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TRASFERIRE APPROCCI DI
FORMAZIONE-INTERVENTO SUPPORTATI
DA METODOLOGIE BLENDED
IL MODELLO FORMATIVO BLENDED
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Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione Europea.
Questa pubblicazione riflette soltanto il punto di vista dell’autore e la Commissione non
può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso possa essere fatto delle informazioni
ivi contenute.
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L’ACTION LEARNING NEI PROGRAMMI DI SVILUPPO
MANAGERIALE: L’ESPERIENZA DELLA SIEMENS– UDO DIERK
Quando si parla di sviluppo manageriale, soprattutto a livelli elevati (senior
management), ci si sofferma solitamente su quali siano i programmi specifici
appropriati ed efficaci. Vista la presenza di grandi sostenitori, ma anche di alcuni
scettici, l‟action learning è sicuramente un buon esempio di programma specifico
oggetto di discussione. Il presente articolo analizza l‟action learning quale tecnica di
sviluppo manageriale, valuta le ragioni della sua crescente applicazione e
popolarità, infine affronta alcuni suoi limiti, siano essi reali o percepiti come tali.
I componenti dell’Action Learning
Il concetto di action learning viene usato in vari modi negli ambienti afferenti alla
formazione aziendale. A tale riguardo, il Professore Heinz Thanheiser, docente di
Strategia alla INSEAD Business School e uno dei massimi esperti di action learning
alla Scuola, usa l‟espressione “Due parole, molti significati” per rendere il concetto.
Esistono infatti molte varianti di action learning, ma tutte sono accomunate dalle
stesse caratteristiche chiave: 1) i contenuti dell‟apprendimento si ispirano ad una
vera sfida o necessità dell‟azienda; 2) i partecipanti interagiscono in gruppi o “set”
(insiemi di soggetti); 3) nel processo di apprendimento è previsto un momento di
riflessione e di discussione a livello del gruppo. Per questi motivi l‟action learning è
molto più del semplice “apprendimento attraverso il fare” (learning while doing) o
dell‟ “apprendimento nell‟impresa, sul lavoro” (on the job learning); la riflessione
individuale e collettiva in seno al gruppo di riferimento è ciò che contraddistingue,
rispetto ad un comune progetto di squadra, un vero percorso di sviluppo a sostegno
delle attività dell‟organizzazione, in altre parole l‟action learning.
La formazione nell‟impresa non è un concetto nuovo: anche in passato esistevano
momenti di formazione attraverso le attività in azienda, ancor prima che esistesse
una struttura formativa organizzata e una definizione di sviluppo formale. L‟action
learning e il suo uso specifico per lo sviluppo manageriale rappresentano
relativamente una novità. A livelli elevati quale forma potrebbe assumere?
Prendiamo ad esempio una grande organizzazione con 200 vicepresidenti, con
necessità ben definite di sviluppo e la decisione di avviare un programma di action
learning. Viene selezionato un sottogruppo di quelle 200 unità, supponiamo 50, che
vengono poi divisi in gruppi o “set” di 6-8 persone. I gruppi così formati sono
eterogenei per la diversità delle funzioni ricoperte, delle unità specifiche
dell‟organizzazione e delle entità geografiche di riferimento. Ad ogni gruppo,
probabilmente anche a più gruppi di persone, vengono affidati progetti aziendali
reali e in fase di sviluppo, da analizzare per giungere ad una presentazione alla fine
di un periodo di circa 3-6 mesi. Nel corso del programma i vari gruppi si incontrano
per coordinare il lavoro da svolgere, per discutere dell‟andamento dei progetti, la
dinamica di squadra e riflettere sugli obiettivi prefissati di sviluppo. Offrono un
valido aiuto i soggetti che moderano la discussione durante alcune, o tutte le
sessioni di incontro. Alla fine del processo i vari progetti vengono sottoposti
all‟esame della direzione aziendale, per la valutazione e l‟eventuale applicazione
nell‟organizzazione (si vedano al riguardo il caso aziendale specifico della Siemens e
il grafico relativo all‟architettura di un prototipo di action learning).
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Fig. 1 – Architettura di un esempio di Action Learning
Il successo crescente dell’Action Learning e i vantaggi offerti
Si elencano qui di seguito alcuni motivi del crescente consenso ottenuto dall‟action
learning. In primo luogo, bisogna dire che, man mano che si sale nella struttura
gerarchica aziendale, diminuisce la possibilità di applicare il modello tradizionale di
sviluppo all‟interno di un‟aula. Fatta eccezione per i programmi formativi per
dirigenti impartiti nelle scuole di economia, solitamente strutturati per migliorare
abilità specifiche, il tipo di sviluppo di cui necessitano i manager produce di solito i
migliori risultati al di fuori dell‟aula. In secondo luogo, l‟action learning espone i
manager all‟analisi di parti aggiuntive dell‟organizzazione, sia attraverso il
contenuto dei progetti (ad es. può darsi che un partecipante faccia parte di un
gruppo che opera per risolvere un problema in un reparto aziendale completamente
diverso), sia attraverso il contatto con nuovi colleghi provenienti da settori o unità
aziendali diverse. I fattori critici di successo per i dirigenti di più lungo corso sono
un‟ampia prospettiva della loro organizzazione e una rete personale di contatti con i
colleghi. Spesso si sottovaluta l‟importanza di riuscire ad elaborare la politica di
grandi organizzazioni aziendali, e i progetti di action learning favoriscono
un‟esposizione a tali realtà e sviluppano le capacità pratiche dei membri del gruppo
nell‟affrontarle. L‟action learning riesce inoltre benissimo a stimolare l‟intelligenza
emotiva di un soggetto, una qualità sempre più riconosciuta come migliore
indicatore di probabile successo nella sua capacità di leadership di quanto sia il suo
QI. Se gestiti correttamente, i programmi di action learning rappresentano un
grande vettore di trasformazione di una cultura organizzativa, soprattutto quando i
progetti di action learning sortiscono un effetto a cascata nell‟intera organizzazione,
partendo dal livello più alto del management e scendendo al gruppo successivo di
responsabili. Infine, vista la pressione continua mirante a ridurre al minimo le spese
effettive e a garantire che tutte le iniziative formative supportino gli obiettivi
aziendali, l‟action learning è opinabilmente la migliore tecnica specifica di sviluppo
per quanto riguarda la rendicontazione dei suoi costi. Per sua definizione, l‟action
learning aiuta l‟organizzazione a centrare i suoi obiettivi.
Emergono inoltre alcuni “effetti benefici collaterali” dei programmi di action learning
per il management. La tecnica acquisita può essere utilizzata per sviluppare una
classe di manager ad elevato potenziale e metterla in mostra di fronte alla direzione
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aziendale, spesso destinataria delle presentazioni finali dei progetti di action
learning. Circolano molti aneddoti sulle “presentazioni finali” dell‟action learning
fatte alla direzione aziendale, che hanno portato ad accettare senza indugi la
proposta di cambiamento di una procedura aziendale fondamentale o di una politica
interna, a lanciare un nuovo prodotto e persino prendere in considerazione
un‟acquisizione strategica o una dismissione.
L’avvio dei programmi di action learning per il management
Come si avvia un programma di action learning? Quali sono gli elementi chiave e le
migliori pratiche?
1) Innanzitutto occorre considerare quali sono le sfide aziendali e, più
specificamente, quali sono le sfide del gruppo dirigenziale. Occorre inoltre
soffermarsi su quali obiettivi si sta cercando di conseguire: creare una capacità
organizzativa, costruire capacità individuali, mettere in mostra un elevato talento
potenziale di fronte agli alti dirigenti, ecc. Se è richiesta un‟esperienza
relativamente limitata nello svolgimento delle funzioni, lo sviluppo delle
competenze potrebbe avvenire in modo ideale nei programmi ad iscrizione
aperta, ad es. presso una scuola di economia. Se si riscontra una necessità
specifica, diciamo di crescita organica all‟interno dell‟azienda, e per varie ragioni
la direzione di un‟organizzazione non mette a disposizione le capacità
determinanti per dare impulso a questa crescita interna, l‟action learning può
rappresentare una grande opportunità.
2) In seguito occorre valutare la cultura organizzativa e le risorse, per stabilire il
tipo di intervento di action learning più indicato e le modalità di attuazione.
Molte sono le domande da porsi: si vogliono creare gruppi multipli di lavoro
operanti nello stesso tempo, alcuni dei quali addirittura sullo stesso problema
aziendale, con il momento finale di presentazione dei risultati in pubblico davanti
al Presidente e Amministratore Delegato (CEO)? L‟organizzazione aziendale
saluterà con approvazione o con obiezione questo tipo di competizione? Il CEO
è la persona adatta per prendere decisioni su due piedi e accettare alcune delle
proposte? E‟ un periodo propizio per avviare un programma? Ci sono manager
disponibili e in numero sufficiente in questo periodo?
3) E‟ necessario ottenere l‟approvazione della direzione. I manager devono
esprimere accordo sui programmi, contribuire alla scelta dei progetti di action
learning oltre che dei partecipanti, e dare il loro contributo nelle fasi finali dei
progetti. Una parte fondamentale dell‟apprendimento sta nel fatto che i progetti
sono reali e, in quanto tali, la direzione deve essere preparata ad intervenire
sulla base di indicazioni e suggerimenti. Se i partecipanti dovessero avere
l‟impressione che i progetti non fossero “dal vivo”, essi non mostrerebbero i loro
veri comportamenti e non disporrebbero di ampie opportunità di riflessione e di
apprendimento. E‟ necessario usare prudenza nella scelta di un progetto che
denoti una certa flessibilità (ad es. un progetto critico per la missione aziendale e
con vincoli di conclusione entro lo stesso trimestre operativo non è un buon
candidato), poiché è necessario concedere il tempo giusto affinché il gruppo di
action learning possa collaborare, riflettere sui propri interventi, cercare apporti
nuovi, effettuare un‟autoriflessione e cambiare potenzialmente il corso degli
eventi sia a livello individuale che collettivo. Molto di tutto ciò è dovuto al fatto di
procedere per tentativi ed errori. Per quanto riguarda i progetti sensibili ai
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requisiti temporali, la riflessione e la comunicazione nel gruppo saranno i primi
fattori ad essere eliminati, privando così il gruppo di una preziosa esperienza di
sviluppo.
4) E‟ necessario strutturare il programma e fissare dei confini. Secondo Jane
Farran, Senior Fellow membro del gruppo del programma di Executive education
alla Wharton Business School, molti programmi non ottemperano a questo
requisito. “È importante costruire una struttura invisibile di supporto. L‟obiettivo
è che i partecipanti possano anche eventualmente inciampare, ma non „cadere
rovinosamente‟ ”. Lasciarli dimenarsi nelle loro difficoltà può essere una mossa
contraria al proprio intuito per chi modera il gioco, ma è importante sapere
quando intervenire e quando no. Spesso le aziende che attuano programmi di
action learning forniscono troppe tessere del puzzle da costruire, oppure iniziano
un programma con una risposta prefissata già in testa, e questo non permette ai
partecipanti di beneficiare dell‟apprendimento. Si impara partendo dai piccoli
insuccessi, dalla riflessione e dalla discussione a posteriori con i colleghi del
gruppo, e si impara anche dall‟incertezza.
Poiché l‟action learning è una metodologia incisiva che aiuta a risolvere problemi e,
nel contempo, ad imparare a livello individuale e in un gruppo di lavoro, è
necessario estrapolare l‟apprendimento dal processo. Si tratta di uno dei compiti
principali del coach/facilitatore. A quest‟ultimo spetta il compito di organizzare
momenti di riflessione con i gruppi coinvolti, a cadenza periodica o su base
spontanea, per riscontrare l‟apprendimento nei membri dei gruppi e condividerlo
con gli altri membri, al fine di potenziare l‟apprendimento. Se questo momento
formativo riflessivo non trova spazi adeguati, l‟action learning perde la sua vera
forza innovativa.
È altresì importante individuare gli obiettivi formativi in una fase iniziale del
processo, sia a livello individuale che di squadra, e di riesaminarli periodicamente
assieme al gruppo. A volte una figura moderatrice può favorire questo processo, e
utilizzare tutta la sua abilità e competenza nel porre le giuste domande che
stimolino il pensiero, la riflessione e l‟autoconsapevolezza.
Siemens: un caso aziendale di Action Learning per i livelli dirigenziali
Siemens è un‟azienda tedesca che conta all‟incirca 420.000 dipendenti, fattura circa
75 miliardi di Euro ed è presente in più di 190 Paesi. L‟80% del suo fatturato
proviene da attività svolte in mercati al di fuori del territorio della Repubblica
Federale di Germania. Siemens è, sotto tutti gli aspetti, una vera e propria
organizzazione globale.
Nel 1997 Siemens ha impostato un‟architettura di Management Learning con cinque
programmi diversi per cinque livelli diversi di gestione all‟interno
dell‟organizzazione: S1, S2, S3, S4 e S5 (la “S” sta per Siemens, e il numero indica
il livello dirigenziale). La durata di ogni programma era di circa un anno e
prevedeva tre workshop in sede, uno all‟inizio, uno a metà del programma e uno al
suo completamento.
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Fig. 2 – Management Learning: sequenza dei programme
Uno degli obiettivi chiave di questi programmi era il miglioramento e il
mantenimento di uno spirito imprenditoriale a tutti i livelli dirigenziali, tra le varie
attività e nei vari Paesi in cui operava la società a livello mondiale. Il gruppo target
di questi programmi era rappresentato dai manager ad elevato potenziale di
sviluppo a tutti i livelli dell‟azienda. Si trattava di un gruppo di circa 12.000
responsabili: i programmi S hanno permesso di formare e potenziare circa 2.000
manager all‟anno in tutto il mondo, con gruppi di 35 persone che partecipavano
simultaneamente ad un programma.
Nello sforzo intenso di ricercare il metodo migliore per generare e stimolare lo
spirito imprenditoriale in un contesto aziendale e in un ambiente formativo, l‟action
learning è stato scelto come metodologia adatta per sviluppare tale competenza
critica. Tale scelta è stata dettata principalmente dal fatto che l‟action learning si
basa sull‟apprendimento “nel mondo reale” degli affari e si concentra sui risultati e
sui progressi conseguiti, tuttavia potrebbe trovare un valido supporto nelle lezioni
impartite da professori di scuole di economia quali quelli del Babson College, ateneo
riconosciuto a livello mondiale per la qualità del suo insegnamento e della ricerca
effettuata nell‟Imprenditorialità aziendale.
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Fig. 1 – Siemens Management Learning
I programmi hanno avuto una durata compresa tra 8 e 12 mesi, offrendo quindi un
contesto temporale adatto per attuare anche i progetti di action learning. Per
quanto riguarda la scelta degli argomenti da sottoporre alle attività di action
learning, sono stati richiesti i suggerimenti dei partecipanti per attingere dalla loro
carica vitale di energia, passione e motivazione nella gestione di un progetto
specifico che, in realtà, avrebbe aggiunto altro lavoro alle loro incombenze
quotidiane. Ad ogni partecipante è stato chiesto di proporre almeno una tematica
da sottoporre all‟attività di action learning nel suo programma. I progetti da
proporre dovevano essere concreti, misurabili e realizzabili. Di conseguenza, un
programma di per sé non sarebbe stato accettato se non fosse stato possibile
quantificarlo (a livello di costi, tempi, elaborazione ecc.) né attuarlo nell‟arco di tre
o quattro mesi. Una volta compilato l‟elenco dei potenziali progetti, tutti i membri
avrebbero avuto la possibilità di votare le proposte migliori. Una volta selezionati
cinque o sei argomenti per ogni programma, il gruppo di circa 35 persone doveva
formare dei gruppi corrispondenti ai progetti scelti. Gli argomenti tipicamente scelti
erano i seguenti: riduzione dei costi, aumento delle vendite, inserimento di nuovi
mercati, sviluppo di nuovi prodotti, rielaborazione dei processi, vendite incrociate e
miglioramento della produttività. Una volta formati i gruppi di lavoro, sono stati
anche definiti gli obiettivi, la prima vera sfida nel processo.
Fig. 2 – Management Learning: struttura dei programmi
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La maggior parte dei progetti e dei gruppi coinvolgevano più Paesi, per questo il più
delle volte le attività sono state svolte avvalendosi di strumenti virtuali, con l‟ausilio
di un software di comunicazione elettronica sincrona (in tempo reale),
notevolmente apprezzato da quasi tutti i manager, per il fatto che offriva la
possibilità di comunicare a voce, a differenza delle chatrooms che permettono
solamente la comunicazione testuale. Si è quindi scoperto che i manager erano più
propensi a parlare che a limitarsi a digitare testi.
Nel corso degli anni sono stati realizzati oltre 1.500 progetti di action learning, il
60% dei quali ha raggiunto gli obiettivi prefissati, e il 20% ha realizzato le sue
attività dopo il programma. Il motivo principale del mancato raggiungimento degli
obiettivi da parte di alcuni gruppi era, in generale, la scelta di obiettivi troppo
ambiziosi. Il dato curioso è che tale risultato mancato non era imputabile solamente
a manager più giovani e con meno esperienza, ma anche a quelli più collaudati, e
questa di per sé è stata una lezione significativa dal punto di vista formativo.
I risultati del progetto non erano semplicemente nuovi piani o strategie aziendali,
bensì hanno prodotto effetti con la loro realizzazione e hanno dato un contributo
notevole ai livelli di riferimento di base nell‟azienda. Questo, probabilmente, è il
motivo principale del notevole entusiasmo e del sostegno fornito dai responsabili di
un determinato settore nell‟inviare rappresentanti a far parte dei programmi o, in
alternativa, nel decidere di partecipare loro stessi e adoperarsi per la buona riuscita
dei programmi.
I programmi “S” hanno offerto ai manager della Siemens un approccio globale
ispirato dall‟eccellenza nell‟imparare dallo sviluppo di progetti “vivi”, ma hanno
anche fornito loro l‟esperienza critica di realizzare i progetti e toccare con mano i
risultati tangibili e misurabili per l‟organizzazione aziendale. I singoli partecipanti
hanno maturato esperienza nel lavoro di gruppo virtuale, multiculturale e
multifunzionale, imparando moltissimo dai loro colleghi e, al contempo, portando a
termine progetti proficui per l‟azienda.
Sfide e tranelli nei progetti di Action Learning
Anche se l‟action learning potrebbe sembrare facile da gestire, esiste comunque
una differenza notevole tra il concetto teorico e la sua applicazione nella realtà.
L‟esperienza Siemens insegna che esistono vari tranelli che ostacolano il percorso di
applicazione dell‟action learning in un ambiente reale, inserito nel mondo aziendale
e assoggettato a limiti di tempo.
1) Scelta di progetti di debole impatto
Uno dei fattori chiave nella scelta di un valido argomento oggetto dell‟action
learning è la sua reale urgenza. Ma questo non basta: non solo la tematica
affrontata deve essere urgente, ma deve anche rivestire una certa importanza.
Le questioni urgenti e importanti sono seguite consapevolmente dalla direzione
fino alla loro realizzazione, perché ciò si tradurrà nella risoluzione di una
questione o di un problema serio per l‟azienda o per parte di essa. Se una
tematica oggetto dell‟action learning non appare né urgente, né di una certa
importanza, non riuscirà a coinvolgere appassionatamente ed emotivamente i
membri del gruppo di Action Learning, i quali non sfrutteranno appieno la loro
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vitalità né dedicheranno tutte le loro energie a tale funzione. La vera formazione
ha bisogno di veri progetti.
2) Scarso supporto esterno
Un altro errore comune è quello di non richiedere il supporto da parte dei
massimi responsabili (Amministratore Delegato, responsabile operativo, consiglio
direttivo), per questo risulta scarso il supporto fornito ai progetti. Un elemento
fondamentale di questo supporto è la disponibilità di una persona di riferimento o
sponsor del gruppo dirigenziale per ognuno dei gruppi di action learning, in
quanto tale persona funge da intermediario per il resto dell‟azienda e può aiutare
il gruppo ad impostare la propria strategia evitando di sfociare in altre
problematiche, mantenendo la direzione giusta dei progetti a livello di rapporto
con l‟organizzazione di riferimento. Gli alti dirigenti devono inoltre dedicare ai
membri del gruppo il tempo necessario per lavorare alle tematiche oggetto
dell‟action learning, poiché la mancanza di respiro e di alleviamento delle
responsabilità quotidiane comporterebbe inevitabilmente uno scarso impegno nel
sostenere il progetto di action learning.
Alla fine di questo processo è necessario l‟impegno della direzione nell‟attenta
valutazione dei progetti da realizzare, o perlomeno la creazione di un canale
comunicativo aperto con i gruppi di lavoro e la chiara motivazione della loro
eventuale decisione di rinvio. Senza tale chiarezza, i membri del gruppo avranno
la sensazione di non essere trattati in modo giusto ed esplicito, e ai futuri
membri di un processo di action learning potrebbe giungere la voce che le
attività previste non producano effetti concreti.
3) Scarso supporto
I programmi di action learning necessitano della giusta dose di supporto. I coach
o facilitatori dell‟apprendimento devono essere in grado di fornire ai gruppi gli
strumenti adeguati per gestire i progetti, oltre agli strumenti necessari per
aiutarli a monitorare l‟andamento delle attività all‟interno del loro gruppo, per
fornire un feedback costruttivo ad altri gruppi e spuntare le voci oggetto delle
verifiche. Troppo spesso si sviluppano programmi senza un coach, e questo
genera difficoltà. I coach e i facilitatori devono assumere un atteggiamento
neutrale negli eventuali conflitti all‟interno di un gruppo e dovrebbero limitarsi a
porre domande, quelle giuste, ma senza commentare e senza mai prendere
posizione in un conflitto.
L‟altro compito principale del coach è facilitare l‟apprendimento nel processo.
Tale figura professionale deve quindi organizzare momenti di riflessione con il
gruppo, anche molto brevi. Senza tale opportunità di riflessione periodica o
spontanea, si hanno ripercussioni negative non tanto sul processo di problem
solving, quanto sulla forza stessa dell‟action learning, quale processo di
apprendimento, che rischia di essere dispersa inutilmente.
4) Formazione inadeguata dei gruppi
Poiché lo spirito vincente di una squadra dipende fortemente dai suoi membri, la
formazione della squadra è un momento cruciale. È necessario che la compagine
di una squadra sia eterogenea al punto giusto in modo da stimolare le idee e
alimentare vari punti di vista. Tuttavia troppa diversità potrebbe generare subito
conflitti all‟interno dei gruppi. Serve anche un numero sufficiente di persone che
possano suddividersi il carico di lavoro, e il giusto impegno profuso dai membri
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del gruppo per risolvere un problema. La chiara definizione di un responsabile
del gruppo fin dall‟inizio favorisce ulteriormente il sereno svolgimento delle
attività. Se, al contrario, coesistono nel gruppo un responsabile formalmente
designato e un‟altra figura di riferimento informale, ciò genera rivalità tra i due
fin dall‟inizio, con la conseguente dispersione delle loro energie in tale
competizione. In questo modo si blocca l‟attività del gruppo. Nella fase di
formazione del project team, accade inevitabilmente che gli organizzatori del
progetto tendano ad inserire nel gruppo un referente con esperienza specifica in
settori inerenti l‟attività del gruppo. Si fa un ragionamento del tipo: “Si tratta di
un progetto di marketing, allora inseriamoci i nostri migliori esperti di
marketing”. Il punto, però, non è avere una situazione in cui hai già una
risposta pronta. Si vuole invece stimolare il pensiero creativo di altri membri del
gruppo che affrontano i problemi da un punto di vista diverso. Allo stesso modo,
per stimolare l‟impegno dei project team è necessario favorire una sensazione di
uguaglianza, senza un esperto o team leader fin dall‟inizio. Il Prof. Heinz
Thanheiser dell‟INSEAD cita alcuni esempi di esperti di un settore specifico che
cercavano di influenzare le attività dei membri del gruppo per l‟intera durata del
progetto, al fine di incanalare il loro modo di vedere le cose verso le loro
posizioni: è veramente solo una perdita di tempo per tutti.
5) Mancato raggiungimento del consenso sugli obiettivi dei progetti
È necessario fissare chiaramente o definire l‟obiettivo del progetto fin dall‟inizio
del processo di action learning. Se un progetto proviene dalla direzione ed è
associato a determinati obiettivi, questi devono essere verificati dal gruppo
quanto alla loro capacità di essere realistici e conseguibili. Se non è così, il
gruppo dovrà studiare alternative o, in caso contrario, rifiutare il progetto. È
necessario che gli obiettivi siano specificati nel modo più preciso possibile poiché,
alla fine del progetto, il gruppo e la direzione devono essere in grado di stabilire
se gli obiettivi sono stati raggiunti o meno. A tale proposito, si cade spesso nella
trappola di fissare obiettivi troppo ambiziosi, da parte del gruppo o della
direzione aziendale, oppure di fissare un tempo troppo breve per la risoluzione
dei problemi. Se il gruppo non è in grado di riconoscere da solo tali limiti, è
compito del facilitatore intervenire e fornire il proprio aiuto al gruppo per fissare
obiettivi adeguati o per rivedere quelli definiti dalla direzione.
L’action learning nel quadro di un programma completo di sviluppo
Supponiamo che un‟azienda intenda avviare un programma di action learning per i
suoi alti dirigenti: la domanda che ci si pone è se ci sia un momento “propizio” o
“sbagliato” per farlo. Altra domanda: come si colloca un programma di action
learning nella strategia più ampia di sviluppo manageriale? È sicuramente
fondamentale non considerare i programmi di action learning come meccanismi di
compensazione con altre iniziative di sviluppo manageriale. Certo è che, se la
vostra azienda ha appena avviato un programma completo di coaching o mentoring
che si svilupperà su svariati mesi, chiedere ai manager di investire il tempo
necessario anche per un programma di action learning sarebbe veramente troppo.
Nella sua esperienza pluriennale la Dott.ssa Carol Zulauf, Professoressa Associata
di Apprendimento nel Bambino e nell‟Adulto alla Suffolk University di Boston, ha
collaborato con molte aziende sui programmi di action learning a livello dirigenziale.
La Dott.ssa Zulauf ritiene che i programmi di action learning abbiano una forte
componente elogiativa e possano rappresentare un elemento all‟interno di uno
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sforzo più ampio di sviluppo. Per esempio è sua l‟osservazione che molte scuole di
economia utilizzano l‟action learning come elemento fondamentale nella loro offerta
formativa, sia per i piani di studio più tradizionali che per percorsi strutturati in
modo aperto. I programmi di action learning paralleli alle attività di coaching
forniscono anche notevoli contenuti oggetto di discussione e riflessione al di fuori
del proprio gruppo o entità di riferimento specifico.
La portata dell‟action learning sta nello sviluppo simultaneo di dirigenti, aziende e
nella risoluzione dei problemi. Il gruppo target ideale per l‟action learning nel
percorso di formazione dirigenziale sono le figure del middle e dell‟upper
management. Essi si trovano a dover affrontare problemi reali nelle loro attività
lavorative, sono desiderosi di sviluppare tali problematiche da soli o con validi
supporti, e dispongono del potenziale giusto per compiere passi ulteriori.
Naturalmente l‟action learning può svilupparsi anche nel top management, ma in
tale ambito è meno sviluppata la propensione a lavorare in gruppi di colleghi e a
risolvere gli stessi problemi, poiché il top management ha una scaletta diversa di
cose da fare. Oltre a ciò il top management è richiesto per fornire le tematiche o le
problematiche dell‟ action learning, oppure per prendersi carico dell‟attuazione della
soluzione proposta.
Raffronto tra Action Learning e formazione dirigenziale in aula
Programmi in aula offerti dalle
scuole di economia aziendale
Progetto Action Learning
Elementi chiave
I partecipanti imparano da un esperto e da figure esterne
Uso mirato su interventi specifici di
sviluppo
Uso di progetti reali; partecipazione di varie aziende
Supporto della direzione
Formazione di vari gruppi Tempi e struttura per favorire la
discussione e la riflessione
Vantaggi Ideale per l‟insegnamento di abilità
ben definite (ad es. aspetti finanziari, marketing, ecc.)
Teorie all‟avanguardia spiegate da professori dinamici
Riscontro con soggetti di altre realtà industriali
Porta a termine un‟attività
necessaria per l‟organizzazione Costruisce capacità individuali e
di gruppo Valorizza l‟autoconsapevolezza Sviluppa la rete di partecipazione
all‟interno dell‟azienda
Punti critici I casi aziendali non hanno un filo
diretto con le organizzazioni specifiche dei partecipanti
Costo (circa 5.000 Euro o più a
persona)
Flessibilità necessaria rispetto ai
risultati conseguibili del progetto Richiede la partecipazione del
senior management
Tempo Breve, 5-7 giorni Lungo, da 2 a 6 mesi
Necessità di supporto e coinvolgimento del senior
management
Nulla – ad eccezione del nulla osta iniziale e dell‟avallo finanziario, non è richiesto un impegno ulteriore da parte del senior management
Elevata – Il senior management svolge un ruolo attivo nella selezione dei partecipanti per i programmi di action learning, nel
contribuire a stabilire i progetti di action learning, nella valutazione finale dei progetti e, in alcuni casi, nella capacità di attuare i suggerimenti scaturiti dall‟attività
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Fig. 3 – Learning principles in Siemens
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METODOLOGIA BLENDED
LEARNING
L‟esperienza di Confindustria Veneto SIAV
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LLAA MMEETTOODDOOLLOOGGIIAA BBLLEENNDDEEDD LLEEAARRNNIINNGG
Introduzione
Al livello macroeconomico di attività delle aziende venete, i fattori
attualmente più decisivi sono, tra gli altri, la globalizzazione dei mercati e la
congiuntura sfavorevole, abbinate ad un quadro caratterizzato da ripetute richieste
di interventi e riforme (ad es. politiche infrastrutturali, politiche relative agli
investimenti per l‟innovazione e la formazione). Questa situazione genera sfide su
vari fronti, che rappresentano una seria minaccia per i due gruppi di soggetti
individuati come destinatari di tali interventi e riforme: da un lato le persone che
lavorano nelle organizzazioni aziendali, a tutti i livelli, dall‟altra le imprese,
soprattutto le PMI.
Di fatto, le realtà produttive di dimensioni limitate si trovano a dover
affrontare crescenti difficoltà nel monitoraggio dei mercati di riferimento, sia per la
crescita di competitività, sia per la necessità di gestire i processi di delocalizzazione
nel recupero di competenze importanti, in grado di sostenere tale cambiamento.
Tale processo comporta rischi quali la perdita di fette di mercato, la graduale
relegazione alla produzione di nicchia e l‟eventuale chiusura. Questo problema
affligge i lavoratori meno qualificati, che sono i primi a pagare le conseguenze della
debole congiuntura produttiva, oltre ai responsabili e ai direttori, per i quali la
mancanza di competenze gestionali utili a guidare la crescita aziendale rappresenta
il tallone di Achille che pregiudica la possibilità di mantenere la loro posizione
all‟interno dell‟azienda.
Per quanto riguarda le cause del problema associato alle dimensioni
aziendali, quelle già citate in precedenza (globalizzazione, congiuntura, interazione
con il territorio, livello degli investimenti e accesso a percorsi di formazione)
assumono caratteristiche specifiche nel territorio del Veneto. I vecchi e nuovi
processi di delocalizzazione, l‟aumento della competitività, la necessità di attuare
continuamente strategie innovative, la tradizionale azienda veneta incentrata
sull‟individuo e sulla famiglia generano notevoli difficoltà per le aziende della
regione a livello culturale, formativo ed organizzativo, nell‟intraprendere una
strategia di crescita anche per mezzo di acquisizioni, alleanze o fusioni.
L’approccio del progetto
La dimensione aziendale, l‟invecchiamento della forza lavoro, la
globalizzazione dei mercati, la necessità di creare reti e innovazione sono molti
problemi da gestire, spesso collegati tra loro e sempre difficili da affrontare. Per
gestire tali problematiche, SIAV ha sviluppato un approccio strutturato in modo
efficace e su vari livelli, con la realizzazione di una serie di attività volte a
sperimentare soluzioni aventi lo scopo di aiutare le aziende e le persone che vi
lavorano a ridurre i rischi della precarietà professionale. Questa strategia prevede lo
svolgimento di attività in alcuni ambiti principali: miglioramento della qualità e
dell‟efficacia dei sistemi formativi per le PMI del Veneto e i loro lavoratori, al fine di
prendere in considerazione anche l‟apprendimento non formale, informale;
rafforzamento del legame che unisce politiche formative, politiche industriali e
politiche di sviluppo locale, per sostenere la corrispondenza delle politiche di
sviluppo per le risorse umane con gli obiettivi di crescita aziendale; sostegno fornito
alle PMI e al loro personale (compresi gli imprenditori e i manager) nel valutare la
posizione dell‟azienda sul mercato sul fronte della competitività e valutare le scelte
strategiche da adottare per la crescita futura e i processi di sviluppo; miglioramento
della mobilità professionale e gestione dei cambiamenti della produzione, con
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l‟attuazione di azioni di supporto per la mobilità orizzontale delle figure
professionali, anche all‟apice della loro carriera.
Questa strategia è stata attuata con l‟attivazione di vari punti fondamentali
quali l‟analisi delle dimensioni e la dinamica di crescita delle imprese; la formazione
basata sull‟approccio blended; le iniziative intraprese a favore delle competenze
manageriali e di sviluppo organizzativo; le misure di supporto per i processi di
crescita, internazionalizzazione e delocalizzazione. A seguito della fase
sperimentale, le attività di monitoraggio e mainstreaming hanno individuato i fattori
di successo, al fine di integrare i risultati e le buone pratiche nei sistemi di
riferimento, corrispondenti al gruppo di tutte le aziende della regione e ai soggetti-
attori pubblici e privati.
Metodologia
L‟approccio metodologico scelto da Confindustria Veneto SIAV nella
realizzazione dei suoi interventi nelle imprese ha una forte componente “blended”.
In altre parole, tale approccio prende spunto da una strategia che comprende
momenti di formazione (sia in presenza che a distanza), attività di supporto,
seminari in totale integrazione con l‟ambiente di lavoro.
L‟approccio blended è stato sperimentato e sviluppato in molte imprese
(soprattutto quelle più grandi) quale strategia di integrazione della formazione nelle
politiche di gestione delle conoscenze. Forte della sua esperienza pluriennale di
interventi al servizio delle piccole e medie imprese, Confindustria Veneto SIAV ha
adattato la metodologia alle necessità delle PMI, sviluppando il modello quale
insieme unitario di vari apporti strategici, quali:
I seminari di informazione, rivolti a manager e lavoratori, aventi lo scopo
di sensibilizzare le persone su argomenti di una certa rilevanza;
Action learning, una metodologia per sviluppare e condividere, assieme a
piccoli gruppi formati all‟interno delle imprese, progetti di miglioramento miranti a
sviluppare le capacità operative e professionali sia dell‟impresa che dei lavoratori;
Coaching, un approccio rivolto a imprenditori e manager, avente lo scopo
di individuare ed elaborare le aree problematiche all‟interno dell‟azienda, cui trovare
una soluzione passando per una strategia di sostegno al cambiamento;
L’uso di piattaforme formative, che consentono ai partecipanti di
condividere in modo permanente argomenti, documenti, discussioni, proposte
emerse dai gruppi di miglioramento.
Facciamo una breve carrellata dei singoli componenti dell‟approccio blended,
visualizzati nella Figura 1:
Figure 1
18
Seminari formativi e di informazione. In molte esperienze progettuali si
organizzano seminari formativi e di informazione a livello interaziendale, secondo
due modelli distinti: seminari di contesto e seminari tematici. I primi sono legati al
territorio e ai settori economici in cui opera l‟azienda. I seminari tematici affrontano
tematiche più ampie, non legate ad un territorio o ad un settore economico
specifico. Entrambe le tipologie di seminari sono gestite da relatori quali esperti,
consulenti, professori universitari supportati da figure testimoniali appartenenti al
mondo aziendale (imprenditori e manager) che vantano una certa esperienza nella
tematica affrontata nel seminario.
Coaching: per coaching si intende qualsiasi forma di supporto all‟apprendimento
che comprenda prioritariamente una formazione comportamentale per migliorare la
performance, sia essa individuale o collettiva. Il coaching personale è un intervento
che ha come obiettivo il sostegno al singolo individuo ed è focalizzato sul target di
performance definito da questa persona, con riferimento ad un contesto e a
tematiche che lo riguardano. Il coaching aziendale è l‟applicazione di questa
metodologia ad individui o a gruppi operanti nell‟impresa, relativamente a
tematiche e argomenti scelti dall‟azienda. L‟executive coaching è rivolto alle
persone che occupano posizioni di massima responsabilità all‟interno dell‟azienda.
Nell‟ambito di ogni esperienza progettuale, il coaching è stato inserito nel progetto
formativo delle aziende come strategia di rafforzamento dell‟impegno profuso a
livello manageriale, focalizzando l‟attenzione sulla visione strategica
dell‟imprenditore. Inoltre la metodologia è stata adattata con il passaggio dal
coaching individuale a quello basato sul gruppo: partendo dalla visione strategica
dell‟azienda, le attività stimolate dal gruppo hanno favorito la progettazione e lo
sviluppo di piani di fattibilità.
Action learning. Si tratta di una metodologia formativa basata sul concetto di
riflessione-azione. Essa si articola in quattro fasi: la prima è incentrata sull‟analisi e
sull‟acquisizione del commitment da parte dell‟azienda (l‟impegno da parte della
proprietà dell‟azienda ad attuare l‟intervento). In questa fase, un esperto esterno
analizza la situazione dell‟azienda relativamente ad un aspetto specifico (ad es.
l‟organizzazione del lavoro, la logistica, il tempo di risposta, la produzione ecc.). Poi
l‟esperto formula un‟ipotesi di intervento che inquadra le risorse umane da
impiegare, la tempistica necessaria e gli indicatori di risultato.
La seconda fase riguarda l‟organizzazione e la realizzazione di attività formative a
livello interaziendale. In questa fase sono coinvolti manager e lavoratori di varie
imprese, al fine di trasferire i contenuti fondamentali da elaborare nella fase
operativa, e creare un rapporto “guidato” di scambio di esperienze tra aziende,
relativamente a caratteristiche specifiche e punti critici.
La terza fase riguarda gli interventi o le attività progettuali in seno alle singole
aziende. In questa fase le attività si svolgono distintamente in ciascuna azienda,
viene fornito supporto ai partecipanti, a livello individuale o di piccoli gruppi, nella
formulazione del loro progetto di miglioramento e nella realizzazione di tale
progetto nell‟ambito delle loro attività quotidiane. L‟ultima fase riguarda il feedback
sui risultati e le soluzioni a vantaggio delle aziende cui appartengono i partecipanti.
Tale attività finale consiste nell‟attività di benchmarking con produzione di output e
cambiamenti.
Nel contesto di ogni singolo progetto, l‟action learning ha aiutato i partecipanti ad
acquisire schemi logici di intervento, abilità e competenze necessarie per affrontare
i cambiamenti associati ai processi di fusione e acquisizione.
19
La metodologia consente la “ricostruzione” dei ruoli e li sviluppa non secondo
schemi classici (quali le funzioni lavorative e le questioni in cui le PMI tendono a
sovrapporre ruoli e generare confusione), ma in una prospettiva di interfunzionalità
che collega i ruoli lavorativi e si basa sul processo lavorativo.
L‟action learning offre un vantaggio notevole, quello di rivolgersi a tutte le
componenti di un‟organizzazione, dall‟imprenditore ai lavoratori. Di conseguenza, le
persone coinvolte sono in grado di sviluppare un‟azione di trasferimento all‟interno
del gruppo e sono motivate dal fatto che si interessano di casi reali che potrebbero
essere loro di aiuto nella normale vita lavorativa.
Uso di piattaforme formative. La piattaforma formative ha l‟obiettivo di facilitare
la comunicazione tra i partecipanti dei gruppi (gruppi interaziendali e intra-
aziendali), a supporto della formazione nelle comunità virtuali, offrendo ai gruppi
strumenti specifici di gestione delle conoscenze quali i forum, il calendario e gli
eventi, con la possibile personalizzazione dei materiali disponibili.
Questa piattaforma supporta il cooperative learning, riduce la necessità di
organizzare incontri e permette lo scambio di materiali tra i partecipanti.
Il modello di intervento
Descrizione delle attività:
A Analisi delle strategie e obiettivi degli imprenditori, analisi delle possibilità
di crescita e dei processi nelle strategie di abbinamento aziendale;
individuazione dei membri del gruppo di apprendimento e programma
temporale
P Presentazione dell‟intervento, condivisione degli aspetti problematici e
strategia, individuazione delle attività necessarie per conseguire l‟obiettivo,
oltre a strumenti e contenuti
S Sviluppo e realizzazione del piano di crescita (lavoro progettuale)
PEOPLE INVOLVED
Entrepreneur
Coach / Subject expert
Operational
Co-teacher / Methodological
expert / Process Owner
Description of activities:
A Analysis of entrepreneurs' strategy and goals, analysis of growth opportunities and processes in business combination strategies;
identification of the members of the learning group and time schedule
P Presentation of the intervention, sharing of problematic issues and strategy,
identification of activities required to achieve the goal, as well as instruments and contents
S Development and implementation of the growth plan (project work)
M Intermediate meetings with the entrepreneur, in order to monitor progress and intervention results,
as well as the consistency of the groups’ activities with the strategy
V Evaluation
A M
S
V
V
COACHING
ACTION LEARNING
ON-LINE COLLABORATION
P S
20
M Meeting intermedi con gli imprenditori al fine di monitorare lo stato di
avanzamento e i risultati dell‟intervento, oltre alla corrispondenza coerente
delle attività dei gruppi con la strategia perseguita
V Valutazione
Il valore aggiunto
Questa metodologia offre un sicuro valore aggiunto per i partecipanti:
- Per le imprese: vantaggi risultanti dall‟intervento in termini di know-how e
condivisione delle preziose conoscenze necessarie per la sopravvivenza e lo
sviluppo futuro dell‟azienda.
- Per i soggetti coinvolti: assimilazione di conoscenze e competenze per seguire
le strategie aziendali;
- Per i sistemi: conservazione, condivisione e mantenimento della conoscenza,
dal punto di vista della gestione della conoscenza.
Entrepreneur Senior Expert Junior Expert Operational Tutor
Analysis of the enterprise’s core
business and growth opportunities
Summary report
(competitive factors)
Coaching
(individual or
group)
Definition of the company group’s goals
and time involved1 Company Goals document
Identification of (operational) workgroup
members
Organizational chart,
work group
Goal sharing
Identification of activities necessary for
achieving the goal (restraints,
resources, budget, time) and
instruments (online platform)
Coaching
(individual or
group)
Monitoring activity on the intervention
progress and results0,5 Company
Blended LearningDevelopment and implementation of
the growth plan2,5
Classroom,
Company,
Platform
Working files, report
files
Coaching evaluation 0,5 CompanyQuestionnaire and
interview
Evaluation 1 Company Final report
TOT. 8
Classroom,
Company,
Platform
project work
METHODOLOGY
DAYS
NECESSAR
Y
Blended Learning 2,5
DOCUMENTSPLACE OF
ACTIVITY
PEOPLE INVOLVED
DESCR. OF ACTIVITIES
On
-lin
e C
ollab
ora
tio
n
Tim
e c
alc
ula
ted
fo
r th
e c
om
pan
y p
roje
ct
Action Learning
Action Learning
Action Learning
21
Difficoltà
Nell‟attuazione del metodo all‟interno dei gruppi target formati nelle PMI si sono
riscontrate le seguenti difficoltà:
- Cultura manageriale inadeguata che ha prodotto alcune resistenze di fronte al
cambiamento;
- Imprenditori gravati dalle attività quotidiane di routine, con conseguente
difficoltà ad impegnarli nello sviluppo di una visione aziendale;
- Ambiguità nel ruolo del formatore / consulente, nel senso che le aziende si
aspettavano che questa figura fornisse loro le soluzioni
Conclusione
Le esperienze maturate da SIAV negli ultimi anni dimostrano che l‟abbinamento
flessibile di diverse metodologie formative e di sviluppo nei percorsi blended può
fornire la soluzione per affrontare le difficoltà e le sfide offerte dalla complessità
odierna. L‟opportuna miscelazione delle varie attività di coaching, mentoring, action
learning, e-Learning rappresenta una soluzione per le aziende nella loro ardua
impresa di rimanere competitive ed efficienti. Il rispetto e la considerazione delle
condizioni locali specifiche sono essenziali per realizzare interventi di successo,
poiché la personalizzazione dei percorsi e la consapevolezza della reale necessità di
percorsi formativi sono il fulcro stesso dell‟intero processo.
22
23
Il modello di trasferimento
adottato e il percorso attuato
24
Il progetto aveva il principale obiettivo di creare un percorso di trasferimento in
grado di assicurare la permanenza delle nuove soluzioni e competenze. Infatti
esistevano fra i partner territoriali grandi differenze, riguardanti sia la loro
provenienza nazionale e regionale, sia i loro ambiti d‟intervento, le esperienze
maturate e le reti locai di riferimento. E‟ stato quindi di fondamentale importanza
tenere in considerazione non solo la contestualizzazione, ma anche i bisogni di
reinterpretazione e di adattamento di tutti gli attori coinvolti nel processo di
trasferimento.
Per questa ragione, grande attenzione è stata data al commitment,
all‟apprendimento e al processo di sperimentazione richiesto ai partner
direttamente coinvolti nell‟acquisizione e implementazione delle nuove soluzioni e
metodologie. La struttura logica adottata per raggiungere questo obiettivo è
rappresentata nella figura sottostante.
Fig. 4 – Architettura logica di BeLT
A. FASE DEL COMMITMENT
Come illustra il diagramma, circa la metà del progetto è stata destinata a
consolidare il commitment all‟interno del team di progetto.
Questa fase può essere suddivisa in tre stadi di attività.
Aumento della consapevolezza
In questo stadio sono state messe a fuoco le “ragioni” per l‟introduzione delle nuove
metodologie della formazione blended supportate dalle tecnologie ICT. L‟obiettivo è
stato quello di evolvere da un generico bisogno all‟identificazione, da un lato, delle
opportunità aperte dalle innovazioni oggetto di studio; e dall‟altro delle reali
implicazioni (e rischi) connessi con la loro introduzione.
La principale attività in questo stadio è stata l‟elaborazione e la condivisione degli
scenari di riferimento dei partner. L‟attività era stata già condivisa e avviata
durante il kick-off meeting, con da una parte il “racconto” dell‟esperienza SIAV,
utilizzata come best practice di riferimento per condividere una rappresentazione
AUMENTO DELLA CONSAPEVOLEZZA
Kick-off
meeting
Scenari
Partner
1 Workshop:
condivisione
scenari
1 workshop: Le esperienze
d’innovazione
2 workshop: - Formazione-
intervento - i LMS
2 workshop:
Le idee progettuali
SVILUPPO DELLA
CONOSCENZA IMPEGNO
SV
ILU
PP
O
CO
MM
ITM
EN
T
DISEGNO DEL PROGETTO
Project
works
Riunioni virtuali
con gli esperti
3 workshop:
Supporto al
transfer
Azioni pilota Audioconferenza: - valuazione dei risultati
- “lezioni apprese”
CONDIVISIONE E
VALUTAZIONE CONSOLIDAMENTO
25
comune delle innovazioni oggetto di ricerca; e, dall‟altra, la presentazione delle
attività e dei contesti socio-economici di riferimento dei partner di progetto.
L‟elaborazione degli scenari ha avuto un duplice scopo:
elaborare la “mappa delle opportunità/barriere”, comprensiva di ipotesi di
interventi di formazione blended, con i loro possibili destinatari, obiettivi e
contenuti generali, e metodologie formative utilizzabili; e delle eventuali barriere
che potrebbero ostacolare la realizzazione di programmi di formazione blended;
verificare la disponibilità delle risorse necessarie per attuare programmi di
formazione blended supportati dalle nuove tecnologie ICT. A questo scopo ogni
partner ha analizzato sia la propria organizzazione, sia la rete dei fornitori di
servizi in cui operava.
Non è stato un caso se gli scenari sono stati confrontati e discussi il giorno
precedente la presentazione delle esperienze d‟innovazione, durante il primo
workshop. Infatti, questa scelta ha facilitato la reinterpretazione delle innovazioni
proposte alla luce delle reali istanze già condivise all‟interno del team.
Sviluppo della conoscenza
Una volta focalizzate opportunità ed esigenze, è iniziato lo studio delle nuove
soluzioni, oggetto del trasferimento. L‟analisi è stata dedicata all‟approfondimento e
alla comprensione dei loro ambiti d‟intervento, dei principi metodologici sottostanti,
dei criteri di progettazione e dei metodi di attuazione e gestione, allo scopo di
preparare il team alla progettazione dei programmi formativi da sperimentare nei
propri contesti di lavoro.
Lo studio è iniziato con la descrizione e discussione delle esperienze d‟innovazione
già identificate durante la fase di progettazione del progetto BeLT. Quindi, durante il
seminario tenuto nell‟ambito del primo workshop, gli esperti hanno proposto
un‟approfondita illustrazione delle seguenti esperienze:
il progetto SIAV, adottato come modello di riferimento per il trasferimento delle
metodologie formative innovative per i paesi del network BeLT;
il Programma di Formazione Manageriale Siemens, di cui il prof. Udo Dierk è
stato ideatore e responsabile. Si tratta di un programma annuale di formazione-
intervento di grandi dimensioni per la qualificazione del management Siemens,
nel quale manager di tutte le funzione del gruppo hanno collaborato alla
realizzazione di soluzioni e innovazioni, in Progetti di Miglioramento d‟Impresa,
supportati anche da un utilizzo avanzato dei sistemi di learning management;
le nuove soluzioni di formazione virtuale interattiva, sviluppate dalla società
ICUS, attraverso l‟utilizzo delle tecnologie e-learning.
Inoltre, il professor Garbellano ha illustrato i risultati di un‟estesa attività di
benchmarking sulla formazione manageriale, realizzato in Europa.
La seconda fase dello studio è consistita nell‟approfondimento delle metodologie
sottostanti le esperienze proposte. Nel secondo workshop, a partire da esperienze
reali utilizzate come “learning histories”, sono stati analizzati principi e linee guida
per progettare, attuare e gestire con successo programmi di formazione-intervento
in diversi contesti organizzativi.
Come precedentemente descritto la formazione-intervento, potenziata dall‟utilizzo
flessibile e integrato delle nuove metodologie e tecnologie della formazione, è stata
adottata dal team BeLT come modello di riferimento per lo sviluppo del
26
trasferimento. Questa scelta ha richiesto l‟approfondimento della comprensione
delle implicazioni progettuali connesse con la doppia funzione della formazione-
intervento: da un lato intervento organizzativo, mirato a fornire risposte a
specifiche esigenze organizzative; dall‟altro qualificazione di individui e gruppi per
cooperare nello sviluppo di nuove soluzioni, trasferendo loro le necessarie
competenze metodologiche e comportamentali.
Pertanto, lo studio si è concentrato soprattutto sui fattori critici per assicurare
integrazione fra queste due dimensioni, le attività richieste per creare e mantenere
l‟impegno dei singoli e dell‟organizzazione, i diversi metodi formativi utilizzabili
all‟interno di un programma di formazione-intervento e i criteri per la loro
integrazione.
Naturalmente, anche le nuove tecnologie a supporto della formazione virtuale sono
state prese in considerazione, e sono stati esaminati fattori di forza e di debolezza
delle soluzioni e-learning e delle funzionalità dei sistemi di learning management.
Impegno
Nella formulazione delle idee progettuali l‟impegno dei partner territoriali si è
concretizzato in reali ipotesi di sperimentazione. La parte finale del secondo
workshop è stata dedicata alla definizione e discussione di queste idee progettuali.
Lo sforzo di contestualizzare le nuove soluzioni e metodologie in progetti coerenti
con sistemi-clienti e ambiti di intervento di ciascun partner ha rappresentato n
fattore d‟importanza prioritaria. L‟attività si è concretizzata nell‟elaborazione di idee
progettuali focalizzate su tre differenti tipi di finalità e ambiti di azione:
i. focus sulla risposta a specifici bisogni del sistema-cliente della propria
organizzazione.
Questo è stato il focus dei progetti SIAV e Kopernicusz. Nel primo caso è stato
progettato un percorso integrato, composto di seminari tematici, formazione
metodologica e lavori di gruppo assistiti, comprendente l‟utilizzo di piattaforme a
supporto dei team virtuali. Lo scopo è quello di assistere numerose imprese
operanti nello stesso settore, nello sviluppo di progetti d‟innovazione. Nel secondo
caso, il programma di formazione-intervento è mirato a supportare il processo
d‟integrazione fra filiali ungheresi di imprese italiane e le loro case madri. Include
corsi formativi tematici, lavori di gruppo per sviluppare soluzioni organizzative e
modli di e-learning su diversi temi trasversali alle singole imprese;
ii. focus sulla diffusione all‟interno della propria rete, mirato a arricchirne il sistema
di offerta
questa è stata la scelta di WM-ZDZ, membro della rete ZDZ attiva su tutto il
territorio polacco. Il programma di formazione-intervento mira a introdurre
programmi di formazione mista, comprensivi di moduli in e-learning e in
formazione in aula, nella formazione professionale offerta dalla ZDZ. Non si tratta
solamente del trasferimento di competenze tecniche, sia per i formatori (nello
sviluppo di contenuti on line), sia per le staff (iscrizioni, tutorship e assistenza on
line); è anche necessario riorientare gli atteggiamenti dei formatori verso le nuove
tecnologie (trattandosi per la maggior parte di formatori professionali altamente
specializzati, che hanno sempre erogato formazione tradizionale in aula).
27
iii. focus sullo sviluppo della propria organizzazione
questa opzione è stata scelta da Eurofortis, giovane società erogatrice di servizi.
In questo caso l‟organizzazione del partner è allo stesso tempo organizzatrice e
destinataria del programma di formazione-intervento, che coinvolge anche partner
esperti che cooperano con l‟azienda. Oggetto del programma di formazione-
intervento è lo sviluppo del business plan di un nuovo servizio. Allo stesso tempo,
Eurofortis migliorerà le proprie capacità nel padroneggiare le metodologie della
formazione-intervento.
B. FASE DELLO SVILUPPO
Questa fase, in cui le idee progettuali sono state sviluppate e sperimentate, e il
trasferimento è proseguito attraverso l‟assistenza e la valutazione fornita dagli
esperti, è articolata nei seguenti tre stadi.
Disegno del progetto
In questo stadio i partner territoriali hanno sviluppato le proprie idee progettuali.
Incontri in virtuale sono stati organizzati fra ogni gruppo e gli esperti, per fornire
loro feed back e assistenza metodologica.
Le “Linee guida per progettare e erogare un programma di formazione-intervento
supportato dalle nuove metodologie formative”, scritto dagli esperti del team BeLT,
ha costituito il quadro di riferimento per la progettazione dei programmi formativi.
Le “Linee guida” hanno tre obiettivi:
supportare e facilitare le attività di progettazione e realizzazione dei programmi
di formazione-intervento dei partner BeLT;
condividere con i partner le best practice realizzate da aziende impegnate in
esperienze leader di formazione-intervento, caratterizzate da alta complessità in
termini di finalità, risultati attesi, metodologie ecc.;
fornire un approccio strutturato per tutti coloro che intendono cimentarsi nella
realizzazione di un programma di formazione-intervento basato sull‟utilizzo delle
nuove metodologie formative blended e delle tecnologie della formazione on line.
Le “Linee guida” sono articolate in due fasi: la fase A, “L‟idea”, è concentrata su
“cosa” è il programma di formazione-intervento supportato da metodologie
formative blended. La fase B, “Gestire il progetto”, illustra “come” il progetto deve
essere realizzato.
L‟assistenza personalizzata, fornita dagli esperti durante gli incontri virtuali, ha
fornito agli esperti e ai gruppi di lavoro l‟opportunità di esaminare e verificare
l‟effettiva fattibilità e coerenza interna di ogni progetto. Particolare attenzione è
stata quindi dedicata alla praticabilità e attendibilità nella formulazione dei bisogni
organizzativi, alla coerenza con obiettivi e contenuti formativi, e alla fattibilità
complessiva dell‟architettura progettuale. Inoltre, sono state identificate azioni
mirate a rilevare le risposte al progetto da parte di potenziali destinatari e partner.
In questo stadio del progetto è stato anche sperimentato l‟uso di differenti
tecnologie a supporto del “virtual cooperative work”. Si è avuta così l‟opportunità di
sperimentare l‟uso di strumenti a supporto delle riunioni virtuali come, ad esempio,
28
la realizzazione di presentazioni on line e la condivisione di documenti, e di
verificarne le effettive funzionalità e criticità.
Condivisone e valutazione
Durante il terzo workshop, corrispondente al terzo stadio della fase, i progetti sono
stati presentati e discussi con l‟intero team BeLT, problemi e questioni ancora
aperte sono stati condivisi, gli esperti hanno fornito i loro feed back su fattori di
forza e di debolezza di ciascun progetto, e sono state definite le azioni successive
da intraprendere.
La discussione è stata condotta adottando un approccio fondato sulla “peer
collaboration”. Si tratta di una metodologia formativa in base alla quale un gruppo
deve apprendere qualcosa, o risolvere un problema, attraverso l‟aiuto reciproco
integrando conoscenze e competenze di tutti. Così, i partner BeLT hanno condiviso
valutazioni e suggerimenti per identificare e risolvere problemi e fattori di
debolezza, attivando in questo modo uno scambio di saperi a beneficio sia dei
“valutati”, sia dei “valutatori”.
I feed back forniti dagli esperti hanno integrato e completato il processo di
condivisione e valutazione. I loro contributi hanno messo a fuoco quattro fattori:
le aree di miglioramento e le opportunità di ciascun progetto;
l‟analisi comparativa dei quattro progetti;
l‟intero processo di apprendimento intrapreso dal team.
Consolidamento
Le azioni pilota messe in atto dai partner si differenziano l‟una dall‟altra in coerenza
con le diverse caratteristiche e con i diversi stadi di avanzamento di ogni progetto,
focalizzandosi su tre differenti linee guida:
attuazione dei programmi formativi e raccolta dei feed back dai partecipanti;
promozione del progetto presso i clienti chiave, e raccolta dei loro feed back;
definizione delle modalità di cooperazione con i partner di progetto.
La call conference finale, realizzata in ottobre, ha concluso il percorso del progetto
BeLT. Il meeting virtuale è stato dedicato alla verifica dello stato dell‟arte dei
progetti di formazione-intervento, all‟analisi dei risultati raggiunti e alle azioni
future per consolidare il processo di trasferimento.
Conclusioni
Come emerge dalla descrizione dell‟intervento, la metodologia della formazione-
intervento non è stata adottata soltanto nella formulazione dei progetti dei partner:
lo stesso progetto BeLT è stato in realtà interamente basato sui principi della
formazione-intervento. Infatti, come riepilogato nella figura sottostante, il processo
di formazione-intervento è fondamentalmente costituito dall‟integrazione di tre fasi:
29
Fig. 5 – Modello base della formazione-intervento
formazione, fase che avvia, accompagna e chiude il processo. Nel progetto
BeLT le sessioni formative sono state realizzate all‟interno di tutti gli incontri di
progetto;
project work, che rappresenta il momento in cui i nuovi metodi acquisiti sono
applicati nello sviluppo di reali nuove soluzioni. In BeLT, fanno parte di questa
attività sia il lavoro di elaborazione realizzato dai partner, sia gli incontri virtuali
con gli esperti;
analisi. Come descritto precedentemente, le sessioni di discussione dei progetti
non hanno avuto solo na funzione di valutazione, ma hanno anche reso possibile
un processo di condivisione dei saperi, in cui ciascuno ha contribuito con la
propria esperienza, le proprie competenze e le proprie idee.
FORMAZIONE
ANALISI PROJECT
WORK
Sviluppo dell’impegno
Obiettivi, metodi e strumenti
“Le lezioni apprese”
Sviluppo delle soluzioni
Apprendere facendo
Valutazione dei progetti
Condivisione dei saperi
Modello base della formazione-intervento
30
31
32