Triple Moon VII

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Il collettivo Stramonium presenta Triple ••• Moon Triple Moon è un incontro ricorrente che si propone di sperimentare diversi metodi di ricerca iniziatica, attraverso la diffusione di pamphlet, riflessioni, musica ed immagini, lasciando al singolo la libertà di scegliere il proprio percorso spirituale, bandendo una volta per tutte elitarismo e specialismi. Non la banalizzazione di ciò che rimane nascosto ai più, ma un semplice invito a guardare tra le righe della realtà.

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• Sisifo sul Golgota • La Legge era uguale per tutti • Tuatha Dé • Ordine naturale, spirito naturale e cultura

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!Il collettivo Stramonium presenta

Triple ••• Moon Triple Moon è un incontro ricorrente che si propone di sperimentare diversi metodi di ricerca iniziatica, attraverso la diffusione di pamphlet, riflessioni, musica ed immagini, lasciando al singolo la libertà di scegliere il proprio percorso spirituale, bandendo una volta per tutte elitarismo e specialismi. Non la banalizzazione di ciò che rimane nascosto ai più, ma un semplice invito a guardare tra le righe della realtà.

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�������� ��� ����Considerazioni sparse su Cristo, Camus e l'assurdo di essere uomini e dei!!

Siamo in un'epoca (o, forse, sta per finire) dominata da questa!assenza di Dio. Ma, con assenza, non intendo privazione. Con assenza, intendo!un foro, una incompiutezza, una nostalgia di, una presenza d'assenza, qualcosa!

come un niente solido, sostanziale, creatore di atti. Tutto ciò che abbiamo!scritto, pensato, edificato si proponeva un solo scopo: riempire un fossato,!

riempire il foro che l'assenza di Dio ha aperto nel nostro universo. !(Benjamin Fondane)!!

Sarebbe possibile mostrare così come non vi possono essere per uno spirito umano che due soli universi possibili, l’universo religioso (o per parlare il linguaggio cristiano, della

grazia), e quello della rivolta !(Albert Camus- L'homme révolté)!!

Se ci fosse un futuro, la nostra epoca verrà ricordata come quella degli uomini vuoti. Svuotati di ogni spinta vitale, le passioni sono state relegate nell'ambito del “passatempo” (eppure il tempo passa in ogni caso), del fanatismo settario, del funzionalismo mercantile. !La perdita di passione dell'uomo nei confronti della vita è dovuto in gran parte alla perdita di un senso trascendente di essa stessa; per secoli, nel bene e nel male, l'uomo ha vissuto nel mondo di Dio, per poi svegliarsi una mattina e porsi l'amara domanda di Ivan Karamazov “Se Dio è morto, tutto è lecito?”. Ogni tentativo di risposta è caduto nel vuoto, dall'affermazione nichilista, sfociata poi negli orrori del terzo Reich e dell'imperialismo USA, alle speranze rivoluzionarie del materialismo storico, conclusesi con dittature di grigi burocrati. !Dopo la seconda guerra mondiale, una sorta di mostra delle atrocità del nichilismo passivo, un gruppo di illuminati filosofi tenta di superare la linea tracciata sull'animo dell'uomo con il crepuscolo del Dio Cristiano: Jean Paul Sartre, Martin Heidegger, Albert Camus individuano con le loro opere tanto l'angoscia del vivere quanto la possibilità di superarla.!Albert Camus scrive due opere in contemporanea , il romanzo “Lo Straniero” e il saggio “Il Mito Di Sisifo”, che spiegano la concezione dell' “assurdo”: esso è parte di una trinità assolutamente indivisibile, all'interno della quale l'assurdo costituisce il legame di contraddizione che fa coesistere l'istanza di chiarezza dell'uomo con l'irrazionalità del mondo. L'uomo può essere felice solo nel momento in cui comprende che non c’è una soluzione all’assurdo della vita, ma occorre accettarlo perché nella vita si può scegliere ma, in ogni caso, tutte le scelte porteranno allo stesso assurdo destino. !Meursault, il protagonista de “Lo Straniero” dopo aver vissuto in una condizione di deprivazione emozionale perenne, dopo aver ucciso una persona perchè “faceva troppo caldo”, dopo essere stato condannato a morte e dopo il fallace tentativo di redimerlo dai suoi peccati da parte del prete (quanto Kierkegaard c'è in questo

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personaggio, per cui la salvezza dal mondo sta nella fede incondizionata), scopre di essere stato felice e di esserlo ancora, ovvero di aver accettato la vita nella sua assurdità.!Speculare a lui c'è Sisifo, il brigante simile agli Dei, condannato a spingere in continuazione un masso su per un monte nell'Oltretomba per vederlo poi, sulla vetta, rotolare verso il basso. Eppure, dice Camus: “Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch'egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.” !Il superamento del nichilismo per Camus è ritrovare un apparato valoriale alla vita stessa, con la tensione verso la felicità nel qui ed ora, e non delegata a speranze metafisiche.!Nessun Dio per Camus conduce alla felicità, solo l'uomo può farlo. !A questo punto, l'ospite più inquietante e più inaspettato bussa alla porta, senza che nessuno l'abbia ancora sentito: Cristo.!Figlio di Dio, profeta o folle poco importa, dal momento che il problema del nichilismo e dell'assurdo viene affrontato già nei Vangeli. !"Io vi ho detto che siete dei" (Gv.10.34) dice Cristo ai suoi discepoli, semplici pescatori d’Israele, mentre sa già che una croce lo aspetta per decretarne la sua morte, compiendo quella che sarà una delle grandi intuizioni di Nietzsche, ma con due millenni d'anticipo.!Ci dimostra così che in questo mondo assurdo Dio può farsi uomo e poi morire, pertanto l'uomo può farsi Dio e risorgere, vivendo e amando la vita nelle sue mancanze e non in bulimici tentativi di “arricchirla”.!Annullando la differenza fra Divinità e umanità - o meglio, individuando nel Divino la fine del cammino dell’umano, il cristianesimo apre le porte a quel vuoto a cui si affaccerà tutta la filosofia da Hegel in poi, reinterpretando la religione come tensione individuale e non come mero culto dell’alterità. !Le varie “chiese” che si rifanno a Cristo purtroppo non hanno saputo leggere questo aspetto fondamentale dei Vangeli, rendendo culto quello che doveva probabilmente essere letto come amore verso se' e verso il Tutto, verso il “nulla creatore” (per citare il grande ateo e immoralista Renzo Novatore) e verso il Tutto che scompare. La Chiesa cattolica in particolare è assurta a contemplare Dio come un demiurgo crudele che tutto vede e tutti punisce, una sorta di deriva autoritaria dello gnosticismo, mentre quella Ortodossa ha fatto dello spirito contemplativo un'accettazione troppo passiva dell'esistente. Eppure Cristo continua a bussare alla porta del dubbio dell'uomo occidentale, perdonando i suoi carnefici così come Meursault perdona il mondo, e continua a rispondere che è nella vita stessa la scintilla divina, che non c'è felicità nel ricercarla: essa è qui, nella bellezza dell'azione. !!

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Sisifo-Cristo, sulla vetta del Golgota, vede il suo masso -la vita- rotolare per la china del monte. Esso tornerà su, risorgerà.!Bisogna immaginare l’uomo felice.! !

Luca Andalou!!Un ringraziamento a Simone Weil, Nikolaj Berdjaev e Olivier Clement. !!

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!��� ���������� ������������L'infanticida!!Siamo all’inizio dell’anno 1386, a Falaise un piccolo paese della Normandia.!Il popolo oggi assisterà ad una esecuzione pubblica che ai nostri “occhi moderni” risulterebbe perlomeno insolita e particolare.!Nel sobborgo di Guibray, un quartiere di Falaise, è stato allestito un patibolo al quale tutt’intorno fin dal primo mattino, si sono radunati i cittadini, i cavalieri con la loro servitù e soprattutto molti, moltissimi contadini fatti venire appositamente dalle campagne con i loro animali per assistere alla conclusione di un terribile fatto che per mesi ha sconvolto la quiete pubblica.!Nella piazza, al di sopra di questa folla caotica, spicca la figura del visconte di Falaise, che insieme al suo popolo attende impazientemente che dal castello giunga il carro trainato dalla giumenta che trasporta la condannata a morte.!Non si tratta però di una donna, per essere precisi non si tratta nemmeno di un essere umano. !La condannata a morte è una scrofa.!Il corteo con la prigioniera finalmente giunge alla piazza del patibolo, il boia è pronto ad eseguire la condanna e la scrofa, di cui abbiamo una accurata descrizione da parte di uno storico antico, per l’occasione indossava: “una giacca, un paio di polpe, brache e guantini bianchi sulle zampe anteriori”.!Inizialmente le venne tagliato il muso, successivamente una coscia e dopo averle fatto indossare una maschera a figura umana, venne appesa per i garretti posteriori alla forca di legno e lì lasciata ad attendere la morte, che probabilmente non tardò ad arrivare data l’enorme quantità di sangue che sgorgava dalle ferite. Lo spettacolo non finì qui, venne richiamata la giumenta e la carcassa della scrofa, dopo un finto strangolamento, fu legata ad un graticcio affinché il rituale della berlina potesse ricominciare. Dopo qualche giro di piazza, i resti più o meno smembrati dell’animale furono bruciati al rogo. !Nei mesi successivi, su richiesta del visconte, venne realizzato un affresco nella chiesa della Santa Trinità di Falaise per ricordare l’avvenimento.!

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Ma perchè questa scrofa venne uccisa? E soprattutto, perchè prendersi la briga di farlo con questa dispendiosa e teatrale esecuzione?!Per rispondere a queste domande dobbiamo fare un passo indietro.!Erano i primi giorni di Gennaio e la neve era già caduta nelle campagne di Falaise. Un bimbo, di nome Jean Le Maux, stava giocando all’aperto mentre il padre, muratore, era andato al lavoro.!All’improvviso una grossa scrofa girovaga, forse fuggita da un recinto, attaccò il piccolo Jean prima al volto e successivamente divorandogli un braccio.!Il bimbo perse tanto sangue che morì atrocemente.!Il padre, sentendo le urla del bambino, si precipitò verso di lui ma fu troppo tardi; non troppo tardi però per catturare la scrofa!!Il processo durò nove lunghi giorni durante i quali l’infanticida venne incarcerata; attenzione a questo punto, l’animale venne -incarcerato- non semplicemente ingabbiato o abbattuto come accadrebbe oggi, magari anche sul luogo del misfatto.!Nel medioevo, come ai tempi nostri, far pagare i crimini costava caro, molto caro; i registri giudiziari a noi pervenuti ne sono una prova tangibile.!Incarcerarla significava infatti pagare un carceriere per sorvegliarla ed evitare che fuggisse o che venisse rubata, magari dal proprietario, o uccisa, magari dal padre della vittima. !Significava inoltre mantenerla, avviare delle costose pratiche giudiziarie per infine condannarla ad una esecuzione pubblica che richiedeva il pagamento dei carpentieri che dovevano creare il patibolo e delle diverse maestranze che lo dovevano allestire, bisognava pagare i soldati ed il carro che dovevano scortare la prigioniera dalla prigione alla piazza ed infine il boia, di lui voglio riportare il salario: 10 soldi e 10 tornesi per la sua fatica, di cui lui si disse “ben contento”. !Al termine dell’esecuzione però egli pretese altri 10 soldi ed un paio di guanti nuovi, i precedenti avevano ricevuto una tale lordura materiale e simbolica che egli si sentì in dovere di chiedere un ulteriore risarcimento.!Va detto che la scrofa era anche difesa da un avvocato che evidentemente però non riuscì a fare poi molto dato che alla sua cliente venne imposta oltre che la pena di morte, anche il medesimo trattamento, mutilazioni annesse, che ella avea riservato al bambino.!Il visconte pretese infine che il supplizio avesse luogo in presenza degli animali di campagna, come monito per tutti loro, oltre che dinanzi al padre della vittima ed al proprietario della scrofa così da ricordare al primo che avea sbagliato lasciando il figlioletto senza che venisse vegliato, ed al secondo perchè si vergognasse del gesto della sua scrofa, la cui morte era già di per sé una gran pena economica e morale. Inoltre l'esito della sentenza venne notificato all'infanticida durante la sua prigionia, proprio come si sarebbe fatto con qualsiasi prigioniero umano. !

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Il motivo di questa scelta giudiziaria contorta e dispendiosa è da ricercare nel cuore e nelle menti del popolo medievale. !I processi agli animali infatti non sono inusuali nel medioevo, i proprietari degli animali difficilmente vengono considerati direttamente responsabili delle azioni di questi ultimi. A volte è capitato che venisse imposto un pellegrinaggio a scopo purificatore, magari compiuto con l’animale stesso. Un’altra scrofa in Borgogna nel 1457 uccise e divorò, insieme ai suoi sei porcellini, un bambino di nome Jehan Martin. La scrofa sotto tortura confessò (ebbene sì) e venne quindi uccisa.!In questo secolo gli animali vivono molto più a contatto con la gente ed infatti li possiamo trovare ovunque! !Ci sono animali nelle raffigurazioni sacre, nell’araldica, nel folclore e nei proverbi, nelle canzoni, nella simbologia ed anche nel linguaggio comune; se ci pensate imprecazioni e paragoni fatti con le varie caratteristiche degli animali nacquero in quei tempi e sono di uso comune anche ai giorni nostri. Se da un lato il popolo cristiano ritiene necessario tracciare una linea di demarcazione netta tra uomo ed animale, dall’altro canto è combattuto da domande come: “Se il Cristo, nato in una stalla e scaldato da degli animali, è venuto a salvare tutte le creature, salverà dunque anche loro? Essi possiedono un anima? Andranno in Paradiso?” Ma anche domande molto più semplici come: “Se anche loro hanno un anima, devono dunque digiunare ed avere il privilegio di non lavorare alla Domenica?”. !Le curiosità e i dubbi del popolo nel medioevo erano presi molto sul serio e queste incertezze erano spesso fonte di dibattito tra politici, teologi ed universitari. Pensate alla figura di Francesco D’Assisi che andava in giro predicando la fratellanza di tutte le creature del creato, simili affermazioni prima del XIII secolo sarebbero state derise o considerate folli. !In conclusione si può dunque affermare che se nell’antichità biblica o nell’età classica la figura dell’animale era vista come un semplice sostentamento al lavoro, o peggio come un sacrificio, nel medioevo la figura dell’animale ricevette una notevole promozione, venendo considerata addirittura meritevole di un dispendioso processo proprio come lo si sarebbe fatto ad un essere umano. !La domanda che mi sorge spontanea alla fine è: “ma se un animale mi attaccasse oggi, anche senza uccidermi, verrebbe considerato meritevole di un processo oppure dato che è solo un animale basterebbe un boia qualsiasi che, senza nemmeno un soldo o un paio di guanti nuovi, si prenderebbe la briga ed il piacere di sistemare i conti riportando finalmente la pace ed uccidendo questo ottuso e violento animale?”!!

Mirko Void!

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����������Archetipi dall'isola di smeraldo!!Nonostante l’Irlanda sia famosa nel mondo per la sua caratteristica birra scura e per la sua tradizione musicale, molti altri suoi aspetti restano coperti da un velo di mistero saltuariamente penetrato da nomi che, per vie traverse, sono arrivati alle nostre orecchie. Morrígan ed Ogma rientrano tra questi nomi, con l’identità nebulosa e indistinta dei protagonisti di storie antiche quanto l’uomo, rievocando l’antico mito dei Tuatha Dé Danann. Originariamente chiamati Tuatha Dé (Popolo del Dio), vennero riferiti come Tuatha Dé Danann dopo che i monaci irlandesi iniziarono a riferirsi agli israeliti usando Tuatha Dé.!L’etimologia di Danann non è stata definita in modo univoco: John Koch ipotizza sia un genitivo e che la traduzione sia “Popolo della dea Danu”, entità corrispondente all’archetipo della Dea Madre. Altre interpretazioni considerano altri dei (tra cui Anann) o derivazioni dalle radici di popoli antichi (Fir Domnann o Domnoni).!I Tuatha Dé Danann sono considerati le divinità dell’Irlanda precristiana, ma a differenza di altri miti non vivono in un altro mondo separato da quello terreno: la loro regione di influenza è l’Irlanda, che conquistano dai Fir Bolge e proteggono dalle invasioni fino all’esilio da parte dei Milesi. Sotto questo ed altri punti di vista i Tuatha Dé non sono assimilabili con la Fair Folk dell’Annwn gallese né la loro Irlanda con la Avalon del ciclo Arturiano.!Dei Tuatha Dé è ricordata la loro lunga e complicata guerra contro i Fomoire, esseri antichi e solitamente mostruosi che si opposero ai Tuatha Dé ma con i quali ebbero anche unioni. I Fomoire sono stati comparati agli jötnaro Ettin, i giganti della mitologia Norrena. La guerra tra le antiche deificazioni degli elementi naturali e le nuove generazioni di divinità "civili" è un elemento comune tra mitologia Irlandese e mitologia Greca, in quest’ultima la guerra è tramandata sotto il nome di Titanomachia, un collegamento forse non casuale se la leggenda sull’origine dei Fir Bolg contiene fondi di verità. Questi ultimi, secondo la leggenda, sarebbero infatti fuggiti dall’Irlanda verso la Grecia, dove vennero obbligati a lavori pesanti (da qui Fir Bolg,“uomini delle sacche”), emigrando nuovamente verso l’Irlanda dopo 230 anni ed occupandola per meno di 40 prima di perderla ai Tuatha Dé. Se queste migrazioni avessero effettivamente avuto luogo, è possibile che qualche influenza greca sia entrata nella mitologia irlandese.!Nonostante la particolare impostazione, i Tuatha Dé presentano alcune affinità con altre divinità gaeliche: in particolare Morrígan, che in quanto Sovranità è affine a Rhiannon della mitologia gallese, e la triade di Goibniu, Credne e Luchta, dei dell’artigianato possibilmente legati alla figura di Manawyddan, che nel terzo canto dei Mabinogion si rivela tre volte artigiano. Morrígan in particolare sembra essere legata alla figura di Morgana del ciclo arturiano, sia per assonanza che per possibile bivalenza della dea (terribile dea della guerra e nutrice degli dei). !Un altro nome di Morrígan è infatti Anu, che può essere radice di Danann e portare ad identificare i Tuatha come “Popolo della dea Morrigan”. Una delle sue sorelle, Ériu,ha dato all’Irlanda il nome che i nostalgici ancora cantano con orgoglio, Eire.!

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A conferma della loro mortalità, il Tuatha Dé chiamato Nuada perde la mano nella prima battaglia di Magh Tuireadh, nella quale strappano l’Irlanda ai Fir Bolg, e la vita nella seconda omonima battaglia contro i Fomoire dai quali erano stati successivamente schiavizzati. A causa della persa integrità, Nuada perde temporaneamente il suo status di re, venendo sostituito dal Fomoire Bres che in seguito calpesterà i Tuatha Dé. Il tema dell’essere divino reso imperfetto dalla perdita di arti è antico almeno quanto il mito egizio di Osiride ed è un simbolo della perdita di Sovranità che porta sventura (evento tipico della letteratura delle province britanniche). Dei Tuatha Dé sono ricordati i quattro tesori che portarono con sé quando arrivarono in Irlanda: la Lancia di Lugh, il Calderone di Dagda, la Pietra di Fal e la Spada di Luce di Nuada. La prima è un’arma leggendaria che viene tramandata con vari nomi ed incantamenti, probabilmente venendo brandita dall’eroe CuChulainn con il nome di Gàe Bulg, ed è forse un archetipo comparabile con la Lancia di Longino nella mitologia celtica. Il Calderone è un elemento di abbondanza (nessuno se ne allontana insoddisfatto), ma probabilmente anch’esso cambia proprietà a seconda del racconto e nei Mabinogion, sotto il nome di Pair Dadeni,assume la caratteristica per cui è più famoso, il potere di risvegliare i morti. La Pietra è l’unico elemento di cui si ha reale riscontro ed è universalmente collegata con la Pietra della Coronazione di Tara. Si dice che questa pietra gridasse di gioia se un legittimo Re si fosse trovato sopra di essa, e che lo proteggesse e ringiovanisse: un chiaro simbolo di Sovranità che forse precorre alla Spada nella Roccia arturiana. La Spada sembra essere anch’essa legata a Cù Chulainn, ma a differenza della Lancia, arma devastante e legata all’acqua, viene usata in letteratura per sconfiggere creature sovrannaturali spesso giganti (fermor, forse Fomoire) grazie a sotterfugi o astuzie ed è, naturalmente, legata alla luce ed alla nobiltà d’animo di chi la brandisce. Il tema dei quattro tesori si ritrova chiaramente nel Signore degli Anelli di Tolkien, nella descrizione dell’arrivo dei re di Númenor:!!

"Tall ships and tall kings!Three times three,!

What brought they from the foundered land Over the flowing sea?!Seven stars and seven stones!

And one white tree."!!La più pesante influenza dei Tuatha Dé ed in generale del ciclo mitologico Irlandese si ritrova forse proprio nella terra stessa, nella gente che vi abita e nella loro lunga storia di difficoltà, soprusi e Sovranità non riconosciute. Lo spirito dei Tuatha Dé alberga forse ancora nei loro cuori ed anima le loro corde vocali nel momento in cui la terra ricorda loro le origini del popolo Irlandese, Erin go bragh.!!

Jacopo Freddi!

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� ������� ������� ���� ������������ ��L'assenza dell'idea di Dio nella Cina arcaica!!Quando per la prima volta l'Occidente cristiano si affaccia alle coste di Canton per fini commerciali -nel XVI secolo- rimane sconcertato dall'assenza di iconografia religiosa, dall'incapacità di comprendere le abitudini di preghiera, dal fatto che le domande ritenute essenziali per la civiltà occidentale non siano tali in Oriente.!In Cina non si parla di Dio, non ci si batte per motivi religiosi: l'unico potere è quello politico e razionale.!Durante la dinastia Shang (1600–1046 a.C.), la vita religiosa della civiltà cinese comprende, com'è diffuso in epoca antica, culti dedicati alle potenze della natura (il fiume Giallo, i venti, le montagne) ma anche e soprattutto atti divinatori legati agli antenati, percepiti come spiriti mediatori tra la loro discendenza vivente e il mondo del sovrannaturale. Il rapporto di parentela permane nonostante la frontiera tra vita e morte, e ciò permette lo sviluppo di un tipo di religiosità razionale, nonché di un impianto sociopolitico fortemente gerarchico e organizzato che rimarrà caratteristico nella storia della Cina. Sono i sovrani della dinastia Shang, dunque, a introdurre nella cultura cinese l'idea che più si avvicina a quella occidentale di Dio: una figura onnipotente, al di sopra dei processi naturali e della volontà umana, chiamata Shangdi (上帝, “Sovrano dall'alto”). In realtà, questa figura astratta viene associata più all'idea di imperatore, in quanto forma di sovranità superiore alla regalità ordinaria, che ad una più immediata identificazione sovrumana. Difatti, a partire dall'istituzione dell'impero da parte del re di Qin, diviene comune abbinare questo termine al governatore in carica.!Il culto è una prerogativa del sovrano. Il re funge da sacerdote per tutta la comunità, rendendo quindi impossibile in quanto ridondante la formazione di una classe di sacerdoti che siano indipendenti dalla politica – in altre parole, la secolare contesa tra potere spirituale e potere temporale in Occidente è annullata in partenza in Cina, dove il sovrano legittima la totale concentrazione di entrambi i poteri nella sua persona.!Inoltre è necessario ricordare che la concezione del tempo in Cina non è lineare come nel mondo occidentale, bensì circolare, ovvero comprensiva di fasi di ascesa e declino che si alternano continuamente, così da rendere trascurabile l'identificazione di un punto di inizio ed uno di fine. Di conseguenza, lo Shangdi non può essere considerato un creatore onnipotente, ma piuttosto un'essenza ordinatrice, che svolge un ruolo intermediario tra il mondo cosmico e il mondo sociopolitico umano, caratterizzato da relazioni gerarchiche e codici di comportamento rituale.!Ciò non significa che venga esclusa la dimensione dell'irrazionale, ma l'aspetto mistico-religioso viene fortemente ridotto rispetto ai più famosi culti delle altre zone del mondo. Non si osservano atteggiamenti di preghiera, e i pochi miti cosmogonici esistenti non sono così diffusi tra la popolazione.!

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Con il passaggio dalla dinastia Shang a quella degli Zhou, la concezione di Shangdi slitta verso il termine Tian (天, “Cielo”), che viene percepito sempre più come garante di un'armonia prestabilita. !Così gli “ordini del Sovrano dall'alto” divengono il celebre Tianming (天命), “Mandato celeste”, rimasto alla base di ogni teoria politica cinese successiva. !E' in base a quest'idea che gli Zhou si ritengono in dovere di rovesciare la dinastia precedente e salire al potere: gli ultimi sovrani Shang non erano più degni di governare, così il Cielo ha inviato gli Zhou per punirli e sostituirli. In tal modo l'esercizio politico non può più essere appannaggio esclusivo di un'unica stirpe per semplice trasmissione ereditaria: è il Mandato celeste a stabilire chi in un dato periodo storico è il più adatto a salire al trono. Questo passaggio culturale è molto significativo in quanto si può vedere come una prima formulazione del concetto di rivoluzione politica, dal momento che la cultura cinese vuole che l'ordinamento dell'universo sia innanzitutto un ordinamento dello spazio umano, in cui ordine sociale e ordine cosmico si congiungono e si fondono.!E' proprio il concetto di ordine, od ordinamento, una delle caratteristiche principali del pensiero cinese antico, che si riflette nei sistemi di parentela, nella pratica rituale, nell'organizzazione politica. Quest'idea viene espressa nella nozione di Li (理, “ordine naturale”), che in origine descriveva le venature della giada.!!«Se lo spirito greco è intriso dello spirito del vasaio, che lavora la massa amorfa dell'argilla

rendendola perfettamente malleabile e quindi piegandola interamente all'idea dell'artigiano, constatiamo che il pensiero cinese è invece impregnato dello spirito del

lapidario: questi sperimenta la resistenza della giada, e impiega tutta la sua arte unicamente per trar partito dal verso degli strati della materia grezza, ricavandone la forma

che vi preesisteva e di cui nessuno poteva avere l'idea prima di scoprirla»! !(da Vandermeersch, La Voie Royale)!!

“Li” rappresenta la nervatura stessa dell'universo che va ritrovata e rivelata.!La razionalità cinese, invece di emergere dai miti ed opporsi ad essi, nasce dallo spirito rituale (Li, 禮, riferito al carattere sacro della ritualizzazione delle situazioni sociali quotidiane di condivisione e celebrazione) che le dà forma. !L'omofonia tra 理 (ordine naturale) e 禮 (spirito rituale) non è casuale, e a questi si

può abbinare un terzo elemento: Wen, la cultura (文), la cui origine grafica rappresenta un danzatore travestito da uccello, un simbolo riconducibile alle funzioni magiche animiste. Wen indica anche il segno, in particolare quello scritto, che è il punto di partenza della scrittura e dunque della cultura. Ordine naturale, spirito rituale, e cultura: i mezzi che consentono all'uomo di decifrare l'universo non sono rivelati da una parola divina, ma insistono nell'uomo stesso.!!

Marilyn Pastis!!fonti: Storia del Pensiero Cinese, Anne Cheng

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!!!In copertina:

• John Bauer, illustrazione tratta dalle "Fiabe Popolari Svedesi" •"L'Incubo" di Johann Heinrich Füssli !

Retro copertina: • Illustrazione di Arthur Rackham tratta dalle fiabe dei fratelli Grimm !!!

• !!Questa rivista è prodotta e finanziata dal collettivo artistico Stramonium

e si pone come mezzo di comunicazione per racchiudere incontri mensili, progetti musicali ed artistici che verranno di volta in volta presentati ad un pubblico sensibile

verso gli argomenti trattati. La versioni digitali della rivista sono scaricabili in pdf da:

• meastramonium.blogspot.it !!!

per altre informazioni: ! • [email protected] !!!!!!!!!!!!!!!!!