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    Le fibre naturali, di interesse tessile, possono essere di origine vegeta-

    le (cotone, lino, canapa, juta ecc.), di origine animale (lana, seta, bisso

    marino ecc.) oppure minerale (amianto).Le fibre inventate dalluomo, man made, denominate anche fibre chi-

    miche, si suddividono a loro volta in fibre artificiali (derivate da polime-

    ri naturali) ed in fibre sintetiche. Queste ultime sono ottenute attraverso

    processi di filatura di polimeri, non presenti in natura, sintetizzati, a par-

    tire da sostanze a basso peso molecolare (monomeri), mediante reazioni

    di polimerizzazione.In base alla classificazione delle fibre tessili, riportata nella figura 1, le

    lane, sono fibre naturali che si originano dal bulbo pilifero di animaliruminanti e si ricavano in particolare dai velli di pecora, capra, alpaca,

    lama, vigogna e cammello.

    Secondo A. Solaro la denominazione di lana dovrebbe essere riferita

    solo alle fibre che si ottengono dai velli degli ovini (pecore e montoni)

    riservando alle fibre derivanti dai velli delle capre e dei camelidi il nome

    di peli [1].

    a) La lana nella preistoria

    Laddomesticamento delle pecore e delle capre sembra che abbia avuto

    inizio intorno al 7000 a.C..

    In Europa, nel Paleolitico e nel Mesolitico (~ 6000 a.C.), le pecore veni-

    vano gi allevate da popolazioni dedite alla pastorizia [3].

    Secondo E.F. Zeuner luomo cominci ad utilizzare la lana per usi tes-sili non appena ebbe la possibilit di disporre di velli capaci di dare fibre

    sufficientemente lunghe per essere filate [4].

    Il ritrovamento di una statuetta in argilla a Tepe Saran (est-Iran), raffi-

    gurante una pecora con un vello molto lungo e fitto (5000 a.C.), atteste-

    CAPITOLO PRIMO

    LUSO TESSILE DELLE FIBRE DI LANA: UN

    PERCORSO STORICO, CULTURALE ARTISTICOE TECNOLOGICO: DALLA PREISTORIA

    AL TARDO MEDIOEVO.

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    rebbe che pecore con velli idonei a dare lana per filare e tessere fosserodisponibili gi a quellepoca.

    Studi storico-archeologici hanno portato alla conclusione che gli antichi

    abitanti della Mesopotamia, la regione dellAsia Occidentale compresa tra

    i corsi medi e inferiori dei fiumi Tigri e Eufrate, utilizzassero la lana per

    Fig. 1: Classificazione delle fibre tessili (naturali e chimiche) [Rif. 2].

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    la manifattura di stoffe e tessuti, fin dal 3000 a.C. [5, 6].Lallevamento delle pecore e luso tessile della lana viene spesso ripor-

    tato nella Bibbia, in antichissimi documenti Assiri e Babilonesi e

    nellOdissea di Omero (IX secolo a.C.).

    I pi antichi reperti archeologici di tessili, in fibre di lana, ritrovati in

    Europa e in Medio Oriente, risalgono a circa il 1800 a.C.. Questo non

    significa necessariamente che luomo non abbia filato e tessuto la lana in

    epoche pi lontane; pi probabile invece che la carenza di ritrovamenti

    pi antichi sia dovuta alle cattive condizioni di preservazione che hanno

    portato alla completa degradazione di tessuti eventualmente prodotti in

    epoche antecedenti [7].

    E. J. W. Barber [3], relativamente allEt del Bronzo (~3000 a.C.), ha

    elaborato una mappa (figura 2) dalla quale possibile ricavare interes-

    santi informazioni concernenti la distribuzione geografica delle principa-

    li fibre naturali usate, a quellepoca, dalluomo per scopi tessili.

    Dallesame di questa mappa si deduce che sia il lino che la lana fosserolargamente utilizzati nella regione dellEgeo. A queste conclusioni si

    pervenuto considerando anche il ritrovamento, nella citt di Troia, di

    circa 8000 rotule per fusi.

    Nonetheless, the bronze age inhabitants of the aegean, like everyone else in

    3

    Fig. 2: Mappa della distribuzione geografica delle principali fibre naturali utilizzate dalluomo

    nellEt del Bronzo (~ 3000 a.C.). Le aree di utilizzo di fibre vegetali sono etichettate con il nome

    della fibra [lino (flax); canapa (hemp), cotone (cotton), seta (silk), sparto (esparto)].

    La regione ombreggiata in figura delimita larea geografica dove le fibre di lana trovavano, alle-

    poca, ampio utilizzo [Rif. 3].

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    southern Europe and the near-east, clearly had behind them a long and rich

    tradition of obtaining textiles fibers [3].

    Interessanti reperti di tessuti in lana risalenti allEt del Bronzo sonostati ritrovati in Danimarca. Il relativo buono stato di conservazione di

    questi manufatti sembra sia dovuto allacidit delle acque del sottosuolo

    e alla mancanza di ossigeno. Esempi di questi ritrovamenti sono riporta-

    ti nelle figure 3 e 4 [3].

    4

    Fig. 3: Cintura femminile in lana risalente

    al tardo 2000 a.C. ritrovata a Borum EshJ

    in Danimarca e attualmente conservata

    presso il Museo Nazionale di Copenhagen[Rif. 3].

    Fig. 4: Sottana femminile fatta di cordicel-le di lana (~ 2000 a.C.) ritrovata sul corpo

    di una ragazza nella localit di Egtved in

    Danimarca. Questo interessante reperto

    conservato presso il Museo Nationale di

    Copenhagen [Rif. 3].

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    La bella ed elegante cintura femminile, a fiocchi, illustrata nella figura

    3 viene cos descritta da G.M. Crowfoot:

    ..... era a strisce dordito in due tinte di bruno, le strisce essendo poste in

    evidenza dalle diverse direzioni di filatura per i due colori [8].

    La sottana femminile fatta di cordicelle di lana (fig.4) stata ritrovata

    sul corpo di una ragazza nella localit di Egtved.

    Importanti ritrovamenti di tessuti in lana risalenti allEt del Ferro sono

    stati effettuati nelle miniere di sale di Hallstatt in Austria. Uno di questi

    reperti (~1000 a.C.), riprodotto nella figura 5, consiste in un frammento

    di un tessuto twill in lana, di colore verde oliva, attraversato da strisce,

    tipo plaid, di colore bruno [3]. Il grado, relativamente buono, di pre-servazione di questi tessili da ascrivere, molto probabilmente, alle par-

    ticolari caratteristiche igroscopiche e biocide del sale presente nellam-

    biente di conservazione.

    I tessuti di tipo twill o tweed, detti anche diagonali, secondo alcuni sto-rici e archeologi erano molto comuni, in Europa, nellet del ferro [8].

    Il tipo di telaio che veniva usato per la tessitura dei manufatti chiara-

    mente raffigurato su di unurna, risalente alla cultura Hallstatt, ritrovata

    ad Oedenburg in Ungheria (figura 6).Il telaio, con in cima un panno tessuto, ha due file di pesi per ordito che

    pendono. Tre bastoni attraverso lordito indicano che in qualche modo si

    manteneva lincrociatura. Alla sinistra vi una donna che fila con un fuso

    sospeso; alla destra ve n una con un piccolo telaio a mano o telaietto per

    ricamo e unaltra che esprime la sua ammirazione [8].

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    Fig. 5: Frammento di un tessuto in lana,di tipo twill o tweed, ritrovato nelleminiere di sale di Hallstatt, Austria

    (~1000 a.C.), conservato presso il

    Naturhistorisches Museum di Vienna

    [Rif.5].

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    Tessili in lana risalenti sempre allEt del Ferro sono stati ritrovati nel

    1949, da unequipe di archeologi sovietici, a Pazyryk, una localit sibe-

    riana che si trova in una valle dellAltaj, un sistema montuoso (altitudine

    media 3000 m) che si estende per circa 1200 Km tra gli stati dellexUnione Sovietica e la Mongolia, lungo il confine con la Cina.

    Il ritrovamento in questa localit, da parte dei due archeologi Rudenko

    e Grianov, di un antico tappeto in lana, rappresent un evento di grande

    rilevanza storico-artistica e archeologica [3, 9].

    M. Cohen, nella sua pubblicazione dal titolo Il Mondo dei Tappeti,cos descrive questa importante scoperta:

    I due archeologi Rudenko e Grianov scavavano gi da tempo sulla necro-

    poli doverano state localizzate alcune decine di tombe appartenenti allari-stocrazia scita del V secolo a.C. ....... Definite a Kurgan le sepolture erano

    composte da due camere concentriche una interna e laltra esterna, separate

    da sette divisori realizzati interamente in tronchi dalbero e infine ricoperte

    e mimetizzate da un alto tumulo di terreno. Il tappeto fu rinvenuto nella stan-

    za esterna di quello che gli archeologi catalogarono come il V Kurgan della

    vallata di Pazyryk. La tomba era stata sicuramente profanata e degradata ......

    solo in parte. Al contrario di quanto avviene normalmente, questa profana-

    zione fu un vantaggio. Mal richiusa lacqua pot entrare allinterno e col fred-do trasformarsi in ghiaccio, avvolgendo ogni cosa e mantenendola intatta.

    Nella tomba fu rinvenuto un piccolo carro di legno con sopra, oltre al tappe-

    to, altri oggetti: drappi di feltro, stivali, finimenti per cavalli [9].

    Una veduta della steppa dellUcraina, regione a nord del Mar Nero, un

    tempo abitata dalle trib nomadi degli Sciti, riportata nella tavola I.

    Sullo sfondo sono visibili i profili di alcuni Kurgan, tipiche tombe degli

    antichi popoli che vivevano nelle steppe dellAsia centrale [10, 11].

    Utilizzando la tecnica basata sulla determinazione della quantit dellisoto-

    6

    Fig. 6: Urna, della cultura di Hallstatt, ritrovata a Oedenburg in Ungheria, risalente alla tarda et

    del bronzo, decorata con telai, filatori e tessitori [Rif.8].

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    po del carbonio 14C , che per la prima volta applicata nel 1947 da W.F. Libby

    (premio Nobel per la chimica nel 1960) [12], fu possibile stabilire che il tap-

    peto era stato realizzato da circa 2500 anni.

    E altamente improbabile che questo manufatto, caratterizzato da unincredibile raffinatezza, eleganza e armonia tra colori e disegni possaessere stato frutto del lavoro di artigiani nomadi e arretrati [9, 11].Pertanto lecito supporre che esso sia stato tessuto in qualche citt del

    Medio Oriente.

    Alcuni storici-archeologi hanno avanzato lipotesi che il tappeto sia

    stato portato a Pazyryk attraverso la famosa Via della Seta e che pertan-

    to esso risalga alla civilt persiana degli Achemenidi, una dinastia

    regnante in questa regione intorno al 500 a.C..Nella fabbricazione del tappeto sono stati utilizzati solo fibre di lana e

    peli di cammello. I colori, ovviamente tutti di origine naturale, sembra

    che siano stati ottenuti a partire dallindaco e dalla cocciniglia [2].

    Nella tavola II riportata la riproduzione fotografica del tappeto di

    Pazyryk, il quale viene cos descritto, nelle sue parti essenziali, da M. Cohen:

    Le tinte erano comunque molto leggere e patinate, ....... sicuramente ele-

    ganti. Il fondo del tappeto rosso, altri colori prevalenti sono il verde palli-

    do e il rosa ciclamino, lavorio e lazzurro e un caratteristico arancione

    cipriato. Il campo del tappeto decorato con sei sequenze di piccoli quadra-

    ti, quattro per fila, con allinterno un motivo giallo pallido composto da quat-

    tro boccioli e quattro foglie. Intorno al campo girano cinque bordure inte-

    gre....... Delle due principali quella pi esterna la pi larga: rappresenta una

    sfilata di guerrieri, alcuni in sella altri in piedi accanto al loro cavallo....... La

    seconda cornice principale, quella pi interna, composta da una sequenza

    ininterrotta di grandi cervi, sei per lato [9].

    A Pazyryk furono ritrovati anche altri reperti tessili di grande interesse.

    Tra questi vi figurano: uno shabrak, di origine persiana, una copertaornamentale in lana che si metteva sulle groppe dei cavalli sotto le selle

    (tavola III-a) e un arazzo tessuto in spirali policrome secondo la tecnica

    denominata, in inglese, slit-tapestry (tavola III-b) [3]E interessante sottolineare il buono stato di conservazione dei reperti,

    nel loro insieme, e, fatto non comune, come in entrambi i tessuti i colorisi siano mantenuti quasi inalterati.

    Nel corso di recenti campagne di scavo di alcuni Kurgan localizzati sul-

    laltopiano di Ukok, sono stati ritrovati dei copricapo fabbricati in feltro

    decorati con immagini di teste di uccello, sormontate da figure di un ariete

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    o cervo di montagna. Questo il tipico copricapo dei nomadi euro asiatici

    possibile che alcuni nomadi dellAsia Occidentale, forse discendenti dei

    Cimmeri, siano emigrati nellAltai, dove presero parte alla formazione della

    cultura di Pazyryk che domin la regione tra il V, IV secolo a.C. [10].

    Un frammento di un bellissimo drappo in feltro appartenente ai noma-

    di delle montagne dellAltai ritrovato in un Kurgan di Pazyryk (V, VI

    secolo a.C.) riprodotto nella tavola IV [10].

    b) Larte della lana nella Grecia antica

    Nellantica Grecia, con riferimento allet del ferro, che ebbe inizio

    intorno all800 a.C., la lana rappresentava la pi importante materia

    prima per la produzione di tessili.

    Si cominci, gi allepoca, a selezionare pecore con velli pi idonei alla

    produzione di fibre suscettibili di essere filate e tessute.

    8

    Fig. 7: Coppa a figure rosse dove viene raffigurato un pastore greco mentre conduce al pascolo

    una pecora appena tosata (Ca. 490-480 a.C.) [Rif. 13].

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    Non un caso che il tiranno di Samo, Policrate (VI sec. a.C.), avesse fatto

    importare nella propria isola pecore dal vello particolarmente pregiato,pro-

    veniente da Atene e Mileto [13].

    Limportanza, nella Grecia dellet classica, della pastorizia e delluso

    della lana nel tessile, si ricava da una ricca iconografia, fortunatamente

    tramandataci grazie al prezioso e accurato lavoro di recupero e di con-

    servazione di intere generazione di archeologi e storici.

    Nella figura 7 viene mostrata una coppa a figure rosse (Ca. 490-480

    a.C.) allinterno della quale raffigurato un pastore con una pecora appe-

    na tosata. Il pastore, che porta un cappello di feltro a righe e indossa un

    abito di pelle annodato sulla spalla destra, conduce la pecora al pascologuidandola con un bastone che impugna nella mano destra.

    Dopo la cardatura i fiocchi di lana venivano filati dalle donne greche le

    quali, preparato uno stoppino o lucignolo, provvedevano allo stiramento

    e alla torcitura delle fibre.

    la lana veniva torta con le mani, sulla gamba scoperta oppure sulla parte

    retrostante dellEpnetron dargilla fino a diventare un filo grezzo [13].

    Il processo di torcitura, effettuato sulla gamba, stato magistralmenteraffigurato allinterno di una coppa, con figure in nero, dal pittore Duride

    (Ca. 550 a.C.). Come si evince dalla riproduzione di questa coppa, ripor-

    tata nella figura 8, una donna con la mano destra dipana e ritorce sulla

    gamba, scoperta fino al ginocchio, la lana in fiocco, tenuta nella mano

    sinistra, riducendola a sottili e lunghi filamenti.

    Un magnifico esemplare, in argilla, di Epnetron (Ca 490-470 a.C.) riprodotto nella figura 9. Questo utensile costituito da un corpo cilin-

    drico cavo simile ad una tegola ma con la base minore chiusa.

    LEpnetron veniva sistemato sulla coscia e la lana era tesa e torta sfruttan-do un sistema di scaglie appositamente incise sulla superficie. A tuttoggi non

    dato sapere se lEpnetron veniva usato prima o dopo la filatura della lana.Le varie fasi relative al ciclo tessile della lana (la formazione del luci-

    gnolo, la filatura, la tessitura e quindi la piegatura delle stoffe finite) sono

    state documentate sulla superficie della celeberrima lkythos del pitto-

    re di Amasis (Ca 550 a.C.). In particolare facendo riferimento alla figura10 possibile notare, alla sinistra del telaio, la presenza di due filatrici,

    una delle quali usa un fuso sospeso con la rotula rivolta in basso e una

    conocchia; laltra prepara un filo grezzo disponendolo a spirale in unap-

    posita cesta. Il telaio, che di tipo verticale a pesi sospesi, si caratterizza

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    Fig. 8: Coppa a figure nere (Ca. 480 a.C.), opera del pittore greco Duride, nella quale viene raf-

    figurata una donna intenta a tendere e torcere la lana a partire dai fiocchi derivanti dalla cardatu-

    ra [Rif. 13].

    Fig. 9: La torcitura del lucignolo mediante luso dellEpnetron nellantica Grecia: esemplare diEpnetron in argilla (Ca 490-470 a.C.)

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    per la presenza di un rullo superiore (subbio) attorno al quale arrotola-

    to il tessuto. I pesi hanno la forma di una piramide e presentano degli

    anelli attorno ai quali sono fissati, a fasci, i fili dellordito. Dallesame

    della figura appare chiaramente come delle due donne vicine al telaio,quella a sinistra batte la trama, mentre quella a destra sposta i fili del-

    lordito per il successivo passaggio della stessa [8].

    Dopo le operazioni preliminari di preparazione e torcitura del lucigno-

    lo, la lana veniva filata. Durante questo ultimo processo di lavorazione il

    filo grezzo veniva ulteriormente stirato e ritorto, fino allottenimento di

    un filato sottile, lungo ed omogeneo.

    Gli utensili usati per la filatura erano il fuso (consisteva in una corta

    bacchetta dotata di una noce che rendendola pi pesante ne facilitava larotazione) e la conocchia (unasta forata con una impugnatura).

    la filatrice teneva la conocchia nella mano sinistra e avvolgeva il lucignolo

    attorno ad essa. Il filo veniva tirato e legato sulla bacchetta del fuso. A quel

    punto la filatrice ruotava il fuso. Mentre il fuso ruotava, la filatrice estraeva

    dalla conocchia altre fibre che torceva tra il pollice e lindice della mano

    destra. La rotazione del fuso si trasmetteva alle fibre estratte e, con lab-

    bassamento generale, il filo si allungava. Per avvolgere il filato si scioglieva

    il nodo sulla bacchetta del fuso, e si avvolgeva e riannodava il filo. Questolavoro veniva ripetuto finch il fuso non era pieno [13].

    11

    Fig. 10: Vaso di origine greca, 560 a.C. circa, sulla cui superficie stata dipinta una scena che

    illustra le varie fasi che portano, partendo dalle fibre, alla tessitura di stoffe [Rif.8].

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    Fig. 11: a) (a sinistra) : a)Brocca a fondo bianco del Pittore della Fonderia del bronzo dove vieneraffigurata una donna greca mentre fila la lana utilizzando il fuso e la canocchia (Ca. 490 a.C.);

    b) (a destra): b) Schema di fuso [Rif. 13]

    Fig. 12: Coppa a figure rosse dove rappresentata una donna seduta intenta a filare la lana [Rif. 13].

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    Principalmente attraverso la pittura vascolare ci sono state tramandate raf-

    figurazioni di donne greche intente alla filatura. Alcuni esempi sono ripor-

    tati nelle figure 11 e 12. In particolare nella figura 11-a riprodotta una

    brocca a fondo bianco del Pittore della Fonderia del bronzo (Ca. 490 a.C.),

    conservata presso ilBritish Museum di Londra, sulla cui superficie raffi-gurata, in maniera magistrale, una donna in piedi nellatto di filare la lana.

    Una donna seduta, anche essa intenda a filare, rappresentata nella

    coppa a figure rosse, riprodotta nella figura 12 [13].

    La filatura della lana, a livello domestico, si mantenuta inalterata,

    nelle sue modalit e ritualit essenziali, attraverso i secoli; lo attesta la

    fotografia (inizi XX secolo) della figura 13 che mostra una donna, in

    costume carnico, mentre fila la lana con fuso e conocchia [14-a].Gi allepoca le donne greche erano a conoscenza del fatto che era pos-

    sibile produrre filati con differenti caratteristiche fisiche e quindi finaliz-

    zate ad un diverso tipo di applicazione, facendo ruotare il fuso in senso

    orario oppure in senso antiorario (rispettivamente rotazione S o Z).

    Fig. 13: Donna che fila (costume carnico), fotografia, inizi XX secolo. Roma, Museo Nazionale

    delle Arti e Tradizioni Popolari, Archivio Fotografico [Rif. 14-a].

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    Come gi precedentemente evidenziato, il telaio che veniva impiegato

    dai greci era di tipo verticale munito di pesi (vedasi particolare in figura

    10). Questo tipo di telaio, usato anche in epoche relativamente recenti,

    permetteva di produrre stoffe anche di grandi dimensioni.Nellantica Grecia, anche la fase della tessitura stata, oggetto di rap-

    presentazione della pittura vascolare, cos come esemplificato nelle figu-

    re 14 e 15.

    In particolare nella figura 14 viene mostrata una coppa beota (fine V

    sec. a.C.)

    sulla quale raffigurata una scena apparentemente grottesca. Vediamo la

    stanza di Circe con il suo telaio, la spoletta con il filo della trama e una gran-

    de quantit di tessuto finito avvolto intorno al subbio [13].

    La scena rappresentata quella in cui, secondo la leggenda, Circe vor-

    rebbe fare bere, a un riluttante Ulisse, una pozione magica.

    Uno Skypos a figure rosse (Ca. 440 a.C.) con Penelope al telaio

    riprodotto nella figura 15 [13].

    Le varie fasi della lavorazione della lana sono utilizzate da Aristofane,

    nella sua commedia dal titolo Lisistrata, come una metafora mediantela quale il personaggio principale, per lappunto Lisistrata, cerca di farecomprendere al Commissario come debbano essere condotte la politica eil governo della citt. Parte del dialogo viene cos riportato nel riferi-

    mento [13]:

    Fig. 14: Skyphos beota V sec. a.C.) con Circe ed Ulisse. E visibile il telaio verticale a pesi usatonellantica Grecia [Rif. 13].

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    Lis.: Come facciamo una matassa, quando ingarbugliata: la prendiamo, e

    tendiamo il filo sui fusi, da una parte e dallaltra. Cos se ci lasciate fare, sbro-

    glieremo anche la guerra, mandando ambascerie da una parte e dallaltra.

    Comm.: E voi pensate di metter fine ad una cosa cos terribile con la lana e

    le matasse e i fusi? Che stolte!

    Lis.: Ma se aveste un p di buon senso, voi governereste la citt come noi la

    nostra lana, in tutto.

    Comm.: E come? Vediamo.

    Lis.: Anzitutto dovreste, come un vello, detergere con un bagno tutto luntu-

    me della citt, e su un letto, a colpi di mazza, espellere i cattivi e a scartare i

    triboli; e quelli che si riuniscono a complottare per le cariche, fitti fitti, car-

    darli per bene e spelargli le teste. Poi, in un paniere, pettinare la concordia

    generale, mescolando un p tutti: i meteci, gli stranieri che vi sono amici, chi

    deve denaro allerario, e mescolarli tutti insieme. Quanto poi alle citt, che

    sono colonie di questa terra, dovete rendervi conto che esse, per noi, sono

    come pennecchi che stanno a terra, ciascuno per s. E bisogna prenderli tutti

    e raccoglierli qui e riunirli insieme e farne un grosso gomitolo: e da questo,

    tesserci una tunica per il popolo [13].

    Fig. 15: Skyphos a figure rosse con Penelope al telaio (Ca 440 a.C.) [Rif. 13].

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    Sembra che gli antichi greci conoscessero anche il processo della folla-

    tura che consisteva nella pressatura delle stoffe tessute al fine di rendere

    le stesse pi fitte e compatte. Secondo alcuni testi e storici linventore di

    questo importante procedimento stato Nicia di Megara.La follatura, effettuata, allepoca, collocando i tessuti in una buca dove

    alcuni lavoranti li pressavano con i piedi, prevedeva limpiego di sostan-

    ze quali il bicarbonato di sodio e lurina animale per rendere i tessuti

    ruvidi e rigidi, mentre impiegando un particolare tipo di terra argillosa

    (terra da follone) si conferiva alle stoffe un certo grado di morbidezza. Le

    terre da follone pi pregiate provenivano dalle isole di Argentiera, Samo

    e Lemno [13].

    Altri processi di post-trattamento o finitura dei tessuti, praticati nel-lantica Grecia, consistevano nella garzatura con cardi o spazzole e quin-

    di nella candeggiatura con zolfo (solo per le stoffe bianche).

    E molto probabile che la finitura dei tessuti, cos come documentate

    nelle pitture parietali di Pompei (vedasi prossimo paragrafo) avvenisse in

    opifici altamente specializzati dove avveniva anche la pulitura e il lavag-

    gio dei vestiti.

    Da testimonianze archeologiche si ricava che veri e propri laboratori di

    tintura, risalenti allepoca classico-ellenistica erano attivi a Creta, PortoCheli e a Istmia nei pressi di Corinto [14-b,c].

    Gli scavi condotti in questi siti hanno portato alla scoperta di numero-

    se cisterne, macine, pentole e contenitori caratterizzati da un collo molto

    stretto. Questi reperti venivano utilizzati per macinare le materie colo-

    ranti e preparare i bagni di tintura. E significativo il fatto che questi labo-

    ratori erano collocati su di una altura esposta al vento, al fine di evitare

    che i fumi e lodore potessero nuocere alla salute degli abitanti della sot-

    tostante citt.

    Dallinsieme delle testimonianze presentate e analizzate nel presente

    paragrafo emerge chiaramente che il ciclo tessile della lana rivestiva nel-

    lantica Grecia una grande rilevanza sociale ed economica, visto anche il

    diretto collegamento con la pastorizia e quindi con la produzione di latte,

    formaggi e carni.

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    delle pecore e dei montoni. Successivamente i romani introdussero lecesoie (strumenti metallici costituiti da due lame ricurve, affilate e

    taglienti fissate su una molla molto elastica e resistente a forma di U).

    Pertanto la tosatura, cos come illustrato in figura 16, veniva effettuata

    conformemente a quanto raccomandava lantica massima latina: Bonipastoris esse tendere oves non deglubere (il buon pastore deve tosare lepecore non scorticarle).

    La tosatura delle pecore doveva avvenire tra il 21 marzo e il 22 giugno,

    ovvero tra lequinozio di primavera ed il solstizio destate; e di preferenza,

    secondo Varrone, con la luna calante quando inizia il caldo e le pecore

    cominciano la muta, ed il pelo pu essere strappato con le mani o tosate con

    il rasoio [15].

    La tosatura delle pecore viene ancora oggi praticata a mano, utilizzan-

    do cesoie in acciaio molto simili a quelle introdotte dai romani (figure 17

    e 18) [16-b,c].Nella figura 19 riportata la fotografia di unantica cesoia romana usata

    per la tosatura delle pecore ritrovata tra le rovine della citt di Pompei

    (casa di Menandro) risalente quindi a Ca. il 79 d.C. [17].

    Durante gli scavi della necropoli romana di San Lorenzo di Parabiago

    Fig. 16: Tosatura delle pecore; dal

    breviario Grimani, fiammingo,

    1500 circa; (sotto) un paio di

    cesoie romane per tosatura, identi-

    che per forma a quelle medioevali,

    III secolo a.C. [Rif.16-a].

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    (Legnano-Lombardia) stato recuperato un esemplare integro di una

    cesoia (figura 20) che:

    presenta una doppia lama triangolare e corta molle ellittica; su una punta

    sono visibili i resti di un fodero in ferro. Le cesoie recuperate nei recenti

    scavi di San Lorenzo risultano inquadrabili nella prima met del I secolo

    d.C., o poco oltre,

    E difficile stabilire una seriazione cronologica precisa , dal momento

    che le loro caratteristiche di funzionalit ne hanno reso in sostanza immuta-

    ta la tipologia nel corso dei secoli [18].

    La lana, dopo la tosatura, passava alle Officinae Lanificariae dove

    Fig. 17: La tosatura delle pecore alle porte di Roma in unincisione di fine Ottocento [Rif.16-b].

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    Fig. 20: Esemplare di cesoia in ferro (Ca. I secolo d.C.) ritrovata tra i reperti in ferro recuperati

    nelle tombe della necropoli di San Lorenzo di Parabiago, Legnano-Lombardia [Rif. 18].

    Fig. 19: Cesoia a molla in metallo (bronzo e ferro) a lame curve usata per la tosatura delle peco-

    re dai romani. Reperto ritrovato tra le rovine di Pompei (Casa del Menandro) e attualmente iviconservato (numero 5033) risalente quindi al I secolo d.C. [17].

    Fig. 18: Antonio Muredda: La tosatura delle pecore, cm 120 x 80, olio su tela, 1992 [Rif.16-c].

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    Uno spaccato, di quella che era LArte della lana presso i romani, possibile ricavarlo dagli studi di storici e archeologi basati sullanalisi di

    una tutta serie di ritrovamenti e reperti emersi durante le varie campagne

    di scavi dellantica Pompei.

    Da queste testimonianze si deduce che a Pompei erano presenti 13

    impianti per la battitura e la cardatura della lana, 5 per la filatura e la tes-

    situra insieme a ben 9 Officinae tinctoriae. Presso queste ultime veni-vano tinti sia stoffe e vestiti nuovi, confezionati nelle officine tessili, che

    abiti gi usati.

    In due officine attigue, ubicate nella IX regione, il lavoro si svolgeva nella

    loggia sfinestrata al primo piano, dove si trovavano fusi e telai in legno;

    mentre la lana a matassa, i tessuti o le tuniche gi confezionate si vendeva-

    no nella bottega del pian-terreno, a 15 sesterzi luna, come ci informa un

    graffito su una delle pareti della bottega stessa! [15].

    Lesame della documentazione archeologica, vista in una chiave socio-economica, rappresenta una chiara testimonianza dellesistenza in

    Pompei, allepoca della sua distruzione, di unattiva e consistente indu-

    stria della lana. La presenza documentata di numerose officine, dove si

    svolgevano le varie fasi della lavorazione della lana, pu infatti portare

    Fig. 21: donna attenta alla cardatura della lana (c.a. 500 a.C. - 500 d.C.).

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    alla conclusione che la citt di Pompei rappresentasse un importante cen-

    tro laniero caratterizzato da una capacit produttiva in grado di soddisfa-

    re anche una domanda espressa da mercati esterni al suo territorio.

    Questa interpretazione trova un suo sostegno dalla collocazione diPompei allo sbocco della valle del Sarno, naturale punto di arrivo dei trat-

    turi, e che la citt potesse quindi utilizzare come materia prima la lana

    derivante da greggi di pecore provenienti dalle aree e dagli allevamenti

    transumanti [21].Elio Lo Cascio, circa la rilevanza e le dimensioni dellindustria laniera

    in Pompei, ha scritto:

    Documentazione (archeologica) che stata ancora recentemente intesa

    come quella che testimonia lesistenza in Pompei di stabilimenti nei quali sisvolgono, con criteri organizzativi che potrebbero rivelare unaccentuata

    razionalit, le varie fasi di un intero processo produttivo: dalla tosatura e

    lavaggio e tintura della lana, alla filatura e tessitura, alla tintura e sbianca dei

    tessuti, alla follatura, alla feltratura. Ora, se anche le destinazioni proposte

    per talune di queste botteghe possano suscitare qualche dubbio -come nel

    caso di quelle che si sono definite officinae lanificariae, gli impianti dove

    sarebbe stato effettuato il lavaggio della lana grezza- , la rilevanza quantita-

    tiva e le dimensioni di quelle che appaiono essere indubitabilmente delleFullonicae, sembrano escludere una loro utilizzazione volta esclusivamente

    a rispondere alle esigenze della popolazione locale. Si voluto stimare in

    una cifra tra le settecento e le mille unit il numero complessivo degli addet-

    ti: una proporzione consistente, dunque, della forza lavoro complessiva pre-

    sente nella citt, ben confrontabile con la proporzione degli addetti alle

    manifatture tessili nelle citt fiamminghe o in Firenze nel quattordicesimo

    secolo. Si fatta lipotesi ragionevole che lintero processo produttivo stia

    sotto il controllo di una potente corporazione di industriali della lana, iFullones [22].

    Il plastico, in scala 1:25 della famosissima Fullonica di Stephanus diPompei mostrato nella tavola VI [21]. Le attivit che si svolgevano

    nelle fulloniche (le officine nelle quali si eseguiva la lavorazione della

    lana) erano molto diversificate. La vendita allasta della lana e dei panni

    di lana avveniva in uno spazio detto Chalcidium mentre la vendita aldettaglio veniva effettuata in spazi denominati Porticus e Crypta.Alcuni archeologi vedono le fulloniche come delle antesignane delle

    Guild Will e cio la sede della corporazione dei fulloni dove: essi si incontrano e hanno anche i loro uffici e magazzini, e la borsa per la

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    lana e per i tessuti, dunque per la vendita allingrosso: una funzione eviden-

    temente legata allipotesi di un grosso movimento di import-export di lana e

    vesti di lana.

    Questa ultima interpretazione potr apparire forse eccessivamente moder-

    nizzante: ma quel che tuttavia sembra difficile revocare in dubbio la con-

    nessione, ....., delledificio con le attivit, ....., dei fullones: attivit che sareb-

    be illegittimo, .....,considerare di scarso rilievo e solo rivolta a soddisfare esi-

    genze locali [22].

    Uninteressante documentazione archeologica, circa la citt di

    Fregellae, colonia latina situata nella valle del fiume Irno, che la colle-

    gava direttamente con limportante citt portuale di Minturnae, ha evi-denziato che allepoca della sua distruzione avvenuta nel 125 a.C. fosse-

    ro attive delle fullonicae e altri impianti tessili che per tipologia e impian-

    to urbanistico erano simili a quelle ritrovate a Pompei [23, 24].

    Uno dei locali della fullonica di Stephanus in via dellAbbondanza, venu-

    to fuori a seguito degli scavi effettuati riprodotto nella tavola VII [23].

    Le varie fasi della lavorazione della lana, sono state riprodotte in alcu-

    ni stupendi affreschi ritrovati a Pompei sulla facciata del famosissimo

    Pilastro dei Fullones che era parte integrante della fullonica di VeranioIpseo (seconda met del I secolo d.C.). Questo importantissimo reperto,

    in muratura, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

    Il pilastro affrescato su tre delle quattro facce. Particolarmente interes-

    santi sono le rappresentazioni visibili su due lati continui, il laterale

    destro e il frontale [21]. I pi significativi di questi affreschi sono ripro-

    dotti nelle tavole VIII e IX.

    In particolare, nella tavola VIII-a raffigurata una scena dove un giova-

    ne addetto alla cardatura di una stoffa, sospesa ad una corda, mediante

    una larga spazzola in metallo con delle punte acuminate. Alla destra del car-

    datore appare un altro lavorante mentre trasporta un trabiccolo (un arnese a

    forma di cupola fatto con aste di legno curvate che veniva, anche in tempi

    pi recenti, usato per asciugare i panni) e un caldano (un vaso di rame, di

    ferro, oppure di altro materiale, che conteneva dei carboni accesi o brace).

    Questo lavorante intento alla solforazione del tessuto, che veniva effet-

    tuata prima della spazzolatura e stiratura. Nel caldano, infatti, veniva postodello zolfo che bruciando sviluppava vapori di anidride solforosa che inve-

    stivano il tessuto, disteso in maniera appropriata sopra il trabiccolo.

    Alla sommit del trabiccolo, in latino denominato Vimea Cava, raf-figurata Ulula la civetta protettrice dei fulloni.

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    In basso a sinistra si nota una figura femminile, panneggiata e ingioiel-

    lata, probabilmente la conduttrice dellofficina, che si accinge ad esami-

    nare un tessuto che le porge una giovane angella.

    Nella parte centrale della tavola VIII-b dipinto un giovane pestatoreFullo, che allimpiedi e con i piedi immersi in un bacino, LacunaeFullonicae, contenente acqua e soda, urina umana o animale e altresostanze alcaline, procede alla follatura dei tessuti in lana. Ai lati del fullo

    sono raffigurati altri lavoranti detti Lotores.Sulla facciata laterale destra del pilastro, come riportato nella tavola

    IX-a, si nota una grande pressa (torchio Pressorium) che veniva utiliz-zata per la stiratura delle stoffe.

    Nella parte sottostante (tavola IX-b) sono rappresentate alcune giovanidonne mentre si accingono ad asciugare dei panni appendendoli a delle

    aste sospese.

    Scene connesse alla lavorazione e al finissaggio delle stoffe e dei panni

    nellantica Pompei sono state scoperte anche nel complesso pittorico

    della Casa dei Vettii laddove:

    gli Amorini lavapanni sono raffigurati mentre calcano i panni in una vasca

    accanto alla quale si trova unanfora forse piena di orina o di creta fullonica

    e, ammucchiate stoffe di vari colori. La scena successiva mostra un Amorino

    in corta tunica bianca che solleva con le mani, ......, un panno finissimo gial-

    lo scuro per deporlo accuratamente sopra un tavolino; al centro del riquadro,

    un Amorino in tunichetta gialla, ....., intento a cardare con una spazzola di

    spine vegetali (il Dipsacus) un tessuto giallo messo a stendere su un basto-

    ne. Una successiva sequenza un Amorino nudo, ....., reca una stoffa colore

    turchino a due signore acquirenti, ..... [15].

    Gli scavi di Pompei hanno evidenziato anche la presenza di officine per

    la produzione di una particolare stoffa in lana denominata feltro (unastoffa non tessuta che si ottiene per coaugulo e compressione di unasospensione di acqua, sapone, colla e di residui della lavorazione della

    lana e peli di vari animali: cammelli, castori, lepri, conigli, ecc.) [19].

    Le stoffe di feltro venivano utilizzate dai romani per la fabbricazione di

    copricapi, calzari, gualdrappe, manti per cavalli e pesanti mantelli.

    Le attivit relative al lavoro dei feltrai sono state raffigurate, con dovi-zia di particolari, in una serie di affreschi ritrovati sui pilastri della fac-

    ciata di unofficina lanaria o pi esattamente dei Lanarii Coactiliarii oQuactiliarii, per la produzione del feltro, ubicata in Via dellAbbon-danza nellantica Pompei (tavola X e XI).

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    Lo Spinazzola, nella sua famosa e oramai rarissima opera dal titolo

    Pompei: alla luce degli scavi nuovi di Via dellAbbondanza (Vol. I,Cap. VIII), cos illustra e descrive il contenuto di questi affreschi:

    ....... il laboratorio era a destra, la grande bottega di vendita a sinistra del-lingresso, ed questa che, a guisa di una grande mostra, i due pilastri di

    destra e di sinistra, ......, interamente coperti di pitture, inquadrano, e che la

    grande tettoia, sporgente dallun capo allaltro della facciata tutela insieme

    aglingressi, cos dei laboratori, come del negozio......

    La pittura di dritta che occupa tutto il largo pilastro ..... anche la pi impor-

    tante per le sue rappresentazioni, cos della zona superiore come dellinfe-

    riore (una visione di insieme di questo affresco riportata nella fotografia

    della tavola XII; n.d.A) ..........I feltrai sono nella predetta al lavoro, ed una delle iscrizioni dipinta su di

    essa, non permette di avere dubbi sul lavoro che compiono, qualificandoli a

    grandi caratteri: Quactiliarii: Feltrai. Alcuni in numero di tre -due a sini-

    stra ed uno a destra- sono seduti su sgabelli a piedi diritti, dietro bassi tavo-

    li stretti e lunghi, con piedi nodosi, legati da traverse nei lati brevi. I loro

    piedi, uniti pel calcagno sotto il tavolo, stringono, dalluno allaltro lato, un

    pilastrino squadrato e rastremantesi in basso, che sale da terra e fa parte del

    loro arnese di lavoro..........: solo le loro mani si muovono, esse solo com-piono il lavoro. Levate ad altezza dello sterno, mostrano di stringere,......,

    dallun capo allaltro uno strumento, che, composto da un filare di alti ed

    acuti denti, uniti insieme a formare un pettine, serve, come chiaro, a com-

    piere un lavoro, rispondente al nostro di Cardare e Pettinare la lana (tavola

    XIII; n.d.A.) ...... Larnese del lavoro , dunque, costituito nel suo insieme da

    un desco, un pilastrino di legno ad erma, pi stretto in basso, pi largo in

    alto, che, fermato al desco, sostiene i pettini, fissati verticalmente ad esso, e

    da uno strumento che vi lavora dentro di cui laffresco ci mostra ripetuta-

    mente la forma. E fatto ad arco nel mezzo con alette laterali per la presa, e

    la curva del centro or pi or meno pronunziata............... Il pettine dei lanaio-

    li di oggi non ........... molto diverso da quello qui rappresentato. E un

    oggetto come quello ornato di spunzoni di ferro con le punte in su, sui quali

    i lanarii passano a manate la lana, pigiando e tirando a s, per cardarla e

    lisciarla [27].

    Alcuni dei principali strumenti presenti sul tavolo di lavoro deiPectinarii, la coppa per umettare le dita, i coltelli Calcatoi e la spaz-zola sono raffigurati nella figura 22.

    Loperazione di coagulo e la preparazione del feltro, a partire dai resi-

    dui della pettinatura della lana, raffigurata al centro della scena pittori-

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    ca (tavola XIV). Lo Spinazzola cos la descrive:

    ...........laffresco ......... ci mostra al lavoro, intorno allapparecchio adibito

    al coagulamento del pelame pettinato, i piccoli operai impastatori dei velli, i

    veri Coactiliarii. Sono quattro due di spalle ......... sono questi i coagulato-ri Coactores del feltro.... e tutti, dovendo lavorare alle caldaie, sono, a dif-

    ferenza dei pettinatori, a torso nudo.

    Fra gli uni e gli altri.......... inserita una caldaia di cui si vede la bocca, e

    sotto di essa, aperto un alto e stretto fornello ad arco, in cui brucia la legna:

    lapparecchio evidentemente destinato a contenere e preparare il liquido coa-

    gulante (laceto secondo Plinio, VIII, 192, era uno dei liquidi, e rendeva il

    feltro resistente al ferro,....).........

    Due grandi bacinelle a becco sono collocate, a destra e a sinistra della cal-daia, ....... In esse, infatti, sono lunghe strisce bianche lanose, gi compatte

    che gli operai di fronte manipolano dando loro forme prestabilite.......... Il

    lavoro Coactilario cos compiuto, ....... [27].

    Le stoffe in feltro trovavano ampio utilizzo presso i romani:

    di feltro facevano i romani oltre che i cappelli (Pilei), una specie di scarpe

    (Impilia), coperture e mantelli -di cui alcuni servivano anche alla difesa dei

    soldati- e gualdrappe o manti per cavalli [27].

    Fig. 22: Raffigurazione di alcuni strumentipresenti sui deschi dei Pectinarii in Pompei.Dallalto verso il basso: la coppa per umettare

    le dita, i coltelli-calcatoi e la spazzola per rac-

    cogliere i residui della lana pettinata e/o car-

    data [Rif. 26].

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    Il proprietario dellofficina a destra nella tavola XV, indossa un lungo

    pastrano di colore amaranto chiamato caracalla oppure Palla Gallica(importato dalla Gallia, questo indumento passato alla storia per aver

    dato il nome allimperatore M. Aurelio Antonino). Come si evince dallatavola XV, il proprietario raffigurato mentre mostra ai probabili clienti

    e passanti una stoffa di colore marrone, decorata ai lati da fasce rosse, i

    Clavi indicativi del rango sociale di chi lavrebbe indossata [15].Le raffigurazioni riguardanti il ciclo lavorativo del feltro sono sovra-

    state da una grande figurazione di natura religiosa (tavola XVI) al cen-

    tro della quale rappresentata una quadriga di elefanti che trasporta una

    Dea coronata e scettrata; la Venus Pompieana protettrice di Pompei

    [27, 28].E probabile che nellofficina di via dellabbondanza si producessero

    stoffe ed abiti non solo in feltro, ma anche in lana grezza. Pertanto que-

    sto stabilimento veniva a configurarsi come una specie di fabbrica inte-grata nellambito della quale avvenivano molte delle lavorazioni pro-prie della filiera della lana incluse, anche, le operazioni di rifinitura di

    abiti gi usati. Gli addetti a questo ultimo tipo di lavorazione venivano

    chiamati Offectores.

    Anche le attivit tintorie erano molto sviluppate nella citt di Pompei

    come dimostrato dal ritrovamento, in alcuni locali, di un grande numero

    di orci e contenitori con residui di materia colorante [29].

    Sempre a Pompei nella casa di un certo Minucius, tessitore ma anchegladiatore, dove un lungo ambiente era adibito ad officina tessile, sono

    stati ritrovati 53 pesi in terracotta, i quali venivano utilizzati per mante-

    nere tesi i fili dellordito nei telai verticali. Un esemplare di peso per

    telaio in terracotta arancione (alt. cm 8), di forma troncoconica con lati

    lisci e foro orizzontale passante, ritrovato nella casa di Iulius Polibius(Pompei, primo secolo d.C.) mostrato nella figura 23-a.

    Nella casa della Venere in conchiglia, sono stati recuperati, durante unacampagna di scavi del 1953, dei pesi in piombo, di forma troncopirami-

    dale, che presentano nella parte superiore un foro passante (Figura 23-b).

    Sulla faccia anteriore vi la scritta eme, su quella posteriore habebis.

    Il gruppo di 18 pesi era a corredo di un telaio ligneo verticale per la tes-situra di cui un tipico esempio, analogo a quello che veniva utilizzato dai

    greci, schematicamente illustrato nella figura 23-c [21].

    Una fedele riproduzione di questo tipo di telaio verticale, effettuata dai

    tecnici dellIstituto Statale dArte Pasquale Panetta di Locri (RC),

    28

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    Fig. 23: a) Peso per telaio verticale, in terracotta arancio-

    ne (alt. cm 8), di forma troncoconica con lati lisci e foro

    passante orizzontale (Pompei, casa di Iulius Polybius

    primo secolo d.C.); b) pesi in piombo, di forma troncopi-ramidale, per telaio verticale (Pompei, Casa della Venere in

    conchiglia primo secolo d.C.) [Rif. 21];a)

    b)

    c)

    c) tipico telaio in legno verticale a pesi pendenti utilizzato dagli antichi romani e in generale nelle

    regioni del Mediterraneo e del Medio Oriente intorno al 100 d.C. [Rif.11].

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    illustrata nella tavola XVII. Questa opera conservata nel Museo

    Nazionale di Locri. Telai, simili a questo, sono tuttora usati in Asia e in

    Medio Oriente ed in altre regioni dellarea Mediterranea per la fabbrica-

    zione di tappeti.Tra le rovine della case dellantica Pompei stato ritrovato un numero

    veramente cospicuo di fusi, girelli, navette o spolette, in osso, di ottima

    fattura.

    I fusi, come si evince dalla tavola XVII erano costituiti da una asticel-

    la a sezione circolare con estremit arrotondata nella quale venivano inse-

    riti i dischetti (detti girelli) con il lato convesso decorato da cerchi incisi.

    Le navette, o spolette avevano una forma ellittica con un foro centrale. Il

    ritrovamento di questi strumenti dimostra quanto fosse diffusa lattivitdella filatura e anche della tessitura nelle comuni abitazioni e nelle bot-

    teghe artigianali nelle citt romane intorno al primo secolo d.C. [21].

    c1) Evidenze dellutilizzo della lana in Pompei attraverso lo studio

    di reperti tessili

    Durante i lavori di scavo delle citt di Pompei, Ercolano e Scafati,distrutte dalleruzione del Vesuvio nel 79 d.C., sono stati recuperati

    numerosi frammenti di tessuti e manufatti tessili, in stato pi o meno

    degradato, in relazione allentit del processo di carbonizzazione e del

    tipo di conservazione che essi subirono a seguito di quellevento.

    Studi morfologici e strutturali condotti su questi frammenti tessili, uti-

    lizzando tecniche di microscopia elettronica a scansione (SEM), micro-

    scopia ottica (OM) e diffrazione dei raggi X ad alto angolo (WAXS),

    insieme a metodiche chimiche e chimico-fisiche, hanno permesso di

    identificare la natura, lorigine e la struttura molecolare delle fibre che

    costituivano i manufatti e risalire anche ai processi tecnologici di filatu-

    ra e tessitura allepoca utilizzati.

    La maggior parte dei campioni, frammenti di piccole dimensioni con

    peso inferiore anche ai 3,0 mg, avendo subito un processo di carbonizza-

    zione pi o meno accentuato, si presentavano generalmente di colore

    nero-bruno ed erano cos fragili che al tatto si riducevano in polvere.Pertanto, prima di applicare tecniche di indagine mirate al riconosci-

    mento della natura delle fibre naturali, con cui erano stati realizzati i

    manufatti di origine e delle relative tecnologie di lavorazione, stato

    indispensabile effettuare sui reperti, interventi di consolidamento e di

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    conservazione tesi a consentirne la manipolazione e quindi le analisi. In

    alcuni casi i frammenti repertati sono stati fissati con gocce di una solu-zione acquosa di resine viniliche (polivinilalcol e poliacetato di vinile).

    I campioni cos apprettati, essiccati a temperatura ambiente, e quin-di ombreggiati con uno strato dello spessore di circa 18 nm di una lega

    Au-Pd sono stati esaminati e studiati mediante la tecnica della microsco-

    pia elettronica a scansione.

    La presenza o meno di tracce di cristallinit residua, utile a confermare

    la natura chimica e la struttura molecolare delle fibre che costituivano i

    tessuti, stata determinata quantitativamente con la tecnica della diffra-

    zione dei raggi X ad alto angolo (WAXS) adottando particolari accorgi-

    menti, resisi necessari per la quantit particolarmente esigua di materialedisponibile e per la loro fragilit.

    Sui campioni stata inoltre effettuata una microanalisi chimica basata

    sulla solubilit e/o sulla colorazione assunta dalle fibre in seguito a trat-

    tamenti con acidi forti e/o sostanze coloranti.

    Il modo in cui i fili dellordito e quelli della trama erano stati intreccia-

    ti tra loro stato determinato dalle micrografie ottiche ed elettroniche ad

    ingrandimenti relativamente bassi.

    Dallinsieme degli studi effettuati da Martuscelli et al. [30, 31] statopossibile concludere che le fibre elementari costituenti alcuni dei reperti

    tessili investigati fossero di lana.

    Un frammento di tessuto, ritrovato nella casa di C. Iulius Polybius, inVia dellAbbondanza, mostrato nella figura 24-a. Questo reperto di

    colore giallo bruno uno dei pochi ben conservati. Gli esami eseguiti su

    di esso hanno mostrato che il tessuto era costituito principalmente da

    fibre di lino alle quali erano state mescolate anche fibre di lana comune,

    come viene evidenziato dalla micrografia elettronica riportata in figura

    24-b.

    Larmatura del tessuto quella pi semplice, comunemente denomina-

    ta armatura piana o armatura tela. Essa caratterizzata dal fatto chelordito e la trama si alternano, luno sopra e laltra sotto e viceversa,

    scambiandosi la posizione ad ogni battuta del telaio (rigo), con i fili

    intrecciati a croce [32]. Questa armatura, descritta su carta quadrettata,

    nella quale viene riprodotto un ipotetico tessuto ad elevato ingrandimen-to, rappresentata graficamente nella figura 25. Larea con i quadrettini

    in rosso definisce il rapporto di armatura (la minima unit ripetitivache caratterizza il tessuto).

    Nelle figure 26-a e 26-b sono riportate rispettivamente la fotografia di

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    32

    Fig. 24: a) Fotografia di un reperto tessile (No. 280/B) trovato nella casa di C. Iulius Polybius inVia dellAbbondanza nellantica Pompei.

    b) Micrografia elettronica a scansione di fibre che mostrano una morfologia tipica di quelle della

    lana comune. Queste fibre sono state ritrovate in minima quantit nel reperto in a) che costi-

    tuito principalmente da fibre di lino [Rif.30].

    a)

    b)

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    un frammento tessile ritrovato a Pompei (18069/A-leggero) e la micro-

    grafia al SEM di una fibra elementare da esso prelevata.

    Lanalisi ha portato a concludere che le fibre componenti fossero di lana

    comune organizzati nel tessuto secondo unarmatura reps di ordito rego-lare la cui rappresentazione grafica mostrata nella figura 27 [31-a].

    Nella micrografia della figura 26-b sono chiaramente visibili delle frat-

    ture trasversali allasse della fibra che sono da attribuire a probabili feno-

    meni di degradazione.

    Si gi precedentemente accennato al fatto che durante la filatura, pi

    fibre di lana sono attorcigliate le une alle altre mediante un processo di tor-

    sione o torcitura che pu essere condotto in un senso destrorso (comune-

    mente detto torsione a Z) oppure in un senso sinistrorso (definito tor-

    sione a S). Nel caso del reperto mostrato nella figura 26 stato possibi-

    le, mediante microscopia ottica, dimostrare che le fibre di lana costituenti

    fossero state filate mediante un processo di torsione di tipo Z [31].

    Il frammento di tessile recuperato a Pompei (18078/B) costituito da

    fibre di lana non comune appartenenti a velli di capra anatolica (Caprahircus angorensis) denominata capra dangora (figure 28-a e 28-b). La

    rappresentazione grafica dellarmatura, di tipo twill di 3 schematiz-zata nella figura 29 [31-a].Questo ritrovamento di grande rilevanza poich esso dimostra che a

    Pompei lane pi pregiate venivano importate da paesi relativamente lon-

    tani al fine di confezionare stoffe pi sofisticate e costose.

    33

    Fig. 25: Rappresentazione grafica

    dellarmatura tela relativa al

    reperto tessile ritrovato nella Casadi C. Iulius Polybius in ViadellAbbondanza (Pompei)

    descritto nella figura 24-a [Rif.

    30].

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    34

    a)

    b)

    Fig. 27: Rappresentazione grafica dellarmatura reps di ordito regola-re relativo al frammento tessile in lana comune repertato a Pompei(18069/A/leggero) la cui fotografia riportata in fig. 26-a [Rif. 31-a].

    Fig. 26: a) Foto-

    grafia di un fram-

    mento di un reperto

    tessile ritrovato a

    Pompei (18069/A/

    leggero);

    b) fotomicrografiaelettronica (SEM)

    di una fibra, prele-

    vata dal campione

    in a).

    Lanalisi ha per-

    messo di conclude-

    re che le fibre com-

    ponenti il tessuto

    fossero di lana [Rif.

    31-a].

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    35

    Fig. 28: a) Frammento tessile recuperato a Pompei (18078/B), filatura Z, twill di 3, fatto con lanadangora.

    b) Micrografia elettronica (SEM) di una singola fibra appartenente al campione in a) e risultata

    allesame morfologico essere di lana dangora [Rif.31-a].

    a)

    b)

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    36

    Fig. 29: Rappresentazione grafica dellarmatura, tipo

    twill di 3, relativa al tessuto recuperato a Pompei(18078-B) la cui fotografia riportata in fig. 28-a.

    Larea in rosso identifica il rapporto di armatura [Rif.

    31].

    Fig. 30: a) Fotografia di un frammento di un tessuto recuperato a Pompei (79 d.C.).

    b) micrografia elettronica a scansione di una fibra prelevata dal reperto in a), dal cui esame si rica-

    va che essa di lana dangora [Rif. 31].

    a)

    b)

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    37

    Fig. 31: a) Frammento di un manufatto tessile (fotografia) (campione 1992 N. 36) trovato a

    Scafati (79 d.C.) fatto con lana comune.

    b) Micrografia elettronica di fibre prelevate dal campione in a) e identificate come lana comune

    [Rif. 31-a].

    a)

    b)

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    Anche il reperto della figura 30 risultato essere tessuto con lana dan-

    gora e con unarmatura analoga a quella della figura 27.

    Altri reperti di tessuti in lana comune ottenuti con una tecnologia di tes-situra basata su unarmatura del tipo reps di trama, sono stati ritrovatia Scafati (figura 31 e 32) [31-a].

    Frammenti di tessuti in lana comune, con unarmatura di tipo piana o

    tela, gi precedentemente descritta, sono stati recuperati anche negli

    scavi dellantica citt di Ercolano (figura 33). In questo caso il senso del-

    lavvolgimento dato alle fibre, durante la filatura, era di tipo S [30, 31].

    Lanalisi dei reperti tessili ritrovati a Pompei, Ercolano e Scafati evi-

    denzia come, allepoca in cui avvenne leruzione del Vesuvio (79 d.C.),le tecnologie utilizzate per la tessitura erano notevolmente sofisticate e

    differenziate permettendo di confezionare stoffe e tessuti caratterizzati da

    armature anche complesse.

    In alcuni frammenti di tessili stata anche riscontrata la contemporanea

    presenza di fibre di natura diversa, ad esempio lino e lana, a dimostra-

    zione del fatto che gi allora era utilizzata la tecnologia dei tessuti ibri-di realizzata sia per ottenere stoffe con prestazioni mirate a particolariutilizzi, sia per ridurre i costi, sia per migliorare la filabilit di alcune

    fibre e quindi la loro attitudine alla tessitura, sia per migliorare alcune

    caratteristiche ultime dei manufatti.

    38

    Fig. 32: Rappresentazione grafica dellar-

    matura, di tipo Reps di Trama, del tessu-to fotografato nella figura 31-a [Rif. 31-a].

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    Fig. 33: a) Frammento di tessuto in lana trovato durante gli scavi dellantica Ercolano (79 a.C.)

    (campione N. 281).

    b) Micrografia elettronica di una fibra prelevata dal campione in a) identificata come lana comu-

    ne [Rif.31-a].

    a)

    b)

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    d) Evidenze archeologiche di utilizzo della lana in Egitto, in et

    Tolemaica e Romana

    Nellantico Egitto la lana veniva poco utilizzata nella manifattura ditessuti e stoffe per abbigliamento. Alle fibre di lana venivano di gran

    lunga preferite quelle di lino.

    Sembra che la lana trovasse impiego principalmente nella fabbricazio-

    ne di grossolani, rozzi e ruvidi mantelli e sciarpe. Il valore di questi tes-

    suti era di gran lunga inferiore a quello delle pi sofisticate e costose stof-

    fe di lino.

    D. L. Carrol, circa lo scarso utilizzo della lana nellantico Egitto, ebbe

    a scrivere:According to the observations of Herodotus, book 2.81, the Egyptians consi-

    dered wool to be ritually unclean, which would make it unsuited for wear

    during religious ceremonies or for burial purposes.

    Sheep tend to collect dirt and debris on their fluffy but naturally greasy coats

    which may be further fouled by excrement. This, and the fact that wool was

    commonly cleaned with the aid of urine, also an ingredient in some dye recipes,

    may have led the fastidious to avoid wool and dyed textiles entirely [33].

    Al contrario R. Hall afferma che il grado di impiego delle fibre di lana

    da parte degli antichi egiziani sia stato sottostimato dagli storici e dagli

    archeologici:

    The Greek historian is responsible for some of our misconceptions regar-

    ding the use of wool in ancient Egypt. Writing in the fifth century BC, he

    relates that nothing of wool is taken into their temples or buried with them

    for their religion forbids it. It is now evident that there is much more wool,

    in both funerary and domestic contexts, than was previously realized, and

    that it was probably always used for much needed warm clothing, especial-

    ly cloaks. Herodotus himself mentions the wearing of loose white woolen

    mantles over linen tunies, whilst the first-century BC Greek author Diodorus

    Siculus states that the Egyptian sheep yielded wool for clothing and orna-

    ment. Certainly the Egyptians would have used the available wool and hair

    from their large numbers of domesticated sheep and goat [34].

    In Egitto la lana assumer un ruolo rilevante, nella tecnologia tessile

    Copta, in et Greco-Romana (332 a.C. 395 d.C.).

    It is surprising, then, in the light of a possible antipathy to wool textiles on

    the part of Egyptians, to discover that wool plays an important role in Coptic

    40

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    textile technology. Coptic weavers made all-wool textiles and also combined

    the fiber with linen. At some point wool became an acceptable textile fiber,

    both for ordinary wear and for burial. It is not at all certain when this took

    place though the Ptolemaic period is likely.

    A solution to the problem posed by the change in attitude in the Coptic

    period is provided by the introduction of Greek concepts and customs into

    Egypt after the establishment of the Macedonian-Greek dynasty in the fourth

    century B.C.. Except for the members of certain esoteric cults Greeks had no

    bias against wool textiles. Textiles for everyday wear were either linen or

    wool, depending upon the weather or the season. Brightly colored garments

    were highly valued, judging from their frequent mention in Greek literature

    and their occasional depiction in Greek art [33].

    Lo sviluppo che si ebbe a verificare nelluso tessile della lana, in Egitto,

    in et tolemaica stato cos confermato da C. C. Mayer Thurman:

    Sheep are among the most ancient of domestic animals and were available

    in some numbers in the Nile Valley. The most likely source of wool would

    have been domestic breeds available in Egypt of the period. These included

    hairy thin-tailed sheep (including those with ammon-shaped horns), wooled

    thin-tailed sheep, and (wooled) fat tailed sheep. The Ptolemaic government

    had take a special interest in this industry, introducing a species of sheep that

    yielded better wool. Production of wool was sponsored by the state. During

    Ptolemaic and Roman times there was an extensive trade in this product, and

    its use began to increase [35].

    Una missione congiunta di archeologi dellUniversit di Bologna e di

    Lecce inizi nel 1993 una campagna di scavi nel sito di Kom Umm el-

    Atl (che in arabo significa la collina dei tamerici), dove Tolomeo IIintorno al 280 a.C. aveva edificato la citt di Bakchias nellangolo a nord-

    est della grande Oasi del Fayyum.

    Il Fayyum una depressione naturale (si trova a Sud-Ovest del Cairo

    dalla quale dista circa 80 Km (tavola XVIII)) la cui fertilit del suolo

    veniva assicurata in epoca antica, ma lo ancora oggi, da una fitta rete di

    canali che portano acqua fino alle soglie del deserto libico [36, 37].

    Il Fayyum visse un periodo di grande splendore sotto la dinastia tole-maica che govern lEgitto a partire dal 304 a.C. allorquando Tolomeo di

    Logo assunse il titolo di Faraone. Durante la dinastia tolemaica, che ebbe

    fine alla morte di Cleopatra (30 a.C.), si verific un significativo proces-

    so di ellenizzazione dellEgitto in continuazione della politica di

    41

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    Alessandro Magno (morto nel 323 a.C.).

    Sotto il regno di Tolomeo II Filadelfo (285-246 a.C.) furono realizzate

    nella regione del Fayyum grandi opere di irrigazione e di bonifica a

    seguito delle quali fu aumentata notevolmente la superficie di terre colti-vabili. Inoltre questo sovrano favor linsediamento di colonie agricole

    che furono affidate a veterani Greco-Macedoni. Per la sua fertilit loa-

    si del Fayyum fu denominata il giardino dellEgitto.A seguito della battaglia di Azio nel 30 a.C., lEgitto divenne una pro-

    vincia di Roma.

    Con il declino e la caduta dellimpero romano inizi un progressivo

    decadimento del Fayyum; quella che era stata una fiorente, ricca e ferti-

    le regione sub un processo di desertificazione che insabbi la perfettarete di canali di irrigazione. Le splendide citt, tra le quali spiccava

    Bakchias, furono gradualmente abbandonate e sommerse dalla sabbia.

    Una splendida veduta del sito antico di Bakchias, ripresa dal villaggio

    moderno, riportata nella tavola XIX-a, mentre nella tavola XIX-b rap-

    presentata la grande struttura in mattoni crudi su cui sorgeva il tempio di

    Bakchias dedicato al Dio Soknobkonneus (et tolemaica e romana) [37].

    La citt di Bakchias, definitivamente abbandonata nel IV secolo d.C.,

    fu completamente ricoperta di sabbia desertica e questo sembra cheabbia garantito la buona conservazione dei resti, siano essi di natura

    architettonica che di altra origine.

    Presso lIstituto di Ricerca e Tecnologia delle Materie Plastiche del

    Consiglio Nazionale delle Ricerche (Arco Felice - Napoli) stato intra-

    preso uno studio avente lobiettivo di identificare la natura, la provenien-

    za e le tecnologie di lavorazione delle fibre naturali costituenti una serie di

    reperti tessili rinvenuti a Backias durante le varie campagne di scavo.

    I risultati relativi al caso di due campioni di tessili in lana recuperati a

    Bakchias durante la campagna di scavi del 1996 sono qui di seguito illustrati.

    Un primo campione (Rep.2, campionatura B96/72/291) un frammen-

    to di tessuto caratterizzato da una tinta beige di base che appare rigato per

    effetto di variazione del colore sui fili dellordito, che hanno acquisito, in

    alcune zone, una tonalit tendente al bluastro (tavola XX).

    Dallesame degli spettri di diffrazione dei raggi X ad alto angolo (figu-

    ra 34) e delle caratteristiche morfologiche delle fibre componenti il tes-suto, prima e dopo il lavaggio per eliminare scorie di varia origine (figu-

    ra 35), stato possibile concludere che le fibre fossero di lana comune

    filate con una torsione di tipo S e disposte nel tessuto secondo unar-

    matura a tela, la cui corrispondente rappresentazione grafica stata gi

    42

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    illustrata nella figura 25 [38].

    Un secondo frammento di tessuto in lana (tipo cimosa, reperto n.3catalogazione B96/92/1000), la cui fotografia riportata nella tavola XXI-

    a), di colore beige non uniforme. Esso appare fortemente deteriorato einvecchiato con delle decoesioni superficiali con andamento trasversale e

    con degli sporadici episodi di spot di colore bianco su entrambe le facce.

    Le caratteristiche morfologiche delle singole fibre (diametro medio

    compreso tra 16 e 30 mm) emergono chiaramente dalle micrografie elet-

    troniche al SEM riprodotte nelle figure 36-a e 36-b.

    Il processo di filatura stato effettuato inducendo alle fibre una torsio-

    ne ad S, mentre larmatura di tipo a tela caratterizzata da 7 fili di ordi-

    to presi a blocchi di tre e di quattro (tavola XXI-b). Il rapporto di arma-

    tura di due fili e due trame; per la tessitura stato utilizzato un telaio

    con almeno due licci [38].

    43

    Fig. 34: Diffrattogramma ai raggi X (Cuk-filtrata con Ni) di fibre del manufatto in lana (Rep.2,

    campionatura B96/72/291), ritrovato a Bakchias (Egitto) e la cui fotografia mostrata nella tavo-

    la XX. Lo spettro stato ottenuto utilizzando un diffrattometro per polveri ad alto angolo

    [Rif.38].

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    44

    Fig. 35: Micrografie elettroniche in scansione delle fibre costituenti il manufatto in tavola XX,

    ritrovato a Bakchias (Rep.2, campionatura B96/72/291) identificate come fibre di lana:

    a) tal quali cos come prelevate dal manufatto;

    b) dopo lavaggio;

    [Rif. 38].

    a)

    b)

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    e) Lo sviluppo dellarte della lana in Europa: Medioevo

    Agli inizi dellera cristiana, in molte regioni civilizzate si produceva

    lana per fini tessili insieme ad altre fibre naturali quali il lino, la canapae, nel lontano Oriente, la seta.

    Cominciarono a costituirsi degli stabilimenti di lavorazione, trasfor-mazione, rifinitura e tintura della lana che, in alcuni casi si configuraro-

    no come dei centri di natura proto-industriale e nuclei di una futura indu-

    stria laniera.

    In particolare la lana veniva prodotta e lavorata in Egitto, in Palestina e

    in Asia Minore. Famose erano le lane provenienti dalla Frigia (una regio-

    ne storica che comprendeva la parte occidentale dellaltopianodellAnatolia), dalla Lidia (regione mediana della costa occidentale

    dellAsia Minore con capoluogo la citt di Sardi) e dalla gi menzionata

    citt di Mileto (antica citt dellAsia Minore situata su di una piccola peni-

    sola della costa occidentale della Caria nelle vicinanze della foce dellan-

    tico fiume Meandro). Attualmente la Frigia, la Lidia e la regione di Mileto

    sono parte integrante della Turchia (figura 37). In Grecia erano molto rino-

    mate le lane prodotte nellisola di Samo (separata dalla costa occidentale

    della Turchia da uno stretto canale) nelle regioni dellAttica (area storicacon capoluogo Atene, che comprendeva anche il Pireo con il suo impor-

    tante porto, cuore della vita economica culturale e politica dellantica

    Fig. 37: Mappa geografica dellantica Turchia e dellAsia Minore dove sono indicate le regioni

    che, in et pre-cristiana; producevano e lavoravano la lana (vedasi testo).

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    Grecia) e nellArcadia (regione montagnosa del Peloponneso Centrale).

    Agli inizi dellEra Cristiana pregiate ed eleganti vesti in lana venivano

    confezionate in citt del Medio-Oriente quali Bagdad e Damasco.

    NellItalia Meridionale la produzione e la lavorazione della lana si svi-lupp principalmente in Sicilia e nelle citt di Sibari e Taranto.

    In Europa le regioni dove inizialmente si concentr lindustria lanie-ra (produzione e lavorazione) furono la Gallia Circumpadana, la Gallia

    Transalpina e la Spagna.

    Durante lImpero Romano, importanti e ricche corporazioni di lana-rii, che controllavano la produzione, la lavorazione, la tessitura e il com-mercio della lana, dei filati e dei tessuti, si costituirono in varie citt quali

    ad esempio Brescia, nellItalia Settentrionale, Tiatira, Efeso (antica cittdellAsia Minore situata al centro della costa dellAnatolia) e la gi

    ampiamente citata citt di Pompei [17, 39].

    Nel Medioevo e nellalto Medioevo lindustria laniera si diffuse nella

    maggior parte delle regioni europee contribuendo fortemente ad attivare

    ed alimentare un commercio internazionale di materie prime, di sostanze

    coloranti, di macchine per la lavorazione e di manufatti.

    Le Fiandre (attuali Paesi Bassi) rappresentarono fino al XII secolo la

    regione europea dove si concentr la pi importante industria manifattu-riera di panni di lana. Da questa regione venivano esportate in tutto il

    mondo stoffe molto pregiate, sia per le caratteristiche della lana utilizza-

    ta che per la qualit e le tonalit dei processi tintoriali.

    Lindustria laniera italiana, molto florida fino alla caduta dellImpero

    Romano dOccidente (~476 d.C. anno in cui Odoacre, capo degli Eruli,

    depone lultimo imperatore doccidente, Romolo Augustolo, e si procla-

    ma Re), sub un tracollo a seguito delle invasioni barbariche che provo-

    carono una drastica riduzione nellallevamento delle pecore molte delle

    quali furono uccise per nutrire gli eserciti invasori. Pertanto per molti

    decenni nelle citt della penisola si producevano pochi panni di lana e

    anche di bassa qualit.

    La produzione, la lavorazione e il commercio della lana (sia allo stato

    di fibre grezze che di panni e tessuti) ebbero un ruolo determinante nel

    medioevo (periodo storico che va dalla data della caduta dellImpero

    Romano doccidente, 476 d.C., alla conquista di Costantinopoli, capitaledellImpero Romano dOriente, da parte dei Turchi, che avvenne nel

    1453 d.C.) per la nascita e lo sviluppo di uneconomia internazionale

    europea. Su questo argomento Robert-Henri Bautier, in suo scritto dal

    titolo Comunicazione e vita di relazione nel Medioevo riportava:

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    Nellultimo decennio dellXI secolo si vede improvvisamente che lecono-

    mia comincia a decollare, qua e l, in Europa e il movimento si accentua nei

    primi decenni del XII secolo. Mercanti e merci circolano da una regione

    allaltra, da una zona geografica allaltra, per terra e per mare, dalle Fiandre

    allItalia, dallItalia in Oriente, e costituiscono una innovazione di importan-

    za eccezionale in un panorama economico fino ad allora prevalentemente

    agricolo.

    ......... le citt si sviluppano e diventano centri di scambi; nascono le fiere,

    mentre le vie di comunicazione terrestri, fluviali e marittime conoscono una

    circolazione sconosciuta dopo lepoca romana. Questo rinnovamento delle-

    conomia riceve una sferzata negli ultimi due decenni del XII secolo e leco-

    nomia si internazionalizza realmente nel corso del XIII secolo con listitu-

    zionalizzazione delle leghe tra citt mercantili, il ritorno a monete doro di

    valore internazionale, la creazione di societ bancarie di grande ampiezza

    che disponevano di sedi nei diversi luoghi, ... . LEuropa economica si forma

    in questo periodo [40].

    Lo sviluppo di una economia globale europea contribu alla crescitadel sistema citt, favorita da un accentuato incremento demografico.

    Questo momento storico di grande rilevanza per il passaggio da unsistema prevalentemente agricolo ad uno basato, anche, su industria,

    imprenditoria e finanze fu favorito da una serie veramente importante di

    invenzioni ed innovazioni tecnologiche:

    ......: i mulini ad acqua si diffondono lungo i fiumi mettendo cos fine ai tra-

    dizionali mulini a braccia, mentre linvenzione dellalbero a canne, che ha

    un movimento alternativo invece del movimento continuo, permette nel

    corso del XII secolo la costruzione della gualchiera, innovazione di notevo-

    le impulso per la tessitura, del battitoio per la canapa e, alla fine del secolo,

    del martinetto per la lavorazione del ferro.

    Alla fine del XII secolo, in Normandia e in Inghilterra, fa la sua apparizione

    il mulino a vento che si diffonde rapidamente lungo le coste del Mare del

    Nord e dellAtlantico [40].

    In questo contesto particolarmente attivi si dimostrarono i mercanti di

    stoffe e tessuti i quali si portavano nelle grandi citt dove vendevano leloro merci acquistate presso i produttori dei loro paesi. Cos ad esempio

    i mercanti delle Fiandre si recavano in Inghilterra per acquistare la lana,

    che veniva successivamente lavorata nelle industrie tessili fiamminghe, e

    quindi gli stessi si trasferivano successivamente in Italia ed in altri paesi

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    per vendere i manufatti finiti, spesso di grande pregio.

    Gli storici sottolineano la presenza, nei vari mercati europei, di mer-

    canti provenienti da Colonia, dalla Lorena, da Arras e da Valenciennes,

    dove vendevano panni e tessuti finiti e compravano lana greggia daimportare nei loro paesi dorigine.

    Anche nelle citt italiane si notava la presenza di mercanti stranieri. Da

    documenti dellepoca si ricava che Genova, nel XII secolo, era frequen-

    tata da mercanti che venivano dalle citt francesi di Verdun e di Arras i

    quali, attraverso i loro banchi, offrivano tessuti e panni lana acquistando

    e importando nei loro paesi prodotti mediterranei quali cuoio, spezie,

    ecc..

    In unantica lista di merci, che risale allinizio del XII secolo e che figu-ra su di un tariffario di tasse del mercato di Genova, comparivano tra le

    varie voci quella delle balle di lana (torsellus lanus) e delle tele, porta-te da uomini doltralpe. Analogamente antichi documenti trovati aBruges attestano la presenza, nel 1127, di mercanti Lombardi i qualicompravano panni lana.

    Le grandi fiere sicuramente contribuirono a dare un grande impulso al

    commercio Pan-Europeo.

    Tutto cambi quando le famose fiere di Champagne divennero il centro

    del grande commercio internazionale e, poco dopo, di conseguenza, il cen-

    tro internazionale del cambio e dellattivit bancaria. Allinizio niente le

    distingueva dalle fiere locali che, con lo sviluppo delle campagne e dei bor-

    ghi, dellagricoltura e dellallevamento, erano nate in molte altre regioni,

    ...... Ma poco prima della met del XII secolo, la fiera locale vede allargarsi

    il suo orizzonte ...... Cos le fiere di Troyes e di Provins .........., come quella

    di Lagny (1154), sono da allora diventate fiere di importanza regionale, se

    non internazionale poich nel 1174 si sa di tre empori dove si vende il fusta-

    gno, un prodotto tipico italiano, la cui vendita nella Champagne era stata

    autorizzata nel 1160. ......: ci saranno sei fiere in Champagne , che si succe-

    deranno nel corso dellanno: due a Troyes e Provins, una a Lagny e una a

    Bar-sur-Aube........... E quindi in questepoca (~1193 n.d.A.) che le fiere

    diventano il grande centro di vendita dei panni di Francia ai mercanti ita-

    liani che, a loro volta, se ne assumeranno la distribuzione nei mercati italia-

    ni e del mondo mediterraneo.

    ........ Allinizio si trattava soprattutto di panni di Arras, Hesdin e Douai: ma

    presto parteciparono tutti i centri tessili delle Fiandre: Ypres, Bruges, Gand,

    Poperinghe, Furnes, ecc.; lo stesso per lHainaut, con Valenciennes e

    Maubeuge, e la Piccardia con Amiens e Beauvais (dove verso la fine del XII

    secolo vennero costruiti pi di trenta mulini a follone); la zona di approvvi-

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    gionamento del mercato si amplia verso ovest con i panni di Normandia

    (Rouen, Louviers, Montivillier), la stoffa pesante di Chartres e il sago di

    Caen, e verso lInghilterra, con i famosi estanfort di Stanford e le stoffe di

    Northampton.

    Questo comporta nella Champagne stessa la nascita di nuovi centri tessili

    che approfittano della vicinanza e del minor costo per invadere il mercato

    europeo: vergatino e roy di Provins, la cui fabbricazione diviene lattivit

    principale della citt, e le coperte di Chalon, cos diffuse che il nome di que-

    sta citt diventa in Italia un nome comune: uno jalone. La tessitura rag-

    giunge rapidamente Parigi (panni di San Marcello) e Saint-Denis.

    Limportanza di questo mercato internazionale del tessuto fa s che dalla

    stessa Italia giungano altri tipi di panni, panni mezza-lana di Milano e

    Monza fustagno di Cremona, cotonine [40].

    Amedeo De Vincentiis, in un suo interessante articolo concernente la

    storia di una delle pi grandi dinastie della Francia, quella dei

    Capetingi, che vede come capostitipe Ugo Capeto, Re di Francia a par-tire dal 987, cos scrive a proposito del fenomeno delle fiere della

    Champagne e della Brie:

    Un fenomeno di primaria importanza nella Francia capetingia furono, tra il

    XII e XIII secolo, le fiere della Champagne e della Brie, incentrate sulle citt

    di Bar-sur-Aube, Troyes, Provins e Lagny. Tali iniziative seguivano un ciclo

    che consentiva un mercato permanente, per cui quando terminava una fiera

    in una citt, immediatamente ne iniziava unaltra in un centro vicino.

    Lattivit commerciale e di scambio attirava mercanti da tutto lOccidente,

    tra cui molti Italiani. Lo straordinario successo di queste iniziative non

    stato spiegato in maniera esauriente dagli storici. In effetti tutte le citt inte-

    ressate erano centri di secondo ordine, situate, oltretutto, in una regione dota-

    ta di una mediocre rete di comunicazione per via fluviale, per le quali non

    passava alcuna delle grandi strade dirette verso lItalia settentrionale e le

    Fiandre. Nonostante questo, per, la rete di scambi incentrati sulle fiere di

    questa regione coinvolse tutto il Mediterraneo, fino allAfrica e allAsia. A

    est invece, grazie alla mediazione delle citt renane, i contatti passavano per

    il Baltico, fino a raggiungere i Paesi scandinavi e il cuore della Russia. Cos

    si costitu un reticolo di contatti economici tale da poter essere considerato,

    secondo le parole dello storico Fernand Braudel, un embrionale esempio di

    economia-mondo [41].

    Queste fiere erano cos rinomate da essere spesso ricordate nella icono-

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    grafia dellepoca. Un esempio illustrato nella miniatura riportata nella

    tavola XXII dove viene rappresentata la famosa fiera del Lendit che siteneva a Parigi. Nella miniatura, tra le merci raffigurate, appaiono in

    primo piano le balle di panni, presumibilmente di lana [41].A partire dal secolo XII gradatamente, ma con continuit, si assistette

    ad una ripresa dellindustria della lana in molte citt e regioni dellItalia.

    Questo fenomeno, che da mettere in relazione con la possibilit di

    poter importare lana pregiata da paesi quali la Spagna, la Francia,

    lInghilterra e anche dai paesi Medio-Orientali, coincise anche con un

    aumento della produzione di lane indigene in alcune regioni quali la

    Puglia, la Romagna, la Sardegna e la Toscana, le quali per erano, infe-

    riori per qualit rispetto a quelle importate da altri paesi.Le citt dove si costituirono importanti siti produttivi erano principal-

    mente locate al Nord, tra queste si ricordano: Lucca, Firenze, Milano,

    Monza, Como, Bergamo, Brescia e Venezia.

    La produzione italiana, allepoca, non poteva per, per qualit, reggere

    la concorrenza delle stoffe provenienti dalle Fiandre, dalla Francia e

    dallInghilterra, come si evince da alcuni dati doganali, dai quali risulta

    che mentre per i panni originali dYpres (Francia) si pagava un dazio di

    30 soldi, per la stessa tipologia di panni prodotti a Lucca si pagavano 20soldi. Analogamente per le stoffe Stanfort prodotte e importatedallInghilterra si pagavano 24 soldi, mentre per gli Stantortini, pro-dotti a Milano e a Monza, si pagavano solo 5 soldi [39].

    La supremazia dellindustria manifatturiera estera su quella italiana

    viene avvalorata dal fatto che, almeno fino ai primi decenni del secolo

    XIV, a Firenze la pi importante attivit tessile era quella dell Arte diCalimala basata non sulla produzione di stoffe, bens sullimportazionedi panni dalla Francia e quindi

    nella loro finitura secondo i gusti dei mercati a cui li destinano, e nella loro

    vendita al minuto oppure, in misura assai maggiore nella loro riesportazio-

    ne [39].

    Il primato di cui godette per molto tempo lindustria laniera dei Paesi

    Bassi, primato che dur indiscusso fino al secolo XIV, fu dovuto ad una

    serie di ragioni tra le quali vanno sicuramente annoverate le seguenti:a) unantica tradizione tecnica e tecnologica;

    b) una particolare posizione geografica, che li collocava vicino ai mer-

    cati inglesi (da cui provenivano le lane migliori per qualit), alle citt

    della Francia (sedi di importanti fiere internazionali, dove mercanti

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    parte di Papa Lucio III. La stessa sorte tocc ai poveri di Lione. Il PapaInnocenzo III riscrivendone le regole recuper gli Umiliati alla Chiesa,

    autorizzandoli alle predicazioni e ben presto essi si diffusero in tutta

    Italia. Intorno agli inizi del secolo XIII questo movimento ebbe una gran-de influenza, non solo da un punto di vista religioso ma anche economi-

    co poich svilupp una intensa attivit nel settore della lavorazione e del

    commercio dei panni-lana.

    Le riproduzioni di antichi acquerelli (1421 circa) che illustrano alcune

    fasi della lavorazione della lana da parte degli Umiliati sono riportate

    nelle tavole XXIII e XXIV [42].

    Larte della lana fiorentina, nel secolo XIII era la pi importante dItalia.

    Una dimensione dellindustria laniera a Firenze si ricava dalle seguenticifre, che si riferiscono ai primi decenni del secolo XIII: a) addetti 30.000;

    b) produzione annua superiore alle 80.000 pezze e c) esportazione allin-

    circa pari ad un quarto della produzione (20.000 pezze).

    Lorganizzazione del ciclo produttivo dellindustria laniera a Firenze,

    Padova ed in altre citt italiane era molto simile, allepoca, a quella delle

    citt fiamminghe:

    ... essa vi apparisce cio come un insieme di tanti mestieri staccati che si

    completano a vicenda, che sono ordinati nelle forme diverse dellartigianato,

    dellindustria domestica e del salariato, e che fanno capo tutti al Lanifer (il

    Drapier fiammingo) che soprattutto un mercante, il quale per esercita

    anche qualche funzione industriale. La prima lavorazione della materia greg-

    gia, che in parte proviene dai pascoli dellAppennino, in parte dalla Spagna e

    dallInghilterra, si compie presso limprenditore stesso: i Vergheggiatori, gli

    Scardassieri, i Pettinatori lavorano raccolti in rudimentali opifici ........ Ridotta

    la lana a stami essa distribuita tra i filatori ..........: sono per lo pi donne

    obbligate a non filare altra lana che quella affidata loro dal mercante. Ne

    molto diversa sembra la condizione dei tessitori che in molti casi non sono

    nemmeno proprietari del telaio. Filatori e tessitori lavorano in casa propria,

    con la sola differenza che i primi lavorano per lo pi in campagna ...... men-

    tre i tessitori vivono in citt. Pi indipendenti sono i lavatori, i follatori, i tin-

    tori, i cimatori e in genere tutti quegli artigiani che attendono allultima pre-

    parazione dei tessuti. Limpianto di una gualcheria, di una tintoria, di una bot-

    tega di raffinamento del panno richiede un capitale per quei tempi abbastan-

    za rilevante, per cui assai spesso si for