Tracing Orpheus (Studies of Orphic Fragments) || 41. OF 540 = Macrobio, Sat. 1.18.12 e Inno orfico...

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41. OF 540 = Macrobio, Sat. 1.18.12 e Inno orfico 52: Dioniso tra teogonia e attualità religiosa Giulia Sfameni Gasparro Università degli Studi di Messina Nel vivido affresco del vasto e composito panorama delle figure divine e dei culti tradizionali delineato da Vettio Agorio Pretestato nel discorso rivolto al piccolo gruppo di amici riuniti nella sua casa per celebrare – “in conver- sazioni culturali ( colloquio liberali)” – la festa solenne dei Saturnalia, quali Macrobio riferisce nell’opera omonima, 1 si propone una peculiare visione religiosa, definibile in termini di “teologia solare”. Fin dagli studi magistrali di F. Cumont, 2 tale concezione è stata identificata come una delle note pecu- liari se non la struttura portante dello scenario religioso del Mediterraneo tardo-antico 3 in cui da secoli confluivano le diverse tradizioni nazionali, le cui strutture di tipo politeistico – disponibili al reciproco riconoscimento e alla convivenza – avevano affrontato e infine perduto il confronto ideolo- gico e sociale con i portatori del nuovo messaggio cristiano. Tra la seconda metà del IV secolo e la prima metà del V, in cui si colloca l’opera di Macro- bio, quella “teologia” si proponeva come una cifra interpretativa capace di omologare le più varie credenze, culti e divinità tradizionali e offrire agli “ultimi Elleni”, ovvero – nell’ambito della romanità – ai difensori del mos maiorum uno strumento utile al recupero e alla difesa della propria identità culturale e religiosa. A conclusione di una dettagliata illustrazione del calendario romano, scandito dalle festività religiose, Vettio Agorio Pretestato cita alcuni versi delle Georgiche (1.5–7) che gli permettono di aprire l’ampio squarcio di te- ologia solare, ponendola subito sotto il segno dionisiaco, insieme con quel- lo – più consolidato e tradizionale – apollineo. Il poeta, infatti, invocava 1 Macr. Sat. 1.1 Marinone ( 2 1977), dalla cui traduzione cito anche in seguito. Sui problemi relativi all’identificazione e collocazione storica dell’autore, oltre che all’introduzione, con buona informazione bibliografica, del Marinone, rimando soltanto alla monografia di Flamant (1977), che traccia le linee fondamentali della sua fisionomia platonica. 2 Tra i numerosi interventi sul tema dello studioso, basti qui ricordare il “classico” saggio di Cumont (1909). 3 Cf. Fauth (1995). Brought to you by | St. Petersburg State University Authenticated | 134.99.128.41 Download Date | 10/30/13 6:04 PM

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  • 41. OF 540 = Macrobio, Sat. 1.18.12 e Inno orfico 52: Dioniso tra teogonia e attualit religiosa

    Giulia Sfameni GasparroUniversit degli Studi di Messina

    Nel vivido affresco del vasto e composito panorama delle figure divine e dei culti tradizionali delineato da Vettio Agorio Pretestato nel discorso rivolto al piccolo gruppo di amici riuniti nella sua casa per celebrare in conver-sazioni culturali (colloquio liberali) la festa solenne dei Saturnalia, quali Macrobio riferisce nellopera omonima,1 si propone una peculiare visione religiosa, definibile in termini di teologia solare. Fin dagli studi magistrali di F. Cumont,2 tale concezione stata identificata come una delle note pecu-liari se non la struttura portante dello scenario religioso del Mediterraneo tardo-antico3 in cui da secoli confluivano le diverse tradizioni nazionali, le cui strutture di tipo politeistico disponibili al reciproco riconoscimento e alla convivenza avevano affrontato e infine perduto il confronto ideolo-gico e sociale con i portatori del nuovo messaggio cristiano. Tra la seconda met del IV secolo e la prima met del V, in cui si colloca lopera di Macro-bio, quella teologia si proponeva come una cifra interpretativa capace di omologare le pi varie credenze, culti e divinit tradizionali e offrire agli ultimi Elleni, ovvero nellambito della romanit ai difensori del mos maiorum uno strumento utile al recupero e alla difesa della propria identit culturale e religiosa.

    A conclusione di una dettagliata illustrazione del calendario romano, scandito dalle festivit religiose, Vettio Agorio Pretestato cita alcuni versi delle Georgiche (1.57) che gli permettono di aprire lampio squarcio di te-ologia solare, ponendola subito sotto il segno dionisiaco, insieme con quel-lo pi consolidato e tradizionale apollineo. Il poeta, infatti, invocava

    1 Macr. Sat. 1.1 Marinone (21977), dalla cui traduzione cito anche in seguito. Sui problemi relativi allidentificazione e collocazione storica dellautore, oltre che allintroduzione, con buona informazione bibliografica, del Marinone, rimando soltanto alla monografia di Flamant (1977), che traccia le linee fondamentali della sua fisionomia platonica.

    2 Tra i numerosi interventi sul tema dello studioso, basti qui ricordare il classico saggio di Cumont (1909).

    3 Cf. Fauth (1995).

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    Liber et alma Ceres come quelli che guidano per il cielo lanno che scorre e Pretestato dichiara che ci egli ha fatto designando con questa invoca-zione tanto il sole che la luna come guide dellanno (Sat. 1.16.42). Quindi confessa di avere a lungo riflettuto sulle ragioni per cui afferma vene-riamo il sole ora come Apollo, ora come Libero, ora sotto vari altri nomi (Sat. 1.17.1) ed enuncia chiaramente il presupposto teologico4 che ispirer tutto il suo discorso: Le varie manifestazioni di un solo dio si devono con-siderare come altrettante divinit Di qui i primi sapienti proclamarono il principio (il Tutto uno) (Sat. 1.17.4). Alla luce di questa visione teo-pantistica saranno interpretate, dopo quelle relative ad Apollo a cui senzaltro identificato,5 le varie espressioni della personalit di Dioniso, assimilato ormai senza alcuno scarto al latino Liber, quali emergono sia dal-le diverse forme del suo culto, sia dalle rappresentazioni del dio da parte di poeti, storici e scrittori interessati alle tradizioni religiose. Tra i primi unautorit preminente riconosciuta ad Orfeo,6 di cui Pretestato citer una serie di versi, attribuibili con ogni verisimiglianza, come propone il collega ed amico a cui, con stima e simpatia, sono dedicate queste pagine, un Inno a Dioniso-Helios.7 Tuttavia lidentit solare di Dioniso, affermata in ma-niera esplicita in un verso successivamente addotto da Pretestato,8 nellinno orfico si situa in unampia dimensione cosmosofica che in pari tempo evoca alcune direttrici fondamentali della peculiare visione teogonica di questo ambiente religioso, intesa a saldare protologia, attualit ed escatologia pro-prio sotto la cifra dionisiaca. Il testo infatti recita:

    Liquefacendo letere divino che prima era solido / svel agli di, bellissimo a ve-dersi, / quello che ora chiamano Fanete e Dioniso / e signore Eubuleo e splendente Antauge; / gli uomini sulla terra lo chiamano or con un nome or con un altro. Per primo venne alla luce e fu detto Dioniso, / perch gira intorno al vasto Olimpo senza confini; /ma cambia nome assumendo da ciascuno denominazioni / dogni specie secondo il momento nel succedersi del tempo.9

    4 Per lorigine e il significato della nozione di theologia in Grecia cf. Golschmidt (1950) e Flacelire (1974).

    5 Ci che abbiamo detto di Apollo si pu considerare anche per Libero. Infatti Ari-stocle, che scrisse i Theologumena, prova che Apollo e il padre Libero sono una sola e identica divinit (Macr. Sat. 1.18.1). Incerta lidentificazione del personaggio ad-dotto quale auctoritas, forse collocabile nel II sec. a. C. (cf. Marinone 21977: 266, n. 1).

    6 In questa sede non devo argomentare sulle complesse problematiche connesse alla va-riegata tradizione orfica. Per un aggiornata messa a punto basti rimandare ai recenti contributi editi a cura di Bernab Casadess (2008) e di Bernab Casadess San-tamara lvarez (2010). Utile la rassegna bibliografica di Santamara lvarez (2003).

    7 Sat. 1.18.12 Marinone (1977: 268s. = OF 540).8 Sat. 1.18.18 Marinone (1977: 270s. = OF 542): Orfeo dichiara apertamente che il

    sole Libero in questo verso: Il sole che chiamano con il nome di Dioniso .9 Cf. Sat. 1.18.17 ed. Marinone (1977: 270s.): I versi di Orfeo che lo chiamano (sc.

    Dioniso) Eubuleus dimostrano che questo dio presiede al buon consiglio.

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    Ad una prospettiva analoga, e forse al medesimo testo da cui cita Macrobio, rimanda una testimonianza di Diodoro Siculo. Lo storico greco, in un con-testo in cui argomenta sullidentit Osiride-Dioniso a ragione delle comuni connotazioni solari, dopo aver addotto da Canti bacchici attribuiti al mitico Eumolpo il verso che recita splendente come astro, Dioniso, dallo sguardo infuocato in ogni suo raggio, aggiunge: mentre Orfeo (afferma): Questa la ragione per la quale lo chiamano Phanes e Dioniso .10 Tuttavia il paralle-lo decisivo ai versi citati ci viene dallInno 52 della raccolta degli Inni orfici, sulla cui collocazione cronologica e geografica la discussione ancora aper-ta.11 Nel ritmo incalzante delle invocazioni, la sequenza di epiteti, epiclesi e nomi divini12 delinea un quadro complesso in cui attorno alla personalit di Dioniso si addensano figure diverse. In pari tempo tale personalit si ri-frange in una molteplicit di piani e di identit divine:

    Te invoco, beato, dai molti nomi (), invasato, Baccheo, / dalle corna di toro, Leneo, nato dal fuoco, Nisio, Liseo / nutrito dalla coscia, Licnite, iniziatore di coloro che celebrano i misteri, / notturno, Eubuleo, porti la mitra, agiti il tirso,/ mistero indicibile, triplice, germoglio segreto di Zeus, / Protogono, Erichepeo, pa-dre e figlio di di (, , ), / ami la carne cruda, porti lo scettro, pazzo per i cori, guida dei cortei, / baccheggiante nelle sante trieteridi serene, / rompi la terra, risplendi di fuoco, Epafio, figlio di due madri,/ vaghi sui monti, con le corna, vestito di pelle di cerbiatto, celebrato nelle feste bien-nali / Paian dalla lancia doro, nel grembo, adorno di grappoli duva, / Bassaro, ami ledera, dalle molte fanciulle, dalla bella chioma, vieni, beato, agli iniziati rigoglio-so sempre lieto.

    La definizione di Dioniso quale padre e figlio di di, in stretta sequen-za con la menzione di due figure-cardine della visione teogonica orfica, quali Protogonos ed Erichepeo a loro volta denominazioni alternative dello splendente nato dalluovo cosmico Phanes incardina strutturalmente il personaggio in quella visione ponendolo allinizio e a fondamento di essa.

    A conferma della percezione delle valenze religiose e teologiche di tale dimensione dionisiaca da parte dellautore e dei suoi interlocutori sta la pre-senza, allinizio della raccolta, di un Inno a Protogonos (Inno 6) in cui si di-

    10 D. S. 1.11.2 = OF 60.11 Edizione e traduzione di Ricciardelli (2000), da cui sono tratte tutte le citazioni.

    Cf. la precedente edizione di Quandt (1941, 21955). La letteratura critica sugli Inni non molto ricca. Forse a causa del loro carattere tardivo e dello stile, spesso con-siderato ripetitivo ed enfatico, come notava J. Rudhardt che ad essi ha dedicato unattenzione particolare (cf. 1991, 2002 e 2008), sono stati generalmente trascura-ti. Si vedano i pochi titoli elencati in Santamara lvarez (2003: 245s.). Il lavoro di Morand (2001), che vuole essere una disamina complessiva della raccolta innica, tuttavia, nel suo andamento espositivo e scolastico, risulta privo di adeguato spes-sore critico. Si veda anche, per la dimensione rituale, Graf (2009).

    12 Osservazioni pertinenti su tale caratteristica dello stile degli Inni in Guthrie (1930), Rudhardt (1991) e Hopman-Govers (2001). Sulle molteplici valenze religiose degli appellativi divini cf. Belayche-Brul et alii (2005).

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    spiega nei suoi tratti essenziali la prospettiva teogonica nota dal resto della documentazione quale tipica espressione, pur nelle sue importanti varianti, della tradizione di Orfeo:13

    Invoco Protogono dalla doppia natura, grande, errante nelletere, / nato dalluovo, superbo dalle ali doro, / dalla voce di toro, origine dei beati e degli uomini morta-li,/ seme memorabile, onorato con molti riti, Erichepeo, / indicibile, sibilante oc-culto, germoglio tutto lucente, / che dissipasti la nube oscura dagli occhi / roteando da ogni parte convenientemente con i colpi delle ali / conducendo la splendida luce santa, da cui ti chiamo Fanes / e Priapo signore e Antauge dallo sguardo lucente./ Ma, beato, molto scaltro, molto fecondo, vieni con gioia / alla sacra multiforme cerimonia fra coloro che iniziano ai misteri.

    Vi appaiono, come nellInno addotto da Macrobio, i nomi di Phanes, Eubu-leus e Antauges, qui appellativi di Protogonos. Tuttavia, il Dioniso-Fanete- Eubuleo-Antauge del testo macrobiano, nel suo essere primo tra le mani-festazioni divine, implicitamente assume la qualit distintiva dello stesso Protogonos, quale gli viene attribuita in maniera esplicita nellInno 52.

    Lantichit di questa prospettiva, che agglutina attorno alla figura di Dioniso, una serie di personaggi della tradizione orfica, dimostrata da quel prezioso, anche se problematico documento che il Papiro di Gurb14 che, nella sua disperante frammentariet, lascia tuttavia trasparire chiare le connotazioni di un testo rituale di pertinenza orfico-dionisiaca. In una sequenza resa oscura dalle lacune testuali, si susseguono i nomi divini di Brimo, Demetra, Rhea e i Cureti in armi, Ghe e Pallade. La telet, nel men-zionare gli empi padri e oggetti quali trottola, rombo, dadi, raganella e specchio che da Clemente Alessandrino conosciamo essere stati i giocat-toli forniti dai Titani per attrarre e catturare il fanciullo divino,15 assicura la presenza dello scenario mitico orfico delluccisione di Dioniso.16 Symbola e synthemata, inoltre, con il contestuale riferimento a specifici atti rituali (bere vino, gettare nel canestro, il dio attraverso il seno etc.), conferiscono una netta dimensione iniziatica e quindi misterica a tutto il quadro cultua-

    13 Senza presumere di fornire un sia pur minimo bilancio storiografico sul tema, nel rinviare alle informazioni bibliografiche fornite dall edizione di Bernab (20042005) e Santamara lvarez (2003), gi citato, basti segnalare il volume di West (1983) che, pur oggetto di critiche e riserve, rimane ancora utile per la raccolta e organizzazione dei materiali.

    14 P.Gurb 1.23 (OF 578). Cf. Tortorelli Ghidini (2006: 253277) con pertinente com-mento.

    15 Clem. Al. Prot. 2.17.2 (OF 588).16 Sulla questione dellantichit e coerenza del mito delluccisione di Dioniso, soprat-

    tutto in relazione allorigine degli uomini, rimando soltanto agli interventi di Ber-nab (2002, 2003), che offre le coordinate generali del tema. La documentazione in Bernab (2004: 5054) in cui si distingue una prisca fabula de Baccho et Titanibus (OF 3439). Al contrario, una decostruzione del mito nei suoi referenti antropolo-gici proposta da Brisson (1992) e da Edmonds (1999).

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    le. Assai probabile inoltre la pertinenza a Dioniso dei nomi di Eubuleo ed Erikepaigos che intervengono anche negli Inni orfici17 e pertanto garantisco-no lantichit dell assimilazione del dio alle figure della teogonia orfica proposte in questi documenti tardi. Nel Papiro di Gurb (v. 23b) il dio acclamato come uno,18 proponendosi quella visione enoteistica intesa a conciliare, nella prospettiva politeistica greca, la nozione dell uno e dei molti19 che nel periodo tardo-antico si imporr come una delle compo-nenti peculiari della religiosit del mondo mediterraneo. Ancora Macrobio, per bocca di Pretestato, ci conferma come la mobile e variegata tradizione orfica contemplasse siffatta visione, la cui tensione verso una reductio ad unum della molteplicit delle figure dei pantheon tradizionali, trovava nella multiforme figura di Dioniso uno dei suoi principali referenti. Un verso pi laborioso del poeta trace, infatti, avrebbe affermato: Uno Zeus, uno Ade, uno il sole, uno Dioniso.20

    Bibliografia

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    Orphicis similium testimonia et fragmenta, fasc. 1 et 2, Monachii et Lipsiae.Bernab, A. Casadess, F. (eds.) 2008: Orfeo y la tradicin rfica: un reencuentro, III,

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    17 Cf. anche Inno 56.18 Versnel (1990: 205) sottolinea come Dionysos was the first god to be hailed with an

    acclamation that became the most characteristic identification of the great gods of later times. Ampio materiale sul tema nellopera ancora utile di Peterson (1926).

    19 Osservazioni importanti sulla strutturale dialettica fra la nozione della fondamen-tale unit del divino e quella di una polifunzionale molteplicit di di nel politei-smo greco in Rudhardt (1966). Cf. anche Franois (1957), Grant (1986), Detienne (1988, 1989, 1997) e, in particolare per la complessa prospettiva platonica, gli studi editi a cura di Laurent (2003).

    20 Sat. 1.18.17 (OF 543).

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