TRAD-ENDO APULIA - dm.uniba.itlauree_scientifiche/lauree_scientifiche/wp... · (presso Troia),...

30
TRAD-ENDO APULIA INTRODUZIONE La storia è la chiave della vita. Intendo immergermi nella tradizione in toto delle Puglie vedendo gli usi e costumi, l'arte, la storia e l'ambiente con occhio scientifico. Questo approccio è finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione del nostro patrimonio a lungo ignorato e obliato. Quella delle Puglie è una storia lunga che vede la vita sin dal Paleolitico medio con l'Homo neanderthalensis e poi con la formazione di Japigia (futura Puglia) che comprendeva i territori della Daunia, nella parte settentrionale, della Peucezia, nella parte centrale, e della Messapia, nella parte meridionale. I Dauni svilupparono una ricca cultura peculiare, non priva però di contatti con altre popolazioni vicine sia greche che indigene, seppur mantenne una sua precisa “indipendenza” culturale. Tra i reperti più significativi di questa civiltà spiccano senz'altro le famose steli daunie, blocchi lapidei scolpiti risalenti al VI secolo a.C., trovate nella piana sud di Siponto, presso Manfredonia, e oggi conservate nel Museo nazionale di quella città. Rappresentano figure umane maschili e femminili fortemente stilizzate ed erano infisse verticalmente nel terreno, in corrispondenza delle sepolture di coloro che raffiguravano. I principali centri dauni erano Tiati (prsso San Paolo di Civitate), Casone (presso San Severo), Lucera, Merinum (Vieste), Monte Saraceno (presso Mattinata), Siponto, Coppa, Nevigata, Cupola, Salapia (parzialmente in agro di Cerignola), Arpi (presso Foggia), Aecae (presso Troia), Vibinum (Bovino), Castelluccio dei Sauri, Herdonia (Ordona), Ausculum (Ascoli Satriano), Ripalta (presso Cerignola), Canosa, Melfi, Lavello e Venosa. I Peuceti, abitavano il territorio che occupava la parte centrale dell'Apulia, corrispondente più o meno all'attuale provincia di Bari. In questo periodo però l'attuale capoluogo pugliese non era una città molto importante, a differenza delle fiorenti città di Canosa, Silvium (l'odierna Gravina di Puglia), Ruvo di Puglia, Bitonto, Azetium (l'odierna Rutigliano), Norba e Trani. La penisola salentina, dai greci anticamente chiamata Messapia (cioè"Terra fra due mari"), era abitata dai Messapi, popolazione di origine illirica o egeo-anatolica. Le città principali, oggi ricordate come dodecapoli messapica per assimilazione con la dodecapoli etrusca, erano in realtà almeno 13: Alytia (Alezio), Ozan (Ugento), Brention/Brentesion (Brindisi), Hyretum/Veretum (Vereto), Hodrum/Idruntum (Otranto), Kaìlia (Ceglie Messapica), Manduria, Mesania (Mesagne), Neriton (Nardò), Orra (Oria), Cavallino (non si hanno notizie certe del nome antico), Thuria Sallentina (Roca Vecchia) e, ai limiti settentrionali della penisola, l'importante città di Egnazia. Intraprendiamo così un viaggio lungo le strade romane che percorrono la regione scrutando ogni elemento caratteristico; e perché no?! Con occhio matematico e scientifico. 1

Transcript of TRAD-ENDO APULIA - dm.uniba.itlauree_scientifiche/lauree_scientifiche/wp... · (presso Troia),...

TRAD-ENDO APULIA

INTRODUZIONE

La storia è la chiave della vita.

Intendo immergermi nella tradizione in toto delle Puglie vedendo gli usi e costumi, l'arte, la storia el'ambiente con occhio scientifico.

Questo approccio è finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione del nostro patrimonio a lungoignorato e obliato.

Quella delle Puglie è una storia lunga che vede la vita sin dal Paleolitico medio con l'Homoneanderthalensis e poi con la formazione di Japigia (futura Puglia) che comprendeva i territori dellaDaunia, nella parte settentrionale, della Peucezia, nella parte centrale, e della Messapia, nella parte

meridionale.

I Dauni svilupparono una ricca cultura peculiare, non priva però di contatti con altre popolazionivicine sia greche che indigene, seppur mantenne una sua precisa “indipendenza” culturale. Tra i

reperti più significativi di questa civiltà spiccano senz'altro le famose steli daunie, blocchi lapideiscolpiti risalenti al VI secolo a.C., trovate nella piana sud di Siponto, presso Manfredonia, e oggiconservate nel Museo nazionale di quella città. Rappresentano figure umane maschili e femminili

fortemente stilizzate ed erano infisse verticalmente nel terreno, in corrispondenza delle sepolture dicoloro che raffiguravano. I principali centri dauni erano Tiati (prsso San Paolo di Civitate), Casone

(presso San Severo), Lucera, Merinum (Vieste), Monte Saraceno (presso Mattinata), Siponto,Coppa, Nevigata, Cupola, Salapia (parzialmente in agro di Cerignola), Arpi (presso Foggia), Aecae

(presso Troia), Vibinum (Bovino), Castelluccio dei Sauri, Herdonia (Ordona), Ausculum (AscoliSatriano), Ripalta (presso Cerignola), Canosa, Melfi, Lavello e Venosa.

I Peuceti, abitavano il territorio che occupava la parte centrale dell'Apulia, corrispondente più omeno all'attuale provincia di Bari. In questo periodo però l'attuale capoluogo pugliese non era una

città molto importante, a differenza delle fiorenti città di Canosa, Silvium (l'odierna Gravina diPuglia), Ruvo di Puglia, Bitonto, Azetium (l'odierna Rutigliano), Norba e Trani.

La penisola salentina, dai greci anticamente chiamata Messapia (cioè"Terra fra due mari"), eraabitata dai Messapi, popolazione di origine illirica o egeo-anatolica. Le città principali, oggi

ricordate come dodecapoli messapica per assimilazione con la dodecapoli etrusca, erano in realtàalmeno 13: Alytia (Alezio), Ozan (Ugento), Brention/Brentesion (Brindisi), Hyretum/Veretum

(Vereto), Hodrum/Idruntum (Otranto), Kaìlia (Ceglie Messapica), Manduria, Mesania (Mesagne),Neriton (Nardò), Orra (Oria), Cavallino (non si hanno notizie certe del nome antico), Thuria

Sallentina (Roca Vecchia) e, ai limiti settentrionali della penisola, l'importante città di Egnazia.

Intraprendiamo così un viaggio lungo le strade romane che percorrono la regionescrutando ogni elemento caratteristico; e perché no?! Con occhio matematico e

scientifico.

1

INIZIO

Intraprendiamo il nostro cammino ripercorrendo le più antiche viabilità costruite dalle grandi civiltàdel passato.

La più importante è quella Francigena o Romea, della quale si hanno prime documentazionirisalenti al IX secolo. La sua funzionalità era strettamente legata alla Chiesa di Roma, infatti fu la

più grande via di pellegrinaggio che congiungeva le tre peregrinationes maiores, la Sacra Sepolturadi San Pietro, Terra Santa e Santiago di Compostela.

Essa giunge nella Puglie attraversandole fino alla punta del tacco italico a Santa Maria di Leuca.

2

La seconda importante via è quella Traiana che parte dalla città di Benevento e giunge fino aBrindisi. Voluta dall'imperatore Traiano e costruita nel 108 d.C. .

La strada continua attraverso Aeca (Troia) Butuntum (Bitonto) e da qui prosegue fino alla metatramite due diversi tracciati:

•la "via Appia-Traiana" lungo la costa che toccava Barium (Bari) ed Egnatia;•la "via Minucia Traiana", interna, che passava per Midunium (Modugno), Capursi (Capurso),Azetium (Rutigliano), Noa (Noicattaro) e Norba (Conversano), per poi riunirsi alla costiera nei

pressi di Egnazia. La strada prosegue poi per terminare a Brindisi.

L'ultima, la più antica, è l'Appia.Una strada romana che collega Roma a Brindisi, uno tra i più importanti porti dell'Italia antica, da

cui partivano le rotte commerciali per la Grecia e l'Oriente. L'Appia, considerata dai Romani laregina viarum (regina delle strade), è universalmente ritenuta una delle più grandi opere di

ingegneria del mondo antico, sia in considerazione dell'epoca precoce in cui fu realizzata (fine IV -III sec. a.C.), sia per l'enorme impatto economico, militare e culturale che essa ha avuto sulla

società romana.

Ma, scrutando attentamente la cartina geografica riportante le antiche viabilità si può scorgere unafamiliarità lampante con la teoria dei grafi, alla base degli automi.

3

L’oggetto della teoria è il cosiddetto grafo G,ovvero una coppia di insiemi (N,A), ove

N = {v1,...,vn} è un insieme finito di elementidetti nodi o vertici mentre A = {e1,...,em} N×N⊆

è un sottoinsieme di coppie ordinate di nodidette archi o spigoli. I nodi sono rappresentati

con cerchi mentre gli archi sono linee chepartono dal primo nodo della coppia e terminanonel secondo nodo. I grafi fin qui introdotti sono i

cosiddetti grafi non orientati.

Un’altra famiglia rilevante è quella dei grafiorientati. Il grafo G = (N,A) è orientato se gli

archi sono considerati come coppie ordinate dinodi e l'arco è uscente da un nodo ed entrante in

un altro.Un grafo è definito completo se due qualsiasi dei

suoi nodi sono adiacenti (esiste un arco che liconnette).

Un grafo si dice misto quando presenta archi orientati e non orientati.

Si tratta di multigrafo quando esistono due o più archi distinti che hanno come estremi la stessacoppia di nodi.

Prende il nome di grado del nodo il numero di archi ad esso incidenti.

Un grafo con “molti” archi rispetto al numero dei nodi è chiamato denso, mentre al contrario ungrafo con “pochi” archi è detto sparso.

Un grafo pesato è un grafo a cui sono stati associati dei pesi ad ognuno dei suoi archi o ad ognunodei suoi nodi.

Un "percorso" di lunghezza n in G è dato da una sequenza di nodi e da una sequenza di archi che licollegano. I nodi v0 e vn si dicono estremi del percorso.

Un percorso con gli archi a due a due distinti tra loro prende il nome di cammino.

Un cammino chiuso (v0= vn) si chiama circuito o ciclo (come nel nostro caso).

4

Giunti in Puglia attraverso la via Appia, incontriamo la città di Troia. Un comune di circa 7000 abitanti nella provincia di Foggia, situato sulle pendici del Subappennino

Dauno a ridosso del Tavoliere delle Puglie. La cittadina ha origini antichissime, secondo laleggenda, nel XII-XI secolo a.C. . Il borgo vide numerosi assedi, da quello di Enrico II a quello di

Federico II di Svevia; si tennero qui i tre concili papali.La cittadina custodisce un immenso patrimonio storico,artistico e culturale, tanto da farne uno dei

borghi più affascinanti di tutta l'Italia meridionale.Emerge in tanto splendore la concattedrale fondata nel 1093 e rientra tra le più belle chiese in stile

romanico, nonché, unica al mondo per il suo rosone ad undici razze.

La Cattedrale è un edificio a croce latina ed è dedicato alla Beata Maria Vergine Assunta in Cielo. È uno dei capolavori dell'architettura romanica, non tanto per le proporzioni quanto per l'armonia

della costruzione.La facciata è larga 19 metri ed è alta (alla cuspide) 28,5 metri. Dalla soglia all'abside la cattedrale è

lunga 54 metri. In totale la costruzione occupa una superficie di circa 1325 m².La cattedrale venne costruita sulla base di un preesistente edificio bizantino e con materiali

riutilizzati, ricavati dall'antica città romana.La sua storia è legata all'importanza non solo spirituale, ma anche temporale che il vescovado aveva

all'esterno della città. Soprattutto nei periodi in cui Troia subì gravi conflitti politici, la cattedralerimase il simbolo del potere del vescovo, in quei casi unico rappresentante del potere temporale.

Dal punto di vista architettonico la costruzione è divisa da un cornicione che distingue la partesuperiore, più leggera e dai tratti più lievi, dalla

parte inferiore, compatta, ravvivata dalla presenza di archi ciechi e semicolonne. La parte superioredella facciata, che riprende la zona interna della navata centrale, è caratterizzata da un tetto a doppiospiovente che è sorretto da due ampi contrafforti. Ma ciò che determina la peculiarità della facciataè il gioco di parti architettoniche e scultoree, che formano un'armonia particolare. Un importanteinteresse merita il rosone, unico nel suo genere, che colpisce l'osservatore per la sua indiscussa

bellezza.

5

Il rosone è un eccelso esempio di tecnica scultorea a traforo: composto da undici colonne (di unostile simile all'ordine corinzio) che si irradiano dal centro dello stesso secondo angoli uguali

(32,72°), a loro volta connesse con un gioco di archi che fanno da cornice; è suddiviso in undici"spicchi". Questi ultimi sono decorati con diaframmi traforati diversi tra loro e diversi dalla

decorazione degli archi, creando così ben ventidue decorazioni differenti ottenute esclusivamentecon la tecnica del traforo, facendo apparire il rosone come un ricamo merlettato.

Figure ricorrenti di questi trafori, ottenuti scolpendo nastri intrecciati, sono: il quadrato, la losanga,la croce, il rombo, il cerchio, tutte figure geometriche fortemente simboliche.Il quadrato, la losanga e il rombo: il finito, la perfezione (quattro lati uguali).

La croce: la salvezza, Gesù con le braccia aperte.Il cerchio: la perfezione, l'eternità, la morte e resurrezione.

All'incrocio delle arcate spiccano undici fori trilobati, tutti eguali tra loro, formati da tre cerchiintersecanti, uguali e distinti allo stesso tempo. Questa figura è la rappresentazione simbolica della

Trinità, cioè Dio uno e trino.Al centro del rosone le undici colonnine poggiano su uncerchio di pietra lavorata a squame, a determinare unadecorazione che ricorda una corda che si chiude o un

serpente che si morde la coda, simbolo dell'eternità, dellamorte e resurrezione, oltre ad essere di forma circolare,simbolo della perfezione. Il centro del rosone, dunque,

simboleggia la figura di Gesù Cristo.Poiché le colonnine sono in numero dispari (11), il rosone

appare asimmetrico. La scelta di questo numero dicolonnine, però, non è casuale: bisogna notare il fatto che ilnumero 11 ha un forte significato simbolico. Quest'ultimo,infatti, è il numero degli apostoli senza considerare Giuda

Gli archi che sormontano le colonne, per ricoprire l'intero rosone, sono undici. Partendo dall'apicedi una colonna e seguendo l'andamento degli archi,

per tornare al punto di partenza è necessariocompiere due giri del rosone

Numerando le colonne, vediamo che la prima seriedi archi va da 1 a 3, a 5, a 7, a 9, a 11.

Dall'undicesima colonna parte la seconda serie diarchi, che va da 11 a 2, a 4, a 6, a 8, a 10, a 1.

Quest'ultimo, cioè, è composto da una serie di 6+5archi che si rincorrono. Anche in questo caso si ha

un significato simbolico nascosto ma moltoimportante: sei e cinque rappresentano

rispettivamente macrocosmo e microcosmo, Cieloe Terra. Il numero undici, essendone la somma,rappresenta l'unione tra queste due realtà, tra ciò

che è terreno e ciò che è divino.Sopra ogni colonna e come cornice di ogni arco è

presente una forma composta da tre lobi.

6

Oltre all'indubbio fine estetico, anche in questo caso siamo di fronte ad un simbolo: questa forma,generata dall'intersezione di tre cerchi distinti e separati, simboleggia la Trinità.

Le curve che compongono il rosone sono:

l'epicicloide, ossia la curva piana descritta da un punto di unacirconferenza la quale ruota esternamente lungo un’altra

circonferenza

la circonferenza, è il luogo dei punti delpiano che si trovano ad una distanza data,

detta raggio della circonferenza, da un puntofisso, detto centro della circonferenza. Lecirconferenze sono curve chiuse semplici,

che dividono il piano in una parte interna eduna esterna. La parte di piano contenuta in

una circonferenza, insieme allacirconferenza stessa, prende il nome di

cerchio

il fascio di rette proprio, ossia l'insieme delleinfinite rette passanti per un punto prefissato.

7

Ed ecco l'applicazione delle figure geometriche del rosone:

la prima figura analizzata è stata l'epicicloide

figure tribolate

circonferenze e archi di circonferenza

8

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

fascio di rette proprio

così sono sovrapposte le figure al rosone:

9

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

2 1 1 2

2

1

1

2

Proseguendo il nostro viaggio verso sud-est lungo la via Appia-Traiana, scorgiamo in lontananzauna grande opera architettonica posta su un rilievo.

Il territorio è quello di Andria nella provincia di Barletta-Andria-Trani, in cui si erge la magnificacostruzione di Castel del Monte.

Un edificio del XIII secolo fatto costruiredall'imperatore Federico II in Puglia, a 18km dalla città, nei pressi della località di

Santa Maria del Monte.È situato su una collina della catena delleMurge occidentali, a 540 metri sul livello

del mareÈ stato inserito nell'elenco dei monumenti nazionali italiani nel 1936 e in quello dei patrimoni

dell'umanità dell'UNESCO nel 1996.

L'origine dell'edificio si colloca ufficialmente il 29 gennaio 1240, quando Federico II Hohenstaufenordinò a Riccardo da Montefuscolo, Giustiziere di Capitanata, che venissero predisposti i materiali

e tutto il necessario per la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria del Monte(oggi scomparsa).

Pare che fu costruito sulle rovine di una precedente fortezza prima longobarda e poi normanna.Probabilmente alla morte di Federico II (avvenuta nel 1250) l'edificio non era ancora terminato.

La sua funzione è ancora ignota agli studiosi e pare che sia stata solo di rado adibita a sala per festeregali.

L'edificio è a pianta ottagonale (lato esterno: 10,30 mintervallo tra le torri più diametro di ogni torre: 7,90 m)

e a ogni spigolo si innesta una torretta a sua voltaottagonale (lato 2,70 m), mentre l'ottagono che

corrisponde alla corte interna ha lati la cui misura variatra i 6,89 m e i 7,83 m. Il diametro del cortile interno è

di 17,86 m. Il diametro dell'intero castello è di 56 m,mentre il diametro di ogni torre è di 7,90 m. Le torri

sono alte 24 m e superano di poco l'altezza delle paretidel cortile interno (20,50 m).

Lo spazio interno è suddiviso in due piani, rialzatirispetto al piazzale antistante di 3 e 9,5 metri rispettivamente. Le stanze, trapezoidali, sono divise da

muri che congiungono gli spigoli dell'ottagono interno e gli spigoli di quello esterno, dove siimpostano le omologhe.

La comunicazione tra il piano inferiore e quello superiore è assicurata dalla presenza, non in tutte leotto torri, delle scale a chiocciola. Le scale si sviluppano secondo un senso antiorario e constano di44 gradini trapezoidali che si dipartono da una colonna centrale del diametro di circa 22 centimetri.

Il piano superiore, per quanto ricalchi la struttura del piano inferiore, si presenta più raffinato ecurato: i costoloni che sorreggono le volte sono più slanciati, ed ogni sala è vivacemente illuminata

dalla presenza delle finestre bifore o, in un caso (il lato che guarda verso Andria), trifora. Laparticolarità di queste finestre è la presenza di gradini e di sedili che le fiancheggiano. Lungo le

pareti di ogni sala corre un sedile al di sotto della base delle colonne.Degno di particolare attenzione, all'interno del castello è il marchingegno di manovra dell'antica

saracinesca di chiusura del portale principale, visibile con tutti i meccanismi necessari, all'internodella muratura portante, per lo scorrimento delle catene che lo sostenevano.

10

Il portale di ingresso principale si apre sulla parete della struttura ottagonale orientataapprossimativamente ad est, vale a dire di fronte al punto in cui

sorge il sole in coincidenza degli equinozi di primavera e d'autunno.Ad esso si accede attraverso due rampe di scale simmetriche,disposte "a tenaglia" ai lati dell'ingresso, ricostruite nel 1928.

A differenza del semplice ingresso secondario dalla parte opposta,orientata a ponente, dell'edificio (costituito da un semplice portale adarco a sesto acuto), l'ingresso principale è decorato con due colonne

scanalate che sorreggono un finto architrave su cui si imposta unfrontone di forma cuspidale.

Ogni parete presenta due finestre: una monofora in corrispondenzadel primo piano e una bifora per il secondo piano, non sempre inasse tra loro. Da questa regola si discosta la facciata orientale ed

occidentale (quelle in cui sono posti i due portali) che nonpresentano la monofora, e la facciata settentrionale, che presenta una

trifora (dal lato che guarda verso Andria) per il secondo piano.Ulteriori feritoie sono presenti sulle torri, per dare luce alle scale a chiocciola interne.

Dal punto di vista strutturale le mura tra le torri si ergono direttamente dal terreno, mentre le torripresentano uno zoccolo, messo in risalto nella parte superiore da una cornice in stile gotico.

Ad ulteriore prova della perfezione strutturale dell'edificio si può notare come le tangenti ai lati delcortile interno si incontrano precisamente al centro delle torri ottagonali.

Nel cortile interno la compattezza delle mura è attenuatasolo dalla presenza di tre ingressi nella parte inferiore e tre

"porte finestre" nella parte superiore. La sensazioneall'interno del cortile è che tutto il primo piano funga da

zoccolo per il piano superiore, alleggerito dalla presenza diarchi ciechi.

In alcuni resoconti scritti esistono indicazioni circal'esistenza di una vasca, o fontana, al centro di questo

cortile, secondo alcuni anch'essa ottagonale e costituita daun unico blocco di marmo, poi

distrutta.Al di sotto del piano di calpestio del cortile è presente una grande cisternaper la raccolta delle acque piovane, aspetto tenuto in gran conto in questoedificio tanto che erano presenti altre cinque cisterne di raccolta all'interno

delle torri; quella al di sotto del cortile interno è l'unica rimasta funzionante.Le alte pareti da cui è formato il cortile interno danno l'idea di trovarsi

all'interno di un pozzo, che nella simbologia medioevale rappresentava laconoscenza.

La decorazione dell'edificio, in origine assai ricca ma oggi quasi del tuttoscomparsa, si segnala per le chiavi di volta dei costoloni decorate con

creature mitologiche e motivi vegetali, caratteristici del realismo della tardascultura sveva, di ispirazione romaneggiante. Architettura e scultura

tradiscono influenze dell'edilizia francese e di quella cistercense.Ricche cornici in porfido decorano le porte.

11

La struttura è composta principalmente da tre diversi materiali, la cui disposizione non è casuale maè studiata per l'effetto cromatico che ha nell'osservatore:

•la pietra calcarea è il materiale preponderante, dal momento che di questo materiale sono compostetutte le strutture architettoniche e alcuni elementi decorativi. Tale materiale dona alla costruzione

una colorazione che va dal bianco al rosato, a seconda del periodo del giorno in cui si osserval'edificio;

•il marmo bianco o con leggere venature, oggi presente solo in rare decorazioni nelle sale, dovevarappresentare in passato il materiale di cui era costituito tutto l'arredo e le decorazioni dell'edificio;

•la breccia corallina, che dona un'importante nota di colore alla struttura. In passato l'effetto dellabreccia corallina doveva essere più marcato, dal momento che tutti gli ambienti erano rivestiti di

lastre di questo materiale.

Adesso osserviamo innanzi tutto come nasce il Castello da questa elaborazione geometrica che,peraltro, coesiste con le cadenze astronomiche confermandoci chegli antichi costruttori conoscevano segreti che consentivano loro,

nell'edificazione di monumenti di particolare significato, diarmonizzare le leggi della matematica e della geometria con

quelle naturali dell'astronomia e della geografia.Tracciamo quattro rettangoli in rapporto aureo, cioè che abbiano

il lato maggiore e quello minore nel rapporto di l,618 (se dividiamo il lato più lungo per 1,618 otteniamo quello piùcorto) e disponiamoli in croce in modo da ottenere una croce

greca ed una croce di S. Andrea sovrapposte tra loro. Maimmaginiamo di essere noi i

costruttori del Castello, iMagistri del Medio Evo, e di

trovarci sul cantiere dei lavori dove ora sorge Castel del Monte edi disporre di una Tavola di Tracciamento.

Disegniamo quindi sulla Tavola i quattro rettangoli.Noteremo subito che al centro si disegna un ottagono ed un

secondo ottagono si traccia alla periferia. Questi due ottagonisaranno le pareti delle sale del

Castello. Ma non basta perché itriangoli isosceli con le loroaltezze determineranno lo

spessore dei muri esterni delcastello e con la lunghezza dei

cateti quella che deve essere la lunghezza del lato di ogni torremisurata alla base, gli zoccoli inclusi. Le torri dovranno

necessariamente essere ottagonali perché l'impone l'angolo di135° che si apre tra le coppie dei triangoli.

Non è finita perché se dal centro della composizione conduciamodelle rette che passino per i punti in cui le coppie dei triangoli si

congiungono, otteniamo il disegno trapezoidale delle sale.

12

Appare chiaro che abbiamo fatto della geometria e che questa elaborazione possiamo realizzarla piùgrande o più piccola a seconda che più grandi o più piccoli siano i rettangoli in rapporto aureo che

usiamo all'origine.Per ottenere Castel del Monte nelle dimensioni reali bisogna tracciare dei rettangoli con un lato di

22 metri e l'altro di 35,60 metri.

Nel 1200 il sistema metrico decimale non esisteva e quindi quei 22 metri del lato minore delrettangolo, che rappresenta la sezione aurea del lato maggiore e quindi l'essenza della divinaproporzione tanto onorata dagli antichi, altro non possono essere che 40 cubiti sacri di cm 55

ciascuno (22:0,55 = 40), ossia la misura usata da Re Salomone per edificare il Tempio diGerusalemme. Il lato più lungo dovrà essere per rispettare il rapporto aureo di 1,618 esattamente di

64,72 cubiti sacri (40 x 1,618 = 64,72) pari appunto ai 35,60 m (64,72 x 0,55 = 35,596) che oggimisuriamo.

Il “Numero d’Oro” è un particolare rapporto matematico, definibile sia in ambito geometrico chearitmetico, pari a 1.618 studiato fin dai tempi di

Euclide e Pitagora, e rappresenta il rapportocostante esistente tra il raggio di una circonferenzaed il lato del decagono regolare in essa inscritto.Indica il rapporto fra due lunghezze disuguali,

delle quali la maggiore è medio proporzionale trala minore e la somma delle due. In formule, se è la

lunghezza maggiore e quella minore.Per tale numero, quindi, ogni determinata potenza

è pari alla somma tra le due potenze ad essaprecedenti.

Il Numero d’Oro fu studiato con particolareattenzione dal matematico Leonardo da Pisadetto Fibonacci, frequentatore della corte di

Federico II. Fibonacci, infatti, studiò leparticolarità di una serie numerica in cui ognitermine è la somma dei due termini ad esso

precedente.

1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, …

La successione che si ottiene dividendo ogni numero della serie per il minore che lo precede risultaessere convergente al numero irrazionale

(√5 + 1)/2

la cui approssimazione alle prime tre cifredecimali è, per l’appunto, 1.618.

La stessa proporzione che si ritrova nelColosso di Barletta

13

Dunque applicando la successione agli elementi del castello si nota:

1 trifora1 cortile

2 leoni all'ingresso3 scale a chiocciola

5 camini 8 torri

13 monofore che si affacciano al secondo piano21 modiglioni sul portale

34 quadrifogli ornamentali 55 lati (escluso quello del portone principale)

14

Il tempo è tiranno, mancano ancora due tappe importanti del nostro tour e uno di questi è Azetium.Percorrendo la via romanica ci si ritrova in un'antica, felice e ridente cittadina, il frutto di diversi

abitati che intrattenevano strettissimi rapporti con l'antica Roma per le numerose produzioniagricole e manifatturiere. In quest'ultimo campo, con la fine lavorazione dell'argilla dando vita ai

più disparati oggetti, dal vasellame ai fischietti tutti minuziosamente decorati a mano.Gli antichi insediamenti risalgono ai tempi preistorici del neolitico e vedono il susseguirsi di vita

fino all'epoca medievale con la nascita dei centri di Bigetti, Timine, Cabiano, Minerba, Purgatorio,Casilio, S. Martino, Madonna delle Grazie, S. Lorenzo, Cipierno, Le Rene, Petruso e le lame

naturali che hanno ospitato per secoli gli uomini primitivi nelle insenature e nelle grotte scavatedallo scorrimento delle acque come L'Annunziata, Lama Rubea, Lama S. Giorgio e Lama Giotta.

Guardando la posizione dei diversi centri si può capire l'importanza dei corsi d'acqua in prossimitàdei quali essi sorgevano. Le lame, infatti, hanno ricoperto nella storia della zona un ruolo vitale

poiché è da esse che nasce la vita; con la presenza del limo e altri nutrienti la terra è molto fertile epermette una fiorente coltivazione che ha visto nel corso dei secoli l'ingegnarsi dell'uomo che ha

adottato, via via, metodi di coltura diversi e sempre più perfezionati.Rigogliosa domina la macchia mediterranea che caratterizza il territorio con i suoi diversi

esemplari dai colori vivaci che consentono un agevole e ricco sviluppo della fauna.Quella di questo ecosistema è formazione vegetale arbustiva costituita da specie sclerofille, cioè

con foglie persistenti poco ampie, coriacee e lucide, di altezza media variabile dai 50 cm ai 4 metri.La macchia mediterranea si può diversificare per composizione floristica e sviluppo strutturale:

Macchia alta. La vegetazione dello strato superiore è prevalentemente composta da specie aportamento quasi arboreo, con chiome che raggiungono i 4 metri d'altezza. In questa macchia sonorappresentative le specie del genere Quercus (leccio e sughera), quelle del genere Phillyrea (ilatro eilatro sottile), ed inoltre Arbutus unedo, cioè il corbezzolo, alcune specie del genere Juniperus (in

particolare Ginepro rosso), il lentisco e altre di minore diffusione.

Macchia bassa. La vegetazione dello strato superiore è prevalentemente composta da specie aportamento arbustivo, con chiome che raggiungono al massimo i 2-3 metri d'altezza. Nella

composizione floristica possono entrare specie delle garighe, come l'euforbia arborea, le ginestre ealtre cespugliose quali i cisti, il rosmarino, l'alloro e il cappero.

15

La macchia mediterranea presenta una distribuzione prevalente nelle zone caldo-aride,caratterizzate da inverni miti e umidi ed estaticalde ed aride, con scarse precipitazioni. Ad

effetto di tali condizioni, specie fra gli arbusti,ed in generale, è diffuso il fenomeno dellaestivazione totale o parziale, cioè le piante

concentrano la fase di maggiore vegetazione ininverno o in primavera, mentre sono in parziale

o totale stasi vegetativa in estate.La maggior parte delle zone di macchia

mediterranea si sviluppa sui declivi con suolopoco profondo e soggetto a un rapido

drenaggio, su cui le formazioni della macchiasvolgono una funzione importantissima di

difesa del suolo dalla erosione da parte degliagenti atmosferici, assicurando un'efficace

regolamentazione idrogeologica.Costituisce un esempio di microambiente,

fornendo nutrimento e riparo a insetti, anfibi,rettili, uccelli e mammiferi.

La macchia rappresenta un potenziale stadio dievoluzione verso la formazione forestale dellalecceta, la più tipica delle foreste mediterranee.Tipica è la presenza dell'olivasto, una specie di

olivo selvatico.Essa non è l'unica presente nel territorio, infatti,

largamente diffuso è anche l'olivo o ulivo da frutto.L'olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta comincia a fruttificare verso il 3º–4º

anno, inizia la piena produttività verso il 9º–10º anno; la maturità è raggiunta dopo i 50 anni. È unapianta molto longeva: in condizioni climatiche favorevoli un olivo può vivere anche mille anni. Leradici, per lo più di tipo avventizio, sono molto superficiali ed espanse, in genere non si spingono

mai oltre i 60–100 cm di profondità.

Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro epesante.

La ceppaia forma delle strutture globose, dette ovoli, da cui sono emessi ogni anno numerosi

16

polloni basali. La chioma ha una forma conica, con branche fruttifere pendule o patenti (disposteorizzontalmente rispetto al fusto) secondo la varietà.

È una pianta sempreverde, la cui attività è pressoché continua con attenuazione nel periodoinvernale. Le foglie sono opposte, coriacee, semplici, intere, ellittico-lanceolate, con picciolo cortoe margine intero, spesso revoluto. La pagina inferiore è di colore bianco-argenteo per la presenza di

peli squamiformi. Le gemme sono per lo più di tipo ascellare.Il fiore è ermafrodito, piccolo, con calice di 4 sepali e corolla di petali bianchi. I fiori sono

raggruppati in numero di 10–15 in infiorescenza a grappolo, chiamate mignole, emesse all'ascelladelle foglie dei rametti dell'anno precedente. La mignolatura ha inizio verso marzo–aprile. La

fioritura vera e propria avviene, secondo le zone, da maggio alla prima metà di giugno.Il frutto è una drupa globosa, ellissoidale o ovoidale, a volte asimmetrica, del peso di 1–6 grammi

secondo la varietà, la tecnica colturale adottata e l'andamento climatico.Su scala nazionale è proprio la Puglia ad offrire il maggior quantitativo di olio extravergine di oliva

di qualità unica e impareggiabile. Le olive sono tradizionalmente raccolte da metà ottobre a fine dicembre su apposite reti, in alcunezone battendo i rami con bastoni flessibili, in modo da provocare il distacco dei frutti, oppure in

altre, attendendo la completa maturazione e quindi la loro caduta naturale dalla pianta dell'albero,come in salento. Una tecnica più moderna prevede l'utilizzo di abbacchitori meccanici che scuotono

i rami, ma con un maggiore danno per la pianta, e provocano la caduta delle olive su una retepredisposta a terra che permette poi di raccoglierle più rapidamente e con minore fatica. Metodo

diffuso nelle grandi aziende di produzione superintensiva.La raccolta a mano con appositi pettini e sacche a tracolla (metodo lungo ma con la possibilità discegliere i frutti) su lunghe scale a pioli di legno, è ancora praticata in molte zone della Puglia.

Questa tecnica è sicuramente la più dispendiosa, ma consente tuttavia di raccogliere frutti integri eal giusto grado di maturazione. È ancora preferibile per le olive da conserva, ma rappresenta il

primo degli elementi fondamentali per ottenere un olio extravergine di oliva fragrante e privo diodori sgradevoli.

Non meno importante al fine di ottenere un olio vergine esente da difetti è il metodo di stoccaggiodelle olive. L'ideale è che le olive siano raccolte in apposite cassette aerate in plastica, non in legno,e sacchi e che queste cassette siano conservate lontano da fonti di calore e che le olive siano frante

nel giro di 24-48 ore dalla raccolta. Questo garantisce che le olive non fermentino.La produzione dell'olio di oliva di maggiore importanza si basa su processi di estrazione

esclusivamente meccanici. In questo modo si distinguono merceologicamente gli oli vergini daquelli ottenuti mediante processi basati su metodi fisici e chimici (oli di semi, oli di oliva rettificati

e raffinati, oli di sansa). Esistono due tecniche di estrazione: quella classica e quella modernaAltre tecniche prevedono l'impiego di metodi fisici e chimici. Va però detto che le norme e gli

standard di qualità stabiliscono che un olio di oliva possa essere definito vergine solo se per la suaproduzione siano stati impiegati esclusivamente metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a

metodi chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti edistinte dal vergine.

Le linee di lavorazione nell'estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle singole fasi,pertanto esistono tipologie di impianto differenti. Oltre che per le caratteristiche tecniche, gliimpianti differiscono in modo marcato per la capacità di lavoro, il livello di meccanizzazione,

l'organizzazione del lavoro, la resa qualitativa e quantitativa, i costi di produzione.

17

In generale la linea di produzione di un oleificio comprende cinque fasi fondamentali:•operazioni preliminari;

•molitura;•estrazione del mosto di olio;

•separazione dell'olio dall'acqua;•stoccaggio, chiarificazione e imbottigliamento.

In linea generale la resa delle olive può avere notevoli variazioni, da un minimo circa di 8–9 kg diolio extra vergine per 100 kg di olive pressate fino a un massimo di 22–28 kg di olio extra vergineper 100 kg di olive. Le variazioni sono imputabili a diversi fattori: l'esposizione degli olivi al sole,

la disponibilità idrica nel periodo vegetativo e nel corso dell'accrescimento delle olive, l'epoca dellaraccolta.

L'olio extravergine di oliva è costituito al 99% da lipidi. La porzione saponificabile di questi grassiè organizzata prevalentemente in trigliceridi semplici (esteri del glicerolo con tre acidi grassi).

La qualità degli acidi grassi dell'olio extravergine di oliva ne determina le proprietà chimico-fisichee la relativa pertinenza all'interno delle diverse preparazioni culinarie. Parallelamente, la porzioneinsaponificabile dell'olio extravergine di oliva apporta molte micro-molecole essenziali (vitamineliposolubili-tocoferoli e b-carotene), o comunque molto, utili per l'organismo umano (fitosteroli e

polifenoli); ebbene, alcune di queste molecole contribuiscono, assieme agli acidi grassi, adeterminare le proprietà chimico-fisiche del prodotto finito come antiossidanti.

Gli acidi grassi maggiormente presenti nei trigliceridi dell'olio d'oliva extravergine sono: acidooleico (monoinstauro, predominante sugli altri), acido palmitico (saturo), acido linoleico

(polinsaturo, famiglia degli ω�6) ed acido a-linolenico (polinsaturo - famiglia degli ω�3). Laprevalenza di acido oleico conferisce all'olio extravergine di oliva proprietà ineguagliabili; questo

acido grasso, chimicamente monoinsaturo determina:•Un punto di fumo sufficiente per la frittura; questo parametro è fisicamente determinato dal

livello di saturazione degli acidi grassi (i saturi hanno un punto di fumo maggiore degliinsaturi ed i monoinsaturi hanno un punto di fumo maggiore dei polinsaturi) e dal

quantitativo di acidi grassi liberi (minori sono gli acidi grassi liberi maggiore è il punto difumo). E' pur vero che lo strutto, gli oli raffinati e/o di semi e/o idrogenati vantano unaresistenza maggiore alle alte temperature, ma la qualità degli acidi grassi ed il relativo

impatto sul metabolismo non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli dell'olioextravergine di oliva.

•Una stabilità ossidativa utile alla conservazione; essi sono particolarmente stabiliall'ossidazione e pertanto contribuiscono a determinare le proprietà conservative

indispensabili nel confezionamento per immersione; al contrario, gli altri grassi utilizzati incucina (con le dovute differenze) non possiedono caratteristiche di resistenza all'ossidazione

altrettanto buone. Per approfondire leggi l'articolo, consigliabile per le tipicitàgastronomiche sott'olio.

Parallelamente, le micro-molecole insaponificabili quali glucosidi (polifenoli) e vitamineantiossidanti (tocoferoli/vit.E + b-carotene o carotenoidi in genere) contribuiscono all'incremento

delle proprietà conservative dell'olio extravergine di oliva.

18

Ancora una volta però guardando quegli alberi come opere monumentali di madre natura ci siaccorge di quanto essi siano in fondo tutti uguali. Certo i frutti,i fiori e le dimensioni sono diverse

ma lo schema matematico di base,di cui madre natura si serve,è il medesimo per tutti.Potremmo ricorrere allo stesso Fibonacci che si accorse di ciò osservando le fasi riproduttive dei

conigli.In condizioni ideali una coppia di conigli è in grado di riprodursi già da un mese dopo la nascita.

La femmina è in grado di generare una seconda coppia diconigli già un mese dopo l’accoppiamento con il maschio.

Come si vede dal grafico all’inizio dell’esperimento abbiamo 1 coppia di conigli. Dopo un mese rimaniamo sempre con 1 coppia di conigli. Dopo 2 mesi la femmina ha generato

un’altra coppia di conigli, quindi nel recinto ne abbiamo 2. Alterzo mese la prima coppia ne ha generata un’altra, mentre laseconda non è stata in grado di procreare, quindi nel recinto cisono 3 coppie di conigli. Passato un altro mese le prime due

coppie generano altre due coppie mentre la terza non procrea,quindi nel recinto ci sono 5 coppie di conigli e cosi via di mese

in mese.I numeri che si ottengono appartengono alla serie di Fiboncci.

19

Il grande matematico si accorse che anche in botanica valeva la stessa legge ad esempio l’Achilleaptarmica.

La crescita di questa pianta segue questo schemaqui sopra disegnato.

Ogni ramo impiega un mese prima di potersibiforcare.

Al primo mese quindi abbiamo 1 ramo, al secondone abbiamo 2, al terzo 3, al quarto 5 e così via.

I pistilli sulle corolle dei fiori spesso sono messisecondo uno schema preciso formato da spirali il

cui numero corrisponde ad uno della serie diFibonacci.

I pistilli sono disposti secondo questi schemi inmodo da essere uniformemente sparsi su tutta la corolla e non troppo ammassati al centro.

20

A parlare della natura e della sua importanza non c'è stata solo la scienza e la matematica, anche laletteratura le ha conferito importanza.

Emerge nella cittadina rutiglianese la figura poetica di Lia Raimondi, insegnante e scrittrice dirilievo, sempre attenta alla realtà in cui viveva e della quale si faceva portavoce in ogni istante,

reputandola come “Cronaca di un nido” il suo “nido”.Il suo spessore artistico è stato riconosciuto più e più volte con premi di livello nazionale e

internazionale e le sue opere sono entrate a far parte anche delle antologie.Inoltre ha svolto un'intensa attività culturale e letteraria, collaborando a diversi quotidiani, riviste e

periodici regionali e nazionali sempre combattendo per i suoi ideali.Fortemente esplicativa è la lirica “Dentro la mia anima” edita per la prima volta nel 2011 in cui sisottende un senso velato della vita di Raimondi. Poesia, poi, inserita nella raccolta “profumo di

vita” come “Vita” e “La mia serenità”. La prima edizione:

La mia vita? …Passa …

come fiume che scorretra rovi fioriti

levigando sassi!La mia serenità?...

l'ho cercatatra le mani di mia madre,

l'ho cercata nella luce dei tuoi occhi,

l'ho cercata ovunque!Oggi...

l'ho trovata!Era qui, dentro la mia anima!

Sempre sostenuta da quella sua religiosità interiore che delinea sommessamente nei suoi versianche il suo mondo ideale, riusciva a far emergere il desiderio di pace, la solidarietà, l'amore

smisurato per la vita, la dignità della donna, la sacralità dei bambini e il profondo rispetto per lanatura. Una natura pacifica della quale inneggia l'ulivo, il più antico dei segni di longevità, di

tradizione e di rigogliosa vita.

21

“L'olivo”

Quando l'aria si fa sottile e la luce si stempera e s'acquieta

grigia si fa l'ombra dell'olivo.“Buona gemma metti nell'olivo:

bello verrà l'oliveto”.Così sentenziacanto popolare.

Se l'uomo fermasse il passodinanzi al suo perenne ceppo

a stabilirecolloquio d'anima

a meditare la quieteche nasce entro il cuore!

In questa frazionedi spazio e di tempo sta

la voce di passionedi fede.

L'antica terradi misticismo impregnata

racconta l'Universoquando parla il silenzio

alla luce di solitaria stella.Nel gioco del cerchio

da rami e spiralitracciato

la vita s'alimenta all'infinito.

Nella natura benevola immedesima la sua condizione sofferente, come di uno spirito libero incapacedi spiccare il volo e nella quale cerca anche la soluzione al suo problema esistenziale.

Dunque diviene la natura il suo vero “nido” vitale in cui potersi rifugiare e dal quale poter ripartirein senso quasi romantico. Intendendo la vita come un eterno ritorno, un continuo ripiegarsi su sé

stessa, nell'alternarsi del dì e della notte, della vita e della morte, come un meccanismo incessantedel quale l'uomo si trova a dover far parte. Ma Lia Raimondi non vede questo come un tragico

destino di cristallizzazione umana, bensì mira a quel rapporto solidale con la natura e i suoi frutti,un ritorno intellettuale, un'astrazione poetica che le consenta di attingere alla pienezza vitale tanto

desiderata e ambita.

22

Esprime al meglio tali concetti l'opera “Ritorni” nella raccolta “Tastiera di Sogni”:

Nell'isola di vento ove a dolci colline

di querce e castagnis'alternano rupi selvagge,

danza la libertàin fragile ampiezza

che ci avvolge.Oggi la primavera

si ripeteimpastata di cielo e di terra.

Fiori di spaziotagliano la luce

sotto il peso d'azzurro.Continuo invito

per chi stanco si fermaal suo tramonto.

La pausa s'allontana...fra sentieri aperti

e nidi ancora senza piume,a ritrovare l'eco di voci perdute

segreti che il cuore ancora nasconde.Nell'afano grido del silenzio

l'ora infinita s'arricchiscee intravede nella mortela limpida spiegazione

del mistero esistenziale.

In una delle sue più importanti raccolte, “Nel grembo di reti”, la scrittrice ne inaugura l'incipit conuna citazione:

“Vano è lo splendoredel cielo, vana la bellezzadei campi e dei boschi, se,

mentre i nostri sguardiammirano, il nostro cuore

non impara ad amare.”

Come si può notare, il filo conduttore e la chiave interpretativa è sempre l'amore, che come unacostante, accompagna la vita al suo compimento.

Le celebri parole sono di Wordsworth l'omonimo poeta appartenente alla corrente culturale delromanticismo inglese al quale la poetica raimondiana è fortemente affine.

23

William Wordsworth (1770-1850) was a great innovator. He found his greatest inspiration innature, which he believed could elevate the human soul and exert a positive moral influence on

human thoughts and feelings. He identified Nature with God and was more pantheistic in his visionthan Christian. In fact Wordsworth's God is Father of man and the nature.

Wordsworth believed that intuition, not reason, should guide the poet. Inspiration should come fromthe direct experience of the senses.

He uses a contemplative tone as in the poem “I Wandered Lonely as a Cloud” that is a lyric poemfocusing on the poet's response to the beauty of nature. (A lyric poem presents the deep feelings andemotions of the poet rather than telling a story or presenting a witty observation.) The final version

of the poem was first published in Collected Poems in 1815. An earlier version was published inPoems in Two Volumes in 1807 as a three-stanza poem. The final version has four stanzas.

Wordsworth wrote the earlier version in 1804, two years after seeing the lakeside daffodils thatinspired the poem.

I Wandered Lonely as a Cloud

I wandered lonely as a cloud Vagavo da solo come una nuvolaThat floats on high o'er vales and hills, (o’er vales=over valleys) Che fluttua alta su valli e colline,When all at once I saw a crowd, Quando d'un tratto vidi una folla,A host, of golden daffodils; Una moltitudine, di dorati narcisi;Beside the lake, beneath the trees, Accanto al lago, sotto gli alberi, Fluttering and dancing in the breeze. Ondeggiando e danzando nella brezza.

Summary, Stanza 1

While wandering like a cloud, the speaker happens upon daffodils fluttering in a breeze on the shoreof a lake, beneath trees. Daffodils are plants in the lily family with yellow flowers and a crown

shaped like a trumpet.

Continuous as the stars that shine Continui come le stelle che brillanoAnd twinkle on the milky way, E scintillano nella via lattea,They stretched in never-ending line Si stendevano in una linea senza fineAlong the margin of a bay: Lungo il margine della baia:Ten thousand saw I at a glance, Diecimila ne vidi con uno sguardo,Tossing their heads in sprightly dance. Scuotendo le loro teste in un vivace ballo

Summary, Stanza 2

The daffodils stretch all along the shore. Because there are so many of them, they remind thespeaker of the Milky Way, the galaxy that scientists say contains about one trillion stars, including

the sun. The speaker humanizes the daffodils when he says they are engaging in a dance.

The waves beside them danced; but they Le onde accanto ad essi ballavano; ma essiOut-did the sparkling waves in glee:— Sorpassavano le scintillanti onde in allegria:A poet could not but be gay Un poeta non poteva che esser feliceIn such a jocund company: In tale gaia compagnia:I gazed—and gazed—but little thought Guardavo fisso-e guardavo fisso-ma poco

pensavoWhat wealth the show to me had brought: Che ricchezza lo spettacolo mi aveva portato:

24

Summary, Stanza 3

In their gleeful fluttering and dancing, the daffodils outdo the rippling waves of the lake. But thepoet does not at this moment fully appreciate the happy sight before him. In the last line of thestanza, Wordsworth uses anastrophe, writing the show to me had brought instead of the show

brought to me. Anastrophe is an inversion of the normal word order.

For oft when on my couch I lie (oft = often) Perché spesso, quando sul mio letto giaccio In vacant or in pensive mood, Di vacante o di pensieroso umore, They flash upon that inward eye Essi balenano su quell’occhio interioreWhich is the bliss of solitude, Che è la beatitudine della solitudine;And then my heart with pleasure fills, E allora il mio cuore si colma di piacere,And dances with the daffodils. E danza insieme ai narcisi.

Summary, Stanza 4

Not until the poet later muses about what he saw does he fully appreciate the cheerful sight of thedancing daffodils. Wordsworth again uses anastrophe, writing when on my couch I lie and my heart

with pleasure fills.

25

In English literature, William Wordsworth and his friend, Samuel Taylor Coleridge, were pioneersin the development of the Romantic Movement, or romanticism, a movement that championed

imagination and emotions as more powerful than reason and systematic thinking. The Romanticism is a new attitude to nature, to the senses and sensations; the poets uses a newlanguage to express this attitude, they give importance to childhood and imagination. The new

sensibility become dominant and begin to influence poet s and philosophers and lead the poet tothink about the absolute, the infinity.

The Romanticism's characteristics are revival:

• of instinctual life (the reason wasn't so important);

• of the quest of after love and beauty;

• importance of Revolution (American, French, the figure of Napoleon);

• new role of imagination;

• the realization of the sublime, the half way between real and supernatural world, time andspace;

• life cycle, nature like a source of inspiration;

• in this period myths are revalued.

In the period of the Romanticism, in England, we can find two different literary tendencies: the oneof the poets of the first generation in which there are authors as William Blake, William

Wordsworth and S.T. Coleridge -that they developed the theme of symbolism in their works, andthe other of poets of the second generation that belong G.G. Byron, P.B. Shelley and J. Keats, their

most important feature is that they were against the poetry of the first generation, that they wereinterested in politics, so they put their political ideas into their works.

26

E come l'estremo di un filo rosso tutto romantico anche la via volge al suo termine nella penisolasalentina ai piedi del grande impero.

Siamo nel centro storico di Galatina e siamo ammaliati dallo splendore dell'insigno monumento,emblema dell'arte gotica, della basilica di Santa Caterina di Alessandria.

La basilica fu realizzata tra il 1369 e il 1391, per volontà di Raimondello Orsini del Balzo. Questi,in uno dei suoi numerosi viaggi, di ritorno dalle crociate, si spinse sino alla sommità del Monte

Sinai per rendere omaggio al corpo di Santa Caterina. Secondo la leggenda, nel ripartire, baciò lamano della santa, strappandole il dito con i denti. Tornato in Italia portò con sé la reliquia che,

incastonata in un reliquiario d'argento, tutt'ora si conserva nel tesoro della chiesa. L'edificio, allamorte di Raimondello avvenuta nel 1405, sarà completato dalla moglie, la principessa Maria

d'Enghien, e poi dal figlio, Giovanni Antonio Orsini del Balzo.L'edificio fu costruito su una preesistente chiesa bizantina di rito greco risalente al IX-X secolo lecui tracce sono ben visibili nel muro esterno della navata destra in cui è stata inglobata l'abside.

Il prospetto si presenta con tre cuspidi, sottolineate da archetti ciechi trilobati. Il portale maggioreha il protiro sorretto da due colonne poggianti su leoni stilofori, mentre sull'architrave reca un

bassorilievo raffigurante Cristo tra i dodici apostoli. Interessante è la decorazione delle tre fasceconcentriche del portale e del rosone, finemente intagliato a raggiera. La parte superiore della

facciata centrale, rientrante rispetto alla parte inferiore, presenta tre acroteri: una croce al centro,San Francesco d'Assisi, a destra, e San Paolo Apostolo, a sinistra.

E ancora una volta fa da padrona la matematica nelle forme e nelle linee.In questo caso ci si potrebbe rifare alla curvatura gaussiana.

La circonferenza, rappresentata dal rosone che si erge sull'ingresso principale, offre il modello piùsemplice di misura della curvatura (estrinseca), le circonferenze con raggio maggiore hanno unacurvatura minore, e viceversa. La curvatura K della circonferenza viene allora definita come il

reciproco del suo raggio R:

E quindi immaginando di far ruotare uno dei rosoni minori fino al punto di tangenza del rosonemaggiore con la retta su cui poggia, si nota che se ci si muove sul rosone più piccolo dal punto ditangenza ci si allontana prima dalla retta rispetto allo stesso spostamento effettuandolo su quello

maggiore. Questo avviene perché il rosone minore ha una curvatura maggiore.Gauss oltre ad essere uno dei padri della matematica fu anche un fisico e noto è il teorema di

Gauss per il magnetismo:il flusso del campo magnetico attraverso qualunque superficie chiusa è uguale

a zero.Questo risultato, che è il teorema di Gauss per il magnetismo, si esprime con la formula:

Il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa è direttamente proporzionale allacarica elettrica totale contenuta all'interno della superficie. Ma, mentre esistono cariche elettriche

isolate, non esistono monopòli magnetici, cioè poli magnetici, nord o sud, isolati. Per questo, il valore del secondo membro della è nullo: all'interno di una superficie chiusa

qualunque, si ha sempre una uguale quantità di poli nord e poli sud magnetici.Il teorema di Gauss per il magnetismo ha anche un'interpretazione in termini di linee di campo: quelle del campo elettrico hanno origine sulle cariche positive e terminano su quelle negative.

27

Il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa che racchiude una o più cariche èpositivo se si ha una maggiore quantità di linee uscenti dalla superficie ed è negativo se c'è una

predominanza di linee entranti.Invece, le linee di campo magnetico non hanno né inizio né fine, perché sono linee chiuse oppure

linee che si estendono all'infinito.

A ogni linea di campo entrante nella superficie gaussiana necorrisponde sempre una uscente di conseguenza, il flusso totale di

campo magnetico è nullo.

Dimostriamo il teorema di Gauss per il magnetismo nel caso particolare del campo magneticogenerato da un filo rettilineo infinito.

Consideriamo una superficie gaussiana cilindrica, con l'assesovrapposto al filo percorso da corrente. Le linee di campo B sonocirconferenze concentriche al filo e parallele alle basi del cilindro.In ogni piccola zona della superficie laterale del cilindro, il campo

B è tangente alla superficie stessa e, quindi, perpendicolare alvettore superficie: il flusso è nullo.

Lo stesso è vero per tutte le piccole regioni in cui vengonosuddivise le due basi del cilindro.

Andando così a sostituire a=90° nella formula del flussoattraverso una superficie non piana il risultato è 0. Ecco dimostrata

la formula:

28

CONCLUSIONE E RINGRAZIAMENTI

Lungo la Regina Viarum, la prima di quel reticolo di strade con cui i Romani avvolsero il Mondoallora conosciuto, abbiamo riscoperto una memoria pugliese di millenni che solo a piedi è possibile

riconoscere, cercando tracce scientifiche sopravvissute dentro e fuori agglomerati urbani cheregalano nuovi affascinanti scenari.

L'itinerario tracciato, in partenda da Troia con il rosone a 11 razze della concattedrale della BeataVergine Maria Assunta in Cielo per giungere alla successione di Fibonacci del Castel del Monte in

Andria e poi a Rutigliano con la natura romantica e Gauss in Galatina lungo la costa pugliese, toccasiti conosciuti e meno noti che abbiamo il dovere di tutelare e valorizzare riscoprendone ogniaspetto, poiché non sono solo la concentrazione di reperti storici, artistici e scientifici ma sono

emozioni e ricordi che si perdono nel tempo.

Fonte di ispirazione è stata la conoscenza della docente di matematica dell'Università di Bari SandraLucente, la quale ha tenuto un corso di orientamento presso il mio Liceo Scientifico attraverso cuiho potuto conoscere “Paul e il suo taccuino” percorrendo i suoi “Itinerari Matematici in Puglia”.Dunque il mio più grande ringraziamento va alla dott.ssa Sandra Lucente, al maestro archeologoGiuseppe Sorino il quale è stato prezioso per riscoprire il mio territorio, alla maestra Eleonora

Lasorsa e suo marito Franco Valenzano per tutti i tesori letterari che mi hanno fornito sull'amatamadre nonché scrittrice Lia Raimondi.

Il più fervido grazie va alla mia Famiglia la quale è riuscita a infondermi ed accrescere la passioneper la mia Terra natia.

29

Quando non scomparse sotto colate di cemento e coperte di Autostrade, lepietre tornano a raccontare...

Buon ascolto e buona riflessione!

Samuel N. F. R. Giuliano

30