TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA PARETE GRAFFITA DEL TUNKELBALT VALDASSA – COMUNE DI ROANA (VI)

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UNIVERSIT FACOLT CORSO E GESTI TUTE DELLA PARET VALDASS RELATORE PROF. MARCO GIAMPI AN TÀ DEGLI STUDI DI PAD TÀ DI LETTERE E FILOSOFI DI LAUREA IN PROGETTAZIONE IONE DEL TURISMO CULTURALE TESI DI LAUREA ELA E VALORIZZAZIONE TE GRAFFITA DEL TUNKE SA COMUNE DI ROANA ( IERETTI LAUREANDO ANDREA VALEN NNO ACCADEMICO 2011/2012 DOVA IA ELBALT (VI) NTE

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tesi di laurea in progettazione e gestione del turismo culturale - facoltà di Lettere e Filosofia - Padova a.a. 2011/2012. Autore Andrea Valente - Relatore Marco Giampieretti

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN PROGETTAZIONE E GESTIONE DEL TURISMO CULTURALE

TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA PARETE GRAFFITA DEL TUNKELBALT

VALDASSA

RELATORE PROF. MARCO GIAMPIERETTI

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN PROGETTAZIONE E GESTIONE DEL TURISMO CULTURALE

TESI DI LAUREA

TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA PARETE GRAFFITA DEL TUNKELBALT

VALDASSA – COMUNE DI ROANA (VI)

PROF. MARCO GIAMPIERETTI

LAUREANDO

ANDREA VALENTE

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN PROGETTAZIONE

DELLA PARETE GRAFFITA DEL TUNKELBALT

COMUNE DI ROANA (VI)

ANDREA VALENTE

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A mio padre Maurizio,

instancabile ricercatore nel campo della micologia

e mio primo insegnante

A mia moglie Martina,

per il sostegno, il supporto e la pazienza

durante questo “cammino”

Ma soprattutto a mia figlia Alice Vittoria,

che ha dovuto rinunciare a importanti momenti

di gioco con il suo papà,

con la speranza che un giorno mi renda la dedica

Desidero ringraziare sentitamente: mia mamma per il consueto e contagioso entusiasmo e tutta la mia famiglia, anche quella “allargata” ed in particolare mia cugina Martina per il costante sostegno in questo percorso accademico; i miei colleghi e in special modo Roberta Forte, Massimiliano Calore, Federico Vescovi, Gabriele Valente e Vittorio Corà - oltre a Marco Stella - per avermi aiutato nel reperimento del materiale per la tesi; gli amministratori del Comune di Roana Valentino Frigo, Luigi Martello, Valerio Fabris e Dario Rebe-schini e della Comunità Montana Lucio Spagnolo per l’accesso agli atti e la collaborazione personale; Maria Cristina Vallicelli della Soprintendenza di Padova per la costante disponibilità e collaborazione, Mario Porto, Davide Rodeghiero, Giampietro De Antoni e Augusto Paccanaro per l’appoggio profes-sionale e morale. Chiara e Carlo di Archeidos per l’amicizia ed il supporto scientifico, Giancarlo Bortoli e Antonio Can-tele per avermi suggerito alcune curiosità della Valdassa, Sara Ambrosini per le foto del Bisele, Luigi Nicolussi Castellan per la parte relativa alla storia delle Vezzene e di Luserna, Cristina e Francesca della Biblioteca di Asiago per la professionalità e lo zelo, oltre tutte quelle persone che hanno contri-buito a sostenere questo lavoro.

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INDICE

Introduzione ………………………………………………..………….. p. 8

CAPITOLO I

LA VALDASSA: UN BACINO DI STORIA, CULTURA E BIODIVERSITÀ

1. Formazione geomorfologica della Val d’Assa …...…………………. p. 10

2. La Val d’Assa nella Preistoria e nella Storia …...…………………… p. 12

3. Biodiversità, elementi peculiari e curiosità del contesto vallivo ……. p. 19

4. La parete graffita del Tunkelbalt: una questione ancora aperta ……... p. 23

5. La problematica datazione delle incisioni rupestri ...………………... p. 26

CAPITOLO II

PROFILI GIURIDICI DEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA VALDASSA

1. L’interesse culturale del Tunkelbalt dalla sua scoperta ad oggi …...... p. 28

2. La Val d’Assa tra paesaggio e urbanistica …...….………………….. p. 32

3. Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) e il Piano

d’Area “Altopiano dei Sette Comuni” ….……………………………

p.

35

4. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) ………... p. 40

5. Il Piano di Assetto Territoriale (PAT) ……………..………………... p. 43

CAPITOLO III

TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL SITO DEL TUNKELBALT

1. I primi passi dopo il ritrovamento …………….…………………….. p. 47

2. Il progetto del 1987: tutela e valorizzazione del Tunkelbalt nel più

ampio contesto della Val d’Assa …………………………...………..

p.

49

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6

3. Il progetto del 1988: tutela e valorizzazione dei graffiti e creazione

di un museo archeologico ………………………………………....…

p.

52

4. Il progetto di recinzione del sito e la prevenzione degli atti vandalici p. 56

5. L’emergenza archeologica e i recenti progetti di restauro conservati-

vo …………………………………………….…………………..…..

p.

59

CAPITOLO IV

VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE TURISTICA DEL “SISTEMA VALDASSA”

1. Tutela e valorizzazione della Valdassa: i progetti del Comune di Ro-

ana ………………………………………………………………….

p.

62

2. Forme di gestione e di finanziamento per la tutela, la valorizzazione

e la fruizione del patrimonio culturale …………………………….…

p.

67

3. Una proposta di valorizzazione e fruizione turistica del “Sistema

Valdassa” ………………………………………………………...….

p.

69

Conclusioni …………………………………………………..………….. p. 74

Appendice ……………………………………..……………..………….. p. 76

Bibliografia …………………………………………………..………….. p. 92

Sitografia …...………………………………………………..………….. p. 94

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INTRODUZIONE

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Na-zione” (Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 9)

Una delle prime motivazioni che mi hanno spinto ad affrontare l’argomento di questa tesi è

senz’altro l’allarme suscitato da un anomalo disfacimento delle superfici graffite del roccione

del Tunkelbalt, nel territorio di competenza roanese della Valdassa.

Sin da subito però, è stato evidente che una delle ragioni dell’interesse del sito è anche quello

del suo inserimento in un contesto ambientale e storico eccezionale, che si distingue per

un’offerta vastissima di testimonianze umane ed ambientali, abbracciando un arco di tempo

altrettanto ampio.

Sin dalle sorgenti dell’Assa, in territorio trentino, questa valle dà prova di una serie di attra-

zioni culturali difficilmente rintracciabili tutte assieme in altri luoghi.

Partendo dalla piana delle Vezzene, area metallurgica dell’Età del Bronzo, si procede in terri-

torio veneto attraverso la zona del Ghertele con i suoi antichi insediamenti malghivi e silvo-

pastorali, si transita a pochi metri dal Tanzerloch1, si passa sotto il ponte di Roana incontran-

do qui le prime attestazioni graffite su massi e pareti e si continua incrociando la roccia del

Tunkelbalt sulla sinistra orografica.

Intersecata la vecchia strada comunale, si scende ancora attraverso una vegetazione selvaggia

lasciando più in alto, sulle pareti della forra, i siti di St. Antönle, Romita, Rössle, Cava Ghel-

pach, del Bisele a sinistra e il Kestele e i ruderi del vecchio mulino della Rendela a destra.

Proseguendo ancora il vallone si restringe ulteriormente, dando l’impressione di un vero e

proprio canyon.

Sulle alte pareti una miriade di spelonche carsiche, caverne e grotte che hanno ispirato le leg-

gende popolari legate all’antica lingua cimbra2 o che spesso più tristemente, hanno dato riparo

1 I “löchar” sono tipiche voragini carsiche che raggiungono anche, come nel caso del Tanzerloch o “Buso de la danza”, i 40 metri di diametro e gli 80 di profondità. 2 Si farà spesso riferimento, all’interno del testo, a nomi e soprattutto toponimi cosiddetti “cimbri” . Il cimbro è l’idioma parlato per secoli nei Sette Comuni Vicentini; la linguistica lo definisce una variante tardo medievale del Bavarese Superiore con infiltrazioni Alemanne, ma lascia in gran parte oscuri i riflessi riconducibili alle lin-gue delle popolazioni che nel primo millennio d.c. occupavano la pianura veneta, i Goti e i Longobardi. Oggi la

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alle truppe austriache ed italiane che della Valdassa fecero la loro prima linea dal 1916 al

1918, durante la Grande Guerra.

Avanzando ancora, in un territorio ormai distante dalle abituali escursioni turistiche e proprio

per questo ancor più affascinante e misterioso, nel territorio di Rotzo che confluirà in quello

di Pedescala, domina dall’alto il villaggio protostorico del Bostel, in posizione predominante

all’incrocio dove la Val d’Assa va a sfociare in quella, più grande e ormai pedemontana,

dell’Astico.

Questo invisibile filo rosso, che unisce interessi storici, etnografici, archeologici, geologici,

ambientali e paesaggistici e conseguentemente turistici e sociali, ci può suggerire che la Val-

dassa è un serbatoio culturale da difendere e salvaguardare ma che con l’adeguato rispetto,

seguendo strettamente le normative di tutela, conservazione e valorizzazione, può diventare

anche una valida alternativa alle classiche forme di turismo, con la consapevolezza che questi

beni del patrimonio culturale assumono ed aumentano il valore qualitativo dell’offerta turisti-

ca proposti in una visione d’insieme e strettamente correlati.

In molti documenti e pubblicazioni che parlano dei graffiti rupestri della Valdassa si troverà

scritto Tunkelbald, invece di Tunkelbalt.

Ho preferito utilizzare la versione con “T” finale in quanto è stata usata recentemente anche

dal Comune di Roana3 in atti ufficiali e perché, visto che il toponimo è stato coniato solamen-

te dopo il 1980 e pur se la lingua cimbra ha una secolare tradizione di cultura orale, la lingui-

stica aveva già messo a disposizione glossari e vocabolari che riportano il termine “bosco”

con la traduzione di “balt” e non “bald” 4.

Tunkelbalt quindi, “bosco scuro”, anche se come si vedrà più avanti, pure il nuovo toponimo

farebbe storcere il naso a qualche purista e appassionato di questo idioma minoritario.

In questo lavoro si troverà invece indifferentemente riportato il termine “Valdassa” o “Val

d’Assa”; i termini sono corretti ed utilizzati in queste due forme sin dalle fonti più antiche.

La “Valle del Bisele” è denominata anche “Valle del Ghelpach”.

lingua cimbra appartiene alle lingue minoritarie tutelate dalla L. 482/1999 e dalla Legge Regionale 73/1994 che la riconosce specificatamente. 3 Ente proprietario del sito. 4 Bidese, 2001, pag. 138.

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CAPITOLO I

LA VALDASSA: UN BACINO DI STORIA,

CULTURA E BIODIVERSITÀ

1. Formazione geomorfologica della Val d’Assa

L’Assa è un torrente che ha origine da un gruppo di sorgive nella Piana di Vezzena5 e scorre

tortuosamente prima verso est, poi in direzione sud verso l’Altopiano di Asiago quindi, incu-

neandosi in profondità circa all’altezza della Val Scaletta, dà origine ad un canyon fluviocar-

sico.

Dopo circa un chilometro esso svolta decisamente verso occidente dando continuazione alla

valle che confluirà infine nella Val d’Astico, provocando una divisione territoriale del Comu-

ne di Rotzo e di due frazioni del Comune di Roana (Roana e Mezzaselva) dal resto

dell’Altopiano.

La Val d’Assa è una tipica valle glaciale prodottasi in un intervallo di tempo non inferiore a 4

milioni di anni6 ma un contributo importante alla sua attuale morfologia si deve alla glacia-

zione di Würm7 .

L’avanzata del ghiacciaio provocò un’incisione valliva modellandola con la caratteristica

forma ad “U” .

Successivamente, un vero e proprio fiume a regime stagionale formatosi dallo scioglimento

del ghiacciaio, scavò ulteriormente il suolo delineando quel paesaggio costellato da bastioni

rocciosi a strapiombo8.

Nel Postglaciale la portata del fiume diminuì per la disostruzione di alcuni dei numerosi in-

ghiottitoi carsici presenti nella zona, alternando poi anche in epoca storica la propria portata,

sempre in relazione all’ostruzione o meno degli inghiottitoi.

L’alternanza del regime fluviale, dovuto anche ad attività antropiche, contribuì al processo

dell’attuale formazione geomorfologica del canyon9.

5 Passo di Vezzena, Levico, Trento; in alcuni testi si può ritrovare anche il termine “Vezzene”. 6 Martello in Ass. Ass Taal, 2001, pag. 17. 7 Ultimo periodo glaciale, avvenuto nel tardo Pleistocene, tra 115.000 e 10.000 anni fa circa che interessò l’intero Arco Alpino. 8 Sauro in AA.VV., 2000, pag. 21.

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La voragine Tanzerloch nei pressi di Camporovere, è un interessantissimo esempio di cavità

carsica, all’origine anche di molte leggende cimbre10.

Le formazioni rocciose sedimentarie erose di origine prevalentemente marina sono quelle,

partendo dallo strato più profondo, dei Calcari Grigi (Giurassico inferiore), del Rosso Am-

monitico (Giurassico Medio e Superiore) e del Biancone (Cretacico Inferiore)11; lo strato più

antico, la Dolomia principale, non affiora.

Delle formazioni affioranti, solo i Calcari Grigi e il Rosso Ammonitico si prestano

all’incisione in quanto il Biancone è scagliato e fittamente fratturato12.

La gola è intersecata da entrambe le rive orografiche da ulteriori incisioni vallive, la più gran-

de delle quali è la Valle del Bisele, particolarmente interessante per gli ampi ripari in roccia13

e le numerose grotte, mèta oggi di escursioni turistiche.

Di queste cavità la grotta “Loite (o Leute) Kubala” rappresenta, con il suo caratteristico mas-

so incastrato e in bilico tra le pareti, l’esempio più suggestivo.

9 Ibidem, pag. 21. 10 Zanocco, 1990, pag. 207. 11 Il periodo che va dal Giurassico Inferiore al Cretacico Inferiore corrisponde circa dai 200 ai 100 milioni di anni fa. 12 Martello in Ass. Ass Taal., 2001, pag. 17. 13 Ad es. la “Shaff Kugela”.

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2. La Val d’Assa nella Preistoria e nella Storia

Fino al 1906, anno della costruzione del primo ponte che unisce anche oggi i paesi di Rotzo e

Roana con il resto dell’Altopiano, il fondo della Valdassa era anche transito obbligatorio tra

gli abitati di Canove e Roana attraverso la strada comunale del “Grabo” , e coincidente oggi

con parte del sentiero CAI 80114, utilizzato a fini escursionistici.

L’esistenza di una strada che passava trasversalmente il greto fin da tempi remoti 15 è confer-

ma ulteriore che la portata del torrente Assa, avvicinandosi ad epoca storica, si era ridotta a

mera attività di ruscellamento stagionale; si può ipotizzare quindi che la valle sia stata utiliz-

zata anche sulla direttrice longitudinale per collegare la pianura veneta all’Altopiano e alla

Piana di Vezzena, tramite un agevole passaggio che conduceva gradatamente in quota.

Di questo passaggio di genti, di questa “autostrada dell’antichità”, potrebbe esserne testimo-

ne la vasta area graffita presente sulle pareti rocciose della valle e in alcuni altri contesti atti-

gui.

Durante gli anni ‘50 del XX secolo alcuni appassionati altopianesi scoprirono i primi graffiti

su alcuni massi nella Valle del Bisele16 a cui seguirono i ritrovamenti negli anni ‘70 ed ‘80

delle pareti graffite della Romita, Rössle, Tunkelbalt e St. Antönle17.

Del 1954/55 sono i primi contatti con le istituzioni accademiche, in particolare con il Prof. G.

Presa dell’Istituto Lombardo di Preistoria di Milano18.

I primi ritrovamenti nei siti “Cava degli Orsi” e “Grotta Obar de Leute” - zona del Bisele,

ora conservati al Museo Civico di Vicenza e presso l’ Istituto di Geologia, Paleontologia e

Paleontologia Umana dell’Università di Ferrara19 sono costituiti da manufatti litici quali ra-

schiatoi e punte, riferibili all’industria musteriana20, inquadrabile in Europa al Paleolitico

Medio in un periodo tra i 50.000 e i 35.000 anni fa.

Oltre alle lavorazioni silicee, nei sedimenti pleistocenici sono stati rinvenuti resti fossili di

orso delle caverne, orso bruno, lupo, tasso, criceto, marmotta, stambecco e cervo.

Le stazioni graffite della Val d’Assa e del Bisele invece, non presentando tracce di industrie

litiche o di reperti organici, sono state da subito al centro di discussioni sulla loro datazione;

14 Sezioni Vicentine del CAI, 2011. 15 Priuli in AA.VV., 2000, pag. 151. 16 Confluente nella Val d’Assa tra il paese di Canove e contrada Sculazzon. 17 Ass. Ass Taal, 2001, pag. 8. 18 Dalla relazione a cura di Associazione Ass Taal, allegata al progetto esecutivo ammesso ai benefici della L.R. n. 25/87 della Regione Veneto. 19 Gruppo Ass Taal, 1993, pagg. 100 e 102. 20 G. Presa E C. Maviglia, “Una stazione musteriana sull’Altopiano dei Sette Comuni” Rivista di Scienze Prei-storiche, vol. IX, pp. 139-147, 1954.

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le incisioni, eseguite principalmente con la tecnica a polissoire21 presentano in effetti molte

problematiche cronologiche, ancora oggi dibattute22.

Altri sono i motivi di interesse per questa valle in termini di presenza umana; uno è certamen-

te legato alla già citata strada comunale che risalendo dall’alveo verso il paese di Roana, co-

steggia una collina che si erge isolata sulla scarpata a nord, offrendo un riparo protetto e stra-

tegicamente sicuro23 e che ancora oggi porta il caratteristico toponimo di “Kestele24“ , ovvero

“castello” in lingua cimbra.

Queste relazioni tra uomo e ambiente, questi antichi passaggi ed attraversamenti del territorio

pertengono a dinamiche che dovrebbero essere approfondite anche per il villaggio del Bostel

di Rotzo, posto sulla sommità di un pianoro sovrastante la parte terminale della Val d’Assa.

L’abitato, che presenta due fasi di frequentazione25 indica, in quanto a documentazione arche-

ologica, un’abbondante presenza di elementi ceramici di importazione dai centri di pianura,

da un piccolo areale vicentino e da un ambiente retico-alpino26.

Sulla piana del Vezzena, da dove nasce il torrente Assa e l’omonima valle, è attestata invece

la presenza di numerosi forni fusori dell’Età del Bronzo le cui scorie sono ancora oggi ab-

bondantemente rinvenibili27; tutta la zona della piana, che si caratterizza per l’abbondante pre-

senza di acqua – necessaria ad alcune fasi della lavorazione del rame e del bronzo - indica

un’importante attività di lavorazione metallurgica sin dall’epoca eneolitica.

La mancanza dei minerali cupriferi negli altipiani di Luserna, Vezzena e Lavarone invece,

suggerisce che l’estrazione doveva obbligatoriamente avvenire in altri luoghi, presumibilmen-

te nel distretto metallifero dell’Alta Valsugana28 dove vi si trovano ricchi giacimenti di ra-

me29.

L’ubicazione dei forni sugli altipiani per contro, era dovuta al facile reperimento di grande

quantità di legname necessario alla realizzazione delle carbonaie per la produzione del com-

bustibile, elemento indispensabile per raggiungere le alte temperature dei processi di fusione.

21 Ass. Ass Taal, 2001, pag. 34. 22 Cfr. infra. 23 Priuli, 1983, pag. 17. 24 Non risulta che questa località sia mai stata indagata archeologicamente. 25 Bronzo recente-evoluto e finale, XII-X sec. a.c. e II^ Età del Ferro – romanizzazione. 26 Gruppo Ass Taal, 1993, pag. 129. 27 Archeidos, 2006, pag. 6. 28 Ibidem, pag. 5. 29 De Guio e Zammatteo, 2005, pag 111.

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La presenza dei pascoli inoltre, era fondamentale per il supporto all’attività metallurgica; solo

attraverso il bestiame30 infatti si poteva contare su un’alimentazione adeguata per i lavoratori

impegnati nel ciclo metallurgico, oltre a garantire il trasporto dei minerali31.

Si venne così a delineare nel tempo quella “Via del Rame”32 che vedeva nella piana del Vez-

zena e dintorni il fulcro della lavorazione dal grezzo al prodotto finito in forma di pani e, nelle

vie che ne dipartivano, il flusso degli scambi verso le regioni transalpine e i grandi centri della

pianura padano-veneta.

Erano scambi commerciali atti a procurare prodotti alimentari e oggetti di artigianato specia-

lizzato (in metallo, ambra, osso, pasta vitrea, ecc.) e per i quali il villaggio del Bostel a Rotzo

e monte Corgnon a Lusiana fungevano da intermediari, essendo ubicati in posizioni strategi-

che su testate collinari agli sbocchi vallivi33.

La via verso la pianura sembrerebbe quindi aver traversato l’Altopiano dei Sette Comuni in

due direttrici che presumono un passaggio “obbligato” in Valdassa almeno fino

all’intersezione con la Val Scaletta, pochi chilometri prima dell’attuale abitato di Camporove-

re, dove la valle principale si incassa rapidamente in profondità.

Quest’ultima ipotesi non è suffragata da molte fonti storiche o da inequivocabili testimonian-

ze archeologiche, ma osservando l’orografia dei rilievi che costeggiano il bacino dell’Assa,

risulta assai poco probabile che si potessero scegliere vie alternative, che obbligatoriamente

avrebbero comportato la necessità di un’ascesa a quote più alte e quindi a direttrici più sco-

mode ed impervie.

Un accenno a questo proposito è rintracciabile nell’opera postuma dell’Abate Agostino Dal

Pozzo, che a proposito delle vie che raggiungevano l’Altopiano nel ‘700 scrive: “Si può salire

su queste montagne, chiamate con ragion la barriera e l’antemurale del territorio Vicentino

per venti e più strade... ...le quali tutte sono più o meno malagevoli e scoscese. Parecchie so-

no praticabili per cavalli, altre per soli pedoni, ma niuna per i carri”.

Vengono poi descritte una per una e in merito a quelle che salgono dalla “Valle dell’Astego”:

“V’ha poi un sentiero appena praticabile ai pedoni pel torrente Valdasse...”34.

In un intervento sul volume “Storia dell’Altipiano Dei Sette Comuni – Territorio ed Istituzio-

ni” 35 inoltre, l’allora ispettrice della Soprintendenza Archeologica di Padova, Elodia Bianchin

30 Generalmente capre e pecore. 31 De Guio e Zammatteo, 2005, pag 112. 32 Sebesta, 1992. 33 De Guio e Zammatteo, 2005, pag 113. 34 Dal Pozzo, 2007, pagg. 157 – 159.

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Citton scriveva, riferendosi alla frequentazione umana dell’Altopiano durante le prime fasi

dell’Età del Bronzo: “Il raggiungimento dell’Altipiano agli inizi dell’età dei metalli potrebbe

essere stato motivato, oltre che da pratiche d’alpeggio e attività venatorie, dalle potenzialità

minerarie degli altipiani di Vezzena e Lavarone, nel finitimo territorio trentino, a cui gruppi

umani della fine del III e del II millennio a.c. avrebbero potuto accedere risalendo la Val

d’Assa.”

Anche Jacopo Bonetto, nell’interessante volume36 sulle vie di transumanza da Padova alla

montagna veneta scrive: “importanza minore37, ma non trascurabile, dovevano rivestire le

aree pedemontane e di versante tra la Valdastico e il Piave... ...dalle quali avevano origine

sin da età protostorica flussi di transumanza «verticale» che veniva in età romana ad interse-

carsi e integrarsi con gli spostamenti provenienti dalla bassa pianura. In tutto questo conte-

sto, un ruolo dominante doveva essere svolto dall’acrocoro dei Sette Comuni, dove le tre

grandi subregioni di Asiago, di Marcesina e di Vezzena rappresentavano scenari naturali di

enormi potenzialità per l’allevamento ovino e caprino e dove per tutto il Medioevo e l’età

moderna hanno trovato un ideale capolinea flussi massicci di migrazioni stagionali.”38

Relativamente al periodo che va dalla romanizzazione fino ad epoca altomedievale non vi so-

no descrizioni dettagliate della frequentazione stanziale umana in Altopiano, tantomeno per

quanto riguarda la valle; questo può essere uno dei motivi per i quali anche la questione cim-

bra, in particolare l’origine di questa lingua minoritaria, è stata ed è ancora motivo di dibattito

tra gli storici.

Luciano Bosio, in merito all’ipotesi di un itinerario romano lungo la Val d’Astico, sembra

confermare un accesso al territorio altopianese dallo sbocco vallivo dell’Assa nei pressi di

Pedescala: “Possiamo solo ritenere che questa via dovesse toccare il paese di Pedescala,

all’altezza del quale si apre sull’Altipiano dei Sette Comuni la Val d’Assa, e che una laborio-

sa mulattiera, partendo probabilmente dalla vicina frazione di Barcarola, risalisse questa

angusta valle per raggiungere la località di Bostel – Castelletto...” 39.

Nel 568 d.c., dopo un movimento migratorio durato secoli, si insediarono in Italia i Longo-

bardi, consolidando le proprie strutture economiche e sociali e fondando numerosi Ducati, che

godevano di una certa autonomia rispetto al governo centrale insediato a Pavia.

35 Bianchin Citton in AA.VV., 1994, pag 148. 36 Bonetto, Le vie armentarie tra Patavium e la montagna, Assessorato ai Beni Culturali Provincia di Padova e Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Padova – 1997. 37 rispetto all’asse che seguiva il Brenta. 38 Bonetto, 1997, pagg. 147 e 148. 39 Luciano Bosio in AA.VV., 1994, pag 202.

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Il saggio di Simeone Zordan, “La Valle dell’Astico – Corte Longobarda” racconta come un

documento del 1204 conferma che esistesse un “Ducato Vicentino”40.

Esso era diviso in due parti, la “Curtis de Valle” con centro a Caltrano e la Corte

dell’Altopiano, “con centro Rotzo ed il suo Castelletto”.

Vi è una lunga descrizione sui confini della Corte ed in particolare, per la zona altopianese:

“La destra... ...comprendeva tutte le montagne dell’Altopiano. Saliva sulle Vezzene e, lasciata

da parte Luserna scendeva per la Val Tora, nell’Astico.

Proseguiva quindi fino al greto del fiume e raggiunta Pedescala, saliva entro la Valdassa fino

al torrente Ghelpak. Da qui volgeva a mezzogiorno, saliva per i Cavrari e divideva Treschè

Conca ad ovest e Treschè Cesuna ad est.

Si dirigeva quindi verso il Giovetto e Magnaboschi (Selva Magna) e costeggiava le montagne

di Caltrano...”.

Una fondamentale testimonianza storica sull’importanza della Valdassa quale principale via

di collegamento, compare poi in documenti del 1487 in merito ai passaggi da difendere duran-

te la guerra tra Sigismondo - Duca d’Austria e Conte del Tirolo - e la Repubblica di Venezia.

Paolo Zammatteo lo riporta direttamente dal testo di D. Reich, “Notizie e documenti su Lava-

rone e dintorni, 1973”: “...Di tutte queste strade e sentieri, la più comoda da battere era

quella da Val d’Assa alle Vezzene, la quale appunto servì a vicendevoli invasioni ai bellige-

ranti...” 41.

La vicenda viene riportata anche nella Storia dell’Altopiano dei Sette Comuni: “…tra il primo

e l’8 giugno un buon numero, concentratisi a Caldonazzo, salirono sull’altopiano di Lavaro-

ne e di lì, attraversati senza contrasto i boschi delle Vezzene, scesero per la Val d’Assa nel

cuore dei 7 Comuni;”42

Qualche anno dopo fu la volta di Massimiliano I° d’Austria; in tempi di guerra cambrica, do-

po essersi fatto incoronare Imperatore dei Romani dal vescovo di Trento, Giorgio di Neideck,

per passare “ostilmente” attraverso la Repubblica Veneta in direzione di Roma, Massimiliano

decise di muovere da Caldonazzo verso le alture di Lavarone; di qui “si diresse a marce for-

zate verso la Val d’Assa”43.

40 Nicolussi Moz, 2001, pag. 22. 41 De Guio e Zammatteo, 2005, pag 24. 42 In AA.VV., Storia dell’Altipiano dei Sette Comuni – Territorio ed Istituzioni, pagg. 11 e 12, con fonte G. One-stinghel, La Guerra tra Sigismondo Conte Del Tirolo e la Repubblica di Venezia nel 1487 – in “Tridentum” – 1905. 43 Nicolussi Moz, 2001, pag. 108.

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Gli abitanti dei Sette Comuni, informati dell’imminente invasione “andarono incontro al ne-

mico armati di archibugio e balestra”; ma l’esercito austriaco “sbaragliò quella piccola resi-

stenza e aprì al grosso la via per Asiago. Dalla Val d’Assa affluirono verso il pianoro

d’Asiago 4000 fanti e 1500 cavalli con ogni sorta di strumenti bellici. Qui, preso possesso

d’Asiago, le milizie si attendarono.”

E ancora “i soldati percorrendo tutt’attorno la conca, saccheggiavano Roana, Rotzo, Gallio,

Foza e Canove.” 44

Poi la neve cadde abbondante e costrinse l’esercito a tornare verso Caldonazzo.

Un’altra attestazione di quanto fosse considerato strategicamente fondamentale il passo valli-

vo si evince dagli scritti dell’Abate Modesto Bonato, nella sua Storia dei Sette Comuni, nel

volume edito nel 1859, parimenti riferito al 1508: “…il luogo che si prese a fortificare con

maggiore diligenza ed importanza di lavori, si fu quello che i nostri chiamano tuttavia la Sca-

letta del Rastello45 nel letto della Valdassa… …e che potendosi la Valdassa praticare poi da

carri e cavalli, l’esercito di Cesare46, come altra volta, per di qua di preferenza, si sforzereb-

be di irrompere verso le praterie di Asiago, d’onde proseguirebbe a Bassano.”47

Scendendo oggi da Passo Vezzena in direzione dell’Altopiano attraverso la Strada Provinciale

n. 349, si scorge dopo pochi chilometri sulla sinistra l’Antica Osteria Al Termine; il nome non

è casuale, anzi, conferma quello che da epoca protostorica può essere considerata una terra di

confine; lo fu tra la cultura retica e quella paleoveneta48, lo fu certamente dal 917 d.c. grazie

alla donazione di Berengario I° che concedeva i possedimenti dell’Altopiano (“dall’Astico al

Brenta”) a Sibicone, Vescovo di Padova49; continuò ad esserlo per i cinque secoli50 di esi-

stenza della Spettabile Reggenza dei Sette Comuni.

Diventò poi frontiera, in seguito alle parentesi austriache e francesi di fine ‘700 e primi

dell’’800, tra l’Impero Austro Ungarico e il Regno d’Italia.

Dopo il 1918, la zona divenne linea di demarcazione amministrativa interna all’Italia e at-

tualmente delimita la Provincia di Vicenza dalla Provincia di Trento.

La Valdassa fu inoltre zona di interesse fondamentale nell’ambito delle operazioni belliche

relative alla Grande Guerra, diventando negli anni centrali del conflitto la prima linea che

contrapponeva gli eserciti austriaco e italiano.

44 Ibidem, pag. 109. 45 Corrispondente all’attuale Val Scaletta. 46 Massimiliano I° d’Austria. 47 Bonato in AA.VV., 1994, pag. 13. 48 Bressan e Padovan, 2011, pagg. 12 e 13. 49 Bonetto, 1997, pag 149. 50 Dal 1310 al 1807.

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Essa, in particolare, è ampiamente citata in questo senso nell’opera di Carlo Emilio Gadda,

Giornale di Guerra e Prigionia e nelle note autobiografiche di Lebel Bruschelli, trascritte da

Lucio Fabi per le edizioni Mursia. Sono ancora oggi facilmente rinvenibili numerosi reperti

bellici, ripari in grotta, resti di trincerazioni e numerosissime incisioni graffite, almeno nella

parte di competenza roanese, spesso sovrapposte a quelle più antiche.

L’elemento architettonico che più attira l’attenzione in tutta la Valdassa è tuttavia il “Ponte di

Roana”, con l’imponenza dei suoi quasi 90 metri d’altezza.

Ottenutane l’edificazione dopo molti anni di contrasti interni tra gli abitanti delle due sponde

della valle, venne inaugurato il 17 luglio 1906 tra festeggiamenti sicuramente inconsueti tra

gente di montagna dei primi del ‘90051.

Per fermare l’avanzata austriaca della Strafexpedition durante la Grande Guerra, il ponte fu

fatto saltare nel pomeriggio del 22 maggio 191652 ma pochi anni dopo venne ricostruito e il

24 settembre 1924 fu inaugurato l’attuale, dall’allora Presidente del Consiglio B. Mussolini53.

Il manufatto è certamente un opera architettonicamente pregevole che oggi rappresenta anche

un valore storico e testimoniale, oltre ad essere ormai divenuto un elemento caratterizzante

dello skyline della valle.

51 Lobbia e Bonato, 1998, pag. 44. 52 Ibidem, pag. 55. 53 Ibidem, pag. 60.

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3. Biodiversità, elementi peculiari e curiosità del contesto vallivo

L’aspetto vegetazionale individuato da un primo progetto54 di rivalutazione dell’area è senza

dubbio un’altra peculiarità del “sistema Valdassa”.

Caratterizzata da vegetazione di transizione, dal querceto misto al faggeto, la gola presenta

condizioni microclimatiche, oltre a cospicui interventi antropici che hanno favorito la presen-

za soprattutto di Picea Excelsa (abete rosso).

Presenza di felci, noccioli, salici, farfaracci, varie specie igrofile oltre a piante rare come la

Primula Auricolae e la Cortusa Matthioli o ancora di altre con caratteristiche di altitudine più

elevata, come il Pinus Mugo, il Rhododendrum Ferrugineum e il Rhododendrum Hirsutum,

inducono a segnalare anche questo importante aspetto nella descrizione dell’area55.

Il Carpino nero e l’Orniello invece, sono due inusitate tipologie di latifoglie presenti nel tratto

roanese inferiore della valle56.

Il patrimonio silvo-pastorale del Comune di Roana, con i suoi 7839 ettari, è il più esteso della

provincia di Vicenza e il secondo del Veneto, rappresentando il 70% dell’intero territorio co-

munale57.

Il “Piano di Riassetto Forestale” (2000-2009) ne ha rideterminato la suddivisione portando

da sei a quattro le unità gestionali e individuando nella Valdassa un comprensorio a sé stante,

composto di 85 particelle forestali per un totale di 2041,90 ettari, di cui l’89,1% a superficie

boscata, il 3,4% ad arbusteto, il 2,1% a prateria e il 5,4 a “superficie improduttiva”, ovvero i

sentieri, le strade silvopastorali, i rilievi rocciosi, eventuali fabbricazioni isolate58.

A poche centinaia di metri dalla scarpata valliva, tra le località Toccoli e Rendela, sono da

segnalare invece i sedimenti di depositi vegetazionali databili 2,5/2,0 milioni di anni fa; la

scoperta, avvenuta in seguito a bonifiche della zona acquitrinosa ha indotto esperti della mate-

ria a svolgere degli studi scientifici, già negli anni ‘60, al fine di stabilire le specie vegetazio-

nali del Terziario nel momento di transizione al Quaternario.

54 Primo progetto di rivalutazione della Valdassa, a cura della Comunità Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, Comune di Roana e Associazione Ass Taal, 1987. 55 Tratto dalla relazione a cura di Associazione Ass Taal, allegata al progetto esecutivo ammesso ai benefici della L.R. 25/87 della Regione Veneto. 56 Rodeghiero, 2002, pag. 29. 57 Ibidem, pag. 19. 58 Ibidem, pag. 21.

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Sono state individuate molte specie arboree, alcune delle quali non più presenti in Europa: la

Tsuga59, la Pterocarya, abbondanza di Fagus, Pinus e Picea, granuli di Taxus, resti di Quer-

cus, di Castanea sativa e altri.

Lo studio del “Deposito di Contrada Toccoli”, assieme al “Deposito del Fortino”, che appar-

teneva allo stesso contesto – ma che è stato separato in seguito all’incisione della Valdassa –,

rappresentano gli unici due esempi in Altopiano tramite i quali sia possibile ricostruire la ra-

dicale trasformazione vegetazionale quaternaria, in quanto le espansioni glaciali altrove can-

cellarono gran parte delle tracce lasciate precedentemente, conservando limitatissimi lembi

dei quali quelli di Contrada Toccoli e del Fortino sono due rari esempi60.

Anche la fauna trova nella valle un riparo sicuro e protetto dalle attività umane; il “Piano

Faunistico Provinciale” ha individuato nel Comune di Roana, nonostante tutto il territorio si

presti alla proliferazione di animali selvatici, solamente due oasi di rifugio: le località Lintiche

e Tannabek a Cesuna e la Valdassa, dal Clochabek alla Val Martello 61.

Si annoverano, solo a titolo esemplificativo tra le varie specie presenti nell’ambito, il capriolo,

il cervo, il camoscio presente sui sovrastanti monti Meatta e Verena, la volpe, la faina e la

donnola, il tasso, il ghiro, lo scoiattolo, avifauna comune, i tetraonidi, i rapaci, anfibi e vipere

ma anche lepidotteri e imenotteri, sino alla Formica Rufa, instancabile “progettista” dei carat-

teristici formicai che possono raggiungere in casi eccezionali i due metri d’altezza.

Altre particolarità naturalistiche e idrogeologiche possono essere rintracciate nella zona delle

sorgenti “Rust” e nell’area attigua alle cavità carsiche nei dintorni della Val Martello, presso

il paese di Mezzaselva; in particolare, la grotta delle “Selighen Baibelen”, come il già citato

Tanzerloch, alimenta da secoli le leggende popolari tramandate fino ai giorni nostri62.

Un ulteriore elemento di antropizzazione che sarebbe certamente degno di indagine è il siste-

ma della vallecola del “Grabo” , con il suo mulino (foto) e le relazioni con l’abitato di Roana

e la valle.

Testimonianze locali ricordano ancora l’attività mugnaia almeno fino agli anni ‘50, epoca in

cui si cominciarono ad abbandonare le tradizionali attività contadine per abbracciare

un’economia legata all’edificazione e al turismo di massa.

59 Oggigiorno presente solo in America del Nord e Giappone. 60 Ibidem, pagg. 8-11. 61 Ibidem, pag. 56. 62 Frescura, estratto 1895, pag. 490.

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Del mulino, del quale si dice esista ancora la macina in pietra sepolta sotto gli abbondanti de-

triti oggi visibili, rimane solamente un rudere, con parte dell’alzato in pareti di sasso che evi-

denzia però ancora il foro che ospitava l’asse orizzontale per la ruota idraulica.

Nel 2002, grazie al programma comunitario Leader II, azioni n. 5 e 12, venne invece inaugu-

rato l’Ecomuseo del Ghertele, per recuperare la dismessa malga di proprietà del Comune di

Roana.

I progettisti intesero rivalutare una zona, quella del Ghertele, che già presentava importanti

elementi legati prevalentemente ad un’economia silvo-pastorale, di malga e ad altre attività ad

essa connesse, come le “calcare” e le “carbonare”.

La località Ghertele, che in lingua cimbra significa “piccolo giardino”, occupa trasversalmen-

te il letto della Valdassa ed oltre, a circa metà strada tra il Vezzena e Camporovere.

Il sistema dell’ecomuseo comprende l’ex stalla della malga riattata a centro didattico e poli-

funzionale e il sentiero letterario63 che, partendo dalla stalla, si snoda per circa tre chilometri

attraverso l’abetaia e i pascoli, fino ad arrivare a Malga Pusterle, tutt’oggi aperta e funzionan-

te.

Lungo la passeggiata si incontrano tre aree didattiche, a differenti tematiche, che raccontano

l’immaginario popolare legato alla leggenda della “Ghertelina” e ad altri miti, i vecchi me-

stieri del bosco e le antiche attività delle malghe, che da secoli fanno parte della proprietà col-

lettiva degli abitanti dei Sette Comuni.

Purtroppo bisogna constatare che la gestione del centro non ha dato i risultati attesi – per varie

motivazioni che saranno trattate in parte all’ultimo capitolo – e dal 2011 la struttura è chiusa.

Da ultimo si vuol riportare la segnalazione di due miniere di materiali preziosi in Valdassa,

che viene fornita dall’Abate Dal Pozzo nelle sue memorie storiche, testo fondamentale per

chiunque voglia avvicinarsi alla storia dell’Altopiano dei Sette Comuni: “Si hanno indizj di

miniera anche in due luoghi della Valdassa, cioè al principio di essa valle, in una fessura a

sinistra del torrente, la vena della quale pare che attraversi il letto del medesimo, nel minera-

le della quale trovasi qualche piccolissima gemma di un color rosso chiaro simile al rubino,

che potrebbe forse allettare allo scavamento... ...Più addentro nella Valdassa appiè d’una

roccia, dove giù piomba l’acqua della vallicella, ch’è a levante della Chiesa di Rotzo, è stato

63 È un sentiero a “mobilità dolce” che lungo l’itinerario propone delle tabelle con passi degli scritti di Mario Rigoni Stern, che trattano di argomenti inerenti al contesto come il bosco, gli animali selvatici, le stalle e il lavo-ro di malga.

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cominciato uno scavo, ed inoltrato alquante pertiche colla speranza, come dice la tradizione,

di trovar dell’oro ovvero dell’argento”64.

64 Dal Pozzo, 2007, pag. 219.

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4. La parete graffita del Tunkelbalt: una questione ancora aperta

La testimonianza più numerosa con più di 10.000 incisioni catalogate, più varia e più discussa

della vallata è certamente la parete del Tunkelbalt, un roccione calcareo in rosso ammonitico

di 50X15 metri65, affiorante dal fondo valle in un tratto particolamente stretto della stessa, a

poche centinaia di metri dall’antica strada comunale.

Il sito è stato individuato solo alla fine degli anni ‘70; sul volume Storia dell’Altipiano dei

Sette Comuni – Territorio ed istituzioni66 Piero Leonardi racconta che la scoperta, presso loca-

lità “Bistar – Lear” , poi rinominata “Tunkelbald” è da attribuire al prof. Mario Basso di A-

siago e che la prima comunicazione ufficiale alla Soprintendenza competente si debba al sig.

Giuseppe Rigoni Stern.

Cita anche un successivo sopralluogo con l’ispettrice di zona della Soprintendenza.

La comunicazione ufficiosa della scoperta venne divulgata invece tramite mezzi di stampa,

già dal 1979 dal Gruppo Archeologico Vicentino67. La relazione del 17 giugno 1980

dell’ispettore di zona Marisa Rigoni attribuisce a Giuseppe Rigoni Stern la scoperta del sito;

si segnalano inoltre le preoccupazioni per i primi atti vandalici.

Del 1982 è invece la primissima pubblicazione scientifica, a cura di P. Leonardi – G. Rigoni –

A. Allegranzi.

La parete del Tunkelbalt, essendo l’area a maggior concentrazione graffita, fu interessata qua-

si immediatamente da campagne di rilevamento delle incisioni, precedute da una “pulizia in-

tegrale delle rocce ed in particolare dei settori incisi” 68, con la direzione del dott. Ausilio

Priuli69 che comunicò l’avvio della procedura con lettera alla Soprintendenza di Padova, ov-

vero che si sarebbe proceduto a “rilevamento, pulizia, catalogazione e studio delle incisio-

ni” 70.

L’intera operazione condotta sotto la direzione del dott. Priuli e con l’entusiastica collabora-

zione di appassionati locali tra cui il gruppo culturale Ass Taal di Canove di Roana, durò dal

settembre 1981 al settembre 198371.

65 Dalle ultime misurazioni contenute nel progetto di restauro conservativo del 2010. 66 Pagg. 216 e 217. 67 Protocollo n. 101 del 7/1/1980, lettera di Giuseppe Rigoni Stern alla Soprintendenza Archeologica di Padova. 68 Priuli, 1983, pag. 21. 69 Archeologo, direttore del Museo d’Arte e Vita preistorica di Capo di Ponte – Valle Camonica – Brescia. 70 Nota protocollo n. 9280 del 04/12/1981 della Soprintendenza Archeologica di Padova. 71 Priuli, 1983, pag. 56.

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Si procedette poi ad una classificazione dei glifi su basi tipologiche e comparative con altri

siti72 alpini di arte rupestre attribuendone una datazione spalmata tra il Neolitico e l’età mo-

derna, lungo un arco di tempo di circa seimila anni73.

L’entusiasmo di questa e delle altre scoperte nella Valdassa e nella Valle del Bisele, le prime

pubblicazioni scientifiche, le mostre fotografiche aperte al pubblico e il crescente interesse

della comunità scientifica indussero gli Enti territoriali come il Comune di Roana e la Comu-

nità Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni ad attivarsi per la tutela e la valorizzazio-

ne, anche a fini turistici, della parete e di tutto il contesto; inoltre, le sempre più frequenti se-

gnalazioni di atti vandalici sulle rocce incise dovuti alla notorietà delle recenti rivelazioni ac-

cellerarono i procedimenti amministrativi.

I progetti si susseguirono denotando un continuum di attività negli anni dal 1987 al 1994, data

in cui venne realizzata la recinzione del sito.

I primi anni ‘90 videro la realizzazione di parte degli intendimenti progettuali, specificati nel-

la relazione a corredo di una comunicazione del Comune di Roana all’Amministrazione Pro-

vinciale di Vicenza74.

Altri interventi, sulle pertinenze, con la creazione di un’aula didattica all’aperto e tabellonisti-

ca si riscontrano negli anni successivi, grazie ad un piano di rivalutazione ambientale di parte

dell’area valliva, con fondi del Programma Comunitario 5B.

Purtroppo le ottime intenzioni progettuali proposte nel corso degli anni rimasero in gran parte

sulla carta, nonostante l’ininterrotta attività di valorizzazione turistica che svolse - in partico-

lare sul Tunkelbalt - il Gruppo Ass Taal prima e la società Archeidos s.r.l. poi, incaricata dal

Comune di Roana con l’autorizzazione della Soprintendenza Archeologica.

Dalla metà degli anni ‘90 non risultano altri interventi sulla parete se non un intervento di im-

brigliamento del terreno sovrastante il roccione, svolto in economia dal Comune di Roana do-

po un più ambizioso progetto, inviato in Soprintendenza75 dall’Ufficio Tecnico Comunale e

che avrebbe dovuto riguardare l’applicazione di una tettoia a riparo delle incisioni per impedi-

re il deflusso di acque di percolazione ed eventuali cadute di pezzi di roccia, ma che non fu

mai eseguito.

Lo stesso fu inviato a seguito di una prima segnalazione76 dell’architetto Carmelo Conti che

nel 1998 notava la caduta di piccoli frammenti di roccia e da un’altra nota77 del sig. Calogero

72 Valle Camonica, Valtellina, Monte Bego, altri. 73 Priuli, 1983, Proposta preliminare di definizione cronologica della Val d’Assa, tavola a pag. 51. 74 Protocollo n. 5888 del 09/06/1993 del Comune di Roana. 75 Protocollo n. 4304 del 01/06/2001 della Soprintendenza Archeologica di Padova. 76 Protocollo n. 4073 del 06/03/1998 della Soprintendenza Archeologica di Padova.

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Grado, al tempo accompagnatore ai graffiti per il gruppo Ass Taal, che lamentava la poca si-

curezza del sito.

Dopo un breve periodo di chiusura dell’area, a seguito dei lavori di imbrigliamento e di una

convenzione78 tra il Comune e la Soprintendenza per l’accesso alla zona archeologica, le gui-

de ripresero.

Le visite, organizzate due volte alla settimana o su richiesta, per sette mesi all’anno, sono ga-

rantite anche oggi, nonostante sia evidente che il sito necessiti di forme di protezione e di

conservazione più adeguate.

Dal 2009 si riscontravano i primi problemi di accelerazione anomala del decadimento struttu-

rale della parete rocciosa, che avrebbero portato il Comune di Roana a segnalare alla Soprin-

tendenza una sospetta emergenza archeologica, confermata nel dicembre del 2010 con la pre-

sentazione del progetto di restauro conservativo commissionato dal Comune di Roana con la

direzione scientifica della stessa Soprintendenza79.

77 Ibidem, n. 5012 del 27/03/2001. 78 Siglata tra il Segretario Comunale di Roana e il Soprintendente il 15/07/2003. 79 Cfr. infra.

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5. La problematica datazione delle incisioni rupestri

Pur subendo i già citati problemi di attribuzione cronologica, si può certamente dire che i

graffiti della Val d’Assa rappresentano una ricchezza testimoniale di prim’ordine, offrendo un

ventaglio di ipotesi che ancora oggi non mancano di provocare discussioni anche tra gli esper-

ti più accreditati.

Essi raffigurano figure geometriche varie, figurazioni vegetali, animalistiche, antropomorfe,

sessuali, figure di abitazioni, incisioni cuneiformi, simboli solari, figurazioni ed incisioni line-

ari non figurative, ideogrammi e segni alfabetici o numerici, stelle a cinque punte.

Nel 1996 fu organizzato dall’associazione Ass Taal, in collaborazione con i Comuni di Roana

e Gallio, un convegno internazionale con la partecipazione pluridisciplinare di eminenti ar-

cheologi, storici, geografi, geologi, rappresentanti della Soprintendenza per i Beni Archeolo-

gici e delle Università di Padova e Milano e di altri esperti per tentare di attribuire una data-

zione condivisa.

Confronti tipologici, contestuali e, per la prima volta, considerazioni di carattere geologico,

furono vagliati e discussi ma il convegno stesso portò alla luce l’evidente difficoltà di asse-

gnazione di date certe e inequivocabili.

E’ interessante osservare dalla fase dibattimentale pubblicata che i pareri, a tratti fortemente

contrastanti, riflettono la specializzazione riferita agli assertori di una o dell’altra ipotesi; ad

esempio, per citare gli estremi temporali delle varie teorie, gli archeologi protostorici tendono

ad una attribuzione, per le incisioni più antiche, ad un’età del Bronzo recente o Età del Ferro,

un medievalista è più propenso per una datazione medievale o addirittura basso medievale,

anche per i graffiti ritenuti più antichi80. Sembra invece definitivamente abbandonata l’idea a

riferimenti neolitici.

Un aspetto innovativo del simposio citato fu certamente la testimonianza di Franz Mandl81,

esperto dell’arte rupestre delle Alpi Austriache, il quale pose a confronto due significative a-

ree dell’altopiano del Dachstein Orientale che presentavano significative somiglianze con i

nostri graffiti, sia tipologicamente sia, per la prima volta da quando si discuteva sull’arte ru-

pestre dell’Altopiano, con la formazione rocciosa su cui le incisioni insistono.

80 AA.VV., Le Incisioni Rupestri della Val D’assa: ipotesi a confronto, si veda il dibattito da pag. 241 a pag. 253. 81 Con relazione presentata da Doris Bonaccorsi Hild.

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La roccia infatti, anche qui è composta di calcare solubile in acqua con una “crosta di disgre-

gazione” facilmente incidibile; “il processo di disgregazione delle incisioni rupestri è quindi

per lo più lo stesso”82.

In Austria e in Baviera, sin dal 1980, furono avviati lavori di ricerca che non si basavano più

solamente considerando il criterio tipologico, ma sviluppavano una ricerca comparata che te-

nesse conto anche della disgregazione delle tacche di incisione rupestri.

Ovviamente anche questa teoria, per quanto valida, non può risolvere completamente il pro-

blema della datazione (che gli studiosi austriaci attribuirebbero per lo più ad un’attività inci-

soria di epoca moderna), essendo necessario valutare oscillazioni dovute a fattori esogeni qua-

li gli agenti atmosferici e la variazione del livello del fondo valle.

È inoltre importante indicare che nessuno studio geologico di sedimentazione ed erosione

dell’alveo del torrente è stato mai condotto83, nonostante sia evidente da testimonianze locali

che la forra, anche in tempi recenti (1957 e 1966), fu interessata da abbondanti alluvioni che

possono anche aver modificato le pareti rocciose e conseguentemente gli spessori della crosta

di disgregazione, oltre alle patine e agli ossidi.

Rimangono inoltre fondamentali per una completa analisi plurisettoriale, gli approfondimenti

su studi degli attraversamenti e degli insediamenti locali, come già indicato precedentemente.

Da ultimo mi sembra necessario ricordare che, a prescindere da qualsiasi attribuzione crono-

logica delle incisioni, esse rappresentano pur sempre un’importantissima attestazione cultura-

le, storica ed archeologica che deve essere protetta e conservata; se sul piano dell’interesse

una datazione posteriore delle incisioni non fa alcuna differenza, la formulazione di una scala

cronologica più certa potrebbe addirittura arricchire ed allargare la proposta culturale, di inte-

resse e di studio per il Tunkelbalt ed il contesto vallivo.

82 Mandl in AA.VV., 2000, pag. 181. 83 Priuli in AA.VV., 2000, pag. 246.

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CAPITOLO II

PROFILI GIURIDICI DEL PATRIMONIO CULTURALE

DELLA VALDASSA

1. L’interesse culturale del Tunkelbalt dalla sua scoperta ad oggi

Per comprendere il senso delle iniziative finora attuate o proposte per la tutela e la valorizza-

zione del patrimonio culturale della Val d’Assa occorre innanzitutto qualificare giuridicamen-

te il sito del Tunkelbalt a partire dalla sua scoperta “ufficiale”, che risale alla fine degli anni

’70 del secolo scorso.

Con nota del 2 novembre 1979 (prot. n. 7270), il Prof. Piero Leonardi dell’Istituto di Geologia

di Ferrara scrisse alla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova, segnalando per la

prima volta le incisioni rupestri e attribuendone la scoperta a Giuseppe Rigoni Stern e Mario

Basso.

All’epoca vigeva la L. 1 giugno 1939, n. 1089 (“Tutela delle cose d’interesse artistico e sto-

rico” ), la quale sottoponeva a speciale protezione “le cose, immobili e mobili, che presentano

interesse artistico, storico, archeologico o etnografico” , comprese quelle “che interessano la

paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà” (art. 1). Secondo quanto previsto dall’art. 4

di tale legge, sarebbe stato compito dei rappresentanti degli enti locali interessati presentare

“l’elenco descrittivo delle cose indicate nell’art. 1” di loro spettanza e denunciare “le cose

non comprese nella prima elencazione e quelle che in seguito vengano ad aggiungersi per

qualsiasi titolo al patrimonio dell’ente”, fermo restando che esse sarebbero state sottoposte

alla normativa di tutela “anche se non (…) comprese negli elenchi e nelle dichiarazioni di cui

al presente articolo”.

Tuttavia, né dagli archivi della Soprintendenza, competente per la tutela, né da quelli del Co-

mune di Roana, proprietario dell’area, risulta alcuna corrispondenza relativa alla descrizione

e/o alla dichiarazione di interesse culturale del sito nel periodo immediatamente successivo

alla sua scoperta.

La prima comunicazione ufficiale di cui vi è traccia intervenne molto tempo dopo e – per così

dire – “al contrario”, in quanto fu la Soprintendenza, il 22 agosto 1985, a notificare al Comu-

ne di Roana “l’importante interesse delle incisioni rupestri della Val d’Assa ai sensi dell’art.

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4 della L. 1.6.1939, n. 1089”84. In realtà, la stessa Soprintendenza aveva già invitato da qual-

che anno il Comune a collaborare alla protezione dell’area in cui erano stati individuati i graf-

fiti rupestri, senza però dichiararne espressamente l’interesse culturale: ad una prima comuni-

cazione del 198085 seguì un periodo di studi, conferenze e sopralluoghi86 che terminò con una

riunione, tenutasi ad Asiago il 17 settembre 1982, presso la sede della Comunità Montana

“Spettabile Reggenza dei Sette Comuni”, alla presenza di rappresentanti della Soprintenden-

za, del Comune di Roana e della stessa Comunità Montana, e una relazione conclusiva della

Soprintendenza a firma della Dott.ssa Marisa Rigoni87.

Sebbene la questione fosse già stata portata da tempo all’attenzione di tutte le istituzioni inte-

ressate, certo è che la notifica del 1985 costituisce una presa d’atto formale dell’interesse cul-

turale del sito in base alla disciplina allora vigente. Non sembrano esservi dubbi, quindi, sul

fatto che a partire da questa data il Tunkelbalt sia stato sottoposto a tutti gli effetti alla norma-

tiva di tutela delle cose di interesse artistico e storico.

Ciò nonostante, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto ritenne di notificare al

Sindaco di Roana, con prot. n. 13975 del 3 ottobre 2011, l’avvio d’ufficio di un procedimento

di verifica dell’interesse culturale del sito, ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D. Lgs. 22 gen-

naio 2004, n. 42, e succ. modd. (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”).

A prima vista la cosa potrebbe apparire sorprendente. Perché avviare infatti un procedimento

di verifica quando la stessa Soprintendenza, nel 1985, aveva già notificato al Comune

“l’importante interesse delle incisioni rupestri della Val d’Assa ai sensi dell’art. 4 della L.

1.6.1939, n. 1089”? Una targa in legno a lato della recinzione del Tunkelbalt – posata nel

1997 su progetto del Comune avallato dalla Soprintendenza, con inciso “Val d’Assa località

Tunkelbald (bosco scuro) m. 826 slm - area archeologica vincolata ex legge 1089 del 1 giu-

gno 1939”– è lì a ricordarlo. Inoltre, come si vedrà meglio in seguito, nel 1989 il Ministero

dei Beni Culturali aveva autorizzato un progetto di restauro e conservazione della parete graf-

fita dal costo considerevole, assumendone direttamente la spesa: il che dimostra come il suo

interesse culturale fosse all’epoca del tutto evidente. Anche la Carta Archeologica del Vene-

to88, del resto, riconosce il sito come vincolato dalla L. n. 1089/1939, quale luogo di “interes-

se artistico, storico, archeologico o etnografico”, precisando che le incisioni sono sottoposte

“a tutte le disposizioni” di tutela archeologica in essa contenute. Va infine ricordato che sul

84 Prot. n. 6054 del 22.08.1985 della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova. 85 Prot. n. 6024 del 08.09.1980 della Soprintendenza. 86 V. infra, cap. III. 87 Prot. n. 5646 del 21.09.1982 della Soprintendenza Archeologica di Padova. 88 Le Zone Archeologiche del Veneto - Elenco e delimitazioni ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n. 1089 e 8 agosto 1985, n. 431, pag. 177.

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sito del Tunkelbalt insisteva anche un vincolo paesaggistico-ambientale ai sensi della L. 8 a-

gosto 1985, n. 431 (c.d. “legge Galasso”), il medesimo imposto ai siti della “Cava degli Orsi”

e della “Grotta Obar de Leute”, per i quali però, secondo la stessa Carta, non sussistono né

vincolo archeologico né norme specifiche di tutela archeologica.

Perché quindi, una nuova verifica dell’interesse culturale quando tutte le premesse lo davano

come già acclarato e confermato?

La risposta sembra essere che dopo l’entrata in vigore del Codice la Soprintendenza abbia in-

teso fugare ogni eventuale perplessità circa l’interesse culturale del bene servendosi degli

strumenti messi a disposizione dalla nuova normativa. La disciplina codicistica della verifica

contiene in effetti rilevanti novità rispetto al passato. Il regime previsto dall’art. 4 della L. n.

1089/39 – integralmente ripreso dall’art. 5 del D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (“Testo unico

delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”)89 – era incentrato sulla

redazione di “elenchi descrittivi” dei beni culturali pubblici da parte degli enti proprietari e

sulla loro comunicazione alla Soprintendenza, la quale poteva a sua volta pronunciarsi con

una lettera “declaratoria” : né l’una (la comunicazione) né l’altra (la declaratoria) avevano

tuttavia un valore costitutivo del carattere storico o artistico dei beni trattandosi di meri atti

dichiarativi, frutto di una collaborazione tra enti e Ministero per catalogare le cose già assog-

gettate a tutela dalla legge90. Naturalmente, un tale sistema dava luogo a non poche incertezze

circa l’effettiva natura giuridica dei beni pubblici, portando ad una sorta di “presunzione ge-

nerale di culturalità”91. L’art. 12 del Codice costruisce invece un percorso molto più lineare e

in grado di condurre ad esiti sicuri. Esso stabilisce infatti che “i competenti organi del Mini-

stero, d’ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai

relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico

o etnoantropologico” nelle cose appartenenti agli enti pubblici, compresi quelli territoriali,

“sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assi-

curare uniformità di valutazione” (comma 2). L’accertamento dell’interesse, “effettuato in

conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi

89 A causa dei limiti imposti dalla legge di delega, il Testo Unico n. 490/1999 non poté consentire una radicale riforma del sistema, ma rivelò pur sempre capacità fortemente innovative, dovendo “riunire e coordinare tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di beni culturali e ambientali”. Cfr. Tamiozzo, 2004, pag. 16. 90 Le dichiarazioni da parte degli enti territoriali sortivano anche un altro effetto, consistente nell’’assoggettamento dei beni compresi negli elenchi al regime proprio dei beni demaniali, così come previsto dagli artt. 822 e 824 del Codice Civile. 91 Barbati, Cammelli e Sciullo, 2006, pagg. 12-13, secondo cui l’unica incertezza della disciplina “riguarda il fatto se, oltre all’appartenenza del bene ad un soggetto pubblico (…) si richieda anche un fumus (o parvenza) di culturalità. Nel silenzio della norma la risposta affermativa pare la più equilibrata e più aderente alla ratio del meccanismo di accertamento previsto”.

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dell’articolo 13” , con la conseguenza che “i beni restano definitivamente sottoposti alle di-

sposizioni” del Codice (comma 7).

Se a ciò si aggiunge che tra i vari strumenti di governo del territorio che si occupano del sito –

di cui si parlerà più ampiamente nei paragrafi successivi – ci sono alcune incongruenze circa

la sua qualificazione e che non tutte le classificazioni testuali e grafiche coincidono92, si può

ritenere che l’intenzione della Soprintendenza sia stata quella di fare finalmente chiarezza,

arrivando ad una dichiarazione dagli effetti pienamente costitutivi93 che riconosca una volta

per tutte l’interesse culturale del Tunkelbalt.

Ma c’è di più. Nella nota inviata dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici

del Veneto alla Soprintendenza di Padova – in cui si chiede di procedere ad una verifica

dell’interesse culturale del bene ai sensi dell’art. 12 del Codice, segnalandone l’urgenza e in-

vitando il Comune ad “ogni possibile collaborazione” per i provvedimenti del caso94 – si fa

riferimento all’art. 10, comma 3, lettera e), relativo alle “collezioni o serie di oggetti, a chiun-

que appartenenti, che non siano ricompense fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradi-

zione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica,

archeologica, numismatica o etnoantropologica rivestano come complesso un eccezionale

interesse”. Non un “semplice” interesse, quindi, ma un interesse qualificato, addirittura “ec-

cezionale”.

92 Ad es., sulla tavola n. 9 del PTRC, adottato con deliberazione di Giunta Regionale n. 372 del 17 febbraio 2009, il Tunkelbalt non è nemmeno segnalato, mentre i siti del Ghelpak e il Bostel sono qualificati come “zona archeologica”. 93 Secondo un orientamento condiviso da gran parte della dottrina e della giurisprudenza: v., ad es., Cons. St., Sez. VI, n. 678/2000 e n. 1479/1998, secondo cui il vincolo storico-artistico su un bene demaniale non scaturisce direttamente dalla legge, ma richiede la “preventiva adozione di un atto formale avente valore costitutivo”; nello stesso senso Tamiozzo, 2004, pagg. 45-46, in cui si osserva che la qualificazione di bene “riconosciuto” richia-ma la necessità di un atto formale. 94 Prot. n. 18805 del 03.11.2010 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto.

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2. La Val d’Assa tra paesaggio e urbanistica

Alla luce di quanto si è visto fin qui, si deve ritenere che nonostante il procedimento di verifi-

ca recentemente avviato dalla Soprintendenza il Tunkelbalt fosse già soggetto alla normativa

di tutela delle cose di interesse artistico e storico almeno a partire dalla metà degli anni ’80.

Lo stesso non può dirsi per la restante area della Val d’Assa, la quale non è stata considerata

un luogo di interesse storico, archeologico, etnografico e/o ambientale meritevole di protezio-

ne ai sensi della L. n. 1089/1939 o della L. 29 giugno 1939, n. 1497 (“Protezione delle bellez-

ze naturali”). Forse è anche per questo che le varie iniziative per la tutela, valorizzazione e

promozione del sito succedutesi negli anni, con l’unica eccezione del progetto del 1987 (su

cui ci si soffermerà più avanti) 95, non si sono mai collegate ad una proposta unitaria e organi-

ca di valorizzazione dell’intera zona

Il progressivo ampliamento delle nozioni di “paesaggio” e “beni paesaggistici” registratosi

negli ultimi decenni – e che ha trovato piena consacrazione con il Testo Unico del 1999 e il

Codice del 200496 – ha tuttavia consentito di applicare anche alla Val d’Assa una serie di

norme e strumenti a salvaguardia delle sue caratteristiche culturali e ambientali.

La L. 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. “legge Galasso”), che convertì con modificazioni il D.L. 27

giugno 1985, n. 312, recante “disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare inte-

resse ambientale”, fu la prima legge italiana che in modo radicalmente innovativo tutelava i

beni paesaggistici e ambientali a prescindere dal riconoscimento del loro “notevole interesse

pubblico” ai sensi della L. n. 1497/193997. Quest’ultima richiedeva la presenza di “cospicui

caratteri di bellezza” – termine intrinsecamente soggettivo – naturale o estetica nelle cose da

tutelare (art. 1), imponendo la formazione di due distinti elenchi – uno delle c.d. “bellezze in-

dividue” e uno delle c.d. “bellezze d’insieme” – da parte di una Commissione provinciale ap-

positamente costituita (art. 2). La nuova normativa estendeva a varie aree, individuate in base

alle loro caratteristiche morfologiche e/o culturali – tra cui “i parchi e le riserve nazionali o

regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi”, “i territori coperti da foreste e

da boschi” e le “zone di interesse archeologico” (art. 1) –, il vincolo paesaggistico-

ambientale previsto dall’art. 1 della L. n. 1497/1939, non considerandolo come un divieto as-

soluto di edificabilità o di modifica del territorio, ma come un complesso di obblighi derivanti

da un più severo regime di autorizzazioni: accanto alla concessione urbanistico-edilizia del

95 Cfr. infra par. 2., cap. III. 96 V., per tutti, Amorosino, 2010. 97 Tamiozzo, 2004, pag. 168.

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Comune era richiesto infatti anche un nulla osta regionale. Essa demandava inoltre alle Re-

gioni il compito di sottoporre a “specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale il

relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali

con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali” (art. 1-bis), con un potere

sostitutivo del Ministero in caso di inerzia o ritardo. La principale novità della legge Galasso

era che i beni e le aree paesaggistico-ambientali venivano sottoposti a tutela per il solo fatto di

essere stati inseriti in tali piani, senza la necessità di ulteriori provvedimenti amministrativi

che accertassero la presenza dell’interesse del singolo bene o della singola area.

Alcuni passi in questa direzione erano già stati compiuti in Veneto con la L.R. 27 giugno

1985, n. 61 (“Norme per l’assetto e l’uso del territorio”, promulgata lo stesso giorno del de-

creto-legge), che, nel disciplinare la gestione e la trasformazione del territorio regionale – se-

condo la previsione dell’art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 – mirava ad assicurarne

un’“approfondita e sistematica conoscenza (…) in tutti gli aspetti fisici, storici e socio-

economici” e a salvaguardarne e valorizzarne le componenti ambientali e culturali mediante

un articolato sistema di pianificazione urbanistico-edilizia. Sulla base di tale normativa la Re-

gione, prima, e gli enti locali (Province e Comuni), poi, adottarono i relativi piani territoriali,

nei quali venne ovviamente compresa anche la zona della Val d’Assa.

Il sistema creato dalla L. n. 431/1985 è stato successivamente trasfuso nel Testo unico dei be-

ni culturali e ambientali98 e recepito, con alcuni aggiustamenti, dal Codice dei beni culturali e

del paesaggio, come modificato dai D. Lgs. n. 62 e n. 63/2008. Dopo avere affermato che “il

patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici” (art. 2), confer-

mando lo stretto legame tra le due nozioni risultante dall’art. 9, comma 2, Cost., il Codice

definisce il “paesaggio” come “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva

dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” (art. 131, comma 1), ripren-

dendo quasi letteralmente la formula di cui all’art. 1, lett. a), della Convenzione europea sul

paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000). In conformità ai principi costituzionali, alla stessa Con-

venzione e alle relative norme di ratifica ed esecuzione (art. 132, comma 2), esso impone

quindi al Ministero e alle Regioni di cooperare nella pianificazione territoriale e nella gestione

dei relativi interventi al fine di “riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare” i

valori culturali e identitari di cui il paesaggio è espressione e di assicurare la conservazione

dei suoi aspetti e caratteri peculiari (art. 133, co. 2). Quanto ai “beni paesaggistici”, essi ven-

gono distinti in tre fondamentali categorie (art. 134)99: a) immobili e aree di notevole interesse

98 Alibrandi e Ferri, 2001, pag. 28 99 Tamiozzo, 2004, pag. 7

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pubblico (art. 136), individuati con apposito procedimento di dichiarazione (artt. 138-141); b)

aree tutelate per legge, tra cui “i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di

protezione esterna dei parchi”, “i territori coperti da foreste e da boschi” e le “zone di inte-

resse archeologico” (art. 142); c) ulteriori immobili e aree individuati per il loro notevole in-

teresse pubblico e sottoposti a tutela dai “piani paesaggistici” elaborati congiuntamente dal

Ministero e dalle Regioni (artt. 135 e 143-156). Scopo di tali piani è quello di disciplinare

l’uso del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei valori paesaggistici (art.

135 comma 1), mediante apposite “prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: a) alla

conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a

tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali co-

struttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; b) alla riqualificazione

delle aree compromesse o degradate; c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggisti-

che degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio;

d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro

compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare atten-

zione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mon-

diale dell’UNESCO” (art. 135, comma 4).

In assenza di apposite dichiarazioni di notevole interesse pubblico riguardanti la zona della

Val d’Assa, e non potendola ricondurre con certezza ad alcuna delle aree tutelate per legge ex

art. 142 del Codice, non resta che analizzare gli strumenti di pianificazione territoriale adottati

dalla Regione e dagli enti locali per capire se essi siano in grado o meno di tutelarne e valo-

rizzarne le specificità.

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3. Il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) e il Piano d’Area

“Altopiano dei Sette Comuni”

Conformemente a quanto disposto dalla L.R. n. 61/1985, il Piano Territoriale Regionale di

Coordinamento (PTRC) della Regione Veneto fu approvato con deliberazione del Consiglio

Regionale n. 250 del 13 dicembre 1991 ed entrò in vigore all’inizio del 1992. Nonostante un

certo ritardo rispetto alla previsione legislativa, si trattava pur sempre del primo PTRC di una

Regione a statuto ordinario giunto ad approvazione100.

Quale principale strumento di pianificazione territoriale della Regione (art. 3), esso si prefig-

geva di programmare e disciplinare la gestione e la trasformazione urbanistica ed edilizia del

territorio regionale sulla base del Programma Regionale di Sviluppo (art. 4) e nel rispetto dei

seguenti obiettivi:

1) salvaguardia e valorizzazione delle componenti ambientali, culturali, economiche e

sociali del territorio;

2) equilibrato sviluppo della comunità regionale attraverso il controllo pubblico degli in-

sediamenti produttivi e residenziali secondo criteri di economia nella utilizzazione del

suolo e delle sue risorse;

3) approfondita e sistematica conoscenza del territorio in tutti gli aspetti fisici, storici e

socio-economici (art. 1).

A tal fine il PTRC avrebbe dovuto, fra l’altro, indicare “le zone e i beni da destinare a parti-

colare disciplina ai fini della difesa del suolo e della sistemazione idrogeologica, della tutela

delle risorse naturali, della salvaguardia e dell’eventuale ripristino degli ambienti fisici, sto-

rici e monumentali, della prevenzione e difesa dall’inquinamento, prescrivendo gli usi espres-

samente vietati e quelli compatibili con le esigenze di tutela, nonché le eventuali modalità di

attuazione dei rispettivi interventi”, determinare “il complesso delle direttive, sulla cui base

redigere i piani di settore e i piani di area di livello regionale e gli strumenti urbanistici di

livello inferiore” e “il complesso di prescrizioni e vincoli automaticamente prevalenti nei

confronti dei piani di settore di livello regionale e degli strumenti urbanistici di livello infe-

riore” , ponendosi come “quadro di riferimento per ogni programma di intervento di soggetti

pubblici o privati di rilievo regionale” (art. 5). All’interno di questo quadro, la salvaguardia

delle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale avrebbe dovuto essere assicurata

da appositi Piani d’Area volti ad individuare, tutelare e valorizzare le loro specificità. 100 Tutte le informazioni di questo paragrafo sono tratte da www.ptrc.it e dalla stessa documentazione cartacea disponibile in Comune di Roana

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Come previsto dall’art. 6 della legge, il PTRC si componeva: a) di una relazione in cui si in-

dicavano gli obiettivi, i criteri e le principali priorità per l’attuazione degli interventi previsti

dal piano e si definivano le aree da sottoporre a particolare disciplina o da assoggettare a piani

territoriali con particolari direttive; b) di elaborati grafici e cartografici, distinti in 4 macroare-

e, dette “sistemi” – ambientale, insediativo, produttivo e relazionale –, contenenti le scelte di

politica territoriale da attuare nell’intero territorio regionale e le prescrizioni che le Province e

i Comuni dovevano osservare nei propri ambiti di competenza. Nel Titolo II (“Sistema Am-

bientale”), all’art. 34, si dettavano in particolare “direttive, prescrizioni e vincoli per aree di

tutela paesaggistica di interesse regionale a competenza provinciale”, tra cui “quelle di im-

portanza rilevante per il particolare interesse scientifico o ambientale, o perché l’ambito si

congiunge e si integra con altre aree di rilevanza sovracomunale”. Tali aree venivano indivi-

duate nella carta progettuale n. 5, relativa ad “Ambiti per l’istituzione di parchi e riserve re-

gionali naturali ed archeologici e di aree di tutela paesaggistica”, demandando alla Provin-

cia l’emanazione di ulteriori disposizioni mediante un Piano Ambientale che avrebbe dovuto

essere approvato dal Consiglio Regionale.

Tra queste, nel settore “Alpino e Prealpino”, rientrava l’Altopiano dei Sette Comuni. Le

norme specificamente dedicate alla sua tutela constavano di 40 articoli e di una serie di “con-

cessioni” per progetti di sviluppo, per lo più turistico. Alcune località, tra cui la Val d’Assa,

figuravano anche nell’elenco degli “ambiti naturalistici di interesse regionale”, insieme al

versante settentrionale e a quello meridionale dell’Altopiano. Si provvedeva inoltre

all’indicazione degli ambiti dei Piani d’Area previsti dalla legge.

Il Piano d’Area “Altopiano dei Sette Comuni”, oggi denominato “Altopiano dei Sette Comu-

ni, dei Costi e delle Colline Pedemontane Vicentine” , fu approvato dalla Regione con delibe-

razione di Giunta n. 792 del 9 aprile 2002, oltre dieci anni dopo l’adozione del primo

PTRC101. La pianificazione qui si addentrava in profondità nel contesto ambientale con una

relazione illustrativa, una serie di norme di attuazione distinte in direttive e prescrizio-

ni/vincoli e il corollario degli elaborati grafico-progettuali relativi ai sistemi “delle fragilità” ,

“floro-faunistico” , “delle valenze storico – ambientali e naturalistiche” , “relazionale della

cultura e dell’ospitalità”, anche in vista di futuri accordi con la Provincia Autonoma di Tren-

to.

101 Il Piano d’Area, per legge di durata quinquennale, risulta oggi a “salvaguardia decaduta”.Se da una punto di vista formale esso ha perso quindi la propria efficacia, sostanzialmente mantiene intatta la propria utilità, fornen-do indicazioni e orientamenti agli Enti locali per il governo del territorio.

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Nella relazione illustrativa, che precisava nel dettaglio i “sistemi” previsti dal PTRC, la Val

d’Assa era ampiamente citata. In particolare, al punto 4.4 (“Sistemi tematici storico-

naturalistici” ) si diceva che: “il Sistema della Val d’Assa (…), per la presenza di eccezionali-

tà storico-culturali, gli ambiti di interesse geomorfologico e le peculiarità faunistiche e vege-

tazionali, costituisce una risorsa di grande valore per l’Altopiano. Il Piano di Area ha come

obiettivi la tutela e la valorizzazione turistica e culturale dell’area che garantisca nel con-

tempo la conservazione dei caratteri specifici e una fruizione idonea delle risorse. Sono molti

i siti e gli ambiti di interesse storico, archeologico e geomorfologico. L’area della Val d’Assa

racchiude le tracce più suggestive degli “uomini altopianesi” dalle epoche più remote fino ai

nostri giorni, ed in alcuni siti si intrecciano i segni del cacciatore preistorico con quelli del

soldato della Grande Guerra”. E ancora: “Le Incisioni rupestri: lungo la valle le pareti ed i

massi isolati incisi sono in grande numero. (Nel sito più noto, denominato Tunkelbald, poco

lontano dalla strada che collega Canove con Roana scendendo nel fondovalle, sono state in-

dividuate più di 10.000 incisioni)”. La descrizione rinviava quindi alla tavola n. 4, dove erano

specificate graficamente le categorizzazioni: nel tratto che va dal ponte di Roana fino

all’altezza dell’abitato di Mezzaselva erano esplicitamente indicate le zone riportate in legen-

da come “incisioni rupestri” , sia pur prive di qualsiasi riferimento cronologico; erano invece

indicate come “siti paleolitici” le grotte descritte al capitolo 1 e la Romita, definita come

“Petroglifiti di Romita”102, che invece sappiamo avere le stesse problematiche di datazione

del Tunkelbalt. La Val d’Assa veniva citata, sia pure in modo cronologicamente “approssima-

tivo”, anche a pag. 46 della relazione, dove si diceva che: “Oltre ai segni della Grande Guer-

ra, l’Altopiano custodisce ancora tracce importanti della preistoria (le incisioni della Val

d’Assa, i ritrovamenti di Bostel, Val Lastaro, nella piana di Marcesina e così via) che consen-

tono di conoscere usi e costumi di chi abitò questo territorio 50.000-10.000 anni fa”.

Formalmente, la Val d’Assa era classificata come “area di tutela paesaggistica di interesse

regionale di competenza provinciale” (v. punto 32 dell’allegato al PTRC: “Ambiti per

l’istituzione di parchi e riserve regionali naturali e archeologici e di aree di tutela paesaggi-

stica”). Alla luce delle precedenti citazioni nella relazione e nella cartografia, è tuttavia in-

dubbio che il contesto presenti una certa valenza anche sotto l’aspetto archeologico, pur non

rientrando nell’“ambito per l’istituzione di parchi archeologici di interesse regionale” previ-

sto dal PTRC.

Il 17 febbraio 2009, con deliberazione di Giunta n. 372, è stato adottato il nuovo PTRC, ai

102 Nella relazione è stato sempre utilizzato il termine “petroglifiti” ; il termine corretto è invece “petroglifi” .

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sensi della L.R. 23 aprile 2004, n. 11 (“Norme per il governo del territorio e in materia di

paesaggio”).

In attuazione dell’art. 117, comma 3, Cost., del Codice dei beni culturali e del paesaggio e

della L.R. n. 11/2001 sul conferimento di funzioni e compiti alle autonomie locali, tale legge

definisce “le competenze di ciascun ente territoriale, le regole per l’uso dei suoli secondo cri-

teri di prevenzione e riduzione o di eliminazione dei rischi, di efficienza ambientale e di ri-

qualificazione territoriale” (art. 1), nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza ed

efficienza, e stabilisce “criteri, indirizzi, metodi e contenuti degli strumenti di pianificazione”

per il raggiungimento delle seguenti finalità: a) promozione e realizzazione di uno sviluppo

sostenibile e durevole, finalizzato a soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei citta-

dini, senza pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle ri-

sorse naturali; b) tutela delle identità storico-culturali e della qualità degli insediamenti urbani

ed extraurbani, attraverso la riqualificazione e il recupero edilizio ed ambientale degli aggre-

gati esistenti, con particolare riferimento alla salvaguardia e valorizzazione dei centri storici;

c) tutela del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica; d) utilizzo di

nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualifi-

cazione del tessuto insediativo esistente; e) messa in sicurezza degli abitati e del territorio dai

rischi sismici e di dissesto idrogeologico; f) coordinamento delle dinamiche del territorio re-

gionale con le politiche di sviluppo nazionali ed europee (art. 2).

Secondo l’art. 3 della legge, la pianificazione territoriale nell’ambito regionale si articola oggi

in:

a) piano di assetto del territorio comunale (PAT) e piano degli interventi comunali (PI)

che costituiscono il piano regolatore comunale (PRC), piano di assetto del territorio

intercomunale (PATI) e piani urbanistici attuativi (PUA);

b) piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP);

c) piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC).

Conformemente a quanto previsto dall’art. 24, il nuovo PTRC: a) contiene “i dati e le infor-

mazioni necessari alla costituzione del quadro conoscitivo territoriale regionale; b) indica le

zone e i beni da destinare a particolare tutela delle risorse naturali, della salvaguardia e

dell’eventuale ripristino degli ambienti fisici, storici e monumentali, nonché recepisce i siti

interessati da habitat naturali e da specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario e

le relative tutele; c) indica i criteri per la conservazione dei beni culturali, architettonici e

archeologici, nonché per la tutela delle identità storico-culturali dei luoghi, disciplinando le

forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del livello di inte-

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grità e rilevanza dei valori paesistici; d) indica il sistema delle aree naturali protette di inte-

resse regionale; e) definisce lo schema delle reti infrastrutturali e il sistema delle attrezzature

e servizi di rilevanza nazionale e regionale; f) individua le opere e le iniziative o i programmi

di intervento di particolare rilevanza per parti significative del territorio, da definire median-

te la redazione di progetti strategici di cui all’articolo 26; g) formula i criteri per la individu-

azione delle aree per insediamenti industriali e artigianali, delle grandi strutture di vendita e

degli insediamenti turistico-ricettivi; h) individua gli eventuali ambiti per la pianificazione

coordinata tra comuni che interessano il territorio di più province ai sensi dell’articolo 16”.

Nel far ciò, esso tiene conto delle importanti novità intervenute negli ultimi anni a livello

normativo, amministrativo, culturale e paesaggistico. Nella fase di formazione del piano, la

Regione ha conformato la propria attività al metodo del confronto e della concertazione con

gli altri enti e amministrazioni e ha assicurato un’ampia partecipazione dei portatori di inte-

ressi pubblici e privati coinvolti, come richiesto dagli artt. 2, comma 2, lett. a), e 5 della legge.

L’avere stilato un “Documento Programmatico Preliminare per le Consultazioni” adottato

con Decreto di Giunta Regionale n. 2587 del 7 agosto 2007, nel quale si delineavano gli obiet-

tivi e le strategie del nuovo PTRC, ha favorito infatti lo scambio e il confronto con le associa-

zioni economiche e sociali e con i gestori di servizi pubblici e di uso pubblico, i quali hanno

potuto effettivamente concorrere alla definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche del

piano. Nello stesso tempo, si è cercato di aggiornarne i contenuti avvalendosi della consulen-

za di cinque personalità autorevoli del mondo culturale veneto103, le cui riflessioni sono sfo-

ciate nella “Carta di Asiago – Fondamenti del buon governo del territorio” del febbraio 2004

e in un successivo convegno tenutosi nella stessa città nel 2006. A ciò possono aggiungersi il

documento di studi “Questioni e lineamenti di progetto” del 2005, che rappresentò un primo

avanzamento progettuale, il “Convegno di Praglia” del 2006, dal titolo “Il Veneto in Europa:

i territori ad alta Naturalità”, che aggiunse un ulteriore tassello alla programmazione, e un

secondo convegno, tenutosi ad Asiago il 2 marzo 2007, nel quale furono presentati i primi e-

laborati del nuovo PTRC.

103 Ulderico Bernardi, sociologo; Ferruccio Bresolin, economista; Paolo Feltrin, politologo; Mario Rigoni Stern, scrittore; Eugenio Turri, geografo naturalista.

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4. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP)

La L.R. n. 11/2004 prevede, agli artt. 22 e 23, l’adozione del Piano Territoriale di Coordina-

mento Provinciale (PTCP)104. Esso è lo strumento di pianificazione che delinea gli obiettivi e

gli elementi fondamentali dell’assetto del territorio provinciale, con riguardo alle sue preva-

lenti vocazioni, caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche

ed ambientali e in coerenza con gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico provinciale; in

particolare: “a) acquisisce, previa verifica, i dati e le informazioni necessari alla costituzione

del quadro conoscitivo territoriale provinciale”, secondo le indicazioni contenute nell’atto di

indirizzo di cui all’art. 50, comma 1, lett. f), della legge; “b) recepisce i siti interessati da

habitat naturali e da specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario e le relative tute-

le; c) definisce gli aspetti relativi alla difesa del suolo e alla sicurezza degli insediamenti de-

terminando, con particolare riferimento al rischio geologico, idraulico e idrogeologico e alla

salvaguardia delle risorse del territorio, le condizioni di fragilità ambientale; d) indica gli

obiettivi generali, la strategia di tutela e di valorizzazione del patrimonio agro-forestale e

dell’agricoltura specializzata in coerenza con gli strumenti di programmazione del settore

agricolo e forestale (…); g) riporta i vincoli territoriali previsti da disposizioni di legge; h)

individua e precisa gli ambiti di tutela per la formazione di parchi e riserve naturali di com-

petenza provinciale nonché le zone umide, i biotopi e le altre aree relitte naturali, le principa-

li aree di risorgiva, da destinare a particolare disciplina ai fini della tutela delle risorse natu-

rali e della salvaguardia del paesaggio; i) individua e disciplina i corridoi ecologici al fine di

costruire una rete di connessione tra le aree protette, i biotopi e le aree relitte naturali, i fiu-

mi e le risorgive” e fornisce inoltre indicazioni sulla redazione dei Piani di Assetto Territoria-

le (PAT) di competenza comunale (art. 22, comma 1).

Il PTRC è composto: a) da una relazione che espone gli esiti delle analisi e delle verifiche ter-

ritoriali necessarie per la valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale e stabilisce gli

indirizzi per lo sviluppo socio-economico nelle materie di competenza provinciale; b) dagli

elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali; c) dalle norme tecniche che de-

finiscono direttive, prescrizioni e vincoli; d) da una banca dati (art. 22, comma 3).

Nell’atto di indirizzo predisposto dalla Regione ai sensi dell’art. 50, comma 1, lettera e), della

legge, contenente i criteri per una omogenea elaborazione del PTCP, è stata evidenziata una

certa disomogeneità tra i piani provinciali adottati durante la vigenza della L.R. n. 61/1985,

104 Tutte le informazioni di questo paragrafo sono tratte da www.ptrc.it – sezione Piani Territoriali Provinciali – e dalla stessa documentazione cartacea presente negli archivi del Comune di Roana.

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quando pure erano previsti con la denominazione di Piani Territoriali Provinciali (PTP). Per il

futuro si è raccomandato quindi l’utilizzo di una medesima grafica, di una simbologia compa-

tibile con quella regionale e di una pianificazione coerente con le finalità contemplate dalle

nuove norme sul governo del territorio. L’istituzione di un apposito Ufficio di coordinamento,

atto a concordare, confrontare e coordinare le politiche dei vari enti sulla base dei principi co-

stituzionali di sussidiarietà verticale, differenziazione e adeguatezza, dà la misura dello sforzo

mirante a raggiungere la massima collaborazione e cooperazione interistituzionale al fine di

assicurare una gestione territoriale unitaria.

Il nuovo PTCP per la Provincia di Vicenza è stato adottato con deliberazione del Consiglio

Provinciale n. 40 del 20 maggio 2010, “controdedotto” con deliberazione n. 30 del 10 maggio

2011. Esso è pervenuto alla Regione l’1 luglio 2011 ed è ancora in attesa di approvazione da

parte della Giunta Regionale.

Esso si compone di una relazione che ne espone la logica e gli obiettivi e di una serie di ela-

borati e grafici così identificati:

• “Carta dei vincoli e della pianificazione territoriale”;

• “Carta delle fragilità”;

• “Sistema ambientale”;

• “Sistema insediativo-infrastrutturale”;

• “Sistema del paesaggio”.

Particolarmente importanti, in questa sede, appaiono le disposizioni per “la tutela e la valoriz-

zazione del patrimonio agroforestale”, “gli interventi a sostegno della naturalità, per la sal-

vaguardia della flora e fauna, tra i quali la realizzazione dei corridoi ecologici”, le indica-

zioni relative al “turismo” e ai “territori della montagna”.

Nell’ampia relazione introduttiva, il PTCP viene messo a confronto con i vigenti Piani d’Area

della Regione per verificarne le compatibilità. Per quanto riguarda la Val d’Assa, esso appare

compatibile con le previsioni del Piano d’Area – specialmente a quelle relative ai sistemi “re-

lazione”, “della cultura” , “dei beni storico-culturali e dei sistemi tematici storico-

naturalistici” –, di cui recepisce le direttive, fornendo suggerimenti per la formazione dei

Piani Regolatori e dei Piani di Assetto Territoriale (PAT) comunali105.

Nella stessa relazione si fa quindi riferimento al “Sistema dei Beni Archeologici di interesse

provinciale”, procedendo all’individuazione dei “siti archeologici” alla Tavola n. 1 (Carta

vincoli – nord) mediante rinvio al volume “Zone archeologiche del Veneto”, edito dalla Re-

105 Alcuni Comuni, di concerto con altre Amministrazioni, adottano i Piani di Assetto Territoriale Integrati (PA-TI) come previsto dalla L.R. 11/2004; non è il nostro caso.

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gione e dalla Soprintendenza nel 1987, integrato con i vincoli succedutisi fino al 2005. In re-

altà, la Carta individua come aree a vincolo archeologico anche altri siti106, non compresi nel

volume, per i quali “è necessario che il PTCP formuli una normativa di salvaguardia, con

l’obbiettivo che debbano essere fornite indicazioni per il loro recupero, se necessario, per il

corretto utilizzo, e in generale per la loro valorizzazione rispetto al contesto in cui si colloca-

no” 107. La Val d’Assa e la Valle del Bisele (entrambe qualificate come area a tutela paesag-

gistica”, limitatamente, per quanto concerne la Valdassa, alla parte di competenza di Rotzo e

di Roana fino a Forte Tagliata) 108 sono sottoposte agli ulteriori vincoli “corsi d’acqua” e “i-

drogeologico” per tutta la loro lunghezza. L’antico Forte Tagliata – importante sbarramento

difensivo posto sulla strada sopra la Val d’Assa nei pressi di Camporovere, le cui fondamenta

e parte dell’alzato sono attualmente sotterrati e non visibili –compare anche nella Carta “Si-

stema del paesaggio”, assieme al Ponte di Roana, quali “manufatti di interesse storico”. Nel-

la Carta “Sistema ambientale” è elencata la moltitudine di grotte presenti nella forra, soprat-

tutto nella Valle del Bisele, e l’intera area viene qualificata come “carsica” . Nella “Carta

della fragilità” , invece, non sono riportati particolari rischi o dissesti geologici o idrografici,

se non nella zona della Rendela, soggetta a frane, o in riferimento alle “scarpate di degrada-

zione”, concentrate nella zona di Rotzo o, ancora, ai “canaloni e coni di valanga” sul versan-

te nord-est di monte Rossapoan.

106 Si tratta di parte dei siti già elencati al Capitolo I. 107 Dalla Relazione adottata ed allegata al PTCP, pag. 196. 108 In linea con quanto previsto dal PTCR del 1992.

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5. Il Piano di Assetto Territoriale (PAT)

Secondo quanto previsto dall’art. 12 della L.R. n. 11/2004, la pianificazione urbanistica co-

munale si esplica mediante il Piano Regolatore Comunale (PRC), che sostituisce il precedente

Piano Regolatore Generale (PRG) e si articola “in disposizioni strutturali, contenute nel pia-

no di assetto del territorio (PAT), ed in disposizioni operative, contenute nel piano degli in-

terventi (PI)”.

Il Piano di Assetto del Territorio (PAT) è lo strumento di pianificazione che delinea le scelte

strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, individuando le

specifiche vocazioni e le zone non modificabili (“invarianti” ) di natura geologica, geomorfo-

logica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in

conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello supe-

riore ed alle esigenze dalla comunità locale. Il Piano degli Interventi (PI) è lo strumento urba-

nistico che, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e

valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio programmando in modo

contestuale la realizzazione di tali interventi, il loro completamento, i servizi connessi e le in-

frastrutture per la mobilità. Il Piano di Assetto del Territorio Intercomunale (PATI), infine, è

lo strumento di pianificazione intercomunale finalizzato a pianificare in modo coordinato

scelte strategiche e tematiche relative al territorio di più comuni.

In questa sede ci si soffermerà unicamente sul PAT che il Comune di Roana ha avviato con la

formazione e l’adozione da parte della Giunta Comunale del “Documento Preliminare”109

previsto all’art. 5, comma 5, della L.R. n. 11/2004, la cui relazione conclusiva è stata approva-

ta con deliberazione n. 3 del 19 gennaio 2010, previa concertazione con gli enti competenti in

materia di gestione del territorio, le associazioni di categoria, le organizzazioni di volontariato

e la cittadinanza in genere. Tenendo conto della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), di

cui all’art. 4 della legge, esso è strutturato per obiettivi, dai quali dipendono le scelte di orga-

nizzazione e gestione del territorio, e prevede, come da atti di indirizzo regionali, quattro ta-

vole di sintesi:

• la “Carta dei Vincoli e della Pianificazione Territoriale” , nella quale sono evidenziate

le parti di territorio sottoposte a vincoli di diversa natura;

109 Deliberazione di Giunta Comunale n. 53 del 3 maggio 2007.

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• la “Carta delle Invarianti”, per le parti di territorio che si configurano come elementi

immodificabili di natura geologica, ambientale, paesaggistica o storico-architettonica e

che si configurano caratterizzanti dell’identità dei luoghi;

• la “Carta delle Fragilità” , dove vi sono gli ambiti fragili, a rischio o di pericolo per il

territorio;

• la “Carta della Trasformabilità”, ovvero il progetto per il riassetto territoriale e le in-

dicazioni per lo sviluppo sostenibile che devono necessariamente tener conto delle di-

rettive degli enti sovracomunali e delle indicazioni delle carte di cui sopra.

Oltre a queste “Carte” e alla relazione accompagnatoria, il PAT si è dotato di norme tecniche

per direttive e prescrizioni e di una banca dati riepilogativa dei contenuti del piano.

Già dalla “Carta dei Vincoli” si può notare come la Val d’Assa, partendo da Forte Tagliata

in direzione sud, e la Valle del Bisele (entrambe facenti parte degli “Ambiti naturalistici di

livello regionale”) 110, siano considerate soggette a vincolo paesaggistico in quanto “zone di

interesse archeologico”, a vincolo “per i corsi d’acqua” e per le “aree boscate” ai sensi del

Codice, a vincolo idrogeologico e forestale ai sensi del R.D.L. n. 3267/1923 e in fascia di ri-

spetto idrografico111.

Rispetto alla cartografia regionale e provinciale, il vincolo relativo alle zone di interesse ar-

cheologico si allarga ulteriormente comprendendo la totalità dei siti graffiti e delle spelonche

o cave di interesse preistorico elencati ai paragrafi precedenti. Nella “Carta delle Invarianti”

la Val d’Assa e la Valle del Ghelpak sono considerate “invarianti geologiche”, mentre per

quello che riguarda le “invarianti di natura storico-monumentale” esse corrispondono alle

“zone di interesse archeologico”, qui classificate come “incisioni rupestri” e, per un lungo

tratto tra il Ghelpach e l’Assa, anche “trincee” 112. Le valli sono anche in zona “usi civici” 113.

Per la “Carta delle Fragilità” , esse sono “zone di tutela” in quanto “aree di interesse storico,

ambientale ed artistico”. Rispetto alla carta provinciale il rischio valanghe del Rossapoan

viene ridimensionato mentre l’area di frana della Rendela permane. La “Carta delle Trasfor-

mabilità” assume un importante ruolo per il futuro sviluppo in senso turistico-culturale

dell’area valliva, inquadrata come ATO114 2.1 “Val d’Assa” e ATO 1.1 “Sistema naturalisti-

110 Norme di Attuazione del PTRC, art. 19. 111 Ai sensi della L.R. 11/2004. 112 Si riferisce alle trincee della 1^ Guerra Mondiale. 113 L’uso civico nasce come figura giuridica nel diritto feudale e favorisce la collettività di riferimento, permet-tendo la fruizione di beni e frutti di un determinato territorio. Il corpus normativo per gli usi civici è costituito principalmente dalla Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766, dal relativo Regolamento di attuazione R.D. 26/02/1928, n. 332 e dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici. 114 Ambiti Territoriali Omogenei.

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co dei boschi e dei pascoli montani Verena - Meatta” . L’ambito naturalistico di livello regio-

nale, citato dalla carta dei vincoli, corrisponde qui a “Corridoio Ecologico Principale” e ad

“Ambito di interesse storico ed ambientale della Val d’Assa e della Valle del Ghelpach”; tut-

ta l’area è attraversata da “Sentieri CAI” e “Percorsi di immersione rurale”. Per la parte a

nord di Camporovere, diviene “Area di connessione naturalistica”, mentre l’ambito del

Ghertele è classificato tra le “Aree di riconversione e qualificazione” specificandone i “limiti

fisici dell’espansione”. Alcuni sentieri e strade contigui sono “Percorsi ciclo-pedonali di in-

teresse ambientale”.

La relazione accompagnatoria del PAT non fa altro che confermare gli indirizzi contenuti ne-

gli strumenti urbanistici fin qui considerati, perseguendo, tra gli altri, i seguenti obiettivi:

• la tutela e la valorizzazione del paesaggio rurale e montano, delle aree di importanza

naturalistica ed ambientale e delle identità storico-culturali;

• la promozione e la realizzazione di uno sviluppo sostenibile e durevole, finalizzato a

soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei cittadini, senza pregiudizio per la

qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle risorse naturali;

• assicurare in via generale la salvaguardia delle qualità ambientali, culturali ed inse-

diative del territorio al fine della conservazione, tutela e valorizzazione dei beni natu-

rali, culturali, architettonici ed archeologici presenti;

• l’individuazione degli ambiti di particolare valore ambientale e di particolari biotopi;

• la tutela e miglioramento delle reti ecologiche naturali e seminaturali;

• la tutela e valorizzazione degli elementi e delle forme di particolare interesse geologi-

co (Valle del Ghelpach e Val d’Assa);

• la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico della prima guerra mondiale e de-

gli elementi di interesse storico testimoniale;

• l’individuazione e valorizzazione dei percorsi storico-ambientali e testimoniali, dei

sentieri alpini e delle strade interpoderali;

• la salvaguardia dei corsi d’acqua, delle sorgenti presenti nel territorio ed in partico-

lare di quelle utilizzate per fini potabili115.

Nel complesso, si può dire che, al di là dello specifico regime del Tunkelbalt, in tutti gli stru-

menti di pianificazione territoriale degli enti locali interessati l’area della Val d’Assa è stata

adeguatamente riconosciuta e tutelata, sia sotto il profilo culturale (in particolare archeologi-

co), sia sotto il profilo paesaggistico-ambientale. Si sono poste così le premesse per 115 Dalla “Relazione sintetica” allegata al PAT del Comune di Roana, finalità ed obbiettivi per il sistema ambien-tale.

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l’eventuale futura creazione di un parco naturale: una prospettiva senz’altro auspicabile, che

contribuirebbe a rafforzare la salvaguardia del patrimonio naturale e culturale della valle e a

riqualificare l’intera zona, favorendo anche lo sviluppo di attività turistiche ecocompatibili.

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CAPITOLO III

TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL SITO DEL TUNKELBALT

1. I primi passi dopo la scoperta

Come si è già avuto modo di anticipare nel capitolo precedente, le istituzioni locali hanno

manifestato fin da subito una grande attenzione per il sito del Tunkelbalt.

Con deliberazione n. 388 dell’1 dicembre 1981, la Giunta della Comunità Montana “Spettabi-

le Reggenza dei Sette Comuni” incaricò il prof. Ausilio Priuli – Direttore del Museo d’Arte

Preistorica di Capo di Ponte116 (BS) e autore di una relazione sul tema che aveva suscitato no-

tevole interesse nella popolazione, ottenendo un certo rilievo nella stampa nazionale – a tene-

re ad Asiago, nel periodo natalizio, una conferenza “sui graffiti rupestri scolpiti su alcune

rocce della montagna che fiancheggiano la Val d’Assa di questo Altopiano”.

Successivamente, il 20 gennaio 1982, il Sindaco di Roana scrisse alla Comunità Montana

chiedendo “ogni possibile collaborazione attraverso l’Assessorato competente e un contribu-

to sulle spese che si andranno a sostenere” per la valorizzazione di “interessanti graffiti di

età preistorica”, che rappresentavano “un rinvenimento importantissimo sia da un punto di

vista culturale che da quello turistico”117 . La Comunità Montana rispose in modo decisamen-

te affermativo, chiedendo118 di poter conoscere l’ammontare delle spese previste nel “Piano

di valorizzazione dei graffiti”, al quale sarebbe stata ben lieta di partecipare. Nel giugno dello

stesso anno, con deliberazione n. 240, stanziò dunque la somma di Lire 3.500.000 per una

“campagna di studio graffiti in località Valdassa del Comune di Roana”, precisandone la de-

stinazione con successiva deliberazione n. 385 del 18 ottobre 1982. In tali documenti venne

espressamente riconosciuto che la campagna condotta sotto la direzione scientifica del Prof.

Priuli aveva “dato risultati sorprendenti”: dopo avere rilevato su carta numerose incisioni, il

gruppo di lavoro era giunto infatti alle conclusioni che molte delle figure fossero di epoca

preistorica. Venne stabilita quindi una maggiorazione della spesa“per effetto del protrarsi de-

gli studi” , autorizzando il finanziamento di due missioni di “ricerca archeologica, rilevamen-

116 Capodimonte nel testo della delibera. 117 Nota prot. n. 498. 118 Nota prot. n. 836 del 10/03/1982.

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to, studio, documentazione, esplorazione, analisi arte rupestre preistorica, protostorica e sto-

rica” nei mesi di giugno e settembre 1982.

Nel 1983 furono organizzate ad Asiago (ad agosto) e a Roana (a dicembre) due mostre sulle

campagne effettuate, con esposizione dei rilievi, le cui spese furono condivise tra il Comune

di Roana e la Comunità Montana119.

L’entusiasmo per l’evento fu tale che il bibliotecario che si era occupato dell’organizzazione

della mostra ad Asiago dovette chiedere alla Comunità Montana “di poter trattenere i rilievi a

grandezza naturale relativi ai settori n. 1, 2, 3 fino a lunedì 5 settembre, scadenza nella quale

saranno consegnati alla Comunità stessa dal sottoscritto” , protraendo di fatto l’esposizione

prevista inizialmente per il solo mese di agosto, “visto l’enorme successo e i notevoli consensi

che la presente mostra sta ottenendo (n. 2 comunicati su TG3, articoli sui giornali, centinaia

di visitatori, tra i quali anche docenti dell’istituto di archeologia di Padova)”120.

Sempre nel 1983 venne dato alle stampe il primo volume121 sulle incisioni rupestri a cura del

Prof. Priuli (250 copie del quale furono acquistate122 dalla Comunità Montana) e si accentuò

ulteriormente l’interesse dei media per il sito del Tunkelbalt (al quale fu dedicato un apposito

spazio nella rubrica“Cronache Italiane” del TG1). Non mancarono nemmeno gli apprezza-

menti degli enti sovracomunali per la mobilitazione locale dovuta ai ritrovamenti: in una mis-

siva della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova al Comune di Roana e alla Co-

munità Montana dell’8 marzo 1985 si esprimevano soddisfazione e plauso per la recente co-

stituzione del gruppo culturale Ass Taal (in verità esistente dal 1983), che molto si prodigò

per la valorizzazione delle incisioni e che operò attivamente almeno fino al 2001.

Purtroppo, come spesso accade in questi casi, il fermento e l’euforia dell’opinione pubblica

(locale e non solo) furono accompagnati anche da contestazioni e polemiche, relative soprat-

tutto alla paternità della scoperta e alla denominazione del sito, di cui vi è traccia in alcune

note pervenute alla Soprintendenza. Tanto che, nel luglio 1983, lo stesso Prof. Priuli comuni-

cò123 di non poter rispettare gli accordi a suo tempo conclusi con gli amministratori della Co-

munità Montana “a seguito di “interferenze esterne”, di disaccordi locali e problemi politici

interni” .

119 Deliberazioni della Comunità Montana, n. 389 del 13 gennaio 1984 e n. 9 del 3 gennaio 1985. 120 Nota del Comune di Asiago prot. n. 3027 del 17 agosto 1983. 121 Ausilio Priuli, Le Incisioni Rupestri dell’Altopiano dei Sette Comuni, Priuli & Verlucca, 1983. 122 Delibera di Giunta n. 362 del 04/10/1983. 123 Nota protocollo n. 1050 del 23/07/1983 della Soprintendenza Archeologica di Padova.

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2. Il progetto del 1987: tutela e valorizzazione del Tunkelbalt nel più ampio

contesto della Val d’Assa

Il primo vero progetto per un intervento di tutela e valorizzazione dei graffiti della Valdassa

fu il risultato di un lavoro congiunto tra il Comune di Roana e la Comunità Montana.

Nel luglio del 1987, con la consulenza scientifica del gruppo Ass Taal e l’avallo della Soprin-

tendenza per i Beni Archeologici di Padova, i due enti presentarono di comune accordo un

ambizioso piano di interventi per tutto il contesto vallivo.

La pratica per la richiesta di contributo, del complessivo ammontare di Lire 350.000.000, fu

istruita dalla Comunità Montana. Secondo quanto previsto dall’art. 1, commi 1 e 2, della Leg-

ge Regionale 4 giugno 1987, n. 25 (“Assegnazione di contributi agli enti locali per la esecu-

zione di opere pubbliche di interesse regionale finanziate con mutui della Cassa Depositi e

Prestiti” ), il Consiglio regionale avrebbe dovuto approvare entro il 31 maggio 1987 il pro-

gramma delle opere pubbliche – predisposto dalla Giunta sentiti i rappresentanti regionali

dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM e concernente, fra l’altro, i “beni culturali” – “da am-

mettere a contributo in favore degli enti locali ai fini del finanziamento delle opere medesime

mediante concessione dei mutui della Cassa depositi e prestiti ai sensi dell'articolo 10 - quar-

to comma - del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 55”. All’art. 3, comma 1, della stessa legge si

precisava inoltre che la Regione avrebbe potuto contribuire al finanziamento delle opere nella

misura “del 12% della spesa ammessa”.

Nella premessa della relazione tecnica allegata al progetto si attestò che “A seguito di doman-

da in data 23/02/1987 (…), la Comunità Montana dei 7 Comuni è stata ammessa ai benefici

di cui alla L.R. 25/87 per la realizzazione del ‘Progetto di tutela e valorizzazione dei Graffiti

della Valdassa’ in Comune di Roana per l’importo complessivo di L. 350.000.000”. Confor-

memente alle previsioni legislative, con decreto n. 736 del 2 settembre 1987, la Giunta regio-

nale confermò quindi la concessione di un contributo del 12%, corrispondente a Lire

42.000.000. Nello stesso decreto si faceva riferimento alla delibera n. 287 del 27 luglio 1987

della Comunità Montana, con la quale era stato approvato il progetto esecutivo

dell’intervento, stabilendo che la spesa eccedente l’importo ammesso al contributo regionale

sarebbe stata coperta contraendo un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti.

Tuttavia, il 22 settembre 1987 la Cassa Depositi e Prestiti comunicò alla Comunità Montana

(prot. n. 4403) la propria indisponibilità “alla concessione del mutuo in oggetto in quanto

trattasi di opera non finanziabile”, facendo così venire meno anche il contributo regionale.

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Con nota prot. n. 11383/3.2.1 del 6 ottobre 1987, la Giunta ribadì infatti che quest’ultimo sa-

rebbe stato erogato “con separato provvedimento a comprovata formale concessione del mu-

tuo integrativo da parte della Cassa DD.PP. per la parte eccedente il contributo regionale”.

Si trattava di un vero e proprio smacco alla causa di chi in quegli anni si prodigava per tutela-

re e valorizzare i graffiti del Tunkelbalt e l’intera area della Val d’Assa, con un entusiasmo

che traspare chiaramente dalle carte dell’epoca e che è andato via via riducendosi con il passa-

re del tempo.

In particolare, il progetto del 1987 prevedeva una serie di ricognizioni preliminari volte ad

individuare le specificità dell’area in relazione ad almeno cinque ambiti tematici principali124:

• paletnologico/archeologico, per la presenza, su tutta la lunghezza della parte sinistra

della valle, di almeno cinque siti ricchi di incisioni rupestri e due siti con tracce di in-

dustria litica. Esistenza inoltre di altri numerosi roccioni isolati, caratterizzati da altre

incisioni;

• paleontologico, concordante con i due siti sopracitati, per la presenza di resti di fauna,

in particolare di Ursus Spaeleus, Ursus Arctos, Canis Lupus e altri. Anche in questo

senso, la zona presentava e presenta ancora un vasto territorio di ulteriore esplorazione

scientifica;

• geomorfologico, in tutta la Valdassa specialmente nelle valli del Grabo e del Ghel-

pach (o Bisele): la particolarità consisteva nell’insolita presenza nella vallecola del

Grabo di un flusso costante d’acqua, cosa perlomeno singolare per la natura calcarea

della zona e che permise, in tempi passati, lo sfruttamento di un mulino le cui tracce

erano e sono ancora presenti; la valle del Bisele, invece, risultava particolarmente inte-

ressante per gli ampi ripari di roccia e le numerose spelonche carsiche;

• vegetazionale, per i suoi aspetti microclimatici e quindi la presenza di piante rare o

non propriamente endemiche e per i numerosi interventi umani;

• storico, per le stazioni graffite di epoca storica ed in particolare per il ruolo della valle

nel periodo bellico della 1^ Guerra Mondiale.

A seguito di tali studi si sarebbe dovuto procedere ad una classificazione dei siti in tre tipolo-

gie – archeologici, naturalistici e storici – e ad interventi, previsti per stralci, che avrebbero

dovuto portare:

• alla realizzazione di un museo archeologico e di un sistema di protezioni passive per i

primi; 124 Tratto dalla relazione a cura di Associazione Ass Taal, allegata al progetto esecutivo ammesso ai benefici della L.R. 25/87 della Regione Veneto.

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• alla creazione di una serie di orti botanici per i secondi;

• ad una messa in opera di percorsi per il trekking e il recupero dell’antico mulino per i

terzi.

Nel complesso, l’iniziativa dimostrava una notevole ampiezza di vedute, non limitandosi a

considerare i soli aspetti di interesse archeologico e paletnologico della parete graffita, ma

allargando lo sguardo all’intero contesto culturale e ambientale della Val d’Assa, e una piena

convergenza di obiettivi tra le istituzioni coinvolte, essendo condivisa da tutti gli enti preposti

alla tutela, valorizzazione e fruizione dell’area.

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3. Il progetto del 1988: tutela e valorizzazione dei graffiti e creazione di un

museo archeologico

Il secondo progetto, commissionato l’anno dopo dal Comune di Roana all’architetto Carmelo

Conti di Vicenza, si rifaceva sostanzialmente al primo con alcuni aggiustamenti. In particola-

re, venivano aggiornati i costi di realizzazione, si prevedevano interventi più specificamente

rivolti alla parte archeologica, si ipotizzavano azioni volte alla valorizzazione e alla fruizione

turistica del sito del Tunkelbalt (anche attraverso tecnologie di rilevamento fotogrammetrico e

l’utilizzo di grafica computerizzata) e si sottolineava l’urgenza degli interventi per problemi

di vandalismo.

Pur trattandosi di un intervento più incisivo del precedente sotto il profilo archeologico, esso

appariva prevalentemente concentrato sulla tutela della parete graffita e la valorizzazione del-

le pertinenze per accedervi, in un’ottica di fruizione del solo sito del Tunkelbalt e non più

dell’intera area valliva. Ci si andava così allontanando da quegli obiettivi, inizialmente perse-

guiti dalle istituzioni locali e sicuramente condivisibili alla luce della normativa vigente, di

salvaguardia del bene culturale all’interno di un contesto ambientale e paesaggistico più am-

pio.

La proposta di realizzazione di un museo archeologico, anch’essa ripresa dal progetto prece-

dente, completava il quadro. La normativa di riferimento, in questo caso, era unicamente quel-

la statale. Il D.L. 7 settembre 1987, n. 371, convertito nella L. 29 ottobre 1987, n. 449, conte-

nente“Interventi urgenti di adeguamento strutturale e funzionale di immobili destinati a mu-

sei, archivi e biblioteche e provvedimenti urgenti a sostegno delle attività culturali”, autoriz-

zava infatti la spesa di 620 miliardi di Lire “per la realizzazione di un programma di inter-

venti urgenti volto a garantire (…) l’adeguamento strutturale e funzionale degli immobili sta-

tali e di enti pubblici destinati a musei, archivi e biblioteche, delle aree archeologiche”. In

attuazione del disposto legislativo, l’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali adottò

un decreto del 18 marzo 1988, intitolato “Istruzioni procedurali per la predisposizione del

nuovo programma di interventi urgenti sui beni culturali ed ambientali, previsto dal decreto-

legge 7 settembre 1987, n. 371, come modificato dalla legge di conversione 29 ottobre 1987,

n. 449”, secondo cui gli enti pubblici e i privati intenzionati a chiedere “l’intervento diretto o

il contributo dello Stato” avrebbero dovuto “far pervenire entro il 20 aprile 1988 la domanda

e la relativa documentazione alle competenti soprintendenze per i beni ambientali, architetto-

nici, archeologici, artistici e storici”.

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Su queste basi si attivò direttamente il Comune di Roana, senza l’ausilio della Comunità

Montana. Esaminando il carteggio del periodo si nota un’attività febbrile da parte degli uffici

volta alla presentazione del progetto, specialmente nel mese di aprile. L’invio di tutta la do-

cumentazione entro i termini previsti dal decreto fu reso possibile grazie all’approvazione di

due distinte delibere della Giunta comunale del 12 aprile 1988: la n. 120 per la parte relativa

al museo archeologico e la n. 121 per i lavori sui graffiti.

Con la delibera n. 121 (“Progetto dei lavori di tutela e valorizzazione dei graffiti della Val-

dassa. Opere per le incisioni rupestri in località Tunkelbalt”) si approvò il piano di interventi

per la parete del Tunkelbalt, comprensivo della realizzazione o sistemazione di sentieri per

l’accesso, passerelle e scalette, piazzole di sosta, parapetti, panchine, tabelloni didattici, se-

gnaletica di indicazione, movimenti terra, imbrigliatura e arginatura di acque torrentizie, di-

serbatura, disboscamento, asportazione di muschi e licheni, pannellature di protezioni della

parete, rassodamento della roccia, chiusura di fessurazioni ecc. Il tutto per un costo preventi-

vato di Lire 359.814.000. Con nota prot. n. 4327 del 24 agosto 1988, il Sindaco, su suggeri-

mento del progettista, informò la Regione di avere presentato il progetto al Ministero tramite

la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova con la relativa richiesta di finanziamen-

to. Il 7 settembre la Regione comunicò di essersi espressa favorevolmente in merito, fermo

restando che la competenza sulla determinazione finale del contributo spettava al Ministero.

L’ iter procedimentale prevedeva anche una perizia di stima degli interventi da parte della So-

printendenza, che ridimensionò in Lire 150.000.000 il costo dei lavori125 . Il 28 dicembre

1989 il Ministero, con proprio decreto, autorizzò la spesa così stimata.

Ad una richiesta di notizie126 del Sindaco di Roana circa lo stato della domanda di finanzia-

mento per la somma ammessa, la Soprintendenza rispose127 che l’impegno finanziario grava-

va su un capitolo di spesa di competenza del Ministero, per cui la gestione amministrativa

dell’intervento sarebbe stata svolta dagli uffici padovani. Successivamente, nel mese di di-

cembre 1990, una comunicazione128 del Ministero informò la Soprintendenza che il preceden-

te decreto di autorizzava alla spesa era stato sostituito e che la nuova autorizzazione, per una

spesa di pari importo, era stata decretata il 15 novembre 1990. La relativa comunicazione

125 V. perizia di spesa n. 72 del 31 agosto 1989, redatta a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Padova per l’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali, Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici del Ministe-ro. 126 Nota protocollo n. 1190/88 del 19/02/1990 del Comune di Roana. 127 Nota protocollo n. 1445 del 12/03/1990 della Soprintendenza Archeologica di Padova. 128 Nota protocollo n. 4223 dell’Ufficio Centrale del Ministero per i Beni Ambientali, Architettonici, Archeolo-gici, Artistici e Storici.

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venne inviata al Comune il 5 gennaio 1991, specificando che i lavori sarebbero potuti iniziare

solo dopo l’avvenuto deposito delle somme presso la Banca d’Italia.

La concessione edilizia del Comune di Roana alla Soprintendenza per i Beni Archeologici di

Padova – visti i pareri della Commissione Edilizia comunale, della Soprintendenza per i Beni

Ambientali e Architettonici di Verona, dell’Amministrazione Provinciale e del Servizio Fore-

stale Regionale – venne rilasciata il 17 maggio 1991 e i relativi lavori si svolsero tra l’estate

del 1992 e quella del 1993. La relazione dell’Arch. Conti del 22 settembre 1993 descrive, in

particolare, gli interventi di pulitura, spazzolamento con pennelli di nylon, le sette prove chi-

miche per individuare la procedura di pulitura più corretta, le fasi di stesura del trattamento

protettivo a base di resine acriliche e siliconiche, oltre agli interventi strutturali e di rileva-

mento di cui si dirà al prossimo paragrafo. La comunicazione dello stesso progettista, atte-

stante la conclusione definitiva dei lavori – comprensivi dei “lavori di correzione”, per opere

in legno in collaborazione con il Servizio Forestale Regionale e alcune tabelle di indicazione

– è dell’estate del 1997.

Con la delibera n. 120 del 12 aprile 1988 (“Progetto dei lavori di tutela e valorizzazione dei

graffiti della Valdassa. Ristrutturazione edificio comunale ad uso museo, sito in frazione di

Canove”) la Giunta approvò il progetto di massima di adeguamento strutturale e funzionale di

un immobile di proprietà del Comune, oggi sede della Polizia Locale, da adibire a museo ar-

cheologico dedicato ai graffiti, prevedendo a tal fine una spesa di Lire 203.900.400. La relati-

va richiesta di finanziamento venne inviata alla Soprintendenza alle Antichità delle Venezie di

Verona il 15 aprile 1988 e da questa inoltrata ai competenti uffici del Ministero. Agli atti del

Comune di Roana sono conservati due telegrammi, uno del 3 e uno del 6 ottobre 1988, nei

quali il Sottosegretario ai Beni Culturali Beniamino Brocca, prima, e l’On. Laura Fincato,

Capogruppo del Partito Socialista Italiano e membro della Commissione Cultura della Came-

ra dei Deputati, poi, comunicavano la concessione di un finanziamento “per l’edificio” di Li-

re 150.000.000, successivamente destinato alle opere di tutela e valorizzazione del sito del

Tunkelbalt.

Nel frattempo la Giunta aveva approvato un’ulteriore delibera (la n. 270 del 26 settembre

1988) concernente “l’iniziativa per intervento ai sensi della L.R. 15/01/1985, n. 6 – adegua-

mento strutturale e funzionale di un immobile di proprietà comunale da destinare a museo

archeologico”, nella quale si prevedeva di finanziare l’opera “con il contributo regionale e

per la parte che non troverà copertura con tale contributo mediante ulteriore contributo ai

sensi della legge n. 449 del 29/10/87”. Si intendeva così ottenere un doppio finanziamento

per il medesimo intervento, da parte statale e da parte regionale. Solo in data 23 febbraio 1990

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si venne a sapere che la richiesta alla Regione era stata respinta “per carenza dei requisiti di

legge”129. A quell’epoca il contributo statale di Lire 150.000.000 era già stato destinato alla

parete graffita, cosicché il progetto di realizzazione del museo rimase senza la disponibilità

finanziaria necessaria. Non stupisce dunque che il Comune di Roana, con delibera n. 347 del

26 settembre 1990, avesse ripresentato domanda di contributo alla Regione130 in base alla

stessa L.R. n. 6/1985. Come autorizzato dalla delibera di Giunta n. 329 del 24 settembre 1991,

la nuova istanza riproponeva il medesimo impianto progettuale, aggiornandone i costi di rea-

lizzazione e impegnando il Comune a provvedere al finanziamento, in caso di parziale sov-

venzione regionale, con fondi propri. Da una nota redatta dal Capo dell’Ufficio Tecnico Co-

munale e allegata alla delibera di approvazione si evince che il cofinanziamento chiesto alla

Regione ammontava a Lire 100.000.000, mentre il Comune avrebbe stanziato a bilancio la

somma di Lire 173.263.641. I documenti d’archivio non offrono ulteriori indicazioni circa la

proposta di realizzare un museo archeologico a Canove; non è dato sapere, quindi, se alla fine

la Regione abbia deciso di non partecipare alla spesa o se il Comune, che al tempo non arri-

vava ai 4.000 abitanti, abbia comunque valutato di non procedere per gli eccessivi costi

dell’intervento. Come è noto inoltre, la creazione di un museo non si limita alla mera ristruttu-

razione di un edificio, ma necessita di una direzione scientifica e gestionale e di un program-

ma di attività culturali e di investimenti finanziari a medio-lungo termine che gli consentano

di inserirsi nel tessuto socio-economico con un approccio condiviso e in modo sostenibile nel

tempo.

129 Nota protocollo n. 1973 del Comune di Roana. 130 Richiesta inviata con protocollo n. 5823 del 08/10/1990.

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4. Il progetto di recinzione del sito e la prevenzione degli atti vandalici

Nel corso degli anni sono stati segnalati, sia al Comune di Roana sia alla Soprintendenza per i

Beni Archeologici di Padova, numerosi episodi di deturpamento, imbrattamento, distacco o

prelievo di parti delle rocce graffite, a testimonianza del fatto che si tratta di un problema da

sempre presente nella valle.

Già nel 1984 il Prof. Priuli scriveva131 alla Soprintendenza, manifestando la preoccupazione

che le recenti scoperte archeologiche, ampiamente pubblicizzate, potessero essere contamina-

te per asportarne delle porzioni, corromperne i significati o anche per puro sfregio. Successi-

vamente, nel 1988, la stessa Soprintendenza denunciò132 la situazione al Pretore di Asiago. I

rischi di danneggiamento dei glifi furono ampiamente sottolineati nel corso di un convegno

tenutosi a Roana nel 1996133, dove si contestava addirittura la rappresentazione – e, conse-

guentemente, l’attribuzione cronologica all’Età del Bronzo – dei cosiddetti “pugnali remedel-

liani” 134 incisi sulle pareti del Tunkelbalt.

Nell’estate del 2011 è stato addirittura realizzato un filmato, reperibile su Internet, che mostra

una visita “guidata” al Bisele e al Tunkelbalt135, durante la quale (al minuto 1.51) una bimba

incide “ingenuamente” delle rocce, presumibilmente in località Bisele, e - nell’ultima parte -

l’accompagnatore illustra “tranquillamente” le incisioni del Tunkelbalt calpestando parte della

roccia istoriata. È appena il caso di ricordare che il Tunkelbalt è un’area archeologica chiusa e

recintata, accessibile unicamente mediante visita guidata da Archeidos s.r.l., un’impresa di

analisi, monitoraggio, valorizzazione e consulenza nell’ambito delle risorse eco-culturali, a

ciò autorizzata dalla Soprintendenza di Padova e dal Comune di Roana. L’accesso è stato pos-

sibile, dunque, solo con lo scavalcamento della recinzione da parte dell’accompagnatore e di

alcuni partecipanti alla gita. Il video è ancora disponibile in rete, ma una copia è stata salvata

ed è agli atti del Comune di Roana, al quale è stato segnalato il caso.

L’idea di recintare il sito del Tunkelbalt per assicurargli un’adeguata protezione e preservarlo

da atti vandalici era già contenuta nei primi progetti, del 1987 e del 1988. I relativi interventi

furono tuttavia eseguiti solo parzialmente per carenza di fondi (aggravata dalla riduzione dei

finanziamenti di cui si è detto al paragrafo precedente e dalla svalutazione monetaria delle

somme, stanziate nel 1988 e materialmente spese solo nel 1992/93).

131 Nota protocollo n. 5716 del 14 settembre. 132 Nota protocollo n. 4869 del 09/07/1988 della Soprintendenza di Padova. 133 Cfr. infra. 134 Riferito alla Cultura di Remedello (BS). 135 BCF 2011 - Visita guidata ai graffiti della Val d’Assa su www.youtube.com/watch?v=1FyZqE17T_k .

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Con comunicazione del 16 ottobre 1992, n. 5888, il Comune di Roana chiese quindi alla Pro-

vincia di Vicenza un contributo per la realizzazione delle recinzioni ai sensi della L. n.

142/1990136, essendo stato chiamato “dalla Soprintendenza Archeologica di Padova a pro-

teggere con urgenza, mezzi adeguati e confacenti, il sito di cui all’oggetto che in questi mesi è

stato rilevato fotogrammetricamente, disboscato e trattato ai fini conservativi”.

Dalla relazione tecnica del Direttore dei Lavori che aveva predisposto il nuovo progetto di

recinzione si evincono sinteticamente gli interventi fino ad allora realizzati con il precedente

progetto del 1988:

• rilevamento topografico della strada di accesso e del sito;

• rilevamento fotogrammetrico della parete rocciosa (scala 1:20);

• rilevamento fotogrammetrico di n. 10 ambiti, fra i più importanti per figurazioni par-

ticolari, restituiti in scala 1:1;

• disgaggio137 della parete rocciosa;

• interventi sfoltimento alberature spontanee su fondovalle torrente Assa, su parete roc-

ciosa e su cresta della stessa;

• corsia preferenziale di scorrimento, a fronte della parete, con passerella in grigliato

di legno di larice e corrimano.

Mancavano ancora pertanto, pur essendo state previste precedentemente, le protezioni passive

di recinzione.

A stretto giro di posta, la Provincia informava138 il Comune di Roana – ma la comunicazione

era rivolta a tutti i Comuni della Provincia – di un bando per l’assegnazione di contributi, fino

ad un massimo del 50% del preventivo, “per le iniziative di tutela, valorizzazione e restauro

di opere di interesse artistico, storico, archeologico o etnografico”. Una prima richiesta di

contributo per la protezione del sito del Tunkelbalt fu inviata il 22 dicembre 1992 corredata da

progetto, relazione tecnico-scientifica, documentazione fotografica e preventivo di spesa per

11.000.000 di Lire. Una seconda richiesta, con una maggiorazione del preventivo a Lire

17.000.000 per l’aggiunta di pannelli didascalici posti su blocchi in legno, fu inoltrata il 9

giugno 1993. Seguì un ulteriore sollecito del Comune di Roana e finalmente, il 13 dicembre

1993, arrivò la conferma della concessione di un contributo provinciale di Lire 8.000.000.

Nella relativa comunicazione veniva specificato che l’erogazione della somma sarebbe avve-

136 Nell’Ordinamento delle autonomie locali, all’art. 14 lettera c), tra le competenze delle province c’era anche la valorizzazione dei beni culturali, confermata con alcune variazioni all’art. 19 comma 1, lettera c) e comma 2 del D. Lgs. 267/2000. 137 Tecnica per la messa in sicurezza di una parete rocciosa. 138 Nota protocollo n. 6689 del 25/11/1992 del Comune di Roana.

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nuta solo dopo la presentazione di tutta la documentazione prevista dal regolamento per la

concessione dei contributi e a lavori ultimati. Secondo quanto risulta da una nota del 7 febbra-

io 1994 (prot. n. 687), inviata dall’Arch. Carmelo Conti al Comune di Roana, fu possibile

procedere con l’appalto dei lavori per la recinzione considerando il provvedimento provincia-

le come già esecutivo.

Si tratta della recinzione che ancora oggi possiamo vedere, che il Comune di Roana ha cercato

di mantenere in buono stato negli ultimi anni, ma che ora necessiterebbe di una sostituzione,

così come i pannelli didascalici, ormai consunti.

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5. L’emergenza archeologica e i recenti progetti di restauro conservativo

Nell’estate del 2009, con la ripresa delle visite dopo la pausa invernale, venne segnalata ver-

balmente da Archeidos s.r.l. all’Ufficio Cultura del Comune di Roana un’insolita accelerazio-

ne del disgregamento della crosta rocciosa del Tunkelbalt. Già dall’autunno del 2009 iniziò

quindi un confronto tra il Comune di Roana e la Soprintendenza per i Beni Archeologici di

Padova per trovare una soluzione condivisa, secondo quanto previsto dall’art. 21 del Codice.

Al fine di fronteggiare l’apparente emergenza archeologica, il Comune di Roana commissio-

nò139, d’accordo con la Soprintendenza e sotto la direzione scientifica di quest’ultima, un pro-

getto di restauro conservativo volto ad approfondire il caso e ad ipotizzare i possibili interven-

ti140. Si sarebbe dovuto inoltre effettuare un lavoro di pulitura e consolidamento di una piccola

porzione (1 metro quadrato) di roccia e valutarne il risultato al termine della stagione autunna-

le.

Nel dicembre 2010 i risultati delle analisi e lo studio della documentazione disponibile negli

archivi della Soprintendenza confermarono i timori di qualche mese prima: emerse infatti che

nei lavori di pulitura e consolidamento della parete eseguiti nel 1992/93 erano stati utilizzati

prodotti alghicidi a percentuale troppo bassa; a destare sorpresa era però soprattutto l’uso di

Amuchina, un derivato dell’ipoclorito di sodio “che come noto produce nell’immediato un

ottimo risultato ma è anche una sostanza che porta all’indebolimento e alla lenta disgrega-

zione della superficie rocciosa”. Nella relazione tecnica geologica allegata al progetto si rile-

vava, su un campione di pietra esaminato, “una presenza di sali solubili molto elevata, assai

superiore alla soglia dello 0,5-1%, che indica la necessità di estrarre i sali”. Tale fenomeno

poteva derivare sia dal normale degrado del carbonato di calcio (per i solfati), sia dalla pre-

senza di sostanze organiche putrescenti (per i nitrati), ma anche di “sostanze come le colle che

possono essere state utilizzate come leganti e/o protettivi/fissativi delle superfici”. Quanto ai

cloruri, scartata l’ipotesi di “sali utilizzati nei periodi invernali” – per ovvie ragioni, data

l’ubicazione extraurbana del sito –, si concluse che essi potevano “essere ricondotti ai residui

di errate puliture delle superfici con ipoclorito di sodio”.

In realtà, va precisato che né presso il Comune di Roana, né presso la Comunità Montana, né

presso la stessa Soprintendenza è stato possibile reperire durante le ricerche per il presente

lavoro, un progetto o un documento che descrivesse la metodologia seguita nei lavori di puli-

139 Determina Uff. Cultura del Comune di Roana n. 215/09. 140 Sopralluoghi, analisi chimiche di campioni di rocce, licheni, muschi, funghi e microorganismi, operazioni di rimozione e pulitura, studio su impedimenti di acque di percolazione, ecc.

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zia e rimozione di muschi e licheni o contenesse l’elenco delle sostanze chimiche utilizzate

durante la campagna “Priuli” e che consentisse quindi di pervenire ad una valutazione obiet-

tiva di questi interventi nell’analisi complessiva dei restauri effettuati.

Il progetto di restauro conservativo fu successivamente inviato alla Regione per ottenere i be-

nefici previsti dalla L.R. 8 aprile 1986, n. 17 (“Disciplina degli interventi regionali nel settore

archeologico”). Tuttavia, il 28 settembre 2011 venne comunicato al Comune che “a causa

della nota congiuntura finanziaria che ha determinato una forte contrazione delle risorse del

bilancio regionale, per il corrente anno non è stato possibile sostenere il programma di inter-

venti ed azioni di valorizzazione del patrimonio archeologico veneto”141.

Nel gennaio di quest’anno il Comune di Roana ha perciò presentato una nuova richiesta di

finanziamento alla Regione, ai sensi della medesima legge e avvalendosi dello stesso progetto

di restauro conservativo142. Come previsto dagli accordi preventivi tra il Comune e la Soprin-

tendenza, il progetto si compone di una relazione descrittiva della situazione attuale di una

porzione di parete – ottenuta attraverso lo studio della documentazione relativa agli interventi

degli anni ’90 e l’analisi di campioni di roccia e di due infestanti biodeteriogeni143 prelevati in

situ – e alcune proposte di intervento.

Premesso che, in base alle prove effettuate, l’intera parete del Tunkelbalt necessita di un re-

stauro conservativo, nella relazione si dice che le zone trattate erroneamente – “riconoscibili

perché tuttora più chiare in quanto aggredite in modo più limitato dagli agenti biodeterioge-

ni” –“presentano fenomeni di decoesione superficiale in uno stadio avanzato, con distacco di

minuscole scaglie di roccia”, mentre le efflorescenze “risultano di facile rimozione meccani-

ca” , pur consigliando dopo l’asportazione di applicare un biocida a largo spettro. Si è provve-

duto quindi ad effettuare un intervento-campione di pulitura della roccia, utilizzando prodotti

alghicidi e acqua demineralizzata nebulizzata a bassa pressione, i cui effetti positivi sono oggi

chiaramente visibili.

Quanto alle soluzioni, ritenendo opportuno approfondire ed integrare i dati tecnici e documen-

tali disponibili, si propongono una serie di interventi che vanno ad interessare l’intera superfi-

cie, tramite un rilievo con metodologia laser-scanner, al fine di acquisire virtualmente le trac-

ce graffite, e una nuova ricognizione fotografica ad altissima definizione per poterli paragona-

re con i rilievi già eseguiti in passato e valutarne le variazioni di conservazione della parete.

L’operazione dovrebbe continuare con ulteriori analisi chimico-strumentali in cromatografia

141 Nota protocollo n. 9199 del 28/09/2011 del Comune di Roana. 142 Richiesta di contributo L.R. 17/86, inviata il 2 gennaio 2012, prot. n. 12220/11. 143 Muschi e incrostazioni di licheni.

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ionica per completare la mappatura delle zone interessate dalla presenza anomala di sali solu-

bili e analisi biologiche dirette alla redazione di una tabella degli elementi biodeteriogeni infe-

stanti presenti. Ovviamente questo tipo di intervento necessiterà di un ponteggio per poter o-

perare anche nelle aree superiori della parete. Il vero e proprio intervento di restauro riguarde-

rà quindi l’applicazione di impacchi di polpa di carta o di argille speciali (come la sepiolite o

l’ attapulgite) in acqua deionizzata; gli elementi biodeteriogeni saranno invece rimossi come

da intervento campione già descritto. Una volta bonificate le sostanze saline in eccesso ed e-

liminati muschi e licheni, si potrà dare corso alle prove per il consolidamento e la protezione

della roccia con due particolari prodotti, compatibili con le analisi effettuate. Solo dopo un

tempo di monitoraggio idoneo, che potrà essere di alcuni mesi, si procederà con il trattamento

di consolidamento e di stesura di un film protettivo sull’intera parete.

La spesa per l’intera operazione di restauro è stata calcolata in circa Euro 250.000,00, IVA

compresa. Il preventivo non è peraltro comprensivo delle ulteriori spese necessarie per

l’allargamento e la sistemazione dell’ultimo tratto del sentiero (circa 500 metri lineari), fun-

zionale all’accesso di mezzi di trasporto e operatori.

Naturalmente, qualora si riuscisse ad ottenere il finanziamento, per l’affidamento dei lavori

sarebbe necessaria una gara di appalto tra operatori specializzati nel restauro di beni culturali,

ai sensi dell’art. 29, commi 6, 7 e 8, del Codice, la quale dovrebbe effettuarsi con le modalità

previste dal D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30, emanato lo stesso giorno del Codice e contenente

“Modificazioni alla disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali”144.

Va detto, in ogni caso, che gli interventi proposti si rifanno a prassi e metodi consolidati, ben

noti alle imprese del settore e le cui indicazioni sono reperibili anche in rete145.

144 Cabiddu e Grasso, 2004, pag. 8. 145 Si vedano, a titolo puramente esemplificativo, i siti www.docchem.ue o http://leonardodavinci.csa.fi.it/osservatorio/restauro/lolap.html#rest. L’ Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel pro-prio sito (http://iscr.beniculturali.it), offre inoltre un’ampia documentazione sul restauro; è particolarmente inte-ressante nel caso in questione quella della Commissione NORMAL (Normalizzazione dei Materiali Lapidei). Nata nel 1977, su iniziativa di un gruppo di studiosi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (in particolare i cen-tri CNR opere d’arte) e dell’Istituto Centrale del Restauro (ICR ora ISCR), la Commissione si mise al lavoro conscia della necessità di individuare metodologie di studio unificate e specifiche per il settore della conserva-zione dei materiali lapidei, intesi sia le pietre naturali che i prodotti artificiali. Essa ha pubblicato negli anni una consistente documentazione, prendendo come ispirazione la base sperimentale degli interventi eseguiti e provve-dendo alla distribuzione gratuita nei confronti delle Soprintendenze e degli altri eventuali Enti Pubblici interessa-ti al settore. Nel 1996, con nullaosta del Ministero dei Tesoro, è stata firmata una convenzione tra l’allora Mini-stero dei Beni Culturali e l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI) della disciplina in materia di beni cul-turali. Lo scopo era di creare delle norme tecniche valide su tutto il territorio nazionale per il recupero ed il re-stauro. Dal 2006, la Commissione Beni Culturali UNI – NORMAL è strutturata in analogia con l’organizzazione del Comitato Tecnico Europeo CEN/346 – Conservation of Cultural Property – e organizzata in cinque gruppi di lavoro.

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62

CAPITOLO IV

VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE TURISTICA

DEL “SISTEMA VALDASSA”

1. Tutela e valorizzazione della Valdassa: i progetti del Comune di Roana

La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale sono disciplinate dal Codice dei beni

culturali e del paesaggio nelle “Disposizioni generali”, che danno attuazione ai principi con-

tenuti negli artt. 9 e 117 Cost.

All’art. 1, comma 3, si legge che “Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i

comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono

la pubblica fruizione e la valorizzazione”. All’art. 3 si definisce la “tutela” , consistente

“nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata

attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la

protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. Quanto all’esercizio delle rela-

tive funzioni146, l’art. 4 dà attuazione, per i beni culturali che non sono di diretta proprietà del-

lo Stato, al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., pur riconoscendo al Ministero un

ruolo primario di coordinamento al fine di garantirne l’esercizio unitario147. Principio, questo,

ribadito anche all’art. 5, dove si regolano i rapporti tra i vari enti secondo una strategia “coo-

perativa,” improntata alla condivisione, al confronto e alla concertazione, che caratterizza og-

gi tutti gli strumenti di governo del patrimonio culturale.

La netta suddivisione delle competenze in senso gerarchico, prevista dalla normativa prece-

dente, sembra dunque ormai abbandonata. Il Codice ci dice che solo attraverso una scelta

condivisa e partecipata di tutti gli enti coinvolti è possibile addivenire ad una protezione e

conservazione dei beni culturali, dovendosi in ogni caso assicurare “un livello di governo uni-

tario ed adeguato alle diverse finalità perseguite”.

L’art. 6 del Codice si riferisce invece alla valorizzazione, consistente “nell’esercizio delle

funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio

culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del pa-

trimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo svi-

146 Per funzioni di tutela si intendono sia quelle legislative che quelle amministrative; si veda per questa specifi-cazione Barbati, Cammelli e Sciullo, 2004, pag. 112. 147 L’esercizio unitario delle funzioni in materia di tutela può anche essere demandato alle Regioni.

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luppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di

conservazione del patrimonio culturale”. Quanto all’esercizio delle relative funzioni, trattan-

dosi di materia di competenze concorrente (art. 117, comma 3, Cost.), l’art. 7 ne detta sola-

mente i principi fondamentali, nel rispetto dei quali le regioni dovranno esercitare la propria

potestà legislativa.

Nel Titolo II (“Fruizione e valorizzazione”), Parte II (“Beni culturali” ), del Codice sono

quindi specificate le caratteristiche degli “istituti e luoghi della cultura” (musei, biblioteche,

archivi, aree archeologiche, parchi archeologici e complessi monumentali) che, se appartenen-

ti a soggetti pubblici, “sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubbli-

co” (art. 101).

L’art. 112, comma 3, stabilisce inoltre che “la valorizzazione dei beni culturali pubblici al di

fuori degli istituti e dei luoghi di cui all’articolo 101 è assicurata (…) compatibilmente con lo

svolgimento degli scopi istituzionali cui detti beni sono destinati”. Esso precisa inoltre, al

comma 4, che “lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per

definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti

piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di perti-

nenza pubblica. Gli accordi possono essere conclusi su base regionale o subregionale, in

rapporto ad ambiti territoriali definiti, e promuovono altresì l’integrazione, nel processo di

valorizzazione concordato, delle infrastrutture e dei settori produttivi collegati. Gli accordi

medesimi possono riguardare anche beni di proprietà privata, previo consenso degli interes-

sati. Lo Stato stipula gli accordi per il tramite del Ministero, che opera direttamente ovvero

d’intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti”.

Si tratta di un passaggio molto importante, che impone alle amministrazioni di stipulare tra

loro degli accordi per definire strategie ed obiettivi comuni, favorendo così la costruzione di

una rete , sia su base regionale che subregionale, capace di dare vita ad un sistema integrato di

valorizzazione dei beni, in un ambito territoriale definito148 e con il coinvolgimento delle in-

frastrutture e dei settori produttivi.

Tali accordi possono essere infatti stipulati anche con i privati interessati “per regolare servi-

zi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla valorizzazione di beni culturali. Con gli

accordi medesimi possono essere anche istituite forme consortili non imprenditoriali per la

gestione di uffici comuni” (comma 9).

148 Barbati, Cammelli e Sciullo, 2004, pag. 117.

Page 64: TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA PARETE GRAFFITA DEL TUNKELBALT VALDASSA – COMUNE DI ROANA (VI)

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Lo Stato, per il tramite del Ministero e delle altre amministrazioni statali eventualmente com-

petenti, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono infine costituire, “nel rispetto

delle vigenti disposizioni, appositi soggetti giuridici cui affidare l’elaborazione e lo sviluppo

dei piani di cui al comma 4” (comma 5). Il Codice non specifica la natura di questi “soggetti

giuridici”, dovendosi pertanto ritenere che essi possano assumere forma privatistica149.

Anche nel caso della valorizzazione, dunque, sembrano non esistere più rigide ripartizioni di

compiti secondo criteri gerarchiche e/o di competenza esclusiva, ma strategie flessibili che

devono essere di volta in volta concertate e condivise. In questa logica “collaborativa” – non

solo tra pubblico e pubblico, ma anche tra pubblico e privato – gli artt. 120 e 121 del Codice

disciplinano le sponsorizzazioni dei beni culturali e gli accordi con le fondazioni di origine

bancaria.

Per quanto riguarda l’area della Val d’Assa, almeno per il momento non sembra rientrare tra

gli istituti e i luoghi della cultura previsti dall’art. 101. Per i graffiti e le grotte del Tunkelbalt

si attende ancora un’esatta qualificazione ai sensi del Codice, nonostante il vincolo già esi-

stente in base alla L. n. 1089/39 e la sua attuale classificazione come “area archeologica” (v.

supra, cap. II).

Alcune premesse per la tutela e la valorizzazione della valle possono essere tuttavia dedotte

dal PAT del Comune di Roana, che nella “relazione sintetica” allegata illustra le proprie scelte

strategiche sia per il “sistema ambientale” sia per quello “produttivo”. Data la loro stretta atti-

nenza con l’oggetto di questo lavoro, vale la pena di riportare parte dei contenuti della rela-

zione relativi ai due sistemi.

Per il sistema ambientale si intende “riconoscere, tutelare e valorizzare gli ambiti e le com-

ponenti paesaggistiche, naturalistiche, ambientali e storico-culturali di maggior pregio (i bo-

schi, il sistema dei prati/pascoli e dei pascoli d’alpeggio, i coni visuali più significativi, i siti

di interesse preistorico, le incisioni rupestri della Val d’Assa, i campi di battaglia e le fortifi-

cazioni della Grande Guerra, le forre della Val d’Assa e della Valle del Ghelpach…)”.

E ancora: “Ciò nella consapevolezza - che si vuole qui ribadire con forza - che le risorse am-

bientali e la qualità del paesaggio costituiscono la “risorsa economica” più importante per

Roana e per le sue possibilità di sviluppo anche turistico.

In tal senso il P.A.T., nel riprendere e confermare le previsioni del P.R.G. vigente, individua

l’ambito di interesse storico ed ambientale della Val d’Assa e della valle del Ghelpach per il

quale rilancia la proposta redazione di uno specifico progetto integrato di tutela e valorizza-

149 Ibidem, pag. 117.

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zione delle risorse archeologiche, culturali, naturalistiche ed ambientali presenti finalizzato

alla creazione di uno specifico sistema tematico demandando al P.I., sulla base di specifiche

indagini, il compito di rilevare le eccellenze presenti (siti preistorici del Bisele, incisioni ru-

pestri, vestigia della Grande Guerra, singolarità geologiche e geomorfologiche, peculiarità

faunistiche e vegetazionali…) definendo le azioni finalizzare alla loro tutela e fruizione com-

patibile a scopo didattico e turistico”.

Un passaggio importante è rappresentato dalle considerazioni contenute al paragrafo 3.3 che

indica gli obiettivi del “sistema produttivo” e dove si riconosce che “il paesaggio, il clima, la

qualità ambientale, le testimonianze storiche presenti sul territorio costituiscono un’indubbia

risorsa turistica”. Il Comune, pertanto, “intende promuovere l’evoluzione delle attività turi-

stiche, nell’ambito di uno sviluppo sostenibile e durevole, che concili le esigenze di crescita

(soprattutto in termini qualitativi) con quelle di preservazione dell’equilibrio ambientale”.

Quanto alle strategie del sistema produttivo nel settore turistico, il PAT “persegue un modello

di sviluppo turistico “integrato” che sappia valorizzare le componenti ambientali, storico-

culturali ma anche sportive e ricreative presenti nel territorio ricercando “nuove attrattività”

per avviare un concreto rilancio del sistema turistico attivando strategie di sviluppo “multi-

funzionali”, dirette cioè alla diversificazione dell’offerta, e quindi maggiormente sostenibili

da un punto di vista ambientale ed economico. Accanto alla valorizzazione delle risorse pae-

saggistiche, naturalistiche, storico-culturali presenti sul territorio (Val d’Assa, incisioni ru-

pestri, campi di battaglia e fortificazioni della Grande Guerra…), con la realizzazione di una

rete di percorsi di visitazione, opportunamente segnalati ed attrezzati, rivolti alle diverse ti-

pologie di attività (escursionismo a piedi o a cavallo, mountain bike, nordic walking, sci e-

scursionismo,…), il P.A.T. delinea infatti un più generale programma di riqualificazione e

potenziamento dei servizi, delle attrezzature e degli impianti esistenti (riqualificazione e po-

tenziamento degli impianti per la pratica dello sci, realizzazione di nuove attrezzature sporti-

ve e ricreative, nuovo campo da golf, qualificazione e potenziamento delle strutture turistico

ricettive, realizzazione di nuove strutture specializzate per il relax ed il benessere, nuovi ser-

vizi alla persona (…), secondo modelli culturalmente avanzati, sia in funzione sia della popo-

lazione locale che di quella legata alla fruizione turistica. In tal senso – come si è già avuto

modo di evidenziare – il P.A.T. individua alcuni ambiti di eccellenza (“Contesti territoriali

destinati alla realizzazione di programmi complessi”) per i quali promuove la definizione di

appositi “progetti di rilevanza strategica” che dovranno attivare, anche attraverso la sotto-

scrizione di specifici Accordi di Programma, nuove sinergie e collaborazione tra gli Enti e

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66

soggetti coinvolti (sia pubblici che privati) in modo da conseguire concretamente gli obiettivi

enunciati”.

Sembra che, nonostante l’ampio ventaglio di indicazioni sul prossimo modello di sviluppo

turistico comunale, l’ipotesi di azioni strategiche in funzione del patrimonio culturale della

Valdassa sia qui più defilata. Restano comunque valide le indicazioni espresse nelle scelte

strategiche del sistema ambientale, auspicando che il compito del PI, di “rilevare le eccellen-

ze presenti (…) definendo le azioni finalizzare alla loro tutela e fruizione compatibile a scopo

didattico e turistico” consenta anche di valutare le reali potenzialità del contesto culturale in

termini di sostenibilità e futuro modello di sviluppo turistico.

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67

2. Forme di gestione e di finanziamento per la tutela, la valorizzazione e la

fruizione del patrimonio culturale

Molte sono le novità introdotte dal Codice e l’art. 115, che regola le “Forme di gestione”, è

senz’altro una di queste, rappresentando però soltanto uno dei tasselli di un sistema di scelte

che trova espressione anche in altre disposizioni legislative.

La riforma dell’articolo 117 Cost. (introdotta con. L. cost. n. 3/2011), assegnando la valoriz-

zazione dei beni culturali alla potestà legislativa concorrente, ne ha fatto uno degli ambiti sui

quali insistono competenze sia statali sia delle autonomie territoriali150. Il tema della gestione

dei beni culturali è poi direttamente connesso all’art. 118 Cost., che ai fini del riparto delle

funzioni amministrative detta i due principi della “sussidiarietà verticale” (decentramento

amministrativo-istituzionale) e della “sussidiarietà orizzontale” (apertura al privato)151.

In questo quadro, l’art. 115 del Codice prevede due possibili forme di gestione dei beni cultu-

rali: quella “diretta” , svolta “per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazio-

ni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provvi-

ste di idoneo personale tecnico” o “in forma consortile pubblica” (comma 2), e quella “indi-

retta” , che si attua “tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in for-

ma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono” o di appositi

soggetti giuridici da loro costituiti o partecipati (comma 3). Nel medesimo articolo si stabili-

sce quindi che la scelta fra le due soluzioni deve effettuarsi “mediante procedure di evidenza

pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti” in termini di sosteni-

bilità economico-finanziaria, aggiungendo che si potrà optare per la gestione indiretta solo “al

fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali” (comma 4).

Si definisce così il complesso sistema di “esternalizzazione” (o “outsourcing”) nella gestione

dei beni culturali, ovvero l’insieme delle soluzioni attraverso cui le amministrazioni pubbliche

assolvono i propri compiti istituzionali ricorrendo a risorse esterne, in particolare a finanzia-

menti e/o ad esperienze e mezzi dei privati152.

Per quanto concerne le forme di finanziamento, alla luce degli artt. 117 e 118 Cost. e degli

artt. 4, 5 e 112 del Codice, si può ipotizzare che la spesa per gli interventi di tutela e valoriz-

zazione dei beni culturali debba essere ripartita secondo una logica di compartecipazione re-

150 Barbati, Cammelli e Sciullo, 2004, pag. 193. 151 Ibidem, pag. 194. 152 Ibidem, pag. 197.

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golata da accordi, in base al principio di sussidiarietà e tenuto conto degli specifici obiettivi di

governo e sviluppo di una determinata area.

Per la partecipazione privata alla tutela e alla valorizzazione di un bene pubblico, oltre alla

possibilità di sponsorizzazione già citata nel paragrafo precedente e regolata fiscalmente

dall’art. 108, comma 2, del D. Lgs. 22 dicembre 1986, n. 917 (“Testo unico delle imposte sui

redditi” ), un’importante occasione si ha con l’art. 38 della L. 21 novembre 2000, n. 348 (c. d.

“legge sul mecenatismo”), confluita nell’art. 100, comma 2, lettera m), del TUIR. In base a

tale disciplina, le erogazioni liberali possono avere come beneficiari anche gli enti pubblici,

per un versamento massimo pari al 2% del reddito d’impresa dichiarato; il versamento effet-

tuato dalle aziende ne prevede la totale deducibilità.

Le motivazioni per una simile scelta aziendale sono almeno due, un significativo risparmio

fiscale e il fatto di aver contribuito alla salvaguardia del patrimonio culturale italiano153.

Altre forme di finanziamento sono gli accordi con le fondazioni bancarie, già citate al para-

grafo precedente. Per il caso del Tunkelbalt, l’Amministrazione Comunale di Roana sta predi-

sponendo una richiesta di cofinanziamento secondo le direttive del bando contenuto nel sito

web della Fondazione Cariverona154. E’ importante sottolineare che anche qui, nelle direttive,

è prevista una sostenibilità del progetto proposto.

153 www.skeda.info . 154 www.fondazionecariverona.org .

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3. Una proposta di valorizzazione e fruizione turistica del “Sistema Valdassa”

Si può certamente affermare che il restauro conservativo del Tunkelbalt sia l’azione prioritaria

da sostenere in questo momento; abbiamo visto come anche da solo questo sito funga da cata-

lizzatore all’interno dell’area culturale e la sua protezione e conservazione è strettamente cor-

relata ad ogni altro tipo di volontà di valorizzazione e fruizione turistica. E’ evidente inoltre

che, dopo un recupero strutturale del sito, solo attraverso i controlli e la manutenzione perio-

dica della parete sia possibile progettare azioni sostenibili a lungo termine.

E’ altresì auspicabile che questo sia solo uno, seppur fondamentale, di quegli elementi che

vanno a costituire il “patrimonio culturale Valdassa”.

Come si accennava in introduzione, molti sono gli interessi culturali ed ambientali della valla-

ta; dei più significativi di seguito si propone una tabella che rispetta il percorso geografico

partendo dalla sorgente dell’Assa in Vezzena per arrivare allo sbocco vallivo.

La tabella che segue vuol essere solamente una proposta esemplificativa dell’eventuale base

per una proposta turistica e culturale.

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70

BENE CULTURALE O AMBIENTALE

TIPOLOGIA DI INTERES-SE PRINCIPALE

PERIODO DI RIFE-RIMENTO

TEMPO DI VISITA

Forni fusori del Vezzena archeologico età del Bronzo 2 ore

Ecomuseo del Ghertele etnografico, storico, ambien-tale, miti e leggende

dal Medioevo ad oggi dalle 2 alle 5 ore

Tanzerloch geologico, naturalistico, miti e leggende

ere geologiche, epoca storica

2 ore

Ponte di Roana architettonico, storico dal 1906 1 ora

Siti Ponte, Ponte - Diga, Diga

archeologico, storico, natura-listico

dalla II^ Età del ferro (dubitativa) alla Gran-de Guerra

1 ora

Tunkelbalt archeologico, storico, geolo-gico, naturalistico

dall’Età del Bronzo (dub.) alla Grande Guerra

3 ore

Mulino della Rendela Etnografico, ambientale epoca storica 1 ora Stazione graffita di St. An-tönle

archeologico, religioso, stori-co, naturalistico

dal Medioevo (dub.) a epoca storica

2 ore

Siti graffiti di Romita I e II archeologico, religioso, stori-co, naturalistico

dal Medioevo (dub.) a epoca storica

2 ore

Sito Rössle archeologico, religioso, stori-co, naturalistico

epoca storica 1 ora

Grotte e cava del Bisele paleontologico, paletnologi-co, geologico, archeologico, storico, ambientale

dalla Preistoria ad e-poca storica

3 ore

Incisioni del Bisele archeologico, storico, religio-so, naturalistico

epoca storica 1 ore

Trincee e ripari del Bisele e Valdassa

storico, naturalistico, geolo-gico

Grande Guerra 2 ore

Grotta delle Selighen Bai-belen e Sorgenti Rust

naturalistico, geologico, miti e leggende

ere geologiche, epoca storica

2 ore

Villaggio protostorico del Bostel

archeologico, naturalistico dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro

3 ore

I dati qui contenuti sono solo parziali e ovviamente dovrebbero essere rivisti alla luce di una

loro applicazione per una proposta turistica, sia per la parte scientifica che per quella specifi-

catamente tecnico - organizzativa, ma intendono far riflettere sulle potenzialità che potrebbe

costituire la vallata ripensata in termini di prodotto culturale globale, integrato nelle sue diffe-

renti componenti.

Sono potenzialità tra l’altro già presenti e che avrebbero necessariamente bisogno di restauri,

ripristini e valorizzazione; non bisogna inoltre dimenticare le progettualità già esistenti, come

la creazione di orti botanici e di una rete di sentieri di collegamento o l’attraversamento stesso

dell’alveo seguendo la direttrice del canyon, sulle orme dei primi abitatori dell’altopiano tra

una natura selvaggia ed impervia dal sapore “preistorico”.

Un nuovo modo di intendere questo contesto culturale perseguirebbe anche le direttive

dell’attuale Codice e di tutti gli strumenti di governo del territorio fin qui esaminati, permet-

tendo la pianificazione degli interventi attraverso una visione comprensoriale.

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71

Non è un mistero che attualmente la gestione dell’Ecomuseo del Ghertele sia finanziariamen-

te insostenibile, che le stazioni graffite della Valdassa non siano mai state valorizzate adegua-

tamente, che il mulino della Rendela sia ai più sconosciuto o che le grotte del Bisele siano la-

sciate alla visita degli escursionisti più avventurosi; solo il Parco Archeologico del Bostel

funziona egregiamente sotto il punto di vista didattico e del tempo libero, ma è un’area che ha

seguito una linea autonoma di gestione, legata ad altri tipi di progetto.

Nel 2001, a seguito del programma comunitario Leader II già citato per l’Ecomuseo del

Ghertele, la Comunità Montana si avvalse dell’azione n. 37 per stampare il volume “Tracce

della Cultura Cimbra sulle rocce della Valdassa”155 e una serie di poster e dépliants che de-

scrivevano le stazioni graffite.

Il Comune di Roana allestì, con l’azione n. 3, un Laboratorio Archeodidattico sullo stesso

tema presso le ex scuole di Camporovere, ma dopo tre anni risultava già chiuso per problemi

di gestione; queste ed altre iniziative furono intraprese senza un vero e proprio progetto di co-

ordinamento, risultando spesso come azioni scollegate tra loro e con lo stesso contesto fisico

del bene.

Pensando ai processi di progettazione e valorizzazione delle altre località descritte sopra ci si

rende conto che dove sono stati realizzati, esse sono state pensate come entità autonome,

chiuse, senza correlazione con un ambito più vasto, presentando da subito delle difficoltà ge-

stionali; è difficile poter pensare oggi, visti anche i precedenti, ad una gestione dell’Ecomuseo

del Ghertele o degli altri luoghi non conglobate in una sorta di “parco culturale diffuso”, che

integri le caratteristiche individuali dei siti per offrire un prodotto turisticamente appetibile e

concorrenziale.

In questo il Comune di Roana si presenta come l’elemento trainante per il suo ruolo di Ente

proprietario della maggior parte del patrimonio qui descritto, ma è evidente che una proget-

tualità così complessa necessiterebbe della cooperazione e dell’appoggio degli altri enti locali

interessati ai benefici in termini di indotto turistico e di quel governo sovracomunale con cui

stipulare “accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione”156, oltre che di

una larga concertazione con la popolazione.

La costituzione di un Parco Archeologico o comunque l’istituzione di un ambito culturale cir-

coscritto, riconoscibile, un contenitore che sappia coniugare valori culturali ed ambientali,

trova nella Valdassa la condizione ottimale.

155 Si veda in bibliografia. 156 Art. 112, comma 4), Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.

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A fini squisitamente teorici, con lo scopo di illustrare a grandi linee le possibilità offerte da

questo grande bacino culturale, si propone di seguito un’idea di gestione dell’area, descriven-

do almeno il vertice organizzativo per un’eventuale valutazione di progetto.

Fatte proprie le indicazioni contenute all’art. 112, comma 4, del Codice, in merito ai piani

strategici di sviluppo culturale dell’area e determinata la forma di gestione prevista dall’art.

115, previa concertazione con le principali associazioni di categoria, gruppi culturali, turistici,

del tempo libero e collettività in genere, si dovrebbe procedere con una progettazione di tipo

bottom-up157, della quale si indicano gli elementi base di cui sopra, applicati alla reale situa-

zione del contesto e del “distretto turistico” di Asiago, riconosciuto territorio turisticamente

rilevante ed omogeneo dalla L.R.158 4 novembre 2002, n. 33, e succ. modd.:

- Direzione tecnico-scientifica: si ritiene sia necessaria una direzione tecnico-scientifica

per le peculiarità presenti nel sistema; esperti qualificati nel settore archeologico, stori-

co, etnoantropologico, artistico ed ambientale possono fornire le corrette indicazioni per

lo svolgimento di un programma turistico e culturale rigoroso e di una didattica coerente

e specializzata, oltre a mantenere i rapporti con le istituzioni accademiche e con gli enti

competenti in materia, a curare le pubblicazioni per la parte scientifica, a fornire pareri

per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio culturale, a or-

ganizzare seminari o convegni, ecc.; la sede della Direzione potrebbe essere individuata

nel costituendo Museo Archeologico dell’Altopiano dei Sette Comuni159 a Rotzo, che

nelle premesse presenta già alcune delle competenze richieste;

- Direzione organizzativa e gestionale: con i modi previsti dall’articolo 115 del Codice, la

direzione gestionale del complesso dovrebbe dotarsi di professionalità legate al campo

dell’organizzazione turistica; esperti di marketing territoriale, di economia del turismo,

di fund-raising, di brand management, di turismo incoming interni all’organizzazione o

con modalità outsourcing ad agenzie autorizzate160, di guide turistiche professionali161.

La stessa organizzazione potrà promuovere corsi di formazione e aggiornamento prope-

157 Forma di progettazione “dal basso verso l’alto”, nella quale si pianifica la soluzione partendo da una situa-zione iniziale per raggiungere l’obbiettivo prefisso attraverso un percorso sequenziale; può essere inteso anche a livello sociale, dove il progetto è largamente concertato con la popolazione di riferimento. Le interpretazioni sono ambedue condivisibili. 158 E’ il Testo Unico delle Leggi Regionali in materia di Turismo; prevede all’art. 13 i “Sistemi Turistici Locali” (STL), ovvero “contesti turistici omogenei o integrati”. L’Altopiano di Asiago, con i suoi otto Comuni, è indivi-duato come STL n. 11 all’allegato A. 159 Istituito con delibera di Giunta del Comune di Rotzo n. 13, del 23/07/2007. 160 Legge n° 33/2002 della Regione Veneto, artt. 62 e 63. 161 Ibidem, art. 82, comma 1).

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deutici all’esame di abilitazione per guida turistica o per persone interessate

all’argomento.

Dalla collaborazione tra il vertice scientifico, quello gestionale e dai vari soggetti pubblici e

privati coinvolti nel progetto, si potranno cercare le collaborazioni per l’offerta turistico-

culturale dell’intero Sistema Turistico Locale ed eventualmente per i programmi transfronta-

lieri previsti dal Piano d’Area162 “ Altopiano dei Sette Comuni, dei Costi e delle Colline Pe-

demontane Vicentine”. È infatti auspicabile che, in linea con la legislazione vigente, si cerchi

un’integrazione in termini di omogeneità dell’offerta turistica e del brand, e di coinvolgimen-

to delle attività imprenditoriali private per un obbiettivo di sviluppo comune.

La realtà culturale dell’Altopiano da sviluppare e proporre è già ricca di offerte integrabili con

questa idea: il progetto regionale dell’Ecomuseo della Grande Guerra163, il Sentiero del Si-

lenzio a Gallio, la rete dei musei naturalistici, storici ed etnografici, il Museo dell’Acqua di

Asiago, il Museo Diffuso di Lusiana che comprende il Villaggio Preistorico del Corgnon,

l’orto botanico, la Valle dei Mulini, il Parco del Sojo e il Museo Palazzon, la Cava Dipinta di

Rubbio sono solo alcune delle strutture e dei luoghi già visitabili.

Se a queste aggiungiamo le progettualità previste dai Piani Territoriali come il Parco Lettera-

rio di Tönle164 o la valorizzazione delle valli Frenzela, Gàdena e della Calà del Sasso ci si

potrà rendere conto che esiste un vastissimo ambito sul quale poter concepire una formula tu-

ristica attrattiva, che permetta di predisporre pacchetti turistico-culturali complessi ma omo-

genei, anche per periodi prolungati e che quindi non coinvolgano solamente l’escursionista,

ma anche il turista inteso in senso stretto165.

162 Cfr. paragrafo 3., Capitolo II. 163 www.ecomuseograndeguerra.it . 164 Dal romanzo di Mario Rigoni Stern, “Storia di Tönle”, Einaudi 1978. 165 Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, UNWTO), un turista è “chiunque viaggi in paesi diversi da quello in cui ha la sua residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte ma non superiore ad un anno.” L’escursionista è un turista atipico ed effettua la visita in giornata.

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CONCLUSIONI

Nel presente lavoro si è riflettuto sulle caratteristiche essenziali del patrimonio naturale e cul-

turale della Val d’Assa – e in particolare del Tunkelbalt – mettendone in evidenza i punti di

forza e le criticità e formulando alcune proposte di intervento per la loro tutela e valorizzazio-

ne.

A tal fine, nel primo capitolo si è ricostruita la morfogenesi della valle, con i suoi costituenti

geologici, dando conto anche di alcune curiosità mineralogiche; se ne è poi ripercorsa la sto-

ria, dai rinvenimenti pleistocenici alle tragiche vicende della Grande Guerra; infine, si sono

analizzati i suoi caratteri identificativi, dalla flora (con particolare attenzione alle piante rare)

alla fauna, dai relitti preistorici alle antiche strutture per i lavori dei pascoli e dei boschi, fino

alle più recenti opere architettoniche. Si è osservata quindi più da vicino la parete del Tunkel-

balt, descrivendola nei suoi vari aspetti e dedicando un apposito paragrafo alla questione, non

ancora risolta, della datazione cronologica dei glifi.

Nel secondo capitolo ci si è occupati dei profili giuridici della tutela e della valorizzazione del

Tunkelbalt e della Val d’Assa alla luce della disciplina statale e regionale in materia di beni

culturali e paesaggio e dei principali strumenti di pianificazione territoriale (PTRC, PTCP e

PAT) adottati dagli enti interessati. Si è cercato in questo modo di dare maggiore concretezza

all’analisi per arrivare alla formulazione di proposte realistiche e compatibili con il quadro

normativo e amministrativo.

Nel terzo capitolo, dedicato ai progetti di intervento sul Tunkelbalt dal suo ritrovamento ad

oggi, si è partiti da un’analisi della situazione attuale del sito, che può definirsi di vera e pro-

pria “emergenza archeologica”. Si sono quindi sintetizzati i vari progetti finora presentati per

la tutela e la valorizzazione della parete graffita, miranti a garantirne l’integrità, proteggendo-

la dall’azione degli agenti atmosferici e dal rischio di atti vandalici, a ripristinarne le condi-

zioni facendo ricorso alle più moderne tecniche di restauro e ad assicurarne la fruizione da

parte del pubblico, anche mediante la realizzazione di un apposito museo archeologico.

Nel quarto ed ultimo capitolo, specificamente dedicato alla valorizzazione della Val d’Assa,

dopo un breve quadro riassuntivo delle competenze in materia e delle relative fonti di finan-

ziamento, si sono evidenziate le grandi potenzialità dell’area dal punto di vista naturalistico e

culturale, avanzando alcune ipotesi di intervento ai fini di una fruizione turistica “sostenibi-

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le” 166, cioè compatibile con l’ambiente, la storia, le tradizioni e la realtà socio-economica

dell’Altopiano, in linea con le più recenti tendenze della politica italiana ed europea167.

Non va dimenticato, infatti, che il patrimonio naturale e culturale di un territorio, oltre a rap-

presentare un’esperienza unica per il turista, con caratteristiche irripetibili e irriproducibili

altrove, è innanzitutto l’espressione dell’identità delle popolazioni che vi risiedono. Un patri-

monio che, nel nostro caso, non è fatto soltanto di boschi, fiumi, laghi e montagne ma anche

di tradizioni, storia, lingua, usi e costumi: beni “intangibili” (o “immateriali” ) di fondamen-

tale importanza, che in Italia non hanno ancora un adeguato sistema di salvaguardia168, nono-

stante alcuni recenti tentativi in questo senso169.

Se anche uno solo dei suggerimenti, delle idee, delle proposte contenuti in questo lavoro con-

tribuirà ad ispirare l’azione di chi ha a cuore lo sviluppo futuro della Val d’Assa e dell’intero

comprensorio roanese, esso avrà dunque raggiunto il suo scopo.

166 Sulla definizione di “sviluppo sostenibile” v. il rapporto Il nostro futuro comune, elaborato dalla Commissio-ne mondiale sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite nel 1987 (c.d. “Rapporto Bruntland”), secondo cui la sostenibilità è un“equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie”. Per il turismo ciò avviene quando “le attività turistiche non alterano l’ambiente, non ostacolano lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche e nel contempo riescono a mantenersi vitali in un territorio turistico per un periodo di tempo illimitato. Tutto ciò mira a garantire la red-ditività del territorio nel lungo periodo con obiettivi di compatibilità ecologica, socio-culturale ed economica”. 167 A questo proposito è molto interessante la consultazione di www.climalptour.it, progetto finanziato dalla Comunità Europea il cui obiettivo è “ sviluppare strategie sostenibili di adattamento per il turismo nelle Alpi, per far fronte ai cambiamenti climatici in atto: un’ottima opportunità per pensare a nuovi modelli di turismo per le nostre Alpi”. 168 Come richiesto dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Parigi, 17 ottobre 2003) e per la protezione e la promozione delle diversità culturali (Parigi, 20 ottobre 2005). 169 Giampieretti, 2011, pp. 127-153.

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APPENDICE

1. La piana del Vezzena in Provincia di Trento, sorgente dell’Assa e

sito eneolitico …...………………………………………………

p.

78

2. L’ex stalla del Ghertele, ora sede dell’omonimo Ecomuseo, du-

rante la fase di costruzione di una carbonara ……………...……

p.

78

3. La piena del torrente Assa nei pressi di località Val Scaletta, il 1°

novembre 2010 ……………………………………….…..………

p.

79

4. La voragine del Tanzerloch durante l’allestimento di uno spetta-

colo teatrale per il Festival Cimbro Hoga Zait nel 2007…………

p.

79

5. L’orrido del Tanzerloch la sera della rappresentazione ...……..... p. 80

6. Il Ponte di Roana visto dal fondo della valle …………………….. p. 81

7. Il ponte ripreso dalla strada provinciale….…..…………………... p. 81

8. Sentiero di accesso alla parete graffita del Tunkelbalt, prima dei

lavori di sistemazione durante l’estate 2011……………................

p.

82

9. Area didattica allestita nei pressi del Tunkelbalt, dopo i lavori di

ripristino nell’estate 2011 ……………………………………...…

p.

82

10. Panoramica del roccione del Tunkelbalt …………………............ p. 83

11. Particolare dei settori nn. 8, 9 e 10 della parete ………....……... p. 83

12. Alcuni frammenti della crosta rocciosa caduti dalla parete … …... p. 84

13. L’evidente distacco di una porzione di roccia istoriata ...………... p. 84

14. L’imbrigliatura del terreno sovrastante il roccione, effettuato dal

Comune di Roana nel 2001 …………………..………..................

p.

85

15. Un cartello esplicativo danneggiato, all’interno dell’area recintata

del Tunkelbalt, all’inizio dell’estate 2011 ……………....…...…...

p.

85

16. La targa che evidenzia il vincolo archeologico ai sensi della L.

1089/39 per il sito del Tunkelbalt ……...........................................

p.

86

17. Una rappresentazione teatrale sul fondo della Valdassa, durante il

Festival Cimbro Hoga Zait, nel luglio del 2008 …………………

p.

86

18. La vallecola del Grabo, con il piccolo ruscello che azionava il

mulino della Rendela …………………..………............................

p.

87

19. Rudere dell’antico mulino della Rendela ……….……………….. p. 87

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20. Tracce dell’alzato dell’antico mulino della Rendela: all’interno è

visibile il foro che ospitava l’asse orizzontale per la ruota idrauli-

ca …..……………………………………………………………...

p.

88

21. Particolarità geologiche della Valdassa: blocco di selce in matri-

ce di Biancone ….………………………………………………...

p.

88

22. La grotta della Leute (o Loite) Kubala con il caratteristico masso

incastrato tra le pareti in località Bisele ……..................................

p.

89

23. Il riparo in roccia della Shaff Kugela sul sentiero di accesso al Bi-

sele ………………………………………………………………..

p.

90

24. Laboratorio di metallurgia protostorica al Bostel di Rotzo; sullo

sfondo la ricostruzione scientifica di una casa retica …….............

p.

90

25. Il disegno del Tunkelbalt, di Vittorio Corà……………………….. p. 91

26. Prove di pulitura e consolidamento di una piccola porzione di

roccia del Tunkelbalt, nell’estate 2010……………………………

p.

91

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