata delmarito Heinrich, considerato “la sua casa”.

Nella seconda parte del film dedicata alprocesso, rafforzano le tesi di Hannah im-magini di repertorio, dove Eichmann, ap-pare raffreddato e malconcio, inquadratodalle telecamere di tutto il mondo, unomino che, tremolante, risponde alle do-mande del Procuratore generale. LaArendt entra nell’ infuocato tribunale diGerusalemme aspettandosi di vedere unmostro, ma scopre la sciatta mediocrità diuna persona che non coincide con la fe-rocia delle sue azioni. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 105, p. 8 e 9. m.m.

Hannah Arendt Scappata dagli orrori della Germanianazista, la filosofa ebrea HannahArendt nel 1940 si rifugia con il maritoe la madre negli Stati Uniti. Quidiviene tutor universitario, attivistadella comunità ebraica di New York, ecollabora con alcune testategiornalistiche. Quando il Servizio segreto israelianorapisce Adolf Eichmann a Buenos Airese lo porta a Gerusalemme persottoporlo a giudizio, decide dipresenziare al processo in aula.William Shawn, responsabile dellarivista New Yorker, si dimostra moltofavorevole alla sua partecipazione. Hannah si ritrova così in tribunale aseguire il dibattimento contro ilfunzionario nazista Adolf Eichmann(responsabile dei trasferimenti degliebrei nei campi) da cui prenderàspunto per scrivere La banalità delmale, un libro che susciterà scandalo epolemiche soprattutto negli Stati Unitie in Israele dove fu censurato da BenGurion fino al 2002.

r. Margarethe von Trotta or.Germania/Lussemburgo/Francia 2012distr. Nexo Digital, Ripley’s Fi dur. 114’

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Tre generazioni stanno strette l’unaall’altra e celano la reciproca insof-

ferenza in nome di un bene comune chepossiedono, l’azienda tessile alla cui ge-stione tutti partecipano. Quando i privi-legi di città spariscono, divorati da unsistema economico iniquo, in quella pe-riferia di mondo l’equilibrio si rompe.

Vito, l’unico uomo di casa, emigra inSvizzera e lascia la sorella Adele, la più

coinvolta nella conduzione dell’azien-da, a cercare di sbrogliare la matassa diburocrazia che si fa via via più complica-ta. Tutto deve riprendere dal punto zero:la nonna Salvatrice propone di tornare incampagna, in una piccola casa abbando-nata.Niente di esaltante, soprattutto agliocchi di Ina che non ne vuole sapere diuna vita così: la casa è isolata, i cellulariprendono a stento, ma è l’unica possibi-lità di sopravvivenza.

Ci vengono mostrate una serie bencalibrata di riprese di vita all’aria aperta,schiette, vere, per nulla idilliache: l’al-zarsi presto e il coricarsi senza luce, ilcaldo, la polvere, la fatica di stare chini azappare, seminare, togliere le erbacce.Inquadrature di viottoli di campagna checonducono al nulla, in un paesaggiosplendido e rigoglioso - un uliveto cheguarda il mare - ma immobile e povero diumanità. La povertà che le quattro don-ne vivono riflette la povertà morale deipersonaggi, le incomprensioni, la super-ficialità. Nessuno di loro è del tutto posi-tivo, ciascuno cova un sordo rancore neiconfronti degli altri. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 105, p. 14 e 15. c.m.v.

In grazia di DioSalento, Puglia. Costretta a chiuderel’azienda di famiglia a causa dei debitidovuti all’assenza di clienti, Adele siritrova senza lavoro, senza soldi e senzacasa, con una famiglia da mantenere.L’anziana madre propone di trasferirsinell’unica proprietà rimasta, unapiccola masseria con qualche ettaro diterreno. Loro malgrado, le sorelle Adelee Maria Concetta devono darsi da fareper rimettere in sesto la campagna el’abitazione. Adele baratta i prodotti faticosamentecoltivati con la benzina, il cibo, imedicinali, la fornitura di energiaelettrica. Ma è sempre più stanca escontenta delle relazioni familiari, chelasciano a lei tutto il peso dellagestione domestica ed economica diquella situazione precaria. È in particolare Ina, sua figlia, a darlele maggiori preoccupazioni checulminano in un duro scontro quandola ragazza, molto mondana e pocostudiosa, annuncia di essere incinta.

r. Edoardo Winspeare or. Italia 2013distr. Good Films dur. 127’

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Iviraggi di grigio e i neri foschi, il forma-to anacronistico dell’inquadratura

1,37:1, il posizionamento delle figureumane all’interno del quadro stesso, ren-dono interessante dal punto di vista lin-guistico Ida, senza per altro eccedere inestetismi. La retorica di Pawlikowski nonè pedante ma efficace nel definire rac-conto e psicologie. Anna, castigata nel-l’abito monacale, all’inizio è quasi mar-ginalizzata all’interno dell’inquadratura,come a esprimere la condizione esisten-

ziale di questa novizia che pare aver giàscelto quale strada percorrere (votarsi aCristo) senza aver di fatto conosciuto al-tro fuori dal convento.

La comparsa della zia, preludio allascoperta di una storia familiare inim-maginabile, la trasforma gradualmente.Wanda, dipendente da fumo e alcol, lerestituisce il suo vero nome, Ida, e men-tre indaga con lei nel tentativo di scopri-re dove siano sepolti i suoi genitori, la as-sedia con proposte di vita audaci.

La dialettica che ne scaturisce defini-sce lentamente un viaggio verticale nel-le due donne, mentre la vicenda del rin-venimento delle ossa di madre e padrein una fossa vicina alla loro vecchia casaperde di peso. Lo squallore della dinami-ca che trasformò un uomo cattolico incriminale, colpevole di aver ucciso i co-niugi per impossessarsi della loro casaapprofittando dei rastrellamenti ai dan-ni degli ebrei, è un dettaglio in uno sce-nario terrificante: una pagina vergogno-sa in un’enciclopedia degli orrori quale fula Polonia conquistata e devastata dallaseconda guerra mondiale. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n. 105, p. 12 e 13. a.l.

Ida1962, Polonia. Anna è una giovaneorfana cresciuta in convento. Quandoscopre di avere una zia, Wanda, è a unpasso dal prendere i voti. La MadreSuperiora le consiglia di raggiungereVarsavia per conoscere la sua unicaparente ancora in vita, prima didecidere definitivamente quale stradaintraprendere. Wanda, sorella della madre defunta, èun magistrato comunista, che inpassato ha combattuto con i gruppidella Resistenza. Le rivela che il suovero nome è Ida, che la sua famiglia haorigini ebree e che durante la guerra fuvittima di persecuzioni, che costaronola vita ai genitori della ragazza.Recatesi nella vecchia fattoria dove lasua famiglia si era nascosta durante laguerra, scoprono che un contadinolocale li tradì causandone la morte. Per Ida si apre un capitolo nuovo dellasua vita, un viaggio alla scoperta dellesue radici, accompagnata da unadonna disillusa, che cela unasofferenza dilaniante.

r. Pawel Pawlikowski or. Danimarca/Polonia 2013 distr. Parthénos dur. 80’

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Il film, pur narrando la tragica storia diun’infanzia delusa e oltraggiata, sceglie

uno stile a tratti grottesco, surreale, spiaz-zante, dai toni esasperati. Aria racconta inprima persona il mondo contraddittorionel quale è costretta a vivere. Abituata al be-nessere, deve fare i conti con l’ammirazio-ne invidiosa dei compagni di scuola e conla certezza che ai privilegi economici noncorrisponde un appagamento affettivo.

Il film sceglie una strada difficile, in cuigli adulti agli occhi di una bambina ar-rabbiata, delusa e addolorata, sono ma-schere mostruose, pietrificate dall’insin-cerità e dall’assenza del sentimento.

Le due sorelle di Aria non conoscono ilpiacere della complicità e della condivisio-ne. Entrambe vivono il privilegio di esse-re le prescelte del padre e della madre.

Aria è la pecora nera, ha i capelli corti,è magra, ha un mondo interiore ricco, èsensibile e capace di sguardo critico. Vivedivisa tra il mondo dei coetanei e quellodegli adulti: è libera. Ingenua e smalizia-ta, ha bisogno di essere sostenuta e com-presa almeno dalla sua amica del cuore,che mette continuamente alla prova finoa sentirsi rifiutata anche da lei.

Se gli adulti sono crudeli, pure i bam-bini lo sono, e uno scherzo di cattivo gu-sto arriva anche dai compagni di scuola.

Il film è stato girato in pellicola per da-re alla fotografia una grana che assomi-gliasse alle istantanee delle Polaroid. Lacolonna sonora, coinvolgente, si rende in-terprete degli stati d’animo di Aria. Vedianche in Il Ragazzo Selvaggio n, 106, p. 8e 9. a.ma.

IncompresaAria (9 anni), vive stretta tra la sorellamaggiore, figlia di primo letto del padree l’altra di poco più giovane, frutto diuna precedente relazione della madre.Lei è la figlia della pianista e dell’attore,artisti centrati su di sé, incapaci di gestid’amore, saturi di un rapporto giunto alcapolinea. Il film, ambientato nel 1984, raccontaun anno nella vita di Aria, quando devefare i conti con il nuovo assettofamiliare, dividendosi tra i due genitoriseparati. Il suo è un faticoso girovagaretra le due abitazioni alla vana ricerca diun focolare dove essere accolta, unicacompagnia un gatto nero raccolto perstrada. Crede di poter contare sull’amica delcuore, ma ne rimarrà delusa. Si rifugianella scrittura, i suoi temi le fannoguadagnare un pubblicoriconoscimento. Ma neanche i successiscolastici sembrano toccare i suoigenitori. Ad Aria non resta che meditareun gesto estremo per conquistarefinalmente la loro attenzione.

r. Asia Argento or. Italia/Francia 2014distr. Good Films dur. 106’

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Con questa commedia l’esordienteSylvain Estibal, scrittore e giornali-

sta franco-uruguayano, estraneo alle duenazionalità in gioco nel film, invita a ri-flettere su due fatti. Il primo è che, co-munque la si pensi, la questione palesti-nese ha una rilevanza universale. Il se-condo che il dramma di quei territoripuò essere raccontato anche con ironiae leggerezza, ma non per questo con mi-nore serietà.

Jafaar rappresenta l’uomo comune,costretto a vivere una vita dove ogni scel-ta individuale sembra essere vietata. Daquando il maiale è entrato nella sua vi-ta, l’unico pensiero è liberarsene. Para-dossalmente invece, man mano che lavicenda si dipana, la sua presenza con-sentirà di trovare dei punti di solidarie-tà tra le due parti in conflitto.

Per la religione islamica il maiale è co-sì impuro che non si può nemmeno toc-care. Anche per l’ebraismo è lo stesso, gliebrei li allevano su assi sospese perchénon tocchino il suolo sacro; quando ilmaiale deve camminare su quello palesti-nese viene dotato di calzini.

Virando dal sacro al profano, comeelemento comune tra palestinesi e israe-liani viene preso l’interesse per le teleno-velas, che diventano punto di partenzaper riflessioni sulla situazione politico-sociale. Questo prodotto televisivo ap-passiona, fa arrabbiare e commuovereuomini e donne, giovani e vecchi in ogniangolo della terra, quindi a buon dirit-to può trasformarsi in strumento di co-municazione anche a Gaza. Vedi anchein Il Ragazzo Selvaggio n. 106, p. 30. s.s.

r. Sylvain Estibal or. Francia/Germania/Belgio 2011 distr. Parthénos dur. 99’

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NI Un insolito

naufrago neltranquillo mared’OrienteLe cochon de Gaza

Jafaar è un pescatore palestinese che vivecon la moglie lungo il muro della Strisciadi Gaza. Sorvegliato dai militari israeliani,una mattina pesca un grosso maiale.Poiché l’animale è ritenuto impuro dallareligione islamica decide di sbarazzarsene.Ma non ci riesce. Nel frattempo scopre chevicino a lui i coloni ebrei allevano in gransegreto proprio dei maiali per la lorocapacità di fiutare gli esplosivi. Lungo il recinto della colonia conosce unagiovane russa interessata alla potenzialitàriproduttiva del maiale e così pensa diaver trovato la soluzione ai suoi problemieconomici e la risposta alle sue preghiere.Quando tutto sembra procedere per ilverso giusto, un gruppo di terroristiintegralisti lo recluta suo malgrado,mandando in aria l’affare e la sua vita.

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Il primo film in lingua inglese di ArnaudDesplechin è la vicenda travagliata di

una ricerca interiore e di un’amicizia. Lastoria di un uomo silenzioso e intima-mente dolente, ispirato alla vita vera diJimmy Picard, nativo americano il cui do-lore nascosto è stato smosso dalla guer-ra e ora viene ricomposto dal racconto.Non è cambiato il modo di esporre e fil-mare i sentimenti per il regista: i perso-naggi ce ne mostrano i cambiamenti sot-tili attraverso le espressioni del volto o la

forma delle parole. Nel lungo dialogo chesi estende per tutto il film Jimmy e il dot-tor Devereux raccontano e vivono graziealle parole ogni emozione. Devereux chie-de al suo paziente la traduzione nella lin-gua del Blackfoot delle parole più impor-tanti, per imparare e per rendere com-plice Jimmy della sua stessa vita.

C’è disequilibrio fecondo, però, nel-la messa in scena di Desplechin. Nella ri-petizione e nella dilatazione dei tempi siindividua la necessità del dire e dell’es-sere detto. Salvo poi, fornirci solo indizisulla vita di Devereux, antropologo diorigine ungherese di cui, però, non sipuò parlare, in fuga dall’Europa nono-stante abbia “francesizzato” il suo no-me, in polemica con l’ordine dei medi-ci in quanto non propriamente medico,e innamorato di una donna che, però,non gli appartiene. I dettagli sono spie-gazione per quel che riguarda Jimmy, siinfittiscono in una rete di omissioni perquel che riguarda Devereux: osservato-re “non osservabile”, alter ego del registache proietta nel film immagini di sé. Ve-di anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 105,p. 21. g.p.

Jimmy P.Alla fine della seconda guerramondiale Jimmy Picard, un nativoindiano della tribù dei Blackfoot, iniziaa soffrire di terribili mal di testa,attacchi di panico e intermittentececità. Ricoverato all’Ospedale militareper veterani di guerra di Topeka, inKansas, specializzato in malattiepsichiatriche, Jimmy si chiude in sestesso finché non è affidato a GeorgesDevereux, un antropologo epsicanalista francese, di originiungheresi, specializzato nello studiodelle culture altre da quelleOccidentali, comprese quelle dei nativiamericani. Georges è un uomo brillante, pieno dientusiasmo e competenza; troverà inJimmy un interlocutore di grandeumanità, afflitto da un disagiopsicosociale che riuscirà a individuaree guarire. Oltre alla dimensionepuramente medica, però, si instauratra i due un rapporto di profonda esolida amicizia.

r. Arnaud Desplechin or. Usa/Francia2013 distr. Bim dur. 114’

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Jersey Boys è il racconto della nascita diuna band musicale, un racconto bio-

grafico, ma è soprattutto il racconto diun’epoca, un racconto che diventa uni-versale.

L’epoca è quella in cui tutti i desiderierano a portata di mano. L’epoca di El-vis e di Frank Sinatra: dell’alcol, delladroga, della vita vissuta al massimo, del-la gioventù. Ma la giovinezza è una del-

le fasi dell’esistenza: dovrebbero segui-re la maturità e la saggezza della vec-chiaia. Forse i quattro protagonisti delfilm sono rimasti eterni Peter Pan in cer-ca di leggerezza, anche se la vita ha pre-sentato il conto. Interessante l’idea difarli parlare in camera, in un dialogo di-retto con lo spettatore, per uscire dalpersonaggio/performer ed essere liberidi raccontarsi da uomini tra gli uomini.

Lo stile di Eastwood è riconoscibilenella scelta di una regia e di una compo-sizione delle inquadrature sempre ra-zionale e controllata come a voler con-tenere tutto l’eccesso che quella vita pas-sata portava con sé. Infatti: spenti i riflet-tori, tolti i lustrini, suonata l’ultima no-ta, cosa resta? Dovrebbero rimanere i va-lori tanto cari a un uomo dell’età del re-gista, per di più americano fino all’osso:la lealtà, l’amicizia, l’onore, il coraggio.

Non una parola in eccesso, un gesto,un’azione inutile: tutto è calibrato perfarci conoscere da vicino i personaggi eda dentro la band. La sceneggiatura puòsembrare banale, ma riesce comunquead affascinare il pubblico. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n.106, p. 22. a.m.

Jersey BoysNew Jersey tra gli anni 50 e i primi anni70. Anche qui gli italo-americani sonospesso collusi con la mafia e i giovanifanno dentro e fuori la galera. ComeTommy, amico di Frankie, che ha la vocein falsetto. Frankie e Tommy, “sciupafemmine”scapestrati, decidono di creare una bandalla quale si aggiungono Bob, di buonafamiglia e bravo compositore, e Nick,figura minore ma essenziale. I quattro hanno un successo strepitoso,diventano i leggendari Four Season:donne, soldi e potere. Ma nel gruppocominciano a formarsi le prime crepe eFrankie inizia una carriera da solistaperché le vicende private dei “cattiviragazzi” segnano i volti e le anime:Frankie si sposa troppo presto, muore lasua figlia minore e lui si sentiràresponsabile. A questo punto si spezza ildifficile, ma forte legame con Tommy checostringe la band a sobbarcarsi un debitocontratto con la criminalità organizzata. Il mitico gruppo si scioglie. Resta la musica.

r. Clint Easwood or. Usa 2014 distr.Warner Bros Italia Dur. 134’

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Varcare i confini, soprattutto quelliimposti da altri, significa crescere:

ed è quello che fa Khumba, insegnando-lo anche agli spettatori più piccoli.

Si viaggia nella foresta, luogo simbo-lo delle avventure fiabesche, dove gli eroisono costretti a mettersi alla prova, a su-perare pericoli e paure e dove, alla finedel viaggio, ci si scopre più maturi.

Khumba, nel suo percorso di forma-zione, è aiutato da amici che rappresen-

tano altre forme di diversità oltre allapropria: Bradley è una buffa macchiet-ta, Mama V è lo gnu che diventa perKhumba una figura materna.

Poi, nel suo cammino, la zebra incon-tra il cane selvatico, l’aquila nera e soli-taria, e il branco di antilopi, loro sì tutteuguali, ma capaci di essere bravissimegiocatrici di rugby e di estirpare staccio-nate. Tutti animali diversi, appunto; tut-ti con una peculiarità che può essere uti-le a ottenere il risultato finale.

Ma anche i limiti o i difetti possonocontribuire a creare armonia nel grup-po. Il protagonista è vittima di pregiudi-zio e quindi viene emarginato dalla suacomunità, ma poi, grazie al coraggio eall’intraprendenza, si renderà conto che“essere diversi” può costituire un valo-re aggiunto sia per se stessi sia per lastessa comunità da cui era stato allon-tanato.

Khumba diventerà consapevole delfatto che non è importante il numerodelle strisce che colorano il suo manto,ma che più dell’apparenza è importan-te l’interiorità. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 104, p. 35. a.m.

KhumbaCercasi striscedisperatamenteKumbaKhumba è un cucciolo di zebra con lestrisce solo nella parte anteriore del corpo. I suoi simili sono convinti che sia la causadella siccità che ha colpito il loro territorioe restano chiusi in una zona del desertoper preservare l’unica pozza d’acqua.Cresciuto, Khumba decide di avventurarsialla ricerca di una fonte magica che, comegli ha detto la mamma prima di morire,donerebbe le strisce alle zebre che vi siimmergono. Parte con Bradley, uno struzzoartista, e Mama V, uno gnu protettivo. Il gruppo, cui si aggiunge un branco diantilopi, affronta vari pericoli: ad esempioPhango, leopardo predatore, sempre peròmeno degli umani che vogliono catturarefotografie degli esemplari della giungla. La tenacia e il coraggio di Khumba e gliamici saranno di esempio per gli altrianimali e gli spettatori che capirannocome la vera “fonte magica” sia la diversitàche rende unici.

r. Anthony Silverston or. Sudafrica 2013distr. Eagle dur. 83’

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The Lego Movie è il film in 3D che hafatto registrare in Usa il maggiore in-

casso di fine 2013, un successo ripetutoovunque nel mondo. I motivi sono tanti,a partire dalla trama, pur classica, che simuove su due livelli di senso: uno per i piùpiccoli, stimolati nella creatività dagli ol-tre 15 milioni di mattoncini utilizzati, l’al-tro per gli adulti, che ridono davanti a ci-tazioni cinematografiche di quando i pic-coli accompagnati al cinema erano loro evedevano per esempio Guerre stellari

(1977) e personaggi dell’immaginario dialmeno due generazioni.

Il risultato è un’avventura dai ritmimozzafiato che certamente ha consape-volezza dell’operazione, ma è impossibi-le resistere alla presenza così familiare atutti, e nello stesso tempo sempre affa-scinante, dei mattoncini usati per tuttociò che si vede: acqua, fumo, rocce, su-pereroi, animali.

La cosa incredibile è che i veri pezzi Le-go® arrivano solo dopo un’ora, quandouna scena dal vero mostra un ragazzinoche sta giocando con una città costruitacon i mitici pezzi. Solo allora si capisceche la storia del film è concepita come seun bambino e un adulto giocassero insie-me: il bambino inventando situazioni im-probabili e l’adulto divertendosi a farecontinue citazioni. Il finale riesce a inter-secare il mondo dei Lego a quello umano:chi vince non è l’adulto che vuole rende-re gli scenari Lego definitivi attaccando imattoncini con una super colla, ma ilbambino che gli fa capire l’importanzadi poter distruggere e ricostruire situa-zioni sempre nuove. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 104, p. 36. s.s.

r. Phil Lord, Christopher Miller, ChrisMcKay or. Australia/Usa/Danimarca2014 distr. Warner Bros dur. 100’

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I The Lego MovieEmmet, un operaio edile Lego, vieneerroneamente identificato come lafigura chiave per salvare il mondo. Sitroverà così a guidare una missioneepica per fermare il tirannico PresidenteBusiness, un malvagio imprenditore chetenta, con difficoltà, di conciliare tutti idettagli della propria vita con una setedi dominio mondiale. Una missione percui Emmet è impreparato, ma adaiutarlo ci saranno dei compagni diavventura: Lucy, ‘dura come una roccia’;Vitruvius, anziano saggio hippie con lasua voluminosa barba bianca;l’enigmatico Batman, fidanzato di Lucy;Barbacciaio, spavaldo pirata in cerca divendetta nei confronti del PresidenteBusiness; la dolce e amabile Uni-Kittyche guida il regno di Cloud CuckooLand; Benny, l’uomo dello spazio anni 80. Riuscirà Emmet, impreparato, a portarea termine la difficile missione sfuggendoanche alle grinfie del fedele bracciodestro del Presidente, Poliduro/Politenero?

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In Locke, sin dalle prime battute, non viè alcuna incertezza sulla scelta intra-

presa dal protagonista e tuttavia si restaincollati davanti allo schermo, testimo-ni di un’odissea umana.

Steven Knight, nel raccontare la vi-cenda di Ivan Locke firma una “scom-messa” cinematografica. Un film speri-mentale sul piano linguistico ed essen-ziale per come si spoglia di qualunqueorpello scenografico.

Il film è girato in tempo reale all’in-terno dell’abitacolo di un’automobile

in corsa. L’unico protagonista è inqua-drato per lo più in primo piano. Il tessu-to narrativo si alimenta delle telefonateche via via fa e riceve. È infatti dal lorosusseguirsi e dal tono sempre più con-citato e grave che si comprende quantoè successo e, come in un flusso di co-scienza emergono alcuni nodi irrisoltidella vita dell’uomo, in particolare il do-loroso rapporto con il padre che lo haabbandonato. Un personaggio che il re-gista tratteggia volutamente pragmati-co, che nella sua ordinarietà è esempla-re, per quel suo rigore che lo rende as-similabile, si potrebbe azzardare, a uneroe classico.

Locke è un intenso kammerspiel dalritmo serrato, un corto-circuito emotivo,un film la cui originalità e forza espres-siva risiedono nel felice connubio tra laricerca linguistica dei nuovi mezzi cine-matografici digitali e l’asciuttezza com-positiva che rimanda all’espressione tea-trale, facendo proprie le unità aristote-liche di tempo, luogo e azione e affidan-dosi alla forza recitativa del suo protago-nista. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion. 105, p. 27. l.c.

LockeIvan Locke è un capocantiere che amail proprio lavoro e un premuroso padredi famiglia. Alla vigilia di un impegnoimponente riceve la telefonata di un’exassistente con cui ha avuto unarelazione che, rimasta incinta, sta perpartorire. La donna non ha famigliarie Ivan, anziché rientrare a casa, dove loaspettano la moglie e due figli, si sentein dovere di andare ad assisterla, oltreche di assumersi la paternità delbambino.Lungo il percorso per raggiungerel’ospedale dove si trova la partoriente, abordo della propria auto l’uomo tentadi spiegare la situazione alla consorte.Al contempo deve fronteggiare ladelicata situazione lavorativa.Anche di fronte alla minaccia dilicenziamento assicura al datore dilavoro che la colata di cemento previstaall’alba andrà a buon fine. A tal proposito, infatti, contatta unfidato assistente, a cui impartisceordini e verifiche per garantire chetutto proceda come deve.

r. Steven Knight or. Usa/Gran Bretagna2013 distr. Good Films dur. 85’

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Jonze ci regala un’opera, dimessaquanto preziosa, di fantascienza sul-

l’amore come sui rapporti uomo-mac-china o uomo-Intelligenza Artificiale.

I temi hollywoodiani dell’amore ro-mantico e della “guerra dei sessi” si ribal-tano con toni soft, con tratti ironici mascientificamente corretti e cenni che pre-ludono all’umanesimo ibrido (post-umano), composto di uomini e macchi-

ne interagenti (compreso il rimando al fi-losofo hippy Alan Watts che coniugò ilpragmatismo americano con lo zen giap-ponese). La morale sta nella permanen-za dell’amore corrisposto, ieri e domani,come crescita e maturazione, morte erinascita, ascolto e responsabilità tra lepersone, macchine comprese, soprat-tutto giovani. Theodore, come tutti e co-me l’amica che ritrova, più di ogni cosavuol essere “riconosciuto”. Come tutticerca un legame profondo, duraturo, maallo stesso tempo ne ha paura.

Il film si segnala per la creazione di un“mondo” narrativo intimo quanto reale,per le qualità del décor con una Los An-geles utopica e più “umana” (immagina-ta con lo studio architettonico-artisticonewyorchese Diller Scofidio+Renfro e inparte girata a Shanghai), grazie ai colorisull’arancione, gli ambienti omogenei, iritmi lenti dei movimenti dei personaggi,come alla recitazione sincera e sincro-nizzata di Phoenix e Johansson, premia-ta al Festival di Roma come miglior attri-ce per le capacità vocali, mutevoli e mol-to seduttive. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 101/102, p. 31. e.g.

r. Spike Jonze or. Usa 2013 distr. Bimdur. 120’

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HerLos Angeles, in un futuro non lontano.Theodore lavora in una societàspecializzata. Deluso dalla fine delmatrimonio con Catherine, s’interessa alSistema Operativo avanzato a controllovocale, dotato di coscienza, che promettedi essere un’entità unica e intuitiva.Appena lo avvia, conosce Samantha,brillante voce femminile che dimostra diessere molto intelligente, sensibile espiritosa. Man mano che i desideri dei due crescono,la loro amicizia matura fino a diventareamore. Pur comunicando regolarmentecon una coppia di amici, Amy e suomarito, Theodore trova in Samantha, chenon vede mai, l’amour fou e un mentorecon la possibilità straordinaria di usciredalla solitudine. Così, ritrova anche lagioia e la spensieratezza che ritenevaperdute. Tuttavia le delusioni d’amore provate conSamantha lo spingeranno a incontrare lasua amica reale Amy, reduce nel frattempoanch’ella da dolorosa separazione.

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Pif riaccende l’attenzione sul temadella mafia attraverso gli occhi di Ar-

turo, anima candida in una realtà crude-le. Il regista viene dalla tv e questo emer-ge nel montaggio serrato e nel sarcasmoche permea gran parte del film.

Arturo è innamorato di Flora, ma unrivale disonesto ne anticipa le mosse;teme che gli innamorati come lui venga-no uccisi dalle cosche, ma il padre lo ras-sicura dicendogli che la mafia uccide so-lo d’estate; si domanda perché Andreot-ti non abbia partecipato al funerale di

Dalla Chiesa, ma l’uomo di Stato è ami-co degli amici e preferisce i battesimi.Vive e cresce nella Palermo degli anni70 e del ventennio successivo, anni dipaura, bombe, attentati. E di tanta indif-ferenza. Fa fatica quindi a comprenderecosa significhi ribellarsi alla cultura delsilenzio, della raccomandazione e dellaviolenza.

Il finale del film si fa serio: dopo l’en-nesimo assassinio, con i corpi straziatidei giudici e della scorta, si leva il gridodi rabbia e di dolore di un popolo pertroppo tempo schiacciato dalla paura. Ipalermitani urlano la loro indignazio-ne, chiedono l’intervento dello Stato, dinon essere lasciati soli come quei mar-tiri che hanno dato la vita per la pace ela legalità. Nella folla, tra le lacrime el’esasperazione, Arturo e Flora si rico-noscono nei nuovi valori e si baciano.

La vita si rinnova negli occhi del lorofiglio: quel bambino che i genitori ac-compagnano in un originale pellegri-naggio, sotto le targhe dedicate ai cadu-ti per mafia e per l’ignavia delle istituzio-ni. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion.103, p. 19. a.m.

La mafia uccidesolo d’estate Arturo è stato concepito a Palermo lasera in cui Riina, Provenzano, Bagarellae due affiliati del clan Badalamenti -travestiti da agenti della Guardia diFinanza - uccisero Michele Cavataiodando inizio alle stragi di mafia. La suavita sarà segnata da quell’episodio edagli incontri con coloro che vissero quelmomento da entrambe le parti dellabarricata: conoscerà il giudice RoccoChinnici e intervisterà il generale DallaChiesa; deciderà anche di lavorare per lacampagna elettorale di Salvo Lima. Arturo cresce tra reticenze e coraggio, masoprattutto con due passioni: quella peril giornalismo e quella per Flora, di cui èda sempre innamorato. Poi c’è GiulioAndreotti che per Arturo è incarnazionedi giustizia, intelligenza e deus exmachina di tutti i mali italiani.La strage di Capaci sarà unadeflagrazione per le coscienze e alloraanche Arturo e Flora troveranno ilcoraggio di ribellarsi.

r. Pif (Pierfrancesco Diliberto) or. Italia2013 distr. 01 Distribution dur. 90’

Malefica, non più icona del Male, mapersonaggio articolato, viene in-

dagata nel suo dinamismo interiore, nelBene e nel Male che nelle fiabe vengonomostrati in personaggi opposti.

Il Male è reazione a un torto subito el’odio amore cambiato di segno, quasi ilmodo d’essere originario fosse quellopositivo e il Male conseguenza di inter-venti aggressivi.

Novità è l’interazione fra bambina estrega, per cui Aurora non risulta vitti-ma innocente di un odio assoluto, ma

persona capace di orientamento e discelte, che sa intervenire sul propriodestino. La fiaba antica si è moderniz-zata non solo nell’adozione dei mezziespressivi e figurativi, capaci di evoca-re con efficacia un mondo favoloso, maanche e soprattutto nello scavare fraconscio e inconscio e nel mostrarel’animo dei protagonisti assetato di re-lazione, soggetto a ripensamento, evo-luzione e sviluppo. “Vero amore” si ri-velerà quello materno, ambivalente evero di ogni donna che rispetti la scel-ta dell’altro.

La fiaba, narrata da Aurora, mostra duedonne - la fata e la bambina - capaci di cre-scita interiore e autonomia e le collocanell’ambiente magico, tipico di Disney,popolato di esseri bizzarri e favolosi.

Presentando temi ecologici, psicolo-gici e relazionali attuali, illustra l’imma-gine di donne ferme, capaci di forti sen-timenti e di scelte autonome, accanto auomini violenti, avidi e fedifraghi; si gio-va della consueta ambientazione gotica,evocata con i moderni strumenti espres-sivi del fantasy. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 106, p. 12 e 13. m.g.r.

MaleficentRivisitazione della fiaba della Bellaaddormentata, angolata dal punto divista non della vittima, ma della stregacattiva, della quale vengono mostratimoti interiori ed evoluzionepsicologica. Malefica, gentile creatura alata, dotatadi poteri magici, vive nella Brughiera,un mondo in equilibrio ecologico conla natura. Ferita dal tradimento del giovane cheama, si vendica con la nota magia:Aurora, la figlia del re (appunto ilgiovane traditore, divenuto tale)crescerà in grazia e bellezza, ma entroil sedicesimo compleanno si pungeràcon la punta dell’ago di un arcolaio ecadrà in un sonno profondo, dal qualepotrà risvegliarla solo il “bacio del veroamore”, che con stupore di tutti verràidentificato dove nessuno sel’aspettava. Incoronata regina dei due regniunificati, la giovinetta abbatterà labarriera che li separava e governerà unmondo pacificato e armonioso.

r. Robert Stromberg or. Usa 2014 distr.Walt Disney Italia dur. 97’

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Con Maps to the Stars David Cronen-berg ha realizzato il suo “film sul ci-

nema”, la sua visione scura e spietata,intrisa di sferzante cinismo e humournero, dell’ambiente divistico hollywoo-diano, delle sue manie. Inserendo - inuna complessa storia di incesti e ven-dette, fantasmi dei quali è impossibile li-berarsi, cicatrici impresse sulla pelle tan-to quanto nell’anima - le ossessioni cheabitano tutta la sua opera, con esempla-re limpidezza formale.

Scritto da Bruce Wagner (sceneggia-tore e romanziere americano noto per ilsuo sguardo acre sull’industria califor-niana), cui si deve anche, insieme a Cro-nenberg, l’adattamento della poesia Li-berté di Paul Éluard, recitata da vari per-sonaggi con funzione realista e simbo-lica, Maps to the Stars è un lungo, stra-tificato viaggio nelle zone più imper-scrutabili della mente che generano fan-tasmi, sensi di colpa, violenze su di sé egli altri, memorie di innocenze perdute,meditando azioni le cui conseguenzenon potranno che condurre verso unatotale purificazione mortale, una liber-tà ri-conquistata solo attraverso quelpassaggio.

Cronenberg chiede allo spettatore dimemorizzare indizi e dettagli perché ver-rà il momento in cui saranno indispen-sabili all’interno di una narrazione cheprocede per accumulo e per scarti, comein un puzzle dove le caselle si incastra-no all’istante stabilito innescando, con-temporaneamente, sempre nuove de-viazioni oniriche in un intreccio già benpoco realista. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 106, p. 6 e 7. g.g.

r. D. Cronenberg or. Canada/Usa/Francia/Germania 2014 distr. AdlerEntertainment dur. 111’

re a gamba tesa nel film tutto il disagioche stavamo provando in quella circo-stanza.”

La mia classe è diventato “una sorta diriflessione sulla natura duale dell’imma-gine che rimanda a due universi chespesso vogliamo separati, ma che inve-ce separati non lo possono essere quasimai”. Quando la realtà ha invaso la fin-zione ed è stata riproposta come tale,nel suo “farsi”, ha costretto lo sguardodegli spettatori non più e non solo aprendere atto, ma a partecipare, prende-re posizione, indignarsi.

I racconti toccanti dei diversi perso-naggi arrivano dritti alla coscienza e alcuore, suscitano forte partecipazioneemotiva e colpiscono più di qualsiasistatistica. Rendono ‘visibili’ i migranti, netracciano storie e fisionomie e così fa-cendo li trasformano in simboli univer-sali e ci chiamano in causa, ci costringo-no a leggere le contraddizioni del nostroPaese e a guardare negli occhi le dignitàoffese e i desideri di riscatto. Una scelta,davvero coraggiosa e intelligente quelladel regista! Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 104, p. 32. p.c.

La mia classeIn una scuola di Roma 17 studentiadulti di nazionalità diversa siriuniscono ogni sera per imparare lalingua italiana. Valerio Mastandrea èl’insegnante che ci accompagna dentroquesta classe meticcia e ci rendepartecipi delle storie dei suoi alunni chemettono in scena se stessi. Provengonoda Paesi diversi e hanno scelto di tornaretra i banchi per conseguire i documentinecessari per restare nel nostro Paese eapprendere meglio la lingua chedovrebbe permettere loro una miglioreintegrazione. Il film, e in questo sta l’elemento dioriginalità, si muove su due registrinarrativi. Da una parte ci mostral’insegnante alle prese con le lezioni digrammatica, con tecniche e metodologieattive usate per affrontare argomentivari. Dall’altra mette in scena la troupeche si mostra nel proprio lavoro. E mostra il regista che, in seguito a unfatto reale accaduto durante lalavorazione del film, decide di ‘dovercimettere la faccia’.

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La mia classe nasce da un’inaspetta-ta incursione della realtà nella fin-

zione. All’inizio, come dichiara lo stes-so Gaglianone, il film era stato concepi-to come la storia di un insegnante alleprese con un gruppo di studenti stra-nieri che dovevano condividere le loroesperienze. “ Ma a un certo punto la re-altà con cui siamo entrati in relazione ciè esplosa fra le mani. Allora, grazie an-che a intense conversazioni con Valerioe gli altri, abbiamo deciso di fare entra-

r. Daniele Gaglianone or. Italia 2013distr. Pablo dur. 92’

Maps to the Stars Agatha Weiss, reduce da un incidente chel’ha lasciata deturpata sul volto e alcuneparti del corpo e da un periodo trascorsoin un ospedale psichiatrico a seguito diquegli eventi, torna a Los Angeles conuna missione da compiere: vendicarsidei genitori che la fecero rinchiudere. Sifa assumere da Havana Segrand, attricein declino ossessionata dalla madreClarice Taggart, stella del cinema mortain un incendio. Havana è una paziente di Stafford Weiss,psicologo new age affermato esuperficiale. Lentamente, Agatha mettein pratica il suo piano ritrovando ilpadre, la madre Cristina e il fratellotredicenne Benjie, star della tv, drogato epieno di vizi. Cristina gli fa da manager.Per tutti i personaggi i fantasmi di unpassato lontano o recente non smettonodi manifestarsi. E li conducono versol’unica libertà possibile in quel mondodevastato da avidità, egoismi, sensi dicolpa: la morte.

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Dopo pellicole incentrate su temi so-cio-politici, il divo George Clooney

si cimenta nella regia del genere classi-co di avventura per stupire e coinvolge-re senza rinunciare a far pensare. Riuni-sce un cast eccezionale, nel quale spic-cano l’amico Matt Damon, il protagoni-sta di The Artist Jean Dujardin e l’affasci-nante Cate Blanchett.

Il film, senz’altro di buon livello e nonprivo di spunti umoristici, tuttavia non

sembra riuscire a catturare del tutto ilpubblico. La tensione si diluisce nellosvolgersi delle vicende, mentre ci siaspetterebbe un crescendo drammati-co per una storia ricca di imprevisti.

Clooney ha il merito di far conoscereun aspetto trascurato dalla storia uffi-ciale, cioè il traffico di opere d’arte du-rante il Terzo Reich, non meno ignobiledi quello di esseri umani: si intuisce in-fatti la spoliazione dei beni artistici del-le famiglie ebree e si mostrano i furti didue capolavori dal Belgio dove sono at-tualmente conservati: la Pala d’altare diGand e la Madonna col Bambino di Mi-chelangelo, una scultura di marmo can-dido esposta in una chiesa di Bruges. Leperipezie delle opere, riunite a Parigi,poi nascoste nelle miniere tedesche, van-no di pari passo con le avventure del pic-colo gruppo di amici che, in teoria trop-po inesperto per indossare la divisa mi-litare, arriva ad atti di vero coraggio persalvare un bene comune, l’arte appunto,che rischia di diventare prima proprie-tà privata del Führer, poi di sparire persempre. Vedi anche in Il Ragazzo Selvag-gio n. 104, p. 30. c.m.v.

Monuments MenThe Monuments Men

Verso la fine del secondo conflittomondiale, l’avanzata degli alleatiangloamericani minaccia di distruggeremolti celebri monumenti e opereartistiche europee, mentre i nazisticercano di impadronirsi di quadri estatue che dovranno confluire nel folleprogetto dell’Hitler Museum chedovrebbe sorgere in Austria. Negli StatiUniti il ricercatore e studioso FrankStokes presenta al Presidente taledrammatica situazione, ottenendo lacreazione di un piccolo gruppo di forzespeciali che cerchi di preservare i“conseguimenti” più preziosi della storiaumana. Ecco così che un drappello di architetti,accademici, restauratori e collezionistiviene addestrato all’uso delle armi e delladiplomazia e poi disperso sulle linee dicombattimento. Per il gruppo di amicil’impatto con la guerra nella sua crudeltàe inutilità non sarà di poco conto, fino alsacrificio della vita per due di loro.

r. George Clooney or. Usa/GranBretagna/ Germania 2013 distr. 20thCentury Fox dur. 120’

Da una serie televisiva americana an-ni 60 viene riproposta la storia del

distinto bassotto condannato alla solitu-dine dalla straordinaria genialità, chetrova una sera un neonato in fasce ab-bandonato e ne ottiene l’adozione. Sicrea così un rapporto esclusivo in cui ilpadre erudisce il figlio facendolo intera-gire con i grandi del passato in pericolo-se avventure in cui diventano complici.

Un rapporto che diventa il vero cen-tro della narrazione e che le istituzionitenteranno di rompere, mettendone inluce anche la fragilità. Il padre dovrà ca-pire che non basta fornire la miglioreeducazione possibile, bisogna rispetta-re l’originalità individuale; il figlio capi-rà che la ribellione aiuta a crescere.

Il film fa dell’intelligenza, del perso-naggio e del testo, la caratteristica domi-nante. Unita a un costante clima di leg-gerezza. Il tutto servito con un freneticoritmo avventuroso alla Indiana Jones chepermette all’obiettivo didattico di esse-re recepito senza intaccare il divertimen-to. L’interessante paradosso dell’incipitveicola riflessioni come l’accettazionedella diversità e il mutamento del con-cetto di famiglia.

Una commedia frizzante, sorretta dauna narrazione schematica, semplice,ma con riferimenti colti, dialoghi bril-lanti, un umorismo raffinato, ironia nel-la rappresentazione caricaturale dellevarie epoche, e una critica caustica ver-so le istituzioni. Un’infarinatura di storiae risate intelligenti. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 105, p. 29. ca.de.

Mr. Peabody e ShermanMr. Peabody è uno scienziato premioNobel, ricco e campione olimpionico. Edè un cane. Sentendosi solo, ha adottatoSherman, un cucciolo d’uomo trovato inun vicolo. Sono molto uniti. Per educarlo,lo porta a spasso nella storia con laTornindietro, una macchina del tempo disua invenzione, dandogli modo diconoscere i grandi del passato e di viverealcuni eventi epocali: la Rivoluzionefrancese, la Guerra di Troia, l’AnticoEgitto e Leonardo, il genio delRinascimento alle prese con la Giocondae col problema del volo. Ma quando il piccolo affronterà la scuola,i servizi sociali tenteranno di dividerli.Durante un tentativo di pacificazione lacompagna Penny costringerà Shermanad azionare la macchina sconvolgendo ilpassato e mettendo a repentaglio ilfuturo. Toccherà a Mr. Peabody riordinarela storia salvando il mondo. Superandoinoltre il più difficile esame: essere unbuon padre.

r. Rob Minkoff or. Usa 2014 distr. 20thCentury Fox dur. 92’

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Con Il passato Asghar Farhadi ripren-de le dinamiche di Una separazione

per moltiplicarle, allargando la crisi diuna relazione a quella che coinvolge piùcoppie e i loro figli, bambini e adole-scenti. Con la stessa lucidità e crudeltà,Farhadi confeziona, alla perfezione, unaltro “cul de sac” dei sentimenti, un fe-roce mosaico alimentato da progressi-ve confessioni utilizzate come colpi discena nel momento in cui una qualsia-

si condizione di vita dei personaggi po-trebbe sciogliersi. Il regista iraniano im-pedisce che la sceneggiatura concluda ifatti, inserisce ogni volta altri elementinecessari a far ripartire il testo, e i per-sonaggi, verso nuove esplorazioni deiconflitti interiori, dei rapporti, recenti opassati, irrisolti e che non troverannoriposo dalle inestricabili tensioni che liabitano.

Il passato è un film corale che descri-ve i (dis)equilibri di due uomini, duedonne, due bambini, una ragazza, men-tre la figura di un’altra donna, in coma,vista solo nella scena finale, incombe suipersonaggi.

Il temporaneo ritorno di Ahmad sca-tena e fa riaffiorare memorie, gelosie,rancori, così come complicità, affetti,amicizie. E la casa di Marie, sottosopraper via di alcuni lavori, è un “palcosce-nico” ideale, precaria quanto i personag-gi che ospita. In un film che sta fra il det-to e il non detto, il visto e il non visto, lacostruzione maniacale delle inquadratu-re e la libertà del punto di fuga che ognu-na di esse lascia intravedere. Vedi anchein Il Ragazzo Selvaggio n. 103, p. 8 e 9. g.g.

Il passato Le passé

Ahmad arriva a Parigi da Teheran perufficializzare il divorzio dalla moglieMarie. Anche se la relazione è finita daquattro anni, il loro rapporto continua aessere irrisolto. Marie, madre dell’adolescente Lucie edella piccola Léa, avute da due uominidiversi prima di Ahmad, ha una storiacon Samir e lavora in una farmacia nellacittadina di Sevran, poco distante daParigi, dove vive. Samir, proprietario di una lavanderia, èsposato con Céline e padre di un bambino,Fouad. Céline è in coma da mesi dopoavere tentato il suicidio, forse a causa delladepressione, forse della gelosia. Ahmad assiste ai difficili rapportifamiliari. La notizia che Marie aspetta unbambino da Samir crea ulteriori tensioni.Lucie reagisce cercando riparo daShahryar, l’amico iraniano di Ahmad. Quando Ahmad riparte le relazioni e ilfuturo dei personaggi, come le moltepossibili verità, sono ancora sospese.

r. Asghar Farhadi or. Francia/Italia 2013distr. Bim dur. 130’

Il film prolunga le ricerche di Wisemansulle grandi istituzioni culturali. Ma

l’autore non fa un documentario d’artené tantomeno registra il funzionamen-to di un organismo complesso con mi-lioni di visitatori. È un film-saggio, conambizioni divulgative quanto politiche,sull’organizzazione della cultura in unPaese civile e sulle diverse attività di in-termediazione di cui essa ha bisogno perdiventare crescita civile, maturità socia-le, sviluppo economico.

Nell’incipit Wiseman ci mostra undialogo tra il direttore e una responsabi-le della comunicazione che propone dipotenziare il rapporto con il pubblico. Larisposta è: “Facciamo le grandi mostreper milioni di visitatori ma facciamo an-che quelle che possono fallire”.

È l’intenzione programmatica del mu-seo e del film: le istituzioni culturali sonoper il pubblico, la comunità, passandoanche attraverso conservazione, restau-ro e tutela. Wiseman fa quindi del docu-mentario uno strumento per l’attuale di-battito sui “beni comuni”: dalla salute al-l’istruzione pubblica, fino all’educazio-ne e alla fruizione della cultura.

Il film mostra diversi tipi di operato-ri in un grande museo: dalla funzionepiù alta alla più elementare, tutti hannouguale tasso di dedizione e professiona-lità. Poi emerge l’interesse interartisticodella mediazione: le guide parlano dipittura con analogie per il cinema comela musica, la letteratura e le altre arti. In-fine i critici nel film rilevano corrispon-denze tra il discorso sull’arte e quellosulla cultura cinematografica. Vedi anchein Il Ragazzo Selvaggio n. 106, p. 24. e.g.

National GalleryNella National Gallery di Londralavorano diversi professionisti: manager,curatori, conservatori, storici,restauratori, guide, ricercatori, docenti,tecnici, operai, custodi e collaboratorivari. Così come tutte le esperienzeumane sono rappresentate nelle opere. Il film mostra i responsabili del museo ei visitatori che dibattono tra loro di arte,salvaguardia e conservazione. S’inizia con una discussione tra imanager sulla mission del museo. Siprosegue documentando il lavoro delleguide con tipi diversi di pubblico, lesedute con artisti dilettanti e modelli inposa, le lezioni con ciechi e bambini, gliaggiornamenti dei restauratori, leriflessioni tecniche intornoall’organizzazione e all’allestimentodelle esposizioni temporanee, le decisionidel consiglio di amministrazione sulmarketing e le eventualisponsorizzazioni. L’ultima sequenzamostra un evento interartistico:danzatori che si muovono tra due celebriquadri di Tiziano.

r. Frederick Wiseman or. Francia/GranBretagna/ 2014 distr. I Wonder Picturesin collaborazione con Unipol BiographCollection e Sky Arte HD dur. 180’

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Nata in Inghilterra nel 2003 a opera ditre amici e trasmessa da noi in tv dal

2010, Peppa Pig ha saputo conquistarespettatori di ogni età, benché si rivolga al-la fascia prescolare. Formato da episodiautoconclusivi di cinque minuti ciascuno,il cartone animato condensa in brevetempo una storia significativa, mante-nendo stabile il gruppo dei protagonistiprincipali e senza divagazioni di tempo eluogo. Queste caratteristiche favorisco-no la concentrazione dei piccoli.

All’interno di una cornice di visionefacilitata, Peppa Pig ha molti pregi, a par-tire da un tratto stilizzato che delinea fi-gure orgogliosamente a due dimensioni,con il classico “contorno” dei disegni in-fantili, e una coloritura uniforme. I det-tagli che arricchiscono i fondali degliambienti e un’animazione accurata, so-prattutto nella mimica dei musi, fannoil resto.

La scelta di rendere protagonisti ani-mali antropomorfi non è nuova, ma lacoesistenza di famiglie di ogni specie vaa formare il quadro di un paese multiet-nico che vive in armonia, ciascuno pre-servando le proprie abitudini abitative eil proprio relax, perché ogni edificio èsituato in cima a una collina di proprie-tà privata. Peppa vive le giornate conl’entusiasmo dei suoi quattro anni, ap-plicando il proprio punto di vista di ma-ialina-bambina al mondo che la circon-da. Si stupisce per le ragnatele del giar-dino, si entusiasma per un gelato e nonvede l’ora di saltare su e giù nelle poz-zanghere di fango, il suo passatempopreferito. Vedi anche in Il Ragazzo Sel-vaggio n. 103, p. 31. c.m.v.

Peppa, vacanzeal sole e altrestorie

Dieci episodi della sesta serie dellamaialina inglese Peppa Pig e della suafamiglia tra i quali spiccano le quattropuntante nelle quali Peppa, George,Mamma e Papà Pig vanno in vacanza inItalia, il paese del sole. Mangiano la pizzae comprano souvenir, mentre a casa, dovepiove sempre, i nonni si prendono curadella pesciolina Goldie. Susie Pecora, lamigliore amica di Peppa, non vede l’orache Peppa torni. Gli altri episodi sono ambientati comesempre sulla ridente collina dove sorge lacasetta gialla con il tetto rosso, sogno dimolti bambini da dieci anni a questaparte. Non mancheranno gite all’acquario,passeggiate nel bosco, gare di sci e leconsuete mattinate all’asilo, sotto la guidadi Madame Gazzella, maestra del paese eappassionata rockstar. Nel pomeriggio,invece, tutti a casa dei compagni perdivertenti giochi all’aria aperta.

r. Philip Hall, Joris Van Hulzen or. GranBretagna 2013 distr. Warner Bros dur.50’

Ispirato al libro del giornalista MartinSixsmith The lost child of Philomena

Lee: a mother, her son and a 50 year se-arch, pubblicato nel 2009, che narra unfatto vero, il film presenta una donnapiena di coraggio e dignità, la quale, no-nostante le sofferenze, le umiliazioni, leangherie subite, non conserva rancore,non cerca vendetta, né ha perso la fede,ma, determinata nella sua scelta, vuoleconoscere la verità, andando fino in fon-do, disposta ad accogliere anche indesi-derate notizie.

La affianca un giornalista esperto del-le cose del mondo, da lui indagate profes-sionalmente e personalmente conosciu-te anche a proprie spese. I due, diversi percultura (lui esperto di storia russa, lei ap-passionata lettrice di libri rosa; lui lucida-mente laico, lei credente), mossi da diver-sa curiosità e diverse motivazioni, affron-tano questo “straordinario viaggio on theroad” e, nonostante la differenza di vedu-te, si stimano e si rispettano, stabilisco-no un’alleanza costruttiva e, strada fa-cendo, anche un’amicizia sincera.

La coppia insolita che cerca unoscomparso, coinvolta a frugare fra leombre del passato e apparentementeindirizzata verso la morte, in realtà fini-sce per muovere verso la vita, sostituen-dosi alla coppia madre-figlio, che en-trambi vogliono ripristinare e che in-vece è destinata a non incontrarsi. Ledue figure, supportate dalla magistraleinterpretazione di Judi Dench e da quel-la egregia di Steve Coogan, manifesta-no densità di spessore umano, imme-diatezza, verità e credibilità. Vedi an-che in Il Ragazzo Selvaggio n. 101/102,p. 24. m.g.r.

PhilomenaIrlanda, 1952. L’adolescente Philomenaviene cacciata dalla famiglia perchéincinta e ospitata presso un convento disuore a Roscrea, dove partorisce unbambino che verrà dato in adozione auna coppia americana, essendo stataindotta a firmare una rinuncia ai dirittisu di lui. Nel 2002 la donna, sperando dirintracciare il figlio, si rivolge a unfamoso giornalista che accetta diaiutarla. Le suore dell’istituto, varie volteconsultate, dichiarano di non sapernenulla, dal momento che vari sono statigli avvicendamenti nella direzione e unincendio (peraltro da lorointenzionalmente appiccato) ha distruttotutte le carte. In America, attraverso variecomplicazioni, Philomena e il giornalistariescono a rintracciare alcuni datisull’adozione e sulle esperienze di vita delragazzo, venendo a sapere che era gay,che è morto nel 1995 e che, per tornarepresso la madre, si è fatto seppellire nelgiardino del convento di Roscrea.

r. Stephen Frears or. Gran Bretagna2013 distr. Lucky Red dur. 94’

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Rossetto innesta lo sguardo (anche daoperatore) e la passione partecipi da

documentarista autentico per luoghi,facce e corpi tra le maglie larghe del ge-nere thriller. Così, egli può ridisegnare inmodo originale la mappa antropologica

della provincia del Triveneto. Piccola pa-tria riprogetta i confini di un fare cine-ma che in Italia si realizza sempre piùcon coraggio.

L’autore si è avvalso della tecnica del-l’improvising fiction (immersione in si-tuazioni di realtà per sviluppare le sce-ne ideate senza una precisa direzionema lasciando aperta la finzione alla flui-dità del reale, quindi con provini e pro-ve già in improvvisazione), comprensi-va di dialetto con attori venetofoni e al-banesi, come di un uso spiazzante del-la musica popolare.

Il risultato è coinvolgente e crudo, im-provising cinema che attinge a teatro,letteratura, fotografia e musica, su unterritorio devastato ma ricco di intrighi,come si vede nel cinema di Leonviola.

Le attrici protagoniste, in particolare la“ragazza selvaggia” Maria Roveran (per-former-rivelazione, anche musicista: suedue canzoni del film), assieme a “vetera-ni” come Lucia Mascino e Giulio Brogi,potenziano il disegno della regia, sutu-rando le tentazioni teatrali nelle acroba-zie di montaggio di Quadri. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n. 105. p. 25. e.g.

Piccola patriaIn un paese della provincia veneta dueragazze disinibite, cameriere in unalbergo, desiderano fuggire. Luisa èinquieta, trasgressiva, mal sopporta unamadre impotente e un padre secessionista;Renata è cupa, in cerca d’amore, decisa avendicarsi di una violenza subìta. Luisa usa il corpo del fidanzato Bilal, unclandestino albanese, per marcare il suoanticonformismo, Renata usa il corpo diLuisa per muovere i fili della propriavendetta. Le ragazze, ossessionate dal denaro,organizzano un ricatto ai danni di unperverso amico di famiglia dallasessualità repressa e complessata, Rino,che le frequenta regolarmente. Così,inviano alcune foto compromettenti degliincontri con l’uomo a sua sorella perricavarne denaro e poter iniziare unanuova vita altrove. Tutto sembra andare a buon fine. Ma ilgioco rischioso viene scoperto dal padre diLuisa che pensa a Bilal come colpevole ditutto. Così, pieno di rabbia, l’uomo prendeuna pistola e va a cercare il ragazzo.

r. Alessandro Rossetto or. Italia 2013distr. Istituto Luce Cinecittà dur. 111’

Come documentarista Segre ha trat-tato temi sociali, riguardanti la mi-

grazione e i problemi connessi: rappor-ti con la popolazione ospitante, difficol-tà linguistiche, culturali e di integrazio-ne. Così nel primo lungometraggio Iosono Li è evidente l’emarginazione degliabitanti nei confronti della cinese Li.Non vi sono manifestazioni di razzismoinvece nel film La prima neve. La comu-nità del paese si stringe intorno a Danie alla sua bambina offrendo aiuto e lavo-

ro. Qui il regista rivela l’emarginazionenella profondità dell’animo di Dani,chiuso nei confronti degli altri e di sestesso, ripiegato su un dolore che sem-bra insuperabile e che lo priva della ca-pacità di amare.

Anche Michele colpevolizza la madree sé per non essere riusciti a salvare il pa-dre, vittima di una frana. Due storie si-mili, due personaggi con uno stesso pro-blema, destinati a incontrarsi.

All’inizio un montaggio alternato sot-tolinea la distanza tra i due, descrive la lo-ro vita. Poi si incontrano e il bosco, chiu-so come il loro animo, diventa terzo atti-vo protagonista. Il dialogo scarno si fa viavia più confidente fino a svelare all’altroil proprio celato dolore e il parlarne è ilprimo passo per riuscire a superarlo.

Magica la fotografia di Luca Bigazziche fa vivere alla Natura i sentimenti deipersonaggi. Gli alberi svettano comefrecce verso uno spiraglio di cielo azzur-ro nel desiderio di una soluzione positi-va. La conclusione è un’ampia panora-mica sulle montagne assolate, biancheper la prima neve. Vedi anche in Il Ragaz-zo Selvaggio n. 101/102 p. 23. a.f.

La prima neveDani, un giovane africano scampatoalla guerra in Libia, è giunto in Italia eha trovato rifugio in una casa-accoglienza a Pergine, un paesetrentino. Ha una figlia di un anno che non riescead amare, bloccato da un profondodolore. Gli ricorda la moglie, morta diparto appena sbarcata in Italia,stremata dalla drammatica traversatasul gommone. Trova lavoro presso un anzianofalegname-apicoltore che vive con lanuora e il nipote Michele, un ragazzoundicenne traumatizzatodall’improvvisa, recente morte del padre. Questi diserta la scuola per stare nelbosco da solo o con qualche amico dicui non condivide i passatempi. Con lamadre vive un rapporto conflittuale.Dani e Michele si incontrano, lavoranoinsieme nel bosco. Impareranno aconoscersi, ad avere fiducia l’unonell’altro e finalmente a confidarsicurando le proprie ferite.

r. Andrea Segre or. Italia 2013 distr.Parthénos dur. 105’

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Principessa Mononoke non è tra i ca-polavori del grande regista nipponi-

co Miyazaki: tuttavia, pur essendo certa-mente inferiore, tanto per fare un esem-pio, al successivo La città incantata, èimportante perché rappresenta perMiyazaki il film della svolta. Nonostan-te, infatti, molti tra i temi ivi trattati sia-no usuali nella sua cinematografia - l’at-tenzione all’ecologia, le difficoltà del-l’uomo in un’epoca di cambiamenti, ilrapporto tra progresso e natura - a diffe-renza di quanto non avviene nelle altre

opere del Maestro, in Principessa Mono-noke si respira un’atmosfera piena diodio, dove violenza e crudeltà si manife-stano con frequenza. Il messaggio am-bientalista, poi, qui si fa duro e spietatocome non mai e dal film promana ungenerale pessimismo, nonostante lo spi-raglio di speranza finale.

Pur essendo, dunque, destinato a unpubblico di adulti e di bambini non trop-po piccoli, Principessa Mononoke è inogni caso un film di animazione da inse-rire in qualsiasi rassegna cinematografi-ca scolastica: innanzitutto per i suoi con-tenuti innovativi con riferimenti esplici-ti all’animismo, allo shintoismo e allastoria giapponese; in secondo luogo perla complessità della struttura del rac-conto e della morale che lo pervade.

Infine, non si possono non menzio-nare le straordinarie animazioni accom-pagnate dalle superbe musiche di Joe Hi-saishi e l’impostazione cinematograficadel film, non solo dal punto di vista ico-nografico - il film è zeppo di citazioni diAkira Kurosawa - ma anche per i bellissi-mi carrelli e panoramiche. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n. 105, p. 28. f.s.

PrincipessaMononokeMononoke-HimeGiappone, era Muromachi (XIV secolo). Inun remoto villaggio tra le montagneAshitaka, l’ultimo principe del quasiestinto clan degli Emishi, è costretto auccidere un demone cinghiale che, inpreda a una maledizione, attacca la suagente. Durante la lotta, però, Ashitakaentra in contatto con il demone, chetrasmette al principe il maleficio tramiteuna ferita sul braccio: ciò gli concede unaforza sovrumana, ma nello stesso tempo locondanna a un’esistenza di atrocisofferenze, in quanto il male è destinato aestendersi in tutto il corpo, fino a divorarlo. Consigliato dalla Saggia Madre delvillaggio, Ashitaka parte verso Ovest incerca di salvezza. Nel suo peregrinare trovaasilo nella Città del Ferro, assediata da unbranco di lupi giganti capitanati dallaruvida San, una ragazza umanachiamata anche Mononoke, che voglionodistruggere gli umani per il modo in cuisfruttano le risorse della natura.

r. Hayao Miyazaki or. Giappone 1997distr. Lucky Red dur. 137’

Uno dei problemi più evidenti legatiall’autismo è la difficoltà di comuni-

care con il mondo esterno. Ma quello del-la comunicazione è un aspetto che coin-volge tutti. Bonito se ne dimostra consa-pevole, facendone la struttura portantedel film. Dal momento in cui Pulce vienesottratta alla propria famiglia apparechiaro come tutte le parti in causa ab-biano un proprio linguaggio che diventapresto una barriera tra sé e gli altri.

La ricerca di un linguaggio comune èallora la ricerca di un equilibrio. Una tra-ma sottile come la tela del ragno che tan-to affascina Giovanna. Un reticolo deli-cato, dai fili fragili. Non sarà quindi uncaso se il colpo più duro per l’unità deiCamurati arriva quando il padre decidedi chiudersi nel silenzio, interrompendoil legame con i suoi e la loro capacità difarsi forza a vicenda. È un’intuizione for-tunata, che permette a Bonito di partireda un aspetto peculiare della malattiadi Margherita per allargarlo a una scalapiù ampia dove siamo coinvolti tutti.

A dare forza a queste scelte è un cast in-dovinato e sfruttato con abilità. Con l’ener-gica chiassosità di Marina Massironi cheben si bilancia agli ingombranti silenzi diPippo Del Bono. Le debuttanti FrancescaDi Benedetto (Giovanna) e Ludovica Fal-da, (Pulce) sono piacevoli sorprese.

Alle prese con un argomento delica-to, Bonito centra l’obiettivo, tenendosial riparo dalla retorica e dal pietismo edimostrando una qualità rara per unesordiente: un sorprendente equilibrio.Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n.106,p. 23. m.a.

Pulce non c’èMargherita Camurati è una bambinaautistica. Ha nove anni e tutti lachiamano Pulce. Le piacciono iltamarindo e il tango. Margherita hauna madre, un padre e una sorellamaggiore che si chiama Giovanna. Incasa Camurati si parla un linguaggiodiverso, fatto di immagini, di musica edi gesti ripetuti. È un linguaggiostrano, che assomiglia a Pulce. Non èfacile, ma funziona. Una mattina comele altre la mamma di Margherita va aprenderla a scuola, ma sua figlia nonc’è. I servizi sociali l’hanno portata via,perché sospettano che il padre abbiaabusato di lei. Margherita adesso è inun istituto, e lì dovrà rimanere fino ache non si scoprirà la verità. A casarimangono gli oggetti, come i segni diquel linguaggio. E rimane Giovannache prova a capire e a raccontare checosa sta succedendo alla sua famiglia,adesso che Pulce non c’è.

r. Giuseppe Bonito or. Italia 2012 distr.Academy2 dur. 97’

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Quello fra Walt Disney e la scrittrice P.L. Travers è uno scontro fra due mo-

di distinti di intendere l’arte, cui è de-mandato l’arduo compito di far emerge-re il precipitato umano che naturalmen-te soggiace dietro ogni concezione arti-stica. Lo scontro creativo in atto, infatti,non è quello fra la presunta frivolezzaamericana di Disney e il pragmatismoinglese di P. L. Travers, ma fra una capa-

cità di liberare l’arte per renderla uni-versale e un’elaborazione incompletadei propri fermenti che si trasforma in unsenso del possesso sfrenato della pro-pria opera.

Nel volgere degli eventi, infatti, Di-sney si spoglia della propria aura mito-poietica per farsi uomo e offrirsi a P. L.Travers come un ex ragazzo che ha sapu-to superare le difficoltà del passato perfarsi artefice di una felicità condivisa. Lofa non ponendosi come figura predomi-nante, ma come allievo che ha dovutoimparare a fare a meno del proprio ar-mamentario iconografico per compren-dere i drammi dell’animo della donna, inmodo da permettersi finalmente di vin-cere la sua resistenza.

L’implicazione di un tale approccio ènaturalmente molto potente nel momen-to in cui mette in crisi lo stesso ottimismodisneyano: la fantasia, infatti, perde il suostatus di creatrice di mondi e diventaun’umanissima forma di resistenza alledifficoltà della vita, rompendo il giocodelle maschere per far emergere traumiveri e dolorosi. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 104, p. 16 e 17. d.d.g.

Saving Mr. BanksLa scrittrice inglese P. L. Travers vola aLos Angeles per discutere con WaltDisney i termini dell’adattamentocinematografico del suo romanzo MaryPoppins. La donna ha bisogno deldenaro derivante dalla transazione, maè estremamente diffidente nell’affidarela sua storia a un uomo che ritienesuperficiale e banale. La disputa per lacreazione del film si configura quindicome un autentico braccio di ferro.Contestualmente, veniamo messi aparte della difficile infanzia dellaTravers, del suo rapporto con un padreaffettuoso ma dedito all’alcool e dicome i suoi sentimenti per quegli annicosì intensi abbiano costituitol’architrave della sua opera.È in questa precisa correlazione fra lavita e l’opera che si cela il segreto cheDisney deve riuscire a comprendere pervincere finalmente le resistenzedell’autrice. Alla fine, l’accordoprodurrà un immortale classicocinematografico.

r. John Lee Hancock or. Usa/UK/Australia 2013 distr. Walt DisneyPictures dur. 126’

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Sibilia mette in scena con le armi delparadosso e dell’ironia la storia di

una “banda degli onesti” che tenta disfuggire alla propria condizione di emar-ginazione utilizzando gli stessi strumen-ti di arricchimento delle classi influenti.Ma la loro sostanziale onestà viene rive-lata dall’incapacità di servirsi di queglistrumenti.

Dietro la leggerezza e l’ironia, registae sceneggiatori sviluppano un quadro

sociologico in cui si colloca una vicendasolo apparentemente svagata. L’emar-ginazione di un’intera generazione vie-ne colta sin dalla definizione dei diversilavori cui sono costretti i ricercatoriespulsi dalle loro facoltà: condita di dro-ga e di escort.

Il quadro sociale non viene interpre-tato alla luce di una qualche illusoriachiave ideologica. I ricercatori falliti noncredono più in alcuna palingenesi o ri-scatto sociale. La situazione è così para-dossale che il possibile messaggio soli-daristico viene irriso e sbeffeggiato comefalso e retorico.

Oltre all’accuratezza della sceneggia-tura il film offre un’insolita qualità nel-la messa in scena. Sin dalla prima se-quenza (la rapina finale alla farmacia) ilregista dichiara i suoi riferimenti lingui-stici. Dotato di ritmo vivace e calibrato,lontano da realismo e da amare “grandibellezze”, Sibilia presenta una Roma not-turna “alla Hollywood”, tutta superficitraslucide, in cui i colori saturi dell’artepop ironizzano sulle vuote apparenzedi una società dissociata. Vedi anche inIl Ragazzo Selvaggio n. 105, p.23. f.v.

Smetto quando voglioPietro (37 anni), neurobiologo, èricercatore precario. Vive con Giulia,psicologa in un centro di recupero pertossicodipendenti. Sopravvive conmodesti assegni e lezioni private. Bocciatoal concorso per ricercatori stabilizzati,mette a frutto la competenza in campomolecolare per mettere sul mercato unanuova droga non ancora proibita dallalegge. Per produrla coinvolge seicompagni ricercatori disoccupati oimpiegati in lavori incongrui rispetto allaloro formazione. Abbagliata dai soldi, la banda punta piùin alto, avvicinandosi al giro dellacorruzione politica e dello spaccio delladroga. Messi alle strette da un mafioso diquartiere, per procurarsi le sostanze dibase rapinano una farmacia, ma vengonoarrestati. Pietro si assume tutte le colpe efinisce in carcere (ove fa l’insegnante deidetenuti). I suoi compagni tornano allacondizione di sottoccupati accettando ilavoretti più umilianti.

r. Sidney Sibilia or. Italia 2014 distr. 01Distribution dur. 100’

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Interessa il continuo gioco di elabora-zioni visive messo in scena da Bong

Joon-ho, il passaggio dalla luce esternaal buio delle gallerie che permettono al-le battaglie di diventare frenetiche e in-decifrabili, e i repentini cambi sceno-grafici che connotano i vari “mondi” in-terni al convoglio.

L’autore coreano reinventa continua-mente lo spazio unico del treno ampli-

ficando la sensazione di un set “ampio”e dinamico, sebbene costretto in unastruttura apparentemente molto rigida:lo fa descrivendo traiettorie emotive efisiche molto precise, dove i corpi sonoora radicati nella realtà concreta, ora fre-neticamente proiettati in virtuosismi fu-nambolici nelle scene di lotta.

L’unica soluzione possibile diventaquindi l’apertura del conflitto fra orizzon-talità e verticalità abbattendo del tutto ilsistema e facendo deragliare il treno: pre-sa di posizione assolutamente radicale,utopistica e assurda vista l’ostilità del-l’ambiente esterno, ma che, a ben guarda-re, appare come il più coerente gesto perassicurare un senso ai termini della con-servazione opposta alla rivoluzione.

Quello che Bong Joon-ho compie, in-somma, è un lavoro di filtraggio espres-sivo che, dall’elaborazione del reale,giunge alla purezza dell’immaginario, incui gli elementi del contendere tornanofinalmente a risplendere di una proprianettezza. Un cinema che per questo èetico e autenticamente rifondativo. Ve-di anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 104,p. 22 e 23. d.d.g.

Snowpiercer2031. Per fermare il riscaldamentoglobale, l’umanità provoca per erroreuna nuova era glaciale. I pochisuperstiti vengono riuniti su un trenoche continua a muoversi senza sostalungo un percorso che attraversa tuttoil globo. All’interno vige una rigidadivisione in classi. Il giovane Curtis vive nell’ultimovagone, dove sono asserragliati i poverie gli emarginati, ma si pone ben prestoa capo di una rivolta che lo porterà adattraversare l’intero convoglio neltentativo di rovesciare la situazione. Nel corso della traversata, Curtis vedràamici cadere, conoscerà realtà del tuttodiverse dalla sua - che gli illustrerannomeglio la disequilibrata architettura delsistema che regola la vita nel treno -,affronterà svariati nemici, fino agiungere alla locomotiva dove si trovaWilford, l’uomo che ha creato quelpiccolo mondo. Il salvatoredell’umanità, ma anche il suocarnefice.

r. Bong Joon-ho or. Corea del Sud/Usa/Francia/Repubblica Ceca 2013 distr.Kock Media dur. 126’

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Walter smette di fare l’eroe solo nel-la sua mente fervida di sconfina-

menti e fughe dai rapporti con chi lo cir-conda e scopre che le sue imprese, quel-le straordinarie, pericolosissime gestasono reali: combattere con uno squaloassai poco accomodante nelle acque ge-lide e profonde della Groenlandia, at-traversare sfrecciando a bordo di unoskateboard le strade islandesi per rag-giungere un vulcano dal nome impossi-bile da pronunciare, raggiungere il “Tet-

to del mondo”, le vette dell’Himalaya,per portare a termine quella missioneper gli altri, che al contempo è missionepersonalissima.

Scopre che tutto questo avviene nelmondo vero. E scopre, così, se stesso, di-verso da come si è sempre visto, o me-glio, scopre in realtà ciò che lui è semprestato, dietro il suo fare impacciato, la ti-midezza, le poche parole.

C’è tanto cuore in questa quinta regiadi Ben Stiller, quella forse più persona-le, più intima, sebbene umori e sugge-stioni provengano in parte dall’omoni-mo racconto del 1939 di James Thurber,già in passato diventato materiale per ilgrande schermo.

Un film che è luogo di ironia e tenerez-za, emozione, malinconia. E il passaggiodi Life dall’edizione cartacea a quella on-line con i conseguenti licenziamenti, di-venta il racconto, la memoria dolce di unmondo (analogico) che va svanendo, di-venta quel “negativo 25”. C’è un lieto fineche è lieto solo a metà. C’è l’amore per lamusica e quello per il cinema. Il cinema,come sogno infinito. Vedi anche in Il Ra-gazzo Selvaggio n. 103, p. 22. l.g.

I sogni segreti di Walter MittyThe Secret Life of WalterMitty

Ci sono momenti, troppi, in cui WalterMitty, responsabile dell’archiviofotografico del magazine Life, abbandonala realtà per tuffarsi nella sua riccaimmaginazione che lo trasforma inpersona sicura di sé o perfino in un eroedalle abilità sovrumane, capace anche diconquistare l’amore della collega Cheryl. Sarà l’imminente passaggio di Life dallaversione cartacea a quella web, frutto diuna fusione societaria che mette a rischioil futuro di Walter, Cheryl e altri colleghi,a dargli l’occasione per diventareprotagonista della sua vita e non solodella sua fantasia: per la copertinadell’ultimo numero che verrà stampatoserve il negativo 25, quello che il grandefotoreporter Sean O’Connell gli ha speditoinsieme a un regalo. Ma il negativosembra essere sparito... La vera avventura comincia da qui.

r. Ben Stiller or. Usa 2013 distr. 20thCentury Fox dur. 114’

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In parte ispirato all’ultimo libro diMark Twain, I diari di Adamo ed Eva

(il riferimento è solo ai nomi dei prota-gonisti) e concepito per otto anni assie-me a Tilda Swinton, il film è un raccon-to di viaggio che si fa “cinetour” nel rockd’annata (la colonna sonora mescola

Charlie Feathers, Bill Laswell e WandaJackson, gli Hot Blood e i Black RebelMotorcycle Club, e altri musicisti noti emeno noti) come nei film classici, di ge-nere e d’autore, nei quadri (con trucco,costumi e arredi) come nei libri, quellipiù amati dai protagonisti come dal re-gista stesso che confida: “Ai vampiri in-vidio l’estensione della conoscenza, lavastità di esperienze, la profondità disentimento, dovute a secoli o millennid’esistenza”.

Così, oltre la linea narrativa che inJarmusch attinge sempre a fonti musica-li e letterarie, lo stile stesso si fa ‘vampi-resco’, malinconico quanto i protagoni-sti e i ‘fedeli’ spettatori. Similmente, Jar-musch ‘vampirizza’ il fantastico, sottra-endolo ai mortiferi trionfalismi del mar-keting di Hollywood (la “zombie central”da cui fugge Ava) e restituendolo ai ter-ritori arcaici della meraviglia e dell’intel-ligenza. Quell’intelligenza, come ricordaAdam, che ”gli umani hanno sperpera-to perseguitando in ogni epoca i loroscienziati migliori, da Pitagora a Tesla”.Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 106,p. 25. e.g.

Solo gli amantisopravvivonoOnly Lovers Left AliveSullo sfondo di una desolata Detroit eun’esotica Tangeri, Adam - musicistaunderground, depresso ma legato a unliuto rinascimentale e a una chitarraelettrica vintage - si ricongiunge conl’amante, Eve, apparentemente fra i 30 e i40 anni, ma maggiore di lui di migliaiad‘anni. Eve, che corrompe un medico peravere sangue incontaminato senzauccidere, ha il potere di risollevare l’umoredell’amato. La loro storia d’amore dura dasecoli, ma l’idillio viene disturbato dallasorella minore di lei, Ava, che, fuggendo daLos Angeles, manipola i due e ne mette inpericolo la sopravvivenza. A Tangeri, i due amanti incontrano ilpoeta-drammaturgo Christopher Miltonche ha un bar con un amante marocchinoe fornisce il sangue in sacche agli amici.Quando l’anziano muore, la vita dei duevampiri sembra estinguersi. Poi sulla strada incontrano un’altracoppia, viva, che si ama con passione…

r. Jim Jarmusch or. Gran Bretagna/Germania/Francia/Cipro/Usa 2013 distr.Movies Inspired dur. 123’

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Uberto Pasolini, noto come produt-tore di Palookaville e più ancora di

Full Monty - Squattrinati organizzati diPeter Cattaneo, firma con la sua secon-da regia una preziosa e poetica riflessio-ne sul senso della vita, sulla solitudine,sulla disgregazione del nucleo familiare,e più ancora sulla perdita di valori im-portanti come la solidarietà e il senso diappartenenza sociale.

Still life prende spunto dalla lettura diun articolo, da cui il suo autore ha appre-

so dell’esistenza di una categoria di fun-zionari incaricati di trovare i parenti piùprossimi di defunti scomparsi in solitu-dine. Una ricerca che quasi mai dà ri-sultati positivi, talvolta sono gli stessi fa-miliari a rifiutarsi di essere coinvolti edi partecipare ai funerali.

Pur affrontando tematiche importan-ti, Still life non privilegia una trattazionedai toni tragici, ma al contrario le tratteg-gia con una certà levità e humour, senzacon questo cercare facili soluzioni o scon-tati happy end. Similmente al suo prota-gonista, infatti, che sembra muoversi co-me un’ombra in uno scenario urbano dal-le tinte cupe dei grigi, del blu e del mar-rone, salvo poi schiudersi alla vita graziea un viaggio liberatorio che gli permette-rà di rompere la monotonia di schemi egesti ripetuti nel tempo, il film si “apre” viavia verso altre tonalità più vivaci.

Ottima la scelta del regista di affida-re il ruolo del traghettatore di anime alnoto caratterista Eddie Marsan, che nelrecitare per sottrazione dà corpo a unafigura malinconica ma fiera. Vedi an-che in Il Ragazzo Selvaggio, n. 101/102,p. 25. l.c.

Still Life

John May è un funzionario che ha ilcompito di rintracciare i parenti piùprossimi delle persone morte insolitudine. Solo dopo aver verificatotutte le piste e gli indizi possibili, edessere giunto alla constatazione che ildefunto non abbia più alcun familiare,accetta di chiudere il caso e di assicurare,a queste anime dimenticate un funeraledignitoso.Un giorno lo raggiunge in ufficio ildatore di lavoro per comunicargli chel’ufficio malauguratamente verràridimensionato e che il suo posto saràeliminato. John sembra non scomporsidi fronte alla notizia del licenziamento,tuttavia chiede l’autorizzazione di poterportare a termine un caso: Billy Stoke,un uomo che ha concluso i suoi giornialcolizzato, ma che in passato avevacondotto un’esistenza esemplare. Dopovarie ricerche, riesce finalmente arintracciare Kelly, la figlia che l’uomoaveva abbandonato da piccola e con cuinon aveva più avuto rapporti…

r. Uberto Pasolini or. Gran Bretagna2013 distr. Bim dur. 87’

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Tratto dal bestseller La bambina chesalvava i libri di Markus Zuzas, il film

segue le linee classiche del romanzo diformazione che, in questo caso, avvienein un periodo tra i più bui della storiadell’umanità. Sua caratteristica è di ave-re un io narrante al di fuori degli schemitradizionali: la Morte che contrappuntagli eventi più significativi della storia, di-venendo essa stessa parte di una vicen-da, nella quale viene coinvolta quasi suomalgrado, come un elemento necessario

di un destino di cui si devono supina-mente eseguire gli ordini. Al di là di que-sto, Storia di una ladra di libri ha un in-cedere tradizionale: le componenti del-la narrazione si susseguono ben calibra-te, supportate anche da un impianto fi-gurativo di ottimo livello.

Per quanto riguarda l’assunto ideale,l’opera ribadisce alcuni concetti più vol-te ribattuti: l’importanza fondamentaledella parola e dei libri come fonti inesau-ribili di cultura e civiltà, inverando il tut-to in un periodo storico in cui sia la cul-tura che la civiltà stavano per esserespazzate via. Una delle frasi chiave delfilm è quella che pronuncia Liesel al pa-dre adottivo Hans, quando i due rifletto-no sui drammatici avvenimenti in cuisono stati coinvolti e sul comportamen-to tenuto nell’affrontare emergenze tra-giche: “Siamo stati umani”. Recuperarela coscienza di essere umani è forse ilmessaggio più forte che questo film cipropone; il tutto senza elucubrazionicomplesse, ma giocando sulla forza deisentimenti e su una prova attoriale ditutto rispetto. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n.105, p. 26. c.t.

Storia di unaladra di libriThe Book ThiefGermania, poco prima della secondaguerra mondiale. Liesel Meminger vienelasciata dalla madre, perseguitata per leidee politiche, ai coniugi Hans e RosaHubermann. L’impatto con la nuovafamiglia le crea disagio ma, grazie aHans, Liesel impara a leggere e a coltivarel’amore per i libri. Una sera arriva in casa Hubermann Max,giovane ebreo in fuga. Viene nascosto e ilsuo soggiorno sarà fondamentale per lacrescita culturale e umana di Liesel:attraverso gli insegnamenti di Max labambina apprende come la lettura e leparole siano importanti per renderemeno pesante l’esistenza. Dopo che Maxha lasciato gli Hubermann, Liesel perdetutti i suoi cari in un bombardamento.Due anni dopo ritroverà Max, con ilquale conserverà un’amicizia per tutta lavita, che terminerà a novant’anni, allafine di un’esistenza con figli e nipoti e unacarriera di scrittrice di successo mondiale.

r. Brian Percival or. Usa/Germania 2013distr. 20th Century Fox Italia dur. 131’

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Si possono coniugare in un film luoghireali e storia, geografia e sentimenti,

cronaca e morale? In fondo è questa la sfi-da che il cinema italiano da sempre si po-ne, almeno dal Neorealismo in poi. Sfidache sembra vinta da questo piccolo lavo-ro. Grazie a un’ambientazione realistica einsieme simbolica, con uno sguardo a vol-te documentaristico e a volte onirico, ilfilm mescola le convenzioni di racconto ed’identità di genere per cercare di ribalta-re i luoghi comuni sul Sud e l’omertà.

Il regista ha detto: “La ribellione del-la protagonista, Grazia, passa anche at-traverso il suo corpo e rappresenta la ri-volta a un atteggiamento e a una men-talità di rassegnazione. Per anni ci han-no educato a pensare che il Sud fosseinferiore, che fosse niente, ma le nuovegenerazioni vogliono ribaltare questomodo di pensare”.

Ecco il cambiamento che coinvolge isingoli personaggi... Così avviene conGrazia e l’amico-alleato. Anche con ilpadre che ha sempre cercato di resiste-re ai malavitosi, chiedendo un po’ ditempo pur di far diplomare la figlia, mache alla fine cede loro tutto per andarea Torino: davanti alla figlia egli ha final-mente il coraggio di riconoscere la tragi-ca verità sull’altro figlio.

Anche produttivamente il film è unatto di coraggio contro l’indifferenza e illassismo, frutto, com’è, di un’équipe gio-vane. Ulteriore dimostrazione di comenon solo il Sud, ma il giovane cinemaitaliano stesso si stia battendo contro ilsilenzio e l’inerzia pur di prendere pos-sesso del futuro. Vedi anche in Il Ragaz-zo Selvaggio n. 103, p. 18. e.g.

Il Sud è nienteGrazia aveva dodici anni quando ilfratello Pietro emigrò in Germania. Non l’ha più rivisto. Il padre Cristianole disse che Pietro era morto e non neha più riparlato.Oggi Grazia ha diciassette anni e vive aReggio Calabria con il padre che vendepescestocco. È cresciuta assumendosembianze maschili come a volerriempire il vuoto lasciato dal fratello.Una notte, dopo un litigio con il padre,va in spiaggia ed entra in acqua: dalfondo vede emergere una figura in cuicrede di riconoscere il fratello e decidedi cercarlo. Intanto Cristiano riceve la visita delcapo malavitoso locale che gli imponedi cedergli casa e bottega. L’uomochiede un po’ di tempo fino all’esamedi maturità della figlia. Poi Grazia incontra Carmelo, figlio digiostrai, che l’aiuterà nell’impossibilericerca di Pietro, a rompere il silenziodel padre e a scoprire la verità sulfratello e su se stessa.

r. Fabio Mollo or. Italia/Francia 2013distr. Istituto Luce Cinecittà dur. 90’

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Il film ripercorre alcuni momenti del-l’infanzia del protagonista, raccontan-

do di una madre che lo distingueva daifratelli e di come sia cresciuto nella con-vinzione di non essere un vero maschio.Vittima di un malinteso per il suo non es-sere incline a una virilità stereotipata,nell’ostinazione di voler assecondarequello che crede essere il desiderio ma-terno.

Tutto sua madre affronta il tema del“genere”. Ma, oltre al valore documenta-le nel processo di riappropriazione disé e a essere un’intelligente e inusualedichiarazione d’amore verso la figuramaterna e più in generale verso le don-ne “che lo hanno fatto sognare”, è so-prattutto un omaggio all’universo tea-trale, al potere demiurgico del teatro edell’arte recitativa. È infatti sul palco-scenico che trovano forma e spazio lepaure, i traumi, i vari ruoli e personag-gi interpretati da Gallienne, a partire daquello materno.

In Tutto sua madre, dove l’autore ol-tre a se stesso recita anche il ruolo dellamadre (idea riuscita che rende al megliouna certa sensazione di schizofrenia la-tente del personaggio), la scena teatra-le è presente instancabilmente sin dallasequenza iniziale che si svolge per l’ap-punto nel camerino del teatro in cui Gal-lienne si sta preparando, per poi diriger-si lungo i corridoi del dietro le quinte, fi-no a fare ingresso in scena, intervallan-dosi con l’elegante architettura del filme delle sue scenografie. Vedi anche in IlRagazzo Selvaggio n. 104, p. 27. l.c.

Tutto sua madreLes garçons et Guillaume,à table!

Guillaume adora la madre, fa di tutto perassomigliarle. La sua sensibilità lo spingea prediligere conversazioni con le donnepiuttosto che a condividere l’amore per losport e i viaggi avventurosi. Chiede allamadre di poter trascorrere le vacanze inSpagna e si ritrova alla Linea de laConcepciòn, un paese sperduto di fronte aGibilterra. Lì conosce Paquì e la suafamiglia ma, soprattutto, la “sevillana”,danza che impara a ballare per la Feira.Dopo due anni di nonnismo al collegiomaschile dei Fratelli delle Scuole Cristiane,il ragazzo viene trasferito in un istitutoinglese, dove conosce Jérémy. Convinto diessere intimamente una ragazza, dovràricredersi e per di più sarà etichettatocome omosessuale. Il timore di doveraffrontare il servizio militare sarà tuttaviascongiurato perché verrà riformato. Grazieall’aiuto di uno psicoterapeuta e di unfoniatra riuscirà a superare le propriepaure e a trovare se stesso.

r. Guillaume Gallienne or. Francia/Belgio2013 distr. Eagle Pictures dur. 85’

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Pascal Plisson mantiene il suo stile inquesto documentario delicato e po-

tente sui pericoli che quattro bambinipoveri affrontano ogni giorno nel percor-so casa/scuola. Non è un lavoro dida-scalico: parte da dati oggettivi e li tra-sforma in spettacolo; cattura le vite deiquattro piccoli cercando di lasciare intat-ta la loro naturalezza, e cerca immaginibelle, niente camera a spalla, inquadra-ture studiate e costruite. Bellezza, emo-

tività danno al tutto l’andamento di unafavola, con l’eroe che deve superare mil-le prove per raggiungere la meta.

E al momento del “tutti vissero felicie contenti” la lezione può cominciare. Ladura realtà, affrontata con maturità, di-venta poesia. Il keniota Jackson, la ma-rocchina Zahira, l’argentino Carlito el’indiano Samuel partono alla conqui-sta dell’istruzione, perfettamente con-sapevoli che saper leggere e scrivere èl’unico mezzo per strappare se stessi e lafamiglia dall’isolamento.

Quattro storie intersecate in mon-taggio alternato per togliere al film ilpossibile “effetto catalogo” e permet-tergli di trasmettere emozioni insiemea informazioni. Non si resta indifferen-ti di fronte a realtà spaventose, che tra-sformano i bambini in personaggi di unroad movie o in cow boy da western, oancora, in donne in cerca di emancipa-zione. Nulla sembra incrinare il loro so-gno: mente vivida e sorriso fiducioso, ele vicende epiche che vivono come nor-malità si trasformano in un inno alla vi-ta. Vedi anche in Il Ragazzo Selvaggion. 101/102, p. 19. ca. de.

Vado a scuolaSur le chemin de l’école

Il film narra la storia di quatto bambinidel sud del mondo uniti dal bisogno diandare a scuola, in una situazione dovequesto diventa un’avventura. Jackson, 10 anni, percorre mattina esera 15 kilometri della savana delKenia, la sorellina Salome stretta permano, per arrivare in orario. Zahira,berbera di 11 anni, affronta ogni lunedìtre ore di faticoso cammino lungo itortuosi sentieri dell’Atlantemarocchino. Samuel, 12 anni,poliomielitico, ogni giorno è trascinatosu una improvvisata carrozzina daisuoi due fratelli minori per 8 kilometrinel sud dell’India, e può considerarsifortunato. Carlito, 11 anni, attraversaogni giorno gli altipiani della Patagoniaper 25 kilometri, in sella al suo cavallo,portando con sé la sorellina. Niente ferma la volontà, unita aun’incredibile gioia di vivere, di questipiccoli per cui la scuola è l’unicasperanza di fuggire dalla povertà.

r. Pascal Plisson or. Francia 2012 distr.Academy2 dur. 75 minuti

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33numero 107/108 · settembre-dicembre 2014

A N N U A R I O 2 0 14

Eludendo il compiacimento dell’esibi-zione, il regista tunisino racconta

una stagione d’amore dolorosa e irripe-tibile, senza psicologismi e con una car-nalità priva di morbosità. Al centro delfilm due giovani donne che leggono la re-altà con gli occhi del desiderio, il loro, cheesplode sullo schermo accordando i ca-pitoli della loro esistenza.

Con un movimento dall’esterno ver-so l’interno, Kechiche realizza un filmche quanto più si distende nel tempo,tanto più si stringe nello spazio di una

camera, di un’aula, di una cucina, pla-candosi nel ritmo e dentro un’appassio-nata ricerca di interiorità.

Adèle Exarchopoulos è l’Adele del tito-lo, colta nell’incandescenza di un senti-mento fervidissimo e totalizzante per Em-ma e congedata con una raggiunta con-sapevolezza. Dentro un abito blu, la pro-tagonista comprenderà di poter soprav-vivere agli amori che non possiamo trat-tenere, preferendo le lacrime e lo strug-gente languore all’innaturale rimozione.

E la bellezza di La vita di Adele nasceproprio nei momenti di frattura, chiaviper aprire il futuro alla protagonista ri-masta sola col suo sentimento infelice.Come nei romanzi, tutti francesi, che di-vora da studentessa e poi da insegnan-te, Adele si cerca nel fondo del proprioamore, sopportando una solitudine cheha imparato a curare.

Incolpevole o colpevole di metodo e dionnipotenza, Kechiche trova innegabil-mente spazio, ragioni e ragione (del me-todo di montaggio e della maniera sin-golare di lavorare avec ses comédiennes)sullo schermo. Vedi anche in Il RagazzoSelvaggio n. 101/102, p. 4 e 5. m.gn.

La vita di Adele La Vie d’Adèle, chapitres1 et 2

Adele ha quindici anni e un appetitoinsaziabile di cibo e di vita. Leggendo dellaMarianna di Marivaux si invaghisce diThomas, a cui si concede senza maiaccendersi davvero. A innamorarla è invece una ragazza daicapelli blu incontrata per caso e ritrovatain un locale gay, dove si è recata conl’amico di sempre. Un cocktail e unapanchina condivisa avviano una storiad’amore appassionata e travolgente chematura Adele, conducendola fuoridall’adolescenza e verso l’insegnamento. Perché Adele, che alle ostriche preferisce glispaghetti, vuole formare gli adulti didomani, restituendo ai suoi bambini tuttoil bello imparato dietro ai banchi e nellavita. Nella vita con Emma che studia alleBelle Arti e la dipinge nuda dopo averlaamata per ore. Traghettata da quelsentimento impetuoso, Adele diventadonna imparando molto presto che la vitanon è sempre un (bel) romanzo.

r. Abdellatif Kechiche or. Francia/Belgio/Spagna 2013 distr. Lucky Red dur. 179’

L’ago della bilancia della guerra mo-strata nel film è Wolverine, perso-

naggio immortale (e dunque fuori daltempo), in una vicenda tutta basata pro-prio sullo stravolgimento della linearitàtemporale e sulla necessità di ripensareil proprio rapporto con la Storia e le scel-te compiute nel passato, tali da determi-nare le dinamiche del presente e del fu-

turo. Lo scopo di Singer è chiaramentequello di mostrare l’ostilità reciproca fraumani e mutanti che si riflette nelle dina-miche che hanno animato la Storia delventesimo secolo, fra ascesa del nazismo,contrapposizioni tra i blocchi e corsa agliarmamenti come palliativo per un pre-sunto mantenimento dello status quo,utile soltanto a esacerbare i contrasti giàpresenti in fase embrionale.

Tutto il film si articola pertanto suldoppio registro dato da un lato dallaconfusione umani/mutanti, simboleg-giata dalla mutaforma Mystica, e dal-l’altro dalla profonda torsione dei senti-menti che legano i personaggi e che fi-niscono per definire le possibilità di sal-vezza e le irrazionalità egoistiche cheportano agli scontri. Singer riesce in que-sto modo a elevare i paradigmi del raz-zismo (da sempre presenti nella saga enella sua filmografia) a un livello globa-le, ma allo stesso tempo ne fa una ma-teria molto personale e “intima”, che at-tinge al vissuto dei singoli personaggi ea sentimenti atavici e incontrollabili. Ve-di anche in Il Ragazzo Selvaggio n. 106,p. 27. d.d.g.

X-MenGiorni di un futuropassato

2023. La guerra fra umani e mutanti hadevastato il pianeta: braccati dalleimbattibili Sentinelle, i mutanti sonoormai allo stremo. Grazie ai poteri diKitty Pride, Wolverine viene quindiinviato indietro nel tempo, fino al 1974,e si allea con i giovani Xavier e Magnetoper fermare Mystica. La ragazza,animata da un rancore incontrollabilenei confronti del genere umano, saràinfatti suo malgrado responsabiledell’omicidio che permetterà lacostruzione delle prime Sentinelle,progettate dallo scienziato Bolivar Trask. L’impresa è complicata dal particolaretriangolo caratteriale esistente fra Xavier,Magneto e Mystica: il primo infatti èunito fin dall’infanzia alla ragazza daun forte legame di amicizia, ma non èstato capace di impedire la sua discesaverso l’oscurità, sfruttata dal secondo percompiacere le sue manie di dominiosugli umani.

r. Bryan Singer or. Usa 2014 distr. 20thCentury Fox dur. 131’

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ANNUARIOdei film per la scuola

Annuario dei Film per la Scuola 2013

selezionati dalla Redazionetra quelli usciti in sala

nella Stagione 2012/2013.

Anche questo Annuario, disponibile solo

in versione digitale (PDF),è scaricabile gratuitamente dal

Sito del Centro Studi Cinematograficiwww.cscinema.org

Bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuolaAnnoXXX,nuovaserie, supplemento al n. 107/108settembre-dicembre 2014

Rivista del Centro Studi Cinematografici00165 Roma, Via Gregorio VII, 6Tel. e fax: 06 6382605www.cscinema.org · [email protected]

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