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Il libro

Nessuno esce vivo dalle miniere di Endovier.Celaena, la migliore assassina nel regno di Adarlan,è lì rinchiusa da un anno e quando le offrono lapossibilità di diventare sicario di corte, non esitaneppure un istante ad accettare. Ma la lotta è appenaall’inizio: Celaena deve affrontare ventitrécontendenti. Se vincerà, diventerà la paladina del ree dopo quattro anni di servizio sarà libera.Il Principe Ereditario è il suo maggiore alleato. IlCapitano delle Guardie la protegge. Entrambi laamano. Ma l’amore e il talento non bastano pervincere. Nel castello un pericolo insidioso è inagguato, e ben presto Celaena capisce che lepersone di cui fidarsi sono sempre meno… A lei

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spetta il compito di estirpare l’oscura minaccia, primache distrugga il loro mondo.

Negli Stati Uniti Il Trono di ghiaccio è stato un vero eproprio fenomeno del self-publishing. Inizialmentepubblicato sul sito FictionPress, ha guadagnato unnutrito seguito di lettori fin dalla prima stesura e ora èvenduto in undici paesi.

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L’autore

Sarah J. Maas è nata e cresciuta a New York, madopo essersi laureata nel 2008 si è trasferita nelsud della California. Ha sempre adorato le storie difate e il folclore, anche se preferirebbe esserequella che fa a pezzi il drago (anziché la damigellain difficoltà). Quando non è impegnata a lavorare,si perde tra le sue passioni: Han Solo, sgargiantismalti per unghie e la danza classica.

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SARAH J. MAAS

traduzione di FrancescaNovajara

e Giovanna Scocchera

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A tutti i miei lettori di FictionPress,per essermi stati vicino sin dal

principioe anche dopo la fine. Grazie di tutto.

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Dopo un anno di schiavitù nelle miniere diEndovier, Celaena Sardothien si era abituataa essere condotta ovunque in catene, conuna spada puntata addosso. Migliaia dischiavi ricevevano lo stesso trattamento, maquando andava e tornava dalle miniereCelaena era sempre accompagnata da seiguardie in più rispetto agli altri. Questol’assassina più famigerata di Adarlan lo avevamesso in conto. Ciò che invece non avevaprevisto era l’uomo incappucciato e vestito dinero, sempre al suo fianco, proprio come inquel momento.

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L’uomo l’afferrò per un braccio e la portònel palazzo scintillante, dove alloggiavanoquasi tutti gli ufficiali e i sorveglianti diEndovier. Vagarono per corridoi e rampe discale in modo che Celaena perdessel’orientamento e, dunque, ogni possibilità diritrovare la via d’uscita.

Questa, almeno, era l’intenzione della suascorta, perché lei sapeva benissimo di essereappena salita e scesa dalla stessa scala nelgiro di pochi minuti. Né le era sfuggito ilcontorto percorso da un piano all’altro, in unedificio che era un ordinato reticolo di scale ecorridoi.

Come se bastasse così poco adisorientarla! Se non avesse visto tuttol’impegno che ci aveva messo quell’uomo,Celaena avrebbe persino potuto offendersi.

Imboccarono un corridoio particolarmentelungo. Il silenzio era interrotto soltanto dalrumore dei loro passi. L’uomo che la tenevaper il braccio era alto e slanciato, ma aveva il

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volto celato dal cappuccio. Un’altra tattica perconfonderla e incuterle soggezione, insiemeagli abiti neri. L’uomo fece un cenno con latesta e Celaena rispose con un ghigno. Lui laguardò di nuovo, ma stavolta strinse la presacome una morsa.

Forse doveva sentirsi lusingata di tanteattenzioni, anche se non sapeva esattamentecosa stesse succedendo, né perché lui fosserimasto lì ad aspettarla all’uscita della miniera.Dopo che aveva picconato tutto il giorno perestrarre il sale dalle viscere della montagna,non era stato certo piacevole ritrovarselodavanti con sei guardie al seguito.

A ogni modo, quando lui si era presentatoal sorvegliante come Chaol Westfall, capitanodella guardia reale, lei aveva rizzato leorecchie e all’improvviso si era sentitaschiacciata fra il cielo incombente su di lei, lemontagne che la incalzavano alle spalle e laterra gonfia sotto i piedi. Da un po’ nonassaporava la paura o, meglio, si era impostadi non assaporarla. Ogni mattina, al risveglio,

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si ripeteva le stesse parole: “Non avrò paura”.Per un anno quelle parole le avevanopermesso di piegarsi senza spezzarsi, di noncrollare nel buio della miniera. Ma questo ilcapitano non doveva saperlo.

Celaena osservò le dita guantate che latenevano per il braccio. Il nero della stoffaquasi si confondeva con il colore della suapelle sudicia.

Con la mano libera si aggiustò la tunicalogora e sporca, e trattenne un sospiro. Vistoche scendeva in miniera prima dell’alba e neusciva dopo il tramonto, il sole per lei erapoco più che un miraggio. Sotto la patina disudiciume, Celaena aveva un pallore terreo.Un tempo era stata una ragazza attraente,per non dire bella, ma ormai che importanzaaveva?

Presero un altro corridoio e Celaenaosservò l’elegante fattura della spada diquell’uomo. Il pomolo luccicante aveva laforma di un’aquila in volo. Non appena si

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accorse del suo interesse, il capitano portòsubito la mano sull’impugnatura dorata, e a leiscappò un altro sorriso.

— Siete molto lontano da Rifthold, capitano— gli disse schiarendosi la gola. — Sietearrivato con l’esercito che ho sentito avanzarepoco fa? — Nel buio cercò di sbirciare sotto ilcappuccio, ma non vide nulla. Eppure sisentiva addosso quegli occhi che lagiudicavano, la soppesavano, la studiavano.Lei lo guardò allo stesso modo. Il capitanodella guardia reale sarebbe stato unavversario interessante, forse valeva la penafare uno sforzo.

Poi l’uomo alzò la mano con cui teneva laspada e, fra le pieghe del mantello, siintravide una lama. Il movimento della stoffarivelò a Celaena il drago alato a due zampericamato in oro sulla casacca. Il sigillo reale.

— Che t’importa delle armate di Adarlan?— le domandò il capitano.

Com’era bello sentire una voce così, chiarae spigliata proprio come la sua, anche se in

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questo caso usciva dalla bocca di un bruttoceffo!

— Niente — rispose lei con un’alzata dispalle. Il capitano si lasciò scappare ungrugnito d’irritazione.

Come le sarebbe piaciuto vedere un rivolodel suo sangue scorrere sul marmo! Celaenaaveva già perso le staffe una volta, quando ilsuo primo sorvegliante aveva scelto il giornosbagliato per spingerla con troppa forza. Siricordava bene il sentore del piccone chetrapassava le budella e il sangueappiccicaticcio rimasto sulle mani e sullafaccia. Lei era capace di disarmare dueguardie in un battibaleno. Chissà se ilcapitano se la sarebbe cavata meglio di quelpovero sorvegliante. Immaginando la scena,lo guardò di nuovo con aria di scherno.

— Non fissarmi così! — la mise in guardialui, impugnando la spada.

Stavolta Celaena dissimulò il proprioghigno. Superarono una serie di porte di

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legno che aveva già visto pochi minuti prima.Se avesse voluto scappare, sarebbe bastatogirare a sinistra, prendere il corridoiosuccessivo e scendere tre rampe di scale. Ilpercorso per disorientarla le aveva solo fattoprendere dimestichezza con il palazzo. Cheidioti!

— Dove stiamo andando adesso? —chiese lei piano, liberandosi il viso da un ciuffodi capelli arruffati. Di fronte al silenziodell’uomo, Celaena strinse i denti.

I corridoi echeggiavano così forte chesarebbe stato impossibile attaccarlo senzamettere in allarme tutto il palazzo. Non erariuscita a vedere dove aveva nascosto lachiave dei ceppi che le stringevano le mani, epoi c’erano le sei guardie al seguito. Per nonparlare delle catene…

Imboccarono un corridoio disseminato dilampadari in ferro battuto. Attraverso lefinestre vide che era calata la notte. Lelanterne emanavano una luce viva che offrivapoche ombre per nascondersi.

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Dal cortile udiva gli altri schiavi trascinarsiverso la baracca di legno usata comedormitorio. I gemiti di sofferenza e losferragliare delle catene componevano unsottofondo familiare quanto i tristi canti dilavoro che intonavano a ogni ora del giorno.Uno sporadico assolo di frusta si andava ognitanto ad aggiungere alla sinfonia di brutalitàche Adarlan aveva orchestrato per i criminalipeggiori, per i cittadini più poveri e per gliultimi arrivati tra i prigionieri.

Tra loro c’era chi veniva accusato dipraticare la magia (non che questo fossepossibile, da quando la magia era statabandita), ma in quei giorni, a Endovier,arrivavano perlopiù ribelli, soprattutto daEyllwe, uno degli ultimi baluardi di resistenzaal regno di Adarlan. Quando lei li assillava peravere notizie, di solito rispondevano consguardi assenti, sconfitti. Rabbrividiva alpensiero di cosa avessero dovuto sopportareper mano delle forze di Adarlan. Certi giorni si

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chiedeva se non sarebbe stato meglio morirecome carne da macello la sera stessa in cuiera stata tradita e catturata.

Ma aveva altro a cui pensare, ora, mentrecamminavano. L’avrebbero impiccata?Avvertì una stretta allo stomaco. Il suo valoreera tale da meritare di essere giustiziata dalcapitano della guardia reale in persona. Maallora perché portarla in quel palazzo?

Finalmente si fermarono davanti a unaserie di porte color rosso e oro, con i vetricosì spessi da non riuscire a vedere oltre. Ilcapitano Westfall fece un cenno con la testaalle due guardie di piantone e questebatterono le alabarde a terra in segno disaluto.

Il capitano strinse Celaena fino a farlemale. Le indicò di avvicinarsi, ma i suoi piedisembravano diventati piombo e opposeresistenza. — Preferisci la miniera? — chieselui in tono ironico.

— Se mi diceste cosa ci faccio qui, forsenon sarei così restia…

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— Lo scoprirai presto. — Cominciarono asudarle le mani. Sì, stava per morire. Allafine, era arrivato il suo momento.

Le porte si spalancarono sulla sala deltrono. Un lampadario di vetro occupavabuona parte del soffitto, proiettando guizziiridescenti sulle finestre all’altro capo dellasala. Con la desolazione che regnavaall’esterno, tanta opulenza la colpì come unoschiaffo in pieno viso. Le ricordò quantovenisse sfruttato il suo duro lavoro.

— Dentro! — mugugnò il capitanospingendola a forza con la mano libera elasciando finalmente la presa. Celaenaincespicò, i piedi ormai insensibili scivolavanosul pavimento liscio mentre tentava dirialzarsi. Si voltò e vide materializzarsi altresei guardie.

Ne contò quattordici, più il capitano, lostemma ricamato sulle uniformi nereall’altezza del petto. Guardie della famigliareale, soldati spietati, dai riflessi fulminei,

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addestrati sin dalla nascita a proteggere euccidere. Deglutì a fatica.

Stordita e spossata allo stesso tempo,Celaena abbracciò la sala con lo sguardo. Sultrono di legno rosso decorato sedeva ungiovane. Le si fermò il cuore mentre tuttis’inchinavano.

Davanti a lei c’era il principe ereditario diAdarlan in persona.

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— Vostra Altezza — disse il capitano dellaguardia. Si rialzò dal lungo inchino e sfilò ilcappuccio scoprendo i capelli castani, moltocorti. Non c’erano dubbi: il cappuccio servivasolo a metterla in soggezione durante iltragitto. Come se quel genere di truccopotesse funzionare con lei! Nonostantel’irritazione, quando lo vide in faccia restò distucco: era giovanissimo!

Il capitano Westfall non aveva una bellezzafuori dal comune, eppure il volto virile e gliocchi nocciola così luminosi la colpirono.Rialzò la testa, affranta dal proprio stato di

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disordine e sporcizia.— È lei? — chiese il principe ereditario di

Adarlan, e Celaena si girò di scatto mentre ilcapitano annuiva. La guardarono entrambi,aspettando che si inchinasse. Nel vederlaancora dritta in piedi, Chaol si mossenervoso, il principe lanciò un’occhiata al suocapitano e poi alzò leggermente il mento.

Inchinarsi! Se era destinata al patibolocome pensava, di certo non avrebbe passatogli ultimi istanti della sua vita a prodigarsi inservili atti di sottomissione.

Sentì un rumore di passi alle sue spalle euna guardia la prese per il collo. Fece appenain tempo a scorgerne le guance rubizze e ibaffi rossicci prima di essere scaraventata sulpavimento gelido. Provò dolore in tutto il viso,un lampo le accecò la vista. Sentiva le bracciaindolenzite mentre le catene le impedivano diraddrizzarsi. Per quanto cercasse didominarsi, non riuscì a trattenere le lacrime.

— Questo è il modo giusto di salutare il tuofuturo re! — esclamò l’uomo rosso di rabbia.

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L’Assassina sibilò mostrando i denti mentresi girava per vedere in faccia quel bastardo, inginocchio accanto a lei. L’uomo aveva lastessa mole del suo sorvegliante alla minieraed era vestito di rosso e arancio. Gli occhinero ossidiana brillavano, mentre le stringevail collo. Se solo Celaena fosse riuscita amuovere il braccio destro di pochi centimetri,sarebbe riuscita ad atterrarlo e prendergli laspada. Le catene quasi le entravano nellostomaco ed era rossa in volto, per la rabbiache le ribolliva in corpo.

Dopo un silenzio troppo lungo, il principeereditario prese la parola. — Proprio noncapisco perché si debba costringere qualcunoa inchinarsi quando lo scopo del gesto è didimostrare fedeltà e rispetto. — Le sue paroleerano ammantate di palpabile noia.

Celaena cercava di guardare il principe, manon vedeva altro che un paio di stivali neri sulpavimento bianco.

— È evidente che voi mi rispettate, duca

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Perrington, ma trovo alquanto inutile un taledispendio di energia per costringere CelaenaSardothien a condividere la vostra stessaopinione. Sappiamo benissimo entrambi chelei non ama la mia famiglia. Quindi, forse ilsuo intento è quello di umiliarla… — Fece unapausa e a Celaena sembrò che la stesseguardando. — Tuttavia penso che così possabastare. — Fece un’altra pausa e poidomandò al duca: — Non avevate un incontrocon il tesoriere di Endovier? Non vorrei chefaceste tardi, dopo aver fatto tanta strada perincontrarlo.

Afferrato il messaggio, il suo aguzzinogrugnì e la lasciò. Celaena staccò la guanciadal marmo, ma restò a terra finché quello nonsi rialzò e se ne andò via. Forse, se mai fosseriuscita a scappare, avrebbe ritrovato il ducaPerrington e gli avrebbe restituito il calorosobenvenuto.

Nel rialzarsi si accigliò, notando che avevalasciato un’impronta di sporco sul pavimentoimmacolato e che il rumore delle sue catene

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echeggiava nel silenzio della sala. Ma erastata addestrata a uccidere da quando avevaotto anni, dal giorno in cui il Re degli Assassinil’aveva trovata moribonda sulle rive di unfiume ghiacciato e l’aveva portata allaFortezza. Quindi non c’era niente che potessedavvero umiliarla, men che meno laconsapevolezza di essere tanto sporca.Attingendo a tutto il suo amor proprio, si portòla lunga treccia dietro le spalle e alzò la testa.I suoi occhi incrociarono quelli del principe.

Dorian Havilliard le sorrise. Era un sorrisoelegante, trasudava di fascino cortigiano.Sprofondato nel suo trono, si reggeva ilmento con una mano e la corona d’ororiluceva nella luce soffusa. Sul farsetto nerocampeggiava l’immagine dorata del dragoalato. Il mantello rosso ricadeva con graziaintorno a lui.

Eppure qualcosa in quegli occhi di unazzurro incredibile, lo stesso dell’acqua neipaesi del Sud, e nel contrasto con i capelli

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corvini, la colse alla sprovvista. Era di unabellezza travolgente e non poteva avere più divent’anni.

I principi non dovrebbero essere belli. Sonouna razza lamentosa, inetta, ripugnante... Maquesto, questo… È ingiusto avere sanguereale ed essere così bello!

Celaena spostava il peso da un piedeall’altro, nervosa, mentre lui la studiava a suavolta con sguardo accigliato. — Pensavo diaverti detto di portarla a lavarsi — disse alcapitano Westfall, che nel frattempo si eraavvicinato. Celaena aveva dimenticato di nonessere sola con lui nella sala. Guardò glistracci che aveva addosso, la pelle sporca, enon riuscì a reprimere un moto di vergogna.Che stato miserabile!

Visti di sfuggita, si poteva pensare che isuoi occhi fossero azzurri o grigi, talvoltaanche verdi, a seconda del coloredell’abbigliamento. Ma a uno sguardo piùravvicinato quella strana combinazione ditonalità era bilanciata dall’oro che circondava

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la pupilla. A catturare l’attenzione, tuttavia,erano soprattutto i suoi capelli biondi, chemantenevano ancora un barlume displendore, nonostante tutto. In altre parole,Celaena Sardothien aveva avuto in dono unaserie di affascinanti qualità che bencompensavano altri tratti della sua persona e,fin dalla prima adolescenza, aveva scopertoche con l’ausilio dei cosmetici anche i suoipunti deboli potevano essere valorizzati.

Ma adesso, al cospetto di Dorian Havilliard,si sentiva poco più che un topo di fogna.Arrossì appena il capitano rispose: — Nonvolevo farvi aspettare.

Il principe ereditario scosse la testa,quando Chaol allungò la mano per prenderla.— Non vi preoccupate, per adesso. Il suopotenziale lo vedo. — Il principe si raddrizzò,continuando a studiare Celaena. — Noncredo che abbiamo mai avuto il piacere diessere presentati ma, come saprai, io sonoDorian Havilliard, principe ereditario di

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Adarlan, ora forse anche principe di quasitutta l’Erilea.

Lei represse l’ondata di amare emozioniche quel nome le risvegliava.

— E tu sei Celaena Sardothien, la piùgrande assassina di Adarlan, e forse di tuttal’Erilea. — Studiò il corpo snello della ragazza,per poi alzare le sopracciglia scure e bencurate. — Mi sembri giovane. — Poi appoggiòi gomiti sulle gambe e proseguì: — Ho sentitostorie incredibili sul tuo conto. Dimmi, comemai ti trovi a Endovier, tu che sei abituata allusso di Rifthold?

Stupido arrogante.— Non potrei essere più felice — mormorò

lei affondando le unghie nelle mani.— Dopo un anno sei ancora viva… Mi

domando come sia possibile, visto che lasopravvivenza in quelle miniere è al massimodi un mese…

— È proprio un mistero — disse lei,sbattendo le palpebre e sistemandosi lecatene come fossero guanti di pizzo.

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Il principe ereditario si rivolse al capitano.— Ha una bella lingua, non trovate? E nonparla certo come una popolana!

— Spero proprio di no! — osservòCelaena.

— Vostra Altezza. — puntualizzò ChaolWestfall.

— Come?— Devi dire “Vostra Altezza” quando ti

rivolgi a lui.Celaena gli lanciò un sorriso di scherno e

tornò con lo sguardo al principe.Non se lo aspettava, ma Dorian Havilliard

scoppiò a ridere. — Lo sai di essere unaschiava adesso, vero? La tua punizione non tiha insegnato niente?

Se avesse avuto le braccia libere leavrebbe incrociate. — Non vedo comelavorare in miniera possa insegnarmiqualcosa, a parte l’uso del piccone.

— E non hai mai provato a scappare?Sulle labbra affiorò un sorriso malizioso. —

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Una volta.Il principe inarcò le sopracciglia e

rivolgendosi al capitano commentò: — Nonme lo avevano detto…

Celaena si girò verso Chaol, che guardò ilprincipe come per scusarsi. — Il capo dellasorveglianza mi ha informato questopomeriggio che c’era stato un tentativo difuga. Tre mesi…

— Quattro mesi — lo interruppe lei.— Quattro mesi dopo il suo arrivo, ha

tentato di scappare — spiegò Chaol.Lei aspettava il resto della storia, ma era

evidentemente finita. — E questo è niente.— Perché, cos’altro c’è da sapere? —

domandò il principe ereditario conun’espressione a metà fra il ghigno e ilsorriso.

Chaol le lanciò un’occhiata torva prima diparlare. — È impossibile scappare daEndovier, vostro padre ha fatto in modo cheogni sentinella potesse sparare perfino a unoscoiattolo da una distanza di duecento passi e

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più. Tentare la fuga è un suicidio.— Eppure tu sei viva — osservò il principe.Il sorriso di Celaena si spense ripensando

all’accaduto. — Già.— Cosa è successo? — chiese Dorian.— Sono esplosa — disse lei con sguardo

freddo e severo.— È tutto quello che hai da dire in tua

difesa? — chiese il capitano Westfall. — Haucciso il suo sorvegliante e ventitré sentinelle,prima che riuscissero a prenderla. Era a unpasso dalle mura quando le guardie l’hannomessa fuori combattimento.

— E allora?— E allora?! — sibilò Celaena. — Lo

sapete quanto sono lontane le mura dalleminiere? — Lui la guardò perplesso. Leichiuse gli occhi e fece un sospiro teatrale. —Centoventi metri dal mio pozzo. Ho chiesto aqualcuno di misurare la distanza.

— E allora? — ripeté Dorian.— Capitano Westfall, fino a dove riescono

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ad arrivare gli schiavi quando provano ascappare?

— A un metro — mormorò. — Di solito lesentinelle di Endovier riescono a centrare ilfuggitivo anche prima.

Il silenzio del principe ereditario non eral’effetto che Celaena sperava di ottenere. —Lo sapevi che sarebbe stato un suicidio — ledisse infine, quando il divertimento erapassato.

Forse non era stata una grande idea tirarefuori la storia delle mura. — Sì — risposeCelaena.

— Però non ti hanno uccisa.— Vostro padre ordinò di lasciarmi viva il

più a lungo possibile, per farmi provare tuttala miseria che Endovier sa regalare con tantagenerosità. — Sentì un brivido freddoattraversarle le ossa, un brivido non certodovuto alla temperatura. — Io non ho maipensato di scappare. — La compassione chegli lesse negli occhi le fece venir voglia dicolpirlo.

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— Hai molte cicatrici? — chiese il principe.Lei alzò le spalle e lui le fece un sorrisoconfortante mentre scendeva dal palco reale.— Girati e fammi vedere la schiena. —Celaena si rabbuiò, ma eseguì l’ordine mentreil principe si dirigeva verso di lei e Chaol,prontamente, si avvicinava. — Non riesco adistinguerle con tutta questa sporcizia —disse il principe ispezionando le parti ches’intravedevano fra gli strappi della camicia.Lei s’incupì ancora di più quando l’erede altrono aggiunse: — Che odoraccio!

— Quando non puoi lavarti e profumarti, èdifficile emanare la vostra incantevolefragranza, Vostra Altezza.

Il principe ereditario schioccò la lingua e laesaminò da capo a piedi. Chaol e tutte leguardie presenti li osservavano, pronti asguainare le spade. In meno di un secondo,Celaena avrebbe potuto prendere la testa delprincipe fra le braccia e spezzargli la trachea.Ne sarebbe valsa la pena, anche solo per

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vedere la faccia di Chaol. Invece il principecontinuò, dimenticando quanto fosse inpericolo vicino a lei. Forse Celaena avrebbedovuto offendersi. — Da quel che vedo, cisono tre cicatrici grandi e qualcuna piùpiccola, mi pare. Non così brutte come miaspettavo, però. Be’, immagino che i vestitipossano coprire…

— I vestiti?Lui le stava così vicino che Celaena riuscì

a vedere il fine ricamo sulla sua giubba ecogliere un odore di cavalli e di ferro, non diprofumo.

Dorian sorrise. — Che splendidi occhi hai!E come sei arrabbiata...

Trovandosi così vicina al principe ereditariodi Adarlan, il figlio dell’uomo che l’avevacondannata a una morte lenta e atroce,Celaena sentì vacillare il proprio autocontrollo.

— Io voglio sapere… — cominciò, ma ilcapitano della guardia la strattonòenergicamente via dal principe.

— Ehi, non volevo mica ucciderlo, buffone

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che non siete altro!— Bada a come parli, se non vuoi che ti

rispedisca in miniera! — rispose il capitanodagli occhi nocciola.

— Oh, non credo che lo fareste!— E perché mai? — replicò Chaol.Dorian tornò al trono e si sedette, gli occhi

color zaffiro brillavano intensi. Lei guardòprima l’uno e poi l’altro, e drizzò le spalle. —Perché voi volete qualcosa da me, e lo voletetalmente tanto da esservi scomodati a venirefin qui. Non sono mica stupida, anche se hopeccato di leggerezza facendomi catturare.Ho capito che si tratta di una faccendariservata, altrimenti perché avreste lasciato lacapitale per spingervi così lontano? In tuttoquesto tempo mi avete messa alla prova, pervedere se ero sana di mente e di fisico. Io sodi essere ancora lucida e di non essereindebolita, benché l’episodio della mura possafar pensare il contrario. Perciò, pretendo disapere perché siete qui e quali servigi volete

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da me, se non sono destinata al patibolo.Gli uomini si scambiarono un’occhiata.

Dorian giunse le mani. — Ho una proposta dafarti.

Celaena si sentì stringere il petto. Mai,neanche nei suoi sogni più arditi, avrebbeimmaginato di poter parlare con DorianHavilliard. Avrebbe potuto ucciderlo cosìfacilmente, strappargli quel sorrisetto dallafaccia… Avrebbe potuto massacrare il re,come lui aveva massacrato lei…

Tuttavia, quella proposta poteva offrirleuna via di fuga. Se avesse varcato le mura,forse ce l’avrebbe fatta. Avrebbe corso aperdifiato fino a scomparire nelle montagne evivere in solitudine nella natura oscura eselvaggia, su un tappeto di aghi di pino, conuna coperta di stelle sulla testa. Potevafarcela. Bastava solo superare quelle mura.Ci era andata così vicina…

— Vi ascolto — fu tutto quello che riuscì adire.

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Gli occhi del principe brillarono divertiti dallaspudoratezza di Celaena, ma poi sisoffermarono un po’ troppo a lungo sul suocorpo. Avrebbe potuto graffiargli la faccia aunghiate, eppure il solo fatto che lui laguardasse nonostante il suo stato pietoso lafece sorridere…

Il principe si mise a sedere, incrociando legambe lunghe. — Lasciateci soli — ordinòalle guardie. — Chaol, voi restate dove siete.

Celaena si avvicinò mentre le guardie siritiravano, sbattendo la porta. Che mossastupida! Ma il viso di Chaol rimase

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imperscrutabile, eppure non era convinto diriuscire a fermarla, se lei avesse cercato discappare. Celaena si raddrizzò. Chissà cosaavevano in mente da renderli tantosprovveduti?

Il principe ridacchiò. — Non credi sia un po’rischioso fare l’impudente con me quando latua libertà è appesa a un filo?

Di tutte le cose che avrebbe potuto dire, dicerto Celaena non si aspettava questa. — Lamia libertà? — Al suono di quella parola, siraffigurò una terra di abeti e di neve, di rupiscolorite dal sole e di mari spumeggianti, unaterra in cui la luce era assorbita dal verdevellutato di colline e declivi, una terra che nonricordava quasi più.

— Proprio così, la tua libertà. Perciò ticonsiglio vivamente, signorina Sardothien, ditenere a freno la tua arroganza se non vuoiritornare in miniera! — Poi scavallò le gambe.— Per quanto, forse il tuo atteggiamentopotrebbe tornarci utile. Non fingerò chel’impero di mio padre sia stato costruito sulla

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fiducia e sulla comprensione. Ma questo lo saigià. — Stringendo nervosamente le dita,Celaena aspettò che continuasse. Gli occhi diDorian Havilliard incontrarono i suoi,indagatori e penetranti. — Mio padre si èmesso in testa che ha bisogno di un paladino.

Le ci volle un meraviglioso momento percapire.

Piegò la testa all’indietro e scoppiò aridere. — Vostro padre vuole che io gli facciada paladina? Ma come? Non ditemi che èriuscito a far fuori tutti i nobili in circolazione!Ci sarà almeno un prode cavaliere, un signoredevoto e coraggioso.

— Bada a quel che dici — l’ammonì Chaolche le stava accanto.

— E perché non lui? — disse lei guardandoil capitano. Oh, questa poi... Che situazioneridicola! Lei paladina del re! — Il nostro amatore non lo reputa forse all’altezza?

Il capitano portò la mano alla spada. — Setu facessi silenzio, sentiresti quello che Sua

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Altezza ha ancora da dirti.— Ebbene? — disse lei guardando il

principe.Dorian si riappoggiò allo schienale del

trono. — Mio padre ha bisogno di qualcunoche sostenga l’impero, qualcuno che lo aiuti atrattare i soggetti più difficili.

— Mi state dicendo che ha bisogno di unlacché per il lavoro sporco?

— Se vuoi metterla in modo così crudo,diciamo di sì — rispose il principe. — Unpaladino che metta a tacere gli oppositori.

— Un silenzio di tomba… — commentò leia bassa voce.

Il principe cercò di non ridere e disse: —Già.

Al servizio del re di Adarlan come suofedele servitore. Celaena alzò il mento.Uccidere per lui, essere una zanna di quellabocca feroce che aveva già divorato mezzaErilea… — E se accetto?

— In tal caso, dopo sei anni ti concederà lalibertà.

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— Sei anni! — Ma la parola “libertà” leecheggiò dentro.

— Se rifiuti — proseguì Dorian anticipandola sua domanda — resterai a Endovier.

Quegli occhi color zaffiro si fecero duri eCelaena deglutì a stento. E ci morirai. Eranoqueste le parole che non aveva avuto bisognodi aggiungere.

— Sei anni a sporcarmi le mani per il re…oppure a Endovier a vita.

— Tuttavia — proseguì il principe — c’èuna condizione. — Celaena rimaseimperturbabile, mentre lui giocherellava conl’anello che aveva al dito. — L’incarico non ti èstato affidato, cioè non ancora. Mio padre hapensato bene di divertirsi un po’. Indirà untorneo. Ha invitato ventitré membri delconsiglio, ognuno dei quali dovrà prenderesotto la sua tutela un potenziale paladino chesi allenerà nel castello di cristallo e alla fine simisurerà in duello. Se dovessi vincere tu —precisò con un mezzo sorriso — sarai

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ufficialmente decretata Assassina di Adarlan.Celaena non rispose al suo sorriso. — Chi

sarebbero esattamente gli altri contendenti?Vedendo la sua reazione, il principe cambiò

espressione. — Guerrieri, ladri e assassiniprovenienti da tutta l’Erilea. — Celaena stavaper parlare, ma lui la interruppe. — Sevincerai e ti dimostrerai capace e degna difiducia, mio padre ha giurato di restituirti lalibertà. E finché sarai al suo servizio, riceveraiun lauto compenso.

Celaena udì a malapena la fine della frase.Un torneo! Contro uomini sconosciuti dichissà dove! E assassini! — Quali assassini?— domandò.

— Nessuno di cui io abbia mai sentitoparlare. Nessuno famigerato quanto te,comunque. A proposito, non gareggerai comeCelaena Sardothien.

— Cosa?— Parteciperai con uno pseudonimo.

Immagino che tu non sappia cosa è successodopo il tuo processo.

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— Quando fai lo schiavo in miniera, èdifficile tenersi aggiornati…

Dorian sorrise scuotendo la testa. —Nessuno sa che Celaena Sardothien è solouna ragazza, tutti credono che sia molto piùvecchia.

— Cosa? — chiese lei di nuovo,arrossendo. — Com’è possibile? — Avrebbedovuto sentirsi fiera di essere riuscita anasconderlo quasi a tutti, però…

— Per tutti gli anni che te ne sei andata ingiro ad ammazzare la gente, hai tenutosegreta la tua identità. Dopo il processo, miopadre ha pensato che sarebbe stato meglionon svelarla, nell’Erilea. E vuole che rimangacosì. Cosa direbbero i nostri nemici sesapessero che ci siamo lasciati terrorizzareda una ragazza?

— Quindi sto facendo la schiava in questoposto orribile per un nome e un titolo cheneanche mi appartengono? Chi pensano chesia, veramente, l’Assassina di Adarlan?

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— Non lo so e, se devo essere sincero,non m’importa granché. Quello che so è chetu eri la migliore e che, solo a sentire il tuonome, la gente mormora ancora. — La fissò.— Se accetti di combattere per me, di esserela mia paladina nei mesi del torneo, vedrò diconvincere mio padre a liberarti dopo cinqueanni.

Per quanto il principe cercasse dinasconderlo, Celaena si era accorta che erateso. Voleva che lei accettasse. Ne aveva untale, disperato bisogno, da contemplarepersino la possibilità di trattare. Cominciaronoa brillarle gli occhi. — Cosa volete dire con“eri la migliore”?

— Sei stata a Endovier per un anno. Nonso di che cosa sei ancora capace.

— Di molto, grazie — disse lei sfregandosile unghie rovinate. Cercò di non vergognarsi,tanto erano sporche. Qual era stata l’ultimavolta che aveva avuto le mani pulite?

— Staremo a vedere — disse Dorian. —

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Conoscerai tutti i particolari del torneo quandoarriveremo a Rifthold.

— A parte il divertimento di voi nobili nelloscommettere sulle nostre teste, questotorneo mi sembra del tutto inutile. Perché nonaffidarmi subito l’incarico?

— Come ti ho già detto, devi dimostrare iltuo valore.

Lei si portò una mano sul fianco e il rumoredelle catene risuonò in tutta la sala. — Credoche essere l’Assassina di Adarlan sia unaprova più che sufficiente!

— Già — disse Chaol con gli occhi dibronzo che fiammeggiavano. — È la provache sei una criminale e che non dovremmoaffidarti su due piedi le questioni private delre.

— Giuro solennemente…— Dubito che il re prenderebbe per buona

la parola dell’Assassina di Adarlan.— Sì, ma non vedo perché sottopormi

all’addestramento e al torneo. Sarò anche unpo’… fuori forma, ma è normale, se si ha a

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che fare solo con rocce e piccone, no? —Lanciò a Chaol un’occhiata sprezzante.

Con aria preoccupata, Dorian chiese: —Dunque non accetterai l’offerta?

— Certo che l’accetterò — rispose leisubito. Le catene ai polsi le facevano cosìmale da farle salire le lacrime agli occhi. —Diventerò la vostra assurda paladina se miprometterete di liberarmi dopo tre anni.

— Quattro.— E quattro sia — disse lei. — Affare

fatto. Forse sto solo scambiando una forma dischiavitù con un’altra, ma non sono unasprovveduta!

Avrebbe potuto riguadagnarsi la sualibertà. Libertà. Le sembrò di sentire l’ariafresca del mondo libero, la brezza chesoffiava dalle montagne e la portava via.Avrebbe vissuto lontano da Rifthold, lacapitale che un tempo era stata il suo regno.

— Mi auguro che tu abbia ragione —commentò Dorian. — E mi auguro che tu

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faccia onore alla tua fama. Mi aspetto divincere e non lo gradirei, se mi facessipassare per un idiota.

— E se invece perdessi?I suoi occhi si rabbuiarono mentre le

rispondeva: — Verrai rimandata qui ascontare il resto della tua pena.

Le idilliache visioni di Celaena svanironocome la polvere che si alza dopo averrichiuso di colpo un vecchio libro. — Alloratanto varrebbe gettarmi dalla finestra. Un soloanno qui mi ha ridotta a uno straccio,figuratevi se dovessi tornarci. Morirei entro lafine del secondo anno. — Scosse la testa. —La vostra offerta mi sembra equa.

— Sì, equa — disse Dorian, poi fece uncenno a Chaol. — Conducila nella sua stanzae portala a lavarsi. — Poi la fissò. —Partiremo per Rifthold domattina. Nondeludermi, Sardothien.

Non era possibile, ovvio. Quanto potevaessere difficile oscurare, raggirare e infineannientare i suoi avversari? Non sorrise,

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perché sapeva che, altrimenti, si sarebbespalancato un mondo di speranza rimastochiuso per troppo tempo. Le vennecomunque voglia di prendere il principe fra lebraccia e ballare. Cercò di pensare allamusica, a un inno di festa, ma l’unica cosache le venne in mente fu il verso funebre diun canto di lavoro di Eyllwe, denso e lentocome il miele che scende dall’orcio: “E torni acasa, finalmente…”.

Non si accorse nemmeno che il capitanoWestfall le faceva strada, né che stavanoattraversando una sala dopo l’altra.

Sì, era pronta ad andare: a Rifthold, o inqualsiasi posto, anche oltre le Porte di Wyrd,oppure all’inferno, se questo significavalibertà.

Dopotutto sei l’Assassina di Adarlan.

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Quando finalmente Celaena crollò a lettodopo l’udienza nella sala del trono, scoprì dinon riuscire a prendere sonno, tanta era lastanchezza che attanagliava ogni centimetrodel suo corpo. Dopo essere stata lavata daun gruppo di domestiche rozze, sentivapulsare le cicatrici sulla schiena e il viso lebruciava come se l’avessero strofinato finoalle ossa. Rigirandosi sul fianco per alleviare ildolore alla schiena, ora fasciata e vestita,lasciò correre la mano lungo il materasso, e lalibertà di movimento la fece trasalire. Prima diimmergersi nella vasca, Chaol l’aveva liberata

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dalle catene. Si era gustata quel momento: lechiavi che brillavano mentre giravano nellaserratura, poi le catene che si allentavano ericadevano a terra. Le sentiva ancora sullapelle. Fissando il soffitto, ruotò le articolazioniancora dolenti e scorticate, e tirò un sospirodi soddisfazione.

Era ancora troppo strano restare stesa suquel materasso, sentire la seta cheaccarezzava la pelle e il cuscino che cullavala guancia. Si era dimenticata il sapore delcibo, all’infuori della sbobba a base di avena epane raffermo che aveva mangiato fino algiorno prima, o cosa si provasse a esserelavati e a indossare abiti puliti. Le sembravatutto estraneo, sconosciuto.

Anche se, in verità, la cena non era statapoi tanto speciale. Non soltanto il pollo arrostoera mediocre, ma dopo alcune forchettate,aveva dovuto correre in bagno per svuotarelo stomaco. Lei voleva mangiare, sentirsi lapancia piena, e al tempo stesso voleva nonaver mai mangiato neanche un boccone e

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giurava che non avrebbe più mangiato in vitasua. Ma a Rifthold avrebbe mangiato bene,no? E poi, alla fine, il suo stomaco si sarebbeadattato.

Era ridotta a poco più di un’ombra. Dallacamicia da notte spuntavano le costole e siintravedevano le ossa dove invece avrebbedovuto esserci la carne. E il suo seno! Daprosperoso che era, ora sembrava quello diun’adolescente. Le venne un groppo alla gola,ma subito lo cacciò via. La morbidezza delmaterasso l’avvolgeva e si rigirò ancora,mettendosi di schiena, benché continuasse afarle male.

Quando si era guardata allo specchio delbagno, il viso non le aveva lasciatoun’impressione migliore. Smunto, con glizigomi affilati, la mascella pronunciata e, cosaancor più inquietante, gli occhi leggermenteincavati. Prese dei respiri profondi,assaporando la libertà. Avrebbe mangiato.Tanto. E avrebbe fatto esercizio. Avrebbe

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recuperato la sua forma. Al pensiero dibanchetti da sogno e del ritrovato splendore,finalmente si addormentò.

Quando Chaol andò a chiamarla, il mattinoseguente, la trovò sul pavimento, avvoltanella coperta. — Sardothien — la chiamò.Celaena biascicò qualcosa e sprofondò lafaccia nel cuscino. — Perché dormi sulpavimento?

Lei aprì un occhio. Ovviamente Chaol evitòdi dirle com’era diversa, adesso che erapulita.

Quando si alzò, non si preoccupò dinascondersi con la coperta. La stoffa dellacamicia da notte la copriva a sufficienza. — Illetto era scomodo — gli disse semplicementema, non appena vide la luce del sole, sidimenticò del capitano.

La luce del sole, pura, fresca, tiepida.Quella luce in cui avrebbe potuto crogiolarsi,giorno dopo giorno, una volta riavuta lalibertà, per uscire dall’infinita tenebra delle

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miniere. Filtrava attraverso le tende pesanti,diffondendosi in ampi fasci nella stanza.Celaena stiracchiò una mano.

Era diafana, quasi scheletrica, ma avevaqualcosa di speciale sotto i lividi, i tagli e lecicatrici: era una bella mano, una manonuova nella luce del mattino.

Corse alla finestra e per poco non strappòle tende dai bastoni mentre le apriva,rivelando il panorama delle montagne grigie ela desolazione di Endovier. Le guardieappostate sotto la finestra non alzarono losguardo e lei rimase a bocca aperta davantial cielo azzurro e alle nuvole che sfilavano esi trascinavano verso l’orizzonte.

Non avrò paura. Per la prima volta, dopotanto tempo, queste parole sembravano vere.

Le venne da sorridere. Il capitano laguardò interdetto, ma non disse nulla.

Era allegra, anzi, felice e il suo umoremigliorò ancora quando le domestiche leraccolsero le trecce sulla nuca e la vestironocon un meraviglioso completo da amazzone

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che nascondeva la sua desolante magrezza. Ivestiti le piacevano, le piaceva la sensazionedella seta, del velluto, del raso, del camoscioe dello chiffon, e rimase affascinata dallagrazia delle cuciture, dalla complessaperfezione della goffratura. Una volta vintoquel ridicolo torneo, sarebbe stata libera e…si sarebbe comprata tutti i vestiti chedesiderava.

Rise quando Chaol, nel vederla rimirarsiper cinque minuti davanti allo specchio, sispazientì a tal punto da trascinarla fuori aforza. Il cielo che sbocciava le regalò la vogliadi ballare e saltare nelle sale cheattraversavano per raggiungere la corteprincipale. Ma quando vide le rocce colorossa al limitare della recinzione e le piccolefigure che andavano e venivano dalle cavitàdelle montagne, si sentì venir meno.

La giornata di lavoro era già cominciata, unlavoro che sarebbe continuato senza di lei,ora che li aveva abbandonati tutti al loro

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tremendo destino. Provò una stretta allostomaco e distolse gli occhi dai prigionieri,cercando di tenere il passo del capitanomentre si dirigevano verso una fila di cavallivicino alle mura.

Si udirono dei guaiti echeggiare nell’aria etre cani neri si staccarono dal centro della filaper accorrere a salutarli. Erano slanciati comefrecce, dovevano senz’altro appartenere allamuta reale. Celaena s’inginocchiò su unagamba ignorando il dolore delle ferite, si misead accarezzarne la testa e il morbido pelo,loro le leccarono le dita e la faccia, con lelunghe code che battevano a terra comefruste.

Ma poi si ritrovò davanti a un paio di stivalineri come l’ebano, i cani si quietarono e sisedettero all’istante. Celaena alzò lo sguardoe incontrò gli occhi di zaffiro del principe diAdarlan, intento a studiarle il viso. Il principeabbozzò un sorriso. — È molto strano che sisiano lasciati avvicinare — disse, grattandouno dei cani dietro le orecchie. — Gli hai dato

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del cibo?Lei scosse la testa, mentre il capitano si

avvicinava, così tanto che le sue ginocchia lesfiorarono le pieghe della mantella color verdebosco. Avrebbe potuto disarmarlo in due solemosse.

— Ti piacciono i cani? — chiese il principe.Lei annuì. Ma perché faceva già così caldo?— Avrò il piacere di sentire la tua voce ointendi restare muta per tutto il viaggio?

— Temo che le vostre domande nonmeritino una risposta a parole.

Dorian fece un inchino. — Alloraperdonatemi, mia signora! Che cosa terribileessere costretti a rispondere! La prossimavolta cercherò di pensare a qualcosa di piùstimolante da dire. — Su queste parole girò itacchi e si allontanò, seguito dai cani.

Celaena rimase lì impalata e imbronciata. Ilbroncio peggiorò quando si accorse che ilcapitano della guardia reale se la rideva,mentre camminavano per raggiungere il resto

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della compagnia pronta a partire. Per fortunale portarono una bella giumenta pezzata, cosìsoffocò l’impulso irrefrenabile di spiaccicarequalcuno contro un muro.

Montò in sella. Il cielo era più vicino e sistendeva all’infinito sopra di lei, verso landeremote di cui non aveva mai sentito parlare.Tutti quei mesi senza una speranza, quellenotti gelide… Era tutto finito, adesso. Tirò unprofondo sospiro. Lei sapeva, lo sapeva ebasta, che se avesse veramente voluto,avrebbe potuto prendere il volo su quellasella. Ma poi sentì il ferro che le mordeva lebraccia.

Era Chaol che le stringeva i ceppi attornoai polsi bendati. Da lì partiva una lungacatena che arrivava al cavallo di Chaol escompariva dietro le bisacce. Il capitano salìsul suo stallone nero e, per un istante,Celaena immaginò di smontare da cavallo eimpiccarlo al primo albero con quella catena.

Erano un gruppo piuttosto numeroso, ventipersone in tutto. Dietro le due guardie che

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portavano il vessillo imperiale, c’erano ilprincipe e il duca Perrington. Poi era la voltadi altre sei guardie reali, scialbe e insulsecome il porridge, addestrate perproteggerlo… da lei. Celaena sferzò le catenecontro la sella e lanciò un’occhiata a Chaol,che non colse la provocazione.

Il sole divenne più alto. Dopo un ultimocontrollo delle provviste, partirono. Mentretutti gli schiavi sgobbavano in miniera –tranne qualcuno che lavorava nellesgangherate baracche di raffinazione –l’immensa corte era quasi deserta.All’improvviso Celaena si ritrovò sotto le murae sentì ribollire il sangue nelle vene: perl’ultima volta si sarebbe trovata così vicina aquel triste confine.

Si udì uno schiocco di frusta, seguito da ungrido. Celaena si girò e guardò oltre leguardie e i carri carichi di provviste, fino allacorte principale, ormai semivuota. Nessuno diquegli schiavi se ne sarebbe mai andato,

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nemmeno da morto. Ogni settimanascavavano nuove fosse comuni dietro lebaracche di raffinazione e ogni settimana lefosse si riempivano.

Si rammentò delle tre lunghe cicatrici cheportava sulla schiena. Anche se avesseconquistato la libertà, anche se fosse vissutatranquilla in campagna, quelle cicatricisarebbero sempre state lì a ricordarle ciò cheaveva provato. A ricordarle che se lei eralibera, altri non lo erano.

Celaena guardò avanti e scacciò queipensieri dalla testa mentre oltrepassavano ilpassaggio nelle mura. All’interno l’aria eradensa, quasi fumosa, e umida. Lo scalpicciodei cavalli rimbombava come un tuono. Icancelli di ferro si aprirono e lei vide disfuggita il nefasto nome della miniera, primache si dividesse in due e si spalancasse.Pochi secondi dopo il cancello si richiusecigolando alle loro spalle. Era fuori.

Ruotò le mani nei ceppi e osservò lacatena che oscillava rumorosa fra lei e il

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capitano della guardia. Era attaccata alla selladel suo cavallo. Alla prima occasione potevaabilmente allentarla, così sarebbe bastato uncolpo deciso per sbalzare il capitano dacavallo. A quel punto lei avrebbe…

Sentì che Westfall la stava tenendod’occhio. La guardava di traverso, con lelabbra strette, e lei mollò la catena con unascrollata di spalle.

Pian piano il cielo divenne di un azzurroterso, limpido. Imboccando la strada dellaforesta, superarono rapidi il desolatopaesaggio montuoso di Endovier e siaddentrarono in uno scenario più piacevole.

A metà mattina avevano già raggiunto laforesta di Oakwald, che circondava Endoviere fungeva da spartiacque fra i paesi civilizzatia Oriente e le terre incognite a Occidente.Giravano ancora leggende sulla gente stranae pericolosa che le abitava, gli spietatidiscendenti assetati di sangue di quello cheera stato il Regno del Male. Una volta

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Celaena aveva incontrato una giovane donnaoriginaria di quella terra maledetta e, benchési fosse rivelata una creatura crudele esanguinaria, restava pur sempre un essereumano. E come un normale essere umanol’aveva vista sanguinare.

Dopo ore di silenzio, Celaena si rivolse aChaol. — Dicono che una volta finita questaguerra con Wendlyn, il re comincerà acolonizzare l’Occidente — buttò lì con ariadistaccata, sperando che lui confermasse osmentisse. Più cose sapeva dell’attualeposizione e delle manovre del re, meglio era.Il capitano la squadrò, si accigliò e distolse losguardo. — Sono d’accordo — aggiunsesospirando forte. — Il destino di quelle vastelande spopolate e di quelle desolatemontagne lascia indifferente anche me.

Lui strinse i denti.— Avete intenzione di ignorarmi per

sempre?Il capitano la guardò stupito: — Non mi

sembrava di ignorarti.

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Lei si torse le labbra per dominare lastizza. Non gli avrebbe mai datosoddisfazione. — Quanti anni avete?

— Ventidue.— Siete molto giovane! — Batté le

palpebre e lo guardò in attesa di una qualcherisposta. — Siete arrivato al grado di capitanoin soli cinque anni?

Lui annuì. — E tu quanti anni hai?— Diciotto. — Il capitano non disse nulla.

— Lo so — proseguì lei — è incredibile che iosia riuscita a ottenere tanti successi in cosìpoco tempo.

— Non considero il crimine un successo,Sardothien.

— Ma diventare l’Assassina più famosa delmondo sì. — Il capitano non rispose. —Magari volete sapere come ho fatto.

— Fatto cosa?— A diventare tanto abile e famosa così in

fretta.— Non lo voglio sapere.

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Non era quello che avrebbe voluto sentirsidire.

— Non siete molto carino — disse lei fra identi. Se voleva irritarlo, doveva spingersioltre.

— Tu sei una criminale. Io sono il capitanodella guardia reale. Non sono tenuto adimostrarti alcuna cortesia e tanto meno afare conversazione con te. Ringrazia che nonti abbiamo chiusa nel carro!

— Sì, be’, scommetto che sareste uninterlocutore alquanto sgradevole anche sef os t e costretto a dimostrarvi cortese. —Davanti al suo ennesimo silenzio, Celaenacominciò a sentirsi un po’ ridicola. Passòqualche minuto. — Voi e il principe ereditariosiete molto amici?

— La mia vita personale non ti riguarda.Lei schioccò la lingua. — Avete origini

nobili?— Abbastanza. — E alzò il mento in modo

impercettibile.

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— Duca?— No.— Lord? — Lui non rispose e Celaena si

fece sfuggire un sorriso. — Lord ChaolWestfall — sventagliandosi con la mano. —Chissà come cadono ai vostri piedi le signoredi corte.

— Non chiamarmi con quel titolo. Nonsono un lord — precisò lui piano.

— Avete un fratello maggiore?— No.— Allora perché non avete il titolo? — Di

nuovo nessuna risposta. Sapeva che avrebbedovuto smettere di tormentarlo, ma era piùforte di lei. — Uno scandalo? Un diritto dinascita depredato? In quale genere dicomplicato intrigo siete stato coinvolto?

Il capitano strinse le labbra così forte dafarle diventare bianche.

Lei si avvicinò e gli disse: — Trovate che…— Devo bendarti o riesci a stare zitta

senza che io debba intervenire? — e si voltò

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verso il principe ereditario, con lo sguardovuoto.

Celaena cercò di trattenere una risataquando lo vide alzare gli occhi al cielo appenalei riprese a parlare: — E siete sposato?

— No.Lei si mangiò le unghie. — Nemmeno io.

— Lui sbuffò. — A quanti anni siete diventatocapitano della guardia?

Lui tirò le redini del cavallo e rispose: —Venti.

Il convoglio si fermò in una radura e isoldati scesero da cavallo. Celaena osservòChaol che smontava e disse: — Perché cisiamo fermati?

Chaol sganciò la catena dalla sella e diedeun bello strattone per farla smontare. —Pranzo — rispose lapidario.

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Celaena scostò una ciocca di capelli ricadutasul viso e si lasciò condurre nella radura. Seavesse voluto scappare, avrebbe primadovuto mettere Chaol fuori combattimento.Fossero stati soli, forse avrebbe potuto farlo,per quanto sembrasse difficile con le cateneai polsi; tuttavia, con un tale spiegamento diguardie addestrate a uccidere senzascrupoli…

Chaol le restò accanto, mentreaccendevano il fuoco e preparavano il pranzocon le provviste prelevate dalle casse e daisacchi. I soldati disposero in piccoli cerchi

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alcuni tronchi d’albero caduti e vi si sedettero,mentre gli altri rimestavano e cucinavano. Icani del principe, che trotterellavano diligenti afianco del loro padrone, si avvicinaronoscodinzolando all’Assassina e si accucciaronoai suoi piedi. Almeno qualcuno gradiva la suacompagnia!

Quando le misero il piatto in grembo,Celaena era affamata ma anche moltoinfastidita, visto che il capitano non le avevatolto i ferri. Dopo averle lanciato un’occhiataintimidatoria, Chaol le tolse le catene dai polsie gliele strinse alle caviglie. Al primo pezzettodi carne che si portò alla bocca, Celaena alzògli occhi al cielo, nauseata. Masticòlentamente.

L’ultima cosa che voleva era vomitaredavanti a loro. Mentre i soldatichiacchieravano, studiò l’ambientecircostante. Lei e Chaol erano seduti con altricinque soldati. Il principe ereditarioovviamente sedeva vicino a Perrington,ognuno sul proprio tronco, distanti da lei.

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Mentre parlava col duca, Dorian non avevapiù il piglio arrogante e divertito della seraprima, ma un’espressione seria. Tutto il suocorpo sembrava teso e Celaena si accorseche stringeva le mascelle mentre Perringtonparlava. Qualunque fosse il loro rapporto, dicerto non era cordiale.

Poi, continuando a mangiare, Celaenaspostò l’attenzione dal principe agli alberi.Nella foresta era calato il silenzio. I cani neritenevano le orecchie dritte, anche se quellaquiete non sembrava infastidirli. Persino isoldati si erano zittiti. Quasi le si fermò ilcuore. La foresta qui era diversa.

Le foglie pendevano come gioielli, simili apiccole gocce di perle, rubini, topazi,ametiste, smeraldi e granati. Un tappeto diquelle preziose gemme ricopriva il sottoboscointorno. Nonostante la devastazioneprovocata dalla furia conquistatrice, quellaporzione di foresta era rimasta intatta. Quiriecheggiavano ancora i resti del potere che

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un tempo aveva conferito a questi alberi laloro innaturale bellezza.

Lei aveva solo otto anni quando ArobynnHamel, suo mentore e re degli Assassini,l’aveva trovata mezza annegata sulle rive diun fiume ghiacciato e l’aveva condotta allasua Fortezza, al confine fra Adarlan eTerrasen. Mentre l’addestrava per farne lasua migliore e più fidata assassina, Arobynnnon le aveva mai permesso di tornare aTerrasen. Lei però ricordava ancora losplendore di quel mondo prima che il re diAdarlan lo desse alle fiamme. Ormai laggiùnon era rimasto più niente per lei, né cisarebbe mai più stato. Arobynn non lo avevamai detto esplicitamente, ma se si fosserifiutata di sottoporsi all’addestramento,l’avrebbe data in pasto a quelli che volevanoucciderla. O si sarebbe ritrovata di nuovoorfana. Anche se aveva solo otto anni,sapeva bene che una vita con Arobynn, conun nome nuovo che nessuno avrebbe mairiconosciuto ma che un giorno tutti avrebbero

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temuto, era un’occasione per ricominciare,per sfuggire al destino che l’aveva portata asaltare in quel fiume ghiacciato, la notte didieci anni prima.

— Maledetta foresta! — esclamò unsoldato dalla pelle olivastra. Il suo vicinocominciò a sghignazzare: — Io dico cheprima la bruciamo e meglio è. — Gli altriannuirono e Celaena si irrigidì. — È piena diodio — disse un altro.

Celaena intervenne: — E cos’altro viaspettavate? — Chaol mise mano alla spadae i soldati si girarono verso di lei, mentrequalcuno rideva. — Questa non è una forestaqualunque, è la foresta di Brannon! —precisò, puntando la forchetta verso gli alberi.

— Mio padre mi raccontava che era pienadi fate — disse un soldato. — Ma adesso nonci sono più. — Un altro addentò una mela eaggiunse: — Anche tutti quegli orrendi emaledetti Fae! — E un altro ancora: — Ce nesiamo sbarazzati, giusto?

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— Io terrei a freno la lingua, se fossi in voi— li rimbrottò lei. — Re Brannon era un Fae ela foresta di Oakwald è ancora sua. Non misorprenderebbe se uno di questi alberi siricordasse ancora di lui.

I soldati scoppiarono a ridere. — Alloradevono avere almeno duemila anni — disseuno di loro.

— I Fae sono immortali.— Ma gli alberi no.Celaena scosse la testa furibonda e prese

un’altra piccola forchettata di cibo.— Che ne sai tu di questa foresta? — le

domandò Chaol sottovoce. Si stavaprendendo gioco di lei? I soldati si allungaronoin avanti, pronti a ridacchiare, ma gli occhinocciola del capitano tradivano una curiositàsincera.

Dopo aver inghiottito il boccone di carne,Celaena rispose. — Prima che Adarlancominciasse la sua conquista, questa era unaforesta magica — disse con voce lieve ma

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ferma.Lui aspettava che proseguisse, ma lei

aveva già detto troppo.— E poi? — la incalzò lui.— Questo è tutto ciò che so — concluse

lei, incrociando il suo sguardo. Delusi di nonavere niente su cui infierire, i soldati ripreseroil pranzo.

Celaena aveva mentito e Chaol lo sapeva.Lei conosceva tantissime cose di quellaforesta, sapeva che un tempo era popolatada esseri fatati: gnomi, spiritelli, ninfe, follettie molti altri, così tanti che nessuno era mairiuscito a tenerne il conto o a ricordarne inomi. Erano governati da esseri più grandi diloro, dalle fattezze umane, gli immortali Fae, iprimi abitanti dei Continenti e le creature piùantiche di tutta l’Erilea.

La corruzione dilagante di Adarlan e lacampagna del re per stanarli e giustiziarli,aveva fatto fuggire le fate e i Fae, andati acercare rifugio negli angoli più remoti esperduti del mondo. Il re di Adarlan li aveva

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messi tutti al bando, i Fae, gli esseri fatati, lamagia, e ne aveva cancellato ogni traccia:persino chi aveva la magia nel sangue si eraquasi convinto che non fosse mai esistita.Celaena era fra questi. Il re aveva decretatoche la magia era un affronto alla Dea e allesue divinità, che esercitarla significavavolerne imitare impunemente il potere. A ognimodo, dopo quella messa al bando, quasi tutticonoscevano la verità: un mese dopo ilproclama reale, la magia era svanitaall’improvviso, del tutto, spontaneamente.Forse aveva previsto quali orrori sarebberostati perpetrati.

Le sembrava ancora di sentire l’odore diquegli incendi devastanti, quando lei avevaotto o nove anni: il fumo dei libri chebruciavano, libri che custodivano un sapereinsostituibile, le grida dei chiaroveggenti e deiguaritori arsi vivi, le vetrine dei negozi e iluoghi sacri fracassati, profanati e cancellatidalla storia. Chi possedeva poteri magici ed

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era scampato al rogo, era finito prigioniero aEndovier, ma la maggior parte nonsopravvisse a lungo. Da molto Celaena nonpensava ai poteri persi, anche se il ricordoricorreva spesso nei suoi sogni. Nonostante lacarneficina, forse era un bene che la magiafosse svanita. Era un fardello troppo pesanteda sostenere, anche per le persone piùassennate. Quelle doti avrebbero potutodistruggerla.

Prese un altro boccone mentre il fumo delfuoco le bruciava gli occhi. Non aveva maidimenticato le storie sulla foresta di Oakwald,le leggende che narravano di buie espaventose valli, di stagni profondi e immobili,di grotte piene di luce e canti celestiali. Maerano solo storie e niente più. Raccontarlesignificava cacciarsi nei guai.

Guardò la luce del sole filtrare fra le fogliee gli alberi ondeggiare al vento con i lunghirami sottili che s’intrecciavano. Trattenne unbrivido.

Per fortuna il pranzo passò in fretta. Le

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incatenarono di nuovo i polsi, rifocillarono icavalli e li caricarono per ripartire. Celaenaaveva le gambe così irrigidite che Chaoldovette aiutarla a salire. Faceva fatica a starein sella e il fetore persistente di sudore esterco di cavallo che arrivava alla retroguardiadi certo non aiutava.

Viaggiarono per il resto della giornata,l’Assassina cavalcò in silenzio guardando laforesta. La stretta al petto non si allentò fino aquando non lasciarono quella valle scintillantealle loro spalle. Quando si fermarono per lanotte, era tutta indolenzita. A cena non disseuna parola e nemmeno più tardi, quando lemontarono una piccola tenda con le guardieappostate fuori, e lei poté prendere sonno,nonostante fosse incatenata. Non sognò, maal risveglio non credette ai suoi occhi.

Ai piedi della branda notò un mazzetto difiorellini bianchi e tante piccole impronte cheentravano e uscivano dalla tenda. Prima chequalcuno potesse vederle, Celaena le

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cancellò col piede facendo sparire ognitraccia, poi mise i fiori in una bisaccia cheaveva a portata di mano.

Anche se nel corso del viaggio nessunodisse una parola sugli esseri fatati, Celaenacontinuò a studiare le facce dei soldati percapire se avessero visto qualcosa di strano. Eper quasi tutto il giorno seguente sentì i palmisudati e il batticuore, e continuò ascandagliare con gli occhi i boschi cheattraversavano.

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Le due settimane successive trascorseroattraversando il Continente. Le nottidiventavano più fredde, le giornate siaccorciavano. Una pioggia gelida liaccompagnò per quattro giorni e Celaenaaveva talmente freddo che le balenò l’idea dibuttarsi in un fosso e trascinare Chaol con sé.

Era fradicia e mezza congelata e, seriusciva a sopportare la sensazione dei capellibagnati, il dolore per le scarpe intrise d’acquaera insostenibile. Aveva quasi perso lasensibilità alle dita. Ogni sera le avvolgeva nelprimo indumento asciutto che riusciva a

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trovare. Le sembrava di essere prossima alladecomposizione, a ogni sferzata di ventofreddo e pungente la pelle sembravastaccarsi dalle ossa. Come succede spesso inautunno, la pioggia cessò all’improvviso e ilcielo tornò a essere terso e luminoso.

Celaena procedeva mezza addormentatain sella al cavallo, quando il principe si staccòdalla fila e si diresse trottando verso di loro; ilunghi capelli neri fluttuavano al vento e lamantella rossa ondeggiava su e giù. Sopra lacamicia bianca e disadorna portava unfarsetto blu cobalto ricamato in oro. Perquanto potesse disprezzarlo, dovevariconoscere che il principe stava davverobene con quegli stivali marroni, alti fino alginocchio. La cintura gli stava a pennello,anche se il coltello da caccia era un po’troppo ingemmato per i suoi gusti.

Dorian si accostò a Chaol e disse: — Vienicon me! — indicandogli con un cenno dellatesta il ripido colle erboso che la compagniastava per risalire.

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— Dove? — chiese il capitano sollevandola catena alla quale era legata Celaena,perché Dorian la vedesse. Dove andava lui,doveva andare per forza anche lei.

— Vieni a vedere il panorama — precisòDorian. — Portatela dietro. — Celaena s’irritò.“Portatela dietro”? Neanche fosse un pacco!

Chaol uscì dalla fila e strattonò forte lacatena. Celaena afferrò le redini mentreavanzavano al galoppo e respirò l’odorepungente del pelo equino. Presto raggiunserola cima del colle, il cavallo si muoveva a scattiquasi sbalzandola dalla sella. Quando scivolòtroppo all’indietro, si sforzò di non perderel’equilibrio. Se fosse caduta, sarebbe morta divergogna. Dagli alberi alle loro spalle filtraronole ultime luci del tramonto e così Celaena videdavanti a sé prima una guglia, poi tre, poialtre sei, alte come a voler perforare il cielo.Le si mozzò il respiro in gola.

In cima al colle, Celaena contemplòl’orgoglio della corona di Adarlan: il castello di

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cristallo di Rifthold.Era una grande cittadella verticale fatta di

torri e ponti cristallini, torrette e sotterranei,sale da ballo a cupola, e lunghi, infiniticorridoi. Costruito sopra un precedentecastello in pietra, era costato una fortuna.

Ripensò alla prima volta che aveva visto ilcastello, otto anni prima, freddo e immobilecome la terra sotto il suo grasso pony. Ancheallora l’aveva trovato privo di gusto, unospreco di risorse e di talento, con quelle torriritte verso il cielo come tante dita artigliate.Ricordò la mantella color azzurro polvere chele piaceva tanto strofinare fra le dita, la suafolta capigliatura di ricci, le calze chesfregavano sulla sella e come si erapreoccupata per una macchia di fango sullescarpette di velluto rosso. Ricordò anche chei suoi pensieri tornavano sempre aquell’uomo, l’uomo che aveva ucciso tre giorniprima.

— Un’altra torre e crollerà tutto — disse ilprincipe rivolgendosi a Chaol, dalla parte

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opposta. Il rumore del resto della compagniache si avvicinava risuonò nell’aria. —Mancano poche miglia e preferireiattraversare questa vallata alla luce delgiorno. Stanotte ci accamperemo qui.

— Mi chiedo cosa penserà tuo padre di lei— disse Chaol.

— Oh, gli andrà bene, almeno finché nonaprirà bocca. Allora comincerà a urlare estrepitare, e mi pentirò di aver sprecato duemesi a cercarla. Ma credo che mio padreabbia questioni più importanti di cui occuparsi.— E su queste parole si allontanò.

Celaena non riusciva a distogliere gli occhidal castello. Si sentiva così piccola, persinoda questa distanza. Aveva dimenticato laschiacciante imponenza di quella costruzione.I soldati correvano da ogni parte adaccendere fuochi e montare le tende. — Hail’aria di una che sta per andare al patibolo,anziché verso la libertà — le disse il capitano,ora al suo fianco.

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— Mi fa uno strano effetto vederla —commentò lei, attorcigliando e svolgendo leredini con un dito.

— La città?— La città, il castello, i bassifondi, il fiume.

— L’ombra del castello incombeva su Riftholdcome una bestia abnorme. — Non so ancorabene come sia successo.

— Come sei stata catturata, vuoi dire?Celaena annuì. — Anche se voi credete

che sotto un impero esista un mondoperfetto, i vostri governanti e i vostrifunzionari non ci pensano due volte a farsifuori l’un l’altro. E lo stesso vale per gliassassini, immagino.

— Credi che sia stato uno di loro a tradirti?— Tutti sapevano che ricevevo i compensi

più alti e che potevo pretendere qualsiasicifra. — Percorse con lo sguardo le stradetortuose della città e lo scintillio sinuoso delfiume. — Togliendomi di mezzo, si sarebbecreato un vuoto di cui avrebbero potuto

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approfittare. Forse è stato uno di loro o forsehanno agito insieme.

— Non avresti dovuto aspettarti uncomportamento onorevole, da certa gente.

— E chi ha detto che me lo aspettavo?Non mi sono mai fidata della maggior parte diloro, sapevo benissimo che mi odiavano. — Isuoi sospetti li aveva, naturalmente, ma erauna verità che non si sentiva ancora prontaad affrontare, né ora né mai.

— Endovier deve essere stato terribile —disse Chaol senza accenno di malizia oscherno. Doveva interpretarlo come un segnodi solidarietà?

— Già, proprio così — rispose lei piano.Lui la guardò come se si aspettasse di sentirealtro. E allora che male c’era a parlarne? —Appena arrivata mi hanno tagliato i capelli, mihanno dato degli stracci da mettermi addossoe mi hanno messo un piccone in mano, comese sapessi cosa farne. Mi hanno incatenataagli altri e mi hanno frustata, come tutti. Ma isorveglianti avevano ricevuto precise

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istruzioni di riservarmi un trattamentospeciale. Quando mi sono presa la libertà distrofinarmi il sale sulle ferite, il sale che avevoestratto io, hanno cominciato a frustarmiregolarmente, in modo che quelle ferite nonpotessero mai chiudersi. Devo ringraziare lagenerosità di alcuni prigionieri di Eyllwe senon si sono infettate. Ogni notte, uno di lororimaneva alzato per ore a pulirmi la schiena.

Chaol rimase in silenzio e la guardò solouna volta, prima di smontare da cavallo.Aveva fatto male a raccontargli una cosa cosìpersonale? Lui non le rivolse più la parola perquel giorno, se non per darle ordini.

Celaena si svegliò ansimando, con una manosulla gola. Il sudore freddo le scivolava lungola schiena e si concentrava nell’incavo tra labocca e il mento. Aveva già fatto quell’incubo.Era distesa in una delle fosse comuni diEndovier e, nel tentativo di districarsidall’ammasso di arti putrescenti, sprofondavasotto una ventina di cadaveri. E poi nessuno

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si accorgeva delle sue grida, quando laseppellivano ancora viva.

Nauseata, Celaena si abbracciò leginocchia. Cominciò a respirare, lentamente,e chinò la testa, con le gambe ossute chepremevano sulle guance. Dato il caldoeccezionale per la stagione, avevano dormitofuori dalle tende, davanti a una vistamozzafiato sulla capitale. Il castello illuminatotroneggiava sulla città addormentata come unmonte di ghiaccio e vapore. C’era qualcosa diverdastro e sembrava pulsasse.

L’indomani alla stessa ora sarebbe stataconfinata fra quelle mura, ma questa notteera tutto così silenzioso, come la quiete primadella tempesta.

Immaginò che il mondo intero stessedormendo, come incantato dalla luceverdemare del castello. Il tempo andava eveniva, le montagne si alzavano e cadevano,piante rampicanti s’impadronivano della cittàassopita, nascondendola sotto strati di rovi e

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di foglie. Solo lei era sveglia.Si strinse addosso la mantella. Avrebbe

vinto, avrebbe vinto e servito il re, poisarebbe svanita nel nulla, senza più castelli,re o assassini a cui pensare. Non voleva piùtornare ad avere il predominio in questa città.La magia era morta, i Fae erano stati banditio giustiziati, lei non avrebbe mai più avutoniente a che fare con l’ascesa e il declinodegli imperi.

Non doveva più sottostare al suo destino,non più.

Con la mano sulla spada, Dorian Havilliardosservava l’Assassina da lontano. C’eraqualcosa di triste in lei, così immobile con ilmento appoggiato sulle ginocchia, la luna chele colorava i capelli argentei. Non c’eranessuna espressione di boria o impudenzasul suo viso mentre il bagliore del castelloriverberava nei suoi occhi.

La trovava bella, benché un po’ strana escontrosa. C’era qualcosa di particolare negli

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occhi che brillavano mentre osservava ilpaesaggio. Eppure non capiva cosa fosse.

Se ne stava lì ferma a fissare il castello, ilprofilo netto della sua sagoma sotto la luceche cadeva sulla riva del fiume Avery. Il cielosi rannuvolò e lei alzò la testa. Da unosquarcio fra quella massa vorticosa siintravedeva un grappolo di stelle. Era quasiconvinto che quelle stelle la stesseroguardando.

Però no, non doveva dimenticarsi che eraun’assassina, anche se aveva ricevuto indono un bel viso e un’intelligenza vivace. Siera sporcata le mani di sangue e potevatagliargli la gola così come riservargli unaparola gentile. E poi era la sua paladina. Era lìper combattere per lui e per la propria libertà.Nient’altro che questo. Si distese, con lamano sempre sulla spada, e si addormentò.

Ma quell’immagine gli ritornò in sogno pertutta la notte: un’incantevole ragazza fissavale stelle e le stelle ricambiavano il suosguardo.

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Appena varcarono le alte mura in alabastro diRifthold, i trombettieri annunciarono il loroarrivo. Le bandiere rosse con i draghi alatid’oro sventolavano sopra la capitale, le stradeacciottolate erano sgombre e Celaena, liberadalle catene, vestita di tutto punto,imbellettata e seduta davanti a Chaol, arricciòil naso quando annusò l’aria della città.

Dietro il profumo di spezie e l’odore dicavalli, c’era un pesante sottofondo disporcizia, sangue e latte rancido. Nell’aria sipercepivano le zaffate salmastre del fiumeAvery, diverso dall’odore di sale di Endovier.

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Questo sapeva di navi da guerra provenientidai mari dell’Erilea, di mercantili carichi dimerci e schiavi, e di pescherecci con i pescisquamosi e mezzi marci che la gente riuscivachissà come a mangiare. Dai venditoriambulanti con la barba lunga alle domestichecariche di cappelliere, tutti si fermaronoquando i portabandiera sfilarono fieri al trottoe Dorian Havilliard fece un segno di saluto.

Gli altri seguivano il principe che, comeChaol, indossava una mantella rossa puntataall’altezza del cuore con la spilla del sigilloreale. Il principe portava una corona doratasui capelli ben pettinati, e Celaena dovetteammettere che aveva un aspetto moltoregale.

Le giovani donne si accalcavano persalutarli. Dorian ammiccava e si prodigava ingrandi sorrisi. Celaena sentì le occhiatacceche le lanciarono quando la videro al seguitodel principe. Era consapevole di come dovevaapparire: una donna a cavallo portata alcastello come un trofeo. Perciò sorrise, si

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ravviò i capelli e ammiccò anche lei, allespalle del principe.

Sentì un dolore al braccio. — Che c’è? —bisbigliò al capitano che le aveva appena datoun pizzicotto.

— Sei ridicola — disse lui a denti stretti,continuando a sorridere alla folla.

— Sono loro a essere ridicole — ribatté leiimitando la sua espressione.

— Fai la brava e comportati normalmente.— Celaena sentì il suo respiro sul collo.

— Dovrei saltare giù e correre via — dissesalutando un giovanotto che la guardava abocca aperta, credendo di aver attiratol’attenzione di una signora di corte. — Potreiscomparire in un attimo.

— Come no, spariresti con tre frecceconficcate nella schiena — disse lui.

— Molto divertente.Entrarono nel quartiere dei negozi, dove la

folla gremiva gli ampi viali alberati, lastricati inpietra bianca. Dietro la calca si scorgevano le

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vetrine dei negozi, ma passandoci davanti fucolta da una smania irrefrenabile: vestiti ecasacche esposti dietro file di gioielli brillanti ecappelli a tesa larga, raccolti come tanti mazzidi fiori. Sopra a tutto e tutti troneggiava ilcastello, così alto che Celaena dovettereclinare la testa all’indietro per scorgere letorri più alte. Perché avevano scelto unpercorso così lungo e scomodo? Volevanodavvero sfilare come in una parata?

Celaena provò una sensazione di disagio.Poi la serie di edifici s’interruppe e unospettacolo di vele spiegate come ali di farfallali salutò, non appena imboccarono il viale checosteggiava il fiume Avery. Le barche eranoormeggiate lungo il molo, in un intrico di cimee di reti, i marinai si chiamavano l’un l’altro,troppo indaffarati per accorgersi di quellaprocessione reale. Al suono della frusta, laragazza si voltò di scatto.

Alcuni schiavi incatenati, in un miscuglio dinazioni, scendevano barcollando dallapasserella di una nave mercantile. Ognuno

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aveva lo stesso viso scavato che lei aveva giàvisto tante volte. Erano perlopiù prigionieri diguerra, ribelli sopravvissuti al boia e alleinfinite schiere degli eserciti di Adarlan.Magari alcuni di loro erano stati accusati dipraticare la magia o addirittura colti sul fatto,altri invece erano persone normalissime,colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato almomento sbagliato. Guardando meglio, siaccorse che un numero sterminato di schiavistava lavorando nel porto: sgobbavano esudavano, reggevano parasoli e versavanoacqua, gli occhi bassi o verso il cielo, mairivolti a ciò che avevano davanti.

Avrebbe voluto smontare da cavallo ecorrere verso di loro, o anche solo gridareche lei non faceva parte della corte delprincipe, che non aveva contribuito a farlifinire lì, incatenati, affamati e malmenati, cheaveva lavorato e sputato sangue con loro,con le loro famiglie e i loro amici, che non eracome quei mostri che distruggevano ogni

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cosa, che un paio d’anni prima lei avevaliberato quasi duecento schiavi dal Signoredei Pirati. Ma nemmeno questo eraabbastanza.

D’un tratto venne separata dalla follacittadina, strappata via, mentre la gentesalutava e s’inchinava, fra grida di giubilo erisate, lanciando fiori e altre inezie davanti ailoro cavalli. Celaena respirava a fatica.

Prima di quanto avrebbe voluto, il cancellodi ferro e cristallo spalancò le sue porte ainferriata su una decina di guardie schierate aibordi della strada acciottolata che passavasotto l’arco. Tenevano le lance alzate ereggevano scudi rettangolari, gli occhi scuri siintravedevano a stento, sotto il bronzo deglielmi. Ognuno indossava una mantella rossa.L’armatura in rame e cuoio era di ottimafattura, benché un po’ ossidata.

Superato l’arco, la strada saliva,costeggiata da alberi d’oro e d’argento. Daicespugli che la fiancheggiavano si alzavanolampioni di cristallo. I rumori della città

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sparirono quando superarono un secondoarco, di cristallo brillante, e si trovaronodavanti al castello.

Chaol tirò un sospiro quando smontò dacavallo nella corte principale. Celaena fu fattascendere e posata a terra, su gambebarcollanti. Il cristallo risplendeva ovunque euna mano la prese per la spalla. Due giovanistallieri portarono via il suo cavallo, lesti esilenziosi.

Quando il principe si avvicinò, Chaol la tiròa sé, tenendola stretta per la mantella.

— Seicento stanze, alloggiamenti per isoldati e per la servitù, tre giardini, unapiccola riserva di caccia e stalle su ogni lato.A chi serve tanto spazio? — disse Doriancontemplando quella che era la sua casa.

Celaena abbozzò un sorriso, un po’sconcertata da quel garbo inatteso. — Non socome si possa dormire tranquilli con unaparete di cristallo che ti separa dalla morte. —Alzò lo sguardo e lo abbassò subito. Non

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soffriva di vertigini, ma il pensiero di esserecosì in alto, con una parete di cristallo aproteggerla dal vuoto, le strinse lo stomaco.

— Allora sei come me! — ridacchiò Dorian.— Ringrazia Dio che ti ho assegnato gliappartamenti nel castello di pietra. Nonsopporterei di saperti a disagio.

Dopo aver deciso che non era saggiolanciargli un’occhiataccia, Celaena rivolse losguardo ai giganteschi cancelli del castello. Leporte erano di un cristallo rosso e opaco e siaprivano davanti a lei come la bocca di ungigante. Vide però che l’interno era in pietra esi rese conto che il castello di cristallosembrava appoggiato sull’edificio originario.Che idea ridicola: un castello di cristallo!

— Bene! Vedo che ti sei un po’ rimessa e iltuo incarnato ha ripreso colore. Benvenutanella mia casa, Celaena Sardothien. — Salutòalcuni nobili che si fecero da parte es’inchinarono. — Il torneo comincia domani. Ilcapitano Westfall ti accompagnerà nelle tuestanze.

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Lei si girò in cerca di qualche traccia deisuoi avversari, ma non scorse nessunoall’orizzonte.

Il principe salutò un altro gruppo dicortigiani ossequiosi e non guardò né Celaenané il capitano, quando riprese a parlare. —Devo incontrare mio padre — disseesaminando da capo a piedi una donzellaparticolarmente graziosa. Le fece l’occhiolinoe lei si nascose il viso dietro un ventaglio dipizzo, proseguendo a camminare. Dorianfece un cenno a Chaol. — Vi vedrò più tardi.— E senza dire una parola a Celaena, salì lescale che portavano a palazzo, la mantellarossa che ondeggiava al vento.

Quello che le aveva detto il principe era vero:le sue stanze si trovavano in un’ala delvecchio castello di pietra ed erano molto piùgrandi di quanto si aspettasse. Avevano unacamera da letto con annessi bagno eguardaroba, una piccola sala da pranzo e unaper la musica e i giochi. Ogni vano era

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arredato in rosso e oro, la sua stanza da lettoera decorata da un grande arazzo appesoalla parete, poltrone e divani disposti congusto. Il balcone si affacciava sulla fontana diuno dei giardini, piacevole, nonostante leguardie lì appostate.

Chaol la lasciò sola e Celaena non aspettòneanche di sentire sbattere la porta perchiudersi in camera da letto. Durante la brevevisita guidata in cui Chaol le aveva mostrato isuoi appartamenti Celaena, mormorando frasé e sé il proprio apprezzamento, avevacontato le finestre, dodici in tutto; le uscite,una sola; i soldati di guardia fuori dalla porta,dalle finestre e dal balcone, nove in tutto.Erano armati di spada, pugnale e balestra e,benché dritti sull’attenti al passaggio del lorocapitano, Celaena sapeva bene che unabalestra non è un peso leggero che si possareggere per tante ore…

Scivolò furtiva fino alla finestra dellacamera da letto, si schiacciò al muro di

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marmo e guardò giù. Proprio come previsto,ora le guardie portavano le balestre a tracolla,di traverso sulla schiena. Avrebbero persosecondi preziosi a imbracciarle e caricarle,secondi durante i quali lei avrebbe potutoprendere le loro spade, sgozzarli e dileguarsinei giardini. Sorrise, quando si fermò davantialla finestra a studiare il giardino. Il lato piùlontano finiva con gli alberi di una riserva dicaccia. Conosceva abbastanza il castello dasapere che lei si trovava sul versante sud eche, se avesse attraversato la riserva,sarebbe arrivata a un muro di pietra oltre ilquale scorreva l’Avery.

Celaena aprì e chiuse le ante dell’armadio,della toeletta e dello stipo sotto il lavello. Nonc’erano armi, nemmeno un bell’attizzatoio peril fuoco, ma prese dei fermagli in osso percapelli rimasti in fondo a un cassetto dellatoeletta e un pezzo di spago trovato nel cestoda rammendo dell’ampio guardaroba. Nontrovò aghi. S’inginocchiò sui tappeti delguardaroba, dove non c’erano vestiti e,

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tenendo d’occhio la porta dietro di sé,armeggiò in fretta coi fermagli, ne staccò lepunte e le legò insieme con lo spago. Unavolta finito, alzò il risultato e si accigliò.

Be’, non era un pugnale ma, cosìassemblate, le punte aguzze dei fermaglipotevano diventare una specie di arma.Avvicinò un dito alle punte e trasalì quando iltocco di un frammento d’osso le punzecchiòla pelle indurita. Sì, se l’avesse piantato nelcollo della guardia, le avrebbe fatto male. El’avrebbe neutralizzata per il temponecessario a prenderle le armi.

Celaena tornò in camera con uno sbadiglioe rimase in piedi ai bordi del letto pernascondere quell’arma improvvisata in unadelle pieghe del letto a baldacchino. Quandol’ebbe nascosta, si guardò di nuovo intorno.C’era qualcosa di strano nelle proporzionidella stanza, qualcosa che non le tornava,nell’altezza delle pareti, ma non sapeva benecosa. Ciò nonostante, il baldacchino era un

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nascondiglio perfetto. Cos’altro potevaprendere senza che loro se ne accorgessero?Chaol probabilmente aveva fatto ispezionarela stanza prima del suo arrivo. Origliò allaporta per captare eventuali segni di vitaall’esterno. Appurato che non c’era nessuno,andò nell’atrio ed entrò decisa nella sala dagioco. Adocchiò le stecche da biliardo sullaparete opposta e le biglie dai colori accesi sultavolo verde, e sorrise. Chaol non era cosìfurbo come credeva.

Alla fine decise di lasciare l’attrezzatura dabiliardo dov’era, se non altro perché la suasparizione avrebbe destato sospetti. Tuttaviasarebbe stato un gioco da ragazzi prendereuna stecca e scappare o usare quelle pesantibiglie per mettere le guardie fuori gioco.Stanca, tornò in camera e finalmente sitrascinò verso il grande letto. Il materasso eracosì morbido che vi sprofondò per qualchecentimetro, così largo che avrebbero potutodormirci in tre senza darsi il minimo fastidio.Giratasi sul fianco, Celaena sentì gli occhi

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sempre più pesanti.Dormì un’ora, fin quando un domestico

annunciò l’arrivo del sarto che avrebbe dovutoconfezionarle l’abbigliamento adeguato allavita di corte. Trascorse un’altra ora a farsiprendere le misure, a farsi puntare spilliaddosso e a farsi sottoporre una gamma distoffe e colori. Non le andava a genio quasiniente, tranne poche cose che la colpirono,ma quando provò a chiedere al sarto certitagli e modelli che le donavano di più, lui laliquidò con un cenno della mano eun’espressione contrariata. Fu molto tentatadi conficcargli negli occhi uno dei suoi spilloni.

Si concesse un bagno, perché si sentivasporca quasi come a Endovier, e ringraziòcon riconoscenza la garbata servitù chel’assisteva. Molte ferite si erano rimarginate oerano ridotte a sottili righe bianche, ma la suaschiena soffriva ancora. Dopo quasi due oredi cure e attenzioni per spuntarle i capelli,farle la manicure e limarle i calli da mani e

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piedi, Celaena si guardò allo specchio esorrise.

Solo nella capitale vivevano domesticicapaci di fare un lavoro così eccellente: erauno splendore, un vero splendore. Portava unvestito con sottogonne e lunghe maniche dicotone bianche, screziate di viola. Il bustinoindaco aveva un sottile profilo dorato e lamantella che le scendeva sulla spalle eracolor bianco ghiaccio. I capelli erano raccoltiin un nastro fucsia, con qualche boccolosciolto. Ma il sorriso si spense, quandoCelaena ricordò il vero motivo della suapresenza al castello.

Già, la paladina del re. A giudicare dal suoaspetto sembrava più il suo animale dacompagnia…

— Bellissima! — commentò una vocefemminile un po’ attempata. Celaena si girò discatto, insieme ai pesanti lembi di stoffa chela vestivano. Il corsetto, accidenti a lui,stringeva così tanto le costole da toglierle ilrespiro. Ecco perché in genere preferiva

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portare casacca e pantaloni.La donna che aveva parlato era di

corporatura robusta, ma ben sagomata nellagonna color cobalto e pesca tipica dellaservitù reale. Nonostante qualche ruga, leguance e l’incarnato del viso avevano un belcolorito. Si inchinò. — Philippa Spindlehead —disse rialzandosi. — La vostra domesticapersonale. Voi siete…

— Celaena Sardothien — rispose in tonodistaccato.

La donna sgranò gli occhi e mormorò: —Tenetelo per voi, signorina, io sono l’unica asaperlo. Insieme alle guardie, suppongo.

— E cosa pensa, la gente, di tutte leguardie che mi controllano? — domandòCelaena.

Philippa si avvicinò, ignorando lo sguardotorvo di Celaena che si aggiustava le pieghedella gonna, gonfiandole e sistemandole. —Oh, anche gli altri… paladini hanno le loroguardie alla porta. O forse la gente pensa

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semplicemente che siate un’altra amica delprincipe.

— Un’altra?Philippa sorrise, ma tenne gli occhi sul

vestito. — Ha un cuore grande, Sua Altezza.Celaena non ne fu affatto sorpresa. — Un

debole per il gentil sesso, intendi?— Non sta a me parlare di Sua Altezza. E

anche voi dovreste fare attenzione a ciò chedite.

— Io dico quello che mi pare. — Econtrollò l’espressione raggelata delladomestica. Perché assegnarle una donnacosì conciliante per servirla? Avrebbe potutoneutralizzarla in un baleno.

— Vorrà dire che ve ne tornerete inminiera, poverina. — Philippa si mise unamano sul fianco. — Oh, non fate quella facciaimbronciata, quell’espressione vi imbruttisce.— Cercò di pizzicarle la guancia, ma Celaenasi scostò.

— Sei impazzita o cosa? Io sonoun’assassina, non una stupidella di corte

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qualunque!Philippa ridacchiò. — Ma restate pur

sempre una donna, e finché sarete sotto lamia tutela, vi comporterete come tale.Altrimenti, che il cielo mi assista!

Celaena la guardò stupida, poi aggiunsepiano: — Hai un gran bel coraggio! Mi auguroche di solito non ti comporti così, fra lesignore di corte.

— Ci sarà pur stato un motivo se sonostata assegnata al vostro servizio.

— Vi rendete conto delle implicazioni delmio lavoro, vero?

— Con tutto il rispetto, preferisco di granlunga questo genere di eleganza che vederela mia testa rotolare… — Celaena si morse illabbro superiore quando la domestica uscì. —Non fate quell’espressione — aggiunse avoce alta. — Schiaccia quel vostro bel nasino.

Celaena la guardò andare via, a boccaaperta.

Il principe ereditario di Adarlan fissava suo

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padre senza battere ciglio, in attesa cheparlasse. Seduto sul trono di ghiaccio, il re diAdarlan lo guardava a sua volta. A volteDorian si dimenticava quanto poco glisomigliasse. Suo fratello minore aveva presodal padre: corporatura più robusta, viso tondoe sguardo penetrante. Dorian invece era alto,slanciato ed elegante, e non gli somigliava perniente. E poi c’erano i suoi occhi color zaffiro:neanche sua madre aveva quegli occhi,nessuno sapeva da chi li avesse presi.

— È arrivata? — gli domandò il padre. Lasua voce era dura, ricordava uno scontro discudi e frecce sibilanti. Era tutta la gentilezzadi cui era capace, in materia di saluti.

— Non dovrebbe rappresentare alcunaminaccia o problema, finché si trova qui —disse Dorian più calmo che poteva. La catturadi Sardothien era stata un azzardo, unascommessa sulla tolleranza di suo padre.Stava per scoprire se ne era valsa la pena.

— Ragioni come tutti gli idioti che sono

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morti per mano sua. — Dorian s’irrigidìdavanti alle parole del re. — Lei è fedele soloa se stessa e non esiterà a pugnalarti alcuore.

— E per questo sono convinto che nonavrà alcun problema a vincere il torneo. —Suo padre non disse nulla, e Dorian continuò,col cuore che batteva forte. — Ora che cipenso, il torneo potrebbe non esserenecessario.

— Lo dici perché hai paura di perdere. —Se solo avesse saputo che non si eraarrischiato a trovare un paladino soltanto pervincere il torneo, ma anche per andarsene,per stare lontano da lui il più a lungo possibile.

Dorian mantenne i nervi saldi, ricordando leparole su cui aveva riflettuto per l’interoviaggio di ritorno da Endovier. — Vigarantisco che lei sarà all’altezza, non serveaddestrarla. Ve lo ripeto: è assurdo indirequesto torneo.

— Se non freni la lingua, ti offrirò a leicome cavia.

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— Per poi passare il trono a Hollin?— Non sfidarmi, Dorian — lo ammonì il

padre. — Puoi anche illuderti che vinca,quella ragazza, ma dimentichi che il ducaPerrington sta sostenendo Caino. Avrestifatto meglio a scegliere un paladino come lui,che si è fatto le ossa sui campi di battaglia.Un paladino vero.

Dorian affondò le mani in tasca. — Nontrovate che il titolo sia un tantino ridicolo, vistoche i nostri paladini non sono altro checriminali?

Suo padre si alzò dal trono e indicò lamappa appesa alla parete opposta della salaconsiliare. — Sono io il conquistatore diquesto continente, e presto diventerò ilpadrone di tutta l’Erilea. Non contestarmi.

Consapevole di aver rasentato il confine fral’impertinenza e la ribellione, un confine cheera stato sempre molto, molto attento a nonsuperare, Dorian bofonchiò le sue scuse.

— Siamo in guerra con Wendlyn —

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proseguì suo padre. — Sono accerchiato dainemici. A chi dovrei affidarmi, se non aqualcuno che mi è profondamentericonoscente, non solo per la secondapossibilità che gli è stata concessa, ma ancheper la ricchezza e il potere del mio nome? —Il re sorrise davanti al silenzio di Dorian. Ilprincipe cercò di non trasalire, mentre suopadre lo studiava. — Perrington mi ha riferitoche ti sei comportato bene durante il viaggio.

— Con Perrington come cane da guardia,non vedo come avrei potuto fare altrimenti.

— Non voglio ritrovarmi alla porta unacontadina che piange perché le hai spezzato ilcuore… — Dorian arrossì, ma sostenne losguardo paterno. — Ho faticato troppo, etroppo a lungo, per costruire il mio impero.Non lo complicherai con i tuoi eredi illegittimi.Sposati una donna perbene e poi trastullatipure come ti pare, ma solo dopo che mi avraidato uno o due nipoti. Quando sarai re,capirai meglio le conseguenze.

— Quando sarò re, non imporrò il mio

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dominio su Terrasen in nome di vaghi diritti dieredità. — Chaol l’aveva avvertito di badare aciò che diceva quando parlava a suo padre,ma quando gli si rivolse in quel modo, comeun emerito idiota… — Anche se tu gli offrissidi governarsi da sé, quei ribelli pianterebberola tua testa in cima a una picca e lametterebbero in mostra davanti alle Porte diOrinto!

— Magari accanto a quelle di tutti i mieieredi illegittimi, se sarò fortunato.

Il re gli lanciò un sorriso velenoso. — Il miofigliolo dalla lingua lunga… — Si guardaronoin silenzio, poi Dorian disse: — Forsedovreste interpretare la nostra difficoltà asuperare le forze navali di Wendlyn come ilsegno che sarebbe meglio smettere digiocare a fare il dio.

— Giocare? — Il re sorrise, i suoi dentistorti che si tingevano di giallo alla luce delfuoco. — Io non sto giocando e questo ètutt’altro che un gioco. — Dorian si irrigidì. —

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Per quanto attraente, quella ragazza è pursempre una strega. Devi tenere le distanze,hai capito?

— A chi ti riferisci? All’Assassina?— È pericolosa, ragazzo mio, anche se la

stai sostenendo. Lei vuole una sola cosa, unasola, e non credere che non sia disposta ausarti per ottenerla. Se la corteggi, leconseguenze non saranno piacevoli. Né daparte sua, né da parte mia.

— E se decidessi di mettermi dalla suaparte, voi che fareste, padre? Spediresteanche me a lavorare laggiù in miniera?

Suo padre gli si scagliò contro primaancora che Dorian potesse fermarlo. La manodel re aveva già raggiunto la sua guancia e ilprincipe barcollò, ma poi ritrovò l’equilibrio.Sentì il viso pulsare talmente forte chedovette lottare per non far lacrimare gli occhi.— Anche se sei mio figlio, io sono ancora iltuo re. Mi ubbidirai, Dorian Havilliard, o lapagherai. Ne ho abbastanza delle tueproteste — gli ringhiò.

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Sapendo che, se fosse rimasto, lasituazione sarebbe peggiorata, il principeereditario di Adarlan s’inchinò in silenzio e sicongedò dal padre, controllando a malapenalo sguardo di rabbia che aveva negli occhi.

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Celaena percorse il corridoio di marmo con ilvestito che fluttuava dietro di lei comeun’onda bianca e viola. Chaol le camminavaaccanto, la mano stretta sul pomolo a formadi aquila della sua spada.

— C’è qualcosa di interessante in fondo aquesto corridoio?

— Cos’altro vorresti vedere? Abbiamo giàvisitato i tre giardini, i saloni da ballo, le salestoriche e ammirato le vedute migliori dalcastello di pietra. Se ti rifiuti di entrare nelcastello di cristallo, non ci resta altro davedere.

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Celaena incrociò le braccia. Lo avevaconvinto a offrirle una visita guidata con lascusa che si stava annoiando a morte,quando invece aveva sfruttato ogni singoloistante per escogitare una decina di vie difuga dalla sua stanza. Il castello era antico ela maggior parte dei corridoi e delle scale nonportava da nessuna parte. La fuga andavapianificata molto bene. Ma con l’inizio deltorneo, previsto per l’indomani, che altroavrebbe potuto fare? E quale modo miglioreaveva per prepararsi a un potenzialedisastro?

— Non capisco perché ti rifiuti di entrarenella parte di cristallo — proseguì Chaol. —L’interno non è affatto diverso, se nonguardassi fuori dalla finestra, non te neaccorgeresti neanche.

— Solo un idiota entrerebbe in una casa dicristallo.

— È solida quanto la pietra e l’acciaio.— Già, fino a quando non entra qualcuno

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che è un po’ troppo pesante e fa crollaretutto.

— Impossibile.Il solo pensiero di camminare su un

pavimento di cristallo le metteva ansia.— Non c’è un serraglio o una biblioteca da

vedere? — Passarono accanto a una serie diporte chiuse. Udirono un cantoaccompagnato dal dolce suono di un’arpa. —Cosa c’è lì dentro?

— La corte della regina — rispose Chaolprendendola per il braccio e spingendolaavanti.

— La regina Georgina? — Si rendevaconto delle informazioni che le stavaoffrendo? Forse non la considerava perniente una minaccia. Cercò di non dare avedere il proprio fastidio.

— Sì, Georgina Havilliard.— Il principe cadetto è al castello?— Hollin? È a scuola.— Ed è bello come il fratello maggiore? —

domandò Celaena con un sorrisetto mentre

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Chaol si stava innervosendo.Tutti sapevano che il principino di dieci anni

era perfido e viziato fino alla punta dei capelli,e Celaena ricordò lo scandalo scoppiato pochimesi prima della sua cattura. Per un porridgebruciato, Hollin Havilliard aveva frustato unadelle domestiche con una tale violenza che lacosa non aveva potuto essere tenuta sottosilenzio. La famiglia della donna era statarisarcita e il giovane principe era stato speditoin una scuola fra le montagne. Lo sapevanotutti. La regina Georgina non si era fattavedere in pubblico per un mese.

— Crescendo, Hollin sarà all’altezza delsuo lignaggio — bofonchiò Chaol. Celaenaaccelerò il passo lasciandosi la corte allespalle. Dopo qualche minuto di silenzio, si udìnelle vicinanze il rimbombo di un’esplosione,poi un altro ancora.

— Cos’è questo baccano tremendo? —chiese Celaena. Il capitano le fece stradaoltre una serie di porte di cristallo e, quando

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entrarono in un giardino, le indicò un punto.— La torre dell’orologio — disse, gli occhi

color bronzo che brillavano divertiti quandol’orologio finì il suo grido di guerra. Celaenanon aveva mai udito campane del genere.

Dal giardino spuntava una torre di pietranera come l’inchiostro. Due gargoyle con le alispiegate, appollaiati su ciascuna delle quattrofacce dell’orologio, lanciavano un mutoruggito ai passanti. — Che cosa tremenda…— mormorò Celaena. I numeri sembravanosegni di guerra sulla faccia biancadell’orologio, e le lancette spade chesquarciavano la superficie perlacea delquadrante.

— Se fossi un bambino, non mi avvicinerei— ammise Chaol.

— Una cosa del genere la vedrei davantialle Porte di Wyrd, non in un giardino. Quantotempo fa è stata costruita?

— Il re la fece erigere quando nacqueDorian.

— Questo re? — Chaol annuì. — E perché

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costruire un obbrobrio del genere?— Via, andiamo — disse Chaol girandosi e

ignorando la sua domanda.Celaena guardò l’orologio per un altro

secondo. Le grosse dita artigliate del gargoylepuntavano nella sua direzione. Sembròpersino che spalancasse le mascelle.Incamminandosi dietro a Chaol, notò unamattonella sul lastricato. — Cos’è?

Lui si fermò. — Cos’è cosa?Lei gli indicò il segno inciso sull’ardesia, un

cerchio con una linea verticale che tagliava ametà la circonferenza proseguendo oltre. Leestremità della linea erano ricurve, unaall’ingiù e l’altra all’insù. — Questo segno perterra, cos’è?

Il capitano fece qualche passo e si arrestòdavanti a lei. — Non ne ho idea.

Celaena esaminò di nuovo il gargoyle. —Sta indicando proprio lì. Cosa significa quelsimbolo?

— Significa che mi stai facendo perdere

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tempo. Sarà una meridiana decorativa — lerispose lui.

— Ci sono altri segni?— Se tu li cercassi, sono sicuro che li

troveresti. — Celaena si lasciò portare via dalgiardino, lontano dall’ombra della torredell’orologio, per rientrare nelle sale di marmodel castello. Per quanto si stesseallontanando e si sforzasse di non pensarci,non riusciva a scuotersi di dosso lasensazione di quegli occhi sporgenti che lafissavano.

Proseguirono oltre le cucine, fra grida,nuvole di farina e fuochi accesi, poiimboccarono un lungo corridoio vuoto doverisuonava solo l’eco dei loro passi. Celaena sifermò all’improvviso. — E questo cos’è? —Sgranando gli occhi indicò gli spessi portali inlegno di quercia e i draghi che spuntavano ailati della parete in pietra. Erano draghi aquattro zampe, non feroci bipedi come quellidel sigillo reale.

— La biblioteca. — Queste due parole

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ebbero l’effetto di una folgorazione.— La… — Guardò le due maniglie di ferro

a forma di artiglio. — Possiamo entrare?Il capitano della guardia aprì le porte con

riluttanza, i forti muscoli dorsali si tendevanomentre spingeva con tutte le sue forze illegno di quercia consumato dal tempo.Arrivando dal corridoio illuminato dal sole,l’interno che si trovarono davanti sembravabuio pesto, ma appena entrò Celaena vide icandelabri, i pavimenti di marmo bianco enero, i grandi tavoli di mogano con le sedie divelluto rosso, un fuoco assopito, balconate,passerelle, scale, ringhiere e libri, libriovunque.

Era entrata in una città fatta interamente dicarta e cuoio. Si portò una mano sul cuore. Aldiavolo le vie di fuga! — Non ho mai visto…quanti volumi ci sono, qui?

Chaol alzò le spalle come se non sapesseil numero preciso. — L’ultima volta chequalcuno si è preso la briga di contarli, erano

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un milione. Ma è stato due secoli fa. Ioazzarderei anche di più, specialmente se èvera la leggenda secondo cui ci sarebbe unaseconda biblioteca più sotto, nelle galleriesotterranee.

— Più di un milione? Un milione di libri? —Il suo cuore esultava e le scappò un sorriso.— Morirei anche solo per leggerne la metà!

— Ti piace leggere?Lo guardò stupita. — Perché, a voi no? —

Senza aspettare la risposta, si addentrò nellabiblioteca, con lo strascico della gonna aspazzare il pavimento. Si avvicinò a unoscaffale e cominciò a scorrere i titoli. Non neconosceva nessuno.

Raggiante, si girò e perlustrò l’intera sala,facendo scorrere la mano su quei tomipolverosi. — Non sapevo che gli assassiniamassero la lettura — disse Chaol. Se fossemorta in quel momento, sarebbe stata inestasi. — Hai detto che vieni da Terrasen. Haimai visitato la Grande biblioteca di Orinto?Dicono che sia il doppio di questa e che un

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tempo custodisse il sapere del mondo intero.Celaena distolse l’attenzione dalla pila di

libri che stava esaminando. — Sì, quando eromolto piccola, però non mi permettevano diesplorarla, i saggi avevano paura chesciupassi qualche prezioso manoscritto. —Da allora non ci era mai più tornata e sichiedeva quante di quelle opere inestimabilifossero state distrutte per ordine del re diAdarlan, quando aveva bandito la magia. Daltono triste con cui Chaol aveva detto untempo, dedusse che buona parte di quelpatrimonio fosse andato perduto. Anche seuna parte di lei nutriva ancora la speranzache quei saggi avessero trafugato molti diquei preziosi volumi per metterli in salvo eche, quando il re di Adarlan aveva invaso ilregno e la famiglia reale era stata trucidata,avessero avuto l’accortezza di preservareduemila anni di idee e di conoscenze.

Sentì aprirsi un vuoto sordo nel suo cuore.Per cambiare argomento, chiese: — Perché

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non c’è nessuno dei tuoi compari, qui?— Le guardie non servono, in una

biblioteca. — Oh, come si sbagliava! Lebiblioteche traboccavano di idee, forse piùpotenti e pericolose di qualsiasi arma.

Celaena precisò: — Mi riferivo ai tuoi nobiliamici.

Lui si appoggiò a un tavolo, la manosempre sulla spada. Almeno lui si ricordavache erano soli nella biblioteca. — Temo che lalettura sia un po’ fuori moda.

— Bene, vuol dire che io avrò più libri daleggere.

— Leggere? Questi appartengono al re.— È o non è una biblioteca?— È proprietà del re e tu non hai sangue

blu. Devi avere il suo permesso o quello delprincipe.

— Dubito fortemente che uno dei duepossa notare la mancanza di qualche libro.

Chaol sospirò. — È tardi. Ho fame.— E allora? — domandò lei. Chaol grugnì

e la trascinò fuori dalla biblioteca.

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Dopo una cena solitaria durante la qualepassò in rassegna tutti i suoi piani di fuga e ipossibili modi di fabbricarsi altre armi,Celaena prese a camminare su e giù per lastanza. Dov’erano gli altri contendenti?Avevano accesso ai libri, se lo volevano?

Celaena sprofondò in una poltrona. Erastanca e il sole era appena tramontato.Anziché leggere, forse poteva suonare ilpianoforte, ma… be’, era da un po’ che… Enon era affatto sicura di poter sopportare isuoni goffi e incerti che avrebbe prodotto.Sfiorò con le dita la seta fucsia del vestito.Tutti quei libri e nessuno che li leggesse.

Le balenò un’idea e balzò in piedi, per poisedersi al tavolino e afferrare unapergamena. Se il capitano Westfall insistevasul protocollo, allora l’avrebbe accontentato.Intinse la penna di cristallo in una boccetta diinchiostro, pronta a scrivere.

Che strana sensazione tenere una pennain mano! Provò a tracciare le lettere in aria.

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Non poteva essersi dimenticata anche lascrittura. Le dita si muovevano impacciatequando la penna toccò il foglio, ma vergò concura il proprio nome, e poi l’alfabeto, tre volte.Le lettere non erano regolari, ma potevafarcela. Prese un altro foglio di carta ecominciò a scrivere.

Vostra Altezza,ho saputo che la Vostra non è una biblioteca, bensìuna collezione personale di cui solo Voi e il Vostrostimato Padre potete godere. Poiché molti di queinumerosissimi volumi sembrano essere inutilizzati,vorrei chiederVi il permesso di prenderne alcuni inprestito, affinché possano ricevere l’attenzione chemeritano. Non godendo io di compagnia ointrattenimento, questo atto di gentilezza è il minimoche qualcuno della Vostra importanza possa degnarsidi concedere a una povera, umile ragazza sciaguratacome me.

I miei ossequi,Celaena Sardothien

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Celaena sorrise soddisfatta al biglietto e loconsegnò alla domestica più carina che riuscìa trovare, ordinandole di consegnarlo subitoal principe. Quando la donna tornò un’ora emezza dopo, con una montagna di libri fra lebraccia, Celaena sfilò il biglietto checampeggiava sulla pila di cuoio e rise.

Mia fida Assassina,ecco sette libri della mia biblioteca personale che holetto di recente e che mi sono piaciuti moltissimo.Naturalmente sei libera di leggere quanti volumidesideri della biblioteca del castello, tuttavia ti consigliodi cominciare da questi, così potremo parlarne insieme.Ti assicuro che sono tutt’altro che noiosi, perché io nonsopporto le pagine piene di sciocchezze e paroloni,benché forse tu gradisca quel genere di libri e gli autoriche hanno un’alta considerazione di sé.

Tuo affezionato,Dorian Havilliard

Celaena rise di nuovo e prese i libri dalle

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braccia della donna, ringraziandola per lacortesia. Andò in camera sua, chiuse la portacon un calcio all’indietro e si buttò sul letto,sparpagliando i volumi sul copriletto rosso.Non riconobbe nessun titolo, ma c’era unautore che le era familiare. Dopo aver scelto illibro che le sembrava più interessante, sisdraiò e cominciò a leggere.

Si svegliò il mattino seguente, al suonoorrendo della torre dell’orologio. Ancorasemiaddormentata, contò i rintocchi.Mezzogiorno. Si mise seduta. Dov’era Chaol?E, soprattutto, che ne era stato del torneo?Non doveva cominciare oggi?

Balzò giù dal letto e perlustrò rapidamentele stanze, aspettandosi di trovarlo seduto inpoltrona con la mano pronta sulla spada. Malui non c’era. Diede un’occhiata in corridoio,ma le quattro guardie si limitarono aimbracciare le armi. Appena si sporse dalbalcone, sentì le cinque guardie checaricavano le balestre e si mise a

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contemplare la giornata autunnale con lemani sui fianchi.

Gli alberi del giardino si erano tinti di oro emarrone, metà delle foglie erano già morte ecadute; eppure la giornata era così tiepida dasembrare estiva. Celaena si sedette sullaringhiera e salutò le guardie che tenevano lebalestre puntate verso di lei. Oltre Rifthold, inlontananza, riusciva a scorgere le vele dellebarche, i carri e il viavai della gente in strada.I tetti verdi della città splendevano al solecome smeraldi.

Guardò di nuovo le guardie appostate sottoil balcone e loro guardarono lei, e quandoabbassarono piano le balestre, Celaenasogghignò fra sé. Sarebbe bastato qualcunodi quei grossi tomi per metterli fuori uso…

Si udì un suono nel giardino e alcuneguardie si girarono verso la fonte di quelrumore. Da una siepe vicina spuntarono tredonne intente a chiacchierare.

I discorsi che Celaena aveva origliato ilgiorno prima erano stati di una noia mortale,

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così non si aspettava granché quando ledonne si avvicinarono. Indossavano beivestiti, e quello della donna in mezzo, con icapelli corvini, era il più bello di tutti. La gonnarossa era ampia come una tenda e il suocorpetto così stretto che Celaena si domandòche vitino di vespa potesse avere. Le altredue donne erano bionde, vestite di celestepallido, e le gonne in tinta suggerivano chefossero dame di compagnia. Celaena arretròdal parapetto quando il trio si fermò allafontana lì vicino.

Anche dalla sua postazione riusciva avedere la donna in rosso che con la mano sispazzolava la gonna. — Avrei dovuto mettereil vestito bianco — disse così forte che tuttaRifthold avrebbe potuto sentirla. — A Dorianpiace il bianco. — Si aggiustò una piega dellagonna. — Scommetto che si vestiranno tuttedi bianco.

— Desidera andare a cambiarsi, milady?— le domandò una delle due bionde.

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— No, questo vestito va bene. Vecchio econsunto com’è… — replicò la donna.

— Ma… — disse l’altra bionda,interrompendosi quando vide che milady siguardava intorno. Celaena si avvicinò dinuovo al parapetto del balcone e sbirciò. Quelvestito non sembrava affatto vecchio.

— Non ci vorrà molto, prima che Dorian miconvochi per un convegno privato. — A quelpunto Celaena si sporse dal balcone. I soldatiguardarono le tre ragazze, assorbiti datutt’altri interessi. — Ma mi preoccupa che ilseguito del duca Perrington possa interferire.Comunque adoro quell’uomo, da quando miha invitato a Rifthold. Mia madre si rivolterànella tomba! — Fece una pausa e poiaggiunse: — Chissà chi è.

— Intendete vostra madre, milady?— No, la ragazza che il principe ha portato

a Rifthold. Ho sentito che ha battuto l’interaErilea per trovarla e che lei ha attraversato lacittà sul cavallo del capitano della guardia

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reale. Non ho saputo altro sul suo conto. Nonconosco neppure il suo nome. — Le duedonne restarono indietro a scambiarsiocchiate di esasperazione, da cui l’Assassinadedusse che quella conversazione si era giàsvolta tante volte, prima di quel momento. —Ma non devo preoccuparmi. La sgualdrina delprincipe non troverà una buona accoglienza.— commentò la donna.

La che?Le dame di compagnia si fermarono sotto il

balcone facendo gli occhi dolci alle guardie. —Ho bisogno della mia pipa! — mormorò ladonna, sfregandosi le tempie. — Sento chesta per venirmi il mal di testa. — Celaena laosservò sbalordita. — In ogni caso —proseguì — dovrò guardarmi alle spalle,potrei persino…

Stoc!Le donne gridarono, le guardie si girarono

di scatto con le balestre puntate e Celaenaguardò in alto, indietreggiando dal parapettoper eclissarsi dietro la soglia del balcone. Il

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vaso di fiori l’aveva mancata. Per questavolta.

Le imprecazioni della donna furono cosìcolorite che Celaena dovette tapparsi labocca per non ridere. Le dame di compagniacercavano di consolarla, pulendole il fangodalla gonna e dalle scarpe di camoscio. —State zitte! — sibilò lei. — Le guardie,compitamente, non fecero trasparire il lorodivertimento. — Zitte, e andiamocene!

Le donne si allontanarono in fretta, mentrela sgualdrina del principe si ritirò nelle suestanze e chiamò la servitù per farsi vestirecon l’abito più bello che potessero trovare.

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Celaena si rimirò sorridente in uno specchiocon la cornice di palissandro.

Si passò una mano lungo la gonna.Dall’ampia scollatura si apriva una spuma dipizzo bianco che interrompeva il mare di setaverde del vestito. Una fusciacca rossa lefasciava la vita, separando il corpetto daltripudio di sottane. Su tutto il vestito eranoricamati motivi arabescati di perle verdechiaro, con cuciture beige lungo il costato.All’interno del corpetto, Celaena avevanascosto lo stiletto improvvisato con ifermagli, anche se le punzecchiava il petto.

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Con le mani si toccò i capelli ricci e acconciati.Non sapeva bene cosa fare, ora che era

vestita di tutto punto, soprattutto se dovevacambiarsi prima dell’inizio del torneo,tuttavia…

Si sentì un fruscio all’entrata e, quandoCelaena alzò gli occhi, vide riflessa nellospecchio l’immagine di Philippa. Per quanto sisforzasse di non pavoneggiarsi, l’Assassinafallì miseramente. — È un tale peccato chesiate quella che siete! — esordì Philippafacendo ruotare Celaena in modo che laguardasse in faccia. — Non mi sorprendereise riusciste a irretire qualche lord e indurlo asposarvi. Magari anche Sua Altezza, sesapeste usare il vostro fascino… — Lesistemò le pieghe verdi del vestito es’inginocchiò per spazzolarle le scarpine colorrubino.

— Be’, a quanto pare è già corsa voce inproposito. Ho sentito una ragazza dire che ilprincipe ereditario mi ha portata qui persedurmi. Credevo che tutta la corte sapesse

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di questo stupido torneo.Philippa si alzò. — Qualunque cosa dicano

quelle voci, sarà tutto dimenticato nel giro diuna settimana, basta solo aspettare. Lasciateche il principe trovi una donna nuova che glipiace e voi sparirete dai pettegolezzi di corte.— Celaena si raddrizzò quando Philippa lesistemò un boccolo ribelle. — Oh, senzaoffesa, piccola. Il principe ereditario sicirconda sempre di belle donne, quindidovresti sentirti lusingata di avere unabellezza tale da essere scambiata per unasua amante.

— Preferirei che non mi vedessero così.— Sempre meglio che un’assassina!Celaena guardò Philippa e scoppiò a

ridere.Philippa scosse la testa. — Siete molto più

carina quando sorridete. Più ragazzina, direi.Molto meglio di quel broncio che avetesempre.

— Già, probabilmente hai ragione —

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ammise Celaena, e si sedette sull’ottomanacolor malva.

— Ah! — esclamò Philippa e Celaena sialzò preoccupata. — Così sciuperete ilvestito.

— Ma queste scarpe mi fanno male! — silamentò. — Non vorrai farmi stare in pieditutto il giorno? Anche quando mangio?

— Solo fino a quando qualcuno non mi diràquanto siete carina così.

— Nessuno sa che sei al mio servizio.— Ma sanno che sono stata assegnata

all’amante che il principe si è portato aRifthold.

Celaena si morse il labbro. Era davvero unbene che nessuno conoscesse la sua veraidentità? Cosa avrebbero pensato i suoiavversari? Forse casacca e pantalonisarebbero stati più adatti.

Celaena fece per spostare un boccolo chele solleticava la guancia, ma Philippa le scostòla mano dicendo: — Ti rovinerail’acconciatura!

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Si spalancarono le porte e giunse il suonodi un passo familiare, secco e deciso. Leiguardò nello specchio e vide apparire Chaol,ansimante. Philippa fece la riverenza.

— Tu — esordì, ma si interruppe quandoCelaena si girò a guardarlo. Chaol assunseun’aria perplessa mentre la studiava da capoa piedi. Alzò la testa e aprì la bocca come perdire qualcosa, ma alla fine scosse il capo e laguardò storto. — Di sopra. Subito!

Lei fece una riverenza e con lo sguardobasso domandò: — Dove siamo diretti, se èlecito?

— Oh, niente smancerie con me! — Laprese per il braccio e la portò via.

— Capitano Westfall! — lo riprese Philippa.— Si sciuperà il vestito. Lasciate almeno chesollevi la gonna.

In effetti Celaena inciampava nel vestito ele scarpe le stringevano i talloni, ma lui nonvolle saperne e continuò a trascinarla lungo ilcorridoio. Celaena si rivolse alle guardie con

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un sorriso, che poi diventò un ghigno quandovide che non era ricambiato. Il capitanostrinse la presa sino a farle male. — Sbrigati,non possiamo fare tardi — spiegò Chaol.

— Se mi aveste dato un po’ di preavviso,mi sarei vestita prima e non avreste dovutotrascinarmi via così! — Era dura respirarecon quel corsetto che strizzava le costole.Mentre salivano di corsa un lungo scalone, leisi portò una mano ai capelli per assicurarsiche non fossero scompigliati.

— Avevo la testa altrove. È una fortunache tu fossi vestita, anche se avrei preferitoche indossassi qualcosa di… meno frivolo,per vedere il re.

— Il re? — Per fortuna non aveva ancoramangiato.

— Sì, il re. Pensavi che non l’avrestiincontrato? Il principe ti aveva detto che iltorneo sarebbe cominciato oggi e questoincontro segnerà l’inizio ufficiale. Il lavoro verocomincia domani.

Celaena si sentì le braccia pesanti e

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dimenticò i piedi indolenziti e le costolestrizzate. Nel giardino, la strana ed eccentricatorre dell’orologio batté l’ora. Arrivati in cimaallo scalone corsero per un lungo corridoio.Celaena era senza fiato.

Sentendo salire la nausea, guardò fuori.Sotto, la terra era molto lontana; molto, moltolontana. Erano nel settore di cristallo. Nonvoleva trovarsi lì. Non sopportava di esserenel castello di cristallo. — Perché non me loavete detto prima?

— Perché lui ha deciso di vederti adesso.All’inizio aveva detto questa sera. Speriamoche gli altri paladini siano in ritardo più di noi!

Celaena si sentì mancare. Il re.— Quando entri — le spiegò, continuando

a camminare — fermati dove mi fermo io. Faiun inchino profondo. Quando ti rialzi, tieni latesta alta e stai diritta. Non guardare il renegli occhi, non rispondere mai senza direprima “Vostra Maestà”, e non ribattere mai,per nessun motivo. Se non gli vai a genio, ti

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farà impiccare.Le prese una tremenda fitta alla tempia

sinistra. Era tutto così vertiginoso e fragile.Erano così in alto, così pericolosamente inalto… Chaol si fermò prima di svoltare a unangolo. — Sei pallida.

Celaena faceva fatica a mettere a fuoco ilvolto di Chaol mentre inspirava ed espirava afondo. Odiava i corsetti. Odiava il re. Odiava icastelli di cristallo.

I giorni seguenti alla sua cattura e allasentenza erano stati come una febbredelirante, ma ricordava alla perfezione ilprocesso, le pareti di legno scuro, la sedialevigata, le ferite che le facevano ancora malee il terribile silenzio che l’aveva investita nelcorpo e nello spirito. Aveva guardato il re, unavolta sola, ma era bastato per pentirsi diaverlo fatto, per augurarsi qualsiasi condannapur di restargli lontano, persino una morterapida.

— Celaena… — L’Assassina aveva gliocchi sbarrati e le guance roventi. I tratti di

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Chaol si ammorbidirono. — È soltanto unuomo, ma un uomo che dovrai trattare con ilrispetto che si deve al suo rango — ecominciò a camminare più piano accanto alei. — Questo incontro serve solo a ricordartichi sei e cosa devi fare e qual è la posta ingioco in caso di vittoria. Non sei sottoprocesso. Non verrai messa alla prova oggi.— Imboccarono un lungo corridoio e, infondo, Celaena vide quattro guardie chepresidiavano le grandi porte di cristallo. —Celaena. — Chaol si fermò a pochi passi dalleguardie. Aveva gli occhi intensi, di un marronecaldo.

— Sì? — Il battito del cuore tornò regolare.— Sei molto bella oggi — fu tutto quello

che riuscì a dirle prima che le porte siaprissero. Celaena entrò a testa alta nellasala gremita.

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La prima cosa che vide fu il pavimento: ilmarmo rosso con le venature biancheilluminate dalla luce del sole, un bagliore chesi attenuò quando le porte di cristallo opaco sirichiusero. C’erano fiaccole e lampadariovunque. Celaena lasciò correre lo sguardoda un lato all’altro della sala gremita. Nonc’erano finestre, ma una parete di cristalloaffacciata sul cielo aperto. Nessuna via difuga, tranne la porta alle sue spalle.

Alla sua sinistra vide un camino cheoccupava quasi un’intera parete e quandoChaol la spinse nella sala, cercò di non

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guardare in quella direzione: era mostruoso,aveva la forma di fauci spalancate con tantodi zanne, lingue di fuoco ardevano all’interno.La fiamma, di un colore verdastro, la fecerabbrividire.

Il capitano si fermò nello spazio davanti altrono e Celaena lo imitò. Sembrava cheWestfall non trovasse nulla di strano inquell’ambiente sinistro, o forse sapeva fingerebene. Lei si guardò intorno, vide le personeche riempivano la sala. Sapendo di averetanti occhi puntati addosso, Celaena si piegòin un inchino, tra un fruscio di stoffe.

Quando Chaol le appoggiò una mano sullaschiena per farla rialzare, sentì le gambedeboli. Il capitano la condusse al centro dellasala e si sistemarono accanto a DorianHavilliard. Senza la sporcizia e la fatica di tresettimane di viaggio, il principe aveva unaspetto ben diverso. Indossava una giaccarossa e oro, i capelli neri erano lucidi e benpettinati. Nel vedere Celaena in tutto il suosplendore, Dorian tradì un’espressione di

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sorpresa che virò subito in una smorfia biecaquando si girò verso suo padre. Lei avrebbericambiato quello sguardo, se non fosse statatroppo occupata a tenere a bada il tremorealle mani.

Finalmente il re parlò. — Ora che vi sietepresi il disturbo di raggiungerci, direi chepossiamo cominciare.

Era una voce che Celaena conosceva già,cupa e roca. Le faceva scricchiolare le ossa ela raggelava come il freddo intenso di unlunghissimo inverno. Non ebbe il coraggio dialzare gli occhi oltre il petto. Era grosso, nondel tutto muscoloso, e appariva un po’strizzato nella sua casacca rossa e nera.Sulle spalle portava una cappa di pellicciabianca e al suo fianco teneva la spada:sull’impugnatura scorse un drago alato a duezampe, con le fauci aperte e urlanti. Chi si eratrovato davanti a quella grande lama, non erasopravvissuto. Lei la conosceva, quellaspada.

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Si chiamava Nothung.— Siete stati richiamati da tutta l’Erilea per

servire il vostro paese.Era facile intuire le origini dei suoi

avversari. Vecchi e rugosi, erano nobiluominiben vestiti e armati di spade decorate. Dietrociascuno di loro si stagliava un altro uomo: chialto e smilzo, chi tarchiato, chi nella media,ognuno circondato da almeno tre guardie inallerta.

Fra lei e la libertà c’erano ventitré uomini.La maggior parte erano così massicci eimponenti da suscitare autentico stupore, maquando esaminò le loro facce, perlopiùsegnate da cicatrici, butterate osemplicemente ripugnanti, non scorseintelligenza negli occhi, né un barlume diastuzia. Erano stati scelti per i loro muscoli,non certo per il cervello. Tre di loro eranoincatenati. Erano davvero così pericolosi?

Qualcuno incrociò il suo sguardo e leiricambiò, chiedendosi cosa pensassero di lei,

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se la considerassero una rivale o unasemplice dama di corte. La maggior parte leaveva messo gli occhi addosso. Lei strinse identi, quel vestito era stato un errore. PerchéChaol non l’aveva informata prima diquell’udienza?

Un giovanotto dai capelli neri la fissava, elei s’impose di mantenere un’espressioneindifferente mentre quegli occhi grigi lastudiavano. Era alto e magro, ma nonsmunto, e inclinò la testa verso di lei. Celaenalo esaminò ancora, osservò il suo modo dibilanciare il peso a sinistra e studiò ciò chestimolava la sua attenzione quando studiavagli altri avversari.

Uno di loro, un gigante vicino al ducaPerrington, era un concentrato di muscoli eacciaio e faceva di tutto per mostrarlo, con lasua armatura senza maniche. Braccia delgenere avrebbero potuto fracassare il craniodi un cavallo. Non che fosse brutto, alcontrario, il suo viso abbronzato era alquantogradevole, ma c’era qualcosa di malvagio nel

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suo aspetto, in quegli occhi di ossidiana.L’uomo sfoderò grandi denti bianchi.

Il re parlò. — Ciascuno di voi staconcorrendo per diventare mio paladino, ilmio braccio destro armato in questo mondobrulicante di nemici.

Celaena avvertì un fremito di vergogna.Paladino era solo un modo come un altro perdire assassino. Avrebbe davvero avuto ilfegato di lavorare per lui? Deglutì. Dovevafarlo. Non aveva altra scelta.

— Nelle prossime tredici settimaneciascuno di voi vivrà e gareggerà nella miaresidenza. Seguirete un addestramentoquotidiano e verrete messi alla prova unavolta a settimana e, ogni volta, uno di voiverrà eliminato. — Celaena fece i suoi calcoli:erano in ventiquattro e c’erano solo ventitrésettimane. Quasi avesse intuito il suointerrogativo, il re continuò: — Le prove nonsaranno facili, e nemmeno il vostroaddestramento. Qualcuno potrebbe morire.

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Aggiungeremo altre prove eliminatorie, se loriterremo opportuno. E se non starete alpasso, se fallirete, se mi deluderete, verreterispediti nel buco nero da dove siete venuti.La settimana dopo il solstizio d’inverno —continuò il re — i quattro paladini rimasti inlizza si affronteranno a duello per aggiudicarsiil titolo. Fino a quel momento, la corte crederàche sia stato indetto una specie di torneo fra imiei amici e i miei consiglieri più cari — e feceun ampio gesto con la mano per abbracciarel’intera sala. — Quindi voi terrete la faccendasegreta. Un passo falso e vi farò impalare alcancello d’ingresso.

Senza volerlo, lo sguardo di Celaena siposò sul viso del re e si accorse che i suoiocchi scuri la stavano guardando. Il resorrideva compiaciuto. Celaena si sentì ilcuore sottosopra, costretto nelle sbarre diquella specie di gabbia che le stringeva lecostole.

Assassino.Avrebbe dovuto pendere dalla forca. Aveva

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ammazzato molta più gente di lei, gente chenon se lo meritava, gente indifesa. Avevadistrutto intere culture, saperi inestimabili,aveva fatto tabula rasa di ciò che un tempoera stato radioso e buono. Il suo popoloavrebbe dovuto rivoltarsi. L’Erilea interaavrebbe dovuto rivoltarsi, come avevanoosato fare quei pochi ribelli. Celaena lottò persostenerne lo sguardo, non poteva ritrarsi.

— È chiaro? — chiese il re continuando afissarla.

Celaena annuì, sentendo la testa pesante.Aveva tempo solo fino al solstizio d’invernoper batterli tutti. Una prova alla settimana,forse di più.

— Parlate! — gridò il re alla sala, eCelaena cercò di non trasalire. — Non misiete grati per questa opportunità? Non voletedimostrarmi gratitudine e dedizione?

Lei chinò il capo e si fissò i piedi. — Viringrazio, Vostra Maestà. Vi sono moltoriconoscente — mormorò, col suono delle sue

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parole che si mescolava a quello degli altripaladini.

Il re poggiò la mano sull’elsa di Nothung. —Saranno tredici settimane interessanti. —Celaena sentiva ancora addosso il suosguardo e serrò i denti. — Dimostratevi degnidella mia fiducia, diventate miei paladini, egloria e ricchezza saranno eternamentevostri.

Appena tredici settimane per guadagnarsila libertà.

— La settimana prossima devo partire perquestioni personali, sarò di ritorno solo dopo ilsolstizio d’inverno. Ma non crediate che nonpossa ordinare la vostra esecuzione, sedovesse giungermi voce di qualsiasi problemao incidente… — I paladini annuirono di nuovo.

— Se abbiamo finito, temo che dovròaccomiatarmi — interruppe Dorian e Celaena,che gli era accanto, trasalì al suono della suavoce e all’impertinenza con cui avevainterrotto il padre. Dorian s’inchinò al re e feceun cenno con la testa ai consiglieri ammutoliti.

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Il re congedò il figlio senza neppureguardarlo. Dorian fece l’occhiolino a Chaolprima di lasciare la sala.

— Se non ci sono domande — disse il re aipaladini e ai loro padrini, anche se dal tono sicapiva benissimo che chi si fosse permessodi fare domande sarebbe finito al patibolo —potete andare. Non dimenticate che siete quiper rendermi onore, e per rendere onore almio impero. Andate.

Celaena e Chaol non si dissero una parolamentre percorrevano il corridoio,allontanandosi velocemente dal gruppo deiconcorrenti e dei loro padrini, che si eranoattardati a parlare e a studiarsi a vicenda.Man mano che si allontanava con il capitanodal gelo del re, l’atmosfera cominciò aintiepidirsi. Solo quando svoltarono l’angolo,Chaol tirò un gran sospiro e le tolse la manodalla schiena.

— Bene, sei riuscita a mantenere la boccachiusa, per una volta — disse Chaol.

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— Ma com’era convincente quandoannuiva e s’inchinava! — commentò una voceallegra. Era Dorian, appoggiato a una parete.

— Che ci fai qui? — gli domandò Chaol.Dorian si raddrizzò all’istante. — Be’, ti

aspettavo, naturalmente.— Ceneremo insieme stasera — lo informò

Chaol.— Mi riferivo al mio paladino — disse

Dorian con uno sguardo ammiccante.Ricordando come aveva sorriso alla dama dicompagnia, il giorno del loro arrivo, Celaenaguardò dritto davanti a sé. Il principeereditario si affiancò a Chaol e ripresero acamminare. — Mi scuso per la scortesia dimio padre. — Celaena continuò a guardarelungo il corridoio, dove la servitù si inchinavaal passaggio di Dorian. Lui li ignorò.

— Per Wyrd! — esclamò Dorian ridendo.— Ti ha già addestrata per bene! — e diede aChaol una leggera gomitata. — Da come mistate bellamente ignorando, vi si potrebbe

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scambiare per fratello e sorella! Anche se ineffetti non vi assomigliate granché: sarebbedifficile credere che una creatura tantograziosa sia tua sorella!

Celaena non riuscì a trattenere l’accennodi un sorriso. Sia lei che il principe eranocresciuti con padri severi, inflessibili – be’, nelsuo caso si era trattato di una figura paterna.Ma almeno Arobynn aveva avuto dei buonimotivi per dosare equamente pugno di ferro eaffetto. Perché il re di Adarlan aveva lasciatoche suo figlio diventasse tutto tranne che unacopia di se stesso?

— Eccola, una reazione, grazie a Dio! —commentò Dorian. — Sono riuscito adivertirla. — Poi si guardò indietro perassicurarsi che non ci fosse nessuno esottovoce disse: — Non credo che primadell’incontro Chaol ti abbia riferito del nostropiano, un piano rischioso per tutti noi.

— Quale piano? — E passò il dito sulleperline della gonna, guardandole scintillarenella luce del pomeriggio.

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— Riguardo alla tua identità. Dovrestitenerla nascosta. I tuoi avversari potrebberosapere già qualcosa sull’Assassina di Adarlane usarla contro di te.

Giusto, anche se ci avevano messosettimane per metterla al corrente.

— E chi dovrei essere, di grazia, se nonuna spietata assassina?

— Per tutti, qui al castello, ti chiami LillianGordaina. Tua madre è morta e tuo padre èun ricco mercante di Bellhaven. Sei l’unicaerede del suo patrimonio. Però hai unmisterioso segreto: passi le notti a rubaregioielli. Io ti ho conosciuta l’estate scorsaquando hai cercato di rapinarmi mentre ero invilleggiatura a Bellhaven, e in quell’occasioneho intuito il tuo potenziale. Ma tuo padre hascoperto il tuo passatempo notturno e ti haspedito in una cittadina vicino a Endovier perallontanarti dalle tentazioni della grande città.Quando mio padre ha deciso di indire questotorneo, mi sono messo in viaggio per cercarti

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e ti ho portata qui come mia paladina. Puoiabbellire la storia con qualche dettaglio, sevuoi.

Lei lo guardò sbalordita. — Davvero? Unaladra di gioielli?

Chaol sbuffò, ma Dorian proseguì. —Avvincente, non credi? — Quando lei nonrispose, il principe domandò: — La miadimora è di tuo gradimento?

— Davvero molto carina — rispose leisenza alcun entusiasmo.

— Molto carina? Forse dovrei trasferire lamia paladina in appartamenti ancora piùspaziosi.

— Se vi fa piacere.Dorian ridacchiò. — Sono felice di vedere

che il torneo non ha scalfito la tuaimpertinenza. Come ti è parso Caino?

Sapeva a chi si riferiva. — Forse dovrestecominciare a darmi da mangiare quello che glidà Perrington. — Vedendo che Doriancontinuava a fissarla, alzò gli occhi al soffitto.— Gli uomini della sua stazza non sono né

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molto veloci né molto agili. Probabilmentepotrebbe mettermi fuori uso con un pugno,ma prima dovrebbe riuscire a prendermi. —Lanciò una veloce occhiata a Chaol,sfidandolo a mettere in dubbio la suaaffermazione, ma Dorian intervenne ancora.

— Bene. È quello che pensavo. E cosa midici degli altri? Qualche potenziale rivale?Alcuni di loro hanno reputazioni orribili.

— Mi sembrano tutti ridicoli — mentì lei.Il sorriso del principe si allargò. —

Scommetto che non si aspettano di prenderleda una bella donna.

Per lui questo era soltanto un gioco, no?Prima che Celaena potesse chiederglielo,qualcuno gli si parò davanti con unariverenza. — Vostra Altezza! Che sorpresa!— Il tono di voce era squillante, benchémellifluo e misurato. Era la donna delgiardino. Ora indossava un vestito bianco eoro che Celaena le invidiò moltissimo,malgrado tutto. Era davvero troppo bella.

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Celaena avrebbe scommesso tutto ciò cheaveva che l’incontro non era affatto casuale.Magari li stava aspettando da un bel pezzo.

— Lady Kaltain — si limitò a dire Dorian,irrigidendosi.

— Vengo per conto di Sua Maestà laregina — disse la donna, dando le spalle aCelaena. L’Assassina avrebbe potutoprenderlo come un affronto, se fosse stataminimamente interessata alle dame di corte.— Sua Maestà vuole vedere Vostra Altezza.Naturalmente, ho informato Sua Maestà cheVostra Altezza era in riunione e non potevaessere…

— Lady Kaltain — la interruppe Dorian. —Credo che non siate stata presentata ai mieiamici. — Celaena ebbe la netta impressioneche la giovane donna si fosse risentita. — Lepresento lady Lillian Gordaina. Lady Lillian,questa è lady Kaltain.

Celaena fece la riverenza, trattenendosidall’impulso di proseguire dritto. Piuttosto che

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sciropparsi altre idiozie di corte, avrebbepreferito tornare a Endovier. Lady Kaltains’inchinò, le righe dorate del vestito cheluccicavano al sole.

— Lady Lillian viene da Bellhaven, èarrivata proprio ieri.

La donna studiò Celaena da sotto lesopracciglia scure e ben disegnate.

— E quando tempo si tratterrà con noi?— Solo qualche anno — rispose Dorian

con un sospiro.— Solo? Caspita, Vostra Altezza. Voi

scherzate! È un soggiorno piuttosto lungo! —Celaena studiò la vita strettissima di ladyKaltain. Era davvero così minuta? Orespirava a malapena, in quel corsetto?

Captò un’occhiata fra i due uomini, unmisto di esasperazione, fastidio e sussiego.— Lady Lillian e il capitano Westfall sonocarissimi amici — spiegò Dorian con fareteatrale. E, per la gioia di Celaena, Chaolarrossì. — A loro sembrerà breve, mi creda.

— E a voi, Vostra Altezza? — domandò

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civettuola. Dalla sua voce traspariva unacerta tensione.

Un’ondata di malizia si insinuò il lei, maDorian rispose: — Suppongo che sarà difficile— volse i suoi luminosi occhi azzurri suCelaena — tanto per lady Lillian quanto perme. Forse ancora di più.

Lady Kaltain rivolse la sua attenzione aCelaena: — Ma dove avete trovato quelvestito? È magnifico! — disse complimentosa.

— È stato confezionato appositamente perlei — rispose Dorian con disinvoltura,guardandosi le unghie. L’Assassina e ilprincipe si guardarono, gli occhi cerulei cheriflettevano gli stessi pensieri. Almenoavevano un nemico in comune. — Le staproprio d’incanto, non credete?

Lady Kaltain si morse le labbra per unattimo, poi si prodigò in un gran sorriso. —Semplicemente incantevole. Anche se il verdepallido sbiadisce un po’, sulle donne dicarnagione chiara.

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— Il pallore di lady Lillian è motivo diorgoglio per suo padre. La rende speciale. —Dorian guardò Chaol, che non riuscì a celarela sua incredulità. — Non siete d’accordo conme, capitano Westfall?

— D’accordo con cosa? — ribatté lui.— Su quanto sia speciale lady Lillian!— Vostra Altezza, per favore! — lo

rimbrottò Celaena, nascondendo il suo perfidodivertimento dietro una risata. — Io scompaiodavanti ai tratti delicati di lady Kaltain.

Lady Kaltain scosse il capo e commentòguardando Dorian: — Voi siete troppo buona!

Dorian fremeva di impazienza. — Bene, hoindugiato abbastanza, devo vedere miamadre. — Salutò lady Kaltain e poi Chaol conun inchino, e si mise davanti a Celaena, laquale lo guardò stupita quando lui le prese lamano e se la portò alle labbra. La sua boccaera dolce e liscia sulla pelle, e quel bacio lemandò una scarica incandescente lungo ilbraccio, tanto da farla arrossire. Dovette

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combattere per non indietreggiare. Obaciarlo. — Al nostro prossimo incontro, ladyLillian — disse con un sorriso seducente. Lesarebbe piaciuto vedere la faccia dell’altradonna, ma dovette chinarsi per la riverenza.

— Anche noi dobbiamo proseguire — disseChaol quando Dorian se ne andòfischiettando con le mani in tasca. —Possiamo scortarla da qualche parte? —L’offerta non era sincera.

— No — rispose lady Kaltain brusca,abbandonando ogni parvenza di cortesia. —Devo vedermi con Sua Grazia il ducaPerrington. Mi auguro che ci incontreremo piùspesso, lady Lillian — le disse guardandolacon una malizia che avrebbe fatto l’orgoglio diqualsiasi assassino. — Dobbiamo essereamiche, voi e io.

— Ma certamente — rispose Celaena.Lady Kaltain li superò velocemente, con lesottane del vestito che le ondeggiavanotutt’intorno. I due ripresero a camminare,aspettando che i passi della dama si

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allontanassero, prima di parlare. — Ti èpiaciuto, eh? — grugnì Chaol.

— Moltissimo. — Celaena gli diede unbuffetto e poi lo prese sotto braccio. — Oradovete fare finta che vi piaccio, oppuremanderemo tutto all’aria.

— A quanto pare tu e il principe avete lostesso senso dell’umorismo…

— Chissà, magari diventeremo buoniamici, mentre tu resterai a marcire…

— Dorian è incline ad accompagnarsi condonne più belle ed educate di te. — Lei girò latesta per guardarlo, lui sorrise. — Quanto seivanesia!

Celaena lo guardò storto. — Io detesto ledonne come quella! Hanno un bisogno cosìdisperato delle attenzioni degli uomini chesarebbero disposte a danneggiare e a tradirequalsiasi creatura del loro stesso sesso. E noiche diciamo che gli uomini non pensano conla loro testa! Almeno voi siete più diretti.

— Dicono che suo padre sia ricco quanto il

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re — disse Chaol. — Immagino sia perquesto che Perrington ne è così infatuato. Èarrivata su una portantina più grande di tantecasupole di contadini, trasportata fin qui dacasa sua. Saranno almeno duecento miglia.

— Che cosa dissoluta!— Povera la sua servitù!— E povero suo padre! — Scoppiarono a

ridere, e lui spostò il braccio un po’ più in alto.Celaena salutò le guardie fuori dai suoiappartamenti e si fermarono. Guardò Chaol.— Ti va di pranzare? Io sto morendo di fame.

Lui lanciò un’occhiata alle guardie e ilsorriso svanì. — Ho del lavoro da fare. Devoragguagliare il seguito che scorterà il re nelsuo viaggio.

Lei aprì la porta, guardandolo. Le lentigginisul viso di Chaol si allargarono in un altrosorriso.

— Che c’è? — chiese lei. Dalle stanzeproveniva un profumo delizioso e le brontolòlo stomaco.

Chaol scosse la testa. — L’Assassina di

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Adarlan — ridacchiò, cominciando acamminare lungo il corridoio. — Farestimeglio a riposare — le disse andandosene.— Il torneo comincia davvero domani e, seanche sei fantastica come dici, avrai bisognodi dormire il più possibile.

Sebbene avesse alzato gli occhi al cielocontrariata e sbattuto la porta, Celaena sisorprese a canticchiare durante il pranzo.

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Celaena si sentiva come se si fosse appenaaddormentata, quando una mano la pungolòsul fianco. Sobbalzò quando vennero tirate letende per far entrare il sole del mattino.

— Sveglia! — Era Chaol, ovviamente. Leisi rigirò sotto le coperte, tirandole fin sopra latesta, ma lui gliele strappò via, gettandole aterra. Celaena aveva la camicia da notteavvolta intorno alle gambe e tremava.

— Che freddo! — mormorò, con leginocchia strette al corpo. Non le importava diavere pochi mesi per battere gli altri paladini,voleva soltanto dormire. Sarebbe stato bello

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se il principe ereditario l’avesse portata via daEndovier prima, dandole più tempo perrecuperare le forze. In fondo lui sapeva deltorneo già da un bel pezzo, o no?

— Alzati! — la esortò Chaol, strappandole icuscini da sotto la testa. — Adesso mi staifacendo perdere tempo! — Benché l’avessevista seminuda, riuscì a non battere ciglio.

Brontolando, Celaena scivolò al bordo delletto e allungò la mano fino a toccare ilpavimento. — Passami le pantofole, ilpavimento è freddo come il ghiaccio.

Brontolò anche lui, ma Celaena si alzò,ignorandolo. Barcollò trascinandosi fino allasala da pranzo dove l’aspettava una lautacolazione. Chaol le fece cenno di servirsi: —Forza, mangia. Il torneo comincia fra un’ora.

Nervosa o no, si guardò bene dal farglielocapire, tirò un sospiro esasperato e sprofondòa sedere con la grazia di un pachiderma.Celaena esaminò il tavolo: come al solitoniente coltelli. Affondò la forchetta in un pezzodi salsiccia.

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Dalla porta Chaol le chiese: — Perché, seposso chiedertelo, sei così stanca?

Lei ingollò il succo di melograno e si pulì labocca col tovagliolo. — Sono rimasta svegliaa leggere fino alle quattro — gli rispose. —Avevo mandato una lettera al tuo principinochiedendogli il permesso di prendere inprestito i libri, lui mi ha mandato sette volumidella sua biblioteca personale.

Chaol scosse la testa, incredulo. — Nondovresti permetterti di scrivere al principe.

Lei fece un sorrisetto e mangiò un pezzo diprosciutto. — Avrebbe potuto ignorare la mialettera. E comunque, io sono la sua paladina.Non tutti si sentono in diritto di essere cosìsgradevoli come fai tu.

— Tu sei un’assassina.— Se dico che sono una ladra di gioielli, mi

tratterai con più gentilezza? — E fece uncenno con la mano per dire di lasciar stare.— Non devi rispondere. — Mangiò uncucchiaio di porridge e, trovandolo insipido,

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aggiunse altri quattro cucchiai di zucchero aquella poltiglia grigia.

Gli avversari sarebbero stati alla suaaltezza? Prima di iniziare a preoccuparsi,esaminò i vestiti neri di Chaol. — Ma tu non tivesti mai in modo normale?

— Sbrigati — fu tutto quello che le disse. Iltorneo la stava aspettando.

Passata la fame all’istante, Celaenascansò la ciotola di porridge. — Meglio chevada a vestirmi, allora. — Si girò perchiamare Philippa, ma si trattenne. — Chetipo di attività devo aspettarmi, al torneo dioggi? Per vestirmi in modo adeguato, intendo.

— Non lo so, ci diranno i particolari solouna volta arrivati. — Il capitano si alzò e simise a tamburellare sul pomolo della spada,poi chiamò la domestica mentre Celaenaandava in camera da letto. Sentì che Chaolistruiva la servitrice: — Vestitela in camicia epantaloni, abbigliamento comodo, niente difrivolo o appariscente, e datele una mantella.— La ragazza scomparve nella stanza del

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guardaroba. Celaena la seguì, spogliandosisenza tante cerimonie fino a restare inbiancheria intima e gustandosi la faccia diChaol, che era arrossito prima di girarsi.

Pochi minuti dopo, Celaena si precipitòfuriosa nell’atrio dove Chaol la stavaaspettando. — Ho un’aria ridicola! Questipantaloni sono assurdi, e questa camicia èorrenda.

— Smettila di piagnucolare. A nessunoimporta un fico secco dei tuoi vestiti! — Espalancò la porta che dava sul corridoio,allertando le guardie. — Puoi sempretoglierteli, una volta arrivata nella casermad’addestramento. Sono sicuro che sarannotutti elettrizzati vedendoti in mutande. — Leiimprecò sottovoce, si avvolse stretta nellamantella verde e lo seguì.

Il capitano della guardia attraversò di corsail castello, ancora avvolto nel freddo delmattino, e presto raggiunsero la caserma.Una porta aperta rivelò un grande refettorio

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dove molte delle guardie sedevano a farcolazione, alcune con l’armatura e altresenza. Li salutarono. A un certo punto,arrivati al piano terra, Chaol si fermò. Lagigantesca sala rettangolare in cui entraronoera grande come l’imponente sala da ballo.Fiancheggiata da colonne che sostenevanouna balconata, aveva il pavimento a scacchibianchi e neri, le porte a vetri, cheoccupavano un’intera parete, erano aperte, letende di garza mosse dalla gelida brezzaproveniente dal giardino. Quasi tutti gli altriventitré paladini erano sparsi per la sala,intenti a esercitarsi con quelli cheevidentemente erano i loro allenatori. Leguardie tenevano tutti sotto strettasorveglianza. Nessuno fece caso a lei, tranneil bel giovane dagli occhi grigi che le rivolse unmezzo sorriso, per poi rimettersi a tirarefrecce a un bersaglio con una mirainquietante. Celaena alzò la testa e studiò learmi a disposizione. — Pretendete che usiuna mazza a quest’ora del mattino?

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Alle loro spalle comparvero sei guardieche, spada alla mano, andarono adaggiungersi alle decine già presenti nella sala.— Se provi a fare qualche sciocchezza, cisono loro — le disse Chaol piano.

— Sono solo una ladra di gioielli, ricordi?— Si avvicinò alla rastrelliera delle armi.Come potevano essere così stupidi dalasciarle incustodite? Spade, rompispade,mannaie, archi, picconi, pugnali da caccia,mazze, alabarde, coltelli da lancio, bastoni dilegno… Anche se di norma preferiva ladiscrezione del pugnale, le sapeva comunquemaneggiare tutte. Diede un’ampia occhiataalla palestra degli allenamenti e dovettetrattenere una smorfia. Anche gli altriavversari mostravano di avere dimestichezzacon ogni genere di arma. Mentre li studiava,con la coda dell’occhio intravide unmovimento.

Era entrato Caino, scortato da due guardiee da un uomo tarchiato e sfregiato: doveva

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essere il suo allenatore. Celaena drizzò lespalle mentre Caino puntava dritto verso dilei, le labbra grosse e carnose si aprirono inun ghigno.

— Buongiorno — le disse con voce aspra eprofonda. Gli occhi scuri passarono inrassegna il suo corpo, poi tornarono al viso.— Credevo che a quest’ora te ne fossi giàtornata a casa di corsa.

Lei ricambiò con un sorriso a denti stretti.— Il bello deve ancora cominciare, non credi?— Caino ricambiò il sorriso e se ne andòrisentito.

Sarebbe stato così facile, così facile, farlogirare, prenderlo per il collo e sbattergli ilmuso a terra. Non si rese nemmeno contoche stava tremando di rabbia, quando Chaolentrò nel suo campo visivo. — Risparmia leforze per il torneo — le consigliò con vocebassa ma ferma.

— Non ho intenzione di ucciderlo —sussurrò Celaena.

— Certo che no. Se vuoi farlo stare zitto,

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allora colpiscilo. È solo un bruto dell’esercitodel re, non sprecare le tue forze a odiarlo.

Lei alzò gli occhi e disse: — Ti sonoimmensamente grata per il tuointeressamento.

— Non hai certo bisogno del mio aiuto.— Però sarebbe carino da parte tua.— Puoi cavartela da sola. — E con la

spada indicò la rastrelliera con le armi. —Prendine una. — Nei suoi occhi brillavaun’aria di sfida, mentre Celaena si slacciavala mantella e se la gettava dietro le spalle. —Vediamo se sei davvero all’altezza della tuaarroganza.

Avrebbe messo a tacere quel Caino in unatomba senza lapide, per l’eternità. Ma per ilmomento… per il momento voleva farrimangiare quelle parole a Chaol.

Tutte le armi erano costruite ad arte eluccicavano al sole. Celaena scartò le diverseopzioni una a una, pensando al tipo di dannoche avrebbe potuto arrecare alla faccia del

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capitano.Il cuore le batteva forte mentre passava il

dito sulle lame e sulle impugnature di ogniarma. Era indecisa fra i pugnali da caccia euno spadino dalla coccia decorata col qualeavrebbe potuto cavargli il cuore rimanendo adistanza di sicurezza.

Sguainò la spada con un suono stridente.La impugnò. Era una buona lama, forte,liscia, leggera. Non le lasciavano il coltello peril burro, a tavola, e poi le permettevano diusare un’arma come quella?

Perché non fiaccarlo un po’?Chaol gettò la sua mantella sopra quella di

Celaena e i muscoli del suo corpo tonico sicontrassero sotto la trama scura dellacamicia. Estrasse la spada. — In guardia! —Si mise in posizione di difesa e Celaena loguardò perplessa.

Ma chi ti credi di essere? Chi mai direbbe“in guardia”?

— Come, prima non mi mostri le basi? —disse sottovoce perché sentisse solo lui,

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mentre la spada le dondolava su una mano.Sfregò l’elsa, le dita contratte sulla superficiefredda. — Sai com’è, sono stata un anno aEndovier, potrei benissimo aver persol’abitudine…

— Dal numero di morti che si sonoverificate nel braccio della miniera in cuilavoravi, dubito fortemente che tu abbiadimenticato qualcosa.

— Ma avevo un piccone… — puntualizzòlei con un sorriso sempre più feroce. — Nondovevo fare altro che aprire teste in due oconficcare asce nello stomaco. — Per fortunanessuno degli altri paladini li stava guardando.— Se vuoi paragonare quella roba all’artedella scherma… Mi chiedo che genere dicombattimenti fai, capitano Westfall. — Simise la mano libera sul cuore e chiuse gliocchi con enfasi.

Il capitano lanciò un affondo con ungrugnito.

Ma lei era in allerta già da un po’ e, non

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appena sentì gli stivali di lui sfregare sulpavimento, sgranò gli occhi. Con una solamossa bloccò la spada, le gambe ferme areggere l’impatto delle due lame incrociate. Ilrumore era strano, in un certo senso piùdoloroso che ricevere un colpo, ma Celaenanon ci pensò più di tanto quando caricò eincontrò la spada di lui, deviandola facilmente.Le braccia, ancora mezze addormentate, lefacevano male, ma continuò a sviare e pararei colpi.

L’arte della scherma era come una danza:c’erano passi precisi da seguire, se non sivoleva mandare tutto all’aria. Una volta presoil ritmo, era una strada in discesa. Gli altriavversari scomparvero fra il sole e le ombre.

— Ottimo — disse lui a denti stretti,parando il colpo mentre Celaena locostringeva a difendersi. Le facevano male legambe. — Molto bene — commentò Chaol.Anche lui se la cavava bene, più che bene, adire il vero, ma si sarebbe ben guardata daldirglielo.

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Le due spade s’incontrarono con clangore,le lame spingevano l’una contro l’altra. Lui erapiù robusto e Celaena grugnì nello sforzo diresistergli. Per quanto forte, Chaol non eraveloce.

Celaena arretrò e fece una finta, i piedi simuovevano agili e ben piazzati, con la graziadi un uccellino. Preso alla sprovvista, Chaolebbe giusto il tempo di deviare il colpo, ma lasua parata non fu abbastanza decisa.

Celaena balzò in avanti, il braccio checontinuava ad attaccare, ruotando e girando,gustandosi il dolce dolore alla spalla quandola spada cozzava contro quella di Chaol. Erarapida nei movimenti, come una ballerina inun rito del tempio, come un serpente nelDeserto Rosso, come l’acqua che scendedalla montagna.

Il capitano le tenne testa, e lei lo lasciòavanzare, per poi recuperare la posizione. Luicercò di coglierla di sorpresa con un colpo alviso, ma lei reagì come una furia, il gomito

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scattò in alto e lo deviò, colpendo il pugno ecostringendolo ad abbassarlo.

— Ricordati di questo, quando combatticon me, Sardothien! — le disse ansimando.

Il sole brillava nei suoi occhi color nocciola.— Uhm? — grugnì lei con un affondo per

parare il suo attacco.— Io non perdo mai — le intimò

sogghignando e, prima che potesse coglierele sue parole, sentì qualcosa colpirle il piedee…

Ebbe la brutta sensazione di cadere. Lemancò il fiato quando la schiena urtò il marmoe lo spadino scivolò via dalla mano. Chaol lepuntò la spada al cuore. — Ho vinto — lemormorò con un filo di voce.

Celaena si rizzò sui gomiti. — Ci vuole benaltro per mettermi fuori uso. Non hai vinto perniente.

— Non sono io ad avere una spadapuntata al cuore.

Nell’aria risuonò un rumore di spade e direspiri affannati. Lei gettò un’occhiata agli altri

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avversari, tutti intenti a combattere. Tuttieccetto Caino, naturalmente, che la guardavacon un ghigno. Celaena gli mostrò i denti.

— Hai talento, ma qualcuno dei tuoimovimenti va corretto — commentò Chaol.

Lei distolse lo sguardo da Caino e guardòstorto Chaol.

— Questo non mi ha mai impedito diuccidere — replicò lei.

Chaol era divertito dalla sua agitazione epuntò la spada verso la rastrelliera,permettendole di rialzarsi. — Prendineun’altra, diversa. Qualcosa di piùinteressante, che mi faccia sudare, perfavore!

— Suderai quando ti spellerò vivo, ticaverò gli occhi e li schiaccerò sotto i piedi —borbottò, afferrando lo spadino.

— Così ti voglio!Lei lanciò lo spadino al suo posto nella

rastrelliera ed estrasse sicura i pugnali dacaccia.

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Ecco i miei cari, vecchi amici.Un sorriso perfido le illuminò il viso.

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Celaena stava per avventarsi sul capitano coni suoi pugnali quando qualcuno batté unalancia per terra e richiamò l’attenzione deipresenti. Girandosi, vide un uomo calvo etarchiato, fermo sotto la balconata.

— La vostra attenzione, subito! — esclamòl’uomo. Celaena guardò Chaol, che annuì,togliendole di mano i pugnali mentreraggiungevano gli altri, già disposti in cerchioattorno all’uomo. — Sono Teodoro Brandus,maestro d’armi e giudice di questo torneo.Naturalmente l’ultima parola su voi canagliespetterà al re, tuttavia sarò io a decidere,

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giorno per giorno, chi sarà adatto a fargli dapaladino.

Accarezzò l’elsa della spada e Celaena nonpoté non ammirarne il decoro sul pomolodorato.

— Sono maestro d’armi di questo castelloda trent’anni e ci vivo da cinquantacinque. Hoaddestrato tanti lord e cavalieri, e altrettantiaspiranti paladini di Adarlan. Sarà moltodifficile stupirmi.

Chaol se ne stava dritto come un soldatinoe Celaena immaginò che fosse stato suoallievo. Da come il capitano le aveva tenutotesta, se era stato il maestro d’armi adaddestrarlo significava che il suo titolo eraben meritato. Celaena sapeva fin troppo beneche è meglio non sottovalutare il proprionemico lasciandosi ingannare dalleapparenze.

— Il re vi ha già detto tutto quello che c’erada dire su questo torneo — spiegò Branduscon le mani dietro la schiena. — Maimmagino che non vediate l’ora di saperne di

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più sui vostri avversari. — Puntò il suo ditotozzo verso Caino. — Tu: come ti chiami,cosa fai e da dove vieni? Voglio la verità, sobenissimo che nessuno di voi fa il panettiere oil fabbro!

Caino riprese la sua smorfia diinsofferenza. — Caino, soldato dell’esercitoreale. Vengo dalle Montagne della ZannaBianca. — Ma certo, Celaena aveva sentitoparlare della brutalità degli abitanti di quellaregione e ne aveva anche visto qualcuno davicino, aveva letto la crudeltà nei loro occhi.Molti di loro si erano ribellati ad Adarlan etanti erano morti per questo. Cosa avrebberodetto i suoi connazionali se l’avessero vistoadesso? Digrignò i denti. Cosa avrebbe dettola gente di Terrasen se avesse visto leiadesso?

In ogni caso Brandus non lo sapeva,oppure non gliene importava, e non battéciglio, passando quindi all’uomo alla destra diCaino. Celaena provò per lui una simpatia

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immediata. — E tu?Un uomo alto e magro, con i capelli biondi

e sottili, studiava i presenti e ridacchiava. —Xavier Forul, maestro ladro di Melisande. —Maestro ladro, quello? Ma pensò anche chela sua corporatura esile probabilmente glirendeva facile intrufolarsi nelle case. Forsenon stava bluffando.

Uno a uno, tutti i concorrenti sipresentarono. C’erano altri sei soldati piùavanti con gli anni, tutti cacciati dall’esercitoper il loro comportamento discutibile; ediscutibile lo era stato di sicuro, consideratal’efferatezza per cui era noto l’esercito diAdarlan. Poi c’erano altri tre ladri, fra i qualiNox Owen, l’uomo dai capelli neri e gli occhigrigi che lei aveva già sentito nominare e chenon aveva smesso di lanciarle sorrisi seduttoriper tutta la mattina. I tre mercenarisembravano capaci di tutto, anche di bollireun uomo vivo. E poi c’erano i due assassiniincatenati.

Come suggeriva il suo nome, Bill Chastain,

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detto il Mangiatore di occhi, divorava gli occhidelle sue vittime. Stranamente, aveva un’ariabanale: capelli color topo, pelle scura ealtezza media, anche se Celaena non riuscivaa staccare gli occhi dalle cicatrici che glisegnavano la bocca. L’altro assassino eraNed Clement, per tre anni conosciuto come laFalce, con riferimento all’arma che usava pertorturare e fare a pezzi le sacerdotesse deltempio. Era un miracolo che nessuno di lorofosse stato giustiziato, anche se lacarnagione scura lasciava pensare cheavessero passato anni ai lavori forzati sotto ilsole di Calaculla, l’altro campo a sud diEndovier.

Poi venne il turno di due uomini sfregiati,due tipi silenziosi che potevano esserecompagni di ventura di qualche lontanosignore della guerra, e poi di cinque assassini.

Celaena dimenticò subito il nome dei primiquattro, un giovane borioso e allampanato, unrozzo omaccione, uno sprezzante nanerottolo

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e un babbeo frignone col naso aquilino, chesosteneva di avere un debole per i coltelli.Non facevano parte della Gilda degliAssassini, e di certo Arobynn Hamel non liavrebbe mai fatti entrare… Ci volevano annidi addestramento e una comprovata fama diprim’ordine per farne parte. Per quanto queiquattro potessero esserne capaci, nonavevano la raffinatezza che Arobynnpretendeva dai suoi seguaci. Li avrebbe tenutid’occhio, ma almeno non erano SicariSilenziosi provenienti dalle dune battute dalvento del Deserto Rosso. Quelli sì che eranoalla sua altezza, che l’avrebbero fatta sudare!Aveva passato un mese di addestramentocon loro durante una torrida estate e, al solopensiero di quegli esercizi sfiancanti, ledolevano ancora i muscoli.

L’ultimo assassino, che si chiamavaTomba, attirò la sua attenzione: era basso emagro, con quel tipo di faccia cattiva che tipassa subito la voglia di guardare. Gli tolserole catene solo dopo che le sue guardie, tutte

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e cinque, gli lanciarono un severoavvertimento. E gli rimasero sempre addosso,senza mai perderlo di vista. Nel presentarsi,Tomba fece un sorriso viscido che mise inmostra i denti marroni. Quando dirottò losguardo sul corpo di Celaena, il ribrezzo di leinon fece che aumentare. Un assassino cosìnon si limitava a uccidere, non se la vittimaera una donna. Celaena si sforzò disostenere quello sguardo famelico.

— E tu? — domandò Brandus,distogliendola dai suoi pensieri.

— Lillian Gordaina. Ladra di gioielli diBellhaven — rispose lei a testa alta.

Qualcuno ridacchiò e lei strinse i denti. Seavessero saputo il suo vero nome, avrebberosmesso di ridere! Se avessero saputo chequella “ladra di gioielli” avrebbe potutoscuoiarli vivi senza nemmeno bisogno di uncoltello…

— Bene — disse Brandus con un cennodella mano. — Avete cinque minuti per

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mettere via le armi e riprendere fiato. Poifarete una corsa per vedere quanto siete informa. Quelli che non riusciranno ad arrivareal traguardo, se ne torneranno a casa o nellaprigione dove i vostri padrini vi hanno trovatoa marcire. La prima prova è fra cinque giorni,e ringraziate che non sia prima.

Su queste parole il gruppo si sciolse. Ipaladini mormoravano ai loro allenatori i nomidegli avversari che consideravano più temibili,Caino o Tomba, molto probabilmente. Dicerto non una ladra di gioielli di Bellhaven.Chaol le restò accanto mentre guardava glialtri allontanarsi. Otto anni per farsi unareputazione e un anno di fatiche a Endovierper essere ignorata in quel modo! — Se micostringerete a passare ancora una volta peruna ladra di gioielli…

Chaol la guardò incredulo. — Cosa farai,esattamente?

— Ti rendi conto di quanto sia degradanteper me far finta di essere una ladraqualunque, che viene da una piccola cittadina

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del Fenharrow?Lui la fissò, immobile. — Sei davvero così

altezzosa?Celaena si stizzì, ma lui continuò: — È

stato stupido combattere con te, poco fa.Devo ammettere che non credevo fossi tantoabile. Per fortuna nessuno se n’è accorto. Elo sai perché, Lillian? — Fece un passo versodi lei e abbassò la voce. — Perché sei unabella ragazza. Perché sei una ladra di gioielliqualunque, che viene da una cittadina delFenharrow. Guardati intorno. — E si giròverso gli altri paladini. — Vedi qualcuno che tista osservando? Vedi qualcuno di loro che tista valutando? No, perché non ti consideranoun vero avversario. Perché non ti vedonocome un ostacolo fra loro e qualsiasi libertà oricchezza stiano cercando.

— Esatto! È una vergogna.— È un bene, invece. E tu cercherai di

passare inosservata per tutto il torneo. Nondovrai primeggiare né stracciare quei ladri,

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quei soldati e quegli assassini mai sentitiprima d’ora. Dovrai cercare di mantenerti inuna posizione intermedia dove nessuno tiguarderà, perché tu non rappresenti unaminaccia, perché così penseranno che verraieliminata, prima o poi, e che dovrebberoinvece concentrarsi sugli avversari più grossi,più forti e più veloci come Caino.

— Alla fine, però, li supererai tutti —proseguì Chaol. — Quando si sveglieranno, ilgiorno del duello finale, e scopriranno che seitu la loro avversaria, e che sei stata tu abatterli, l’espressione sulle loro facce tiripagherà di tutti gli insulti e della scarsaconsiderazione. — Le porse la mano peraccompagnarla fuori. — Allora, che ne dici,Lillian Gordaina?

— Posso badare a me stessa — disse leipiano, prendendogli la mano. — Ma devo direche sei piuttosto intelligente, capitano. Cosìintelligente che potrei regalarti uno dei gioielliche intendo rubare alla regina stasera.

Chaol ridacchiò e si diressero fuori, dove la

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aspettava la gara di corsa.

Nonostante le bruciassero i polmoni esentisse le gambe pesanti, Celaena continuòa correre e rimase verso la metà del plotonedi concorrenti. Brandus, Chaol e gli altriallenatori, insieme a una trentina di guardie, liseguivano a cavallo nel loro percorso intornoalla riserva di caccia. Alcuni sfidanti, fra cuiTomba, Ned e Bill, correvano ancoraammanettati. Celaena considerò un privilegionon aver ricevuto da Chaol lo stessotrattamento. Ma con sua sorpresa, vide cheCaino era in testa e distanziava tutti di quasidieci metri. Come faceva a essere cosìveloce?

Il crepitio delle foglie secche calpestate e illoro ansimare riecheggiavano nella tiepidaaria autunnale, mentre Celaena teneva losguardo fisso sui capelli lucidi e sudati delladro che aveva davanti. Un passo dopol’altro, l’aria dentro, poi fuori. Respirare.Doveva ricordarsi di continuare a respirare.

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Ancora in testa, Caino svoltò a un angolo epuntò verso nord per tornare al castello. Loseguirono tutti come uno stormo di uccelli.Che lo guardassero pure, che complottasserocontro di lui! Lei non aveva bisogno di vincerequella prova per dimostrare di essere lamigliore: sapeva di esserlo, senza bisogno dinessuna conferma da parte del re. Lemancava il fiato e le tremavano le ginocchia,ma rimase in piedi. La corsa sarebbe finitapresto. Presto.

Non aveva nemmeno osato guardarsi allespalle per vedere se qualcuno era crollato.Sentiva che Chaol la stava osservando,anche solo per ricordarle di restare a metàdel plotone. Almeno lui sembrava avessefiducia nelle sue capacità.

Gli alberi si diradarono, svelando lo spiazzoerboso che divideva la riserva di caccia dallestalle. La fine del percorso. Le girava la testae avrebbe imprecato per la fitta di dolore chele tagliava il fianco, se solo avesse avuto

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abbastanza fiato per farlo. Doveva restare nelmezzo, restare nel mezzo.

Caino superò gli alberi e alzò le bracciasopra la testa in segno di vittoria. Corseancora per qualche metro decelerando, conl’allenatore che lo applaudiva. L’unicareazione di Celaena fu di continuare amuovere i piedi. Mancavano pochi metri. Laluce dello spiazzo aperto aumentavaavvicinandosi. Vide dei lampi offuscarle ilcampo visivo. Strinse i denti. Anni e anni diaddestramento con Arobynn Hamel leavevano insegnato il pericolo di arrendersitroppo facilmente.

Poi finalmente attraversò il bosco e siritrovò nella radura, circondata daun’esplosione di spazio, erba e cielo azzurro.Gli uomini davanti a lei rallentarono fino afermarsi. Riuscì con sforzo a impedire alleginocchia di cedere, rallentò il passo, semprepiù piano, fino a camminare, e si impose direspirare, mentre tante piccole stellecontinuavano a balenarle davanti agli occhi.

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— Bene — disse Brandus, tirando le redinidel cavallo e controllando chi fosse giàarrivato al traguardo. — Andate a bere. Viaspetta un altro allenamento.

Fra le macchie del campo visivo, Celaenaintravide Chaol che fermava il suo cavallo. Ipiedi andarono verso di lui, poi lo superarono,per dirigersi di nuovo nel bosco. — Dove staiandando?

— Mi è caduto l’anello laggiù — disse leimentendo, cercando di sembrare più svanitache poteva. — Dammi solo un momento perritrovarlo. — Senza aspettare il suoconsenso, entrò nel bosco fra le risatine deipaladini che avevano sentito. Dal rumore dipassi, capì che era in arrivo un altro paladino.Si nascose fra i cespugli incespicando,mentre il mondo intorno si faceva buio eleggero, e inclinato. Era appena crollata sulleginocchia, quando cominciò a vomitare.

Continuò finché non le restò più nientenello stomaco. Il concorrente rimasto indietro

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passò oltre. Sulle gambe tremanti, Celaena siaggrappò a un albero e si rimise in piedi.Lungo il sentiero trovò il capitano Westfall chela guardava a labbra strette.

Lei si asciugò la bocca con il dorso dellamano e uscì dalla boscaglia in silenzio.

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All’ora di pranzo Brandus li lasciò andare. Direche Celaena era affamata descriveva solo inminima parte il suo appetito. Era a metà delpasto e si stava rimpinzando di carne e pane,quando la porta si aprì. — Cosa ci fai qui? —domandò con la bocca piena.

— Cosa? — rispose il capitano dellaguardia sedendosi a tavola. Si era cambiato eaveva fatto un bagno. Si avvicinò al vassoiocon il salmone e si servì. Celaena arricciò ilnaso disgustata.

— Non ti piace il salmone?— Odio il pesce. Preferirei morire piuttosto

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che mangiarlo.— Che cosa curiosa — commentò lui,

prendendone un pezzetto.— Perché?— Perché tu sai di pesce.Lei spalancò la bocca mostrando il

boccone di carne e pane che stavamasticando. Scosse la testa. — Sarai anchebrava a combattere, ma quanto a buonemaniere sei un vero disastro!

Si aspettava che accennasse al suoattacco di vomito, ma Chaol non infierì.

— Posso comportarmi e parlare come unavera signora, se voglio.

— Allora ti suggerisco di cominciare a farlo.— Fece una pausa, poi le chiese: — Com’ègodersi questa libertà provvisoria?

— È una domanda sarcastica o sincera?Chaol prese un altro pezzetto di pesce. —

Quello che preferisci.Dalla finestra si scorgeva il cielo

pomeridiano, leggermente pallido ma pursempre bello. — Direi che mi sta piacendo.

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Specialmente adesso che ho dei libri daleggere ogni volta che mi chiudi qui dentro.Ma non pretendo che tu capisca.

— Ti sbagli. Il fatto che non abbia il tempoche avete tu e Dorian per leggere, nonsignifica che non mi piacciano i libri.

Lei prese un pezzetto di mela. Era acerba,ma con un retrogusto dolce che ricordava ilmiele. — Davvero? E quali libri ti piacciono?— Lui ne menzionò qualcuno e lei lo guardòmeravigliata. — Be’, sono quasi tutti ottimescelte. E che altro? — gli domandò e cosìtrascorsero un’ora quasi senza accorgersene,tanto erano presi dalla conversazione. D’untratto, l’orologio batté l’una e lui si alzò.

— Il pomeriggio è tutto tuo, puoi fare ciòche vuoi.

— Dove stai andando?— A far riposare muscoli e polmoni.— Già, be’, spero che avrai letto qualcosa

di decente quando ci rivedremo.Lui annusò l’aria uscendo. — Io invece

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spero che tu avrai fatto un buon bagno.Con un sospiro, Celaena chiamò le

domestiche perché le preparassero l’acquanella vasca. Si prospettava un meritatopomeriggio di letture in balcone.

Il mattino seguente, all’alba, la porta dellacamera si aprì e un passo familiare risuonònella stanza. Chaol Westfall rimase di sassonel vedere l’Assassina appesa alla trave dellacamera che si issava sulle braccia fino atoccare col mento la superficie di legno. Lacamiciola che indossava era madida disudore, che scendeva a rivoli sulla sua pellelattea. Si stava esercitando già da un’ora.Quando si issò di nuovo, le bracciatremarono.

Doveva fingere di essere mediocre, certo,ma non per questo doveva essere mediocreanche nel modo di allenarsi. Eppure ogni voltache ripeteva l’esercizio il corpo la supplicavadi smettere. In fin dei conti non era poi cosìfuori forma, i picconi della miniera erano

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pesanti… E non doveva lasciarsi intimidire dalfatto che parecchi concorrenti, il giorno prima,l’avessero battuta nella corsa.

Aveva già un vantaggio su di loro. Dovevasolo essere un po’ più scaltra.

Continuò gli esercizi e sorrise, ansimandoa denti stretti. Con sua sorpresa, sorriseanche lui.

Quel pomeriggio ci fu un brutto temporale eChaol lasciò che Celaena lo accompagnassein giro per il castello dopo aver terminatol’allenamento. Anche se il capitano era un tipodi poche parole, Celaena era felice di nonrestare rinchiusa nel suo appartamento e dipoter indossare uno dei suoi vestiti nuovi, unbell’abito lilla con qualche inserto di pizzo rosapallido e di ricami di perle. Ma, svoltatol’angolo, per poco non andarono a sbatterecontro Lady Kaltain. L’Assassina avrebbevoluto fare una smorfia, ma si dimenticòcompletamente di lady Kaltain quando videchi c’era con lei. Una donna di Eyllwe.

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Bellissima, alta e snella, lineamenti perfettie delicati. L’ampio vestito bianco contrastavacon la carnagione color crema, e una collanacon tre strati d’oro le copriva quasiinteramente il petto e il collo. Braccialetti d’oroe avorio le brillavano ai polsi, e ai piediportava cavigliere abbinate. Sulla testa avevaun fine cerchietto con pendenti d’oro egemme. Era scortata da due guardie, uominiarmati fino ai denti con l’intera gamma dipugnali e spade ricurve di Eyllwe. Entrambesquadrarono Chaol e Celaena per capire serappresentassero un pericolo.

La giovane di Eyllwe era una principessa.— Capitano Westfall! — esclamò lady

Kaltain e fece un accenno di riverenza.Accanto a lei c’era un uomo basso vestito inrosso e oro, come era tipico dei consiglierireali, che s’inchinò.

La principessa di Eyllwe restòperfettamente immobile, scrutandocircospetta coi suoi occhi castani Celaena e il

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suo accompagnatore. Celaena le fece untimido sorriso e la principessa si avvicinò,mettendo in allerta le guardie. Si muovevacon una grazia naturale.

Lady Kaltain indicò la ragazza, senzariuscire a nascondere dal suo bel viso unapunta di disprezzo. — Questa è Sua Altezzareale, la principessa Nehemia Itger di Eyllwe.

Chaol s’inchinò. La principessa fece untimido cenno con il mento. Celaenaconosceva quel nome, a Endovier avevasentito spesso gli schiavi decantare labellezza e il coraggio di Nehemia. Nehemia, laluce di Eyllwe, colei che li avrebbe salvati.Colei che un giorno, salendo al trono, avrebbepotuto rappresentare una minaccia al dominioche il re di Adarlan esercitava sul suo paese.Nehemia, si mormorava, era colei cheportava informazioni e viveri ai gruppi ribelliche si nascondevano a Eyllwe. Ma cosa cifaceva lì?

— E questa è lady Lillian — aggiunsebruscamente lady Kaltain.

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Celaena si esibì in un inchino profondo,rischiando quasi di cadere, e disse nellalingua di Eyllwe: — Benvenuta a Rifthold,Vostra Altezza!

La principessa Nehemia sorrisetimidamente e gli altri restarono a boccaaperta. Il consigliere ricambiò, asciugandosi ilsudore dalla fronte. Perché non avevanoaffiancato a Nehemia il principe ereditario omagari Perrington? Perché veniva portata ingiro da Lady Kaltain?

— Grazie — rispose la principessasottovoce.

— Immagino abbiate fatto un lungo viaggio— proseguì Celaena nella lingua di Eyllwe. —Siete arrivata oggi, Vostra Altezza?

Le guardie di Nehemia si scambiaronodelle occhiate e la principessa aggrottò lafronte, meravigliata. Tra la gente del Nord,erano in pochi a saper parlare quella lingua.— Sì, e la regina ha mandato questa —Nehemia si voltò un istante verso lady Kaltain

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— per farmi fare un giro insieme a quelverme sudaticcio. — La principessasocchiuse gli occhi davanti al bassoconsigliere, che si tamponò le mani e la frontecon un fazzoletto. Forse era consapevoledella minaccia che Nehemia potevarappresentare. Ma allora, perché portarla alcastello?

Celaena fece una smorfia per non ridere.— Sembra un po’ nervoso, in effetti. —Doveva cambiare argomento, altrimentisarebbe scoppiata. — Che ne pensate delcastello?

— È la cosa più brutta che abbia mai visto— rispose Nehemia fissando il soffitto comese potesse trafiggere la pietra con lo sguardo,fino alla costruzione di cristallo. — Preferireientrare in un castello di sabbia.

Chaol le guardava sbalordito.— Temo di non aver capito una sola parola

di quello che vi siete dette! — interruppe ladyKaltain. Celaena cercò di controllare la suareazione: si era dimenticata della sua

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presenza.— Noi — disse la principessa, cercando la

parola giusta nella lingua comune — stavamoparlando sul tempo.

— Del tempo — la corresse bruscamentelady Kaltain.

— Fate attenzione a quel che dite —sbottò Celaena senza pensare.

Lady Kaltain fece un sorrisetto perfido. —Se è qui per imparare i nostri usi, ho il doveredi correggerla per non farla apparire ridicola.

Per imparare i loro usi o per qualcosa dicompletamente diverso? I volti dellaprincipessa e delle sue guardie eranoindecifrabili.

— Vostra Altezza — disse Chaol, facendoun passo avanti per intromettersi condiscrezione fra Nehemia e Celaena. — Statefacendo un giro per visitare il castello?

Nehemia cercò le parole e poi guardòCelaena, come aspettandosi che le facesseda interprete. A Celaena sfuggì un sorriso,

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non c’era da stupirsi che il consigliere stessesudando sette camicie. Nehemia aveva un beltemperamento. Celaena tradusse la domandadi Chaol con disinvoltura.

— Se considerate questa assurda strutturaun castello… — replicò nella sua lingua.

Celaena guardò Chaol e tradusse: — Hadetto di sì.

— Che strano, tutte quelle parole per dirneuna — commentò lady Kaltain melliflua.Celaena strinse i pugni.

Ti strapperò tutti i capelli.Chaol si avvicinò a Nehemia, parandosi

davanti a Celaena per impedirle di aggredirelady Kaltain. Una mossa intelligente. Si portòuna mano al petto e disse: — Vostra Altezza,sono il capitano della guardia reale.Permettetemi di scortarvi, la prego.

Celaena tradusse di nuovo e la principessaannuì. — Sbarazzati di lei — disse piano aCelaena, e poi salutò lady Kaltain. — Me neinfischio del suo caratteraccio!

— Potete andare — comunicò Celaena a

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lady Kaltain, con un gran sorriso. — Laprincipessa è stanca della vostra compagnia.

Lady Kaltain trasalì. — Ma la regina…— Se questo è ciò che desidera Sua

Altezza, così sarà fatto — intervenne Chaol.Benché la sua espressione fosse unamaschera di protocollo, Celaena intravide unguizzo divertito nei suoi occhi. Avrebbe volutoabbracciarlo! E neanche si preoccupò disalutare lady Kaltain quando la principessa e ilconsigliere li seguirono lungo il corridoio,lasciandosi alle spalle la donna furibonda.

— Le vostre dame di corte sono tuttecosì? — chiese la principessa a Celaena nellalingua di Eyllwe.

— Come lady Kaltain? Purtroppo sì, VostraAltezza.

Nehemia esaminò l’Assassina e Celaenacapì che stava studiando i vestiti cheindossava, l’andatura, il portamento, ovverotutto ciò che la stessa Celaena aveva giàesaminato nella principessa. — Ma voi non

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siete come loro! Com’è che parli così bene lalingua di Eyllwe?

— Io — e pensò a come mentire — l’hostudiata per diversi anni.

— Però avete l’accento dei contadini. Loinsegnano sui libri?

— Me l’ha trasmesso una donna di Eyllweche conoscevo.

— Una vostra schiava? — Il suo tono siera fatto più pungente e Chaol si girò aguardarla.

— No, io sono contraria alla schiavitù —rispose prontamente Celaena. Al pensiero ditutti gli schiavi che aveva lasciato a Endovier,tutta quella gente destinata a soffrire sino allamorte, sentì torcersi le budella. Il fatto che leinon fosse più a Endovier, non significava cheEndovier non esistesse più. Nehemiacommentò con voce dolce: — Allora voi sietemolto diversa dagli altri cortigiani.

Celaena riuscì soltanto ad annuire, poirivolsero tutti l’attenzione alla sala davanti aloro. La servitù sfrecciò davanti ai loro occhi

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sgranati vedendo la principessa e le sueguardie. Dopo un attimo di silenzio, Celaenasi fece coraggio. — Come mai siete qui aRifthold, se posso chiedervelo? — Eaggiunse: — Vostra Altezza.

— Lasciate perdere quel “Vostra Altezza”.— La principessa giocherellò con uno deibraccialetti d’oro che aveva al polso. — Sonovenuta per volere di mio padre, il re di Eyllwe,per imparare la vostra lingua e i vostricostumi, e per poter servire meglio Eyllwe e ilmio popolo.

Con quello che aveva sentito sul conto diNehemia, Celaena pensò che non le avessedetto tutto, ma sorrise educatamente e ledomandò: — Quanto vi tratterrete a Rifthold?

— Fino a quando mio padre non mimanderà a chiamare. — Smise di giocare colbraccialetto e fissò preoccupata la pioggiache batteva sui vetri. — Se sono fortunata,resterò qui soltanto fino a primavera. A menoche mio padre non decida che un uomo di

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Adarlan potrebbe essere un buon marito; intal caso dovrò restare finché la faccenda nonsarà conclusa. — Avendo colto l’irritazionenegli occhi della principessa, Celaena provòun briciolo di compassione per l’uomo che ilpadre avrebbe scelto.

Le balenò in testa un pensiero e si girò perchiederle: — E chi sposereste? Il principeDorian? — Era una domanda indiscreta e untantino impertinente e si pentì di averla fattanell’istante in cui le uscirono le parole dibocca.

Ma Nehemia si limitò a schioccare lalingua. — Quel bel ragazzo? Mi fa un po’troppi sorrisi e dovrebbe vedere come guardale altre donne di corte! Io voglio un marito chescaldi il mio letto e il mio soltanto. — E disottecchi lanciò un’altra occhiataall’assassina, squadrandola di nuovo da capoa piedi. Celaena vide che il suo sguardo sisoffermava sulle cicatrici alle mani. — Dadove vieni, Lillian?

Celaena nascose le mani fra le pieghe

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dell’abito, facendo finta di niente. — DaBellhaven, una cittadina del Fenharrow. Unporto di pescatori. Un fetore tremendo. —Quella non era una bugia. Tutte le volte cheera stata a Bellhaven per una missione, se siavvicinava troppo alla banchina, le veniva davomitare per il puzzo di pesce!

La principessa ridacchiò. — A Rifthold c’èuna puzza tremenda! Troppa gente. Almenoa Banjali il sole consuma tutto quanto. E ilpalazzo di mio padre, in riva al fiume,profuma di fiori di loto.

Chaol, che era accanto a loro, si schiarì lavoce, evidentemente stufo di essere esclusodalla conversazione. Celaena gli sorrise. —Non essere così serio! Dobbiamo intrattenerela principessa — disse nella lingua comune.

— Smettila di ridacchiare — replicò luiaccigliato. Mise la mano sul pomolo dellaspada e le guardie di Nehemia fecero unpasso verso di lui. Benché fosse il capitanodella guardia, Celaena non dubitò un istante

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che le guardie di Nehemia avrebbero potutoattaccarlo se fosse diventato una minaccia.— La stiamo solo riportando alla sale delconsiglio del re. Gliene dirò quattro per averpermesso a lady Kaltain di accompagnarla avedere il castello!

— Voi andate a caccia? — lo interruppeNehemia nella lingua di Eyllwe.

— Io? — La principessa annuì. — Oh,ehm… no — rispose Celaena, e poi passòalla lingua di Eyllwe. — Preferisco leggere.

Nehemia guardò verso il vetro di unafinestra sferzato dalle gocce di pioggia. — Inostri libri li hanno bruciati quasi tutti cinqueanni fa, quando arrivò l’armata di Adarlan.Non faceva differenza se erano libri di storia odi magia — e pronunciò quella parola a bassavoce, anche se Chaol e il consigliere nonpotevano capirla. — Hanno dato fuoco allebiblioteche, ai musei e alle università…

Celaena avvertì una fitta familiare al petto.Annuì. — Non è successo solo a Eyllwe.

Un riflesso freddo e amaro si accese negli

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occhi di Nehemia. — Ora gran parte dei libriche ci arrivano proviene da Adarlan e sonoscritti in una lingua che capisco a malapena.Ecco un’altra cosa che devo imparare, standoqui. Sono così tante! — Batté il piedecontrariata e si udì il tintinnio dei ciondoli. — Epoi odio queste scarpe! E questo vestitoorrendo! Non mi importa se è seta di Eyllwe ese io devo rappresentare il mio regno, miprude addosso da quando me lo sono infilato!— E fissò l’elaborato vestito di Celaena. —Come fate a sopportare quella roba addosso?

Celaena prese le gonne del vestito: — Aessere sincera, mi spezza le costole.

— Ah, bene, almeno non sono l’unica asoffrire! — commentò Nehemia. Chaol sifermò davanti a una porta e chiese alle seiguardie di sorvegliare le donne e la scortadella principessa. — Cosa sta facendo? —chiese Nehemia.

— Vi sta accompagnando al consiglio evuole assicurarsi che lady Kaltain non vi porti

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più in giro.Nehemia abbassò le spalle sconsolata. —

Sono qui da un giorno appena e ho già vogliadi andar via! — Tirò un lungo sospiro e andòdi nuovo alla finestra, come se potessevedere fino a Eyllwe. D’un tratto afferrò lamano di Celaena e la strinse. Aveva le ditaincredibilmente callose nei punti su cui disolito batte l’elsa della spada o del pugnale. Iloro occhi si incrociarono e la principessa lelasciò la mano.

Forse le voci che la associavano ai ribelli diEyllwe erano vere….

— Mi terrete compagnia finché sono qui,lady Lillian?

Celaena rimase sorpresa dalla richiesta,ma nonostante tutto ne fu lusingata.

— Certamente. Sarà un piacere assistervi,quando potrò.

— Non ho bisogno di altri assistenti. Iovoglio qualcuno con cui parlare.

Celaena sorrise raggiante, fu più forte dilei. Chaol riapparve nel corridoio e si inchinò

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alla principessa. — Il consiglio del re vorrebbevedervi. — Celaena tradusse.

Nehemia si lasciò scappare un mugugno,ma ringraziò Chaol e poi si rivolse a Celaena:— Sono felice di avervi conosciuta, lady Lillian— le disse con gli occhi che le brillavano. —Che la pace sia con voi.

— E con voi — mormorò l’Assassina,guardandola allontanarsi.

Non aveva mai avuto molti amici, e lepoche amicizie che era riuscita a stringerel’avevano delusa. A volte con conseguenzeterribili, come aveva imparato quell’estate coni Sicari Silenziosi del Deserto Rosso. Da alloraaveva giurato che non si sarebbe mai piùfidata delle ragazze, soprattutto se potenti econ obiettivi ben precisi. Ragazze cheavrebbero fatto di tutto pur di ottenere ciò chevolevano.

Ma quando la porta si richiuse dietro lostrascico color avorio della principessa diEyllwe, Celaena si chiese se non fosse il caso

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di fare un’eccezione.

Chaol Westfall guardò l’Assassina pranzare,gli occhi che passavano famelici da un piattoall’altro. Arrivata nelle sue stanze, si erasubito sbarazzata del vestito e ora sedeva atavola con una vestaglia rosa e verde giadache le stava benissimo.

— Sei terribilmente silenzioso oggi — disseCelaena con la bocca piena. Ma non la finivamai, di mangiare? Chaol non aveva mai vistonessuno rimpinzarsi tanto, neanche leguardie. Si serviva più volte, a ogni portata.

— Affascinato dalla principessa Nehemia?— le parole si distinguevano a malapenamentre masticava.

— Quella ragazza testarda? — Mavedendo l’espressione contrariata di Celaenasi pentì subito di averlo detto. Ora gli avrebbefatto una ramanzina e lui non aveva nessunavoglia di essere rimproverato. Aveva cose piùimportanti a cui pensare. Il re, quando erapartito quella mattina, non aveva scelto

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nessuna delle guardie che lui gli avevaconsigliato di portarsi in viaggio, e si erapersino rifiutato di dirgli dove era diretto, néaveva accettato la sua offerta diaccompagnarlo.

Per non parlare del fatto che era sparitoqualche cane della muta reale e ne avevanotrovato i resti mezzo sbranati nell’ala nord delpalazzo. Era davvero preoccupante, chi eracapace di una cosa tanto crudele?

— Che cos’hai contro le ragazze testarde?— incalzò lei. — A parte il fatto che non sonodelle bambole di legno capaci solo di aprire labocca per dare ordini e fare pettegolezzi?

— Niente, solo che preferisco un altro tipodi donna.

Per sua fortuna si rivelò la cosa giusta dadire, perché lei batté semplicemente lepalpebre e disse: — E che tipo di donnasarebbe?

— Non certo un’arrogante assassina.Celaena s’imbronciò. — Immagina che io

non fossi un’assassina. In quel caso ti

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piacerei?— No.— Preferiresti lady Kaltain?— Non essere sciocca. — Essere sgarbato

gli veniva naturale, ma stava cominciando acavarsela anche con i complimenti. Prese unpezzetto di pane. Lei lo guardò, piegando latesta. A volte gli sembrava che Celaena loguardasse come un gatto guarda un topo. Sichiedeva solo quanto ci avrebbe messo asaltargli addosso.

Celaena alzò le spalle e addentò una mela.C’era anche qualcosa di fanciullesco in lei.Oh, non riusciva a capire le suecontraddizioni!

— A cosa pensi, capitano?Lui stava per scusarsi, ma si fermò. Era

un’assassina arrogante, volgare eimpertinente.

Avrebbe voluto che i mesi volassero, chelei diventasse la paladina e che infine, unavolta scontati i suoi anni di servizio, se ne

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andasse per sempre. Da quando l’avevanotrasferita da Endovier, lui non aveva piùdormito bene.

— Hai del cibo tra i denti — la avvertì. Leise lo tolse con un’unghia affilata e si giròverso la finestra. La pioggia scendeva lungo ivetri. Cosa stava guardando, la pioggia oqualcos’altro?

Il capitano bevve dal calice. Nonostante lasua arroganza, Celaena era intelligente eabbastanza educata, e aveva il suo fascino.Ma dove nascondeva il suo spaventoso latooscuro? Perché non lo faceva vedere, cosìl’avrebbe chiusa in prigione e avrebbeannullato quel ridicolo torneo? C’era qualcosadi grande e di oscuro in lei, e non gli piacevaper niente. Al momento giusto si sarebbefatto trovare pronto. Avrebbe aspettato. Sichiedeva solo chi dei due sarebbesopravvissuto.

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Nei quattro giorni seguenti, Celaena si svegliòprima dell’alba per allenarsi nel suoappartamento, servendosi di tutto ciò cheaveva a disposizione: sedie, stipiti delle portee persino tavolo e stecche da biliardo. Lepalle da biliardo andavano benissimo per gliesercizi di equilibrio. Di solito, allo spuntaredell’alba, arrivava Chaol per la primacolazione. Dopo, andavano a correre nellariserva di caccia e lui correva al suo fianco.Era ormai pieno autunno e il vento sapeva difoglie secche e di neve. Chaol non diceva mainiente quando lei si piegava in avanti, le mani

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sulle ginocchia e vomitava la colazione, nécommentava la sua capacità di correresempre di più e sempre più lontano, senzafermarsi a prendere fiato.

Terminata la corsa, andavano ad allenarsiin una stanza privata, lontano dagli sguardidegli altri avversari, sino a quando Celaenanon crollava a terra e gridava che stava permorire di fame e fatica. A lezione continuavaa preferire i pugnali, ma cominciò adapprezzare anche le spade di legno,soprattutto perché con quelle poteva colpirlocon forza, senza per questo tagliargli unbraccio. Da quando aveva conosciuto laprincipessa non l’aveva più vista, né avevapiù sentito parlare di lei, neanche dallechiacchiere della servitù.

Chaol la raggiungeva sempre per pranzo,dopodiché lei andava ad allenarsi con gli altriavversari per qualche ora, sotto l’occhioattento di Brandus. Buona partedell’allenamento serviva ad assicurarsi chesapessero veramente usare le armi. E,

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ovviamente, lei mantenne la sua mediocrità,impegnandosi abbastanza perché Brandusnon la riprendesse, ma non tanto da elogiarlacome faceva con Caino.

Caino. Quanto lo odiava! Brandussembrava apprezzarlo particolarmente, eanche gli altri avversari lo salutavanoossequiosi al suo passaggio. Nessuno si eramai preso il disturbo di dire a lei quanto fossein forma. Forse era così che si erano sentitigli altri assassini alla Fortezza, dopo tuttiquegli anni in cui era stata lei la pupilla diArobynn Hamel. Ma qui era difficileconcentrarsi, con Caino sempre pronto aschernirla e provocarla, in attesa di un suopasso falso. Sperava che non riuscisse adistrarla alla prima prova eliminatoria.Brandus non aveva dato alcuna indicazionesu ciò che avrebbero dovuto fare, enemmeno Chaol ne aveva la minima idea.

Alla vigilia della prova, Celaena capì chequalcosa non andava già molto prima di

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arrivare alla palestra. Chaol non si era fattovedere a colazione, ma aveva mandato leguardie ad accompagnarla in palestra perchési allenasse da sola. Disertò anche il pranzo equando Celaena venne scortata nella sala,fremeva di curiosità.

Senza Chaol al suo fianco, restò inchiodataa una colonna a guardare gli avversari chearrivavano uno dopo l’altro, scortati daguardie e allenatori. Brandus non c’eraancora, e anche questo era molto strano. Epoi quel giorno non c’erano molte guardie, inpalestra…

— Secondo te cosa significa? — ledomandò Nox Owen, il giovane ladro diPerranth. Dopo essersi dimostrato in gamba,agli allenamenti, molti avversari l’avevanoavvicinato, ma lui aveva sempre preferitorestarsene per conto suo.

— Il capitano Westfall non si è allenato conme stamattina — rispose Celaena. Che malec’era ad ammetterlo?

Nox le porse la mano. — Nox Owen.

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— Lo so chi sei — disse lei, ma gli strinsela mano lo stesso. La stretta era ferma, lamano callosa e piena di cicatrici. Dovevaaverne viste parecchie anche lui.

— Bene. In questi giorni mi sono sentito unpo’ invisibile in mezzo a quel branco di colossiurlanti. — E con il mento indicò Caino, intentoa contemplarsi i bicipiti. Un grosso anello dipietra nera iridescente gli brillava al dito.Strano che lo portasse durante gliallenamenti… Nox continuò: — Hai vistoVerin? Ha l’aria di uno che sta per sentirsimale. — E indicò il ladro spaccone cheCelaena avrebbe tanto voluto mettere fuoricombattimento. Di solito Verin stava vicino aCaino, a sfottere gli altri concorrenti. Ma oggiera in disparte alla finestra, bianco in viso, gliocchi sbarrati.

— L’ho sentito parlare con Caino — disseuna voce timida alle loro spalle. Era Pelor,l’assassino più giovane. Celaena avevapassato mezza giornata a osservarlo e, se lei

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faceva finta di essere mediocre, lui avevadavvero un gran bisogno di allenarsi.

Che razza di assassino! Ha ancora unavoce infantile. Come sarà arrivato qui?

— E cosa dicevano? — domandò Nox conle mani in tasca. Non era vestito male come isuoi rivali e il solo fatto di averlo già sentitonominare significava che doveva essere statoun ladro molto abile, a Perranth.

Il viso lentigginoso di Pelor impallidìlievemente. — Bill Chastain, il Mangiatore diocchi, è stato trovato morto questa mattina.

Uno dei paladini era morto? E unfamigerato assassino, per di più!

— Cosa? — domandò Celaena.Pelor deglutì. — Verin ha detto che non

era un bello spettacolo, come se qualcunol’avesse squarciato da capo a piedi. Ha visto ilcadavere venendo qui. — Nox imprecòsottovoce e Celaena guardò gli altri paladini.Era calato il silenzio e si erano riuniti in piccoligruppi, a parlare sottovoce. La storia di Verinstava circolando in fretta. Pelor continuò: —

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Ha detto che il corpo di Chastain era ridotto abrandelli.

Un brivido freddo le attraversò la schiena,ma scosse la testa quando una guardia entròe li informò che per quel giorno Brandus lilasciava liberi di usare la palestra e diallenarsi come volevano. Sentendo il bisognodi distrarsi dall’immagine che le si eraimpressa nella mente, si diresse verso larastrelliera per prendere un cinturone dicoltelli da lancio, senza neanche prendersi labriga di salutare Nox e Pelor.

Si piazzò davanti ai bersagli del tiro conl’arco. Nox la raggiunse un attimo dopo ecominciò a lanciare i suoi pugnali verso ilbersaglio. Colpì il secondo anello, ma nonarrivò mai vicino al centro. Coi pugnali non sela cavava molto meglio che con l’arco.

Celaena estrasse un pugnale dal cinturone.Chi poteva aver ucciso uno dei paladini contanta efferatezza? E come era riuscito a farlafranca, se il cadavere era ancora nella sala? Il

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castello pullulava di guardie. Era morto unpaladino e, guarda caso, proprio alla vigiliadella prima prova.

Celaena mirò il cerchio nero al centro delbersaglio. Trattenne il respiro e alzò il braccio,lasciando il polso morbido. Le voci degli altripaladini scemarono, il cerchio nero lachiamava. Espirò e lanciò il pugnale.

Fu come uno sfavillio, una stella cadented’acciaio. Quando fece centro, le uscì unghigno compiaciuto.

Alle sue spalle, Nox si lanciò inimprecazioni pittoresche quando vide che ilsuo pugnale colpiva il terzo cerchio, eCelaena fece un gran sorriso, benché ilcadavere a brandelli giacesse poco lontano,da qualche parte nel castello.

Celaena tirò fuori un altro pugnale, ma sifermò quando Verin, dal bersaglio dove stavasfidando Caino, le gridò: — I trucchi da circoservono a poco per fare la paladina del re! —Celaena si voltò verso di lui, ma mantenne laposizione di lancio. — Staresti meglio distesa

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su un letto, a imparare i trucchi utili a unadonna. In effetti potrei insegnartene qualcuno,stanotte. — Verin rise e Caino si unì a lui.Celaena strinse l’elsa del pugnale così forteda farsi male.

— Non dargli retta! — le mormorò Nox.Lanciò un altro pugnale e mancò il centro perl’ennesima volta. — Non saprebbero da dovecominciare con una donna, nemmeno segliene entrasse una tutta nuda in camera daletto.

Celaena lanciò il pugnale e si udì unrumore di lame quando si conficcò a un pelodal pugnale già infilato al centro.

Nox fece uno sguardo esterrefatto,mettendo in risalto i suoi occhi grigi. Avràavuto venticinque anni al massimo. — Haiuna mira incredibile.

— Per essere una ragazza?— No, in generale — rispose lui, e lanciò

un altro pugnale mancando di nuovo la mira.Si avvicinò a grandi passi verso il bersaglio,

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staccò tutti e sei i pugnali e li rimise nei foderi,per poi tornare alla linea di partenza. Celaenasi schiarì la voce.

— Sbagli la posizione — gli spiegòsottovoce in modo che gli altri non sentissero.— E tieni il polso in modo sbagliato.

Nox abbassò il braccio. Lei si mise inposizione. — Le gambe devono stare così —gli spiegò. Lui la studiò per un attimo e poi laimitò. — Piegati leggermente sulle ginocchia.Spalle indietro, polso sciolto. Espira bene elancia! — Gli mostrò come fare, lanciò, e ilpugnale si piantò al centro.

— Fammi vedere di nuovo — le chieseNox riconoscente.

Celaena lo assecondò e colpì di nuovo ilbersaglio. Poi lanciò con la mano sinistra erepresse un grido di trionfo quando la lama siandò a conficcare nell’impugnatura delpugnale già al centro del bersaglio.

Nox prese la mira e alzò il braccio. — Be’,mi hai appena umiliato — disse ridendo piano,mentre lanciava il pugnale più in alto.

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— Tieni il polso ancora più morbido, statutto nel movimento del polso — gli spiegò.

Nox ubbidì e, dopo aver espiratoprofondamente, lanciò. Il pugnale non colpì ilcentro, ma entrò nel cerchio più piccolo.Esclamò stupito: — Questo sì che è un belpasso avanti!

— Ma non basta — commentò Celaena, enon aggiunse altro, mentre lui raccoglieva ipugnali dai due bersagli e le consegnava isuoi. — Tu vieni da Perranth, giusto? — glidomandò. Anche se non era mai stata aPerranth, la seconda cittadina dopo Terrasen,sentire nominare la sua terra natia le destavaancora paura e senso di colpa. Erano passatidieci anni da quando la famiglia reale erastata massacrata, dieci anni da quando il re diAdarlan era entrato con il suo esercito, diecianni da quando Terrasen era andata incontroa un tragico destino di asservimento e disilenzio. Non avrebbe dovuto tirar fuoril’argomento, in realtà non sapeva nemmeno

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perché l’aveva fatto.S’impose di dimostrare un educato

interesse quando Nox annuì. — Questa è laprima volta che esco da Perranth, a dire ilvero. Hai detto che vieni da Bellhaven,giusto?

— Mio padre è un mercante — mentì lei.— E cosa pensa di una figlia che ruba

gioielli per vivere?Celaena si concesse un sorriso e centrò il

bersaglio con il pugnale. — Non mi inviterà acasa per un po’, questo è certo!

— Ah, comunque sei in buone mani. Hai ilmiglior allenatore che ci sia. Vi ho vistocorrere all’alba. Io devo pregare il mio dimettere giù la bottiglia per allenarmi fuori dallelezioni. — Inclinò la testa verso il suoallenatore che se ne stava appoggiato allaparete col cappuccio della mantella sugliocchi. — Dorme, di nuovo.

— Il capitano della guardia a volte è unrompiscatole, però hai ragione, è il migliore —disse lei lanciando un altro coltello.

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Nox rimase zitto per un attimo e poi disse:— La prossima volta che dobbiamoesercitarci a coppie, vieni a cercarmi, vabene?

— Perché? — E fece per prendere un altropugnale, ma si accorse che non ne aveva più.

Nox provò un altro lancio e stavolta fececentro.

— Perché scommetto che la vincerai tu,questa maledetta gara!

A Celaena scappò un sorriso. — Speriamoche tu non venga eliminato alla prova didomani. — E studiò la palestra, sperandoinutilmente di cogliere qualche indizio su ciòche li attendeva l’indomani. Gli altri avversarise ne stavano in silenzio, tranne Caino eVerin, e molti erano bianchi come la neve. —E speriamo che nessuno di noi due finiscacome il Mangiatore di occhi! — aggiunse. Ediceva sul serio.

— Ma tu fai mai qualcos’altro, a parteleggere? — domandò Chaol. Celaena lo

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guardò dalla sedia sul balcone mentre lui le sisedeva accanto. Il sole del tardo pomeriggiole riscaldava il viso e l’ultima, mite brezzad’autunno soffiava fra i suoi capelli sciolti.

Gli fece la linguaccia. — Non dovrestiessere a caccia dell’assassino del Mangiatoredi occhi? — Chaol non andava mai da lei,dopo pranzo.

Un’ombra scura gli attraversò gli occhi. —La cosa non ti riguarda. E non cercare diestorcermi particolari! — precisò appena leiaprì bocca. Poi indicò il libro che teneva ingrembo. — A pranzo ho notato che stavileggendo Il vento e la pioggia e mi sonodimenticato di chiederti cosa ne pensi.

Era davvero venuto per parlare di un libro,nel giorno in cui era stato ritrovato il cadaveredi uno degli avversari ? — È un po’pesantuccio — ammise lei, alzando il volumemarrone che teneva in grembo. E, davanti alsuo silenzio, gli domandò: — Qual è il veromotivo che ti ha portato qui?

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— È stata una lunga giornata.Lei si massaggiò il ginocchio dolente. —

Per l’assassinio di Bill Chastain?— Perché il principe mi ha trascinato in

una riunione del consiglio che è durata tre ore— disse lui con un muscolo della mascellache tremava.

— Credevo che Sua Altezza reale fossetuo amico.

— E lo è.— Da quando?Chaol rimase in silenzio e Celaena capì

che stava riflettendo sulla possibilità che leiusasse quell’informazione contro di lui, stavavalutando il rischio di dirle la verità.

Era pronta a ribattere, quando lui lerispose: — Da quando eravamo piccoli.Eravamo gli unici bambini del castello, gli unicidi alto rango, voglio dire. Seguivamo le lezioniinsieme, giocavamo insieme, ci allenavamoinsieme. Ma quando avevo tredici anni, miopadre riportò tutta la famiglia nella nostra

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casa di Anielle.— La città sul lago d’Argento? — In un

certo senso era plausibile che la famiglia diChaol avesse governato Anielle. I cittadini diAnielle erano guerrieri dalla nascita e pergenerazioni l’avevano difesa dalle orde dibarbari provenienti dalle Montagne dellaZanna Bianca. Per fortuna, negli ultimi diecianni, avevano avuto vita un po’ più facile: gliuomini delle Montagne della Zanna Biancaerano stati fra i primi a essere sconfitti daglieserciti conquistatori di Adarlan ed era moltoraro che i loro ribelli finissero a fare gli schiavi.Da quel che si diceva, pur di non finire sotto ilpotere di Adarlan quegli uomini delleMontagne avevano preferito uccidere mogli efigli e poi si erano suicidati. Si sentì male alpensiero di Chaol che affrontava centinaia diloro, uomini della stazza di Caino.

— Sì — rispose Chaol, giocherellando collungo pugnale da caccia che portava alfianco. — Sono stato costretto a prendereparte al consiglio reale, come faceva mio

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padre. Lui voleva che passassi del tempo conla mia gente e che imparassi… tutto ciò cheun consigliere deve imparare. Diceva che orache l’esercito del re si trovava sulleMontagne, potevamo spostare il nostrocentro d’interesse dalle popolazioni montanealla politica. — Il suo sguardo era distante. —Però Rifthold mi mancava.

— E così siete scappato? — domandò,stupita che lui si aprisse a quel modo, vistocome si era rifiutato di raccontarle qualsiasicosa di sé, durante il viaggio da Endovier.

— Scappato? — Chaol ridacchiò. — No.Dorian convinse il capitano della guardia aprendermi come suo apprendista, con l’aiutodi Brandus. Mio padre non voleva, e cosìrinunciai al mio titolo di lord di Anielle a favoredi mio fratello, e me ne andai il giorno dopo.

Dal silenzio del capitano si capiva ciò chenon riusciva a dire a parole: suo padre non siera opposto. E sua madre? Tirò un lungosospiro. — E di te, cosa mi racconti?

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Lei incrociò le braccia. — Credevo nonvolessi sapere niente di me.

Un flebile sorriso gli comparve sulla facciamentre guardava il cielo tinto di una striaturaarancione. — Che ne pensano, i tuoi, del fattoche la loro figlia è l’Assassina di Adarlan?

— I miei genitori sono morti quando avevootto anni — rispose Celaena.

— E così tu…Il cuore le batteva all’impazzata. — Sono

nata a Terrasen, sono diventataun’assassina, sono finita a Endovier, e orasono qui. Ecco tutto.

Calò il silenzio, poi Chaol le chiese: — Edove ti sei procurata quella cicatrice sullamano destra? — Lei non aveva bisogno diguardare la linea frastagliata che le correvasul dorso della mano fino al polso. Piegò ledita.

— Quando avevo dodici anni, ArobynnHamel disse che non tiravo bene di schermacon la mano sinistra e così mi fece scegliere:

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o mi rompeva lui la mano destra o lo facevoio. — Il ricordo di quel dolore accecante fucome una staffilata alla mano. — Quella seramisi la mano sullo stipite e ci sbattei la portacontro. La mano si aprì e mi ruppi due ossa.Ci vollero mesi perché guarisse, mesi durantei quali potei usare soltanto la sinistra. — E glilanciò uno sguardo perfido. — Scommettoche Brandus non ti ha mai fatto una cosa delgenere.

— No. Non l’ha fatto — rispose lui piano. Sischiarì la voce e si alzò. — La prima prova èdomani. Sei pronta?

— Certo — mentì lei.Lui restò ancora un attimo lì in piedi, a

studiarla. — Ci vediamo domattina — ledisse, e se ne andò. Nel silenzio che seguì,lei pensò alla sua storia, ai percorsi che liavevano resi così diversi eppure così simili. Siabbracciò, un vento freddo percorse le gonnedel vestito e le fece alzare dietro di lei.

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Anche se non l’avrebbe mai ammesso,Celaena non sapeva davvero cosa aspettarsidalla prima prova. Con l’allenamento degliultimi cinque giorni e quel passaggio continuofra armi e tecniche diverse, era tuttaindolenzita. Non avrebbe mai ammessoneppure questo, anche se nascondere queldolore pulsante agli arti era quasi impossibile.Quando al mattino entrò insieme a Chaolnella grande palestra degli allenamenti,Celaena diede un’occhiata ai suoi avversari ericordò di non essere l’unica a non saperecosa aspettarsi. La stanza era divisa in due

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da un imponente sipario nero che impediva divedere al di là. Capì che qualunque cosa cifosse dietro, sarebbe stata responsabile delloro destino.

Invece delle solite scaramucce, c’era untranquillo brusio e i concorrenti, anziché girareper la sala, restavano incollati ai propriallenatori. Anche Celaena rimase vicino aChaol, come sempre del resto. I padrini,invece, guardavano giù dalla balconata ilpavimento a scacchi bianco e nero. Sentì unastretta alla gola quando il suo sguardoincrociò quello del principe. A parte i libri chele aveva mandato, non lo aveva più visto nésentito, dall’udienza del re. Le rivolse unmezzo sorriso, gli occhi color zaffiro chebrillavano nella luce del mattino. Celaenaricambiò timidamente, poi distolse subito losguardo.

Brandus era vicino al sipario, la manosfregiata ben ferma sull’elsa della spada,mentre Celaena studiava la situazione. Sentìqualcuno arrivarle accanto. Sapeva chi era

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prima ancora che parlasse. — Un po’ troppoteatrale, non ti sembra?

Celaena guardò Nox con la codadell’occhio. Al suo fianco Chaol si irrigidì eCelaena vide che aveva gli occhi puntati sulladro, forse chiedendosi se stesserotramando la fuga e l’uccisione dell’interafamiglia reale.

— Dopo cinque giorni di noiosoallenamento, un po’ di emozione ci voleva! —replicò Celaena a bassa voce, vedendo chepochissimi fra i presenti stavano parlando.

Nox se la rise piano. — Cosa pensi chesia?

Lei alzò le spalle continuando a fissare latenda. I contendenti stavano arrivando allaspicciolata e presto l’orologio avrebbesegnato le nove, l’ora fissata per l’inizio dellaprova. Anche se avesse saputo cosa c’eradietro la tenda, di sicuro non aveva intenzionedi favorirlo. — Speriamo sia un branco di lupiaffamati che dobbiamo catturare a mani

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nude. — Lo guardò con un mezzo sorrisosulle labbra. — Sarebbe divertente, no?

Chaol si schiarì piano la gola. Non era ilmomento di parlare. Celaena infilò le maninelle tasche dei pantaloni neri. — Buonafortuna — augurò a Nox mentre si dirigevaverso la tenda, con Chaol dietro. Quandofurono abbastanza lontani dal ladro, Celaenadomandò sottovoce: — Hai idea di cosa ci sialà dietro? — Chaol scosse la testa.

Lei si abbassò sui fianchi il cinturone disolido cuoio, di quelli fatti per sopportare ilpeso di parecchie armi. Sentirlo così leggerole ricordò tutto ciò che aveva perduto e chedoveva riguadagnare. Per un verso, la mortedel Mangiatore di occhi era stataprovvidenziale: c’era un avversario in menoda battere.

Alzò gli occhi verso Dorian. Dalla suapostazione sulla balconata, lui probabilmenteriusciva a vedere cosa c’era dietro il sipario.Perché non poteva darle anche solo unpiccolo vantaggio? Poi osservò gli altri padrini,

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tutti nobiluomini ben vestiti, e strinse i dentialla vista di Perrington. Il duca fece unsorrisetto compiaciuto vedendo Caino chestava allungando i muscoli delle braccia. Chegli avesse già detto cosa c’era dietro ilsipario?

Brandus si schiarì la voce. — La vostraattenzione, subito! — gridò. Tutti i concorrenticercarono di apparire calmi quando lui avanzòverso il centro del sipario. — È arrivato ilmomento della prima prova. — E fece ungrande ghigno, come a pregustare l’infernoche li attendeva dietro quella cortina, qualsiasicosa fosse. — Come ha ordinato SuaMaestà, oggi uno di voi sarà eliminato, uno divoi sarà giudicato indegno.

Forza! pensò Celaena stringendo lemascelle.

Come se le avesse letto nel pensiero,Brandus schioccò le dita e una guardia vicinoalla parete tirò la tenda. Il sipario si aprìlentamente finché…

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Celaena si trattenne dal ridere. Tiro conl’arco? Una gara di tiro con l’arco?

— Le regole sono semplici — spiegòBrandus. Alle sue spalle c’erano cinquebersagli disposti nella sala a distanze diverse.— Avete cinque tiri, uno per ogni bersaglio.Quello con la mira peggiore, se ne torna acasa.

Si levò un brusio fra alcuni contendenti,mentre lei riuscì a trattenere un sorriso digioia. Peccato che Caino non si preoccupassedi nascondere il suo ghigno trionfante. Perchénon era stato il suo, di cadavere, a essereritrovato il giorno prima?

— Tirerete uno per volta — spiegòBrandus. Alle loro spalle due soldati spinseroun lungo carrello con archi e faretre piene difrecce. — Mettetevi in fila vicino al tavolo perstabilire l’ordine di tiro. Che la prova abbiainizio!

Celaena si aspettava che tutti corressero alripiano pieno di archi e frecce tutti uguali, ma

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evidentemente nessuno dei suoi ventunocontendenti aveva fretta di tornare a casa.Celaena fece per raggiungere la fila, maChaol la afferrò per le spalle e la redarguì: —Non metterti in mostra!

Lei gli rispose con un sorriso garbato e sitolse di dosso le dita del capitano. — Farò delmio meglio — replicò maliziosa, e si unì allafila.

Era un grandissimo atto di fiducia mettere inmano a quegli uomini delle frecce, benchénon affilate. Anche una punta smussataavrebbe potuto trapassare la gola diPerrington, o quella di Dorian, se lei avessevoluto.

Nonostante questo pensiero allettante,Celaena mantenne l’attenzione sugliavversari. Con ventidue paladini e cinque tiri atesta, la prova si annunciava interminabile.Grazie a Chaol, che l’aveva spinta in disparte,Celaena era rimasta in fondo alla fila, interz’ultima posizione. Abbastanza in fondo da

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poter vedere la prova di quelli prima di lei,Caino compreso.

Gli altri si difesero abbastanza bene. Igrandi bersagli circolari erano composti dacinque cerchi concentrici colorati, con ilcerchio giallo più interno a contenere laminuscola circonferenza nera che segnava ilnucleo. Più erano distanti, più i bersaglidiventano piccoli, e, poiché la stanza eramolto lunga, l’ultimo bersaglio si trovava aquasi sessanta metri di distanza.

Celaena passò le dita sulla curva liscia delsuo arco in legno di tasso. Il tiro con l’arco erauna delle prime discipline che Arobynn leaveva insegnato, elemento fondamentale perqualsiasi assassino. I due avversari che laprecedevano si erano dimostrati ottimi tiratori.Anche se non avevano colpito il centro ediventavano meno precisi man mano che ilbersaglio si allontanava, chiunque fosse statoil loro maestro, sapeva il fatto suo.

Pelor, l’assassino magro e dinoccolato, nonera abbastanza forte per manovrare un arco

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lungo e riuscì a malapena a scoccare lefrecce. Al termine della prova, aveva gli occhiiniettati di rabbia. Gli altri paladini ridevano eCaino fu quello che rise più forte di tutti.

Brandus guardò Pelor con aria truce. —Nessuno ti ha mai insegnato a usare un arco,ragazzo?

Pelor alzò la testa, guardando il maestrod’armi con una sfrontatezza inaspettata edisse: — Me la cavo meglio con i veleni.

— I veleni! — Brandus alzò le braccia alcielo. — Il re vuole un paladino, ma tu nonriusciresti neanche a prendere una vacca alpascolo! — Il maestro d’armi lo allontanò. Glialtri paladini risero di nuovo, e anche Celaenaavrebbe voluto ridere con loro, ma Pelor feceun respiro impaurito, rilassò le spalle e si unìa chi aveva già gareggiato. Dove l’avrebberoportato, se fosse stato eliminato? In prigione?O in qualche altro posto infernale?Nonostante tutto, Celaena era dispiaciuta peril ragazzo. I suoi tiri non erano stati poi così

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malvagi.In realtà fu Nox a stupirla di più, con tre

centri perfetti nei bersagli più vicini, e altri dueottime frecce nei due tiri finali. Forse avrebbedovuto considerarlo suo alleato. E, da comelo guardavano mentre si dirigeva verso ilfondo della sala, capì che anche gli altristavano pensando la stessa cosa.

Tomba, l’assassino ributtante, era andatobene. Quattro centri e il tiro finale sulla rigadel cerchio più interno. Ma poi toccò a Cainoavvicinarsi alla linea bianca dipinta in fondoalla sala. Tese la corda del suo arco di tasso,con l’anello nero che gli brillava al dito, escoccò.

E poi di nuovo, ancora, ancora, in pochisecondi.

E quando si sentì risuonare l’ultimo tironella sala improvvisamente silenziosissima, lostomaco di Celaena si rivoltò. Cinque centri.

La sua unica consolazione era chenessuno aveva centrato il puntino nero, ilcentro assoluto. E soltanto uno ci si era

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avvicinato.Per qualche ragione, la fila cominciò a

scorrere più in fretta. Non riusciva a pensaread altro che a Caino, a come venivaapplaudito da Perrington e da Brandus allesue spalle, a come riceveva elogi e attenzioni,non perché fosse solo un ammasso dimuscoli, ma perché se lo meritava davvero.

D’un tratto Celaena si ritrovò in piedidavanti alla linea bianca, guardandol’immensa sala di fronte a sé. Qualcunoridacchiò sottovoce, ma lei tenne la testa alta,estrasse una freccia dalla faretra sullaschiena e la infilò nell’arco.

Giorni prima avevano fatto un po’ di praticae lei era stata eccezionale. Ma sempre senzaesagerare, per non attirare troppol’attenzione. In passato aveva ucciso dadistanze molto maggiori di quella del bersagliopiù lontano. Ed erano stati tutti colpi netti.Dritti alla gola.

Cercò di deglutire, ma aveva la bocca

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asciutta.Io sono Celaena Sardothien, assassina di

Adarlan. Se questi uomini sapessero chi sonostata, smetterebbero di ridere. Io sonoCelaena Sardothien. E vincerò. Non milascerò intimorire.

Tese la corda e i muscoli indolenziti dellebraccia le fecero male per lo sforzo. Si isolòdal rumore, dai movimenti, da tutto ciò chenon era il suono del suo respiro mentre siconcentrava sul primo bersaglio. Fece unrespiro profondo. E quando espirò, lasciòandare la freccia.

Centro.La tensione allo stomaco si allentò e le

uscì un sospiro dal naso. Non era un centropieno, ma non era a quello che aveva mirato.

Alcuni smisero di ridere, ma lei non se necurò, mentre preparava un’altra freccia e latirava sul secondo bersaglio. Mirò al bordo delcerchio più interno e lo colpì con precisionemicidiale. Avrebbe potuto disegnare un interocerchio di frecce, se avesse voluto e ne

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avesse avute un numero sufficiente.Fece un altro centro sul terzo bersaglio,

mirando al bordo, ma la freccia finì dentro ilcerchio. Fece lo stesso col quarto bersaglio,mirando però dalla parte opposta del centro.La freccia andò esattamente dove voleva lei.

Mentre estraeva l’ultima freccia, udìridacchiare uno degli avversari, unmercenario dai capelli rossi di nome Renault.Tese l’arco così forte che il legno scricchiolò,e fece il suo ultimo tiro.

Il bersaglio era poco più che una macchiasfocata di colore, così lontano che il centroera un granello di sabbia nell’immensità dellasala. Celaena non riusciva a vedere il puntinoal centro, il puntino che nessuno avevaancora preso, neanche Caino. Il braccio letremò per lo sforzo quando tese un po’ più lacorda e scoccò la freccia.

Colpì il centro assoluto, oscurando ilpuntino nero. Fine delle risate.

Quando si allontanò dalla riga bianca e

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buttò l’arco sul carrello, nessuno le disseniente. Solo Chaol la guardò, ovviamente condisapprovazione. Non era stata mediocrecome avrebbe dovuto. Dorian invecesorrideva. Celaena sospirò e raggiunse glialtri che aspettavano la fine della prova,tenendosi un po’ in disparte.

Quando Brandus confrontò i punteggi, fuuno dei soldati a essere eliminato, e non ilgiovane Pelor. Pur non avendo certosfigurato, Celaena non riusciva a mandar giù,neanche sforzandosi, la sensazione di nonaver ottenuto niente.

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Sebbene cercasse di controllare il respiro,Celaena correva boccheggiando accanto aChaol, nella riserva di caccia. Se anche lui erasenza fiato non lo dava a vedere, il visoappena sudato e un’ombra di umidità sullacamicia bianca.

Risalirono di corsa il pendio di una collina,la cima ancora avvolta nella bruma delmattino. Alla vista della pendenza, Celaena sisentì cedere le gambe e le salì il cuore ingola. Ansimò forte per attirare l’attenzione diChaol, poi rallentò fino a fermarsi e siaggrappò a un tronco d’albero.

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Fece un respiro profondo che la scossecon un brivido e tenendosi stretta all’albero,cominciò a vomitare. Odiava il calore dellelacrime che le scendevano dagli occhi, manon riusciva ad asciugarle, mentre i conati sisusseguivano. Chaol rimase lì accanto aguardare. Celaena appoggiò la fronte albraccio, cercando di calmare il respiro, dirilassare il corpo. Erano passati tre giornidalla prima prova, dieci dal suo arrivo aRifthold, ed era ancora terribilmente fuoriforma. Mancavano quattro giorni allasuccessiva prova eliminatoria e, anche se gliallenamenti erano ripresi come al solito, leiaveva cominciato ad alzarsi un po’ prima delnormale. Non voleva farsi battere da Caino oda Renault o da nessuno di loro.

— Fatto? — le domandò Chaol. Lei alzò latesta per fulminarlo con gli occhi, ma ilcapogiro la travolse con un altro conato. — Tiavevo detto di non mangiare prima di uscire!

— Hai finito di fare il saccente?

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— E tu hai finito di vomitare le budella?— Per adesso sì. Ma forse la prossima

volta non sarò così cortese e ti vomiteròaddosso — replicò.

— Se ce la fai a prendermi — disse lui conun mezzo sorriso.

Avrebbe voluto togliergli quel ghigno dallafaccia, ma appena fece un passo letremarono le ginocchia e dovette riappoggiarele mani al tronco, aspettando il conatosuccessivo. Con la coda dell’occhio videChaol che le guardava la schiena appenacoperta dalla camiciola bianca e sudata. Sirialzò. — Ti stai godendo lo spettacolo dellemie cicatrici?

Chaol si morse per un istante il labbrosuperiore. — Quando te le sei fatte? —Celaena sapeva che si riferiva ai tre segnienormi che le correvano lungo la schiena.

— Secondo te? — rispose. Chaol rimase insilenzio e lei guardò la rada chioma di foglieche li sovrastava. La brezza del mattino le

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fece tremare tutte, strappandone alcune dairami scheletrici da cui pendevano.

— Quelle tre le ho ricevute il giorno in cuisono arrivata a Endovier.

— E cosa avevi fatto per meritartele?— Meritarmele? — Le uscì una risata

sguaiata. — Nessuno si merita di esserefrustato come un animale! — Lui fece per direqualcosa, ma lei lo interruppe. — Appenaarrivata a Endovier, mi hanno trascinata alcentro del campo e legato ai pali dellafustigazione. Ventuno frustate. — Lei loguardava senza vederlo veramente, mentre ilcielo cinerino si tramutava nella desolazionedi Endovier e il sibilo del vento riecheggiava ilsospiro degli schiavi. — Non avevo ancoraconosciuto gli altri schiavi e ho passato la miaprima notte chiedendomi se sareisopravvissuta fino al mattino, se la miaschiena si sarebbe infettata o se avrebbesanguinato facendomi morire senza che mene accorgessi.

— Non ti ha aiutato nessuno?

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— Solo il mattino dopo. Una giovane mi hadato una pomata mentre eravamo in fila perla colazione. Non ho neppure potutoringraziarla. Qualche ora dopo, quattrosorveglianti l’hanno violentata e uccisa. —Strinse i pugni e si commosse. — Il giorno incui sono scappata, mi sono fermata in quelbraccio di miniera per ripagarli di ciò che leavevano fatto. — Qualcosa di glaciale lescorreva nelle vene. — Sono morti troppo infretta.

— Ma anche tu sei una donna — disseChaol, con la voce bassa e roca. — Nessunoti ha mai… — sospese la frase, incapace dipronunciare quella parola.

Lei gli fece un sorriso lento, amaro. —Tanto per cominciare avevano paura di me. Edal giorno in cui riuscii quasi ad arrivare allemura, nessuno di loro osò avvicinarsi troppo.Comunque, se una guardia avesse cercato diprendersi troppe confidenze, avrebbe fatto daesempio per tutti, così avrebbero capito di

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cosa ero capace. — Il vento soffiavascompigliando ciocche di capelli dalla treccia.Non voleva rivelargli l’altro suo sospetto,ovvero che forse, in qualche modo, Arobynnavesse pagato le guardie di Endovier perchénon le accadesse nulla di grave. — Ognuno dinoi sopravvive a modo suo.

Celaena non comprese la dolcezza dellosguardo di Chaol mentre annuiva. Restòancora un attimo a guardarlo, poi ricominciò asalire su per il colle, dove facevano capolino iprimi raggi di sole.

Il pomeriggio seguente, i paladini erano riunitiintorno a Brandus che li stava istruendo suvarie armi e altre sciocchezze che lei avevagià imparato anni prima e non aveva nessunavoglia di sorbirsi di nuovo. Si stava chiedendose sarebbe riuscita a dormire in piedi,quando, con la coda dell’occhio, unmovimento improvviso vicino alla porta dellabalconata catturò la sua attenzione. Celaenasi voltò giusto in tempo per vedere uno dei

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paladini più corpulenti, precisamente uno deidue soldati radiati dall’esercito, che colpivauna guardia mettendola fuori combattimento.Si udì il rumore della testa che sbatteva sulpavimento. La guardia perse subitoconoscenza. Celaena non osò muoversi,nessuno dei paladini fece un passo, mentrel’uomo correva verso la porta, il giardino e lafuga.

Ma Chaol e i suoi uomini furono più veloci:il fuggiasco non fece in tempo a toccare laporta di cristallo che una freccia gli trafisse lagola.

Calò il silenzio. Metà delle guardieimpugnarono le spade e circondarono ipaladini, mentre gli altri, compreso Chaol,corsero verso il morto e la guardia stordita aterra. Si udì uno scricchiolio di archi quandogli arcieri sulla balconata tesero le corde.Celaena rimase immobile, e così fece Noxaccanto a lei. Un movimento sbagliato, unaguardia impaurita e sarebbe morta. PersinoCaino tratteneva il fiato.

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Fra il muro di paladini e guardie armate,Celaena intravide Chaol in ginocchio, vicinoalla guardia svenuta. Nessuno toccò il corporiverso del paladino, le mani ancora teseverso la porta di cristallo. Si chiamava Sven,anche se lei non sapeva perché fosse statoradiato.

— Numi del cielo! — mormorò Nox, cosìpiano che le labbra si mossero appena. —L’hanno ucciso. — Avrebbe voluto dirgli distare zitto, ma anche solo girarsi verso di luipoteva essere azzardato. Alcuni dei paladinibisbigliavano fra loro, ma nessuno osava fareun passo. — Sapevo che non scherzavanoquando hanno detto che non ci avrebberolasciati andare, però… — imprecò Nox, e leisentì che la guardava di traverso. — Il miopadrino mi aveva garantito l’incolumità. Mi èvenuto a cercare e mi ha detto che non sareifinito in prigione se avessi perso. — A quelpunto Celaena capì che stava parlando fra sée sé e, non sentendola rispondere, Nox

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tacque. Celaena non riusciva a staccare gliocchi dal paladino morto.

Che cosa aveva spinto Sven a rischiare? Eperché proprio in quel momento? Mancavanoancora tre giorni alla seconda prova. Perchéaveva deciso di agire proprio ora? Il giorno incui aveva reagito, a Endovier, non pensavaalla libertà. No. Aveva scelto il luogo e ilmomento e aveva cominciato a mulinarecolpi. Non aveva intenzione di fuggire.

Il sole splendeva attraverso le porte a vetriilluminando il sangue del paladino come vetrocolorato.

Forse aveva semplicemente capito chenon poteva vincere e che era molto megliomorire così piuttosto che tornare da dove eravenuto. Se voleva scappare, avrebbe dovutoaspettare che facesse buio e scegliere unmomento in cui era lontano dagli altricontendenti. Celaena capì che Sven avevavoluto dimostrare qualcosa e lo aveva capitoperché quel giorno, a Endovier, lei eraarrivata a un passo dalle mura.

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Adarlan poteva privarli della libertà,distruggere le loro vite, picchiarli e piegarli efrustarli, poteva costringerli a fare ridicolitornei ma, criminali o no, erano pur sempreesseri umani. Morire, anziché fare il gioco delre, era l’unica scelta che rimaneva.

Continuando a fissare quella mano tesa,rivolta a un orizzonte irraggiungibile, Celaenadisse una preghiera silenziosa per il paladinomorto e gli augurò ogni bene.

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Con le palpebre pesanti, Dorian Havilliardcercava di stare seduto sul trono in manieranon troppo scomposta. La musica e ilchiacchiericcio di fondo gli mettevano sonno.Perché sua madre insisteva tanto a farlovenire a corte? Anche solo un pomeriggio asettimana, per lui, era troppo. Comunquesempre meglio che studiare il cadavere delMangiatore di occhi su cui Chaol investigavada giorni. Il principe ci avrebbe pensato in unsecondo momento, ammesso che diventasseun problema, il che era impossibile, visto chese ne stava occupando Chaol. Probabilmente

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si era trattato solo di una rissa fra ubriachi…E poi c’era il paladino che quel pomeriggio

aveva tentato la fuga. Dorian rabbrividiva alsolo pensiero di cosa doveva essere statoassistere alla scena, al trambusto che Chaolaveva dovuto fronteggiare, dal soldato feritoal padrino rimasto senza paladino, fino alcadavere stesso dell’uomo. Come era venutoin mente, a suo padre, di bandire queltorneo?

Dorian guardò sua madre, seduta sul tronovicino. Di certo era all’oscuro di tutto, eprobabilmente sarebbe rimasta inorridita seavesse saputo che razza di criminalidormivano sotto il suo stesso tetto! Eraancora bella, nonostante le rughe e i segni sulviso incipriato, e qualche filo bianco fra icapelli biondo rame. Quel giorno era avvoltain abbondanti falde di velluto verde bosco,morbidi scialli e stole dorate, e la sua coronasosteneva un velo luccicante che agli occhi diDorian sembrava più che altro una tenda.

Davanti a loro, la nobiltà di corte sfilava

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impettita tra pettegolezzi, trame e giochi diseduzione. In un angolo, l’orchestra suonavaminuetti e i domestici scivolavano fra individuidi sangue blu in una danza tutta loro, ariempire e ritirare piatti, tazze e argenteria.

Dorian si sentiva un soprammobile.Naturalmente indossava i vestiti che suamadre aveva scelto per lui e gli aveva fattorecapitare al mattino: un corpetto di vellutoblu-verde scuro con ridicole maniche bianchea sbuffo che si gonfiavano dalle spallerivestite di righe bianche e blu. I pantalonierano grigio chiaro, ma gli stivali di camoscioerano troppo nuovi e lucidi per un vero uomo.

— Dorian, mio caro! Hai il broncio! —Dorian le fece un sorriso come per scusarsi.— Ho ricevuto una lettera da Hollin. Tiabbraccia.

— Dice niente di interessante?— Solo che odia la scuola e vuole

tornarsene a casa.— Lo dice in ogni lettera.

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La regina di Adarlan sospirò. — Se tuopadre non me lo impedisse, lo farei tornare acasa.

— È meglio che se ne stia a scuola. —Quando si trattava di Hollin, più lontano stavae meglio era.

Georgina scrutò il figlio. — Tu ti comportavimeglio. Non hai mai disubbidito ai tuoi tutori.Oh, mio povero Hollin! Quando sarò mortabaderai tu a lui, vero?

— Morta? Mamma, ma hai solo…— Lo so bene quanti anni ho. — E agitò la

mano inanellata. — Ed è per questo che tidevi sposare. E presto.

— Sposare? — Dorian strinse i denti. — Echi dovrei sposare?

— Tu sei il principe ereditario, Dorian. E haigià diciannove anni. Vuoi diventare re emorire senza eredi? E far salire Hollin altrono? — Dorian non rispose. — Propriocome pensavo. — Poi continuò: — Il mondo èpieno di giovani donne desiderose di

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diventare delle buone mogli. Anche se unaprincipessa sarebbe certamente meglio…

— Non ci sono più principesse — disse luibrusco.

— A parte la principessa Nehemia… — Laregina rise e appoggiò la mano su quella diDorian. — Oh, non ti preoccupare, non tiobbligherei mai a sposarla. Mi stupisce chetuo padre le permetta ancora di portare iltitolo! Quella ragazza impulsiva e sdegnosa.Sai che si è rifiutata di mettere il vestito che leavevo mandato?

— Sono sicuro che la principessa avrà lesue ragioni — commentò cauto Dorian,disgustato dall’implicito pregiudizio dellamadre. — Le ho parlato solo una volta, ma miè sembrata... vivace.

— Allora forse sposerai proprio lei. — Lamadre rise di nuovo prima ancora che luipotesse rispondere.

Dorian fece un timido sorriso. Ancora noncapiva per quale motivo suo padre avesseacconsentito alla richiesta del re di Eyllwe di

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mandare la figlia a corte per conosceremeglio gli usi di Adarlan. Come ambasciatrice,Nehemia non era propriamente la sceltamigliore. Non alla luce di ciò che si diceva sulsuo conto, ovvero che sostenesse i ribelli diEyllwe e che avesse cercato di chiudere ilcampo di Calaculla. Dorian, tuttavia, nonpoteva certo biasimarla per questo, non dopoaver visto l’orrore di Endovier e ladevastazione che aveva lasciato sul corpo diCelaena Sardothien. Ma suo padre nonfaceva mai niente senza ragione e, dallepoche parole che aveva scambiato conNehemia, non poteva evitare di chiedersi seanche lei non avesse le proprie ragioni pertrovarsi lì.

— È un peccato che lady Kaltain abbia giàun accordo con il duca Perrington! È unaragazza talmente bella, e così educata.Magari ha una sorella… — proseguì laregina.

Dorian incrociò le braccia trattenendo lo

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sdegno. Lady Kaltain era dall’altra parte dellasala e lui sentiva addosso fin troppo bene gliocchi di lei che lo divoravano palmo a palmo.Cambiò posizione, indolenzito a forza di stareseduto tanto a lungo.

— E che mi dici di Elisa? — domandò laregina indicando una giovane bionda con unvestito color lavanda. — È molto bella. E saessere piuttosto vivace.

Me ne sono già accorto.— Elisa mi annoia — commentò.— Oh, Dorian! — Si mise la mano sul

cuore. — Non vorrai mica dirmi che desiderisposarti per amore, vero? L’amore nongarantisce un matrimonio felice.

Era stufo. Stufo di queste donne, stufo deicicisbei che si spacciavano per amici, stufo ditutto.

Aveva sperato che il viaggio a Endovierpotesse placare quella noia e fargli tornare lavoglia di essere a casa, invece non eracambiato nulla. Sempre le stesse signore chelo guardavano con aria implorante, le stesse

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servette che gli facevano l’occhiolino, glistessi consiglieri che gli infilavano proposte dilegge sotto la porta con biglietti diraccomandazioni. E poi suo padre… suopadre, sempre smanioso di nuove conquiste,deciso a continuare fin quando la bandiera diAdarlan non avesse sventolato su tutti icontinenti. Persino scommettere sui cosiddettipaladini era diventato una noia mortale. Erachiaro che lo scontro finale sarebbe stato fraCaino e Celaena, ma fino ad allora… Be’,sugli altri non valeva la pena sprecare iltempo.

— Sei di nuovo imbronciato. C’è qualcosache ti tedia, piccolo mio? Hai avuto notizie diRosamunda? Mio povero ragazzo, come ti haspezzato il cuore! — La regina scosse latesta. — Però è passato più di un anno… —Lui non replicò. Non voleva pensare aRosamunda o al noioso marito per il quale leil’aveva lasciato.

Alcuni nobili cominciarono a ballare

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intrecciando una danza. Molti avevano la suastessa età, eppure a lui sembrava che liseparasse una distanza infinita. Non è che sisentisse più vecchio, o più saggio, piuttostosentiva… sentiva…

Era come se ci fosse qualcosa dentro di luiche stonava con quello spirito festaiolo, conquel disinteresse per il mondo esterno alcastello. Era qualcosa al di là del titolo. Nellasua prima adolescenza aveva goduto dellaloro compagnia, ma era ormai chiaro che oranon avevano più nulla in comune. La cosapeggiore, tuttavia, era vederli ignari di quelladiversità, o di quel sentimento. Non fossestato per Chaol, sarebbe statoimmensamente solo.

— Be’ — disse sua madre, schioccando ledita color avorio a una delle dame dicompagnia. — Sono sicura che tuo padre titiene sempre occupato, ma quando troveraiun momento per pensare a me e al destinodel tuo regno, leggi questo. — La dama dellaregina fece la riverenza e gli porse un foglio

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ripiegato col sigillo rosso sangue della madre.Dorian lo aprì e gli si ritorse lo stomacodavanti al lungo elenco di nomi. Tutte ragazzedi sangue blu, tutte in età da marito.

— Cos’è questo? — chiese, trattenendosiper non strappare il foglio.

La regina rispose con un sorrisocompiaciuto: — Un elenco di potenziali spose.Ognuna di loro sarebbe adatta a prendere lacorona. E tutte, a quanto pare, sono in gradodi generare degli eredi.

Dorian infilò l’elenco di nomi nella tasca delcorpetto. L’inquietudine che sentiva dentronon si placava. — Ci penserò — disse, eprima che lei potesse replicare, scese dalpalco coperto. Cinque ragazze accorserosubito verso di lui e cominciarono a invitarlo aballare, a chiedergli come stava, se era suaintenzione partecipare al ballo di Samhuinn.Le parole ronzavano intorno a Dorian che leguardava assente. Come si chiamavano?

Sbirciò sopra quelle teste ingioiellate per

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individuare una via di fuga. Sarebbe soffocatose si fosse trattenuto ancora. Limitandosi aqualche educato saluto, il principe ereditario siallontanò a grandi passi dallo sfavillio dellacorte, con l’elenco delle sue potenziali mogliche gli bruciava al punto da trapassare ivestiti e scottargli la pelle.

Dorian percorse i corridoi del castello conle mani in tasca. I canili erano vuoti, i canierano usciti. Gli sarebbe piaciuto far visita auna delle cagne incinte, ben sapendo cheprima del parto non era possibile prevederecome sarebbe stata la figliata. Sperava che icuccioli fossero di razza pura, ma la cagnaaveva il vizio di scappare dal recinto. Era lapiù veloce, e lui non era mai riuscito adomarne l’impeto.

Non sapeva bene dove stesse andando,aveva solo bisogno di camminare da qualcheparte.

Si slacciò il primo bottone del corpetto.Dalla porta aperta proveniva un clangore dispade e si fermò. Si trovava davanti alla

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palestra dei paladini e, anche se l’allenamentodoveva essere già terminato, c’era…

Eccola.I suoi capelli biondi rilucevano mentre lei

entrava e usciva da un gruppetto di treguardie, con la spada che sembrava piùun’estensione d’acciaio delle mani. Simuoveva sicura, evitandole, aggirandole.

Qualcuno, a sinistra, cominciò adapplaudire, e i quattro combattenti sifermarono, ansimanti. Dorian vide chel’Assassina rispondeva all’applauso con unsorriso. Una patina di sudore le illuminava leguance e i suoi occhi azzurri brillavano. Sì,era davvero bella. Ma…

La principessa Nehemia si avvicinòcontinuando ad applaudire. Non aveva il solitovestito bianco, ma una tunica scura e ampipantaloni, e impugnava saldamente unbastone di legno riccamente intagliato.

La principessa prese l’Assassina per unaspalla e le disse qualcosa che la fece ridere.

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Dorian si guardò in giro. Dov’erano Chaol eBrandus? Come mai l’Assassina di Adarlan sitrovava qui con la principessa di Eyllwe? Econ una spada, per di più! C’era qualcosa chenon andava, specialmente dopo il tentativo difuga di quel paladino, il giorno prima.

Dorian si avvicinò e sorrise alla principessacon un inchino. Nehemia si degnò dirispondergli solo con un rapido cenno. Nonc’era da stupirsi. Dorian prese la mano diCelaena. Sapeva di metallo e di sudore, ma labaciò ugualmente, alzando gli occhi verso dilei durante il baciamano. — Lady Lillian —mormorò sulla pelle.

— Vostra Altezza — disse lei, cercando diritirare la mano. Ma Dorian si teneva strettoquel palmo calloso.

— Posso dirti due parole? — le chiese,portandola via prima che potesse replicare.Quando non furono più a portata d’orecchio,le domandò: — Dov’è Chaol?

Lei incrociò le braccia. — È questo il mododi parlare alla vostra amata paladina?

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Lui si accigliò. — Dov’è?— Non lo so. Ma scommetto che sta

esaminando il cadavere martoriato delMangiatore di occhi, oppure che si stasbarazzando del corpo di Sven. ComunqueBrandus ha detto che potevo restare quantovolevo, dopo gli allenamenti. Ho un’altra provadomani, sapete.

Certo che lo sapeva. — Perché laprincipessa Nehemia è qui?

— Mi ha cercato lei e, quando Philippa leha detto che ero qui, ha insistito per venire. Aquanto pare certe donne non sanno resisterea lungo senza un’arma in mano… — Simorse le labbra.

— Non ti ricordavo così loquace.— Be’, se aveste trovato il tempo per

parlare con me, forse ve ne sareste accorto.Lui sbuffò, ma decise di stare al gioco. —

E quando avrei dovuto parlarti?— Ricorderete che abbiamo viaggiato

insieme da Endovier, giusto? E che io ormai

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sono qui da diverse settimane?— Ti ho mandato quei libri — replicò.— E mi avete mai chiesto se li avevo letti?

— Si era forse dimenticata con chi stavaparlando?

— Da quando sono qui ci siamo parlati unasola volta.

Celaena alzò le spalle e fece per voltarsi.Irritato ma alquanto incuriosito, la prese perun braccio. Gli occhi turchesi le brillavanomentre fissava la mano che la teneva strettae il cuore del principe accelerò quando lei alzòlo sguardo. Sì, era bella anche sudata.

— Non avete paura di me? — disseCelaena guardando il cinturone con la spada.— O forse siete un abile spadaccino come ilcapitano Westfall?

Dorian si avvicinò, stringendo la presa. —Sono più bravo — le mormorò all’orecchio.Ecco: lei stava arrossendo.

— Bene — fece Celaena, quando latensione si era ormai allentata. Aveva vintolui. Incrociò le braccia. — Molto divertente,

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Vostra Altezza.Lui fece un inchino esagerato. — Faccio

quello che posso. Però la principessaNehemia non può restare qui con te.

— E perché mai? Pensate che io possaucciderla? E perché dovrei uccidere l’unicapersona di questo castello che non èun’emerita idiota? — E lo guardò, facendoglicapire che anche lui era compreso nelmucchio. — Comunque le sue guardie miucciderebbero se solo provassi ad alzare unamano contro di lei.

— Così non va. Lei è qui per imparare inostri usi, non per duellare.

— È una principessa. Può fare ciò chevuole.

— E suppongo che tu voglia insegnarle ausare le armi?

Celaena scosse la testa. — Forse avete unpo’ paura di me, vero?

— La riaccompagnerò personalmente neisuoi appartamenti.

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Celaena fece un ampio gesto, per lasciarlopassare. — Che Wyrd l’aiuti!

Dorian si passò una mano sui capelli neri esi avvicinò alla principessa che li aspettavacon una mano sul fianco. — Vostra Altezza— disse Dorian, facendo al tempo stessocenno alla sua guardia del corpo diavvicinarsi. — Temo di doverviriaccompagnare ai vostri appartamenti.

La principessa guardò oltre con ariastupita. Con sgomento di Dorian, Celaenacominciò a parlare con Nehemia nella linguadi Eyllwe e la principessa batté il bastone.Disse qualcosa al principe, che però nonconosceva abbastanza la lingua di Eyllwe, epoi la principessa parlava troppo velocementeperché lui potesse capirla. Ma l’Assassinafece da interprete.

— Ha detto di tornarvene ai vostri cuscini eai vostri balli e di lasciarci in pace — spiegòCelaena.

Lui fece del suo meglio per sembrare serio.

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— Dille che non può duellare.Celaena disse qualcosa e la principessa

rispose solo con un cenno della mano, poi lisuperò e avanzò verso l’area di allenamento.

— Cosa le hai detto? — chiese Dorian.— Le ho detto che vi sareste offerto di

farle da primo avversario — disse lei. — Be’,non vorrete mica deludere la principessa?

— Io non duellerò con la principessa.— Preferireste farlo con me?— Magari, se avessimo una lezione privata

nei tuoi appartamenti — disse lui sottovoce.— Stanotte.

— Vi aspetterò — rispose, mentre col ditosi attorcigliava un ricciolo di capelli.

La principessa cominciò a maneggiare ilbastone con una forza e una precisione chelo lasciarono di stucco. Deciso a non farsibucherellare come un colabrodo, il principe sidiresse alla rastrelliera delle armi e scelse duespade di legno. — Che ne direste di un duellodi spade? — le domandò. Con suo sollievo laprincipessa annuì e consegnò il bastone a

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una delle guardie, poi prese la spada daallenamento che Dorian le porse. Celaenanon si sarebbe presa gioco di lui!

— Dovete stare in questa posizione —spiegò alla principessa, mettendosi sulladifensiva.

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Celaena sorrise vedendo il principe ereditariodi Adarlan che introduceva la principessa diEyllwe ai rudimenti della scherma. Avevafascino, ma in un modo un poco arrogante.Comunque c’erano tanti altri nobili moltopeggio di lui. Celaena si era sentita inimbarazzo per come l’aveva fatta arrossire. Inrealtà, il principe era così attraente chediventava impossibile evitare di pensare aquanto fosse attraente e chiedersi come mainon fosse ancora sposato.

Aveva quasi voglia di baciarlo.Provò una forte emozione. Ovviamente era

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già stata baciata altre volte. Da Sam, e varievolte; dunque i baci non erano una novità perlei. Ma ormai era passato più di un anno daquando aveva visto l’ultima volta l’assassinocol quale era cresciuta. E anche se solo ilpensiero di baciare qualcun altro la facevastar male, quando aveva visto Dorian…

La principessa Nehemia faceva i suoiaffondi e colpì Dorian al polso con la spada.Celaena si trattenne dal ridere. Lui storse labocca e si sfregò la parte dolorante, ma poisorrise nel vedere la principessa compiaciuta.

Accidenti a lui e alla sua bellezza!Era appoggiata alla parete e si sarebbe

goduta la lezione se qualcuno non l’avessepresa per il braccio, stringendola così forte dafarle male.

— E questo cosa sarebbe? — Strappatavia dalla parete, si trovò davanti Chaol.

— Cosa sarebbe cosa?— Cosa sta facendo Dorian con lei?Celaena fece spallucce. — Tirando di

scherma forse?

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— E perché stanno tirando di scherma?— Forse perché si è offerto di insegnarle a

combattere?Chaol quasi la allontanò con uno spintone

mentre si avvicinava ai due schermidori.Smisero di tirare e Dorian seguì Chaol indisparte. Parlavano in modo concitato, teso,poi Chaol tornò da Celaena. — Le guardie tiaccompagneranno ai tuoi appartamenti.

— Cosa? — Si ricordò della loroconversazione sul balcone e s’incupì. Eccocosa succede a confidarsi. — La prova èdomani e io ho bisogno di allenarmi!

— Credo ti sia allenata abbastanza, peroggi, è quasi ora di cena. La tua lezione conBrandus è finita due ore fa. Vatti a riposareun po’ o domani sarai fuori uso. E comunqueno, io non so quale sarà la prova, perciò nonchiedermelo neanche!

— È assurdo! — esclamò lei, ma dopo unpizzicotto di Chaol abbassò la voce. Laprincipessa Nehemia guardò preoccupata in

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direzione di Celaena, ma l’Assassina le fececenno di terminare la lezione con il principe.— Io non farò un bel niente, insopportabilestupido che non sei altro!

— Proprio non riesci a capire perché non cipossiamo permettere questa situazione?

— Questa situazione? Hai solo paura dime!

— Non fare la sbruffona!— Pensi che io voglia tornarmene a

Endovier? — sibilò. — Pensi che non sappiaperfettamente che, se scappo, mi darete lacaccia per il resto della mia vita? Pensi chenon sappia perché vomito ogni volta checorriamo al mattino? Sono ridotta a unostraccio. Ho bisogno di queste ore diallenamento in più e tu non dovrestirimproverami per questo!

— Non pretendo di sapere cosa frulla nelcervello di una criminale.

Celaena alzò le mani al cielo. — Sai, a direil vero mi sono sentita un po’ in colpa. Giustoun po’. Adesso capisco che non avrei dovuto.

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Odio restarmene seduta chiusa in camera,sfinita dalla noia. Odio tutte queste guardie equeste idiozie. Odio quando mi costringi atrattenermi mentre Brandus tesse le lodi diCaino e io me ne sto qui in mezzo, annoiata eignorata. Odio sentirmi dire cosa non possofare. E più di tutti, odio te!

Lui tamburellò il piede a terra. — Hai finito?Non c’era nessuna gentilezza sul viso di

Chaol e lei uscì furibonda, coi pugni che leformicolavano dalla voglia di fargli ingoiare identi.

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Seduta al centro del grande salone, ladyKaltain guardava il duca Perrington checonversava con la regina Georgina, sul palcoreale. Peccato che Dorian se ne fosse andatovia all’improvviso, un’ora prima: non eranemmeno riuscita a parlargli! La cosa lainfastidiva molto, soprattutto perché la damaaveva dedicato quasi tutta la mattinata adecidere cosa indossare per presentarsi acorte: i capelli corvini erano raccolti e la pelledel viso era illuminata da una cipria lucente eimpalpabile. Anche con le costole strizzate dailacci del vestito giallo e rosa e il collo

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strangolato da fili di perle e diamanti, riuscivaa tenere la testa alta, diritta. Dorian se n’eraandato, ma la comparsa di Perrington erastata una sorpresa inaspettata. Era raro che ilduca venisse a corte, doveva trattarsi di unaquestione importante.

Lady Kaltain si alzò dalla sedia vicino alfuoco quando il duca fece l’inchino alla reginae si avviò verso la porta. Appena lei gli si paròdavanti, il duca si fermò, con una bramosianegli occhi che la fece rabbrividire, e siprodigò in un grande inchino. — Milady…

— Vostra Grazia — rispose lei sorridente,cercando di sopprimere la repulsione che lesaliva dentro.

— Mi auguro che stiate bene — le disselui, porgendole il braccio per accompagnarlafuori. Lei sorrise di nuovo e lo assecondò. Perquanto grassoccio, aveva braccia muscolose.

— Molto bene, grazie. E voi? Sono giorni egiorni che non vi vedo! Che splendidasorpresa avervi qui a corte!

Perrington le fece un sorriso affettato. —

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Anche voi mi siete mancata, milady. — LadyKaltain cercò di non irrigidirsi al tocco di quelledita pelose e grassocce sulla pelleimmacolata, e inclinò leggermente la testaverso di lui. — Spero che Sua Maestà laregina goda di buona salute. Avete avuto unapiacevole conversazione?

Era incauto ficcare il naso, considerato chelei si trovava lì solo grazie ai buoni uffici delduca. Quando lo aveva incontrato, laprimavera scorsa, era stato un vero colpo difortuna. Convincerlo a invitarla a corte,lasciandogli intendere cosa aveva in serboper lui una volta lasciata la casa paterna edessendo libera da accompagnatori, non erapoi stato così difficile. Ma non era lì solo per ipiaceri di corte. No. Era stufa di essereconsiderata una seconda scelta, stufa diaspettare il miglior offerente e di sopportarecerti gretti giochi di potere e certi stupidifantocci.

— Sua Maestà la regina sta piuttosto

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bene, direi — rispose Perrington mentre laaccompagnava verso i suoi appartamenti.Avvertì una stretta allo stomaco. Anche se ilduca non faceva mistero della propriapassione per lei, non l’aveva costretta adandare a letto con lui, non ancora. Ma con unuomo come Perrington, abituato a otteneresempre ciò che voleva, non le restava piùmolto tempo per aggirare la vaga promessache gli aveva fatto mesi prima. — Però ha isuoi grattacapi, con un figlio da sposare.

Lady Kaltain rimase impassibile. Calma.Serena. — Dobbiamo aspettarci prestoqualche annuncio di fidanzamento? — Altradomanda pericolosa.

— Me lo auguro proprio — bofonchiò ilduca, col volto che si rabbuiava sotto i capellirossi. Sulla guancia spiccava la cicatricefrastagliata. — Sua Maestà ha già un elencodi ragazze che reputa adatte… — Il duca sifermò, rammentandosi con chi stavaparlando, e lady Kaltain batté le ciglia.

— Oh, perdonatemi, non intendevo ficcare

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il naso negli affari della casa reale! — dissecon tono da gattamorta, dandogli un buffettosul braccio, col cuore che le galoppava.Avevano fornito a Dorian un elenco dipretendenti? E chi c’era in quell’elenco? Ecome poteva… no, ci avrebbe pensato dopo.Per il momento doveva scoprire chi si eramessa di mezzo fra lei e la corona.

— Non c’è nulla di cui scusarsi — disse ilduca, con gli occhi scuri che brillavano. —Venite, raccontatemi cosa avete fatto inquesti ultimi giorni.

— Niente di particolare. Anche se hoincontrato una giovane donna molto speciale— disse lei con indifferenza, sospingendologiù per una scala costeggiata di finestre checonduceva alla zona di cristallo. — Un’amicadi Dorian, lady Lillian, così l’ha presentata.

Il duca si irrigidì tutt’a un tratto. — L’aveteincontrata?

— Oh, sì, è molto gentile! — La bugia lescivolò di bocca. — Oggi, quando le ho

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parlato, mi ha detto di piacere molto alprincipe. Spero per lei che fosse sulla listadella regina! — Anche se voleva informazionisu Lillian, di sicuro non aveva previsto dispingersi tanto oltre.

— Lady Lillian? Ma certo che non c’è!— Poverina! Immagino abbia il cuore

spezzato! So che non dovrei mettere il naso— continuò, col duca sempre più rosso eadirato — ma meno di un’ora fa ho sentitoche anche Dorian…

— Cos’avete sentito? — La dama provò unbrivido nel vederlo così arrabbiato: non conlei, ma con lady Lillian. Si rese conto conpiacere di aver impugnato un’arma potente.

— È molto attaccato a lei. Innamorato,forse…

— Che assurdità!— Ma è la verità! — E scosse la testa

contrariata.— È una pazzia, ecco cos’è! — Il duca si

fermò in fondo al corridoio che conduceva allestanze di lady Kaltain. Era basito per la

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rabbia. — È una cosa da pazzi e da stupidie… non si può fare!

— Non si può fare?— Un giorno o l’altro vi spiegherò perché.

— Un orologio batté l’ora con uno stranosuono e Perrington si girò. — Ho una riunionedel consiglio. — E si piegò verso di lei tantoda sussurrarle all’orecchio, col fiato caldo eumido sulla pelle. — Vi vedrò questa sera? —E le passò una mano sulla schiena prima diandarsene. Lei lo guardò allontanarsi e,quando fu scomparso dalla sua vista, tirò unsospiro liberatorio. Se questo era il prezzo dapagare per avvicinarsi a Dorian…

Doveva scoprire chi erano le pretendenti,ma prima doveva trovare un modo pertogliere a Lillian i favori del principe. Elenco onon elenco, Lillian restava pur sempre unaminaccia.

E se ora il duca Perrington la odiava tanto,allora, al momento giusto, lei avrebbe potutocontare su potenti alleati, per far sì che Lillian

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mollasse la presa su Dorian.

Dorian e Chaol non parlarono molto mentreandavano a cena nel grande salone. Laprincipessa Nehemia era al sicuro nelle suestanze, circondata dalle guardie. Avevanosubito convenuto che, se era una pazzialasciare che Celaena e la principessatirassero di spada, l’assenza di Chaol eraaltrettanto imperdonabile, sebbene dovesseancora investigare sulla morte del paladino.

— Eri molto cordiale con la giovaneSardothien — disse Chaol con freddezza.

— Geloso, eh? — lo punzecchiò Dorian.— Mi preoccupo più che altro della tua

incolumità. Potrà anche essere bella e colpirtiper la sua bravura, ma resta pur sempreun’assassina, Dorian.

— Sembri mio padre.— È buon senso. Stai lontano da lei,

paladina o no.— Non darmi ordini.— Lo dico per il tuo bene.

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— Perché potrebbe uccidermi? Credo chele piaccia essere coccolata. Se finora non haprovato a scappare o a uccidere, perché maidovrebbe farlo adesso? — E batté la manosulla spalla dell’amico. — Tu ti preoccupitroppo.

— Preoccuparmi è il mio mestiere.— Allora ti verranno i capelli grigi prima dei

venticinque anni e di sicuro Sardothien non siinnamorerà di te!

— Che sciocchezze stai dicendo?— Be’, se provasse a scappare, cosa che

non farà, ti spezzerebbe il cuore. Saraicostretto a darle la caccia e rinchiuderla nelleprigioni o ucciderla.

— Non mi piace, non è il mio tipo, Dorian.Avvertendo l’irritazione dell’amico che

montava, Dorian cambiò argomento. — Ecosa mi dici del paladino ucciso, il Mangiatoredi occhi? Hai qualche idea di chi possa esserestato o del perché lo abbia fatto?

Gli occhi di Chaol si rabbuiarono. — Ci ho

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pensato di continuo, in questi giorni. Il corpoera completamente martoriato. — Impallidì.— Le viscere asportate e sparite. Mancavapersino… il cervello. Ho inviato un messaggioa tuo padre, comunque nel frattempocontinuerò a indagare.

— Scommetto che si è trattato di una rissafra ubriachi — disse Dorian, anche se avevapartecipato a parecchie risse e non aveva maivisto nessuno sventrare un avversario. Un filodi paura s’insinuò nella mente di Dorian. —Probabilmente mio padre sarà contento che ilMangiatore di occhi è morto.

— Lo spero.Dorian rise e passò un braccio sulle spalle

del capitano.— Se te ne occupi tu, sono sicuro che

domani il caso sarà già risolto — gli disse,avviandosi con l’amico nella sala da pranzo.

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Celaena chiuse il libro e sospirò. Che finaleorribile! Si alzò dalla sedia senza sapere benedove andare e uscì dalla camera da letto.Avrebbe voluto scusarsi con Chaol, quandolui l’aveva sorpresa a tirare di scherma conNehemia, quel pomeriggio, ma il modo in cuisi era comportato… Camminò su e giù per lestanze. Lui aveva senz’altro cose piùimportanti da fare che sorvegliare l’Assassinapiù famigerata al mondo, no? Non le piacevaessere crudele, però lui se l’era meritato,giusto?

Però era stata davvero ridicola a parlare

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del vomito. E l’aveva apostrofato nel peggioredei modi possibili. Si fidava di lei o la odiava?Celaena si guardò le mani e si rese conto diaverle sfregate così tanto da avere tutte ledita arrossate. Come aveva fatto atrasformarsi dalla prigioniera più temuta diEndovier in una sciocca sentimentale?

Aveva cose più importanti di cuipreoccuparsi, per esempio la provadell’indomani. E poi c’era quel paladino morto.Aveva manomesso i cardini delle porte inmodo che cigolassero forte ogni volta che siaprivano. Se qualcuno fosse entrato nellastanza, lo avrebbe sentito per tempo. E poiaveva rubato degli aghi da cucito e li avevainfilati in una saponetta, ottenendo così unarudimentale picca in miniatura. Sempremeglio di niente, soprattutto se quel criminaleaveva un debole per il sangue dei paladini. Sicostrinse ad abbandonare le mani sui fianchi,a scrollarsi di dosso quell’agitazione, e siavviò verso la stanza dedicata agli svaghi.Non poteva giocare a biliardo o a carte da

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sola, però…Celaena vide il pianoforte. Una volta

suonava, le piaceva suonare, le piaceva lamusica e il modo in cui riusciva a rasserenarlae rendere tutto possibile ed eroico.

Con cautela, come di chi s’avvicina a unapersona che dorme, Celaena andò verso ilpiano. Tirò a sé la panchetta di legno,trasalendo al rumore con cui graffiava ilpavimento. Sollevò il pesante coperchio,spinse i piedi sui pedali per provarli. Osservò ilisci tasti d’avorio, poi quelli neri, che lericordavano un sorriso sdentato.

Era una brava pianista, un tempo. Forsepiù che brava. Arobynn Hamel le chiedeva disuonare per lui ogni volta che si vedevano.

Chissà se Arobynn sapeva che lei nonstava più alle miniere? Avrebbe cercato diliberarla, se l’avesse saputo? Ancora nonosava chiedersi chi avesse potuto tradirla.Era stato tutto così confuso e indistinto, almomento della sua cattura: nell’arco di due

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settimane aveva perso Sam e la libertà, eanche qualcosa di se stessa.

Sam. Che cosa avrebbe detto di tuttoquesto? Se fosse stato ancora vivo, quandolei era stata imprigionata l’avrebbe fatta usciredalle prigioni reali ancor prima che il revenisse a sapere della sua cattura. Ma, comelei, anche Sam era stato tradito, e talvolta lasua assenza era così dolorosa da toglierle ilrespiro. Suonò una nota bassa. Era profondae vibrante, piena di tristezza e di rabbia.

Con un mano suonò timidamente unasemplice e lenta melodia sulle note alte. Echi,frammenti di ricordi, emergevano dal vuotoche aveva in testa. Nel silenzio assoluto dellesue stanze la musica sembrava assordante.Muoveva la mano destra su diesis e bemolle.Era un pezzo che suonava in continuazione,tanto che Arobynn doveva gridarle dismettere. Suonò un accordo, poi un altro,aggiunse qualche nota argentina con la manodestra, premette il pedale, e poi via.

Dalle dita cominciarono a sgorgare le note,

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dapprima incerte, poi più sicure via via chel’emozione della musica prendeva ilsopravvento. Era un pezzo triste, ma lotrasformò in qualcosa di puro e di nuovo. Sisorprese che le mani non l’avesserodimenticato, che da qualche parte nella suamente, dopo un anno di sofferenza eschiavitù, la musica fosse ancora viva epalpitante in lei. Che da qualche parte, fra lenote, ci fosse ancora Sam. Si dimenticò deltempo mentre passava da un brano all’altro,dando voce a vecchie ferite ancora aperte,inesprimibili, suonando e suonando ancorauna musica che la perdonava e la salvava.

Appoggiato alla porta c’era Dorian, attonito.Era già da un po’ che la osservava suonare,alle sue spalle. Si chiese se lei si sarebbeaccorta della sua presenza o se non avrebbemai smesso di suonare. Avrebbe potutorestare ad ascoltarla per sempre. Era venutocon l’intenzione di mettere in imbarazzo unaperfida assassina e invece si era trovato

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davanti una giovane donna che riversava isuoi segreti nel pianoforte.

Dorian si staccò dalla parete. Celaena,nonostante la sua grande esperienza daassassina, non si accorse di lui fin quandonon le si sedette accanto sulla panchetta. —Suoni bene…

Le dita scivolarono via sui tasti emettendoun orribile clangore, e lei era già corsa allarastrelliera di stecche da biliardo quando sivoltò a guardarlo. Dorian era quasi certo cheavesse gli occhi lucidi. — Cosa ci fate qui? —disse Celaena lanciando un’occhiata verso laporta, quasi avesse intenzione di usare una diquelle stecche contro di lui.

— Chaol non c’è — disse lui sorridendo. —Se è quello che ti stavi chiedendo. Scusa se tiho interrotta. — Si meravigliò dell’imbarazzodi Celaena quando la vide arrossire:un’emozione che sembrava troppo umana perl’Assassina di Adarlan. Forse il suo pianoiniziale di metterla in imbarazzo non era

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ancora fallito… — Ma suonavi cosìmagnificamente che io…

— Non importa. — E si diresse verso unadelle poltrone. Dorian rimase dov’era,bloccandole il passaggio. Non era così altacome sembrava, piuttosto nella media. Ilprincipe la soppesò con lo sguardo. Altezza aparte, aveva curve seducenti. — Cosa ci fatequi? — chiese lei, di nuovo.

Lui sorrise malizioso. — Eravamod’accordo di vederci questa sera, non ricordi?

— Pensavo fosse uno scherzo.— Sono il principe ereditario di Adarlan. —

E sprofondò in una poltrona davanti alcaminetto. — Non scherzo mai.

— Avete il permesso di stare qui?— Il permesso? Ripeto: io sono il principe

di Adarlan. Posso fare ciò che voglio!— Già, ma io sono l’Assassina di Adarlan.Non si sarebbe lasciato intimidire,

nemmeno se lei avesse afferrato quellestecche da biliardo e lo avesse trafitto nel girodi pochi secondi. — Da come suoni, si

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direbbe che sei molto più di questo.— Che intendete dire?— Be’ — disse lui, cercando di non

perdersi negli strani, adorabili occhi di lei. —Non credo che chi è in grado di suonare inquel modo possa essere soltanto uncriminale. Sembra che tu abbia un’anima — laprovocò.

— Certo che ce l’ho! Tutti hanno un’anima.Era ancora rossa in viso. La metteva così

a disagio? Il principe trattenne una smorfiacompiaciuta. Era troppo divertente. — Ti sonopiaciuti i libri?

— Erano molto belli — disse piano. —Anzi, splendidi.

— Mi fa piacere. — I loro occhi siincrociarono e lei indietreggiò dietro loschienale della poltrona. Sembrava quasifosse lui, l’assassino! — Come sta andandol’allenamento? Qualche avversario che ti dàproblemi?

— Sta andando benissimo — rispose

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Celaena, anche se la smorfia della sua boccasembrava dire il contrario. — E credo che daoggi in poi non ci saranno più problemi pernessuno. — Il principe ci mise un po’ a capireche si riferiva al paladino ucciso mentretentava di fuggire. Celaena si morse il labbro,per un momento non disse nulla, poi chiese:— È stato Chaol a ordinare l’uccisione diSven?

— No — disse. — Mio padre ha datoordine a tutte le guardie di uccidere chiunqueavesse provato a scappare. Non credo cheChaol avrebbe mai ordinato una cosa simile— aggiunse, anche se non sapeva beneperché. Tuttavia bastò a scuotere lo sguardodi Celaena dall’inquietante immobilità in cuiera rimasto. Poiché lei non parlava, Dorianchiese con la massima disinvoltura: — Aproposito, come va fra te e Chaol? — Dovevaessere una domanda del tutto innocente.

Lei alzò le spalle e lui cercò di non daretroppa importanza a quel gesto. — Bene.Credo che un po’ mi odi ma, data la mia

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posizione, non mi sorprende.— Perché pensi che ti odi? — Per qualche

ragione, Dorian sentiva di non poterlo negaredel tutto.

— Perché io sono un’assassina, mentre luiè un capitano della guardia costretto alsemplice ruolo di sorvegliante della potenzialepaladina del re.

— Ti piacerebbe che fosse qualcos’altro?— E le fece un pigro sorriso. Questa non erauna domanda del tutto innocente.

Celaena aggirò lentamente la poltrona,avvicinandosi a lui, e il cuore di Doriansobbalzò. — Be’, a chi piace essere odiati?Comunque preferisco essere odiata cheinvisibile. Ma non importa. — Non era stataconvincente.

— Ti senti sola? — disse prima di riuscire atrattenersi.

— Sola? — Celaena scosse il capo efinalmente, dopo tutte quelle lusinghe, sisedette. Dorian dovette frenare l’impulso di

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colmare la distanza che li divideva e ditoccarle i capelli, curioso di sentire se fosserosetosi come sembravano. — No, possosopravvivere benissimo da sola, a condizionedi avere i libri giusti da leggere.

Lui guardò verso il fuoco, cercando di nonpensare al luogo in cui l’aveva trovata, solopoche settimane prima, e alla solitudine chedoveva aver sofferto. A Endovier non c’eranolibri. — Però, avere solo se stessi comecompagnia, alla lunga può essere triste…

— E voi cosa fareste? — Celaena rise. —Preferirei non dover passare per una dellevostre amanti.

— E che c’è di male, in questo?— Ho già una fama di assassina, non mi

va proprio di aggiungerci quella di vostracompagna di letto. — Dorian era senzaparole, ma lei proseguì: — Volete che vispieghi il perché o vi basta sapere che nongradisco gioielli e gingilli per ripagare le mieaffettuose attenzioni?

Lui ringhiò: — Non intendo discutere di

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questioni morali con un’assassina. Ti ricordoche tu uccidi per denaro.

Gli occhi di Celaena fissarono la porta,impietriti. — Potete andare adesso.

— Mi stai congedando? — Non sapeva seridere o gridare.

— Devo chiamare Chaol per vedere cosane pensa? — Incrociò le braccia, sapendo diavere vinto. Forse aveva anche capito che sidivertiva a stuzzicarlo.

— Dovrei essere cacciato dalle tue stanzeper aver detto la verità? Mi hai praticamentedato del puttaniere! — Erano mesi che non sidivertiva così. — Piuttosto, raccontamiqualcosa della tua vita. Come hai imparato asuonare il pianoforte così meravigliosamente?E cos’era quel pezzo? Era così triste: stavipensando a un amante segreto? — E lelanciò uno sguardo malizioso.

— Ho fatto molto esercizio. — Si alzò e sidiresse verso la porta. — E poi, sì — ribatté— pensavo proprio a quello.

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— Sei alquanto suscettibile, stasera… — ledisse lui seguendola. Si fermò a un metro dalei, ma lo spazio fra loro si fece stranamenteintimo, specialmente quando lui le mormorò:— Non sei loquace come questopomeriggio…

— Non sono un soprammobile da rimirare!— E gli si avvicinò. — Non sono un fenomenoda baraccone e di certo non mi userete persoddisfare chissà quale smania di avventuraeccitante! Che è poi di certo il motivo per cuimi avete scelta come vostra paladina.

Lui rimase a bocca aperta e indietreggiò.— Cosa? — fu tutto ciò che riuscì a dire.

Lei gli passò davanti arrabbiata e si lasciòcadere nella poltrona. Almeno non stavaabbandonando la conversazione.

— Credevate davvero che non avrei capitoil motivo per cui siete venuto qui stasera?Dopo che mi avete dato da leggere La coronadi un eroe, tipico libro adatto a una mentealquanto fantasiosa che brama un po’ di

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avventura?— Non penso che tu sia un’avventura —

bofonchiò lui.— Oh! Il castello offre così tante emozioni

che la presenza dell’Assassina di Adarlan nonè abbastanza speciale? Non abbastanza dastuzzicare un giovane principe che hapassato tutta la sua vita rinchiuso a corte? Eche dire di questo torneo? Sono già adisposizione di vostro padre. Non diventeròanche il giullare di suo figlio.

Ora toccò a lui arrossire. Era mai statorimproverato da qualcuno in quel modo? Daisuoi genitori e tutori, forse, ma non certo dauna ragazza! — Sai con chi stai parlando?

— Mio caro principe — proseguìlentamente, guardandosi le unghie. — Sieteda solo nelle mie stanze, molto lontano dallaporta d’ingresso. Posso dire quello che mipare.

Dorian scoppiò in una risata. Lei si alzò e loguardò inclinando il capo. Le guance rosserendevano gli occhi azzurri ancora più

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brillanti. Si rendeva conto di cosa gli sarebbepiaciuto fare con lei, se non fosse stataun’assassina?

— Me ne vado — disse infine,abbandonando la pur vaga idea di correre ilrischio, di andare incontro all’ira di suo padree a quella di Chaol, e di ignorare ciò chesarebbe successo se avesse deciso difregarsene delle conseguenze. — Ma tornerò,presto.

— Ne sono certa — disse sarcastica.— Buona notte Sardothien. — Si guardò

intorno e sorrise. — Dimmi una cosa primache me ne vada: questo misterioso amante…non vive qui al castello, giusto?

Capì subito di aver detto la cosa sbagliataquando vide spegnersi lo sguardo negli occhidi Celaena. — Buonanotte — lo liquidò lei confreddezza.

Dorian scosse la testa. — Non volevo…Celaena lo salutò e si girò verso il fuoco.

Recependo il messaggio, Dorian andò dritto

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verso la porta, ogni passo un rimbombo nellastanza ora troppo silenziosa. Era quasi sullasoglia, quando lei parlò ancora, con vocedistante: — Si chiamava Sam.

Stava ancora fissando il fuoco. Sichiamava Sam… — Cos’è successo?

Lei lo guardò con un sorriso triste. — Èmorto.

— Quando? — chiese lui. Non l’avrebbemai pungolata a quel modo, non le avrebbedetto nulla, se solo avesse saputo…

Le si strozzarono le parole in gola: —Tredici mesi fa.

Una nota di dolore le attraversò il viso, cosìvera e sconfinata che arrivò fino alle visceredel principe. — Mi dispiace — mormorò.

Celaena alzò le spalle, come se con quelgesto potesse smorzare il dolore che le sileggeva ancora negli occhi, così brillanti allaluce del caminetto. — Anche a me —mormorò Celaena, girandosi di nuovo verso ilfuoco.

Sapendo che questa volta sarebbe rimasta

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in silenzio, Dorian si schiarì la voce e le disse:— Buona fortuna per la prova di domani! —Lei lo lasciò uscire senza rispondere nulla.

Dorian non riusciva a togliersi dalla testaquella musica che gli aveva spezzato il cuore,nemmeno dopo aver bruciato l’elenco dellepretendenti stilato da sua madre, nemmenodopo le ore notturne passate a leggere,nemmeno dopo l’arrivo, infine, del sonno.

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Celaena era appesa alle mura del castello, legambe tremanti mentre infilava mani e piedicosparsi di catrame nelle sottili fenditure tragli enormi blocchi di pietra. Brandus gridòqualcosa agli altri diciannove paladini chestavano scalando la parete ma, lassù in alto,il vento disperdeva le sue parole. Uno deipaladini non si era presentato per la prova enemmeno le guardie sapevano dove fossefinito. Forse era riuscito a scappare. Sempremeglio rischiare che sottoporsi a quella provaassurda. Celaena digrignò i denti, spostandopiano la mano in alto per salire ancora un po’.

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Molto più su, a circa dieci metri di distanza,sventolava l’obiettivo di quella folle gara: unabandiera d’oro. La prova era semplice:dovevano arrampicarsi fino alla bandiera chesventolava in cima al muro e prenderla. Ilprimo che fosse riuscito a prenderla eriportarla giù avrebbe ricevuto una bellapacca sulla spalla, l’ultimo sarebbe statorispedito nella fogna dalla quale era venuto.

Incredibilmente, nessuno era ancoracaduto, forse perché il percorso perraggiungere la bandiera era abbastanzasemplice, disseminato di balconi, davanzali egrate. Celaena avanzò ancora per un paio dimetri, con le dita doloranti. Guardare giù nonera mai consigliabile, anche se Arobynnl’aveva costretta a passare ore in bilico suldavanzale della Fortezza dell’Assassino perabituarla alle altezze. Afferrò ansimante ilbordo di un altro davanzale e si tirò su. Eraabbastanza profondo da potersi accovacciaree fermarsi un momento a studiare gli altri

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concorrenti.Come previsto, Caino era al comando e

aveva scelto il percorso più facile perraggiungere la bandiera, Tomba e Verin glistavano dietro, Nox seguiva poco dopo, ePelor, l’assassino più giovane, non era moltodistante. Erano così tanti a seguirlo che siintralciavano a vicenda. Ciascuno di loroaveva avuto la possibilità di scegliere unoggetto per aiutarsi nella salita: corde,arpioni, scarponi speciali. Caino, come c’erada aspettarsi, aveva scelto la corda.

Celaena aveva preso un piccolo barattolodi catrame e, quando si rialzò dal davanzale,le mani nere e appiccicose e i piedi nuditornarono a far presa sul muro. Si era legatail barattolo alla cintura con una corda e, primadi riprendere la scalata, si era passata altrocatrame sui palmi delle mani. Sentì qualcunoannasparle dietro e si trattenne dal guardaregiù. Sapeva di aver preso il percorso piùdifficile, ma era sempre meglio che scontrarsicon tutti gli altri sul percorso più facile. Era

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sicura che Tomba e Verin avrebbero cercatodi farla precipitare.

Celaena si aggrappò con le mani alla pietrae si sollevò giusto in tempo per udire un grido,un tonfo e poi il silenzio, seguito dalle urladegli astanti. Un concorrente era precipitatoed era morto. Guardò giù e riconobbe il corpodi Ned Clement, l’assassino che si facevachiamare La Falce e aveva scontato i suoianni di pena nei campi di lavoro di Calaculla.Sentì un brivido lungo la schiena. Anche sel’assassinio del Mangiatore di occhi erariuscito a placare l’esuberanza di moltipaladini, ai loro padrini importava ben pocoche questa prova potesse mettere a rischio lavita di molti di loro.

Celaena si arrampicò su una grondaia, coipolpacci avvinghiati al tubo. Caino agganciò lasua lunga corda al collo di un gargoyledall’aria maligna e si dondolò fino ad atterraresul davanzale di un balcone, circa cinquemetri sotto la bandiera. Celaena dovette

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trattenere la sua frustrazione mentre risalivafaticosamente il tubo della grondaia.

Gli altri avanzarono seguendo la stradaaperta da Caino. Ci furono altre grida equando Celaena guardò giù scorse Tombache stava intralciando gli altri perché nonriusciva ad agganciare la sua corda attorno alcollo del gargoyle, come aveva fatto Caino.Allora Verin lo spinse da parte e lo superò,assicurando la sua corda senza problemi.Nox, che ora si trovava alle spalle di Tomba,cercò di fare altrettanto, ma Tomba cominciòa imprecare e Nox si fermò, alzando unamano in un gesto pacificatore. Sorridendocompiaciuta, Celaena puntò il piede nero dicatrame su una staffa che reggeva il tubo. Dilì a poco si sarebbe trovata alla stessaaltezza della bandiera, con poco più di unmetro di pietra nuda a separarla dall’obiettivo.

Celaena risalì ancora il tubo, le ditaattaccate al metallo. Sotto di lei, unmercenario stava cercando di afferrare lecorna di un altro gargoyle per assicurare la

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sua corda. Sembrava aver scelto la via piùveloce. Poi avrebbe dovuto dondolarsi elanciarsi a raggiungere il gargoyle che Tombae Nox si stavano contendendo. Non c’erapericolo che provasse ad arrampicarsi sultubo per metterla in difficoltà. Così, pianopiano, Celaena salì, con il vento che lescompigliava i capelli.

Fu allora che udì Nox gridare e si voltò intempo per vedere Tomba che lo spingeva viadal loro appoggio sul dorso del gargoyle. Noxoscillò violentemente, la corda stretta in vitaormai tesa al massimo mente lui andava ascontrarsi col muro del castello. Celaena sisentì raggelare e trattenne il respiro mentreNox si scorticava mani e piedi contro la pietranel tentativo di aggrapparsi.

Ma Tomba non aveva ancora finito. Sipiegò facendo finta di aggiustarsi lo scarpone,e Celaena notò il luccichio di un piccolopugnale. Come fosse riuscito a nascondereun’arma alle guardie era un mistero. Il grido

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con cui Celaena cercò di avvertire Nox sidisperse nel vento proprio mentre Tombastava per tagliare la corda di Nox dal suoappiglio. Nessuno degli altri paladini lì vicinofece qualcosa per fermarlo, anche se Pelorindugiò un istante, prima di aggirare Tomba.Se Nox fosse morto, sarebbe stato unavversario in meno, e se gli altri fosserointervenuti avrebbero rischiato di perdere laprova. Celaena sapeva che doveva andareavanti, eppure qualcosa la teneva inchiodatalì.

Nox non riusciva a trovare un appiglio sulmuro di pietra e, senza un davanzale o ungargoyle al quale aggrapparsi, non potevache precipitare. Una volta tagliata la corda,sarebbe caduto.

Uno dopo l’altro, i fili che formavano lacorda furono recisi e Nox, avvertendo levibrazioni, guardò su verso Tomba, il suogiustiziere, col terrore negli occhi. Caderesignificava morte certa. Mancava pochissimoe la corda sarebbe stata recisa di netto.

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Si udì il rumore di uno strappo. Celaenadecise di intervenire.

Si calò giù dalla grondaia col metallo che letagliava mani e piedi fino alla carne viva, macercò di non pensare al dolore. Il mercenarios u l gargoyle sottostante ebbe appena iltempo di appoggiarsi al muro quando leiatterrò sulla testa della statua aggrappandosialle corna. Quello aveva già legato un capodella corda intorno al collo del gargoyle, cosìCelaena lo afferrò e si legò l’altro capo intornoalla vita. La corda era abbastanza lunga eresistente e i quattro gargoyle appollaiatiaccanto al suo le avrebbero lasciatoabbastanza spazio. — Tocca quella corda e ticavo le budella! — gli intimò preparandosi alsalto.

Nox gridò qualcosa a Tomba, e Celaenaebbe il coraggio di guardare il punto in cui eraappeso il ladro. Si udì un rumore secco dicorda spezzata, poi l’urlo di paura e di rabbiache uscì dalla bocca di Nox. Celaena prese la

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rincorsa sulla schiena dei gargoyle e si lanciònel vuoto.

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Il vento la strappava via, ma Celaena rimaseconcentrata su Nox che stava precipitandocosì rapidamente e così lontano dalle suemani tese.

Sotto si sentiva la gente urlare. La luceriflessa dal castello di cristallo la accecava.Ma eccolo, Nox, a un palmo di mano dallesue dita, gli occhi grigi sbarrati e le bracciache si agitavano come se potessero diventareali.

In un attimo Celaena gli aveva cinto la vitacon le braccia, e si era stretta a lui con unaforza da restare senza fiato. Precipitavano

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insieme come un unico masso, giù, semprepiù giù, verso il suolo che si avvicinava.

Nox afferrò la corda, ma nemmeno questobastò ad attenuare l’impatto fulmineo sulbusto di Celaena quando la corda si tese deltutto. Lei trattenne il ladro con tutta la forzache aveva, pregando che le braccia nonmollassero la presa. Il movimento della cordali lanciò verso il muro. Celaena si ricordòappena in tempo di allontanare la testa dallepietre che si facevano sempre più vicine eche la colpirono sul fianco e sulla spalla.Continuò a stringere l’uomo concentrandosisulle braccia e sul respiro, benché troppocorto. Rimasero appesi lassù, schiacciaticontro il muro, ansimanti, che guardavano ilvuoto più sotto. La corda tenne.

— Lillian — disse Nox ansimante. E lepremette la faccia sui capelli. — Numi delcielo! — Ma le urla di acclamazionesovrastarono le sue parole. Celaena tremavacosì forte che dovette concentrarsi permantenere la presa su Nox mentre il suo

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stomaco era sottosopra.Ma erano solo a metà prova, dovevano

ancora portarla a termine, e Celaena guardòsu. Tutti i paladini si erano fermati perassistere al salvataggio del ladro in cadutalibera. Tutti eccetto uno, che era appollaiatoin alto, sopra tutti gli altri.

Celaena non poté che guardare a boccaaperta la bandiera che veniva strappata viada un Caino trionfante. Altre grida si levaronofino a loro, mentre Caino sventolava labandiera perché tutti potessero vederla.Celaena fremeva di rabbia.

Se avesse preso la strada più facileavrebbe vinto, sarebbe arrivata in metà deltempo impiegato da Caino. Ma Chaol leaveva detto di non mettersi in mostra. Il suopercorso, però, era stato molto più d’effetto, eaveva dimostrato le sue capacità. Caino siera limitato a saltare e dondolarsi, una scalatada dilettanti. E comunque, se avesse vintoprendendo la strada più facile, non avrebbe

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potuto salvare la vita a Nox.Strinse le mascelle. Sarebbe riuscita a

tornare lassù in tempo? Nox avrebbe potutoprendere la corda e lei avrebbe scalato ilmuro a mani nude. Non c’era niente di peggioche arrivare secondi. Ma mentre pensava aquesto, Verin, Tomba, Pelor e Renaultsalirono gli ultimi metri che li dividevano dallameta, toccando il muro con la mano per poiridiscendere.

— Lillian, Nox. Sbrigatevi! — gridòBrandus, e lei guardò giù verso il maestrod’armi.

Celaena aggrottò la fronte e cominciò a farscendere un poco i piedi lungo lecommessure delle pietre, in cerca di unappoggio. Si sentiva bruciare la pellescorticata e sanguinante, ma poi trovò unafenditura e ci infilò le dita. Si arrampicòlentamente.

— Mi dispiace — disse Nox in affanno, conle gambe che sbattevano contro le sue,anche lui in cerca d’appoggio.

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— Non ti preoccupare — lo rassicurò.Tremante, intorpidita, Celaena si arrampicòsul muro lasciando che Nox trovasse lastrada da solo. Che stupida! Era stata propriostupida a salvarlo! Cosa le era venuto inmente?

— Su con la vita! — disse Chaol, bevendo unbicchiere d’acqua. — Il diciottesimo posto nonè male! Almeno Nox è arrivato dopo di te.

Celaena non disse niente e continuò agiocherellare con le carote nel piatto. Le cierano voluti due bagni e un’intera saponettaper togliersi il catrame da mani e piedi, ePhilippa aveva impiegato mezz’ora a ripulire ea medicare le ferite. Anche se il tremore erapassato, a Celaena sembrava ancora disentire il grido e il tonfo di Ned Clement che sischiantava a terra. Avevano portato via ilcorpo prima che lei terminasse la prova. Lasua morte aveva salvato Nox dalla squalifica.Tomba non era stato rimproverato. Nonc’erano regole contro il gioco sporco.

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— Stai andando esattamente comeavevamo previsto — proseguì Chaol. —Anche se il tuo eroico salvataggio non èpassato certo inosservato.

Lei lo guardò. — Be’, comunque non hovinto. — Mentre a fine prova Dorian si eracongratulato con lei perché aveva salvatoNox, e questo l’aveva abbracciata eringraziata mille volte, Chaol l’aveva guardataaccigliato. Evidentemente, i salvataggi arditinon rientravano nel repertorio di una ladra digioielli.

Gli occhi nocciola di Chaol splendevanodorati nel sole di mezzogiorno. — Imparare aperdere con eleganza non faceva parte deltuo addestramento?

— No. Arobynn diceva che arrivaresecondi è come arrivare primo dei perdenti —rispose con stizza.

— Arobynn Hamel? — chiese Chaolposando il bicchiere. — Il Re degli Assassini?

Lei guardò oltre la finestra la scintillante

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distesa di Rifthold che si vedeva appena. Ledava una strana sensazione pensare cheArobynn era in quella stessa città, vicinissimoa lei. — Sai che era il mio maestro, vero?

— L’avevo dimenticato — disse Chaol.Arobynn l’avrebbe frustata per aver salvatoNox mettendo a repentaglio la sua incolumitàe il suo piazzamento nella prova. — Sioccupava personalmente del tuoaddestramento?

— È stato lui ad addestrarmi e poi achiamare tutori da tutta l’Erilea. I maestri dicombattimento delle risaie del Continentemeridionale, gli esperti di veleni della giungladi Bogdano… Una volta mi spedì persino daiSicari Silenziosi, nel Deserto Rosso. Nessunprezzo era mai troppo alto per lui. O per me— aggiunse, sfiorando il fine tessutodell’accappatoio. — Ha aspettato che avessiquattordici anni per dirmi che avrei dovutoripagarlo di tutto ciò che aveva speso per me.

— Ti ha addestrato e poi ti chiesto diripagarlo?

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Lei alzò le spalle, ma non riuscì anascondere una vampata di rabbia. — Comeper le prostitute: vengono prese in giovaneetà e sono vincolate al bordello fin quandonon hanno ripagato i costi di addestramento,mantenimento e guardaroba fino all’ultimospicciolo.

— Che cosa spregevole! — commentò ilcapitano, e lei si stupì della rabbia nella suavoce, una rabbia che, per una volta, non erarivolta a lei. — E lo hai ripagato?

Fece un sorriso freddo e contenuto. — Ohsì, fino all’ultimo centesimo! E lui ha spesotutto. Più di cinquecentomila monete d’oro.Sparite in sole tre ore. — Chaol sobbalzòdalla sedia. Celaena era andata così a fondonei ricordi che avevano smesso di farle male.— Non ti sei ancora scusato — disse lei,cambiando argomento prima che lui potesseindagare oltre.

— Scusarmi di cosa?— Di tutte le cose tremende che hai detto

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ieri pomeriggio quando tiravo di scherma conNehemia.

Lui socchiuse gli occhi, abboccandoall’esca. — Non mi scuserò mai per averdetto la verità.

— La verità? Mi hai trattata come un pazzacriminale.

— E tu hai detto che mi odiavi più diqualsiasi persona al mondo.

— Ed è vero. — Ma le spuntò un sorrisoche contagiò subito Chaol. Lui le lanciò unpezzetto di pane che lei afferrò prontamentecon una mano e gli rilanciò. Lui lo prese alvolo. — Che scemo! — disse Celaenaridendo.

— Che pazza criminale! — replicò ridendoanche lui.

— Io ti odio. Veramente.— Almeno io non sono arrivato

diciottesimo… — obiettò lui. Celaena divampòdalla rabbia e Chaol dovette abbassarsi infretta per schivare la mela diretta verso la suatesta.

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Più tardi Philippa portò la notizia: il paladinoche non si era presentato alla prova era statotrovato morto nella tromba di una scala diservizio, brutalmente straziato e smembrato.

Questo nuovo omicidio gettò una cappanefasta sulle due settimane successive esulle due prove che seguirono. Celaena lesuperò entrambe, quella di inganno e quella dipedinamento, senza attirare troppaattenzione su di sé o rischiare l’osso del colloper salvare qualcun altro. Per fortuna, non cifurono altri omicidi, ma Celaena continuava aguardarsi le spalle, anche se Chaol sembravaconvinto che quelle morti fossero solo dueeventi sfortunati.

Migliorava ogni giorno nella corsa, facevasempre più strada e in meno tempo, e riuscìa non uccidere Chaol ogni volta che larimproverava durante gli allenamenti. Ilprincipe ereditario non si degnò diripresentarsi nelle sue stanze e Celaena lovide solo durante le prove. Di solito lui rideva

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e ammiccava, facendole provare una ridicolasensazione di imbarazzo compiaciuto.

Ma lei aveva cose più importanti a cuipensare. Mancavano solo nove settimane alduello finale e alcuni degli altri, Noxcompreso, se la cavavano piuttosto bene,tanto che i quattro primi posti cominciavano adiventare preziosi. Caino ci sarebbe arrivatosicuramente, ma chi sarebbero stati gli altritre? Lei era sempre stata sicura di farcela.

Ma, a essere onesti fino in fondo, ora nonne era più così sicura…

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Celaena guardava sbalordita a terra.Conosceva bene quelle pietre grigie eaguzze, come scricchiolavano sotto i piedi,l’odore che avevano dopo la pioggia, la facilitàcon cui potevano tagliarla quando venivascaraventata giù. Miglia e miglia di rocce chesi alzavano in frastagliate montagne a formadi zanne e bucavano il cielo nuvoloso. Conquel vento glaciale era vestita troppo poco,per proteggersi dalle raffiche sferzanti.Sfiorando i vestiti sudici, si sentì il cuore ingola.

Cosa era successo?

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Si girò con un rumore di catene e osservòquel deserto di desolazione che era Endovier.

Aveva perso, aveva fallito la sua missione,ed era stata rispedita qui. Non c’era possibilitàdi fuga. Aveva assaporato la libertà, l’avevaquasi sfiorata, e adesso…

Celaena gridò quando un dolore lancinantele trapassò la schiena, appena annunciato dauno schiocco di frusta. Cadde a terra, con lapietra tagliente a fendere le ginocchia nude.

— In piedi! — abbaiò una voce.Le lacrime le bruciavano gli occhi e la

frusta schioccò di nuovo quando si rialzò.Stavolta l’avrebbero ammazzata. Sarebbemorta di dolore.

La frusta arrivò, entrandole nella carne finoall’osso, riverberando in tutto il corpo,facendolo crollare ed esplodere per il dolore,spostandolo in un cimitero, seppellendolo.

Celaena spalancò gli occhi. Respirava afatica.

— Sei… — disse una voce, e lei si alzò di

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scatto.Dove si trovava?— Era un sogno — le spiegò Chaol.Lo fissò, poi si guardò intorno e si passò

una mano tra i capelli. Rifthold. Rifthold, eccodov’era. Nel castello di cristallo. No, nelcastello di pietra appena sotto.

Stava sudando e il sudore le scendevalungo la schiena come fosse sangue, unasensazione orribile. Si sentiva stordita,nauseata, troppo piccola e troppo grande allostesso tempo. Anche se le finestre eranochiuse, uno strano spiffero proveniente daqualche punto imprecisato della stanza lebaciò il viso con un insolito profumo di rose.

— Celaena, era un sogno! — le ripeté ilcapitano della guardia. — Stavi gridando… —e abbozzò un sorriso incerto. — Ho pensatoche ti stessero uccidendo.

Celaena si toccò la schiena, sotto lacamicia da notte. Sentì le tre cicatrici, e altreferite più piccole, ma niente…

— Mi stavano frustando… — Scosse la

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testa come per cancellare il ricordo. — Cosaci fai qui? Non è neppure l’alba. — Incrociò lebraccia, arrossendo appena.

— È il giorno di Samhuinn. Oggi nienteallenamento. Volevo sapere se pensavi divenire al tempio.

— Oggi è… cosa? Oggi è il giorno diSamhuinn? Perché nessuno me l’ha detto?C’è un banchetto stasera? — Era così presadal torneo da aver perso la cognizione deltempo?

Lui si rabbuiò. — Certo, ma tu non seistata invitata.

— Naturalmente. E tu invocherai i morti, inquesta notte di fantasmi, oppure accenderaiun falò coi tuoi compagni?

— Io non credo a queste stupidesuperstizioni.

— Fai attenzione, mio cinico amico! — lomise in guardia lei, alzando una mano. — Inquesta giornata gli dei e i morti sono più vicinialla terra, e possono persino sentire i tuoi

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brutti commenti!Lui assunse un’aria scettica. — È stupido

celebrare l’arrivo dell’inverno. I falò nonproducono altro che cenere con cui ricoprire icampi.

— Come offerta agli dei per proteggerli.— Per concimarli.Celaena si tolse le coperte di dosso. —

Questo lo dici tu! — ribatté alzandosi. Siaggiustò la camicia da notte madida. Puzzavadi sudore.

Lui sbuffò, seguendola. — Non avrei maicreduto che fossi superstiziosa. Come siconcilia col tuo lavoro?

Lei girò la testa per guardarlo, poi si avviòdecisa verso il bagno, con lui sempre dietro.Celaena si fermò sulla soglia. — Vuoiseguirmi anche nel bagno? — gli chiese.Chaol si irrigidì, capendo di essere statoinopportuno e reagì sbattendo la porta.

Celaena trovò il capitano ad aspettarlanella sala da pranzo, quando ricomparve piùtardi coi capelli ancora gocciolanti. — Hai

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fatto colazione?— Non mi hai ancora risposto.— Risposto a cosa? — Si sedette a tavola

e si servì del porridge in una scodella. Civoleva solo una cucchiaiata, anzi no, trecucchiaiate di zucchero, e panna calda e…

— Verrai al tempio?— Posso andare al tempio, ma non al

banchetto? — e mise in bocca un cucchiaio diporridge.

— Le funzioni religiose non vanno negate anessuno.

— Invece il banchetto è…?— Un trionfo di dissolutezza.— Ah, capisco. — E buttò giù un altro

boccone. Oh, quanto le piaceva il porridge!Però, forse, un altro cucchiaio di zucchero civoleva.

— Allora? Verrai? Se decidi di sì,dobbiamo muoverci.

— No — ripose lei, masticando.— Se sei tanto superstiziosa, rischierai di

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far infuriare gli dei col tuo rifiuto! Credevo chea un’assassina potesse interessare il giornodei morti…

Lei fece un’espressione stralunata econtinuò a mangiare. — Io credo a modo mio.Magari farò un paio di sacrifici, ma come dicoio.

Lui si alzò battendole la mano sulla spalla.— Comportati bene in mia assenza. Nonvestirti troppo elegante. Brandus mi ha dettoche oggi pomeriggio hai l’allenamento.Domani c’è una prova che ti aspetta.

— Un’altra? Ma non ne abbiamo già avutauna tre giorni fa? — brontolò. L’ultima provaera stata il lancio del giavellotto a cavallo eaveva ancora il polso indolenzito.

Ma lui non disse altro e nelle stanze calò ilsilenzio. Per quanto cercasse didimenticarsene, lo schiocco della frusta lerisuonava ancora nelle orecchie.

Felice che il rituale si fosse finalmenteconcluso, Dorian Havilliard girava da solo per

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il castello. La religione non lo aveva maiconvinto né toccato e, dopo aver trascorsoore seduto su una panca a mormorare unapreghiera dopo l’altra, sentiva un disperatobisogno di aria fresca. E di solitudine.

Tirò un sospiro a denti stretti sfregandosi latempia e si avviò in giardino. Superò uncapannello di dame, e tutte fecero lariverenza e presero a ridacchiare dietro iventagli. Dorian le salutò con un rapido cennodel capo e passò oltre. Sua madre avevaapprofittato della cerimonia per indicargli lepotenziali fidanzate e, per tutto il rito, ilprincipe aveva trattenuto un urlo didisperazione.

Girò dietro una siepe e per poco non andòa sbattere contro una figura vestita di vellutoverde-azzurro. Era lo stesso colore di un lagodi montagna, quella sfumatura indefinita chericorda una pietra preziosa. Il vestito era unmodello vecchio di almeno cent’anni. Alzò losguardo e sorrise.

— Buongiorno lady Lillian — disse con un

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leggero inchino, poi si girò verso le duepersone che la accompagnavano. —Principessa Nehemia, capitano Westfall. —Dorian si soffermò ancora sul vestitodell’Assassina. Le pieghe della stoffa eranodavvero allettanti, come le acque scrosciantidi un fiume. — Sembrate vestita a festa. —Celaena si rabbuiò.

— Quando lady Lillian si è vestita, ledomestiche erano al tempio — spiegò Chaol.— Non aveva altro da indossare. — Certo,per mettere e togliere un corsetto bisognavafarsi aiutare, e i vestiti erano un complicatointrico di lacci e gancetti segreti.

— Vogliate perdonarmi, mio SignorePrincipe — disse Celaena con gli occhifiammeggianti e risentiti, mentre un lieverossore le tingeva le guance. — Sonodavvero spiacente che i miei abiti non siano divostro gradimento.

— No, no — disse lui prontamente,guardandole i piedi. Portava delle scarpe

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rosse, rosse come le bacche invernali checominciavano a fare capolino fra i cespugli.

— Stai benissimo. Solo un pochino… fuoriluogo. — A dire il vero sembrava venire daun’altra epoca. Lei gli lanciò un’occhiataesasperata. Dorian si rivolse a Nehemia. —Perdonatemi — si sforzò di dire nella lingua diEyllwe, con risultati alquanto deludenti. —Come state?

Gli occhi di Nehemia erano molto divertitidalla sua pronuncia maldestra, ma annuì insegno di gratitudine. — Sto bene, VostraAltezza — rispose nella sua lingua. Dorianspostò l’attenzione sulle due guardie delcorpo appostate lì vicino nell’ombra, vigili eattente, e sentì il sangue pulsargli forte nellevene.

Erano settimane, ormai, che il ducaPerrington cercava di convincerlo adaumentare le forze stanziate a Eyllwe perstroncare i ribelli una volta per tutte, affinchénon osassero sfidare mai più il regno diAdarlan. Proprio il giorno prima aveva

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presentato un piano: dispiegare un numeromaggiore di legioni e trattenere Nehemia alcastello per scoraggiare qualsiasi rappresagliada parte dei ribelli. Dorian aveva passato orea cercare di contrastarlo, non volendoaggiungere la presa di ostaggi al suo già riccorepertorio di azioni. Ma, sebbene qualcheconsigliere avesse espresso una taleperplessità, la maggioranza tendeva adappoggiare la strategia del duca. Alla fine ilprincipe li aveva convinti ad attendere fino alritorno del padre, cosa che gli avrebbe fattoguadagnare tempo per portare dalla suaparte qualche sostenitore del duca.

In quel momento, impalato davanti allaprincipessa, Dorian distolse rapidamente losguardo. Se non fosse stato il principeereditario, lui stesso l’avrebbe messa inguardia. Ma se Nehemia fosse andata viaprima del previsto, il duca avrebbe subitosospettato che era stato lui ad avvisarla e neavrebbe informato suo padre. Le cose

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andavano già abbastanza male fra Dorian e ilre, e non aveva certo bisogno di esseremarchiato come simpatizzante dei ribelli.

— Andrete al banchetto, stasera? —chiese Dorian alla principessa, costringendosia guardarla con disinvoltura.

Nehemia guardò Celaena. — Voi ciandrete?

Celaena le lanciò un’occhiata che nonpreannunciava niente di buono. —Sfortunatamente ho altri programmi. Non ècosì, Vostra Altezza? — senza curarsi dinascondere una punta di fastidio.

Chaol tossì, d’un tratto molto interessatoalle bacche sulle siepi. Dorian dovevacavarsela da solo. — Non è colpa mia —disse Dorian dolcemente. — Sei stata tu adaccettare l’invito per quella festa a Rifthold,settimane fa. — Gli occhi di Celaena siilluminarono, ma Dorian non voleva cedere.Non poteva portarla al banchetto, non davantia tutte quelle persone. Ci sarebbero statetroppe domande. Per non parlare di tutti gli

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invitati: tenerla d’occhio sarebbe statodifficile…

Nehemia guardò Celaena delusa. — Perciòvoi non ci andrete?

— No, ma sono sicura che vi divertirete —disse Celaena, passando poi alla lingua diEyllwe e aggiungendo: — Sua Altezza sasicuramente come intrattenere una donna…— Pur con la sua scarsa conoscenza dellalingua, Dorian riuscì a capire il senso di ciòche aveva ascoltato.

Nehemia rise e Dorian arrossì. Erano unacoppia davvero formidabile, per tutti gli dei!

— Be’, noi siamo molto importanti e moltooccupate — gli rispose Celaena prendendo abraccetto la principessa. Forse permettereche facessero amicizia era stata una pessimaidea, un’idea pericolosa. — Quindi oradobbiamo andare. Buona giornata, VostraAltezza. — Fece la riverenza, le pietre rossee blu della cintura brillarono al sole. Celaenasi voltò a guardare Dorian, beffarda, e si

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inoltrò nel giardino con la principessa.Dorian guardò Chaol: — Grazie dell’aiuto!Il capitano gli batté la mano sulla spalla. —

Ti è sembrato brutto? Dovresti vederequando fanno sul serio! — E su questeparole, se ne andò per raggiungere le duedonne.

Dorian avrebbe voluto gridare o strapparsi icapelli. Gli era piaciuto vedere Celaena l’altrasera, gli era piaciuto davvero tanto. Ma nelleultime settimane era stato molto occupato trariunioni di consiglio e visite a corte, e non erariuscito a farle visita di nuovo. Non fosse statoper il banchetto, ci sarebbe tornato. Nonvoleva irritarla con la storia del vestito, perquanto fosse davvero fuori moda, e neancheavrebbe immaginato che il mancato invito albanchetto potesse indispettirla tanto.

Dorian si avviò verso il canile, sconsolato.

Celaena sorrise fra sé e sé, mentre con ledita sfiorava una siepe potata ad arte. A leipiaceva, quel vestito. Festoso, proprio così!

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— No, no, Vostra Altezza — stava dicendoChaol a Nehemia, parlando lentamente inmodo che lei potesse capire. — Non sono unsoldato, sono una guardia!

— Non c’è differenza — replicò laprincipessa con un accento forte e un po’impacciato. Ma Chaol capì abbastanza darisentirsi e Celaena faticò a nascondere lasua soddisfazione.

Era riuscita a vedere Nehemia moltospesso, nelle ultime due settimane, di solitoper rapide cene e passeggiate durante lequali parlavano di com’era stato, perNehemia, crescere a Eyllwe, di cosa pensavadi Rifthold, e di chi era riuscita a infastidirla,quel giorno, a corte. A quanto pareva, congrande gioia di Celaena, sembravano riuscirciun po’ tutti.

— Io non sono stato addestrato per andarein battaglia! — replicò Chaol fra i denti.

— Voi uccidete per ordine del vostro re. —Il vostro re. Magari Nehemia non aveva piena

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padronanza della loro lingua, eppure eraabbastanza sveglia da conoscere il potere diquelle parole. Il vostro re, non il suo. Anchese Celaena sarebbe rimasta per ore adascoltare Nehemia e le sue lamentele sul redi Adarlan, non doveva dimenticare che sitrovavano in giardino e che qualcuno avrebbepotuto origliare… Avvertì un brivido e siinterruppe, prima che Nehemia potesseproseguire.

— Chaol, credo che sia inutile discuterecon lei — disse Celaena, puntando il gomitoal capitano. — Forse non avreste dovutocedere il vostro titolo a Terrin. Non potresteriprendervelo? Eviterebbe davvero parecchiecomplicazioni.

— Come fai a ricordarti il nome di miofratello?

Lei alzò le spalle, senza capire bene ilbagliore nei suoi occhi. — Me lo avete dettovoi, perché non dovrei ricordarmelo? — OggiChaol era particolarmente bello. Il colore deicapelli si accompagnava alla sua carnagione

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dorata, le ciocche composte dei capelli, il loromodo di ricadere sulla fronte.

— Immagino che ti godrai il banchetto.Senza di me, intendo — disse Celaenaimbronciata.

Chaol sbuffò. — Ti dispiace così tantoperderlo?

— No, ma… be’, è pur sempre unbanchetto, e a chi non piacciono i banchetti…— disse lei scostandosi una ciocca di capellisulla spalla.

— Vuoi che ti porti un ricordo dalla serata?— Solo se è una porzione di agnello

arrosto!L’aria intorno era limpida e tersa. — Il

banchetto non è poi così divertente — buttò lìChaol. — È una cena qualsiasi. Ti possoassicurare che l’agnello sarà duro e troppoasciutto.

— In qualità di mio amico, dovrestiportarmi con te o restare a farmi compagnia.

— Amico? — disse lui.

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Celaena arrossì. — Be’, forse “scortaimbronciata” è una definizione che ti si addicemeglio. Oppure “conoscente riluttante”, sepreferisci. — Con sua sorpresa, lui sorrise.

La principessa prese la mano a Celaena.— Sarete voi a insegnarmi! — disse nellalingua di Eyllwe. — A insegnarmi a parlaremeglio la vostra lingua… e a leggere escrivere meglio di quanto non sappia fareadesso. Così non dovrò sopportare queiterribili e noiosi vecchi che chiamano tutori!

— Io… — cominciò Celaena nella linguacomune, ritraendosi per l’imbarazzo. Sisentiva in colpa per aver escluso Nehemiadalla conversazione. E di certo sarebbe statomolto divertente se la principessa avesseimparato a parlare correntemente le duelingue. Ma convincere Chaol a farlefrequentare Nehemia era sempre una granfatica, perché lui insisteva a voler sempreessere presente e vigilare. Non sarebberimasto ad assistere alle loro lezioni con le

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mani in mano. — Io non so insegnare bene lamia lingua — mentì Celaena.

— Sciocchezze! — ribatté Nehemia. —Sarete voi la mia insegnante, dopo…qualsiasi cosa abbiate da fare con questoqui… Un’ora al giorno, prima di cena.

Nehemia alzò il mento per far capire chenon aveva scelta. Celaena deglutì e fece delsuo meglio per sembrare gentile, poi si giròverso Chaol che le osservava perplesso. —Vuole che io le faccia lezione ogni giornoprima di cena.

— Temo non sia possibile — disse lui. Leitradusse.

Nehemia gli lanciò un’occhiata capace difar sudare freddo. — Perché no? — Ecominciò a parlare nella lingua di Eyllwe. — Èuna delle persone più intelligenti, qui alcastello.

Chaol per fortuna capì il senso. — Noncredo che…

— Sono o non sono la principessa diEyllwe? — lo interruppe Nehemia nella lingua

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comune.— Vostra Altezza — cominciò Chaol, ma

Celaena lo zittì con un cenno della mano. Sistavano avvicinando alla torre dell’orologio,nera e minacciosa come sempre. Propriodavanti c’era Caino, in ginocchio. Era a capochino e fissava qualcosa a terra.

Udendo il rumore dei loro passi, Caino alzòla testa. Fece un gran sorriso e si mise inpiedi. Aveva le mani sporche di terra ma,prima che Celaena potesse studiare meglio lasua espressione e i suoi movimenti, lui feceun cenno a Chaol e andò spedito dietro latorre.

— Che bestia orrenda! — disse pianoCelaena, continuando a guardare nelladirezione in cui era sparito.

— Chi è? — domandò Nehemia nellalingua di Eyllwe.

— Un soldato dell’esercito del re — risposeCelaena — anche se adesso è al servizio delduca Perrington.

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Nehemia guardò verso Caino e socchiuse isuoi occhi scuri. — C’è qualcosa in lui che mifa venir voglia di prenderlo a sberle.

Celaena rise. — Mi fa piacere non esserel’unica!

Chaol non disse niente quando riprese acamminare. Celaena e Nehemia lo seguironoe, mentre attraversavano il cortile nel quale sistagliava la torre dell’orologio, Celaenaosservò il punto in cui si era inginocchiatoCaino. Aveva tolto via la terra che si eradepositata tra le fessure di uno strano segnoinciso su una lastra di pietra, rendendolo piùvisibile. — Cosa pensate che sia? — chiesealla principessa, indicando l’incisione sullapietra. E perché Caino lo stava pulendo?

— È un segno di Wyrd — rispose laprincipessa, pronunciandone il nome nellalingua di Celaena.

Celaena la guardò stupita. Era soltanto untriangolo all’interno di un cerchio. — Sapeteleggere questi segni? — le domandò. Un

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segno di Wyrd… che cosa strana!— No. Appartengono a un’antica religione

scomparsa molto tempo fa.— Quale religione? — chiese Celaena. —

Guardate, ce n’è un altro. — Indicò un segnoun metro più in là. Era una linea verticale, conuna punta a rovescio, che saliva dal centroverso l’alto.

— Dovreste lasciar perdere — dissebruscamente Nehemia, e Celaena la guardòperplessa. — C’è una ragione, se questecose sono state dimenticate.

— Di cosa state parlando? — domandòChaol, e Celaena gli riferì il succo della loroconversazione. Quando ebbe terminato, luistorse le labbra ma non disse nulla.

Proseguirono, e Celaena scorse un altrosegno. Aveva una strana forma: un piccolorombo con due punte a rovescio chesporgevano da due lati. Le estremitàsuperiore e inferiore del rombo si allungavanoa formare due linee diritte e perfettamentesimmetriche. Era stato il re a farli incidere,

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all’epoca della costruzione della torre, o eranoantecedenti? Nehemia le stava fissando lafronte e Celaena chiese: — Ho la facciasporca?

— No — disse Nehemia con un tono un po’distante, studiandole la fronte con ariaassorta. Tutt’a un tratto la principessa laguardò negli occhi con una ferocia tale dafarla trasalire. — Non sai niente dei segni diWyrd?

La torre dell’orologio batté l’ora. — No. Nonne so niente — rispose Celaena.

— Mi stai nascondendo qualcosa — ledisse piano la principessa nella lingua diEyllwe, ma senza volerla accusare. —Tu seimolto più di quello che sembri, Lillian.

— Io… be’, spero proprio di esserequalcosa di più di una insulsa cortigiana —replicò più spavalda che poteva. E fece ungran sorriso, sperando che Nehemiasmettesse di guardarla in quello strano modoe di fissarle la fronte. — Potete insegnarmi a

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parlare correttamente la lingua di Eyllwe?— Se tu mi insegnerai meglio la tua ridicola

lingua — disse scherzosamente laprincipessa. Ma c’era ancora circospezionenei suoi occhi. Che cosa aveva visto Nehemiaper avere una simile reazione?

— D’accordo — disse Celaena con untimido sorriso. — Ma non ditelo a lui. Ilcapitano Westfall mi lascia sola verso metàpomeriggio. Un’ora prima di cena vabenissimo.

— Allora verrò domani alle cinque — disseNehemia. La principessa sorrise e ricominciòa camminare, un guizzo di luce nei suoi occhicorvini. Celaena la seguì.

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Celaena era a letto e guardava una pozza diluce lunare sul pavimento. Riempiva lefessure polverose fra le mattonelle di pietra etingeva tutto di blu e argento, facendolasentire sospesa in un attimo eterno.

Non temeva la notte, anche se in quelleore buie trovava poco conforto. Era di notteche dormiva, che si avvicinava di soppiatto euccideva, era quella l’ora in cui le stelle siaccendevano di una bellezza sfolgorante e lafacevano sentire piccola e inutile.

Si rabbuiò. Era appena mezzanotte e,anche se l’indomani era prevista un’altra

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prova, non riusciva a dormire. Aveva gli occhitroppo pesanti per leggere, e non volevasuonare il pianoforte per paura di un altroincontro imbarazzante, né tanto meno volevafantasticare sul banchetto in corso. Troppopigra per cambiarsi, indossava ancora ilvestito azzurro e smeraldo.

Seguì con le dita il contorno che la lucedella luna disegnava sull’arazzo appeso allaparete. Era un arazzo curioso, antico e malconservato, punteggiato di figure di animalidella foresta fra alberi ricurvi. In basso, vicinoal pavimento, si stagliava una figura di donna,unico soggetto umano.

Era un’immagine a grandezza naturale, diuna bellezza incredibile. Nonostante i capelliargentei, l’espressione del viso era giovane, ela vaporosa gonna bianca sembrava muoversialla luce della luna. Era come…

Celaena si drizzò sul letto. L’arazzo si eramosso? Guardò la finestra. Era chiusa bene.L’arazzo si stava leggermente sollevando infuori.

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Possibile?Le si accapponò la pelle e accese una

candela prima di avvicinarsi alla parete.L’arazzo non si muoveva più. Prese un lembodi tessuto e lo sollevò. C’era solo pietra, ma…

Celaena ripose le pesanti pieghe deltessuto e le puntellò con un baule per farlostare ben teso.

Una scanalatura verticale attraversava laparete, diversa, in quel punto, dal resto dellasuperficie. A qualche palmo di distanza nescorse un’altra. Partivano dal pavimento e,circa all’altezza della testa di Celaena, siincontravano a formare…

Una porta!Celaena si appoggiò con la spalla sul

lastrone di pietra, che cedette leggermente.Le saltò il cuore in gola. Spinse di nuovo, lafiamma della candela le tremava in mano. Laporta si aprì lenta, con un cigolio. La spinseforte, con un grugnito, e finalmente sispalancò.

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Davanti a sé vide un passaggio buio.Una corrente d’aria soffiava verso quegli

oscuri sotterranei e le scompigliò i capelli sulviso. Un brivido le percorse la schiena. Lacorrente spirava verso l’interno, anche seaveva sollevato l’arazzo nella stanza.

Lanciò un’occhiata al letto disseminato dilibri che, quella sera, non avrebbe letto.Imboccò il passaggio.

Grazie alla luce della candela vide che ilpassaggio era fatto di pietra e vi si eradepositata una spessa coltre di polvere.Rientrò in camera. Se doveva partire inesplorazione aveva bisogno di provvisteadeguate. Peccato non avere una spada o unpugnale! Posò la candela. Aveva bisogno diuna fiaccola, o almeno di qualche altracandela. Anche se era abituata a muoversi albuio, non era così stolta da procedere allacieca.

Attraversando fremente la stanza, presedue gomitoli di filo dal cestino da lavoro di

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Philippa, tre pezzetti di gesso e uno dei suoicoltelli fatti in casa. Infilò altre tre candelenelle tasche della mantella e se la strinseaddosso.

Si fermò davanti all’entrata del passaggiobuio. Era nero come la pece e sembrava lainvitasse a entrare. Sentì di nuovo quellacorrente d’aria.

Fermò la porta con la sedia, in modo chenon si richiudesse e la intrappolasse lì dentroper sempre. Legò un capo del filo alloschienale della sedia, fece cinque nodi, etenne il gomitolo nella mano libera. Se sifosse persa, il filo le avrebbe indicato lastrada del ritorno. Sistemò con cura l’arazzosopra l’ingresso, nel caso entrasse qualcuno.

L’interno del passaggio era freddo maasciutto. Era infestato di ragnatele e privo difinestre, solo una scala molto lunga chescendeva molto più giù di quanto la suapiccola candela potesse illuminare. Scese igradini con grande tensione, aspettandosi daun momento all’altro un rumore che l’avrebbe

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fatta tornare di corsa in camera sua. Ma eratutto silenzioso, silenzioso e morto, ecompletamente abbandonato.

Celaena teneva la candela dritta davanti asé, la mantella strusciava alle sue spalle,lasciando una scia pulita sulle scalepolverose. I minuti passavano mentreesaminava le pareti in cerca di qualche segnoo incisione, ma non vide nulla. Forse era soloun passaggio della servitù ormai dimenticato.Si sentiva un po’ delusa.

Di lì a poco scorse la fine delle scale e sifermò davanti a tre porte grandi e scure.Dove era finita? Le sembrò difficile che unospazio del genere in un castello con tantepersone potesse esser stato dimenticato,eppure…

Il pavimento era coperto di polvere e nonc’era traccia di impronte.

Immaginando cosa aspettarsi, Celaenasollevò la candela verso le travi delle porte,alla ricerca di un’iscrizione che promettesse

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morte certa varcando la soglia di una delletre.

Controllò il gomitolo che aveva in mano:stava finendo. Appoggiò la candela e unì ilcapo del filo a quello di un altro gomitolo.Forse avrebbe dovuto prenderne un altroancora… be’, almeno le restava il gessetto.

Scelse la porta nel mezzo, se non altroperché era la più vicina. La scala continuavaa scendere, così in profondità che sidomandò se arrivasse proprio sotto il castello.Il passaggio diventò molto freddo e la candelacrepitava per l’umidità.

Si aprivano diverse arcate, ora, maCelaena decise di andare diritto, seguendo lascia di umidità. Dalle pareti scendevano rivolid’acqua e la pietra era diventata viscida difunghi proliferati nel corso di decenni. Lescarpe di velluto rosso erano troppo leggere esottili per il pavimento umido del sotterraneo.Stava per tornare indietro, quando udì unrumore.

Era il suono di acqua che scorreva piano.

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Poco più avanti, il passaggio divenne piùluminoso. Non era la fiammella di unacandela, piuttosto la luce bianca e pallidadella notte, la luce della luna.

Celaena terminò il gomitolo e lasciò il filo aterra. Non c’erano altre svolte da ricordare.Sapeva dove si trovava, o meglio, non osavasperare che fosse davvero dove credeva diessere. Accelerò il passo, scivolando duevolte, con un batticuore così forte che ebbepaura gli perforasse le orecchie. Vide davantia sé un arco e, oltre, più avanti…

Celaena guardò la fogna a cielo aperto cheusciva dal castello. C’era un cattivo odore,per non dire peggio.

Si fermò di lato, esaminando la paratoiaaperta su un ampio ruscello che di certorifluiva in mare o nel fiume Avery. Nienteguardie né chiavistelli, a parte il graticcio diferro che ne copriva la superficie, rialzata ilminimo indispensabile a far passarel’immondizia.

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Ai due lati del canale della fogna eranoormeggiate quattro barchette, e c’erano altreporte, qualcuna di legno, qualcuna di ferro,che portavano a quell’uscita. Forse si trattavadi una via di fuga per il re, anche se, agiudicare dalle pessime condizioni di alcunedelle barche, Celaena si domandò se lui nefosse davvero a conoscenza.

Andò verso il graticcio e infilò la mano trale sue maglie di ferro. L’aria della notte erafredda ma non gelida. Subito oltre il ruscello siscorgevano degli alberi: doveva trovarsi sulretro del castello, dalla parte che dava sulmare…

C’erano guardie appostate, là fuori? A terratrovò una pietra che probabilmente si erastaccata dalla parete ed era caduta in acqua,sotto la paratoia. Nessun rumore di armature,nessun brusio o imprecazione. Esaminò l’altrolato. C’era una leva per sollevare la paratoia efar passare le barche. Appoggiò la candela, sitolse la mantella e svuotò le tasche.

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Tenendosi bene con le mani, appoggiò primaun piede e poi l’altro.

Sarebbe stato facilissimo alzare laparatoia. In quel momento si sentìspericolata. Spericolata e indomita. Cosa cifaceva in quel castello? Perché lei,l’Assassina di Adarlan, stava partecipando aquell’assurdo torneo dove doveva dimostraredi essere la migliore? Lei era la migliore!

Ormai dovevano essere tutti ubriachi.Avrebbe potuto prendere una di quelle barchesgangherate e dileguarsi nella notte. Siarrampicò per tornare indietro, aveva bisognodella mantella. Che stupidi a pensare dipoterla soggiogare!

Con un piede scivolò su un gradinosdrucciolevole e riuscì a malapena asoffocare un grido mentre si aggrappava allagrata, imprecando quando il ginocchio urtòcontro la paratoia. Chiuse gli occhi,aggrappandosi forte. Era soltanto acqua.

Si tranquillizzò e il piede ritrovò l’appoggio.La luna era quasi accecante, così luminosa

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da eclissare le stelle.Sapeva di poter scappare con facilità, ma

sapeva anche che sarebbe stata una pazzia.Il re l’avrebbe trovata, in un modo o nell’altro.E Chaol sarebbe caduto in disgrazia esarebbe stato sollevato dal suo incarico. E poila principessa Nehemia si sarebbe ritrovatada sola, attorniata da un branco di idioti, ebe’…

Celaena si raddrizzò, il mento alto. Nonsarebbe fuggita da loro come una criminalequalunque. Li avrebbe affrontati, avrebbeaffrontato il re, e si sarebbe guadagnata lalibertà con onore. E poi, perché nonapprofittare di vitto, alloggio e addestramentogratis ancora per un po’? Per non parlaredelle provviste che avrebbe dovuto metter daparte per la fuga, cosa che avrebbe forserichiesto alcune settimane. Perché affrettarsi?

Celaena tornò sul lato da cui era partita eraccolse la mantella. Avrebbe vinto il torneo.E se, dopo la vittoria, avesse voluto sottrarsi

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alla schiavitù e al re… be’, le sarebbe semprerimasta questa via di fuga.

Eppure non riusciva a lasciare quelsotterraneo. Accolse con riconoscenza ilsilenzio che regnava all’interno, mentrerisaliva, le gambe sempre più indolenzite daitanti gradini. Era la cosa giusta da fare.

Si trovò presto davanti alle altre due soglieche non aveva varcato. Quali altre delusionil’attendevano? Aveva perso la curiosità. Mac’era ancora quella corrente d’aria, chesoffiava così forte verso l’arco di destra dasospingerla in avanti. Le venne la pelle d’ocaquando vide la fiammella della candela che siinclinava verso un buio ancora più pesto.Quella corrente d’aria recava con sé deisussurri che parlavano in lingue dimenticate.Rabbrividì e decise di andare dalla parteopposta, attraverso il portale di sinistra.Seguire i sussurri nel giorno di Samhuinn nonpoteva che portare guai.

Nonostante la corrente, nel passaggio l’ariaera tiepida. A ogni gradino che saliva, i

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mormorii andavano scemando. Su, su eancora su, soltanto il suono del suo respiroaffannato e lo scalpiccio dei suoi passi. Nonvide passaggi secondari quando arrivò incima, bensì un lungo corridoio che sembravanon finire mai. Lo seguì, nonostante i piedi giàstanchi. Dopo un po’, inaspettatamente udìdella musica.

In realtà sembrava una gran baldoria,accompagnata da una luce dorata che filtravada una porta o una finestra.

Svoltò l’angolo e salì i pochi gradini cheportavano a un corridoio molto più angusto e,con il soffitto così basso che dovette chinarsiper avanzare verso la luce. Non era una portae nemmeno una finestra, bensì una grata dibronzo.

Celaena aprì e chiuse gli occhi perabituarsi alla luce mentre guardava dall’alto ilbanchetto in corso nel grande salone.

Erano dei cunicoli fatti per spiare? Ciò chevide non le piacque affatto. Fra il centinaio di

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invitati che mangiavano, cantavano edanzavano, c’era anche Chaol, sedutoaccanto a un vecchio. Stava parlando e…

Ridendo?Vederlo così allegro la fece arrossire. Posò

la candela. Sbirciò all’altro lato dell’immensasala. C’erano altre grate vicino al soffitto, manon vedeva occhi indiscreti dietro i graticcidecorati. Poi osservò i ballerini. Fra loro c’eraanche qualche paladino vestito di tutto puntoma non abbastanza da nasconderne imovimenti sgraziati. C’era anche Nox, cheera ormai diventato suo compagno dicombattimento e allenamento. Benché se lacavasse un po’ meglio degli altri, Celaenacompatì le sue compagne di ballo. Ma…

Gli altri paladini avevano avuto il permessodi partecipare e lei no? Strinse forte la grata,premendovi contro la faccia per vederemeglio. Di sicuro c’erano altri paladini ai tavoli,persino quel brufoloso di Pelor, seduto vicinoa Chaol! Una mezza tacca di assassino comequello! Fece una smorfia rabbiosa: come

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avevano osato escluderla dal banchetto? Lastretta al petto si allentò un pochino quandonon vide Caino fra gli invitati. Almeno avevanotenuto sotto chiave anche lui!

Individuò il principe ereditario che ballava erideva con un’oca bionda. Lo odiava per nonaverla invitata. Era la sua paladina, dopotutto!Eppure… non riusciva a togliergli gli occhi didosso. Non era tanto il desiderio di parlarecon lui, quanto di guardarlo, di vedere quellagrazia e quella gentilezza così rare negli occhiche l’avevano spinta a parlargli di Sam.Sebbene fosse un Havilliard… be’, avrebbetanto voluto baciarlo.

Celaena si rabbuiò vedendo il principe chebaciava la mano della dama bionda alla finedel ballo. Si allontanò dalla grata. Il corridoioterminava lì. Tornò a spiare il banchetto evide Chaol che si alzava da tavola e siavviava fuori dal grande salone. E se fosseandato nelle sue stanze e non l’avessetrovata? Non aveva promesso di portarle

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qualcosa?Mugugnando al pensiero di tutte quelle

scale da ripercorrere, prese la candela e ilfilo, e corse verso il corridoio col soffitto piùalto, riavvolgendolo man mano cheproseguiva. Corse più veloce che poteva,facendo i gradini a due a due.

Oltrepassò i portali e corse su per le scaleche portavano in camera sua, con la luce cheaumentava a ogni balzo. Chaol l’avrebbemandata in prigione se l’avesse trovata in unpassaggio segreto, soprattutto se portavafuori dal castello!

Quando arrivò in camera, era ormai unbagno di sudore. Diede un calcio alla sedia,chiuse la porta di pietra, la ricoprì con l’arazzoe si infilò a letto in un lampo.

Dopo ore passate a divertirsi al banchetto,Dorian entrò nelle stanze di Celaena senzasapere bene neanche lui cosa ci facesse, alledue di notte, nell’appartamento diun’assassina. Gli girava la testa per il troppo

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vino ed era così esausto dalle danze che, sesi fosse seduto, si sarebbe di certoaddormentato. Nelle stanze c’era buio esilenzio, e lui aprì piano la porta della camerada letto per sbirciare.

Celaena dormiva, ma aveva ancora quellostrano vestito addosso. Vista così, distesasulla coperta rossa, il vestito sembrava moltomeno bislacco. I capelli dorati leincorniciavano il viso e un lieve rossore lecoloriva le guance.

Lì accanto c’era un libro aperto, in attesache lei voltasse pagina. Lui restò sulla porta,temendo di svegliarla se avesse fatto un altropasso. Un’assassina. Non si era neppuremossa. Ma sul suo viso non c’era nientedell’Assassina. Nessuna traccia diaggressività o di sete di sangue, nei suoilineamenti.

In un certo senso la conosceva. E sapevache lei non gli avrebbe mai fatto del male.

Era davvero strano: quando parlavano,benché le parole di Celaena fossero sempre

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taglienti, lui si sentiva a suo agio, come sepotesse dirle qualunque cosa. E lei dovevaaver provato la stessa cosa, visto che gliaveva raccontato di Sam, chiunque fossequell’uomo. Ma adesso lui era lì, nella suastanza a notte fonda. Lei sembrava sempreinvitante, ma faceva sul serio? Udì un rumoredi passi e trovò Chaol nell’atrio.

Il capitano andò verso di lui e lo prese perun braccio. Dorian capì che non era il caso diopporgli resistenza mentre lo trascinava via,fermandosi davanti alla porta dell’atrio. —Cosa ci fai qui? — sussurrò Chaol a bassavoce.

— Cosa ci fai tu, qui? — replicò Dorian,cercando di parlare a bassa voce. La suadomanda era più che legittima. Se Chaol nonfaceva altro che metterlo in guardia sulpericolo di frequentare Celaena, lui cosa cifaceva lì, in piena notte?

— Per Wyrd, Dorian! Lei è un’assassina. Tiprego, ti prego, dimmi che non sei già stato

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qui altre volte!Dorian non poté trattenere un ghigno. —

Non voglio nemmeno una spiegazione, bastache te ne vai, incosciente che non sei altro!Fuori! — Chaol lo afferrò per il bavero dellagiacca, e Dorian avrebbe potuto prenderlo apugni se il capitano non fosse stato cosìfulmineo. Senza nemmeno accorgersene, siritrovò sospinto fuori, nel corridoio, mentre laporta veniva chiusa a chiave dietro di lui.

Per qualche motivo, Dorian non dormìbene, quella notte.

Chaol Westfall fece un respiro profondo.Cosa ci faceva lì? Aveva il diritto di trattare ilprincipe ereditario di Adarlan in quellamaniera, se anche lui era lì senza unaragione? Il fatto era che non capiva la rabbiache si era sentito salire dentro, vedendoDorian sulla porta, e non voleva capire chetipo di rabbia fosse. Non era gelosia, maqualcosa di più. Qualcosa che avevatrasformato il suo amico in un’altra persona,

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una persona che lui non conosceva. Eraquasi sicuro che lei fosse ancora vergine, maDorian lo sapeva? Probabilmente la cosagliela rendeva ancora più interessante. Tiròun sospiro e aprì un po’ la porta, facendo unasmorfia quando la sentì scricchiolare forte.

Era ancora vestita e, nonostante la suabellezza, la potenziale assassina che sicelava dietro quella facciata riuscivacomunque a trapelare. Si intuiva nellamascella forte, nella curva delle sopracciglia,nell’immobilità assoluta della sua figura. Erauna lama tagliente, forgiata dal Re degliAssassini a proprio vantaggio. Un animaleaddormentato, una lince rossa o un drago, isuoi segni di forza erano visibili ovunque.Scosse la testa ed entrò in camera da letto.

Nell’udire i suoi passi, Celaena aprì unocchio. — Non è mattina! — bofonchiògirandosi dall’altra parte.

— Ti ho portato un regalo. — Si sentìtremendamente stupido e per un attimopensò di scappare via.

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— Un regalo? — disse lei con voce piùchiara, girandosi verso di lui e strizzando gliocchi.

— È una cosa da niente. Li distribuivanoalla festa. Dammi la mano. — Non era vero…più o meno. Li avevano dati come omaggioalle nobildonne presenti, e lui ne aveva presouno al volo dal cestello. Le invitate, nellastragrande maggioranza, non li avrebberomai indossati, li avrebbero gettati via oregalati alla domestica preferita.

— Fammi vedere — e tese pigramente ilbraccio.

Lui pescò nella tasca e tirò fuori il regalo.— Ecco. — E glielo posò in mano.

Lei lo studiò, sorridendo assonnata. — Unanello. — Se lo infilò al dito. — Moltograzioso. — Era semplice, d’argento, l’unicadecorazione era l’ametista al centro, grandecome un’unghia. La superficie della gemmaliscia e rotonda brillava verso l’Assassinacome un occhio rosso. — Grazie — gli disse,

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con gli occhi bassi.— Sei ancora vestita, Celaena. — Il suo

rossore si rifiutava di passare.— Mi cambio fra un momento. — Lui

sapeva che non l’avrebbe fatto. — Ho solobisogno… di riposare. — E poi siaddormentò, con una mano sul petto el’anello sul cuore. Con un sospiro diinsoddisfazione, il capitano prese la copertadal divano vicino e gliela sistemò sopra. Eraquasi tentato di sfilarle l’anello, ma… be’,aveva un’aria così pacifica. Chaol si sfregò ilcollo, il viso ancora in fiamme, poi uscìchiedendosi come avrebbe spiegato tuttoquesto a Dorian, l’indomani.

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Celaena fece un sogno. Stava percorrendo illungo passaggio segreto, senza candela néfilo a guidarla. Aveva scelto il portale di destraperché gli altri due erano umidi, freddi e pocoinvitanti, mentre quello le sembrava più caldoe accogliente. Anziché di muffa, sapeva dirose. Il percorso era tortuoso e Celaena siritrovò a scendere una serie di stretti gradini.Per qualche sconosciuto motivo stava sempremolto attenta a non strofinarsi contro lapietra. La scala scendeva sinuosa e, ognivolta che si trovava davanti un’altra porta oun altro arco, Celaena seguiva quel profumo

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di rosa. Proprio quando era ormai stanca dicamminare, si ritrovò all’inizio di una serie discale e si fermò. Rimase immobile davanti auna vecchia porta di legno.

Al centro della porta pendeva un batacchiodi bronzo a forma di cranio. Sembravasorridesse. Celaena si aspettava di sentire dinuovo quella forte corrente d’aria o magari unterribile grido, oppure che il passaggiodiventasse freddo e umido. Invece no, eraancora caldo, e c’era ancora quel buonprofumo. Così Celaena raccolse un po’ dicoraggio e girò la maniglia. La porta sispalancò senza fare il minimo rumore.

Si aspettava di vedere una stanza buia eabbandonata, ma si trovò davanti a qualcosadi completamente diverso. Un raggio di lunaentrava da una piccola fenditura nel soffitto,illuminando il viso di una bella statua dimarmo adagiata su una lastra di pietra. No,non era una statua, era un sarcofago. Unsepolcro.

Sul soffitto in pietra erano incisi degli alberi

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che si dispiegavano sopra quella figurafemminile dormiente. Accanto a quello delladonna, c’era un altro sarcofago raffiguranteun uomo. Perché il viso della donna erailluminato dalla luna mentre l’uomo restavanell’ombra?

Era un bell’uomo, con la barba corta ecurata, la fronte ampia e aperta, un nasodritto e importante. Teneva fra le mani unaspada di pietra, con l’elsa appoggiata al petto.Le si fermò il fiato in gola. L’uomo aveva sullatesta una corona.

Anche la donna ne portava una. Niente ditroppo voluminoso o stravagante, piuttostouna tiara sottile con una pietra azzurraincastonata al centro, l’unico gioiello dellastatua. I capelli lunghi e ondulati leincorniciavano il viso e ricadevano su un latodella lapide, così ben scolpiti che a Celaenasembrò fossero veri. La luna le illuminò il visoe la mano di Celaena tremò quando,allungandosi, le toccò la guancia liscia e

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giovane.Era fredda e dura, come è normale per

una statua. — Quale regina eri? — disse avoce alta, e l’eco rimbombò nella stanzasilenziosa. Le passò la mano sulle labbra, poisulla fronte. Socchiuse gli occhi: c’era unsegno inciso sulla superficie, quasi invisibile aocchio nudo. Lei ci passò il dito sopra, piùvolte. Pensando che la luce della lunapotesse sbiadirlo, Celaena lo riparò con lamano. Un rombo, due frecce che lotrapassavano di lato, e una linea verticale nelmezzo…

Era il segno di Wyrd che aveva già visto.Indietreggiò dai sarcofagi, sentendo un freddoimprovviso. Quello era un luogo proibito.

Inciampò in qualcosa e barcollando guardòil pavimento. Rimase a bocca aperta. Eracoperto di stelle in rilievo che riproducevano ilcielo notturno. E sul soffitto era dipinta laTerra. Perché l’ordine era invertito? Guardò lepareti e si mise una mano sul cuore.

C’erano segni di Wyrd dappertutto: segni a

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spirale, a volute, rettilinei e quadrati. I segnipiù piccoli formavano segni più grandi e quellipiù grandi ne formavano altri ancora piùgrandi, fin quando non le sembrò che l’interastanza avesse un significato impossibile dacomprendere.

Celaena guardò i sarcofagi di pietra. Aipiedi della regina era scritto qualcosa.Celaena si avvicinò. Le lettere in pietradicevano:

Ah! La frattura del tempo!Non capiva. Dovevano essere stati dei

sovrani molto importanti, e anche moltoantichi, eppure…

Si avvicinò di nuovo alla testa. C’era unafragranza rasserenante e familiare, intorno alviso della regina, ricordava il profumo di rosa.Eppure c’era qualcosa in lei che non tornava,qualcosa di strano.

Fu sul punto di gridare, quando le vide: leorecchie a punta, arcuate. Le orecchie degliimmortali Fae. Per mille anni nessun Fae si

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era sposato con la dinastia degli Havilliard.C’era stata solo una donna, e per di più disangue misto. Se le cose stavano così, e ladonna era una Fae, o una mezza Fae, allorasi trattava di…

Celaena indietreggiò andando a sbatterecontro la parete. Una coltre di polvere si alzòtutto intorno.

Allora quell’uomo era Gavin, il primo re diAdarlan. E lei era la regina Elena, la primaprincipessa di Terrasen, figlia di Brannon esposa di re Gavin.

Il cuore di Celaena cominciò a battere cosìforte che si sentì male. Ma non riusciva amuovere i piedi. Non avrebbe dovuto entrarenel sepolcro, non avrebbe dovutoavventurarsi nei luoghi sacri dei morti quandolei stessa era così macchiata e lordata daidelitti commessi. Sarebbe stata perseguitata,tormentata e torturata, per aver violato quellaquiete.

Ma perché il loro sepolcro era stato cosìtrascurato? Perché nessuno aveva

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commemorato i morti quel giorno? Perchénon c’erano fiori sulle loro tombe? PerchéElena Galathynius Havilliard era statadimenticata?

Contro la parete più lontana eranoammassati cumuli di armi e di gioielli. Unaspada era in bella vista davanti a un’armaturadorata. Lei conosceva bene quella spada. Siavvicinò al tesoro. Era la leggendaria spada diGavin, la spada che lui aveva brandito nelleferoci guerre che avevano smembrato ilContinente, la spada che aveva uccisol’Oscuro Lord Erawan. Dopo mille anni, nonera ancora arrugginita. Anche se la magia erasvanita, quella spada sembrava avermantenuto il potere col quale era stataforgiata.

— Damaris — mormorò, pronunciando ilnome della spada.

— Tu conosci la tua storia — disse unavoce femminile. Celaena trasalì e gridòmentre afferrava una lancia e cadeva dentro

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un forziere colmo d’oro. La voce rise. Celaenacercò un pugnale, una candela, qualunquecosa. Ma poi vide la persona che stavaparlando e si paralizzò.

Era di una bellezza inimmaginabile. I capelliargentei le fluivano intorno al giovane visocome un fiume di luna. I suoi occhi erano diun azzurro brillante, cristallino, la pelle biancacome alabastro. Le orecchie eranoleggermente a punta.

— Chi sei? — mormorò l’Assassina, checonosceva già la risposta, ma voleva sentirla.

— Lo sai chi sono — disse Elena Havilliard.Le sue sembianze erano state riprodotte

alla perfezione sul sarcofago. Celaena non simosse da dove era caduta, nel forziere,nonostante il tremore alla schiena e allegambe. — Sei un fantasma?

— Non esattamente — disse la reginaElena, aiutando Celaena a rimettersi in piedi.La mano era fredda, ma forte. — Io non sonoviva e il mio spirito non controlla pienamentequesto luogo. — Guardò verso l’alto e

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l’espressione del suo volto si fece seria. — Horischiato molto, venendo qui.

Celaena fece istintivamente un passoindietro. — Rischiato?

— Non posso trattenermi a lungo, enemmeno tu — disse la regina. Che razza disogno assurdo era quello? — Per il momentoè stata distolta la loro attenzione, ma… —Elena Havilliard guardò il sarcofago delmarito.

Celaena sentì male alla testa. GavinHavilliard stava cercando di distoglierel’attenzione di qualcuno, là sopra? —L’attenzione di chi?

— Degli otto guardiani. Sai di chi parlo.Celaena la fissò perplessa, ma poi capì. —

I gargoyle sulla torre dell’orologio?La regina annuì. — Sorvegliano il portale

fra i nostri due mondi. Siamo riusciti aguadagnare del tempo e ho potuto passareinosservata… — Afferrò il braccio di Celaena.Non se l’aspettava, ma le fece male. — Devi

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ascoltare ciò che ti dico. Niente accade percaso. Tutto avviene con uno scopo. Tu eridestinata a venire in questo castello, propriocome eri destinata a essere un’assassina e aimparare l’arte di sopravvivere.

Le tornò la nausea. Aveva sperato cheElena non parlasse di quello che il suo cuoresi era rifiutato di ricordare, aveva sperato chela regina non riportasse a galla ciò che leiaveva impiegato così tanto a dimenticare.

— C’è qualcosa di malvagio in questocastello, qualcosa di così perverso da fartremare le stelle. La sua cattiveria si riflette intutti i mondi — proseguì la regina. — Tu devifermare tutto questo. Dimentica le amicizie, iconti in sospeso e le promesse fatte.Distruggilo prima che sia troppo tardi, primache un portale venga squarciato per sempre.

Girò la testa, come se avesse uditoqualcosa. — Oh, non c’è più tempo — dissealzando gli occhi. — Tu devi vincere questotorneo e diventare la paladina del re. Tucapisci la sofferenza del popolo. L’Erilea ha

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bisogno che tu diventi paladina del re.— Ma cosa…La regina si frugò in una tasca. — Non

devono trovarti qui. Se accadesse, sarebbetutto perduto. Infilati questo. — E le misequalcosa di freddo e metallico nella mano. —Ti proteggerà dal male. — Poi la trascinòverso la porta. — Tu sei stata portata qui,stanotte. Ma non da me. Anch’io sono statacondotta qui. Qualcuno vuole che tu sappia…che tu veda… — Si girò di scatto udendo unbrontolio nell’aria. — Stanno arrivando —sussurrò.

— Ma non capisco! Io non sono… io nonsono quella che pensi!

La regina Elena le posò le mani sulle spallee la baciò sulla fronte. — Il coraggio del cuoreè molto raro — disse con una calmaimprovvisa. — Lasciati guidare.

Un distinto ululato fece tremare le pareti eraggelare il sangue di Celaena.

— Vai! — la esortò la regina, spingendo

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Celaena nel cunicolo. — Corri!Senza bisogno di altro incoraggiamento,

Celaena corse su per le scale. Correva cosìveloce da non sapere dove stava andando.Udì un grido provenire da sotto, poi unringhio, e salì le scale col cuore in gola.Intravide la luce della sua camera e, via viache si avvicinava, udiva una debole voce chegridava alle sue spalle, comeun’esclamazione di sorpresa mista a rabbia.

Celaena si precipitò nella camera e fece intempo a vedere il suo letto prima che tuttodiventasse nero.

Aprì gli occhi. Respirava con affanno. Eindossava ancora il vestito. Ma era al sicuroin camera sua. Perché era così predisposta afare sogni tanto strani e sgradevoli? E perchéera senza fiato? Trova e distruggi il male chealeggia su questo castello!

Celaena si girò sul fianco e si sarebberiaddormentata molto volentieri se non fossestato per il metallo che le incideva il palmo

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della mano. Ti scongiuro, fa’ che sia l’anello diChaol!

Ma sapeva che non era così. In manoaveva un amuleto d’oro grande come unamoneta appeso a una sottile catenina.Dovette trattenersi per non urlare. Era unintreccio di fili metallici e, intorno al bordocircolare dell’amuleto, c’erano due cerchisovrapposti. Al centro brillava una piccolagemma azzurra che dava all’amuleto laparvenza di un occhio. Era attraversato dauna linea. Era bello, e strano e…

Celaena guardò l’arazzo. La porta erasocchiusa.

Saltò giù dal letto e si lanciò con forzacontro la parete, così forte che la spalla feceun rumore sinistro, come qualcosa che sirompe. Nonostante il dolore, corse alla portae la chiuse bene. Non aveva certo bisognoche qualcosa da laggiù salisse nelle suestanze, qualsiasi cosa fosse. O che Elena leapparisse di nuovo.

Affannata, Celaena indietreggiò tenendo

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sempre d’occhio l’arazzo. La figura delladonna si sollevò dietro il baule di legno.Celaena trasalì nel rendersi conto che quelladonna era Elena, proprio lì, in corrispondenzadella porta. Un indizio astuto.

Celaena buttò altri ceppi sul fuoco, indossòin fretta la camicia da notte e s’infilò a letto,con il suo pugnale rudimentale stretto inmano. L’amuleto era dove l’aveva lasciato. Tiproteggerà…

Celaena guardò di nuovo verso la porta dipietra. Non si udivano grida né ululati, nienteche suffragasse quello che era appenaaccaduto. Eppure…

Imprecando, si allacciò in fretta la cateninaal collo. Era calda e leggera. Si tirò le copertefino al mento e chiuse gli occhi, aspettandoche le venisse sonno, o che una manoartigliata la afferrasse per decapitarla. Se nonfosse stato un sogno, se non fosse stata soloun’allucinazione…

Celaena strinse la collanina. Diventare la

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paladina del re: questo lo poteva fare.L’avrebbe fatto comunque. Ma quali erano lemotivazioni di Elena? L’Erilea aveva bisognodi un paladino del re che capisse lasofferenza della gente comune. Sembravaabbastanza semplice. Ma perché era stataproprio Elena a dirglielo? E come si collegava,tutto questo, al suo primo ordine, ovverotrovare e distruggere il male che aleggiava sulcastello?

Celaena fece un respiro profondo,accucciandosi fra i cuscini. Che stupida erastata ad aprire la porta segreta il giorno diSamhuinn! Forse, in qualche modo, era statalei a scatenare tutto questo su di sé? Aprì gliocchi e guardò l’arazzo.

Qualcosa di malvagio aleggia su questocastello… Devi distruggerlo…

Non aveva già abbastanzapreoccupazioni? Avrebbe eseguito il secondoordine di Elena, ma il primo… poteva metterlanei guai. Non poteva nemmeno andarsene ingiro a ficcanasare per il castello come voleva!

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Con una minaccia del genere, non erasoltanto la sua vita a essere in pericolo…Certo, sarebbe stata più che felice se qualcheforza oscura si fosse abbattuta su Caino,Perrington, il re o lady Kaltain, ma sequalcuno avesse fatto del male a Nehemia oanche a Chaol e Dorian…

Celaena rabbrividì. Il minimo che potevafare era cercare indizi nel sepolcro. Forseavrebbe trovato qualcosa sulle motivazioni diElena. Se non avesse trovato niente, be’,almeno ci avrebbe provato.

Quella spettrale corrente d’aria soffiòdentro la stanza con un profumo di rose.Impiegò molto prima di abbandonarsi a unsonno agitato.

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Le porte della stanza si spalancaronoall’improvviso e Celaena scattò in piedi,afferrando una candela.

Ma Chaol non la degnò di uno sguardoquando irruppe in camera stringendo i denti.Celaena mugugnò e tornò a letto. — Ma tunon dormi mai? — bofonchiò, tirando su lecoperte. — Non eri impegnato a fare le orepiccole?

Con la mano sulla spada, Chaol alzò lecoperte e la prese per un gomito,trascinandola fuori. — Dove sei statastanotte?

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Celaena cercò di scacciare la paura che leattanagliava la gola. Lui non poteva saperedei passaggi segreti. Gli sorrise. — Qui,ovviamente. Non sei forse passato per darmiquesto? — Svincolò il gomito dalla presa emosse le dita per mostrargli l’anello conl’ametista.

— Io sono rimasto solo pochi minuti. Chemi dici del resto della nottata?

Le rifiutò di indietreggiare mentre lui lestudiava la faccia, poi le mani, e poi tutta lasua figura. Celaena ricambiò con lo stessosguardo. La casacca nera di Chaol erasbottonata in cima e un po’ stropicciata, e icapelli corti avevano bisogno di una pettinata.Qualunque fosse il motivo, andava di fretta.

— Ma cos’è tutta questa agitazione? Nonabbiamo la prova, stamattina? — Si guardò leunghie, in attesa della risposta.

— È stata annullata. Stamattina hannotrovato un altro paladino morto. Xavier, illadro di Melisande.

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Lei sbarrò gli occhi, poi si concentrò dinuovo sulle unghie. — E immagino che tuvoglia accusare me, vero?

— Mi auguro proprio di no, visto che metàdel corpo è stato mangiato…

— Mangiato?! — Celaena arricciò il naso.Si sedette a gambe incrociate sul letto,reggendosi sulle mani. — Che orrore! Forse èstato Caino. È abbastanza mostruoso da fareuna cosa del genere. — Sentì una morsa allostomaco. Un altro paladino assassinato. Chec’entrasse con la forza malvagia di cui parlavaElena? L’assassinio del Mangiatore di occhi edegli altri due paladini non era stato solo unincidente o una rissa fra ubriachi, comeavevano ipotizzato le indagini. No, si trattavadi un piano preciso.

Chaol sbuffò. — Mi fa piacere che tu riescaa scherzare sul massacro di un uomo.

Lei rispose con un ghigno. — Caino è ilcolpevole più plausibile. Tu vieni da Anielle,dovresti sapere più di ogni altro come sono

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quelli delle Montagne della Zanna Bianca.Si passò la mano sui capelli corti. —

Dovresti andarci piano con le accuse. Saràanche un bruto, ma è pur sempre il paladinodel duca Perrington.

— E io sono la paladina del principeereditario! — Si buttò i capelli dietro le spalle.— Questo dovrebbe autorizzarmi adaccusare chi mi pare.

— Dimmi solo dove sei stata questa notte.Celaena si raddrizzò, fissandolo negli

occhi. — Come le mie guardie possonodimostrare, sono stata qui tutta la notte. E seil re volesse interrogarmi, potrei sempre dirgliche tu puoi garantire per me.

Chaol guardò l’anello e lei dissimulò unsorriso quando vide il rossore che gli salivasulle guance. — Sono certo che ti farà ancorapiù piacere sapere che oggi non abbiamolezione — disse lui.

Celaena rise e fece un plateale sospiromentre tornava sotto le coperte e siaccoccolava fra i cuscini. — Un piacere

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immenso. — Si tirò le coperte fino al mento egli fece gli occhi dolci. — Ora esci. Vogliofesteggiare con altre cinque ore di sonno. —Era una bugia, ma lui se la bevve.

Chiuse gli occhi prima di vedere il bruttosguardo che Chaol le lanciò, e sorrise a sestessa quando lo sentì uscire dalla stanza. Sirialzò solo quando udì sbattere la porta.

Il paladino era stato mangiato?La notte scorsa, nel suo sogno… Ma non

era stato un sogno, era tutto vero. E c’eranoquelle creature che urlavano… E se Xavierfosse stato ucciso da una di loro? Ma eranonel sepolcro. Non potevano essersene andatein giro per il castello senza che qualcuno lenotasse. Probabilmente qualche animale eraarrivato al cadavere prima che venissescoperto. Un animale molto, molto affamato.

Rabbrividì ancora e uscì da sotto lecoperte. Le serviva qualche altra armaimprovvisata e doveva trovare il modo diblindare le serrature di porte e finestre.

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Pur approntando i suoi piani di difesa,continuò a ripetere a se stessa che non c’eraniente di cui preoccuparsi. Ma, sapendo diavere qualche ora di libertà, prese più armiche poté, chiuse la porta della sua camera esi infilò nel passaggio che portava al sepolcro.

Celaena perlustrò il luogo per intero,brontolando fra sé e sé. Non c’era nulla chespiegasse le ragioni di Elena o l’origine diquella misteriosa forza del male.Assolutamente nulla.

Di giorno, un raggio di sole filtrava nelsepolcro facendo turbinare come neve ilpulviscolo che lei aveva smosso. Com’erapossibile che ci fosse luce in quei sotterranei?Celaena si fermò sotto la grata sul soffitto,guardando la luce che la attraversava.

Le pareti dello sfiatatoio brillavanovisibilmente, rivestite com’erano di orolucente. E doveva essercene molto, di oro, seriusciva a riflettere i raggi del sole fin laggiù!

Celaena perlustrò lo spazio fra i due

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sarcofagi. Si era portata dietro tre delle suearmi rudimentali, ma comunque non c’eratraccia di quell’essere che la notte primaaveva ringhiato e gridato. E nemmeno diElena.

Celaena si fermò dietro il sarcofago diElena. La gemma azzurra incastonata nellacorona di pietra pulsava alla flebile luce delsole.

— Cosa ti ha spinto a dire a me quellecose? — disse ad alta voce, la sua eco cherimbalzava fra le pareti intarsiate. — Seimorta da mille anni. Perché ti preoccupiancora dell’Erilea?

E perché non designare Dorian o Chaol oNehemia o qualcun altro per eseguire il suoordine?

Celaena passò il dito sul signorile nasodella regina. — Dovresti avere cose migliorida fare, nella tua vita ultraterrena — disse.Ma per quanto si sforzasse di sorridere, lavoce le uscì più cupa di quel che avrebbevoluto.

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Doveva andare via. Anche se aveva chiusola porta della camera, qualcuno avrebbepotuto passare a cercarla, prima o poi. Edubitava fortemente che le avrebberocreduto, se avesse raccontato di essere stataincaricata di svolgere una missione moltoimportante dalla prima regina di Adarlan.Anzi, si rese conto con una smorfia chesarebbe stata una fortuna non essereaccusata di tradimento e di pratiche magiche.L’avrebbero di sicuro rispedita a Endovier.

Dopo un’ultima occhiata, se ne andò. Nonc’era niente di utile, lì. E poi, se Elena volevacosì tanto che lei diventasse la paladina delre, non poteva certo passare tutto il tempo arintracciare quella forza del male.Probabilmente avrebbe perfino pregiudicato lesue possibilità di vincere il torneo. Celaena siaffrettò a salire le scale con la fiaccola cherifletteva strane ombre sulle pareti. Se questaforza malefica era così minacciosa comeElena diceva, come poteva sconfiggerla?

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Non che il pensiero di qualcosa di malvagionel castello la spaventasse.

No, non era affatto per quello. Celaenasbuffò. Si sarebbe impegnata a diventare lapaladina del re. E poi, se avesse vinto,sarebbe andata a cercare quella forzamalefica.

Forse.

Un’ora dopo, scortata dalle guardie, Celaenapercorreva a testa alta i corridoi cheportavano alla biblioteca. Sorrise ai giovanicavalieri di passaggio e salutò con smorfieleziose le cortigiane che le guardavano ilvestito bianco e rosa. Come biasimarle? Quelvestito era splendido e le stava d’incanto.Gliel’aveva detto perfino Ress, una delleguardie più prestanti fra quelle appostate fuoridai suoi appartamenti. Non era stato poi cosìdifficile convincerlo ad accompagnarla inbiblioteca.

Celaena sorrise soddisfatta salutando unnobiluomo che la guardava con aria

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piacevolmente stupita. Notò che era pallidocome un fantasma quando aprì bocca perdire qualcosa, ma lei tirò dritta. E, nell’udire ilmormorio di concitate voci maschili cheecheggiavano sulle pareti in pietra dietrol’angolo, accelerò il passo.

Si affrettò e, quando svoltò l’angolo,Celaena ignorò l’espressione di disgusto diRess. Conosceva troppo bene quel fetorepungente e acre di sangue e di carne indecomposizione.

Ma non si aspettava di vederlo: “mezzomangiato” era un eufemismo per descrivereciò che rimaneva del corpo scheletrico diXavier.

Una delle guardie imprecò a bassa voce eRess si avvicinò a lei, appoggiandole la manoleggera sulla schiena per incitarla aproseguire. Dal capannello di uomini, nessunobadò a lei quando passò accanto al luogo deldelitto e guardò il cadavere da vicino.

Il torace di Xavier era stato squartato e gliorgani vitali asportati. A meno che qualcuno

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non li avesse spostati al momento delritrovamento del corpo, non ne restava alcunatraccia. E il suo lungo viso scarnificato eraancora contorto in un grido silenzioso.

Quella non era certo una morteaccidentale. Sulla calotta cranica della vittimac’era un buco e Celaena capì che da lì erastato asportato anche il cervello. Dalle traccedi sangue sul muro sembrava che qualcunoavesse scritto qualcosa e poi l’avessecancellato. Ma qualcosa era rimasto, e lei sisforzò di trattenere lo stupore. Erano segni diWyrd. Tre segni di Wyrd che formavano unalinea curva, probabilmente un cerchio, vicinoal cadavere.

— Santi numi! — mormorò una delleguardie quando superarono il piccoloassembramento che si era formato intorno alluogo del delitto.

Ora capiva perché Chaol aveva un’ariacosì sconvolta, quella mattina. Celaena siirrigidì. Come aveva potuto pensare che

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fosse lei la responsabile di un tale massacro?Che stupido era stato. Se davvero avessevoluto sbarazzarsi degli altri contendenti auno a uno, l’avrebbe fatto in modo rapido eindolore: una gola tagliata, una pugnalata alcuore, un bicchiere di vino avvelenato. Maquesta era pura barbarie. E strana, pergiunta: i segni di Wyrd facevano pensare aqualcosa di più che un omicidio efferato.Forse a un rituale.

Qualcuno si avvicinò dalla direzioneopposta. Era Tomba, il feroce assassino, cheosservava il cadavere da lontano. I suoiocchi, scuri e immobili come un lago in mezzoa una foresta, incrociarono quelli di Celaena.Lei ignorò i suoi denti marci quando le indicò iresti di Xavier con un cenno del mento. —Che peccato — disse con un tono che nonsembrava affatto dispiaciuto.

Tomba ridacchiò, infilandosi le dita stortenelle tasche dei pantaloni lerci e logori. Il suopadrino non si preoccupava di vestirloadeguatamente? Certo che no, se era un

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uomo così stupido e perverso da sceglierselocome paladino!

— Un gran peccato davvero — disseTomba, alzando le spalle mentre sfilavadavanti al cadavere.

Lei annuì laconica e riuscì a tenere labocca chiusa mentre proseguiva nel corridoio.Erano rimasti solo in sedici, sedici paladini, equattro di loro dovevano affrontarsi a duello. Iltorneo si faceva sempre più serrato. Avrebbedovuto ringraziare quel dio spietato che avevadeciso di mettere fine alla vita di Xavier, maper qualche ragione non riusciva a farlo.

Dorian grugnì quando Chaol parò facilmente ilcolpo e mise a segno una stoccata. Avevatutti i muscoli indolenziti, dopo settimanesenza allenamento, e il fiato corto mentretirava un affondo dopo l’altro.

— Ecco a cosa porta la pigrizia! —ridacchiò Chaol, buttandosi di lato in modoche Dorian si sbilanciasse in avanti.Ricordava che in un tempo ormai lontano

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erano allo stesso livello. Dorian, benchéancora appassionato di scherma, avevacominciato a preferire i libri.

— Ho avuto riunioni di consiglio e coseimportanti da leggere — rispose Dorian,ansimante. E fece un affondo.

Chaol lo parò con una finta, e partì in unaltro affondo così deciso da farloindietreggiare. Gli stava montando la rabbia.— Riunioni che hai usato come pretesto perattaccar briga col duca Perrington… —Dorian girò la spada e Chaol si mise sulladifensiva. — O forse sei solo troppo presodalle tue visite notturne agli appartamenti diCelaena Sardothien… — Il sudore gli colavadalla fronte. — Da quanto va avanti questastoria?

Dorian grugnì, quando Chaol passòall’attacco, e indietreggiò un passo dopo l’altrocoi polpacci che gli facevano male. — Non ècome pensi — rispose fra i denti. — Io nonpasso le mie notti con lei. A parte l’altra sera,

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sono andato da lei solo una volta, ed è statatutt’altro che calorosa, non temere.

— Almeno uno di voi due è dotato di buonsenso! — Chaol lanciava ogni colpo con unatale precisione che Dorian non poteva nonammirarlo. — Perché tu hai chiaramenteperso il lume della ragione.

— E tu allora? — domandò Dorian. — Vuoispiegarmi com’è che sei comparso nellestanze di Celaena in piena notte, la stessanotte in cui è stato assassinato un altropaladino? — Dorian fece una finta, ma Chaolnon ci cascò. Anzi, caricò con una taleenergia che Dorian inciampò all’indietrorischiando di cadere. Dorian sogghignòvedendo la rabbia negli occhi di Chaol. —D’accordo, questo era un colpo basso —ammise, alzando la spada per parare un altroaffondo. — Ma sto ancora aspettando unarisposta.

— Forse non ce l’ho. Come hai detto tu,non è come pensi. — Gli occhi nocciola diChaol brillarono ma, prima che Dorian

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potesse replicare, l’amico cambiò d’un trattoargomento. — Come va a corte? — chieseChaol con il respiro corto. Dorian trasalì. Erala ragione per cui si trovava lì: un’altramattina passata a corte con sua madre esarebbe diventato matto. — È cosìtremendo?

— Stai zitto! — ribatté Dorian sbattendo lalama contro la spada di Chaol.

— Non vorrei proprio essere nei tuoi panni,oggi. Scommetto che tutte le dame ti stannoimplorando di proteggerle dall’assassino chesi aggira per il castello. — Chaol sogghignò,ma Dorian non se ne accorse. Starsene lì conlui a tirare di spada quando c’era un cadavereancora caldo al castello era per Chaol unsacrificio che lo aveva colto di sorpresa.Dorian sapeva quanto gli stesse a cuore lasua posizione.

Dorian si fermò all’improvviso e si stirò laschiena. Il capitano della guardia aveva cosemolto più importanti da fare. — Basta così —

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disse infilando lo spadino nel fodero. E Chaolfece altrettanto senza esitazioni.

Uscirono dalla palestra in silenzio. —Nessuna nuova da tuo padre? — domandòChaol, e dal tono si capiva che era aconoscenza di qualche problema. — Michiedo dove sia diretto.

Dorian fece un respiro profondo percalmare l’affanno. — Non ne ho la più pallidaidea. Ricordo che se ne andava così anchequando ero bambino, ma ormai non lo facevapiù da anni. Immagino stia combinandoqualcosa di particolarmente nefasto.

— Bada a quel che dici, Dorian.— Altrimenti? Mi chiuderai in prigione? —

Non voleva essere scortese, ma avevadormito poco o niente, la notte prima, equesto paladino morto non gli aveva certorisollevato l’umore… Davanti al silenzio diChaol, chiese: — Credi che qualcuno vogliauccidere tutti i paladini?

— Forse. Posso capire che qualcuno vogliaeliminare la concorrenza, ma farlo in quel

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modo orrendo… Spero non sia l’inizio di unalunga serie.

Dorian si sentì raggelare il sangue. —Credi che cercheranno di uccidere ancheCelaena?

— Ho messo altre guardie fuori dalle suestanze.

— Per proteggerla o per sorvegliarla?Si fermarono nell’atrio, pronti a prendere

direzioni diverse per le rispettive stanze. —Che differenza fa? — disse Chaol a bassavoce. — A te non sembra importare molto.Vai da lei infischiandotene di ciò che dico, e leguardie non possono fermarti perché sei ilprincipe.

C’era una nota così demoralizzata, cosìamara dietro le parole del capitano, cheDorian per un attimo si sentì in colpa.Avrebbe dovuto stare alla larga da Celaena,Chaol aveva già abbastanza preoccupazionidi suo, ma poi pensò all’elenco di sua madree capì che, quanto a preoccupazioni, anche

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lui ne aveva la sua buona dose.— Devo esaminare un’altra volta il corpo di

Xavier. Ci vediamo a cena stasera — si limitòa dirgli prima di ritirarsi nelle sue stanze.Dorian lo guardò allontanarsi. Il percorso pertornare alla sua torre gli parve incredibilmentelungo.

Quando arrivò, aprì le porte di legno, sitolse i vestiti e si avviò nel bagno. Aveva tuttala torre per sé, anche se le sue stanzeoccupavano solo il piano superiore. Lì potevanascondersi da tutto e da tutti. Quel giorno,però, gli sembrarono soltanto vuote.

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Più tardi, nel pomeriggio, Celaena si mise afissare la torre dell’orologio. Diventavasempre più scura, come se in qualche modoassorbisse gli ultimi raggi del tramonto. Inalto, i gargoyle erano al loro posto. Immobili.Non si erano spostati di una virgola. I“guardiani”, così li aveva chiamati Elena. Maguardiani di cosa? Avevano spaventato Elenaal punto di tenerla lontana. Se fossero stati laforza del male di cui parlava, gliel’avrebbedetto subito. Non che Celaena intendesseverificarlo, con il rischio di cacciarsi nei guai.E magari di morire prima di essere riuscita a

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diventare la paladina del re.Ma perché Elena era stata così evasiva su

tutto?— Come mai sei ossessionata da questi

orrendi mostri? — le domandò Nehemia dadietro.

Celaena si girò verso la principessa. —Non vi sembra che si muovano?

— Sono fatte di pietra, Lillian — disse laprincipessa nella lingua comune, con unaccento di Eyllwe meno marcato.

— Oh, molto bene! Una sola lezione e giàmi umiliate. — esclamò Celaena, sorridendo.Infatti non si poteva dire lo stesso sul modo incui Celaena riusciva a parlare la lingua diEyllwe.

Nehemia sorrise, raggiante. — In effettisembrano proprio malvagi — disse nellalingua di Eyllwe.

— E temo che i segni di Wyrd non aiutino— aggiunse Celaena. Ce n’era uno ai suoipiedi. Poi guardò gli altri. Erano dodici in tuttoe formavano un ampio cerchio intorno alla

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torre solitaria. Non aveva la minima idea dicosa potessero significare. Nessunocorrispondeva ai tre segni che aveva vistovicino al cadavere di Xavier, ma qualchecorrelazione doveva pur esserci. — Davveronon sapete leggerli? — le chiese l’amica.

— No — rispose Nehemia laconica,girandosi verso le siepi che cingevano ilcortile. — E ti consiglio di non provare ascoprirne il significato — aggiunse senzavoltarsi. — Non ne caveresti niente di buono.

Celaena si avvolse stretta nella mantellamentre seguiva la principessa. Prestoavrebbe nevicato, era solo questione di giorni,e si sarebbero avvicinati al solstizio d’invernoe al duello finale, di lì a due mesi. Si gustò iltepore della mantella, ricordandosi fin troppobene l’inverno passato a Endovier. Non c’erada scherzare a vivere ai piedi dei montiRuhnn, ed era un miracolo che non fossemorta congelata. Se fosse tornata aEndovier, un altro inverno così l’avrebbe

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uccisa.— Sembri sconvolta — disse Nehemia

quando Celaena l’affiancò e le posò la manosul braccio.

— Sto bene — disse Celaena nella linguadi Eyllwe, sorridendo per non turbareNehemia. — Non amo l’inverno.

— Io non ho mai visto la neve — disseNehemia guardando il cielo. — Mi chiedoquanto durerà la novità.

— Spero per voi che non duri abbastanzada farvi notare gli spifferi nei corridoi, i mattinigelidi e le giornate senza sole.

Nehemia rise. — Dovresti venire a Eyllwecon me, quando ritornerò, e restarciabbastanza da provare sulla tua pelle unadelle nostre estati cocenti. Allora sì cheapprezzeresti i tuoi mattini gelidi e le tuegiornate senza sole!

Celaena aveva già trascorso un’estaterovente al caldo del Deserto Rosso ma, sel’avesse raccontato a Nehemia, non avrebbefatto altro che sollevare domande delicate. E

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così si limitò a rispondere: — Mi piacerebbemoltissimo vedere Eyllwe.

Nehemia si soffermò un attimo a guardarela fronte di Celaena e poi sorrise. — Allora èfatta.

Gli occhi di Celaena si illuminarono einclinò la testa all’indietro per vedere il castelloche incombeva su di loro. — Chissà se Chaolha risolto il mistero di quell’omicidio.

— Le mie guardie del corpo mi hannoriferito che l’uomo è stato… ucciso in modobarbaro.

— Per usare un eufemismo — sussurròCelaena, guardando i colori sfumati del soleche tramontava dipingendo il castello di oro,rosso e azzurro. Benché fin troppoappariscente, doveva ammettere che in certimomenti il castello di cristallo era davverostupendo.

— Avete visto il cadavere? Le mie guardienon sono riuscite ad avvicinarsi abbastanza.

Celaena annuì piano. — Sono sicura che

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preferireste non conoscere i dettagli.— Ti prego! — insistette Nehemia con un

sorriso teso.Celaena la guardò perplessa. — Be’,

c’erano tracce di sangue ovunque. Sui muri,per terra.

— Tracce, non schizzi? — chiese Nehemiacon voce più bassa.

— Già. Come se qualcuno avesse cercatodi cancellarle. C’erano dipinti alcuni di queisegni di Wyrd, ma perlopiù erano staticancellati. — Scosse la testa al ricordo di ciòche aveva visto. — E al corpo mancavano gliorgani vitali, come se qualcuno lo avesseaperto dalla testa all’ombelico e… oh,scusate, avete l’aria di sentirvi male! Nonavrei dovuto dirvi niente.

— No, continua. Che altro mancava?Celaena fece una breve pausa e poi disse:

— Il cervello. Ha un buco nel cranio e ilcervello è stato asportato. E anche la pelledel viso.

Nehemia annuì, lo sguardo fisso su un

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cespuglio davanti a loro. La principessa simorse il labbro e Celaena notò chetormentava con le dita la stoffa della lungagonna bianca. Arrivò una folata di aria freddache scompigliò le sottili ed eleganti trecce chele acconciavano i capelli. I gioielli che vi eranointrecciati tintinnarono leggeri.

— Scusate — disse Celaena. — Non avreidovuto…

Ci fu un rumore di passi alle loro spalle e,prima che Celaena potesse voltarsi, una vocemaschile disse: — Ma guarda un po’.

Celaena si irrigidì quando vide avvicinarsiCaino, seminascosto dall’ombra della torredell’orologio alle loro spalle. Al suo fiancoc’era Verin, il ladro spaccone coi capelli ricci.— Che vuoi? — gli domandò Celaena.

Il volto abbronzato di Caino si contorse inun ghigno. Sembrava più grosso, o forse erala sua vista che le giocava brutti scherzi. —Puoi anche fare la gran signora, ma questonon significa che tu lo sia — disse lui.

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Celaena lanciò un’occhiata a Nehemia, ma leifissava Caino con gli occhi socchiusi e un’ariacuriosamente rapita.

Caino non era ancora soddisfatto e questavolta parlò a Nehemia. Tirò indietro le labbraa mostrare denti bianchi e splendenti. — Cosìcome una corona non basta a fare una veraprincipessa, non più.

Celaena gli si avvicinò con un passo. —Chiudi quella stupida bocca o te la faròchiudere io dopo averti fatto ingoiare i denti!

Caino si lasciò scappare una risatasguaiata alla quale fece eco Verin. Il ladro siera messo dietro di loro e Celaena si mise inallarme, chiedendosi se avessero davverointenzione di scatenare una rissa. — Comeabbaia la tirapiedi del principe! — disse Caino.— Ma chissà se ha i denti…

L’Assassina sentì la mano di Nehemia sullaspalla, ma se la scrollò di dosso e fece unaltro passo verso di lui, così vicina dasfiorargli la faccia con il respiro. Le guardierimanevano a bighellonare dentro il castello, a

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parlottare fra loro. — Lo scoprirai quando tiavrò affondato i denti nel collo — replicò lei.

— E perché non subito? — ringhiò Caino.— Forza, colpiscimi! Colpiscimi con tutta larabbia che provi ogni volta che ti imponi disbagliare la mira o quando rallenti per nonscalare i muri veloce quanto me. ColpiscimiLillian — sussurrò in modo che solo leipotesse sentire — e vediamo che cosa ti hainsegnato veramente l’anno trascorso aEndovier!

Il cuore di Celaena cominciò a battereforte. Lui sapeva. Lui sapeva chi era e cosastava facendo. Non osò guardare Nehemia, esperò solo che la sua comprensione dellalingua comune fosse ancora abbastanzascarsa da non aver capito. Verin continuava aosservarle da dietro.

— Credi di essere l’unica che ha unpadrino disposto a tutto per vincere? Crediche il tuo principe e il tuo capitano siano gliunici a conoscerti davvero?

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Celaena strinse le mani. In due mossel’avrebbe messo fuori combattimento, ridottoallo stremo. Un’altra mossa e Verin avrebbeavuto la stessa sorte.

— Lillian — disse Nehemia nella linguacomune, prendendola per mano. — Abbiamoda fare. Andiamocene.

— Giusto — disse Caino. — Seguila, dabravo cagnolino quale sei.

A Celaena tremavano le mani. Se l’avessecolpito… Se l’avesse colpito, se avesserocominciato una rissa proprio lì e le guardieavessero dovuto dividerli, Chaol non leavrebbe mai più permesso di vedereNehemia, o di lasciare le sue stanze dopo lelezioni, o di restare fino a tardi ad allenarsicon Nox. Così Celaena sorrise, piegò le spallein avanti e gli disse allegramente: — Vai afarti fottere, Caino!

Caino e Verin scoppiarono a ridere, maCelaena e Nehemia se ne andarono, con laprincipessa che le stringeva forte la mano,

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non per paura o per rabbia, ma solo per dirleche aveva capito… che lei c’era. Celaenaricambiò la stretta. Era da tanto che nessunosi prendeva cura di lei e capì che le sarebbepiaciuto abituarsi a quella sensazione.

Chaol e Dorian erano seminascosti sullabalconata a guardare giù l’Assassina che siallenava colpendo il fantoccio al centro dellapalestra. Celaena aveva fatto recapitare aChaol un messaggio per dire che si sarebbeallenata qualche altra ora, dopo cena, e alloraChaol aveva invitato Dorian ad assistere.Forse adesso il principe avrebbe finalmentecapito perché lei rappresentava un talepericolo per lui, per tutti.

Celaena grugniva, un colpo dopo l’altro,sinistro-destro, sinistro-sinistro-destro.Continuava instancabile, come se avessequalcosa che le bruciava dentro e che nonpoteva far uscire.

— Sembra più forte di prima. Hai fatto unottimo lavoro per rimetterla in forma — gli

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disse il principe sottovoce. Celaena colpì ecalciò il fantoccio, schivando colpi invisibili. Leguardie alla porta si limitavano a guardare,impassibili. — Credi che abbia qualchepossibilità contro Caino?

Celaena lanciò la gamba in aria, colpendola testa del fantoccio. Che cadde all’indietro.Un colpo che avrebbe tramortito un uomo. —Credo che ce la possa fare, se non si agitatroppo e mantiene il sangue freddo durante ilcombattimento. Ma lei è… turbolenta. Eimprevedibile. Deve imparare a dominare isuoi sentimenti, specialmente quella rabbiaincontenibile.

Ed era vero. Chaol non sapeva se era perEndovier o semplicemente per il fatto diessere un’assassina ma, qualunque fosse lacausa di quella rabbia indomabile, lei nonriusciva mai a controllarsi del tutto.

— Chi è quello? — chiese Dorianbruscamente nel vedere Nox che entrava e sidirigeva verso Celaena. Lei si fermò, simassaggiò le nocche bendate e si asciugò il

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sudore dagli occhi mentre lo salutava.— È Nox, un ladro di Perranth. Il paladino

del ministro Joval.Nox disse qualcosa a Celaena che la fece

ridere e poi rise anche lui. — Si è fatta unaltro amico? — chiese Dorian stupito mentreCelaena mostrava a Nox una mossa. — Losta aiutando?

— Tutti i giorni. Di solito si fermano dopoche le lezioni con gli altri sono finite.

— E tu la lasci fare?Chaol nascose l’espressione contrariata

per il tono di Dorian. — Se vuoi che li facciasmettere, basta che tu lo dica.

Dorian li guardò ancora. — No. Lascia chesi alleni con lui. Gli altri sono dei bruti, unalleato potrebbe farle comodo.

— Già.Dorian si ritrasse dalla balconata e sparì

nell’oscurità di una sala interna. Chaol loguardò allontanarsi, il mantello rosso cheondeggiava dietro di lui, e sospirò. Sapeva

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riconoscere la gelosia e, per quanto Dorianfosse intelligente, nascondere le emozioni gliriusciva male quanto a Celaena. Forseportare con sé il principe aveva sortito l’effettocontrario a quello che aveva in mente.

Con passo pesante, Chaol seguì il principe,sperando che Dorian non stesse per cacciarlitutti in guai seri.

Pochi giorni dopo, Celaena sfogliava le pagineingiallite di un pesante volume, contorcendosiirrequieta nella poltrona. Come gliinnumerevoli altri libri che aveva provato aleggere, anche questo era una sequela dipagine senza senso. Ma valeva la penacontinuare a cercare, visto che erano presentisegni di Wyrd sia dove Xavier era statoassassinato, sia alla torre dell’orologio. Piùriusciva a capire questo assassino – perché ecome uccideva – e meglio era. Era quello ilvero pericolo, non la misteriosa e inspiegabileforza del male di cui aveva parlato Elena.Ovviamente, lì c’era poco o niente da

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scoprire. L’Assassina alzò gli occhi stanchi dallibro e sospirò. La biblioteca era buia e, senon fosse stato per il rumore delle paginesfogliate da Chaol, ci sarebbe stato unsilenzio assoluto.

— Finito? — le domandò, chiudendo ilromanzo che stava leggendo. Non gli avevaancora detto che Caino aveva dimostrato diconoscere la sua vera identità, né che c’eraun probabile legame tra il delitto e i segni diWyrd. In biblioteca non doveva preoccuparsidi bruti e tornei, qui poteva assaporare lapace e il silenzio.

— No — borbottò lei, tamburellando le ditasul tavolo.

— È così che passi il tuo tempo libero? —E gli sfuggì un sorriso di bocca. — Meglio chenessun altro lo venga a sapere, ti rovinerebbela reputazione! Nox ti mollerebbe per allenarsicon Caino. — Ridacchiò fra sé e sé e riaprì illibro, accomodandosi nella poltrona. Lei loguardò per un attimo, chiedendosi se avrebbemai smesso di ridere di lei, sapendo che cosa

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stava cercando veramente. E sapendo cheavrebbe potuto servire anche lui.

Celaena si raddrizzò nella poltrona,massaggiandosi un brutto livido sulla gamba.Ovviamente era stato un colpo intenzionale diChaol, col bastone di legno. Lo guardò ditraverso, ma lui era intento a leggere.

Durante le lezioni era spietato. Le avevafatto fare gli esercizi più disparati: camminaresulle mani, lanciare le spade… Niente dinuovo, e piuttosto noioso. Però in qualchemodo le aveva risollevato il morale. Gli erasembrato dispiaciuto quando le aveva colpitola gamba così forte. A Celaena tuttosommato piaceva.

L’Assassina richiuse il tomo, sprigionandouna nuvola di polvere nell’aria. Era inutile.

— Che c’è? — gli chiese lui raddrizzandosi.— Niente — bofonchiò lei.Cos’erano i segni di Wyrd e da dove

venivano? E, cosa più importante, perché nonne aveva mai sentito parlare prima? Ce

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n’erano anche sulla tomba di Elena. Unareligione antica di un’epoca dimenticata. Maallora cosa ci facevano lì? E sul luogo deldelitto? Doveva esserci una correlazione.

Finora non aveva scoperto granché:secondo un libro, i segni di Wyrd costituivanoun alfabeto, ma secondo un’altra fonte nonera mai esistita una grammatica. Eranosoltanto simboli che andavano messi in fila eche cambiavano significato a seconda dellaloro successione. Erano estremamente difficilida scrivere, bisognava essere precisi nellelunghezze e nelle angolature, altrimentipotevano voler dire una cosa completamentediversa.

— Finiscila di guardarmi male e di farequella faccia imbronciata — la rimproveròChaol. Guardò il titolo del libro. Nessunoaveva accennato all’assassinio di Xavier e leinon aveva ricavato altri elementi utili. —Cos’è che stai leggendo?

— Niente — ripeté lei, coprendo il libro conle braccia. Ma gli occhi nocciola di lui la

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guardarono insistenti e lei sospirò. — Èsolo… sui segni di Wyrd, quei cosi chesomigliano a una meridiana, vicino alla torredell’orologio. Mi hanno incuriosita e così hocominciato a documentarmi sull’argomento.— Se non altro era una mezza verità.

Si aspettava una reazione di derisione esarcasmo, ma non arrivò. Lui disse soltanto:— E allora? Perché sei così abbattuta?

Celaena guardò in alto con aria delusa. —Ho trovato solo… solo teorie estreme estravaganti. Io non ne avevo mai sentitoparlare. Perché? Secondo alcuni libri, Wyrd èla forza che tiene insieme e governa l’Erilea.E non solo, anche innumerevoli altri mondi!

— Io ne ho già sentito parlare — disseChaol, riprendendo il suo libro macontinuando a fissarla. — Ho sempre pensatoche Wyrd sia una parola antica che significafato o destino.

— Anch’io. Ma Wyrd non è una religione,almeno non nelle regioni settentrionali del

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Continente, e non è compresa nell’adorazionedella Dea o degli altri dei.

Chaol posò il libro sulle ginocchia. — Maqual è il punto, a parte la tua fissazione perquei segni nel giardino? Ti annoi così tanto?

A dire il vero mi preoccupo per la miaincolumità!

— No... cioè, sì. La faccenda èinteressante. Secondo alcune teorie, la DeaMadre è solo uno spirito proveniente da unodi questi altri mondi, è passata attraversoqualcosa detto Porta di Wyrd e si è trovatanell’Erilea priva di forma e di reale esistenza.

— Suona un po’ sacrilego — la ammonìChaol. Era abbastanza grande da ricordare gliincendi e le esecuzioni di dieci anni prima.Come era stato crescere all’ombra di un reche ordinava tante distruzioni? Crescere inquel luogo mentre le famiglie reali venivanomassacrate, maghi e veggenti erano arsi vivie il mondo sprofondava nelle tenebre e neldolore?

Ma Celaena proseguì, poiché sentiva il

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bisogno di svuotare i pensieri nell’eventualitàche, in qualche modo, tutti i pezzi potesseroricomporsi in qualcosa di sensato.— C’è unateoria secondo la quale prima dell’arrivo dellaDea c’era già vita, una civiltà antica che poiper qualche ragione scomparve. Forseattraverso la Porta di Wyrd. Esistono ancoradelle rovine, ma sono troppo antiche perrisalire ai Fae. — Come tutto questo sicollegasse agli omicidi dei paladini, non losapeva. Stava decisamente brancolando nelbuio.

Chaol mise i piedi a terra e appoggiò il librosul tavolo. — Posso essere franco con te? —Chaol le andò vicino e, quando si avvicinòanche lei, disse sottovoce: — Sembri unapazza scatenata.

Celaena ebbe un moto di disappunto etornò a sedersi, risentita. — Scusa se mostroun po’ di interesse verso la storia del nostromondo!

— Come hai detto tu stessa, sono teorie

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estreme e stravaganti. — Riprese a leggere edisse senza guardarla: — Te lo chiedo dinuovo: perché sei così insoddisfatta?

Lei si strofinò gli occhi. — Perché vogliouna risposta chiara sul significato dei segni diWyrd e sul perché si trovino in questogiardino, fra tanti luoghi possibili. — La magiaera stata spazzata via per ordine del re, maallora perché i segni di Wyrd erano rimasti? Ilfatto che ce ne fossero anche sul luogo deldelitto doveva pur significare qualcosa.

— Dovresti trovarti un’altra occupazioneper ammazzare il tempo — disse Chaoltornando al suo libro. Di solito erano leguardie a sorvegliarla in biblioteca per ore,ogni giorno. Cosa ci faceva lui lì? Lei sorrise,un po’ emozionata, e tornò ai libri sul tavolo.

Passò di nuovo in rassegna le informazioniche aveva raccolto. La questione delle Portedi Wyrd tornava diverse volte, quandovenivano citati i segni di Wyrd, ma lei non neaveva mai sentito parlare. La prima volta chesi era imbattuta nel concetto di Porte di Wyrd,

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alcuni giorni prima, le era sembratointeressante e così aveva fatto altre ricerche,scavando fra montagne di pergamena soloper trovare altre, sconcertanti teorie.

Si trattava di porte reali e invisibili al tempostesso. Gli esseri umani non potevanovederle, ma tramite i segni di Wyrd potevanomaterializzarsi ed essere varcate. Davanoaccesso ad altri regni, alcuni buoni, altricattivi. Da lì tutto poteva filtrare e scivolareverso l’Erilea. Era per questo che in Erileaesistevano tante strane e spietate creature.

Celaena tirò a sé un altro libro e sorrise.Era come se qualcuno le avesse letto nelpensiero. Era un grosso volume nero intitolatoI morti che camminano, il titolo scritto incaratteri d’argento ormai sbiaditi dal tempo.Per fortuna il capitano non aveva fatto intempo a leggere la copertina prima che leiaprisse il libro. Però…

Non ricordava di averlo preso dagli scaffali.Odorava di terra, e Celaena arricciò il naso

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mentre girava le pagine. Cercò i segni diWyrd o eventuali riferimenti a una Porta diWyrd, ma presto scoprì qualcosa di molto piùinteressante.

L’illustrazione di una faccia distorta, mezzadecomposta, che rideva, e la carne che sistaccava dalle ossa. Celaena sentì un freddoimprovviso e si strofinò le braccia. Doveaveva trovato quel libro? E come era sfuggitoagli incendi? Anzi, come avevano fatto tuttiquei volumi a scampare ai falò di epurazionedi dieci anni prima?

Rabbrividì ancora, quasi contraendosi. Gliocchi folli e incavati di quella creaturamostruosa erano pieni di perfidia. Sembravala guardassero. Chiuse il libro e lo spinse infondo al tavolo. Se il re avesse saputo che inbiblioteca c’erano ancora libri di questogenere, li avrebbe fatti distruggere tutti. Adifferenza della Grande Biblioteca di Orinto,qui non c’erano Saggi a proteggere queivolumi inestimabili. Chaol continuò a leggere.Qualcosa gemette e Celaena si girò verso il

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fondo della biblioteca. Era un suono gutturale,animalesco.

— Hai sentito? — chiese a Chaol.— Quando pensi di andartene da qui? —

fu la sua unica risposta.— Quando mi sarò stancata di leggere. —

Portò di nuovo a sé il libro nero e ritornò allapagina del terrificante ritratto di quella cosamorta, poi avvicinò la candela per leggere ledescrizioni dei vari mostri.

Udì qualcosa rasparle sotto i piedi, lì vicino,come un rumore di unghie che grattavanosotto il pavimento. Celaena richiuse il libro e siallontanò dal tavolo. Le si accapponò la pelledelle braccia e quasi inciampò nel tavolovicino come se si aspettasse che qualcosa –una mano, un’ala, una bocca aperta edentata – si materializzasse e l’afferrasse.

— L’hai sentito, adesso? — domandò aChaol che pian piano sorrise malevolo.Estrasse la spada e la trascinò sul pavimentodi marmo, riproducendo lo stesso suono e la

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stessa sensazione.— Stupido idiota! — ringhiò lei. Afferrò due

pesanti tomi dal tavolo e uscì a grandi passidalla biblioteca, controllando di aver lasciatoindietro I morti che camminano.

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Con espressione concentrata, Celaenapuntava la stecca sulla biglia bianca. Il legnole scivolava facilmente fra le dita, mentre conl’altra mano si appoggiava sul panno deltavolo. Con un gesto maldestro del braccio,affondò il colpo. Un pessimo tiro.

Imprecando, decise di riprovarci. Colpì lapalla per farle fare un misero mezzo girolaterale, mandandola a colpire un bigliacolorata con un debole toc. Be’, almenoaveva messo a segno qualcosa. Meglio chenelle sue ricerche sui segni di Wyrd…

Erano passate le dieci e, spinta dal bisogno

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di una pausa dopo ore di allenamento,ricerche e preoccupazioni su Caino ed Elena,Celaena si era trasferita nella stanza dagioco. Era troppo stanca per suonare e nonpoteva giocare a carte da sola, quindi ilbiliardo sembrava l’unica possibilità di svago.Aveva preso la stecca sperando che il gioconon fosse troppo difficile da imparare.

L’Assassina girò intorno al tavolo e prese dinuovo la mira. Mancata. Strinse i denti e levenne voglia di afferrare la stecca e spezzarlain due su un ginocchio. Ma aveva cominciatoa giocare soltanto da un’ora ed entromezzanotte sarebbe diventata bravissima!Avrebbe imparato quel ridicolo gioco e, senon ci fosse riuscita, avrebbe usato il tavoloda biliardo come legna da ardere e ci avrebbebruciato vivo Caino.

Celaena spinse la stecca e colpì la pallacon forza facendola sfrecciare verso lasponda più lontana, a colpire tre bigliecolorate lungo la traiettoria, per poi cozzarecontro la numero tre, mandandola dritta verso

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la buca.Si fermò sul bordo.Le uscì un grido di rabbia e si avvicinò a

quella buca dispettosa. Prima inveì contro labiglia, poi prese in mano la stecca e la morse,continuando a gridare a denti stretti. Infine sifermò e ficcò tutte e tre le palle in buca.

— Per la più grande assassina del mondo,non è stato un bello spettacolo — commentòDorian sulla porta.

Lei fece un urlo e si voltò. Dorian siappoggiò al tavolo, sorridendo appena la videarrossire. Era vestita in casacca e pantaloni eaveva i capelli sciolti. — Se state perinsultarmi, potete anche mettervela… — Alzòla stecca in aria e mimò un gesto osceno acompletare la frase.

Dorian si arrotolò le maniche e prese unastecca dalla rastrelliera alla parete. — Haiintenzione di mordere la stecca un’altra volta?Perché in quel caso preferirei chiamare ilpittore di corte per immortalare la scena.

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— Non osate prendermi in giro!— Non prendere tutto così sul serio! —

Colpì la palla e la mandò con disinvolturacontro una biglia verde che finì in buca. — Seiirresistibile quando vai su di giri.

Con sua sorpresa e piacere, Celaenascoppiò a ridere. — Sarà divertente per voi,ma per me è esasperante. — Lei si spostò efece un altro tiro. E lo sbagliò.

— Lascia che ti mostri come si fa. — Leandò vicino e appoggiò la sua stecca perprendere quella di lei. La spinse da parte, colcuore che gli batteva più veloce, e le prese ilposto. — Vedi, pollice e indice tengonosempre la parte superiore della stecca. Devisoltanto…

Lei lo scansò con un colpo d’anca e gliprese la stecca. — Lo so come tenerla,buffone che non siete altro! — Cercò dicolpire la biglia e la mancò.

— Non ti muovi bene. Guarda, ti facciovedere.

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Anche se era il trucco più antico esfacciato del mondo, le si avvicinò, mise lamano sopra quella di lei sulla stecca, poiposizionò le dita dell’altra mano di Celaena ele afferrò piano il polso. Si sentì avvampare ilviso per l’imbarazzo.

Spostò gli occhi su di lei e fu sollevato nelvedere che anche lei era arrossita, forseaddirittura più di lui.

— Se non la smettete di toccarmi e noncominciate a insegnarmi qualcosa, vi cavo gliocchi e al loro posto vi metto queste palle dabiliardo.

— Senti, devi solo… — Le fece vedere imovimenti e Celaena colpì piano la biglia.Toccò un angolo e rimbalzò in buca. Dorian sistaccò da lei e, sorridendo compiaciuto, ledisse: — Visto? Se lo fai bene funziona.Prova di nuovo. — E riprese la sua stecca.Lei sbuffò ma si mise in posizione, mirò ecolpì. La palla partì in tutte le direzionicreando lo scompiglio generale. Ma almeno

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era riuscita a toccarla.Dorian afferrò il triangolo e lo sollevò in

aria. — Ti va una partita?Quando smisero di giocare l’orologio aveva

appena suonato le due. Tra una partita el’altra, Dorian aveva fatto portare un vassoiodi dolci e, nonostante le proteste iniziali,Celaena si era divorata un’enorme fetta ditorta al cioccolato e, non contenta, anchemetà di quella di Dorian.

Lui aveva vinto tutte le partite, ma lei nonse n’era quasi accorta. Bastava che riuscissea colpire la palla, ed ecco che si vantavasfacciatamente. Quando invece la mancava,be’, i fuochi dell’inferno erano niente inconfronto alla rabbia che le usciva di bocca.Dorian non ricordava di aver mai riso tanto invita sua.

Quando non imprecava o brontolava,parlavano dei libri che avevano letto entrambie, mentre lei chiacchierava a ruota libera, luiebbe la sensazione che lei non avesse parlatoper anni, e temette che all’improvviso potesse

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ammutolirsi di nuovo. Celaena avevaun’intelligenza straordinaria. Lo si capivaquando parlava di storia o di politica, perquanto dicesse di odiare l’argomento, esapeva anche molto di teatro, tanto cheDorian le promise di portarcela una voltaconcluso il torneo. Ci fu un silenzioimbarazzato, ma passò in fretta.

Dorian si accasciò su una poltrona eappoggiò la testa su una mano. Lei si allungòsulla poltrona di fronte alla sua, le gambe chepenzolavano dal bracciolo. Guardava il fuoco,gli occhi socchiusi. — A cosa stai pensando?— gli domandò Dorian.

— Non lo so — rispose lei. E abbandonò latesta sul bracciolo della poltrona. — Pensateche gli omicidi di Xavier e degli altri paladinisiano stati premeditati?

— Forse. Perché, farebbe differenza?— No, non importa — disse lei alzando

pigramente una mano in aria.E prima che il principe potesse chiederle

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altro, si addormentò. Dorian avrebbe volutosapere di più del suo passato. Chaol gli avevadetto solo che veniva da Terrasen e che i suoierano morti. Non aveva la minima idea dicome fosse stata la sua vita, di come fossediventata un’assassina, di come avesseimparato a suonare il pianoforte… Era tuttoun mistero.

Voleva sapere tutto di lei. Avrebbe volutoche lei glielo raccontasse. Dorian si alzò e sistiracchiò. Ripose le stecche nella rastrelliera,riordinò le palle e tornò verso l’Assassinaaddormentata. La scosse piano e leimugugnò in segno di protesta. — So chepreferiresti dormire qui, ma domattina lorimpiangeresti amaramente.

Schiudendo appena gli occhi, Celaena sialzò e si trascinò fino alla porta. Quandomancò lo stipite di un soffio, Dorian deciseche era meglio aiutarla prima che sirompesse qualcosa. Cercando di non pensareal calore della sua pelle sotto la mano,l’accompagnò verso la sua camera e la

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guardò barcollare verso il letto, dove crollòsopra le coperte. — I vostri libri sono lì —bofonchiò Celaena indicando una pila lì vicino.Dorian entrò lentamente nella stanza. Lei eradistesa, immobile, gli occhi chiusi. Trecandele erano accese in punti diversi dellastanza. Con un sospiro, lui le spense e siavvicinò al letto. Stava dormendo?

— Buonanotte, Celaena — disse. Era laprima volta che la chiamava per nome. Glivenne naturale. Lei bofonchiò qualcosa manon si mosse. Una collanina particolare lescintillava al collo. Al principe sembròfamiliare, come se l’avesse già vista prima.Dopo averle lanciato un ultimo sguardo, presela pila di libri e uscì.

Se fosse diventata la paladina di suo padree si fosse finalmente conquistata la libertà,sarebbe rimasta la stessa? O forse la sua eratutta una messinscena per ottenere ciò chevoleva? Ma non era possibile che facessefinta. Non voleva crederci.

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Il castello era buio e silenzioso quandotornò nei suoi appartamenti.

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L’indomani, durante la prova in palestra,Celaena si fermò a braccia conserte aguardare Caino che combatteva con Tomba.Caino aveva indovinato la sua vera identità.Tutti i suoi sforzi per sorridere, fingere etrattenersi erano stati inutili. Lui l’aveva solotrovato divertente.

Strinse i denti mentre Caino e Tombaduellavano sul ring incrociando le spade. Laprova era piuttosto semplice: a ciascuno erastato assegnato un avversario, dopodiché ivari vincitori non dovevano più preoccuparsi diessere eliminati. Chi perdeva, tuttavia,

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avrebbe dovuto vedersela con Brandus, e ilpeggiore sarebbe stato mandato via.

A onor del vero, Tomba teneva testa aCaino, anche se Celaena si accorse di comegli tremavano le ginocchia per lo sforzo. Nox,in piedi accanto a lei, fischiò quando Caino,con un affondo, costrinse Tomba a barcollareall’indietro.

Caino sorrise per tutta la prova senza maidare segni di stanchezza. Celaena strinseforte i pugni facendoli quasi affondare tra lecostole, tanta era la rabbia che provava. In unlampo d’acciaio la spada di Caino raggiunse lagola di Tomba e l’assassino butterato glimostrò i denti. — Ottimo, Caino — sicomplimentò Brandus battendo le mani.Celaena dovette sforzarsi per controllare ilrespiro.

— Attento, Caino! — disse Verin che eradietro di lei. Il ladro coi capelli ricci le fece unasmorfia. Celaena non aveva certo esultatoquando le era stato detto che avrebbeduellato con Verin, ma almeno non era Nox.

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— La signorina qui vuole farti a pezzetti…— Sta’ in campana, Verin! — lo avvisò

Nox, gli occhi grigi fiammeggianti di rabbia.— Cosa? — replicò Verin. Gli altri paladini,

e tutti i presenti, si girarono verso di loro.Pelor, che ciondolava lì vicino, indietreggiò dipochi passi. Una mossa intelligente. — La staidifendendo, giusto? — incalzò Verin. — Èquesto il vostro accordo? Lei apre le gambe etu la difendi durante l’allenamento?

— Chiudi quella bocca, lurido maiale! —sbottò Celaena. Chaol e Dorian si staccaronodal muro su cui erano appoggiati e siavvicinarono al ring.

— Altrimenti? — disse Verin, avvicinandosia lei. Nox si irrigidì e portò la mano allaspada.

Ma Celaena si rifiutò di tirarsi indietro. — Tistrappo la lingua.

— Basta così! — gridò Brandus. —Sfogatevi nel ring. Verin. Lillian. Adesso.

Verin le fece un sorriso viscido e Caino gli

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diede una pacca sulla schiena mentre entravanel cerchio disegnato a terra col gesso,sguainando la spada.

Nox le mise una mano sulla spalla e, con lacoda dell’occhio, Celaena spiò Chaol e Dorianche osservavano la scena con attenzione.

Li ignorò.Ora basta. Basta fingere e umiliarsi. Basta

Caino.Verin alzò la spada, scostandosi i ricci

biondi dagli occhi. — Vediamo cosa abbiamoqui.

Celaena avanzò verso di lui. Il sorriso diVerin si allargò quando sollevò la lama.

Roteò la spada ma Celaena attaccò,colpendogli il braccio con il polso etogliendogli l’arma di mano. Nello stessomomento, il palmo colpì il braccio destro diVerin, neutralizzando anche quello. Mentre luiindietreggiava, lei alzò la gamba e Verinstrabuzzò gli occhi quando lei gli assestò uncalcio nel petto. Il calcio lo sbalzò fuori dalring eliminandolo all’istante e, nella caduta, si

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udì un pauroso scricchiolio di ossa. Era calatoil silenzio generale.

— Sfottimi ancora e ti riserverò lo stessotrattamento, ma con la spada la prossimavolta! — lo minacciò. Si girò e videl’espressione attonita di Brandus. — Ecco unalezione per voi, maestro d’armi — esclamò,sfilandogli davanti a grandi passi. — Datemidei veri uomini con cui combattere. E allora,forse, mi degnerò di cimentarmi.

Si allontanò passando accanto a Nox cherideva, poi si fermò vicino a Caino. Lo fissò, ilsuo viso avrebbe anche potuto essere bellose non fosse stato un bastardo, e gli rivolseun sorriso dolce e velenoso. — Eccomi.Soltanto una piccola leccapiedi — disseraddrizzando le spalle.

Gli occhi di Caino brillarono. — Io sentosolo abbaiare…

Celaena cercò la spada con la mano, manon la sguainò. — Vediamo se sentirai ancoraabbaiare quando vincerò questa gara. — E

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prima che lui potesse aprir bocca, andò drittaverso il tavolo dell’acqua. Solo Nox osòparlarle, dopo. Stranamente, Chaol non larimproverò.

Tornata sana e salva nelle sue stanze,Celaena si mise a guardare i fiocchi di neveche si accumulavano sulle colline oltreRifthold. Venivano verso di lei, annunciando latempesta imminente. Il sole del tardopomeriggio, celato da un muro color peltro,aveva dipinto le nuvole di un grigio giallastro,rendendo il cielo insolitamente luminoso esurreale, come se l’orizzonte fossescomparso dietro le colline. Celaena eraabbandonata in un mondo di ghiaccio.

Si allontanò dalla finestra, ma si fermòdavanti all’arazzo e alla figura della reginaElena. Le era venuta spesso voglia diavventura, di vecchi incantesimi e re malvagi.Ma non aveva mai pensato che sarebbe statocosì, ossia una lotta per la libertà. Avevasempre immaginato che qualcuno l’avrebbe

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aiutata, un amico leale o un soldato con unbraccio solo o cose del genere. Non avrebbepensato che sarebbe stata così… sola.

Come avrebbe voluto che Sam fosse lì conlei! Lui sapeva sempre cosa fare, laproteggeva sempre, che lei lo volesse omeno. Avrebbe dato qualunque cosa –qualunque cosa al mondo – per averlo ancoralì con lei.

Sentì gli occhi che le bruciavano e miseuna mano sull’amuleto. Fra le dita il metalloera tiepido, confortante. Fece un passoindietro per studiare meglio l’arazzo nel suoinsieme.

Al centro si ergeva un cervo, fiero emaestoso, rivolto verso Elena. Il simbolo dellacasa reale di Terrasen, del regno cheBrannon, padre di Elena, aveva fondato.Ricordava che Elena, sebbene fossediventata regina di Adarlan, appartenevaancora a Terrasen. Come Celaena, anche perElena, ovunque andasse, per quanto lontano,Terrasen sarebbe rimasta sempre una parte

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di lei.Celaena ascoltò l’ululato del vento. Con un

sospiro, scosse la testa e si girò.Trova il male che aleggia su questo

castello… Ma l’unico vero male di questomondo è l’uomo che lo sta governando.

Dall’altra parte del castello, Lady Kaltainapplaudiva senza entusiasmo la compagnia diacrobati che aveva finito di esibirsi. Lospettacolo era terminato, finalmente. Stare aguardare per ore degli zoticoni che saltavanodi qua e di là con costumi sgargianti non eracerto la sua attività preferita, ma alla reginaGeorgina piaceva, e oggi l’aveva invitata asedere accanto al trono. Era un onore, el’incontro era stato combinato da Perrington.

Perrington la voleva, questo era certo. Ese ci avesse lavorato sopra, sarebbe riuscitafacilmente a diventare duchessa. Maduchessa non era abbastanza, non conDorian ancora scapolo. Era da una settimanache l’idea la ossessionava, sempre con le

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stesse parole: Non basta. Non basta. Nonbasta. Quel tormento s’insinuava persino nelsonno, trasformando i suoi sogni in incubicosì verosimili da non riuscire a ricordarsidov’era, al risveglio.

— Che meraviglia, Vostra Maestà! —commentò lady Kaltain mentre gli acrobatiraccoglievano i loro attrezzi.

— Sì, davvero incredibili, vero? — lesorrise la regina con gli occhi verdi chebrillavano. Proprio in quel momento ladyKaltain ebbe una fitta alla testa così forte chedovette stringere i pugni, nascondendoli nellepieghe della gonna color mandarino.

— Peccato che Dorian non abbia potutovederli — se ne uscì lady Kaltain. — Proprioieri Sua Altezza mi diceva quanto gli piacciastare qui. — La bugia le venne abbastanzanaturale e, in qualche modo, attenuò il dolorealla testa.

— Dorian ha detto questo? — domandò laregina alzando un sopracciglio biondo rame.

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— La cosa vi sorprende, Vostra Maestà?La regina si portò la mano al petto e

rispose: — Credevo che mio figlio avesseun’avversione per queste cose.

— Vostra Maestà, mi giurate di non direuna parola? — sussurrò.

— Una parola su cosa? — domandò laregina toccando il braccio di lady Kaltain.

— Dorian ha detto che il motivo per cui nonviene tanto spesso a corte è la sua timidezza.

La regina si ritrasse e la luce negli occhi sispense. — Oh, lo so, me l’ha detto centinaiadi volte. Speravo che mi diceste qualcosa dipiù interessante, lady Kaltain, per esempioche avesse trovato una giovane donna di suogusto.

Il viso di lady Kaltain avvampò e la testa lepulsava senza darle tregua. Avrebbe tantovoluto la sua pipa, ma mancavano ore allafine, e andarsene prima della regina sarebbestato sconveniente.

— Ho sentito — disse la regina sottovoce

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— che c’è una giovane, ma nessuno sa chisia! O almeno il suo nome non sembra noto anessuno. Voi la conoscete?

— No, Vostra Maestà — lady Kaltaindovette trattenersi per non far trapelare lasua irritazione.

— Che peccato, speravo che, tra tutti, voilo sapeste. Siete una ragazza cosìintelligente, lady Kaltain…

— Grazie, Vostra Maestà. Troppo buona.— Non dite sciocchezze. Io so giudicare

molto bene il carattere di una persona. Hocapito che persona straordinaria siete nelmomento stesso in cui avete messo piede acorte. Solo voi siete all’altezza di un uomo divalore come Perrington. Peccato che nonabbiate incontrato prima il mio Dorian!

Non basta, non basta, la tormentava lavoce. Adesso o mai più. — E anche sel’avessi incontrato prima, Vostra Maestà nonavrebbe di sicuro approvato. Le mie originisono fin troppo modeste per meritare leattenzioni di vostro figlio — ridacchiò la

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ragazza.— Ci pensano la vostra bellezza e la vostra

dote a compensarle.— Vi ringrazio, Vostra Maestà. — Il cuore

di lady Kaltain si mise a battere più forte.Se la regina le aveva dato la sua

benedizione… Lady Kaltain riusciva amalapena a pensare, quando la regina sisistemò sul trono e batté le mani due volte.La musica partì. Lady Kaltain non se neaccorse nemmeno.

Perrington le aveva dato le scarpe, adessoera il momento di ballare.

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— Non ti stai concentrando.— E invece sì! — replicò Celaena a denti

stretti, tendendo ancora di più la cordadell’arco.

— E allora vai — la incitò Chaol, indicandoun bersaglio sulla parete più lontana della saladeserta, a una distanza impossibile perchiunque, tranne che per lei. — Vediamo sece la fai.

Celaena lo guardò spazientita e raddrizzòla schiena. La corda le tremava in mano eCelaena alzò la punta della freccia.

— Andrai a colpire la parete di sinistra — le

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disse Chaol incrociando le braccia.— Colpirò te in testa, se non chiudi quella

bocca — e si girò per incrociare il suosguardo. Lui la squadrò interdetto e lei,continuando a fissarlo, fece un sorrisobeffardo mentre tirava alla cieca.

Il sibilo della freccia echeggiò nella stanzaprima del suono sordo e lieve dell’impatto.Continuarono a fissarsi. Gli occhi di Chaolerano arrossati. Possibile che non dormisseda tre settimane, cioè da quando Xavier eramorto?

Neanche lei aveva dormito bene, direcente. Si svegliava al minimo rumore. Chaolnon aveva ancora scoperto chi aveva preso dimira i paladini per eliminarli uno a uno. ACelaena non importava tanto chi era stato,m a come l’aveva fatto e come sceglieva lesue vittime. Difficile intravedere uno schema:ne erano morti cinque e non c’era alcunlegame fra loro, a parte il torneo. Non erariuscita a vedere gli altri luoghi del delitto equindi non sapeva se anche lì fossero stati

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tracciati col sangue i segni di Wyrd. Celaenasospirò, alzando le spalle. — Caino sa chisono — disse piano, abbassando l’arco.

Lui restò imperturbabile. — Come?— Gliel’ha detto Perrington. E Caino lo ha

detto a me.— Quando? — Non lo aveva mai visto così

serio, e iniziava a preoccuparsi.— Pochi giorni fa — mentì. In realtà erano

passate settimane, dal loro alterco. — Ero ingiardino con Nehemia, c’erano anche le mieguardie, e lui si è avvicinato. Sa tutto di me esa che mi trattengo, quando ci sfidiamo neltorneo.

— Ti ha fatto in qualche modo capire chelo sanno anche gli altri paladini?

— No, non credo. Nox non lo immaginaaffatto — disse.

Chaol mise la mano sull’elsa della spada.— Andrà tutto bene. Semplicemente non c’èpiù l’elemento sorpresa. Batterai comunqueCaino.

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Lei fece un mezzo sorriso. — Sai, comincioa pensare che credi davvero in me. Ticonviene stare attento.

Chaol stava per risponderle, quandosentirono un rumore di passi di corsa dietrol’angolo, e si trattenne. Due guardierallentarono all’improvviso e li salutarono.Chaol diede loro il tempo di riprendere fiato epoi chiese: — Sì?

Una delle guardie, un uomo di mezz’età coicapelli radi, salutò di nuovo e disse: —Capitano, c’è bisogno di voi.

Nonostante l’espressione imperturbabile,Chaol girò le spalle e alzò un po’ il mento. —Cosa c’è? — domandò, un po’ troppo in frettase voleva nascondere la sua preoccupazione.

— Un altro cadavere — rispose la guardia.— Nei passaggi secondari della servitù.

La seconda guardia, un giovane esile egracile, era pallido come un lenzuolo. —Avete visto il corpo? — gli chiese Celaena. Laguardia annuì. — Quando è stato ucciso?

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Chaol le lanciò un’occhiata severa. Laguardia rispose: — Pensano sia stato la nottescorsa, da come si è rappreso il sangue.

Chaol aveva lo sguardo perso nel vuoto.Stava pensando, stava cercando di capirecosa fare. Si ricompose. — Vuoi dimostrarequanto sei brava? — le domandò.

Celaena si portò una mano sul fianco ereplicò: — Perché, ce n’è bisogno?

Chaol fece cenno alle guardie di condurlisul luogo del delitto. — Vieni con me — ledisse senza girarsi e Celaena, a dispetto delcadavere che li attendeva, sorrise a stento elo seguì.

Mentre si allontanavano, Chaol guardò ilbersaglio. Aveva visto giusto, Celaena avevamancato il centro per una quindicina dicentimetri a sinistra.

Per fortuna, prima del loro arrivo era già stataricreata una parvenza di ordine. Ciònonostante, Chaol dovette farsi strada a forzatra la folla di guardie e domestici, e Celaena

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lo seguì come un’ombra. Quando uscironodall’assembramento e videro il cadavere, leirimase sconvolta e lui imprecò con unaviolenza mai vista.

Celaena non sapeva cosa guardare: ilcorpo, col torace svuotato, faccia e cervelloasportati, le tracce di artigli sul pavimento,oppure i due segni di Wyrd tracciati col gessoai lati del cadavere. Si sentì raggelare ilsangue. Ormai il legame era fin troppoevidente.

La gente continuava a parlare quando ilcapitano si avvicinò al corpo e poi si rivolse auna delle guardie che lo stava sorvegliando.— Chi è?

— Verin Ysslych — disse Celaena ancorprima che la guardia potesse aprire bocca.Avrebbe saputo riconoscere i ricci di Verinovunque. Si era piazzato tra i primi findall’inizio del torneo. Qualunque cosa l’avesseucciso…

— Che tipo di animale può fare simililacerazioni? — domandò a Chaol, ma non

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dovette aspettare la sua risposta per capireche avevano pensato la stessa cosa. I segnidegli artigli nel pavimento in pietra eranoprofondi almeno un centimetro. Si rannicchiòvicino a uno dei segni frastagliati e vi passòsopra un dito. Con sguardo torvo, esaminòanche gli altri.

— Non c’è sangue in questi segni — disse,girandosi a guardare Chaol. Lui le siinginocchiò accanto, mentre lei gli indicava letracce. — Sono pulite.

— Che significa?Celaena si accigliò, cercando di

combattere il gelo che le percorreva lebraccia. — Qualunque cosa sia stata, si èaffilata gli artigli prima di sbudellarlo.

— E perché sarebbe così importante?Lei si alzò, guardando da una parte all’altra

del corridoio, poi si accovacciò di nuovo. —Significa che ha avuto il tempo di farlo primadi attaccarlo.

— Poteva farlo mentre stava in agguato.

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Lei scosse la testa. — Quelle fiaccolelungo la parete sono quasi completamenteconsumate. Non ci sono tracce che sianostate spente prima dell’attacco, tipo acquamista a fuliggine. Se Verin è morto la notteappena trascorsa, quelle fiaccole eranoancora accese.

— Quindi?— Guarda il corridoio. La porta più vicina è

a due metri di distanza e l’angolo più vicinopoco più oltre. Se quelle fiaccole eranoaccese…

— Verin ha visto l’aggressore molto primadi raggiungere questo punto.

— Ma perché allora si è lasciatoavvicinare? — domandò, più che altro a sestessa. — E se non fosse un animale ma unapersona? E se quella persona avesse primamesso Verin fuori combattimento per poiavere il tempo di chiamare questa creatura?— E poi indicò le gambe di Verin. — Quelliintorno alle caviglie sono tagli netti. I tendini

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gli sono stati recisi con un coltello perimpedirgli di correre. — Celaena si avvicinò alcorpo, attenta a non toccare i segni di Wyrdincisi sul pavimento, e sollevò la mano rigidae fredda di Verin. — Osserva le unghie. —Deglutì. — Le punte sono rotte e rovinate. —E con le sue unghie provò a grattar via losporco da quelle del cadavere, per poiraccoglierlo sul palmo della mano. — Vedi? —E tese la mano per mostrarlo a Chaol. —Polvere e pietrisco. — Spostò il braccio diVerin, svelando delle linee leggere sullapietra. — Segni di unghie. Verin ha cercato disfuggire fino all’ultimo, di trascinarsi con leunghie, pur di salvarsi. Era vivo quando quellacreatura ha affilato gli artigli sulla pietra sottogli occhi del suo padrone.

— E dunque cosa significa?Lei gli sorrise caustica. — Significa che

siete in un mare di guai.Mentre Chaol sbiancava, Celaena capì

all’improvviso che forse l’assassino deipaladini e la misteriosa forza del male di cui

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parlava Elena erano la stessa cosa.

Seduta al tavolo nella sala da pranzo,Celaena sfogliava un libro.

Niente, niente di niente. Esaminò paginaper pagina, in cerca di qualche indizio sui duesegni di Wyrd che erano stati lasciati vicino alcadavere di Verin. Doveva pur esserci unlegame.

Si soffermò su una carta dell’Erilea. Lemappe geografiche l’avevano sempreinteressata, l’affascinava la possibilità di poterconoscere la propria esatta collocazionerispetto al resto del mondo. Seguì con un ditoil profilo della costa orientale. Cominciò dasud, a Banjali, la capitale di Eyllwe, poi salìcon curve sinuose fino a Rifthold. Viaggiò conil dito fino a Meah, proseguì verso nord e poiall’interno, verso Orinto, e di nuovo verso ilmare, verso la Costa di Suria, e infine allapunta più estrema del Continente e oltre, finoal Mare del Nord.

Si soffermò su Orinto, la città della luce e

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del sapere, perla dell’Erilea e capitale diTerrasen. La sua città natale. Richiuse il libro.

Si guardò intorno e tirò un sospiroprofondo. Quando riuscì a dormire, fecesogni tormentati di antiche battaglie, spademunite di occhi, segni di Wyrd che leturbinavano in testa e l’abbagliavano con iloro colori sgargianti. Vedeva l’armaturabrillante dei Fae e i guerrieri mortali, udiva ilclangore degli scudi e il ringhio delle bestieferoci, sentiva l’odore di sangue e cadaveri inputrefazione tutto intorno. Ovunque andasse,una carneficina. L’Assassina di Adarlanrabbrividì.

— Ah, bene. Speravo proprio che fossiancora sveglia — disse il principe ereditario.Celaena saltò sulla sedia e vide Dorian che siavvicinava. Aveva l’aria stanca e un po’trasandata.

Celaena fece per rispondere, poi scosse ilcapo. — Cosa ci fate qui? È quasimezzanotte e domani ho una prova. — Non

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poteva negare che la sua presenza le era inqualche modo di conforto. A quanto pareva,l’assassino attaccava i paladini solo quandoerano soli.

— Sei passata dalla letteratura alla storia?— chiese Dorian, esaminando i libri sul tavolo.E si mise a leggere i titoli: Breve storiadell’Erilea moderna, Simboli e potere. Usi ecostumi di Eyllwe. E la guardò perplesso.

— Io leggo quel che mi piace.Dorian scivolò nella sedia accanto. — C’è

un nesso fra tutti questi libri?— No. — Non era una vera bugia, ma in

effetti aveva sperato che in tutti ci fossequalche rivelazione sui segni di Wyrd, o su ciòche significavano se disegnati accanto a uncadavere. — Suppongo che abbiate sentitodella morte di Verin.

— Certo — rispose lui con un’espressionecupa che attraversò il suo bel viso. Celaena siera resa perfettamente conto che le gambe dilui erano molto vicine alle sue, eppure nonriusciva a scostarsi.

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— E non vi preoccupa che tanti paladinisiano stati brutalmente trucidati per mano diuna qualche bestia feroce?

Dorian si avvicinò, fissandola negli occhi.— Tutti quegli omicidi sono avvenuti in puntibui e appartati del castello. Da te ci sonosempre le guardie e le tue stanze sono bensorvegliate.

— Io non mi preoccupo per me — disse leibrusca, allontanandosi un po’. Non era deltutto vero. — Ma credo che tutto quello chesta succedendo non sia molto onorevole per ilvostro stimato padre.

— E da quando ti preoccupi dellareputazione del mio “stimato” padre?

— Da quando sono diventata la paladina disuo figlio. Credo infatti che dovreste dedicarequalche risorsa in più per risolvere questiomicidi, almeno prima che io vinca questoassurdo torneo solo perché sarò l’unicasopravvissuta.

— Altre richieste? — chiese, così vicino

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che avrebbe potuto sfiorargli le labbra, seavesse osato.

— Vi farò sapere se me ne vengono inmente altre. — I loro occhi si incrociarono. Leifece un timido sorriso. Che tipo di uomo era, ilprincipe ereditario? Benché non volesseammetterlo, era piacevole avere qualcunovicino, anche se era un Havilliard.

Celaena scacciò dalla mente i segni degliartigli e i cadaveri senza cervello.

— Come mai siete così scompigliato?Siete finito fra le grinfie di Lady Kaltain?

— Lady Kaltain? Grazie al cielo non direcente. Ma che giornataccia! I piccoli sonodei bastardi e… — Si prese la testa.

— I piccoli?— Una delle mie femmine ha avuto una

figliata di bastardini. Prima erano troppopiccoli per capirlo, ma adesso… be’, speravofossero di razza pura.

— Stiamo parlando di cani o di donne?— Tu cosa preferiresti? — E fece un

sorrisetto malizioso.

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— Oh, piantatela! — gli disse, e lui se larise.

— Dimmi invece come mai, se la domandaè lecita, anche tu sei così scompigliata? — Eil sorriso scemò. — Chaol mi ha detto che tiha portato a vedere il cadavere. Mi auguroche non fosse troppo straziante, per te.

— Niente affatto. È solo che non hodormito bene.

— Nemmeno io — confessò lui. Siraddrizzò. — Vuoi suonare il pianoforte perme? — Celaena tamburellò con il piede aterra, chiedendosi perché mai avessecambiato argomento.

— No di certo.— Suonavi così bene…— Se avessi saputo che qualcuno mi stava

spiando, non avrei suonato affatto.— Perché la musica ha un significato così

intimo per te? — E si adagiò contro loschienale della sedia.

— Non riesco ad ascoltare o suonare la

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musica senza che… lasciamo perdere.— No, dimmi cosa stavi per dire.— Niente di interessante — disse lei,

impilando i libri.— Ti evoca dei ricordi?Lei lo scrutò in cerca di qualche segno

canzonatorio. — A volte sì.— Ricordi dei tuoi genitori? — E la aiutò a

impilare i libri.Celaena si alzò all’improvviso. — Non

fatemi domande così stupide.— Scusa se sono stato indiscreto.Celaena non replicò. Quella domanda

aveva spalancato una porta che avevasempre tenuto chiusa e in quel momento siaffrettò a serrarla di nuovo. Nel vedere il visodi lui, nel vederlo così vicino a sé… Richiusequella porta a chiave.

— È solo che non so niente di te — disselui, dimenticando il conflitto che si era appenaconsumato in lei.

— Io sono un’assassina. — Il suo cuore siplacò. — Non c’è da sapere altro.

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— Sì — disse lui con un sospiro. — Macosa c’è di male, se voglio conoscerti meglio?Per esempio, perché sei diventataun’assassina? E com’era la tua vita, prima?

— Non è interessante.— Io non lo troverei noioso. — Lei non

disse nulla. — Per favore. Una domanda solae ti prometto che non sarò indelicato.

Celaena guardò il tavolo con una smorfia.Che male c’era a fare una domanda? Potevasempre decidere di non rispondere. — Vabene.

Lui sorrise. — Dammi un attimo perpensarne una buona. — Lei alzò gli occhi alcielo, ma si sedette. Dopo pochi secondi, lechiese: — Perché ti piace tanto la musica?

Lei fece una smorfia. — Avevi detto nientedi troppo intimo!

— È una domanda così indiscreta? Ècome chiederti perché ti piace leggere, no?

— No, no... la domanda va bene. — Ispiròprofondamente e fissò il tavolo. — Mi piace la

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musica — disse piano — perché quando lasento, io… io mi abbandono a me stessa, secapisci quel che voglio dire. Mi svuoto e miriempio allo stesso tempo, intorno a me sentola terra quasi scomparire. Quando suono…per una volta non distruggo nulla, anzicostruisco, creo. — Si morse il labbro. — Untempo volevo diventare una guaritrice. Primache… che questa diventasse la miaprofessione, quando ero quasi troppo piccolaper ricordarmelo, volevo diventare unaguaritrice. — Alzò le spalle. — La musica miricorda quella sensazione. — Rise piano. —Non l’ho mai detto a nessuno — confessò, poivide che lui sorrideva. — Non prendetemi ingiro.

Lui scosse la testa, togliendosi il sorrisodalle labbra. — Non ti sto prendendo in giro, èsolo che non sono…

— Abituato a sentire qualcuno che parlacon il cuore?

— Be’, sì.Lei sorrise piano. — Ora tocca a me. C’è

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qualcosa che non posso chiedervi?— No, non sono riservato come te —

rispose mettendosi le mani dietro la nuca.Lei fece una smorfia mentre pensava alla

domanda. — Perché non siete ancorasposato?

— Sposato? Ma ho diciannove anni!— Sì, ma siete il principe ereditario.Lui incrociò le braccia. Lei cercò di non fare

caso ai pettorali sotto la stoffa della camicia.— Fammi un’altra domanda.

— Voglio sentire la vostra risposta,dev’essere interessante, se siete così restio asposarvi.

Lui guardò la finestra e la neve chefioccava — Non sono sposato perché nonposso mandar giù l’idea di unirmi a una donnainferiore a me per spirito e intelligenza.Sarebbe la morte della mia anima — risposepiano.

— Il matrimonio è un contratto legale, nonun patto sacro. In qualità di principe ereditario

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dovreste ormai aver superato certefantasiose credenze. E se doveste sposarviper concludere un’alleanza? Scateneresteuna guerra in nome dei vostri ideali romantici?

— Non è così.— Ah sì? Vostro padre non vi ordinerebbe

di sposare una principessa per rinsaldare ilsuo impero?

— Mio padre ha un esercito che faesattamente questo.

— Potreste benissimo amare una donna insegreto. Il matrimonio non significa che nonpossiate amare altre persone.

I suoi occhi color zaffiro s’illuminarono. —Si sposa la persona che si ama e nessun’altra— disse lui, e Celaena rise. — Ti staiprendendo gioco di me. Mi stai ridendo infaccia!

— Ve lo meritate, considerata l’assurditàdei vostri pensieri! Io parlavo con il cuore, voicon egoismo.

— Sei svelta a giudicare.— A cosa serve la testa se non la si usa

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per esprimere dei giudizi?— A cosa serve un cuore se non lo si usa

per risparmiare agli altri la severità dei proprigiudizi?

— Oh, ben detto, Vostra Altezza! — Lui laguardò imbronciato. — Suvvia, non vi hoferito poi così tanto!

— Tu hai cercato di infrangere i miei sognie i miei ideali. Quanto a questo, mi basta giàmia madre. Sei crudele.

— Sono pratica, è diverso. E voi siete ilprincipe ereditario di Adarlan. Siete in unaposizione tale da poter trasformare l’Erilea inun posto migliore. Potreste creare un mondodove non c’è bisogno del vero amore pergarantire un lieto fine.

— E che tipo di mondo dovrei creare, perfare questo?

— Un mondo dove gli uomini siautogovernano.

— Un mondo di anarchia e tradimento.— L’anarchia non c’entra. Datemi pure

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della traditrice, se preferite. Come assassinami hanno già condannata una volta.

Lui si avvicinò e le sfiorò le dita. — Proprionon riesci a non contraddirmi su ogni cosache dico, vero? — Celaena era inquieta e altempo stesso del tutto immobile. Nel suosguardo era nato e morto qualcosa. — I tuoiocchi sono molto speciali, non ne ho mai visticosì, con un profilo dorato tanto luminoso.

— Se state provando ad addolcirmi con lelusinghe, temo che non funzionerà.

— Stavo solo osservando. Non ho secondifini. — Si guardò la mano che toccava ancorala sua. — Dove hai preso questo anello?

Lei strinse le dita della mano, spostandoladalla sua. L’ametista dell’anello brillava allaluce del caminetto. — È un regalo.

— Di chi?— Non vi riguarda.Lui fece spallucce, ma lei sapeva che era

meglio non rivelargli chi glielo aveva dato, esapeva anche che Chaol non avrebbe volutoche Dorian lo sapesse. — Gradirei sapere chi

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sta regalando anelli alla mia paladina.Il modo in cui il bavero della giacca nera gli

lambiva il collo la stuzzicava. Aveva voglia disfiorare il confine tra quella pelle abbronzata ei fili dorati del tessuto.

— Biliardo? — gli propose lei, alzandosi inpiedi. — Mi farebbe piacere un’altra lezione.— Senza aspettare la sua risposta, Celaenasi diresse verso la sala da gioco. Aveva unagran voglia di stargli vicino, di sentire il suorespiro che le scaldava la pelle.

Era una sensazione che le piaceva.Peggio ancora, le piaceva lui.

Chaol vide il duca Perrington al suo tavolo,nella sala da pranzo. Quando aveva riferito alduca della morte di Verin, non gli era parsomolto toccato. Si guardò intorno, nella vastasala. La gran parte dei padrini si comportacome al solito. Che idioti! E se Celaena avevaragione? Se il responsabile degli omicidi deipaladini era davvero uno di loro? Ma qualemembro del consiglio reale poteva desiderare

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così tanto la vittoria da spingersi a fare unacosa del genere? Chaol allungò le gambesotto il tavolo e spostò la sua attenzione suPerrington.

Aveva visto come il duca sfruttava la suainfluenza e il suo titolo per farsi alleati in senoal consiglio reale e per impedire agli oppositoridi sfidarlo. Ma non erano i suoi loschi trafficiad attirare l’interesse del capitano dellaguardia, quella sera. Erano piuttosto le pausefra una risata e l’altra, i momenti in cui il visodel duca sembrava attraversato da un’ombra.Non era un’espressione di rabbia o disgusto,piuttosto un velo davanti agli occhi. Eraun’espressione così strana che, notandolaper la prima volta, Chaol decise di trattenersia tavola per vedere se si sarebbe ripetuta.

Pochi minuti dopo, eccola di nuovo. Gliocchi di Perrington si scurirono e il voltosbiancò, come se del mondo avesse visto giàtutto e non vi trovasse più né gioia nédivertimento. Chaol si adagiò contro lo

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schienale della sedia e sorseggiò un bicchiered’acqua.

Sapeva poco del duca e non si era mai deltutto fidato di lui. E non si fidava neancheDorian, soprattutto dopo tutti quei discorsisull’eventualità di usare Nehemia comeostaggio per costringere i ribelli di Eyllwe acollaborare. Ma il duca era il consigliere piùfidato del re e non aveva mai dato motivi perdubitare di lui, pur non condividendo quellasmania di conquista.

Lady Kaltain era seduta poco più in là.Chaol la osservò incuriosito. Anche gli occhidella dama erano diretti verso Perrington, maanziché essere pieni di desiderio per l’amato,lo squadravano con freddezza. Chaol siallungò di nuovo, alzando le braccia dietro allatesta. Dov’era Dorian? Il principe non si erapresentato a cena, e non era neppure alcanile con la cagna e i suoi cuccioli.Ricominciò a guardare Perrington. Ecco dinuovo quell’espressione, benché passeggera.

Gli occhi di Perrington si soffermarono

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sull’anello nero che portava nella manosinistra e si scurirono, come se le pupille sifossero dilatate fino a occupare l’interoocchio. Poi il momento passò e i suoi occhitornarono normali. Chaol guardò lady Kaltain.Che si fosse accorta di quello stranocambiamento?

No, la sua espressione era rimastaimmutata. Non c’era stupore né sorpresa. Poilo sguardo della donna sembrò più futile,come se tutto il suo interesse fosseconcentrato sull’abbinamento tra giacca evestito. Chaol si stiracchiò e si alzò, finendo dimangiare la sua mela mentre usciva dallasala da pranzo. Era tutto molto strano, maora il capitano aveva ben altro di cuipreoccuparsi. Il duca era ambizioso, ma disicuro non rappresentava una minaccia per ilcastello o i suoi abitanti. Eppure, mentre siavviava verso le proprie stanze, il capitanodella guardia non riuscì a togliersi di dosso lasensazione che anche il duca di Perrington lo

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avesse osservato per tutto il tempo.

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C’era qualcuno ai piedi del suo letto.Celaena se ne era accorta molto prima di

aprire gli occhi, così allungò la mano sotto ilcuscino per tirare fuori il rudimentale pugnaleche si era costruita con gli spilloni, i lacci e ilsapone.

— Non serve — disse una donna, eCelaena sobbalzò nell’udire la voce di Elena.— E poi sarebbe del tutto inutile.

Si sentì raggelare il sangue alla vista dellospettro lucente della prima regina di Adarlan.Anche se la figura di Elena appariva bendefinita, i contorni del suo corpo rifulgevano

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come la luce di una stella. I lunghi capelliargentei le incorniciavano il bel viso e, quandovide che Celaena appoggiava quel suopatetico pugnale, sorrise. — Ciao, bambina— la salutò la regina.

— Cosa volete? — domandò Celaenasottovoce. Stava sognando oppure le guardiepotevano sentirla? Si irrigidì, le gambe prontea spiccare un balzo fuori dal letto, magariverso il balcone, visto che Elena stava fra leie la porta.

— Voglio solo ricordarti che devi vincere iltorneo.

— Era già nelle mie intenzioni. — L’avevasvegliata per questo? — E non lo faccio pervoi — puntualizzò freddamente — lo faccioper la mia libertà. Avete da dirmi qualcosa diutile o siete qui solo per innervosirmi? Omagari per dirmi qualcosa di più su questaforza del male che sta sterminando i paladiniuno dopo l’altro…?

Elena sospirò, alzando gli occhi al cielo. —Ne so quanto te. — Vedendo che Celaena

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continuava a guardarla di traverso, aggiunse:— Tu non ti fidi ancora di me. Lo capisco. Manoi due siamo dalla stessa parte, che tu cicreda o no. — Abbassò lo sguardo versol’Assassina, guardandola così intensamenteda inchiodarla. — Sono venuta per avvertirtidi fare attenzione alla tua destra.

— Prego? — domandò Celaena scuotendola testa. — Che intendete dire?

— Guarda alla tua destra. È lì che troveraile risposte.

Celaena guardò a destra, ma vide solol’arazzo che nascondeva il sepolcro. Aprì labocca per ribattere, ma quando si voltò dinuovo la regina Elena era già sparita.

Alla prova, l’indomani, Celaena studiò iltavolino davanti a sé e le coppe che vi eranoappoggiate sopra. Erano trascorse più di duesettimane dal giorno di Samhuinn e, puravendo superato un’altra prova (il lancio deicoltelli, fortunatamente), due giorni prima erastato ritrovato il cadavere di un altro paladino.

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Dire che in quei giorni aveva dormito poco eraun eufemismo. Quasi tutte le notti, quandonon era china sui libri a cercare il significatodei segni di Wyrd intorno ai cadaveri, erarimasta comunque sveglia, con gli occhisbarrati a fissare porte e finestre o pronta acaptare rumori di artigli sulla pietra. Leguardie reali che presidiavano i suoiappartamenti non erano state di grande aiuto.Se quella bestia era capace di incidere lapietra, avrebbe potuto benissimo stendere unmanipolo di uomini.

Brandus era fermo all’entrata dellapalestra, le mani dietro la schiena a guardarei tredici contendenti rimasti, ognuno seduto alproprio tavolino. Guardò l’orologio. AncheCelaena lo guardò. Le restavano cinqueminuti, cinque minuti durante i quali non solodoveva identificare i veleni contenuti nellesette coppe, ma anche disporli in ordinecrescente, dal più innocuo al più letale.

La vera prova, tuttavia, sarebbe arrivata

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alla fine dei cinque minuti, quando avrebberodovuto bere dalle coppe che reputavanomeno pericolose. In caso di errore, puravendo gli antidoti a portata di mano, nonsarebbe stato certo piacevole. Celaena ruotòil collo e si portò una delle coppe al naso, persentirne l’odore. Dolce, troppo dolce. Agitò ilvino da dessert che avevano scelto perdissimulare la dolcezza, ma era difficiledistinguerne il colore dentro il calice di bronzo.Intinse il dito nella coppa e si mise a studiareil liquido purpureo che era rimasto sull’unghia.Era belladonna, ne era certa.

Guardò le altre coppe di cui avevaidentificato il contenuto: cicuta, sanguinaria,aconito, oleandro. Le mise in ordine,disponendo la belladonna subito prima dellacoppa contenente una dose letale dioleandro. Mancavano tre minuti.

Prese la penultima coppa e la annusò unavolta, poi un’altra. Non aveva alcun odore.

Allontanò il viso dal tavolino ed espiròprofondamente sperando di liberare le narici.

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A volte, dopo aver provato troppi profumi, siperde la capacità olfattiva, che è poi il motivoper cui di solito i profumieri hanno semprequalcosa di pronto per depurare il naso.Annusò di nuovo la coppa e ci immerse il dito.Sapeva di acqua, sembrava acqua…

Forse era soltanto acqua. La appoggiò esollevò l’ultima. All’olfatto il vino non avevaalcun odore strano. Sembrava del tuttonormale. Si morse il labbro e guardòl’orologio. Restavano due minuti.

Qualcuno dei paladini stava imprecandosotto voce. Chi avesse sbagliato l’ordinesarebbe tornato da dove era venuto.

Celaena annusò di nuovo la coppa conl’acqua, passando in rassegna un elenco diveleni inodori. Nessuno poteva esserecombinato con l’acqua, non senza colorarla.Prese la coppa di vino e la agitò. Il vinopoteva dissimulare tutta una serie di potentiveleni, ma quale di essi era contenuto lìdentro?

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Al tavolino alla sua sinistra c’era Nox, conle mani fra i capelli: aveva formato una primafila con tre coppe e una seconda con le altrequattro. Mancavano novanta secondi.

Veleni, veleni, veleni. Le si era seccata labocca. Se avesse perso, Elena l’avrebbemagari perseguitata per ripicca?

Celaena diede un’occhiata alla sua destraper vedere Pelor, il giovane assassinodinoccolato che la stava guardando. Eraindeciso fra le stesse due coppe che stavanomettendo in crisi anche lei e lo vide metterequella con l’acqua alla fine – la coppaconsiderata più velenosa – e quella con il vinodall’altra parte.

Pelor le lanciò un’occhiata e fece unimpercettibile cenno del mento, poi si mise lemani in tasca. Aveva finito. Celaena si girò aguardare le sue coppe prima che Branduspotesse vederla.

Veleni. Ecco cosa aveva detto Pelor allaloro prima prova! Era un esperto di veleni!

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Celaena lo guardò con la coda dell’occhio.Lui era alla sua destra.

Guarda alla tua destra. È lì che troverai lerisposte.

Le corse un brivido lungo la schiena. Elenaaveva detto la verità.

Pelor fissava l’orologio, guardando scorrerei secondi che mancavano alla fine. Ma perchéavrebbe dovuto aiutarla?

Celaena spostò la coppa d’acqua alla fine emise quella del vino per prima.

Perché, fra tutti i paladini, la vittimapreferita di Caino, a parte lei, era Pelor. Eperché, quando stava a Endovier, si era fattadegli alleati non fra i preferiti dei sorveglianti,ma fra i più odiati. Era normale che gli esclusi,i reietti, facessero gruppo tra loro. Nessunodegli altri paladini si era mai interessato aPelor e persino Brandus sembrava essersidimenticato di ciò che lui aveva detto il primogiorno. Se l’avesse saputo, non li avrebbe maidisposti nella prova in modo così evidente.

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— Il tempo è scaduto. Decidete il vostroordine definitivo — disse Brandus. Celaenaguardò la sua fila di coppe ancora per unmomento. In un lato della sala, Dorian eChaol osservavano a braccia conserte. Che sifossero accorti dell’aiuto di Pelor?

Nox imprecò in modo colorito disponendole ultime coppe e molti dei contendenti fecerolo stesso. Gli antidoti erano a portata di manoin caso di errore, e Brandus, mentre giravafra i tavoli invitando i paladini a bere, fucostretto a somministrarli in più diun’occasione. Quasi tutti avevano pensatoche il vino senza niente dentro fosse unatrappola e lo avevano messo alla fine dellafila. Perfino Nox aveva dovuto trangugiareuna fialetta di antidoto: aveva messo l’aconitoal primo posto.

Con grande gioia di Celaena, Caino eradiventato paonazzo dopo essersi bevuto labelladonna. Mentre lui beveva l’antidoto,Celaena si dispiacque che Brandus non

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l’avesse già terminato… Fino a quelmomento, nessuno aveva vinto la prova. Unpaladino aveva bevuto l’acqua ed era crollatoa terra prima che Brandus potesse intervenirea somministrargli l’antidoto. Aveva bevuto ilcosiddetto sangue di drago, un orribile velenodagli effetti devastanti. Anche in quantitàminime, poteva provocare forti allucinazioni edisorientamento. Per fortuna, il maestrod’armi lo costrinse a buttar giù in frettal’antidoto, ma il paladino fu comunque portatod’urgenza all’infermeria del castello.

Finalmente Brandus si fermò al tavolo diCelaena per verificare il suo schieramento.Disse solo: — Bevi — senza far trapelare laminima espressione del viso.

Celaena lanciò un’occhiata a Pelor con unguizzo d’intesa nello sguardo mentre portavala coppa di vino alle labbra e beveva unsorso.

Niente. Nessun gusto strano, nessunasensazione immediata. Ci sono veleni cheimpiegano un po’ di più a fare effetto, ma…

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Brandus le porse la mano a pugno eCelaena sentì una stretta allo stomaco. Che lìdentro ci fosse l’antidoto?

Ma le dita si aprirono e lui le diede soltantouna pacca sulla schiena. — È quello giusto, èsolo vino — disse, e alle sue spalle si levò unmormorio fra gli altri contendenti.

Passò a Pelor, l’ultimo paladino, e ilgiovane bevve il bicchiere di vino. Brandussorrise e gli strinse la spalla. — Un altrovincitore.

Padrini e allenatori applaudirono, eCelaena lanciò un sorriso compiaciutoall’assassino alla sua destra. Lui le sorrise asua volta e arrossì dal collo alla radice deicapelli color rame.

Forse aveva barato un po’, ma avevavinto. Poteva sopportare di condividere lavittoria con un alleato. Quindi sì, Elena stavacercando di proteggerla, ma questo noncambiava nulla. Anche se il suo futuro e lerichieste di Elena erano ormai strettamente

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legati, lei non sarebbe diventata la paladinadel re solo per assecondare il piano di unfantasma, un piano che Elena non le avevaancora rivelato fino in fondo.

Anche se in realtà le aveva detto comevincere la prova.

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Dopo aver terminato in anticipo la lezione perfarsi un giro insieme, Celaena e Nehemiaattraversarono le ampie sale del castello,scortate dalle guardie. Qualunque cosapensasse dello stuolo di guardie che seguivaCelaena ovunque, Nehemia non disse niente.Anche se mancava solo un mese al solstiziod’inverno, e un mese e cinque giorni al duellofinale, ogni sera, per un’ora prima della cena,Celaena e la principessa ripartivanoequamente il tempo da dedicare alla linguacomune e a quella di Eyllwe. Celaena facevaleggere a Nehemia i libri che prendeva in

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biblioteca e poi la costringeva a copiare unalettera dopo l’altra, fin quando non eranoperfette.

Da quando avevano cominciato le lezioni,la principessa aveva fatto grandi progressinella nuova lingua, anche se le due ragazzecontinuavano a parlare l’idioma di Eyllwe.Forse era più comodo e più naturale, forseera per il gusto di vedere le espressionistupite e perplesse degli altri quando lesentivano, forse per comunicare in segreto.Comunque fosse, l’Assassina preferiva lalingua di Eyllwe. Almeno qualcosa a Endovieraveva imparato.

— Oggi sei silenziosa. Pensieri? — disseNehemia.

Celaena abbozzò un sorriso. Di pensieri neaveva eccome. Aveva dormito così male, lasera prima, da non vedere l’ora chespuntasse l’alba. Era morto un altro paladino,e poi c’erano state le richieste di Elena... —Ho letto fino a tardi, tutto qui.

Si addentrarono in una parte del castello

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che Celaena non aveva mai visto prima. A untratto Nehemia le disse: — Sento che seipreoccupata e sento molte delle cose che nondici. Tu non parli mai dei tuoi problemi, ma ituoi occhi ti tradiscono. — Era cosìtrasparente? — Noi siamo amiche. Se haibisogno di me, io ci sono — le disse condolcezza.

Celaena sentì una morsa alla gola e posòuna mano sulla spalla di Nehemia. — Era datanto tempo che nessuno mi consideravaun’amica — disse l’Assassina. — Io… — Unvuoto oscuro si insinuò nei recessi della suamemoria e Celaena fece di tutto percontrastarlo. — Ci sono parti di me che… —e fu in quel momento che lo sentì, il suonoche la tormentava in sogno. Un rumore diunghie, un forte rumore di unghie cheraspano. Scosse la testa e il rumore cessò.— Grazie Nehemia, siete una vera amica! —disse sincera.

Il suo cuore era livido e fremente, e

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l’oscurità si dissolse.Tutt’a un tratto Nehemia si lamentò: — La

regina mi ha chiesto di andare a vedere unacompagnia che recita uno dei suoi drammipreferiti, stasera. Verrai con me? Potreiportarmi un traduttore, però…

Celaena si rabbuiò. — Temo che…— Non puoi venire. — La voce di Nehemia

era un po’ infastidita e Celaena lanciòall’amica uno sguardo contrito.

— Ci sono delle cose che… — esordìCelaena, ma la principessa scosse la testa.

— Tutti abbiamo i nostri segreti, anche sesono proprio curiosa di sapere perché haisempre quel capitano alle costole e perché lasera ti rinchiudono nelle tue stanze. Pensereiquasi che hanno paura di te!

L’Assassina sorrise. — Gli uomini sonosempre stupidi, quando si tratta di certe cose.— Pensò a quello che le aveva detto laprincipessa e avvertì una stretta diapprensione allo stomaco. — Siete in buonirapporti con la regina di Adarlan, allora. Non

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vi eravate… sforzata molto, prima, perrompere il ghiaccio…

La principessa annuì con un cenno delcapo. — Tu sai che la situazione fra i nostripaesi non è delle più felici, in questomomento. È vero, all’inizio ho tenuto un po’ ledistanze con Georgina, poi ho capito che farequalche sforzo in più sarebbe statonell’interesse di Eyllwe. E così da qualchesettimana ho cominciato a parlarle, sperandodi farle capire che potevamo migliorare inostri rapporti. Credo che il suo invito distasera dimostri che sto facendo deiprogressi.

Celaena capì che, attraverso Georgina,Nehemia sarebbe anche riuscita a farsiascoltare dal re di Adarlan.

Si morse il labbro, ma poi sorrise subito. —Sono sicura che ai vostri genitori farà piacere.— Girarono per imboccare un corridoio eudirono dei cani abbaiare. — Dove siamo?

— Ai canili — rispose Nehemia raggiante.

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— Ieri il principe mi ha fatto vedere i cuccioli,anche se credo stesse solo cercando unascusa per allontanarsi un po’ dalla corte disua madre.

Era già grave che stessero passeggiandosenza Chaol, figuriamoci entrare nei canili…— Abbiamo il permesso di venire qui?

Nehemia sembrò risentita. — Sono laprincipessa di Eyllwe, posso andare dove mipare — replicò.

Celaena seguì la principessa oltre unagrande porta di legno. Arricciando il naso peril fetore improvviso, l’Assassina sfilò accantoa gabbie e recinti pieni di cani di tante razzediverse.

Alcuni erano così grandi che le arrivavanoai fianchi, altri avevano zampe lunghe quantola sua mano e il corpo quanto il suo braccio.Tutte le razze erano belle e affascinanti, ma ibracchi dal pelo lucido la colpirono più di tuttigli altri. Il ventre arcuato e le zampe lunghe eslanciate trasmettevano grazia e velocità.Non abbaiavano come gli altri, ma se ne

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stavano seduti perfettamente immobili e laguardavano con occhi vispi e scuri.

— Sono tutti cani da caccia? — domandòCelaena, ma Nehemia era scomparsa. Udì lasua voce, poi un’altra, e vide una mano chespuntava da un recinto e le faceva cenno dientrare. L’Assassina la raggiunse e guardòoltre il cancelletto.

Trovò Dorian Havilliard che le sorrideva.Nehemia si sedette. — Caspita, buongiornolady Lillian — le disse lezioso, e appoggiò aterra un cucciolo dal manto marrone dorato.— Non mi aspettavo proprio di vederti! Anchese, conoscendo la passione di Nehemia per lacaccia, non mi sorprende che ti abbiatrascinata qui.

Celaena guardò i quattro cani. — Sonoquesti i bastardi?

Dorian ne prese uno e gli accarezzò latesta. — Un peccato, vero? Non riesco aresistere alla loro bellezza.

Lentamente, guardando Nehemia che

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rideva mentre i due cani le saltavano addossoe la travolgevano fra leccate e codescodinzolanti, l’Assassina aprì il cancellettodel recinto e s’infilò dentro.

Nehemia indicò un cane nell’angolo echiese: — È malato? — Era il quinto cucciolo,un po’ più grosso degli altri, con il pelo setosodi un bel colore argento e oro che risplendevanell’ombra. Il cane aprì gli occhi scuri comese sapesse che stavano parlando di lui e liguardò. Era un bell’animale e, a vederlo così,Celaena avrebbe detto che fosse di razza.

— Non è malato — disse Dorian. — Hasolo un temperamento schivo. Non si avvicinaa nessuno, uomo o cane che sia.

— Avrà le sue ragioni — disse Celaena,scavalcando le gambe del principe peravvicinarsi al cucciolo. — Perché dovrebbeavvicinarsi a uno come voi?

— Se non risponde al padrone, bisogneràsopprimerlo — disse Dorian con faresbrigativo, e Celaena ebbe come una scossa.

— Sopprimerlo? E per quale ragione?

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Cosa vi ha fatto?— Non diventerà come gli altri.— E allora lo ucciderete perché ha un

brutto carattere? Non può andare contro lasua natura. — Si guardò intorno. — Dov’è lamadre? Forse ha bisogno di lei.

— La madre li vede solo per allattarli equalche ora per socializzare. Di solito allevoquesti cani per correre e cacciare, non percoccolarli.

— Ma è crudele tenerlo lontano dallamadre! — L’Assassina andò verso l’angolobuio e prese il cucciolo fra le braccia. Se loportò al petto. — Non voglio farti del male.

— Se ha un’indole un po’ strana, potrebbediventare un peso — spiegò Nehemia.

— Un peso per chi?— Non prendertela. Ogni giorno tantissimi

cani vengono eliminati, senza soffrire. Noncapisco cos’hai da obiettare — disse Dorian.

— Be’, lui potete risparmiarlo! Fatemelotenere, se serve a salvarlo — implorò

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Celaena.Dorian la fissò. — Se ti sta tanto a cuore,

non lo farò uccidere. Gli troverò una casa e tiinterpellerò prima di prendere la decisionefinale.

— Lo fareste davvero?— Cosa sarà mai la vita di un cane… se ti

fa piacere, lo farò.Celaena arrossì quando lui si rialzò e le

andò vicino. — Me lo… me lo promettete?Dorian si portò la mano al cuore. — Ti

giuro sulla corona che il cucciolo vivrà.D’un tratto Celaena si accorse di quanto

fossero vicini a toccarsi. — Grazie.Rannicchiata per terra Nehemia li guardava

con un’espressione stupita, fino a quando noncomparve una delle guardie che la informònella lingua di Eyllwe: — È ora di andare,principessa. Dovete prepararvi per la seratacon la regina. — La principessa si alzò,facendosi strada fra i cuccioli chesaltellavano.

— Volete accompagnarmi? — disse

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Nehemia a Celaena nella lingua comune.Celaena annuì e le aprì il cancelletto. Nel

richiuderlo guardò il principe: — Be’, voi nonvenite con noi?

Lui si lasciò cadere a terra e i cuccioli glisaltarono subito addosso. — Forse ti vedròstasera.

— Se sarete fortunato — rispose Celaenacon malizia, e si allontanò. Sulla strada delritorno, Celaena sorrideva fra sé e sé, eNehemia si girò verso di lei chiedendole: — Tipiace?

Celaena fece una faccia stupita e rispose:— Certo che no. Perché dovrebbe?

— Parlate con naturalezza. È come sefoste… in sintonia.

— In sintonia? — disse con vocesoffocata. — Mi diverto semplicemente astuzzicarlo.

— Non c’è niente di male se lo trovi bello.Devo ammettere di averlo giudicato male, locredevo un tipo sussiegoso, uno stupido

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egoista, ma non è poi così male…— È un Havilliard.— Mia madre era la figlia di un re che

cercò di rovesciare dal trono mio nonno.— Ci piace scherzare, niente di che…— Sembra molto interessato a te.Celaena si girò di scatto, gli occhi colmi di

una furia che aveva dimenticato da tempo eche le fece torcere le budella. — Mistrapperei il cuore piuttosto che amare unHavilliard! — ringhiò.

Proseguirono in silenzio e, quando sidivisero, Celaena le augurò bruscamente unabuona serata e si avviò verso le sue stanze.

Le poche guardie che la seguironomantennero una rispettosa distanza, unadistanza che aumentava ogni giorno di più.Che fossero ordini di Chaol? La notte erascesa da poco e il cielo era ancora di un bluintenso che tingeva la neve accumulata suivetri delle finestre. Avrebbe potuto benissimouscire dal castello, fare provviste a Rifthold eimbarcarsi verso sud, il mattino dopo.

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Si fermò davanti a una finestra e si piegòper avvicinarsi al vetro. Anche le guardie sifermarono e aspettarono, senza dire nulla. Ilgelo entrava da fuori, baciandola in viso. Loroforse immaginavano che si sarebbe diretta asud. Forse andare verso nord era menoprevedibile: nessuno si sarebbe mai spinto anord, in inverno, a meno che non avesseintenti suicidi.

Qualcosa si mosse nel riflesso del vetro elei si girò di scatto per vedere l’uomo alle suespalle.

Caino non le sorrise nel suo solito modocanzonatorio. Al contrario, ansimava,boccheggiando come un pesce tirato fuoridall’acqua. Aveva gli occhi scuricompletamente sgranati e con una mano siteneva il collo taurino. Forse stava per moriresoffocato…

— C’è qualcosa che non va? — domandòamabilmente Celaena, appoggiata alla parete.Lui guardò da una parte all’altra, osservò le

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guardie, la finestra, poi le lanciò un’occhiata.La stretta alla sua gola sembrava farsi piùforte, come a soffocare parole che lottavanoper uscire, e l’anello di ebano che portava aldito aveva un riflesso opaco. Per quantosembrasse impossibile, negli ultimi giornidoveva aver messo su altri cinque chili dimuscoli, tanto che ogni volta che lo vedeva gliappariva più grosso.

Celaena abbandonò le braccia lungo ifianchi, guardandolo truce: — Caino — disse,ma lui partì a gambe levate come una lepre,più veloce di quanto l’avesse mai vistocorrere, guardandosi alle spalle un paio divolte, non verso di lei o le guardie confuse eborbottanti, ma verso qualcos’altro.

Celaena aspettò fin quando il rumore deipassi che correvano si allontanò, poiraggiunse in fretta le sue stanze. Fecerecapitare dei messaggi a Nox e a Pelor,senza spiegare il perché, ma solo peravvertirli di restare nelle loro camere quellanotte e di non aprire a nessuno.

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Uscendo dalla stanza del guardaroba LadyKaltain si pizzicò le guance. Le domestiche lespruzzarono il profumo e la giovane donnamandò giù d’un fiato dell’acqua zuccherataprima di aprire la porta. Stava fumando lapipa quando le era stato annunciato l’arrivodel duca Perrington. Era corsa al guardarobae si era cambiata d’abito, sperando che nonfosse rimasto odore di fumo. Se il ducaavesse scoperto che fumava oppio, leiavrebbe potuto giustificarlo come cura per leterribili cefalee di cui soffriva ultimamente.Passò dalla camera da letto all’anticamera e

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poi entrò nel salottino.Come sempre, il duca aveva un’aria

bellicosa. — Vostra Grazia — gli disse,facendo una riverenza. Vedeva tutto un po’sfocato e si sentiva il corpo pesante. Lui lebaciò la mano quando lei gliela porse, nesentì le labbra umide sulla pelle. QuandoPerrington alzò lo sguardo, i loro occhi siincrociarono e un pezzo di mondo si dissolse.Quanto avrebbe dovuto spingersi ancoraavanti per assicurarsi un posto accanto aDorian?

— Spero di non avervi disturbata — disse ilduca, lasciandole la mano. Le apparvero lepareti della stanza, poi il pavimento e ilsoffitto, ed ebbe la netta sensazione ditrovarsi intrappolata in una scatola, in unabella gabbia colma di arazzi e cuscini.

— Mi ero solo appisolata, milord — dissesedendosi. Vide che lui annusava l’aria e, senon fosse stato per la droga che le ovattava ipensieri, si sarebbe fatta prendere dal panico.— A cosa devo il piacere di questa visita

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inaspettata?— Volevo avere vostre notizie, non vi ho

vista a cena. — Perrington incrociò le braccia,braccia che a vederle avrebbero potutofrantumarle il cranio.

— Ero indisposta. — Dovette resistereall’impulso di appoggiare sul divano la testatroppo pesante.

Lui le disse qualcosa, ma capì che le sueorecchie avevano smesso di ascoltare. Eracome se la pelle del duca fosse diventatadura e vitrea, e i suoi occhi ostili si fosserotrasformati in orbite di marmo. Persino icapelli radi sembravano pietrificati. Rimase abocca aperta nel vedere le sue labbrabianche che continuavano a muoversi,rivelando una gola di marmo scolpito. —Scusatemi, non mi sento molto bene — disse.

— Volete che vi porti dell’acqua? Opreferite che me ne vada? — domandò ilduca.

— No! — rispose lei quasi gridando. Sentì

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una fitta al cuore. — Quello che intendo dire èche… sono in grado di godermi la vostracompagnia, ma dovete perdonare la mia ariaassente.

— Il termine assente non vi si addice, ladyKaltain — commentò lui sedendosi. — Sieteuna delle donne più sveglie che abbia maiconosciuto. E ieri Sua Altezza mi ha detto lastessa cosa.

La schiena di lady Kaltain si raddrizzò discatto. Si raffigurò la faccia di Dorian e lacorona che aveva in testa. — Il principe hadetto questo di me?

Il duca le mise una mano sul ginocchio,accarezzandola col pollice. — Ma certo, poilady Lillian lo ha interrotto prima che potesseaggiungere altro.

Si sentì girare la testa. — Perché lei eracon lui?

— Non lo so, ma avrei preferito non cifosse.

Doveva fare qualcosa, qualcosa permettere fine a quella situazione. Quella

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ragazza si muoveva in fretta, troppo in frettaperché lei riuscisse a tenere il passo delle suemanovre strategiche. Lillian avevaaccalappiato il principe nella sua rete e oratoccava a lei liberarlo. Avrebbe potutooccuparsene Perrington, il quale poteva farein modo che Lillian scomparisse e nonvenisse mai ritrovata. No, Lillian era unadama, e un uomo d’onore come Perringtonnon avrebbe mai potuto far del male a unadonna di nobili origini. O forse sì? Una danzamacabra prese a girarle in testa. E se avesseconvinto il duca che Lillian non era unanobile…? Il mal di testa scoppiò con una fittaimprovvisa che le risucchiò l’aria dai polmoni.

— Ho pensato la stessa cosa — dissesfregandosi le tempie. — È difficile credereche una persona tanto spregevole come ladyLillian possa conquistare il cuore del principe.— Forse, al fianco di Dorian, i suoi mal ditesta sarebbero passati. — Magari sarebbe ilcaso che qualcuno parlasse con Sua Altezza.

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— Spregevole?— Ho sentito dire da qualcuno che il suo

passato non è… puro come dovrebbe.— E cosa avete sentito, di preciso? —

domandò Perrington.Lady Kaltain giocherellò con un ciondolo

che le pendeva dal braccialetto. — Nonconosco i particolari, ma tra i nobili c’èqualcuno che non la considera unacompagnia degna di questa corte. Mipiacerebbe saperne di più, sul suo conto, e avoi? In qualità di sudditi fedeli abbiamo ildovere di proteggere il principe da certagente.

— Proprio così — disse piano il duca.Qualcosa di selvaggio e di estraneo le

suscitò un grido interiore che si propagò almal di testa e i suoi pensieri di oppio e le suegabbie mentali svanirono.

Doveva fare il possibile per salvare lacorona, e il proprio futuro.

Celaena alzò gli occhi da un antico libro di

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teorie sui segni di Wyrd quando la porta siaprì cigolando sui cardini che scricchiolaronocosì forte da svegliare un morto. Le balzò ilcuore in gola e cercò di sembrare il piùdisinvolta possibile. Ma non era DorianHavilliard, né una feroce creatura.

La porta si aprì del tutto ed ecco che videdavanti a sé Nehemia, avvolta in unincantevole manto dorato. Non guardòCelaena e non si mosse, rimase immobilesulla soglia. Teneva gli occhi bassi e rivoli dikajal le rigavano le guance.

— Nehemia? — chiese Celaena alzandosiin piedi. — Che ne è stato dello spettacolo?

Nehemia alzò le spalle e le fece ricadere.Alzò la testa piano, aveva gli occhi rossi. —Io... io non sapevo dove altro andare — dissenella lingua di Eyllwe.

Celaena le chiese affannata: — Cosa èsuccesso?

Fu allora che Celaena notò il pezzo di cartache Nehemia teneva in mano. Tremava inquella sua stretta.

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— Li hanno massacrati — disse Nehemiacon un filo di voce, gli occhi sbarrati. E scossela testa come per negare le sue stesseparole.

Celaena rimase immobile: — Chi?Nehemia strozzò un singhiozzo in gola e

Celaena si sentì come spezzare dentro, tantaera l’angoscia di quel singulto.

— Una legione dell’esercito di Adarlan hacatturato cinquecento ribelli di Eyllwe che sinascondevano alla frontiera fra la foresta diOakwald e le Rocce Palustri. — Le lacrimescendevano sul vestito bianco. Stringeva inmano il pezzo di carta. — Mio padre ha dettoche dovevano andare a Calaculla, comeprigionieri di guerra, ma qualcuno dei ribelli hacercato di scappare durante il viaggio e… —Nehemia fece un respiro profondo, lottandoper far uscire le parole di bocca. — E i soldatiper rappresaglia li hanno uccisi tutti, anche ibambini.

Celaena sentì che stava per vomitare la

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cena. Cinquecento, trucidati.Poi notò le guardie del corpo di Nehemia

che stavano sulla porta con gli occhi lucidi.Quanti di quei ribelli erano persone a loroconosciute? Persone che Nehemia aveva inqualche modo aiutato e protetto?

— A che serve essere la principessa diEyllwe se non posso aiutare la mia gente? —si domandò Nehemia. — Come posso dire diessere la loro principessa se succedono cosedel genere?

— Mi dispiace tanto — sussurrò Celaena.Come se quelle parole avessero rottol’incantesimo che tratteneva la principessa,Nehemia si buttò fra le sue braccia. I gioiellid’oro premevano sulla pelle di Celaena. Laprincipessa pianse. Incapace di proferireparola, l’Assassina la accolse,semplicemente, per tutto il tempo che ci vollea placare il dolore.

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Celaena era seduta alla finestra della suacamera, a guardare la neve danzare nell’arianotturna. Nehemia era tornata nelle suestanze già da un po’, aveva asciugato lelacrime e si era ripresa. L’orologio batté leundici e Celaena si stiracchiò, poi sentì unafitta allo stomaco. Si piegò, concentrandosisul respiro, in attesa che il crampo passasse.Rimase così per più di un’ora, avvolta nellacoperta perché il calore del fuocoscoppiettante non arrivava fino a lei.Finalmente entrò Philippa con una tazza di tè.

— Prendete, bambina mia — le disse. —

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Questo vi aiuterà. — Posò la tazza sul tavolodietro l’Assassina e appoggiò una mano sulbracciolo. — Che pena, quei ribelli di Eyllwe!— disse a voce bassa per non farsi sentire daorecchie indiscrete. — Non posso immaginarecosa debba provare ora la principessa. —Celaena sentì la rabbia ribollirle nellostomaco. — Almeno ha la fortuna di avereuna buona amica come voi!

Celaena toccò la mano di Philippa e laringraziò. Prese la tazza di tè e ritrasse subitole mani rischiando di farsela cadere sullegambe, tanto era rovente.

— Attenta, su! — ridacchiò Philippa. —Non sapevo che le assassine fossero cosìmaldestre. Se avete bisogno di qualcosa,chiamatemi. Ne so qualcosa, di dolorimestruali. — Le scompigliò i capelli e uscì.Celaena avrebbe voluto ringraziarla ancora,ma arrivò una nuova ondata di crampi che lafece piegare in avanti non appena la porta sirichiuse.

I chili che aveva preso negli ultimi tre mesi

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e mezzo le avevano fatto tornare il ciclo, chesi era interrotto per la fame patita a Endovier.Gemeva dal dolore. Come poteva allenarsi inquello stato? Mancavano quattro settimane alduello.

I fiocchi di neve brillavano e scintillavanodietro i vetri delle finestre, mulinavano e siintrecciavano scendendo a terra in un valzerimpossibile da comprendere per una menteumana.

Come poteva aspettarsi, Elena, che leisconfiggesse chissà quale forza del male, inquel castello, quando fuori c’era anche dipeggio? Cos’era quella forza paragonata aquanto stava accadendo in altri regni? Luoghinon lontani come Endovier e Calaculla? Siaprì la porta della camera ed entrò qualcuno.

— Ho sentito di Nehemia… — era Chaol.— Cosa fai… non è tardi? — domandò

Celaena stringendosi nella coperta.— Stai… male?— Sono indisposta.

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— Per quello che è successo ai ribelli?Possibile che non capisse? Celaena fece

una smorfia. — No. Mi sento veramente pocobene!

— Fa star male anche me — mormoròChaol, con lo sguardo sul pavimento. — Tuttala situazione. E ora che ho visto Endovier…— si sfregò la faccia, come se potesselavarne via il ricordo. — Cinquecento persone— sussurrò. Sbalordita da quella confessioneimprovvisa, lo guardò senza dire nulla.

— Senti — continuò, mettendosi acamminare. — So che a volte tengo ledistanze, con te, e so che te ne lamenti conDorian, ma… — Si girò verso di lei. — È unbene che tu sia diventata amica dellaprincipessa, e io apprezzo la vostra amiciziapiena e sincera. So che girano voci sullegame fra Nehemia e i ribelli di Eyllwe, ma…mi piace pensare che, se il mio paesedovesse essere conquistato, non mi fermereidavanti a niente pur di restituire alla mia

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gente la libertà.La ragazza gli avrebbe risposto, non fosse

stato per il dolore acuto che le trafiggeva laschiena e per gli improvvisi crampi allapancia.

— Chissà, forse mi sbaglio — disse ilcapitano guardando la finestra. Il mondocominciò a girare e Celaena chiuse gli occhi.Aveva sempre sofferto di crampi tremendi, ingenere accompagnati da nausea, ma nonvoleva vomitare. Non adesso.

— Chaol — cominciò, portandosi la manoalla bocca quando la nausea salì e prese ilsopravvento.

— È solo che io sono molto fiero del miolavoro — proseguì lui.

— Chaol — disse lei di nuovo. Oh, stavaper vomitare…

— E tu sei l’Assassina di Adarlan. Mastavo pensando che, se ti… se ti va…

— Chaol — lo avvisò. Il tempo di girarsi aguardarla e lei aveva già vomitato a terra.

Chaol balzò in piedi con un moto di

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disgusto. Celaena sentì scendere le lacrimementre quel sapore amaro e pungente leriempiva la bocca. Si piegò sulle ginocchia,lasciando che bava e bile si riversassero aterra.

— Sei… per Wyrd, stai proprio male! —Chiamò una domestica e l’aiutò ad alzarsi. Ilmondo adesso era più nitido. Cosa gli stavachiedendo? — Forza, mettiti a letto.

— Non sono c o s ì malata! — protestòCelaena. Lui la mise seduta sul letto,scostando il lenzuolo. Entrò una domesticache, perplessa davanti a quel disastro, andò achiamare aiuto.

— E allora che cos’hai?— Io… uh… — Aveva il viso così

accaldato che pensò potesse sciogliersi sulpavimento. Oh, stupido che non sei altro! —Mi è tornato il ciclo, finalmente!

D’un tratto arrossì anche lui, e arretrò,passandosi una mano fra i corti capellicastani. — Io… se… allora è meglio che io

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vada — balbettò con un inchino. Celaena loguardò spazientita, ma poi, suo malgrado, levenne da sorridere nel vederlo uscire quasi dicorsa, avvicinandosi alla porta con un balzo,per poi avviarsi goffamente verso le altrestanze.

Celaena guardò le domestiche chepulivano. — Mi spiace tanto — disse, ma lorole fecero cenno di non preoccuparsi.Imbarazzata e dolorante, l’Assassina si infilòa fatica nel letto e si accoccolò sotto lecoperte, sperando di addormentarsi subito.

Ma il sonno non arrivava e dopo un po’ laporta si riaprì. Celaena udì una risata. — Hointercettato Chaol e mi ha informato delle tue“condizioni”. Non avrei mai detto che un uomonella sua posizione potesse essere cosìdelicato, soprattutto dopo aver esaminato tuttiquei cadaveri!

Celaena aprì un occhio e lo guardò incagnesco quando Dorian si sedette sul letto.— Sto malissimo e non mi interessa niente.

— Non può essere così terribile — disse,

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tirando fuori un mazzo di carte dalla giacca.— Ti va di giocare?

— Vi ho già detto che non mi sento bene.— A me sembra che stai benissimo. — E

cominciò a mescolare le carte con destrezza.— Solo una partita.

— Ma voi non pagate la gente perintrattenervi?

Lui la guardò male mentre divideva ilmazzo in due. — Dovesti essere onoratadella mia compagnia.

— Sarei onorata se ve ne andaste.— Per essere qualcuno che dipende dalle

mie grazie, sei piuttosto sfrontata.— Sfrontata? Questo è niente! — Si girò

sul fianco portandosi le ginocchia al petto.Lui rise, mettendo via le carte. — Il tuo

nuovo amico a quattro zampe sta bene, sevuoi saperlo.

Lei mugugnò nel cuscino. — Vattene. Misento morire.

— Nessuna bella donna dovrebbe morire

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da sola — disse lui, posando la mano suquelle di lei. — Posso leggerti qualcosa neituoi ultimi momenti di vita? Che storia tipiacerebbe?

Lei ritrasse la mano. — Che ne dite dellastoria del principe idiota che non vuolelasciare sola l’Assassina?

— Oh! Adoro quella storia! E ha anche unbel lieto fine, sai? Perché l’Assassina sta solofacendo finta di essere malata: in realtà vuoleattirare l’attenzione del principe! Chi l’avrebbemai detto? Una ragazza così intelligente. E lascena della camera da letto, poi, è favolosa,vale la pena leggere tutti i loro continuibattibecchi!

— Fuori! Fuori! Lasciatemi sola e andate afare il donnaiolo con qualcun’altra! — Preseun libro e glielo lanciò. Lui lo intercettò primache gli rompesse il naso e lei sgranò gli occhi.— Io non volevo… non era un’aggressione!Era uno scherzo, davvero, non volevo farvidel male, Vostra Altezza! — disse confusa.

— Speravo che l’Assassina di Adarlan

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avrebbe scelto di attaccarmi in modo piùdignitoso, con una spada o con un pugnale,almeno, e magari non a tradimento.

Lei si strinse la pancia e si piegò in avanti.Certe volte odiava essere donna.

— Mi chiamo Dorian comunque, nonVostra Altezza.

— Molto bene.— Dillo.— Dire cosa?— Dì il mio nome. Dì: “Molto bene,

Dorian”.Lei alzò gli occhi. — Se preferite, Vostra

Magnanima Eminenza, vi chiamerò per nome.— Magnanima Eminenza? Oh, questa sì

che mi piace! — Celaena abbozzò un sorrisoe Dorian tornò a guardare il libro. — Questonon è uno dei libri che ti ho mandato io. Ionon ho libri del genere.

Lei rise timidamente e prese il tè dalle manidella domestica che glielo porgeva. — Certoche no, Dorian. Oggi ho mandato una

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domestica a prendermi un libro in biblioteca.— Passioni al tramonto — lesse ad alta

voce il principe, e lo aprì su una pagina acaso per declamarlo: — Le mani di luiaccarezzarono delicatamente i suoi setosi edeburnei c… — Dorian strabuzzò gli occhi. —Per tutti i Wyrd! Non dirmi che leggi davveroquesta robaccia? Che ne è stato di Simboli epotere e di Usi e costumi di Eyllwe?

Celaena finì il tè allo zenzero che le avevaun po’ rimesso in sesto la pancia. — Puoiprenderlo quando l’avrò finito. Così la tuaconoscenza letteraria sarà completa. Emagari — aggiunse con un sorriso civettuolo— ti potrà dare qualche spunto da mettere inpratica con le tue amichette…

Dorian le replicò a denti stretti: — Io nonleggo certa roba.

Lei gli prese il libro dalle mani e si ritrasse.— Allora non sei molto diverso da Chaol.

— Chaol? — chiese lui cadendo nellatrappola. — Hai chiesto a Chaol di leggerequesta roba?

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— Ovviamente si è rifiutato — mentì lei. —Ha detto che non era il genere di libro adattoa lui.

Dorian le strappò il libro di mano. —Dammelo, demonio di donna che non seialtro! Non ti permetterò di metterci l’unocontro l’altro! — Diede un’altra occhiata alromanzo, poi lo capovolse per nascondere iltitolo. Lei sorrise e si mise a guardare la neveche cadeva. Il freddo si era fatto pungente,adesso, e nemmeno il fuoco riusciva adattutire le folate di vento che penetravano frale fessure della portafinestra. Sentì cheDorian la stava guardando, e non con latimida prudenza tipica di Chaol. No, sembravache lui la stesse guardando semplicementeper il piacere di farlo.

E quel piacere era condiviso anche daCelaena.

Dorian non capì di essere rimastoimbambolato a fissarla finché Celaena non sitirò su a sedere e gli chiese: — Cosa stai

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guardando?— Sei bella — disse Dorian di getto.— Non essere stupido!— Ti ho offesa? — Sentiva il sangue

pulsargli nelle vene con un ritmo diverso dalsolito.

— No — disse Celaena, e si girò subitoverso la finestra. Dorian la vide arrossiresempre di più. Non gli era mai capitato difrequentare una donna così a lungo senzafarle la corte, a parte lady Kaltain. Fremevadalla voglia di sentire le sue labbra, di sentireil profumo della sua pelle, di sentire comeavrebbe reagito al tocco delle sue dita.

La settimana prima del solstizio d’invernoera il momento giusto per rilassarsi, percelebrare i piaceri carnali che scaldavano glianimi nelle notti d’inverno. Le donnescioglievano i capelli e qualcuna evitavapersino di mettersi il corsetto. Era una festaper celebrare i frutti della terra e quelli dellacarne. Ovviamente ogni anno Dorian la

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aspettava con ansia, ma adesso…Adesso provava un senso di vuoto allo

stomaco. Come poteva festeggiare quandoera appena arrivata la notizia di ciò che isoldati di suo padre avevano fatto a queiribelli di Eyllwe? Non avevano risparmiatonessuno. Cinquecento persone, tutte morte.Come poteva guardare ancora in facciaNehemia? E come avrebbe potuto, un giorno,governare un paese i cui soldati erano statiaddestrati per avere così poca pietà verso ilgenere umano?

Dorian si sentì la bocca asciutta. Celaenaera di Terrasen, un altro paese soggiogato, laprima conquista di suo padre. Era un miracoloche lei si degnasse anche solo di accettare lasua presenza… O forse aveva trascorso cosìtanto tempo ad Adarlan che non le importavapiù. Ma Dorian non lo credeva, non dopo avervisto quelle tre grandi cicatrici che aveva sullaschiena, ricordo indelebile della brutalità disuo padre.

— C’è qualcosa che non va? — gli

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domandò timida, curiosa. Come se leimportasse davvero. Lui fece un respiroprofondo e andò alla finestra, incapace diguardarla. Il bicchiere che aveva fra le maniera freddo e si mise a guardare i fiocchi dineve che cadevano a terra.

— Sono sicuro che mi detesti — sussurrò.— Detesti me e la mia corte per la nostrafrivolezza e indifferenza, mentre fuori daquesta città accadono cose tremende. Hosentito di quei ribelli che sono stati trucidati eio… io me ne vergogno — disse,appoggiando la testa contro la finestra.Dorian sentì che lei si era alzata ed erasprofondata in una poltrona. Le parole gliuscivano come un fiume in piena, una dopol’altra, e non riusciva a fermarsi. — Capiscoperché ti riesce tanto facile uccidere quellidella mia razza. E non ti biasimo per questo.

— Dorian — disse Celaena con dolcezza.Era un mondo buio, quello fuori dal

castello. — So che non me lo dirai mai —

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proseguì il principe, dando voce a qualcosache voleva esprimerle da tempo. — Ma io soche ti è successo qualcosa di terribile quandoeri piccola, forse per mano di mio padre. Haidiritto di odiare Adarlan perché ha conquistatoTerrasen, perché ha sottomesso tutti gli altripaesi, e il paese del tuo amico.

Deglutì, con gli occhi che bruciavano. —Tu non mi crederai, ma… io non voglio farparte di tutto questo. Non posso definirmi unuomo se permetto a mio padre di perpetrareatrocità così imperdonabili. E anche sechiedessi pietà per i regni conquistati, lui nonmi ascolterebbe. Non in questo mondo.Questo è il mondo in cui ti ho scelto comepaladina solo perché sapevo che questoavrebbe irritato mio padre. — Lei scosse latesta, ma lui continuò: — Ma se mi fossirifiutato di fare da padrino a un paladino, miopadre lo avrebbe preso come un segno didissenso, e io non sono ancora in grado dischierarmi contro di lui in un modo simile.Così ho scelto come mia paladina l’Assassina

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di Adarlan, perché era l’unica scelta possibile.Già, ora era tutto chiaro. — La vita non

dovrebbe andare così — disse, i loro sguardiche si incrociavano mentre lui era preso agesticolare. — E… neanche il mondodovrebbe andare così.

Celaena rimase in silenzio, ascoltando iltumulto del suo cuore prima di dire qualcosa.— Io non ti odio — disse con un filo di voce.Lui si lasciò cadere in una poltrona davantialla sua e si prese la testa fra le mani.Sembrava molto triste. — E non credo che tusia come loro. Mi… mi spiace averti ferito. Ioscherzo, quasi sempre.

— Ferito? — disse lui. — Tu non mi haiferito! Tu hai solo… Solo reso le cose piùsopportabili.

Celaena alzò la testa: — Soltantosopportabili?

— Forse qualcosa di più. — E allungò legambe. — Ah, se tu potessi venire al ballo delsolstizio d’inverno con me. Sei fortunata a

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non dover partecipare per forza.— E perché non potrei? E cos’è il ballo del

solstizio d’inverno?Lui mugugnò: — Niente di speciale. Solo

un ballo in maschera che coincide con l’arrivodel solstizio d’inverno. E penso che tu sappiabenissimo perché non puoi venire.

— Tu e Chaol ci provate davvero gusto aimpedirmi ogni possibile occasione di svago,non è così? A me piace andare alle feste!

— Quando sarai la paladina di mio padrepotrai partecipare a tutti i balli che vorrai.

Celaena fece una smorfia. Lui voleva dirleche, se avesse potuto, le avrebbe chiesto diaccompagnarlo, che avrebbe voluto passaredel tempo insieme a lei, che pensava molto alei quando erano lontani, ma sapeva chequesto l’avrebbe fatta solo ridere.

L’orologio rintoccò la mezzanotte. — Èmeglio che vada — disse Dorianstiracchiando le braccia. — Mi aspetta unagiornata di riunioni del consiglio, domani, enon credo che Perrington sarebbe felice di

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vedermi mezzo addormentato.Celaena ridacchiò. — Ricordati di portare

al duca i miei più calorosi saluti. — Nonavrebbe mai dimenticato il modo in cui il ducal’aveva trattata, il primo giorno a Endovier. Enemmeno Dorian. E il solo pensiero la facevabruciare di rabbia.

Senza pensare, si chinò e la baciò sullaguancia. Lei si irrigidì quando la sua bocca letoccò la pelle e, per quanto breve fosse statoil bacio, Dorian respirò il suo profumo.Staccarsi fu durissima. — Riposa bene,Celaena — le disse.

— Buona notte, Dorian. — E appena fuuscito, Celaena si domandò come mai sisentisse tanto triste e perché avessepronunciato il nome del principe non contenerezza, ma con rassegnazione.

Celaena fissava la luce della luna chescreziava il soffitto. Un ballo in maschera peril solstizio d’inverno! Nonostante quella fossela corte più corrotta e sfarzosa di tutta l’Erilea,

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suonava incredibilmente romantico. Ma tantolei non poteva andarci. Fece un lungo sospiroe si portò le mani alla nuca. Forse era quelloche Chaol stava cercando di dirle prima chelei vomitasse? Voleva farle un invito formaleal ballo?

Scosse la testa. No. Invitarla a un balloreale era di sicuro l’ultima cosa che avrebbefatto. E poi avevano entrambi cose piùimportanti a cui pensare. Per esempioscoprire chi aveva ucciso i paladini. Forseavrebbe dovuto inviargli un messaggio sullostrano comportamento di Caino, quelpomeriggio.

Chiuse gli occhi e sorrise. Non potevapensare a un regalo più bello per il solstiziod’inverno che trovare Caino stecchitol’indomani. Eppure, mentre l’orologio scandivale ore, Celaena rimase in allerta, vigile,chiedendosi cosa si nascondeva davvero nelcastello, e non riuscendo a togliersi dalla testaquei cinquecento ribelli morti e sepolti in

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qualche fossa comune.

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La sera dopo, Chaol Westfall si trovava alsecondo piano del castello e guardava giù,verso il cortile interno. Sotto, tra i cespugli, siaggiravano due figure. Celaena siriconosceva facilmente dalla mantella bianca;quanto a Dorian, era impossibile non notare lospazio vuoto da cui era sempre circondato.

Avrebbe dovuto essere giù anche lui, starea un passo da loro, per essere sicuro che leinon catturasse Dorian e non lo usasse perscappare. La logica e gli anni di esperienza gligridavano di scendere da loro, anche seavevano già sei guardie al seguito. Lei era

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falsa, astuta e malvagia.Eppure non riusciva a muovere i piedi.Giorno dopo giorno, sentiva cadere le

barriere una dopo l’altra. Era lui, che lelasciava cadere. E il motivo era la sua risataschietta, l’averla sorpresa, un giorno, adormire con la faccia su un libro aperto, laconsapevolezza che sarebbe stata lei avincere il torneo.

Era una criminale, un’assassina prodigiosa,una regina del male, però… Però era soltantouna ragazza, che a diciassette anni era statamandata a Endovier.

Il solo pensiero lo faceva stare male. Adiciassette anni, lui era stato mandato adaddestrarsi con le guardie, però vivevaancora lì, aveva ancora un tetto sulla testa,buon cibo e buoni amici a disposizione.

A quella stessa età, invece, Dorian eratutto preso a corteggiare Rosamunda, non gliimportava nient’altro.

Celaena invece, così giovane, era andatanel più tremendo campo di lavori forzati. Ed

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era sopravvissuta.Non era tanto sicuro che lui stesso

sarebbe stato capace di sopravvivere, aEndovier, per non parlare dei mesi invernali.Non era mai stato frustato e non aveva maivisto morire nessuno. Non aveva mai patito ilfreddo o la fame.

Celaena rise di qualcosa che Dorian leaveva detto. Era sopravvissuta a Endovier, eciò nonostante era ancora in grado di ridere.

Se da un lato lo terrorizzava vederla làsotto, con la vulnerabile gola di Dorian aportata di mano, lo terrorizzava ancor di piùsentire che si fidava di lei. E non sapevacome interpretare questo sentimento.

Celaena camminava fra i cespugli e nonriusciva a trattenere il sorriso che le illuminavail volto. Camminavano fianco a fianco, manon così vicini da toccarsi. Dorian era andatoda lei subito dopo cena e l’aveva invitata afare una passeggiata. A dire il vero eraarrivato subito dopo che i camerieri avevano

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sparecchiato la tavola di Celaena, tanto chelei immaginò che forse era rimasto appostatolì vicino tutto il tempo.

Ovviamente, il fatto che morisse dallavoglia di prenderlo a braccetto e assorbirne ilcalore era dovuto unicamente al freddo. Lamantella bianca bordata di pelliccia laproteggeva poco dall’aria fredda che la stavacongelando da capo a piedi. Chissà comeavrebbe reagito Nehemia, con quelletemperature polari! Ma dopo la notizia dellatriste sorte toccata ai suoi ribelli, laprincipessa trascorreva gran parte del temponelle sue stanze e aveva declinato i ripetutiinviti di Celaena a passeggiare insieme.

Erano passate più di tre settimane dal suoultimo incontro con Elena, e non l’aveva piùvista né sentita, nonostante le tre prove cheaveva sostenuto, la più elettrizzante dellequali era stata la corsa a ostacoli che avevasuperato procurandosi solamente qualchegraffio e qualche piccolo livido.

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Sfortunatamente, Pelor non se l’era cavataaltrettanto bene, e alla fine era stato rispeditoa casa. Però era stato fortunato, in un certosenso, visto che nel frattempo erano mortialtri tre paladini. Tutti ritrovati in corridoisecondari e abbandonati e tutti mutilati alpunto di essere resi irriconoscibili. PerfinoCelaena aveva cominciato a trasalire alminimo rumore.

Adesso erano rimasti solo in sei: Caino,Tomba, Nox, un soldato e Renault, unmalvagio mercenario che era entrato in giocoper rimpiazzare Verin come braccio destro diCaino. E com’era prevedibile, il divertimentopreferito di Renault era canzonare Celaena.

Scacciò i pensieri sugli assassini mentresuperavano una fontana e, con la codadell’occhio, si accorse che Dorian la stavaguardando incantato. Ovviamente quella seranon aveva pensato a Dorian, quando avevascelto di indossare il bell’abito color lavanda oquando si era assicurata che i capelli fosserocosì ben pettinati e i guanti bianchi

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immacolati.— E adesso? — chiese Dorian. —

Abbiamo già fatto il giro del giardino duevolte.

— Non hai dei doveri principeschi daadempiere? — Celaena ebbe un fremitoquando una raffica di vento le sfilò ilcappuccio e le gelò le orecchie. Quandorimise il cappuccio vide che Dorian le stavafissando il collo. — Cosa c’è? — gli domandò,avvolgendosi stretta nella mantella.

— Porti sempre quella collana — disse lui.— È un altro regalo? — Anche se indossava iguanti, lei si guardò istintivamente il dito sucui portava sempre l’anello con l’ametista, e isuoi occhi si rabbuiarono.

— No — rispose coprendo l’amuleto con lamano. — L’ho trovato nel mio portagioie e mipiaceva, geloso che non siete altro!

— Sembra molto antica. L’avete rubata dalforziere reale, non è così? — Fecel’occhiolino, e non le sembrò troppo

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affettuoso.— No — ribatté decisa. Anche se una

collana non l’avrebbe protetta dal misteriosoomicida, e benché Elena non le avesseraccontato tutto, Celaena non se la toglievamai. In qualche modo la confortava, nellelunghe ore in cui restava sveglia a guardare laporta.

Lui continuò a guardarle la mano fino aquando lei non la abbassò. Esaminò lacollana. — Quando ero bambino mi piacevaleggere i racconti sugli albori di Adarlan. Il mioeroe era Gavin. Credo di aver letto ognipossibile leggenda sulla guerra con Erawan.

Come poteva essere così perspicace?Possibile che avesse già capito tutto? Fecedel suo meglio per mostrarsi solo vagamenteinteressata. — E allora?

— Elena, la prima regina di Adarlan,possedeva un amuleto magico. Gavin edElena si ritrovarono indifesi davanti a l’OscuroLord Erawan. Quando questo stava peruccidere la principessa, apparve uno spirito

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che le diede la collana. E, quando l’ebbeindossata, Erawan non poté più farle delmale. La principessa capì la vera naturadell’Oscuro Signore e gli disse di averlosmascherato. Lui ne restò così sorpreso chesi distrasse e Gavin poté ucciderlo. — Dorianabbassò lo sguardo. — Quella collana,conosciuta come l’Occhio di Elena, è ormaiperduta da secoli…

Com’era strano sentire Dorian, figliodell’uomo che aveva bandito e vietato ognisorta di magia, parlare di potenti amuleti.Celaena cercò comunque di ridere. — E tupensi che questo ninnolo sia l’Occhio? Ormaisarà diventato un mucchietto di polvere.

— Penso di no — disse lui sfregandosienergicamente le braccia per scaldarsi. — Hovisto qualche illustrazione dell’Occhio e la tuacollana gli assomiglia. Forse è una copia.

— Forse. — Lei trovò subito un altroargomento. — Quando arriverà tuo fratello?

Dorian scosse il capo. — Sono fortunato.

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Stamattina abbiamo ricevuto una lettera in cuisi dice che Hollin non potrà tornare a casa pervia della neve sulle montagne. Dovrà restarea scuola fino al termine del trimestre diprimavera, ed è fuori di sé.

— Mi dispiace per tua madre! — disseCelaena con un mezzo sorriso.

— Probabilmente manderà qualcuno dellaservitù a portargli i regali per la festa delsolstizio d’inverno, a dispetto della tempesta.

Celaena non lo sentì, e anche se stavanoparlando da un’ora buona, girovagando per ilgiardino, non riusciva a calmare il suo cuore.Elena doveva sapere che qualcuno avrebbericonosciuto prima o poi il suo amuleto e… seera vero… il re avrebbe potuto ucciderlaall’istante, perché non solo portava un cimeliodella sua casata, ma anche un potenteamuleto.

Ancora una volta, però, le sue erano solosupposizioni: le motivazioni di Elena le eranoancora sconosciute.

Celaena alzò gli occhi dal libro per

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guardare l’arazzo alla parete. Il cassettoneera rimasto dove lo aveva sistemato, davantiall’entrata del passaggio. Scosse la testa eritornò al suo libro. Leggeva, ma senzaassimilare il significato delle parole.

Cosa voleva Elena da lei? Di solito leregine morte non tornano per dare ordini aivivi. Celaena strinse forte il libro. Non che nonstesse eseguendo l’ordine che Elena le avevadato, l’ordine di vincere, dato che avrebbedato comunque tutta se stessa per diventarela paladina del re. Quanto a scoprire esconfiggere la forza del male del castello, be’,ora che quella forza sembrava legataall’assassino dei paladini, come poteva nonprovare a scoprirne l’origine?

Udendo sbattere una porta in una dellestanze, Celaena fece un salto e il libro le volòvia dalle mani. Afferrò il candelabro di ottoneaccanto al letto, pronta a balzare dalmaterasso, ma lo abbassò quando sentìPhilippa canticchiare. Mugugnando, dovette

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lasciare il tepore del letto per recuperare ilvolume.

Era caduto sotto il letto e Celaena siinginocchiò sul pavimento ghiacciato,allungandosi per recuperarlo. Non vedendolo,prese una candela. Lo individuò subito, aridosso della parete, ma quando le dita neafferrarono la copertina, il barlume dellacandela illuminò una linea bianca sotto il letto.

Celaena tirò il libro verso di sé e balzò inpiedi. Le tremavano le mani mentre spostavail letto, i piedi che scivolavano sul pavimentogelido. Il letto si mosse lentamente e alla fineriuscì a spostarlo abbastanza da riuscire avedere cosa era inciso sul pavimento.

Si sentì raggelare.Segni di Wyrd.Decine di segni di Wyrd erano stati

disegnati sul pavimento con il gesso.Formavano una spirale gigante, con ungrande segno al centro. Celaena arretròandando a sbattere contro la toeletta.

Cos’era? Si passò la mano tremante fra i

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capelli, continuando a fissare il segnocentrale.

Lo aveva già visto da qualche parte. Erastato lasciato a fianco del corpo di Verin.Sentì il cuore in gola, si precipitò verso ilcomodino e prese la brocca dell’acqua. Senzaesitare, buttò l’acqua sui segni, poi corse inbagno a prenderne dell’altra. Quando l’acquaaveva ormai sciolto tutto il gesso, prese unasciugamano e sfregò il pavimento fin quandonon le fece male la schiena e sentì mani epiedi intirizziti.

Solo a quel punto si infilò al volo un paio dipantaloni e una casacca, e uscì.

Per fortuna le guardie non fecero obiezioniquando Celaena chiese di essere scortata inbiblioteca, a mezzanotte. Loro restarono nellasala principale, mentre lei si addentrava fra gliscaffali dirigendosi verso il salottinodimenticato e umido dove aveva trovato granparte dei libri sui segni di Wyrd. Stava quasicorrendo e continuava a guardarsi le spalle.

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Sarebbe stata lei la prossima? Cosasignificava tutto questo? Strinse le dita. Giròun angolo e, a neanche dieci scaffalidall’alcova, si fermò.

Nehemia, seduta a un piccolo scrittoio, laguardava con occhi sbarrati.

Celaena si portò una mano al cuore chebatteva all’impazzata. — Accidenti! Mi avetefatto prendere un tale spavento! — esclamò.

Nehemia le rivolse un sorriso pococonvinto. Celaena alzò la testa mentre siavvicinava allo scrittoio. — Cosa ci fai qui? —le chiese Nehemia nella lingua di Eyllwe.

— Non riuscivo a dormire… — Celaenaspostò lo sguardo sul libro della principessa.Quello non era il libro che usavano durante lelezioni, no, era un vecchio volume, scritto fittofitto. — Cosa state leggendo?

Nehemia chiuse il libro e si alzò. — Niente.Celaena le studiò il viso: si mordeva le

labbra e aveva alzato il mento. — Credevoche non sapeste ancora leggere a quel livello.

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Nehemia chiuse il libro nell’incavo delbraccio. — Allora sei proprio come tutti glistupidi ignoranti di questo castello, Lillian —disse con una pronuncia perfetta nella linguacomune. E, senza darle possibilità di replica,se ne andò.

Celaena la guardò allontanarsi. Sembravatutto assurdo. Nehemia non era in grado diaffrontare libri così difficili, non se leggevaancora a fatica. E poi non aveva mai parlatocon quell’accento impeccabile e…

Nell’ombra, dietro lo scrittoio, era cadutoun foglietto accartocciato fra il mobile e laparete. Dopo averlo estratto con delicatezza,Celaena lo dispiegò.

Si girò nella direzione in cui era scomparsaNehemia. Con un nodo in gola, si mise ilfoglio in tasca correndo verso la salaprincipale, mentre i segni di Wyrd che vierano annotati sopra sembravano trapassarlela stoffa della casacca.

Celaena scese in fretta le scale e percorse

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il corridoio fra due pareti di libri.No, Nehemia non poteva averla ingannata

a quel modo, Nehemia non poteva averlementito, giorno dopo giorno, fingendosiignorante. Era stata Nehemia a dirle che leincisioni in giardino erano segni di Wyrd. Leisapeva cos’erano, lei l’aveva avvertita distarne lontana, più e più volte. PerchéNehemia era sua amica, perché Nehemiaaveva pianto quando la sua gente era statauccisa, perché era corsa da lei in cerca diconforto.

Eppure Nehemia veniva da un regno cheera stato conquistato e il re di Adarlan avevastrappato la corona dalla testa di suo padre.E gli abitanti di Eyllwe erano stati rapitidurante la notte e venduti come schiavi,insieme ai ribelli che, stando alle voci,Nehemia sosteneva con tanto ardore. Ecinquecento di loro erano appena statimassacrati.

Celaena aveva gli occhi lucidi quando videle guardie che ciondolavano nelle poltrone

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della sala principale.Nehemia aveva tanti buoni motivi per

ingannarli, per complottare contro di loro, permandare all’aria quello stupido torneo ecreare lo scompiglio generale. Qualebersaglio migliore dei criminali che sitrovavano qui? Nessuno li avrebbe rimpianti,ma avrebbe comunque seminato il terrore nelcastello.

Ma perché Nehemia tramava contro di lei?

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Celaena non vide Nehemia per diversi giorni,ma decise di non dire nulla di quanto eraaccaduto, né a Chaol né a Dorian né achiunque altro andasse a trovarla. Nonpoteva affrontare Nehemia, non senza provepiù concrete in mano, non senza rovinaretutto. E così passò il tempo libero a farericerche sui segni di Wyrd, nel disperatotentativo di trovare la chiave per decifrarli econoscerne il significato, e per capire cosa licollegava all’uccisore di paladini e alla suabestia. Nonostante quei pensieri, superòun’altra prova senza problemi né particolari

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difficoltà, a differenza del soldato che eradovuto tornare a casa, e continuò il suointenso allenamento con Chaol e gli altripaladini. Erano rimasti in cinque, ormai.Mancavano tre giorni alla prova finale ecinque al duello.

Celaena si svegliò il mattino del solstiziod’inverno e si godette il silenzio.

C’era qualcosa di profondamente pacificoin quella giornata, nonostante la tristezza delsuo incontro con Nehemia. Per un momento,l’intero castello si era acquietato ad ascoltarela neve che cadeva. La brina decorava i vetridelle finestre, il fuoco crepitava già nelcaminetto e le ombre dei fiocchi di neve simuovevano sul pavimento. Era un incantevolee tranquillo mattino d’inverno. Non avevaintenzione di guastarlo pensando a Nehemia,al duello o al ballo al quale non avrebbepotuto partecipare, quella sera. No, era lamattina del solstizio e lei sarebbe stata felice.

Non sembrava la festa per celebrarel’oscurità da cui era nata la luce della

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primavera, e neanche la festa per celebrarela nascita del primogenito della Dea. Era piùsemplicemente un giorno in cui le personeerano più gentili, si fermavano davanti almendicante per strada, ricordavano chel’amore era vivo. Celaena sorrise e si girò nelletto, ma qualcosa glielo impedì, qualcosa diduro e ruvido sul viso, con un deciso profumodi…

— Dolci! — Sul cuscino c’era un grandesacchetto di carta colmo di ogni sorta didolcetti di pasticceria. Non c’era un biglietto enemmeno un nome scribacchiato sopra.Alzando le spalle con occhi raggianti, Celaenane prese una manciata. Oh, adorava i dolci!

Rise allegramente e si riempì la bocca.Uno a uno, li assaggiò tutti. Chiuse gli occhi erespirò profondamente mentre ne assaporavai diversi gusti e le consistenze.

Quando finì, aveva le mandiboleindolenzite. Rovesciò il sacchetto sul letto,ignorando lo zucchero che vi si sparpagliava

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sopra, e contemplò il ben di dio che avevadavanti.

C’erano tutti i suoi dolci preferiti: caramellegommose ricoperte di cioccolato, cioccolatoalle mandorle, caramelle da masticare,caramelle di zucchero a forma di gioiello,croccanti alle noccioline, croccanti semplice,liquirizia rossa glassata e, soprattutto,cioccolato. Si mise in bocca un tartufo allenocciole.

— Qualcuno mi vuole molto bene —bofonchiò con la bocca piena.

Fece una pausa per esaminare di nuovo ilsacchetto. Chi l’aveva mandato? Dorian,forse. Di sicuro né Nehemia né Chaol, enemmeno le fate della brina che portavano iregali ai bambini buoni. Avevano smesso difarle visita dal giorno del suo primo incaricoda assassina. Forse era stato Nox. Erapiuttosto gentile con lei.

— Signorina Celaena! — esclamò Philippadalla porta, a bocca aperta.

— Buona festa del solstizio d’inverno,

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Philippa! — disse Celaena — Gradisci undolcetto?

Philippa si precipitò verso di lei. — Propriouna bella festa! Guardate il letto! Guardateche disastro! — Celaena fece una smorfia.

— Avete i denti rossi! — gridò Philippa.Allungò la mano per prendere lo specchiettoche Celaena teneva accanto al letto e glieloporse perché si vedesse.

In effetti aveva i denti tutti rossi. Vi passòsopra la lingua, poi cercò di pulirseli con undito. Ma il colore non andava via. — Accidentia quelle caramelle!

— Già — commentò Philippa. — E avetetutta la bocca sporca di cioccolata. Nemmenoil mio nipotino mangia i dolci a quel modo!

Celaena rise. — Voi avete un nipotino?— Sì, e riesce a mangiare senza sporcare

il letto, i denti e la faccia.Celaena alzò le coperte e lo zucchero si

librò nell’aria. — Prendete un dolcetto,Philippa.

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— Sono le sette del mattino. — Philipparaccolse lo zucchero con il palmo della mano.— Starete male!

— Male? Che male possono fare i dolci?— Celaena fece una smorfia e mostrò i dentirossi.

— Mi sembrate un demonio! — dissePhilippa. — Tenete la bocca chiusa enessuno se ne accorgerà.

— Sappiamo entrambe che non èpossibile.

Con sua sorpresa, Philippa rise. — Buonafesta del solstizio d’inverno, Celaena! — leaugurò. Sentire Philippa che la chiamava pernome, le procurò un piacere inaspettato. —Venite, dovete vestirvi, la cerimonia inizia allenove. — Philippa si affrettò verso ilguardaroba e Celaena la guardò allontanarsi.Il suo cuore era grande, e rosso come i suoidenti. C’era del buono in ogni persona: infondo, si trovava sempre un briciolo di bontà.Doveva essere per forza così.

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Dopo un bel po’ di tempo, Celaena riemersedal guardaroba con un vestito verde dall’ariasolenne che secondo Philippa era il più adattoper il tempio. Come previsto, aveva ancora identi rossi e ora, solo a guardare il sacchettodi dolci, le veniva la nausea. Tuttavia sidimenticò di quel malessere non appena videDorian Havilliard seduto al tavolo della suacamera da letto, con le gambe incrociate.Indossava una bellissima giacca bianca edorata.

— Siete voi il mio regalo o c’è qualcosa inquel cesto ai vostri piedi? — chiese Celaena.

— Se vuoi scartarmi — replicò lui,appoggiando il grande cesto di vimini sultavolo — abbiamo ancora un’ora prima dellafunzione al tempio.

Lei rise. — Buona festa del solstiziod’inverno, Dorian!

— Anche a te, Celaena! Vedo che… mahai i denti rossi?

Celaena chiuse subito la bocca, scuotendocon fermezza la testa.

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Lui le prese il naso e lo strinse, e Celaenaprovò invano a liberarsi. Fu così costretta adaprire la bocca e Dorian scoppiò a ridere. —Hai mangiato caramelle, vero?

— Sei stato tu a mandarmele? — dissesforzandosi di tenere la bocca chiusa.

— Ma certo. — E prese il sacchetto di dolcisul tavolo. — Qual è la tua preferita? — siallontanò soppesando il sacchetto fra le mani.— Ma io ti avevo mandato tre libbre di dolci!

Lei fece un sorriso furbo.— Te le sei mangiate tutte!— Dovevo tenerle da parte?— Mi sarebbe piaciuto mangiarne

qualcuna.— Ma tu non me l’hai detto!— Perché non mi aspettavo che ti

mangiassi tutto prima di colazione!Lei gli strappò il sacchetto di mano e lo

appoggiò sul tavolo. — Be’, questo dimostrache mi sottovaluti parecchio, no?

Dorian aprì la bocca per ribattere, ma il

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sacchetto cadde e il poco che restava siriversò sul tavolo. Celaena si girò appena intempo per scorgere il musetto dorato chespuntava dal cesto e si avvicinava ai dolci. —Cos’è? — domandò lei indifferente.

Dorian sorrise: — Un regalo per te, per lafesta del solstizio.

Quando l’Assassina alzò il coperchio delcesto, il muso si ritrasse all’istante e Celaenavide lo strano cucciolo dal pelo dorato chetremava in un angolo, con un fiocco rosso alcollo.

— Oh, piccolo! — cantilenòaccarezzandolo. Il cucciolo tremava eCelaena si girò a guardare Dorian. — Cosa glihai fatto, burlone che non sei altro? — sibilò.

Dorian alzò le braccia al cielo. — È unregalo! Ho quasi perso un braccio, e i gioiellidi famiglia, per cercare di infilare quel fiocco aquesta cagnetta, che poi non ha fatto chepiagnucolare per tutta la strada!

Celaena guardò pietosamente la cagnolinache si era messa a leccarle lo zucchero dalle

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dita.— Che ne faccio? Non siete riuscito a

trovarle un padrone e così avete deciso didarla a me?

— No! — rispose lui. — Be’, sì, davanti ate non era spaventata. E poi mi sonoricordato che anche i miei segugi ti hannoseguito mansueti, al ritorno da Endovier.Forse si fida abbastanza di te da lasciarsiaddomesticare. Alcuni possiedono questadote. — Lei lo guardò perplessa, ma Dorianproseguì: — È un pessimo regalo, lo so. Avreidovuto offrirti qualcosa di meglio.

La cagnolina guardò Celaena. Aveva gliocchi di un color nocciola dorato chericordava il caramello fuso. Sembrava siaspettasse di essere bastonata da unmomento all’altro. Era bella, e dalle zampegrosse si intuiva che un giorno sarebbecresciuta tanto e sarebbe diventata veloce.Un timido sorriso si fece largo sulle labbra diCelaena. La cagnolina agitò la coda, una

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volta, poi una seconda.— È tua — disse Dorian — se la vuoi.— E cosa ne farò, se verrò rispedita a

Endovier?— Ci penserò io. — Celaena le accarezzò

le morbide orecchie piegate e vellutate e poisi abbassò per grattarle il mento. La coda simuoveva con energia. Quanta vita c’eradentro di lei.

— Allora non la vuoi? — brontolò Dorian.— Ma certo che la voglio! — rispose

Celaena, riflettendo poi su cosa avrebbepotuto comportare. — Però voglioaddestrarla. Non voglio che faccia la pipì ingiro e si metta a mordicchiare mobili, scarpee libri. E voglio che si sieda quando glielochiedo e si metta a cuccia e si rotoli,insomma tutte le cose che fanno i cani. Evoglio che corra, che corra con gli altri caniquando si allenano. Voglio che le usi, quellezampe lunghe!

Dorian incrociò le braccia mentre leiprendeva la cagnolina. — È un lungo elenco

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di richieste… Forse, dopo tutto, era meglioregalarti un gioiello…

— Quando mi alleno — e baciò la testamorbida della cagnolina che le premette ilnaso freddo sul collo — voglio che stia alcanile, che si alleni anche lei. E quandoritorno, nel pomeriggio, me la farai portare. Laterrò con me, di notte.

Celaena sollevò la cagnolina per guardarladritta negli occhi e la bestiola cominciò asgambettare. — Se rovini anche una soladelle mie scarpe, ti trasformo in un paio dipantofole. Chiaro? — le disse.

La cagnolina la guardò, alzando ilsopracciglio rugoso e Celaena sorriseriappoggiandola a terra. Il cucciolo cominciòad annusare in giro, sempre restando allalarga da Dorian, e presto scomparve sotto illetto. L’Assassina sollevò la falda dellacoperta per sbirciare sotto. Per fortuna i segnidi Wyrd erano stati lavati via del tutto. Lacagnolina continuò la sua esplorazione,

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annusando ovunque. — Devo trovarti unnome — le disse e poi si rialzò in piedi. —Grazie — disse a Dorian. — È un bellissimoregalo.

Era un uomo gentile, di una gentilezza noncomune, per uno della sua educazione. Capìche aveva un cuore e una coscienza. Eradiverso dagli altri. Timidamente, quasi inmodo impacciato, l’Assassina avanzò verso ilprincipe ereditario e lo baciò sulla guancia. Lasua pelle era incredibilmente calda e lei sichiese se fosse stato un bel bacio mentre siallontanava e incrociava i suoi occhi, grandi eluminosi. Era stata troppo smancerosa? Ilbacio era stato troppo umido? Aveva le labbraappiccicose per via dei dolci? Sperava tantoche lui non si asciugasse la guancia.

— Mi spiace non avere un regalo per te —disse Celaena.

— Io… ehm… io non mi aspettavo diriceverne. — Con le guance in fiamme guardòl’orologio. — Devo andare. Ci vediamo allacerimonia o stasera dopo il ballo? Cercherò di

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andarmene il prima possibile. Immagino che,siccome non ci sei, probabilmente Nehemiafarà la stessa cosa, quindi la mia defezionenon sembrerà troppo inopportuna.

Non lo aveva mai visto così impacciato. —Divertiti — gli augurò mentre indietreggiavaandando quasi a sbattere contro il tavolo.

— Allora ci vediamo stasera, dopo il ballo— le disse.

Lei sorrise nascondendosi con una mano.Possibile che quel suo bacio gli avesseprocurato una tale agitazione?

— Arrivederci, Celaena. — Arrivato allaporta, Dorian si voltò. Lei gli sorrise,scoprendo i denti rossi, e lui si mise a ridere,poi fece un inchino e andò via. Sola nelle suestanze, Celaena stava per controllare cosastava combinando la sua nuova amica aquattro zampe, quando un pensiero leattraversò d’un tratto la mente.

Nehemia sarebbe andata al ballo.Sulle prime fu un pensiero abbastanza

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semplice, ma poi seguirono altri pensieri, digran lunga peggiori. Celaena cominciò arimuginare. Se Nehemia in qualche modo eradavvero implicata negli omicidi dei paladini, eaveva persino una bestia feroce a cuiordinare di farli a pezzi, e considerando larecente notizia del massacro dei suoi… Qualeluogo era migliore del ballo, per punireAdarlan? Quando tanti membri della famigliareale sarebbero stati presi dai festeggiamentie privi della sorveglianza delle guardie?

Era tutto assurdo, Celaena se ne rendevaconto. Ma se… se Nehemia avessesguinzagliato la creatura che teneva sotto ilsuo controllo proprio al ballo? Be’, che ladyKaltain e Perrington potessero morire in modoorribile non le importava più di tanto, ma c’eraanche Dorian. E Chaol.

Celaena andò dritta in camera da letto,torcendosi le dita. Non poteva avvertire Chaolperché, se si fosse sbagliata, allora non soloavrebbe rovinato la sua amicizia conNehemia, ma anche gli sforzi diplomatici della

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principessa. Però non poteva far finta diniente.

Oh, era ridicolo. Eppure aveva già visto deisedicenti amici fare cose terribili, e avevaimparato a credere sempre al peggio. Sapevabene fino a dove ci si poteva spingere, persoddisfare la propria sete di vendetta. ForseNehemia non avrebbe fatto nulla, forse erasolo una sua ridicola paranoia. Ma se quellasera fosse davvero accaduto qualcosa…

Celaena aprì le porte del guardaroba,passando in rassegna gli abiti scintillantiappesi alle pareti. Chaol sarebbe andato sututte le furie se si fosse intrufolata al ballo, malei poteva sopportarlo. E poteva sopportareanche di essere rinchiusa in prigione per unpo’, se necessario.

Perché, in qualche modo, il pensiero chequalcuno potesse fargli del male – se nonaddirittura ucciderlo – la spingeva a rischiare iltutto per tutto.

— Tu non sorridi mai, neanche il giorno del

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solstizio? — chiese a Chaol mentre uscivanodal castello e si avviavano verso il tempio dicristallo, al centro del giardino orientale.

— Se avessi i denti rossi, di sicuro no. —replicò lui. — Accontentati di un ghigno ognitanto. — Lei gli mostrò i denti, poi chiuse labocca mentre passavano diversi cortigianicon la servitù al seguito. — Strano: non tilamenti più.

— Lamentarmi di cosa? — Perché Chaolnon scherzava mai con lei come facevaDorian? Forse non la trovava attraente.Quella eventualità la feriva più di quantoavrebbe voluto.

— Di non poter partecipare al ballo distasera. — La guardò di traverso. Non potevasapere cosa aveva in mente. Philippa avevapromesso di mantenere il segreto e di nonfare domande, quando Celaena le avevachiesto di trovarle un vestito e una mascheraabbinati.

— Be’, a quanto pare non ti fidi ancora di

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me. — Avrebbe voluto sembrare disinvolta,ma non riuscì a nascondere il tono bruscodella voce. Non poteva perdere tempo apreoccuparsi di qualcuno che non provavachiaramente interesse per lei, a parte quelridicolo torneo.

Chaol sbuffò, pur abbozzando un timidosorriso. Almeno il principe non l’aveva maifatta sentire stupida o sleale. Chaol laprovocava e basta… ma anche lui aveva ilsuo lato buono. E per questo aveva giàsmesso di odiarlo, anche se non se ne eraresa conto subito.

Sapeva però che non sarebbe stato felicedi vederla spuntare al ballo, quella sera.Mascherata o meno, Chaol l’avrebbericonosciuta. Sperava solo che non l’avrebbepunita troppo duramente.

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Seduta su una panca in fondo al grandetempio, Celaena teneva la bocca così chiusache le faceva quasi male. Aveva ancora identi rossi e non voleva che nessuno se neaccorgesse.

L’interno del tempio era bello, interamentedi cristallo. La superficie calcarea delpavimento era tutto ciò che restavadell’originario tempio di pietra che il re diAdarlan aveva distrutto e sostituito con quellodi cristallo. Due file di un centinaio di panchedi palissandro erano disposte sotto una voltavetrata che faceva entrare così tanta luce da

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rendere inutili le candele, durante il giorno. Laneve si era accumulata sul tetto trasparente efiltrava i raggi di sole. Poiché anche le paretierano di cristallo, le finestre colorate sopral’altare sembravano sospese a mezz’aria.

Celaena si alzò per sbirciare chi sedeva piùavanti. Dorian e la regina erano in prima fila,accompagnati da una schiera di guardiesedute appena dietro. Il duca e lady Kaltainsedevano sul lato opposto della navata e,dietro di loro, c’erano anche Nehemia e altriche non conosceva. Non vide né Nox né glialtri paladini rimasti, neanche Caino. Perchéle avevano dato il permesso di venire qui manon al ballo?

— Siediti — grugnì Chaol tirandole lagonna del vestito. Lei fece una smorfia e silasciò cadere sulla panca imbottita. Molti sigirarono a guardarla. Tutti portavano vestiti egiacche così sfarzose che Celaena sidomandò se il ballo non fosse stato spostatoall’ora di pranzo.

La somma sacerdotessa salì sul pulpito di

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pietra e alzò le mani sopra la testa. Le pieghedel vestito di garza blu notte le ricadevanointorno, i lunghi capelli bianchi sciolti sullespalle. Sulla fronte aveva tatuata una stella aotto punte, in una sfumatura di blu cheriprendeva il colore dell’abito, e le punte dellastella si perdevano fra i capelli. — Benvenuti,e che la Dea e tutte le sue divinità vibenedicano! — La voce echeggiò nel tempioraggiungendo anche le ultime file.

Celaena trattenne uno sbadiglio. Leirispettava le dee, ammesso che esistessero,specie quando le faceva comodo invocare illoro aiuto, ma le cerimonie religiose erano…terribili.

Non assisteva a cerimonie del genere damolti anni, ormai. La somma sacerdotessaabbassò le braccia e guardò i presenti,mentre l’Assassina si muoveva impazientesulla panca. Avrebbe recitato le solitepreghiere, poi le preghiere per il solstizio, poiil sermone, i canti e la processione degli dei.

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— Sei già sulle spine? — le disse Chaolsottovoce.

— Che ore sono? — sussurrò leiassestandogli un pizzicotto al braccio.

— Oggi — disse la sacerdotessa — è ilgiorno in cui festeggiamo la fine e l’inizio delGrande Ciclo. Oggi è il giorno in cui la GrandeDea diede vita al suo primogenito, Lumas, ladivinità suprema. La sua nascita portò l’amorenell’Erilea e mise fine al caos generato dallePorte di Wyrd.

Celaena si sentì le palpebre pesanti. Si erasvegliata prestissimo e aveva dormito moltopoco dall’incontro con Nehemia… Incapace diopporre resistenza, si abbandonò nelle landedel Sonno.

— Svegliati! Forza! — le ringhiò Chaol nelleorecchie.

Lei si alzò di soprassalto, in un mondoluminoso e sfocato al tempo stesso. Alcuninobili seduti alla sua stessa panca riserosottovoce. Celaena lanciò uno sguardo di

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scuse a Chaol e guardò verso l’altare. Lasomma sacerdotessa aveva concluso ilsermone, i canti per il solstizio erano finiti.Doveva resistere ancora per la processionedegli dei e poi sarebbe stata libera.

— Quanto ho dormito? — mormorò. Luinon rispose. — Quanto ho dormito? —domandò di nuovo, e notò una sfumaturarossa sulle guance del capitano della guardia.— Dormivi anche tu?

— Fino a quando non hai cominciato asbavarmi sulla spalla…

— Un giovane così compito — disse tuttasmancerosa, e lui le sferrò un piccolo calcioalla gamba.

— Bada a quel che dici.Un coro di sacerdotesse scese dal pulpito.

Celaena sbadigliò ma, come tutti i presentialla cerimonia, annuì quando il coro impartì labenedizione. Risuonarono le note di unorgano e tutti si sporsero per veder sfilare laprocessione lungo il corridoio centrale.

Il suono dei passi echeggiò nel tempio e la

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congregazione si alzò in piedi. I bambinibendati non avevano più di dieci anni e,sebbene i costumi degli dei li facesserosembrare un po’ ridicoli, c’era qualcosa diaffascinante in loro. Ogni anno venivano sceltinove bambini: se uno dei bambini ti sifermava davanti, ricevevi la sacrabenedizione e un piccolo presente comesimbolo del favore divino.

Farnor, dio della guerra, si fermò all’altezzadella prima fila, vicino a Dorian, ma poi sispostò nell’ala destra per consegnare la suaspada d’argento in miniatura al ducaPerrington. Non c’era da sorprendersi.

Con le sue ali scintillanti, Lumas, il diodell’amore, le passò accanto. Celaenaincrociò le braccia.

Che tradizione assurda.Si avvicinò Deanna, dea della caccia e

delle vergini. Celaena si dondolò sui piedi,pentendosi di aver chiesto a Chaol di lasciarleil posto vicino al corridoio. Con sua grande

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sorpresa e vergogna, la bambina si fermòproprio davanti a lei e si tolse la benda.

Era davvero graziosa: aveva boccoli biondie occhi castani screziati di verde. Sorrise aCelaena e si allungò per toccarle la fronte.Celaena sentì che cominciava a sudarle laschiena, sentendosi addosso centinaia diocchi. — Che Deanna, cacciatrice eprotettrice dei giovani, ti benedica e ticonservi quest’anno. Ti dono questa frecciad’oro, simbolo del suo potere e della graziadivina. — La bambina s’inchinò porgendole lapiccola freccia. Chaol le diede un colpettosulla schiena e Celaena ringraziò con uncenno del capo e prese la freccia mentre labambina saltellava via. Naturalmente nonpoteva essere usata, ma era fatta d’oromassiccio.

Ci spunterò un buon prezzo.Con una scrollata di spalle, Celaena porse

la freccia a Chaol. — Immagino di non poterlatenere — disse, sedendosi insieme a tutti glialtri.

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Lui gliela ripose sulle gambe. — Non vogliomettere alla prova gli dei. — Lei lo guardò perun istante: sul suo viso era cambiatoqualcosa. Celaena gli diede una piccolagomitata e sorrise.

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Balze di seta, nuvole di cipria, spazzole,pettini, perle e diamanti brillavano sotto gliocchi di Celaena. Mentre Philippa leappuntava l’ultima ciocca intorno al viso, lesistemava una maschera che copriva gli occhie il naso e una piccola tiara di cristallo sullatesta, Celaena si sentiva, suo malgrado, unaprincipessa.

Philippa s’inginocchiò a lucidarle ilpendente di cristallo sulle pantofole argentate.— Mi sembra quasi di essere la regina dellefate. È una specie di mag… — La domesticasi trattenne appena in tempo dal pronunciare

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la parola che il re di Adarlan aveva vietato contanta autorità, e subito aggiunse: — Quasinon vi riconosco!

— Bene! — disse Celaena.Sarebbe stato il primo ballo al quale non

doveva uccidere nessuno. A dire il vero ciandava per assicurarsi che Nehemia nonfacesse del male né a se stessa né a qualchemembro della famiglia reale. Ma un ballo erapur sempre un ballo. Magari, con un po’ difortuna, sarebbe anche riuscita a danzare.

— Siete sicura che sia una buona idea? —chiese Philippa, alzandosi in piedi. — Ilcapitano Westfall non ne sarà contento.

Celaena lanciò alla domestica un’occhiatasevera. — Ti ho detto di non fare domande!

Philippa sbuffò. — E allora non dite chesono stata io ad aiutarvi, quando viriporteranno qui a forza!

Dominando la sua irritazione, Celaenacorse allo specchio con Philippa che laseguiva. Non credeva ai suoi occhi: —Questo è il vestito più bello che io abbia mai

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indossato! — commentò raggiante.Non era bianco candido, dava invece sul

grigio, e l’ampia gonna e il corpetto eranocostellati di minuscoli cristalli che lericordavano la superficie del mare. Sulcorpetto, nastri di seta ricamavano motivi aforma di rosa che avrebbero fatto invidia a ungrande pittore. Un bordo di ermellino rifiniva ilcollo e scendeva un poco a coprirle le spalle.Piccole gocce di diamante le pendevano dalleorecchie e i capelli erano arricciati e raccolti,adornati da fili di perle. La maschera di setagrigia aderiva bene al suo viso e, benché nonavesse una forma particolarmente originale, idelicati cristalli e i fili di perle che ladecoravano erano stati realizzati da manisapienti.

— Potresti conquistare la mano di un re,vestita così — disse Philippa. — O forse viaccontentate di quella di un principeereditario.

— Da che parte dell’Erilea viene il vestito?

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— mormorò.— Niente domande — bofonchiò l’anziana

donna.Celaena sorrise. — Mi sembra giusto. — Si

domandò perché sembrava che il cuorevolesse scoppiare da un momento all’altro eperché fosse così instabile sulle scarpe.Doveva ricordare la sua missione, dovevastare all’erta.

L’orologio rintoccò le nove, Philippa guardòverso la porta e Celaena ne approfittò perinfilarsi sotto il corsetto il suo pugnaleimprovvisato, senza farsi notare. — Scusate,ma come pensate di andare al ballo? Noncredo che le guardie vi lasceranno uscirecome se niente fosse.

Celaena lanciò un’occhiata complice aPhilippa. — Faremo entrambe finta che io siastata invitata dal principe ereditario e tu timetterai a sbraitare così tanto per il mioritardo che loro non oseranno fiatare.

Philippa si sventagliò, aveva il viso infiamme. Celaena le prese la mano. — Ti

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prometto che se mai ti metterò nei guai, diqualsiasi tipo, giurerò che sono stata io aingannarti e che tu non sapevi nulla.

— Avete intenzione di mettervi nei guai?Celaena rispose con il più raggiante dei

sorrisi. — No, sono solo stufa di stare chiusaqui a girarmi i pollici mentre loro si danno aifesteggiamenti. — E non era del tutto falso.

— Oh, numi del cielo, aiutatemi! —farfugliò Philippa, e fece un respiro profondo.— Andate! — urlò all’improvviso, spingendoCelaena verso la porta dell’anticamera. —Andate, o farete tardi! — Parlava un po’troppo forte, per essere davvero convinta, mapoi spalancò la porta che dava sul corridoio.— Il principe ereditario non gradirà chearriviate in ritardo! — Celaena si fermò nelcorridoio, facendo un cenno di saluto allecinque guardie appostate fuori, poi si giròverso Philippa.

— Grazie — le disse.— Basta ciondolare! — gridò la domestica,

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che quando sbatté la porta per poco nongliela chiuse sui piedi.

Celaena si girò verso le guardie. — Sieteincantevole — commentò timidamente Ress.— Pronta per le danze? — ridacchiò un’altraguardia. — Mi concederete un ballo? —domandò una terza. Ma nessuno fecedomande.

Lei sorrise e accettò il braccio di Ress.Cercò di non ridere quando lui gonfiò il pettoma poi, una volta vicini al grande salone, colvalzer che suonava, si emozionò. Non dovevadimenticare lo scopo della sua missione.L’aveva già fatto in passato, ma si era trattatodi uccidere uno sconosciuto, non di affrontareun’amica.

Apparvero le porte color rosso e oro.Celaena vide che l’immensa sala era ornata dighirlande e candele. Sarebbe stato più facileintrufolarsi da una porta di servizio, senzafarsi notare, ma non aveva il tempo diesplorare i vari passaggi segreti per trovareun’altra uscita dalle sue stanze, e di certo non

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poteva mettersi a cercarla adesso, con ilrischio di destare sospetti. Ress si fermò efece un inchino. — Devo lasciarvi qui — dissepiù serio che poteva, anche se continuava aguardare il ballo che si svolgeva ai piedi dellescale. — Vi auguro una buona serata,signorina.

— Grazie, Ress. — Le venne da vomitaree sentì l’impulso di correre nelle sue stanze,ma riuscì a controllarsi e congedò la guardiacon garbo. Doveva solo scendere le scale etrovare un modo per convincere Chaol a farlarimanere. Poi avrebbe potuto tenere d’occhioNehemia per tutta la serata. Con lasensazione che le scarpe fossero instabili,indietreggiò di qualche passo, ignorando leguardie sulla porta, mentre alzava eabbassava il piede per vedere se reggevano.Verificata la robustezza dei tacchi, si avvicinòall’imbocco delle scale.

Il rudimentale pugnale che teneva sotto ilcorsetto le punzecchiava la pelle. Pregò la

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Dea e tutte le altre divinità, Wyrd o chiunquealtro fosse responsabile del suo destino, dinon doverlo usare.

Si fece forza e cominciò a scendere.

Cosa ci faceva lei al ballo?Dorian rischiò di far cadere il bicchiere

quando vide Celaena Sardothien in cima allescale. La riconobbe nonostante la maschera.Forse aveva anche lei i suoi difetti, maquando si metteva in testa una cosa, andavafino in fondo. Con quel vestito aveva superatose stessa. Ma cosa ci faceva lì?

Non riuscì a capire se stesse sognando ose fosse la realtà, finché anche altre personenon si voltarono. Nonostante il valzer insottofondo, gli invitati che in quel momentonon erano impegnati a ballare tacquero perfissare la misteriosa ragazza mascherata chescendeva un gradino dopo l’altro, la gonnaappena sollevata. Il vestito era fatto di stelle esulla maschera grigia scintillava un tripudio dipiccoli cristalli.

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— Chi è quella? — mormorò un giovanecortigiano accanto a lui.

Celaena scese la scalinata senza guardarenessuno e persino la regina di Adarlan si alzòper vedere l’arrivo di quell’ultima ospite, ecosì fece anche Nehemia, che le sedevaaccanto. Celaena aveva perso la testa ocosa?

Vai da lei. Prendile la mano. Ma i suoi piedierano come piombo e Dorian non riuscì a farealtro che guardarla. Dietro la mascherina neraaveva il viso in fiamme. Non sapeva perché,ma vederla lo faceva sentire uomo. Lei eracome uscita da un sogno, un sogno in cui lui,anziché essere un giovane principe viziato,era un re. Celaena arrivò in fondo alle scale eDorian fece per andarle incontro.

Ma qualcuno lo precedette e Dorian strinsele mascelle così forte che gli fecero male,quando Celaena sorrise e s’inchinò a Chaol. Ilcapitano della guardia, che non si erapreoccupato di indossare una maschera, le

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tese la mano. Celaena posò i suoi occhistellati solo su Chaol e le sue dita bianche eaffusolate si protesero verso quelle delcapitano. I presenti cominciarono achiacchierare mentre Chaol la allontanavadalle scale per poi scomparire insieme a leitra la folla degli invitati. Qualunque fosse statala loro conversazione, non doveva esserestata piacevole. Gli conveniva restarne fuori.

— Vi prego, non venitemi a dire cheimprovvisamente Chaol ha una moglie!

— Il capitano Westfall? — disse ilcortigiano che aveva parlato prima. — Eperché mai una graziosa fanciulla comequella dovrebbe sposare una guardia? —Ricordandosi chi aveva al suo fianco, guardòDorian che era ancora intento a contemplarlasulle scale, con gli occhi sbarrati. — Chi èVostra Altezza? La conoscete?

— No, non la conosco — sussurrò Doriane si allontanò.

La musica era così forte che Celaena quasi

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non riusciva a sentire i suoi stessi pensieriquando Chaol la spinse in un’alcova buia. Nonera certo una sorpresa che Chaol non avevaindossato una maschera, forse ritenendolauna cosa sciocca, e così la furia che avevadipinta in volto era ancora più evidente.

— Allora, dimmi come hai potuto pensareche questa fosse una buona idea! — le sibilòtenendola stretta per il polso.

Lei cercò di divincolare la mano, ma lui nonmollava la presa. Dalla parte opposta delsalone, Nehemia, seduta di fianco alla reginadi Adarlan, di tanto in tanto guardava indirezione di Celaena. Era nervosa o solosorpresa di vederla?

— Rilassati, volevo solo divertirmi un po’ —sibilò al capitano della guardia.

— Divertirti? Rovinare un ballo reale! Èquesta la tua idea di divertimento?

Sarebbe stato inutile discutere, e Celaenacapiva che la rabbia di Chaol era dovutasoprattutto alla facilità con cui era riuscita auscire dalle sue stanze. Perciò Celaena cercò

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di impietosirlo con una smorfia imbronciata.— Mi sentivo sola.

Chaol era senza parole. — Non potevipassare una serata da sola?

Celaena cercò di liberare il polso dalla suastretta. — Ma Nox è stato invitato, e lui è unladro! Come si può far venire lui, con tuttaquesta gioielleria in giro, e non me? Comeposso essere la paladina del re se non ti fididi me? — A questa domanda era davverocuriosa di avere una risposta.

Chaol si coprì la faccia con la mano e tiròun lungo sospiro. Lei cercò di non sorridere.L’aveva avuta vinta. — Ma al primo passofalso…

Lei sorrise felice. — Consideralo un regalodel solstizio per me.

Chaol la guardò come per soppesare ladecisione, poi rilassò le spalle. — Ti prego,non farmene pentire.

Lei gli accarezzò la guancia e lo superò. —Ecco perché mi piaci.

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Lui non disse niente, ma la seguì fra lafolla. Non era certo la prima volta che andavaa un ballo mascherato, eppure c’era qualcosadi irritante nel non poter vedere le facce di chile stava intorno. Gran parte della corte,Dorian compreso, portava maschere di variedimensioni, forme e colori, alcune dal disegnosemplice, altre più elaborate o a forma dianimale. Nehemia era sempre seduta vicinoalla regina e aveva una maschera dorata eturchese con un motivo a fiori di loto.Sembravano impegnate a conversareeducatamente, mentre le guardie di Nehemiaerano ferme ai lati del palco, con l’aria giàannoiata.

Chaol seguì Celaena quando lei si fecestrada fra la folla e poi si fermò in un puntostrategico, da dove poteva vedere tutto, ilpalco, la scalinata principale, la pista daballo…

Dorian stava ballando con una brunetta dalseno a dir poco prorompente su cui spesso

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faceva cadere gli occhi. Che non si fosseaccorto del suo arrivo? Persino Perringtonl’aveva riconosciuta quando Chaol l’avevatrascinata in un angolo. Per fortuna avevaavuto la prontezza di allontanarla, prima chelei si trovasse faccia a faccia con lui.

Dall’altra parte del salone, Celaena incrociòlo sguardo di Nox. Stava flirtando con unagiovane donna che indossava una mascherada colomba. Nox alzò il bicchiere in segno disaluto per poi voltarsi di nuovo verso laragazza. Aveva optato per una mascheraazzurra che gli copriva soltanto gli occhi.

— Be’, cerca di non divertirti troppo —disse Chaol accanto a lei, incrociando lebraccia.

Dissimulando il suo cipiglio, anche Celaenaincrociò le braccia e cominciò la sua veglia.

Un’ora dopo, Celaena cominciava già amaledirsi per essere stata tanto sciocca.Nehemia era ancora seduta con la regina enon aveva più guardato verso di lei. Come

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aveva solo potuto pensare che Nehemia, fratutti quanti, potesse attaccare qualcuno?

Sotto la maschera il viso di Celaenaavvampò per la vergogna. Non meritava diessere sua amica. Tutti quei paladini morti ele misteriose forze del male e quel ridicolotorneo l’avevano fatta uscire di senno.

Accarezzò la pelliccia del suo abito, con lafaccia leggermente incupita. Chaol le stavavicino e non diceva nulla. Anche se le avevapermesso di restare, Celaena sapeva che sela sarebbe legata al dito. E sapeva ancheche, più tardi, le guardie si sarebbero preseuna strigliata di quelle da ricordare.

Celaena s’irrigidì quando Nehemia si alzòd’un tratto dal suo posto accanto alla regina,con le guardie che scattarono subito in piedi.Nehemia si inchinò alla regina, con lamaschera che brillava alla luce dei candelieri,poi scese dal palco.

Celaena sentì il sangue pulsarle forte nellevene mentre Nehemia si faceva strada fra gliinvitati, con le guardie al seguito, per fermarsi

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davanti a Celaena e a Chaol.— Sei molto bella, Lillian — disse Nehemia

nella lingua comune, con un accento più forteche mai.

Fu come uno schiaffo in faccia.Quella notte in biblioteca aveva parlato con

una perfetta padronanza della lingua. Forsevoleva consigliarle di tenere per sé quanto eraaccaduto?

— Anche voi siete molto bella. Vi stategodendo il ballo? — disse Celaena standosulle sue.

Nehemia giocherellava con una piega delvestito che, a giudicare dalla preziosa stoffaazzurra, probabilmente era un regalo dellaregina di Adarlan. — Sì, ma non mi sentobene. Torno nelle mie stanze — disse laprincipessa.

Celaena annuì con aria distaccata. — Miauguro che vi riprendiate — fu tutto quelloche riuscì a dire. Nehemia si attardò aosservarla, con occhi che sembravano

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addolorati, e poi se ne andò. Celaena laguardò salire le scale e la seguì fin quandonon scomparve dalla vista.

Chaol si schiarì la gola. — Vuoi dirmi cosac’è?

— Niente che ti riguardi — risposeCelaena. Poteva sempre succedere qualcosa:anche se Nehemia non era presente,qualcosa poteva comunque succedere. Mano, Nehemia non avrebbe vendicato il dolorecon altro dolore. Era troppo buona. Celaenadeglutì. Il pugnale nel corpetto sembrava unpeso morto.

Eppure, anche se Nehemia non avevaintenzione di far del male a nessuno, quellasera, non significava che fosse del tuttoinnocente.

— Cosa c’è che non va? — insistetteChaol.

Imponendosi di mettere da parte i pensierie la vergogna, Celaena alzò la testa. Il fattoche Nehemia se ne fosse andata nonsignificava che doveva abbassare la guardia,

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però magari poteva provare a divertirsi unpo’. — Con te che guardi tutti storto, nessunomi inviterà a ballare!

Chaol la guardò perplesso. — Io non stoguardando storto proprio nessuno. — E nelmomento stesso in cui lo diceva, lo videguardare in cagnesco un cortigiano chepassava e che si era soffermato un po’ tropposu Celaena.

— Smettila! — sibilò lei. — Nessuno miinviterà mai, se non la pianti!

Lui le lanciò uno sguardo esasperato e sene andò. Celaena lo seguì al bordo dellapista. — Qui — fece lui, affacciandosi sulmare di vestiti piroettanti. — Se qualcuno tiinviterà, sarai bene in vista.

E da quella postazione poteva ancheassicurarsi che nessuna bestia feroce siavventasse sugli invitati. Ma non c’erabisogno che lui lo sapesse. Celaena lo guardòe gli chiese: — Vuoi ballare con me?

Chaol rise. — Con te? No.

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Lei guardò il pavimento di marmo,mortificata. — Non c’era bisogno di esserecosì crudele.

— Crudele? Celaena, Perrington è qui.Sono sicuro che non è molto felice della tuapresenza, perciò non rischierei di attirare lasua attenzione più del dovuto.

— Vigliacco.Gli occhi di Chaol si ammorbidirono. — Se

non ci fosse lui, ti avrei detto di sì.— Sai che se voglio posso farlo sparire

subito.Lui scosse la testa mentre si aggiustava il

risvolto della casacca nera. Proprio in quelmomento Dorian volteggiò davanti a loro sullenote del valzer insieme alla brunetta. Nondegnò Celaena di uno sguardo.

— Ad ogni modo — aggiunse Chaolaccennando a Dorian — credo che tu abbiadei pretendenti molto più fascinosi chedesiderano la tua attenzione. Io sono unacompagnia alquanto noiosa.

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— Non mi dispiace stare con te.— Certo, ne sono sicuro — disse Chaol

brusco, pur guardandola negli occhi.— Dico sul serio. Perché non balli? Non ci

sono ragazze che ti piacciono?— Io sono il capitano della guardia, non

sono propriamente un buon partito pernessuna di loro. — C’era un filo di tristezzanei suoi occhi, anche se lo nascondeva bene.

— Sei pazzo? Tu sei migliore di chiunquealtro qui presente. E sei… molto attraente —gli disse prendendogli la mano. Sul viso diChaol c’erano bellezza e forza, onore e lealtà.Lei si distaccò mentalmente da ogni suono e,mentre lui la guardava, si sentì la boccaarida. Come aveva fatto a non accorgerseneprima?

— Tu dici? — rispose Chaol un istantedopo, guardando le loro mani che sitenevano.

Lei strinse la presa. — Certo, se nonfossi…

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— Com’è che voi due non ballate?Chaol le lasciò la mano. Lei fece fatica a

staccarsi. — E con chi dovrei ballare, VostraAltezza?

Dorian era incredibilmente bello con quellasua tunica color peltro, che sembravaabbinarsi alla perfezione col vestito cheindossava Celaena. — Sei radiosa — disse.— E anche tu Chaol, sei radioso — eammiccò all’amico. Poi gli occhi di Dorianincrociarono quelli di lei, che sentì il sanguetrasformarsi in stelle cadenti. — Be’, vuoi cheti spieghi quanto è stato stupido intrufolarsi alballo o posso semplicemente chiederti diballare con me?

— Non credo sia una buona idea — disseChaol.

— Perché? — domandarono all’unisono.Dorian si avvicinò. Per quanto si vergognassedi aver pensato quelle cose tremende suNehemia, sapere che Dorian e Chaol eranosalvi la rassicurava.

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— Perché attirereste troppo l’attenzione,ecco perché. — Celaena alzò gli occhi al cieloe Chaol la guardò di traverso. — Devoricordarti chi sei?

— No, me lo ricordate ogni giorno —ribatté Celaena. Gli occhi nocciola delcapitano si erano adombrati. Perché eragentile con lei se poi, un attimo dopo, nonfaceva che offenderla?

Dorian le mise una mano sulla spalla efece a Chaol un gran sorriso. — RilassatiChaol — disse, e portò la mano sulla schienadi Celaena sfiorandole la pelle nuda con ledita. — Prenditi la serata libera. — Dorian ladistolse dal capitano. — Ti farà bene — glidisse, anche se nel suo tono non c’era più lastessa allegria.

— Vado a prendermi qualcosa da bere —bofonchiò Chaol allontanandosi. Celaena sisoffermò un momento a guardarlo. Sarebbestato un miracolo se lui l’avesse considerataun’amica. Dorian le accarezzò la schiena e lei

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lo guardò. Il cuore le batteva all’impazzata eChaol sparì dai suoi pensieri come la rugiadasotto il sole del mattino. Dimenticarsi così infretta di lui la faceva star male, eppure…eppure… Oh, lei desiderava Dorian, nonpoteva negarlo. Lo desiderava davvero.

— Sei bella — le disse Dorian piano,guardandola in un modo da farle avvamparele orecchie. — Non riuscivo a staccarti gliocchi di dosso.

— E io che pensavo non mi avessinemmeno notata.

— Chaol è stato più veloce di me, quandosei arrivata. E poi ho dovuto trovare ilcoraggio di avvicinarti. — Ridacchiò. — Incutisempre un certo timore. Specialmentemascherata.

— E immagino che il fatto di avere una filadi ragazze che aspettano di ballare con tenon abbia aiutato…

— Adesso sono qui, no? — Le si strinse ilcuore e capì che non era la risposta chesperava. Cosa voleva da lui?

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Le prese la mano, inclinando la testa. —Vuoi ballare con me?

C’era ancora la musica? Se n’eradimenticata. Il mondo si era ridotto a un nulla,dissolto dal bagliore dorato delle candele. Maecco i piedi, e il braccio, e il collo, e la bocca.Celaena sorrise e prese la mano di Dorian,ma con un occhio sempre vigile sul ballo chesi stava svolgendo intorno a loro.

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Era perso, perso in un mondo che avevasempre sognato. Sentiva il calore del suocorpo sotto la mano, la morbidezza delle suedita. La fece volteggiare e la condusse piùdolcemente che poteva fra le note del valzer.Celaena non perse un solo passo, né sembròcurarsi delle tante facce inviperite che liguardavano ballare senza mai cambiarecompagno.

Ovviamente non era opportuno, da parte diun principe, ballare con una sola dama, ma luinon vedeva altro che lei e la musica che litrasportava.

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— Non si può certo dire che manchiate diresistenza… — osservò Celaena. Quand’eral’ultima volta che si erano parlati? Potevanoessere trascorsi dieci minuti come un’ora. Ivolti mascherati tutto intorno cominciarono aconfondersi.

— Ci sono padri che picchiano i bambini, ilmio mi puniva a suon di lezioni di ballo.

— Allora dovevi essere una vera peste. —Celaena si guardò intorno, come per cercarequalcosa o qualcuno.

— Sei generosa di complimenti stasera. —La fece ruotare. La gonna dell’abito brillavaalla luce del lampadario.

— È il primo giorno del solstizio d’inverno— disse Celaena. — Tutti sono gentili. —Negli occhi le si accese uno sprazzo che aDorian sembrò di dolore, ma passò primaancora che potesse esserne sicuro.

Le cingeva la vita, coi piedi che simuovevano a ritmo di valzer. — E come sta iltuo regalo?

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— Oh, si è nascosto sotto il letto, poi nellasala da pranzo, e l’ho lasciato lì.

— L’hai chiusa nella sala da pranzo?— Avrei dovuto tenerla in camera da letto

dove poteva rovinare gli arazzi? O nella salada gioco, col rischio che ingoiasse i pezzidella scacchiera e si strozzasse?

— Forse dovevi mandarla al canile, è lì chei cani devono stare.

— Il giorno del solstizio d’inverno? Non hoavuto cuore di farla tornare in quel postaccio!

Lui sentì improvvisamente l’impulso dibaciarla, forte, sulla bocca. Ma questo, cioè ilsentimento che provava, non potevapermetterselo. Perché una volta finito il ballo,lei sarebbe tornata a fare l’Assassina e lui afare il principe. Dorian deglutì. Per quellasera, però…

La strinse più forte. Gli invitati sitrasformarono in semplici ombre sulla parete.

Chaol rimase a guardare preoccupato ilsuo amico ballare con l’Assassina. Tanto lui

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non avrebbe comunque ballato con Celaena.Ed era contento di non aver trovato ilcoraggio di chiederglielo, non dopo aver vistoil colore della faccia di Perrington quando liaveva visti insieme.

Un cortigiano di nome Otho affiancò Chaole disse: — Pensavo che fosse con voi.

— Chi? Lady Lillian?— Ecco come si chiama! Non l’ho mai vista

prima. È arrivata da poco a corte?— Sì — rispose Chaol. L’indomani se la

sarebbe presa con le guardie che l’avevanolasciata uscire! Meglio per loro se gli fosse unpo’ sbollita la rabbia.

— Come state, capitano Westfall? —domandò Otho assestandogli una pacca unpo’ troppo energica sulla schiena. Gli puzzaval’alito di vino. — Non cenate più con noi.

— Non ceno più al vostro tavolo da treanni, Otho.

— Dovreste tornare, la vostraconversazione ci manca. — Era unamenzogna. Otho voleva solo carpire qualche

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informazione sulla giovane sconosciuta. Alcastello aveva una cattiva reputazione con ledonne, tanto che poteva sperare di avvicinaresolo cortigiane arrivate da poco, oppuredoveva andare in città e dedicarsi a tutt’altrogenere di compagnia femminile.

Chaol osservò Dorian che faceva fare ilcasqué a Celaena, osservò il modo in cui lelabbra di lei si aprivano in un sorriso e gliocchi le si illuminavano, mentre il principe lediceva qualcosa. Nonostante la maschera,Chaol riusciva a vederle la felicità dipinta infaccia. — È la dama del principe? —domandò Otho.

— Lady Lillian non deve rendere conto anessuno.

— Dunque non sta con lui?— No.Otho fece spallucce e commentò: — Che

strano.— Perché mai? — replicò Chaol preso da

una voglia improvvisa di strangolarlo.

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— Perché sembra che ne sia innamorato— commentò prima di andarsene.

La vista di Chaol si annebbiò per unsecondo, poi Celaena rise e Dorian continuò afissarla. Il principe non le aveva tolto gli occhidi dosso. C’era qualcosa nell’espressione diDorian… Gioia? Meraviglia? Teneva le spalledritte, la schiena eretta. Sembrava un uomo.Un re.

Era impossibile che fosse accaduta unacosa simile. E quando era successa? Othoera un ubriacone e un donnaiolo, che nesapeva lui dell’amore?

Dorian faceva piroettare la sua dama convelocità e destrezza, poi lei tornava fra le suebraccia, trattenendo a stento l’euforia. Ma leinon era innamorata di lui, o almeno Othoquesto non lo aveva detto. Non aveva notatonessun attaccamento particolare, da partesua. E Celaena non sarebbe stata cosìstupida. Era Dorian ad aver perso la testa,era lui a rischiare di avere il cuore spezzato,

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se davvero l’amava.Non riuscendo più a guardare il suo amico,

il capitano della guardia lasciò il ballo.

In preda alla rabbia e alla disperazione, ladyKaltain guardò Lillian Gordaina e il principeereditario che ballavano e ballavano eballavano. L’avrebbe riconosciuta ovunque,nonostante la maschera che le copriva il viso.Come le era venuto in mente di vestirsi digrigio per un ballo? Guardò il proprio abito esorrise compiaciuta. Sfumature brillanti diazzurro, smeraldo e marrone chiaro: l’abitoche indossava e la maschera di pavoneabbinata costavano quanto una casa, benchémodesta. Era stato un regalo di Perrington,naturalmente, insieme alla parure di gioielliche le adornava il collo e le braccia. Niente ache vedere con quell’accozzaglia di cristalligrigi e spenti che portava quella subdoladonnetta!

Perrington le tirò il braccio e lei si giròverso di lui, sbattendo le ciglia. — Siete molto

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bello stasera, mio caro — disseaggiustandogli una catenella d’oro sullagiubba rossa. Il viso del duca assunseall’istante il colore dei suoi vestiti. Lady Kaltainsi chiese se sarebbe riuscita a sopportare larepulsione di un suo bacio. Poteva semprecontinuare a negarsi, come aveva fatto neimesi passati, ma quando lui era cosìubriaco…

Doveva pensare a una via d’uscita, esubito. Ma non era riuscita a entrare inconfidenza con Dorian, e di sicuro nonavrebbe fatto progressi con quella Lillian tra ipiedi.

Si sentì sull’orlo di un precipizio. Provò unabreve, leggera fitta di dolore alla testa. Non lerestava altra scelta. Lillian andava tolta dimezzo.

Quando l’orologio batté le tre e la gran partedegli invitati, regina e Chaol compresi, sen’era ormai andata, Celaena decise chepoteva tornare in camera sua. Sgattaiolò via

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mentre Dorian andava a prendersi da bere e,all’uscita, trovò Ress che l’aspettava perscortarla nelle sue stanze. Attraversarono ilcastello immerso nel silenzio e, per evitareche qualche cortigiano troppo indiscretovolesse carpire notizie sul suo conto, siservirono dei passaggi destinati ai domestici,ora deserti. Benché fosse andata al ballo perle ragioni sbagliate, danzare con Dorianl’aveva abbastanza divertita. Più cheabbastanza, a dire il vero. Sorrise fra sé,quasi imbarazzata, mentre imboccavano ilcorridoio che conduceva al suoappartamento. Era stata l’unica destinatariadegli sguardi di Dorian, l’unica a cui lui avesserivolto la parola, ed era stata trattata alla pari,se non di più: il solo pensiero la facevaancora fremere di eccitazione. Forse il suopiano non era stato un totale fallimento,dopotutto.

Ress si schiarì la gola e quando Celaenaalzò gli occhi vide Dorian che la aspettavasulla soglia, chiacchierando con le guardie.

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Non doveva essersi trattenuto molto al ballo,se era riuscito ad arrivare prima di lei. Il cuorele batteva forte, ma riuscì a rivolgergli untimido sorriso mentre lui le faceva l’inchino ele apriva la porta. Entrarono insieme, senzapreoccuparsi di cosa avrebbero potutopensare Ress e le altre guardie.

Celaena si sfilò la maschera e la lanciò sultavolo al centro dell’anticamera, ed emise unsospiro nel sentire l’aria fresca sulla pelleaccaldata.

— Allora? — domandò Celaenaappoggiandosi alla parete accanto alla portadella sua camera.

Dorian si avvicinò lentamente, fermandosia breve distanza da lei. — Te ne sei andatasenza salutare — le disse appoggiando unbraccio sulla parete, accanto alla sua testa.Lei alzò gli occhi per studiare il ricamo nerosulla manica che le cadeva giusto sopra icapelli.

— Sono sbalordita dalla velocità con cui

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siete arrivato, e senza uno stuolo di cortigianea darvi la caccia. Forse dovreste provare afare l’assassino.

Dorian si scostò i capelli dal viso. — Lecortigiane non mi interessano — disse confermezza, e la baciò.

La sua bocca era calda e le sue labbramorbide, e Celaena perse il senso del tempoe dello spazio mentre, lentamente, ricambiavail bacio. Lui si staccò per un attimo, la guardònegli occhi quando lei li riaprì, e la baciò dinuovo. Era diverso stavolta, più profondo,pieno di desiderio.

Celaena si sentì le braccia pesanti eleggere al tempo stesso, sentì la stanzagirarle intorno. Non riusciva a fermarsi. Lepiaceva, le piaceva essere baciata da lui, lepiaceva il suo odore, e il suo sapore, e il suotocco.

Dorian le cinse la vita con le braccia e lastrinse forte a sé, le labbra premute sulle sue.Celaena gli mise una mano sulla spalla, con ledita che affondavano nei muscoli. Come

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erano cambiate le cose dalla prima volta chelo aveva visto a Endovier!

Aprì gli occhi. Endovier. Perché stavabaciando il principe di Adarlan? Allentò le ditae lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

Dorian staccò le labbra e le rivolse il suosorriso contagioso. Stava per allungarsi dinuovo in avanti, ma lei gli posò due dita sullelabbra, con delicatezza.

— Meglio che io vada a letto — disseCelaena. Lui la guardò perplesso. — Da sola— precisò. Lui allontanò le dita dalle labbra.Cercò ancora di baciarla, ma lei si divincolòagilmente dal suo braccio e raggiunse lamaniglia della porta.

Aprì la porta del bagno e ci si infilò primache lui potesse fermarla, poi fece capolinonell’anticamera, guardandolo mentre lesorrideva ancora. — Buona notte. — Doriansi appoggiò alla porta, avvicinando il viso aquello di lei. — Buona notte — le sussurrò, elei non lo fermò quando la baciò di nuovo. Poi

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si staccò bruscamente, tanto da perderequasi l’equilibrio. Dorian rise con dolcezza.

— Buona notte — ripeté Celaena col visoin fiamme. E a quel punto lui andò via.

Celaena corse sul balcone spalancando lefinestre e andando incontro all’aria gelida. Siportò la mano sulle labbra e guardò il cielostellato, sentendo il cuore che si gonfiavasempre di più.

Dorian camminava piano, il cuore che battevaall’impazzata. Gli sembrava di sentire ancorale labbra di Celaena sulle sue, il profumo deisuoi capelli, di vedere l’oro dei suoi occhi chescintillava al lume di candela.

Al diavolo le conseguenze. Avrebbe trovatoil modo per far funzionare le cose, avrebbetrovato il modo per restare con lei. Dovevatrovarlo.

Si era lanciato nel vuoto: non restava cheaspettare la rete.

Nel giardino, il capitano della guardia

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osservava il balcone di Celaena, dove leivolteggiava sola e persa nei suoi sogni. Ma luisapeva di non esserne il protagonista.

Celaena si fermò e guardò il cielo. Ancheda lontano, Chaol vide il rossore sulle sueguance. Era così giovane, anzi no, cosìnuova. Sentì un dolore al petto.

Ciò nonostante, restò lì a guardare, aguardare fin quando Celaena non sospirò erientrò. Non le venne mai in mente diguardare sotto.

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Celaena borbottò infastidita quando sentìqualcosa di freddo e umido che le sfiorava leguance e le leccava la faccia. Aprì un occhioe vide la cagnetta che la guardava dall’alto,scodinzolando. Si rigirò nel letto e accolse conuna smorfia la luce del sole. Non volevadormire fino a tardi. Fra due giorni ci sarebbestata un’altra prova e lei aveva bisogno diallenarsi. Era l’ultima, prima del duello finale,la prova che avrebbe decretato i quattrofinalisti.

Celaena si sfregò un occhio e poiaccarezzò il cucciolo dietro le orecchie.

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— Hai fatto pipì da qualche parte e vuoidirmi dove?

— No… — disse una voce, e la porta dellacamera da letto si spalancò. Era Dorian. —L’ho portata io fuori all’alba, con gli altri cani.

Lei fece un timido sorriso mentre lui siavvicinava. — Non è un po’ presto per unavisita?

— Presto? — E scoppiò a ridere sedendosisul letto. Celaena si spostò. — È quasi l’una!Philippa mi hai detto che hai dormito come unghiro tutta la mattina.

L’una! Aveva dormito così tanto? E lelezioni con Chaol? Si grattò il naso e si misela cagnolina in grembo. Almeno non erasuccesso niente di grave, nella notte: se cifosse stata un’altra aggressione, di sicurol’avrebbe già saputo. Fece un mezzo sospiro,anche se il senso di colpa per ciò che avevapensato, ossia la poca fiducia che avevariposto in Nehemia, la faceva stare ancoramale.

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— Le hai già trovato un nome? — chieseDorian, disinvolto, calmo e padrone di sé.Stava facendo finta di niente o i loro baci nonerano stati poi così importanti, per lui?

— No — rispose lei, restandoimperturbabile nonostante la voglia di gridareper l’imbarazzo. — Non me ne viene in mentenessuno.

— Che ne pensi di Dor…a? — propose luipicchiettandosi il mento?

— È il nome più insulso che abbia maisentito.

— Hai qualcosa di meglio da proporre?Celaena prese una delle morbide zampe

della cagnetta e si mise a studiarla. Premettela zampa sul pollice. — Zampalesta. — Lecalzava a meraviglia. Sembrava che quelnome fosse lì da sempre e lei avesse soloavuto l’intuito di raccoglierlo. — Sì,Zampalesta sia!

— Ha un significato particolare? —domandò Dorian, e la cagnetta alzò la testa

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per guardarlo.— Lo capirai quando batterà tutti i tuoi

purosangue.Celaena prese la cagnolina fra le braccia e

le baciò la testa. La fece balzare su e giùdavanti al viso, e Zampalesta la guardòaggrottando gli occhi rugosi. Era di unamorbidezza e di una tenerezza irresistibili.

Dorian rise. — Staremo a vedere. —Celaena posò sul letto il cucciolo, che si infilòsubito sotto le lenzuola e scomparve.

— Hai dormito bene? — le chiese lui.— Sì. A differenza di te, a quanto pare, se

ti sei alzato tanto presto.— Senti — cominciò, e Celaena avrebbe

voluto buttarsi dal balcone. — Ieri sera… tichiedo scusa se sono stato troppo sfacciato.— Fece una pausa. — Celaena, stai facendouna faccia…

Stava davvero facendo una smorfia? —Ehm… scusa.

— Allora non ti è piaciuto.— Che cosa?

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— Il bacio.Celaena sentì del catarro in gola e tossì.

— Oh, non è niente — disse battendosi ilpetto mentre si schiariva la voce. — No, nonmi ha dato fastidio. Non mi è dispiaciuto, se èquesto che vuoi sapere! — Ma si pentì subitodi averlo detto.

— Quindi ti è piaciuto? — sogghignò luicon aria sorniona.

— No! Oh, vattene via! — E si buttò fra icuscini, tirandosi le lenzuola sopra la testa.Stava per morire di imbarazzo.

Zampalesta le leccò la faccia mentre lei lanascondeva sotto le lenzuola. — Su, avanti— disse lui. — A giudicare da come reagisci,sembra che tu non sia mai stata baciata.

Lei si buttò indietro le lenzuola eZampalesta si rintanò ancora più sotto. — Macerto che sono stata baciata! — replicò,cercando di non pensare a Sam e a quantoavevano condiviso. — Ma lui non era unprincipino arrogante, superbo e impettito!

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Dorian si guardò il petto e disse: —Impettito?

— Oh, stai zitto! — disse lei colpendolocon un cuscino. Si spostò all’altro lato delletto, si alzò e andò sul balcone.

Sentì lo sguardo del principe che leosservava la schiena e le tre cicatrici che lacamicia da notte scollata non riusciva anascondere. — Pensi di restare qui, mentremi vesto?

Si voltò verso di lui. Dorian non la stavaguardando come l’aveva guardata la seraprima. C’era una luce prudente nel suosguardo. E di incredibilmente triste. Celaenasi sentì pulsare il sangue nelle vene. — Be’?

— Le tue cicatrici sono orribili — disse lui,quasi sussurrando.

Lei si portò un braccio sul fianco ecamminò fino alla porta del guardaroba.

— Abbiamo tutti le nostre cicatrici, Dorian.Le mie sono semplicemente più visibili dialtre. Resta pure seduto lì, se ti va, io vado a

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prepararmi. — E uscì dalla camera.

Lady Kaltain seguiva il duca Perrington fral’infinita serie di tavoli delle serre reali.L’enorme struttura di cristallo era piena diombre e luci, e lady Kaltain si sventagliavaper attenuare l’umidità che le soffocava ilviso. Il duca sceglieva i posti più assurdi perle sue passeggiate. E poi i fiori e le piante leinteressavano quanto una pozzanghera sulciglio della strada.

Perrington colse un giglio bianco come laneve e glielo porse chinando la testa. — Èper voi. — Lei cercò di non rabbrividire allavista della sua pelle rossastra e butterata edei suoi baffi fulvi. Il pensiero di essereincastrata con lui le fece venir voglia disradicare tutte le piante e di gettarle nellaneve.

— Grazie — disse con voce flebile.Ma Perrington la studiò da vicino. — Avete

l’aria un po’ spenta oggi, lady Kaltain.— Davvero? — E inclinò la testa nella più

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dolce delle espressioni. — Forse è perché lagiornata di oggi scompare rispetto a quantomi sono divertita ieri sera, al ballo.

Ma gli occhi neri del duca scrutarono i suoie l’uomo si rabbuiò mentre le metteva unamano sotto il gomito per farle strada. — Nondovete fingere con me. Mi sono accorto chefissavate il principe…

Lady Kaltain non lasciò trapelare nullamentre alzava le sopracciglia ben curate e loguardava con la coda dell’occhio. —Davvero?

Perrington passò un dito grassoccio lungolo stelo di una felce. L’anello nero che portavacominciò a pulsare e subito lady Kaltainaccusò una fitta alla testa. — Anch’io mi sonoaccorta di lui. Della ragazza, in particolarmodo. È un’importuna, non è così?

— Lady Lillian? — Rimase sorpresa, nondel tutto sicura di potersi rilassare. Lui non siera veramente accorto di quanto leidesiderasse il principe, lei invece si eraaccorta benissimo di quanto Lillian e Dorian

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fossero rimasti avvinghiati per tutta la sera.— È così che si fa chiamare qui, allora —

mormorò Perrington.— Perché, non è quello il suo vero nome?

— chiese lady Kaltain senza pensare.Il duca si girò verso di lei, gli occhi neri

come l’anello. — Non crederete sul serio chequella ragazza sia una vera lady?

Il cuore di lady Kaltain si fermò. — Non loè? — E fu lì che Perrington sorrise efinalmente le raccontò tutto.

Quando finì, lady Kaltain lo guardòsbalordita. Un’assassina. Lillian Gordaina eraCelaena Sardothien, l’Assassina più famosadel mondo. E aveva messo gli artigli sul cuoredi Dorian. Se voleva conquistarsi la mano diDorian, allora doveva dimostrarsi molto, moltopiù astuta di lei. E rivelare la vera identità diLillian poteva bastare, o forse no. LadyKaltain non poteva permettersi di corrererischi. Nella serra calò il silenzio, come sestesse trattenendo il respiro.

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— Come possiamo far finta di niente?Come possiamo permettere che il principe simetta in un tale pericolo? — La faccia diPerrington si trasfigurò in qualcosa di orribilee di sofferente, ma ciò avvenne in un attimocosì fulmineo che lei lo notò appena, troppopresa com’era dai pensieri che le rombavanoin testa. Aveva bisogno della sua pipa, neaveva bisogno per calmarsi prima che levenisse un attacco di emicrania.

— Non possiamo — disse Perrington.— Ma come li fermeremo? Dicendo tutto al

re?Perrington scosse la testa e si mise a

pensare, portando la mano allo spadone. Leistudiò da vicino un bocciolo di rosa e seguìcon un’unghia affilata la curva di una spina. —Deve affrontare a duello i paladini che sonorimasti — disse piano. — E, nel duello, faràun brindisi in onore della Dea e degli dei. —Non fu il corsetto troppo stretto a toglierle ilrespiro mentre il duca parlava. Lady Kaltain

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sollevò la mano dalla spina. — Volevochiedervi di presenziare a quell’evento, comepersonificazione della Dea. Magari potrestemetterle qualcosa nel bicchiere…

— Dovrei ucciderla io? — Assoldarequalcuno era un conto, ma farlo lei…

Il duca alzò le mani. — No, ma il re èd’accordo nel prendere delle misure drastichein modo che Dorian pensi che si sia trattatodi… una disgrazia. Basterebbe darle unadose di sangue di drago non letale masufficiente a farle perdere il controllo e darecosì a Caino il vantaggio che gli serve.

— Ma Caino non può ucciderla da solo? Aiduelli le disgrazie sono all’ordine del giorno. —E provò una forte, intensa fitta alla testa chesi irradiò in tutto il corpo. Forse drogarlasarebbe stato più facile…

— Caino è convinto di farcela, ma a menon piace correre rischi. — Perrington leprese le mani. Lei sentì il suo anello gelidosulla pelle e dovette trattenersi per nondivincolare le mani dalla presa. — Non volete

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aiutare Dorian? Una volta che vi sareteliberata di lei…

Allora sarà mio. Sarà mio, come è giustoche sia.

Però, uccidere per questo… Sarà mio.— A quel punto saremo in grado di

metterlo sulla strada giusta, non vi pare? —Perrington concluse con un gran sorriso. E ilsuo istinto le disse di correre, correre viasenza guardarsi indietro. Ma lady Kaltain nonvedeva altro che la corona e il trono, e ilprincipe seduto al suo fianco. — Ditemi cosadevo fare — disse al duca.

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L’orologio scoccò le dieci e Celaena, seduta alpiccolo scrittoio della camera da letto, alzò gliocchi dal libro davanti a sé. Avrebbe dovutodormire o almeno provarci. Zampalesta, chele dormicchiava in grembo, fece un grandesbadiglio. Celaena la grattò dietro le orecchiee fece scorrere una mano sulla pagina dellibro. I segni di Wyrd la guardavano, con leloro curve e angoli elaborati, parlandole unlinguaggio ancora indecifrabile. Quanto tempoci aveva messo Nehemia per impararli? E poi,rifletté perplessa, come potevano avermantenuto il loro potere quando persino la

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magia era svanita?Non vedeva Nehemia dalla sera prima, non

aveva osato avvicinarla né riferire a Chaolcosa aveva scoperto. Nehemia le avevamentito riguardo alla sua conoscenza dellalingua comune e dei segni di Wyrd, mapoteva aver avuto le più svariate ragioni perfarlo. Celaena aveva sbagliato ad andare alballo, aveva sbagliato a credere che Nehemiafosse capace di cose tanto brutte. Laprincipessa stava dalla parte dei buoni. Nonavrebbe preso di mira Celaena, non ora cheerano amiche. Loro erano s t a t e amiche.Celaena ingoiò il nodo che aveva in gola egirò la pagina. Le si fermò il cuore.

I simboli che aveva visto vicino ai cadaverierano propri lì, sotto i suoi occhi. E a marginec’era la spiegazione che qualcuno avevascritto secoli prima: Per i sacrifici al ridderak.Con il sangue della vittima, circoscrivete ilcadavere. Una volta invocata la creatura,saranno i segni a guidare il baratto: in cambiodella carne sacrificale, la creatura vi

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trasmetterà la forza della vittima.Celaena dovette controllare il tremore alle

mani mentre sfogliava le pagine in cerca diqualsiasi indizio sui segni che aveva sotto illetto. Non avendo trovato nulla, ritornòall’incantesimo di invocazione. Un ridderak.Era quello il nome della bestia? Cos’era? Dadove arrivava, se non era…

Le Porte di Wyrd. Si premette i palmi dellemani sugli occhi. Qualcuno stava davverousando i segni di Wyrd per aprire un portale einvocare questa creatura? Era impossibile,perché la magia era svanita. Eppure i libridicevano che i segni di Wyrd esistevanoindipendentemente dalla magia. E seavessero ancora potere? Ma… ma Nehemia?Come poteva la sua amica farle una cosa delgenere? Perché aveva bisogno della forza deipaladini? E come aveva potuto tenere tuttocosì nascosto?

Eppure Nehemia poteva benissimo essereuna brava attrice. E forse Celaena aveva

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desiderato così tanto un’amica – una personadiversa e speciale come lei – che era statatroppo ingenua, troppo disperata per vedereoltre. Celaena fece un bel respiro. Nehemiaamava Eyllwe, questo era fuor di dubbio, eCelaena sapeva che avrebbe fatto di tutto perla sicurezza del suo paese. A meno che…

Le si raggelò il sangue nelle vene. A menoche Nehemia non fosse qui per qualcosa dipiù grosso, a meno che non volesse esseredel tutto certa che il re avrebbe rinunciatodefinitivamente a Eyllwe. A meno che nonvolesse mettere in atto quella parola che inpochi osavano sussurrare: rivolta. E non unarivolta come quella in corso, con gruppi diribelli alla macchia, bensì la sollevazione diinteri regni contro Adarlan, come avrebbedovuto essere sin dall’inizio.

Ma perché uccidere i paladini? Perché nonprendere di mira la famiglia reale? Il ballosarebbe stato l’occasione perfetta. Perchéusare i segni di Wyrd? Celaena era stata nellestanze di Nehemia e non aveva visto traccia

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di creature demoniache che aleggiassero ingiro, e nemmeno nel castello, dove avrebberopotuto…

Celaena alzò gli occhi dal libro. L’arazzocontinuava a sollevarsi per quel misteriosospiffero, benché ci fosse il cassettone abloccarlo. L’unica parte del castello dove unacreatura come quella poteva essere invocatao nascosta erano le stanze e i cunicolidimenticati dei sotterranei.

— No — disse, balzando in piedi così discatto che Zampalesta riuscì appena ascansarsi prima che la sedia si ribaltasse. No,non poteva essere vero. Perché eraNehemia, perché… perché…

Celaena spostò il cassettone con ungrugnito e alzò l’arazzo. Proprio come duemesi prima, dalle fessure uscì uno spifferofreddo e umido che odorava di rose. Tutti idelitti erano stati commessi a due giorni dallaprova e ciò significava che quella sera stessao l’indomani sarebbe successo qualcosa. Il

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ridderak, qualunque cosa fosse, avrebbecolpito ancora. E, considerati i segni cheCelaena aveva trovato sotto il letto… di certonon sarebbe rimasta lì ad aspettarlo!

Dopo aver chiuso la cagnolina lamentosafuori dalla camera da letto, Celaena mise unlibro sulla soglia per evitare di rimanerechiusa dentro e ricoprì l’entrata del passaggiocon l’arazzo, rimpiangendo di non avereun’arma con sé, a parte la candela cheteneva in mano e il pugnale rudimentaleinfilato in tasca.

Perché se Nehemia le aveva davveromentito a quel modo, e se stavaammazzando i paladini, allora Celaena volevavederlo con i suoi occhi. Per poi ucciderla amani nude.

Scese giù con il respiro affannoso nell’ariagelida. Da qualche parte gocciolava dell’acquae Celaena guardò ardentemente la voltacentrale mentre si avvicinava alladiramazione. Non covava più pensieri di fuga.

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Che senso aveva, ora che era così vicina allavittoria? In caso di sconfitta, sarebbe corsalaggiù prima che potessero rispedirla aEndovier.

Celaena studiò i passaggi a sinistra e adestra. Quello alla sua sinistra portava a unvicolo cieco, ma quello a destra… quello era ilpassaggio che aveva preso per arrivare allatomba di Elena. E lì aveva visto altriinnumerevoli passaggi che portavano chissàdove.

Si avvicinò alla volta e rabbrividì alla vistadei gradini che scendevano nell’oscurità piùtotale. La polvere secolare era stata smossa.C’erano impronte che andavano su e giù.

Nehemia e la sua creatura dovevanoessersi addentrate lì sotto, a pochi piani datutti gli altri. Verin non era morto dopo averlasbeffeggiata davanti a Nehemia? Celaenastrinse più forte la candela e prese dalla tascail pugnale.

Un gradino alla volta, cominciò la discesa.Poco dopo non vedeva già più l’inizio della

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scala, ma la fine sembrava non avvicinarsimai. Poi, nel corridoio, sentì l’eco di sussurriche scivolavano lungo le pareti. Celaenaavanzò con passo silenzioso e coprì lafiamma della candela mentre si avvicinava.Non erano futili chiacchiere della servitù, maqualcuno che parlava rapidamente, in un tonosalmodiante.

Non era Nehemia. Era un uomo.Poco più sotto intravide un pianerottolo che

si apriva in una stanza, alla sua sinistra. Da lìusciva una luce verdastra che arrivava allepietre della scala e poi continuava oltre, versoil buio. Le si accapponò la pelle nell’udire lavoce più chiaramente. Non parlava nessunalingua a lei conosciuta, era una voce gutturalee dura, stridente, come se le risucchiasse ilcalore da dentro le ossa. L’uomo parlava inmodo concitato, come se le parole glibruciassero in gola, e alla fine boccheggiavasenza fiato.

Calò il silenzio. Celaena appoggiò la

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candela, si avvicinò furtiva al pianerottolo esbirciò dentro la stanza. La porta in legno diquercia era spalancata e nella serraturaarrugginita c’era una grossa chiave. E,all’interno della piccola camera sotterranea,inginocchiato in un buio così pesto chesembrava potesse inghiottire il mondo da unmomento all’altro, c’era Caino.

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Caino.Il paladino che era diventato sempre più

forte e capace man mano che il torneoandava avanti. Celaena credeva fosse meritodel suo allenamento e invece… stava usandoi segni di Wyrd per invocare la bestia che sinutriva della forza dei paladini morti.

Caino trascinò una mano sul pavimentodavanti alla zona buia e alcune luci verdibrillarono al tocco delle sue dita, prima diessere risucchiate nel vuoto come spettri nelvento. Aveva una mano sanguinante.

Celaena non osò respirare quando vide

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qualcosa muoversi nell’oscurità. Ci fu unrumore di artigli sulla pietra, e un soffio, comese fosse stata spenta una fiamma. Poi,avanzando verso Caino sulle ginocchiapiegate all’indietro, come le zampe posterioridi un animale, spuntò il ridderak.

Pareva uscito dagli incubi di un dio antico:aveva la pelle grigia e glabra ben tesa sullatesta deforme, la bocca spalancata e piena didenti neri.

Erano gli stessi denti che avevano straziatoe divorato Verin e gli organi interni di Xavier;gli stessi denti che avevano banchettato con iloro cervelli. Il corpo vagamente umanoide simise carponi e trascinò le lunghe zampeanteriori sul pavimento. Le lastre di pietrastridevano sotto i suoi artigli. Caino sollevò ilcapo e si alzò piano davanti alla creatura chesi inginocchiava al suo cospetto abbassandogli occhi neri. Sottomissione.

Celaena si rese conto di tremare soloquando fece per andarsene via a gambelevate. Elena aveva ragione: era una pura e

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semplice incarnazione del male. L’amuletocominciò a vibrarle al collo, come perspingerla a correre. Aveva la bocca asciutta,sentiva il sangue pulsarle nelle vene,indietreggiò.

Ma Caino si girò di scatto e la vide, e ilridderak alzò la testa, fiutando due volte l’ariacon le sue narici ferine. Celaena rimaseimmobile, ma all’improvviso una folata divento la investì da dietro, facendola barcollaredentro la stanza.

— Non toccava a te, questa sera — disseCaino. Ma Celaena non riuscì a staccare gliocchi dalla bestia, che aveva preso adansimare. — Però è un’occasione troppoghiotta per lasciarsela sfuggire.

— Caino — fu tutto quello che Celaenariuscì a dire. Gli occhi del ridderak… nonaveva mai visto niente di simile. Dentro di essic’era solo fame, una fame atavica,implacabile. Quella creatura non appartenevaa questo mondo. I segni di Wyrd

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funzionavano, le Porte erano vere. Celaenaestrasse il pugnale dalla tasca, miseramentepiccolo: come poteva anche solo scalfire conquegli spilloni la pelle di quella creatura?

Caino si mosse così velocemente che fudietro di lei in un baleno, e già le avevamisteriosamente preso il pugnale. Non c’eraniente di umano che potesse muoversi così infretta, era come se non fosse altro che ombrae vento.

— Che peccato… — mormorò Caino dallaporta, infilandosi il pugnale in tasca. Celaenaguardò la creatura, Caino, e poi di nuovo lacreatura. — Non saprò mai come sei finitaquaggiù. — Le dita afferrarono la manigliadella porta. — Non che me ne importi… AddioCelaena. — E la chiuse sbattendola forte.

I segni per terra emanavano ancora unaluce verdastra, quei segni che Caino avevatracciato col suo stesso sangue, illuminandola creatura che la fissava con occhi famelici eimplacabili.

— Caino — sussurrò Celaena,

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indietreggiando verso la porta e armeggiandocon la maniglia. Per quanto la girasse e laspingesse, era chiusa a chiave. In quellastanza non c’era altro che pietra e polvere.Come si era lasciata disarmare cosìfacilmente? — Caino. — La porta non simuoveva. — Caino! — gridò, e colpì la portacon il pugno, così forte da farsi male.

Il ridderak andava avanti e indietro sullesue quattro lunghe zampe, simili a quelle diun ragno, annusandola, e Celaena rimaseimmobile. Perché non l’aveva attaccatasubito? Il ridderak l’annusò di nuovo e diedeun’artigliata a terra, con una forza tale da farsaltare via una lastra di pietra.

La voleva viva. Caino aveva giàneutralizzato Verin mentre invocava lacreatura, ma al ridderak piaceva il sanguecaldo. Perciò avrebbe trovato facilmente ilmodo di immobilizzarla e poi…

A Celaena mancò il respiro. No, non così,non in quel sotterraneo dove nessuno

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avrebbe potuto trovarla! Laggiù Chaol nonavrebbe mai saputo il motivo della suascomparsa e l’avrebbe maledetta a vita, perquesto, laggiù non avrebbe potuto dire aNehemia che si era sbagliata! Ed Elena,Elena aveva detto che qualcuno la voleva nelsepolcro, per vedere… per vedere cosa?

E fu allora che capì.La risposta era lì, alla sua destra, nel

passaggio che portava al sepolcro pochi metripiù sotto.

La creatura si piegò sulle anche, pronta aspiccare un balzo, e in quel momentoCelaena escogitò il piano più sconsiderato ecoraggioso che avesse mai architettato.Lasciò cadere la mantella a terra.

Con un ruggito che scosse il castello, ilridderak si scagliò su di lei.

Celaena rimase davanti alla porta,guardando la bestia galopparle incontro, gliartigli che facevano scintille a contatto con lapietra. Era a tre metri da lei e puntava allesue gambe.

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Ma Celaena stava già correndo dirittoverso quei denti marci e neri. Il ridderak siscagliò su di lei, che a sua volta si lanciòcontro quell’essere ringhioso. Ci fu unafragorosa esplosione di schegge nelsotterraneo quando il ridderak andò asbattere contro la porta di legno. Celaenapoteva solo immaginare che ne sarebbe statodelle sue gambe, se… ma non aveva il tempodi pensarci. Cadde a terra e poi si voltò,correndo verso il varco che la bestia avevaaperto nella porta, mentre la creatura cercavadi liberarsi dai pezzi di legno.

Celaena si lanciò oltre la porta e girò asinistra, volando giù per la scala. Non cel’avrebbe mai fatta ad arrivare viva nelle suestanze ma, se era abbastanza veloce, forseavrebbe potuto raggiungere il sepolcro.

Il ridderak ruggì di nuovo e la scala tremò.Lei non osò guardarsi alle spalle. Si concentròsui propri piedi cercando di non caderementre balzava giù dalle scale, lanciandosi

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verso il pianerottolo più sotto, illuminato dallaluce della luna che filtrava dal sepolcro.

Celaena atterrò sul pianerottolo, corseverso la porta del sepolcro e pregò gli dei dicui aveva dimenticato i nomi, augurandosiche loro non si fossero dimenticati il suo.

Qualcuno voleva che io venissi qui, ilgiorno di Samhuinn, qualcuno sapeva chesarebbe accaduto. Elena voleva che iovedessi… per farmi sopravvivere.

La creatura atterrò sull’ultimo pianerottoloe caricò verso di lei, arrivandole così vicinoche lei ne sentì l’alito puzzolente.

La porta del sepolcro era spalancata, comese qualcuno avesse aspettato per tutto iltempo.

Ti prego, ti prego…Aggrappandosi al lato della porta, si lanciò

dentro. Guadagnò un po’ di tempo preziosomentre il ridderak derapava sino a fermarsi,mancando l’entrata del sepolcro. Ci volle unmomento perché quello si riprendesse ecaricasse di nuovo, facendo saltare un pezzo

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di porta.Il rumore dei passi di Celaena echeggiò nel

sepolcro mentre correva fra i sarcofagi perraggiungere Damaris, la spada dell’antico re.

In bella mostra sul suo supporto, la spadasplendeva di una luce lunare, il metalloancora luccicante dopo mille anni.

La creatura ringhiò, e Celaena sentì il suorespiro pesante e il rumore degli artigli sullapietra mentre spiccava un balzo verso di lei.Si allungò e con la mano sinistra afferrò lafredda impugnatura, brandendo la spada ecominciando a mulinarla.

Ebbe giusto il tempo di vedere gli occhi delmostro e l’immagine della sua pelle prima diaffondare la lama di Damaris nel muso delridderak.

Sentì un dolore alla mano quando andò asbattere contro il muro e cadde sul tesorodisseminato a terra. Venne colpita daglischizzi di sangue nero e putrido.

Non si mosse, quando si rese conto di

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avere la mano destra tra i denti neri delridderak, col sangue che colava dalle faucidella bestia. Ansimò e tremò, senza staccarela mano sinistra dall’impugnatura della spada,anche dopo che quegli occhi famelici si eranospenti e il corpo si era afflosciato sopra il suo.

Solo quando l’amuleto vibrò di nuovo,Celaena tornò in sé. E tutti i gesti che fecedopo furono come una serie di passi di danzache doveva eseguire alla perfezione per noncrollare in quel sepolcro e non rialzarsi maipiù.

Estrasse energicamente la mano dallefauci. Il bruciore era insopportabile. Sul polliceaveva una corona di fori sanguinanti, mentrecoi piedi cercava di scrollarsi di dosso labestia. Era incredibilmente leggera, come seavesse le ossa cave, o se non ci fosse nientedentro. Benché il mondo tutto intornocominciasse a sfocarsi, estrasse con forzaDamaris dal cranio del ridderak.

Con la camicia pulì la lama della spada diGavin e la rimise al suo posto. Lasciò la

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creatura dove stava, una massa raggrinzitasopra cumuli di gioielli. A pulire ci avrebbepensato la stessa entità che aveva volutosalvarla. Lei aveva già fatto abbastanza.

Tuttavia, Celaena si fermò accanto alsarcofago di Elena e osservò il suo bel visointagliato nel marmo. — Grazie — disseCelaena con voce roca. Le si annebbiò lavista, uscì dal sepolcro e salì le scale,stringendosi la mano sanguinante al petto.

Quando finalmente raggiunse le suestanze, arrivò all’entrata della camera da lettoe si appoggiò alla porta per aprirla. La feritanon si era ancora rimarginata e il sangue lecolava ancora sul polso, cadendo a terra.Doveva andare in bagno e lavarsi le mani. Ilpalmo era ghiacciato. Doveva…

Le cedettero le gambe e svenne. Sentì lepalpebre pesanti e le chiuse. Perché il cuorele batteva così lentamente?

Aprì gli occhi per guardarsi la mano, avevala vista annebbiata, e tutto quello che riusciva

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a vedere era una massa confusa di rosa e dirosso. Il freddo salì fino al braccio e poi sceselungo le gambe.

Udì dei suoni dirompenti, sempre più forti,dei colpi sordi seguiti da un guaito. Attraversole palpebre vide la luce della stanza semprepiù flebile.

Seguì un grido, di donna, poi due manicalde sul viso. Era così fredda che lesembrarono roventi. Qualcuno aveva lasciatola finestra aperta?

— Lillian! — Era Nehemia. La scrollò per lespalle. — Lillian! Cosa ti è successo?

Celaena ricordò ben poco degli istanti cheseguirono: delle braccia la sollevarono e laportarono in bagno. A fatica Nehemia laspogliò e la immerse nella vasca. Celaenasentì bruciare la mano quando toccò l’acqua,e cercò di divincolarsi, ma la principessa latenne ferma dicendo delle parole in una linguache l’Assassina non capiva. La luce nellastanza pulsava e si sentì formicolare la pelle.Celaena si ritrovò le braccia coperte di brillanti

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segni turchesi, segni di Wyrd. Nehemia lafece restare nell’acqua, cullandola avanti eindietro.

Poi si fece tutto buio.

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Celaena aprì gli occhi.Era al caldo e la candela emanava una

luce dorata. Sentiva nell’aria un profumo diboccioli di loto e di noce moscata. Emise ungemito e batté le palpebre, cercando dialzarsi dal letto. Cos’era successo? Siricordava solo di aver risalito le scale e di avernascosto la porta segreta dietro l’arazzo…

Celaena sobbalzò e con le mani fece perafferrare la casacca, ma rimase a boccaaperta scoprendo che si era trasformatachissà come in una camicia da notte; poi alzòla mano e si meravigliò nel vederla guarita,

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completamente guarita. Tutto ciò che restavadelle ferite era una cicatrice a mezzaluna, frail pollice e l’indice, e le piccole impronte deidenti inferiori del ridderak. Sfiorò questecicatrici bianche, ripercorrendone la curva, poiagitò le dita per assicurarsi che nessun nervofosse stato leso.

Com’era possibile? Era una magia,qualcuno l’aveva guarita. Si sollevò e vide chenon era sola.

Nehemia sedeva in una poltrona lì vicino, ela guardava. Non stava sorridendo e Celaenafece per alzarsi, quando vide la diffidenza neisuoi occhi. Zampalesta si accucciò ai suoipiedi.

— Cos’è successo? — domandò Celaena.— Volevo chiederti la stessa cosa — disse

la principessa nella lingua di Eyllwe. Poi feceun cenno a Celaena e aggiunse: — Se non tiavessi trovato, saresti morta in pochi minuti,per quel morso.

Persino il sangue sul pavimento era statoripulito. — Grazie — disse Celaena. Poi,

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guardando il cielo scuro fuori dalle finestre,chiese: — Che giorno è? — Se fosseropassati due giorni e si fosse persa l’ultimaprova…

— Sono passate solo tre ore.Celaena abbassò le spalle. Non si era

persa la prova. Aveva ancora il giorno dopoper allenarsi, e la prova il giorno seguente. —Non capisco. Come avete…

— Non è questo l’importante — interruppeNehemia. — Voglio sapere dove ti seiprocurata quel morso. C’era sangue solo nellatua stanza, non ce n’era traccia nel corridoioe da nessun’altra parte.

Celaena chiuse e riaprì la mano destra,guardando le cicatrici che si distendevano e sicontraevano. Era stata sul punto di morire.Lanciò un’occhiata alla principessa, poi siguardò di nuovo la mano. In qualunque cosafosse implicata Nehemia, Caino nonc’entrava.

— Io non sono quella che fingo di essere

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— confessò piano Celaena, incapace diguardare l’amica negli occhi. — LillianGordaina non esiste. — Nehemia non dissenulla. Celaena si costrinse a guardarla negliocchi. La principessa l’aveva salvata, comepoteva aver solo osato credere che fosse lei,a controllare quella creatura? Le dovevacome minimo la verità. — Il mio vero nome èCelaena Sardothien.

Nehemia restò a bocca aperta. Poi,lentamente, scosse la testa. — Ma ti avevanomandato a Endovier. Dovevi essere aEndovier con… — Nehemia spalancò gliocchi. — Tu parli la lingua dei contadini diEyllwe, di quelli che sono stati fatti schiavi aEndovier. Ecco dove l’hai imparata. —Celaena cominciò a respirare male. Le labbradi Nehemia tremarono. — Tu sei stata… tusei stata a Endovier? Endovier è un campo…di sterminio. Ma perché non me l’hai detto?Non ti fidi di me?

— Certo che mi fido di voi — risposeCelaena. Specialmente adesso che lei aveva

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dimostrato contro ogni ombra di dubbio di nonessere la responsabile di quei delitti. — Il remi ha ordinato di non farne parola.

— Parola di cosa? — chiese Nehemia digetto, trattenendo le lacrime. — Il re sa chisei? Ti dà ordini?

— Io sono qui per un suo capriccio. —Celaena si tirò su a sedere. — Sono quiperché lui ha indetto un torneo per decretareil suo paladino. E dopo che avrò vinto,ammesso che ci riesca, lavorerò quattro anniper lui come sua lacché e assassina. E poi,otterrò la grazia e la libertà.

Nehemia la fissava, già condannandola conla sua freddezza.

— Credete che mi piaccia restare qui? —gridò nonostante il dolore alla testa. — O quio a Endovier! Non avevo scelta. — Si portò lemani al petto. — Prima che cominciate afarmi una lezione di morale, o che scappiatevia per nascondervi dietro le vostre guardie,sappiate che non passa giorno senza che io

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mi chieda come farò a uccidere per lui, l’uomoche ha distrutto tutto ciò che amavo!

Le mancava il respiro, nella sua testacontinuava ad aprirsi e chiudersi una porta, ele immagini che Celaena aveva cercato pertutto quel tempo di tenere fuori ora lesfilavano davanti agli occhi. Li chiuse,sperando di non vedere altro che buio.Nehemia non parlò. Zampalesta mugolava.Nel silenzio, le echeggiarono in testa persone,luoghi e parole.

Poi si udì un rumore di passi che la riportòalla realtà. Il materasso scricchiolò e gemettequando Nehemia si sedette sul letto. E siaggiunse un altro peso, più leggero,Zampalesta.

Nehemia prese la mano di Celaena nellasua, calda e asciutta. Celaena aprì gli occhi,ma guardava la parete opposta della stanza.

Nehemia le strinse la mano. — Sei l’amicapiù cara che ho, Celaena. Mi addolora, miaddolora più di quanto avrei immaginato, che inostri rapporti si siano così raffreddati.

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Vedere che mi guardi con diffidenza. Vorreiche non succeda mai più! E vorrei dartiqualcosa che ho concesso solo a pochi,finora. — I suoi occhi scuri brillarono. — Inomi non sono importanti, è quello che haidentro che conta. So cosa hai passato aEndovier. So cosa ha passato la mia gentelaggiù, giorno dopo giorno. Eppure tu non hailasciato che le miniere ti indurissero, non haipermesso che ti facessero diventare crudele.

La principessa le tracciò un segno sullamano, premendole le dita sulla pelle. — Tuporti diversi nomi, perciò te ne darò unoanch’io. — Alzò la mano sulla fronte diCelaena e fece un segno invisibile. — Tichiamerò Elentiya. — E la baciò sulla fronte.— Ti do questo nome da portare con onore,da usare quando gli altri nomi diventerannotroppo pesanti. Ti chiamerò Elentiya, “spiritoche non può essere spezzato”.

Celaena si sentì immobilizzata, sentì ilnome che l’avvolgeva come un velo

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scintillante. Era amore incondizionato.Amicizie così non esistevano. Perché lei eracosì fortunata da averla trovata?

— Vieni qui — disse Nehemia allegra. —Raccontami bene come sei diventatal’Assassina di Adarlan e come sei arrivata quial castello, e i particolari di questo assurdotorneo. — Celaena fece un timido sorriso,mentre Zampalesta scodinzolava e leccava ilbraccio di Nehemia.

Per qualche motivo, lei le aveva salvato lavita. Le risposte a quel gesto potevanoaspettare. E così Celaena incominciò.

Il mattino seguente Celaena camminavaaccanto a Chaol, gli occhi bassi sul pavimentodi marmo del corridoio. Il sole che s’irradiavasulla neve del giardino rendeva quasiaccecante la luce all’interno. Avevaraccontato quasi tutto a Nehemia. Ma c’eranocose che non avrebbe mai detto a nessuno, enon aveva neanche accennato a Caino, etanto meno alla bestia. Nehemia non le aveva

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più chiesto che cosa le avesse morso lamano, ma era rimasta raggomitolata accantoa lei sul letto, a parlare fino a notte fonda.Celaena, che non era sicura di riuscire adormire, ora che sapeva di cosa fossecapace Caino, le fu grata per quellacompagnia.

Si avvolse stretta nella mantella. Il mattinoera particolarmente freddo.

— Sei silenzioso oggi. — Chaol aveva losguardo assente. — Tu e Dorian avetelitigato?

Dorian. Era passato ieri sera, ma Nehemial’aveva mandato via prima che potesseentrare in camera da letto. — No, non lo vedoda ieri mattina. — Con tutto quel che erasuccesso la sera prima, sembrava fossepassata una settimana.

— Ti è piaciuto ballare con lui?Era stizza, quella che sentiva nel suo tono

di voce? Si girò verso di lui mentre svoltavanoun angolo per raggiungere una palestra diallenamento riservata. — Sei andato via

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presto. Pensavo che mi avresti sorvegliataper tutta la sera.

— Non hai più bisogno che io ti controlli.— Non ne avevo bisogno neanche prima.Lui alzò le spalle. — Ora so che non

scapperai da nessuna parte.Fuori una ventata impetuosa sollevò un

turbine di neve, alzando in aria un’ondaluccicante. — Potrei tornare a Endovier.

— Non ci tornerai.— E tu come lo sai?— Lo so e basta.— La cosa mi conforta moltissimo.Chaol rise proseguendo verso la palestra.

— Mi sorprende che il tuo cane non ti corradietro, con tutto quel che ha pianto poco fa.

— Se tu avessi un animale, non miprenderesti in giro — disse rattristata.

— Non l’ho mai avuto, non ne ho maivoluto uno.

— Probabilmente è una fortuna per ilcane…

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Lui le diede una gomitata, lei rise e glielarestituì. Voleva dirgli di Caino. Voleva dirglieloda quando l’aveva visto sulla porta, quellamattina. Voleva dirgli tutto.

Ma lui non doveva sapere. Celaena avevacapito che, se gli avesse detto di Caino edella creatura che lui aveva liberato, Chaolavrebbe voluto vederne i resti, e allora leiavrebbe dovuto condurlo al passaggiosegreto. Anche se Chaol si fidava abbastanzada lasciarla sola con Dorian, forse era meglionon rischiare rivelandogli che aveva scopertouna via di fuga non sorvegliata.

E comunque l’ho ucciso, è finita. Lamisteriosa forza del male di cui parlava Elenaè stata sconfitta. Adesso basterà battereCaino a duello e a quel punto non ci saràbisogno che nessuno sappia nulla.

Chaol si fermò davanti all’anonima portadella palestra e si girò per guardarla. — Te lochiederò soltanto una volta, poi non lo faròpiù — disse guardandola così intensamente

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da metterla in imbarazzo. — Lo sai, vero, inche situazione ti stai mettendo con Dorian?

Lei rise, una risata sguaiata, gracchiante.— Tu stai dando a me un consiglio amoroso?Per il mio bene o per quello di Dorian?

— Per quello di entrambi.— Non credevo di starti così a cuore, non

credevo neanche che te ne fossi accorto.Lui fortunatamente non abboccò alla

provocazione, ma si limitò ad aprire la porta.— Ricordati solo di usare la testa, va bene?— le disse senza girarsi ed entrò nella sala.

Sudata e affannata dopo un’ora diallenamento a scherma, Celaena si asciugò lafronte con la manica mentre facevano ritornoalle proprie stanze.

— L’altro giorno ho visto che leggevi Elriced Emide — disse Chaol. — Pensavo cheodiassi la poesia.

— Ma quella è diversa — rispose lei,dondolando le braccia. — Il poema epico nonè noioso né pretenzioso.

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— Ah, davvero? — disse lui con un sorrisobeffardo. — Un poema che parla di grandibattaglie e amori sconfinati non èpretenzioso? — Lei gli colpì scherzosamentela spalla e lui rise. Contenta di quellaleggerezza, cominciò a ridere anche lei. Mapoi svoltarono un angolo e trovarono la salagremita di guardie. E lo vide.

Il re di Adarlan.

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Il re. Celaena ebbe un tuffo al cuore. Si sentìpulsare tutte le piccole cicatrici della mano.Lui avanzava a grandi passi verso di loro, inquel corridoio troppo stretto per la sua moleenorme, e i loro occhi si incrociarono.Celaena si sentì avvampare e raggelareinsieme. Chaol si fermò e fece un grandeinchino.

Per non finire subito appesa alla forca, siinchinò lentamente anche lei. Lui la fissò conocchi ferrigni, facendole accapponare la pelledelle braccia. Il re sapeva che qualcosa nonandava, che qualcosa era cambiato al

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castello, qualcosa che aveva a che vederecon lei. Celaena e Chaol si rialzarono e sifecero da parte.

Il re si girò a studiarla mentre le passavaaccanto. Poteva leggerle dentro? Sapevaforse che Caino aveva il potere di aprire iportali – dei portali veri – su altri mondi?Sapeva che nonostante lui avesse bandito lamagia, i segni di Wyrd avevano mantenuto illoro potere? Un potere di cui avrebbe potutoimpossessarsi se avesse imparato a evocaredemoni come il ridderak…

C’era una grande cupezza nei suoi occhi,sembravano freddi e distanti, come lo spazioscuro fra le stelle. Poteva un uomo solodistruggere un intero mondo? La suaambizione era così forte? Le sembrò disentire il frastuono della guerra. Il re girò latesta per guardare oltre.

C’era qualcosa di pericoloso in lui. Era lastessa aria di morte che aveva percepitodavanti a quel vuoto oscuro invocato daCaino. Era l’odore di un altro mondo, un

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mondo morto. Perché Elena voleva che lei glisi avvicinasse?

Celaena riuscì a muoversi, un passo allavolta, e ad allontanarsi dal re. Sentì di avereuno sguardo assente e distante e, pur nonvoltandosi verso Chaol, capì che lui la stavastudiando. Per fortuna non disse una parola:era bello avere qualcuno che capiva.

Chaol non disse nulla neanche quando leilo affiancò per proseguire oltre.

Chaol camminava su e giù per la sua stanza,era libero fino al prossimo allenamento diCelaena, nel pomeriggio con gli altri paladini.Dopo pranzo era tornato nella sua stanza perleggere il resoconto che descriveva neiparticolari il viaggio del re. Negli ultimi dieciminuti l’aveva già letto tre volte. Accartocciò ilfoglio con una mano. Perché il re era tornatoda solo? E, cosa più importante, perché tuttiquelli che erano con lui erano morti? Non erachiaro dove fosse stato. Aveva accennato alleMontagne della Zanna Bianca, ma… perché

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erano morti tutti?Il re aveva vagamente accennato al fatto

che i ribelli avevano avvelenato le loro riservedi cibo, ma i dettagli erano abbastanzanebulosi da suggerire che la verità eraun’altra. Forse non aveva detto tutto perchénon sarebbe piaciuto ai suoi sudditi. PeròChaol era il suo capitano della guardia. Se ilre non si fidava di lui…

Al rintocco dell’orologio, Chaol abbassòrassegnato le spalle. Povera Celaena.Sembrava un animale impaurito quando eraapparso il re, chissà se ne rendeva conto…Avrebbe voluto rassicurarla. Celaena neaveva subito gli effetti per un po’, dopol’incontro. Anche a pranzo era rimastaassente.

Ormai lei era davvero incredibile, cosìveloce che lui stesso faceva fatica a starledietro. Riusciva a scalare un muro condisinvoltura e aveva persino dimostrato dipotersi arrampicare fino al suo balcone a

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mani nude. La cosa lo innervosiva, specieconsiderando che aveva solo diciotto anni. Sichiese se era già stata così, prima diEndovier. Non si risparmiava mai, quandocombattevano, però sembrava sprofondareogni volta dentro di sé, in un luogo calmo efresco e al tempo stesso feroce e infuocato.Poteva uccidere chiunque, Caino compreso,in pochi secondi.

Ma se fosse diventata paladina del re,avrebbero potuto lasciarla di nuovo libera perl’Erilea? Chaol le era affezionato, ma forsenon sarebbe riuscito a dormire sonni tranquillisapendo di aver rimesso in forma e in libertàl’Assassina più forte del mondo. Se lei avessevinto, però, sarebbe rimasta lì per altri quattroanni.

Cosa aveva pensato il re quando li avevavisti ridere insieme? Non poteva certo esserequella la ragione per cui aveva tralasciato didirgli cosa era successo ai suoi uomini. No, ilre non si disturbava a notare certe cose,soprattutto poiché Celaena sarebbe potuta

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presto diventare la sua paladina.Chaol si grattò la spalla. Celaena gli era

apparsa così piccola e indifesa, quandoaveva visto il re.

Da quando era tornato, il re non sembravaper niente diverso, e con Chaol era burberocome sempre. Ma quella partenza improvvisae poi quel ritorno senza anima viva…Qualcosa bolliva in pentola, una pentola che ilre era partito per rimestare. E in qualchemodo lo sapeva anche Celaena.

Il capitano della guardia si appoggiò allaparete, fissando il soffitto. Non dovevaimpicciarsi degli affari del re. In quel momentodoveva concentrarsi a risolvere gli omicidi deipaladini e assicurarsi che Celaena vincesse iltorneo. L’orgoglio principesco di Dorian nonc’entrava più. Il fatto è che Celaena nonsarebbe sopravvissuta un altro anno aEndovier.

Chaol abbozzò un sorriso. Nei mesi in cuiera stata al castello, Celaena aveva già

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combinato abbastanza guai. Figuriamoci cosasarebbe potuto accadere in altri quattro anni.

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Celaena era ormai senza fiato quando lei eNox abbassarono le spade e il maestro d’armigridò ai cinque paladini di andare a prenderedell’acqua. L’indomani ci sarebbe statal’ultima prova prima della sfida finale. Celaenasi tenne a distanza quando Caino avanzò conpasso pesante verso la caraffa d’acqua chestava sul tavolo addossato alla parete piùlontana, studiando ogni suo movimento.Osservò i suoi muscoli, la sua altezza, la suamole, tutta forza sottratta ai paladini morti.Studiò l’anello nero che portava al dito. Cheavesse un qualche legame coi suoi orribili

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poteri? Non le era sembrato per nientesorpreso di vederla viva, quando era entratonella palestra. Le aveva solo lanciato unpiccolo sorriso beffardo e poi aveva preso laspada da allenamento.

— Qualcosa non va? — disse Nox col fiatocorto quando le si avvicinò. Caino, Tomba eRenault stavano parlando fra loro. — Eri unpo’ fuori forma.

Come aveva imparato Caino a invocare lacreatura, e cos’era quel buio da cui si eramaterializzato il ridderak? Voleva davverosolo vincere il torneo?

— O hai dei pensieri che ti frullano per latesta? — domandò Nox.

Lei si tolse dalla testa Caino e rispose. —Cosa?

Nox rise. — Mi è sembrato che tu gradissimolto le attenzioni del principe, al ballo.

— Fatti gli affari tuoi! — ribatté lei.Nox alzò le mani. — Non volevo essere

indiscreto. — Lei si diresse verso la caraffad’acqua senza dirgli una parola e si versò un

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bicchiere senza preoccuparsi di offrirglieneuno. Quando appoggiò la caraffa, lui siavvicinò e le disse: — Quelle cicatrici sullamano sono nuove.

Celaena infilò la mano in tasca,fulminandolo con gli occhi. — Fatti gli affarituoi — ripeté e fece per allontanarsi, ma Noxla prese per un braccio.

— Mi hai detto di restare nelle mie stanze,l’altra sera. E quelle cicatrici sembrano di unmorso. Dicono che Verin e Xavier siano statiuccisi da animali. — I suoi occhi grigi laguardarono accigliati. — Tu sai qualcosa.

Celaena guardò dietro di sé Caino chestava scherzando tranquillamente conTomba, come se non fosse uno psicopaticocapace di evocare demoni. — Siamo rimastisolo in cinque. Solo quattro arriveranno allasfida di domani. Qualsiasi cosa sia successaa Verin e a Xavier, non è stata una disgrazia,perché guarda caso gli omicidi si sonosempre verificati a due giorni dalle prove.

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Celaena divincolò il braccio. — Stai attento— sibilò.

— Dimmi cosa sai.Non poteva, non senza passare per pazza.

— Se tu fossi furbo, cercheresti di scappareda questo castello.

— Perché? — E lanciò un’occhiata aCaino. — Cosa mi nascondi?

Brandus finì la sua acqua e andò ariprendersi la spada. Celaena non avevamolto tempo prima che il maestro d’armiordinasse di riprendere l’allenamento. — Tisto dicendo che se io avessi un’altra scelta,se avessi un’alternativa fra restare e morire,avrei già attraversato mezza Erilea ormai, esenza alcun ripensamento.

Nox si sfregò il collo.— Non capisco niente di quello che hai

appena detto. Perché non hai scelta? So chele cose non vanno bene con tuo padre, ma disicuro non… — Lei lo zittì con un’occhiata. —E comunque non sei una ladra di gioielli,

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vero? — Celaena scosse la testa. Nox lanciòun’altra occhiata a Caino. — E lo sa ancheCaino. Ecco perché cerca sempre diprovocarti, per farti dire chi sei veramente.

Lei annuì. Che differenza faceva che luisapesse? Ora aveva cose più importanti a cuipensare. Per esempio, come sarebbesopravvissuta fino ai duelli finali. O comeavrebbe fermato Caino.

— Ma chi sei veramente? — domandòNox. Celaena si morse il labbro. — Hai dettoche è stato tuo padre a mandarti a Endovier,e fin qui è la verità. Il principe è venuto aprenderti, di quel viaggio ci sono le prove. —Nel momento in cui lo disse, il suo sguardoscivolò sulla schiena di Celaena. A poco apoco, nella mente di Nox si acceserorivelazioni che Celaena conosceva primaancora che potessero formarsi. — Ma tu nonstavi nella città di Endovier. Tu stavi al campodi Endovier. Alle miniere di sale. Questospiega perché eri così pelle e ossa la primavolta che ti ho vista.

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Brandus batté le mani. — Forza, tuttiquanti! Agli esercizi!

Nox e Celaena restarono vicino al tavolo.Nox aveva gli occhi sgranati. — Eri schiava, aEndovier? — Lei non riusciva a pronunciare leparole per confermarlo. Nox aveva capitotroppe cose, e questo poteva metterlo neiguai… — Ma tu sei una donna, cos’hai fattoper… — Il suo sguardo cadde su Chaol esulle guardie appostate vicino a lui. — Dovreiconoscerti già? Dovrei già sapere che eristata mandata a Endovier?

— Sì, lo sapevano tutti — sussurrò, e loguardò passare mentalmente in rassegnaogni nome che aveva sentito associare a quelluogo e poi rimettere insieme i pezzi. Noxindietreggiò.

— Tu sei una ragazza.— Già, non sembra, vero? Tutti credono

che io sia più grande.Nox si passò una mano sui capelli neri. —

O diventi la paladina del re o te ne torni a

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Endovier, è così, vero?— È per questo che non posso

andarmene. — Brandus ordinò di cominciaregli esercizi. — Ed è per questo che ti stodicendo di andartene dal castello, finché puoi.— Sfilò la mano dalla tasca e gliela mostrò.— È stata una creatura che non riuscirei maia descriverti, e se anche ci provassi non micrederesti. Ma adesso siamo rimasti incinque, e siccome la prova è domani, questanotte siamo ancora in pericolo.

— Non ci capisco niente — disse Nox,tenendosi sempre un passo indietro.

— Non devi capire. Ma se perdi, tu nontornerai in prigione. E se anche arrivassi alduello finale, tu non vincerai. Perciò deviandartene.

— Non vuoi scoprire chi ha ucciso ipaladini?

Celaena trattenne un brivido al ricordo deidenti e del fetore del ridderak. — No — dissesenza riuscire a nascondere la paura nellasua voce. — E neanche tu. Devi solo fidarti di

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me: credimi, non sto cercando di fregarti pervincere.

Qualunque cosa avesse letto nella suaespressione, gli fece abbassare la guardia. —Per tutto questo tempo ho pensato che tufossi solo una bella ragazza di Bellhaven cherubava gioielli per attirare l’attenzione di suopadre. Non sapevo che quella ragazza biondafosse la regina del male. — Fece un sorrisotriste. — Grazie per avermi avvisato, vistoche potevi anche non dirmi niente.

— Sei stato l’unico a prendermi sul serio —disse lei con un caloroso sorriso, asottolineare che lo pensava davvero. — E misorprende che tu mi creda anche adesso.

Al nuovo urlo di Brandus si avviarono perunirsi al resto del gruppo. Chaol li guardavaserio. Celaena sapeva che più tardi leavrebbe chiesto spiegazioni.

— Fammi un favore, Celaena — le chieseNox. Nell’udire il suo nome, sussultò. Nox le siavvicinò all’orecchio. — Strappagli la testa, a

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Caino! — mormorò con un ghigno perfido.Celaena sorrise e annuì.

Quella sera stessa Nox lasciò il castello,svignandosela senza dire niente a nessuno.

L’orologio batté le cinque e lady Kaltain lottòper non sfregarsi gli occhi mentre trasudavaoppio da tutti i pori. Alla luce del tramonto, lesale del castello si tingevano di rosso,arancione e oro, creando una miscela dicolori. Perrington le aveva chiesto dimangiare al suo tavolo nel grande salone e leinormalmente non avrebbe mai osato fumareprima di una cena formale, ma il mal di testache l’aveva tormentata tutto il pomeriggio nonsi era attenuato.

Il corridoio sembrava non finire mai. Ignoròcortigiani e domestici che le passavanoaccanto, concentrandosi solo sul giorno chestava finendo. Qualcuno le stava andandoincontro dall’altra parte, una macchia nerasullo sfondo della luce arancione e dorata, dacui sembravano sgorgare ombre che si

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proiettavano come chiazze d’inchiostro sulpavimento, sulle finestre e sulle pareti.

Cercò di deglutire mentre si avvicinava, masentì la lingua secca e pesante.

Passo dopo passo era sempre più vicino,più grande e più alto, e lady Kaltain sentì ilbattito del cuore rimbombarle nei timpani.Forse l’oppio non aveva funzionato o forsestavolta aveva fumato troppo… Tra quelmartellio alle orecchie e alla testa sentì unfruscio di ali.

Fra un battito di ciglia e l’altro le sembrò divedere cose che volavano intorno all’uomo incerchi rapidi e animaleschi, che glivolteggiavano sopra, in attesa di…

— Milady — disse Caino chinando la testaquando la incrociò.

Lady Kaltain non disse niente. Strinse ipalmi sudati e proseguì verso il grandesalone. Ci volle un po’ prima che quel frullio diali scemasse, ma quando arrivò al tavolo delduca si era già dimenticata tutto.

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Quella sera, dopo cena, Celaena era sedutadavanti alla scacchiera con Dorian. Il bacioche le aveva dato al ballo di due giorni prima,non era stato così male. Anzi, a esseresincera le era piaciuto. Ovviamente lui eratornato e finora non aveva fatto cenno né allecicatrici che Celaena aveva sulla mano, né albacio. E lei non gli avrebbe mai raccontato delridderak. Forse provava qualcosa per lui, mase Dorian avesse riferito al padre del poteredei segni di Wyrd e delle Porte di Wyrd… le siraggelò il sangue al solo pensiero.

Eppure, guardandolo mentre la luce delfuoco gli illuminava il viso, non riusciva atrovare alcuna somiglianza con il padre. No,poteva solo vedere la gentilezza, l’intelligenza,e forse un po’ di spocchia, ma… Celaenagrattò le orecchie di Zampalesta. Pensavache Dorian si sarebbe allontanato da lei perpassare a un’altra donna, ora che l’avevaprovata.

Ammesso che avesse voluto provarla.

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Dorian mosse la regina e Celaena rise. —S e i davvero sicuro di volerlo fare? —domandò. Dorian fece una smorfia perplessae Celaena prese il pedone, lo mosse indiagonale e mangiò la regina.

— Maledizione! — gridò Dorian e leiridacchiò.

— Ecco — disse porgendogli il pezzo. —Prendilo e prova un’altra mossa.

— No. Giocherò da uomo e accetterò lemie mosse sbagliate!

Risero, ma il silenzio calò presto su di loro.Celaena aveva ancora il sorriso sulle labbraquando lui si allungò per prenderle la mano.Lei avrebbe voluto ritrarla, ma non ci riuscì.Lui le tenne la mano sulla scacchiera edelicatamente appoggiò il proprio palmo sulsuo, intrecciando le dita in quelle di lei. Lamano di Dorian era ruvida e forte. Le duemani restarono così, intrecciate, sul bordo deltavolo.

— Servono tutt’e due le mani per giocare a

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scacchi — disse lei, chiedendosi se il propriocuore fosse sul punto di esplodere.Zampalesta sbuffò e se ne andòtrotterellando, probabilmente per scompariresotto il letto.

— Credo che ne basti una sola. — Emosse un pezzo nella scacchiera. — Visto?

Celaena si morse il labbro, ma senzadivincolare ancora la mano da quella di lui. —Stai per baciarmi di nuovo?

— Mi piacerebbe. — Celaena eraparalizzata quando lui si allungò verso di lei,sempre più vicino, col tavolo che scricchiolavasotto il suo peso. Ma poi si fermò, con lelabbra a un soffio dalle sue.

— Oggi ho incontrato tuo padre nell’atrio— disse di getto.

Dorian lentamente ritornò a sedere. — Eallora?

— È andata bene — mentì.Dorian la guardò accigliato e le alzò il

mento con un dito. — Non me l’hai dettosoltanto per evitare l’inevitabile, vero?

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No, lo aveva detto solo per continuare aparlare, per trattenerlo lì fino a quando neavesse avuto voglia, per non dover affrontareuna notte da sola con la minaccia di Caino.Chi meglio del principe poteva starle vicinonelle ore buie della notte? Caino non avrebbemai osato fargli del male.

Ma tutto… tutto ciò che era accaduto con ilridderak significava che i libri che aveva lettodicevano la verità. E se Caino avesse potutoevocare qualsiasi cosa, compresi i morti?C’erano molte persone che avevano perso laloro fortuna quando la magia era svanita. Il restesso poteva essere interessato a quelgenere di potere.

— Stai tremando — disse Dorian. Ed eraproprio così. Celaena stava tremando comeuna maledetta idiota. — Stai bene? — Luifece il giro del tavolo per andare a sedersivicino a lei.

Non poteva dirglielo, no, lui non avrebbemai dovuto sapere. Come non avrebbe

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dovuto sapere che quando aveva controllatosotto il letto, prima di cena, aveva trovatosegni di gesso fatti di fresco e aveva dovutocancellarli. Caino sapeva che lei avevascoperto il suo modo di eliminare gliavversari. Forse sarebbe venuto a cercarlaquella notte stessa, o forse no, non ne avevala minima idea. Ma avrebbe dormito pocoquella sera, almeno fino a quando non fosseriuscita a trapassare Caino con la sua spada.

— Sto bene — disse, seppur con un filo divoce.

Ma se lui avesse insistito, lei avrebbedovuto dirgli tutto.

— Sei sicura che stai… — cominciò, ma leisi avvicinò e lo baciò.

Per poco non lo face cadere, ma lui allungòun braccio per aggrapparsi allo schienaledella poltrona e si tenne mentre con l’altrobraccio le cingeva la vita. Celaena si lasciòinebriare dal tocco delle sue dita e dal saporedelle sue labbra. Lo baciò, sperando dirubargli un po’ della sua aria. Le sue dita si

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intrecciarono ai suoi capelli e, mentre lobaciava appassionatamente, lei lasciò chetutto il resto svanisse.

L’orologio batté le tre. Celaena sedeva sulletto, le ginocchia strette a sé. Dopo essererimasti per ore a letto a baciarsi e a parlare, epoi di nuovo a baciarsi, Dorian se n’eraandato da pochi minuti. Aveva avuto latentazione di chiedergli di restare, e farlosarebbe stata una cosa sensata, ma ilpensiero che potesse trovarsi ancora lìquando Caino e il ridderak fossero andati dalei, il pensiero che Dorian potesse restareferito, la convinse a lasciarlo andare.

Troppo stanca per leggere, ma tropposveglia per dormire, si mise a fissare il fuocoche crepitava. Il minimo colpo o il minimopasso la facevano sobbalzare, anche se erariuscita a sottrarre di nascosto qualche altrospillone dal cesto di Philippa. Ma un pugnaleraffazzonato, un libro pesante e una candelanon l’avrebbero certo protetta da quello che

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Caino avrebbe potuto evocare.Non avresti dovuto lasciare Damaris nel

sepolcro. Tornare laggiù non era possibile,non con Caino ancora vivo. Si strinse leginocchia al petto, rabbrividendo al ricordodella cupa oscurità da cui si era materializzatoil ridderak.

Caino doveva aver saputo dei segni diWyrd sulle Montagne della Zanna Bianca,quella terra di confine maledetta fra Adarlan ele Lande Occidentali. Essi dicevano che ilmale serpeggiava ancora fra le rovine delRegno della Strega, e che le vecchie Denti diFerro si aggiravano ancora fra le stradedeserte dei passi di montagna.

Le venne la pelle d’oca e per scaldarsiprese una coperta dal letto. Se riusciva asopravvivere fino ai duelli finali, avrebbesconfitto Caino e sarebbe finito tutto. Alloraavrebbe potuto ricominciare a dormire bene,a meno che Elena non avesse in mentequalcos’altro, qualcosa di più grande.

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Celaena appoggiò la guancia alleginocchia, ascoltando il ticchettio dell’orologionella notte.

Uno scalpiccio di zoccoli sul terreno gelato,sempre più veloce sotto i colpi di frusta delcavaliere. Sulla terra c’era uno spesso stratodi fango e neve, e qualche fiocco volteggiavaancora nell’aria notturna.

Celaena correva, con tutta la velocità chele permettevano le sue giovani gambe.Sentiva dolore dappertutto: gli alberi lelaceravano il vestito e i capelli, le pietre letagliavano i piedi. Avanzava nella forestaansimando così forte da non avere il fiato pergridare aiuto. Doveva raggiungere il ponte. Lacosa non sarebbe riuscita ad attraversarlo.

Alle sue spalle udì il rumore di una spadache veniva sguainata.

Cadde rovinosamente fra il fango e lerocce. Il rumore del demone che si avvicinavarisuonò nell’aria mentre lei cercava di rialzarsi,ma il fango la tratteneva e non riusciva a

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correre.Aggrappandosi a un cespuglio, con le

piccole mani sanguinanti, e il cavallo ormaivicino, Celaena…

Si svegliò boccheggiando. Mise una manosul cuore e si premette il petto ansimante.Era un soltanto sogno.

Il fuoco si era ridotto a brace, una lucegrigia e fredda filtrava dalle tende. Era unincubo. A un certo punto della notte dovevaessersi addormentata. Afferrò il suo amuleto,facendo scorrere il pollice sulla pietra alcentro.

Mi hai protetta quando quella cosa mi haassalito, la notte scorsa.

Rabbuiandosi, sistemò con delicatezza lecoperte intorno a Zampalesta e le accarezzòla testolina. Stava per sorgere l’alba. Erasopravvissuta a un’altra notte.

Con un sospiro, Celaena si distese echiuse gli occhi.

Poche ore dopo, quando si sparse lanotizia che Nox se n’era andato, Celaena

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venne a sapere che l’ultima prova era stataannullata. Avrebbe combattuto contro Tomba,Renault e Caino l’indomani.

Domani. E poi si sarebbe decisa la sualibertà.

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La foresta era silenziosa e gelida intorno aDorian, e al suo passaggio la neve cadevadagli alberi in grandi blocchi. Il suo sguardosaettava fra i rami e i cespugli. Aveva provatoil bisogno impellente di uscire a caccia, anchesolo per sentirsi addosso quell’aria pungente.

Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva ilviso di lei. Era sempre nei suoi pensieri, gliinfondeva la voglia di fare cose grandi emeravigliose, di essere un uomo che meritavala corona.

Ma Celaena… cosa provasse lei, Doriannon sapeva dirlo. Lo aveva baciato, con

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passione, ma anche tutte le donne che luiaveva amato prima di lei erano stateappassionate. Mentre le altre lo guardavanoadoranti, lei lo scrutava come un gatto guardaun topo. Dorian percepì un movimento es’irrigidì. A una decina di metri scorse uncervo intento a mangiare la corteccia di unalbero. Il principe fermò il cavallo e sfilò unafreccia dalla faretra, ma poi allentò la cordadell’arco.

Celaena avrebbe combattuto l’indomani.Se si fosse fatta male… No, ce l’avrebbe

fatta, lei era forte, intelligente e veloce. Si eraspinto troppo oltre, non avrebbe dovutobaciarla. Perché adesso, comunque si fosseprefigurato il proprio futuro, e con chiunqueavesse pensato di condividerlo, non riusciva aimmaginarsi con nessun’altra, non volevanessun’altra.

Cominciò a nevicare. Dorian guardò il cielogrigio e attraversò la riserva di cacciaimmersa nel silenzio.

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Celaena era ferma davanti alla portafinestradel suo balcone e guardava Rifthold. I tettierano coperti di neve e le case illuminate.Sarebbe stato un bel panorama se nonavesse saputo della corruzione e dellasporcizia che regnavano sulla città. E dellamostruosità che la governava. Sperava cheNox fosse già lontano, molto lontano. Dissealle guardie che non desiderava riceverevisite e di non far entrare nemmeno Chaol eDorian, se fossero passati. Qualcuno avevabussato, ma lei non aveva risposto, e se n’eraandato subito senza riprovare. Appoggiò lamano sul vetro della finestra, gustandosi ilfreddo pungente. L’orologio batté le dodici.

Domani – o era già oggi? – avrebbeaffrontato Caino. Non aveva mai combattutocontro di lui, negli allenamenti. Gli altri paladinierano stati troppo impazienti di misurarsi conlui. Benché forte, Caino non era velocequanto lei. Però aveva resistenza, quindiavrebbe dovuto schivare per un po’ i suoi

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colpi. Sperava solo che tutte le corse conChaol le sarebbero servite a non stancarsiprima di lui. Se avesse perso…

Non pensarci nemmeno.Celaena appoggiò la fronte contro il vetro.

Sarebbe stato più onorevole cadere in duelloche tornare a Endovier? O sarebbe stato piùonorevole morire che diventare la paladina delre? Chi le avrebbe chiesto di uccidere?

Quando era l’Assassina di Adarlan potevadire la sua. Anche se Arobynn Hamel tenevale redini della sua vita, aveva sempre potutoesprimere la sua opinione sugli incarichi chele venivano affidati. Per esempio, nientebambini e nessuno di Terrasen. Il re, invece,avrebbe potuto ordinarle di ucciderechiunque. Forse Elena si aspettava che lei glidicesse di no, una volta diventata la suapaladina? Le saltò il cuore in gola. Non era ilmomento di pensarci, adesso. Dovevaconcentrarsi su Caino, su come sfiancarlo.

Ma per quanto si sforzasse, riusciva solo apensare a quell’assassina disperata e ridotta

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alla fame che, a Endovier, era statatrascinata via da uno scorbutico capitanodella guardia reale. Cosa avrebbe rispostoall’offerta del principe, se lui avesse saputoche rischiava di perdere così tanto? Avrebbeforse riso sapendo che altre cose e altrepersone si sarebbero rivelate importantiquanto la sua libertà?

Celaena ricacciò il nodo in gola. Forsec’erano anche altre ragioni per combattere,l’indomani. Forse quei pochi mesi al castellonon le erano bastati, forse… voleva restarci,per ragioni che andavano oltre la sua libertà.E questo, la disperata assassina di Endoviernon se lo sarebbe certo mai immaginato.

Eppure era così. Voleva restare.E questo avrebbe reso la giornata di

domani molto più difficile.

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Lady Kaltain si avvolse nella mantella rossagodendosi il tepore. Ma perché dovevanobattersi in un duello all’aperto? Si sarebbecongelata ancora prima dell’arrivodell’assassina! Tastò la fialetta nella tasca eguardò i due calici sul tavolo di legno: quello adestra era per Sardothien, non dovevaconfonderli.

Guardò Perrington, in piedi vicino al re. Dicerto lui non immaginava cosa lei avrebbefatto una volta eliminata Sardothien, quandoDorian sarebbe stato di nuovo libero daimpegni sentimentali. Sentì il sangue farsi più

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caldo, scintillante.Il duca le andò incontro e lady Kaltain non

alzò gli occhi dal porticato sotto il quale sisarebbe svolto il duello. Perrington si fermòdavanti a lei, schermandola dagli altri membridel consiglio, in modo che nessuno potessevedere.

— Un po’ freddino, per un duelloall’aperto… — commentò il duca. LadyKaltain sorrise e lasciò ricadere le pieghedella mantella sul tavolo mentre lui si chinavaa farle il baciamano. Arrossendo leggermentenel nascondere la mano libera e furtiva, tolseil tappo alla fialetta e ne versò il contenutodentro il calice di vino. La fialetta era giàtornata in tasca quando il duca si rialzò.Quanto bastava a indebolire Sardothien, astordirla e disorientarla.

Sulla porta comparve una guardia, poiun’altra. Fra le due avanzò una figura.Indossava vestiti maschili, anche se ladyKaltain dovette riconoscere l’ottima fatturadella giubba nera e oro. Era strano pensare

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che quella donna fosse un’assassina, ma avederla adesso, le sue stranezze e i suoidifetti avevano un senso. Lady Kaltain passòil dito sulla base del calice e fece un sorrisosghembo.

Il paladino del duca spuntò da dietro latorre dell’orologio. Lady Kaltain lo guardòperplessa. Se Sardothien non fosse statadrogata, sarebbe davvero riuscita asconfiggere un uomo del genere?

Lady Kaltain si allontanò dal tavolo ePerrington andò a sedersi vicino al re, propriomentre arrivavano gli altri due paladini. I lorovolti erano assetati di sangue.

Nel vasto portico che circondava la scuratorre dell’orologio, Celaena si sforzava di nontremare. Non capiva perché avesseroorganizzato i duelli all’aperto, se non permettere ancora più in difficoltà i paladini.Guardò con rimpianto la fila di finestre sulmuro del castello, e il giardino coperto dibrina. Aveva già le mani intirizzite. Se le infilò

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nelle tasche foderate di pelo e si avvicinò aChaol, fermo sul bordo dell’ampio cerchiotracciato col gesso sulle lastre di pietra.

— Si gela, qui fuori — osservò Celaena. Ilcollo e le maniche della giubba nera eranobordate di pelo di coniglio, ma non bastava.— Perché non mi hai detto che era all’aperto?

Chaol scosse la testa, guardando Tomba eRenault, i mercenari della Baia del Teschioche per fortuna sembravano patire il freddoquanto lei. — Non lo sapevo, il re l’ha decisoadesso. Se non altro, dovrebbe finire presto— disse Chaol. Fece un timido sorriso, ma leinon ricambiò.

Il cielo era di un azzurro intenso e Celaenabatté i denti quando si sentì investire da unasferzata di vento. I tredici posti a tavolavennero via via occupati e al centro sedetteroil re e Perrington. Lady Kaltain era in piedi allespalle del duca, vestita con un bel mantellobordato di pelliccia bianca. I loro sguardi siincrociarono e Celaena si domandò perché la

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donna le sorridesse. Poi lady Kaltain guardòverso la torre dell’orologio e, quando Celaenala seguì con gli occhi, capì.

Caino era appoggiato alla torre, la casaccaa malapena in grado di contenere la suamuscolatura. Tutta quella forza rubata… cosasarebbe successo se il ridderak avesseucciso anche lei? Quanta nuova forzaavrebbe avuto oggi? Come se non bastasse,indossava la divisa rossa e oro delle guardiereali, col drago sull’ampio petto. La spada cheportava al fianco era splendida, senza dubbioun dono di Perrington. Il duca conosceva ilpotere del suo paladino? Se anche Celaenaavesse cercato di smascherarlo, non leavrebbe creduto nessuno.

Le venne un attacco di nausea, e Chaol laprese per il gomito e la accompagnò dall’altraparte del portico. Al tavolo, Celaena notò dueuomini anziani che la guardavanopreoccupati. Li salutò.

Lord Urizen e lord Garnel. A quanto pareavete ottenuto ciò che tanto desideravate. A

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quanto pare qualcuno vi ha detto chi sonoveramente.

Due anni prima, separatamente, l’avevanoentrambi assoldata per uccidere lo stessouomo. Lei non aveva detto niente,ovviamente, e aveva accettato tutti e due icompensi. Celaena fece l’occhiolino a lordGarnel che impallidì lasciando cadere la tazzadi cioccolata calda e sciupando i documentiche aveva davanti. Comunque lei avrebbemantenuto il loro segreto, altrimenti sisarebbe giocata la reputazione. Tuttavia, sela sua libertà fosse dipesa da un solo voto…Celaena sorrise anche a lord Urizen, chedistolse lo sguardo.

Poi guardò un altro uomo che la stavafissando.

Il re. Si sentì tremare dentro, ma chinòcomunque la testa.

— Sei pronta? — chiese Chaol. Celaenaannuì con lo sguardo, sapendo che lui era alsuo fianco.

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— Sì — rispose, anche se non ne eratroppo convinta. Il vento le sferzò i capelli,annodandoli con le sue dita gelide. Al tavolocomparve Dorian – bello da levare il fiato,come sempre – che le lanciò un sorrisosevero, mettendosi le mani in tasca eguardando verso suo padre.

Prese posto a tavola anche l’ultimo deiconsiglieri del re. Celaena scosse la testaquando vide Nehemia al margine del cerchio.La principessa incrociò il suo sguardo e lefece un cenno di incoraggiamento. Indossavaun completo spettacolare: pantaloni aderenti,casacca a strati con intarsi metallici e stivali alginocchio. Aveva con sé il suo bastone dilegno, alto fino alla testa. Si era vestita così insuo onore, intuì Celaena con gli occhi lucidi:come un guerriero che riconosceva un suopari.

Quando il re si alzò in piedi, calò il silenzio.Celaena si sentì pietrificata, maldestra econfusa, ma anche leggera e debole come un

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neonato.Chaol la pungolò con il gomito, spingendola

ad avvicinarsi al tavolo. Avanzò a occhi bassi,senza guardare in faccia il re. Per fortunaRenault e Tomba erano al suo fianco. SeCaino le fosse stato vicino, gli avrebbe tortosubito il collo, per farla finita al più presto.Erano in tanti a guardarla…

Pochi passi la separavano dal re diAdarlan. A quel tavolo si decideva la libertà ola morte. Il suo passato e il suo futurosedevano su un trono di ghiaccio.

Lo sguardo si posò su Nehemia, i suoiocchi belli e fieri le scaldarono le ossa e lecalmarono il tremore alle braccia.

Il re di Adarlan parlò. Sapendo chescorgerne la faccia avrebbe soltantoindebolito la forza tratta dagli occhi diNehemia, non diresse lo sguardo verso di lui,ma verso il trono alle sue spalle. Se ladyKaltain si trovava lì, forse era perché il ducaPerrington le aveva rivelato la sua veraidentità…

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— Siete stati tolti dalle vostre miserabili viteper dimostrarvi degni di diventare i sacriguerrieri della corona. Dopo mesi diallenamento è giunto il momento di decretarechi sarà il mio paladino. Vi affronterete aduello. Potrete vincere soltanto inchiodando ilvostro avversario in posizione di morte certa.Senza spingervi oltre — aggiunse lanciandoun’occhiata severa verso di lei. —Cominceranno Caino e il paladino delconsigliere Garnel. Poi la paladina di mio figlioaffronterà il paladino del consigliere Mullison.

Ovviamente il re conosceva Caino pernome, e forse aveva già deciso che sarebbediventato il suo paladino. — I vincitori siaffronteranno nel duello finale. Il vincitoresarà nominato paladino del re. È chiaro?

Annuirono. Per un attimo vide chiaramenteil re per quello che era. Nient’altro che unuomo, un uomo con troppo potere. E in quelbreve istante non ebbe paura di lui. Non avròpaura, si ripromise avvolgendo il cuore in

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quelle parole familiari. — Che i duelli abbianoinizio al mio comando! — decretò il re.

Interpretandolo come il segnale che liautorizzava ad allontanarsi, Celaena andòverso Chaol e si mise al suo fianco.

Caino e Renault s’inchinarono al re, poil’uno all’altro, e sguainarono le spade.Celaena studiò la corporatura di Renaultmentre si metteva in posizione. Lo aveva giàvisto affrontare Caino e, benché non avessemai vinto, era comunque riuscito a tenerglitesta più di quanto ci si aspettasse. Magariavrebbe vinto lui.

Ma Caino alzò la spada. Lui aveva l’armamigliore ed era un palmo più alto.

— Cominciate! — ordinò il re. Le lamebrillarono. I duellanti affondavano earretravano come in una danza. Renault,rifiutandosi di mettersi sulla difensiva, avanzòassestando colpi decisi alla spada di Caino.Celaena si impose di rilassare le spalle, diinspirare aria fresca.

— Pensi che sia un male, combattere per

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seconda? — domandò a Chaol.Chaol continuò a seguire con attenzione il

duello. — Credo che ti concederanno tutto iltempo di cui hai bisogno per riposare. — Poifece un cenno verso i duellanti. — A volteCaino resta scoperto sulla destra. Guarda. —Celaena osservò Caino che affondava laspada girandosi in modo da lasciare il fiancodestro indifeso. — Renault non se n’ènemmeno accorto. — Caino grugnì e affondòsulla lama di Renault, costringendolo adarretrare. — Ha appena perso la suaoccasione.

Il vento infuriava. — Non perdere laconcentrazione — le raccomandò,continuando a guardare il duello. Renaultstava indietreggiando e, a ogni colpo di Caino,si avvicinava sempre più alla linea di gessotracciata a terra. Se l’avesse oltrepassatoanche di un solo passo, sarebbe statosqualificato. — Cercherà di provocarti, ma tunon ti scaldare. Concentrati soltanto sulla

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spada e su quella parte scoperta.— Lo so — disse lei, e riprese a guardare il

duello appena in tempo per vedere Renaultche gridava e incespicava all’indietro. Ilsangue gli zampillò dal naso, e caddeviolentemente a terra. Caino, col sangue diRenault sulla mano, gli puntò contro la spada,sorridendo. Il mercenario col visoinsanguinato impallidì e mostrò i denti alvincitore.

Celaena guardò la torre dell’orologio. Ilcombattimento non era durato più di treminuti.

Seguì l’applauso di rito e Celaena notò chelord Garnel era furibondo. Chissà quanti soldiaveva appena perso.

— Uno sforzo valoroso — commentò il re.Caino s’inchinò e, senza dare la mano aRenault per aiutarlo a rialzarsi, si diresse dallaparte opposta del portico. Con più dignità diquanto Celaena si aspettasse, Renault si alzòin piedi e s’inchinò al re, bofonchiando unringraziamento. Con le mani sul naso, il

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mercenario uscì di scena. Cosa avevarischiato di perdere e dove l’avrebberorispedito adesso?

Dall’altra parte del cerchio, Tomba sorrisea Celaena impugnando la spada. Quando luile mostrò i denti, lei ricambiò con una smorfia.Chiaramente, le era capitato l’avversario piùbrutto. Renault almeno aveva un’ariadecente.

— Comincerete fra un attimo — disse il re.— Preparate le armi. — Si girò versoPerrington e cominciò a parlargli così pianoche nessuno poteva sentirli, fra le raffiche divento.

Celaena si girò verso Chaol che, invece diporgerle l’anonima spada che di solito usavanegli allenamenti, le consegnò la sua.L’impugnatura con la testa d’aquila scintillò alsole di mezzogiorno. — Tieni — le disse.

Lei fissò la spada incredula e sollevò pianoil viso per guardarlo. Vide nei suoi occhi letempestose colline del nord. Era un

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sentimento di fedeltà al suo paese cheandava ben oltre l’uomo seduto a tavola. Enel suo intimo, Celaena trovò il filo rosso cheli univa.

— Prendila — disse Chaol.Il battito del cuore le rimbombava nelle

orecchie. Alzò la mano per prendere laspada, quando sentì qualcuno toccarle ilgomito.

— Se posso, vorrei darti questa — disseNehemia nella lingua di Eyllwe. La principessaestrasse il suo bel bastone intagliato con ilpuntale di ferro. Celaena guardò la spada diChaol e poi l’arma dell’amica. La spadaovviamente sarebbe stata la scelta più saggia– il fatto che Chaol gliel’aveva offerta lafaceva sentire stranamente confusa – eppurel’arma di Nehemia…

Nehemia si piegò per sussurrareall’orecchio di Celaena: — Lascia che siaun’arma di Eyllwe a sconfiggerli. — Letremava la voce. — Lascia che sia il legnodelle foreste di Eyllwe a battere l’acciaio di

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Adarlan. Lascia che il paladino del re siaqualcuno che conosce la sofferenza degliinnocenti.

Elena non le aveva forse detto quasi lestesse cose, qualche tempo prima? Celaenadeglutì e Chaol abbassò la sua spada,facendo un passo indietro. Nehemia continuòa guardarla. Celaena sapeva cosa le stavachiedendo la principessa. Come paladina delre, avrebbe potuto trovare il modo di salvareinnumerevoli vite e di minare l’autorità del re.

E Celaena capì che era anche ciò cheavrebbe voluto Elena, l’antenata del sovrano.

Anche se il pensiero le fece provare unbrivido di paura, anche se ribellarsi al re eraqualcosa che Celaena non aveva mai avuto ilcoraggio di fare, non poteva dimenticare le trecicatrici che portava sulla schiena, né glischiavi rimasti a Endovier, né i cinquecentoribelli di Eyllwe massacrati.

Celaena prese il bastone dalle mani diNehemia, e la principessa sorrise fiera.

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Chaol, stranamente, non fece obiezioni.Rimise la spada nel fodero e si inchinò aNehemia, dando una pacca sulla spalla aCelaena prima che si allontanasse.

Celaena mulinò il bastone in aria perprovarlo. Era stabile, solido, forte. Il puntalearrotondato in ferro poteva stendere un uomosul colpo.

Celaena sentì l’unguento delle mani diNehemia e il suo profumo di fiori di loto. Sì, ilbastone avrebbe funzionato benissimo. Avevasconfitto Verin a mani nude. Con quelbastone avrebbe sconfitto anche Tomba eCaino.

Guardò il re, ancora impegnato a parlarecon Perrington, e vide che Dorian la stavaguardando. I suoi occhi di zaffiro riflettevanola luminosità del cielo, ma si incupironoleggermente quando si posarono suNehemia. Di Dorian si potevano dire tantecose, ma non certo che fosse uno stupido.Che avesse capito il significato del gesto di

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Nehemia? Lei guardò subito altrove.Se ne sarebbe preoccupata dopo. Dall’altra

parte del cerchio, Tomba faceva su e giù, inattesa che il re rivolgesse la sua attenzione alduello e ordinasse di iniziare.

Celaena emise un sospiro così forte dafarla tremare. Il momento era arrivato. Preseil bastone in mano, assimilando la forza dellegno, la forza della sua amica. Potevanosuccedere tante cose in pochi minuti,potevano cambiare tante cose.

Guardò Chaol. Il vento le fece uscire delleciocche di capelli dalla treccia e lei se lesistemò dietro le orecchie.

— Comunque vada, ti ringrazio — gli dissepiano.

Chaol inclinò la testa di lato: — Per cosa?Celaena si sentì bruciare gli occhi ma,

pensando fosse a causa delle sferzate divento, batté le palpebre per frenare lelacrime. — Per aver dato un senso alla mialibertà.

Lui non disse niente, le prese soltanto le

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dita della mano destra e le strinse fra le sue,sfiorando con il pollice il suo anello.

— Che il secondo duello abbia inizio —tuonò il re, alzando la mano verso il portico.

Chaol le strinse la mano, la pelle caldanell’aria gelida. — Fagli vedere chi sei! — ledisse. Tomba entrò nel cerchio e sguainò laspada.

Liberando la mano da quella di Chaol,anche Celaena si preparò a entrare nelcerchio. Fece un veloce inchino al re e poi alsuo avversario.

Incrociò lo sguardo di Tomba e sorrise,piegandosi sulle ginocchia con il bastone frale mani.

Non sai a cosa stai per andare incontro,caro il mio avversario!

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Come previsto, Tomba si avventò su di leipuntando dritto al centro del bastone, conl’intenzione di spezzarlo.

Ma Celaena si scansò in tempo. MentreTomba colpiva a vuoto, lei gli assestò uncolpo alla schiena con la parte superiore delbastone. L’uomo vacillò ma non persel’equilibrio, ruotò su un piede e caricò dinuovo verso di lei.

Stavolta Celaena parò l’urto, inclinando ilbastone in modo che l’avversario ne colpissela parte inferiore. La lama si conficcò nellegno e lei balzò verso di lui, lasciando che la

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forza del suo affondo gli facesse arrivare ilbastone dritto in faccia per contraccolpo.Tomba barcollò di nuovo, ma Celaena lostava aspettando con il pugno pronto.Quando si scontrò col suo naso, sentì nellamano il riverbero del dolore che gli avevaprocurato e lo scricchiolio delle sue ossa.Saltò all’indietro prima che lui potesse colpirla.Dal naso di Tomba scendeva un rivolo disangue lucente. — Puttana! — sibilò lui,roteando la spada.

Celaena incrociò la sua spada tenendo ilbastone a due mani e spingendolo avanti sinoa far scricchiolare il legno.

Spinse via Tomba con un grugnito e poiroteò il bastone. Con la punta gli colpì lanuca, lui vacillò, ma ritrovò subito l’equilibrio.Si asciugò il sangue dal naso, con gli occhilucidi e il respiro pesante. La sua facciabutterata diventò feroce, e caricò dritto alcuore di Celaena. Troppo veloce, con troppafoga per riuscire a fermarsi.

Celaena si accovacciò e, non appena la

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lama le sfrecciò sopra la testa, slanciò legambe in avanti. Tomba non ebbe nemmenoil tempo di gridare che lei fece cedere leginocchia dell’uomo, che non poté muovere laspada prima che lei gli saltasse sul petto, ilpuntale di ferro alla gola.

Celaena avvicinò la bocca al suo orecchio.— Mi chiamo Celaena Sardothien —sussurrò. — Ma puoi chiamarmi Celaena oLillian o puttana, non fa differenza: tanto tibatterei comunque. — Gli sorrise e si alzò.Lui la guardò col naso che colava sanguelungo la guancia. Lei prese un fazzoletto dallatasca e glielo buttò sul petto. — Puoi tenerlo— aggiunse, e se ne andò.

Mentre superava la linea di gesso bianca,intercettò Chaol. — Quanto è durato? —domandò. Trovò Nehemia che le sorridevaraggiante e Celaena alzò leggermente ilbastone in segno di saluto.

— Due minuti.Celaena sorrise al capitano. Non aveva

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nemmeno il fiato corto. — Anche meglio diCaino.

— E di sicuro più emozionante — disseChaol. — Il fazzoletto era proprio necessario?

Lei si morse il labbro e stava perrispondere quando il re si alzò, facendo dinuovo calare il silenzio. — Vino per i vincitori!— ordinò, e Caino si diresse verso il tavolodel sovrano. Celaena restò con Chaol.

Il re fece cenno a lady Kaltain, chediligentemente prese un vassoio d’argentocon due calici. Ne diede uno a Caino, poiandò verso Celaena e le porse l’altro, quindi sifermò un attimo davanti al tavolo del re.

— Fedeltà e onore alla grande Dea! —proclamò lady Kaltain con voce teatrale.Celaena avrebbe voluto picchiarla. — Che lavostra offerta vada alla Madre che ci hagenerati. Bevete e lasciate che lei vi benedicae vi rinvigorisca. — Chi aveva scritto quelleparole? Lady Kaltain si inchinò e Celaena siportò il calice alle labbra. Il re sorrise e leicercò di tenere i nervi saldi mentre beveva.

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Quando Celaena ebbe finito, lady Kaltain ritiròil calice, fece una riverenza a Caino e poiprese anche il suo, poi sgattaiolò via.

Vinci. Vinci. Vinci. Battilo in fretta.— Pronti! — ordinò il re. — Comincerete al

mio cenno.Celaena guardò Chaol. Non le davano un

momento per riposarsi? Persino Dorianguardò suo padre stupito, ma il re non presein considerazione lo sguardo interrogativo delfiglio.

Caino sguainò la spada, con un ghignomalvagio sul volto, mentre si accovacciava inposizione difensiva al centro del cerchio.

Celaena avrebbe cominciato a insultarlo seChaol non le avesse toccato la spalla, con isuoi occhi colmi di un’emozione che lei nonriusciva a comprendere. C’era una forza, sulsuo viso, che trovava di una bellezzastruggente.

— Non perdere — le sussurrò, in modoche solo lei potesse sentire. — Non ho

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nessuna voglia di scortarti fino a Endovier…— Il mondo cominciò a sfocarsi quando lui siallontanò a testa alta, ignorando lo sguardofulminante del re.

Caino si avvicinò, con la spada scintillante.Celaena fece un respiro profondo ed entrò nelcerchio.

Il conquistatore dell’Erilea alzò le mani. —Cominciate! — ruggì, e Celaena scosse latesta per cercare di mettere a fuoco la suavista offuscata. Si mise bene in equilibrio ecominciò a brandire il bastone a mo’ di spada,mentre Caino le girava intorno. La nausea lainvestì mentre lui fletteva i muscoli. Perqualche ragione, il mondo era nebuloso.Serrò i denti, battendo le palpebre. Avrebbeusato la sua stessa forza contro di lui.

Caino caricò prima del previsto, Celaena glicolpì il piatto della lama con il bastone,evitando i bordi taglienti, poi saltò indietroquando sentì scricchiolare il legno.

Il colpo di Caino fu troppo rapido e Celaenanon riuscì a impedire che il filo della lama si

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conficcasse nel bastone. L’impatto fu tale chesentì un dolore alle braccia. Prima ancora dipotersi riprendere, Caino strappò via la spadadal bastone e le si lanciò contro. Celaenapoté solo arretrare parando il colpo colpuntale di ferro. Sentiva il proprio sanguecome fosse più denso, rallentato, e le giravala testa. Stava forse male? La nausea nonpassava.

Con un grugnito, Celaena si scansò, dandoprova di forza e abilità. Se davvero eramalata, doveva cercare di chiudere il duello ilprima possibile. Non era il momento disfoggiare le sue capacità, soprattutto sequello che aveva letto sul libro era vero eCaino aveva assorbito la forza di tutti ipaladini uccisi.

Passando all’offensiva, Celaena avanzòagile verso il suo avversario. Caino parò ilcolpo, lei abbassò il bastone sulla spada ealcune schegge volarono in aria.

Il battito del cuore le rimbombava nelle

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orecchie e il rumore del legno contro l’acciaiodivenne quasi insopportabile. Perché tuttostava rallentando?

Lo attaccò, cercando di essere più rapida,più forte. Caino rise e lei quasi gridò per larabbia. Ogni volta che muoveva un piede perfargli lo sgambetto, ogni volta che siavvicinavano troppo, lei diventava maldestra,oppure lui si allontanava, come seconoscesse già la mossa che lei premeditava.Celaena aveva la fastidiosa sensazione chelui stesse giocando, che ci fosse qualchescherzo che lei non coglieva.

Celaena roteò il bastone in aria, sperandodi colpirlo sul collo scoperto. Ma lui parò ilcolpo e, quando lei cercò di prenderlo allostomaco, la bloccò di nuovo.

— Non ti senti bene? — le chiese,mostrando i denti bianchi e splendenti. —Forse non avresti dovuto trattenere tuttiquei…

SBAM!Celaena fece un ghigno quando l’asta del

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bastone lo colpì al fianco. Caino si piegò e leislanciò la gamba per falciarlo, facendolorovinare a terra. Alzò il bastone, ma unasensazione di malessere la investì cosìviolentemente che si sentì cedere i muscoli.Non aveva forza.

Lui schivò il colpo come se niente fosse e,quando si rialzò, Celaena cominciò aindietreggiare. E fu allora che udì una risata.Una risata morbida, femminile e perversa.Era lady Kaltain. Celaena incespicò, marimase in piedi e lanciò un’occhiata alla donnae ai calici sul tavolo davanti a sé. In quelmomento capì che nel calice non c’era solovino, ma anche sangue di drago, lo stessoveleno che non era riuscita a identificaredurante la prova. Nella migliore delle ipotesiprovocava allucinazioni e senso didisorientamento. Nella peggiore…

Faceva fatica a reggere il bastone. Cainoavanzò e Celaena riuscì solo a parare i colpi,avendo a malapena la forza di sollevare

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l’arma. Quanto veleno aveva bevuto? Ilbastone s’incrinava, scricchiolava e sischeggiava. Se fosse stata una dose letale,sarebbe già morta. Dovevano avergliene datoabbastanza da disorientarla ma non tanto darivelare con certezza l’avvelenamento. Nonriusciva a concentrarsi e sentì il proprio corpopassare dal caldo al freddo. Caino era cosìimponente, era una montagna d’uomo, e isuoi colpi… a confronto Chaol sembrava unbambino…

— Già stanca? — la provocò. — È unpeccato, tutte quelle chiacchiere per nulla…

Lui sapeva. Sapeva che l’avevano drogata.Celaena ringhiò e lo attaccò. Caino si fece daparte e lei rimase attonita, quando si reseconto di aver colpito a vuoto, fino a…

Lui le tirò un pugno nella schiena eCelaena fece appena in tempo a vedere lelastre sfocate prima di sbatterci sopra lafaccia.

— Ridicolo — commentò Caino facendoleombra con il suo corpo, mentre lei si girava di

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schiena e strisciava via prima che lui potesseavvicinarsi. Sentì del sangue in bocca. Nonpoteva essere vero, non potevano averlatradita così. — Fossi Tomba, mi vergognereidi essere stato battuto da te.

Il respiro di Celaena si fece sempre piùcorto e accelerato, e quando si alzò perattaccarlo sentì le ginocchia indolenzite. Feceper caricarlo, ma lui la prese per il collettodella giubba e la scagliò via. Lei incespicò, marimase in piedi e si fermò a pochi passi didistanza.

Caino le camminava intorno, roteandopigramente la spada. I suoi occhi erano scuri,scuri come il portale sull’altro mondo. Stavavenendo fuori l’inevitabile, un predatore chegiocava col suo pasto prima di mangiarselo.Voleva godersi ogni momento.

Doveva terminare subito il duello, primache cominciassero le allucinazioni. Sapevache sarebbero state forti: una volta i veggentiusavano il sangue di drago per vedere gli

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spiriti degli altri mondi. Celaena passòall’attacco con un ampio movimento delbastone. Il legno colpì l’acciaio.

Il bastone si spezzò in due.Il puntale di ferro schizzò dall’altra parte del

portico, lasciando Celaena con un inutilepezzo di legno in mano. Per un attimo gliocchi neri di Caino incrociarono i suoi, poiallungò l’altro braccio e la prese per la spalla.

Celaena sentì il rumore dell’articolazioneche usciva prima ancora di accusare il doloree gridò, cadendo sulle ginocchia con la spallalussata. Il piede di Caino colpì la spalla e lascaraventò all’indietro, in una caduta cosìviolenta da farle tornare a posto la spalla conuno scrocchio tremendo. Fu accecata daldolore, il mondo si annebbiava e poi tornava afuoco, era tutto così rallentato…

Caino afferrò il colletto della giubba perrimetterla in piedi. Lei indietreggiò persfuggire alla sua presa, le mancò la terrasotto i piedi e cadde violentemente.

Sollevò il moncone di legno con la mano

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sinistra. Caino si avvicinò, ansimante, con unghigno sulla faccia.

Dorian strinse i denti. Stava andandomalissimo. Lo aveva capito dall’inizio delduello e aveva cominciato a sudare quandolei, avendo l’opportunità di sferrare il colpovincente, l’aveva mancato. Però adesso…

Non poteva stare lì a guardare Caino chela prendeva a calci sulla spalla, e quando ilbestione l’afferrò e la fece cadere a terra, glivenne da vomitare. Celaena continuava asfregarsi gli occhi e aveva la fronte imperlatadi sudore. Cosa stava succedendo?

Avrebbe dovuto fermare il combattimento,annullare il duello. Celaena avrebbe dovutoriprendere l’indomani, con una spada intera enuove forze. Chaol sibilò e Dorian era sulpunto di gridare quando Celaena cercò dirimettersi in piedi, crollando di nuovo. Caino laprovocava, minandone non solo il fisico, maanche la volontà… Doveva fermarlo.

Caino puntò la spada verso Celaena che

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arretrò, ma non fu abbastanza rapida.Quando la spada le tagliò i vestiti aderenti e lacarne, lanciò un urlo. I pantaloni si tinsero dirosso. Si rialzò comunque, con una rabbiosaespressione di sfida in volto.

Dorian doveva aiutarla, ma se avesseinterferito avrebbero proclamato Cainovincitore. Così rimase a guardare, sempre piùinorridito e disperato, mentre Caino lesferrava un pugno sulla guancia.

Le cedettero le ginocchia e cadde a terra.

Chaol si sentì lacerare dentro, quando videCelaena che si rialzava a guardare Caino colvolto insanguinato.

— Mi aspettavo di meglio — disse Cainomentre lei si metteva in ginocchio, senzamollare il suo inutile pezzo di legno. Ansimavaa denti stretti, sanguinando da un labbro.Caino studiava la sua faccia come se potesseleggerla, come se potesse sentire qualcosache Chaol non poteva sentire. — E cosadirebbe tuo padre?

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Un’espressione balenò negli occhi diCelaena, un’espressione al limite della paurae della confusione.

— Chiudi quella bocca! — disse, le paroleche tremavano mentre lottava con il doloreprovocato dalle ferite.

Ma Caino continuò a fissarla, con unsorriso sempre più largo. — È ancora tutto lì,sotto il muro che ci hai costruito sopra. Lovedo chiaro e nitido come la luce del giorno.

Di cosa stava parlando? Caino sollevò laspada e fece correre il dito sul sangue, ilsangue di Celaena. Chaol dovette tenere afreno la rabbia e la repulsione.

Caino fece una grassa risata. — Com’èstato risvegliarsi fra i tuoi genitori coperta delloro sangue?

— Chiudi quella bocca! — ripeté lei, con lamano libera che si puntellava al pavimento, lafaccia contorta per la rabbia e l’angoscia.Qualunque fosse la ferita sulla quale Cainostava rigirando la lama, era terribile.

— Tua madre era un bel bocconcino, eh?

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— disse Caino.— Stai zitto! — Cercò di mettersi in piedi,

ma le ferite alle gambe glielo impedivano.Boccheggiò per prendere aria. Come facevaCaino a sapere queste cose del suo passato?Il cuore di Chaol cominciò a battereall’impazzata, ma non poteva fare niente peraiutarla.

Celaena emise un grido che risuonò nelvento gelido, cercando ancora di rialzarsi.Con il dolore che si perdeva nella rabbia, loattaccò con quel che restava del bastone.

— Ottimo — sbuffò Caino, colpendo ilbastone con così tanta forza da far affondarela spada nel legno. — Ma non basta… — Laspinse, e lei fece un passo indietro,barcollando, poi lui alzò la gamba e le sferròun calcio alle costole, facendola volare via.

Chaol non aveva mai visto colpire qualcunocon tanta violenza. Celaena ricadde a terra erotolò fin quando non andò a sbattere controla torre dell’orologio. La testa cozzò sulla

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pietra nera e lui trattenne un grido,sforzandosi di restare al bordo del cerchio aguardare Caino che la faceva a pezzi pocoalla volta. Come poteva essere andata maletanto in fretta? Celaena tremò mentre sirialzava sulle ginocchia, stringendosi il fianco.Era ancora aggrappata al moncone cherestava dell’arma di Nehemia come fosse unoscoglio in mezzo a un mare in tempesta.

Celaena sentì il sangue in bocca quandoCaino la prese di nuovo, trascinandola sulselciato. Lei non gli fece resistenza. Avrebbepotuto puntarle la spada in qualsiasimomento. Ma questo non era un duello, eraun’esecuzione. E nessuno stava facendoniente per fermarla. L’avevano drogata. Nonera giusto. La luce del sole era tremula eCelaena cercò di divincolarsi dalla presa diCaino, nonostante il dolore che laattanagliava.

Tutto intorno si udivano mormorii, risate,voci provenienti da un altro mondo… La

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chiamavano, ma con un nome diverso, unnome pericoloso…

Guardò il cielo e vide Caino poco primache la rialzasse e la sbattesse di faccia controun muro di pietra liscia e gelata. Si sentìavvolta in un’oscurità familiare. Avvertì undolore forte al cranio, dovuto all’impatto, ma ilgrido le si fermò in gola quando, aprendo gliocchi nel buio, ebbe un’apparizione.Qualcosa, qualcosa di morto era lì, davanti alei.

Un uomo, pallido in volto, e putrescente.Aveva gli occhi rossi e la fissava freddo edistaccato. Aveva i denti così lunghi e affilatiche a malapena stavano dentro la bocca.

Che ne era stato del mondo? Dovevanoessere cominciate le allucinazioni. La lucelampeggiava mentre lei veniva strappata via,gli occhi sgranati, quando Caino la scagliò aterra, vicino al bordo del cerchio.

— Alzati — sussurrò Chaol. Non potevaguardarlo in faccia. Era finita.

Caino cominciò a ridere e lei sentì il

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riverbero dei suoi passi mentre percorreva ilperimetro del cerchio. — Tutto qui quello chesai fare? — gridò trionfante. Celaenatremava. Il mondo era fatto di nebbia e dibuio e di voci.

— Alzati! — disse di nuovo Chaol, questavolta più forte. Celaena riusciva solo a vederela linea bianca che delimitava il cerchio.

Caino le aveva detto delle cose che nonpoteva sapere, le aveva guardato dentro gliocchi. E se conosceva il suo passato…Pianse, odiandosi per questo e per le lacrimeche cominciarono a rigarle il naso e il viso ecadendo a terra. Era tutto finito.

— Celaena — disse Chaol con dolcezza. Epoi sentì il rumore rauco della mano cheentrava nel suo campo visivo e scivolava sulpavimento. Le dita si fermarono esattamentesul bordo della linea bianca. — Celaena —mormorò Chaol, la voce strozzata per ildolore e la speranza. Era tutto ciò che le erarimasto, quella mano tesa, e la promessa di

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una speranza, di un futuro migliore oltrequella linea.

Quando spostò il braccio, vide uno sprazzodi scintille davanti agli occhi, ma lo allungò lostesso, fino a quando la punta delle dita nontoccò la riga e lì rimase, a un soffio da Chaol,solo quel segno bianco a separarli.

Lei alzò gli occhi per guardarlo e vide che ilsuo sguardo era solcato d’argento.

— Alzati — fu tutto ciò che le disse.E in quel momento, per qualche motivo,

pensò solo al viso di Chaol, l’unica cosa chele importasse veramente. Celaena provò amuoversi, ma non riusciva a smettere disinghiozzare, mentre il dolore l’attanagliava ele impediva di alzarsi. Continuò a guardare isuoi occhi nocciola, le sue labbra leggermentesocchiuse che si aprivano e le mormoravano:— Alzati.

Allontanò il braccio dalla linea, facendo levacon il palmo della mano sul selciato gelido. Econtinuò a guardarlo anche quando si portòl’altra mano sotto il petto e trattenne un grido

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di dolore mentre cercava di rimettersi in piedi,con la spalla sul punto di cedere. Caricò ilpeso sulla gamba non ferita e, quandofinalmente riuscì ad alzarsi, sentì Caino che siavvicinava e Chaol sbarrò gli occhi.

Il mondo girava, nero, confuso e livido,quando Caino la prese, la scagliò un’altravolta contro la torre dell’orologio mandandolaa sbattere di faccia sulla pietra. Quando aprìgli occhi, il mondo si spostò di nuovo. Eratutto buio. Dentro di sé sapeva che non erasolo un’allucinazione, che ciò che aveva visto,la persona che aveva visto, esisteva davverooltre il velo del suo mondo, e che il veleno leaveva in qualche modo aperto la mente perfarglielo vedere.

Ora le creature erano due, e la secondaaveva le ali. E ghignava, ghignava propriocome…

Celaena non fece in tempo a gridare che lacreatura spiccò il volo. Poi la gettò a terra e laafferrò con i suoi artigli. Celaena si dimenò.

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Dov’era finito il mondo? E lei dov’era?Ce n’erano altri, ne spuntavano da ogni

parte. Defunti, demoni, mostri, tutti lavolevano. La chiamavano. La maggior partedi loro aveva le ali, e quelli che non leavevano, venivano trasportati dagli artigli deglialtri.

Arrivavano e colpivano, affondandole gliartigli nella carne. L’avrebbero portata nel lororegno, e la torre era il portale aperto. Sarebbestata divorata. Terrore. Un terrore che nonaveva mai provato s’impadronì di lei. Celaenasi protesse la testa mentre quelle creature lealeggiavano intorno e lei scalciava alla cieca.Dov’era finito il mondo? Quanto veleno leavevano dato? Stava per morire. La libertà ola morte.

Sentì la sconfitta e la rabbia rimescolarsinel sangue. Dimenò il braccio libero, che andòa sbattere contro un viso sfocato con duetizzoni ardenti al posto degli occhi. Il buio sipropagò ed ecco apparire l’imponentesagoma di Caino. C’era il sole: quella era la

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realtà. Quanto tempo le rimaneva prima diessere travolta da un’altra ondata diallucinazioni?

Caino allungò il braccio verso la sua gola,ma lei fece un balzo all’indietro e lui riuscìsolo ad afferrare il suo amuleto. Con un colposecco, le strappò l’Occhio di Elena dal collo.

La luce del sole svanì, il sangue di dragoprese di nuovo il controllo della sua mente, eCelaena si ritrovò davanti a una schiera didefunti. La figura sfocata di Caino alzò ilbraccio e lasciò cadere l’amuleto a terra.

Erano venuti a prenderla.

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Con il terrore negli occhi, Dorian guardòCelaena che si dimenava a terra, scacciandoqualcosa che era invisibile agli altri. Cosastava succedendo? Forse il vino era statoadulterato? Ma c’era qualcosa di stranoanche nel modo in cui Caino se ne stava lì,sorridente. Che ci fosse… che ci fossedavvero qualcosa che loro non potevanovedere?

Celaena gridò. Fu il suono più brutto cheavesse mai udito. — Fermali, subito — disseDorian a Chaol quando l’amico si alzò dal suoposto vicino al cerchio. Ma Chaol rimase a

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guardare basito l’Assassina che si dibatteva,con la faccia terrea come la morte.

Celaena scalciava e sferrava pugni nelvuoto quando Caino si accovacciò sopra di leie la colpì sulla bocca. Il sangue colò a fiotti.Sarebbe finita solo se l’avesse ordinato il re ose Caino le avesse fatto perdere conoscenza.O peggio. Dorian dovette ricordare suomalgrado che qualsiasi interferenza, anchesolo l’ipotesi di un avvelenamento, avrebbepotuto significare la squalifica.

Celaena si allontanò da Caino strisciando,in una pozza di sangue e saliva.

Qualcuno si avvicinò a Dorian e dal respirocapì che era Nehemia. Gli disse qualcosanella lingua di Eyllwe e camminò verso ilbordo del cerchio. Quasi nascoste fra lepieghe della mantella, le sue dita simuovevano rapidamente, tracciando simboliin aria.

Caino avanzò verso Celaena cheansimava, la faccia pallida e rossa insieme.Poi lei riuscì a mettersi in ginocchio e prese a

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fissare qualcosa, senza vedere né il cerchioné i presenti, qualcosa che stava oltre.

Lo stava aspettando. Stava aspettandoche lui…

La uccidesse.

Inginocchiata a terra, Celaena respirava afatica, incapace di trovare una via per uscireda quello stato allucinatorio e tornare allarealtà. Era circondata dalla morte, aspettava.L’ombra che si ergeva vicino a lei era Caino,che la guardava, i suoi occhi ardenti l’unicaimmagine riconoscibile. L’oscurità si propagòintorno a Caino come brandelli di abiti alvento.

Celaena stava per morire.La luce e l’oscurità. La vita e la morte.

Qual è la mia destinazione?Al pensiero ebbe un sussulto così forte che

le mani si misero a cercare qualcosa da usarecontro di lui. Non così. Avrebbe trovato ilmodo, poteva trovare un modo persopravvivere. Non avrò paura. Se lo

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sussurrava ogni mattina a Endovier, ma acosa potevano servire quelle parole, adesso?

Un demone avanzò verso di lei e le uscì ungrido dalla gola, non di terrore o didisperazione, ma quasi di aiuto. Un grido diaiuto.

Il demone volò via come se il suo gridol’avesse spaventato. Caino gli fece cenno ditornare.

Ma accadde qualcosa di straordinario.Apparve una miriade di porte, tutte

spalancate. Porte di legno, porte di ferro,porte invisibili e porte magiche.

E da un altro mondo arrivò Elena, avvoltain una luce dorata. I capelli dell’antica reginabrillavano come una stella cadente precipitatasull’Erilea.

Caino avanzò sogghignando versol’Assassina ansimante e sollevò la spada,puntandogliela al petto.

Elena fece breccia fra le schiere dei mortisbaragliandoli.

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La spada di Caino si abbassò.Una raffica di vento lo investì con tale

violenza da gettarlo a terra, facendo volare laspada fino all’altro lato del portico. MaCelaena, chiusa in quel mondo orribile e buio,vide solo l’antica regina avventarsi su Caino emetterlo fuori combattimento prima che laschiera dei morti tornasse alla carica. Troppotardi, però.

Intorno a lei esplose una luce dorata che laproteggeva da loro, facendoli arretrare.

Il vento imperversava come non si era maivisto, ruggendo nel portico. A ogni ululato, ipresenti si proteggevano la faccia.

I demoni urlarono e si sollevarono dinuovo. Ma una spada calò e uno di lorocadde. Il sangue colò dalla lama e la reginaElena sollevò la spada con un ghignoselvaggio. Era un gesto di sfida, li sfidava aprovare a passare, a provocare la sua rabbia.

A dispetto della vista sempre più debole,Celaena riconobbe una corona di stelle che

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scintillava sulla testa di Elena e l’armaturad’argento che brillava come un faro nel buio. Idemoni urlarono di nuovo. Elena allungò unamano e, con la luce dorata che emanava dalpalmo, alzò un muro fra sé e i morti. Corseda Celaena e le prese il viso tra le mani.

— Non posso proteggerti — mormorò laregina, con la pelle luminosa. Anche il suovolto era diverso, più duro, più bello. La suaparte Fae. — Non posso trasmetterti la miaforza — e passò le dita sulla fronte diCelaena — ma posso toglierti questo velenodal corpo.

Dietro di loro Caino lottava per rimettersi inpiedi. Il vento lo sferzava da ogni direzione,tenendolo intrappolato là dov’era.

Dall’altro capo del portico, una folata fecevolare il puntale del bastone verso di lei e poisi fermò, a una distanza breve mairraggiungibile.

Elena mise la mano sulla fronte di Celaena.— Prendilo — disse. Celaena si allungò percercare di afferrare l’altro pezzo del bastone,

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la vista che si oscurava per poi tornare alportico assolato. Alzò leggermente la spalla esoffocò un grido di dolore. Finalmente sentì illegno intagliato e liscio, ma anche il dolorealle dita.

— Una volta che il veleno sarà svanito, tunon mi vedrai più. Non vedrai più i demoni —le spiegò la regina, facendole dei segni sullafronte.

Mentre sguainava la spada, Caino guardò ilre, che annuì.

Elena teneva il viso di Celaena fra le mani.— Non avere paura. — Oltre il muro di lucedorato, i morti urlavano e pronunciavano ilnome di Celaena come un lamento. Ma poiCaino, animato da quella cosa tenebrosa eoscura che viveva dentro di lui, attraversò ilmuro come se niente fosse, facendolocrollare in blocco.

— Ridicoli trucchetti, Vostra Maestà —disse Caino a Elena — nient’altro che ridicolitrucchetti.

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Elena si rialzò in un baleno, bloccandol’avanzata di Caino verso Celaena. Le ombresi propagarono sui contorni della sua figura e isuoi occhi di brace fiammeggiarono. Cainoguardò Celaena e disse: — Tu sei stataportata qui, voi tutti siete stati portati qui. Tuttigiocatori di una partita ancora aperta. Me lohanno detto i miei amici — e indicò i morti.

— Vattene — urlò Elena, formando unsimbolo con le dita. Una luce azzurra eintensa scaturì dalle sue mani.

Caino gridò quando la luce lo investìtagliandogli il corpo d’ombra a strisce. Poisvanì, lasciando dietro di sé quella tumultuosafolla di morti e di dannati, ed Elena ancora lì,davanti a loro. I morti caricarono, ma lei lisbalzò via con il suo scudo dorato, ansimandoa denti stretti. Poi si inginocchiò e preseCelaena per le spalle.

— Il veleno se n’è andato quasi del tutto —disse Elena. Il mondo era meno tenebroso,Celaena cominciò a intravedere spiragli di

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luce.Celaena annuì, il dolore aveva lasciato il

posto alla paura. Sentiva il freddo pungentedell’inverno, le gambe doloranti e il sanguecaldo e vischioso nelle vene. Perché Elenaera lì e cosa stava facendo Nehemia al bordodel cerchio, con quegli strani movimenti dellemani?

— Alzati — la esortò Elena. Stavadiventando trasparente. Le mani sispostarono dalle guance di Celaena e unaluce bianca riempì il cielo. Il veleno lasciò ilcorpo di Celaena.

Caino, tornato uomo in carne e ossa, andòverso l’Assassina ancora distesa.

Dolore, dolore, dolore. Dolore alle gambe,alla testa, alle spalle e al braccio e allecostole…

— Alzati — sussurrò di nuovo Elena, esvanì. Il mondo riapparve.

Caino era vicino a lei, non aveva più traccedi ombra intorno. Celaena alzò ciò cherestava del bastone. La visione era tornata

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nitida.E così, tenace e tremante, Celaena si

rimise in piedi.

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La gamba destra le reggeva appena, maCelaena strinse i denti e si alzò. Raddrizzò lespalle e Caino ebbe un attimo di esitazione.

Il vento le accarezzava il viso e lescompigliava i capelli all’indietro, come unamorbida lamina d’oro. Non avrò paura. Unsegno le ardeva sulla fronte, un’accecanteluce azzurra.

— Che cos’hai sulla faccia? — chieseCaino. Il re si alzò con sguardo accigliato, epoco più in là Nehemia rimase a boccaaperta.

Con il braccio dolorante, quasi fuori uso,

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Celaena si asciugò il sangue dalla bocca.Caino brandì la spada con un ringhio, comese volesse decapitarla.

Celaena balzò in avanti, rapida come unafreccia di Deanna.

Caino strabuzzò gli occhi quando leiaffondò il pezzo di bastone nel suo fiancodestro, esattamente dove Chaol le avevaindicato.

Il sangue le zampillò fra le mani mentreestraeva il bastone e Caino barcollòall’indietro, stringendosi le costole.

Celaena dimenticò il dolore, la paura, iltiranno che fissava con occhi minacciosi quelsegno che le ardeva sulla fronte. Fece unpasso indietro e strappò il braccio di Cainocon il pezzo rotto del bastone, strappandoglimuscoli e tendini. Caino la colpì con l’altrobraccio, ma lei si scostò, ferendogli anche lagamba.

Caino fece un affondo e lei lo schivò. Luicadde a terra e Celaena gli sferrò un calcio inpiena schiena, e quando lui sollevò la testa, si

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trovò la parte che restava del bastone, affilatacome una lama, puntata sul collo.

— Prova solo a muoverti e ti strappo via lagola! — gli intimò Celaena con la mascelladolorante.

Caino rimase immobile e per un attimoCelaena gli vide brillare gli occhi come carboniardenti. Per un attimo pensò di ucciderlo, cosìnon avrebbe potuto dire a nessuno cosasapeva di lei, dei suoi genitori, dei segni diWyrd e del loro potere. Se il re fosse venuto asapere qualcosa… Le tremavano le mani,tanto era lo sforzo di resistere alla tentazionedi ucciderlo, ma Celaena riuscì ad alzare ilviso livido verso il sovrano. I consigliericominciarono ad applaudire nervosamente.Nessuno aveva visto la scena, nessunoaveva visto le ombre fra il vento sferzante. Ilre la guardò e lei si impose di restare in piedi,la schiena dritta, mentre lui formulava il suogiudizio. Ogni secondo di silenzio era un colpoallo stomaco. Che stesse cercando una via

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d’uscita? E dopo quella che sembròun’eternità, il re si pronunciò.

— La paladina di mio figlio è la vincitrice —borbottò. Sentì la terra girarle sotto i piedi.Aveva vinto. Aveva vinto. Era libera, ocomunque molto vicina alla libertà. Sarebbediventata la paladina del re e allora sarebbestata libera…

Quella sensazione la travolse. Lasciòcadere a terra il pezzo di bastoneinsanguinato e scostò il piede dalla schiena diCaino.

Si allontanò zoppicante, col fiato corto eirregolare. Era stata salvata. L’aveva salvataElena. E lei aveva… aveva vinto.

Nehemia era rimasta dov’era, con untimido sorriso, ma…

La principessa svenne e le guardie delcorpo accorsero a sostenerla. Celaena feceper raggiungere l’amica, ma le gambe lecedettero e rovinò sul pavimento. Come sefosse stato liberato da un incantesimo, Doriancorse verso di lei, buttandosi in ginocchio al

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suo fianco, sussurrando il suo nome più e piùvolte.

Ma lei lo sentiva a malapena. Rannicchiatoa terra, il principe versò calde lacrime sul suoviso. Aveva vinto. E, fra il dolore, Celaenacominciò a ridere.

Mentre l’Assassina rideva piano fra sé, con latesta poggiata a terra, Dorian esaminò il suocorpo. Il taglio sul polpaccio non smetteva disanguinare, il braccio penzolava e sul viso e ilresto del corpo c’era un mosaico di tagli elividi freschi. Caino, con la furia ancora dipintain volto, si era rimesso in piedi poco più in là,e con le dita sanguinanti si stringeva il fianco.Che soffrisse pure.

— Ha bisogno di un guaritore — disseDorian a suo padre. Il re rimase in silenzio. —Tu, ragazzo! — gridò a un paggio. — Vai achiamare un guaritore, più veloce che puoi! —Dorian non riusciva a respirare. Avrebbedovuto fermare il combattimento quandoCaino l’aveva colpita per la prima volta.

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Avrebbe dovuto fare qualcosa, anzichérestarsene a guardare quando era evidenteche Celaena era stata drogata. Al suo postolei lo avrebbe aiutato, non avrebbe avutoesitazioni. Persino Chaol l’aveva aiutata, siera inginocchiato vicino al bordo del cerchio.Chi l’aveva drogata?

Abbracciandola con delicatezza, Dorianguardò lady Kaltain e Perrington. E nel farlo siperse lo scambio di sguardi fra Caino e suopadre. Il soldato estrasse il pugnale.

Ma Chaol lo vide. Caino alzò il pugnale percolpire la ragazza alla schiena. Senzariflettere, senza capire, Chaol piombò fra loroe affondò la spada nel cuore di Caino.

Il sangue zampillò ovunque, sulle braccia diChaol, sulla testa, sui vestiti, un sangue chesapeva di morte e di marciume. Caino caddesbattendo violentemente a terra.

Scese il silenzio. Chaol guardò Caino cheesalava l’ultimo respiro, lo guardò morire.Quando Caino spirò e i suoi occhi smisero di

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guardarlo, Chaol lasciò cadere la sua spada.Si inginocchiò accanto a Caino, ma non lotoccò. Cos’aveva fatto?

Chaol non riusciva a smettere di guardarsile mani insanguinate. L’aveva ucciso.

— Chaol — sussurrò Dorian. Fra le suebraccia, Celaena era paralizzata.

— Cosa ho fatto? — gli domandò Chaol.Celaena emise un gemito e cominciò atremare.

Due guardie lo aiutarono a rialzarsi, maChaol continuava a fissarsi le mani mentreloro lo portavano via.

Dorian guardò l’amico che scompariva nelcastello e poi ritornò dall’assassina. Suopadre stava già gridando qualcosa.

Celaena tremava così forte che le ferite siaprirono ancora di più. — Non avrebbedovuto ucciderlo… Adesso lui… lui… — efece un respiro affannoso. — Lei mi hasalvato — disse, sprofondando il viso nel suopetto. — Dorian, lei mi ha tolto il veleno. Lei…lei… oddio, non so nemmeno cosa è

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successo. — Dorian non aveva idea di cosastesse dicendo, ma la strinse ancora di più.

Dorian sentì che gli occhi dei consiglierierano puntati su di loro, soppesavano einterpretavano ogni parola che usciva dallabocca di Celaena, ogni gesto o reazione delprincipe. Infischiandosene di tutti, Dorian lebaciò i capelli. Il segno sulla fronte erasparito. Cosa significava? Cosa significavanoquei segni? Prima Caino aveva toccato unnervo scoperto, quando aveva accennato aisuoi genitori, e Celaena aveva persocompletamente il controllo. Non l’aveva maivista così furiosa, così sconvolta.

Si odiava per non aver fatto niente, peressersene rimasto lì come uno stupidocodardo. Avrebbe rimediato, avrebbe fatto inmodo che lei venisse liberata, e poi… poi…

Lei non oppose resistenza quando lui laportò nelle sue stanze, dicendo al guaritore diseguirli.

Era stanco della politica e degli intrighi. Lui

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la amava, e non c’era impero, re o paura chepotesse separarlo da lei. Se avessero provatoa portargliela via, avrebbe fatto il mondo apezzi con le sue stesse mani. E per qualcheragione, la cosa non gli faceva paura.

Tra la disperazione e l’incredulità, lady Kaltainguardava Dorian che portava l’Assassina frale braccia. Com’era riuscita a battere Caino,drogata com’era? Perché non era morta?

Seduto al fianco dell’irato sovrano,Perrington fumava dalla rabbia. I consiglierierano intenti a scribacchiare. Lady Kaltainprese dalla tasca la fialetta vuota. Il duca nonle aveva dato una dose sufficiente di sanguedi drago per indebolire seriamentel’Assassina? Perché Dorian non stavapiangendo il suo cadavere? Perché lei nonstava abbracciando Dorian, per consolarlo? Ildolore alla testa la investì con una taleviolenza che vide tutto nero e non riuscì più apensare con lucidità.

Lady Kaltain si avvicinò al duca e gli

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mormorò all’orecchio: — Avevate detto cheavrebbe funzionato! — Dovette dominarsi,per mantenere il tono di voce a un brusio. —Avevate detto che questa maledetta drogaavrebbe funzionato!

Il re e il duca la guardarono e i consiglieri siscambiarono delle occhiate, mentre ladyKaltain cercava di ricomporsi. Poi, piano, ilduca si alzò. — Cosa avete in mano? —domandò il duca a voce un po’ troppo alta.

— Sapete benissimo cos’è! — sibilò lei,cercando di tenere la voce bassa, nonostanteil dolore alla testa fosse diventato un rombomicidiale. Non riusciva a pensare conchiarezza, poteva solo rispondere alla furiache si era scatenata dentro di lei. — Ilmaledetto veleno che le ho dato — mormoròin modo che soltanto Perrington potessesentire.

— Veleno? — chiese Perrington a vocecosì alta che lady Kaltain sgranò gli occhi. —L’avete avvelenata? E perché l’avreste fatto?— E fece cenno alle tre guardie di avvicinarsi.

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Perché il re non diceva niente? Perché nonveniva in suo aiuto? Perrington non le avevaforse dato il veleno su ordine del re? I membridel consiglio la guardarono con occhiaccusatori, bisbigliando fra loro.

— Siete stato voi a darmelo! — disse alduca.

Le sopracciglia rossicce di Perringtons’incresparono. — Di cosa state parlando?

Lady Kaltain sbottò: — Intrigante figlio diputtana che non siete altro!

— Contenetela, vi prego — disse il ducacalmo, con indifferenza, come se fosse unaserva isterica. Come se non fosse nessuno.

— Ve lo dicevo — sussurrò il ducaall’orecchio del re — che avrebbe fattoqualsiasi cosa pur di avere la cor… — Leparole si persero mentre la trascinavano via.Dal volto del duca non trapelava niente,alcuna emozione. L’aveva ingannata comeuna stupida.

Lady Kaltain cercò di divincolarsi dalle

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guardie. — Vostra Altezza, vi prego! VostraGrazia mi aveva detto che voi…

Il duca guardò altrove.— Vi ucciderò! — gridò a Perrington. Poi si

rivolse al re, implorante, ma anche lui distolselo sguardo, con un’espressione disgustata.Non le avrebbe dato ascolto, qualunque fossela verità. Perrington lavorava a questo pianoda molto tempo, e lei era caduta come unasciocca nelle sue mani. Lui aveva recitato laparte dello stupido innamorato per poipugnalarla alla schiena.

Lady Kaltain scalciò e si dimenò perliberarsi dalla presa delle guardie, ma il tavolodel re si fece sempre più piccolo e lontano. Equando arrivò alle porte del castello, il duca lesorrise perfido, infrangendo tutti i suoi sogni.

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Il mattino seguente, Dorian affrontò losguardo di suo padre a testa alta, e nonabbassò gli occhi durante gli interminabilisecondi di silenzio. Non dopo che suo padreaveva permesso a Caino di umiliare e infieriresu Celaena per così tanto tempo, mentre leiera stata chiaramente drogata… Era unmiracolo che Dorian non fosse ancoraesploso, ma aveva bisogno di conferire consuo padre.

— Ebbene? — domandò finalmente il re.— Voglio sapere che ne sarà di Chaol. Per

aver ucciso Caino.

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Gli occhi neri del padre brillarono. — Tucosa credi che dovrei farne?

— Niente — rispose Dorian. — Io pensoche lui l’abbia ucciso per difendere Cel… perdifendere l’Assassina.

— Credi che la vita di un’assassina valgapiù di quella di un soldato?

Gli occhi color zaffiro di Dorian sirabbuiarono. — No, ma credo che pugnalarlaalla schiena dopo che lei aveva vinto nonsarebbe stato onorevole. — E se mai avessescoperto che Perrington o suo padreapprovavano l’avvelenamento, o cheaddirittura erano in qualche modo eranocoinvolti insieme a lady Kaltain… Dorianstrinse i pugni.

— Onorevole? — Il re di Adarlan si lisciò labarba. — Tu mi avresti ammazzato se avessicercato di ucciderla a quel modo?

— Voi siete mio padre — rispose Doriancauto. — Mi sarei fidato della vostra scelta.

— Che gran bugiardo sei! Quasi quanto

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Perrington.— Allora non punirete Chaol?— Non vedo perché dovrei privarmi di un

capitano della guardia tanto valente.Dorian sospirò. — Vi ringrazio, padre. —

La gratitudine che aveva negli occhi erasincera.

— C’è altro? — domandò il re, sbrigativo.— Io… — Dorian guardò verso la finestra,

poi rivolse nuovamente lo sguardo al padre,cercando ancora una volta di dominare ilnervosismo. Era la seconda ragione per cuiera venuto. — Vorrei sapere che ne faretedell’Assassina — disse, e suo padre sorrise inun modo che gli fece raggelare il sangue.

— L’Assassina… — il padre si mise apensare. — Nel duello è stata alquantodeludente, non so se posso permettermi unadonna piagnucolona come paladino, veleno onon veleno. Se è davvero abile come dice,avrebbe dovuto accorgersi del veleno prima dibere. Forse dovrei rispedirla a Endovier.

Dorian si accese come una miccia. — Vi

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sbagliate, sul suo conto — esordì, ma poiscosse la testa. — So che non cambierete lavostra opinione, qualsiasi cosa io vi dica.

— Perché non dovrei considerareun’assassina come nient’altro che un mostro?Io l’ho portata qui per farle eseguire i mieiordini, non per consentirle di immischiarsinella vita di mio figlio e del mio impero.

Dorian mostrò i denti. Non aveva mai osatoguardare suo padre in quel modo. Eraelettrizzato e, mentre il re si sedevalentamente, Dorian si chiese se suo padrenon avesse cominciato a considerarlo unproblema serio. Con sua sorpresa, si reseconto che non gliene importava. Forse eragiunto il momento di mettere in discussionesuo padre.

— Lei non è un mostro! — esclamòDorian. — Tutto ciò che ha fatto, l’ha fatto persopravvivere.

— Sopravvivere? È questa la fandonia cheti ha raccontato? Avrebbe potuto fare

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qualsiasi cosa per sopravvivere, invece lei hascelto di uccidere. A lei piace uccidere. Ti hain pugno, non è così? Oh, come è astuta! Sefosse nata uomo sarebbe stato un grandepolitico!

— Tu non sai di cosa stai parlando. Io nonprovo niente per lei — furono le parole che gliuscirono da dentro.

Ma nel pronunciare quella frase Dorianaveva commesso un errore e sapeva che suopadre aveva individuato il suo punto debole: ilterrore di vedersi portare via Celaena.Abbandonò le mani sui fianchi.

Il re di Adarlan guardò il principe ereditario.— Le farò avere il contratto appena troverò iltempo. Fino ad allora, farai meglio a tenere labocca chiusa, ragazzo.

Dorian annegò nella fredda rabbia checovava dentro, ma gli tornò in menteun’immagine nitida: Nehemia che affidava ilsuo bastone a Celaena, al duello. Nehemiaera tutt’altro che stupida: come Dorian, leisapeva che i simboli avevano un potere

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speciale. Anche se era diventata la paladinadel re, Celaena si era conquistata il titolousando un’arma di Eyllwe. E benché Nehemiastesse facendo un gioco che non avevapossibilità di vincere, Dorian non potevanegare la sua profonda ammirazione verso laprincipessa per non essere rimasta neutrale.

Magari un giorno avrebbe trovato ilcoraggio di chiedere a suo padre unrisarcimento per ciò che aveva fatto ai ribellidi Eyllwe. Non adesso, non ancora. Forse,però, poteva fare un primo passo.

Così affrontò suo padre a testa altadicendo: — Perrington vuole usare Nehemiacome una specie di ostaggio per far ubbidire iribelli di Eyllwe.

Il padre alzò la testa. — Davvero? Èun’idea interessante. Concordi?

Nonostante cominciassero a sudargli lemani, Dorian cercò di assumereun’espressione neutra e rispose: — No, iocredo che noi siamo migliori.

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— Davvero? Tu lo sai quanti soldati erifornimenti ho perso, per colpa di quei ribelli?

— Lo so, ma usare Nehemia così è tropporischioso. I ribelli potrebbero approfittarne perfarsi alleati in altri regni. E Nehemia è moltoamata dal suo popolo. Se ti preoccupi diperdere soldati e rifornimenti, allora perderaimolto di più quando il piano di Perringtonscatenerà una sollevazione generale a Eyllwe.Sarebbe meglio per noi cercare di convincereNehemia, cercare di collaborare con lei perfar ritirare i ribelli. E questo non accadrà se laterremo in ostaggio.

Calò il silenzio e Dorian cercò di nonagitarsi mentre suo padre lo studiava. Ognibattito del suo cuore era come una martellatache lo colpiva dentro.

Alla fine il re annuì. — Allora ordinerò aPerrington di sospendere i suoi piani.

Dorian quasi si abbandonò per il sollievo,ma mantenne un’espressione imperturbabilee con voce calma disse: — Grazie per avermi

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ascoltato.Suo padre non rispose, e il principe girò i

tacchi e uscì senza aspettare il suo congedo.Al risveglio, Celaena cercò di sopportare il

dolore che le attraversava la spalla e lagamba. Avvolta in bende e coperte, guardòl’orologio sul caminetto: era quasi l’una delpomeriggio.

Se apriva la bocca, le faceva male lamascella. Non aveva bisogno di guardarsi allospecchio per sapere che era coperta di bruttilividi. Aggrottò la fronte, e anche questo lefece pulsare il viso dal dolore. Doveva essereorribile. Cercò inutilmente di alzarsi in piedi.Sentiva male dappertutto.

Aveva il braccio fasciato e, se muoveva legambe sotto le coperte, le doleva la coscia.Non ricordava molto di quello che erasuccesso dopo il duello del giorno prima, mase non altro non era morta, né per mano diCaino né per ordine del re.

Quella notte, Nehemia ed Elena avevanopopolato i suoi sogni, anche se nella maggior

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parte dei casi si erano dissolte in immagini didemoni e mostri.

E poi c’erano le parole di Caino. Gli incubierano così tremendi che non era quasiriuscita a chiudere occhio, nonostantel’immensa stanchezza. Si chiese dove fossefinito l’amuleto di Elena. Aveva la sensazioneche gli incubi fossero dovuti alla suascomparsa e si augurò diverse volte dirientrarne in possesso, anche se ormai Cainoera morto.

Si aprì la porta e Celaena vide Nehemia inpiedi sulla soglia. La principessa le fece untimido sorriso, chiuse la porta e si avvicinò.Zampalesta sollevò il muso, sbattendo lacoda contro il letto mentre scodinzolavafelice.

— Buongiorno — disse Celaena nellalingua di Eyllwe.

— Come ti senti? — rispose Nehemia nellalingua comune, senza il minimo accento.Zampalesta saltò sulle gambe indolenzite di

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Celaena per salutare la principessa.— Basta guardarmi — disse Celaena, la

bocca le faceva male solo a muoverla.Nehemia si sedette sul bordo del letto che

si mosse appena, provocando in Celaena unasmorfia di dolore. La guarigione non sarebbestata facile. Dopo aver leccato e annusatoNehemia, Zampalesta si raggomitolò fra loroe si mise a sonnecchiare. Celaena affondò ledita fra le sue orecchie vellutate.

— Non perderò tempo a girare intorno allaverità — disse Nehemia — Ti ho salvato lavita nel duello.

Celaena aveva un vago ricordo di Nehemiache tracciava strani simboli in aria con le dita.— Non è stata tutta un’allucinazione? E voi,anche voi avete visto tutto? — Celaena cercòdi raddrizzarsi un po’, ma era troppodoloroso.

— No, non era un’allucinazione — lespiegò la principessa. — Sì, io ho visto tuttoquello che hai visto tu. I miei poteri mipermettono di vedere ciò che normalmente gli

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altri non possono vedere. Il sangue di dragoche lady Kaltain ti ha messo nel vino, ieri, hapermesso anche a te di vedere ciò che sinasconde dietro il velo di questo mondo. Noncredo che lady Kaltain volesse provocarequell’effetto, ma nel tuo sangue il veleno hascatenato quella reazione. La magia chiamamagia. — Nel sentire quelle parole, Celaenacambiò faticosamente posizione.

— Perché, per tutti questi mesi, avete fattofinta di non comprendere bene la nostralingua? — domandò Celaena, impaziente dicambiare discorso ma anche di affrontarequell’argomento che scottava quanto le sueferite.

— Inizialmente per difesa — disseNehemia, posandole con delicatezza la manosul braccio sano. — È sorprendente quanto lepersone siano disposte a rivelare quandocredono di non essere capite. Ma ogni giornodi quella finzione diventava sempre più difficilestarti vicino.

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— Ma perché mi avete chiesto di darvidelle lezioni?

Nehemia guardò il soffitto. — Perchévolevo un’amica. Perché tu mi piacevi.

— Allora stavate veramente leggendo quellibro quando vi ho trovata in biblioteca…

Nehemia annuì. — Io… io stavo facendodelle ricerche. Sui segni di Wyrd, come lichiami nella tua lingua. Quando ti ho dettoche non ne sapevo nulla, ti ho mentito.Sapevo tutto di quei segni. Sapevo comeleggerli e come usarli. Tutta la mia famiglia losa, ma lo teniamo segreto, ce lo tramandiamodi generazione in generazione. Posso essereusati soltanto come estrema difesa dal male odalla più grave delle malattie. Ma qui la magiaè vietata… Be’, anche se i segni di Wyrd sonoun genere di potere diverso, sono sicura chefinirei in prigione se si venisse a sapere che liho usati.

Celaena cercò di alzarsi, imprecandoperché non riusciva a muoversi senza svenire

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per il dolore. — Voi li avete usati?Nehemia annuì con aria grave. — Li

teniamo segreti per l’incredibile potere chepossono sprigionare; terribile nel senso chepossono essere usati per fare del bene maanche per fare del male, sebbene la maggiorparte delle persone abbia sfruttato il loropotere solo a scopi malvagi. Fin dal primomomento ho capito che qualcuno stavausando i segni di Wyrd per evocare demonidagli Altrimondi. Quello stupido di Caino nesapeva abbastanza per evocare le creature,ma non per controllarle e rimandarle indietro.Ho passato mesi a scacciare e distruggere lecreature che lui evocava, ecco perché erocosì assente, certe volte.

Celaena si sentì avvampare le guance perla vergogna. Come poteva aver anche solopensato che fosse stata Nehemia a uccidere ipaladini? Alzò la mano destra per mostrarle lecicatrici. — Ecco perché non mi avete fattodomande la sera che avete visto il morsosulla mano. Voi… voi avete usato i segni di

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Wyrd per curarmi.— Non so ancora come o dove ti sei

imbattuta nel ridderak, ma credo chepossiamo rimandare questa faccenda aun’altra occasione. — Nehemia schioccò lalingua. — Quei segni che hai trovato sotto illetto, sono stata io a tracciarli. — A quelleparole Celaena ebbe un sussulto. Dal corporisalì una lancinante fitta di dolore e lei strinsei denti in un sibilo.

— Quelli erano simboli di protezione. Nonhai idea di quanto mi sia costato rifarli ognivolta che li cancellavi! — E le spuntò unsorriso sulle labbra. — Senza quei simboli,credo che il ridderak sarebbe arrivato da temolto prima.

— Perché?— Perché Caino ti odiava, ovviamente. E

voleva eliminarti dal torneo. Vorrei che nonfosse morto, così potrei chiedergli dove haimparato ad aprire portali come quello.Quando il veleno ti ha fatto oscillare fra i due

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mondi, Caino ha portato quelle creature nelloSpazio Intermedio per distruggerti. Dopo tuttoquello che ha fatto, però, credo si sia meritatoil gesto di Chaol.

Celaena guardò la porta della camera daletto. Non vedeva Chaol da ieri. Che il rel’avesse punito per quello che aveva fatto peraiutarla?

— Quell’uomo ti ha a cuore molto più diquanto tu non creda — disse Nehemia con unsorriso nella voce. Celaena arrossì.

La principessa si schiarì la gola. —Immagino che tu voglia sapere come ti hosalvato.

— Magari — disse Celaena e laprincipessa sorrise.

— Grazie ai segni di Wyrd, ho potutoaprire un portale in uno dei regni degliAltrimondi e ho lasciato entrare Elena, laprima regina di Adarlan.

— Voi la conoscete? — domandò Celaenameravigliata.

— No, ma lei ha risposto alla mia richiesta

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di aiuto. Non tutti i regni sono avvolti datenebre e morte. Ce ne sono alcuni in cuivivono esseri benevoli i quali, in caso digrande bisogno, accorrono nell’Erilea peraiutarci. Elena ha sentito la tua richiesta diaiuto molto prima che io aprissi il portale.

— È… è possibile andare in questi altriregni? — Celaena si ricordò vagamente dellePorte di Wyrd delle quali parlava quel libro,mesi prima.

Nehemia la studiò attentamente. — Nonso. Il mio apprendistato non è ancora finito.Ma la regina faceva parte di questo mondo eal tempo stesso non ne faceva più parte: sitrovava nello Spazio Intermedio che nonpoteva oltrepassare, così come non potevanooltrepassarlo le creature che hai visto. Civuole un potere enorme per aprire un veroportale e farne uscire qualcuno e, anche inquel caso, il portale si chiude un attimo dopo.Caino riusciva a tenerlo aperto abbastanza alungo da far entrare il ridderak, ma poi si

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chiudeva. Così, io ho dovuto tenerlo apertoper rispedirlo indietro. Abbiamo giocato algatto e al topo per mesi. — Si sfregò letempie. — Neanche immagini quanto è statoestenuante…

— Caino ha invocato tutte quelle creatureal duello, non è così?

Nehemia pensò alla domanda. — Puòdarsi. Forse stavano già aspettando.

— Ma io ho potuto vederli solo grazie alsangue di drago che mi aveva dato ladyKaltain?

— Non lo so, Elentiya — Nehemia sospiròe si alzò. — So solo che Caino conosceva isegreti del potere della mia gente, un potereche è stato a lungo dimenticato nelle terre delNord. E questo mi preoccupa.

— Almeno ora è morto — osservòCelaena, e poi deglutì. — Ma… ma in quelluogo… Caino non sembrava Caino. Aveva lesembianze di un demone. Perché?

— Forse, a forza di invocarlo, il demone gliera entrato nell’anima e l’aveva trasformato in

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qualcosa che lui non era.— Ha parlato di me come se sapesse

tutto. — Celaena strinse le coperte.Qualcosa baluginò negli occhi di Nehemia.

— A volte i malvagi ci dicono certe cose soloper confonderci, per continuare a tormentare inostri pensieri anche dopo che li abbiamosconfitti. Lui sarebbe felice di sapere che tistai ancora arrovellando su qualunquesciocchezza possa averti detto. — Nehemiale accarezzò la mano. — Non dargli lasoddisfazione di tormentarti ancora, toglitiquei pensieri dalla testa.

— Almeno il re non sa niente di tuttoquesto. Chissà cosa farebbe se avesseaccesso a quel tipo di poteri.

— Parecchie cose, immagino — dissepiano Nehemia. — Lo sai quale segno diWyrd ti bruciava sulla fronte?

Celaena si irrigidì. — No, e voi?Nehemia la guardò dubbiosa. — No, non lo

so. Ma l’avevo già visto in passato. Forse è

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una parte di te. Piuttosto, mi preoccupa cosapossa pensarne il re. È un miracolo che nonabbia indagato sulla faccenda.

Celaena si sentì raggelare il sangue eNehemia si affrettò ad aggiungere: — Non tipreoccupare. Se avesse voluto approfondire,l’avrebbe già fatto.

Celaena sospirò con un tremito. — Qual èla vera ragione della vostra presenza qui,Nehemia?

La principessa rimase in silenzio per unattimo. — Non tirerò in ballo la fedeltà al re diAdarlan. Questo già lo sai. E non ho paura didirti che sono venuta a Rifthold solo pertenere d’occhio i suoi movimenti, i suoi piani.

— Siete davvero venuta per spiare? —mormorò Celaena.

— Se preferisci metterla così… Fareiqualsiasi cosa per il mio paese, non c’èsacrificio troppo grande per tenere in vita lamia gente e non ridurla in schiavitù, perevitare un altro massacro. — Un moto didolore le comparve negli occhi.

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Celaena avvertì una stretta al cuore. —Siete la persona più coraggiosa che io abbiamai incontrato!

Nehemia accarezzò Zampalesta. — Il mioamore per Eyllwe vince la mia paura del re diAdarlan. Ma non ti coinvolgerò, Elentiya. —Celaena quasi sospirò di sollievo, anche se sivergognò di provare quel sentimento. — Inostri cammini si sono incrociati, ma… credoche tu debba proseguire per la tua strada,adesso. Adeguarti alla tua nuova situazione.

Celaena annuì e si schiarì la gola. — Nondirò a nessuno dei vostri poteri.

Nehemia sorrise, triste. — E non cisaranno più segreti fra noi. Quando staraimeglio, mi piacerebbe che tu mi raccontassicome sei arrivata a incontrare Elena. —Guardò Zampalesta. — Posso portarla a fareuna passeggiata? Oggi ho bisogno di sentire ilvento sulla faccia.

— Certo, è rimasta chiusa qui tutta lamattina — disse Celaena.

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Come se il cane avesse capito, saltò giùdal letto e si accucciò ai piedi di Nehemia.

— Sono felice di averti come amica,Elentiya — disse la principessa.

— E io sono ancora più felice che voi miproteggiate le spalle — disse Celaena,cercando di trattenere uno sbadiglio per lastanchezza. — Grazie per avermi salvato lavita. È già la seconda volta, ormai. O forse dipiù. — Celaena si rabbuiò. — Posso saperequante volte mi avete salvata dalle creature diCaino senza che io me ne accorgessi?

— Meglio di no, se vuoi dormire stanotte…— Nehemia le baciò la fronte e si avviò versola porta, con Zampalesta al seguito. Poi sifermò un momento sulla soglia e lanciòqualcosa a Celaena. — Prendi, ti appartiene.L’ha recuperato una delle mie guardie dopo ilduello. — Era l’Occhio di Elena.

Celaena chiuse l’amuleto metallico nelpalmo della mano. — Grazie.

Quando Nehemia uscì, Celaena sorrise,

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nonostante tutto quello che aveva appenasaputo, e chiuse gli occhi. Con l’amuletostretto fra le mani, dormì un sonno profondo,come non le capitava da mesi.

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Il giorno seguente Celaena si svegliò senzasapere bene che ora fosse. Aveva sentitobussare alla porta ed ebbe appena il tempo diaprire gli occhi prima che Dorian entrasse. Ilprincipe si fermò un attimo sulla soglia aguardarla e lei abbozzò un sorriso. —Buongiorno — lo salutò con voce rauca. Siricordò di come l’aveva portata in braccio el’aveva tenuta ferma mentre i dottori lesuturavano la gamba…

Dorian avanzò con passo pesante. — Oggihai un aspetto ancora peggiore — mormorò.Nonostante il dolore, Celaena si alzò.

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— Sto bene — mentì. Non era vero. Cainole aveva rotto una costola e le faceva maleogni volta che respirava. Dorian strinse identi, guardando fuori dalla finestra. — Cosac’è? — chiese Celaena. Provò ad allungarsiper prendergli la giubba, ma le faceva male,perché lui era troppo lontano.

— Io… io non lo so — disse lui. Quellosguardo perso, assente, che gli vide negliocchi le fece accelerare il battito del cuore. —Non sono più riuscito a dormire, dopo ilduello.

— Dorian, vieni qui — disse lei, piùdolcemente che poteva, facendo spazio alsuo fianco. — Vieni a sederti.

Lui ubbidì, pur continuando a darle lespalle. Poi si prese la testa fra le mani esospirò diverse volte. Celaena gli toccò laschiena con delicatezza. Dorian si irrigidì e leifece per ritrarsi. Ma poi il principe rilassò lasua postura, e riprese a respirare in modoregolare e controllato. — Ti senti male? —

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chiese Celaena.— No — bofonchiò lui.— Dorian, cosa è successo?— Che vuoi dire con “cosa è successo”?

— chiese lui, tenendosi sempre la testa fra lemani. — Un attimo prima avevi sbaragliatoTomba e un attimo dopo Caino ti stavamassacrando di botte…

— E tu non hai dormito per questo?— Io non posso… non posso… —

borbottò. Celaena gli diede il tempo diesprimere i suoi pensieri. — Mi spiace —disse lui, spostando le mani dalla faccia eirrigidendosi. Celaena annuì. Non volevaforzarlo. — Davvero, come ti senti? — C’eraancora paura dietro le sue parole.

— Malissimo — rispose lei piano. — Etemo di avere un aspetto ancora peggiore dicome mi sento.

Lui accennò un sorriso. Stava cercando dicontrastare il sentimento che lo angustiava,qualunque fosse. — Non ti ho mai visto cosìbella. — E adocchiò il letto. — Posso

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stendermi? Sono esausto.Celaena non obiettò quando lui si sfilò gli

stivali e si sbottonò la giubba. Con un gemitosi distese al suo fianco e appoggiò le manisulla pancia. Celaena lo guardò mentrechiudeva gli occhi e faceva uscire un lungorespiro dal naso. Il suo volto riprese unaparvenza di normalità.

— Come sta Chaol? — chiese leipreoccupata. Le tornò in mente lo schizzo disangue e il suo sguardo fisso, orripilato.

Dorian aprì un occhio. — Se la caverà. Si èpreso un paio di giorni di riposo. Credo neavesse bisogno. — Celaena avvertì unastretta al cuore. — Non devi sentirtiresponsabile — disse Dorian girandosi perguardarla direttamente negli occhi. — Hafatto ciò che reputava giusto.

— Sì, ma…— No — insistette Dorian. — Chaol sapeva

ciò che faceva. — E le passò un dito sullaguancia. Il dito era gelido, ma lei si sforzò di

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non rabbrividire. — Mi dispiace — disse dinuovo, allontanando il dito dal suo viso. — Midispiace non averti salvata.

— Ma cosa stai dicendo? È per questo cheti stai tormentando?

— Mi dispiace non aver fermato Caino nelmomento in cui mi sono accorto che qualcosanon andava. Lady Kaltain ti ha drogato e ioavrei dovuto immaginarlo, avrei dovutotrovare il modo per impedirglielo. E quando hocapito che avevi le allucinazioni, io… midispiace di non aver trovato il modo perevitare tutto quanto.

Celaena rivide davanti agli occhi la pelleverde e i denti gialli dei demoni e strinse ledita indolenzite. — Non devi dispiacerti —disse, decisa a non tornare più sugli orroriche aveva visto, sulla perfidia di lady Kaltain osu quello che Nehemia le aveva confidato. —Tu hai fatto quello che avrebbe fattochiunque, che chiunque avrebbe dovuto fare.Se fossi intervenuto, sarei stata squalificata.

— Avrei dovuto squartare Caino quando ti

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ha messo le mani addosso. E invece me nesono rimasto lì, mentre Chaol erainginocchiato al bordo del cerchio. Avreidovuto uccidere io Caino.

Le immagini dei demoni svanirono per fareposto a un sorriso compiaciuto. — Cominci aparlare come un assassino, amico mio…

— Forse è perché passo troppo tempo intua compagnia… — Celaena spostò la testadal cuscino per appoggiarla nel morbidoincavo fra la spalla e il petto del principe. Sisentì investire da un’ondata di calore che lepervase tutto il corpo. Anche se girarsi leprocurava dolore, appoggiò la mano feritasulla pancia di Dorian. Sentiva il suo respirocaldo sulla testa e quando lui la abbracciò,tenendole la spalla, lei sorrise. Seguì unsilenzio.

— Dorian — cominciò Celaena, e lui lediede un buffetto sul naso. — Ahi! — esclamòlei arricciandolo. Nonostante avesse il visocoperto di lividi, miracolosamente Caino non

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l’aveva sfigurata per sempre, anche se queltaglio alla gamba avrebbe lasciato l’ennesimacicatrice.

— Sì? — chiese lui, appoggiandole ilmento sulla testa.

Lei si mise ad ascoltare il battito del suocuore, la sua regolarità. — Quando seivenuto a prendermi a Endovier, credevidavvero che avrei vinto?

— Certo. Altrimenti perché avrei affrontatoun viaggio così lungo solo per venirti acercare?

Celaena sbuffò sul suo petto e lui le sollevòil mento con delicatezza. I suoi occhi avevanoqualcosa di familiare, qualcosa di cui si eradimenticata. — Sapevo che avresti vinto nelmomento in cui ti ho vista — sussurrò Dorian,e Celaena sentì una stretta al cuore alpensiero di ciò che li aspettava. — Anche sedevo ammettere che non avevo previsto tuttoquesto. E… per quanto inutile e perfido possaessere stato questo torneo, sono contentoche ti abbia portato nella mia vita, di questo

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sarò sempre riconoscente.— Vuoi farmi piangere o fai solo lo

stupido?Dorian si piegò verso di lei e la baciò.

Celaena sentì una fitta alla mascella.

Seduto sul suo trono di ghiaccio, il re diAdarlan accarezzava il pomolo di Nothung.Perrington era inginocchiato davanti a lui, inattesa. Che aspettasse pure.

Anche se l’Assassina era diventata la suapaladina, non le aveva ancora fatto avere ilsuo contratto. Era in rapporti stretti con suofiglio e con la principessa Nehemia: non eraforse azzardato nominarla sua paladina?

Tuttavia, il capitano della guardia riponevaabbastanza fiducia in lei da aver deciso disalvarle la vita. Il volto del re si indurì. Nonavrebbe punito Chaol Westfall, non foss’altroche per evitare il putiferio che Dorian avrebbescatenato in sua difesa. Se solo Dorian sifosse interessato di armi, invece che di libri…

Ma da qualche parte, in lui, c’era un uomo,

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un uomo che poteva essere plasmato in unguerriero. Forse qualche mese al fronte gliavrebbe fatto bene. Un elmo e una spadapotevano fare meraviglie sul temperamento diun giovane. E dopo quella dimostrazione divolontà e di forza nella sala del trono…Dorian avrebbe potuto diventare un valentegenerale, se fosse stato incoraggiato.

Quanto all’Assassina… una voltarimarginate le ferite, non poteva desiderareuna persona migliore ai suoi ordini. E poi, nonc’erano molti altri in cui potesse riporre la suafiducia. Celaena Sardothien era la sua unica emigliore possibilità, ora che Caino era morto.

Il re tracciò un segno sul bracciolo deltrono. Era esperto di segni di Wyrd, ma nonne aveva mai visti come quello sulla fronte diCelaena. Avrebbe scoperto cos’era. E sefosse stato un segno di sventura o unaprofezia nefasta, l’avrebbe fatta impiccareprima di sera. Quando l’aveva vista agitarsisotto l’effetto del veleno, si era quasi convinto

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a condannarla a morte. Ma poi li avevasentiti, aveva sentito gli occhi rabbiosi efuribondi dei morti… Qualcuno eraintervenuto e l’aveva salvata. E se quellecreature la proteggevano e al tempo stesso laaggredivano…

Forse non doveva condannarla a morte,non prima di aver scoperto il significato diquel segno. Per il momento, comunque,aveva cose più importanti di cui occuparsi.

— Interessante la vostra manipolazione dilady Kaltain — esordì finalmente il re.Perrington restò in ginocchio. — Avete usatoil vostro potere su di lei?

— No, ultimamente l’avevo ridotto, comemi avevate suggerito — rispose il duca,ruotando l’anello nero che portava al grossodito. — E poi cominciava a subirnevisibilmente gli effetti, era pallida, sfinita, eaveva persino cominciato a parlare di certimal di testa.

La perfidia di lady Kaltain era inquietante,ma se avesse conosciuto il piano di

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Perrington per mettere a nudo il suo carattere– e anche solo per dimostrare la suadeterminazione e la facilità con cui lei sisarebbe adattata ai loro disegni – glieloavrebbe impedito. Quella dichiarazionepubblica non aveva fatto altro che sollevarefastidiose domande.

— È stato astuto da parte vostra prenderelei come cavia. È diventata un forte alleato enon sospetta ancora nulla della nostrainfluenza. Nutro grandi speranze in questopotere — confessò il re, contemplandol’anello nero. — Caino ne ha dimostrato glieffetti metamorfici e lady Kaltain la capacità diinfluenzare pensieri ed emozioni. Mipiacerebbe provarlo per manipolare la mentedi qualcun altro.

— Una parte di me avrebbe preferito chelady Kaltain non fosse così malleabile —bofonchiò Perrington. — Voleva manipolarmiper arrivare a vostro figlio, ma non vogliousare il potere per trasformarla in Caino. In

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ogni caso non mi piace l’idea che possamarcire a lungo nelle prigioni.

— Non temete per lady Kaltain, amico mio.Non ci resterà per sempre. Quando loscandalo verrà dimenticato e l’Assassina saràoccupata con l’incarico che le assegnerò, lefaremo un’offerta che non potrà rifiutare. Maci sono altri modi per controllarla, se credeteche non ci si possa fidare di lei.

— Intanto stiamo a vedere come laprigione le avrà fatto cambiare idea —concluse velocemente Perrington.

— Certo, certo. Il mio è solo unsuggerimento.

Seguì un silenzio e il duca si alzò.— Duca — disse il re, con la voce che

rimbombava nella sala. La fiamma del caminoa forma di bocca tremolava e una luce verdeavvolgeva le ombre intorno a loro. — Prestoavremo parecchio da fare, nell’Erilea.Preparatevi. E smettete di caldeggiare ilcoinvolgimento della principessa di Eyllwe: lacosa sta attirando un po’ troppa attenzione.

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Il duca si limitò ad annuire, s’inchinò e uscì.

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Celaena si appoggiò allo schienale e mise ipiedi sul tavolo, in equilibrio precario su duegambe della sedia. Si gustò la sensazione deimuscoli induriti che si scioglievano e voltò lapagina del libro che teneva in mano.Zampalesta era appisolata sotto il tavolo erussava appena. Fuori, il pomeriggio assolatoaveva tramutato la neve in limpida acquasgocciolante, che riverberava nella camera daletto inondandola di luce. Le ferite non ledavano più tanto fastidio, ma non riuscivaancora a camminare senza una leggerazoppia. Con un po’ di fortuna, presto avrebbe

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ricominciato a correre.Era trascorsa una settimana dal duello.

Philippa era già intenta a sgomberarel’armadio per far posto ad altri vestiti, tuttiquelli che Celaena aveva intenzione diacquistare appena fosse stata libera diavventurarsi a Rifthold e fare spese e avessericevuto il lauto compenso da paladina del re.Compenso che si augurava di iniziare aricevere quanto prima, una volta firmato ilcontratto… che ancora non era arrivato.

Con Philippa così affaccendata, eranoNehemia e Dorian a occuparsi di Celaena, e ilprincipe spesso leggeva a voce alta per leifino a tarda notte. Quando finalmente siaddormentava, i suoi sogni erano pieni diparole arcaiche e di visi dimenticati da tempiimmemori, di segni di Wyrd che brillavanod’azzurro, di un re e un esercito di mortiinvocati dagli inferi. E al risveglio si sforzavadi dimenticare tutto, specialmente la magia.

La maniglia scattò e Celaena si sentì ilcuore in gola. Che fosse finalmente venuto il

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momento di siglare il suo contratto con il re?Ma non era Dorian, e nemmeno Nehemia, eneanche un paggio. Entrò Chaol e il mondo sifermò.

Zampalesta corse da lui, scodinzolando.Celaena per poco non cadde dalla sediaquando alzò i piedi dal tavolo e fece unasmorfia per il dolore lancinante alla gamba.Balzò in piedi, ma quando aprì bocca non levenne niente da dire.

Dopo che Chaol ebbe accarezzatoZampalesta, la cagnetta trotterellò di nuovosotto il tavolo, fece due giri su se stessa e siraggomitolò.

Perché se ne stava lì fermo sulla soglia?Celaena si guardò la camicia da notte earrossì quando si accorse che lui le stavaguardando le gambe nude.

— Come vanno le ferite? — chiese Chaol.La sua voce era dolce e lei si rese conto chenon le stava guardando la pelle nuda, bensì lebende che le fasciavano la coscia.

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— Sto bene — rispose prontamente. —Ormai la fascia serve solo a suscitarecompassione. — Provò a sorridere, ma non ciriuscì. — Io… non ti vedo da una settimana.— Le sembrava una vita. — E tu… staibene?

Gli occhi nocciola di Chaol incrociarono isuoi. Tutt’a un tratto si ritrovò catapultata nelduello, prostrata a terra, con Caino che ridevaalle sue spalle, ma l’unica cosa che vedeva,che sentiva, era Chaol che si inginocchiava ele tendeva la mano. Provò una stretta allagola. In quel momento aveva capito qualcosa,ma non riusciva a ricordare cosa. Forse erastata anche quella un’allucinazione.

— Io sto bene — rispose Chaol, e lei feceun passo verso di lui, sapendo perfettamentequanto fosse corta la sua camicia da notte. —Io volevo solo… scusarmi per non esserepassato prima.

Celaena si fermò a una spanna da lui ealzò la testa. Non portava la spada. —

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Immagino che avrai avuto da fare — disse.Lui rimase lì, impalato. Celaena deglutì e si

portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.Fece un altro passo verso di lui e dovettepiegare la testa all’indietro per guardarlo infaccia. I suoi occhi erano così tristi. Si morseil labbro. — Tu… tu mi hai salvato la vita, losai. Ben due volte!

Chaol aggrottò leggermente le sopracciglia.— Ho fatto quello che dovevo fare.

— Ed è per questo che ti devo la miagratitudine.

— Tu non mi devi niente — disse lui, con lavoce tesa. E nel vedergli brillare gli occhi,Celaena si sentì stringere il cuore.

Gli prese le mani nelle sue, ma lui siritrasse. — Volevo solo vedere come stavi.Devo andare a un incontro — disse, e leisapeva che stava mentendo.

— Grazie per aver ucciso Caino. — Chaolsi irrigidì. — Io… io ricordo ancora come misono sentita la prima volta che ho uccisoqualcuno. Non è stato facile.

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Lui puntò lo sguardo verso il pavimento. —È proprio per questo che non riesco asmettere di pensarci. Perché è stato facile.Ho preso la spada e l’ho ucciso. Io volevoucciderlo. — La inchiodò con lo sguardo. —Lui sapeva dei tuoi genitori. Come faceva asaperlo?

— Non lo so — mentì lei. Lo sapevabenissimo. La capacità di entrare negliAltrimondi e nello Spazio Intermedio,insomma in tutta quella cosa assurda, avevaconferito a Caino la capacità di leggerle nelpensiero, nei suoi ricordi, nell’anima. Forseanche oltre. La scosse un brivido.

Il volto di Chaol si raddolcì. — Mi spiaceche siano morti in quel modo.

Celaena aveva annullato tutto di sé,fuorché la voce, e cominciò: — È stato tantotempo fa. Pioveva e, quando salii sul letto,pensai che fosse bagnato perché la finestraera aperta. Il giorno dopo mi svegliai e capiiche non era pioggia… — Fece un respiro

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spezzato, un respiro che voleva cancellare lasensazione del loro sangue sulla pelle. —Poco dopo Arobynn Hamel mi trovò.

— Mi dispiace — disse di nuovo Chaol.— È stato tanto tempo fa — ripeté

Celaena. — Non ricordo nemmenocom’erano. — Altra bugia. Si ricordava ognidettaglio del viso dei suoi genitori. — Certevolte mi dimentico persino che siano maiesistiti.

Chaol annuì, più per confermare di averascoltato che di aver capito.

— Quello che hai fatto per me, Chaol —provò ancora — non tanto con Caino, maquando…

— Devo andare — la interruppe e fece pervoltarsi.

— Chaol — disse Celaena prendendogli lamano e facendolo girare per costringerlo aguardarla in faccia.

Quando vide l’angoscia nei suoi occhi, glibuttò le braccia al collo e lo strinse forte. Luisi irrigidì, ma lei gli premette il corpo contro il

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suo, nonostante le ferite. Poi, dopo unmomento, lui la abbracciò, tenendola stretta,così stretta che lei chiuse gli occhi e lo respiròdentro di sé, e non avrebbe saputo dire dovecominciava lei e dove finiva lui.

Lui sentì il suo respiro caldo sul colloquando piegò la testa, appoggiandole laguancia sui capelli. Il cuore le battevaall’impazzata, eppure sentiva dentro di sé unaquiete profonda, come se avesse potutorestare lì per sempre, senza pensieri, restarelì per sempre e lasciare che il mondocrollasse intorno a loro. Rivide le sue dita chesi spingevano sulla linea di gesso, che sitendevano verso di lei nonostante la barrierache li divideva.

— Tutto bene? — chiese Dorian dallaporta. Chaol si ritrasse così rapidamente cheCelaena quasi inciampò all’indietro. — Tuttobene — disse raddrizzando le spalle. L’ariaera diventata gelida e Celaena si sentìpizzicare la pelle quando il calore di Chaol

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venne meno. Fu difficile per lei guardareDorian in faccia mentre Chaol lo salutava e sene andava.

Dorian si rivolse a lei quando lui uscì, maCelaena continuò a guardare la porta, anchedopo che Chaol se l’era chiusa alle spalle. —Non mi pare che si sia ripreso benedall’uccisione di Caino — commentò Dorian.

— È naturale — scattò Celaena. Dorianaggrottò le sopracciglia e lei fece un sospiro.— Scusa.

— Spero di non aver interrotto qualcosa…— disse Dorian prudente.

— Non è niente, mi sento solo male per lui,tutto qui.

— Vorrei che non fosse scappato via così.Porto buone notizie. — Celaena sentì unastretta allo stomaco. — Mio padre ha trovatoil tempo di stilare il tuo contratto. Lo firmeraidomattina nella sala consiliare.

— Vuoi dire… vuoi dire che sonoufficialmente la paladina del re?

— A quanto pare non ti odia tanto quanto

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dava a vedere: è già un miracolo se non ti hafatto aspettare più a lungo. — Dorian fecel’occhiolino.

Quattro anni. Quattro anni di servizio e poisarebbe stata di nuovo libera. Perché Chaolse n’era andato così in fretta? Guardò versola porta, chiedendosi se avrebbe potutoraggiungerlo.

Poi Dorian le cinse la vita. — Immaginoche questo significhi che saremo incollati l’unoall’altra ancora per un bel pezzo. — Abbassòla testa verso la sua.

La baciò, ma lei si divincolò dal suoabbraccio. — Io… Dorian, io sono la paladinadel re. — Nel dirlo soffocò una risata.

— Sì, certo — rispose Dorian,avvicinandola di nuovo a sé. Ma lei simantenne a distanza e si mise a guardarefuori, a quella splendida giornata. Il mondoera lì, ed era suo, bastava prenderlo. Potevavarcare quella linea bianca.

Tornò a guardare lui. — Non posso stare

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con te, se sono la paladina del re.— Certo che puoi. Dobbiamo ancora

tenerlo segreto, però…— Di segreti ne ho già abbastanza, non ho

bisogno di custodirne un altro.— Allora troverò il modo di dirlo a mio

padre. E a mia madre. — E il pensiero lo fecetrasalire.

— A quale scopo, Dorian? Io sono la servadi tuo padre, tu il principe ereditario.

Era vero, e se quella relazione si fossetrasformata in qualcosa di più, avrebbesoltanto complicato le cose il giorno in cui lei,prima o poi, avrebbe lasciato il castello. Pernon parlare delle complicazioni di stare conDorian e servire contemporaneamente suopadre come paladina. E, che lo ammettesse omeno, Dorian aveva i suoi doveri daadempiere. Anche se lo voleva, anche se citeneva a lui, sapeva che una relazione serianon sarebbe finita bene. Non quando lui eral’erede al trono.

I suoi occhi si rabbuiarono. — Mi stai

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dicendo che non vuoi stare con me?— Sto dicendo che… che fra quattro anni

dovrò andarmene e non vedo come questastoria possa finire bene per nessuno dei due.Sto dicendo che non voglio pensare allealternative. — La luce del sole le scaldò lapelle e si sentì alleviata dal peso che legravava addosso. — Sto dicendo che fraquattro anni sarò libera e io non sono maistata libera in tutta la mia vita. — Il suosorriso si allargò. — E voglio sapere com’è.

Lui aprì la bocca, ma si trattenne quandovide il suo sorriso. Benché non fosse pentitadella sua scelta, Celaena provò una stranadelusione quando lui le disse: — Come vuoi.

— Ma mi piacerebbe che restassimo amici.Lui si mise le mani in tasca e disse: — Lo

saremo sempre.Lei pensò di toccargli il braccio o di baciarlo

sulla guancia, ma la parola “libera” continuavaa riecheggiarle nelle orecchie, ancora eancora, e non riusciva a smettere di

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sorridere. Lui fece qualche gesto imbarazzatoe le sorrise, anche se con poca convinzione.— Credo che Nehemia stia venendo qui perdirti del contratto. Si arrabbierà con me peravertelo anticipato, vuoi scusarmi con lei? —Aprì la porta e si fermò, la mano sullamaniglia. — Congratulazioni Celaena — dissepiano. E, prima che lei potesse replicare,chiuse la porta e se ne andò.

Rimasta sola, Celaena guardò la finestra esi portò una mano sul cuore, continuando amormorare quella parola fra sé e sé.

Libera.

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Diverse ore dopo, Chaol era davanti alla portadella sala da pranzo di Celaena. Non sapevaancora bene perché fosse tornato, ma avevacercato Dorian nelle sue stanze e non l’avevatrovato, e doveva dirgli che le cose non eranocome sembravano, quando li aveva sorpresi.Si guardò le mani.

Il re non gli aveva quasi parlato, nell’ultimasettimana, e il nome di Caino non era maisaltato fuori durante gli incontri ufficiali. Nonche avrebbe dovuto, essendo Caino poco piùche una pedina di un gioco organizzato perintrattenere il re, e di certo non un membro

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della guardia reale.Ma ormai era morto. Caino non avrebbe

mai più aperto gli occhi per causa sua… nonavrebbe più respirato per causa sua. Il suocuore aveva smesso di battere per causasua…

Portò la mano dove avrebbe dovutoesserci la spada: l’aveva gettata in un angolodella sua stanza, appena era rientrato dalduello, la settimana prima. Per fortunaqualcuno aveva lavato via il sangue.

Forse erano state le guardie che l’avevanoaccompagnato nelle sue stanze e gli avevanodato qualcosa di forte da bere. Erano rimastesedute in silenzio fino a quando nel castellonon era tornata una parvenza di realtà, poi sen’erano andate senza dire una parola, senzaaspettare che il capitano le ringraziasse.

Chaol si passò una mano tra i capelli cortie aprì la porta della sala da pranzo.

Celaena stava piluccando la cena,stravaccata sulla sedia. Lo guardò sorpresa:— Due visite nello stesso giorno? — disse,

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posando la forchetta. — A cosa devo ilpiacere?

Chaol si accigliò. — Dov’è Dorian?— Perché dovrebbe essere qui?— Credevo che venisse a quest’ora, di

solito.— Be’, non aspettarti di trovarlo qui, d’ora

in poi.Chaol si avvicinò, fermandosi al bordo del

tavolo. — Perché?Si mise un pezzo di pane in bocca. —

Perché ho chiuso.— Cosa hai fatto?— Sono la paladina del re. Di certo

comprenderai che sarebbe inopportuno daparte mia avere una relazione con il principeereditario. — I suoi occhi azzurri brillarono eChaol si stupì per la leggera enfasi che avevamesso nel pronunciare l’espressione “principeereditario” e per la scossa al cuore chequesto gli aveva procurato.

Chaol cercò di trattenere un sorriso. — Mi

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stavo chiedendo quando saresti rinsavita. —Lei si era preoccupata quanto lui? Avevapensato e ripensato alle proprie maniinsanguinate? A parte tutto quel suoatteggiarsi e pavoneggiarsi con le mani suifianchi…

Ma sul viso di lei c’era ancora una dolcezzache gli infondeva speranza, la speranza dinon aver perso la propria anima in quell’attoomicida, la speranza di poter ancora trovareumanità e poter recuperare l’onore… Lei erauscita da Endovier e riusciva ancora a ridere.

Celaena si attorcigliò i capelli intorno a undito. Aveva ancora addosso quell’assurda,minuscola camicia da notte che, posando ipiedi sul bordo del tavolo, le scivolò fino ascoprire le cosce. Chaol si concentrò sul suoviso.

— Ti va di mangiare qualcosa con me? —gli domandò, indicando la tavola con la mano.— È un peccato festeggiare da soli.

Lui la guardò, guardò il suo mezzo sorriso.Tutto quello che era accaduto – Caino, il

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duello… – non gli avrebbe dato pace. Maadesso…

Prese la sedia che aveva davanti e sisedette. Celaena gli riempì un bicchiere divino e glielo porse. — Ai quattro anni che miseparano dalla libertà — disse alzando ilbicchiere.

Lui alzò il suo per brindare. — A te,Celaena.

I loro occhi si incrociarono e Chaol nonesitò a ricambiare il suo sorriso. Forse quattroanni con lei non sarebbero bastati.

Celaena era nel sepolcro e sapeva che stavasognando. Ci andava spesso, in sogno:uccideva di nuovo il ridderak, restavaintrappolata nel sarcofago di Elena per poitrovarsi davanti a un’anonima giovane donnadai capelli biondi e a una corona troppopesante da portare. Ma quella notte… quellanotte c’erano solo lei ed Elena, e il sepolcroera inondato dai raggi di luna e non c’eratraccia del corpo del ridderak.

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— Come va la tua guarigione? — ledomandò la regina, appoggiandosi al bordodel sarcofago.

Celaena rimase sulla porta. La regina nonportava più l’armatura, ma indossava il solitovestito vaporoso. E non c’era ferocia aindurirle i tratti. — Bene — rispose Celaena,ma abbassò gli occhi per guardarsi. Nel suomondo di sogni, le ferite erano scomparse. —Non sapevo che voi foste una guerriera —disse indicando col mento il supporto chereggeva Damaris.

— Ci sono molte cose di me ormaidimenticate. — Gli occhi azzurri di Elenabrillarono di tristezza e di rabbia. — Hocombattuto sui campi di battaglia al tempodelle guerre dei demoni contro Erawan, alfianco di Gavin. È così che ci siamoinnamorati. Invece le vostre leggende midipingono come una pulzella che aspettavanella torre il suo eroico principe con la collanamagica che l’avrebbe aiutato.

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Celaena toccò l’amuleto. — Mi dispiace.— Tu potresti essere diversa — disse

piano Elena — Tu potresti essere grande, piùgrande di me, di tutti noi.

Celaena aprì la bocca, ma non le uscironole parole.

Elena fece un passo verso di lei. — Tupotresti scuotere le stelle — mormorò. — Tupotresti fare qualunque cosa, se solo ciprovassi. E in fondo lo sai anche tu. È questoche ti spaventa più di ogni altra cosa.

Camminò verso Celaena, e l’Assassinadovette trattenersi per non uscire dal sepolcroe darsela a gambe levate. Gli occhifiammeggianti della regina, azzurri e glaciali,erano eterei come il suo bel viso. — Tu haitrovato e sconfitto il male che Caino stavaportando in questo mondo. Adesso sei lapaladina del re. Hai fatto ciò che ti avevochiesto.

— L’ho fatto per la mia libertà — disseCelaena. Elena elargì un sorriso eloquente

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che le fece venire voglia di gridare, ma rimaseimperturbabile.

— Tu dici così, ma quando ti ho chiamatain aiuto, quando l’amuleto si è spezzato e tuhai fatto capire di avere bisogno, sapevi giàche qualcuno avrebbe risposto. Sapevi che ioavrei risposto.

— Perché? — osò chiederle Celaena. —Perché rispondere? Perché io dovevo esserela paladina del re?

Elena sollevò il viso verso il raggio di lunache irradiava il sepolcro. — Perché ci sonopersone che hanno bisogno di essere salvatetanto quanto ne hai bisogno tu. Puoi anchenegarlo, ma ci sono persone, i tuoi amici, chehanno bisogno di te, adesso. La tua amicaNehemia ha bisogno di te, adesso. Perché iostavo dormendo un sonno lungo e infinito esono stata destata da una voce. E quellavoce non apparteneva a una persona sola,ma a diverse persone. Chi mormorava, chigridava, chi non si rendeva nemmeno contodi urlare. Però tutti volevano la stessa cosa.

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— Toccò il centro della fronte di Celaena: sisprigionò del calore e apparve una luceazzurrina. Il viso di Elena e il segno diCelaena si riscaldarono e poi si spensero. —E quando sarai pronta, quando anche tucomincerai a sentirli urlare, allora sapraiperché sono venuta da te, e perché sonostata al tuo fianco e continuerò a proteggerti,non importa quante volte mi manderai via.

Celaena si sentì bruciare gli occhi e feceun passo indietro, verso l’anticamera.

Elena le sorrise triste. — Fino a quelgiorno, tu sei esattamente dove devi essere.Al fianco del re potrai vedere cosa c’è da fare.Ma per il momento, goditi il risultato.

Celaena si sentì male al pensiero chepotessero chiederle altro, ma annuì. — Bene— disse piano mentre si accomiatava, ma poisi fermò nell’anticamera. Guardò indietroverso la regina che la fissava con occhi tristi:— Grazie per avermi salvato la vita.

Elena chinò la testa. — I legami di sangue

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non possono essere spezzati — mormorò epoi svanì, e le sue parole riecheggiarono nelsepolcro silenzioso.

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Il giorno seguente Celaena si avvicinò al tronodi ghiaccio della sala consiliare e si guardòrapidamente intorno con circospezione. Era lastessa sala in cui aveva incontrato il re diversimesi prima. Una fiamma verdastra ardeva nelcamino a forma di bocca e, seduti al lungotavolo, c’erano tredici uomini che laguardavano. Non erano rimasti altri paladini,c’era solo lei, la vincitrice. Dorian era in piediaccanto a suo padre e le sorrise.

Speriamo sia un buon segno.Nonostante la speranza accesa da quel

sorriso, Celaena non riuscì a ignorare il

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terrore che le scoppiò nel cuore quando il re,coi suoi occhi minacciosi, la osservòavvicinarsi. Nella sala risuonò solo il frusciodelle sue gonne dorate. Celaena tenne lemani strette contro il corpetto rosso scuro,sforzandosi di non stringerle.

Si fermò e fece l’inchino. Chaol, al suofianco, la imitò. Il capitano le stava più vicinodel necessario.

— Sei venuta a firmare il tuo contratto? —esordì il re, e nell’udire la sua voce Celaena sisentì le ossa andare in frantumi.

Come può un uomo così bestialeesercitare questo genere di potere sulmondo?

— Sì, Vostra Maestà — disse lei piùremissiva che poteva, mantenendo gli occhiall’altezza dei suoi stivali.

— Se sarai la mia paladina, diventerai unadonna libera. Quattro anni al mio servizio è ilpatto che hai stretto con mio figlio, anche sedavvero non capisco perché abbia sentito ilbisogno di negoziare con te — commentò,

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fulminando Dorian con lo sguardo. Dorian simorse il labbro ma non disse niente.

Il cuore di Celaena sobbalzava come unaboa. Avrebbe fatto qualunque cosa le avessechiesto, qualunque missione infame le avessepotuto assegnare, e poi, allo scadere deiquattro anni, sarebbe stata libera di vivere lasua vita, senza timore di essere inseguita oridotta in schiavitù. Poteva ricominciare dacapo, lontano da Adarlan. Poteva andarsenee dimenticare quel regno orribile.

Non sapeva se sorridere o ridere o annuireo gridare o mettersi a ballare. Con quelpatrimonio avrebbe potuto vivere fino allavecchiaia. Non avrebbe dovuto più uccidere.Avrebbe potuto dire addio ad Arobynn elasciare Adarlan per sempre.

— Non mi ringrazi? — abbaiò il re.Celaena si prodigò in un profondo inchino,

quasi incapace di contenere la propria gioia.Lo aveva sconfitto, aveva offeso il suo regnoe ora ne usciva vittoriosa. — Vi ringrazio per

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avermi concesso un tale onore e un taledono, Vostra Maestà. Sono la vostra umileserva.

Il re sbuffò. — Mentire non ti aiuterà.Portate il contratto. — Un solerte consigliereposò una pergamena sul tavolo, davanti aCelaena.

Celaena guardò la penna e la riga sullaquale doveva scrivere il proprio nome.

Gli occhi del re lampeggiarono, ma lei nonsi fece intimorire. Al minimo gesto diribellione, al minimo segno di aggressione, ilsovrano l’avrebbe fatta impiccare. — Nondovrai ribattere su niente. Quando ti ordineròdi fare qualcosa, tu lo farai. Io non ti devospiegazioni. E se mai dovessi esserecatturata, negherai qualsiasi legame con me,fino al tuo ultimo respiro. Sono stato chiaro?

— Chiarissimo, Vostra Maestà.Il re scese dal palco del trono. Dorian fece

per muoversi, ma Chaol lo scoraggiòscuotendo la testa.

Celaena tenne gli occhi bassi quando il re

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le si parò davanti. — Ora stammi bene asentire, Assassina — le disse. Lei si sentìpiccola e fragile, così vicina a lui. — Se tudovessi venir meno a uno dei miei ordini, odovessi dimenticarti di ritornare, la pagheraimolto cara. — La voce del re si fece cosìbassa che a malapena riusciva a sentirlo. —Se non ritornerai dalle missioni che ti affiderò,prenderò il tuo amico, il capitano — e feceuna pausa per dare più enfasi alle sue parole— e lo farò uccidere.

Celaena sgranò gli occhi fissando il tronovuoto.

— E se ancora non tornerai, farò uccidereNehemia, poi giustizierò i suoi fratelli, e pocodopo seppellirò con loro anche la madre. Noncredere di essere più scaltra e forte di me. —Sentì che il re sorrideva. — Il quadro ti èabbastanza chiaro? — E si allontanò. —Firma.

Lei guardò lo spazio bianco e quello cheesso offriva. Fece un respiro lungo e

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silenzioso e, pregando per la sua anima,firmò. Ogni lettera era più difficile da scriveredi quella precedente. Alla fine lasciò cadere lapenna sul tavolo.

— Bene. Ora vai — disse il re indicando laporta. — Ti chiamerò quando avrò bisogno dite.

Il re si sedette di nuovo sul trono. Celaenas’inchinò piano, senza guardarlo. Lanciò solouna rapida occhiata a Dorian. I suoi occhicolor zaffiro si riempirono di tristezza, poi lesorrise. Lei sentì la mano di Chaol che leafferrava il braccio.

Chaol avrebbe potuto morire. Non potevaprovocare la sua morte. Né della famigliaItger. Con i piedi pesanti e leggeri al tempostesso, lasciò la sala.

Fuori, il vento infuriava e ululava contro leguglie di cristallo, ma non riusciva a scuotere imuri.

Uscita dalla sala consiliare, Celaena si sentì aogni passo più leggera. Chaol restò in silenzio

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fino a quando non entrarono nel castello dipietra, e si voltò verso di lei.

— Bene, paladina — disse. Continuava anon portare la spada.

— Sì, capitano?Gli angoli della bocca gli si piegarono

all’insù. — Sei felice adesso?Lei non trattenne un sorriso. — Posso

anche aver venduto l’anima, ma… sì.Diciamo, felice come posso.

— Celaena Sardothien, la paladina del re— disse Chaol fra sé.

— Cosa?— Mi piace come suona — disse lui

alzando le spalle. — Vuoi sapere quale saràla tua prima missione?

Lei guardò i suoi occhi nocciola e tutte lepromesse che c’erano dietro, lo prese abraccetto e gli sorrise. — Me lo diraidomani…

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RINGRAZIAMENTI

Dal giorno in cui cominciai a scrivere Il trono di ghiaccio almomento della sua pubblicazione sono passati dieci anni e lepersone da ringraziare non entrano di certo in due pagine.

La mia infinita gratitudine va alla mia agente e paladinapersonale, Tamar Rydzinski, che ha capito Celaena fin dallaprima pagina. Grazie per quella telefonata che mi ha cambiatola vita.

Alla mia sagace e coraggiosa editor, Margaret Miller: potròmai ringraziarti abbastanza per aver creduto in me e nel Tronodi ghiaccio? Sono così fiera di lavorare con te! A MichelleNagler e a tutta la meravigliosa squadra di Bloomsbury, grazie,grazie di cuore per tutto il vostro lavoro e sostegno!

Devo moltissimo a Mandy Hubbard che mi ha dato la spintainiziale. Mandy tu sei e sarai sempre il mio Yoda.

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Al mio splendido marito Josh, che mi dà ogni giorno unmotivo per affrontare una nuova giornata. Sei la mia dolcemetà, in ogni modo possibile.

Grazie ai miei genitori, Brian e Carol, che mi hanno letto lefavole e non mi hanno mai detto che ero troppo grande perleggerle. Al mio fratellino Aaron: sei esattamente il tipo dipersona che avrei voluto essere.

A Stanlee Brimberg e Janelle Schwartz, non avete idea diquanto sia stato prezioso il vostro incoraggiamento (anche seforse questo libro un po’ lo dimostra). Se solo ci fossero piùinsegnanti come voi!

A Susan Dennard, per i suoi incredibili suggerimenti in fasedi revisione e per essersi sempre dimostrata una vera amica.Sei entrata nella mia vita nel momento in cui avevo più bisognodi te, e il mio mondo è più luminoso ora che ne fai parte.

Grazie ad Alex Bracken, straordinario collega nella critica,scrittore fenomenale e grandissimo amico, le parole nonpossono esprimere quanto ti sono riconoscente. O quanto tisono riconoscente per tutti i dolcetti che mi hai mandatodurante le varie revisioni!

A Kat Zhang, per il tempo che ha sempre trovato pervagliare il mio lavoro e per essere un’amica favolosa. A Brigid

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Kemmers, per tutte le e-mail che mi hanno permesso di restaresana di mente. A Biljana Likic, perché parlare con te dellatrama e dei personaggi li hanno resi veri. A Leigh Bardugo, ilmio straordinario compagno di bunker, senza di te non sareiuscita da tutta questa avventura.

A Erin Bowman, Amie Kaufman, Vanessa Di Gregorio, MegSpooner, Courtney Allison Moulton, Aimée Carter e le ragazzedi Pub(lishing) Crawl, siete delle scrittrici straordinarie e dellepersone meravigliose, grazie di far parte della mia vita.

A Meredith Anderson, Rae Buchanan, Renee Carter, AnnaDeles, Gordana Likic, Sarah Liu, Juliann Ma, Chantal Mason,Arianna Sterling, Samantha Walker, Diyana Wan e Jane Zhao:non ho vi ho mai conosciute di persona, ma tutti gli anni delvostro incrollabile entusiasmo hanno significato tanto per me.Kelly De Groot, grazie per la favolosa cartina dell’Erilea!

Infine, e forse il ringraziamento più importante di tutti, va aimiei lettori di FictionPress.com. Le vostre lettere, le vostreillustrazioni e il vostro incoraggiamento mi hanno dato la fiducianecessaria per provare a pubblicare questo libro. È un onoreper me avervi come fan, ma avervi come amici è un onoreanche maggiore. È stato un lungo viaggio, ma ce l’abbiamofatta! Alla vostra!

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Questo ebook contiene materiale protetto da copyrighte non può essere copiato, riprodotto, trasferito,distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso inpubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezionedi quanto è stato specificamente autorizzatodall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è statoacquistato o da quanto esplicitamente previsto dallalegge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizionenon autorizzata di questo testo così come l’alterazionedelle informazioni elettroniche sul regime dei diritticostituisce una violazione dei diritti dell’editore edell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmentesecondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 esuccessive modifiche.Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggettodi scambio, commercio, prestito, rivendita, acquistorateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consensoscritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook nonpotrà avere alcuna forma diversa da quella in cuil’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse allapresente dovranno essere imposte anche al fruitoresuccessivo.www.librimondadori.it | www.mondichrysalide.it

Trono di Ghiacciodi Sarah J. Maas© 2012 Sarah J. Maas© 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, perl’edizione italianaFirst published by Feiwel and Friends, an imprint ofMacmillan Children’s Publishing GroupPublished by arrangement with Marco VigevaniAgenzia LetterariaTitolo dell’opera originale Throne of GlassEbook ISBN 9788852039133

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COPERTINA || ART DIRECTOR: FERNANDOAMBROSI | GRAPHIC DESIGNER: STEFANO MORO |ILLUSTRAZIONE DI ISTOCKPHOTO.COM/CRISPYPIXEL | PROGETTO GRAFICO DI BLOOMSBURY US

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Indice

Il libroL’autoreTrono di Ghiaccio12345678910111213141516171819

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