Triple Moon VI

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Il collettivo Stramonium presenta Triple ••• Moon Triple Moon è un incontro ricorrente che si propone di sperimentare diversi metodi di ricerca iniziatica, attraverso la diffusione di pamphlet, riflessioni, musica ed immagini, lasciando al singolo la libertà di scegliere il proprio percorso spirituale, bandendo una volta per tutte elitarismo e specialismi. Non la banalizzazione di ciò che rimane nascosto ai più, ma un semplice invito a guardare tra le righe della realtà.

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Un passaggio ad Oltremare - Sante guerre, da ogni punto di vista Riprendersi la barbarie! Dio è la tua coscienza

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!Il collettivo Stramonium presenta

Triple ••• Moon Triple Moon è un incontro ricorrente che si propone di sperimentare diversi metodi di ricerca iniziatica, attraverso la diffusione di pamphlet, riflessioni, musica ed immagini, lasciando al singolo la libertà di scegliere il proprio percorso spirituale, bandendo una volta per tutte elitarismo e specialismi. Non la banalizzazione di ciò che rimane nascosto ai più, ma un semplice invito a guardare tra le righe della realtà.

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� ���������������������Sante guerre, da ogni punto di vista!!Al giorno d’oggi si ha un idea molto confusa di guerra santa e Jihad, forse anche questa volta fare un passo indietro ci aiuterà a farne due in avanti, permettendoci di capire un po’ di più questo complicato fenomeno religioso.!Anno 1095, i cristiani del medioevo non erano per niente simili ai cristiani contemporanei. Essere cristiano comportava molti sacrifici, confessioni pubbliche obbligatorie, presenza alla messa e poi, per chi poteva permetterselo, il pellegrinaggio. Questa pratica, ad oggi quasi d’obbligo nel mondo islamico, in antichità era molto più importante anche per il mondo cristiano. E’ vero che ci si raccomandava spesso al proprio santo di paese, oppure ci si recava in San Pietro a Roma per le grandi occasioni o le grandi richieste, sperando che le reliquie a cui si facevano voti fossero vere o non venissero rubate; ma richiedere addirittura una grazia facendo un pellegrinaggio fino al Santo Sepolcro in terra santa, era un po’ come rivolgersi direttamente a Dio, senza intermediari.!Già il grande Carlo Magno ai tempi suoi stipulò un contratto con il califfato per garantire il passaggio dei pellegrini cristiani verso Gerusalemme, ciò nonostante l’impresa si dimostrava sempre troppo pericolosa. Ad un certo punto quindi la gente si stancò e venne attuato quello che credo si possa definire un progetto politico: se i turchi non ci lasciano raggiungere un così importante luogo della cristianità, noi si partirà in tanti ed armati, uccidendo chiunque si interporrà tra noi ed il nostro nobile obbiettivo!!Il nucleo della prima crociata era dunque formato da pellegrini armati; pellegrini infatti si definivano queste genti in viaggio verso Gerusalemme. Adottarono la croce come simbolo del loro viaggio, simbolo di sacrificio e di redenzione, simbolo che li portò ad essere conosciuti come cruce signati, volgarizzato poi in crociati. I crociati si ponevano quindi come pellegrini penitenti. In un momento storico ancora caldo per la lotta delle investiture tra il papato e l’imperatore, per papa Urbano II farsi promotore di una iniziativa così popolare tra le genti e tra i principi suoi fedeli, fu una mossa che gli garantì la conferma di essere il vero leader spirituale, più di ogni altro imperatore o governante. !Oltre ai fedeli, alla prima crociata si unirono anche i nobili e i principi che avevano più interesse a seguire il papa rispetto all’imperatore, tra questi ci furono Boemondo

di Taranto, Raimondo di Tolosa, Baldovino di Boulogne e Goffredo di Buglione. Se l’Europa fosse stata depressa e senza energie, un’azione del genere sarebbe stata impossibile, ma in quegli anni era iniziata la “moda’’ di fondare nuove città e nuovi insediamenti, c’era bisogno di procacciare terreni per l’agricoltura, arte in continuo miglioramento e la crescita demografica era palpabile. Non c’è da stupirsi che molti giovani, ricchi o poveri che fossero, dovendo scegliere se

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rimanere a dividersi un fazzoletto di terra da coltivare, oppure nel caso dei nobili una piccola signoria da governare, scegliessero di partire per questa impresa alla ricerca di nuove fortune ed avventure, oltre che ovviamente la salvezza dell’anima. Gli storici dell’ottocento spesso concordano nel descrivere le crociate solo come una mossa politica fortemente spinta dalla chiesa, piuttosto che un vero fenomeno religioso. Era inconcepibile per loro che dei giovani si lasciassero convincere a partire e probabilmente anche a farsi massacrare, per Dio. Era un Europa diversa quella del medioevo, il pensiero cristiano era ricco di passione e di pulsioni molto simili a quelle del mondo islamico attuale, la popolazione era numerosa e le prospettive non erano abbastanza soddisfacenti per tutti. Uno storico dei nostri tempi invece, in questa Europa dove la disoccupazione è un argomento presente nella vita di molti, non fatica a capire le motivazioni e lo spirito con il quale questi giovani partivano, per salvarsi l’anima certo, ma anche per cercare fortuna o nuove e più entusiasmanti prospettive. !Dunque partono - a piedi - fino a Gerusalemme. !Attraversano mezza Europa e l’Asia minore, combattendo e sterminando i Turchi e le altre popolazioni che si interponevano tra loro ed il loro obbiettivo. Questi popoli erano impreparati, divisi da piccoli conflitti interni e i cristiani, ad uno ad uno, li sconfiggono e li scacciano dalle loro terre. Arrivano a Gerusalemme e la prendono. A questo punto molti pellegrini ripartono con il cuore pieno di certezze cristiane e sicuri di aver compiuto un gesto che non rimarrà indifferente agli occhi di Dio; molti altri invece, soprattutto i principi, i nobili ed i loro vassalli, si guardano indietro e si rendono conto di aver conquistato un paese. Questa era gente che amava comandare e fare la guerra, essere ricca! A guardia di ogni posto conquistato erano state lasciate di volta in volta delle guarnigioni, il territorio sotto il loro controllo era enorme: Israele, la Palestina e la Giordania, il Libano, la Siria e la Turchia erano più

o meno tutte sotto il dominio cristiano. Ci fanno un regno ed uno dei principi, nella fattispecie Goffredo di Buglione, viene nominato "Advocatus Sancti Sepulchri", difensore del Sacro Sepolcro. La sua investitura fu una carica fittizia per permettere a lui ed ai baroni di comandare incontrastati il nuovo territorio che si erano già divisi tra cavalieri e vassalli. Lo chiamarono Regno di Gerusalemme, ma la gente a casa lo conosceva come l’Oltremare… l’Outremer! !Dal 1099, tutti i nostri antenati che lavoravano duramente spaccandosi la schiena avevano la consapevolezza che se proprio non ne avessero voluto più sapere di quella vita, avrebbero potuto avere un nuovo “orizzonte’’ strappato agli infedeli, dove i nostri comandano e c’è sempre bisogno di qualcuno per aiutare. !Questa epopea cristiana dura 200 anni, gli emiri mussulmani finalmente insorgono e tornano per Mappa di Gerusalemme del 1099

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riprendersi la terra strappatagli da questi barbari miscredenti; perchè sia chiaro, sappiamo tutti che ogni fede dal canto suo detiene la verità assoluta. Da qui partono tutte le successive crociate per difendere l’Outremer. Nei momenti difficili è lo stesso papa a chiamare tutti i principi cristiani invitandoli a fare: “ un -passaggio- ad oltremare” perchè le cose si stanno mettendo male. Fu così che la crociata divenne un istituzione, il papa a quelli che andavano a fare un passaggio, garantiva privilegi terreni ed ultraterreni. Alcuni esempi: se uno ha dei debiti ma parte per la crociata, ecco che i suoi conti ed i suoi beni vengono “congelati” fino al suo ritorno. Se invece un’altro ha un processo in atto, tutto si ferma e poi chissà! Quest’ultima pratica politica e giuridica, facendo le dovute distinzioni, non è passata di moda nemmeno ai giorni nostri. Quindi si faceva un giuramento pubblico, ci si faceva cucire la croce sugli abiti e da li a poco tempo, via! Si partiva verso l’Outremer. !Credo che a questo punto sia il caso di fare un ulteriore passo indietro nella storia fino ai tempi dei martiri, i primi cristiani prendevano i comandamenti molto sul serio ed il “non uccidere” è costato molto caro a quegli antichi credenti. Ai tempi dei Romani una delle cause principali delle persecuzioni fatte a danno dei cristiani era proprio questo comandamento, Roma era una potenza basata sulla guerra e capiamoci, un centurione che si converte e lascia le armi, allo stato romano proprio non piaceva. !La maggior parte dei martiri erano militari che piuttosto che andare contro il loro credo si facevano ammazzare.!Da quei tempi i teologi iniziarono a sforzarsi per trovare un compromesso che giustificasse la coesistenza del cristianesimo e della guerra. Dopo un secolo da questi fatti, un ufficiale scrive una tormentata lettera a Sant’Agostino, grandissimo teologo, per cercare conforto e consiglio rispetto ai dubbi causati dal contrasto tra il suo lavoro ed il suo credo. La risposta di Sant’Agostino fu che non si può pensare che piaccia Dio chi porta le armi - il pensiero dei primi cristiani qui è ancora vivo - però poi aggiunge che anche Davide portava le armi, e molti altri uomini giusti del suo tempo!!I toni di Agostino nel tempo diventano sempre più accesi nei confronti della guerra, l’Impero è cristiano e va difeso, ci sono anche i barbari che attaccano continuamente e lui arriva addirittura a scrivere che non c’è nulla da biasimare nella guerra, tutti gli uomini dovranno morire prima o poi e che questi biasimi non sono degni degli uomini religiosi. Talvolta è quindi necessario che i buoni facciano la guerra contro i violenti per comando di Dio o del governo legittimo (che è ovviamente cristiano). !Mancano ancora cinquecento anni circa alla prima crociata, ma già si gettano le basi di quello che poi sarà il pensiero che accompagnerà queste campagne militari. Per secoli la chiesa fu ambivalente; si alla guerra, però insomma è un po’ peccato! Dopo bisogna comunque purificarsi, pentirsi ecc… Con la prima crociata c’è un enorme cambiamento che viene dal basso, dalle piazze e dal popolo. Non è la chiesa a cominciare, ma sono i pellegrini che pretendono di sapere se ciò che stanno facendo piace a Dio. La chiesa inizialmente indugia ma poi lo ammette: no, non è peccato e va bene, niente penitenza o purificazione per i soldati di Dio. !

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San Bernardo da Chiaravalle dirà che questi guerrieri si possono paragonare ai martiri del passato. Questa, quindi, è una Guerra Santa.!Nella Chanson De Roland, romanzo coevo del primo passaggio ad Oltremare, Rolando messo alle strette dai saraceni dice: “Qui subiremo martirio, ed ora so bene che non ci resta molto da vivere, ma sarà fellone chi non si venderà caro! Colpite dunque signori con le vostre spade forbite! Disputate la vostra morte e la vostra vita!” . Queste spade, la cui forma a croce era utilizzata anche per darsi l’assoluzione a vicenda nelle battaglie, diventeranno un simbolo per i crociati e per la nuova idea di martirio. !I cronisti mussulmani dei tempi hanno omesso la spinta religiosa nella descrizione delle conquiste cristiane, lasciando il posto solamente ai beni materiali ricavati dalle crociate, quasi a non voler ammettere che l’occidente potesse aver in qualche maniera un fanatismo ed una pulsione religiosa di tale portata. Eserciti volontari mussulmani partivano continuamente per espugnare i territori conquistati dai cristiani. Nel Corano infatti è previsto il caso in cui i fedeli possono o devono, dipende dalle interpretazioni, combattere per difendere la fede. Bibbia e Corano sono libri difficili, tutti da interpretare, e se in Europa la Bibbia veniva insegnata a tutti nello stesso modo, nel mondo islamico ogni persona poteva avere una propria interpretazione dei testi sacri, ciò era causa di una grande vivacità culturale, ma spesso anche conflitti e disordini interni. La Jihad, ovvero il combattere sulla via di Dio, ricorda ciò che papa Urbano II disse durante la prima chiamata alle armi, le fonti sono quelle di un cavaliere anonimo che si è fatto cronista del primo pellegrinaggio, egli scrive: “il papa ha detto che chiunque volesse salvare la propria anima non esitasse ad intraprendere la via del Signore”. Quando nel Corano gli israeliti dopo la morte di Mosè chiesero al profeta di dargli un nuovo re, gli dissero: “Dacci un Re! E noi combatteremo nella via di Dio!” Il profeta allora rispose: “Se vi sarà detto di combattere allora combatterete?” Gli ebrei risposero: “che motivo avremmo di non combattere nella via di Dio visto che siamo stati scacciati dalle nostre case ed allontanati dai nostri figli?” Il profeta disse: “Dio vi ha dato un re ed è Saul!” !E gli israeliti partirono a combattere i filistei del gigante Golia, che poi fu sconfitto da Davide, lo stesso uomo d’armi che secondo Agostino piaceva tanto anche al suo Dio. !Quello cristiano.!!

Mirko Void!!!

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���� ����������������!Tremate, o genti, arrivano i barbari!!Così durante l'epoca classica, nasceva questo feticcio che tracciava una netta linea di demarcazione fra noi, i civilizzati conquistatori che spargevano sale sulle città conquistate e rase al suolo, e loro, gli altri, così incivili da non conoscere la nostra lingua, distruttori di ogni morale, con usi e costumi così diversi da non elevarsi dal modesto rango di animali.!E da “noi e loro” si finiva ben presto ad asserire “o noi o loro”.!La parola “barbaro” nasce nella Grecia antica : comunemente venivano definiti “barbari” tutti coloro che non avevano padronanza della lingua greca, e pertanto si esprimevano a gesti o balbettii (βάρβαρος , appunto, significa “i balbuzienti”).!Queste persone, a causa della loro mancanza di civiltà, dovevano essere temuti o schiavizzati, come scrive Aristotele in una lettera ad Alessandro Magno: “Con i Greci comportati da stratego, con i barbari da padrone, e curati degli uni come di amici e familiari, mentre gli altri trattali come animali o piante “.! Intuiva così come la condizione di barbaro potesse avere come diretta conseguenza quella di schiavo, rincarando la dose nel passaggio che dice : “Gli elleni devono predominare sui barbari, in quanto schiavo e barbaro sono per natura la stessa cosa “.!Questa differenza qualitativa fra esseri umani continua in tutti i corsi e ricorsi della Storia, con poche voci fuori dal coro.!I cristiani, seppur animati da tendenze universalistiche, ben presto sostituiscono la parola “barbari” con “pagani” o “miscredenti”, operando nei fatti la stessa divisione; nel profondo Oriente il cinese Bàn Gù, autore del Libro degli Han, la storia della dinastia Han dal 206 a.C. al 25 d.C, descrive così i barbari occidentali : “I barbari (...) tengono i capelli sciolti e chiudono i loro abiti sul lato sinistro. Hanno volti umani e il cuore di bestie selvagge. Portano abiti diversi da quelli usati nell'impero di Mezzo, hanno altri usi e costumi, altro cibo e altre bevande, parlano una lingua incomprensibile. (...) Di conseguenza, un governo saggio deve trattarli come bestie selvagge”; tornando in Occidente giungono a noi i tremebondi appelli dei romani cristianizzati che raccontano con autentico terrore dei vari sacchi nelle città dell'Impero.!Insomma, come scrive Gian Antonio Stella, ognuno è barbaro per qualcun' altro, e mentre il Papa bandiva crociate redentrici per liberare la Terra Santa dai miscredenti, così scriveva Usama ibn Munkys intorno alla metà del XII secolo: “Ognuno può vedere nei Franchi (negli Europei) soltanto delle bestie le quali, tutt'al più, posseggano il coraggio della lotta, che è proprio agli animali. All'infuori del coraggio non posseggono altre qualità umane, e perciò il guerriero è il solo uomo che abbia valore davanti ai loro occhi. Chi non lo è non conta nulla.”!La paura dello straniero si sedimenta così nell'immaginario collettivo delle popolazioni, e possiamo trovarne tracce tanto nel colonialismo quanto nelle pretese di esportare la democrazia, tanto nei dibattiti su l' emigrazione dei popoli quanto nei cosiddetti “riot” urbani.!

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Vale la pena, per arrivare al punto, citare la storia di Droctulfto: duca Longobardo, disertò nel 572 a Ravenna per mettersi al servizio dei Bizantini, meritandosi così nell'epitaffio la frase “Hanc patriam reputans esse, Ravenna, suam”.!Jorge Luis Borges nel racconto “Storia del guerriero e della prigioniera” scrive, a proposito di questo fatto: “Le guerre lo portano a Ravenna e là vede qualcosa che non ha mai visto, o che non ha visto pienamente. Vede il giorno e i cipressi e il marmo. Vede un insieme che è molteplice senza disordine; vede una città, un organismo fatto di statue, di templi, di giardini, di case, di gradini, di vasi, di capitelli, di spazi regolari e aperti. (...) Bruscamente, lo acceca e lo trasforma questa rivelazione: la Città. Sa che in essa egli sarà un cane, un bambino, e che non potrà mai capirla, ma sa anche ch'essa vale più dei suoi dèi e della fede giurata e di tutte le paludi di Germania”.!Droctulfo è il profeta del carattere inclusivo della civilizzazione, che mette ordine al caos naturale e integra tutti coloro disposti a rinnegare il proprio Es primordiale in strutture e sovrastrutture disposte con la razionalità che nulla lascia al divenire temporale.!Ebbene, se ogni azione ha una sua reazione uguale e contraria, alla tendenza civilizzatrice è auspicabile cominciare a riscoprire la potenza dell'alterità.!La parola “barbarie” infatti non denuncia solo la devastazione di una cultura ormai fissata nella storia, ma anche la scoperta di un altro radicalmente differente, che con la sua diversità antropologica può creare fratture indispensabili per lo sviluppo di una civiltà: i vari sacchi dei popoli germanici nei confronti di Roma furono ben più importanti della cristianizzazione dell'Impero, perché permisero di creare una moltitudine di varchi in una cultura che fino ad allora era stata fondamentalmente chiusa nelle sue pratiche inglobanti (omologazione non è sinonimo di apertura, sia ben chiaro). !L'irrompere dell'alterità in un contesto predeterminato implica al contempo la crisi del soggetto e quella dell'ordine sociale, crisi necessaria per impedire la stagnazione di esso, e così Walter Benjamin ne “Il carattere distruttivo” asserisce che il barbaro “non vede niente di durevole, ma vede dappertutto delle vie”.!Ovviamente proporre la possibilità barbarica nel Villaggio Globale in chiave positiva comporta uno sforzo non da poco, ma ancora una volta ci viene in aiuto Benjamin: “Che valore ha l'intero patrimonio culturale, se proprio l'esperienza non ci congiunge ad esso? A che cosa porti simularla o capirla con l'inganno, il raccapricciante guazzabuglio di stili e di ideologie del secolo scorso ce l'ha reso sin troppo chiaro per dover ritenere disonorevole confessare la nostra povertà.Sì ammettiamolo: questa povertà di esperienza non è solo povertà di esperienze private, ma nelle esperienze dell'umanità in generale. "E con questo ecco una specie di nuova barbarie. Barbarie? Proprio così.Diciamo questo per introdurre un nuovo concetto POSITIVO di barbarie. A cosa è mai indotto il barbaro dalla povertà di esperienza? E' indotto a ricominciare da capo;a iniziare dal nuovo; a farcela con il poco (….)”!La povertà dell'esperienza potrebbe quindi portare a un azzeramento formale e a un ritorno al necessario e all'essenziale, questi sconosciuti nel regno della quantità.!

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Distruggere (simbolicamente) la città per cui Droctulfto abiurò il suo passato significa ribaltare il reale proponendo la possibilità di una moltitudine di alternative necessarie allo sviluppo individuale dell'uomo.!In alcuni articoli passati si teorizzava una divisione ontologica fra lo spirito nomade e quello stanziale, il ricongiungimento fra queste due anime non può attuarsi solo mediante pratiche di nomadismo psichico, ma anche con gli schianti che irrompono nella grande orchestra della Storia dell'umanità: rivendicarsi l'alterità, riprendersi la barbarie. !!

Luca Andalou!!!!

t !��������� ����������!Simon Morin, finì bruciato al rogo a Parigi nel 1663 per aver affermato di essere Gesù Cristo. !Quando fu internato, nella stessa struttura incontrò un altro folle che sosteneva di essere il Dio padre, e Simon ne fu colpito. !Rivedendo il suo delirio di identità in quello di quell'uomo torno in sé per un certo periodo, fino a che non fu dimesso e tornò ad essere Gesù.!Nei primi anni di vita, ogni essere umano, prende prima coscienza dell'ambiente circostante, delle persone e degli oggetti che fanno parte della sua vita, è un corpo fisico tempestato da sensazioni. Nel secondo anno di vita compare l'autocoscienza, ovvero la consapevolezza della propria individualità psichica esplicata nel rivolgersi a se stessi con "io". Nel mondo classico la follia era ispiratrice e divina; l'entusiasmo dell'avere "un dio dentro di sé". La voce di Dio fluiva direttamente all'interno dell'intuizione dell'uomo. Nel Medioevo il folle era accettato come parte integrante della società, poteva essere personificazione e stereotipo dell'insensatezza della condizione umana o portatore di un sapere celato, elevato e religioso. L'uomo cerca di dare una forma alla coscienza. !Poi la follia viene condannata come manifestazione dei peccati dell'uomo, anticipando un intreccio tra lei e la morale che è solo al suo inizio. Secondo il pensiero di Hegel, l'autocoscienza si ottiene solo dal confronto con quella degli altri e ciò avviene tramite lo scontro e l'affermazione di una sull'altra. La voce della coscienza nel cristianesimo diviene consigliera dei principi da seguire per la retta via dalla quale la debole natura umana devia. Questo esame di coscienza dissocia

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la voce interiore dalla sua accezione divina e crea per Dio uno spazio esterno all'uomo. !Julian Jaynes nel suo saggio "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" pubblicato nel 1976, afferma che gli esseri umani più di tremila anni fa avessero una diversa struttura mentale e possedessero una mente inconsapevole che gli procurava esperienze allucinatorie. Gli esseri umani sarebbero stati guidati da voci interiori. La coscienza era intuitiva. Le voci interiori venivano attribuite agli dei, ma questi uomini davvero sapevano di essere senza sapere chi fossero? Dio era nell'uomo e la coscienza di sé dell'uomo legata all'idea di Dio. La forza creatrice della mente. La coscienza di sé è introspezione, è il dialogo dell'anima con se stessa, rivolgersi ad essa significa ascoltare la propria voce interiore. Essa è l'insieme di tutte le informazioni che percepiamo dalle nostre esperienze e che formano il nostro pensiero. !La sua assenza chiama irrimediabilmente l'assenza stessa? !La coscienza è essere, ma essa si muove sempre verso un oggetto con intenzionalità. La coscienza dell'uomo è alla ricerca di questa intenzionaltà assoluta che ora identifica con Dio, poiché è divenuto esterno ed oggetto. L'essere umano allora si rapporta con la sua coscienza uscendo fuori di sé. Secondo Jaynes la schizofrenia è un residuo vestigiale della nostra antica struttura mentale. Essendo Dio divenuto oggetto ha acquisito proprietà e concetti lontani dall'uomo, che si trova ora a doversi rivolgere alla sua interiorità per mezzo dei suoi sensi e dell'ambiente. La coscienza non ha più fissa dimora e per necessità si crea un ponte che collega e riequilibra la sua funzione. Se Dio, separato com'è dall'uomo nel suo significato attuale, viene reintegrato nella coscienza, subentra la follia come mediazione, o la struttura mentale alla quale si riferisce Jaynes. La follia però, è sempre stata un po' ovunque, si può quindi affermare che è sempre stata dentro di noi, ma ha di certo avuto dimensioni e valori differenti in epoche differenti.!Si potrebbe dire che la follia è quel sentimento che si interroga sulla percezione della realtà.!!

Silvia Kuro!

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!!!In copertina:

• Theodor Kittelsen, "Op under Fjeldet toner en Lur" •"Iside nella Caverna" di Gianluca Martucci - Olio su lino -

Collezione privata, Roma. !Retro copertina: "L'Età dell'Oro" di Gianluca Matucci - Olio su lino -

Collezione privata, Napoli. • !!• !

Questa rivista è prodotta e finanziata dal collettivo artistico Stramonium e si pone come mezzo di comunicazione per racchiudere incontri mensili, progetti

musicali ed artistici che verranno di volta in volta presentati ad un pubblico sensibile verso gli argomenti trattati.

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