TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO G. DES. DOTT. ------ SEZ. ------. … · 2019-11-15 · Alfa S.p.A....
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TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
G. DES. DOTT. ------
SEZ. ------. N. ----/-- R.G.
MEMORIA DIFENSIVA
per ALFA S.P.A., c.f. ------, con sede in ----, Via ------, capitale sociale € ---
-- i.v., in persona del suo Direttore Generale e legale rappresentante, eletti-
vamente domiciliata in -----, Via ----- presso l’avv. ------ (C.F. ------), che la
rappresenta e difende in forza di procura generale alle liti per atto pubblico -
------ a rogito del dr. -----, notaio in -----, rep. ---- - racc. ----- (doc. 1), il
quale dichiara di volere ricevere eventuali comunicazioni e notificazioni al
fax n. ------- o all’indirizzo PEC: ------
- resistente -
nel procedimento ex art. 700 c.p.c. promosso da
BETA S.R.L., con gli avvocati ------ e ------
- ricorrente -
*.*.*.*.*
1. Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data -----, Beta S.r.l. (in pro-
sieguo, Beta) ha chiesto a codesto Tribunale Ill.mo di “sospendere
l’efficacia e/o l’esecuzione di tutti i contratti di affidamento sottoscritti da
Beta s.r.l. con Alfa S.p.A. in data -----, con scadenza dal ------ al ------) e,
pertanto, autorizzare Beta s.r.l. a non effettuare ulteriori versamenti e/o pa-
gamenti in relazione a tali contratti, e nel contempo inibire alla Banca resi-
stente di annotare e contabilizzare a debito dell’odierna ricorrente le som-
me indicate nei medesimi contratti alle scadenze mensili ivi riportate, retti-
ficando intanto il saldo del conto corrente n. ------, con annotazione e con-
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tabilizzazione a credito di Beta s.r.l. di tutti i relativi importi riportati nella
perizia econometrica redatta dal dott. ------ e prodotta in atto; sospendere
conseguentemente la segnalazione periodica relativa alla posizione di Beta
s.r.l. nella Centrale Rischi della Banca d’Italia per i rapporti in essere con
Alfa S.p.A. e comunque ordinare alla medesima Alfa S.p.A. la rettifica im-
mediata di detta segnalazione e di quelle successive, specificando che il
rapporto è in contestazione e che non sussiste alcuna esposizione debitoria
a carico di Beta s.r.l. e dunque indicando alla voce utilizzato l’importo di
euro zero, con credito residuo a favore della ricorrente calcolato sulla base
delle rettifiche indicate nella perizia econometrica redatta dal dott. ----- e
prodotta in atti; condannare Alfa S.p.A. al pagamento delle spese, delle
competenze e degli onorari del presente giudizio”.
2. A sostegno di tali domande, Beta riferisce di avere concluso il giorno -----
con Alfa s.p.a. un contratto di conto corrente contraddistinto dal n.ro ------
ed un conto anticipi contraddistinto dal n.ro -----.
Alla data del -------- il conto corrente presentava un saldo passivo di € -------
-, di cui € ------- riferiti al conto corrente ed € ------ al conto anticipi.
In questa situazione, sempre secondo la ricorrente, la Banca esponente in
data ------- avrebbe accreditato la somma di € ------ sul conto anticipo fatture
(n.ro ------), che veniva così estinto, e addebitato l’importo corrispondente
sul conto corrente (n.ro ------).
Senza tralasciare le consuete accuse di “macroscopica scorrettezza” e di
violazione dei generali principi di correttezza e buona fede, Beta afferma
che, a questo punto, le sarebbe stato imposto di concludere una pluralità di
affidamenti “fittizi” (?), per l’importo complessivo di € ------, ciascuno
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dell’importo di € ------ e con scadenza mensile a partire dal ------.
Così facendo la Banca avrebbe imposto un surrettizio piano di rientro, ag-
gravando ulteriormente la posizione della ricorrente. Tutto ciò in un conte-
sto in cui essa, stando dati risultanti dalla perizia econometrica che ha ri-
chiesto ad un proprio consulente, non già che debitrice, sarebbe creditrice
della Banca esponente. Di qui le domande spiegate in via d’urgenza, allo
scopo di essere autorizzata a non pagare il proprio debito e per impedire ul-
teriori addebiti sul proprio conto corrente.
3. Alfa S.p.A. si costituisce in giudizio con la presente memoria e chiede il
rigetto delle domande avversarie, totalmente infondate.
Preliminarmente, però, occorrono alcune precisazioni circa la conclusione
dell’accordo al quale fa riferimento controparte, cui sembra sfuggire un dato
che è invece chiarissimo.
La Banca esponente si sarebbe potuta limitare a revocare le linee di credito
in essere ed a chiedere il rientro immediato, con le conseguenti segnalazioni
in Centrale Rischi.
Per agevolare la correntista, invece, sono stati concessi plurimi affidamenti,
in modo da consentire un rientro graduale sulla posizione, senza mettere in
difficoltà la cliente, con la quale il rapporto contrattuale era giunto ormai ad
esaurimento.
4. Fatta questa puntualizzazione, si deve evidenziare che la tutela cautelare
richiesta è inammissibile e, comunque, infondata, per le ragioni di seguito
esposte.
(A) Inammissibilità del ricorso.
1. Anzitutto difetta, nella specie, il requisito della strumentalità del provve-
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dimento di urgenza richiesto rispetto alle domande che la ricorrente prean-
nuncia di volere svolgere in un futuro giudizio di merito.
In particolare, nel proprio ricorso Beta ha anticipato la propria intenzione
proporre un futuro giudizio di merito, allo scopo di fare accertare in via de-
finitiva la sussistenza di un proprio presunto credito e di ripetere dalla Ban-
ca le somme che essa assume essere state da questa indebitamente incassate.
Il conto corrente n.ro ------ è, però, ancora aperto ed operante e questo pre-
clude l’esperibilità della futura azione di ripetizione.
Infatti, come chiarito dalla più recente giurisprudenza, le azioni di ripetizio-
ne nei rapporti bancari di conto corrente (come quelli che vengono qui in ri-
lievo) sono proponibili solo dopo la chiusura degli stessi, atteso che, prima
di quel momento, non esiste alcun pagamento, in senso tecnico-giuridico,
suscettibile di ripetizione.
In questo senso si è espressa Cass., 15 gennaio 2013, n. 798, secondo cui
“l'annotazione in conto di una posta di interessi (o di commissione mas-
simo scoperto) illegittimamente addebitati dalla banca al correntista com-
porta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione del
credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pa-
gamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria in fa-
vore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far
dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa, allo scopo even-
tualmente di recuperare una maggiore disponibilità di credito, nei limiti del
fido accordatogli, ma non potrà agire per la ripetizione di un pagamento
che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamen-
to, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, con-
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clusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia
esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale
risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti
dal cliente all'atto della chiusura del conto”.
In ossequio a tale insegnamento (1), le domande di condanna alla restituzio-
ne di somme relative al rapporto di conto corrente che dovessero essere pro-
poste nel futuro giudizio di merito non potrebbero che essere dichiarate
inammissibili, con la conseguenza che inammissibile risulta anche la tutela
cautelare richiesta, in quanto sprovvista del requisito della strumentalità.
2. Ma, sempre in relazione al rapporto tuttora pendente, l’inammissibilità
dovrebbe essere affermata anche con riguardo ad eventuali domande di ac-
certamento delle asserite nullità, prodromiche rispetto all’azione di ripeti-
zione e ciò anche volendo ritenere ammissibile la tutela ex art. 700 c.p.c. in
materia di mero accertamento, il che ci sembra seriamente dubitabile.
Come ha infatti ineccepibilmente stabilito - con ordinanza 5 dicembre 2013
(che si produce sub 2) – il Tribunale di Brescia, “laddove, come nel caso in
esame, le conclusioni di parte attrice comprendano tanto la richiesta di ac-
certamento della nullità parziale del contratto di conto corrente e di conse-
guente rideterminazione del saldo quanto la domanda di condanna della
banca alla ripetizione dell’indebito, l’esame della prima domanda non può
essere isolato da quello della seconda domanda, essendo l’accertamento ivi
(1) Condiviso anche dalle Corti di merito, v. Trib. Benevento s(ord. 4 luglio 2012, in expar-
tecreditoris.it), secondo cui “giusta la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte
(vedasi da ultimo Sezioni Unite del 2.12.10) l’azione di ripetizione dell’indebito può essere
proposta solo quando vi sia stato un pagamento e, nel caso in esame essendo ancora in
corso di svolgimento l’unitario rapporto bancario fra le parti, così come non vi sono diritti
di credito o debito esigibili fra le parti allo stesso modo non è configurabile un pagamento
di indebito, per tale motivo irripetibile”.
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richiesto strumentale all’accoglimento della domanda di condanna, con la
conseguenza che la ritenuta inammissibilità di quest’ultima, per le ragioni
dianzi esposte, finisce per travolgere pure quella, pregiudiziale ad essa, di
accertamento” (v. ns. doc. 2, pag. 3).
Dunque, in un futuro giudizio di merito, anche le domande strumentali a
quella di ripetizione dovrebbero essere dichiarate inammissibili e anche ri-
spetto a queste si profila l’inammissibilità della tutela cautelare richiesta da
controparte, per il difetto del requisito della strumentalità.
3. Quanto detto per il rapporto di conto corrente vale a maggior ragione per
il conto anticipi, il quale, per costante giurisprudenza, “costituisce una mera
evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi
dalla banca al cliente, annotandosi in esso in "dare" le anticipazioni eroga-
te al correntista ed in "avere" l'esito positivo della riscossione del credito,
sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente; ne consegue che il
saldo passivo del conto anticipi non indica uno scoperto, i due crediti — del
cliente, per il credito incassato e della banca, per l'anticipo concesso — si
compensano […] e, pertanto, le relative rimesse non hanno carattere solu-
torio” (Cass., 20 giugno 2011, 13449).
Non essendo possibili operazioni “a vista” sul conto anticipi, nemmeno si
può configurare, rispetto ad esso una futura azione di ripetizione.
In conclusione, stante il difetto del requisito della strumentalità, la domanda
cautelare avversaria si appalesa inammissibile.
(B) In subordine, l’infondatezza del ricorso.
Ferma restando l’eccezione che precede, va detto che il ricorso avversario è
altresì infondato perché difettano i presupposti del periculum in mora e del
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fumus boni iuris.
(B.1) Insussistenza del periculum in mora
1. Anzitutto, difetta, nella specie, qualsiasi periculum in mora.
Beta ha chiesto di essere autorizzata a non effettuare ulteriori versamenti o
pagamenti in favore della Banca, in relazione agli affidamenti in essere; di
inibire alla stessa di addebitare i relativi importi in conto e di rettificare le
segnalazioni nella Centrale Rischi della Banca d’Italia.
Non si vede, però, in cosa consisterebbe il pregiudizio che controparte in-
tende evitare.
Il conto corrente è ancora aperto e gli affidamenti sono in essere. Nella Cen-
trale Rischi non vi è alcuna segnalazione a sofferenza, ma solo l'indicazione
delle linee di credito accordate e del loro utilizzo.
Se controparte è convinta di non avere un debito verso la Banca e non in-
tende onorare gli impegni assunti, potrà astenersi dall’effettuare il pagamen-
to dovuto per rientrare dagli affidamenti richiesti e il saldo del conto corren-
te non si ridurrà.
Visto che la linea di credito è in essere, la Banca provvederà, come non può
evitare di fare, a segnalare lo sconfinamento in Centrale Rischi.
Non ci sembra che questa situazione – che concerne mere obbligazioni pe-
cuniarie - giustifichi il ricorso alla tutela cautelare, tanto più che, da un lato,
controparte nulla dice circa il reale pregiudizio che subirebbe; dall’altro, il
rapporto con la Banca – che si assume affetto da così gravi vizi - dura ormai
da oltre otto anni, il che esclude ogni urgenza.
2. In questo quadro, dicevamo, non sussistono i presupposti per il ricorso al-
la tutela cautelare.
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La giurisprudenza insegna, infatti, che “affinché possa essere concesso un
provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. in relazione ad una domanda di
invalidità ed inefficacia di un contratto derivato IRS, è necessaria la sussi-
stenza non solo del fumus boni iuris, ma anche del periculum in mora, ossia
la minaccia di un pregiudizio imminente e irreparabile del diritto azionato
nel tempo occorrente per la definizione del giudizio ordinario. Il fatto che
la ricorrente per proporre l’azione cautelare abbia atteso un periodo di
tempo superiore alla presumibile durata del giudizio di merito (nella spe-
cie, oltre cinque anni) è sintomo di una tolleranza non compatibile con la
asserita urgenza”.
D’altra parte, “il pregiudizio allegato - consistente nell'addebito dei flussi
differenziali derivanti dall'esecuzione del derivato - è meramente economi-
co e riparabile mediante recupero delle somme dalla parte resistente in ca-
so di esito del giudizio di merito favorevole alla ricorrente. Al fine di verifi-
care se l’addebito dei differenziali costituisca un pericolo imminente per la
sopravvivenza o il normale svolgimento dell’attività della società, si dovrà
valutare se gli esborsi periodici cui è tenuta la ricorrente sono di importo
tale da compromettere la solidità patrimoniale e finanziaria della società,
tenuto conto dei ricavi e del patrimonio della stessa, ivi incluso quello im-
mobiliare” (così Tribunale Torino 18 aprile 2014 - Est. Silvia Orlando, ne
IlCaso.it, Sez. Giurisprudenza, 10564 - pubb. 09/06/2014).
Questi principi, affermati con riguardo a operazioni su derivati, valgono si-
curamente anche nel caso di specie, in cui controparte nulla ha allegato né si
è offerta di provare in ordine alle proprie condizioni economiche e patrimo-
niali. Sino ad oggi, del resto, essa ha provveduto ai versamenti previsti a
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rientro per i mesi da febbraio a giugno e, quindi, non si vede dove starebbe
l’urgenza, né quale sarebbe il pregiudizio irreparabile che si vuole evitare (a
meno di voler dubitare della solidità della Banca esponente, che è fuori di-
scussione).
(B.2) Insussistenza del fumus boni iuris.
La mancanza di qualsivoglia periculum in mora giustifica da sola il rigetto
della domanda avversaria, che è infondata anche con riguardo al presuppo-
sto del fumus boni iuris, anch’esso totalmente assente.
Come si è già detto, la ricorrente lamenta che nel corso del rapporto sareb-
bero stati applicati interessi usurari ed interessi ultralegali non validamente
pattuiti per iscritto o, comunque, privi del requisito di determinatezza; inte-
ressi anatocistici senza che fosse riconosciuta la dovuta reciprocità, com-
missioni di massimo scoperto non validamente pattuite o, comunque, prive
di causa. Tali vizi si ripercuoterebbero anche sulle aperture di credito con-
cesse il ------------ scorso e imporrebbero rettifiche nelle segnalazioni in
Centrale Rischi.
Si tratta, in realtà, di censure prive di fondamento: non esiste alcun credito
di Beta nei confronti della Banca.
(B.2.1) Le contestazioni sui rapporti di c/c e sul conto anticipi
conclusi inter partes
1. Tutte le contestazioni avversarie circa le presunte irregolarità nei rapporti
tra la Banca e la correntista si fondano sulle risultanze di una perizia eco-
nometrica di parte (doc. 5 avv., del quale si contestano i risultati e la corri-
spondenza dei dati in essa contenuti a quelli risultanti dagli estratti conto),
redatta senza alcun contraddittorio con l’esponente e, dunque, per ciò solo
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priva di ogni efficacia probatoria.
Si tratta, del resto, anche di una perizia del tutto inattendibile per le modalità
con le quali è stata redatta, a cominciare da quelle concernenti la presunta
applicazione, ai rapporti di cui è causa, di interessi usurari.
Nelle note esplicative dell’elaborato, il perito di parte afferma di avere svol-
to, all’uopo, una pluralità di verifiche: sia in conformità a un non meglio
chiarito orientamento giurisprudenziale che imporrebbe una verifica del
“reale” costo del finanziamento, sia in conformità alle Istruzioni della Banca
d’Italia: tutte queste verifiche confermerebbero l'applicazione di interessi
usurari.
2. Va detto, però, che in nessun caso si può attribuire rilevanza a conteggi
effettuati senza tenere conto delle Istruzioni della Banca d’Italia.
Codesto Tribunale Ill.mo insegna, infatti, che “le Istruzioni della Banca
d’Italia in materia di rilevazione del Tasso Effettivo Globale, oltre a ri-
spondere alla elementare esigenza logica e metodologica di avere a dispo-
sizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di
norme tecniche autorizzate. Nel caso della formula matematica del calcolo
del TEG, la scelta operata dall’Organo di vigilanza, che richiede necessa-
riamente l’esercizio di discrezionalità tecnica, appare del tutto congrua e
ragionevole, di tal che non si ravvisano gli estremi per disattendere o di-
sapplicare le dette Istruzioni. Conseguentemente, non può tenersi conto di
calcoli effettuati sulla base di formule differenti” (Trib. Milano, 3 giugno
2014, n. 7234, est. Dr. A. S. Stefani, che produciamo sub 3; in senso con-
forme, v. anche Trib. Ferrara, 2 luglio 2014, ns. doc. 4; Trib. Verona, sen-
tenza 19 novembre 2012, ns. doc. 5; Trib. Milano, ordinanza 11 marzo
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2013, ns. doc. 6, nonché Trib. Teramo, 25 marzo 2013, in Redazione Giuf-
frè, 2013).
3. Quanto alle verifiche, che nella perizia di parte avversaria si afferma esse-
re state eseguite con modalità conformi alle Istruzioni della Banca d'Italia,
non vi è alcuna evidenza che ciò sia avvenuto.
A parte il fatto che la ricorrente non ha nemmeno prodotto in giudizio i de-
creti ministeriali necessari per la determinazione dei tassi soglia, decreti ri-
spetto ai quali non opera il principio iura novit curia (2), se ci si basa su
quanto affermato nelle note esplicative della consulenza di parte, essa appa-
re tutt’altro che conforme alle Istruzioni della Banca d’Italia.
Così, ad esempio, nella perizia avversaria viene evidenziato che l’utilizzo in
modo promiscuo del rapporto di conto corrente, sul quale confluiscono an-
che i saldi del conto anticipi, non consente l'esatta individuazione dei “nu-
meri sui quali è corretto procedere a calcolare gli interessi, il tasso applica-
to e il Teg” (perizia, pag.13).
In effetti, nelle Istruzioni della Banca d’Italia non vi sono rilevazioni speci-
fiche per il conto corrente destinato ad un uso “promiscuo”. Dunque è lo
stesso esperto a riconoscere l'inattendibilità del proprio elaborato.
(2) V., in argomento, Cass., 6 giugno 2001, n. 8742, secondo cui «in tema di tasso di riferi-
mento degli interessi, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si de-
duca la violazione di decreti ministeriali determinativi del suddetto tasso, allorché essi non
risultino acquisiti agli atti del giudizio di merito, in quanto - fermo restando che la loro
produzione non può avvenire per la prima volta nel giudizio di legittimità, in forza del di-
vieto di cui al comma 1 dell'art. 372 c.p.c. - la loro natura di atti amministrativi rende
inapplicabile il principio iura novit curia, di cui all'art. 113 c.p.c., che va coordinato con
l'art. 1 disp. prel. il quale non comprende detti atti nelle fonti del diritto (principio afferma-
to con riferimento a motivo di ricorso afferente alla violazione di decreti emanati ex art. 20
d.P.R. 9 novembre 1976 n. 902, 2 e 3 l. 7 marzo 1996 n. 108 e 15 l. 2 maggio 1976 n.
183)». Principio pacifico e recentemente riaffermato anche da Trib. Latina, 28 agosto 2013,
n. 19154, sul sito www.expartecreditoris.it; e Trib. Ferrara, 5 dicembre 2013, n. 1223, est.
Ghedini, edita sempre sul medesimo sito.
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4. Non solo.
Il perito di parte della ricorrente afferma anche che, nell'effettuazione dei
propri conteggi, “l'unica categoria di costo che rimane esclusa dalla diretta
imputazione … sono i «bolli su estratto conto»” (perizia, pag. 18).
Le Istruzioni della Banca d’Italia, però, sono chiarissime (v. punto C.4 delle
Istruzioni del febbraio 2006 e dell’agosto 2009, ns. docc. 7-8) nello stabilire
che tra gli oneri da conteggiare non sono compresi, oltre alle tasse ed agli
oneri fiscali, incluse spese di bollo, anche il costo emissione, invio, ristampa
degli estratti conto, i costi per le coperture assicurative facoltative, la com-
missione di estinzione anticipata, le eventuali somme dovute per l'inadem-
pimento di qualsiasi obbligo contrattuale inclusi gli interessi di mora, la
commissione insoluto per ripresentazione RID, etc. Già ciò inficia i conteg-
gi avversari.
Non basta. Tra i costi il perito di parte avversa sembrerebbe avere incluso
anche le c.m.s., mentre ciò è possibile solo a partire dal 1° gennaio 2010, se-
condo quanto previsto dalle Istruzioni edite nell’agosto 2009 (ns. doc. 8).
La conseguenza di tutto ciò, evidentemente, è che la verifica del superamen-
to del tasso soglia è stata condotta comparando tra loro due grandezze di-
somogenee: il tasso soglia come determinato sulla scorta delle Istruzioni
della Banca d’Italia e un tasso di interesse calcolato da controparte inclu-
dendo anche oneri non rilevati ai fini della determinazione del primo; non
c’è bisogno di sottolineare il carattere paradossale di questa operazione, che
pretende di effettuare una comparazione tra dati non omogenei.
5. Insomma, è escluso che la perizia prodotta da controparte possa valere a
dimostrare l'applicazione, nei rapporti conclusi tra le parti, di interessi usu-
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rari e la sussistenza di un credito della correntista.
Va solo aggiunto, per amore di precisione (visto che la Banca non ha mai
applicato interessi usurari), che controparte erra anche laddove afferma che
dall’ipotetico superamento del tasso soglia discenderebbe la perdita, in capo
alla Banca del diritto di vedersi riconosciuto qualsiasi interesse. Infatti,
esclusa la sussistenza di una pattuizione originariamente usuraria (perché il
tasso applicato al contratto era inferiore al tasso soglia, come si è detto), se,
per avventura, fosse stato superato il tasso soglia, troverebbe applicazione il
principio affermato da Cassazione 11 gennaio 2013, n. 602, secondo cui “gli
interessi corrispettivi e moratori ulteriormente maturati vanno considerati
usurari e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli artt. 1419,
comma 2, e 1339, circa l'inserzione automatica di clausole, in relazione ai
diversi periodi, dai tassi soglia”.
6. Non maggiore pregio ha la contestazione secondo cui sarebbe mancata
una pattuizione scritta dei tassi di interesse ultralegale applicati al rapporto e
che, comunque, la pattuizione sarebbe indeterminato o indeterminabile, per
effetto di un errore sulla base di calcolo (ricorso pagg. 14-15).
La prima contestazione è pretestuosa, perché la pattuizione scritta di interes-
si ultralegali, determinati in misura percentuale, esiste ed è contenuta nel
contratto di conto corrente (ns. doc. 9), che prevedeva anche la possibilità di
una sua successiva modificazione (3).
(3) Va aggiunto, ma solo per amore di precisione (visto che i tassi sono stati pattuiti per
iscritto), che controparte non ha nemmeno interesse alla censura che solleva in ordine
all’applicazione di tassi di interesse superiori a quello legale, giacché essa non ha titolo per
ripetere gli interessi ultralegali che afferma di aver pagato.
Infatti, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, “il debitore che abbia pagato spon-
taneamente interessi superiori al tasso legale non pattuiti per atto scritto, a norma dell’art.
1284 c.c., non può ripeterne l’importo dovendo tale pagamento essere qualificato come
adempimento di un'obbligazione naturale” (così Cass., 30 maggio 2008, n. 14481; conf.
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Quanto alla seconda censura, la tesi della ricorrente è che la Banca avrebbe
addebitato le operazioni passive con valuta in pari data, mentre non avrebbe
agito allo stesso modo per quelle attive. Ciò avrebbe determinato un errore
nella “base di calcolo” degli interessi, con la conseguenza – secondo Beta –
che il tasso effettivamente applicato non sarebbe corretto e risulterebbe “in
assenza di un parametro numerico certo … indeterminato e/o indetermina-
bile” (ricorso, pag. 15).
Si tratta di una tesi manifestamente erronea.
In primo luogo, controparte postula che il meccanismo delle valute sia quel-
lo da essa riferito, ma non fornisce di ciò alcuna dimostrazione.
In ogni caso, anche volendo prescindere da questo rilievo, non si può fare
discendere da presunti errori nella determinazione della base di calcolo la
pretesa indeterminatezza del saggio di interesse: a tutto voler concedere, in-
fatti, se fosse vero quanto afferma controparte, ci si potrebbe dolere del-
l’omesso riconoscimento di interessi per effetto della modifica della valuta
delle operazioni (questione sulla quale torneremo in seguito), ma la cosa
non incide in alcun modo sulla determinatezza del tasso di interesse, che è
espresso in termini percentuali e, quindi, certo.
Trib. Genova, 4 gennaio 2008, in Guida al diritto, 2008, n. 27, p. 81 ss.; Cass. 22 agosto
1977 n. 3832; Cass. 18 agosto 1966 n. 2255).
Si tratta, d’altra parte, di un principio condiviso anche dalla dottrina, secondo la quale “co-
stituiscono adempimento di obbligazione naturale […] il pagamento di interessi pattuiti
oralmente in misura extra-legale” (v. Torrente - Schlesinger, Manuale di Diritto Privato,
XIII ed. Milano, 2007, p. 345), con l’ovvia conseguenza dell’impossibilità di ottenere la ri-
petizione di quanto eventualmente a tale titolo corrisposto.
Ma tanto osserviamo, come detto, solo per amore di precisione, visto che i tassi applicati al
contratto sono proprio quelli pattuiti tra le parti.
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…OMESSO…
11. In conclusione, tutte le contestazioni che controparte ha sollevato per so-
stenere di non essere debitrice della Banca esponente, ma di vantare, anzi,
un credito nei suoi confronti, sono infondate, perché si basano su una perizia
di parte del tutto inattendibile o su presupposti di fatto (la mancanza di vali-
de previsioni negoziali) erronei.
Ciò esclude che possa considerarsi esistente un credito della correntista nei
confronti della Banca ed esclude in radice qualsivoglia fumus boni iuris.
(B.2.2) Sulle aperture di credito concluse il ------.
1. Tutto quanto si è sin qui osservato evidenzia l’infondatezza delle censure
sollevate da controparte in ordine alla gestione del rapporto ed escludere, al-
tresì, che possa affermarsi la nullità derivata dei contratti di apertura di cre-
dito conclusi in data ------.
La ricorrente, infatti, pretende di fare discendere l’invalidità di questi con-
tratti dalle presunte irregolarità della condotta della Banca nella tenuta dei
conti. Poiché, tuttavia, tali irregolarità non sussistono e non sussiste nem-
meno un presunto credito di Beta nei confronti dell'odierna resistente, non si
può sostenere che le anticipazioni sono prive di causa.
Ne consegue che non potrà trovare accoglimento la domanda avversaria vol-
ta ad ottenere la “sospensione” di tali contratti e l’autorizzazione a non pa-
gare, formulata dalla ricorrente.
(B.2.3) Sulla rettifica delle segnalazioni presso la Centrale Rischi
della Banca d’Italia.
1. Da ultimo, occorre esaminare la domanda concernente le segnalazioni in
Centrale Rischi, che controparte assume essere errate e delle quali chiede la
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rettifica.
Di tale domanda l’esponente eccepisce, in via preliminare,
l’inammissibilità.
Dimentica, infatti, parte avversa che il provvedimento di urgenza ex art. 700
c.p.c. costituisce una cautela meramente residuale, cui è consentito accedere
solo quando ogni altro mezzo predisposto dall’ordinamento non possa esse-
re utilizzato (v., tra le tante, Trib. Piacenza 18 gennaio 2011, in Redazione
Giuffrè, 2011), mentre per le finalità perseguite ex adverso, esiste un proce-
dimento tipico, che, però, non è stato intrapreso.
Infatti, la controversia in questione rientra nel tema del trattamento dati per-
sonali, nella specie sotto forma di comunicazione di dati da parte
dell’intermediario alla Banca d’Italia.
In tali termini si è espresso il Tribunale di Busto Arsizio con l’ordinanza 26
luglio 2013 (ns. doc. 13), affermando che “la segnalazione in Centrale Ri-
schi consiste nel rendere note circostanze di natura riservata, con
un’astratta violazione della segretezza di cui dovrebbe normalmente usu-
fruire il cliente della Banca, con la conseguenza che i dati della comunica-
zione in questione (concernenti la non affidabilità del soggetto sotto il profi-
lo finanziario) devono ritenersi riconducibili all'ambito di applicazione del-
la normativa in materia di tutela dei dati personali, ossia la segnalazione
che l’intermediario effettua alla banca-dati istruita presso la Banca d’Italia
rientra nel concetto di <comunicazione> ai sensi dell’art. 4, lett. L, D.lgs.
30 giugno 2003, n. 196, in quanto con la stessa l’intermediario rende nota
una circostanza (la sofferenza finanziaria di un soggetto) alla Banca
d’Italia e, per il suo tramite, agli altri intermediari che partecipano alla
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banca-dati”.
E poiché l’art. 152 del D. Lgs. n. 196/2003 prevede che “tutte le controver-
sie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presen-
te codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia
di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, (…) sono at-
tribuite all’autorità giudiziaria ordinaria. Le controversie di cui al comma 1
sono disciplinate dall’art. 10 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.
150”, ne consegue che il legislatore ha “inteso prevedere con l’art. 10 del
D.lgs. n. 150/2011 un procedimento tipico per le controversie rientranti
nell’ambito dell’art. 152 D.Lgs. 196 /2003, sottoposto al rito del lavoro, con
particolare riferimento alla tutela cautelare innestata dal comma 4 nei casi
in cui si renda necessario sospendere l’efficacia esecutiva del provvedi-
mento mediante il procedimento disciplinato dall’art. 5 dello stesso decreto
in tema di semplificazione dei riti, che costituisce uno strumento cautelare
non limitato ai soli provvedimenti del Garante…”.
Nello stesso senso si veda anche Trib. Verona, 22 ottobre 2012 (ns. doc.
14), il quale, in un caso analogo al presente, ha affermato con ampia argo-
mentazione che “la presenza del rimedio tipico cautelare di cui al combina-
to disposto degli artt. 10 e 5 d. lgs. 150 cit., comporti l’inammissibilità del
ricorso al procedimento d’urgenza <residuale> ex art. 700 c.p.c. onde rea-
gire a violazioni del codice della privacy…”.
Discende da tale insegnamento che l’azione promossa da controparte avreb-
be dovuta essere proposta in forme diverse da quelle praticate, con conse-
guente inammissibilità del ricorso avversario.
2. Ferma restando l’eccezione che precede, la domanda cautelare avversaria
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è, comunque, infondata.
Come riconosce anche controparte, la Banca esponente ha provveduto a se-
gnalare in Centrale Rischi l’importo del credito accordato e di quello utiliz-
zato.
La posizione non è segnalata a sofferenza e tanto esclude che possa venire
qui in considerazione la giurisprudenza, che controparte invoca a supporto
del proprio ricorso, relativa ad ipotesi in cui si discuteva di illegittime se-
gnalazioni a sofferenza: ipotesi – si ripete - che non ricorre nel caso di spe-
cie.
3. Naturalmente, è escluso anche che la Banca possa essere tenuta ad elimi-
nare la segnalazione dell'esistenza di fidi e della misura del loro utilizzo,
come chiede la ricorrente.
La rettifica chiesta da Beta, infatti, postula la sussistenza di un suo credito
nei confronti della Banca esponente, ma l’esistenza di tale credito, come
detto, è lungi dall’essere dimostrata dato che non può essere affermata –
come fa la ricorrente – solo sulla scorta delle risultanze – erronee - della
propria perizia di parte, come abbiamo dimostrato.
4. Infine, va esclusa anche la possibilità di ottenere, in via di urgenza, un
provvedimento che ordini alla Banca di segnalare il credito come “contesta-
to”, come pure chiede la ricorrente.
La circolare 139 della Banca d’Italia (doc. 14 avv.) stabilisce che “si consi-
dera “contestato” qualsiasi rapporto oggetto di segnalazione (finanziamen-
ti, garanzie, cessioni etc.) per il quale sia stata adita un’Autorità terza ri-
spetto alle parti (Autorità Giudiziaria, Garante della privacy o altra prepo-
sta alla risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela)”.
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Questa condizione, però, allo stato non sussiste, perché non è stato adito il
Garante della Privacy e non è stato intrapreso un procedimento dinanzi
all’Arbitro bancario e finanziario o di fronte ad un organismo di mediazio-
ne, preposti alla soluzione stragiudiziale delle controversie.
Né si può affermare che è stata adita l’autorità giudiziaria ordinaria solo
perché è stato proposto il presente procedimento cautelare.
La previsione della Circolare della Banca d’Italia è chiarissima nello stabili-
re che la segnalazione del credito come “contestato” presuppone la penden-
za di un procedimento che sia destinato, in via giudiziale o stragiudiziale, al-
la soluzione di una controversia.
Tale non è il presente procedimento di urgenza, che è privo di ogni carattere
di decisorietà e inidoneo ad anticipare per intero gli effetti del giudizio di
merito che la ricorrente preannuncia, con conseguente inapplicabilità anche
della previsione dell’art. 669 octies, sesto comma, c.p.c.
5. Oltre che inammissibile, dunque, la domanda cautelare avversaria relativa
alla rettifica delle segnalazioni in Centrale Rischi è anche infondata.
*.*.*.*.*
Alla luce di tutto quanto precede, Alfa S.p.A., come sopra rappresentata e
difesa, assume le seguenti
conclusioni
piaccia al Tribunale Ill.mo, disattesa ogni contraria istanza, difesa o ecce-
zione, respingere il ricorso avversario, perché inammissibile o, in subordine,
perché infondato, con vittoria di spese, diritti ed onorari del procedimento.
*.*.*.*.*
Si produce, oltre alla copia notificata del ricorso e del decreto di fissazione
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dell’udienza, la seguente documentazione, in copia: 1) Procura generale alle
liti; 2) ordinanza Trib. Brescia, 5 dicembre 2013; 3) sentenza Trib. Milano,
3 giugno 2014; 4) sentenza Trib. Ferrara, 2 luglio 2014; 5) sentenza Trib.
Verona, 19 novembre 2012; 6) ordinanza Trib. Milano 11 marzo 2013; 7)
Istruzioni Banca d’Italia ed. 2006; 8) Istruzioni Banca d’Italia ed. 2009; 9)
contratto di conto corrente; 10) sentenza Trib. Milano 28 agosto 2009; 11)
sentenza Trib. Milano, 19 ottobre 2010; 12) sentenza Trib. Como, 6 settem-
bre 2012; 13) ordinanza Trib. Busto Arsizio, 26 luglio 2013; 14) ordinanza
Trib. Verona, 22 ottobre 2012.
Milano, ------.
(avv. ------)