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CAPITOLO II

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE

SOMMARIO:

1.1. L’origine della nostra Carta costituzionale nell’ambito dei modelli affermatisi nei diversi Paesi. – 1.1.2. Ladisciplina di funzionamento della Corte costituzionale italiana, ove si desume che la Costituzione, anche da unpunto di vista storico, funge da limite alla legge ordinaria. – 1.2. La teoria di un diritto penale orientato allaCostituzione, nel senso che possono legittimamente essere tutelati solo beni protetti in via espressa o anchesoltanto implicita dalla Carta costituzionale: mutamento dello stesso rapporto tra legge ordinaria e Costituzione,nel senso che quest’ultima non funge piu da limite, bensı da fondamento della legge ordinaria. – 1.3. Inserimentodi un approccio ‘‘rigido’’ della legge penale alla Carta costituzionale nell’ambito di una valutazione dei principicostituzionali in materia penale, intesi soprattutto come ‘‘giustiziabili’’; il diverso atteggiamento assunto tuttaviadalla Corte costituzionale. – 1.4. La difficolta di rinvenire una gerarchia fra i beni costituzionali nonche l’insuffi-cienza dell’unica pietra di paragone utilizzata, cioe a dire la liberta personale. – 1.5. La critica degli obblighicostituzionali di tutela penale e la ‘‘risposta’’ affidata al principio di sussidiarieta. – 1.6. Le ragioni per cui la Cortecostituzionale non ha mai dichiarato illegittima una norma penale sol perche tutelasse un bene non protetto,nemmeno in via implicita, dalla Costituzione: la disciplina del funzionamento della Corte costituzionale, fondan-dosi sulla funzione della Carta come limite e non come fondamento, non poteva condurre ad una ‘‘sovraespo-sizione’’ in chiave politica della stessa Corte costituzionale. – 1.7. Le conseguenti ragioni del sostanziale falli-mento dell’art. 129 del Progetto della Bicamerale approvato il 4 novembre 1997. – 1.8. In definitiva, il limite diun approccio ‘‘rigido’’ del diritto penale alla Carta costituzionale risente non solo di una sorta di gius-positivismo,ma soprattutto di un atteggiamento unifattoriale: l’esigenza di un’apertura alle scienze empirico-sociali, inparticolare nella prospettiva tracciata da Hassemer. – 1.9. La necessita, sempre piu avvertita, di aggiungerefra i referenti dell’allocazione penalistica anche il diritto comunitario ed il diritto internazionale, pur senzagiungere ad obblighi comunitari di tutela penale, al pari della negazione di obblighi costituzionali di tutelapenale. – 1.10. L’importanza, comunque, del riferimento anche alla Carta costituzionale in chiave fondante,soprattutto da un punto di vista politico-criminale, onde evitare che in definitiva la discrezionalita del legislatore,espressa o dalle segreterie dei partiti o dalle contingenze del momento, rivestano un ruolo decisivo nella sceltadella tecnica di tutela da adottare. – 1.11. La mancata adesione della maggioranza della dottrina penalistica adun ruolo fondante della Costituzione nel diritto penale e le sue negative conseguenze: in primo luogo, la mancatacodificazione penale e, in secondo luogo, la proliferazione di una serie di cosiddetti sotto-sistemi penali, il cuiprincipale limite risiede nel, sovente, mancato coordinamento con i principi generali del diritto penale.

1.1. L’ORIGINE DELLA NOSTRA CARTA COSTITUZIONALE NELL’AMBITO DEI MODELLI

AFFERMATISI NEI DIVERSI PAESI.

Per inquadrare nel modo piu approfondito e comprensibile i tormentati

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rapporti tra diritto penale e Costituzione, riteniamo opportuno iniziare queste

nostre considerazioni riflettendo sul ruolo che ha tradizionalmente rivestito la

stessa Costituzione, in rapporto alla legge ordinaria.

Si puo affermare a questo riguardo che il ruolo tradizionalmente rivestito

dalle Carte costituzionali, dalle conquiste ottocentesche nell’ambito degli Stati

unitari, sino alle Costituzioni entrate in vigore dopo il secondo conflitto mon-

diale, e stato quello di ‘‘limite’’ alla legge ordinaria, nel senso che i principi

costituzionali sono serviti, per l’appunto, a limitare sia il potere legislativo,

che quello governativo, che, infine, il giudiziario, mediante l’affermazione, in

particolare, dei diritti fondamentali della persona, nonche, forse in modo meno

evidente ma non meno rilevante, attraverso un preciso modello di configura-

zione dei pubblici poteri e degli organismi intermedi tra individuo e societa 1.

Cio spiega, pertanto, la ragione per cui, fra tre modelli di controllo costitu-

zionale esistenti, cioe a dire, da un lato, il Conseil constitutionel francese2, che

consiste in una verifica della conformita delle leggi ordinarie ai principi della

Carta costituzionale prima della loro entrata in vigore e, quindi, con poteri

assai piu penetranti dei nostri; dall’altro, quello in vigore negli Stati Uniti d’A-

merica, ovverosia il c.d. judicial review 3, ove e lo stesso giudice ordinario che

giunge a disapplicare una disposizione di legge perche ritenuta costituzional-

mente illegittima, la Corte costituzionale italiana si sia ispirata, invece, soprat-

tutto a quella austriaca del 1920 4, ove cioe e la stessa Corte a compiere il

controllo di costituzionalita delle leggi, non gia pero in forma astratta, come

avveniva, appunto, nella Corte costituzionale austriaca, bensı con riferimento –

e partendo – da un singolo caso giudiziario.

1.1.2. LA DISCIPLINA DI FUNZIONAMENTO DELLA CORTE cOSTITUZIONALE ITALIANA,OVE SI DESUME CHE LA COSTITUZIONE, ANCHE DA UN PUNTO DI VISTA

STORICO, FUNGE DA LIMITE ALLA LEGGE ORDINARIA.

Cio spiega, pertanto, il procedimento attraverso il quale viene dichiarata

illegittima una norma di legge ordinaria, che si ricava, in particolare, dall’art. 23

1 In argomento, in particolare, DONINI, Ragioni e limiti della fondazione del diritto

penale sulla Carta costituzionale. L’insegnamento dell’esperienza italiana, in Foro it.,2001, V, 29 ss.; ID., Il volto attuale dell’illecito penale. La democrazia penale tra differen-

ziazione e sussidiarieta, Milano, 2004, 61 ss.; nonche, piu di recente, MANES, Il principio di

offensivita nel diritto penale, Torino, 2005, 41 ss. e, spec., 43 ss.2 Su tale organo cfr., ad esempio, FRANCK C., Les fonctions jurisdictionel du Conseil

costitutionel et du conseil d’etat dans l’ordre constitutionnel, Paris, 1974, 55 ss.3 In argomento, nella letteratura italiana, CAPPELLETTI, Il controllo giudiziario di costi-

tuzionalita delle leggi nel diritto comparato, Milano, 1968, 89 ss.; 105 ss.4 In argomento, per tutti, WALTER, Osterreichisches Bundesverfassungsrechtssystem,

Wien, 1972, 708 ss.; per maggiori approfondimenti sul tema, sia consentito il rinvio a MANNA,Beni della personalita e limiti della protezione penale, Padova, 1989, spec. 77 ss.

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l. 11-3-1953, n. 87, recante ‘‘Norme sulla Costituzione e sul funzionamento della

Corte costituzionale’’, in base al quale nel corso di un giudizio dinnanzi ad

un’autorita giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sol-

levare questione di legittimita costituzionale. L’istanza relativa deve indicare,

oltre alle disposizioni della legge ordinaria ‘‘sospette’’, anche quelle della Co-

stituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate.

E, quindi, evidente, da quanto sopra, che la stessa struttura del procedimen-

to dinanzi alla Corte costituzionale si incentra in un preteso contrasto tra legge

ordinaria e norma costituzionale e cio dimostra ulteriormente come la Carta

costituzionale, in tale prospettiva, funge da limite alla norma ordinaria, nel senso

che la norma di legge ordinaria verra dichiarata illegittima (beninteso dopo che il

giudice ordinario abbia ritenuto la relativa questione non manifestamente infon-

data5 e l’abbia, pertanto, rinviata alla Corte) proprio perche, evidentemente, la

norma ordinaria ha travalicato i limiti assegnatile dalla Carta costituzionale, per

cui si e posta in contrasto con una o piu norme della Carta medesima.

1.2. LA TEORIA DI UN DIRITTO PENALE ORIENTATO ALLA COSTITUZIONE, NEL SENSO

CHE POSSONO LEGITTIMAMENTE ESSERE TUTELATI SOLO BENI PROTETTI IN VIA

ESPRESSA O ANCHE SOLTANTO IMPLICITA DALLA CARTA COSTITUZIONALE:MUTAMENTO DELLO STESSO RAPPORTO TRA LEGGE ORDINARIA E

COSTITUZIONE, NEL SENSO CHE QUEST’ULTIMA NON FUNGE PIU DA LIMITE,BENSI DA FONDAMENTO DELLA LEGGE ORDINARIA.

E merito, notoriamente, del Bricola aver ‘‘sovvertito’’ l’impostazione tradi-

zionale, sinora tratteggiata, dei rapporti tra Costituzione e legge ordinaria,

attraverso un’impostazione che, agli inizi degli anni ’70 dello scorso secolo, ha

invece preteso di rinvenire nella Carta costituzionale una c.d. tavola di valori

che potesse indurre il legislatore ordinario ad ispirarsi nella formulazione di un

nuovo sistema penale, non piu di carattere autoritario, bensı con solide fonda-

menta democratiche.

La costruzione in oggetto, tuttavia, non era intesa come rivolta soltanto ad

un ipotetico legislatore e, dunque, in una prospettiva esclusivamente di politica

criminale, ma aveva l’ambizione di funzionare gia al livello dello ius conditum,

proprio richiedendo alla Corte costituzionale un vaglio ulteriore, rispetto a

quello tradizionalmente assegnato a quest’ultimo organo, cioe a dire di dichia-

rare illegittima una norma penale ordinaria anche se fosse risultata a protezio-

ne di un bene giuridico non tutelato in via espressa o quantomeno anche solo in

via implicita dalla Carta costituzionale6.

5 Ex art. 1 l. Cost. 9-2-1948, n. 1, recante norme sui giudizi di legittimita costituzionale esulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale.

6 BRICOLA, Teoria generale del reato, estr. da Noviss. Dig. it., XIX, Torino, 1973, 7 ss.; ID.,

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 63

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Un collegamento tra diritto penale e Costituzione di tipo non tradizionale si

era, peraltro, gia sviluppato anche in altri Paesi, in particolare in Germania ma

scopo del collegamento nel diritto penale tedesco non era quello di rifondare il

diritto penale esclusivamente alla luce dei valori costituzionali, bensı, in modo

certamente piu riduttivo e soprattutto meno ‘‘impegnativo’’, di ‘‘liberare’’ lo

stesso diritto penale dal suo congenito collegamento con la morale7, che invece

si era mostrato chiaramente nei progetti governativi di riforma del codice pe-

nale tedesco, ex 60 ed ex 62 8, per approdare ad un diritto penale di carattere

quanto piu possibile ‘‘laico’’, nel senso di tutelare solo concreti interessi, magari

desumibili anche dalla Carta costituzionale, come era infatti avvenuto nel ‘‘Pro-

getto alternativo’’ tedesco del 19669.

La diversa impostazione tra la letteratura tedesca e quella italiana si spiega,

almeno a nostro avviso, perche il sistema penale tedesco, nonostante alcune

assai pericolose ‘‘deviazioni’’ dallo spirito liberaldemocratico nel periodo nazio-

nalsocialista, si caratterizza, pero, per un codice penale sorto all’epoca del

Kaiser Federico Gugliemo II di Prussia nel 1870, cioe, appunto, in epoca libe-

rale, per cui appare meno urgente una riforma in senso democratico del sistema

stesso, a differenza di cio che caratterizza il sistema penale italiano, ove, al

contrario, il codice penale Rocco entra in vigore in piena epoca fascista.

Da cio, pertanto, la necessita di rinvenire una nuova ‘‘tavola di valori’’ che a

quell’epoca solo la Costituzione poteva, in effetti, fornire e cio quindi spiega

l’ancoraggio ‘‘rigido’’ propugnato dal Bricola ai valori della Carta costituzionale,

evidentemente perche solo cosı si riteneva che si potesse rifondare su basi

Legalita e crisi: l’art. 25 commi 2º e 3º della Costituzione rivisitato alla fine degli anni ’70,in Questione criminale, 1980, 179 ss.; ID. Tecniche di tutela penale e tecniche alternative

di tutela, in AA.VV., Funzioni e limiti del diritto penale – Alternative di tutela, Padova,1984, 3 ss.; ID., Rapporti fra dommatica e politica criminale, in Riv. it. dir. e proc. pen.,1988, 3 ss.; analogamente, MUSCO, Bene giuridico e tutela dell’onore, Milano, 1974, 111 ss.,con la ‘‘variante’’, di sapore sociologico, in base alla quale il diritto penale dovrebbe svolgere ilcompito di assicurare le ‘‘condizioni minime di esistenza della societa’’; nello stesso periodo,sulla teoria bricoliana, in vario senso, anche di carattere critico, cfr. MARINUCCI, Politica crimi-

nale e riforma del diritto penale, in Jus, 1974, spec. 481-482; ANGIONI, Contenuto e funzioni

del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, 161 ss., con particolare riguardo ai principi diproporzione e sussidiarieta, nonche piu in generale FIANDACA, Il bene giuridico come problema

teorico e come criterio di politica criminale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, spec. 42 ss.7 In tal senso, in particolare, ROXIN, Sinn und Grenzen stratlicher Strafe, in Jus, 1966,

377 ss.; nonche RUDOLPH, Die verschedenen Aspekte des Rechtsgutsbegriff, in Honig festsch-

rift, 1970, 158 ss.8 In argomento, JESCHECK, Il progetto del nuovo codice penale tedesco, in Riv. it. dir. e

proc. pen., 1962, 641 ss.9 Sul tema, nella letteratura italiana, MOCCIA, Politica criminale e riforma del sistema

penale – L’Alternativ-Entwurf e l’esempio della Repubblica federale tedesca, Napoli, 1984. InSpagna sono anche seguaci di codesta impostazione: cfr. per tutti MIR PUIG, Funcion de la pena

y teorıa del delito en el estado social y democratico de Derecho, 2a ed., Barcelona, 1982, 15ss.

I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE NELLA PROSPETTIVA INTERNA64

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democratiche un sistema penale nato secondo una ‘‘concezione del mondo’’

tutt’affatto diversa.

Cio spiega, in definitiva, perche nel nuovo rapporto instaurato tra diritto

penale e Costituzione, quest’ultima non funge piu da limite alla legge ordinaria

ma assurge addirittura a ruolo fondante la legge ordinaria stessa, cio che, pero,

costituisce non solo la grande novita della tesi in oggetto, ma anche, contem-

poraneamente, il suo limite.

1.3. INSERIMENTO DI UN APPROCCIO ‘‘RIGIDO’’ DELLA LEGGE PENALE ALLA CARTA

COSTITUZIONALE NELL’AMBITO DI UNA VALUTAZIONE DEI PRINCIPI

COSTITUZIONALI IN MATERIA PENALE, INTESI SOPRATTUTTO COME

‘‘GIUSTIZIABILI’’; IL DIVERSO ATTEGGIAMENTO ASSUNTO TUTTAVIA DALLA CORTE

COSTITUZIONALE.

La ‘‘sovraesposizione’’ della Costituzione e, quindi, anche della Corte costi-

tuzionale nell’ambito del vincolo della legge ordinaria alla tutela soltanto di beni

protetti in via esplicita o anche soltanto implicita nella Costituzione medesima,

non poteva non inquadrarsi anche in una contestuale riflessione sui principi

costituzionali in materia penale, con particolare riguardo in primo luogo alla

stretta legalita e, soprattutto, ai suoi corollari.

Premesso che l’unico corollario o sottoprincipio della stretta legalita che da

principio si e fatto ‘‘regola’’ 10 e sicuramente quello della irretroattivita, anche

perche e quello che non e mai stato realmente messo in discussione 11, va

rilevato che, invece, nella prospettiva qui analizzata, inevitabilmente l’approc-

cio costituzionale al diritto penale non poteva non influenzare anche l’interpre-

tazione degli altri corollari della stretta legalita, in particolare la riserva assoluta

di legge.

In questo ordine di idee, tale ultimo principio sempre piu infatti sembra

assomigliare addirittura ad una ‘‘regola’’, nel senso della sua ‘‘giustiziabilita’’, in

quanto se ne sottolinea l’efficacia ‘‘cogente’’ persino con riferimento ai decreti

legislativi e ai decreti legge che, proprio in quanto non emanazione del Parla-

10 Per la distinzione tra ‘‘principi’’ e ‘‘regole’’, in base alla quale la regola disciplina in modogenerale ed astratto fattispecie determinate e, come tale, e suscettibile di essere impiegatacome premessa maggiore di un sillogismo giudiziario, mentre lo stesso non puo affermarsi per iprincipi, che infatti non attengono mai alla disciplina diretta delle fattispecie, ma solo orientanoil legislatore e/o l’interprete e quindi anche il giudice nell’interpretazione e poscia nell’applica-zione delle regole stesse, nella letteratura penalistica, in particolare, quasi testualmente, DONINI,Teoria del reato – Una introduzione, Padova, 1996, 25 ss. con ivi citazioni bibliografiche diulteriore letteratura extrapenalistica sull’argomento, cui pertanto, per eventuali approfondi-menti, anche si rinvia.

11 In argomento, da ultimo, GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice,Napoli, 2008.

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mento – e quindi non assicuranti l’influenza dell’opinione delle minoranze – non

sarebbero legittimati ad emanare norme penali 12.

Tale efficacia ‘‘cogente’’ la si puo apprezzare anche per le cosiddette norme

penali in bianco, in relazione alle quali la prospettiva in esame conduce ad una

chiara illegittimita costituzionale, ad esempio in rapporto all’art. 650 c.p. 13, per

la decisiva ragione che la riserva di legge, ex art. 25, 2º comma, Cost., e asso-

luta, a differenza di cio che avviene per l’illecito amministrativo e l’illecito

civile, ove, ex art. 23 Cost., non puo che dirsi relativa 14.

Un atteggiamento analogo lo si puo riscontrare da parte dello stesso Bricola

con riferimento ad un altro principio costituzionale, se pur non espresso, ma

implicito nella Costituzione stessa, ovverosia quello di offensivita, ritenuto, per

l’appunto, di valore ‘‘cogente’’ per il legislatore ordinario perche ricavabile dalla

nozione di ‘‘fatto’’, di cui all’art. 25, 2º comma, Cost., che, ad avviso del chiaro

Autore, sarebbe comprensivo sia della condotta, che dell’evento, che, infine, del

rapporto di causalita 15.

Orbene, e tuttavia noto il diverso atteggiamento assunto dalla Corte costi-

tuzionale in rapporto ai principi in oggetto, giacche, per quanto attiene alla

riserva assoluta di legge, si e potuto assistere ormai da tempo ad un processo

di lenta, ma inesorabile ‘‘relativizzazione’’ del principio medesimo, in quanto e

risaputo che la Corte costituzionale consente il rinvio a fonti sottordinate,

laddove trattasi di cosiddette materie tecniche 16.

Tuttavia, sia con riferimento alle tabelle ministeriali in materia di stupefa-

centi che, ancor di piu, in tema di limiti tabellari in materia di diritto penale

dell’ambiente, non v’e chi non veda come non si tratti di materie puramente

tecniche e, quindi, sottratte al giudizio di valore, perche, ad esempio, in materia

di limiti alla salubrita dell’aria l’autorita amministrativa potra innalzare o dimi-

nuire il limite della penale rilevanza a seconda che privilegi gli interessi indu-

striali, oppure quelli legati alla salute dei cittadini.

Ecco, dunque, la ragione per cui i piu recenti orientamenti della stessa

12 BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 42 ss.13 Cfr. in argomento, per la prospettiva dell’illegittimita costituzionale, CARBONI, L’inosser-

vanza dei provvedimenti dell’autorita, Milano, 1970, passim; da ultimo, sul tema, in parti-colare sull’atteggiamento progressivamente ‘‘aperturista’’ assunto dalla Corte costituzionale,MAZZACUVA F., sub art. 650, in Trattato di diritto penale, diretto da Cadoppi, Canestrari,Manna, Papa, Parte speciale, XI. Le contravvenzioni, Torino, 2012, 7 ss. e, quivi, 8 ss.

14 Cfr. BRICOLA, sub art. 25, 1º e 2º comma, in Comm. Cost. Branca, Artt. 24-26, Bologna,1981, 238 ss.; tale tipo di impostazione sembra essere piu di recente recepita anche da GAM-

BARDELLA, Il controllo del giudice penale sulla legalita amministrativa, Milano, 2002, 181,nonche da BARTOLI, Incriminazione e giustificazione: una diversa legalita, in Riv. it. dir. e

proc. pen., 2010, 616 ss.15 BRICOLA, Legalita e crisi, cit.16 In argomento nella manualistica, di recente, PULITANO, Diritto penale, 4a ed., Torino,

2011, 106 ss. con ivi menzione delle relative sentenze della Corte costituzionale.

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Corte costituzionale hanno richiesto che la legge in senso formale – sul modello,

evidentemente, dei rapporti tra legge delega e decreto legislativo delegato –

contenga quantomeno l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi per indi-

rizzare le autorita amministrative a scelte di valore gia comunque compiute a

monte dalla legge ordinaria17.

Quanto poi al principio di offensivita, dobbiamo registrare una diversa in-

terpretazione del principio stesso fatta propria anche qui dalla Corte costitu-

zionale, nel senso che quest’ultima non ha sposato del principio in oggetto una

concezione ‘‘forte’’, nel senso auspicato anche da Bricola, cioe a dire che avreb-

bero trovato legittimita costituzionale soltanto i reati di danno e i reati di

pericolo concreto.

E chiaro, infatti, che, dalla famosa relazione tenuta da Marcello Gallo al

Congresso internazionale di diritto penale di Amburgo alla fine degli anni

’60 18, il vero banco di prova del principio di offensivita consisteva nella di-

chiarazione di illegittimita costituzionale di reati di pericolo astratto e/o pre-

sunto.

C’era, pero, anche da prevedere che una soluzione di questo tipo avrebbe

contrastato con l’atteggiamento sempre prudente dimostrato dalla Corte costi-

tuzionale soprattutto in tema di diritto penale sostanziale e motivato, in parti-

colare, dal c.d. horror vacui, cioe dal pericolo di un vuoto legislativo, che, in

tema di reati di pericolo astratto e/o presunto, sarebbe stato assai consistente,

giacche parecchie fattispecie dei reati di comune pericolo contenute nel codice

penale seguono, per l’appunto, il modello criticato da parte della dottrina su

menzionata.

Cio spiega, almeno a nostro avviso, la ragione per cui la Corte costituzio-

nale, quando per la prima volta si e trovata di fronte al problema della legitti-

mita costituzionale dei reati di pericolo presunto in materia di stupefacenti, ove

cioe la detenzione superiore ad una determinata soglia, variabile in base alla

successione di leggi in materia, comporta una presunzione di possesso finaliz-

zato non gia all’uso personale proprio, sia esso terapeutico o meno, come tale

non penalmente rilevante, bensı all’uso personale non terapeutico di terzi e,

dunque, penalmente rilevante, ex art. 73 della legge sugli stupefacenti.

La Corte costituzionale posta di fronte ad una questione cosı delicata, per-

che chiaramente non coinvolgeva soltanto il decisum, ma anche, piu in gene-

rale, la questione di legittimita costituzionale dei reati di pericolo astratto e/o

17 Sul fatto che le autorita amministrativa e, in particolare, agencies nel diritto penalenord americano, nonostante le apparenze, esprimono vere e proprie ‘‘scelte di valore’’, per cuihanno da noi provocato il ‘‘ripensamento’’ della Corte costituzionale, autorevolmente, STELLA,Giustizia e modernita, 2a ed., Milano, 2002, passim; a livello comunitario, di recente, tuttavia,ci si domanda, conclusivamente, se si vada verso il superamento della riserva di legge, SALCUNI,L’europeizzazione del diritto penale: problemi e prospettive, Milano, 2011, 461 ss.

18 GALLO M., I reati di pericolo, in Foro pen., 1969, 1 ss.

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presunto, con una famosa sentenza, cioe a dire la n. 333/1991 19, ha invece

sposato una versione ‘‘debole’’ del principio in oggetto, nel senso che lo ha

sostanzialmente fatto equivalere a quello di ragionevolezza 20, derivante a sua

volta dall’art. 3 Cost., nel senso che anche i reati di pericolo astratto e/o pre-

sunto trovano in generale una loro legittimita costituzionale, a condizione pero

che si possa individuare una precisa ratio legis, che ha indotto il legislatore ad

utilizzare tale modello, anziche il pericolo concreto o, addirittura, il danno.

In questa prospettiva, abbracciata dalla Corte costituzionale, e evidente

come il principio di offensivita abbia perso molto della sua originaria ‘‘giustizia-

bilita’’, per cui, rispetto al modello derivante dal principio di necessaria lesivi-

ta 21, si e ‘‘ridotto’’ a canone di politica criminale, criterio ermeneutico, e a

parametro di ragionevolezza22.

Cio dimostra, in definitiva, come la concezione bricoliana del diritto penale

orientato alla Costituzione gia si e rivelata ‘‘debole’’ in rapporto alla configura-

zione di alcuni fra i piu importanti principi costituzionali in materia penale,

giacche la loro ritenuta ‘‘giustiziabilita’’ ha dovuto fare i conti con un atteggia-

mento molto piu prudente della stessa Corte costituzionale, funzionale, del

resto, come si potra constatare meglio in seguito, alla non accettazione, da

parte della Corte stessa, della prospettiva di dichiarare illegittima una norma

di legge ordinaria sol perche posta a tutela di un bene sprovvisto di copertura

costituzionale, anche di carattere implicito.

1.4. LA DIFFICOLTA DI RINVENIRE UNA GERARCHIA FRA I BENI COSTITUZIONALI

NONCHE L’INSUFFICIENZA DELL’UNICA PIETRA DI PARAGONE UTILIZZATA, CIOE A

DIRE LA LIBERTA PERSONALE.

La tesi che intende rinvenire nella Carta costituzionale una tavola di valori

cui orientare il legislatore ordinario, nel senso che costui, come in precedenza

ricordato, dovrebbe tutelare solo beni costituzionalmente protetti in via espli-

cita, o anche soltanto implicita nella Carta medesima, presenta, tuttavia, alcuni

limiti, che e ora opportuno indicare.

E, infatti, sicuramente possibile rinvenire alcuni ‘‘modi di disciplina’’ di

19 C. Cost., 11-7-1991, n. 333, in Giur. cost., 1991, 2646 ss.; ed in Foro it., 1991, 2628 ss.,con nota di FIANDACA, La nuova legge anti-droga tra sospetti di incostituzionalita e discre-

zionalita legislativa.20 Su tale principio cfr., nella dottrina penalistica, in particolare DI GIOVINE, Sul c.d. prin-

cipio di ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale in materia penale. ‘‘A pro-

posito del rifiuto totale di prestare il servizio militare’’, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995,159 ss.

21 Su cui, in particolare, NEPPI MODONA, Il reato impossibile, Milano, 1965.22 In tal senso, con riferimento anche ad altre sentenze della Corte costituzionale, in

particolare alla n. 354/2002, MANES, cit., 209 ss. e, spec., 245 ss. e 279 ss.

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taluni beni giuridici nella stessa Costituzione, come, ad esempio, l’art. 97, in

tema di imparzialita e buon andamento della pubblica amministrazione 23.

Cio, quindi, conduce a privare di un sostegno costituzionale quelle norme,

fra i reati contro la P.A. che invece appaiono tutelare soltanto il prestigio di

quest’ultima, per cui, ad esempio, ha suscitato non poche riserve la reintrodu-

zione come reato dell’oltraggio a pubblico ufficiale24, il che, pero, gia dimostra

come il legislatore non si senta vincolato dal fatto se un bene giuridico sia, o

meno, protetto a livello costituzionale.

Quel che, tuttavia, e ancor piu difficile rinvenire riguarda non tanto una

precisa ‘‘tavola di valori’’, peraltro di non facile individuazione, ma, soprattutto,

che da detta tavola sia possibile ricavare addirittura una gerarchia fra i beni

protetti in via costituzionale25.

A nostro avviso, infatti, il tentativo di ricavare non solo una tavola di valori

cui confrontarsi a livello costituzionale, ma persino una gerarchia fra i beni

protetti dalla Costituzione medesima, seppure talvolta sia possibile – soprattut-

to laddove, come nel diritto di difesa, il diritto stesso e qualificato eccezional-

mente ‘‘inviolabile’’ – diventa in generale problematico soprattutto perche la

costruzione e retta su di un’unica pietra di paragone utilizzata, cioe a dire la

liberta personale.

L’art. 13 Cost., nella prospettiva qui analizzata, costituisce, infatti, la chiave

di volta per raffrontare ad esso i beni da tutelare e per verificare, pertanto, se

essi posseggano o no un analogo valore, ma, a nostro parere, l’utilizzazione

soltanto del riferimento alla liberta personale, come se quest’ultimo fosse il

bene giuridico ‘‘per elezione’’ sacrificato dal sistema penale, attualmente mostra

tutti i suoi limiti almeno nella misura in cui successivamente agli anni ’70 si sono

introdotte o valorizzate sanzioni non privative della liberta personale.

Si faccia, ad esempio, il caso di quanto e avvenuto con l’introduzione del

23 BRICOLA, Tutela penale della pubblica amministrazione e principi costituzionali, inTemi, 1968, 563 ss.

24 L’art. 341 del codice penale ha, infatti, subito una storia piena di luci ed ombre, perche,mentre e stato abrogato dall’art. 18 l. 25-6-1999, n. 205, e stato reintrodotto all’art. 341 bis

dall’art. 1, 8º comma, l. 15-7-2009, n. 94: in argomento, di recente, PERDONO, L’oltraggio, in inTrattato di diritto penale, diretto da Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, cit., Parte speciale,

II. I delitti contro la pubblica Amministrazione, Torino, 2008, 637 ss., seppure con riferi-mento al periodo quo ante la reintroduzione del reato in oggetto, ma con considerazioni cheben si attagliano, ovviamente in senso critico, al revirement operato dal legislatore.

25 Rileva, ad esempio, nella manualistica, MANTOVANI F., Diritto penale, Parte generale, 7a

ed., Padova, 2011, XLVII, che: «Ravvisare nella Costituzione la struttura portante del sistemapenale non significa, pero, ritenere di soluzione automatica la ricostruzione di esso in terminicostituzionali, perche lo stesso testo costituzionale, nei principi enunciati, nei beni tutelati,nella gerarchi di tutela, e una guida irrinunciabile, ma non sempre sicura ed univoca con

spazi di scelta irrimediabilmente lasciati al legislatore ordinario» (corsivo aggiunto);analogamente, sotto numerosi profili, PAGLIARO, Il reato, in Trattato di diritto penale, Parte

generale, diretto da Grosso, Padovani, Pagliaro, Milano, 2007, 31.

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sistema c.d. per quote per quanto riguarda la pena pecuniaria nella responsa-

bilita da reato degli enti, ma, soprattutto, ci si e resi conto che il diritto penale

non sacrifica esclusivamente la liberta personale, anche a causa delle notevoli

lungaggini del processo e della riduzione, all’opposto, del termine prescriziona-

le, operato con la legge ex Cirielli, per cui addirittura la liberta personale, se

viene limitata, cio si verifica in particolar modo attraverso le misure cautelari di

carattere personale, che, quindi, impropriamente assumono il valore di ‘‘anti-

cipazione della pena’’ 26.

Si e, infatti, giustamente rilevato come il sistema penale e, in particolare, il

processo penale, incida anche ed in primo luogo su altri beni, pure di notevole

valore, come ad esempio, la reputazione – tanto e vero che calza a pennello la

nota frase carneluttiana secondo cui ‘‘la prima pena e il processo’’ – come ha

dimostrato il caso paradigmatico del fenomeno che giornalisticamente va sotto

il nome di ‘‘Tangentopoli’’, ove, fra l’altro, proprio la lesione della reputazione,

estesa pero dagli individui sino ai partiti politici, ha contribuito in larga parte

addirittura a quella che viene definita la fine della prima Repubblica, con cio,

evidentemente, incidendo in maniera considerevole altresı su beni giuridici

meta-individuali 27.

Cio sta a dimostrare come il parametro della liberta personale, che si com-

prende in un diritto penale degli anni ’70, attualmente non e piu da considerarsi

l’unico bene sacrificato dal sistema penale, anche perche la stessa pena deten-

tiva, nonostante le apparenze, e ormai da tempo affiancata da altre sanzioni di

cui si sta progressivamente scoprendo l’utilita, come ad esempio, le sanzioni

interdittive, di cui si auspica da piu parti l’utilizzazione come pene principali 28.

Altrettanto e, infine, a dirsi per le sanzioni lato sensu risarcitorie che

seppure in un settore limitato del sistema penale, quale quello relativo alla

26 In argomento e sempre attuale il volume di GREVI, Liberta personale dell’imputato e

Costituzione, Milano, 1976, ove il chiaro Autore, purtroppo di recente scomparso, riteneva, alcontrario, che le misure cautelari di carattere personale non potessero legittimamente chesvolgere funzioni endo-processuali, senza, quindi, alcun possibile riferimento a finalita extra-processuali, cio che, tuttavia, fu contraddetto dal legislatore dalla legge a tutela dell’ordinepubblico della meta degli anni ’70, appunto, ove le misure cautelari di carattere personalecominciavano a farsi carico anche della tutela della collettivita, cosı, pero, dando la stura allagia criticata impropria funzione delle stesse come ‘‘anticipazione della pena definitiva’’. Nelsenso, quindi, che la custodia cautelare possa legittimamente assumere anche funzioni ‘‘ex-

tra-processuali’’, cfr. VASSALLI G., Liberta personale dell’imputato e tutela della collettivita,in Giust. pen., 1978, I, 1 ss..

27 Per analoghe considerazioni, STELLA, loc. ult. cit.; cfr., da ultimo, sul tema AA.VV., Mani

Pulite 1992/2012: la rivoluzione della legalita e i suoi nemici, in Gli speciali di Micro-

Mega, I classici, 2012, n. 1, 7 ss.28 In tal senso GROSSO C.F., Per un nuovo codice penale, in Dir. pen. e processo, 1999,

1117 ss.; ID., Su alcuni problemi generali del diritto penale, in Riv. it. dir. e proc. pen.,2003, 18 ss.

I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE NELLA PROSPETTIVA INTERNA70

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competenza penale del Giudice di Pace, stanno, tuttavia, dando buona prova di

se, appunto come sanzioni principali di carattere non detentivo 29.

1.5. LA CRITICA DEGLI OBBLIGHI COSTITUZIONALI DI TUTELA PENALE E LA

‘‘RISPOSTA’’ AFFIDATA AL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA.

La critica, tuttavia, piu penetrante alla teoria di un approccio ‘‘rigido’’ della

legge penale alla Carta costituzionale deriva dalla ben nota tesi espressa a suo

tempo dal Pulitano, in base alla quale l’approccio in oggetto darebbe luogo ad

‘‘obblighi costituzionali di tutela penale’’, che non solo ridurrebbero inopinata-

mente lo spazio alla discrezionalita del legislatore ma, soprattutto, rischiereb-

bero di condurre a soluzioni, come quella adottata dalla Corte costituzionale

tedesca nel 1975 in tema di aborto, ove la c.d. ‘‘soluzione dei termini’’, cioe

l’autodeterminazione della donna, nei primi mesi di gravidanza, fu dichiarata

illegittima, in quanto ritenuta non compatibile con il diritto alla vita del conce-

pito, proprio perche ritenuto un bene di rilevanza costituzionale30.

Orbene, proprio l’opinione dissenziente di due giudici costituzionali, dimo-

stra come dietro l’usbergo degli obblighi costituzionali di tutela penale, rischia-

vano di risultare determinanti precise opzioni di carattere etico-religioso ed e

questa la ragione per la quale lo stesso Pulitano ha giustamente messo in

guardia avverso l’adesione alla teoria in oggetto.

La critica, tuttavia, mossa sotto questo angolo visuale alla tesi di un approc-

cio rigido della legge penale alla Carta costituzionale non appare convincente,

perche, a nostro avviso, come si suol dire, ‘‘prova troppo’’.

Se, infatti, si approfondisce la teoria bricoliana in materia, ci si accorge che

il principio di proporzione, che e sicuramente alla base del diritto penale orien-

tato alla Costituzione, va tuttavia sempre messo in correlazione a quello di

sussidiarieta, nel senso che, come poi e stato testualmente affermato nella

famosa circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1983, non e

sufficiente che un bene giuridico sia protetto in via esplicita, o anche soltanto

implicita, dalla Carta costituzionale, perche automaticamente debba interve-

29 Sia consentito in argomento, anche per gli ulteriori riferimenti bibliografici, il rinvio aMANNA, Corso di diritto penale, Parte generale, II, Padova, 2008, 265 ss.

30 PULITANO, Obblighi costituzionali di tutela penale?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983,484 ss.; ID., Diritto penale, cit., 122 ss.; nonche, in argomento, anche PAONESSA, Gli obblighi di

tutela penale. La discrezionalita legislativa nei vincoli costituzionali e comunitari, Pisa,2009. Per quanto riguarda la sentenza della Corte costituzionale tedesca, cfr., BVerfG, 25-2-1975, in YZ, 1975, 205 ss., con ivi anche l’opinione dissenziente di due giudici costituzionali, 215ss. e con nota di KRIELE, 222 ss. Va, tuttavia, ricordato che una successiva, molto complessa,sentenza emanata dopo la riunificazione della Germania, ha recuperato spazi di non punibilitadell’aborto: cfr., anche per il testo della sentenza, D’AMICO, Donna e aborto nella Germania

riunificata, Milano, 1994.

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 71

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nire il diritto penale, giacche bisogna altresı verificare se non sussistano

tecniche di tutela alternative almeno di pari efficacia 31.

La sostanza della disputa fra l’impostazione bricoliana e quella di Pulitano

consisteva, tuttavia, in ben altro, nel senso, cioe, che quella relativa ad un approc-

cio rigido alla Carta costituzionale risentiva, come di recente e stato autorevol-

mente affermato, di una forma di ‘‘positivismo giuridico’’ di carattere superiore

perche applicato alla Costituzione32, nel senso, pero, di tentare di vincolare ad una

tavola di valori di orientamento democratico lo stesso legislatore ordinario, men-

tre l’opposta opzione intendeva maggiormente lasciare spazio alla discrezionalita

del legislatore ordinario con conseguenze tuttavia in entrambi i casi inaccettabili.

La prospettiva bricoliana, infatti, era inevitabilmente venata di utopia, giac-

che il diuturno processo di legiferazione, soprattutto in materia penale, dimo-

stra come le argomentazioni utilizzate non siano soltanto di ordine costituzio-

nale, ma giuochino in realta rationes decidendi di tutt’altra natura, talune

anche certamente non nobili, quali quelle legate a meri calcoli elettoralistici.

Cio dimostra, infatti, come risulti oltremodo problematico, come suol dirsi,

‘‘educare il legislatore alla scuola della ragione’’.

Per altro verso, lasciare troppo spazio alla discrezionalita del legislatore

ordinario significa, per l’appunto, che il centro decisionale nell’opera legislativa

rischia di spostarsi dal Parlamento alle segreterie dei partiti politici, ove, quindi,

i calcoli utilitaristici rischiano di farla da padrone e ove, pertanto, sussiste il

fondato pericolo di smarrire la ‘‘stella polare’’, che in ogni caso non puo che

essere rappresentata in particolare dalla stessa Carta costituzionale.

1.6. LE RAGIONI PER CUI LA CORTE COSTITUZIONALE NON HA MAI DICHIARATO

ILLEGITTIMA UNA NORMA PENALE SOL PERCHE TUTELASSE UN BENE NON

PROTETTO, NEMMENO IN VIA IMPLICITA, DALLA COSTITUZIONE: LA DISCIPLINA

DEL FUNZIONAMENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE, FONDANDOSI SULLA

FUNZIONE DELLA CARTA COME LIMITE E NON COME FONDAMENTO, NON POTEVA

CONDURRE AD UNA ‘‘SOVRAESPOSIZIONE’’ IN CHIAVE POLITICA DELLA STESSA

CORTE COSTITUZIONALE.

Dobbiamo ora ulteriormente approfondire la tematica relativa all’approccio

‘‘rigido’’ del diritto penale alla Carta costituzionale.

31 Sul principio di sussidiarieta, nelle sue due accezioni, cioe quella stricta (ovverosiaquella ricordata nel testo), e l’altra, viceversa, di piu ampia portata, nel senso che si dovrebbecomunque privilegiare la tutela penale anche laddove sussistano tecniche alternative, nel casodi specie, si intenda ‘‘promuovere’’ l’osservanza della norma penale, cosı pero rischiando difornire al diritto penale un carattere fortemente ‘‘simbolico-espressivo’’, nella manualistica, intal senso, per tutti, FIANDACA, MUSCO, Diritto penale, Parte generale, 3a ed., Bologna, 1995, 28ss.

32 Cosı, da ultimo, DONINI, Europeismo giudiziario e scienza penale. Dalla dogmatica

classica alla giurisprudenza-fonte, Milano, 2011, 12 ss.

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Tale ‘‘rigidita’’ risulta, tuttavia, quanto meno con riguardo ad alcuni profili

della tesi in esame, forse piu apparente che reale, in particolare con riguardo a

due aspetti della tesi in oggetto.

Il primo riguarda il riferimento a clausole generali, come quella prevista

dall’art. 2 della Costituzione che, se rettamente interpretata, puo consentire

un’interpretazione ‘‘evolutiva’’ della stessa Carta costituzionale, in modo che la

stessa Costituzione possa ritenersi, come suol dirsi, ‘‘aperta’’ e, soprattutto,

aperta nel tempo.

L’art. 2 Cost., tuttavia, puo fungere da vero e proprio ‘‘polmone’’ da un

punto di vista giuridico a condizione che non si accolga la tesi, pur sostenuta

in alcune sentenze della Corte costituzionale ed anche da autorevoli costitu-

zionalisti, cioe a dire che la norma in oggetto sarebbe puramente riassuntiva dei

diritti gia indicati negli articoli successivi della Carta costituzionale 33.

La ragione dell’inaccoglibilita della tesi in oggetto e, a nostro avviso, rias-

sumibile nel fatto che, cosı argomentando, si rischia di rendere sostanzialmente

inutile una norma come quella di cui all’art. 2 Cost., che invece trova la sua

reale funzione solo se e interpretata nel senso di una clausola ‘‘aperta’’, ad

accogliere nel suo seno anche diritti fondamentali che non sono stati indicati

espressamente nella Carta costituzionale, proprio perche sorti in epoca suc-

cessiva.

Questo tipo di interpretazione consente, infatti, anche di adeguare il testo

della Carta costituzionale al mutare dei tempi giacche, ragionando altrimenti,

rischierebbe di rimanere ‘‘ingessata’’ al momento della sua entrata in vigore.

Accolta, quindi, la tesi ‘‘aperturista’’ 34, la suddetta si interseca con l’altro

profilo che intendiamo approfondire, quello per cui l’approccio della legge

penale alla Carta costituzionale non si limita ai beni giuridici ivi tutelati in via

esplicita, ma anche a quelli protetti solo in via implicita.

A questo proposito e noto il caso paradigmatico effettuato in dottrina, in

33 Cosı, ad es., C. Cost., 27-3-1962, n. 29, in Foro it., 1962, I, 603; nonche, fra quelle piurecenti, la n. 98/1979; in senso opposto, tuttavia, e la sentenza n. 38/1973, nonche la n. 27/1975sul diritto alla vita del concepito. Sull’atteggiamento della Corte, in dottrina, BARBERA, sub art. 2,in Comm. Cost. Branca, Principi fondamentali, Artt. 1-12, Bologna-Roma, 1975, 50 ss. e,quivi, 92 ss. In dottrina la tesi restrittiva e sostenuta, ad es., da BARILE P., Diritti dell’uomo e

liberta fondamentali, Bologna, 1984, 53 ss.; nonche da PACE A., Problematica delle liberta

costituzionali, Padova, 1985, 3 ss.34 Sostenuta, fra i costituzionalisti, ad es., da MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, 9a

ed., Padova, 1976, II, 1034 ss.; nonche da BARBERA, cit., 66 ss., e, fra i penalisti, da VASSALLI G., Il

diritto alla liberta morale (Contributo alla teoria dei diritti della personalita), in Studi

giuridici in memoria di Filippo Vassalli, II, Torino, 1960, 1629 ss. e, quivi, 1640; nonche, conparticolare riguardo alla riservatezza, MANTOVANI F., Diritto alla riservatezza e liberta di

manifestazione del pensiero con riguardo alla pubblicita dei fatti criminosi, in AA.VV.,Il diritto alla riservatezza e la sua tutela penale (Varenna 1967), Milano, 1970, 383 ss. e,quivi, 393 ss. e BRICOLA, Prospettive e limiti della tutela penale della riservatezza, in ibidem,67 ss.

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particolare da Angioni35, di ricavare la tutela costituzionale dell’ambiente da

un’interpretazione ‘‘evolutiva’’, fors’anche ai limiti con l’analoga, dell’art. 9 Cost.,

che, com’e noto, si riferisce, invece, alla tutela del paesaggio.

Ora, non v’e dubbio che, almeno a nostro avviso, trattasi di un’interpretazione

evolutiva, giacche e evidente che per il legislatore costituente del 1948 non era

ancora emerso il controverso dibattito tra le esigenze legate allo sviluppo indu-

striale e quelle, all’opposto, relative alla tutela dell’ambiente e delle diverse com-

ponenti come l’aria, l’acqua ed il suolo, giacche nel 1948 il nostro Paese, uscito

tragicamente sconfitto dal secondo conflitto mondiale, era ancora, per buona

parte, una nazione di stampo agricolo, per cui cio spiega il riferimento, di carat-

tere vagamente estetico e sotto certi profili anche ‘‘romantico’’ al paesaggio.

Sarebbe, tuttavia, inaccettabile che, soprattutto per quanto riguarda le

norme costituzionali, integranti, in particolare, dei principi e ben piu raramente

delle regole, che non fosse a maggior ragione consentita un’interpretazione

‘‘evolutiva’’, seppure ai limiti con l’analogia, ma funzionale, lo si ribadisce, ad

adattare il testo costituzionale all’evoluzione del contesto sociale.

La dimostrazione dell’assunto per cui, ad esempio, la tutela dell’ambiente si

poteva ricavare gia in via analogico-evolutiva dall’art. 9 Cost., trova poi un forte

appiglio nella riforma dell’art. 117 della Carta costituzionale, operato con l’art. 3

l. Cost. 18-10-2001, n. 3, ove, fra le materie per le quali lo Stato ha legislazione

esclusiva e prevista anche, alla lett. s), la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e

dei beni culturali, a dimostrazione del fatto che cio che un tempo costituiva

soltanto diritto vivente, e successivamente diventato diritto scritto.

La tesi, tuttavia, dei beni costituzionali protetti in via anche soltanto impli-

cita, contiene comunque, almeno a nostro avviso, alcuni limiti, nel senso che

non sara sempre possibile un’interpretazione evolutiva quale quella dianzi ri-

cordata, perche, ad esempio, in tema di tutela dell’embrione umano da un lato,

oppure dei beni informatici dall’altro, si puo affermare che questi ultimi, al

tempo della formazione della Costituzione non erano addirittura nemmeno

prevedibili 36, per cui e difficile dar luogo ad un’operazione ermeneutica simile

a quella avanzata in materia ambientale.

Il limite, pero, piu consistente nei confronti di un’accettazione gia de iure

condito dell’approccio ‘‘rigido’’ alla Carta costituzionale, nel senso che, secondo

l’impostazione bricoliana, la Corte costituzionale avrebbe dovuto dichiarare

illegittima una norma penale anche perche posta a tutela di beni non protetti

ne in via espressa, ne quanto meno in via implicita dalla Carta stessa, e dovuto

all’atteggiamento di sostanziale self restraint adottato dalla stessa Corte.

Detto atteggiamento e anche spiegabile, come abbiamo ricordato all’inizio

di queste nostre considerazioni, alla luce delle stesse disposizioni normative che

35 ANGIONI, cit., 199 ss.36 In tal senso anche PAGLIARO, ult. cit., 30.

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regolano il funzionamento della Corte costituzionale, in base alle quali in primo

luogo deve sussistere un giudice penale che dichiari, su istanza di parte o

d’ufficio, non manifestamente infondata, una questione di legittimita costitu-

zionale, cioe a dire di possibile contrasto tra una norma o piu norme ordinarie

ed una o piu norme costituzionali.

Una volta dichiarata la questione non manifestamente infondata, e inviata

all’attenzione della Corte costituzionale che potra decidere se accoglierla, ma-

gari con una sentenza c.d. additiva, come ad esempio la famosa sentenza n. 364/

1988 in tema di error iuris, oppure respingerla, anche qui talvolta attraverso

una sentenza c.d. ‘‘interpretativa di rigetto’’, come nel caso di quella risalente al

lontano 1965, n. 42, in tema di art. 116 c.p., ma, in sostanza, l’ambito dell’esame

sia del giudice a quo, che della stessa Corte, e limitato ad un rapporto fra

norme, e non gia fra norme e beni giuridici protetti, proprio perche la disciplina

del funzionamento della Corte costituzionale risente indubbiamente della fun-

zione tradizionalmente assegnata alle Carte fondamentali, cioe quella di limite

e non gia di fondamento della legge ordinaria37.

Cio, peraltro, non significa che l’orientamento del diritto penale alla Costi-

tuzione non sia, seppure solo in parte, trasmigrato anche nella stessa Corte

costituzionale, come dimostrano proprio le sentenze c.d. additive e quelle inter-

pretative di rigetto, ove, in altri termini, la stessa Corte in un certo senso si ‘‘fa

legislatore’’, cosı da prospettare un’interpretazione particolarmente qualificata

della norma ordinaria, ma tale da non contrastare con la Carta fondamentale

Oltre, pero, tali aperture, la Corte costituzionale italiana non si e mai spinta

e, soprattutto, non ha accolto la prospettiva bricoliana sinora ricordata giacche,

a ben considerare, cio avrebbe rischiato di comportare non solo una ‘‘sovrae-

sposizione’’ della stessa Corte costituzionale, ma, probabilmente e conseguen-

temente, anche una lesione del principio della divisione dei poteri, su cui no-

toriamente si basa lo Stato moderno almeno da Montesquieu in poi38, giacche la

stessa Corte avrebbe corso il pericolo di invadere il settore e la discrezionalita

riservati al legislatore ordinario, cosı indubbiamente alterando anche la sua

funzione di massimo organo di garanzia.

1.7. LE CONSEGUENTI RAGIONI DEL SOSTANZIALE FALLIMENTO DELL’ART. 129 DEL

PROGETTO DELLA BICAMERALE APPROVATO IL 4 NOVEMBRE 1997.

Nonostante le obiezioni gia mosse all’approccio ‘‘rigido’’ della norma penale

37 Un discorso per certi versi analogo e stato portato avanti anche da PALAZZO, I confini

della tutela penale: selezione dei beni e criteri di criminalizzazione, in Riv. it. dir. e proc.

pen., 1992, 453 ss. e, spec., 464 ss.38 Sull’illuminismo penale cfr., nella manualistica, per tutti, FIANDACA, MUSCO, cit., XVI ss. e

gli AA. ivi citati.

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alla Carta costituzionale, la teoria bricoliana, sia sotto il profilo dell’aggancio alla

Costituzione, che sotto quello di una concezione ‘‘forte’’ del principio di offen-

sivita, e stata recepita nell’art. 129 del Progetto di riforma costituzionale, licen-

ziato dalla Commissione Bicamerale il 4-11-1997.

L’art. 129, infatti, ai primi due commi, cosı recitava: «Le norme penali

tutelano beni di rilevanza costituzionale. /Non e punibile chi ha commesso un

fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una

concreta offensivita»39.

Sussistono sorprendenti analogie anche con l’art. 1 del codice penale croato

del 1997 ove e espressamente stabilito che: «I reati e le sanzioni penali sono

previsti solo per comportamenti che minacciano o ledono le liberta personali e i

diritti dell’uomo nonche gli altri diritti e valori sociali garantiti e protetti dalla

Costituzione della Repubblica di Croazia e dal diritto internazionale la cui tutela

non potrebbe essere realizzata senza la repressione penale»40.

Orbene, sono note le ragioni a livello politico per cui e fallito quel Progetto

di Bicamerale, poiche ‘‘Forza Italia’’ ha, ad un certo punto, ritirato il suo appog-

gio, ma cio non significa, ovviamente, che questo ‘‘incidente politico’’ abbia

inciso piu di tanto sul valore dell’art. 129.

Sono, piuttosto, da rilevare, ed anzi da ribadire, le ragioni di critica da parte

di qualificata dottrina penalistica, avverso l’introduzione, magari in una futura

riforma della Carta costituzionale, dell’ancoraggio della legge penale alla Costi-

tuzione.

Si e, infatti, soprattutto, e giustamente, avanzato il problema, gia peraltro

ricordato, relativo alla sovraesposizione della Consulta, candidato naturale al

compito di ‘‘giudice’’ o ‘‘guardiano’’ della rilevanza costituzionale dei beni, cioe a

dire una sorta di ‘‘supervisione politica’’, piu che giuridica, ritenuta inopportuna

e, soprattutto, incompatibile con le qualita costituzionali di un organo sfornito

di legittimazione democratica41.

39 Sul Progetto, pubblicato in Indice pen., 1998, 303 ss., si vedano, ad esempio, i rilievicritici di PAGLIARO, Cenni sugli aspetti penalistici del recente progetto di riforma costitu-

zionale, in Indice pen., 1998, 318 ss.; e la contraria opinione, decisamente favorevole, diMAZZACUVA F., Diritto penale e riforma costituzionale: tutela dei beni giuridici costituzio-

nali e principio di offensivita, in Indice pen., 1998, 324 ss.; in argomento, cfr., inoltre, DONINI,L’art. 129 del progetto di revisione costituzionale approvato il 4 novembre1997. Un

contributo alla progressione ‘‘legale’’, prima che ‘‘giudiziale’’, dei principi di offensivita

e di sussidiarieta, in Critica del diritto, 1998, 95 ss.; nonche gli interventi di FIANDACA inCritica del diritto, 1998, 140 ss. e MAZZACUVA F., in Critica del diritto, 1998, 155 ss.; inargomento cfr., anche, RAMACCI, Il progetto penale della ‘‘Bicamerale’’, in Studi Senesi,1998, 2, 211 ss.; nonche MANES, cit., 201 ss.

40 Cfr. Il codice penale croato, trad. it. a cura di Baccarini, Bertaccini, Blaskovic, Marion,Pavisic, Padova, 1999, 41.

41 In tale ultimo senso, in particolare, PALAZZO, Offensivita e ragionevolezza nel controllo

di costituzionalita sul contenuto delle leggi penali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, 350 ss.e, quivi, 370, nt. 36.

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Il timore di una ‘‘sovraesposizione politica’’ della Corte, per l’appunto di

difficile compatibilita con il principio di separazione dei poteri, e stato pure

di recente ribadito da Fiandaca 42.

In conclusione, la prospettiva di un approccio rigido alla Carta costituzio-

nale ha trovato piu critiche che consensi, in quanto e stato non torto rilevato

che ‘‘una dogmatica costituzionalmente orientata non possa in prospettiva dare

molto di piu di quanto ha gia dato sui diversi piani della rivisitazione teorica del

sistema ad opera della dottrina, della reinterpretazione del diritto penale vi-

gente nell’ambito della giurisprudenza costituzionale e della politica legislativa

in senso riformistico’’, per cui, laddove fosse stato invece inserito in Costituzio-

ne l’art. 129 del Progetto di Bicamerale, cio, a tacer d’altro, avrebbe sicuramen-

te provocato un forte aumento del contenzioso di costituzionalita, con tutto cio

che di negativo puo comportare43.

L’atteggiamento della maggior parte della dottrina ha, quindi, sicuramente

impedito un’applicazione gia de iure condito della teoria bricoliana, circa i beni

giuridici di ascendenza costituzionale, ma non ha impedito una sua utilizzazione

sia in chiave interpretativa, che, in particolare, in chiave di riforma.

Per affrontare, tuttavia, anche sotto questi due ultimi angoli visuali la teoria

in oggetto sono necessarie altre considerazioni.

1.8. IN DEFINITIVA, IL LIMITE DI UN APPROCCIO ‘‘RIGIDO’’ DEL DIRITTO PENALE ALLA

CARTA COSTITUZIONALE RISENTE NON SOLO DI UNA SORTA DI GIUS-POSITIVISMO, MA SOPRATTUTTO DI UN ATTEGGIAMENTO UNIFATTORIALE:L’ESIGENZA DI UN’APERTURA ALLE SCIENZE EMPIRICO-SOCIALI, IN PARTICOLARE

NELLA PROSPETTIVA TRACCIATA DA HASSEMER.

Per verificare se l’aggancio del diritto penale alla Carta costituzionale possa

almeno valere non tanto in chiave interpretativa, giacche ormai e ius receptum

la c.d. interpretazione ‘‘costituzionalmente orientata’’, quanto soprattutto a li-

vello politico-criminale, crediamo che siano necessarie alcune ulteriori preci-

sazioni.

Come e stato anche di recente osservato 44, l’approccio bricoliano alla Carta

costituzionale risenta di una sorta di giuspositivismo, nel senso che «sul piano

42 FIANDACA, L’offensivita e un principio codificabile?, in Foro it., 2001, V, 1 ss., 4; insenso piu favorevole, viceversa, alla tesi fatta propria dall’art. 129 del Progetto di Bicamerale,seppure con talune importanti modifiche, si e mostrato DONINI, Ragioni e limiti, cit., 40.

43 In tal senso, quasi testualmente, FIANDACA, La legalita penale negli equilibri del

sistema politico-costituzionale, in ID., Il diritto penale tra legge e giudice. Raccolta di

scritti, Padova, 2002, 3 ss. e, quivi, 12-13; dello stesso v. anche ID., La giustizia penale in

Bicamerale, in Foro it., 1997, V, 161 ss.44 Da DONINI, Europeismo giudiziario, cit., 12 ss.

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 77

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politico l’approccio costituzionalistico introduce un superiore livello di ‘‘diritto

positivo’’»45.

Cio pero comporta una successiva riflessione critica all’impostazione in

oggetto, in quanto, muovendosi sempre nell’ambito del diritto positivo, risulta

alla fine di carattere ‘‘unifattoriale’’, nel senso che si produce una sorta di

‘‘circolo chiuso’’ ove infatti manca, almeno a nostro avviso, in primo luogo

l’apertura alle scienze empirico-sociali.

Cio e possibile attraverso tre direttrici di cui la prima e quella legata alla

teoria delle c.d. Kulturnormen di M.E. Mayer 46 e fatta propria da noi da Ca-

doppi, in base alla quale il diritto penale dovrebbe anche, ove possibile, con-

formarsi alle c.d. norme di cultura vigenti in un determinato momento storico

presso un determinato Paese.

Questa tesi, tuttavia, che risente ancora, almeno a nostro parere, di una

forma, seppure assai attenuata, di giuspositivismo, non puo pero essere accolta

perche risulta funzionale soprattutto ai c.d. reati naturali, mentre diventa di

assai piu problematico utilizzo con riferimento ai mala quia vetita, cioe ai reati

artificiali.

La seconda delle direttrici, per integrare il riferimento alla Carta costitu-

zionale, e quella risalente ad Amelung 47, per il quale il reato non e tanto un fatto

che lede, o mette in pericolo, un bene giuridico, quanto un atto ‘‘socialmente

dannoso’’.

La c.d. dannosita sociale, che costituisce il criterio fondante della tesi di

Amelung, s’inserisce, pero, nell’ambito di quelle impostazioni sociologiche in

base alle quali la societa e formata da un complesso di interazioni che danno

luogo ad una serie di sub-sistemi, per cui il reato costituisce un elemento

disfunzionale e quindi dannoso per il contesto sociale 48.

Anche questa tesi, tuttavia, che presenta fra l’altro singolari analogie con

quella dell’Harm to Others, sviluppata in particolare dal filosofo americano Joel

Feinberg49, e a livello d’inserimento nella prospettiva sistemica, con le ben note

posizioni assunte da Jakobs 50, tuttavia non appare accoglibile, non solo e non

45 DONINI, loc. ult. cit.46 MAYER, Rechtsnormen und Kulturnormen, Breslau, 1903, 74 ss., 109 ss., 122-128, tesi

ripresa, in Italia, com’e noto, da CADOPPI, Il ruolo delle Kulturnormen nella ‘‘opzione penale’’

con particolare riferimento agli illeciti economici, in Riv. trim. dir. pen. economia, 1989,289 ss.

47 AMELUNG, Rechtsguterschutz und Schutz der Gesellschaft, Frankfurt a. M., 1972.48 Per tali impostazioni sociologiche cfr. PARSONS, Il sistema sociale, tr. it. dall’ed. del 1951

di COTTINO, Milano, 1965; nonche LUHMANN, Rechtssoziologie, 2. Aufl., Opladen, 1983.49 FEINBERG, The Moral limits of Criminal Law, I, Harm to Others, New York-Oxford,

1984; II, Offense the Others, New York-Oxford, 1985; III, Harm to Self, New-York-Oxford, 1986;IV, Harmless Wrongdoing, New York-Oxford, 1988.

50 JAKOBS, Strafrecht, Allg. Teil. Die Grundlagen und die Zurechnungslehre, Berlin,1983, spec. 26 ss.

I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE NELLA PROSPETTIVA INTERNA78

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tanto perche comporta un’evidente svalutazione del concetto di bene giuridico,

che invece, nonostante le ricorrenti ‘‘crisi’’, costituisce, almeno a nostro giudi-

zio, un elemento imprescindibile per la ricostruzione e per l’interpreazione di

un diritto penale orientato allo Stato sociale di diritto, con chiara, quindi, fun-

zione garantista, ma anche per un’ulteriore ragione.

La dannosita sociale, infatti, sganciata da ogni riferimento ad elementi di

carattere valoriale, come, appunto, i beni giuridici, rischia infatti di perdere di

vista l’ubi consistam dello stesso diritto, per, viceversa, affondare quest’ultimo

in un mare magnum di carattere sociologico, ove l’empiria trascende la nor-

mativita e, quindi, si perde in un indistinto ‘‘sociologico’’ senza la possibilita di

un orientamento in base alla categoria del giuridico.

La tesi che, invece, appare preferibile, almeno a nostro avviso, e quella

sostenuta da Hassemer 51.

Trattasi della c.d. ‘‘intesa normativo-sociale’’ nel senso che la norma deve,

per l’appunto, coordinarsi con le nuove esigenze sorte nella vita sociale.

Questa tesi e, quindi, quella che meglio consente una ‘‘apertura’’ della teoria

bricoliana anche a beni che sicuramente non erano nemmeno prevedibili all’e-

poca dei costituenti, ma e necessario, a nostro giudizio, stabilire un rapporto tra

il riferimento alla Costituzione e la c.d. intesa normativa sociale.

Per saggiare la ‘‘consistenza sociale’’ del nuovo interesse, esattamente Has-

semer ha rilevato come bisogna tener conto delle ‘‘condizioni d’incremento del

riconoscimento sociale di un bene’’, che sono: a) la frequenza della lesione; b)

l’intensita del bisogno dello stesso; e c) l’allarme sociale suscitato dalla

lesione medesima 52.

E quindi, a questo punto, possibile effettuare un rapporto tra ‘‘normativita’’

ed ‘‘empiria’’ 53, nel senso che laddove soprattutto si intenda, come ormai e da

considerarsi communis opinio, adottare la concezione c.d. empirico-fattuale e

non gia piu quella puramente metodologica del bene giuridico, per cui, in base

alla teoria anche da noi sostenuta, l’interesse preesiste all’intervento del legi-

slatore, ne consegue che, nell’ambito dell’intesa normativo-sociale, la parte

empirica, dianzi specificata, non puo che precedere quella piu propriamente

di carattere normativo; nel senso che, avendo rilevato la frequenza della lesio-

ne, l’intensita del bisogno dello stesso bene e l’allarme sociale suscitato dalla

51 HASSEMER, Theorie und Soziologie des Verbrechsens, Frankfurt a.M., 1973, 130 ss. e,spec., 147 ss.

52 HASSEMER, Il bene giuridico nel rapporto di tensione tra Costituzione e diritto na-

turale, in Dei delitti e delle pene, 1984, 104 ss. e, quivi, 106-107, da ultimo per la necessita diun’apertura del diritto penale alle scienze empiriche, cfr. CASTALDO, Tradizione e obsolescenza

nel diritto penale, in Scritti in memoria di Fulvio Fenucci, a cura di Barbera, Loiodice,Scudiero, Stanzione, II, Palermo, 2012, 53 ss. e, quivi, 68.

53 Cfr. in argomento, ad es., FORTI, Normativita ed empiria nel lavoro del criminologo.

Il ‘‘caso’’ Sutherland, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 364 ss.

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lesione medesima ed avendo cosı ottenuto il risultato che il bene in oggetto

reclama un suo riconoscimento sociale, ne consegue che, successivamente,

detto bene andra necessariamente raffrontato con la Carta costituzionale in

modo tale che, per l’appunto, ‘‘normativita’’ ed ’’empiria’’ possano non solo

coesistere, ma anche integrarsi utilmente fra loro.

1.9. LA NECESSITA, SEMPRE PIU AVVERTITA, DI AGGIUNGERE FRA I REFERENTI

DELL’ALLOCAZIONE PENALISTICA ANCHE IL DIRITTO COMUNITARIO ED IL DIRITTO

INTERNAZIONALE, PUR SENZA GIUNGERE AD OBBLIGHI COMUNITARI DI TUTELA

PENALE, AL PARI DELLA NEGAZIONE DI OBBLIGHI COSTITUZIONALI DI TUTELA

PENALE.

Gia dalla fine degli anni ’80, almeno nell’ambito della dottrina italiana, e

emerso un altro importante referente nella scelta dell’allocazione penalistica,

cioe a dire il diritto comunitario 54.

A questo riguardo e anche sorta una delicata questione, ovverosia quella

della sussistenza, o no, di obblighi ‘‘comunitari’’ di tutela penale e, soprattutto,

quella che si riferisce alla loro diretta, o no, ‘‘giustiziabilita’’.

Dal primo punto di vista, a causa dell’affinamento del diritto penale euro-

peo, e, soprattutto, della perdita di quel deficit di democraticita che veniva ad

esso originariamente imputato, certamente puo porsi un problema, almeno a

livello teorico, di sussistenza di obblighi comunitari di tutela penale.

Il problema, pero, almeno a nostro avviso, si puo porre soltanto a livello

teorico-astratto, giacche, quando si scende nell’agone della concretezza appli-

cativa, riteniamo che un supposto obbligo comunitario di tutela penale non

possa direttamente considerarsi ‘‘giustiziabile’’, nel senso che non e consentito

al giudice penale nazionale condannare in base ad un’applicazione diretta di

una norma comunitaria.

Siamo, infatti, convinti che sia necessario un successivo passaggio, cioe

quello della Corte costituzionale, ex art. 10 e, in particolare, 117, 1º comma,

cosı come modificato dall’art. 3 l. Cost. 18-10-2001, n. 3, in base al quale «la

potesta legislativa e esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della

54 Cfr., in argomento, GRASSO, Comunita europea e diritto penale, Milano, 1989; GRASSO,SICURELLA, Il corpus iuris 2000. Modello di tutela penale dei beni giuridici comunitari,Milano, 2003; SICURELLA, Diritto penale e competenze dell’Unione europea, Milano, 2005;GRASSO, SICURELLA (a cura di), Lezioni di diritto penale europeo, Milano, 2007; SOTIS, Il diritto

senza codice. Uno studio sul sistema penale europeo vigente, Milano, 2007. E, da ultimo,anche SALCUNI, cit., per limitarci ai contributi monografici e manualistici, a nostro avviso, piusignificativi in materia. A livello di saggi, si segnala, in particolare, in argomento, per un’impo-stazione analoga a quella da noi sostenuta nel testo, VALENTI, La ‘‘musa negletta’’: quando la

Costituzione non ispira piu il legislatore nelle scelte di incriminazione, in Indice pen.,2003, 951 ss. e, quivi, 976 ss. e, spec., 978 ss.

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Costituzione nonche dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli

obblighi internazionali» 55.

Si puo, quindi, ricavare dalla stessa norma costituzionale da ultimo menzio-

nata come ormai si sia di fronte ad un sistema c.d. di multi level constituzio-

nalism, nel senso che, a questo punto, emerge che per l’allocazione penalistica

di un determinato bene e necessario operare su di una pluralita di piani, il

primo dei quali e di carattere empirico-sociologico, il secondo e di carattere

costituzionale, il terzo e di tipo comunitario ed il quarto, infine, di carattere

internazionale56.

Cio dimostra, pertanto, come la teoria bricoliana fosse ancora legata, in

fondo, ad una dimensione statalista del diritto penale, ma cio, d’altro canto,

non deve stupire, perche la Teoria generale del reato risale, com’e noto, al

lontano 1973, ove quindi in particolare la dimensione comunitaria non aveva

cosı condizionato profondamente i legislatori nazionali, come avviene ai giorni

nostri, tanto e vero che interi corpus normativi come, solo per fare un esempio,

il d.lg. n. 231/2001 in materia di responsabilita da reato degli enti, probabilmen-

te non avrebbe mai visto la luce se lo Stato italiano non avesse ratificato, nel

1997, la Convenzione OCSE sulla corruzione dei funzionari stranieri e comuni-

tari, nonche il secondo protocollo della Convenzione PIF, coeva, cioe relativa

alla protezione degli interessi finanziari della Comunita europea 57.

1.10. L’IMPORTANZA, COMUNQUE, DEL RIFERIMENTO ANCHE ALLA CARTA

COSTITUZIONALE IN CHIAVE FONDANTE, SOPRATTUTTO DA UN PUNTO DI VISTA

POLITICO-CRIMINALE, ONDE EVITARE CHE IN DEFINITIVA LA DISCREZIONALITA

DEL LEGISLATORE, ESPRESSA O DALLE SEGRETERIE DEI PARTITI O DALLE

CONTINGENZE DEL MOMENTO, RIVESTANO UN RUOLO DECISIVO NELLA SCELTA

DELLA TECNICA DI TUTELA DA ADOTTARE.

E tempo, ormai, di iniziare a trarre le fila da questo importante rapporto tra

diritto penale e Costituzione, che abbiamo preliminarmente affrontato con

particolare riguardo alla teoria bricoliana di un aggancio ‘‘rigido’’ del diritto

penale alla Costituzione medesima, per poi, nei successivi capitoli, affrontare

ex professo i principi costituzionali in materia penale.

Da quanto sinora emerso, possiamo affermare di aver raggiunto alcuni ri-

sultati difficilmente revocabili in dubbio: in primo luogo la tesi bricoliana si e

55 In tal senso anche, di recente, SALCUNI, cit., spec. 337 ss.; nonche 373 ss.56 Su quest’ultimo aspetto, cfr., in particolare, CATENACCI, ‘‘Legalita’’ e ‘‘tipicita del reato’’

nello Statuto della Corte penale internazionale, Milano, 2003; nonche, seppure in un parti-colare angolo visuale, SERENI, Causalita e responsabilita penale. Dai rischi d’impresa ai

crimini internazionali, Torino, 2008, spec. 53 ss.57 Sia consentito, in argomento, il rinvio a MANNA, La responsabilita da reato degli enti,

in ID., Corso di diritto penale dell’impresa, Padova, 2010, 41 ss.

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 81

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rivelata impraticabile de iure condito, soprattutto sul versante della Corte

costituzionale, perche, per le ragioni poco prima indicate, la stessa Corte ha

sempre operato un sostanziale self restraint, cosı evitando di dichiarare ille-

gittima una norma di legge ordinaria, sol perche posta a tutela di un bene non

protetto dalla Costituzione ne in via esplicita, ne, tanto meno, in via implicita.

Cio, pero, non significa, almeno a nostro giudizio, negare l’importanza del

riferimento anche alla Carta costituzionale in chiave fondante e non soltanto

come limite, soprattutto da un punto di vista politico-criminale 58.

Coloro che, invece, sostengono, come il Nuvolone, che il diritto penale non

dovrebbe soltanto proteggere beni in contrasto con la Carta costituzionale,

appaiono, infatti, ancora condizionati dalla tesi tradizionale, per cui la Costitu-

zione fungerebbe da ‘‘limite’’ e non gia da ‘‘elemento fondante’’ della politica

criminale.

Questo profilo e, a nostro avviso, di decisiva importanza, giacche il negare

che la Carta costituzionale svolga una funzione fondante, seppur nei limiti

ristretti che abbiamo sinora evidenziato, rischia in definitiva, di lasciare arbitro

dell’allocazione penalistica il legislatore ordinario e, dunque, la sua discrezio-

nalita che, in pratica, e espressa o dalle segreterie dei partiti e, comunque, dal

ristretto numero di individui che si possono a pieno titolo definire ‘‘reggitori

dello Stato’’, oppure, peggio, dalle contingenze del momento, il che da luogo,

come e stato giustamente ed icasticamente rilevato, ad una sorta di ‘‘perenne

emergenza’’, ove purtroppo emergono i tratti piu illiberali e spesso autoritari nel

sistema penale 59.

La conclusione, seppur ancora provvisoria, di queste nostre considerazioni,

si concentri in una sorta di ‘‘espropriazione’’ delle reali prerogative parlamen-

tari, giacche e esperienza quotidiana come la decisione anche sull’allocazione

penalistica, se non, soprattutto, su tale tipo di allocazione, dipenda da fattori

spesso variabili ed in particolare incontrollabili, tanto da dar luogo a quel feno-

meno, tanto deprecato, del diritto penale c.d. simbolico-espressivo, ove infatti il

diritto penale perde la sua legittima caratteristica di conservazione dei beni

giuridici, per assurgere ad un’impropria funzione ‘‘promozionale’’, cioe di esor-

tare ‘‘caldamente’’ i cittadini ad osservare la norma, il che, sovente, costituisce,

purtroppo, una sorta di ‘‘promessa non mantenuta’’ 60.

58 Sembrerebbe, invece, propendere per la tesi tradizionale del ‘‘limite’’, NUVOLONE, Norme

penali e principi costituzionali, in ID., Trent’anni di diritto e procedura penale, I, 2000,Padova, 1969, 678 ss.; nonche ID., La problematica penale della Costituzione, in ID., Il diritto

penale degli anni ’70, Padova, 1982, 468 ss.59 MOCCIA, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, 2a ed.,

Napoli, 1997.60 Cio per parafrasare il noto volume di MOCCIA, La ‘‘promessa non mantenuta’’, Napoli,

2001.

I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE NELLA PROSPETTIVA INTERNA82

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1.11. LA MANCATA ADESIONE DELLA MAGGIORANZA DELLA DOTTRINA PENALISTICA

AD UN RUOLO FONDANTE DELLA COSTITUZIONE NEL DIRITTO PENALE E LE

SUE NEGATIVE CONSEGUENZE: IN PRIMO LUOGO, LA MANCATA CODIFICAZIONE

PENALE E, IN SECONDO LUOGO, LA PROLIFERAZIONE DI UNA SERIE DI

COSIDDETTI SOTTO-SISTEMI PENALI, IL CUI PRINCIPALE LIMITE RISIEDE NEL,SOVENTE, MANCATO COORDINAMENTO CON I PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO

PENALE.

Come si e, quindi, potuto chiaramente constatare, la dottrina penalistica,

nella sua stragrande maggioranza, ha in varia guisa e secondo diversi angoli

visuali criticato la tesi di un approccio ‘‘rigido’’ del diritto penale alla Carta

costituzionale61.

In effetti, come anche abbiamo indicato nelle parti antecedenti di questa

nostra analisi, diverse di tali obiezioni hanno, in effetti, colto nel segno, perche,

ad esempio, si e potuto costatare come la teoria in oggetto abbia trovato note-

voli ostacoli ad essere applicata de iure condito, soprattutto per l’atteggiamen-

to, gia ricordato, di sostanziale self-restraint della Corte costituzionale.

Le critiche, pero, non sono appuntate solo al diritto positivo, ma anche alle

prospettive di riforma e questo, a nostro avviso, costituisce il vero limite delle

critiche alla teoria in oggetto, giacche la sostanziale svalutazione di quest’ulti-

ma, bisogna riconoscerlo, ha privato conseguentemente non solo la dottrina

italiana ma, soprattutto, il legislatore di sicure ‘‘linee guida’’, ricavabili, per

l’appunto, dalla stessa Carta costituzionale, su cui costruire un sistema penale

non solo molto piu organico dell’attuale ma, in particolare, conforme ai nuovi

principi democratici.

In altri termini, e mancato quello che, parafrasando un noto cantautore,

potremmo definire un ‘‘centro di gravita permanente’’, che sicuramente deve

essere integrato dagli aspetti empirico-sociologici, nonche dai riferimenti al

diritto comunitario ed al diritto internazionale, che pero costitusicono una

‘‘corona’’, con la quale integrare la Carta costituzionale, considerata non piu

come limite, ma, appunto, come ‘‘fondamento’’ del diritto penale.

Le conseguenze, quindi, della sostanziale presa di distanza dalla tesi

bricoliana sono, purtroppo, bisogna anche qui riconoscerlo, di carattere ne-

gativo.

In primo luogo, ben inteso, oltre a tutti gli altri elementi che si possono

addurre a tal proposito 62, sicuramente la mancata adesione alla teoria di un

aggancio fra codice e Costituzione, ha impedito proprio quella nuova codifica-

61 Di recente, nella manualistica, cfr. anche DE FRANCESCO G.A., Diritto penale. I fonda-

menti, 2a ed., Torino, 2011, 55 ss.62 Sia consentito, sul punto, il rinvio a MANNA, La crisi attuale della codificazione penale

italiana, in Indice pen., 2006, 965 ss. e, piu ampiamente, anche ID., Corso di diritto penale,Parte generale, II, Padova, 2008, 397 ss.

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 83

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zione penale che invece non solo da varie parti si e da sempre auspicato, ma

soprattutto ha reso vana l’opera di innumerevoli commissioni di riforma, che si

sono succedute dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi, senza che dalle

stesse potesse uscire definitivamente un nuovo codice penale.

In altri termini e mancata quella che si potrebbe definire, e che probabil-

mente era anche nel pensiero del Bricola, una potente ‘‘stella polare’’, cui

orientare il lungo cammino nell’opera di ricodificazione.

Cio ancora di piu lascia ‘‘delusi’’, se si pone mente al fatto che nel panorama

comparatistico europeo va ricordato come il codice penale tedesco nel 1975

abbia integralmente rinnovato la sua parte generale, il nuovo codice penale

portoghese risale al 1992, quello francese al 1994 e quello spagnolo al 1995, e

cio per limitarci ai Paesi dell’Europa occidentale.

Vanno poi menzionati alcuni codici penali dei Paesi ex-comunisti, quali il

recente codice penale sloveno, quello croato, quello polacco, sino a quello russo

della fine degli anni ’90.

Va, infine, ricordato che perfino in alcuni Paesi storicamente refrattari al

concetto di codificazione, come l’Inghilterra e gli Sati Uniti, si possono registra-

re, da un lato, importanti progetti di codificazione penale 63 e, dall’altro, la

creazione di diversi codici per i singoli Stati, nonche di un codice federale 64,

comprensivo anche delle norme processuali.

La situazione, al contrario, nel nostro Paese e molto diversa, in quanto si

assiste gia da tempo ad una sorta di ‘‘decodificazione’’, ovverosia di perdita di

centralita del codice, prima con riferimento a quello civile 65, poi anche a quello

penale, per cui risulta francamente illusoria, attualmente, anche per le ragioni

che si chiariranno successivamente, l’introduzione di una ‘‘riserva di codice’’,

con l’intento evidente di raggiungere un altrettanto utopico ‘‘diritto penale

minimo’’ 66.

Se, dunque prevale in questo momento storico il fenomeno della ‘‘decodi-

ficazione’’, e stato icasticamente rilevato 67 come il codice rappresenti il centro

storico di una citta, accanto al quale si e sviluppata, in maniere inizialmente

disordinata, una serie di quartieri periferici che si tratta ora di raccordare con lo

stesso centro storico, ma, come potremo successivamente constatare, cio non e

un’opera affatto semplice.

Da cio la nascita dei c.d. ‘‘sottosistemi penali’’, cioe, in definitiva, una legi-

63 Cfr. THE LAW COMMISSION, Criminal-Law – A criminal Code for England and Wales, I,Report and Draft Criminal Code Bill, London, 1989.

64 Federal Criminal Code and Rules, St Paul, Min., 1994.65 IRTI, L’eta della decodificazione, Milano, 1969, 65-66.66 In tal senso, invece, FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Bari,

1989, 741 ss.67 Da FIANDACA, Relazione introduttiva, in Modelli ed esperienze di riforma del diritto

penale complementare, a cura di Donini, Milano, 2003, 1 ss. e, quivi, 7.

I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE NELLA PROSPETTIVA INTERNA84

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slazione per ‘‘piccoli codici’’ 68, come il codice della privacy, oppure il codice dei

beni culturali ed ambientali che, in realta, costituiscono dei ‘‘testi unici’’ e che,

comunque, rivelano molto spesso un limite ‘‘endemico’’, cioe quello del mancato

coordinamento con i principi generali del diritto penale, e cio riguarda non solo,

ben inteso, il raccordo con la parte generale del codice penale medesimo, ma,

ovviamente, anche con gli stessi principi della Carta costituzionale, che, soven-

te, sono negletti, o in nome della gia ricordata ‘‘perenne emergenza’’, in nome

della quale, come suol dirsi, ‘‘il fine giustifica i mezzi’’, oppure, piu semplice-

mente, per la nota, frequente ‘‘sciatteria’’ dello stesso legislatore ordinario.

Cio spiega, infine, la ragione per cui gli ultimi governi che si sono succeduti,

da quello ‘‘politico’’ a quello, viceversa, ‘‘tecnico’’, quest’ultimo anche per evi-

denti ragioni temporali, non hanno nemmeno nominato una commissione di

riforma del codice penale, segno evidente che quest’ultima non rientra piu

nell’agenda della politica; cio non puo non preoccupare il penalista, perche

si trova ad operare in un sistema del tutto policentrico, dove il diritto penale

come extrema ratio e decisamente soppiantato da un modello penalistico

come prima ratio di tutela e cio comporta non solo un’enorme proliferazione

delle fattispecie criminose, ma, soprattutto, un sistema c.d. a ‘‘macchia di leo-

pardo’’, ove, per l’appunto, e difficile rintracciare un’’’unita di misura’’ che

orienti l’interprete, il che provoca sempre piu il distacco fra ‘‘diritto scritto’’ e

‘‘diritto vivente’’, tanto che quest’ultimo assume progressivamente un’autono-

mia ed una distanza sempre maggiori dalla littera legis, con tutto quel che di

negativo cio, purtroppo, comporta.

68 Sui sottosistemi penali cfr. di nuovo FIANDACA, In tema di rapporti tra codice e legi-

slazione penale complementare, in Dir. pen. e processo, 2001, 137 ss.

DIRITTO PENALE E COSTITUZIONE 85

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