Trattamento chemioterapico neoadiuvante secondo schema … · 2017-03-22 · FOLFOXIRI in pazienti...
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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Scuola di Specializzazione in Oncologia
Trattamento chemioterapico neoadiuvante secondo schema
FOLFOXIRI in pazienti con carcinoma del pancreas
localmente avanzato. Studio di fase II.
Relatore
Candidato Chiar.mo Prof. Alfredo Falcone
Dott.ssa Laura Ginocchi
Anno Accademico 2013-2014
Alla mia famiglia,
divisa tra Cielo e Terra,
unita nel mio cuore.
1
Indice
RIASSUNTO
3-5
Capitolo 1 INTRODUZIONE
1.1 Tumore del pancreas: stato dell’arte
1.2 Fattori di rischio e predisposizione genetica
1.3 Anatomia patologica e biologia molecolare
1.3.1 Istologia
1.3.2 Grading
1.3.3 Le neoplasie pancreatiche intraepiteliali
1.3.4 Genetica e biologia molecolare
1.4 Stadiazione e criteri di resecabilità
1.5 Trattamento neoadiuvante
1.5.1 Terapia neoadiuvante nella malattia resecabile
1.5.2 Terapia nella malattia a resecabilità bordenline
1.5.3 Terapia nella malattia localmente avanzata e metastatica
6-33
6-7
8-9
9-16
10-11
12
13
14-16
17-19
20-33
21-25
26-29
30-33
Capitolo 2 PAZIENTI E METODI
2.1 Razionale dello studio
2.2 Obiettivi dello studio
2.3 Criteri di selezione dei pazienti
2.4 Piano di trattamento dei pazienti e criteri di valutazione
2.4.1 Valutazione pre-trattamento
2.4.2 Trattamento neoadiuvante
2.4.3 Valutazione della tossicità
2.4.4 Rivalutazione di malattia
2.4.5 Trattamenti locali
2.4.6 Trattamento adiuvante
2.4.7 Follow up dopo il trattamento
2.5 Considerazioni statistiche
34-44
34
35
36
37-42
37
37
38
39
40
41
41-42
43-44
2
Capitolo 3 RISULTATI
3.1 Caratteristiche dei pazienti
3.2 Tossicità del trattamento
3.3 Risposte al trattamento chemioterapico
3.4 Trattamenti locali
3.5 Trattamenti adiuvanti post chirurgia
3.6 Dati di sopravvivenza
3.6.1 Analisi della sopravvivenza libera da progressione
3.6.2 Analisi della sopravvivenza globale
45-58
45-46
47-48
49
50-52
53
54-58
55-56
57-58
Capitolo 4 DISCUSSIONE
59-62
Capitolo 5 CONCLUSIONI
63-64
BIBLIOGRAFIA
65-77
APPENDICI
78-86
3
Riassunto
Il carcinoma del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nei Paesi
occidentali con una mortalità che approssima la sua incidenza.
La chirurgia rappresenta l’unico trattamento potenzialmente curativo e la radicalità della
resezione costituisce un importante fattore prognostico con un vantaggio in termini di
sopravvivenza globale a favore dei pazienti con margini di resezione negativi (R0).
Purtroppo, solo il 10-20% dei pazienti presenta una malattia resecabile alla diagnosi mentre
un ulteriore 30-40% è caratterizzato da un quadro localmente avanzato o a resecabilità
borderline in base all’infiltrazione di segmenti di vasi venosi (in particolare vena porta o vena
mesenterica superiore) o arteriosi (arteria mesenterica superiore o rami del tripode celiaco).
Questi pazienti hanno un’importante probabilità di presentare margini infiltrati alla chirurgia
(R1) o di avere una una malattia micrometastatica e sono, dunque, potenzialmente candidabili
a trattamenti medici.
Negli ultimi anni il trattamento medico del carcinoma del pancreas ha subito notevoli
miglioramenti grazie all’utilizzo di regimi polichemioterapici che hanno dimostrato una
maggiore attività ed efficacia rispetto al tradizionale trattamento con gemcitabina. In
particolare, un recente studio francese di fase III che ha utilizzato un regime di combinazione
di 5-fluorouracile/acido folinico, irinotecano e oxaliplatino (FOLFIRINOX), ha dimostrato
una sopravvivenza mediana di circa 11 mesi ed un tasso di risposte obiettive superiore al
30%, in pazienti con malattia metastatica.
Pertanto, la disponibilità di regimi chemioterapici attivi ha portato a testare il loro utilizzo
anche nella malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline con l’obiettivo di
selezionare meglio i pazienti potenzialmente resecabili e di aumentare il tasso di resezioni
radicali.
Sulla base di queste premesse abbiamo deciso di effettuare uno studio di fase II in pazienti
con carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline per resecabilità al fine di
valutare l’attività della schedula FOLFOXIRI, un regime chemioterapico che prevede sempre
la combinazione di 5-fluorouracile/acido folinico, irinotecano e oxaliplatino ma in cui,
rispetto al FOLFIRINOX, il 5-Fluorouracile viene somministrato solo in infusione continua,
omettendo il bolo, e l’irinotecano ad un dosaggio lievemente ridotto. Questo regime è stato
4
selezionato in quanto già ampiamente utilizzato dal nostro gruppo nel trattamento dei tumori
del colon-retto e perché promettente in termini di tossicità rispetto al regime francese.
L’obiettivo principale dello studio è stata la valutazione delle resezioni chirurgiche radicali
dopo chemioterapia neoadiuvante con FOLFOXIRI, ipotizzando un aumento del tasso di
resezioni radicali dal 30% previsto al 50%.
Da settembre 2011 a luglio 2014, sono stati arruolati e trattati con FOLFOXIRI, 50 pazienti
affetti da carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline resectable, in buone
condizioni generali (ECOG PS 0-1) e di età inferiore o uguale a 75 anni, che rispettavano tutti
i criteri di inclusione e di esclusione dello studio.
Sono stati somministrati un totale di 367 cicli di chemioterapia (range 2-14) con una mediana
di 6 cicli per paziente. Durante il trattamento chemioterapico non sono state osservate morti
tossiche ma in 27 pazienti è stato necessario almeno un rinvio della somministrazione del
trattamento ed in 18 casi si è dovuto ridurre la dose di uno o più chemioterapici. Ventotto
pazienti hanno inoltre presentato almeno un episodio di tossicità di grado 3-4.
Al momento dell’analisi dei dati, 48 pazienti avevano ricevuto almeno una prima
rivalutazione strumentale di malattia: in 18 (37.5%) pazienti si è avuto una risposta parziale,
27 (56.25%) hanno presentato una stabilità di malattia, mentre 3 (6.25%) sono andati incontro
a progressione durante chemioterapia. Il disease control rate (DCR) legato al trattamento
chemioterapico è stato del 93.75%.
Al termine della chemioterapia 47 pazienti, esclusi quindi i 3 ancora in corso di terapia, sono
stati rivalutati da un team multidisciplinare che ha incluso chirurghi, oncologi e radioterapisti.
I 3 pazienti progrediti durante chemioterapia sono stati esclusi da trattamenti locali. Trentuno
pazienti sono stati giudicati operabili, previa esplorazione chirurgica tramite video-
laparoscopia che ha controindicato l’intervento in 4 pazienti per la presenza di metastasi
occulte, biopsie intraoperatorie positive a livello peritoneale (3 pazienti) ed epatiche (1
paziente); 25 pazienti sono stati operati, 24 in maniera radicale (R0); 2 hanno rifiutato
l’intervento. Per una paziente la valutazione multidisciplinare era ancora in corso al momento
dell’analisi dei dati.
Due pazienti sono deceduti nel post-operatorio in seguito a complicanze chirurgiche.
Ai pazienti con buon recupero post-operatorio in assenza di sequele chirurgiche importanti è
stato proprosto un trattamento “adiuvante” post-operatorio. Sedici pazienti sono stati trattati
con gemcitabina 1000 mg/mq ev somministrata ai giorni 1, 8, 15 ogni 28 giorni per 4-6 mesi.
5
Il paziente che all’esame istologico presentava margini chirurgici positivi (R1) è stato
sottoposto a chemio-radioterapia concomitate con una schedula settimanale di gemcitabina
300 mg/mq ev. Al momento di questa analisi, una paziente non era ancora stata rivalutata per
il trattamento adiuvante dopo la recente chirurgia.
Dei 15 pazienti giudicati inoperabili alla discussione multidisciplinare, 8 hanno ricevuto un
trattamento chemio-radioterapico concomitante con gemcitabina 300 mg/mq/settimanale per 5
settimane; 4 pazienti, non candidati a radioterapia, hanno iniziato follow up.
Il follow up mediano di tutti i pazienti inclusi nello studio è stato 18.2 mesi, 20.8 mesi per i
pazienti resecati e 14.4 mesi per i pazienti non operati.
La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata essere 12.1
mesi, con una percentuale di pazienti non progrediti ad un anno pari al 52.3% e a 2 anni del
6.6%. La sopravvivenza mediana globale (OS) ha raggiunto i 17.8 mesi con una percentuale
di vivi ad un anno dell’76.7%, a 2 anni del 21.8%.
Non sono state osservate differenze significative nei sottogruppi per sesso, performance
status, età, localizzazione e stadio del tumore, mentre è stata riscontrata una differenza
statisticamente significativa in termini di PFS e di OS tra i pazienti sottoposti a intervento
chirurgico rispetto a quelli che non sono stati operati.
In conclusione, il trattamento chemioterapico neoadiuvante con FOLFOXIRI ha dimostrato
risultati interessanti nella popolazione analizzata, sia in termini di attività che di efficacia,
aumentanto il DCR, il downstaging e la percentuale di pazienti sottoposti a chirurgia radicale
(R0). Naturalmente, per poter meglio valutare tale approccio terapeutico ed il conseguente
outcome dei pazienti, è essenziale eseguire un follow up più prolungato ma, soprattutto,
disegnare studi prospettici su una popolazione numericamente più vasta.
6
1. Introduzione
1.1 Tumore del pancreas: stato dell’arte
Il tumore pancreatico rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia in entrambi i sessi
negli Stati Uniti (1), la quinta in Europa (2). In Italia ogni anno si registrano circa 8000
decessi che rappresentano il 7% delle cause di morte per tumore, con una lieve e costante
tendenza all’incremento dell’incidenza negli ultimi anni, superiore per gli uomini rispetto alle
donne. Il tasso di incidenza e di mortalità tendono a sovrapporsi, solo il 7% degli uomini ed il
9% delle donne risultano vivi a 5 anni, in assenza di significative variazioni di prognosi negli
ultimi 20 anni (3). La prognosi infausta del tumore del pancreas è legata alla sua aggressività
biologica, alle difficoltà di diagnosticare la malattia in fase precoce ed alla scarsa sensibilità ai
trattamenti medici. Infatti solo il 10-20% dei pazienti presenta all’esordio una neoplasia in
stadio iniziale (stadio I) ed anche in questi casi, sebbene l’intervento chirurgico rappresenti
l’unica possibilità di cura, la sopravvivenza post-chirurgia non supera il 20% (4-5). Per questi
pazienti viene solitamente proposto un trattamento chemioterapico adiuvante a base di
gemcitabina o fluoropirimidine in associazione o meno a radioterapia sul letto operatorio, al
fine di ridurre il rischio di recidive locali ed a distanza (6). Circa il 50-60% dei pazienti
presenta, invece, una malattia già metastatica alla diagnosi (stadio IV), per cui la terapia
medica rimane l’unica alternativa in grado di prolungare la sopravvivenza che, comunque,
non supera gli 11 mesi nei regimi più attivi (FOLFIRINOX) (7).
Nel restante 30-40% dei casi, la malattia si manifesta in forma localmente avanzata (stadio II
e III), così definita per l’estensione extrapancreatica con infiltrazione, in particolare, dei vasi
venosi ed arteriosi regionali (tronco celiaco, vasi mesenterici superiori, vena porta) o per la
presenza di interessamento linfonodale. In alcuni di questi casi è possibile proporre un
intervento chirurgico che comporti anche resezioni e ricostruzioni vascolari; tuttavia è
attualmente accettato che neoplasie con infiltrazione multi-vascolare o con infiltrazione
dell’arteria mesenterica superiore o del tronco celiaco superiore a 180° della circonferenza del
vaso o con infiltrazione ed occlusione della vena porta o della vena mesenterica superiore non
siano candidabili ad approccio chirurgico (8-11). Questi pazienti potrebbero, quindi, essere
candidati ad un trattamento chemioterapico neoadiuvante a scopo citoriduttivo al fine di
7
convertire le malattie non operabili in resecabili (downstaging) e di aumentare il tasso di
risposte chirurgiche con margini operatori negativi. Inoltre, una terapia neoadiuvante
aiuterebbe a selezionare le malattie biologicamente più aggressive che progredirebbero in
corso di chemioterapia, evitando così una chirurgia complessa e ad alto rischio di morbilità e
mortalità, e “sterilizzerebbe” le possibili micrometastasi occulte, già presenti alla diagnosi, nei
tumori più chemiosensibili. Da considerare, infine, che i tessuti naive sono meglio ossigenati
rispetto ai tessuti lesionati dalla chirurgia e che i pazienti stessi tollerano meglio un
trattamento neoadiuvante rispetto alla chemioterapia adiuvante, eseguita dopo una chirurgia
che spesso viene seguita da una convalescenza lunga e sintomatica (12-13).
8
1.2 Fattori di rischio e predisposizione genetica
Il tumore del pancreas riconosce una eziologia multifattoriale, in cui diversi fattori di rischio e
genetici giocano un ruolo fondamentale:
- Il fumo di sigaretta, sia attivo che passivo, è sicuramente il fattore di rischio più
importante. I fumatori presentano un rischio di incidenza circa 2-3 volte superiore
rispetto ai non fumatori (14) ed è stata recentemente identificata una relazione dose-
risposta ed una diminuzione del rischio di sviluppare malattia in rapporto alla
cessazione del fumo (15). La somministrazione prolungata di nitroderivati presenti nel
tabacco, interagendo con il DNA può provocare alterazioni genetiche quali
l’attivazione dell’oncogene K-ras ed il conseguente sviluppo della neoplasia.
Attualmente si stima che il fumo sia causa del 20-30% delle neoplasie pancreatiche
negli uomini e del 10% nelle donne (16).
- Fattori dietetici quali l’obesità, la ridotta attività fisica, l’alto consumo di grassi saturi
e la scarsa assunzione di verdure e frutta fresca sono correlati ad un più alto rischio di
sviluppare la malattia (17-18).
- E’ presente, anche se meno marcata, l’associazione con il consumo di alcol, mentre il
rischio da consumo di caffè, proposto da alcuni studi del passato, non è ancora stato
confermato (3).
- Fattori occupazionali come l’esposizione professionale a sostanze chimiche, la beta-
naftilamina, derivati del petrolio, pesticidi, DDT, solventi e la benzidina, si associano
ad un maggior rischio di tumore del pancreas (19).
- Tra le patologie d’organo, la pancreatite cronica è considerata una condizione di
rischio che predispone allo sviluppo di malattia fino a 10 volte di più rispetto alla
popolazione generale (probabilmente per il ruolo infiammatorio cronico prolungato),
così come il diabete mellito (1.5-2 volte) (20-21) e la pregressa gastrectomia (3-5
volte) (22).
- I fattori genetici sono, insieme al fumo di sigaretta, i fattori più strettamente correlabili
con lo sviluppo di un carcinoma del pancreas. Fino al 10% dei pazienti affetti da
tumore pancreatico hanno una storia familiare, che in alcuni casi è possibile spiegare
nel contesto di sindromi note come la sindrome di Peutz Jeghers (rischio di oltre 100
volte) (23), la sindrome familiare con nevi atipici multipli e melanoma (20-30 volte)
9
(24), la mutazione germline del gene BRCA-2 (3-10 volte) (25), la pancreatite
ereditaria (10 volte) (26), la sindrome di Lynch e la syndrome da carcinoma colo-
rettale ereditario non poliposico (HNPCC).
10
1.3 Anatomia patologica e biologia molecolare
1.3.1 Istologia
Sebbene la patologia tumorale del pancreas possa originare sia dalla componente endocrina
che da quella esocrina, la maggior parte delle neoplasie originano da quest’ultima.
La classificazione dei tumori del pancreas di riferimento è quella stilata dall’Organizzazione
Mondiale della Salute (World Health Organization, WHO) (27) basata su:
- Aspetto macroscopico (solido, cistico, intraduttale);
- Linea di differenziazione cellulare (duttale, acinare, endocrina);
- Profilo immunofenotipico nei casi in cui la differenziazione fenotipica non risulti
evidente dall’aspetto istologico.
Lo schema classificativo WHO comprende numerosissime forme neoplastiche pancreatiche
dalle forme più comune a quelle più rare, in tutte le loro varianti. Da un punto di vista
pratico, il 98% delle forme tumorali può essere ridotto alle 8 voci riportate nella tabella 1.3.1.
Tab.1.3.1 Classificazione semplificata delle più frequenti neoplasie epiteliali del pancreas
L’adenocarcinoma (nelle sue varianti duttale e non, come il carcinoma adenosquamoso) è
sicuramente l’istologia più diffusa, rappresentando oltre il 90% di tutte le forme pancreatiche.
Le neoplasie cistiche del pancreas hanno uno spettro di aggressività ampio che va dalle forme
benigne (cistoadenoma sieroso e mucinoso), a quelle borderline (neoplasia mucinoso cistico e
neoplasia mucinosa intraduttale papillare, IPMN), fino alle maligne (come il carcinoma
11
mucinoso cistico, carcinoma sieroso cistico, carcinoma mucinoso papillare e carcinoma solido
pseudopapillare) in base alla loro differenziazione cellulare (da lieve atipie cellulari con
iperplasia mucinosa ad adenocarcinomi invasivi) (28-31).
Il carcinoma a cellule acinari si presenta soprattutto negli adulti intorno alla sesta decade ed è
composto da cellule epiteliali maligne in grado di produrre enzimi pancreatici. Molti pazienti
presentano sintomi aspecifici legati alla presenza di una massa pancreatica, ma un 15% circa
manifesta una sindrome caratterizzata da necrosi del grasso sottocutaneo, eosinofilia e
poliartralgie, causata dall’aumentato rilascio di lipasi in circolo (32).
Il pancreatoblastoma è una neoplasia piuttosto rara che colpisce soprattutto bambini di età
compresa tra 1 e 15 anni. Queste neoplasie hanno un aspetto istologico caratteristico con isole
squamose miste a cellule indifferenziate. A livello genetico spesso il pancreatoblastoma
presenta perdita di eterozigosi del braccio corto del cromosoma 11 (33). Si tratta di forme
altamente maligne, un terzo dei pazienti presenta metastasi alla diagnosi, la prognosi è
leggermente migliore nei bambini.
Le neoplasie solide pseudopapillari colpiscono prevalentemente giovani donne (34) e sono
costituite da aree solide miste ad aree cistiche con zone di emorragia e necrosi. In alcune aree
le cellule neoplastiche formano pseudopapille intorno a piccoli vasi sanguigni. Queste
neoplasie molto spesso causano disturbi addominali per le loro grandi dimensioni, e
guariscono con la semplice resezione chirurgica. In queste forme neoplastiche il pathway β-
catenina/APC è quasi sempre alterato.
Le neoplasie neuroendocrine pancreatiche (pNETs) sono rare forme oncologiche
caratterizzate da un vasto pattern di aggressività che va dalle forme più benigne (tumori
neuroendocrini ben differenziati, una volta classificati come carcinoidi), alle forme bordenline
(carcinomi neuroendocrini ben/moderatamente differenziati), fino alle forme maligne
(carcinomi neuroendocrini scarsamente differenziati) (22).
12
1.3.2 Grading
Nel caso di neoplasie maligne, l’esame istologico deve necessariamente riportare il grado di
differenziazione tumorale (grading), in quanto esso rappresenta un importante fattore
indipendente di prognosi. I criteri WHO riconoscono tre gradi di differenziazione (tabella
1.3.2) che considerano l’entità del differenziamento in senso tubulare, la capacità di produrre
mucina, il numero di mitosi per campo microscopico (pcm) ed il grado di atipia nucleare (35-
37).
Grado
tumorale
Differenziazione
ghiandolare
Produzione di
mucina
Mitosi
(pcm) Atipie nucleari
Grado 1 Ben differenziato Intensa 5
Lieve
polimorfismo,
riarramgiamento
polare
Grado 2
Strutture tubulari
e duttali
moderatamente
differenziate
Irregolare 6-10 Polimorfismo
moderato
Grado 3
Strutture
ghiandolari
scarsamente
differenziate
Assente >10
Polimorfismo,
marcato
aumento delle
dimensioni
nucleari
Tabella 1.3.2. Grading istologico dei carcinomi del pancreas.
13
1.3.3 Neoplasie pancreatiche intraepiteliali
I tumori pancreatici si associato spesso ad alterazioni microscopiche preneoplastiche a livello
dei dotti, chiamate “neoplasie pancreatiche intraepiteliali” (Pancreatic Intraepithelial
Neoplasias, PanIN), solitamente site vicino alla sede del carcinoma. Tali lesioni vengono
classificate in base al grado di atipia cito-architettonica come segue:
PanIN-1A: lesioni caratterizzate da epitelio colonnare con nucleo basale, privo di
evidente atipia, ed abbondante citoplasma producente mucina. I nuclei delle cellule
sono piccoli e di forma arrotondata od ovale.
PanIN-1B: lesioni simili a quelle descritte in PanIN-1A, ma caratterizzate da
un’architettura papillare, micropapillare o pseudostratificata.
PanIN-2: caratterizzate da una proliferazione epiteliale piatta o micropapillare, in cui
le lesioni sono legate a diverse anomalie nucleari, tra cui l’accrescimento del nucleo,
la pseudostratificazione nucleare e l’ipercromatismo. L’atipia citologica si mantiene di
grado moderato e le mitosi sono rare.
PanIN-3: caratterizzata da proliferazione frequentemente micropapillare (raramente
piatta), cribriforme, con necrosi intraluminale, atipia citologica di alto grado e con
frequenti mitosi.
In passato è stato descritto un modello di carcinogenesi progressiva che, partendo da displasie
cellulari, attraverso un meccanismo di accumulo di alterazioni geniche che passa dalle
neoplasie intraepiteliali, porta gradualmente a tumori invasivi (38) (Figura 1.3.3).
Figura 1.3.3. Modello di progressione del tumore pancreatico.
14
1.3.4 Genetica e biologia molecolare
All’interno delle cellule pancreatiche neoplastiche è stata riscontrata una varietà di alterazioni
che coinvolgono oncogeni, geni oncosoppressori e fattori di crescita che spiegano in parte
l’aggressività biologica di questa malattia.
Il recettore per il fattore di crescita endoteliale (Endothelial Growth Factor Receptor,
EGFR o Her-1), codificato dal proto-oncogene c-erb-B1, è un recettore tirosin-kinasico di
membrana che si attiva tramite il legame extracellulare con diversi ligandi quali l’EGF,
l’anfiregulina, l’epiregulina, il TGF-α, la betacellulina e l’HB-EGF. L’attivazione di EGFR
comporta la trascrizione di un segnale intracellulare attraverso diverse vie che coinvolgono le
cascate di RAS-RAF-MAPK, PI3K-AKT, fosfolipasi C, SRC chinasi, STAT. In questo modo
vengono inviati segnali che controllano la crescita, l’apoptosi, la proliferazione, la migrazione
cellulare e l’angiogenesi, ovvero tutti meccanismi chiave nel conferire un fenotipo maligno
alla cellula (39-41). Pur essendo una mutazione molto frequente, presente in circa il 70% dei
tumori pancreatici, il ruolo prognostico di EGFR non è ancora chiaro (42-43). Nel 2007, lo
studio di Moore e Coll. (44) ha dimostrato l’attività e l’efficacia in termini di sopravvivenza
globale di una molecola (erlotinib, Tarceva®), il cui bersaglio molecolare è EGFR. I risultati
di tale trial hanno portato all’approvazione da parte della Food and Drug Administration
(FDA) di erlotinib in associazione a gemcitabina come trattamento chemioterapico di I linea
in pazienti con diagnosi di carcinoma pancreatico avanzato/metastatico. L’Agenzia Italiana di
Farmacovigilanza (AIFA) non ha riconosciuto la rimborsabilità di erlotinib a livello italiano
per il limitato vantaggio dimostrato dalla studio (circa 10 giorni di sopravvivenza in più per i
pazienti in terapia con gemcitabina in associazione ad erlotinib versus la sola gemcitabina).
L’oncogene K-ras, localizzato sul cromosoma 12p, risulta attivato da mutazioni
puntiformi nel 80-90% dei tumori pancreatici (45). Come già anticipato, K-ras si trova a valle
della cascata di trasduzione del segnale attivato da EGFR. Le mutazioni attivanti K-ras
comportano un’attivazione sregolata della GTPasi intrinseca all’oncogene, con produzione di
una proteina costituzionalmente attivata che porta avanti il segnale di proliferazione cellulare,
angiogenesi ed inibizione dell’apoptosi. Pertanto, la presenza di mutazioni di K-ras si associa
ad una prognosi peggiore sia negli stadi iniziali che avanzati (46).
15
Il gene oncosoppressore p16 (CDKN2A) svolge un ruolo chiave nella carcinogenesi
pancreatica (47). La proteina p16 funge da checkpoint del ciclo cellulare e, legandosi a
chinasi ciclina-dipendenti, determina l’arresto del ciclo cellulare nella fase G1/S. La
possibilità che la positività di p16 all’immunoistochimica rappresenti un fattore correlato a
prognosi favorevole è pertanto coerente con la sua funzione di onco-soppressore. Il gene p16
risulta inattivato in circa il 95% dei tumori pancreatici (47-49).
Il gene oncosoppressore Tp53 e la proteina p53 da esso codificata, rappresentano
probabilmente i marcatori più estensivamente studiati quali fattori prognostici o predittivi in
pazienti affetti da tumore del pancreas. La proteina p53 regola il ciclo cellulare nella fase di
transizione G1/S e svolge un ruolo chiave nell'indurre la morte cellulare programmata in
risposta a gravi danni al DNA cellulare. Nei vari studi emerge un notevole grado di
eterogeneità riguardo all’associazione tra l’espressione di p53 e la sopravvivenza. In una
recente metanalisi di 17 studi è emerso globalmente un trend verso una peggior prognosi per i
pazienti che presentano iperpressione di p53 (42,50). L’inattivazione del gene p53, localizzato
sul braccio corto del cromosoma 17, è presente nel 50-70% dei carcinomi pancreatici (51).
Il gene SMAD4 (DPC4 o MADH4), localizzato a livello del cromosoma 18q, è
inattivato nel 55% degli adenocarcinomi pancreatici (52). SMAD4 codifica per una proteina
che gioca un ruolo importante nella trasduzione del segnale dei recettori della famiglia del
TGF-β. La normale funzione di SMAD4 è molto probabilmente quella di sopprimere la
crescita cellulare e di promuovere l’apoptosi. Come per p53, l’inattivazione di SMAD4 è un
evento tardivo nella genesi tumorale pancreatica.
Il legame tra il recettore di membrana del fattore di crescita dell’endotelio vascolare
(Vascular Endothelial Growth Factor Receptor, VEGFR) con uno dei suoi quattro ligandi
(VEGF-A, VEGF-B, VEGF-C e VEGF-D), determina l’attivazione della sua tirosino chinasi
con l’avvio di diverse cascate di segnale. In particolare VEGF-A (solitamente chiamato
semplicemente VEGF) media le proprietà pro-angiogeniche chiave del recettore stimolando la
proliferazione e migrazione di cellule endoteliali e aumentando la permeabilità vascolare (53-
54); VEGF-C e VEGF-D sarebbero invece implicati nel processo di linfangiogenesi (55),
mentre la funzione di VEGF-B non è ancora completamente chiara (56). Il ruolo della
16
angiogenesi nella progressione di malattia nel tumore del pancreas e la potenziale efficacia di
un trattamento antiangiogenico in questo setting di pazienti non è del tutto chiaro (57-58). I
tumori pancreatici non sono neoplasie con una abbondante vascolarizzazione; sono piuttosto
caratterizzati da una reazione densa stromale che è poi alla base dell’aggressività locale della
neoplasia (59). Nonostante ciò, presentano una forte iperespressione di molecole
angiogeniche e, come emerso da un recente report, livelli circolanti di alcune citochine
angiogeniche (VEGF, PDGF-AA, Ang-1 e EGF) correlano con la prognosi dei pazienti dopo
la resezione chirurgica (60), così come l’iperespressione immunoistochimica di VEGF è
indicativa di prognosi sfavorevole in pazienti con tumore del pancreas resecato (42).
17
1.4 Stadiazione e criteri di resecabilità
Come in altri tumori solidi, la stadiazione utilizza il sistema TNM con la suddivisione
riportata in Tabella 1.4 (22, 61).
Stadiazione del carcinoma pancreatico
Tumore primitivo (T)
Tx Il tumore primitivo non può essere definito
T0 Il tumore primitivo non è evidenziabile
Tis Carcinoma in situ, incluso PanIN-III
T1 Tumore limitato al pancreas, con dimensione massima < 2 cm
T2 Tumore limitato al pancreas, con dimensione massima > 2 cm
T3 Tumore che si estende oltre il pancreas senza invasione del tripode
celiaco e dell’arteria mesenterica superiore
T4 Tumore che interessa il tripode celiaco o l’arteria mesenterica
superiore
Linfonodi regionali (N)*
Nx I linfonodi regionali non possono essere definiti
N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1 Metastasi ai linfonodi regionali
Metastasi a distanza (M)
Mx La presenza di metastasi a distanza non è definibile
M0 Nessuna metastasi a distanza
M1 Presenza di metastasi a distanza
Raggruppamento in stadi
Stadio 0 Tis N0 M0
Stadio IA
Stadio IB
T1 N0 M0
T2 N0 M0
Stadio IIA
Stadio IIB
T3 N0 M0
T1-T3 N1 M0
Stadio III T4 ogni N M0
Stadio IV Ogni T ogni N M1
18
* Per una corretta stadiazione patologica e per definire la categoria pN0, devono essere individuati almeno 10 linfonodi
regionali. I linfonodi regionali peripancreatici comprendono anche quelli dell’arteria epatica, del tripode celiaco, i linfonodi
pilorici e gli splenici.
Tabella 1.4 Classificazione TNM e suddivisione in stadi secondo l'AJCC (VI edizione).
Il sistema di stadiazione presenta limiti applicativi nella pratica clinica, legati alla diagnostica
radiologica. La prognosi e la sopravvivenza sono, infatti, strettamente correlati al fatto che il
tumore sia:
- Radicalmente resecabile;
- Localmente avanzato non resecabile;
- Metastatico.
Per la definizione di tali caratteristiche sono necessari accurati esami radiologici al fine di
valutare i rapporti con i grossi vasi (tripode celiaco ed arteria mesenterica superiore) sui quali
ci si deve basare per esprimere un giudizio di resecabilità o meno della neoplasia. Pertanto, si
fa riferimento ai criteri stabiliti dall’ American Joint Commitee on Cancer (AJCC, VI
edizione) che suddivide i tumori in tre stadi:
- Stadio I: comprende le forme resecabili che non presentano coinvolgimento del tronco
celiaco o dell’arteria mesenterica superiore e non hanno metastasi a distanza (T1-2 e
gruppi selezionati T3, Nx, M0);
- Stadio II: comprende le forme localmente avanzate con interessamento dei vasi del
tripode celiaco o dell’arteria mesenterica superiore (T4) o con occlusione venosa (vena
mesenterica superiore e vena porta) o con coinvolgimento linfonodale, ma senza
metastasi a distanza (T3, N0-1, M0);
- Stadio III: forme con metastasi a distanza (ogni T, ogni N, M1).
Da un punto di vista chirurgico, le linee guida del National Comprehensive Cancer Network
(NCCN) (62) identificano tre differenti situazioni: si parla di malattia resecabile in caso di un
tumore T3 per coinvolgimento segmentale della vena porta (PV) e della vena mesenterica
superiore (SMV), in presenza o meno di metastasi a livello dei linfonodi regionali. Viene
definita invece malattia a resecabilità borderline quella caratterizzata da infiltrazione non
segmentale o trombosi della PV o della SMV, da infiltrazione di un breve tratto di arteria
epatica comune con risparmio del tronco celiaco o da coinvolgimento arterioso (tripode
celiaco e arteria mesenterica superiore) o arterovenoso per un tratto di circonferenza <180°
con possibilità di resezione tangenziale o resezione a pieno canale e ricostruzione del vaso. In
19
caso di infiltrazione arteriosa (tripode o AMS) o artero-venosa per un tratto di circonferenza
>180°, di coinvolgimento dell’aorta, oppure in caso di impossibilità di ricostruire la continuità
vascolare, si parla di malattia non resecabile.
Dal momento che l’asportazione radicale del tumore (resezione R0) è uno dei fattori
prognostici più importanti dopo resezione chirurgica, le neoplasie a resecabilità borderline
rappresentano condizioni a più alto rischio di resezioni incomplete con margini
microscopicamente (R1) e macroscopicamente (R2) positivi (63). Nei pazienti con tumore a
resecabilità bordenline è, pertanto, raccomandabile una strategia terapeutica con trattamento
neoadiuvante seguito da ristadiazione ed eventuale resezione chirurgica.
20
1.5 Trattamento neoadiuvante
Come già accennato, l’unica opzione curativa per il tumore del pancreas è l’intervento
chirurgico radicale (R0). Purtroppo solo il 10-20% dei pazienti presenta una malattia
resecabile d’emblèe; il 50-60% dei casi, infatti, ha una malattia già metastatica alla diagnosi
mentre approssimativamente il 30-40% dei tumori rientra tra le forme localmente avanzate.
Dopo attenta stadiazione di malattia, eseguita da un team multidisciplinare specializzato in
questo setting di neoplasie, un trattamento chemioterapico preoperatorio potrebbe essere una
valida opzione poichè permetterebbe di:
- Trattare tessuti ben ossigenati, in quanto non ancora lesionati dalla chirurgia,
ottenendo quindi un miglior effetto della terapia;
- Avere una miglior compliance al trattamento da parte dei pazienti che porterebbero
maggiormente e più facilmente a termine il trattamento neoadiuvante rispetto a quello
adiuvante, spesso gravato dalle complicanze post operatorie;
- Trattare precocemente le eventuali micrometastasi presenti ma non evidenti agli esami
radiologici;
- Ottenere una regressione della malattia facilitando di conseguenza l’ottenimento di
una resezione chirurgica radicale;
- Selezionare i pazienti per l’intervento chirurgico escludendo quei pazienti con
neoplasia ad elevata aggressività biologica che presenterebbero progressione di
malattia durante la chemioterapia, evitando loro la morbilità di un intervento
complesso da cui non avrebbero beneficio.
Di contro, pazienti potenzialmente operabili potrebbero progredire durante il trattamento
neoadiuvante diventando così inoperabili ed eliminando l’unica chance potenzialmente
curativa (qualora non vi fossero state micrometastasi occulte); inoltre vi è il rischio di trattare
con eccessiva aggressività una malattia in stadio iniziale. Da considerare, ancora, che molto
spesso i tumori del pancreas esordiscono con ittero a ciel sereno, per cui frequentemente vi è
la necessità di posizionare drenaggi e stent biliari che hanno un altro rischio di infezione od
occlusione durante i trattamenti chemio-radioterapici. Infine, nel caso i pazienti fossero
sottoposti anche a radioterapia neoadiuvante, da non tralasciare che i tessuti pretrattati sono
più difficili da maneggiare chirurgicamente per gli esiti attinici (12, 64-65).
21
1.5.1 Terapia neoadiuvante nella malattia resecabile
Attualmente lo standard terapeutico per il tumore del pancreas resecabile è rappresentato dalla
chirurgia seguita da una trattamento adiuvante. Lo studio CONKO-001 (66), condotto su 368
pazienti, ha dimostrato che la gemcitabina è in grado di incrementare la sopravvivenza libera
da malattia (13.4 versus 6.9 mesi, p<0.001) e la sopravvivenza mediana a 3 (36.5% versus
19.5%) e a 5 anni (21% versus 9%) nei pazienti che ricevono il trattamento adiuvante per 6
mesi dopo resezione chirurgica R0 o R1 rispetto ai pazienti sottoposti alla solo chirurgia (67).
In alternativa alla gemcitabina, è possibile utilizzare il 5-fluorouracile in associazione ad
acido folinico. Dallo studio ESPAC-3 (68) è, infatti, emersa la non inferiorità in termini di
sopravvivenza globale (23.0 versus 23.6 mesi, p=0.39), progressione libera da malattia (14.1
verso 14.3 mesi, p=0.44) e qualità di vita tra i due bracci di trattamento confrontati
(rispettivamente 551 pazienti trattati con 5-fluorouracile più acido folinico e 537 pazienti
sottoposti a terapia con gemcitabina, in adiuvante dopo resezione chirurgica R0 o R1). La
chemioterapia con 5-fluorouracile più acido folinico risultava gravata da maggior tossicità di
tipo gastroenterico di grado 3-4, in particolare stomatite e diarrea, rispetto alla gemcitabina
responsabile, invece, di piastrinopenie di grado 3-4.
In adiuvante è stato valutato anche il ruolo della chemio-radioterapia sequenziale o
concomitante. Nel 2004 Neoptolemos e Coll. hanno randomizzato 285 pazienti radicalmente
operati a ricevere un trattamento chemio-radioterapico concomitante con 5-fluorouracile (73
pazienti), oppure la sola chemioterapia con 5-fluorouracile (75 pazienti), oppure chemio-
radioterapia concomitante con 5-fluorouracile seguita da chemioterapia con 5-fluorouracile
(72 pazienti), oppure sola osservazione (69 pazienti) (69). Dopo un follow up di 47 mesi, lo
studio ha dimostrato una sopravvivenza globale di 14, 22, 20 e 17 mesi rispettivamente per
ciascun braccio, confermando l’importanza della chemioterapia adiuvante ed evidenziando un
ruolo detrimentale della chemio-radioterapia concomitante.
Più recentemente, il Radiation Therapy Oncology Group, ha condotto uno studio su 451
pazienti radicalmente operati sottoposti a trattamento con 5-fluorouracile o gemcitabina per 3
settimane, seguito da chemio-radioterapia concomitante con 5-fluorouracile, seguito dalla
ripresa di terapia con 5-fluorouracile o gemcitabina per ulteriori 12 settimane (70). Lo studio
ha dimostrato una sopravvivenza mediana statisticamente analoga per i due bracci di
trattamento (20.5 vs 16.9 mesi rispettivamente per il braccio gembitabina e per quello 5-
22
fluorouracile, p=0.9), con una tossicità ematologica (escluse le neutropenie febbrile) peggiore
per i pazienti trattati con gemcitabina.
I risultati riportati nei precedenti studi sono in linea con quanto emerso dalla metanalisi di
Stocken e Coll. (71) che ha evidenziato un vantaggio in termini di sopravvivenza a favore del
trattamento chemioterapico adiuvante (19.0 mesi per i pazienti trattati con chemioterapia
versus 13.5 per i pazienti in osservazione dopo chirurgia, p=0.001) rispetto alla chemio-
radioterapia concomitante (15.8 per i pazienti sottoposti a chemio-radioterapia versus 15.2 per
i pazienti in follow up dopo sola chirurgia, p=0.43) che sembrerebbe, quindi, non influire
sull’outcome di questi pazienti.
Nella pratica clinica, quando eseguita (soprattutto nei pazienti con margini positivi), la
radioterapia prevede la somministrazione di 45-46 Gy (1.8-2.0 Gy al die) a livello del letto
tumorale, delle anastomosi chirurgiche e delle adiacenti stazioni linfonodali regionali, con una
dose aggiuntiva di 5-15 Gy sul letto tumorale. La radioterapia è usualmente associata a
chemioterapia radiosensibilizzante con 5-fluorouracile/capecitabina o gemcitabina e può
essere somministrata prima o dopo la chemioterapia sistemica adiuvante (72-73).
Purtroppo, più del 20% dei pazienti operati non può ricevere una terapia adiuvante per le
sequele legate all’intervento chirurgico e alle comorbidità correlate (72-75); in questo
contesto si colloca, dunque, un trattamento neoadiuvate.
I primi studi di terapia neoadiuvante nella malattia resecabile risalgono agli anni Novanta;
nella maggior parte dei casi, si tratta di trials di fase II con piccole casistiche di pazienti
trattati con chemio-radioterapia concomitante.
Nel 1992 Evans e Coll. hanno pubblicato i dati di uno studio (76) condotto presso il MD
Anderson Cancer Center (MDACC) su 28 pazienti con tumore pancreatico giudicato
resecabile alla TC, che hanno ricevuto una chemioterapia con 5-fluorouracile (300
mg/mq/die) combinata a radioterapia a fasci esterni alla dose di 50.4 Gy in 28 frazioni fino a
5.5 settimane. Alla ristadiazione TC post chemio-radioterapia il 25% dei pazienti mostrava
una progressione di malattia, il 15% dei pazienti presentava metastasi all’esplorazione
intraoperatoria, 17 (61%) pazienti erano stati radicalmente opererati. La sopravvivenza
mediana per i pazienti resecati era di 18 mesi, analoga a quella riportata negli studi di
adiuvante. Purtroppo le tossicità gastroenteriche legate al trattamento concomitante hanno
comportato l’ospedalizzazione di 9 (32%) pazienti.
23
Risultati analoghi sono emersi da uno studio condotto presso lo stesso centro su una casistica
di 39 pazienti sottoposti a chemioterapia con 5-fluorouracile in associazione a radioterapia
alla dose standard di 50.4 Gy od ipofrazionata con un regime di 30 Gy in 10 frazioni, dove la
sopravvivenza mediana per i 33 (85%) pazienti operati è stata di 19 mesi (77). A seguito di
questi studi, Spitz e Coll. hanno confrontato una chemio-radioterapia a base di 5-fluorouracile
neoadiuvante versus adiuvante in 142 pazienti con adenocarcinoma pancreatico
potenzialmente resecabile (91 pazienti sottoposti a terapia neoadiuvante, 25 ad adiuvante post
chirurgia) (78). Dei 91 pazienti trattati in neoadiuvante, 52 (57%) sono stati resecati senza
nessun ritardo correlato alle tossicità iatrogene, mentre dei 25 pazienti operati in prima
battuta, 6 (24%) non hanno ricevuto la chemio-radioterapia adiuvante per le comorbilità
chirurgiche. Nessun paziente del braccio neoadiuvante ha sviluppato recidive locali rispetto al
21% dei pazienti trattati in adiuvante. Nonostante ciò, il tasso totale di ricorrenze è stato
simile per entrambi i bracci confrontati e non è stata osservata nessuna risposta patologica
completa.
Un quarto studio del MDACC ha valutato, infine, la fattibilità e l’efficacia di una schedula di
chemioterapia sempre a base di 5-fluorouracile in associazione a radioterapia alla dose di 30
Gy erogati in 10 frazioni nello stesso setting di 35 pazienti (79). Di questi, 27 (77%) pazienti
sono andati all’intervento chirurgico ma solo 20 (57%) hanno completato la resezione. I
pazienti resecati potevano, inoltre, ricevere un’ulteriore radioterapia intraoperatoria (IORT)
con 10 Gy su margini negativi o 15 Gy su margini positivi all’esame istologico estemporaneo.
La sopravvivenza mediana dei pazienti operati è stata di 25 mesi (7 mesi per i pazienti non
resecati) e solo 2 (10%) dei 20 pazienti resecati hanno sviluppato recidiva locale.
L’utilizzo del paclitaxel concomitante alla radioterapia non ha dimostrato alcun vantaggio
rispetto al 5-fluorouracile né in termini di resezioni compete (54%) né di sopravvivenza
mediana (19 mesi), inoltre, una maggior incidenza di tossicità (46% di incidenza di tossicità
di grado 3-4) ne ha precluso ulteriori applicazioni (80).
Nel corso degli anni sono state indagate anche schedule di chemio-radioterapia con 5-
fluorouracile in associazione ad altri chemioterapici come la mitomicina C (81-82) ed il
cisplatino (83-84) ma con l’approvazione della gemcitabina per i tumori pancreatici
localmente avanzati inoperabili/metastatici (85) ed in virtù del suo potente ruolo
radiosensibilizzante (86), l’interesse scientifico si è focalizzato sugli schemi di chemio-
radioterapia a base di gemcitabina.
24
Il primo studio di Wolff e Coll. (87-88) ha esaminato 86 pazienti trattati con gemcitabina (400
mg/mq/settimanalmente) in concomitanza a radioterapia (30 Gy totali in 10 frazioni). Tutti i
pazienti hanno ricevuto la dose di radioterapia prevista, omettendo o riducendo la gemcitabina
in 47 casi per le tossicità iatrogene o per le morbidità correlate agli stent biliari. Lo studio ha
evidenziato il maggior tasso di resezioni ottenute fino ad allora: 61 (71%) pazienti sono stati
sottoposti a chirurgia radicale, con una sopravvivenza globale di 34 mesi (rispetto a 7.1 mesi
dei pazienti non resecati), nettamente superiore rispetto ai 19 mesi ottenuti dai precedenti
trials. L’analisi istologica dei pezzi operatori ha evidenziato 2 risposte patologiche complete e
più del 50% di cellule tumorali non vitali nel tessuto asportato in 36 (59%) campioni.
Più recentemente, un’ulteriore schedula di chemio-radioterapia a base di gemcitabina (3 cicli
di gemcitabina full-dose 1000 mg/mq con radioterapia durante il secondo ciclo, 36 Gy in
frazioni quotidiane di 2.4 Gy) è stata utilizzata all’interno di uno studio multi-istituzionale
(89) che ha coinvolto 20 pazienti (14 con tumore del pancreas resecabile e 6 con malattia
bordenline resecabile). Tutti i pazienti sono stati esplorati chirurgicamente e 17 (85%) operati
radicalmente, rappresentando nuovamente il più alto tasso di resecabilità ottenuto. Dal punto
di vista anatomopatologico, è stata ottenuta una risposta patologica completa ed il 24% dei
campioni analizzati mostrava più del 90% di cellule tumorali non vitali; inoltre, l’incidenza di
margini positivi è stata solo del 6%. La sopravvivenza mediana raggiungeva i 26 mesi.
Nel 2008 è stato pubblicato un trial (90) di sola chemioterapia neoadiuvante con gemcitabina
e cisplatino (4 cicli di chemioterapia bisettimanale con gemcitabina 1000 mg/mq e cisplatino
50 mg/mq) su 28 pazienti con adenocarcinoma della testa del pancreas potenzialmente
resecabile. La schedula si è dimostrata fattibile, con poche tossicità di grado 3 (nessuna di
grado 4), un basso tasso di morbidità post operatoria per i 26 (93%) pazienti operati, un 80%
di margini chirurgici indenni da malattia ed una sopravvivenza mediana di 26.5 mesi (verso 9
mesi per i pazienti non operati).
Nell’insieme, tutti questi studi hanno stabilito la fattibilità e l’attività di un trattamento
chemio/chemio-radioterapico neoadiuvante. Purtroppo, l’esiguità del numero di pazienti
analizzati, la diversità degli schemi terapeutici adoperati, la varietà di metodi di stadiazione
utilizzati ed i criteri di resecabilità non ben definiti, rappresentano dei bias che inficiano i
risultati ottenuti. La metanalisi condotta da Gillen e Coll. (12, 91) ci fornisce il dato di non
inferiorità di un trattamento neoadiuvante seguito da chirurgia rispetto alla chirurgia seguita
25
da chemioterapia adiuvate nei pazienti con tumore del pancreas resecabile, con una
sopravvivenza mediana di 23.3 mesi versus 20.1-23.6 mesi rispettivamente. Globalmente,
circa il 73.6% dei pazienti giudicati resecabili è stato operato dopo la neoadiuvante,
percentuale simile a quella dei pazienti esplorati chirurgicamente e poi operati in assenza di
neoadiuvante.
Pertanto, ad oggi, un approccio neoadiuvante non è raccomandato nella maggior parte dei
pazienti che presentino una neoplasia resecabile, ma può essere preso in considerazione in
pazienti selezionati con fattori prognostici negativi. Inoltre, non è mai stato indagato
prospettivamente il ruolo che il trattamento neoadiuvante può avere nei tumori resecabili in
aggiunta allo standard terapeutico, ad oggi rappresentato dalla chirurgia seguita da
chemioterapia adiuvante con gemcitabina.
Attualmente sono in corso i seguenti studi:
- Studio di fase III di confronto tra chemioterapia neoadiuvante con gemcitabina ed
oxaliplatino (gemcitabina 1000 mg/mq ed oxaliplatino 100 mg/mq bisettimanalmente per 4
cicli) seguita da chirurgia e chemioterapia adiuvante con gemcitabina (gemcitabina 1000
mg/mq somministrata nei giorni 1, 8, 15 ogni 28 giorni per 6 cicli totali) versus il braccio di
controllo rappresentato da chirurgia e gemcitabina adiuvante, con obiettivo primario la
sopravvivenza libera da progressione (92).
- Studio di fase II di chemio-radioterapia neoadiuvante a base di cisplatino e gemcitabina
(cisplatino 30 mg/mq e gemcitabina 300 mg/mq somministrate nei giorni 1,8, 22 e 29,
somministrati in concomitanza a radioterapia per un totale di 55.8 Gy sul tumore pancreatico
e 50.4 Gy sulle stazioni linfonodali) seguito da chirurgia versus chirurgia in prima battuta,
entrambi i bracci seguiti da chemioterapia adiuvante con gemcitabina, allo scopo di valutare
prospetticamente l’effetto e l’attività di tale schedula in termini di sopravvivenza globale (93).
26
1.5.2 Terapia neoadiuvante nella malattia a resecabilità bordenline
Definita per la prima volta da Vardhachary e Coll. nel 2006, la classificazione di tumore
pancreatico a resecabilità bordenline, caratterizzata dall’infiltrazione non segmentale o dalla
trombosi della PV o della SMV, dalla infiltrazione di un breve tratto dell’arteria epatica
comune con risparmio del tronco celiaco o dal coinvolgimento arterioso (tripode celiaco e
arteria mesenterica superiore) o arterovenoso per un tratto di circonferenza <180° con
possibilità di resezione tangenziale o resezione a pieno canale e ricostruzione del vaso, è stata
successivamente adottata dalle linee guida NCCN (94-95). In aggiunta a tale classificazione
radiologica, Katz e Coll. (63) hanno integrato fattori clinici, dividendo i pazienti in tre
sottogruppi:
Gruppo A: tumori infiltranti per un breve tratto di VMS o coinvolgenti le arterie
viscerali.
Gruppo B: pazienti con caratteristiche suggestive per la presenza di metastasi.
Gruppo C: pazienti caratterizzati da importanti comorbilità e scarso performance
status.
La suddivisione in questi sottogruppi, permetteva di definire la tempistica del trattamento
neoadiuvante: circa 16 settimane nel gruppo A, 15 settimane nel gruppo B, 4 settimane nel
gruppo C. Gli Autori riportavano, inoltre, che dei 160 pazienti selezionati il 78% completava
il trattamento chemio-radioterapico neoadiuvante e, dopo ristadiazione, il 41% veniva
sottoposto a pancreasectomia. In seguito questa classificazione è stata abbandonata a favore
del solo criterio radiologico NCCN per la definizione dei tumori a resecabilià bordenline.
Purtroppo, prima della standardizzazione di tale definizione la maggior parte degli studi di
neoadiuvante, includeva sia tumori a resecabilità bordenline che malattie localmente avanzate
non operabili, bias non trascurabile nell’interpretazione dei risultati dei trials.
Una review di cinque studi prospettici di chemioradioterpia neoadiuvante in 139 pazienti con
tumore pancreatico a resecabilità bordenline (in tre studi) o bordenline/non resecabile (due
studi) riporta un tasso di interventi chirurgici dopo il trattamento del 33-64% (96-100), con
una percentuale di resezioni complete R0 alta in tutti e cinque gli studi (87-100%).
Il beneficio di un trattamento neoadiuvante è stato analizzato retrospettivamente anche dal
MDACC (63), che tra il 1999 e il 2006 ha sottoposto 160 pazienti con tumore bordenline
resecabile a 2-4 mesi di chemio-radioterapia neoadiuvante con 5-fluorouracile, gemcitabina,
capecitabina o paclitaxel. Dei 125 (78%) pazienti ristadiati al termine del trattamento, 79
27
(63%) sono andati all’esplorazione chirurgica e 66 (53%) hanno ricevuto una
pancreaticoduodenectomia. La sopravvivenza mediana dei 66 pazienti operati era di 40 mesi
rispetto ai 13 mesi dei pazienti non operati. Interessante il dato umorale: i pazienti con una
riduzione maggiore dei valori di CA 19.9 durante il trattamento neoadiuvante hanno avuto
una migliore sopravvivenza.
Più recentemente, uno studio randomizzato di fase II (101) ha messo a confronto due diversi
regimi terapeutici neoadiuvanti: chemio-radioterapia concomitante con gemcitabina versus
chemioterapia con gemcitabina, cisplatino e 5FU seguita da radioterapia sequenziale associata
all’infusione di 5-fluorouracile. Sebbene lo studio sia stato chiuso prematuramente per scarso
accrual, gli autori riportano un tasso di resezione del 24% (5 pazienti, 3 del primo e 2 del
secondo braccio, su 21 pazienti arruolati).
Un’esperienza analoga è stata condotta presso l’Università di Cincinnati, dove sono stati
selezionati retrospettivamente 26 pazienti con un tumore pancreatico a resecabilità bordenline,
sottoposti a terapia neoadiuvante (nel 58% dei casi il trattamento era di sola chemioterapia a
base di gemcitabina) (102). Dei pazienti che hanno terminato la schedula neoadiuvante, il
46% è stato sottoposto a chirurgia, con un 67% di resezioni complete ed una sopravvivenza
mediana di 23.3 mesi (rispetto i 15.5 mesi dei pazienti non operati).
Nel 2011, Stokes e Coll. hanno retrospettivamente valutato i dati di 40 pazienti con analoghe
caratteristiche sottoposti a trattamento chemio-radioterapico neoadiuvante con capecitabina
(99). Trentaquattro (85%) pazienti hanno completato la schedula neoadiuvante e 16 (46%)
sono stati operati dopo ristadiazione, 12 (75%) dei quali hanno ricevuto una chirurgia radicale
R0. Gli autori concludono, inoltre, che la sopravvivenza dei pazienti con malattia a
resecabilità bordenline sottoposti a chirurgia dopo terapia neoadiuvante raggiuge i valori
analoghi a quella dei pazienti con tumore resecabile alla diagnosi e operati d'emblée.
Nello stesso periodo, è stata condotta una review e metanalisi (103) con lo scopo di stimare il
beneficio della chirurgia e caratterizzare le complicanze associate all’uso della chemio-
radioterapia neoadiuvante nel trattamento dei tumori pancreatici sia resecabili che
inizialmente non resecabili. Analizzando i dati di 99 studi, per un totale di 2148 pazienti, gli
Autori hanno evidenziato una sopravvivenza analoga tra pazienti con malattia resecabile
rispetto a quelli trattati in neoadiuvante e poi resecati, anche se solo il 40 % di questi ultimi
andava incontro a chirurgia dopo ristadiazione. Inoltre, il trattamento chemio-radioterapico si
associava ad un maggior numero di resezioni radicali R0 e non era gravato da un aumento
28
statisticamente significativo del tasso di complicanze post-operatorie, inclusa la formazione di
fistole, mentre vi era un aumento di mortalità post-operatoria.
Recentemente, sulla scia dei risultati dello studio francese di Conroy (7) che ha dimostrato
l’attività del regime FOLFIRINOX rispetto alla sola gemcitabina sia in termini di
sopravvivenza globale (11.1 versus 6.8 mesi) che di risposte obiettive (31.6% versus 9.4%), lo
stesso FOLFIRINOX (oxaliplatino 85 mg/mq, leucovorin 400 mg/mq, irinotecan 180 mg/mq,
5-fluorouracil 400 mg/mq in bolo, seguito da 5-fluorouracie 2400 mg/mq in infusione
continua in 46 h, con cicli bisettimanali) è stato applicato come trattamento chemioterapico
neoadiuvante seguito da chemio-radioterapia (dose totale 50.4 Gy) a base di gemcitabina
(300-400 mg/mq settimanalmente per 6 settimane durante la radioterapia) o capecitabina (825
mg/mq per os due volte al giorno durante i giorni di radioterapia) su 18 pazienti con tumore
pancreatico a resecabilità bordenline (143). Tutti i pazienti hanno terminato la schedula
prevista; le tossicità di grado 3-4 durante la chemioterapia hanno coinvolto prevalentemente il
tratto gastroenterico (28% nausea/vomito) ed il midollo osseo (11% neutropenia). Alla
ristadiazione al termine del trattamento, 3 pazienti erano progrediti localmente mentre 15
(83%) sono stati esplorati chirurgicamente, di questi 12 (80%) hanno ricevuto una resezione
tumorale. La chirurgia non è stata gravata né da morti post-operatorie né da fistole
pancreatiche, ma solo un paziente fra quelli operati è riuscito a completare anche la terapia
adiuvante. Dal punto di vista anatomo-patologico, non vi è stata nessuna risposta patologica
completa ma tutti i 12 pazienti presentavano più del 50% di necrosi tumorale (quindi una
risposta parziale) e margini R0, inoltre, solo 2 pazienti sono risultati N+ (il numero medio di
linfonodi asportati era 27, range 15-39). Al momento della pubblicazione dei risultati dello
studio, tutti i 6 pazienti non operati erano deceduti (la sopravvivenza mediana dalla data della
diagnosi era di 12.5 mesi, range 6.9-17.5 mesi), 7 (58.3%) dei 12 pazienti operati erano
ancora in vita, inclusi 5 con assenza di recidiva e 2 progrediti (dopo 23 e 29 mesi dalla
diagnosi), mentre i restanti 5 erano deceduti (4 dei quali deceduti per progressione di malattia
con una mediana di 14.7 mesi dalla diagnosi). Ad oggi, sono in corso le analisi dei dati di
ulteriori 12 pazienti trattati con analoga schedula.
Concludendo, un trattamento neoadiuvante in questo setting di pazienti si è dimostrato
fattibile, in assenza di tossicità di grado 3-4, comorbidità e mortalità rilevanti. Il vantaggio più
significativo è sicuramente il poter convertire una malattia da parzialmente a totalmente
29
operabile, aumentano il tasso di margini chirurgici indenni da neoplasia ed incrementando,
quindi, la sopravvivenza di tali pazienti. Al fine di ridurre ulteriormente il tasso di recidive sia
locali che a distanza, che rimangono purtroppo molto frequenti, potrebbe essere utile proporre
ai pazienti operati dopo una chemio/chemio-radioterapia di induzione anche un trattamento
adiuvante, come già prospettato da Heinemann e Coll. (104) (Figura 1.5.2).
Figura 1.5.2 Schema riassuntivo delle opzioni terapeutiche nei pazienti con malattia localmente avanzata
Attualmente è in corso uno studio di fase II (105) che valuterà l’attività e l’efficacia di una
chemioterapia neoadiuvante con una schedula modificata di FOLFIRINOX (che non prevede
il bolo di 5-fluorouracile), seguita da chemio-radioterapia concomitante con gemcitabina o
capecitabina, seguita da chirurgia. I pazienti resecati verranno poi sottoposti a chemioterapia
adiuvante con gemcitabina.
30
1.5.3 Terapia neoadiuvante nella malattia localmente avanzata
La chemio/chemio-radioterapia è il trattamento di scelta nei pazienti con malattia localmente
avanzata non operabile, con obiettivo primario il controllo locale della malattia e la
prevenzione dello sviluppo di metastasi a distanza. La sopravvivenza mediana con l’uso della
sola chemioterapia a base di gemcitabina è di circa 9-12 mesi (106-109).
. L’uso di combinazioni a base di gemcitabina si associa ad un maggior numero di risposte
(27%) rispetto all’utilizzo della sola gemcitabina (15%). Inoltre, a parità di schema
terapeutico somministrato, gli Autori hanno osservato un tasso di risposte superiore nei
pazienti con malattia localmente avanzata rispetto ai pazienti con malattia metastatica; dato in
accordo con i risultati della meta-analisi condotta da Gillen e Coll. (12-13) che riportano una
maggior percentuale di resezioni nei pazienti sottoposti a terapia neoadiuvante con più
farmaci rispetto ad una monoterapia (33% versus 27%).
Per quanto riguarda, invece, il ruolo della chemioradioterapia, un trial del GITSG (110) ha
confrontato la combinazione di 5fluorouracile-radioterapia split-course (dose totale 40 Gy)
versus 5-fluorouracile-radioterapia (dose totale 60 Gy) versus sola radioterapia.
L’associazione chemio-radioterapia split-course ha ottenuto un raddoppio della sopravvivenza
mediana rispetto alla sola radioterapia (42,2 versus 22,9 mesi). Studi successivi hanno
valutato l’utilizzo del 5FU e della gemcitabina come radiosensibilizzanti, abbandonando
progressivamente l’uso della radioterapia split-course; inoltre, confrontando i due
chemioterapici, la gemcitabina è risultata superiore rispetto al 5-fluorouracile quando
utilizzata come radiosensibilizzante (111-115), dato confermato anche da una recente
metanalisi (116) comprendente tre studi randomizzati ed uno studio comparativo
retrospettivo. Nella metanalisi di Gillen e Coll. (12-13) sono stati valutati 111 trials per un
totale di 4394 pazienti con tumore pancreatico sottoposti a chemioterapia o radioterapia
neoadiuvante rispettivamente nel 96% e 94% degli studi. Il tasso di risposta globale riportato
per i pazienti con malattia non resecabile era del 35%, con un 42% di stabilità di malattia ed
un controllo di malattia nel 77% dei casi. Tra i pazienti inizialmente giudicati inoperabili, un
47% è riuscito ad andare all’esplorazione chirurgica ed un 33% è stato sottoposto a chirurgica,
il 79% dei quali ha avuto una resezione R0. La sopravvivenza mediana per i pazienti resecati
arrivava a 20.5 mesi rispetto ai 10.2 dei pazienti non operati. La metanalisi ci conferma, per
tanto, l’attività di un trattamento neoadiuvante, prevalentemente con schedule di chemio-
31
radioterapia, in termini di risposte in grado di convertire circa un terzo dei tumori giudicati
localmente avanzati in malattie operabili, dato confermato anche da successivi metanalisi e
reviews (117-118).
Considerato che generalmente un trattamento chemio-radioterapico neoadiuvante è gravato da
maggior tossicità rispetto alla sola chemioterapia, nei pazienti con scarso PS è possibile
considerare solo l’opzione chemioterapica. Di fatto, Huguet e Coll. (119) non hanno trovato
sostanziali differenze in termini di sopravvivenza globale nelle due strategie, fatta eccezione,
appunto, per una maggiore tossicità per la chemio-radioterapia concomitante. Inoltre, i due
trials che hanno confrontato chemio-radioterapia upfront seguita da gemcitabina versus
gemcitabina sono risultati inconcludenti. Il primo, lo studio di fase III FFCD-SFRO (120),
randomizzava pazienti affetti da malattia localmente avanzata non resecabile a ricevere
gemcitabina da sola versus chemio-radioterapia con 5-fluorouracile e cisplatino seguito da
mantenimento con gemcitabina. Lo studio, interrotto all’interim analysis dopo aver arruolato
119 pazienti, ha dimostrato la superiorità della sola gemcitabina rispetto alla terapia
combinata (13mesi versus 8.6 mesi). Il dato detrimentale della chemio-radioterapia è
ascrivibile alla tossicità estrema evidenziata nel braccio di combinazione sia per la dose
elevata di radioterapia (60 Gy), non standard e chiaramente superiore alla tolleranza degli
organi peripancreatici, sia per la conseguente riduzione della dose di gemcitabina
somministrata. Il secondo, lo studio di fase III ECOG E4201 (114), valutava gemcitabina in
monoterapia versus l’associazione di radioterapia e gemcitabina seguita da gemcitabina da
sola, è anch’esso stato chiuso prematuramente per scarso accrual. Tuttavia, l’analisi dei 74
pazienti arruolati ha dimostrato una sopravvivenza mediana superiore nel braccio di
combinazione (11,1 mesi versus 9,2 mesi). Non sono state riscontrate differenze né in termini
di risposte (6% versus 5%) né di sopravvivenza libera da progressione (6 mesi versus 7 mesi).
Naturalmente, il campione ridotto determinava una scarsa potenza dello studio che dunque
non permetteva di trarre evidenze conclusive (121).
Riassumendo, questi studi suggeriscono un ruolo della chemio-radioterapia nel controllo
locale di malattia, ma non nella malattia metastatica, in assenza di un significativo vantaggio
né sulla sopravvivenza globale né sulla sopravvivenza libera da progressione. Da considerare,
inoltre, che circa un terzo dei pazienti con tumore pancreatico localmente avanzato sviluppa
metastasi a distanza durante la fase iniziale del trattamento, per cui potrebbe essere utile
32
valutare una strategia che preveda una fase di induzione chemioterapica seguita da chemio-
radioterapia per un maggior controllo locale della malattia.
Lo studio di fase II/III GERCOR (122) ha retrospettivamente analizzato i dati di 181 pazienti
sottoposti a chemioterapia di induzione per tre mesi. Alla ristadiazione i 128 (70.3%) pazienti
non progrediti sono stati randomizzati a ricevere chemio-radioterapia concomitante (72
pazienti) oppure a proseguire la sola chemioterapia (56 pazienti). I risultati finali hanno
dimostrato un vantaggio a favore del braccio di induzione seguita da chemio-radioterapia con
una sopravvivenza globale ed una sopravvivenza libera da progressione rispettivamente di 15
e 10.8 mesi rispetto a 11.7 e 7.4 mesi del trattamento chemioterapico upfront.
Un’esperienza analoga è stata fatta da Krishnan e Coll. (123) che hanno valutato 323 pazienti
trattati con chemio-radioterapia (247 pazienti) oppure gemcitabina di induzione per circa 2
mesi e mezzo seguita da chemio-radioterapia. Anche in questo caso è emerso il beneficio del
trattamento sequenziale in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza
globale (6.4 e 11.9 mesi versus 4.2 e 8.5 mesi) e non sono state, inoltre, evidenziate differenze
nel pattern di comparsa di recidive.
In base a queste evidenze, Katz e Coll. (63) avevano proposto già nel 2008 un algoritmo
terapeutico per pazienti con tumore pancreatico localmente avanzato che prevedeva una fase
chemioterapica di induzione a base di gemcitabina o fluoropirimidine, seguita da chemio-
radioterapia con successiva rivalutazione chirurgica (Figura 1.10). Una review del 2010 (117)
ha evidenziato, infatti, come dall’8.3 al 64.2% dei soggetti (510 pazienti analizzati in totale)
trattati con chemioterapia neoadiuvante ha potuto effettuare la resezione della neoplasia, con
un tasso del 57-100% (mediana 87.5%) di margini di resezione negativi ed una sopravvivenza
post-chirurgia sovrapponibile a quella dei pazienti con malattia resecabile già alla diagnosi.
Da segnalare, infine, il recente studio di fase II SCALOP (124) che ha valutato 114 pazienti
sottoposti a chemioterapia di induzione con gemcitabina/capecitabina seguita, nei 74 pazienti
non progrediti, da chemio-radioterapia a base di capecitabina o di gemcitabina. I dati emersi
suggeriscono un vantaggio sia in termini di sopravvivenza libera da progressione che
sopravvivenza globale, ma anche una miglior qualità di vita ed una bassa incidenza di eventi
avversi, a favore del braccio di confronto di chemio-radioterapia con capecitabina.
Con l’evidenza dell’attivatà di recenti regimi come il FOLFIRINOX (7) e schedule contenenti
farmaci di nuova generazione come nab-paclitaxel (125) applicati nel trattamento di prima
33
linea di tumori pancreatici localmente avanzati o metastatici, si sta indagando il ruolo degli
stessi come terapia neoadiuvante.
Dati preliminari sull’efficacia di FOLFIRINOX in neoadiuvante sono emersi in numerosi
studi retrospettivi su pazienti con tumore pancreatico localmente avanzato: nell’analisi di
Hosein e Coll. (126) 5 (28%) pazienti su 18 hanno ricevuto una chirurgia con margini R0;
Gunturu e Coll. (127) riportano una risposta globale del 50% e un controllo di malattia nel
94% in 16 pazienti valutati; Faris e Coll. (128) hanno osservato un tasso di risposta al
trattameto del 42% su 12 pazienti trattati; Peddi et Coll. (129) hanno trattato 23 pazienti con
con una schedula di FOLFIRINOX modificata in circa la metà dei pazienti (in alcuni pazienti
era stata ridotta la dose di CPT-11 od era stata eliminata la somministrazione del bolo di 5-
fluorouracile) dimostrando ugualmente l’efficacia del regime nell’indurre una remissione
parziale od una stabilità di malattia; Goncalves e Coll. (130) hanno documentato una risposta
ed una stabilità di malattia al trattamento ripettivamente nel 39% e nel 29% dei 54 pazienti
trattati.
Infine, Marthey e Coll. (131) hanno condotto uno studio prospettico su 53 pazienti con tumore
pancreatico localmente avanzata sottoposti a chemioterapia neoadiuvante con FOLFIRINOX.
I dati preliminari hanno mostrato un tasso di risposta del 30% con una percentuale di
controllo di malattia dell’83% dei casi. Una chemio-radioterapia sequenziale è stata
successivamente proposta al 62% dei pazienti non progrediti durante l’induzione con
FOLFIRINOX ed il 32% è stato poi trattato chirurgicamente.
34
2 Pazienti e metodi
2.1 Razionale dello studio
Il carcinoma del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nei Paesi
occidentali, con un tasso di mortalità che si approssima alla sua incidenza. Purtroppo solo il
15-20% dei pazienti presenta alla diagnosi una malattia localizzata suscettibile di resezione
chirurgica radicale. La radicalità della chirurgia rappresenta un fattore prognostico di grande
rilievo, con un netto incremento della probabilità di sopravvivenza a lungo termine a favore
dei pazienti sottoposti a chirurgia resettiva radicale con margini di resezione indenni (R0)
(132-133).
Circa il 20% dei pazienti hanno alla diagnosi un quadro di malattia localmente avanzato o a
resecabilità borderline secondo la classificazioni attuale NCCN per l’infiltrazione di segmenti
di vasi venosi (in particolare vena porta o vena mesenterica superiore) o arteriosi (arteria
mesenterica superiore o rami del tripode celiaco). Ovviamente questi pazienti sono a maggior
rischio di resezione chirurgica incompleta e potrebbero, quindi, essere candidati a trattamenti
neoadiuvanti (chemioterapia con o senza radioterapia) (104).
Negli ultimi anni il trattamento medico del carcinoma del pancreas ha subito notevoli
miglioramenti grazie all’utilizzo di regimi polichemioterapici che hanno dimostrato una
maggiore attività ed efficacia rispetto al tradizionale trattamento con gemcitabina. In
particolare un regime di combinazione di 5-fluorouracile, acido folinico, irinotecan ed
oxaliplatino (FOLFIRINOX) ha dimostrato un aumento della sopravvivenza mediana a circa
11 mesi e un tasso di risposte obiettive superiore al 30% (7).
La disponibilità di regime chemioterapici attivi ha portato ad ipotizzare il loro utilizzo anche
nella malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline con l’obiettivo di selezionare
meglio i pazienti potenzialmente resecabili e di aumentare il tasso di resezioni radicali.
Alla luce di queste premesse, abbiamo deciso di effettuare uno studio di fase II in pazienti con
carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline resecabile per valutare l’attività di
una schedula modificata di FOLFOXIRI, che prevede l’omissione del bolo di 5-fluorouracile
ed una riduzione dell’irinotecano. La modifica del regime trova il suo razionale nell’ampia
esperienza che il nostro Centro possiede nel trattamento dei tumori gastrointestinali con
suddetto regime e nel presupposto che esso possa essere meglio tollerato rispetto al regime
francese (134).
35
2.2 Obiettivi dello studio
L’obiettivo principale dello studio è quello di valutare la percentuale di pazienti sottoposti a
resezione chirurgica radicale del tumore pancreatico (R0) dopo trattamento neoadiuvante.
In recenti metanalisi è stato dimostrato come un trattamento chemioterapico preoperatorio
possa consentire una resezione chirurgica secondaria in circa il 30% dei pazienti trattati (12-
13) . Lo studio sarà positivo se dimostreremo una resezione radicale nel 50% dei casi.
Obiettivi secondari dello studio sono:
la sopravvivenza libera da progressione di malattia valutata a partire dall’inizio del
trattamento chemioterapico;
le risposte obiettive al trattamento chemioterapico neoadiuvante;
la tossicità riportata durante il trattamento neoadiuvante e le complicanze relative
all’intervento chirurgico o altri trattamenti locali;
la sopravvivenza globale dei pazienti.
36
2.3 Criteri di selezione dei pazienti
Sono stati selezionati ed inclusi i pazienti che rispettavano i seguenti criteri di selezione:
Età compresa tra 18 e 75 anni;
Performance status 0-1, valutato secondo la scala ECOG;
Diagnosi istologica o citologica di carcinoma del pancreas; pazienti risultati non
tipizzabili dopo almeno 1 tentativo bioptico sono stati giudicati includibili nello studio
purché avessero una diagnosi radiologica ed umorale tipica per un carcinoma duttale
del pancreas;
Quadro di malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline definita secondo i
criteri del National Comprehensive Cancer Network (NCCN) (62);
Assenza di metastasi a distanza;
Buona funzionalità d’organo, in particolare midollare, epatica e renale. È consentita la
possibilità di un trattamento palliativo in caso di ittero ostruttivo mediante
posizionamento di endoprotesi biliare o confezionamento di epatico-digiunostomia
purché vi sia una normalizzazione dei valori di bilirubina prima dell’inizio del
trattamento chemioterapico;
Assenza di segni e sintomi di ostruzione intestinale;
Assenza di neuropatia cronica di grado >1 o di diarrea cronica o sindrome da
malassorbimento;
Assenza di comorbidità cardiache o di altre malattia che potessero compromettere la
sicurezza del paziente con il trattamento previsto;
Assenza di seconde neoplasie ad eccezione dei carcinomi squamosi della cute o di
carcinoma in situ della cervice uterina;
Per pazienti di sesso femminile, assenza di gravidanza in atto o allattamento;
Buona compliance e disponibilità ad aderire allo studio e alle sue procedure; presenza
di consenso informato scritto.
37
2.4 Piano di trattamento e criteri di valutazione
2.4.1 Valutazione pre-trattamento
Prima dell’inizio del trattamento chemioterapico neoadiuvante i pazienti arruolati nello studio
sono stati sottoposti ai seguenti esami:
Anamnesi ed esame obiettivo completo comprensivo di valutazione del peso, altezza e
parametri vitali;
Esami ematochimici completi;
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9;
TAC total body con mdc.
2.4.2 Trattamento neoadiuvante
I pazienti sono stati trattati con la seguente schedula di FOLFOXIRI:
Irinotecano 165 mg/mq in infusione ev di 90 minuti
Oxaliplatino 85 mg/mq in infusione ev di 120 minuti (in doppia via con acido folinico)
Acido folinico 200 mg/mq in infusione ev di 120 minuti (in doppia via con
oxaliplatino)
5-Fluorouracile 3200 mg/mq in infusione continua ev di 48 ore mediante pompa
elastomerica.
ripetuta ogni 14 giorni fino ad un massimo di 12 cicli.
Il trattamento è stato somministrato mediante infusione attraverso catetere venoso centrale.
Figura 2.4.1 Schema di trattamento con FOLFOXIRI
38
Inizialmente, i primi 20 pazienti arruolati nello studio hanno ricevuto una dose ridotta di
irinotecano e 5-Fluorouracile per il primo e secondo ciclo (rispettivamente a 150 mg/mq e
2800 mg/mq) per una migliore valutazione della tossicità del regime. Il dosaggio pieno dei
farmaci è stato raggiunto a partire dal terzo ciclo, in assenza di tossicità di grado superiore a 1.
2.4.3 Valutazione della tossicità
Prima della somministrazione di ogni ciclo di terapia, i pazienti hanno eseguito le seguenti
valutazioni:
Esami ematochimici di valutazione dell’emocromo e della funzionalità renale ed
epatica;
Controllo del peso;
Valutazione delle eventuali tossicità, mediante i criteri Common Terminalogy Criteria
for Adverse Events (CTCAE) del National Cancer Institute (NCI) versione 4.0.
Non è stato previsto l’utilizzo del fattore di crescita granulocitario in profilassi primaria;
tuttavia ne è stato consentito l’uso successivo per trattare episodi di neutropenia complicata o
di lunga durata e come profilassi secondaria dopo un precedente episodio.
I cicli di chemioterapia sono stati somministrati in assenza di tossicità residua di grado >1 al
giorno 1 di ogni ciclo; in caso di tossicità, il riciclo è stato rimandato fino a recupero della
tossicità a grado ≤ 1.
In caso di tossicità sono stati applicati i criteri di riduzione della dose ai cicli successivi
riportati nella tabella 2.4.3.
39
TOSSICITA’ RIPORTATA GRADO IRI OXA 5-FU
Neutropenia
(durata maggiore di 5 giorni) 4 75% 75% 100%
Neutropenia febbrile 4 75% 75% 75%
Piastrinopenia 3 - 4 75% 75% 75%
Diarrea 3 75% 100% 75%
Diarrea 4 50% 100% 50%
Stomatite 3 100% 100% 75%
Stomatite 4 100% 100% 50%
Infarto del miocardio -- 100% 100% STOP
Tabella 2.4.3 Criteri di riduzione delle dosi dei 3 chemioterapici in base alla tossicità
In caso di tossicità ematologica o non-ematologica di grado 3-4 con un farmaco
somministrato a dosaggio ridotto del 75% è stata applicata una nuova riduzione della dose al
50%; in caso di tossicità anche dopo riduzione al 50% il farmaco è stato interrotto.
2.4.4 Rivalutazioni di malattia
Durante il trattamento chemioterapico è stata programmata una rivalutazione del quadro di
malattia ogni 2 mesi con:
Esame obiettivo;
Esami ematochimici completi;
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9;
TAC total body con mdc;
Rivalutazione multidisciplinare della resecabilità.
Le risposte al trattamento sono state valutate secondo i criteri RECIST versione 1.1 (135).
40
2.4.5 Trattamenti locali
In caso di giudizio di resecabilità dopo i primi 4 cicli di terapia, i pazienti hanno interrotto il
trattamento chemioterapico e sono stati sottoposti ad intervento chirurgico resettivo
successivo a 4-6 settimane dall’ultimo ciclo di chemioterapia.
L’intervento programmato, previa conferma intraoperatoria dell’assenza di metastasi a
distanza, è stato la duodenocefalopancreasectomia con o senza resezione dell’antro gastrico
per le neoplasia della testa o processo uncinato e la splenopancreasectomia sinistra per le
lesioni del corpo-coda; tuttavia, in caso di margini chirurgici non ritenuti adeguati o per
necessità tecniche legate alla vascolarizzazione del pancreas residuo, è stata considerata anche
la necessità di una splenopancreasectomia totale. I segmenti vascolari interessati dalla
neoplasia sono stati asportati in blocco con il pezzo operatorio e la continuità vascolare è stata
ricostruita mediante anastomosi diretta o con interposizione di un segmento di vaso autologo
o eterologo. È stata prevista un’adeguata linfoadenectomia loco-regionale in tutti i pazienti.
Tutti i pezzi operatori sono stati valutati per analisi istopatologica da parte di un patologo
esperto con analisi estemporanea della trancia di resezione pancreatica e della via biliare.
L’esame istologico definitivo ha valutato le caratteristiche della neoplasia residua, la sua
estensione e il suo grado di differenziazione, la corretta stadiazione anatomo-patologica
locale, l’eventuale interessamento linfonodale, l’eventuale infiltrazione vascolare e
perineurale e lo stato dei margini chirurgici campionati in modo sistematico.
In caso di giudizio di non resecabilità dopo i primi 4 cicli di chemioterapia, in assenza di
progressione di malattia, i pazienti hanno proseguito il trattamento con FOLFOXIRI per altri
4 cicli fino a nuova rivalutazione o comunque fino ad un massimo di 12 cicli.
Dopo 8-12 cicli, in caso di giudizio confermato di non resecabilità, i pazienti sono stati
valutati per un possibile trattamento radioterapico sul tumore e i linfonodi loco-regionali con
dose somministrata di 50.4 Gy in concomitanza a chemioterapia con 5-Fluorouracile
infusionale alla dose di 200 mg/mq/die ev oppure con Gemcitabina 300 mg/mq ev settimanale
(vedi Figura 2.4.5).
41
Figura 2.4.5 Schema dello studio
2.4.6 Trattamento adiuvante
Dopo trattamento chirurgico, i pazienti con adeguato recupero postoperatorio hanno ricevuto
un trattamento chemioterapico adiuvante con gemcitabina 1000 mg/mq in infusione ev di 30
minuti ai giorni 1, 8, 15 ogni 28, per 6 mesi. In caso di margini di resezione chirurgica con
infiltrazione microscopica (R1) il trattamento adiuvante è stato completato con radioterapia
con dose di 50.4 Gy.
2.4.7 Follow up dopo il trattamento
Dopo trattamento locale (chirurgico o radioterapico) e comunque al termine dei 12 cicli di
trattamento chemioterapico, i pazienti sono stati seguiti con controlli clinico-strumentali
periodici effettuati ogni 4 mesi nei primi 2 anni e poi ogni 6 mesi fino ad almeno 5 anni dal
termine dei trattamenti con:
Esame obiettivo;
Esami ematochimici completi;
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9;
TAC total body con mdc (alternabile con ecografia dell’addome completo);
42
Valutazione della tossicità residua.
Successivamente i pazienti sono stati seguiti fino al decesso con contatti almeno annuali (vedi
tabella 2.4.7).
Periodo di
screening
Periodo di
trattamento
(ogni 14 giorni,
prima di ogni
somministrazione
di chemioterapia)
Follow up
durante il
trattamento
(ogni 2 mesi)
Follow up dopo
il trattamento
(ogni 4 mesi
per i primi 2
anni, poi ogni 6
mesi per
almeno 5 anni)
Consenso informato X
Anamnesi, PS, Esame
obiettivo X X X X
Esami ematochimici X X X X
CEA, CA19.9 X X X
TAC total body X X X1
Valutazione
multidisciplinare X X
Valutazione eventi
avversi X X
Tabella 2.4.7 Flow chart dello studio
1 Durante il follow up dopo trattamento locale, è stato consentito di alternare la TAC total body con l’ecografia
dell’addome completo. Ulteriori esami (PET, RMN, Scintigrafie, ecc.) sono stati utilizzati secondo indicazione
clinica in caso di dubbi diagnostici.
43
2.5 Considerazioni statistiche
L’obiettivo primario dello studio è valutare la percentuale di pazienti sottoposti a resezione
chirurgica radicale R0 dopo trattamento chemioterapico neoadiuvante con FOLFOXIRI. Si
intende R0 una resezione chirurgica che consente l’asportazione macroscopica completa della
neoplasia e in cui i margini di resezione adeguatamente valutati risultino tutti
microscopicamente indenni da infiltrazione neoplastica.
Obiettivi secondari dello studio sono la valutazione della tossicità, delle risposte alla
chemioterapia e della sopravvivenza libera da progressione e globale; la sopravvivenza libera
da progressione è stata valutata come l’intervallo di tempo tra l’inizio del trattamento
chemioterapico neoadiuvante e la prima evidenza clinico-radiologica di progressione di
malattia o morte; la sopravvivenza globale è stata valutata come l’intervallo di tempo
compreso tra l’inizio del trattamento chemioterapico neoadiuvante e la data del decesso del
paziente. I pazienti non progrediti o vivi sono stati considerati “censored” alla data dell’ultimo
follow up disponibile.
Le analisi di attività ed efficacia sono state condotte su tutta la popolazione di pazienti
arruolati (popolazione intention to treat); le analisi di tossicità sono state eseguite solo sui
pazienti che hanno ricevuto il trattamento specifico di cui si valuta la tollerabilità
(chemioterapia, chirurgia o radioterapia).
Recenti metanalisi evidenziano una probabilità del 20-30% di resezione chirurgica radicale
dopo trattamento chemioterapico o chemio-radioterapico preoperatorio, principalmente a base
di gemcitabina o doppiette contenenti sali di platino, in pazienti con carcinoma del pancreas
localmente avanzato o a resecabilità borderline (12).
Sulla base di questa premessa e considerando che il regime FOLFOXIRI ha dimostrato un più
alto tasso di risposte obiettive (7) e quindi la possibilità di ottenere un maggiore downsizing
e/o downstaging della neoplasia, si auspica una percentuale di resezioni chirurgiche radicali
R0 dopo chemioterapia con FOLFOXIRI del 50%.
Lo studio è stato progettato come trial prospettico di fase II, a singolo braccio, monocentrico,
disegnato secondo il modello di Fleming a singolo stadio.
Considerando quindi un p0 (tasso minimo di resezioni radicali attesa) del 30% e un p1 (tasso
di resezioni radicali auspicabile per ritenere attiva la strategia in studio) del 50%, stabilendo
un errore α dello 0.05 e β del 0.20, con una potenza del 80%, è previsto un arruolamento di 47
pazienti valutabili.
44
Il trattamento con FOLFOXIRI sarà considerato attivo e meritevole di ulteriori valutazioni se
almeno 20 pazienti su 47 valutabili saranno sottoposti a una resezione chirurgica radicale
dopo terapia medica.
Le analisi di sopravvivenza sono state effettuate mediante il metodo di Kaplan-Meier; i
confronti tra diversi gruppi sono stati analizzati mediante log-rank test. È stato fissato un
livello di significatività con p<0.05.
Il confronto tra parametri di frequenza è stato effettuato, quando necessario, mediante test di
Fisher.
L’analisi della dimensione campionaria è stata eseguita con il software NCSS PASS versione
11. Le analisi statistiche sono state effettuate mediante i software GraphPad Prism versione
5.0 e SPSS Statistics versione 19.0.
45
3. Risultati
3.1 Caratteristiche dei pazienti
Da settembre 2011 a luglio 2014, sono stati arruolati nello studio 50 pazienti, 30 (60%)
femmine e 20 (40%) maschi con una età mediana di 61 anni (range 34-75). Il performance
status secondo criteri ECOG era 0 in 27 (54%) e 1 in 23 (46%) pazienti.
La diagnosi di tumore pancreatico era cito-istologica in 20 (40%) pazienti, umorale (dosaggio
del marcatore Ca 19.9) e/o strumentale in 30 (60%) pazienti in cui era fallito il tentativo di
una biopsia.
Per quanto riguarda la sede di malattia, in 37 (74%) casi era interessata la testa del pancreas,
in 10 (20%) il corpo, in 3 (6%) la coda dell’organo.
Alla diagnosi 3 (6%) pazienti avevano una estensione locale della neoplasia cT3 e 47 (94%)
cT4; in base all’interessamento linfonodale, 19 (38%) erano cN0 e 31 (62%) cN1; 13 (26%)
pazienti erano stati sottoposti a posizionamento stent biliare mentre 3 (6%) avevano subito
una epatico-digiunostomia per il trattamento dell’ittero; in 3 (6%) pazienti era stata
confezionata una gastro-enteroanastomosi palliativa.
Al momento dell’inizio della terapia 46 pazienti sono stati valutati per l’espressione del
Ca19.9: di questi 11 avevano un valore normale, mentre in 35 pazienti il marcatore era
incrementato con una mediana di 2411U/ml e un range compreso tra 61 e 6800 U/ml.
Le caratteristiche dei pazienti sono riassunte nella tabella 3.1.
46
Caratteristiche cliniche
Totale pazienti 50
Età mediana 61 (range 34-75)
Sesso:
maschi
femmine
20 (40%)
30 (60%)
Performance status:
0
1
27 (54%)
23 (46%)
Sede di malattia:
Testa
Corpo
Coda
37 (74%)
10 (20%)
3 (6%)
Stadio di malattia:
cT3
cT4
3 (6%)
47 (94%)
Interessamento linfonodale:
cN0
cN1
19 (38%)
31 (62%)
Stent biliare:
Sì
No
13 (26%)
37 (74%)
Epatico-digiunostomia:
Sì
No
3 (6%)
47 (94%)
Gastro-enteroanastomosi
Sì
No
3 (6%)
47 (94%)
Tabella 3.1 Caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati nello studio.
47
3.2 Tossicità del trattamento
Tutti i pazienti arruolati nello studio sono stati valutati per l’analisi delle tossicità.
I pazienti hanno ricevuto un totale di 367 cicli di FOLFIRINOX, con una mediana di 6 cicli
(range 2-14). Al momento dell’analisi, 3 pazienti risultavano ancora in fase di trattamento
chemioterapico.
Durante lo studio non si sono registrate morti tossiche. Il trattamento è stato nel complesso
discretamente tollerato; in 27 (54%) pazienti è stato necessario rinviare almeno una volta la
somministrazione del trattamento, mentre in 18 (36%) casi è stato ridotto il dosaggio di uno o
più chemioterapici.
Dei 50 pazienti, 28 (56%) hanno riportato una o più tossicità di grado 3-4: in particolare, per
quanto riguarda le tossicità ematologiche, sono stati osservati 7 (14%) casi di neutropenia di
grado 4 e 15 (30%) casi di neutropenia di grado 3, 1 (2%) caso di anemia di grado 3, 1 (2%)
caso di piastrinopenia di grado 4 e 5 (10%) casi di tossicità epatica di grado 3 (che includeva
rialzo delle transaminasi e/o dei valori di bilirubina). I pazienti che a causa di neutropenia
febbrile o di neutropenia di grado 4 di durata maggiore a 5 giorni hanno dovuto ricorrere
all’uso di fattori di crescita granulocitari sono stati 10 (20%).
Le tossicità non ematologiche di grado 3-4 osservate includevano: diarrea di grado 4 e di
grado 3 rispettivamente in 1 (2%) e 4 (8%) pazienti; nausea, vomito, stomatite e
neurotossicità di grado 3 rispettivamente in 3 (6%), 1 (2%), 3 (6%) e 1 (2%) pazienti. Infine, 7
e 7 (14%) pazienti hanno riportato astenia ed anoressia severe.
Molto più frequenti sono state le tossicità sia ematologiche che non di grado 1 e 2, come
riportato nelle 3.2 e 3.2.1.
Da segnalare, inoltre, che 4 pazienti hanno manifestato eventi trombotici (in particolare si è
avuto 3 casi di embolia polmonare e 1 caso di trombosi venosa profonda).
48
Tossicità Grado 1 Grado 2 Grado 3 Grado 4
Neutropenia 8 (16%) 6 (12%) 15 (30%) 7 (14%)
Anemia 18 (36%) 6 (12%) 1 (2%) 0
Piastrinopenia 13 (26%) 8 (16%) 0 1 (2%)
Tossicità epatica 13 (26%) 4 (8%) 5 (7%) 0
Tabella 3.2 Tossicità ematologiche registrate nei 50 pazienti valutati.
Tossicità Grado 1 Grado 2 Grado 3 Grado 4
Nausea 26 (52%) 9 (18%) 3 (6%) 0
Vomito 15 (30%) 5 (10%) 1 (2%) 0
Diarrea 23 (46%) 4 (8%) 4 (8%) 1 (2%)
Stomatite 16 (32%) 6 (12%) 3 (6%) 0
Neurotossicità 22 (44%) 7 (14%) 1 (2%) 0
Astenia 23 (46%) 11 (22%) 7 (14%) 0
Anoressia 14 (28%) 6 (12%) 7 (14%) 0
Tabella 3.2.1. Tossicità non ematologiche registrate nei 50 pazienti valutati.
49
3.3 Risposte al trattamento
Al momento dell’analisi dei dati effettuata a luglio 2014, 48 su 50 pazienti arruolati avevano
ricevuto almeno una prima rivalutazione strumentale di malattia: in 18 (37.5%) pazienti si è
avuto una risposta parziale, 27 (56.25%) hanno presentato una stabilità di malattia, mentre 3
(6.25%) sono andati incontro a progressione durante chemioterapia (Tabella 3.3). In una
paziente in cui gli esami radiologici evidenziavano una risposta parziale al trattamento,
l’esame istologico postoperatorio ha documentato una risposta patologica completa (vedi
paragrafo 3.3). Il disease control rate legato al tratamento chemioterapico è stato del 93.75%.
Abbiamo, inoltre, analizzato la riposta umorale nei 35 pazienti che presentavano un rialzo dei
valori del Ca 19.9 alla diagnosi di malattia: 15 (30%) pazienti hanno avuto una riduzione dei
valori del marcatore superiore al 50%, fra questi, 9 (18%) presentavano un decremento
superiore al 90% (tabella 3.3.1).
Risposta radiologica N° pz
RC 0
RP 18 (37.5%)
SD 27 (56.25%)
PD 3 (6.25%)
Tabella 3.3 Attività del trattamento nei 48 pazienti valutabili per la risposta strumentale secondo criteri RECIST.
Risposta umorale al trattamento N° pz
Riduzione Ca 19.9 ≥ 50% 15 (30%)
Riduzione Ca 19.9 ≥ 90% 9 (18%)
Tabella 3.3.1 Risposta umorale al trattemento nei 35 pazienti valutabili.
50
3.4 Trattamenti locali
Al termine della chemioterapia 47 pazienti, esclusi i 3 ancora in corso di terapia, sono stati
rivalutati da un team multidisciplinare che ha incluso chirurghi, oncologi e radioterapisti. I tre
pazienti progrediti durante il trattamento non sono stati candidati a trattamenti locali.
Trentuno pazienti sono stati giudicati operabili, previa esplorazione chirurgica tramite video-
laparoscopia che ha controindicato l’intervento in 4 pazienti per la presenza di metastasi
occulte, biopsie intraoperatorie positive a livello peritoneale (3 pazienti) ed epatiche (1
paziente); 25 pazienti sono stati operati, 24 in maniera radicale (R0); 2 hanno rifiutato
l’intervento. Per 1 paziente la valutazione multidisciplinare era ancora in corso al momento
dell’analisi dei dati.
Dei 12 pazienti giudicati inoperabili alla discussione multidisciplinare, 8 hanno ricevuto un
trattamento chemio-radioterapico concomitante con gemcitabina 300 mg/mq/settimanale per 5
settimane; 4 pazienti, non candidati a radioterapia, hanno iniziato follow up (vedi Tabella 3.4).
Outcome dei 50 pazienti arruolati N° pazienti
Pazienti in corso di chemioterapia 3 (6%)
Pazienti progrediti durante la chemioterapia 3 (6%)
Pazienti in corso di valutazione multidisciplinare 1 (2%)
Pazienti giudicati operabili:
Rifiutato CH
Laparoscopia esplorativa:
- Chirurgia R0
- Chirurgia R1
- Metastasi occulte
31 (62%)
2 (4%)
28 (56%)
24 (48%)
1 (2%)
4 (8%)
Pazienti giudicati inoperabili:
Radioterapia
Follow up
12 (24%)
8 (16%)
4 (8%)
Tabella 3.4 Outcome dei 50 pazienti in studio.
51
Nei 25 pazienti sottoposti a chirurgia, il tipo di intervento è stato scelto in base alla sede e all’
estensione della malattia, in particolare: 15 hanno ricevuto una splenopancreasectomia totale
ed 1 una splenopancreasectomia sinistra, 7 una duodenocefalopancreasectomia (DCP), 1 una
pancreasectomia totale ed 1 regionale. In 18 casi è stato necessario resecare la vena
mesenterica superiore, in 11 l’arteria mesenterica superiore, in 5 parte dell’arteria epatica, in 3
l’asse mesenterico-portale, in 1 la vena porta ed in 1 il tronco celiaco.
La durata mediana dell’intervento chirurgico è stata di 9,3 ore.
La durata mediana della degenza è stata, invece, di 19 giorni.
Tredici pazienti hanno avuto complicanze infettive durante il periodo postoperatorio: 12 a
livello addominale e 1 a livello polmonare. Tutte le complicanze sono state trattate e risolte
con terapia antibiotica tranne nel caso di una paziente deceduta 40 giorni dopo l’intervento
chirurgico, a causa di una sepsi polimicrobica pluriresistente successiva a perforazione del
tenue.
Le complicanze chirurgiche postoperatorie sono state: 1 perforazione del tenue, 1
perforazione del colon, 1 deiscenza dell’anastomosi esofago-digiuno, 3 fistole pancreatiche di
grado A trattate con terapia medica.
Un paziente è deceduto 9 giorni dopo la chirurgia a seguito di un evento embolico acuto.
Entrambi i pazienti deceduti avevano subito una pancreasectomia totale con resezione
dell’arteria e della vena mesenterica superiore, intervento gravato da un maggior tasso di
mortalità perioperatoria rispetto alla chirurgia senza resezione arteriose (136).
L’esame istologico dei pezzi operatori ha evidenziato: adenocarcinoma di tipo duttale in 20
pazienti, mucinoso in 3 e squamoso in 1; 6 tumori erano insorti su neoplasia intraduttale
papillare mucinosa (IPMN). La differenziazione tumorale era un G2 in 19 pazienti, G3 in 5.
In una paziente si è osservata una risposta patologica completa, mentre in due casi sono stati
osservati nidi sparsi di cellule neoplastiche nei tessuti circostanti la vena mesenterica
superiore nel contesto di ampia necrosi, come unico residuo tumorale
Per quanto riguarda la classificazione TNM: 18 pazienti avevano un tumore ypT3, 6 ypT4, 1
ypT0, 20 un coinvolgimento linfonodale ypN1 e 5 ypN0, per uno stadio IIA in 3 pazienti, IIB
in 15, III in 6 e una risposta patologica completa in 1 (vedi Tabella 3.4.1). In 18 (72%)
pazienti abbiamo assistito a un downsizing cT4ypT3, in 3 (12%) un downsizing cN1yN0.
52
Caratteristiche dei pazienti operati N°
Totale pazienti operati 25
Tipo di intervento chirurgico:
DCP
Pancreasectomia:
- totale
- regionale
Splenopancreasectomia:
- totale
- sinistra
7 (28%)
1 (4%)
1 (4%)
15 (60%)
1 (4%)
Istotipo:
Adenocarcinoma:
- duttale
- mucinoso
- squamoso
Adenocarcinoma su IPMN
20 (80%)
3 (12%)
1 (4%)
6 (24%)
Margini di resezione:
R0
R1
24 (96%)
1 (4%)
Grading:
G2
G3
19 (76%)
5 (20%)
Estensione tumorale:
ypT0
ypT3
ypT4
1 (4%)
18 (72%)
6 (24%)
Interessamento linfonodale:
ypN0
ypN1
5 (20%)
20 (8%)
Stadio
IIA
IIB
III
3 (12%)
15 (60%)
6 (24%)
Tabella 3.4.1 Caratteristiche dei pazienti operati.
53
3.5 Trattamenti adiuvanti post chirurgia
Ai pazienti con buon recupero post-operatorio in assenza di sequele chirurgiche importanti, in
particolar modo per quanto riguarda la diarrea, generalmente ben controllata con eventuale
assunzione di enzimi pancreatici, è stato proprosto un trattamento “adiuvante” post-
operatorio. Sedici pazienti sono stati trattati con gemcitabina 1000 mg/mq ev somministrato ai
giorni 1, 8, 15 ogni 28 giorni per 4-6 mesi. Il paziente che all’esame istologico presentava
margini chirurgici positivi (R1) è stato sottoposto a chemio-radioterapia concomitate con una
schedula settimanale di gemcitabina 300 mg/mq ev. Una paziente non aveva ancora effettuato
la rivalutazione al fine del trattamento adiuvante dopo la recente chirurgia.
54
3.6 Dati di sopravvivenza
Al momento di questa analisi, eseguita nel luglio 2014, 14 pazienti (inclusi i 3 pazienti in
corso di chemioterapia e la paziente in valutazione chirurgica) non erano ancora progrediti
mentre 36 pazienti erano andati incontro progressione di malattia. Di questi, 18 avevano
ricevuto una chemioterapia di I linea: 6 a base di gemcitabia in associazione con capecitabina
(in 2 pazienti), oxaliplatino (in 3 pazienti) e nabpaclitaxel (in 1 paziente), 9 pazienti erano
stati trattati con gemcitabina in monoterapia, 2 pazienti avevano ricevuto FOLFIRI, mentre la
schedula FOLFOXIRI era stata ripresa in 1 paziente (vedi Tabella 3.6).
Dei 50 pazienti arruolati nello studio, 27 erano deceduti.
Terapia Pazienti trattati
Gemcitabina 9
Gemcitabina+Oxaliplatino 3
Gemcitabina+Capecitabina 2
Gemcitabina+Nab-paclitaxel 1
FOLFIRI 2
FOLFOXIRI 1
Tabella 3.6 Trattamenti ricevuti per la malattia metastatica (I linea).
55
3.6.1. Analisi della sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS)
La PFS mediana è risultata essere di 12.1 mesi, con una percentuale di pazienti liberi da
progressione di malattia del 52.3% a 1 anno e del 6.6% a 2 anni. (Figura 3.6.1).
Figura 3.6.1 PFS dei 50 pazienti inclusi nello studio.
L’analisi per sottogruppi non ha riportato differenze statisticamente significative in termini di
PFS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso e performance
status ed in relazione alla sede della neoplasia, allo stadio di malattia e all’interessamento
linfonodale.
Una differenza al limite della significatività statistica è stata riscontrata nei pazienti che sono
stati sottoposti ad intervento chirurgico rispetto ai pazienti non operati, PFS rispettivamente
13.6 e 9.4 mesi (p=0,049) (figura 3.6.1.1).
56
Figura 3.6.1.1 PFS dei pazienti operati versus i pazienti non operati.
La PFS mediana dall’intervento chirurgico è 8.0 mesi (figura 3.6.1.2), con una percentuale di
pazienti liberi da progressione di malattia a 1 anno del 59.6% e a 2 anni del 5.5%, mentre solo
il 43.9% dei pazienti non operati non risulta progredito a 1 anno dall’inizio del trattamento
chemioterapico (tutti i pazienti non operati sono invece progrediti a 2 anni).
Figura 3.6.1.2: PFS dei 25 pazienti operati dal momento dell’intervento chirurgico.
57
3.6.2. Analisi della sopravvivenza globale (OS)
Al momento dell’analisi dei dati, risultavano deceduti 27 (54%) pazienti.
La OS mediana emersa è di 17.8 mesi (figura 3.6.2); il 76.7% dei pazienti era vivo ad 1 anno
dall’inizio del trattamento chemioterapico, il 21.8% a 2 anni.
Figura 3.6.2 OS dei 50 pazienti inclusi nello studio.
L’analisi per sottogruppi non ha riscontato differenze statisticamente significative in termini
di OS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso, performance
status, età, sede e stadio di malattia.
Come per la PFS, una differenza statisticamente significativa è emersa nei pazienti sottoposti
a chirurgia rispetto ai pazienti non operati (OS rispettivamente 20.1 e 15.1 mesi, p=0.038)
(figura 3.6.2.1) con una percentuale di pazienti vivi a 1 e 2 anni di 87.3%i e 31.2% nei
pazienti operati e di 64% e 8.4% nei pazienti non operati.
58
Figura 3.6.2.1 OS nei pazienti operati versus i pazienti non operati
La sopravvivenza mediana dei pazienti operati dal momento della chirurgia risulta 14 mesi
(figura 3.6.2.2).
Figura 3.6.2.2: OS dei 25 pazienti operati dal momento dell’intervento chirurgico.
59
4. Discussione
Il carcinoma del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nei Paesi
occidentali causando oltre 35000 decessi all’anno negli USA e circa 8000 in Italia (1).
Sebbene la chirurgia rappresenti l’unica terapia potenzialmente curativa per questa malattia,
solo il 15-20% dei pazienti è resecabile alla diagnosi, mentre un ulteriore 20% si presenta con
un quadro di malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline. In passato questi
pazienti sono stati trattati con chemioterapia o chemio-radioterapia ottenendo sopravvivenze
mediane raramente superiori ad un anno. Il recente miglioramento degli schemi
chemioterapici, ha permesso di poter disporre di regimi con buona attività che ottengono una
regressione delle lesioni tumorali in oltre il 30% dei casi trattati ed un controllo della malattia
superiore al 70% dei pazienti. Pertanto l’impiego di strategie neoadiuvanti nei pazienti con
malattia localmente avanzata potrebbe consentire il downsizing e il downstaging convertendo
la malattia inoperabile a resecabile e consentirebbe, inoltre, di trattare precocemente le
eventuali micrometastasi occulte al momento della diagnosi garantendo, quindi, una migliore
sopravvivenza.
Per il nostro lavoro abbiamo adottato una schedula modificata rispetto al FOLFIRINOX
francese, il FOLFOXIRI, un regime in cui viene omesso il bolo di 5-fluorouracile e
lievemente ridotto l’irinotecano. Questa schedula, già ampiamente utilizzata dal nostro gruppo
per le patologie del colon-retto, si è dimostrata molto attiva e meglio tollerata rispetto
all’originale FOLFIRINOX, ottenendo una risposta parziale nel il 37.5% dei pazienti ed una
stabilità nel 56.25% dei casi, per un controllo di malattia nella quasi totalità dei casi (DCR
93.75%), con soli 3 pazienti progrediti durante il trattamento neoadiuvante.
L’elevata attività della chemioterapia ha consentito a 47 pazienti trattati (3 pazienti stavano
ancora eseguendo chemioterapia neoadiuvante) di essere rivalutati in ambito multidisciplinare
per accedere all’intervento chirurgico. La progressione durante chemioterapia ha precluso la
chirurgia per 3 pazienti; mentre per una paziente la valutazione era ancora in corso al
momento dell’analisi dei dati. Trentuno (66%) pazienti sono stati giudicati operabili, previa
esplorazione chirurgica tramite video-laparoscopia che ha controindicato l’intervento in 4 per
la presenza di metastasi occulte; 25 (53.2%) sono stati operati, 24 (51%) in maniera radicale
(R0); 2 hanno rifiutato l’intervento. Dei 12 pazienti giudicati inoperabili alla discussione
60
multidisciplinare, 8 hanno ricevuto un trattamento chemio-radioterapico concomitante con
gemcitabina 300 mg/mq/settimanale per 5 settimane; 4 pazienti, non candidati a radioterapia,
hanno iniziato follow up.
Pertanto, il trattamento chemioterapico con FOLFOXIRI ha dimostrato una buona attività
anche come terapia neoadiuvante, avvalorando la possibilità di poter utilizzare tale strategia
per incrementare il numero di interventi radicali in pazienti con malattia localmente avanzata.
Il tasso di resezioni radicali ottenute ha confermato l’ipotesi dello studio e superato i dati
ottenuti da trials precedenti in cui, con trattamenti a base di gemcitabina o composti del
platino, solo il 50% circa dei pazienti aveva potuto accedere a chirurgia radicale.
Per quanto riguarda le tossicità, anche il regime FOLFOXIRI è stato gravato da eventi avversi
con 28 (56%) pazienti che hanno riportato una o più tossicità di grado 3 o 4: in particolare
sono stati osservati 7 (14%) casi di neutropenia di grado 4 e 15 (30%) casi di neutropenia di
grado 3, 1 (2%) caso di anemia di grado 3, 1 (2%) caso di piastrinopenia di grado 4 e 5 (10%)
casi di tossicità epatica di grado 3 (che includeva rialzo delle transaminasi e/o dei valori di
bilirubina). I pazienti che a causa di neutropenia febbrile o di neutropenia di grado 4 di durata
maggiore a 5 giorni hanno dovuto ricorrere all’uso di fattori di crescita granulocitari sono stati
10 (20%).
Le tossicità non ematologiche di grado 3-4 osservate includevano: diarrea di grado 4 e di
grado 3 rispettivamente in 1 (2%) e 4 (8%) pazienti; nausea, vomito, stomatite e
neurotossicità di grado 3 rispettivamente in 3 (6%), 1 (2%), 3 (6%) e 1 (2%) pazienti. Infine, 7
(14%) e 7 (14%) pazienti hanno riportato astenia ed anoressia severe.
Durante il trattamento è stato necessario rinviare almeno un ciclo di terapia nel 54% dei casi e
ridurre le dosi dei chemioterapici nel 36% dei pazienti.
Quattro pazienti hanno, inoltre, manifestato eventi tromboembolici (in particolare si è avuto 3
casi di embolia polmonare e 1 caso di trombosi venosa profonda) durante il trattamento
chemioterapico.
Nonostante le tossicità ematologiche e non riscontrate, non sono state riportate morti tossiche
legate al trattamento chemioterapico.
Da segnalare, invece, 2 decessi a seguito di complicanze postoperatorie: una sepsi
polimicrobica pluriresistente successiva a perforazione del tenue in una paziente ed un evento
embolico in un paziente.
61
Per quanto rigurada l’outcome dei 50 pazienti arruolati nello studio, dopo un follow up
mediano di 18.2 mesi, è stata raggiunta una PFS di 12.1 mesi, con 52.3% pazienti non
progrediti a 1 anno e 6.6% a 2, ed una OS di 17.8 mesi, con una percentuale di pazienti in vita
a 1 anno pari al 76.7%, a 2 anni del 21.8%.
L’analisi per sottogruppi non ha riportato differenze statisticamente significative in termini di
PFS ed OS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso e
performance status ed in relazione alla sede della neoplasia, allo stadio di malattia e
all’interessamento linfonodale.
Una differenza al limite della significatività statistica è stata riscontrata nei pazienti che sono
stati sottoposti ad intervento chirurgico rispetto ai pazienti non operati per quanto riguarda la
PFS, rispettivamente 13.6 e 9.4 mesi (p=0,049), con una percentuale di pazienti liberi da
progressione di malattia a 1 anno del 59.6% e a 2 anni del 5.5%, mentre solo il 43.9% dei
pazienti non operati non risulta progredito a 1 anno dall’inizio del trattamento chemioterapico
(tutti i pazienti non operati sono invece progrediti a 2 anni).
Analogamente, una differenza statisticamente significativa in termine di OS è emersa nei
pazienti sottoposti a chirurgia rispetto ai pazienti non operati (OS rispettivamente 20.1 e 15.1
mesi, p=0.038); la percentuale di pazienti vivi a 1 e 2 anni risultava 87.3% e 31.2% nei
pazienti operati e 64% e 8.4% nei pazienti non operati.
I dati di sopravvivenza rilevati dal nostro studio sono quindi in accordo con quelli della
metanalisi di Gillen (12) che evidenziano un’analoga OS tra pazienti con malattia localmente
avanzata sottoposti a trattamento neoadiuvante seguito da chirurgia e pazienti con malattia
recabile d'amblè operati e trattati successivamente con terapia adiuvate. Indubbiamente, visto
il breve periodo di osservazione dei nostri pazienti (follow up mediano di 18.2 mesi, 20.8
mesi nei pazienti operati e 14.4 mesi nei pazienti non operati) è necessario attendere tempi
maggiori per poter verificare il reale beneficio della terapia neoadiuvante e della resezione
radicale sulla sopravvivenza globale.
La nostra analisi ha naturalmente anche altri limiti, legati soprattutto alla natura retrospettiva
dello studio ed al basso numero del campione analizzato. Per cui sarebbe auspicabile la
pianificazione di studi prospettici e randomizzati che possano confrontare le diverse strategie
terapeutiche nei pazienti con malattia a resecabilità bordenline sottoposti a terapia
neoadiuvante.
62
Un altro possibile campo di ricerca in questo setting potrebbe essere la valutazione di
parametri biologici predittivi di risposta alla chemioterapia, per meglio selezionare i pazienti
candidabili a un approccio neoadiuvante. Inoltre potrebbe essere utile lo studio di alterazioni
biomolecolari a livello delle cellule tumorali, correlate con il potenziale di metastatizzione a
distanza. Ad esempio, recenti studi autoptici hanno dimostrato come la perdita di espressione
del gene Smad4/DPC4 sia presente in solo il 22% dei pazienti con malattia localmente
avanzata rispetto al 73% dei pazienti con malattia metastatica. Questo dato è stato confermato
in uno studio di fase II del 2011 in cui 69 pazienti con malattia localmente avanzata sono stati
trattati con polichemioterapia neoadiuvante a base di gemcitabina ed oxaliplatino seguita da
chemio-radioterapia concomitante e cetuximab (137). In questo trial si è visto come
l’espressione di Smad4 sia correlata con uno sviluppo locale della malattia, piuttosto che a
distanza.
Negli ultimi hanni molti ricercatori hanno focalizzato i loro studi sui microRNA (miRNA),
recentemente identificati come regolatori negativi dell’espressione genica attraverso la
modulazione dell'attività post-trascrizionale nel controllo della proliferazione,
differenziazione ed apoptosi cellulare (138). La loro espressione aberrante in molti tumori ha,
infatti, indicato che possano funzionare come soppressori tumorali ed oncogeni (139). Inoltre,
alcuni miRNA sembrano influenzare la risposta alla chemioterapia, i meccanismi di
chemioresistenza e la sopravvivenza globale dei pazienti con adenocarcinoma pancreatico
(140-142). Sulla base di questi presupposti abbiamo disegnato uno studio, attualmente attivo
presso il nostro centro, al fine di valutare se l’espressione dei miRNA-21 e miRNA-211 sia
associata o meno alla risposta clinica ed alla sopravvivenza dei pazienti con diagnosi di
tumore pancreatico localmente avanzati o metastatici in trattamento chemioterapico
neoadiuvante o di I linea con FOLFOXIRI.
63
5. Conclusioni
Il nostro studio ha dimostrato l’attività e la fattibilità del trattamento chemioterapico con
FOLFOXIRI nei pazienti con diagnosi di tumore pancreatico a resecabilità bordenline.
Sebbene questo regime sia stato gravato da tossicità importanti, tutti gli eventi avversi sono
stati gestiti in assenza di sequele permaneti o di morti correlate al trattamento chemioterapico.
Naturalmente i pazienti candidati a tale terapia devono essere selezionati attentamente sia per
performance status che per età e comorbidità. Nei pazienti fit, la schedula con FOLFOXIRI
può essere proponibile permettendo un controllo di malattia superiore al 90% ed un
downsizing-downstaging che ha consentito di ottenere una chirurgia radiacale in oltre la metà
dei pazienti.
Per quanto rigurada l’outcome dei 50 pazienti arruolati nello studio, dopo un follow up
mediano di 18.2 mesi, è stata raggiunta una PFS di 12.1 mesi, con 52.3% pazienti non
progrediti a 1 anno e 6.6% a 2, ed una OS di 17.8 mesi, con una percentuale di pazienti in vita
a 1 anno pari al 76.7%, a 2 anni del 21.8%.
L’analisi per sottogruppi non ha riportato differenze statisticamente significative in termini di
PFS ed OS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso e
performance status ed in relazione alla sede della neoplasia, allo stadio di malattia e
all’interessamento linfonodale.
Una differenza al limite della significatività statistica per la PFS è stata riscontrata nei pazienti
che sono stati sottoposti ad intervento chirurgico rispetto ai pazienti non operati, PFS
rispettivamente 13.6 e 9.4 mesi (p=0,049), con una percentuale di pazienti liberi da
progressione di malattia a 1 anno del 59.6% e a 2 anni del 5.5%, mentre solo il 43.9% dei
pazienti non operati non risulta progredito a 1 anno dall’inizio del trattamento chemioterapico
(tutti i pazienti non operati sono invece progrediti a 2 anni).
Analogamente, una differenza statisticamente significativa in ternmini di OS è emersa nei
pazienti sottoposti a chirurgia rispetto ai pazienti non operati (OS rispettivamente 20.1 e 15.1
mesi, p=0.038); la percentuale di pazienti vivi a 1 e 2 anni risultava 87.3% e 31.2% nei
pazienti operati e 64% e 8.4% nei pazienti non operati.
I dati di sopravvivenza emersi dal nostro studio sono quindi in accordo con quelli della
metanalisi di Gillen (12) che evidenziano un’analoga OS tra pazienti con malattia localmente
64
avanzata sottoposti a trattamento neoadiuvante seguito da chirurgia e pazienti con malattia
recabile d'amblè operati e trattati successivamente con terapia adiuvate. Indubbiamente, visto
il breve periodo di osservazione dei nostri pazienti (follow up mediano di 18.2 mesi, 20.8
mesi nei pazienti operati e 14.4 mesi nei pazienti non operati) è necessario attendere tempi
maggiori per poter verificare il reale beneficio della terapia neoadiuvante e della resezione
radicale sulla sopravvivenza globale.
65
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79
Appendice I: Scala per la valutazione del Performance Status
Scale di valutazione delle condizioni generali (Performance Status) Karnofsky ed ECOG.
ECOG Karnofsky
0 In grado di svolgere le attività normali senza
restrizioni
100% Normale nessun disturbo né evidenza
di malattia
90% In grado di svolgere le attività normali;
modesti segni e sintomi di malattia
1 Presenta restrizioni alle attività fisiche
strenue, ma deambula ed è in grado di svolgere
attività lievi o sedentarie, quali lavori domestici
80% Attività normale con sforzo; alcuni
segni o sintomi di malattia
2 Deambula, è autosufficiente, ma non può
svolgere attività lavorative; in piedi per più del
50% del tempo
60% Richiede assistenza saltuaria ma può
soddisfare la maggior parte delle sue
esigenze
50% Richiede notevole assistenza e
frequenti cure mediche
3 Appena autosufficiente, allettato o seduto per
più del 50% del tempo
40% Disabile; richiede particolari cure e
assistenza
30% Gravemente disabile, sono opportuni il
ricovero ospedaliero e un trattamento di
sostegno efficace; il decesso non è imminente
4 Completamente disabile; non autosufficiente;
sempre allettato o seduto
20% Molto ammalato; sono necessari il
ricovero ospedaliero e un trattamento di
sostegno efficace
10% Moribondo, i processi fatali
progrediscono rapidamente
5 Deceduto 0% Deceduto
80
Appendice II: Criteri per la valutazione della risposta RECIST
(Response Evaluation Criteria in Solid Tumors)
Eleggibilità
Solamente pazienti con malattia misurabile al momento della valutazione basale sono stati
inseriti nello studio, il cui obiettivo primario è la valutazione della risposta obiettiva del
tumore.
Malattia misurabile: si ha quando è presente almeno una lesione misurabile. Se la
malattia misurabile è ristretta ad una lesione solitaria, la sua natura neoplastica deve
essere confermata con una indagine istologica/citologica.
Lesioni misurabili: sono quelle lesioni che possono essere misurate accuratamente in
almeno una dimensione e il cui diametro maggiore sia > 20 mm se valutate con le
metodiche radiologiche tradizionali o > 10 mm se valutate con la TAC spirale.
Lesioni non-misurabili: sono tutte le lesioni che non rientrano nel criterio suddetto:
lesioni aventi diametro maggiore inferiore a 20 mm se valutate con le metodiche
radiologiche tradizionali o inferiore a 10 mm se valutate con la TC spirale, lesioni
scheletriche, lesioni meningee, ascite, versamento pleurico, versamento pericardico,
carcinoma infiammatorio della mammella, linfangite carcinomatosa (cutanea o
polmonare), lesioni cistiche ed anche masse addominali che non siano state
confermate da metodiche di diagnostica per immagini.
La valutazione delle lesioni deve essere effettuata utilizzando regoli o calibri e le misurazioni
devono essere riportate utilizzando il sistema metrico decimale.
La valutazione basale delle dimensioni di una lesione deve essere fatta entro 4 settimane
prima dell’inizio del trattamento chemioterapico.
Le lesioni dovrebbero essere sempre valutate con la stessa metodica diagnostica durante tutto
il trattamento.
Le lesioni apprezzabili all’esame clinico sono considerate misurabili solo se superficiali (ad
es. noduli cutanei e linfonodi palpabili).
81
Metodi di Misurazione
TC e RMN sono attualmente le migliori metodiche disponibili e riproducibili per misurare le
lesioni target selezionate per la valutazione della risposta. TC convenzionale e RMN
dovrebbero essere effettuate con scansioni contigue < 10 mm. La TC spirale dovrebbe essere
eseguita utilizzando un algoritmo di ricostruzione contigua a 5 mm.
Le lesioni valutate con Rx torace sono accettabili come lesioni misurabili quando sono
chiaramente definite e circondate da parenchima polmonare aerato. Comunque la TC è
preferibile.
I marcatori tumorali non possono essere usati da soli per valutare la risposta. Se i marcatori
sono inizialmente superiori al limite di normalità devono normalizzare perché un paziente
possa essere considerato in risposta clinica completa quando tutte le lesioni siano scomparse.
La valutazione citologica ed istologica in alcuni casi possono essere usate per distinguere una
RP da una RC.
Valutazione Basale: lesioni Target e non Target
Tutte le lesioni misurabili fino ad massimo di 5 per organo ed un totale di 10, rappresentative
di tutti gli organi interessati dalla malattia vengono identificate come lesioni “target” e quindi
registrate e misurate nel corso della valutazione basale.
Le lesioni “target” devono essere selezionate in base alla dimensione del diametro maggiore
(privilegiare le lesioni con diametro più lungo) e alla possibilità di poterle rivalutare nel corso
del trattamento (con tecniche di immagine o clinicamente).
La somma dei diametri maggiori di tutte le lesioni target deve essere calcolata e registrata al
momento della valutazione basale ed utilizzata in seguito come riferimento per la valutazione
della risposta obiettiva del tumore.
Tutte le altre lesioni (o sedi di malattia) dovrebbero essere definite come lesioni “non target” e
possono essere registrate durante la valutazione basale. La loro misurazione non è necessaria
ma la loro presenza o scomparsa può essere valutata nel corso del follow-up.
82
Valutazione delle lesioni Target
Risposta Completa (RC): si osserva la scomparsa di tutte le lesioni “target”
Risposta Parziale (RP): si osserva una diminuzione del 30% della somma dei diametri
maggiori delle lesioni “target” prendendo come riferimento la somma dei diametri maggiori
calcolata al momento della valutazione basale
Progressione (PD): si osserva un aumento del 20% della somma dei diametri maggiori delle
lesioni “target” prendendo come riferimento la somma più piccola dei diametri maggiori
osservata dall’inizio del trattamento oppure si osserva la comparsa di una o più nuove lesioni
Stabilità (SD): non si osserva ne’ una diminuzione del 30% della somma dei diametri
maggiori delle lesioni “target” ne’ un aumento del 20% della somma dei diametri maggiori
delle lesioni “target”.
Valutazione delle lesioni Non-Target
Risposta completa (CR): si osserva la scomparsa di tutte le lesioni “non target” e la
normalizzazione dei livelli sierici dei markers tumorali
Stabilità (SD): rimangono una o più lesioni “non target” e/o i livelli sierici dei markers
tumorali restano sopra i valori normali
Progressione (PD): si osservano una o più nuove lesioni e/o un inequivocabile progressione
delle pre-esistenti lesioni “non target”*.
* Sebbene una chiara progressione delle lesioni “non target” soltanto sia un evento raro, in
alcune circostanze l’opinione del medico può prevalere e la progressione deve poi essere
confermata dal comitato revisore o dal coordinatore dello studio.
83
Valutazione della migliore risposta globale
La migliore risposta globale è la migliore risposta osservata dall'inizio del trattamento fino a
quando non si ha progressione o ripresa della malattia (prendendo come riferimento la somma
più piccola dei diametri maggiori osservata dall’inizio del trattamento).
Lesioni Target Lesioni Non
Target
Nuove
Lesioni
Risposta
Globale
RC RC NO RC
RC SD NO RP
RP Non PD NO RP
SD Non PD NO SD
PD Qualsiasi
risposta SI – NO PD
Qualsiasi
risposta PD SI – NO PD
Qualsiasi
risposta
Qualsiasi
risposta SI PD
I pazienti che a causa di peggioramento globale dello status di salute devono interrompere il
trattamento senza che si osservi l’evidenza obiettiva di una progressione di malattia
dovrebbero essere classificati come pazienti con "deterioramento sintomatico" e dovrà essere
fatto ogni sforzo per documentarne la progressione dopo la sospensione del trattamento
In alcune circostanze può essere difficile distinguere la malattia residua dal tessuto sano.
Pertanto quando la valutazione della risposta completa dipende da questa determinazione si
raccomanda di indagare la lesione residua con agoaspirato o biopsia per confermare la
risposta completa.
Conferma
L’obiettivo principale della conferma della risposta obiettiva è quello di evitare un sovrastima
della percentuale di risposte osservate. Nel caso in cui non sia possibile confermare la risposta
ciò deve essere chiaramente riportato nei risultati dello studio.
84
La risposta parziale (PR) o completa (CR) devono essere confermate eseguendo una
rivalutazione delle lesioni non prima di 4 settimane dopo la prima osservazione. Intervalli
superiori, se previsti dal protocollo dello studio, possono essere ugualmente appropriati.
Nel caso di SD questa deve essere confermata almeno in una successiva misurazione da
eseguire dopo l’intervallo minimo previsto nel protocollo dello studio (generalmente, non
inferiore a 6-8 settimane).
85
Appendice III: criteri NCI-CTC per la valutazione della tossicità
Tossicità ematologica
Tossicità 0 1 2 3 4
Leucociti > 4,0 3,0-3,9 2,0-2,9 1,0-1,9 <1,0
Piastrine NLN 75,0-normale 50,0-74,9 25,0-49,9 <25,0
Emoglobina NLN 10,0-normale 8,0-10,0 6,5-7,9 <6,5
Granulociti Neutrofili > 2,0 1,5-1,9 1,0-1,4 0,5-0,9 <0,5
Linfociti > 2,0 1,5-1,9 1,0-1,4 0,5-0,9 <0,5
Tossicità gastrointestinale
Tossicità 0 1 2 3 4
Nausea Assente Alimentazione in
quantità adeguata
Alimentazione
possibile ma con
rilevante riduzione
Alimentazione
non rilevante -
Vomito Assente 1 episodio in 24h 2-5 episodi in 24h 6-10 episodi in
24h
>10 episodi nelle
24h, o richiede
terapia parenterale
Diarrea Assente Aumento di 2-3
scariche/die
Aumento di 4-6
scariche/die o
scariche notturne o
crampi moderati
aumento di 7-9
scariche/die o
incontinenza o
crampi intensi
Aumento > 10
scariche/die, o
enterorragia, o
richiede terapia
parenterale
Stomatite Assente
Ulcere non
dolorose, eritema
o dolore lieve
Eritema doloroso,
edema o ulcere ma
può mangiare
Eritema
doloroso,
edema o ulcere
e non può
mangiare
Richiede terapia
parenterale o
supporto enterale
Tossicità epatica
Tossicità 0 1 2 3 4
Bilirubina NLN - < 1,5xVN > 1,5-3,0xVN > 3,0xVN
Transaminasi
(SGOT, SGPT) NLN < 2,5xVN 2,6-5,0xVN 5,1-20,0xVN >20,0xVN
Fosfatasi Alcalina o
5’-nucleotidasi NLN < 2,5xVN 2,6-5,0xVN 5,1-20,0xVN >20,0xVN
86
Alopecia
Tossicità 0 1 2 3 4
Alopecia Asssente Lieve Perdita di
Capelli
Perdita di Capelli
cospicua o totale - -
Tossicità renale
Tossicità 0 1 2 3 4
Creatinina NLN < 1,5xVN > 1,5-3,0xVN 3,1-6,0xVN > 6,0xVN
Proteinuria Nessuna
Alterazione
1+ o < 0,3
g/dl o <3 g/l
2-3+ o 0,3-1,0
g/dl o 3-10 g/l
4+o > 1,0 g/dl o
>10 g/l
Sindrome
Nefrosica
Ematuria Assente Solo
Microscopica
Macroscopica
senza coaguli
Macroscopica
con Coaguli
Richiede
Trasfusione
Tossicità polmonare
Tossicità 0 1 2 3 4
Polmonare Assente o
Nessun
cambiamento
Assenza di
sintomi
Alterazione delle
PFR
Dispnea
all’esercizi
o rilevante
Dispnea
con attività
normale
Dispnea a
Riposo
Tossicità allergica
Tossicità 0 1 2 3 4
Allergia Assente
Eruzione cutanea
transitoria, febbre
da farmaci <38°C
Orticaria, febbre
da farmaci di
38°C lieve
broncospasmo
Malattia da siero,
broncospasmo,
richiede terapia
parenterale
Anafilassi
Tossicità cutanea
Tossicità 0 1 2 3 4
Cutanea Assente o
nessun
cambiamento
Eruzione
maculare o
papuale isolata o
eritema
asintomatica
Eruzione
maculare o
papuale isolata o
eritema con
prurito o altri
sintomi
Eruzione
maculare
papulare o
vescicolare
generalizzata
Dermatite
esfoliativa o
ulcerativa
87
Tossicità cardiaca
Tossicità 0 1 2 3 4
Aritmie Assenti
Asintomatiche,
transitorie non
richiedono
terapia
Ricorrenti o
persistenti,
non
richiedono
terapia
E’
necessaria
terapia
Richiedono
monitoraggio;
ipotensione,
tachicardia
ventricolare o
fibrillazione
Funzione Normale
Assenza di
sintomi,
riduzione della
frazione di
eiezione a riposo
<20% valore
iniziale
Asenza di
sintomi,
riduzione
della frazione
di eiezione a
riposo >20%
valore iniziale
SCC lieve
che
risponde
alla terapia
SCC grave e
refrattario
Ischemia Assente
Appiattimento
non specifico
delle onde T
Assenza di
sintomi,
alterazioni
dell’onda T e
del Tratto ST
che
suggeriscono
ischemia
Angina
senza
evidenza di
infarto
Infarto miocardio
acuto
Pericardica Assente
Versamento
asintomatico,
non richiede
terapia
Pericardite
(sfregamento,
dolore
toracico,
alterazione
dell’ECG)
Versament
o
sintomatico
; è
necessario
il
drenaggio
Tamponamento, è
necessario il
drenaggio
tempestivo
Tossicità neurologica
Tossicità 0 1 2 3 4
Sensoriale Assente o
nessun
cambiamento
Lievi parestesie,
perdita dei
riflessi tendinei
profondi
Deficit sensitivo
obiettivo lieve o
moderato;
parestesie
moderate
Deficit sensitivo
obiettivo grave o
parestesie che
interferiscono con
la funzione
_
Motoria Assente o
nessun
cambiamento
Debolezza
soggettiva;
nessun reperto
obiettivo
Lieve debolezza
obiettiva senza
alterazione
significativa
della funzione
Debolezza
obiettiva con
alterazione della
funzione
Paralisi