Triple whammy

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Triple whammy da “The Economist” del 14 maggio 2016 - traduzione a cura di Emilio Tagliaferri Se pensate che le banche americane stiano attraversando un anno difficile, allora date un'occhiata a quelle europee. I prezzi delle azioni delle banche americane, in rialzo dai minimi di metà febbraio, sono in calo del 6% rispetto all'inizio dell'anno; quelle europee sono in flessione del 20%. Il primo trimestre è stato talmente cattivo che gli investitori hanno accolto con favore risultati negativi ma migliori di previsioni catastrofiche: il 10 maggio Credit Suisse, un gigante bancario elvetico, ha riportato una perdita per il secondo trimestre di seguito, ed è stato premiato con un balzo del 5% nelle quotazioni. Le banche europee sono alla prese con una tripla stretta. Per prima cosa i tassi d'interesse bassissimi stanno assottigliando i margini derivanti dalla loro attività principale, il credito, basato sulla differenza tra tassi attivi e passivi; si è ritenuto, infatti, che il denaro a buon mercato, stimolando l'economia e, di conseguenza, la domanda di credito, sarebbe stato positivo anche per le banche: per la maggior parte di esse non ancora. Commezbank, che si presenta come la banca di casa per le aziende tedesche, definisce la domanda di credito “attenuata”: il profitto operativo della sua divisione per le piccole e medie imprese è crollato di oltre il 40%, anno su anno nel primo trimestre. In secondo luogo le turbolenze sui mercati finanziari nelle prime sei settimane dell'anno hanno colpito duro il fatturato delle banche d'investimento su entrambe le sponde dell'atlantico, e quelle europee se la sono passata peggio; il calo del 4% di Barclays vale quasi quanto un trionfo. Le banche europee difettano della dimensione di quelle americane, e ciò potrebbe giocare contro di loro; Huw van Steenis, un analista di Morgan Stanley, si aspetta che quest'anno le entrate delle loro banche d'investimento crollino del 12%, il doppio delle rivali americane. La volatilità del mercato danneggia anche gli utili non da interessi delle banche commerciali. Con i loro risparmi che non rendono nulla gli europei dovrebbero essere più propensi ad acquistare fondi comuni, in cerca di maggiori ritorni, e ciò significherebbe maggiori commissioni per le banche, che in Europa sono grandi venditrici di prodotti d'investimento; tuttavia i prezzi volatili delle azioni hanno imposto una pausa ai risparmiatori (le banche americane, invece, si basano maggiormente su carte di credito e commissioni da conto corrente, così non hanno sofferto allo stesso modo). I clienti più ricchi si sono dimostrati altrettanto prudenti. Nel primo trimestre UBS, la più grande banca svizzera, che alcuni anni fa ha ridotto la sua banca d'investimento per concentrarsi sul wealth management, ha attirato un'impressionante mole di raccolta netta, pari a circa 29,3 miliardi di dollari, il risultato migliore in otto anni, per lo più da clienti asiatici; tuttavia, poiché anche i ricchi hanno cercato la sicurezza della liquidità, UBS non ne ha ricavato i frutti in termini di commissioni d'intermediazione: gli utili prima delle imposte della sua divisione di wealth management sono crollati del 23%. Ciò detto, ora che i mercati si sono stabilizzati, la pressione su questo tipo di ritorni dovrebbe alleggerirsi. La terza causa di sofferenza per le banche europee è da ricercarsi in un cattivo timing; in tempi di ristrettezze, e con le autorità di vigilanza che richiedono un rafforzamento degli indici di capitalizzazione, il controllo dei costi diviene cruciale; all'atto pratico lo diviene anche lo scegliere in quale business essere e in quale no: purtroppo solo ora alcune delle principali banche europee, sotto una nuova guida, stanno facendo pulizia come hanno fatto le banche americane nei primi anni dall'inizio della crisi finanziaria, e ciò sta rendendo il 2016 ancora più critico sia per gli investitori

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Triple whammyda “The Economist” del 14 maggio 2016 - traduzione a cura di Emilio Tagliaferri

Se pensate che le banche americane stiano attraversando un anno difficile, allora date un'occhiata a quelle europee.

I prezzi delle azioni delle banche americane, in rialzo dai minimi di metà febbraio, sono in calo del 6% rispetto all'inizio dell'anno; quelle europee sono in flessione del 20%.Il primo trimestre è stato talmente cattivo che gli investitori hanno accolto con favore risultati negativi ma migliori di previsioni catastrofiche: il 10 maggio Credit Suisse, un gigante bancario elvetico, ha riportato una perdita per il secondo trimestre di seguito, ed è stato premiato con un balzo del 5% nelle quotazioni.

Le banche europee sono alla prese con una tripla stretta. Per prima cosa i tassi d'interesse bassissimi stanno assottigliando i margini derivanti dalla loro attività principale, il credito, basato sulla differenza tra tassi attivi e passivi; si è ritenuto, infatti, che il denaro a buon mercato, stimolando l'economia e, di conseguenza, la domanda di credito, sarebbe stato positivo anche per le banche: per la maggior parte di esse non ancora. Commezbank, che si presenta come la banca di casa per le aziende tedesche, definisce la domanda di credito “attenuata”: il profitto operativo della sua divisione per le piccole e medie imprese è crollato di oltre il 40%, anno su anno nel primo trimestre.

In secondo luogo le turbolenze sui mercati finanziari nelle prime sei settimane dell'anno hanno colpito duro il fatturato delle banche d'investimento su entrambe le sponde dell'atlantico, e quelle europee se la sono passata peggio; il calo del 4% di Barclays vale quasi quanto un trionfo.Le banche europee difettano della dimensione di quelle americane, e ciò potrebbe giocare contro di loro; Huw van Steenis, un analista di Morgan Stanley, si aspetta che quest'anno le entrate delle loro banche d'investimento crollino del 12%, il doppio delle rivali americane.

La volatilità del mercato danneggia anche gli utili non da interessi delle banche commerciali. Con i loro risparmi che non rendono nulla gli europei dovrebbero essere più propensi ad acquistare fondi comuni, in cerca di maggiori ritorni, e ciò significherebbe maggiori commissioni per le banche, che in Europa sono grandi venditrici di prodotti d'investimento; tuttavia i prezzi volatili delle azioni hanno imposto una pausa ai risparmiatori (le banche americane, invece, si basano maggiormente su carte di credito e commissioni da conto corrente, così non hanno sofferto allo stesso modo).I clienti più ricchi si sono dimostrati altrettanto prudenti. Nel primo trimestre UBS, la più grande banca svizzera, che alcuni anni fa ha ridotto la sua banca d'investimento per concentrarsi sul wealth management, ha attirato un'impressionante mole di raccolta netta, pari a circa 29,3 miliardi di dollari, il risultato migliore in otto anni, per lo più da clienti asiatici; tuttavia, poiché anche i ricchi hanno cercato la sicurezza della liquidità, UBS non ne ha ricavato i frutti in termini di commissioni d'intermediazione: gli utili prima delle imposte della sua divisione di wealth management sono crollati del 23%.Ciò detto, ora che i mercati si sono stabilizzati, la pressione su questo tipo di ritorni dovrebbe alleggerirsi.

La terza causa di sofferenza per le banche europee è da ricercarsi in un cattivo timing; in tempi di ristrettezze, e con le autorità di vigilanza che richiedono un rafforzamento degli indici di capitalizzazione, il controllo dei costi diviene cruciale; all'atto pratico lo diviene anche lo scegliere in quale business essere e in quale no: purtroppo solo ora alcune delle principali banche europee, sotto una nuova guida, stanno facendo pulizia come hanno fatto le banche americane nei primi anni dall'inizio della crisi finanziaria, e ciò sta rendendo il 2016 ancora più critico sia per gli investitori

che per i banchieri.Deutsche Bank, la principale banca tedesca, scaricherà Postbank acquisita nel 2008 e mai completamente integrata, e sta riducendo la sua attività di banca d'investimento; non pagherà alcun dividendo per il 2016 e, benché abbia realizzato un profitto di 236 milioni di euro nel primo trimestre, si aspetta di chiudere in pareggio quest'anno.Credit Suisse è la più colpita. Il suo capo, Tidjane Thiam, un ex assicuratore, la sta indirizzando come UBS oltre la banca d'investimento e verso il wealth management, con un'enfasi particolare sull'Asia. Egli ha tuttavia avuto un incerto avvio: avendo annunciato una sola ristrutturazione strategica, ha fatto un secondo tentativo a marzo, accelerando l'eliminazione dall'organigramma degli investment bankers e abbandonando prodotti rischiosi che dapprima aveva deciso di mantenere.Sotto la sua guida il prezzo delle azioni è crollato di più del 40%; è rimbalzato questa settimana in parte poiché la “selezione” è in anticipo sul previsto. La parsimonia, nel mondo bancario, era una parolaccia: ora non lo è più.

Articolo originale: Triple whammy