TURISMO, ARTE E CULTURA Barocco Ibleo … · 2016. 8. 20. · TURISMO, ARTE E CULTURA Un grande...

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Domenica, 14 Agosto 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it I l barocco ibleo è uno stile vivo che attraversa in maniera passionale e sanguigna gli uomini e i luoghi del territorio ragusano. Contrariamente alle altre espressioni artistiche del passato, il ba- rocco dell’antica Contea di Modica ancora oggi con- tinua il suo percorso creativo, investendo non solo i campi strettamente artistici ma anche quelli del vi- vere quotidiano. Nelle piazze e nelle strade, a Scicli come a Pozzallo, a Modica come a Ragusa, le espres- sioni dei volti sembrano la proiezione diretta degli intagli delicati e sensuali o ammiccanti e aggressivi, delle maschere e dei volti che popolano le curve fan- tasiose delle mensole o dei robusti conci di chiave dei monumentali portali. La linea continua di Rosa- rio Gagliardi, il più grande architetto del barocco si- ciliano, parte con forza e dinamismo dalle strutture avvolgenti delle due chiese di San Giorgio a Modica e a Ragusa e s’insinua negli spazi urbani attraverso le feste e le processioni, il ritmo vitale delle attività commerciali e artigianali. Penso in tal senso alla cioccolata speziata, croccante come la calcarenite iblea che con le sue sfumature bionde riveste chiese e case, conventi, palazzi e persino le stesse pareti rocciose sforacciate nella preistoria e murate da pic- coli prospetti disegnati. O alle focacce tipiche, dette vota-vota, come a suggerire il movimento avvolgen- te di uno stile, quello barocco, mai sopito. Il gesto è barocco e lo sguardo pure; la parlata è barocca come i profumi e i colori accesi di una sta- gione creativa ancora in pieno svolgimento. Il tutto è legato alla passione che trasmette la pietra, mai abbandonata ma puntualmente raccolta e compo- sta in filari di murassecco che tessono una trama ca- pricciosa sulle curve sensuali delle dolci colline che da Scicli e Comiso salgono verso gli altopiani, recin- tando fattorie fortificate e masserie lastricate con basolati regolari come fossero piazze urbane. Sì, il barocco ibleo non è stile esclusivo delle città poiché esso coinvolge anche i casolari di campagna, le vec- chie carraie che contrassegnano l’orografia del ter- ritorio, le edicole votive situate nei crocicchi o inca- stonate nei murassecco che fiancheggiano i piloni fantasiosi dei viali d’ingresso delle antiche ville, i santuari o i conventi extra moenia, scrigni questi ul- timi di dipinti e sculture di straordinaria bellezza. La sintesi dello stile è espressa in particolar modo dai centri storici di Scicli, Modica, Comiso e Ragusa in cui la continuità artistico-monumentale crea complessi urbanistici omogenei, quasi intatti nei loro equilibri originari. Non mancano comunque esempi originali di pregevole architettura a Chiara- monte Gulfi, Monterosso Almo, Giarratana e Acate. Anche Ispica, Pozzallo e Vittoria, pur annodate dai segni floreali di uno stile liberty nobilissimo, hanno emergenze imponenti dell’arte barocca in cui archi- tetti e stuccatori, scalpellini e pittori, fecero a gara per innalzare pietre e decori verso lo spazio celeste. D’altra parte il barocco ibleo va inteso anche come un grande atto di fede; la bellezza e l’espressione delle forme sono infatti preghiere in versione pla- stica rivolte al divino. Questo concetto si materializ- za in particolar modo nella chiesa di Santa Maria Maggiore ad Ispica, nella cui volta Olivio Sozzi di- pinse la terra e il cielo, gli uomini e Dio in un ab- braccio di carità e di fede. La struttura voltata, con i teneri colori dell’artista, si smaterializza e tra le fi- gure che si snodano a cornice si apre un tunnel ver- so il cielo. La chiesa barocca in tal modo non appare come uno spazio chiuso, ma diventa teatro dello spirito sotto il cielo infinito. La stessa tensione sacra si legge nei percorsi sacri che diventano assi di penetrazione dentro il vano chiesastico. Straordinario in tal senso è il temenos di San Giorgio a Ragusa. Il vano chiesastico si pro- ietta nel luogo urbano e la via civica penetra nella navata in una commistione straordinaria di senti- menti e di valori. La chiesa diventa strada e piazza, la strada invece si fa chiesa in una sacralità intima che ogni visitatore ama e rispetta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Barocco Ibleo TURISMO, ARTE E CULTURA Un grande atto di fede La bellezza e l’espressione delle forme sono come preghiere in versione plastica al divino che si materializzano nelle chiese Passione che resiste Un percorso creativo che continua oggi in linea di continuità attraversando i campi del vivere quotidiano dalla cucina alle feste On line Lo speciale sul Barocco Ibleo può essere consultato anche su www.corrierede lmezzogiorno.it Uno stile chiamato Sicilia di Paolo Giansiracusa

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Domenica, 14 Agosto 2016 www.corrieredelmezzogiorno.it

I l barocco ibleo è uno stile vivo che attraversa inmaniera passionale e sanguigna gli uomini e iluoghi del territorio ragusano. Contrariamentealle altre espressioni artistiche del passato, il ba-

rocco dell’antica Contea di Modica ancora oggi con-tinua il suo percorso creativo, investendo non solo icampi strettamente artistici ma anche quelli del vi-vere quotidiano. Nelle piazze e nelle strade, a Sciclicome a Pozzallo, a Modica come a Ragusa, le espres-sioni dei volti sembrano la proiezione diretta degliintagli delicati e sensuali o ammiccanti e aggressivi,delle maschere e dei volti che popolano le curve fan-tasiose delle mensole o dei robusti conci di chiavedei monumentali portali. La linea continua di Rosa-rio Gagliardi, il più grande architetto del barocco si-ciliano, parte con forza e dinamismo dalle struttureavvolgenti delle due chiese di San Giorgio a Modicae a Ragusa e s’insinua negli spazi urbani attraverso lefeste e le processioni, il ritmo vitale delle attività commerciali e artigianali. Penso in tal senso alla

cioccolata speziata, croccante come la calcarenite iblea che con le sue sfumature bionde riveste chiesee case, conventi, palazzi e persino le stesse paretirocciose sforacciate nella preistoria e murate da pic-coli prospetti disegnati. O alle focacce tipiche, dettevota-vota, come a suggerire il movimento avvolgen-te di uno stile, quello barocco, mai sopito.

Il gesto è barocco e lo sguardo pure; la parlata èbarocca come i profumi e i colori accesi di una sta-gione creativa ancora in pieno svolgimento. Il tuttoè legato alla passione che trasmette la pietra, mai abbandonata ma puntualmente raccolta e compo-sta in filari di murassecco che tessono una trama ca-pricciosa sulle curve sensuali delle dolci colline cheda Scicli e Comiso salgono verso gli altopiani, recin-tando fattorie fortificate e masserie lastricate conbasolati regolari come fossero piazze urbane. Sì, ilbarocco ibleo non è stile esclusivo delle città poichéesso coinvolge anche i casolari di campagna, le vec-chie carraie che contrassegnano l’orografia del ter-

ritorio, le edicole votive situate nei crocicchi o inca-stonate nei murassecco che fiancheggiano i pilonifantasiosi dei viali d’ingresso delle antiche ville, isantuari o i conventi extra moenia, scrigni questi ul-timi di dipinti e sculture di straordinaria bellezza.La sintesi dello stile è espressa in particolar mododai centri storici di Scicli, Modica, Comiso e Ragusain cui la continuità artistico-monumentale creacomplessi urbanistici omogenei, quasi intatti neiloro equilibri originari. Non mancano comunqueesempi originali di pregevole architettura a Chiara-monte Gulfi, Monterosso Almo, Giarratana e Acate.Anche Ispica, Pozzallo e Vittoria, pur annodate daisegni floreali di uno stile liberty nobilissimo, hannoemergenze imponenti dell’arte barocca in cui archi-tetti e stuccatori, scalpellini e pittori, fecero a garaper innalzare pietre e decori verso lo spazio celeste.D’altra parte il barocco ibleo va inteso anche comeun grande atto di fede; la bellezza e l’espressionedelle forme sono infatti preghiere in versione pla-

stica rivolte al divino. Questo concetto si materializ-za in particolar modo nella chiesa di Santa MariaMaggiore ad Ispica, nella cui volta Olivio Sozzi di-pinse la terra e il cielo, gli uomini e Dio in un ab-braccio di carità e di fede. La struttura voltata, con iteneri colori dell’artista, si smaterializza e tra le fi-gure che si snodano a cornice si apre un tunnel ver-so il cielo. La chiesa barocca in tal modo non apparecome uno spazio chiuso, ma diventa teatro dellospirito sotto il cielo infinito.

La stessa tensione sacra si legge nei percorsi sacriche diventano assi di penetrazione dentro il vanochiesastico. Straordinario in tal senso è il temenosdi San Giorgio a Ragusa. Il vano chiesastico si pro-ietta nel luogo urbano e la via civica penetra nellanavata in una commistione straordinaria di senti-menti e di valori. La chiesa diventa strada e piazza,la strada invece si fa chiesa in una sacralità intimache ogni visitatore ama e rispetta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Barocco IbleoTURISMO, ARTE E CULTURA

Un grande atto di fedeLa bellezza e l’espressione delle forme sono come preghiere in versione plastica al divinoche si materializzano nelle chiese

Passione che resisteUn percorso creativo che continua oggiin linea di continuitàattraversando i campidel vivere quotidianodalla cucina alle feste

On lineLo speciale sul Barocco Ibleo può essere consultato anche su www.corrieredelmezzogiorno.it

Uno stile chiamato Sicilia

di Paolo Giansiracusa

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PA2 Domenica 14 Agosto 2016 Corriere del Mezzogiorno

G rotteschi, corrucciati,dalla mimica faccialenon troppo friendly,sono i mascheroni che

decorano molte delle case delterritorio ibleo. Sono mostribarocchi che sorreggono i bal-coni dei palazzi nobiliari, lecui smorfie allegoriche sonoscolpite con maestria nellapietra. Uno dei massimi sim-boli di questi elementi archi-tettonici prettamente decora-tivi è il Palazzo Beneventano aScicli, esempio bizzarro diquanto lo stile tardobaroccoisolano possa essere al con-tempo ampolloso, arzigogola-to e sorprendentemente “cu-stomizzato” rispetto a quellodel resto dell’Italia. Questi ele-menti, appunto custum, sonofantasiosi e unici nel loro ge-nere perché oltre ad avere unabalaustra panciuta e possentein ferro battuto, sono caratte-rizzati soprattutto da lesenebugnate arricchite da due testedi moro in alto che contorna-no lo stemma di famiglia e daSan Giuseppe in basso. Cia-scun balcone di Palazzo Bene-ventano possiede i suoi ma-scheroni antropomorfi, alcuniriprendono per forma le scor-ribande dei Saraceni e dei pi-rati del Mediterraneo e la loroconseguente cattura. Avveni-menti cruenti, spesso accom-pagnati da sanguinose batta-glie, rendono le espressioni diqueste sculture aggressive,spaventose o spaventate, pro-prio a voler narrare la paurapercepita durante quelle cir-costanze. Quest’appariscentedecorativismo ha permessoperò al palazzo sciclitano dipassare sotto il segno del-l’Unesco, ricevendo la prote-zione del Patrimonio Mondia-le dell’Umanità.

Qualcuno in dialetto li chia-ma cagnuoli, indicando lemensole in forma canina chetengono in piedi i cornicioni ele logge dei palazzi signorili.Quelli presenti nelle abitazio-ni storiche della Val di Notohanno tutte il medesimo traitd’union: venivano incastratinel setto murario, sorreggen-

do così le lastre in pietra deibalconi. Le maschere nasconoconcettualmente dall’esigenzadi “mascherare” le soluzionistrutturali con decori estetica-mente più avvenenti. Se sipensa però ai dettagli dell’artegotica, cioè i gargoyles presen-ti nelle cattedrali gotiche si no-ta una netta somiglianza con imascheroni siciliani. Come idoccioni gotici che servonoper lo scarico delle acque pio-

vane, così anche le mascheresicule appaiono deformi pro-prio per esorcizzare e proteg-gere l’edificio in cui sono po-ste quasi come guardiane, al-lontanando così gli spiriti ma-ligni. Qualche esperto credeche siano la trasposizione in pietra delle paure dell’uomo; una cosa è certa, ancora oggiquesti personaggi goffi e ani-maleschi riescono ad attirarel’attenzione dei passanti.

biare espressione e direzionedello sguardo. Rimane im-presso nella memoria per viadelle tre potenti mask che loabbelliscono, il Palazzo Berti-ni. Tre maschere del teatro cherappresentano gli aspetti ne-gativi della natura umana. La prima raffigura il povero de-forme con lingua di fuori, den-ti mancanti e naso enorme,simbolo di chi non possiede

nulla. Poi c’è il commerciantecon un turbante orientale ebaffi, emblema di chi ha tuttoe tutto può, grazie al suo dena-ro. Al centro, tra ricchezza epovertà, è rappresentato il si-gnore benestante, con sguar-do fermo, sicuro, può far tuttoe rappresenta il potere politi-co, l’aristocrazia. Dettaglio danon sottovalutare è la masche-ra del signore benestante,scolpita in posizione frontale,mentre, le altre due volgono losguardo verso direzioni oppo-ste come in fondo è il loro stiledi vita.

Grifoni alati, aquile, figureleonine nascono dalla mae-stria di scalpellini che nutronocon la loro bravura le credenzepopolari che altrimenti si sa-rebbero già estinte. E se Au-drey Hepburn nella celebrepellicola Vacanze Romane cre-deva che la maschera dellaBocca della Verità le mangias-se la mano ad una sua bugia,allora perché non continuare acredere ai messaggi allegoricie alle metafore che evocanoqueste maschere così arrab-biate, in bilico tra storia e leg-genda?

Venera Coco© RIPRODUZIONE RISERVATA

Volti impauriti dall’incertez-za della vita decorano anchePalazzo Cosentini e PalazzoBertini a Ragusa. Tutto l’oppo-sto dei putti angelici che fannoda guardia alle navate dellechiese e basiliche, i maschero-ni inseriti nel prospetto di Pa-lazzo Cosentini sembranoquasi schermire chi ci passeg-gia sotto e ritraggono musici-sti, saltimbanco e mascherebarbute che sembrano cam-

Moda

I mascheroni delle facciate nobiliari hanno ispirato anche una stilista ragusana: il brand di borse luxury Monya Grana Hybla, che ha come tratto distintivo proprio i simboli barocchi del made in Sicily, presenterà per la prima volta la sua collezione primavera estate 2017 “Fashion innovation” al Mipel di Milanodal 3 al 6 settembre.

Simboli d’arte

Smorfie d’epocaAlcuni dei tanti mascheroni che decorano facciate e balconi di antichi palazzi nobiliari del Barocco Ibleo

I creativi 2.0 oltre a possedere abilità manuali devono conoscere e utilizzare a menadito le nuove tecnologie per creare i loro prodotti. Mariano Zisa è uno di questi: artista del 3D è riuscito a renderizzare i prospetti dei più importanti monumenti della Val di Noto e a trasformarli, tramite la ceramite, la polvere di mais e la cioccolata modicana, in modellini in scala. Le chiese sciclitane di San Giovanni Evangelista, San Bartolomeo, e Santa Maria Nuova, il Castello di

Donnafugata a Ragusa, la cattedrale di San Nicolò a Noto e il Duomo di San Giorgio a Modica diventano così testimonianze digitali delle capacità artistiche di maestri scalpellini della zona Sud Est della Sicilia. Di recente, Zisa insieme al maestro cioccolatiere Aldo Puglisi ha creato “I Faccioni del Val di Noto”, otto mascheroni in cioccolato che si trovano solitamente sugli archi di volta dei palazzi in stile tardo barocco e un tempo servivano ad esorcizzare le forze del male. (Ve. Co.)

TecnologiaMonumenti, chiese e castelli“stampati” in 3D

Mascheroni tra storia e leggenda Grotteschi, spaventosi oppure spaventati decorano i balconi dei palazzi nobiliariSecondo la tradizione proteggono gli edifici e chi ci abita dagli spiriti maligni

Contro i piratiIl Palazzo Beneventano a Scicli ha elementi architettonici fantasiosisugli assalti saraceni

Rinasce via Roma, salotto buono e luogo d’incontri a RagusaLa mostra itinerante voluta dagli architetti rilancia l’importante arteria nel cuore antico della città

R inasce come la fenice. Via Roma nelcuore del centro storico di Ragusa,dopo anni di dissidi e scontri, anchesulla possibilità di riaprirla al traffico

veicolare, torna ad essere il luogo dell’incon-tro, del commercio e della convivialità. Unastrada dalle enormi potenzialità che ha sof-ferto per anni la difficile gestione di un luo-go che invece deve e può essere il rilancio per l’intera cittadina. Fino allo scorso 7 lu-glio la Fondazione Arch e l’Ordine degli ar-chitetti di Ragusa, con il patrocinio del Co-mune, della Soprintendenza, del diparti-mento di protezione civile di Ragusa, del-l’Ance Ragusa, di Inarch Sicilia (Istitutonazionale di architettura) e dell’Aiac (Asso-ciazione italiana di architettura e critica), haallestito una mostra itinerante che ha cam-biato il volto della strada.

Si è trattato di due strutture parallele, il la-to a ovest ha previsto la successione ritmica

di 80 portali in legno di abete per una lun-ghezza di 120 metri. lungo tutto il ponte. Sullato est è stata installata una struttura ondu-lata costituita da tavole di abete alte 6 metri.poste in opera a formare una sinusoide on-dulata. Queste due strutture hanno accolto

tre mostre: quella dei progetti degli architet-ti iblei, la mostra del fotografo di architetturaMoreno Maggi con opere di Renzo Piano eMassimiliano Fuksas e una mostra di foto-grafie con dati statistici e documenti dei ter-remoti in Italia, dal Belice all’Emilia, in colla-borazione con il dipartimento di Protezionecivile di Ragusa. Il progetto dell’allestimentoha voluto sensibilizzare sul tema della quali-tà dell’architettura che vuol dire soprattuttoqualità strutturali sicure e sostenibili. Lasuccessione dei portali, con la sua regolaritàe il suo ritmo costante, rappresenta l’archi-tettura stabile e vivibile. La struttura ondula-ta rappresenta gli effetti del sisma, la sua ter-ribile forza e le ricadute devastanti che il ter-remoto ha sulle persone e sugli edifici, testi-moniati dalle fotografie dei principali eventisismici avvenuti in Italia dal terremoto delBelice del 1968 a quello in Emilia del 2012.Eventi che hanno segnato la storia d’Italia e

che impongono una riflessione sulle costru-zioni architettoniche. Il ponte è stato resopedonale con una pavimentazione in mo-quette, una lunga strisca di colore rosso a simboleggiare un diagramma sismico.

Nel frattempo dopo anni è entrato in fun-zione l’ascensore pubblico che collegheràvia Roma con la sottostante via Natalelli. Lastruttura, ultimata nel 2006, non era mai en-trata in esercizio per la mancanza del proce-dimento autorizzativo necessario. Il sindacodi Ragusa Federico Piccitto ha dichiara-to:«con la messa in esercizio dell’ascensoredi via Roma eliminiamo una ‘ferita’ da tantotempo aperta nel centro storico della città.L’ascensore sarà uno strumento di collega-mento tra via Roma e la sottostante Vallata Santa Domenica che diventerà un parco ur-bano».

Roberto Chifari© RIPRODUZIONE RISERVATA

I tre simboliPalazzo Bertini a Ragusa: in tre volti i lati umani oscuri tra ricchezza e povertà

Via Roma Nei giorni della mostra d’architettura

Poster art

La giunta comunale di Ragusa ha previsto l’utilizzo di spazi pubblici per installazioni di poster art, sculture, tele e stands espositivi nell’area di via Roma.

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Corriere del Mezzogiorno Domenica 14 Agosto 2016 PA3

Percorsi

R ipercorrere le antichetratte ferroviarie a bor-do di una locomotivad’altri tempi per risco-

prire gli scorci più belli del-l’isola, con la formula delloslow train. L’iniziativa «i bina-ri della Cultura in Sicilia», pro-mossa dall’assessorato al turi-smo in collaborazione con laFondazione Ferrovie dello Sta-to e Trenitalia, ha avviato perl’estate 2016 un turismo ecoso-stenibile nell’isola. Sono tre gliitinerari che quest’estate han-no dato la possibilità ai viag-giatori di ripercorrere le trattepiù affascinanti dell’isola: daSiracusa a Donnafugata, daScicli a Ragusa, da Noto a Mo-dica. E ancora, da Agrigento aPorto Empedocle e da Cataniaa Taormina. Sulle mitiche“Centoporte”, le carrozze deglianni Trenta, trainate da unalocomotiva diesel d’epoca, il«Treno del Barocco» conducei viaggiatori alla scoperta dellaVal di Noto. A bordo del «Tre-no dei Templi» invece, saràpossibile affrontare un viaggioda Porto Empedocle ad Agri-gento volutamente lento perapprezzare i paesaggi dellacampagna agrigentina e visita-re il Parco Archeologico dellaValle dei Tempi, patrimoniomondiale dell’Umanità, e ilGiardino di Kolymbethra. E in-

fine, il «Treno del Mito» a bor-do delle carrozze d’epoca deglianni Sessanta, accompagna ituristi sulla vecchia ferroviache corre veloce sulla costa jo-nica, tra il mare e l’Etna, per treappuntamenti serali al TeatroAntico di Taormina, nell’ambi-to dell’iniziativa «AnfiteatroSicilia».

Per visitare gli Iblei e il trian-

golo del barocco si parte da Si-racusa e si arriva a Donnafuga-ta, toccando prima Noto, quin-di Scicli, Modica e Ragusa. Abordo delle storiche automo-trici delle Ferrovie dello Stato trainate da una locomotivadiesel d’epoca D445 alla sco-perta della Val di Noto, tra i pa-esaggi e le affascinanti archi-tetture Patrimonio dell’Une-

sco, milleseicento turisti pos-sono godere di un viaggiovolutamente lento per apprez-zare i suggestivi paesaggi at-traversati, visitare la zona delRagusano e apprezzare un luo-go unico e affascinante.

L’iniziativa partita a luglio eproseguita anche ad agosto havoluto promuovere un turismoche non va mai di fretta e che

ha incontrato il favore del pub-blico.

Le prossime date sono il 4settembre da Siracusa a Don-nafugata passando per Comi-so. Giorno 11 settembre: da Si-racusa a Scicli e Ragusa, men-tre l’ultima tappa il 18 settem-bre: da Siracusa a Noto eModica.

E per chi si dovesse fermarea Scicli, resa celebre per essereil set di alcune scene del Com-missario Montalbano, il colleSan Matteo è un luogo imper-dibile per il viaggiatore chevuole scoprire la Sicilia più au-tentica. Ricca di chiese e palaz-zi, di pitture e sculture, la citta-dina mostra innumerevoli at-trazioni artistiche e naturali-stiche tanto da essere statariconosciuta patrimonio mon-diale dell’umanità.

La chiesa di San Matteo col-locata sul pendio di una colli-na rocciosa, è il simbolo dellacittà tardo barocca, un tempomatrice di Scicli. Si giungescendendo dalla piazza cen-trale del paese per arrivare fi-no in cima. La chiesa, di recen-te ristrutturazione, colpisce per la luce data dalla pietra bianca utilizzata che assumeun colore dorato nelle ore deltramonto. Non è ancora possi-bile vedere l’interno, ma giàdall’esterno si erge maestosasu tutta la città di Scicli. Dalparapetto è possibile ammira-re un panorama mozzafiatosulla città addormentata sulcolle.

Roberto Chifari© RIPRODUZIONE RISERVATA

Siracusa, Noto, Ragusa Ibla, Modica, Scicli, Sampieri e Pozzallo. Sono le tappe del Bus Barocco che per ogni sabato di agosto, permette ai turisti di fare un’escursione alla scoperta delle città della Val di Noto e delle bellezze patrimonio dell’Unesco nel sud-est della Sicilia. Il collegamento charter in pullman è un’idea che nasce dalla collaborazione fra Confcommercio Siracusa, l’agenzia di viaggi Hereatours e la società di trasporto pubblico siciliana Sais Autolinee. Il bus barocco parte ogni

sabato alle ore 8.30 dal piazzale delle Poste del capoluogo aretuseo. La prima tappa del tour è Noto, città capoluogo del barocco. All’ora di pranzo, la sosta è a Ragusa Ibla. Qui i turisti hanno a disposizione tre ore per seguire un percorso ricco di monumenti e di luoghi resi celebri dalla penna di Andrea Camilleri. Nel primo pomeriggio il viaggio continua alla volta di Modica e Scicli e prima del rientro a Siracusa – previsto per le ore 20.30 – due brevi visite anche a Sampieri e Pozzallo

L’alternativaTutti in autobussui luoghi raccontatida Andrea Camilleri

Tour negli Iblei sul treno anni TrentaTurismo ecosostenibile con le mitiche carrozze “Centoporte”. Viaggi slow su antiche tratte

Cartolinedal baroccoPalazzo Beneventano a Scicli e una veduta panoramica della città di Ragusa

Modica

È tra le più pittoresche città di tutta la Sicilia. Situata nell’area meridionale dei monti Iblei, è divisa in due originali aree: Modica Alta, le cui costruzioni quasi scalano le rocce della montagna, e Modica Bassa, giù nella valle, dove un tempo scorrevano i due fiumi Ianni Mauro e Pozzo dei Pruni, poi ricoperti a causa delle numerosi alluvioni, e dove è ora situato il Corso Umberto, sito storico della città.

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Corriere del Mezzogiorno Domenica 14 Agosto 2016 PA5

Luoghi del cuore

«È verso PalazzoloAcreide che viconverrà volgerei passi dove non

solo piace la fisionomia sette-centesca dell’abitato, ma sedu-cono le rovine dell’epoca gre-ca». Così lo scrittore sicilianoGesualdo Bufalino incuriosivai suoi lettori ad ammirare lebellezze della cittadina in pro-vincia di Siracusa, insignitadall’Unesco della sua massimaonorificenza, ovvero eletta Pa-trimonio dell’Umanità, e chefa parte del circuito dei borghipiù belli d’Italia. Abbracciatada una serie di centri abitatidel comprensorio ibleo, Palaz-zolo Acreide conserva la suaforma triangolare e tracce la-sciate dai Siculi (X-XI sec. a.C)e dai loro insediamenti nellenecropoli nei dintorni alla cit-tadina.

Insieme a Caltagirone, Mili-tello in Val di Catania, Catania,Noto, Ragusa, Scicli e Modica,Palazzolo è tra le città baroc-che della Val di Noto. I greciche la fondarono gli assegna-rono il nome di Akrai, dopo diche si susseguirono numerosedominazioni nel corso dei se-coli: da quella romana alla bi-zantina, dalla araba alla nor-manna.

per poi trovare, girato l’angolo,veri e propri tesori barocchi.Sul corso Vittorio Emanuele,infatti, dominano i palazzi Piz-zo, Puglisi Mortellaro e Judica,Palazzo Zocco su Piazza Um-berto, Palazzo Ferla (oggi Pri-cone), dopo la via Maestranza,mentre, su via Garibaldi, il Pa-lazzo Iudica-Cafici (oggi Caru-so) vanta una preziosa balco-nata che conta ben ventisette mascheroni.

portale in bronzo raffigurantela vita del santo patrono.

La chiesa dedicata a San Se-bastiano, invece, è stata rico-struita nel primo ventenniodel ‘700 dal mastro-architettoMario Diamanti cui si deve lafacciata suggellata da una sce-nografica scalinata.

Nelle due piazze antistantialle chiese si svolgevano dueveglioni, Pippo Fava li descri-veva così nelle sue “Pagine”:«bisogna dire che ogni cosa sifacesse in questo paese dovevaessere fatta due volte e spessol’una contro l’altra, come cifossero nel paese due anime:l’una raccolta attorno alla vec-chia chiesa di San Paolo nel cuore della vallata, il quartierepiù antico e decaduto, dove vi-vevano soprattutto le famigliebaronali e i contadini: l’altrosulla cima del monte, raccoltoattorno alla chiesa di San Se-bastiano, nel quartiere nuovodove c’era adunata la borghe-sia degli impiegati, negozian-ti, professionisti, dov’erano ilcorso, il bar, il municipio e ilteatro». «Cortese, dolce, ama-bile, gentile paese mio», que-ste le parole del giornalista neiconfronti di Palazzolo Acreidedi cui conosceva «ogni angolo,ogni pietra di questo luogo, lescalinate segrete che si infila-no tra le case e sbucano sull’al-to del monte, i minuscoli cor-tili, le antiche strade settecen-tesche, le fontane...»

Venera Coco© RIPRODUZIONE RISERVATA

Palazzolo Acreide il borgo più belloFondata dai greci, è impreziosito da chiese e monumenti in stile tardo-baroccoIl Palazzo Iudica-Cafici (oggi Caruso) vanta una balconata con ben 27 mascheroni

La città

Palazzolo Acreide (9.204 abitanti, 670 metri s.l.m.) si trova in provincia di Siracusa ed è un luogo al centro di numerosi itinerari turistici Dista 45 chilometri da Siracusa e fa parte del comprensorio degli Iblei. È patrimonio dell’Unesco.

Tante anche le chiese, tracui spicca la Chiesa dell’An-nunziata, la Chiesa Madre, laChiesa di San Sebastiano (1720– 1768) e la Basilica di San Pao-lo (1720 – 1730). Proprio que-st’ultimo edificio di culto pos-siede una splendida facciatabarocca realizzata probabil-mente dal netino Vincenzo Si-natra, ma anche una scalinatadisposta su due rampe di di-versa larghezza ed un ampio

Ma come una fenice, dopo ilcatastrofico terremoto che ladistrusse nel 1693, rinasce investe settecentesca, imprezio-sita da grandi chiese e palazzimonumentali, tutti in stile tar-do-barocco.

Palese è la commistione dilinguaggi architettonici diffe-renti: ci sono tracce delle rovi-ne della vecchia polis greca, lesuccessive ricostruzioni adopera di romani e bizantini,

Il santo patronoLa chiesa di San Sebastiano, protettore di Palazzolo Acreide. Fu ricostruita nel ‘700

«Dio è energia», a Comiso la Pagoda della Pace compie trent’anniIl tempio buddista si trova sulla faglia d’incontro tra l’Africa e l’EuropaFesteggia trent’anni dalla sua costruzione la pagoda buddista di Comiso, nota come Pagoda della Pace. Il tempio si erge sopra una collina davanti all’ex base missilistica della Nato di Comiso ed è uno dei pochi esempi in Europa (ne esistono 80 in tutto il mondo). Fortemente voluto dal monaco giapponese Gyosho Morishita, è collocato sulla faglia d’incontro tra Africa ed Europa, un luogo fortemente energetico, aspetto che i

buddisti non sottovalutano, poiché per loro “Dio è energia”. Morishita ha fatto di questo monumento un simbolo di pace e preghiera: dalla Guerra Fredda al Muos, fino agli sbarchi dei migranti che arrivano da Lampedusa. La piccola cupola della Pagoda possiede una rientranza che ospita la statua dorata del Buddha; lì si celebrano sia la nascita del Buddha che l’anniversario della costruzione de tempio. (Ve. Co.)

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PA6 Domenica 14 Agosto 2016 Corriere del Mezzogiorno

Ambiente Nel Ragusano c’è il più antico stabilimento balneare, tra i più antichi di Sicilia. Siamo a Marina di Ragusa presso il Lido Azzurro. Azzurro come il cielo e il mare. Bianco, come il colore dei gelsomini. E nero, come il bianco-e-nero retrospettivo del film Divorzio all’italiana, in cui ti fanno tuffare le tante finestre senza spigoli aperte in bilico sul mare. E qui, annesso al lido, il ristorante da Serafino 1953. Già dal nome si capisce che siamo di fronte a una

realtà storica del litorale ibleo. Il ristorante venne fondato sessanta anni fa da Serafino La Rosa, oggi a gestirlo ci sono i figli Pino e Antonio. Sabbia finissima, mare azzurro brillante e, come se non bastasse, anche una cucina di pesce di alto livello sono i punti di forza di questo stabilimento balneare. Cento lettini disposti in 1.200 metri quadrati di spiaggia e la possibilità di pranzare o cenare con lo sfondo del mare. (r. c.)

La curiositàLido AzzurroQuando la storiasi ferma in Sicilia

Supplemento della testata

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La “testa di turco”, leccornia dei vinti che piace ai vincitoriIl miracolo dell’apparizione della Madonna nella battaglia contro i saraceni

H a la forma di un turbante, il leggendariodolce sciclitano chiamato “Testa di tur-co”. Ad esso, infatti, è legata una leggen-da ambientata nella notte di marzo del

1091 dopo Cristo, nella piana di Donnalucata. Lì sicrede si sia combattuta l’ultima e decisiva batta-glia fra Normanni, capeggiati dal conte Ruggero,contro gli invasori saraceni, guidati dall’emiroBelcane. La sorte degli sciclitani era ormai segna-ta e proprio quando sembrava vicina la sconfitta,ecco avvenire il miracolo dell’apparizione della Madonna delle Milizie che, in sella al suo cavallobianco, vestita con un manto celeste, una coronad’oro in testa e la spada nella mano destra, salva iCristiani (sciclitani), sconfiggendo gli infedeliSaraceni. Che sia storia o leggenda non è dato sa-perlo, però una cosa è certa, il prodotto dolciarioè rimasto uno dei segni degni di nota dell’anticocombattimento. Godurioso e soffice, al primo as-saggio i denti affondano nella crema pasticcierao nella ricotta vaccina dolce.

Definito dai pasticceri iblei, la leccornia deivinti, quest’enorme bignè realizzato con farina,strutto, uova ed una generosa spolverata di zuc-chero a velo, è uno dei dolci rappresentativi dellatradizione saracena, portavoce di tutte le varie pratiche dolciarie in Sicilia. Se prima veniva con-sumato unicamente durante il periodo della fe-

sta patronale dedicata alla Madonna delle Mili-zie, oggi invece si trova tutto l’anno nelle varie pa-sticcerie della zona. Però solo durante i giorni della festa si può assistere alla Sagra delle Testedi Turco, dove le migliori pasticcerie di Sciclipropongono la loro interpretazione del dolce ti-pico. Oltre a poter gustare l’insolito dolce, la festadella “Madonna a Cavallo” che cade, di anno inanno, l’ultimo sabato di maggio, è una dellegrandi rappresentazioni folkloristiche siciliane,non a caso è stata narrata anche dallo scrittoreElio Vittorini ne Il garofano rosso e tutelata dal-l’Unesco come “Eredità Immateriale”. Non capitaspesso di ritrovarsi all’interno di un “festino”(con annessi costumi d’epoca), che ricorda i rac-conti cavallereschi del ‘500 e di ammirare una Madonna guerriera con tanto di spada issata alcielo, oggi più che mai simbolo di fierezza e di te-merarietà femminile.

Venera Coco© RIPRODUZIONE RISERVATA

la lepre, il riccio, l’istrice, il to-po quercino e varie specie dipipistrelli. Vi è anche una riccavarietà di uccelli: dal cardelli-no all’upupa, ma anche ser-penti, ramarri, tartarughe, ro-spi, rane e il granchio del fiu-me.Una biodiversità unica cheva tutelata e per questo alcuneorganizzazioni turistiche or-ganizzano, proprio all’internodella riserva naturale, percorsinaturalistici per scoprire da vi-cino le bellezze di un territoriounico. Un turismo – quello apiedi – che permette di scopri-re attraverso il trekking il pia-cere di restare a contatto con lanatura e riscoprire l’isola.

E sempre nell’area ambien-

T ra i fiumi Ippari e Acate,in territorio di Vittoria,Comiso e Ragusa, siestende la riserva natu-

rale Pino d’Aleppo, un’area na-turale che si sviluppa per circatremila ettari. La riserva pren-de il nome da pino d’Aleppo,una varietà di pino specificadella Sicilia, in via di estinzio-ne, residuo di un vecchio bo-sco. L’albero di forma irregola-re, può raggiungere anche idieci metri di altezza e propriola sua strana forma lo ha resouna specie unica. La superficiedella riserva non si presentaomogenea ma frammentata inpiccole aree anche perché neltempo è stata interrotta da col-ture di serre e vigneti. Ciò cheè possibile osservare oggi è ilresiduo in un’antica forestadenominata Saltus Camari-nensis. Al di là dei nomi, la pi-neta oggi ricade nel territoriodell’antica colonia siracusanadi Camarina.

Nel Medioevo la riserva pre-se il nome di «Boscopiano».Dal XIX secolo il bosco fu og-getto di modificazioni e fram-mentazioni fino a raggiungerela conformazione attuale. Lapresenza di antichi documen-ti, già a partire dal Settecentoconfermano il carattere au-toctono di questa pineta. Pertutelarne la peculiarità, ed inconsiderazione che quest’al-bero nasce qui spontanea-mente, la Regione Sicilia hadeciso di proclamare con de-creto regionale del 1990, que-st’area zona protetta.

L’area della riserva, lungo ilcorso dell’Ippari, conta ancheuna ricca presenza floristica:oltre questa specie unica di pi-no, sono presenti i pioppi, ilsalice ed il salicone, anchel’olivastro, il carrubo, il lenti-sco, l’ilatro comune, l’alaterno.Spostandosi giù verso il mare,è possibile trovare la querciaspinosa. il ginepro rosso, la gi-nestra bianca, l’artemisia, lapalma nana, l’efedra fragile, iltimo, l’erica, le orchidee.

Tra i mammiferi presentinella riserva vanno segnalati ladonnola, la volpe, il coniglio,

tale è stato presentato un pro-getto per tutelare le risorse na-turali della riserva. Qui unavecchia cava dismessa è statautilizzata per la creazione diun “eco-villaggio”, basato sul-l’educazione e sul rispetto am-bientale. Al suo interno si in-seriscono percorsi turistico-didattici e attività ludico-spor-tive. Questo spazio naturalepromuove la ricerca scientificae la conoscenza dei beni natu-rali presenti nel territorio ai fi-ni di una maggiore e più sensi-bile comprensione dell’im-portanza cruciale delle piante per la vita della biodiversità.

Roberto Chifari© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pino d’Aleppo La riserva nell’antica forestaTra Vittoria, Comiso e Ragusa un’area protetta di tremila ettari conta una ricca presenza di flora e faunaUna vecchia cava dismessa utilizzata per la creazione di un “eco-villaggio” con percorsi turistico-didattici

Il pomodorino essiccatonel territorio riconosciutopatrimonio dell’Umanità

S iamo nella Val di Noto ad una manciata di chilometri daIspica. Il territorio è stato riconosciuto patrimonio cultu-rale dall’Unesco e comprende importanti testimonianzearcheologiche, barocche e liberty. Qui da anni opera

l’azienda Agriblea nata da un’intuizione di Giorgio Agosta, tito-lare dell’azienda e da tutti conosciuto come Gino. Il quale ha unsogno: portare sulle tavole di tutto il mondo, il sapore genuino etradizionale della Sicilia attraverso un prodotto di nicchia: il po-modorino ciliegino essiccato al sole. Non solo ciliegino, l’azien-da produce anche la ciappa ri pummaroru, pomodori secchi. Iltermine “ciappa” sta ad indicare mezzo pomodoro di tipo ovaleo tondo essiccato al sole. Un lento processo produttivo che per-mette di realizzare un prodotto unico, sfruttando le particolaricondizioni climatico-ambientali ed esaltando le qualità organo-lettiche di un prodotto conosciutissimo nell’isola e apprezzatoall’estero. «Un tempo, da giugno ad agosto, da lontano il paeseappariva tappezzato a festa; in particolare, le viuzze e i vicoli delquartiere ri Cartidduni si tingevano di colore rosso acceso, co-me a formare tante piccole sciare di lava incandescente che ripi-

da fuoriesce dal vulcano per poi decli-nare a valle. Erano li scannatura, glispianatoi di legno, posti ai lati dellestradine, dinanzi agli usci delle case pri-vate, pieni di pomodoro fresco tagliatoa metà, salato e steso ad essiccare al solecaldo dell’estate. Nell’aria tutt’intorno sipercepiva, anche a notevole distanza,un odore forte, persistente e inconfon-dibile che attirava chiunque fosse dipassaggio a scoprire da dove provenissequel profumo particolare e a cosa essofosse dovuto. Un rituale contadino che

di anno in anno le massaie compivano, e di cui, si era persa trac-cia».

Oggi la tradizione incontra l’innovazione di processi unici chesalvaguardano il territorio attraverso continui controlli nel ri-spetto dell’ambiente e nella tutela della biodiversità. Attenzioniparticolari che sono state approfondite grazie anche al recuperoe alla ricostruzione manuale dei caratteristici “muretti a secco”,tutt’intorno ai terreni agricoli. Questa misura oltre a preservarelo stato dei luoghi da un punto di vista storico-culturale, ha per-messo anche la continuazione e lo sviluppo di microflora localee della fauna tipica del territorio che si annida e cresce attorno ai“muri a secco”. I muri a secco e le stradelle interpoderali fungo-no anche da barriera naturale da possibili derive di trattamentiesterni. L’acqua impiegata per l’irrigazione dei terreni è preva-lentemente di origine meteorica e attinta dai pozzi. La tecnicacolturale dell’azienda è biologica. E inoltre, da quattro anni circasegue, contemporaneamente al biologico, una tecnica di bioa-gricoltura quantistica.

R. C.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Boscopiano Il nome della riserva naturale nel Medioevo e, sotto, strobili di pino d’Aleppo Pomodori al sole

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Corriere del Mezzogiorno Domenica 14 Agosto 2016 PA7

Nel videoBeyoncé e le sue ballerine vestono un abito di Carlotta nel visual albumLemonade

Personaggi

Lo stilista di Belenche piace a BeyoncéIl barocco nella moda: il siciliano Daniele CarlottaHa fatto colpo sulla popstar con le sue creazioni

Chi è

Cresciuto nell’atelier di famiglia, Daniele Carlotta produce tutto in Italia convinto che il Made in Italy rappresenti una garanzia

È stato invitato comeospite speciale duranteil concerto di Beyoncéin occasione del suo

The Formation World Tour.Del talentuoso stilista ragusa-no Daniele Carlotta le cui crea-zioni hanno conquistato a talpunto Queen B. che ha sceltod’indossare per occasioni uffi-ciali e non, alcuni suoi capidella collezione Resort 2017.Si tratta di un minidress inwet chiffon di seta color pisci-na che è stato prontamenteimmortalato in uno scatto inascensore da Jay-Z, maritodall’artista statunitense di fa-ma mondiale.

Ma Beyoncé non è nuova al-la visione moda di Carlotta,poiché aveva già scelto le suecreazioni per il visual albumLemonade. «Quando ho rice-vuto le richieste da parte dellostaff di Beyoncé ho provato si-curamente una forte emozio-ne», svela il fashion designer.«Pian piano ho iniziato a lavo-rare con la sua stylist fino adarrivare a lei, ed è stato unonore per me avere l’apprezza-

mento di un’artista del suo ca-libro. Adesso sono a New Yorkper una serie di progetti chepartiranno durante le prossi-me settimane. Beyoncé è sicu-ramente una vera e propria re-gina. È determinata, gentile esa come divertirsi. Posso direche conserva il senso della fa-miglia, con la quale passa gran parte del suo tempo, an-che durante il tour».

Ma Carlotta è avvezzo almondo delle celebrities nazio-nali e internazionali, ricordia-mo, infatti, che ha vestito latop model Bianca Balti, la can-tautrice Lana del Rey, la show-girl Alessia Marcuzzi e, dulcisin fundo, ha disegnato e rea-lizzato l’abito bianco per ilchiacchieratissimo matrimo-nio di Belen Rodriguez conStefano De Martino. Ciò cheaccomuna tutte è una passio-ne verso tagli minimali, must-have della scelta stilistica diDaniele sin dal suo esordio nel2010, che ama mescolarli agrafiche, ricami e pattern allover, dall’imprinting metro-politano. «La mia visione gra-

zione moda attorniato dal ba-rocco ibleo e delineato tra ele-menti architettonici arzigogo-lati il suo percorso personale estilistico. «Ho mescolato letradizioni siciliane alle diverseculture in giro per il mondo eoggi vivendo tra Milano e NewYork, tutto questo è diventatoun gioco fatto di contrasti checaratterizzano ogni mia colle-zione». Se per la collezionespring/summer 2016 ha pro-posto una profusione di ru-ches e volant che avvolgono ilcorpo in maniera apparente-mente casuale, per la fall/winter 2016/2017 si è lasciatoammaliare dalle storie d’amo-re del Chelsea Hotel di NewYork, prediligendo «stampesu tessuti di cotone e lana chesi sovrappongono a creponnedi seta. Ho puntato su minimohair con gonne di chiffon esablé ricamato di Swarovski.Abiti di chiara ispirazione se-venties saranno il trend dellastagione che verrà». Nonmancano ovviamente i suoicapisaldi che percorrono inun fil rouge tutta la pre-collec-tion autunnale, ovvero scolla-ture e spacchi che lasciano in-travedere la sensualissimapelle nuda, i contrasti croma-tici, i tessuti in movimento, laleggerezza di silhouette chesfruttano simmetrie e geome-trie. L’haute couture e lo streetstyle nella moda di Daniele Carlotta diventano una cosasola e lui da sempre ne sa sfu-mare i confini come una dis-solvenza cinematografica inpieno stile bohémien.

Venera Coco© RIPRODUZIONE RISERVATA

ground così diverso dal mio, per forza di cose, contamina ilmio modus operandi».

Originario di Ispica, in pro-vincia di Ragusa, Carlotta nondimentica però le sue origini;ha “modellato” la sua conce-

fica della moda arriva dallemie giornate vissute insiemeal mio team e tra le strade diNew York», confessa lo stilista«lì vengo a contatto con amiciprovenienti da diverse partidel mondo, i l loro back-

Musica e vino, il connubio è NotoMusica e vino, un connubio perfetto:

la cantina Planeta ha deciso da tempodi investire sulla cultura, dopo «Viag-gio in Sicilia», residenza per artistigiunta alla VII edizione, e «SciaranuovaFestival», nel Teatro in Vigna sull’Etna,di cui si è appena conclusa la II edizio-ne. L’idea è legare i cinque territori d’eccellenza del vino (Menfi, Vittoria,Noto, Etna, Capo Milazzo) a una forma

di cultura che aiuta a valorizzare il ter-ritorio e a promuoverne diverse moda-lità di fruizione. A Noto viene prodottoil Santa Cecilia, il Nero d’Avola di puntadell’azienda, che porta il nome dellapatrona dei musicisti. iLive Planeta è larassegna dedicata alla musica classica.Prossimo appuntamento il 26 agostodalle ore 18 presso la Cantina Buonivinidi Noto.

A Ragusa Ibla sono visitabili fino al 21 agosto, tra Palazzo Cosentini e Palazzo Zacco, le mostre organizzate nell’ambito della V edizione del Ragusa Foto Festival. Attraverso i differenti linguaggi della fotografia vengono analizzate le diversità culturali e le trasformazioni che investono il territorio. Un racconto visivo dell’area mediterranea in cui la parola “linguaggio” assume un duplice significato: modalità di espressione artistica e

strumento per individuare i messaggi che il territorio stesso comunica. Un festival della “partecipazione”, come spiega il direttore artistico Giorgio Barrera. Tra gli autori in mostra Olivo Barbieri, Tony Andrè, Moira Ricci, Nicolò Degiorgis, Nikolas Varoufakis, Arianna Sanesi (foto a lato) Ciro Cangialosi, Carmen Cardillo, Umberto Coa e Alice Grassi. Esposti anche lavori di 9 studenti del biennio specialistico dell’Accademia delle Belle Arti.

RagusaTutti i linguaggidella fotografiain una mostra d’arte

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PA8 Domenica 14 Agosto 2016 Corriere del Mezzogiorno