TONIMASO PUCCINI: UN PROVINCIALE COSMOPOLITA · 2019. 3. 13. · MARIA CECILIA MAZZI TONIMASO...
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MARIA CECILIA MAZZI
TONIMASO PUCCINI: UN PROVINCIALE "COSMOPOLITA "
V erso il 1770, nello sgargiante tramonto che precedette '' i sogni e gli incubi della ragione " fra i numerosi e stupefatti viaggiatori attirati a
Roma dal fascino dell 'antico, si aggirava anche Tommaso Puccini, facoltoso borghese di provincia che, con pari disinvoltura, si muoveva dal silenzio delle gallerie di dipinti al brusio dei salotti (fig.I).
Nato a Pistoia il 27 marzo 1749 da Domenico Puccini e da Isabella Passerini (di cui al Museo Civico di Pistoia sono esposti i ritratti) , nel 1765 fu inviato a Pisa per compiervi gli studi di giurisprudenza. Qualche anno più tardi - come riferisce il suo biografo più attendibile , Alfredo Chiti - era già a Roma munito della laurea pisana, nel duplice intento di fare pratica nella professione legale in qualità di impiegato della Sacra Congregazione della Rota e di acconsentire, contemporaneamente, al suo " vivo trasporto " per le lettere e per le arti. La sua permanenza a Roma si protrasse fino al 1792 con brevi interruzioni determinate dai ritorni a Pistoia o a Firenze, dai viaggi a Bologna, Parma, Venezia, Modena e Milano. Gli spostamenti si alternavano ai prolungati soggiorni a Frascati, luogo privilegiato dall'ari stocrazia romana per trascorrervi la stagione della villeggiatura e dove il Puccini era ospite abituale di Gabriella Verrua de La Motta, contessa di Castelfido. La stagione invernale, invece, si cadenzava al ritmo delle brillanti conversazioni nel palazzo del principe Rospigliosi o nel salotto di Maria Pizzelli. In tali circostanze il giovane Tommaso ebbe modo di incontrarsi con il Monti, con il Verri, con il Baretti, con Angelica Kauffmann e con Gavin Hamilton, fulcro dell 'animata colonia inglese. 'l
Accolto ben presto tra i membri dell 'Accademia d 'Arcadia con il nome di Egone Menalide e in quella degli Aborigeni come Entello Siracusano, si dilettò a lungo nel comporre versi pur dedicandosi in maniera prioritaria ed infaticabile all ' intreccio di una fitta rete epistolare con studiosi ed artisti e alla ricerca di libri moderni o di antiche e preziose edizioni, di incisioni del Volpato e del Morghen. Negli ultimi mesi del 1792 maturano in Tommaso Puccini l'idea e la deci sione di un ritorno definitivo in Toscana. Il Granduca Ferdinando III lo nomina Direttore della Gal leria degli Uffizi con Motuproprio del 1° gennaio 1793 e gli conferisce, parallelamente, la carica di Segretario dell'Accademia di Belle Arti di Firenze. 2 l
I. - L'impegno amministrativo di Tommaso Puccini in qualità di Direttore della Galleria è già stato ben documentato da Ettore Spalletti. In questa sede
si ricorda volentieri la tappa inquietante e coraggiosa del trasferimento a Palermo dei capolavori degli Uffizi, spediti da Livorno nel settembre 18oo e accompagnati dal Puccini in persona per sottrarli alle spoliazioni dei Francesi. 3l Nel periodo del suo mandato egli accrebbe notevolmente il patrimonio artistico sia degli Uffizi sia di Palazzo Pitti, ricorrendo, seppure a malincuore, anche alla pratica degli scambi, d 'altronde largamente invalsa nell 'uso e approvata dal Granduca Ferdinando III. Provvide inoltre al riordinamento della Galleria sulla base di criteri informati
I - ROMA, PALAZZO BRASCHI1 MUSEO DI ROMA GIUSEPPE BARBERI : CARICATURA DI TOMMASO PUCCINI
(DISEGNO ACQUERELLATO)
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ad un enciclopedismo già venato di storicismo e che trova ampie corrispondenze con la Storia pittorica del Lanzi (II edizione 1795-96). Il suo programma mirava, infatti, a rappresentare ogni artista tramite la sua opera più significativa - in particolare gli artisti toscani - dalle origini all'epoca moderna, per evidenziare i progressi dell 'arte ed applicava la classificazione per scuole, manifestando una forte tendenza - tutta enciclopedica - alla completezza. Parallelamente egli dotava la Galleria di cartellini (nomi, dati anagrafici, scuole) e provvedeva al nuovo allesti mento delle cinque salette prossime alla Tribuna, destinandole ad ospitare i dipinti di dimensioni ridotte divisi per scuole. Nel maggio 1797 intraprese lavori nelle due sale dei dipinti di scuola veneta dove prestò un 'attenzione particolare alla diffusione della luce per mezzo della costruzione di lucernari.
Fra i numerosi corrispondenti di Tommaso Puccini, occasionali o abituali, si rintracciano quasi tutti i nomi dei personaggi più in vista e significativi della cultura del suo tempo. Basta scorrere il provvidenziale indice, conservato nella Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, per rimanere impressionati da una lunga serie di nomi, tanto illustri da risultare fami liari. Vi si riscontra, infatti, che egli fu in relazione epistolare con Antonio Canova e con Pietro Benvenuti ; con i pittori Boguet e Gagneraux e con Gavin Hamilton ; con gli eruditi Giannantonio Selva e Girolamo Tiraboschi, con Madame de Stael, con Dominique Vivant Denon, allora Direttore dell'Accademia Francese di Villa Medici. In particolare strinse un prolungato sodalizio con Antonio Canova, attestato dal folto carteggio intercorso fra i due dal 1804 al 181 I (conservato presso la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia), in seguito alla conoscenza diretta avvenuta a Roma nel I779· 4) In una lunga lettera indirizzata al Parini e pubblicata dal Chiti nel 1907, il Puccini descrive e commenta " ( ... ) il gran monumento di fresco eretto alla memoria di Clemente XIV ( ... ) opera del sig. Canova, giovine scultore veneziano ( ... ) " . s> La sua inclinazione per i soggetti letterari ispirati al " sublime " e la preferenza costante accordata in seguito a Luigi Sabatelli, non impediscono la comprensione profonda della teoria neoclassica e della dottrina del " bello ideale ". Egli conclude, infatti, la lettera a Giuseppe Parini lodando, nel monumento di Canova, la elegante simmetria delle parti, ciascuna col ' ' sentimento suo proprio " , con la sua " fisionomia ritratta dalla più bella natura ( ... ) e anche questa rettificata sulle forme delle più insignì statue de ' Greci, i quali nella rappresentazione dei loro Dei ( ... ) non si contentarono di scegliere quanto di più perfetto avevano osservato qua e là nella natura, ma la spogliarono con industria di tutte le imperfezioni che o dalla soverchia mollezza o dalla fatica, e più dalle passioni dell'anima, poteva aver contratto, e ne formarono quello che dicesi stile ideale, perché tratto principalmente dall'idea de' grandi artefici, benché 'abbia per base la natura medesima ( ... ) " . 6)
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Più intima appare l'amicizia con Vittorio Alfieri tanto che il Puccini dedicò un sonetto al poeta in occasione della rappresentazione della tragedia Antigone, seguì da vicino le vicende del monumento funebre all 'Alfieri eseguito dal Canova e nominò la contessa d ' Albany nel suo testamento come destinataria del lascito di un '' mio quadro del Parmigianino in tavola esprimente in mezza figura la Vergine con il Bambino " . 7) In occasione di un viaggio da Roma a Parma, toccando Perugia, Assisi, Siena, Lucca e Pistoia, il grande poeta, nel 1791, riconosce, in una lettera finora inedita, nel Puccini la sua guida artistica : " Il venire da Roma non mi ha fatto vedere con minor piacere molti quadri che ho visi tato strada facendo, e al vederli provai doppio piacere rammentandomi sempre, che a voi devo interamente il gusto preso per le belle Arti, e le poche conoscenze acquistate in questo genere " . Raffaello eccita l'ammirazione del poeta: " Il quadro divino di Foligno quantunque preparatevi già non mi sorprese meno, e con voi ho replicato Gran Raffaelle. L 'Espressione adattate ad ogni personaggio, il Contrasto fra di loro, il bel Colorito e l'Armonia ge nerale che ne risulta, offre una perfezione ammirabile ... . " . L 'itinerario scorre sulla base delle segnalazioni fornite in precedenza dal Puccini : '' A San Francesco in Assisi mi son ben goduto le belle cariche di pitture che vi sono. Come son mai ben conservate quelle di Cimabue massime le più vicine alla porta nella volta della Chiesa superiore, non sono meno da ammirare quelle di Giotto sotto, ma senza nulla toglierle del loro merito per quel tempo, feci meco stesso un paragone e pensai al salto che trovasi fra esse e Raffaele quand'anche ogni figura in se avesse eguali perfezione, per modo di parlare, quanto non acquistò la pittura dal partito che trasse Raffaelle nella disposizione generale dei suoi Quadri, prospettiva ed espressione dei diversi soggetti senza parlare del resto. A questo pensai particolarmente nell 'osservare le pitture di Giotto della Tribuna, e Volta sopra l'altare di S. Francesco, paragonandole a Quadri simili di Raffaelle nelle Stanze. Quelle mi sembrarono Piramidi di figure belle però e per disegno, e per Colore ma troppo simmetricamente accozzate, e disposte come in magazzino l'una sull'altra. Dirò molti Spropositi, ma con Voi non arrossisco, e col correggerli, supplirete in quanto è possibile, il vuoto che trovo nell'avervi perduto, per ogni riguardo ma in questo massime " .
La lettera dell'Alfieri dà conto alla sua guida ideale di numerose opere a Perugia : in Duomo, nella Chiesa Nuova, in San Francesco, alla Sala del Cambio, in San Pietro, in casa del marchese Monaldi: " ( ... ) Nissuno ha tanti bei quadri di Guido come ei pretende ( ... ) ". 8> Grande assente, quasi invisibile agli occhi tardo-settecenteschi è la Fonte Maggiore. Pochi anni prima, nel 1783, Goethe, reso insensibile dalla sua stessa, esclusiva, ammirazione per l'arte classica era sali t o su per il colle d'Assisi ' ' sotto un ventaccio impetuoso " per contemplare
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a lungo il " delizioso tempio di Minerva " lasciando alla sua sinistra la '' triste chiesa di S. Francesco " con " ripugnanza " per le " enormi costruzioni delle chiese sovrapposte l'una all 'altra come la Torre di Babele ". 9)
Dalla corrispondenza del Puccini emerge l'autorevolezza che egli si era venuto conquistando, e in virtù della quale si richiedeva la sua consulenza. Nel 1805, infatti, Prospero Barberini Colonna di Sciarra scriveva a Tommaso Puccini da Roma per chiedergli un amichevole aiuto per la nota vicenda del maggiorascato Barberini, allegando un elenco manoscritto dei beni alienati, prima del 1770, dalla principessa Cornelia Barberini: fin dall'infanzia, a detta del suo discendente, "famosa dilapidatrice di ciò, che l'è riuscito di potere prodigalmente dissipare del patrimonio di Urbano VIII". Nell'imminenza della discussione in Rota della controversia del maggiorascato, si chiede al Puccini di rintracciare notizie particolari, documenti, oggetti e " rarità " provenienti - nel periodo 1760-1769 - da casa Barberini e di condurre una ricerca attenta presso gli eredi e gli acquirenti del toscano Giuseppe Colangeli, il quale "in quei tempi, de' quali noi trattiamo, cioè prima dell'anno 1770, riteneva il suo negozio di Antiquario incontro alla chiesa di S. Carlo al Corso ( ... ) ". 10l Fra le opere alienate spicca il dipinto su tela di Claude Lorrain, ' Imbarco di Sant'Orsaia', oggi alla National Gallery di Londra, dalla quale fu acquistato nel 1824.
2. - " Il maggiore interesse di Roma lo fanno i viaggiatori che vi concorrono sempre, e vi dimorano più lungamente che altrove, o perché amano realmente le arti o perché è di moda l'esserne amatori. Questa sola considerazione dovrebbe renderei più cauti a conservare le opere sublimi alle quali siamo debitori di pur così prodigioso guadagno, a non distruggere le antiche per essere autori di altre nuove, benché utilissime come è avvenuto nel gran museo clementine (sic), dove con tanto dispiacere di chi a male arti si sono vedute distruggere le opere del celebre Andrea Mantegna, e ciò non per altra ragione che per servire alla simetrica disposizione della fabbrica, a invigilare che non si estraggano e statue, e quadri di primo ordine, come purtroppo è avvenuto per la non curanza o per l'avidità ( ... ) ". nl
Fra le annotazioni manoscritte del Puccini si rintraccia anche questo tentativo di individuare gli aspetti economici della città che, nell'arco di quei venti anni, si presentava più cosmopolita e internazionale che mai. '' Che diremo dei spedizionierij e degli agenti? Non sono questi due ceti di persone che attirano in Roma una quantità prodigiosa di denaro? Basta solo che s'interroghino i spedizionieri per rimaner persuasi, che la piazza di Spagna è più utile agli interessi dello Stato di qualsiasi ricca provincia. ( ... )Che della manutenzione, e abbellimento della Chiesa di San Pietro? Donde si traggono 40 o 50 mila scudi ( ... ) che si richiedono a questo oggetto, se non dalla
pietà, e dalle somministrazioni di tutti i fedeli? ". ' 2 l La polemica del forestiero Puccini prosegue: e si
accalora al ricordo del '' buongoverno '' toscano. " Tanti abati forestieri, che pestano il fango romano per andare a caccia di beneficii, e pensioni ecclesiastiche, o per abilitarsi nei studi legali ( ... ) non lasciano annualmente in Roma trecento scudi almeno per ciascheduno? Dugento cinquanta, e forse tre centomila scudi spendono del loro patrimonio, o di provviste nazionali ( ... ) cento e più prelati i quali vivono continuamente in Roma nutriti di speranze che raro si adempiono, e sopra venti cardinali i quali ordinariamente pieni di fasto, più che di scienza stanno aspettando con ansietà la mutazione del governo. Di qui si scorge quanto sia falsa la massima, che ha preso tanto piede in Roma di perseguitare i forestieri come quelli che usurpano gli stipendi( ... ). Non sono questi capi d'entrata a bastanza rispettabili, perché se ne dovessero risentire gli effetti benefici, qualora in Roma si fosse economi del proprio, come avidi dell' altrui ". 1 3l
L'interesse prevalente del Puccini, in quegli anni, è rivolto a costruirsi un solido bagaglio di conoscitore d'arte tramite le visite a numerose gallerie (dove, instancabilmente, annotava e confrontava) e un'avida ricerca di notizie, anche curiose o " impertinenti". Con garbato tono salottiero l'amica Maria Pizzelli, nel mite ottobre del 1780 che rendeva deserta Roma più del solito e popolava Albano, si premura di informarlo della " stragge che si sta attualmente facendo in Casa Colonna dei più insignì Quadri di Tiziano, Guercino, Albani e si pretende perfino di un Correggio, dei quali tutte le parti nude sono state (dalle delicate premure per le coscienze altrui dei due cardinali di Casa) condannate ad essere coperte ad olio. Io stessa nel vedere che feci jeri mattina cogli occhi miei un simile spettacolo, non potei non restarne amareggiata, onde ben comprendo il dispetto che ne concepirete voi, che più d'ogni altro siete in grado di poter valutare il danno di un tal massacro ( ... ) ". 14l
Fra le numerose note manoscritte di T ommaso Puccini esistono un elenco, suddiviso per stanze, della Galleria Colonna in Roma 'sl e le carte contenenti le osservazioni sulle opere d'arte della Galleria Borghese, 16l senza data. Questo ultimo manoscritto è incompleto per ragioni chiaramente esposte dal suo autore: " ( ... ) essendomi stato nascosto il cattalogo de quadri della suddetta Galleria non mi fu permesso di seguitare l'esame colla stessa esateza ". Il riferimento è, con ogni verosimiglianza, al Catalogo della Quadreria Borghese nel Palazzo a Campo Marzio, datato dal De Rinaldis fra il 1787 e il 1790: I7l nelle Osservazioni redatte dal Puccini, infatti, si registrano i medesimi scarti attributivi rispetto agl'inventari precedenti registrati in quell'elenco e vi compaiono, inoltre, i dipinti citati per la prima volta nel medesimo Catalogo. L'acuto visitatore riporta le indicazioni fornite nel catalogo, segnando a margine le sue osservazioni, spesso pungenti, i rimandi ad opere viste in al-
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tre città o collezioni, alle incisioni e, non di rado corregge le attribuzioni. Si può fare una rapida esemplificazione (rimandando all ' intero testo del Puccini pubblicato in Appendice I) seguendo l'ordine della visita e sottolineando che la numerazione delle stanze e dei quadri compare per la prima volta proprio nel Catalogo del 1790 circa. Nella prima stanza, con il N. r 7 il Puccini segnalava: " La Carità Romana sopra la porta è dipinta da Paolo Veronese l vien d'alcuni giudicata dal cavalier d'Arpino, questo quadro ripugna alla maniera del primo e niente assomiglia alla maniera del secondo ; il quadro però mostra d'esser dipinto da qualche contemporaneo del d'Arpino " . 18>
Si tratta, com'è noto, del moderno inv. n. r87 l9)
assegnato nell'Inventario del r693 al Muziano e nel Catalogo del 1790 circa alla "maniera del Veronese " e ricondotto dalla critica moderna alla cerchia del tardo manierismo romano. Ancora nella prima stanza, a proposito del ' Giudizio di Salomone ' (inv. n. 33) il Puccini si dichiara d 'accordo con " chi lo ha creduto opera di Mr. Valentino " 20l, pur citando il Catalogo del 1790 circa che lo assegnava al Passi gnano, dando origine ad una sequenza di incertezze attributive nelle fonti seguenti ; al contrario, il nome del Valentin o comunque l'ambito del caravaggismo francese non è messo in dubbio dalla critica odierna.
Nella terza stanza il Puccini vede esposta ' La caduta di Lucifero ' (inv. n. 175). Si tratta di un dipinto ricordato per la prima volta nel Catalogo del 1790 circa come opera del Tintoretto e oggi inserito persuasivamente nel corpus di Jacopo Palma il giovane. Neanche il Puccini nutriva dubbi sulla paternità del dipinto e annotava " ( ... ) certamente è del Palma giovane ". 21 l La nota pucciniana evidenzia un altro scarto fra il Catalogo del 1790 circa e quelli antecedenti. Il dipinto raffigurante i ' Santi Cosma e Damiano '· (inv. n. 22), donato al cardinal Borghese dal vescovo di Ferrara nel 1607, viene descritto negli inventari secenteschi come opera del Dosso, e soltanto nel Catalogo del 1790 circa compare l'eccentrica attri buzione a Paolo Veronese, riportata anche dal Puccini. 22l
Nella quarta stanza " il sopraporta rappresentante Rinaldo che dorme con Armida che lo traveste d ' Aminta è incerto l da molti si attribuisce a Pietro da Cortona ( ... ) più ragionevolmente si dovrà tenere per opera di Alessandro Tiarini " . 2 3l Se si ripercorre la vicenda critica del dipinto (inv. n. 36), ampiamente e sicuramente documentato in quanto legato a Scipione Borghese nel r624 dal cardinale Alessandro d 'Este e citato negli inventari secenteschi, si nota che nel Catalogo del 1790 circa scompare il nome del Tiarini ed il dipinto viene assegnato a Pietro da Cortona.
La " quinta stanza " della quadreria prende la denominazione di " Stanza del Trono " soltanto nel Catalogo del 1790 circa 2 4l e così la chiama anche il Puccini. In essa '' nel cantone accanto la finestra esservisi nel alto Venere· con Cupido ed un satire di Paolo Veronese. Questo quadro è composto di un
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satire che si trova nella pittura celebre di Tiziano che viene chiamata l'opera di casa Orsi di Bologna. Il cupido viene da Correggio l'originale del quale si trova a Vienna nel Tesoro ( ... ) " . 2 sl Il dipinto è at tualmente identificato come " copia da Veronese " (inv. n. 124), anche se non si è giunti all'individua zione del copista. 26l
L 'errore compiuto dal Puccini è evidente, esso apre comunque un fertile interrogativo sulle modalità e i tramiti delle sue conoscenze delle collezioni d 'oltralpe. Il " cupido " da lui citato, infatti, è identificabile con il ben noto dipinto del Parmigianino ' Cupido che intaglia l'arco ' (Vienna, Kunsthistori sches Museum) acquistato nel r6o3 per Rodolfo II e racchiuso, fino al r63r , nella sua celebre Schatzkammer dove lo descrisse il Boschini ; e assegnato, invece, dal Mechel al Correggio nel 1783. 27l
Il visitatore pistoiese non ha alcuna oscillazione nel riconoscere ' Venere, un satire e Amore ' (inv. n. 1 19) come di mano di Paris Bordone, nonostante il riferimento allo Zucchi presente nel catalogo. 28l ' Amore e Psiche ' di Jacopo Zucchi (inv. n. ro) , proveniente dall'eredità di Olimpia Aldobrandini ed elencato nell'Inventario di Olimpia del 1626, trova una prima paternità solo nel Manilli (1650) col riferimento allo Zucchi, subito dopo il nome dell 'autore subisce continue varianti e, nel Catalogo del 1790 circa, è attribuito al Dossi. Tommaso Puccini coglie un elemento di verità evidenziando la componente fiammiga dell'iridescente crogiuolo culturale da cui l'opera nasce scrivendo nelle sue osservazioni: " ( ... ) amore che dorme con psiche che l'osserva del Dossi di Ferrara l si dovrà credere essere di qualche citramontano '' . 2 9l
Nell 'undicesima stanza, detta dell'Ermafrodito, il percorso del Puccini s'arresta per i motivi già enunciati, tuttavia egli, ricordando di aver visitato in precedenza la galleria " con il catalogo in mano ", enumera altri quadri, attingendo dal repertorio della memoria. Egli menziona anche '' una testa di femina che tiene un picciolo cane " collocato sulla parte più alta della Galleria. Che possa trattarsi del raffaellesco ' Ritratto di giovane donna con unicorno ' ?
La conoscenza delle opere allora esposte nella Galleria Colonna in Roma, (testimoniata dall'elenco trascritto in Appendice 1), avviene nel momento in cui la raccolta si era da poco arricchita dei dipinti provenienti dalla dote di Caterina Zeffirina Salviati (1718) e non era ancora depauperata dalle alienazioni imposte dalle esigenze dettate dal Trattato di Tolentino.
Nella nota pucciniana il più illustre assente è il ' Venere, Cupido e Satire' del Bronzino, entrato in collezione con il matrimonio della Salvia ti con Fabrizio Colonna, certamente presente, quindi, nella raccolta e, curiosamente, neppure menzionato dal visitatore.
È da rilevare, infine, la concordanza esistente in numerosi casi, fra le attribuzioni del Puccini e quelle riportate nel Catalogo dei quadri, e pitture esistenti nel Palazzo dell'Eccellentissima Casa Colonna in Roma del 1783.
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3· - Dal 5 settembre al 14 novembre 1783 (precedendo di quasi quattro anni il primo soggiorno napoletano di Goethe, quindi) anche Tommaso Puccini intraprendeva il tragitto da Roma a Napoli, un itinerario carico di richiami classici e largamente privilegiato dai viaggiatori, soprattutto stranieri. Il resoconto manoscritto - conservato alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia - nella veste letteraria, allora largamente diffusa, delle " relazioni epistolari ", in questo caso indirizzate alla contessa Verrua de La Motta San Martino, sorella della sua accompagnatrice nel tour, si snoda in 71 lettere composte di annotazioni rilevate giorno per giorno e raccolte in un " giornale " nel momento del rientro a Roma. 3°l
A quella data il Puccini si rivela uomo di cultura enciclopedica e di esperienza cosmopolita, dotato di un ricco bagaglio di raffinato conoscitore d'arte. Durante il viaggio egli non si attarda in esercizi di erudizione antiquaria; la narrazione, ricca di dettagli, di osservazioni acute e di commenti sapienti, di citazioni dalle fonti letterarie che egli e la sua compagna di viaggio utilizzano come guida, è illuministicamente attenta sia al paesaggio sia alla natura del luogo, alle attività agricole ed alle fabbriche. L'autore ci descrive, con curiosità divertita e minuziosa i costumi e le feste; segnala ed illustra le opere d'arte allora visibili nelle chiese e nei palazzi patrizi, le gallerie di dipinti e le zone archeologiche, i musei; sottolinea la denominazione dei luoghi ed ogni altra traccia letteraria, storica, archeologica, artistica del passato, anche se appena visibile. Vale la pena di seguirlo in qualche tratto del suo affascinante cammino. Il giorno della partenza, narra il Puccini " ( ... ) passammo alla osteria dei frati Certosini situata nelle Terme di Diocleziano per dare un'occhiata a quelle storie, Baccanali e Cariatidi disegnati col carbone da vari giovani pittori, i quali parmi, che non manchino d'ingegno e di facilità nell'esecuzione ( ... ) se si riguardino queste opere nell'aspetto in cui vanno riguardate, cioè come parti di una rapida fantasia piuttosto che di una lunga, e seria applicazione, è forza confessare che abbiano un merito non ordinario, e singolarmente i due Baccanali più spediti e più morbidi( •.• ) ". 3Il Vi comparivano, fra gli altri, i ' Baccanali ' disegnati dall'ancora sconosciuto e giovane Gagneraux proprio nell'estate del 1783 e che attirarono su di lui la prima notorietà (TAv. l). 32)
Dopo la via Appia la direttrice di viaggio tocca Albano, Ariccia, Velletri e prosegue lungo il litorale di Anzio, Nettuno e Terracina, raggiungendo Capua e Napoli attraverso la via delle paludi pontine. L'autore dichiara esplicitamente che il suo scopo è di esporre " ( ... ) ciò che di più singolare o ci presentano, o ci ricordano non tanto la via pubblica, che si percorre quanto le sue adiacenze ". 33) Più di una volta il Puccini avverte il lettore che la fonte letteraria o storica è l'unica in grado di offrire una documentazione compatta; lo spettacolo che si offre ai suoi occhi, infatti, è spesso simile ad un ammasso di " laceri avanzi " che giacciono sparsi alla rinfusa
senza che se ne possa comprendere il significato; il senso complessivo di quelle presenze si può rilevare - secondo lui - solo attingendo alla fonte della scrittura " ( .•. ) e non dai monumenti i quali, o furono distrutti o rimossi dal sito per servire di ornamento ai musei ". Egli non riesce a comprendere " ( ..• ) come gli uomini abbiano sempre preferrita la pompa vana di averle raccolte sotto un'istesso tetto mille antiche iscrizioni al vantaggio che potevano ritrarne d'illustrare l'isteria dei diversi luoghi onde furono estratte ". Si chiede: " che mai voglion dire incrostate qua e là alle pareti di un museo mille antiche iscrizioni? Nulla, e poi nulla significano ". 34)
Fortemente contrario alla rimozione delle lapidi e delle iscrizioni dai luoghi di provenienza, Tommaso Puccini è invece propenso a racchiudere le statue negli interni per motivi di conservazione, un argomento che egli affronta con una terminologia molto precisa: " ( ... ) ciò che dico delle iscrizioni, non può estendersi anche alle statue, perché di tutti gli antichi monumenti dovendosi principalmente avere a cuore la conservazione; quelle anche non rimosse dal sito al quale appartengono, si conservano con molta facilità, e poco dispendio; queste sparse qua, e là per la campagna, sarebbero in breve, o corrose dall'aria o appianate dalla pioggia, o scagliate dal gelo, o distrutte dall'ignoranza; quelle, come dicea, in niun altro luogo sono più istruttive che dove si discuoprono; queste conviene raccoglier le in mezzo alla società, perché istruiscano ". 35)
Il lettore del manoscritto è colpito dall'esattezza da vedutista delle sue descrizioni di paesaggio, condotte con un procedimento analogo a quello usato dai pittori di paesaggio suoi contemporanei ed in sintenia con le sue scelte di committente, senza che la sua penna 'illuminista' si smemori nella contemplazione. Lungo il litorale di Nettuno e di Anzio, ad esempio, egli descrive la baia ed il percorso nel bosco "capace di scuotere qualunque più torpida fantasia" mentre condanna apertamente il taglio indiscriminato dei boschi che espone Roma " ai venti meridionali che ne rendono l'aria di piombo e nociva"; 36) commenta con severità i rovinosi effetti del latifondismo romano, visibili nel degrado di una residenza Doria: " Fate che il patrimonio dei principi Doria si divida in quattro padroni: le loro imprese ( ... ) saranno certo minori di numero e men grandi, ma ciascuno penserà a custodire la sua gelosamente " e si chiede: " quanti altri esempi di questa natura s'incontrano nella campagna romana?". 37l Egli annota e descrive minuziosamente il costume delle donne di Nettuno "la loro vestitura è tanto singolare, che in Roma si ha per uno dei più graziosi abiti da maschera " e, a questo proposito ricorda le origini saracene del paese dalle quali discendeva la foggia dei costumi. 3BJ
Nel tratto da Fondi a Itri il Puccini e la sua compagna di viaggio si accorgono di essere entrati nel regno di Napoli " allo strepito, ai gesti dei ragazzi, i quali con la sola camicia indosso erano seminati
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2 - PISTOIA, BIBLIOTECA FORTEGUERRIANA (CARTE CHITI- STAMPE)- RAFFAELLO MORGHEN !
RITRATTO DI TOMMASO PUCCINI
s~lle soglie delle loro pessime abitazioni ". La tappa dt trasferimento da Capua a Napoli, dopo la visita ai dipinti della Cattedrale, è " deliziata " dalla lettura del "Virgilio italianizzato dal Caro". A Napoli la folla li stupisce ancora di più " ( ... ) non vedeva che popolo, non udiva che urli ( ..• ) qua una compagnia di donne vecchie e giovani con cembali, e nacchere danzanti la tarantella, ballo del paese alquanto grazioso; là un gruppo di uomini che cantavano delle canzoni nel loro dialetto, e nel loro tuono molto forte, e poco armonico. Avreste creduto, che in questo quartiere fosse raccolta tutta intiera la città, eppure mi hanno assicurato non i napoletani, che esaggerano tutti, ma i miei nazionali, i miei amici di Roma, che il resto di Napoli resta popolosissimo " . Al momento dell'arrivo, quindi, Napoli gli apparve come " ( ... ) un gran Baccanale rappresentato in un bel campo, al quale l'invenzione non può niente aggiungere. Oltre il popolo, che passava a piedi alla contrada di Chiaia, un numero quasi infinito di barchette cariche di gente della medesima condizione e allegria, faceva il tragitto per mare, e offriva uno spettacolo il più seducente agli occhi, il più incomodo agli orecchi. Si salutavano gli uni con gli altri
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incontrandosi, si salutavano dalle sponde, e sempre ad alta voce, e sempre in coro " . 39) Il vodo evidentemente non risparmiava neanche i luoghi di culto se il Puccini, assistendo ad una monacazione, osservava: " Nel tempo della funzione ( ... ) le dame, i cavalieri napoletani avevano fatto della chiesa una sala di conversazione ". 4o) Al di là dei particolari pittoreschi, il Puccini visita e descrive accuratamente la città e, in particolare, la cappella Sannazzaro " Il sepolcro è bello per il piantato, per la composizione, e per il lavoro ( ... ) "; la chiesa di Santa Chiara: " ( ... ) una ricca sala da festino di cattivo gusto". 4'l Il viaggiatore si reca anche allo studio del Morghen " ( ... ) forse il primo intagliatore dei nostri giorni ( ... ) un uomo molto ampolloso, ci mostrò le sue opere di vedute, le quali non mancano di merito " (fig. 2); 42 )
non trascura di visitare il Gabinetto delle macchine di fisica presso l'Università dei cadetti per informarsi sul funzionamento delle macchine di recente "provviste " in Inghilterra; osserva l'organizzazione della fabbrica della porcellana dove è guidato dal Soprintendente, un cavaliere di Malta, il toscano Ganucci. Il Museo di Portici, dove erano esposte le antichità rinvenute a Ercolano e a Pompei, in complesso gli piacque più del Museo Vaticano perché disposto in modo " chiaro e distinto "; riguardo alle pitture antiche lì raccolte egli notava " ( ... ) regna da per tutto un buon stile di azioni, di colori, di forme e di panni; ma non vi vidi un quadro, una figura di sublime e corretto disegno ( ... ) non vi si scorge quella diversità di maniera, che vedesi in una Galleria di opere moderne" 43)
Dinanzi all'abate Puccini e alla contessa le porte delle gallerie patrizie si aprivano con lusinghiera fa cilità. Il 17 settembre essi si recano a visitare la galleria di quadri del duca di Baranello che apparve loro "alquanto miserabile ". Di essa il Puccini menziona '' due quadri grandi di Donato Creti turchini, e verdi di colore, con poco rilievo, e le pieghe infinite di numero, e simili, e taglientissime; non astante non sono mal composti, non sono scorretti, ne senza una certa scelta di forme ( ... ) Avvene anche i bozzetti( ... ) Uno rappresenta Saba, che dona Salomone, l'altro Salomone che incensa gli idoli( ... ) " . Egli nota anche " alcuni quadri di mezze figure originali di Calabrese " e " un quadro di Guido rappresentante Giuseppe Ebreo con la moglie di Putifar in mezza figura ( ... ) La femmina ha un occhio più sù, ed uno più giù a notabil distanza ; è senza fianchi ( ... ) meno anche si intende dal mezzo in giù la figura del Giuseppe, il quale ha bisogno di sostegno per stare in piedi, e sostegno non ha dalla presa della sua testa perché né la femmina, né egli han sentimento di trovarla. Eppure il quadro sembra originale al tocco del pennello per quanto si può scorgere dal basso, essendo collocato in alto, ma bene illuminato, e meglio conservato " . Fra gli altri ammirava soprattutto " un gran quadro di Luca Giordano rappresentante il ratto di Proserpina pieno di spirito specialmente
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a) ROMA, TERME DI DIOCLEZIANO - AULA IX, RESTI DI DECORAZIONE PITTORICA DEL XVIII SECOLO RAFFIGURANTE UN ALBERO Rinvenuta durante il recente restauro del complesso.
b) ROMA, TERME DI DIOCLEZIANO-AULA IX
b
TAv. I
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nei cavalli ben composto, e dipinto con facilità al solito ". 44l
Tre giorni dopo il Puccini si reca alla chiesa dei Girolamini '' grande, ricca di oro, di marmi, e di Pitture ( ... ) ". Lì nota la presenza del "quadro del S. Girolamo spaventato al suono della tromba ( ... ) ", il dipinto di Francesco Gessi che gli parve " assai cattivo ", descrive l' ' Estasi di San Francesco ' del Reni: "( ... ) direi che la testa è bella nobile, è viva, il resto della figura non è felicissimo né per la forza, né per l'azione, né per le pieghe ( •.• ) "; ma si entusiasma solo davanti all'affresco di Luca Giordano ' Cristo scaccia i profana tori dal tempio ', capace, del resto, di suscitare persino l'ammirazione del Goethe: "( ••. ) Oh questa si che può dirsi opera grande; e bella! È bene imaginata, ben composta, non mal disegnata, facile, trasparente ( .•. ) e bastantemente variata di forme, e d'azioni ( ..• ) ". 45l
Nella galleria del palazzo del Duca della Torre, ove era esposta una delle collezioni pi.ù ammirate dagli stranieri, il Puccini redige la sua nota con l'aiuto dei custodi ed è l'unica volta: tutte le altre redatte in Napoli le farà da solo '' senza ajuto di custodi, che non sanno niente ". 46l Egli ci descrive minuziosamente una "Sacra Famiglia di Domenichino, quadro in traverso di figure grandi al vero, e ben conservato ( ... ) Non vi è dubbio che il quadro sia egregiamente disegnato, e pieno della più fina espressione, onde meriti di essere posto fra le opere più belle di questo autore. Ma sente un poco troppo la fatica e l'aggiustatura; ma la Vergine singolarmente è un poco tozza e ignobile. Nelle pieghe è qual fu sempre Domenichino, cioè poco netto, e privo di sentimento ". Segnala poi la presenza di una " Maddalena alquanto smorfiosa ", in mezza figura e opera di Cesare Fracanzano, di un " Cristo che da la luce al ceco quadro in traverso di figure un terzo di vero del pussino ", di una "Fuga in Egitto per alto figure un terzo di vero di Pietro da Cortona. ( ... ) Il quadro è fresco, piccante come nelle piccole figure questo autore, ben composto in un paese ( ... ) Non è mal disegnato, benché senta la maniera al solito; ed ha un non so che di puerile specialmente nel colore ". La gemma più fulgida della collezione, proveniente del resto dall'eredità prestigiosa del cardinale Ascanio Filomarino, era costituita da ' Le tre Marie al sepolcro ' di Annibale Carracci -oggi, com'è noto, a Leningrado- che spiccavano talmente da far esclamare al visitatore: " Che maneggio di lume! ( .•. ) Che magia!". La minuta del Puccini prosegue con la descrizione di un ' Cristo morto ' e di una ' Sacra Famiglia ' del Domenichino e di un "Ecce homo mezza figura sedutta ( ..• ) Due terzi di faccia, la testa un poco curva in avanti. Nudo avanti, vestito dietro con bellissime pieghe le mani sovrapposte. In quella di sopra sinistra ha la canna, nella destra si tiene il manto ", un dipinto " amorosissimo" di Guido Reni. 47l
La residenza urbana del principe di Stigliano, il palazzo in via Toledo, come numerosi altri in quegli
anni aveva avuto gl'interni aggiornati al nuovo gusto e ospitava una ricca collezione, frutto anche dell'eredità del principe di Sonnino Colonna proprietario, a sua volta, di un folto e importante nucleo di dipinti di Mattia Preti. 4Bl
Fra i quadri degni di menzione il Puccini annovera, al secondo piano, " Due quadri in traverso del Calabrese. Il primo rappresenta la Donna adultera; il secondo Cristo condotto legato davanti Caifas, ambedue in mezze figure grandi al vero, ambedue belli ( .•• ) "; " Il famoso e ben composto baccanale di Ribera, che egli stesso ha intagliato all'acqua forte con tanta eccellenza ( ••. ) è così nero, è così duro, che pare una copia senza esserlo in sostanza "; " Il martirio dei SS. Bartolomeo, e Pietro: due quadri del Calabrese. Oh questi sì, che sono del suo più bel pennello, e più vigoroso! ". Nella galleria, di fronte all'ingresso spiccava "il ricco Epulone; drimpetto le nozze di Cana. Due bei quadri del Calabrese in traverso ". Sopra la porta principale " un più gran Baccanale di Pussino. Ha forza e sugo di colore direi quasi al par di Tiziano, ma è un poco annegrito. Accanto la loggetta il serpente di bronzo, piccolo quadro in tavola di Rubens, e simile alla stampa ". In un altro quartiere del medesimo palazzo erano collocati: "Tre buoni quadri di mezza figura in traverso di Luca Giordano. Uno rappresenta il Serpente di bronzo; uno un convito di femmine, il terzo una Giuditta al lume di notte, e più robusto degli altri due ".
Nella stanza contigua figuravano: "In piccole figure per alto una Vergine sedente col Putto, S. Gio. Battista, e S. Giuseppe con molti puttini, che portano fiori, e frutti; altri sugli alberi, che ne colgono: quadro di Pussino conservatissimo, al quale non manca grazia, ne forme. Come è composto! Come è dipinto! S. Pietro in carcere desto dall'angelo, ed un guerriero che dorme. Quadro in traverso di mezza figura più grande, che il vero di Guercino. Questo per la composizione è veramente una meraviglia. Ha espressione, e disegno ".
A proposito della galleria Santobono 49) l'abate Puccini esprime un giudizio sfavorevole e afferma che essa racchiudeva " moltissimi quadri mediocri ". Fra i più "considerabili" di essi egli cita: " Una flagellazione di figure grandi al vero di Rubens per alto. Il quadro è assai mal trattato ma è ben composto e ben dipinto, singolarmente la schiena sanguinosa di G.C. e il manigoldo a sinistra dello spettatou. A dritta vi è una bella testa di un soldato che Rubens ha replicato in molti quadri. ( .•. ) Questo il cardinal Santobono lo ebbe in dono con altri dal Re di Spagna nel tempo della sua ambasciata ". Secondo lui il quadro più bello e meglio conservato della galleria è " Un piccolo quadro del Parmigianino, nel quale in figura poco più di un palmo una S. Caterina vestita di bianco sedente sulla rota, che stende una mano verso la destra dello spettatore per cogliere palme. ( ..• ) È dipinto sullo stile del tondo di Capodimonte. Pieno di grazia nelle azioni, e nelle forme,
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di un tocco il più leggero, p1u prezioso, che Pittore abbia usato mai ; di un colore trasparente, e piccante insieme. ( ... ) " . Altra " gemma" è una "Sacra famiglia per alto " del Calvaert. Nella Galleria vera e propria era esposta: " Una conversazione di sei mezze figure al vero, che suonano, e bevono, opera di Diego Velasquez. Il quadro è troppo alto, ed ha troppo soggetto per giudicarne. Ma sicuramente è composto a meraviglia, ed il tuono del colore in generale, se non è altrettanto vivo, e caldo, che in Tiziano, non pare meno prezioso, e me n fino ", e, fra gli altri, " Due tondi, in ciascuno dei quali due teste di putti al vero, che dicono di Correggio. Veramente sono belli, e ne han tutto lo stile. Ma una patina di sudiciume non lascia travedere il fino, e il prezioso del colore, che devono avere i Quadri del Correggio ".
L'episodio culminante del soggiorno napoletano del Puccini resta la visita, o meglio il resoconto delle numerose visite effettuate al Museo di Capodimonte, una testimonianza particolarmente interessante se si considera che essa precede di poco più di un decennio le traversie della collezione - allora interamente di provenienza farnesiana - iniziate con le vicende politiche del 1799·
"La fabbrica non ci comparve bella" afferma e nota, con rammarico, la cattiva organizzazione del
museo e l'incuria in cui giacevano le opere. Non era il solo a pensarla così, evidentemente, se, incontrando ad un pranzo il domenicano padre D'Afflitto, allora presidente della Galleria stessa, venne a sapere che questi, in prima persona, si rendeva conto perfettamente che il museo era tenuto male lamentandosi di non avere la minima facoltà di spendere " un grano " per la conservazione della galleria medesima e di non conoscere uomini capaci d'esservi impiegati. La descrizione delle opere esposte nel 1783 a Capodimonte è contenuta nelle minute manoscritte in calce al giornale di viaggio redatto dal Puccini e viene qui integralmente presentata in Appendice II nella trascrizione, priva, per ora, di qualsiasi tipo di commento o di indagine.
4· - A questo punto occorre delineare il profilo secondo il quale la cultura e l'esperienza di Tommaso Puccini si organizzarono in atti concreti di collezionismo o di committenza. È forte e lucida la consapevolezza dei larghi vuoti che in questa parziale ricostruzione rimangono e pertanto non resta che formulare l'augurio che essa serva a stimolare ulteriormente l'intelligente attenzione già dimostrata dalla direzione della locale sezione pistoiese dell'Archivio di Stato nei confronti dei materiali dell'archivio Puccini per convergere, insieme ai primi sguardi acuti già lan-
3 -PISTOIA, MUSEO CIVICO- NICOLAS DIDIER BOGUET : DANZE VENDEMMIALI
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ciati nell'Archivio della Soprintendenza fiorentina, nel modellato a tutto tondo di questa figura, un omaggio che Tommaso Puccini sollecita e merita ampiamente.
La preferenza da lui accordata nel corso dei viaggi e delle visite ai musei e alle gallerie, alle opere moderne iniziando dal Cinquecento, e l'assenza di un 11 gusto dei primitivi " trova uno sbocco fortunato nell'acquisto della 'Madonna con il Bambino ' detta la ' Madonna del granduca ' di Raffaello consegnata, come è documentato, a Palazzo Pitti il 30 gennaio 1799· 50}
In aggiunta alla già ricca documentazione relativa a questo dipinto si segnala anche la lettera inviata il 9 febbraio r8oo da Giuseppe Rospigliosi al Puccini, da Vienna dove il nobiluomo aveva accompagnato il Granduca Ferdinando III: " ( ... ) Il S. Duca vi saluta, e mi ordina dirvi, che rispetto al noto quadro di Raffaele comprato per 300 zecchini, lo facciate nettare dalle macchie, e mettere in buon'ordine in tutte le sue parti, e gli facciate fare una decente corn ic_e, senza lusso, che serva al quadro. ( ... ) ". 51>
E ben nota, anche, l'errata interpretazione documentaria in base alla quale Puccini, allora direttore degli Uffizi, identificava il ritratto di casa Botti con ' La Fornarina ' oggi assegnata a Sebastiano del Piombo, consegnando così una versione a lungo inattacca-
4 - PISTOIA, MUSEO CIVICO - NICOLAS DIDIER BOGUET : STUDIO DI BOSCO CON FIGURE
5 - PISTOIA, MUSEO CIVICO - BÉNIGNE GAGNERAUX (COPIA DA): BATTAGLIA
bile alla tradizione ottocentesca. Vale la pena, inoltre, di ricordare il tentativo accorato e impotente dell 'abile funzionario per bloccare la vendita e la esportazione del 'Ritratto di Binda Altoviti ' di Raffaello, nel r8o8. 52> Una sorta di giustizia tardiva fa ceva pervenire, nel 1841, alla collezione del nipote Niccolò Puccini, una copia di questo ritratto eseguita da Andrea Michelozzi. 53}
Nel r8oo il Puccini avviava la trattativa con la badessa Montemagni del convento pistoiese di Santa Maria degli Angeli o da Sala per portare nella raccolta granducale la grande pala del più celebre pittore pistoiese del primo Cinquecento, Gerino Gerini, una ' Sacra Conversazione ' custodita nel parlatorio di quel monastero offrendo alle religiose, come risarcimento, "altro quadro di alcun pittore di terza classe come del Rosselli, del Vili berti e simili ". Lo scambio materiale dei due dipinti avvenne nel giugno r8o3 e il Puccini cedette una ' Adorazione dei pastori ' allora esposta nel corridoio della Galleria degli Uffizi come opera di Matteo Rosselli; attualmente le due opere sono entrambe visibili nel Museo Civico di Pistoia. 54}
Ettore Spalletti ricorda opportunamente, fra gli altri acquisti, il trasferimento proposto dal Puccini all'Arcivescovo di Pisa di sette dipinti " primitivi " dalla Primaziale. I dipinti di quelle epoche, pur non avendo un pregio intrinseco in quanto prodotti in un tempo " in cui la pittura era anche lontana dalla sua perfezione " sono utili tuttavia, secondo il parere dell'allora Direttore degli Uffizi, a "formare una isteria completa del risorgimento delle arti in Toscana ". 55}
Rimane controverso il passaggio del quinto pannello del polittico Quaratesi di Gentile da Fabriano (oggi alla National Gallery di Washington) attraverso la collezione di Tommaso Puccini. Il Milanesi, nelle
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sue note al Vasari, afferma che il dipinto su tavola, raffigurante i devoti che visitano la cassa di San Nicola, "venne in possesso del cav. Tommaso Puccini e si conserva tuttavia in Pistoia presso il cav. Niccolò, nipote ed erede di lui ", ma è smentito recisamente da Crowe e Cavalcaselle " ciò che noi potemmo vedere di pitture concernenti storie della vita di San Nicola furono due tavole di altro tempo e di scuola diversa da quella di Gentile ". 56l
Tommaso Puccini nella sua qualità di direttore della Imperiale Galleria risiedeva abitualmente a Firenze, nella "cura" dei Santi Stefano e Cecilia, mentre, circa nello stesso arco di anni, il fratello Giuseppe, anch'egli cultore delle arti e collezionista appassionato, dirigeva attentamente, di persona, la ristrutturazione in senso neoclassico, o meglio "dorico-egizio " , della residenza familiare di campagna, la villa suburbana di Scornio, da lui affidata all'architetto Cosimo Rossi Melocchi (TAv. II), aggiornando il gusto della decorazione interna sul registro filofrancese. A lui stesso si deve anche il perfezionamento dell'acquisto di una serie di stampe da Raffaello Morghen, iniziato dal fratello Tommaso. La collezione dei due fratelli passò in seguito, per discendenza, a Niccolò Puccini e, alla morte di questo (r852), subì non poche vendite e dispersioni per cui molte opere sono a tutt'oggi irreperibili. 57l
Ad una vendita importante, e finora ignorata, provvide personalmente Tommaso Puccini nel 1793 in Firenze quando "spontaneamente, liberamente per se, suoi sig.ri eredi, e successori ( ... ) ha dato, venduto, trasferito, e concesso ( ... ) all'ill.mo Sig.re Mar-
chese Giovanni Antonio Francesco Turinetti di Priero nativo di Torino in Piemonte ( ... ) la raccolta di stampe che in rame che in legno di diversi classici, e celebri tanto antichi quanto moderni incisori ( ... ) ed in nome di vero e giusto prezzo di scudi quattromila cinquecento moneta fiorentina ( ..• ) ". L 'intera serie era stata consegnata al marchese già in data 23 settembre ma la vicenda si prolungò fino al successivo atto datato al 7 febbraio r8oo. Il marchese, a quell 'epoca, si trovava '' residente per ostaggio nella città di Dijon in Francia " senza aver potuto assolvere ai suoi impegni finanziari nei confronti del Puccini. Non potendovi supplire, la moglie, marchesa Polissena Gamba della Perosa " ( .•. )nativa della sua città di Torino, e dimorante nella med.a Procuratrice Generale di questo costituita ( ... ) " si obbligava a corrispondere i proventi ed i frutti del capitale per compensare e si impegnava a pagare '' in tanta moneta fine d 'oro, ò d 'Argento effettivo sonante, esclusa la Carta monetata ( ... ) ". Il pistoiese si dichiarava " compitamente soddisfatto di tutti gli proventi della sud.a capitale somma ( ... )"per la quale rilasciava quindi ogni più opportuna quietanza. 58)
Se rimane ancora insoluto il mistero della dispersione del nucleo di circa 200 stampe incise da Morghen, Volpato e altri elencate dettagliatamente nel Catalogo dei quadri, stampe e tocchi in penna da vendersi il dì 4 agosto alla villa Puccini, Pistoia r862 ed esposte nel r845 in una sala al piano terreno della villa, " foggiata a modo di album ", si apre almeno uno spiraglio per la ricerca sulla destinazione della serie venduta direttamente da Tommaso Puccini.
6 - FIRENZE, UFFIZI, GABINETTO DISEGNI E STAMPE
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LUIGI SABATELLI: ATENODORO TURBATO DALLO SPETTRO (DISEGNO) (INV. N . 92483)
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SCORNIO (PISTOIA), VILLA PUCCINI -PARTICOLARI DELLA DECORAZIONE MURALE DEGLI INIZI DEL SECOLO XIX IN UNA SALA
TAv. II ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte
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Le relazioni strette dall'abate pistoiese a Roma si protrarranno anche dopo il suo ritorno a Firenze. Specialmente Didier Boguet e Bénigne Gagneraux, nel momento del loro distacco da Roma in seguito ai moti antifrancesi culminati con l'uccisione di Ugo di Basseville, 59) troveranno in lui un mecenate ed un protettore, sia nella sua funzione di consigliere fidato del Granduca sia in veste di committente diretto.
Sommariamente si ricorda nel Museo Civico di Pistoia la presenza, di spicco in una città così appartata, del dipinto del Boguet 'Danze vendemmiali' (1797), proveniente dalla collezione di Tommaso Puccini e senz'altro riconducibile al clima e al gusto vedutistico dimostrato dal Puccini stesso all'epoca del suo viaggio napoletano (fig. 3). 60>
L'altro ' Paesaggio ' del Boguet, attualmente esposto alla Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti, eseguito a Roma nel 1792 ed acquistato l'anno seguente dal Granduca per collocarlo nella Galleria, era allora fra i dipinti più esaltati dai contemporanei, compresi Goethe e lo Chateaubriand. 61 >
Lo ' Studio di bosco con figure ' (Pistoia, Museo Civico), pervenne al Puccini per dono o acquisto diretto dall'artista (fig. 4). 62 >
7 - ROMA, MUSEO NAZIONALE ROMANO COLLEZIONE LUDOVISI
CALATA CHE TRAFIGGE LA MOGLIE E SE STESSO
La ' Battaglia ' o ' Choc de chevaliers ' dipinto da Bénigne Gagneraux (allora professore all'Accademia di Firenze) nel 1795 su commissione di Tommaso Puccini ed oggi esposto agli Uffizi nella prima parte del Corridoio Vasariano, venne acquistato dal Granduca Ferdinando III nel 1796 dietro suggerimento del direttore della Galleria, il quale si limitò a farne eseguire una copia fedele per la sua raccolta privata, oggi visibile al Museo Civico di Pistoia (fig. 5). 63l
L 'episodio più luminoso e coerente del mecenatismo di Tommaso Puccini rimane l'attenzione costante dimostrata nei confronti di Luigi Sabatelli, indirizzatogli giovanissimo dal marchese Pier Roberto Capponi nel momento dell 'arrivo a Roma (1789) dove, insieme all'esuberanza di fermenti culturali e di esempi classici, vibrava ancora l'eco rivoluzionaria dell'esposizione del ' Giuramento degli Orazi ' di David. Per il Sabatelli, Tommaso Puccini costituì a lungo un solido punto di riferimento, prodigo di suggerimenti, consigli e di soggetti letterari come si legge anche nel carteggio intercorso fra i due. 64) Alla fine del 1795 l'artista, come si sa, era a Venezia "per ivi formare la sua tavolozza d'appresso i modelli spiranti di quella scuola ( ... ) " e di lì inviava al
8 - FIRENZE, UFFIZI, GABINETTO DISEGNI E STAMPE LUIGI SABATELLI: MORTE DI ALCIBIADE (DISEGNO)
(INV. N. 92486)
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suo protettore il disegno ' Morte di Alcibiade ' e prometteva " diversi pensieri " dell 'opera commissionatagli, un " quadro esprimente Radamisto e Zenobia " che sarà, invece terminato a Firenze solo nel 1803. 65l Al suo ritorno da Venezia (1797) il pittore era però in grado di mostrare al suo maestro e al suo committente! la '' testa colossale di Radamisto furibondo " (Pistoia, Museo Civico) (TAv. III, a).
La predilezione di Tommaso Puccini per gli eroici furori espressi nella vena " sublime " e notturna del Sabatelli si esplicita nella mirabile serie dei " tocchi in penna ", il nucleo di disegni fortunatamente acquistato nel 1915 dalle R. Gallerie Fiorentine al completo e oggi conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (fig. 6). La mostra sapiente e compatta di disegni e di incisioni ivi tenuta di recente (1978) ha anche dato ampiamente conto dei rapporti fra il Sabatelli e il Puccini. 66> A questo proposito, vorrei aggiungere che, se risulta convincente il riferimento al ' Galata che trafigge la moglie e se stesso ' (fig. 7) della collezione Ludovisi, oggi al Museo Nazionale Romano (allora noto peraltro come 'Peto
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9 - FIRENZE, UFFIZI, GABINETTO DISEGNI E STAMPE LUIGI SABATELLI : MORTE DI CLEOMENE (DISEGNO)
(INV. N. 92490)
e Arria '), 67) in quanto "pensiero " in grado di fornire una soluzione formale all'invenzione che costituisce il nucleo significante del disegno ove è rappresentata l'eroica 'Morte di Alcibiade' (fig. 8) - come aveva già individuato Carlo Del Bravo -, 68)
non sembra altrettanto "trasparente " il richiamo al medesimo gruppo scultoreo per il ' Radamisto in atto di uccidere Zenobia' (TAv. III, b). Nel dipinto prevalgono le ascendenze figurative michelangiolesche ed il furore del gesto maschile si stempera fluidamente nel sensuale languore della posa femminile anche per mezzo di una gamma coloristica squillante di chiarori e di cangiantismi, che sembrano dissolvere il volume delle figure, riaffiorante solo nelle teste e nelle braccia. Il legame fra il marmo antico ed il dipinto moderno appare, invece, relegato solo a qualche tratto della formulazione iconografica.
Il Puccini con le sue molteplici esperienze si dimostra intellettuale capace di grandi aperture rispetto ai temi più aggiornati in ambito sia letterario sia estetico e, da cultore esperto e raffinato, è in grado di avvertire pienamente la portata delle inquietudini preromantiche del Sabatelli (figg. 9 e 10). La sua disponibilità verso il nuovo, del resto, si manifestò anche tramite il vivace dissenso nei confronti dell' Accademia ortodossa, dominata in quegli anni da Pietro Benvenuti. Nella sua Relazione sullo stato delle Belle Arti in Toscana del 1807 egli indirizzava un robusto ammonimento a chi presiedeva all'istruzione dei giovani nelle arti, sollecitando a non dimenticare la natura in favore dell'imitazione degli antichi. Se nella sua giovinezza aveva colto il potenziale innovatore contenuto nella dottrina neoclassica, in età matura non si irrigidì nella difesa di un canone ma si dimostrò capace di intuire e di cogliere gli elementi formali del mutamento verso il Romanticismo.
Questo studio su Tommaso Puccini ha avuto il suo esordio a Roma nel maggio 1983, alla Galleria Borghese, durante la giornata di " Conversazioni sul Settecento", organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici. In tale circostanza segnalai la presenza delle carte inedite conservate alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia e concernenti la Galleria Borghese, sottolineando che lo sviluppo futuro degli studi sull' argomento era vincolato al riordino di questo fondo - intrapreso meritoriamente dalla sede pistoiese dell'Archivio di Stato -che, solo fino a pochi anni fa, era proprietà dell'Orfanotrofio Conversini e giaceva in totale abbandono. Nella medesima desolazione si trovavano anche molte, preziose edizioni provenienti dalla sua biblioteca.
La sfortunata vicenda legata alla pubblicazione, mancata, degli atti di quella stimolante giornata, mi ha indotto ad accogliere il .generoso invito della Direzione del Bollettino d'Arte e a tracciare questo primo profilo, quasi un indice degli argomenti e degli spunti che il materiale offre.
Se si è largheggiato nell'offrire ampi stralci di citazioni -soprattutto nella descrizione di dipinti - è stato nell'intento di fornire già qualche traccia consistente agli studiosi, in attesa di ricostruire le vicende dei quadri ricordati dal visitatore di allora.
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a) PISTOIA, MUSEO CIVICO - LUIGI SABATELLI: TESTA DI RADAMISTO
b) PISTOIA1 MUSEO CIVICO -LUIGI SABATELLI: RADAMISTO IN ATTO DI UCCIDERE ZENOBIA
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TAv. III ©Ministero per beni e le attività culturali-Bollettino d'Arte
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IO - FIRENZE, UFFIZI, GABINETTO DISEGNI E STAMPE LUIGI SABATELLI : FILOPEMENE UCCIDE MACANIDA (DISEGNO)
(INV. N. 92488)
Referenze fotografiche : figg. 1-5, Tavv. II e III : f oto A mendola, Pistoia; figg . 6, 8-10: foto Soprintendenza B.A.S. di Firenze; fig. 7, T av. I: foto Soprintendenza Archeologica di Roma; figg. 11 e 12: foto Soprintendenz a B.A.S. di Roma; figg. 13 e 14: foto Soprintendenza B.A.S. di Napoli .
I) A. CHITI, Tommaso Puccini. Notizie biografiche con appendice di documenti inediti, Pistoia I907, estratto dal Bui/ettino storico pistoiese, VIII, 4 e IX, I - 2-3·
2) Pistoia, Biblioteca Forteguerriana, Raccolta Puccini, Cassetta VII, 5, r. Tutti i manoscritti consultati si conservano a Pistoia presso la Biblioteca Forteguerriana, indicazione che, d'ora in poi, si omette.
3) Fra le carte mss. di Tommaso Puccini, conservate aJla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, si veda anche, oltre il Chiti, La Regia Galleria di Firenze difesa dai Commissari francesi l'anno I799· Ragguaglio I storico del cav. Tommaso Puccini, direttore della medesima e segretario della R. Accademia delle Belle Arti, cc. 38 in Raccolta Puccini, Cassetta II, 2 e la serie di 25 lettere con testimonianze a favore dell'operato del direttore (Cassetta II, 3) oltre al resoconto deJle opere portate in salvo (Cassetta II, I I-2I). Il Wicar stilò per i Francesi l'elenco deJle opere da asportare ; anche egli fu in rapporti epistolari con il Puccini, cfr. Raccolta Puccini, Cassetta VI, 4, Lettere Wicar.
Sull'operato amministrativo del Puccini cfr. S. MELONI T RKULJA, E. SPALLETTI, Istituz ioni artistiche fiorentine I 765-
r825, in Saloni, Gallerie, Musei e loro influenza sullo sviluppo dell'arte nei secoli XIX e XX, in Atti del XXIV Congresso In ternazionale di Storia d 'Arte, a cura di F. HaskeJI (Bologna I979), Bologna Ig8r, pp. g-21 e inoltre S. PINTO, La promozione delle arti negli Stati italiani, in Storia dell'arte italiana, VI, 2, Torino I982, pp. 85I-853. L'attività letteraria del Puccini si esamina in : S. FABBRI RAGGHIANTI, S critti d'arte di Tommaso Puccini, in Critica d'arte, I978, n. 51 pp. I 03-I36.
4) A. CHITI, Tommaso Puccini e Antonio Canova, in Rivista d'arte, V, 1907, nn. I-2, pp. I-II; Raccolta Puccini, Cassetta IV, 4, Lettere di Antonio Canova.
5) CHrn, op. cit. , p. 3· 6) Ibidem, p . 5· 7) Il sonetto Ad Alfieri per la sua tragedia dell'Antigone
è in Raccolta Puccini, Cassetta II, 6 ; per il lascito si veda il testamento olografo del Puccini in Raccolta Puccini, Cassetta II, IO. Il nome di Vittorio Alfieri ricorre più volte neJI' indice degli interventi fatti dai soci deJI' Accademia Pistoiese di Scienze, Lettere e Arti, cfr. P. LuciANI, Le committenze di Niccolò Puccini, in Cultura dell'Ottocento a Pistoia. La Collez ione Puccini, Firenze I9771 pp. 23-28.
8) L ' autografo alfìeriano è conservato in Raccolta Puccini, Cassetta IV, 4·
g) J. W. GOETHE, Viaggio in Italia (Goethe's Italiiinische Reise, a cura di C. Schuchardt, Stuttgart r862), Firenze rg8 I, p. u6.
IO) Raccolta Puccini, Cassetta IV, 4, Lettere Barberini Colonna di Sciarra, e Cassetta VII, 7,23, descrizione delle
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opere d'arte esistenti in casa Barberini (pubblicata in Appendice I).
II) Raccolta Puccini, Cassetta II, 17, Carte contenenti appunti di storia e d'arte; il riferimento è all'ornamentazione della cappella di Innocenza VIII e dell'ambiente contiguo eseguita dal Mantegna e distrutta nel 1780 per fare posto al Museo Pio Clementina, della quale non sussiste che il ragguaglio di A. M. TAJA, Descrizione del Palazzo Apostolico, Roma 1750 e di G. P. CHATTARD, Nuova descrizione del Vaticano, Roma 1762-67.
12) Carte ... , cit., 13) Ibidem. 14) Raccolta Puccini, Cassetta V, Lettere di Maria Piz
zelli. 15) Quadri della Galleria Colonna, cc. 2, in Raccolta Puc
cini, Cassetta VII, 7t32 (pubblicato in Appendice I). 16) Osservazioni sulle opere d'arte della galleria Borghese,
s.d., cc. 12 incompleto, in Raccolta Puccini, Cassetta VII, 19 (pubblicato in Appendice I).
17) A. DE RINALDIS, Un catalogo della Quadreria Borghese nel Palazzo a Campo Marzio, in Archivi d'Italia, IV, 1937, n. 3, p. 218.
18) Osservazioni ... , cit., c. 1 r. 19) La numerazione inventariale odierna è quella ripor
tata nel catalogo di P. DELLA PERGOLA, Galleria Borghese. I dipinti, Roma 1959, in due volumi, cui si rimanda anche per gli altri inventari di galleria. Un contributo recente allo studio delle fonti inventariali del museo sono le note di G. BARBERINI, in Raffaello nelle raccolte Borghese, catalogo della mostra, Roma 1984, pp. 16-19.
20) Osservazioni ... , cit., c. 1 r. 21) Ibidem, c. 3 v. 22) Ibidem. 23) Ibidem, c. 4 v. 24) R. WIECKER, Wilhelm Heinses Beschreibung romischer
Kunstschiitze, Kopenhagen 1977, p. 56. 25) Osservazioni ... , cit., c. 4 v. 26) Vale però la pena di riportare il giudizio in merito
espresso dal Venturi. Nel suo Catalogo egli, pur ascrivendo l'opera all'ambito di Tiziano, vi scorgeva la mano di un "seguace di poco talento, come lo dimostra ( ... ) anche la commista riproduzione del Parmigianino, ora esistente nel Belvedere d1 Vienna " (A. VENTURI, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 93, n. 124).
27) Vedi Kunsthistorisches Museum, Gemiildegalerie, I, Vienna 1965, p. 91.
28) Osservazioni .•• , cit., c. 5 v. 29) Ibidem. 30) Relazioni epistolari di un viaggio da Roma a Napoli,
e di altri viaggi in Italia scritte dal Sig.re Cav.re Tommaso Puccini Direttore dell'Imp.le Galleria, Raccolta Puccini, Carte, C. 238. La filza, autografa, è composta di 338 carte di cui, alcune, sono minute ed appunti.
31) Relazioni ••. , cit., c. 51 v. 32) Cfr. S. LAVEISSIÈRE, Bénigne Gagneraux, premier Prix
de Rome des États de Bourgogne, in B. Gagneraux (1756-1796), un pittore francese nella Roma di Pio VI, catalogo della mostra, Roma 1983, p. 24.
33) Relazioni .•. , cit., c. 5 r. 34) Ibidem, c. I9 v. 35) Ibidem, c. 44 r. 36) Ibidem, c. 33 v. 37) Ibidem, c. 30 v. 38) Ibidem, c. 31 v. 39) Ibidem, cc. 56 v - 59 v. 40) Ibidem, c. 69 v. 41) Ibidem, c. 61 r e v.
42) Ibidem, c. 62 v. 43) Ibidem, cc. 65-69 v. 44) Ibidem, cc. 70 e 71. Sulle raccolte d'arte napoletane
citate dal Puccini si veda anche B. CAPASso, Notizie dei Musei e collezioni di Antichità e di oggetti di Belle Arti formate in Napoli dal secolo XV al 1860, in Rassegna italiana, IX, 1901, n. 5, pp. 17 e 19.
45) Ibidem, cc. 74 e 75· Per i due dipinti su tela si vedano le rispettive schede di catalogo in Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della mostra, Napoli 1984, l, pp. 307 e 403. Si veda anche GoETHE, op. cit., p. I96.
46) Relazioni ••• , cit., cc. 276-278. 47) Sul collezionismo napoletano e per la raccolta Della
Torre si veda F. HASKELL, Mecenatismo e collezionismo nella Napoli dei Borbone durante il XVIII secolo, in Civiltà del '700 a Napoli 1734-1799, catalogo della mostra, Napoli I979, I, pp. 29-34.
48) Cfr. Notizie della vita del cavaliere fra Mattia Preti scritte da Bernardo de' Dominici e pubblicate fra le vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti Napoletani, Malta 1864, pp. 60-62 in cui si ricorda la ' Donna adultera ' del Preti di proprietà Stigliano ma eseguito per il marchese Vandeneinden, e se ne fornisce la descrizione.
La nota del Puccini si legge in Relazioni ... , cit., cc. 282 e 283.
49) Relazioni ..• , cit., cc. 280 e 28I. 50) Cfr. Raffaello a Firenze, catalogo della mostra, Fi
renze 1984, p. 88. 51) Raccolta Puccini, Cassetta VI, Lettere di G. Rospi
gliosi. 52) M. CHIARINI, Raffaello nelle collezioni fiorentine: ac
quisizioni, esportazioni, fortuna, in Raffaello a Firenze, cit., pp. 2I3 e 2I4.
53) Cfr. la scheda di catalogo redatta da C. SISI, in Cultura dell'Ottocento ... , cit., p. 44·
54) Cfr. le rispettive schede di catalogo di C. Acidini Luchinat in Museo civico di Pistoia. Catalogo delle collezioni, Firenze I982, pp. u8 e I39·
55) SPALLETTI, op. cit., p. I4. 56) Cfr. G. MILANESI, in G. VASARI, Le vite de' più ec
cellenti pittori, scultori ed architettori, scritte da Giorgio Vasari pittore aretino con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, III, Firenze I878, p. 7, nota I; G. B. CAVALCASELLE, J. A. CROWE, Storia della pittura in Italia, X, Firenze I902, p. 75, nota 2; K. CHRISTIANSEN, Gentile da Fabriano, London I982, pp. I02-I05, con bibliografia precedente.
57) Cfr. C. Sisi, I " quadri antichi" della collezione Puccini, in Museo civico di Pistoia, cit., pp. 279-28I e la bibliografia precedente ivi menzionata. Riguardo a Giuseppe Puccini, oltre la scheda nel catalogo sopra ricordato (pp. 223 e 224), esistono, nella medesima Biblioteca Forteguerriana, le carte e le lettere, in particolare Raccolta Puccini, Cassetta I, 2, 10, Annotazioni e disegni sulla villa di Scornio e le lettere a lui indirizzate dal Rossi Melocchi.
58) Raccolta Puccini, Cassetta II, IO, Testamento olografo e allegati a e b.
59) Fra gli altri scritti di Tommaso Puccini esiste anche una Relazione del tumulto popolare insorto in Roma contro i Francesi, in Raccolta Puccini, Cassetta II, 2, 1.
6o) Per il dipinto del Boguet esposto a Pistoia si veda SISI, in Cultura dell'Ottocento ... , cit., pp. 36 e 37·
61) Vedi S. PINTO, in Cultura neoclassica e romantica nella Toscana Granducale, catalogo della mostra, Firenze 1972, p. II3.
62) SISI, in Cultura dell'Ottocento ..• , cit., p. 38; e inoltre I paesaggi di Nicolas-Didier Boguet e i luoghi tibulliani, catalogo della mostra a cura di G. Fusconi, Roma I984.
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63) SJSI, in Cultura dell 'Ottocento ... , cit., pp. 39 e 40. Si coglie l'occasione per rettificare l'affermazione contenuta in B . Gagneraux ... , cit., p. I8o, in quanto l'originale della ' Battaglia' e la ' Caccia al leone' (oggi disperso) non sono mai stati confusi anche se della stessa data e citati spesso accomunati. La ' Caccia al leone ' fu acquistato dal Granduca per cento zecchini, come si legge in PINTO, in Cultura neoclassica ... , ci t., p. I I3.
64) Raccolta Puccini, Cassetta VI, Lettere di Luigi Sa-batelli . ·
65) T . PucciNI, Dello stato delle Belle Arti in Toscana, Lettera del Cavalier Puccini Segretario della R . Accademia di Firenze al Signore Principe Hoare segretario della R . Accademia di Londra, opuscolo a stampa, Italia, s.d., p. 23.
66) Per i due dipinti pistoiesi si veda M. C. Mazzi in Cultura dell ' Ottocento ... , cit., pp. 3I-33; Luigi Sabatelli. Disegni e incisioni, catalogo della mostra a cura di C. Del Bravo e B. Paolozzi Strozzi, Firenze I978, con la bibliografia precedente; cfr. inoltre M. C. MAZZI, C. SISI, Disegni di Luigi Sabatelli della collezione di Tommaso Puccini, catalogo della mostra, Pistoia I977·
67) Per la storia del celeberrimo gruppo Ludovisi cfr. F. HASKELL, N. PENNY, L'antico nella storia del gusto. La seduzione della scultura classica 1500-1900, ed. italiana, Torino I984, pp. 427-429; e, ovviamente, B. PALMA, Museo Nazionale Romano. I Marmi Ludovisi : storia della collezione, Roma 1983, ad vocem.
68) C. DEL BRAVO, Disegni italiani del XIX secolo, catalogo della mostra, Firenze I97I , pp. 7 e 8, IO.
APPENDICE I
I . - Opere d'arte già esistenti in casa Barberini
Raccolta Puccini, Carte di Tommaso Puccini, Cassetta VII, 7,23
Non vi è dubbio, che le qui sotto descritte cose esistevano in casa Barberini e che oltre le moltissime altre furono distratte dalla Principessa D :" Cornelia. Si brama dunque legai Documento, che giustifica l'alienazione di qualche cosa almeno da Lei fatta prima del 1770, nominando chi l'aquistò (sic), e soggiungendo ancora, se sia possibile, chi ora la possiede. Quadro rappresentante S. Girolamo - Opera del famoso
Pittore Guido Reno. Sonatori del celebre Gherardo della Notte Due Modelli di Capofuochi di Creta cotta del celebre Autore
Algardi Frammenti di Statue passati in prima mano nel Negoziante
Bellisarj, e quindi venuti nelle mani del Cavaceppi Venere di Casa Barberini - Statua di Opera greca ovunque
decantata per la sua perfezione Li due antichi Candelabri celebratissimi per l'eccellenza del
lavoro senza esser nel mondo cosa simile - venduti al negoziante Genghinx pel Principe Vanmoden
La Statua Venere venduta al Negoziante Hamilton Moltissimi Frammenti di Antichità ricomprati da Cavaceppi Tre Mitre giojellate, il Formale di perle, li due Pastorali,
ed altro, incorporate al Maggiorasco del Cardinal Francesco Barberini Giuniore
Quadro di Claudio rappresentante l'imbarco di S. Orsola, venduto circa l'Anno I76o al Sig. Gavino Hamilton
Uno Schiavo che mangia un braccio umano Il Narciso che si specchia nell'acqua - Statua colossale Una Statua colossale rappresentante Giunone Un Busto di Alessandro il Grande L a Nave di Palestrina
Una Venere antica maggiore del naturale Una Giovine allestita alla corsa Quantità di Busti antichi Obelisco di Granito giacente avanti il Piazzone Un Quadro rappresentante una Madonna col Bambino del
Parmegianino Detto da Pietro di Cortona rappresentante la Conciliazione
di Laban Molti Quadri di varj Autori - Busto di Porfido di Filippo
Giuniore Vaso singolarissimo, di cui parlano tutti gli eruditi Scrittori
venduto, ed esistente in Inghilterra Ed altre molte Rarità
2 . - Opere d 'arte della Galleria Borghese
Raccolta Puccini, Carte di Tommaso Puccini, Cassetta VII, I 9, Osservazioni sulle opere d'arte della Galleria Borghese, s.d., cc. I2 (bianche le cc. 7-I2)
c. I r
Galleria Borghese Prima stanza l Osservazioni I. Al muro di questa facciata il quadro grande in tavola col
sesto al di sopra rappresentante la Madonna ss.ma in gloria, è una delle migliori opere del Palma Vecchio; questo quadro può essere di Benvenuto da Garofalo ovvero del Bagnacavallo il qual pittore assomiglia al Garofalo, e non è certamente del Palma. (In margine l' annotazione seguente: Anzi è di Gerolamo da Carpi e in Ferrara nella chiesa di S. Eraclio ve ne è una copia di Scarsellino)
I 7· La Carità Romana sopra la porta è dipinta da Paolo Veronese d'alcuni giudicata del Cavalier d'Arpino, questo quadro ripugna alla maniera del primo e niente assomiglia alla maniera del secondo; il quadro però mostra di esser dipinto da qualche contemporaneo del Arpino
25. L 'Adorazion de Magi col sesto del Bassano, questo quadro è d'una maniera ben diversa da quello essendo opera di Giulio Romano
30. Per il Giudizio di Salomone concorro nell'opinione di chi lo ha creduto opera di M.r Valentino
31. La Visitazione di S. Elisabetta è di stile d 'Andrea del Sarto, da alcuni si giudica del Passignano il quadro è certamente fiorentino, ma più certa cosa è ancora che questo è indegno di stare in una sì ricca e bella Galleria
C. I V
Seconda stanza l Osservazioni 43· I due appostoli (sic) sono di Michelangelo Buonarroti
N. 48 e 5I questi sono due opere del Cavalier Passignano, il quadretto picciolo traverso dipinto in Rame rapp.te un martirio di Taddeo Zuccheri. Tutti due questi quadri sono opere deboli del Cavalier Leandro Bassano. Sono stati allungati coll'aggiungervi più figure dalli due lati di cadauno da un Pittore di questo secolo
58. Il terzo quadretto per traverso dipinto sulla pietra di paragone rappresentante N.o Sig.re deposto di croce è opera celebre del Cavalier Vander [parola illeggibile]; questo quadro è una belissima opera del Brusasorci veronese contemporaneo a Paolo Caliari
62. Il S. Francesco sopra è del Bronzino, non è vero che sia del Bronzino ma bensì del Cigoli
77· Di sotto v'è una veduta in tavola di prospettiva con molte figure quadro traverso dipinto da Michelangelo si crede del Francabigio non può essere né del uno né del altro sarà forse delle prime cose di Mecherino da Siena cioè del Becafumi (sic)
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I I - ROMA, GALLERIA BORGHESE - ALESSANDRO TIARINI: RINALDO E ARMIDA
c. 2 r
79· Sopra il S . Sebastiano pure in tavola del Zuccheri i questo quadro è molto più antico può essere del Franc1a o di Nicoletto da Modena
Bo. Il terzo rappresentante diverse fig.re è opera del Parmigianino i questo è una copia di una porzione del celebre quadro (di Firenze al Palazzo Pitti) nominato la Madonna del collo lungo
83. Di sopra il cristo che porta la croce è opera del Ghirlandaio pure in tavola si legge nella parte inferiore del ornato in una cartella quest'opera è di mano del Pintoricchio da Perugia MCCCCCXIII oltre di che l'opera stessa lo da a conoscere
87. A sinistra il quadro grande rapp.te il Popolo Ebreo nel deserto è di Gio Bellino dipinto sopra la seta non è vero che questo quadro sia del Bellino ma bensì una bel opera di Luca d ' Olanda, ed è marcata con la solita cifra del Autore in un gran sasso, che sta quasi nel mezo del quadro ed è L i il genere della Pittura si chiama a tempera, e questo genere ~on s! soleva usare .in seta ma bensì in tela come ne fa test1momo due teste d1 Alberto Durero suo maestro che si conoscevano nella Real Galleria di Firenze ed alcune altre che si trovano in casa Gaddi pure di Firenze
g6. Siegue altro famoso ritratto che comunemente dicesi rappresentare un maestro di scuola opera di Guido Reni, questo è un religioso somasco, che sta a . sedere con ilbro in mano e s'ocupa delli suo1 spettaton, potrebbe dars1 che fosse a neo maestro di scuola: ma 1l quadro non Cl
dice questo ma si [cinque righe cancell ate]
r6
c. 2 v
Terza stanza / Osservazioni Ioo. La Samaritana al Pozzo è di Pietro Giulianello, si vede
essere questa opera di Benvenuto da Garofalo se questo Pietro Giulianello fosse stato un imitatore di Benvenuto vi sarebbe luogo di dubitare che ogni quadro di Benvenuto potesse essere di Giulianello, il che forse non sarà. [parola cancellata]
IOI. Il Mosè a destra di Guido quando cercava d'immitare la maniera di Guerci no i questo non regge mentre Guido non ha mai cercato immitare il Guercino ma sì bene agli efetti del vero cioè del naturale il Guercino ha cercato più volte d'~ccostarsi a Gui?o e S?lev'!- ?ir ~uido a quelli che lo mterrogavano ch1 fosse 1l m1~hor p1ttore se lui o il Guercino rispondeva [cancellato] 10 non guardo Guercino e Guercino studia le mie opere
109. [parole illeggibili] credulo Machiavelli e Card. Borgia di Tiziano
II 6. l'altro ritratto che siegue è di Gio Bellino non può essere ma questo è copiato da un opera di Tiziano che va alle stampe di Egidio Sedler, e si chiama la Moretta però esser'ci una moretta in quello invenzione e qui vi e il semplice ritratto di una duchessa d'Este che appunto si crede il soggetto della sovradetta invenzione
I 17. questo quadro viene nominato di Paolo Veronese ed è un originale Scarsellino da Ferrara come si può vedere da ognuno
1 21. Dall'altra parte la caduta di Lucifero è del Tintoretto certamente è del Palma Giovane
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c. 3 r
i l quadro compagno alla Samaritana sta tra il N ° 136 e 13 7 segue verso il cantone la SS. Madalena quadro per traverso d'Orazio Gentileschi ed è di Benvenuto da Garofalo
141. la Visitazione di S. Elisabetta con molte figure quadro per traverso di Cecchin Salviati in tavola questo è in tela ed è una copia vecchia non già del tempo del autore ma fatta nel secolo passato
146. fra le finestre li S . Cosimo e Damiano di Paolo Veronese [parole illeggibili] detto del Dossi è opera di Damiano Masa Padovano scolaro di Tiziano
I49· la Madonna sottoposta al detto e del Barocci è del Vanni opera belissima che fu scolaro del sopr.to
1 5 0 . la compagna alla sinistra è di Sassoferrato dipinta in rame, questa si fa conoscere per una delle prime invenzioni del Albani
151. ritratto d ' una Donna situato sopra e pure in tavola dipinto da Simon da Siena la maniera del dipinto è tizianesca il ritratto si fa conoscere per Di Laura del Petrarca ancorche deteriorato e redipinto in molte parti
c. 3 v
Quarta stanza l Osservazioni I 59· a destra una Madonna dipinta in tavola è di Giacomo
Bronzino, questo Giacomo Bronzino non è conosciuto ma bensì Angelo, Alessandro, e Cristofano de quali 3 questa pittura non è certamente della scuola di Raffaello si dovrà tener questo quadro e cercare tra scolari di quello il suo vero autore
148. la Madonna adolorata vicino la porta è un insigne opera di Marcello P rovenzale [spazio bianco] dovrassi aggiugnere copiata da altra più insigne di Tiziano
r87. il sopraporta è di Tiziano rapp.te la Sacra Famiglia questo è un belissimo quadro di Palma Vecchio
I95· il primo dei due piccioli quadri in basso dipinto sul paragone è di Lodovico Carracci che rapp.ta la Resurrezione di Lazaro. Questo è del Brusasorci
196. L'altro accanto dipinto in rame è dello Schidone figura una santa penitente; in Cento si trova dipinto dal Guercino il medesimo sogetto sopra un camino nella casa Giarini ed è a fresco: dovrebbe esser creduta anche questa un opera originale del detto maestro
I97· il sopraporta rapp.te Rinaldo che dorme con Armida che lo traveste d' Aminta è incerto da molti si attribuisce a Pietro da Cortona da altri si crede dello stile di Paolo, più ragionevolmente si dovrà tenere per opera di Alessandro Tiarini scolaro del Passignani ed immitatore di Lodovico Carracci (fig. II)
I 99· a destra poi in alto la B.V. col Bambino che dorme S. Giuseppe è opera di G uido V. B. ripugna in tutte le parti alla maniera di detto maestro
205. La stragge degl'innocenti nel mezo dipinta in rame per traverso nella più lodata maniera di Paolo Veronese qui si deve dire nella più conosciuta e lodata maniera dello Scarsellino da ferara
214. una meza figura a sinistra in atto di bere è di Tiziano piutosto è d' Anibale Caraccio sullo stile di quello.
I I 5· il quadro compagno a destra opera del Co reggio rappresentante un Profeta pure quello del sudd.to Caracci ad imitazione del Coreggio
Quinta stanza del Trono o sia d'Udienza l Osservazioni
n 8. nel cantone accanto la finestra esservisi nel alto Venere con Cupido ed un satiro di Paolo Veronese questo quadro è composto di un satiro che si trova nella pittura celebre di Tiziano che viene chiamata l'opera di casa Orsi di Bologna il cupido viene da Correggio l'originale del quale si trova a Vienna nel Tesoro la femina pare un ritratto e il dipinto fa conoscere la scuola di Tiziano e non quella di Paolo (fig. 12)
II9. di sotto una B.V. con altri santi quadro per traverso dipinto in tavola dal Giorgione questo sembra dipinto dal Palma Vecchio nella sua prima maniera
228. Gesù Bambino sostenuto dagl'angeli in aria è del Vanni questo è verissimo ma si deve notare che l'invenzione è conosciuta per del Parmigianino il quale fece questo gruppo d'amori che va in stampa
130. di sotto il figliuol prodigo di M .r Valentino Francese fu trasportato questo ed in suo luogo si trova un riposo di N.S. con S. Giuseppe ed un Pastore che adora Gesù Bambino veduto al n. 238
c. 4 v
237· quadro grande per traverso rapp.te S. Giuseppe che spiega i sogni al coppiere e Panetiere è opera celebre del Guercino da Cento questo quadro pare di Valentino sullo stile di Caravaggio e per niente suggerisce il Guercino
234· disotto il quadretto del Salvatore vedesi il Cristo morto del Guercino da Cento questo è opera belissima di Alessandro Turchi veronese detto l'Orbetto
239· il quadretto a sinistra dipinto in pietra di paragone rapp.te la Resurrezione di Lazaro è celebre di Lodovico Caracci questo è un belissimo quadro del Brusasorci
246. il sopraporta incontro all'ingresso in cui si osserva Venere ed amore con un satiro che scherzano è opera di Tiziano. Veramente è opera di Paris Bordone
257· è un ritratto della scuola di Raffaello. Questa testa si trova in un quadro di Gio. Bellino a Venezia nella chiesa di S. Zaccheria e fu ripetuta da Santo Croce scolaro del detto
260. Venere di sopra altra simile che dorme opera dello Scarsellino il fondo del quadro non ripugna alla maniera dello Scarsellino ma la figura sì perchè sembra più antica
272. a destra amore che dorme con Psiche che l'osserva del Dossi di Ferrara, si dovrà credere essere di qualche oltramontano come Jodoco a Winge o Pietro de Wit e simili
12 -ROMA, GALLERIA BORGHESE- PAOLO VERONESE (COPIA DA) : VENERE, AMORE E UN SA TIRO
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273· di sotto vi sono le famose 3 grazie di Giulio Romano Ma queste sono dipinte dal Cav.r Francesco Vanni come si vede chiaramente
274· a sinistra del sudd.to v'è un ritratto d'uomo d'Andrea del Sarto. Questa pittura secca sembra di uno stile ben diverso da quello del sovracitato autore e pare accostarsi alla maniera antica olandese o tedesca
275· a destra altro ritratto di donna d'Olbens questo è un belissimo quadretto di Sofonisba Anguisciola celebre Pittrice
c. 5 r
277· il quadro accanto rapp.te una donna nuda e due uomini che l'osservano del Pomarancio (24) - creduta anche di Paolo Veronese - questo ancora è dipinto dallo Scarsellino sullo stile veneziano
280. A sinistra la Venere in piedi grande al naturale con un amorino è quadro in tavola molto antica del Campagnola. Veramente ripugna questa pittura alla maniera italiana. Vi sta scritto sopra qualche cosa e sarebbe desiderabile di sapere cosa è; Giulio Campagnola veramente si tenne alla maniera antica; ma non però alle forme tedesche e gl'altri Campagnola furono scolari di Tiziano
282. siegue Venere nel Bagno assistita dagli Amorini di belissima maniera di Paolo Veronese
283. il quadro compagno dall'altra parte del m.o autore l'uno e l'altro sono opere belissime dello Scarsellino da Ferara
Ottava stanza del Gabinetto l Osservazioni
297· Ovati più grandi di lapislazulo dipinti dal Passignani - anche questi sono dipinti da quello che dipinse il più picciolo cioè dal Tempesta
307. in basso una belissima madonina in tavola d' Anibal Cara cci (26) si giudica del Coreggio; di questa in vero se ne trova un quadretto assai bello nella tribuna alla Galleria R.e di Firenze e si trova in stampa inciso da Adamo Mantovano il quale incisore viveva prima delli Caracci. L'Opera certamente è coreggesca. NB. fu stampata più volte anticamente con differenze e sempre senza nome
c. 5 v
302. accanto a detto 312. vicino alla porta una Madonnina in Rame di Simon
da Pesaro sono tutte e due di Lodovico Carracci 305. siegue a destra un bel quadretto in rame del Brughel
i consimili che si trovano in questa stanza sono del medesimo autore, si annota da alcuni esser questi dello stile di Guido, o di Tiziano o di Paòlo Brilli, meglio sara dire che sono di incognito fiammingo
316. l'ovato di mezo in lapislazulo rappresenta il Battesimo di Cristo ed è opera del Cav.re d'Arpino, anche questo è di Antonio Tempesta
319. ovato corrispondente in Lapislazolo ove è rapp.to Cristo che entra in Gerusalemme del Passignano, anche questo è di Antonio Tempesta
229. il Ritrattino in Basso vicino alla finestra in tavola è di Antonio Bassano, questo è un ritratto d'una monaca gentilissima pittura di Ventura Salimbeni senese
343· di qua e di la della madonna di Leonardo li due ritratti di Pietro sofonisba, questo autore non credo che esista
344· li due quadretti di sotto sono dipinti in Rame dal Cavalier Leonardo Ponte da Bassano. Quello del Cristo in Emaus tiene della maniera bassanesca ma l'altro deriva dalla scuola del Tintoretto
248. un Paese nel mezo di Francesco Viola richissimo di figure
368. Nel mezo della facciata incontro la finestra una Madona di Raffaelle conservatissima dell'ultime sue opere,
r8
se questa è di Raffaello certamente non è delle ultime sue opere perché dovrebbe essere assai migliore e conservatissima pittura, e probabilmente di qualche scolaro del detto
c. 6 r
379· tra due di sudetti a S!ntstra esiste il Pellegrino famoso di Teniers dipinto in Rame, questo non è di Teniers ma di Francesco Miris fiammingo Eccellente, e si legge il nome nel quadro
406. la pietà dipinta nel paragone da Lodovico Caracci anche questa è di uno delli Brusasorci
409. in basso poi il bel ritratto d'un scultore è dipinto in lamina di piombo dal Vandick e d'altro autore fiammingo incognito
411. Sopra un paesino di forma rotonda del Mattiolo da Bologna, questo non può essere perché il quadro mostra d'avere quasi due secoli ed essere fiamingo ed il Mattiolo viveva nel I 750
388. sopra i sudetti un quadro per traverso di Tiziano rapp.te una famiglia, questo è dipinto da Cristoforo Smarz fiamingo scolaro del detto Tiziano
Undecima stanza del Ermafrodito l Osservazioni
425. a sinistra in alto una B. V.S. Caterina quadro in tavola di Tiziano, questo è d'Innocenza da Imola
426. il Salvatore di sotto è di Paolo Veronese ma si attribuisce a Benvenuto da Garofalo, crederei meglio di Giulio Romano
429. dall'altra parte la Madonna in alto è di Gio franco Dolce [parola illeggibile] si stima di Giulio Romano meglio sarà dire che è certamente copia di Raffaello
c. 6 v
essendomi stato nascosto il cattalogo de quadri della sudetta Galleria non mi fu permesso di seguitare l'esame colla stessa esatezza. Tuttavia avendo scorso una volta la galleria sudetta con il cattalogo in mano mi sovviene di aver trovato che di una testa di vecchio che si fa conoscere per il ritratto di Tiziano simile a quello che va alle stampe di Agostino Caracci contronominato in quello testa di Pastore è più in vicinanza alli due quadri di Paolo Veronese in ognuno de quali v'è un santo che predica. Nella parte più alta si trova una testa di femina che tiene un picciolo cane alla mano destra nominata per del autore sudetto, ed io la ritrovai molto diversa da quello stile, ma molto uniforme al buono stile di Giulio Romano. Di più un Marte e Venere ovvero Vulcano con amori della quale invenzione se ne trova una stampa di M. Ant. ed Agostino veneziano nella quale sta scritto Raphael urbinas dum viveret pinsit
Evvi di più in quella pittura un pilastrino ornato d'arabeschi e si trova un sufficiente ma non ottimo modo di colori e contorni onde non si deve assolutamente dire che sia opera di Giulio Romano come viene descritta, perché allora, il quadro dovrebbe essere molto migliore
3· - Opere d'arte della Galleria Colonna in Roma t l
Raccolta Puccini, Carte di Tommaso Puccini, Cassetta VII, 7, 32
Quadri della Galleria Colonna in Roma
Stanza de Quadri
Sopra la porta Appresso Sotto Appresso Sotto
Ecce Homo dell'Albani (n. 2) Mosè del Guercino (n. 84) Davidde del Cagnacci S. Girolamo del Guercino Cristo morto del Bassani (n. 16)
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Il rarto di Ganimede del Tiziano L 'Europa dell'Albani (n. I) Due ritratti di Alberto Duri Due teste di Guido Reni Madonna di Raffaello d'Urbino M angiafagioli di Annibale Carracci (n. 43) U n religioso del Tintoretto Adone e Venere del Tiziano Sotto Angelo custode del Guercino (n. 83) S. Giovanni di Guido Cagnacci Altro S. Giovanni di Annibale Caracci Sotto Due ritratti del Tiziano Sopra la porta Sacra Famiglia del Tiziano (n. 25) M adonna del Guercino (n. 85) Cristo del Tintoretto Angelo di Guido Sacra Famiglia di Raffaello d'Urbino Padre Eterno di Raffaello d'Urbino
Soffitto
I n mezzo: Martino quinto Papa di Benedetto Luti. Altri cinque pezzi di Pompeo Batoni. La Fortezza di Pietro Bianchi
C. I V
Galleria
S tanza dei Paesi
Giovanni nel deserto di Michelangelo delle Bambocciate (n. 45)
Appresso: Un Quadro dell'Albani Sopra: Due Paesi di Monsieur Orizonte Appresso : La Sa mari tana di Paolo Brilli (n. 73) Sotto: Monte delle Muse di Claudio Lorenese Sopra lo studiolo d'avorio: Paese del Pussino D ue Paesi grandi di Monsieur Orizonte Sopra la finestra : Due Paesi di Gas paro Pussino Sotto: Paese di Gas paro Pussino Dall'altra parte : Paese di Claudio Lorenese Dall 'altra parte: Paese del Domenichino Sotto: Altri due Paesi di Gas paro Pussino Dall'altra parte : Due Paesi di Salvator Rosa Altro sotto: Paese di Gas paro Pussino Sopra le porte: Due paesi di Salvator Rosa Sopra lo studiolo di Gioje : Tre Paesi di Gaspare Pussino I n cima : Tre Paesi di Gaspare Pussino I n mezzo: M arte, e Venere dell'Albani Paesi di Gaspare Pussino con figure di Carlo Maratta Tre Paesi di Claudio Lorenese La volta di Francesco Mancini
Galleria Grande
Quattro specchi con fiori di Mario de' fiori, e putti di Carlo Maratta (nn. Iog-I I2)
Volta
Battaglia di Lepanto del Lucchesini
Pareti
c. 2 ,.
Sulla mano Sli11Stra: L'Erodiade di Guido Reni Venere di Paolo Veronese Sotto : Altra Venere di Andrea Sacchi Sotto: Figliol prodigo del Guerci no In cima: La Fama, che s'incorona di Carlo Maratta Sotto: S. Pietro in Carcere del Lanfranchi (n . gg). Giuseppe
Ebreo del Maratta Dall'altra parte : Sacrifizio di Giulio Cesare di Carlo Maratta S. Cecilia al martirio del Guercino Il trionfo di Davidde del Guercino
La Cena del Sig.re del Bassani (n. 14) In cima: Sacra Famiglia del Parmigianino (n . 140 ?) Adamo, ed Eva del Domenichino Il sonno dei pastori di Niccolo Pussino (n. I85) Sulla mano destra : La Pietà del Guercino Due S. Giovanni di Salvator Rosa (nn. I62 e I63) Altri due S. Giovanni del Mola Sotto: Baccanario del Rubens Due ritratti del Tintoretto (nn. I87 e I88) Appresso : S. Stanislao di Carlo Maratta S. Francesco di Guido Reni (n. I 5 I) Altro S. Francesco del Muziano (n. I27) Pittura, e Scultura del Guercino S. Giuseppe, e la Madonna di Guido La Famiglia dello Sbordonone Sotto: L'Assunta del Rubens (n. I67)
Stanza di Sopra
La volta di Giuseppe Chiari Otto Ritratti del Vandich S. Girolamo del Guercino La Maddalen:t del Guercino
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Giuseppe e la Madonna di Andrea del Sarto La Sibilla del Guercino Appresso: Ecce Homo dell'Albani (cfr. n . 2) La Peste di Niccolò Pussino Due Battaglie del Borgognone (nn. 49-50) Appresso: Ecce Homo del Correggio Dall'altra parte: S. Marta di Guido Reni Appresso: Cristo morto del Guerci no Attilio Regolo di Salvator Rosa Appresso : Maddalena del Guercino In cima: Sacra Famiglia di Cecchin Salviati Altra Sacra Famiglia del Mola Sotto: Maddalena del Lanfranchi (n. g8)
I) I numeri fra parentesi rimandano ai dipinti identificati con certezza sulla base del catalogo della Galleria Colonna (Catalogo sommario della Galleria Colonna in Roma. Dipinti, a cura di E. A. Safarik, Roma Ig8I).
APPENDICE II
Appunti presi da Tommaso Puccini durante le sue visite al Museo di Capodimonte (1783)
Raccolta Puccini, Carte, C. 238, Relazioni epistolari di un viaggio da Roma a Napoli, e di altri viaggi in Italia scritte dal Sig.re Cav.re Tommaso Puccini Direttore dell' lmp.le Galleria
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Parmigianino r. Una Vergine in un ovato grande al vero mezza figura
volta di schiena la testa di profilo verso la sinistra con una mano posata tra le due gambe del Bambino visto di faccia una gambina elevata, l'altra stesa e sostiene sotto il braccio; con l'altra gli mette il dito mignolo in bocca. La Vergine ha il collo e la testa scoperta, oltre un piccolo segno di camicia è vestita stretto alla vita di giallo, un manto turchino gli cade dalla spalla destra. Il Bambino ha una piccola fascia attorno il corpo.
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2. Quadro alto e stretto. Il ritratto d'un giovine in piedi di scorcio vestito di ferro con ricca armatura il resto alla spagnola, goriglia al collo, i brendoli rivoltati per di sotto, che sembrano un guardinfante o una ciambella, calzoni, e calzette tutte d un pezzo rosse, scarpe bianche legate con nastro rosso. Ha una mano sul fianco a sinistra dello spettatore, dove vedesi in un canto una sedia rossa come un falcistoro, sopra la spada ed il [parola illeggibile] rosso pendente. L'altra stava sul cimiero pieno di penne di più colori posato sopra un tavolino coperto di un strato verde. La figura dal mezzo in giù non mi piace non solo perché l' addobbo fà cattivo gusto, e lo dimostra magro, e tutto gambe, ma perché parmi non pinta bene, e che non stia in piedi. Il resto è dipinto a meraviglia. Il [parola illeggibile] è più unito ed impostato che nessun altro ma l'altro è più spiritoso d ' assai. Il colore delle carni tiene molto al Baroccio.
3· Una mezza figura in gran toga nera quasi di faccia, piccolo bonet, piccola barba, una mano nuda con anello sulla guardia della spada nella destra coperta tiene il guanto della sin!stra .. Bellissimo ritratto, che ha l'anima, ed il pensiero scritto m fronte. Il colore della testa è pallido, che gli accresce molto l'espressione di uomo assuefatto a pensar molto, ma la mano destra vorrei che legasse di più col color della testa, cioè fosse men calda.
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4· Quadro poco men che quadro La città di Parma figurata in una giovine vestita da guerriera con piccolo cimiero su cui posa una treccia dei capelli biondi con corazza, che scende fin quasi al gomito ornata d'avanti al petto con oro e gioje, il resto liscia, e spada in forma di sciabola al fianco pendente da una catena d'oro. Con il braccio destro abbraccia il giovine Alessandro Farnese, nel sinistro tiene infilato lo stemma della casa Farnese in una specie di scudo, che termina acuminato. Ella è in ginocchio, ha di profilo elevata ed il corpo molto inclinato verso il giovine che abbraccia. A sinistra dello spettatore sedente sopra un gran globo, i piedi su due gradini, il giovine Farnese vestito di ferro con bella armatura, il resto con i soliti calzoni, e calzette andanti sopra; le scarpe in forma di pianelle di velluto rosso, il che fa un meschino insoffribile. Egli ha la destra stesa in giù dietro a sè, ed in essa tiene lo scettro posato dall'altra estremità sul secondo gradino, dove ha il pié destro. La sinistra passando dietro alle spalle della giovine si vede uscire sulla spalla sinistra, come sulla destra del giovin principe nel med.o modo si vede sortire quella della giovine. Dietro a se in alto su un tavolino una statuetta di una fama, che suona la tromba, e posa sopra un globo. A basso nell'angolo il cimiero. Il quadro è ben composto, ed ancora disegnato. La parma è piena di espressione, e di grazia. Il principe è un poco freddo, e piattarello. È dipinto molto sul gusto dell 'altro ritratto in piedi descritto al n. 2.
5· Un amorino giacente e adormiente, l'arco in mano ed il turcasso accanto, col corpo all'insù. Quattro amorini in varie attitudini. Uno gli vuole levare l'arco, due provano la punta della freccia, un altro con le mani alzate fa un moto naturale quasi egli lo togliesse.
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Non vi è dubbio che il quadro è grazioso, che amore degli altri è più nobile, che i quattro sono pieni d' espressione, e di malignità. Ma è troppo color di rosa, e turchino l'amore, vi è troppo adoprato lo sfumino e non sarebbe strano, che sia opera di questo autore. Il quadro è quasi quadrato.
6. Un ritratto d'una giovine con la testa un terzo di faccia guardante lo spettatore due mani sopra la tastiera di un cembalo, un piccolo merletto stretto gli gira intorno al collo. È vestita di scuro. Una specie di pazienza delle monache nera un poco aperta in mezzo sul d'avanti è
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infilata al collo, le manichette dell'abito scuro strette, ed all'estremità escon piccoli merletti. È in tela la testa dipinta con molta tenerezza, e d'un fiore di colore correggesco, (molto impastato) e con molto rilievo e ben disegnato.
7· Una Lucrezia mezza figura in tavola la testa volta in sù verso la sinistra del quadro con la bocca aperta di profilo, una acconciatura lavorata a gran treccia stretta, e legata con perle. Un manto sottile, e cangiante con una gran borchia sulla spalla sinistra che ha la figura di una Diana in piedi, e con una fettuccia gialla gli cuopre la spalla sinistra gli lascia nudo il braccio e gli si intraversa sul petto lasciando scoperta la zinna e tutto il braccio destro, col quale tiene il pugnale che ha quasi fino all'elsa immerso nel petto. Ha grande espressione di una romana, che si sacrifica alla pudicizia, della quale è simbolo la Diana, ma è talmente dura nei contorni che pare una carta dipinta, e intagliata poi attaccata a un fondo nero.
8. un ritratto d'un giovine visto di faccia vestito di giallo cupo alla contadinesca. Ha una gabbia sopra un tavolino che ha d'avanti, e sopra vi posa la man destra con la sinistra mette il secondo dito entro la gabbia, ove è un uccello. Questo è in mezza figura in tela poco più, che da testa dipinto con molta fluidezza molto spirito e libertà.
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g. Quadro per alto. Una Vergine figura intiera, e grande al vero in un paese con S. Giuseppe in lontano in piedi, che legge. Ella è dipinta a guazzo. Ha un ginocchio a terra, la destra è tesa sotto il mento di S. Gio, del quale esce la sola testa, ed un braccio con la mano elevata e appoggiata sulla canna dalla parte sinistra dello spettatore. Sotto il med. il bambino dorme sopra un letticciolo in traverso del quadro con la testa alla cornice con le due mani sopra un cuscino rosso, su di cui posa la testa, un piede gli cade dalla sponda del Ietto. Il quadro è fatto con facilità, ed ha vigore. Il Putto, e la testa della Vergine è bella, e nobile. Il resto non mi piace, ed il mezzo in giù della Vergine è poco digerito.
Io. Un ritratto di uomo mezza figura visto tre quarti di faccia diretto alla dritta dello spettatore con un bonet nero, vestito forse di verde ora annegrito con bavero e rivolti di pelle ha la destra stesa sopra un tavolino, che ha d'avanti, nella sinistra tiene una cassettina. Dietro a se, a livello della testa due statuette di Venere e Marte abbracciate sopra un piedistallo, e un altra forse di amore ma non se ne vede che la testa. Dicono che sia il ritratto di Parmigianino. Questo è il più caldo, il più vigoroso, che ho mai veduto di questo autore. Le mani mi piacciono meno, anzi sono inferiori alla testa.
I I. Sopra il Ritratto di Margherita d'Austria moglie di un Farnese fino alle ginocchia. Ella è in piedi vista quasi di profilo diretta verso la sinistra dello spettatore, con un gran sedione dalla spalliera semicircolare, e sopra, ad un
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bracciolo della stessa appoggia la man destra in cui ha un fazzoletto. Ha involta la testa in un sottil pannolino, dal quale escono tutti due dita di capelli. È vestita in gran toga nera aperta un poco sul d'avanti mostrando intorno al collo, ed intorno ai polsi un poco di merletto. Nella sinistra abbandonata pare che tenga i guanti. Nel campo in alto sulla sinistra stà figura di chiaro o scuro di gran carattere e altrettanto sentimento. Questo ritratto è dipinto con molto amore, è trasparente e prezioso, ma con non molto rilievo nella testa, come nelle mani che sono bellissime.
12. Ritratto di una ragazza Sanvitalio. Ella è in piedi di faccia coi capelli a piccoli riccetti, vestita di stoffa giallocupo all'uso del cinquecento. Più della metà di lei vedesi di schiena sulla destra dello spettatore è riflessa entro uno specchio.
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Con la destra tiene un fiore, l'altra cade abbandonata. U n tavolinetto con una cariatide in chiaro oscuro, che lo sostiene, sopra una base, che regge una statuetta di metallo orna il campo sulla sinistra. A destra oltre lo specchio un cagnoletto che gli prende il lembo della veste, e sotto un cartello con una iscrizione, questo è molto tenero, molto piccante, e dipinto sul gusto Barroccesco.
I 3· Il ritratto della bella del Parmigianino fino al ginocchio in piedi quasi di faccia verso la dritta del quadro vestita di giallo intraversato di linee nere, aperto un poco sul petto, un sinale bianco con trina in traverso. Ha i pendenti alle orecchie di perle. La sinistra al petto, la destra con il guanto tiene una specie di pelle che gli scende dalla spalla. E questa si è preziosa di pennello quanto il F rancesco primo, ma il buono del colore è un poco freddarello.
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14. Un ritratto a sola testa con un libro in mano aperto, guardando però lo spettatore al quale ha quasi la testa di faccia. Ha l'aria ignobile, e traditora. Ha barba, e cappello uso di berretto. È però dipinto con vigore, benché assai annegrito.
r 5· N ella stessa stanza in faccia ai descritti un ritratto di un Cavaliere togato visto di faccia . Bonet nero con penne bianche catena d'oro al collo, da cui pende una crocetta, toga nera. La destra sul fianco, la sinistra sulla spada. Un piccolissimo cagnolo in faccia ad un focolare ardente, in un angolo sotto la destra che ha sul fianco la quale non è disegnata affatto. Il ritratto è veramente vivo dipinto leggiero, ma dalla testa in poi è legato, ha le spalle in capo ed io lo credo piuttosto di Girolamo che di Francesco Parmigiano.
r6. La testa di un giovine con capelli ricci e neri, e manto giallo che gli cuopre un poco di spalla sinistra, che si vede. Egli è un terzo di faccia, e mi pare originale del Parmigianino, e se non lo è mi piace asaissimo. In casa Della Torre ve n 'è un altro d.o di Raffaelle, ma è inferiore a questo. Nella stanza accanto un piccolo giudizio di Paride . Lo dicono di Parmigianino, e ne ha lo stile, ma è insip ido affatto e mal composto. Vi sono pure IO piccoli quadretti del Bertoja, che han più spirito che forma, e sono soavi di colore manierato. Nella stanza d.a dei Carracci in un angolo un quadretto di una Vergine sedente con la testa volta a S. Giuseppe che gli è alle spalle e tiene sul ginocchio con le mani il bambino, che abbraccia con amore S . Giovannino. Ha molto patito, ma lo credo originale ed è intagliato bene in Francia.
Stanza accanto. Annibale
I. Un gran quadro in traverso di una Venere, che dorme con un cuscino alle spalle più sedente, che stesa. Un braccio alzato gli gira dietro la testa, che si vede a poco pi ù che in profilo, l'altra gli cade tra le cosce. Molti putti in alto, e a basso, innanzi, e indietro in un paese. Chi tira a segno, chi coglie frutte e si minaccia di lanciarsegli l'u n contro l'altro. Uno con un braccio tira
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sù un amore, che dai piedi, è ajutato da un altro. Chi suona, chi danza. Singolarissimo è un putto sedente avanti il letto di Venere, che si acconcia allo specchio col ferro i capelli, e più singolare un altro in piedi la testa ornata di rose posata la mano sopra il braccio d' un altro amore, che gli fà il paggetto cammina tutto nudo, se non che una stoffa legata al collo gli va dietro alle spalle, e gli si strascina in terra, ed ha le pianelle di velluto rosso di Venere. Questo quadro di composizione, di disegno, di fantasia ,
di vigore, di sentimento non manca, anzi è sublime, ma il colorito è ingrato, è inamabile e monotono, singolarmente in un tal soggetto. La proporzione della Venere è troppo svelta, le cosce sembrano di uomo, le gambe sono di gentilissima forma femminile, ma per Dio ha bellissime forme e bellissima testa.
2 . L'altro sotto in traverso. Venere o sia una femmina di un gran nero mezza figura vista in schiena, e la testa di profilo. Siede, e si sostiene sul braccio destro, che girandogli dietro con molta intelligenza con la mano prende il lembo della camicia. Un satira gli presenta una coppia d'uva; un amorino in mezzo volante con ghirlande di fiori in una mano. Ai ginocchi della Venere un altro satirello e mostra la sola testa con la bocca aperta.
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Questo è molto più sugoso, più tenero, più svariato di colore, e ugualmente vigoroso, anzi più, ma le forme e la testa della femmina mi piacciono meno. Nel palazzo Pitti ve ne è un altro, ma non mi par superiore a questo.
3· Due quadretti in traverso. Uno di Europa sul toro in mezzo a tritoni, e amori volanti. Quadro a primo colore ben composto e di un buon chiaro-scuro; ma la testa è troppo fredda . L'altro è d'una Diana in piedi appoggiata ad una vasca con un braccio steso, una femmina di schiena, sul d'avanti Atteone che fugge . Questo è più condotto dell'altro, ma mi piace meno, perché qui sono in diritto di esigere sentimento nella estremità, che il quadro non ha, essendo avanzato più dell'altro. È anche annegrito.
4· In questa stanza sono quattro accademie dal vero due calche di fiumi, e due in piedi un satira, ed un Bacco. Sono un poco patite, ma sono del suo maggior vigore di disegno e di colorito.
5· Due belle copie grandi come gli originali di due angeli della Farnesina di Raffaele a Roma. D'una la figura avanti ha una croce, ed un calice, dell'altro un Genio alato mostra una fettuccia, su cui è scritto militat . Sono belle, ben conservate e potrebbero essere dei Carracci.
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Stanza con 3 di mezzo da quella, ove sono gli già descritti d.a dei Carracci.
6. Un gran quadro in traverso di figure colossali. Sulla sinistra una femmina sedente un piè calzato steso, l'altro pur calzato pianta indietro col ginocchio molto elevato, una mano sotto la guancia, l'altra, stesa e incatenata ad un arbore di lauro che ha dietro a se. La testa di faccia assai malinconica, sotto a se un gran leone colco. Due grandi putti per aria colgono delle frondi del lauro, altri 5 a basso fan corona, uno lega delle palme, un altro ne strascina un bastone già legato. Sulla dritta una gran femmina, in piedi, che scrive sopra un trofeo. Questo quadro lo credo di Lodovico. Questo quadro allegorico non è terminato. Circa 3 palmi d'altezza nella parte superiore in mezzo sono anche da coprirsi, onde della femmina, che scrive non vedesi che la bocca, ed il naso in profilo, il resto della testa e della spalla gli manca. Il quadro che par fatto jeri è dipinto di una bravura, di un vigore, che sorprende. Masse grandi, e niuna fatica vi si scorge. Ma come mai finito affatto nel resto manca una fetta di testa'? E non faceano prima il contorno generale a chiaro oscuro'? Forse sarà stato disegnato a biacca, e sarà perduta. Piuttosto nello spazio non finito dover cadere qualche panno, o prestarsi ad un sito obbligato. È un'allegoria dell'impresa delle Fiandre d'Alessandro Farnese. E sullo scudo del trofeo è scritto Alexander.
7· Due ritratti di uomini di 50 anni in circa, l'uno e l'altro con goniglia ( ?), testa vista un terzo di faccia, e pochi capelli . Uno accorda un liuto, l'altro con una mano alza un foglio di un libro, con la destra tiene alzata una penna. Sono stupendi, ma
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la testa di questo secondo è così viva, così maravigliosa, che io non conosco ritratto, che sia più bello più prezioso di questo. Pare che Annibale prendesse di mira il fare di Parmigianino, e nelle mani, e nella conduttura del pennello lo somiglia.
8. Una pietà. La med. che nel palazzo Doria a Roma. È molto annegrita, ma molto più bella di quella che io ho creduto sempre una copia.
g. Quattro putti, uno per quadro, dormienti in varie attitudini di un buon e vago tuono di colore, piuttosto che di belle forme.
Io. La cananea quadro per alto del vero. Ella ha un ginocchio a terra, la testa in profilo inclinato verso il Cristo, che sta in piedi sulla destra dello spettatore, e ha una mano stesa verso lei, l'altra si sostiene il sopramanto. La cananea ha una mano al petto, con l'altra accenna un cagnolo dietro a se sul davanti. Non è da dubitare che questo quadro sia bellissimo. Ben composto, ben disegnato, e di un bel partito di panni singolarmente nel Cristo. Ma è duplicato, e non è facile distinguerne l'originale. Ambedue qui si vorrebbe tali; ma se lo fossero non si somiglierebbero tanto nel più minuto dettaglio. Quello a sinistra è più negro, ed il Cristo parmi più svelto, l'altro meglio tenuto, ma un poco più crudetto, crudezza però, che ad Annibale non disconverrebbe. Forse è dell'Albano.
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I 1. Un quadretto in traverso mezza figura dal vero. La Vergine a sinistra velata la testa in profilo le mani alzate e incrocicchiate piange sul corpo di Cristo che è steso verso la destra, la testa pendolone, una mano sul petto, ed una stesa. Oh questo si è un quadro di Lodovico di prima sorta. È impossibile imaginarsi una Madonnona più disegnata, e di maggior sentimento di questa. Che pieghe nella manica! Che mani disegnate, e calde, e vive di colore! Il Cristo anch'esso ha bellissime estremità. Lo scorcio è bene inteso, e non odioso, ma non mi piace tanto quanto la Vergine, che mi sorprende.
I2. Una Vergine in piedi mezza figura con involto di panni bianchi in testa, il Bambino sedente in collo che dorme. Questa è grandiosa, ma è di quel suo stile d'Annibale più tosto, e del suo colore più [parola illeggibile]. Ma è disegnata, ed ha forma.
I3 · In traverso la testa di un Cristo in profilo, con un poco di busto coperto di porpora, e le mani legate. Un manigoldo esce con la testa, ed alza una mano a porgergli la corona di spini, con l'altra gli sostiene il mento per far contrasto. È annegrito. Ma Annibale non ha mai un sito così angusto meglio composte due mezze figure, mani più belle, e più sentimentate e più varie di carattere non le ha fatte mai.
I4. Il S . Girolamo famoso, che Agostino intagliò a me pare una fredda copia.
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I5 · Una piccola Madonna per alto sedente in faccia col Bambino sui ginocchi pure in faccia, che dà alcune cerase a S. Giuseppe sulla destra. Il quadro è amoroso e tenero, cd è una copia d'Annibale d 'appresso Correggio.
I6. Rinaldo sedente con lo specchio in mano in cui si guarda tra le cosce d'Armida pur sedente in un paese in faccia e che gli aggiusta i capelli. Quadro di Annibale in traverso di figure di un gran vero. È ben composto, ha molta forza, ma le pieghe sono un poco trite e dipinto facile grandioso, e il Rinaldo singolarmente ha ginocchi, braccia, e piedi fatti da gran maestrone, ed il paese lo vorrei più delizioso. Due stuiJende teste di guerrieri sortono di mezzo a paese sulla sinistra in aria di minacciarlo . Quanto son calde! Che bell'aria di teste!
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1 7· Pendente Ercole al bivio figura un poco più piccola. Questo parmi il med.o che nel Gabinetto Farnese a Roma. È più languido dell'altro, ma di grazia, di forme, e di pieghe non gli è inferiore davvero.
r8. Cristo al sepolcro figure poco men che mezzo vero. Quadro in traverso di Lodovico. Cristo in un lenzuolo sostenuto per due canti a destra da un vecchio che alza molto le mani per non lo fare urtare nella pietra. Al di là del sepolcro, ai piedi da S. Giovanni, che avanza un piede per meglio sostenerne il peso. In mezzo dalla parte di dietro con una mano raccolta sostiene anch'esso il lembo interno del lenzuolo, stando la sinistra in avanti, e prende il lembo esteriore, inclinato col corpo
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e la testa volta verso il sepolcro. In mezzo tra S . Gio. e questo vecchio la Maddalena con la testa in profilo ha la destra al petto, e stende la sinistra aperta verso la testa del Cristo. Sulla sinistra sedente a terra, la testa in profilo, le mani abbandonate la vergine in mezzo a due femmine una dietro in profilo, l'altra di faccia, e in ambedue mani si cuopre il viso in atto di dolore. Gran Lodovico. Questo si, che è una tua gemma. Il tuono del colore senz' esser nero, è malinconico. La composizione è bella, e nuova. Ciascuna figura rende esatto conto di se. I due vecchi, come persone prezzolate, non sono occupati, che di porlo bene nel sepolcro. S. Giovanni è pieno di dolore, ma di fermezza. La Maddalena fino alle punta delle dita, che stende, è piena di anima, e di sollecitudine. Il Cristo è bene atteggiato, è gentile, e disegnato. La Vergine spossata dal dolore non può essere più bella, ma la testa è un poco meschina. Nel S . Giovanni, e nella Vergine avrei desiderato pieghe più semplici. Il piede del vecchio alla testa del Cristo è un poco giovane, all'incontro quelli dell'altro vecchio, che è alla metà del quadro sono di quella testa, che non può essere né più animata, né più viva.
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Ig. Un altro Cristo al sepolcro in figura più piccola per alto pure Lodovico e pure prezioso, al lume di notte. Cristo in mezzo, che scorta un poco di faccia. S. Gio : alla testa, un vecchio orientale ai ginocchi sostentano il lenzuolo. Cristo ha una mano sul petto l'altra cade sulla spalla di una femmina, che in profilo sul d'avanti a destra da i ginocchi in sù ha una mano sotto, ed una sopra il petto del Cristo per ajutarne il trasporto. Dietro in mezzo la Vergine, che sviene, e cadegli la testa verso la sinistra sostenuta dalla Maddalena che piangendo le stà accanto, ma avrebbe fatto meglio a indicarci come la sostiene, che bisogna indovinarlo. In mezzo al vecchio che sostenta il lenzuolo, e la testa della Vergine un altro orientale, che troppo interessato dell'azione e afflitto più che non dovea essere, fa lume con una torcia. Dietro il S. Giovanni due teste di vecchi, che si parlano insieme. In questo quadro pare che manchi la pianta. Se ci fosse un poco di terreno indicato mi piacerebbe di più. Ma teste più belle, espressioni più fina non si può sperare. È dipinto con facilità. La Maddalena, ed il S. Giovanni hanno una grazia nel dolore, che è singolare. La femmina sul d'avanti benché men nobile, è graziosissima anch'essa, e più piccante forse dell'altra. La testa della Vergine è nobile, ed ha il colore di una svenuta, come il Cristo di un morto e come è bene atteggiato da morto! La testa del vecchio, che sostiene con le ciglia arcate, il labro (sic) inferiore sovràpposti, la gran barba lo rendono veramente grave e fiero . Gran Lodovico!
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2 0 . Una Vergine sedente a destra in profilo sulle nubi col Bambino in collo ; che dà l'anello a S . Caterina, la quale di faccia è in ginocchio. Due grandi angioli dietro a Lei,
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uno in faccia con la testa in giù volta resta in mezzo del quadro, ed ha una mano sulla spalla della santina, l'altro vicino alla cornice un terzo di faccia senza [parola illeggibile]. Lo dicono di Agostino, e certo che la composizione, il disegno, la grazia, ed anche il colore non gli disconviene, ma non lo assicurerei. Schidone. Ne danno 36 ed in verità pochi ponno fallire. Sopra una porta un S. Bastiano legato nudo per le braccia dietro ad un tronco con la testa di faccia in sù volta d'uomo che soffre. Il corpo in massa scura e lasCia il ginocchio di dentro, e la guancia sinistra; il resto in chiaro, ma l'ombra gli fa un taglio troppo crudo sull'arcatura della coscia destra. Dietro a se sulla sinistra dello spettatore ha un manigoldo col cimiero in testa, e di profilo. È veramente fiero, ma appena si scorge nella massa oscura. Accanto a questa un S. Giovanni, che con la testa di faccia china in giù, la destra stesa accenna con un dito verso la sinistra di lui. Ha un ginocchio in terra, il destro mezzo piegato. Ha un panno rosso cupo, che lo veste per metà. Dietro ha l'agnello, nella sinistra la canna. Il S. Bastiano troppo bianco, questo troppo terreo; due graziose figure ma niuna vera. Sono per alto ambidue e di un piccolo vero. Piccolo quadretto per alto in cui due angioletti sulle nubi atorno (sic) una croce situata in mezzo. Un altro la sostiene, e dietro in un campo di luce si vedono sortire molte teste di altri angelotti. È piccola cosa, ma è graziosa assai. Sotto la famosa carità, che è la più piccola ma di figure al vero per alto. A destra dello spettatore una femmina di profilo con un involto di panni bianchi sulla testa con la sinistra che regge
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il panno rosso che gli cade dalle spalle ai piedi, con la destra stesa da un pane entro il cappellaccio di un poverello stracciato forse di IO anni che gli viene incontro in profilo, e conduce un ceco seminudo, bruciato dal sole, ed ha una mano sulla spalla della guida, la sinistra appoggiata ad un bastone, la testa di faccia . La femmina ha d'avanti un figliuccio in camisetta con un corpettino sopra a liste una gialla una turchina una verde allacciato in giro da una fettuccia rossa. Ha la destra nella camicia, quasi si gratti e la sinistra sulla coscia, che pure si gratta, e intanto guarda lo spettatore di faccia con la testa un poco inclinata in avanti. Il quadro è stupendamente composto ed ha un bel chiaro-scuro. La testa della femmina in chiaro, ambrata intorno alla fronte ed al collo dai panni, che ha in testa ed attorno, è maravigliosa, e dipinta che non si può meglio. Il ragazzo poi è un capo d'opera, Correggio l' avria potuto fare più nobile, benché ignobile non è, ma né più vero, né più ben dipinto, più grazioso io non lo so concepire. (In margine compare l'annotazione seguente: a sinistra dello spettatore in alto esce dalla cornice, parallela alla med. una carta stampata e sopra s'intraversa una carta bianca che vien dentro il quadro, forse un mezzo palmo, ed è scritta, ma non par che abbiano forma). Il ceco e la guida sono quasi affatto in scuro, la femmina, ed il putto, ed il [parola illeggibile] sono chiari, ma niente bianco di soverchio, se non lo fosse l'estremità della camicietta del bambino a sinistra dello spettatore, che vorrei più bassa. Che testina! Che semplicità! Che freschezza di colore non tormentato! Sotto una sacra famiglia mezze figure di più del vero. La Vergine di faccia un poco inclinata sulla sinistra dello spettatore e con ambe le mani sovrapposte tiene ai ginocchi il Bambino, che in camicetta, ed una sopravveste viol etta senza maniche, legata da una fettuccia rossa sopra 11 corpo. Sta in piedi sopra un tavolino, con la destra prende il manto turchino, che dalla testa cade a cuoprire la Vergine, con la sinistra l'abbraccia.
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In piccolo la Sacra famiglia da lui intagliata. È forse la cosa più preziosa di luj, e di fatti è il solo quadro, in cui ha iscritto il suo nome: ma è così rovinato, così impasticciato che bisogna asai esaminarlo per gustarlo. Un gran quadro per alto centrato al disopra, la Vergine, il Bambino, S. Giuseppe entro un splendore in alto e sedenti sulle nubi sotto alle quali sono angeletti, ed uno sul d 'avanti di schiena alato alza le mani, e la testa con gioja al Bambino. A basso S. Francesco a destra dello spettatore in ginocchio, con le mani aperte, e la testa in sù volta con la bocca aperta supplicando. A sinistra sedente un S. Giovanni la testa pur volta in sù di profilo, il braccio destro calato, con la mano aperta in atto di meraviglia. In mezzo ma più sulla sinistra un S. Stefano vestito da diacono, la testa due terzi di faccia volta allo spettatore, con la sinistra accenna in alto, con la destra stesa tiene un gran libro chiuso appoggiato al fianco. Dietro a lui sorte dalla cornice la testa ed il collo di un vecchione pure in su rivolta. In questo quadro la gloria è un pezzo meschino, ma graziosa però; il tuono del colore è un pezzo malinconico, ma la gamba destra del S. Giovanni, che viene in avanti, il colore dei putti in ombra così trasparente. il diacono poi ha un rilievo; ha una testa, una anima la più nobile la più viva, che si possa dipingere, l'azione è grandiosissima. Le pieghe della tonacella grandiosa anch'essa. La Sacra Famiglia intagliata da Sisto Badalocchi più grande del vero. Ecco un quadro del suo più bel stile, e più grandioso. Ha molti ritocchi, ma è freschissimo nel resto. La testa della Vergine in massa oscura fuori della fronte è di una trasparenza inimitabile. Che bel quadrone! Questo pittore dipinge non a tocco, ma d'impasto, ma sempre fresco, sempre facile, e non ritorna mai sul dipinto, per questo è sì chiaro negli scuri : così lucido nei chiari. Questo quadro è anche nobile più della natura che pare l'unica maestra di lui . Che grazia ha mai!
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Un quadro per alto d 'una S. Cecilia sedente di faccia coi piè sopra istrumenti musicali. Nella destra tiene una carta di musica, la sinistra sopra una tastiera di un organo. Un angelo adolescente sulla destra dello spettatore volto di profilo verso la Santa, e la metà in giù è parato dal sedile med.o, su cui ella siede e che gira intorno. Appoggiato in avanti vedesi un violoncello. Questo quadro ha molto merito. Le pieghe del manto violetto sulle ginocchia della Santa non starebbero forse sul modello, ma sono belle, e larghe. Il busto rosso, le maniche larghe di broccato, il velo in testa la rendono assai sfarzosa; ma il pennello è più ristretto, e direi anche più timido del solito di Schidone. Eppure pare suo. Un S. Lorenzo volto sulla destra dello spettatore in tonacella gialla, le mani incrociate sul petto, la testa di faccia assai volto in sù . A sinistra dietro a lui un putto con una graticola, la figura è ben imposta, e piena di affetto, ma dal mezzo in giù non si sà se sia in ginocchio, e termina meschinamente senza profittare del camice, da cui potea tra qualunque partito grandioso. Sopra la porta una Annunziata meschina dal mezzo in giù ma nella testa volta in profilo, verso l'angelo, che sorte dall'alto a sinistra dello spettatore, è grandiosa, robusta e pare di Annibale affatto. Accanto con le mani legate dietro in ginocchio, curvo verso la sinistra dello spettatore la schiana nuda, il resto vestito, S. Giovanni con la testa già recisa. A sinistra dello spettatore un manigoldo quasi di faccia, che nella sinistra tien la spada sulla spalla, con la destra stesa accenna il Santo. Il quadro è di un buon affetto, benché è men dipinto del solito, ed ha men rilievo. Non so però, se un decapitato resti in ginocchio fermo; e così piegato. Ma Schidone è un pittore, che non va guardato per questo verso.
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13 -NAPOLI, MUSEO DI CAPODIMONTE BARTOLOMEO SCHEDO NI: RITRATTO DI VINCENZO GRASSI,
CALZOLAIO DI RANUCCIO I FARNESE
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S. Antonio mezza figura al vero, che essendo in profilo guarda in un libro, in cui è dipinto un putto. Non è mal dipinto, ma le dita della mano destra sono senza ossa e paiono ripiene di carne pesta. Un ritratto in tavola di un vestito di nero volto in verso la sinistra dello spettatore, la testa due terzi di faccia, i capelli grigi sciolti, e a zazzera irregolare. D ella destra alza il dito grosso i con la sinistra uno spadone sgominato sulla spalla un collare bianco di tre dita aperto sul d'avanti gli gira intorno al collo. È bruno assai, villano, ma pieno d'anima. Un vecchietto con un poco di baffo tutto involto in panni le mani alzate sulla sinistra çlello spettatore con le dita incrociate, e la testa con barba, e capelli assai strapazzati, ma da valent'uomo. Un gran vecchione mezza figura di faccia con gran barba, e la fronte grandissima, e calva. Ha un grande scarpone nella man destra, che è l'interiore, perché è diretto verso la sinistra dello spettatore. L'altra cade giù fuori da quadro. È stimato assai, ma a me pare arido, caricato, ed insignificante (fig. 13). Sotto il vecchietto descritto, una Sacra Famiglia in tavola. La Vergine di un mezzo vero sedente sulla destra dello spettatore, e volta verso la sinistra quasi la testa di faccia assai modesto, gli occhi bassi senza affettazione. Tiene il Bambino sulle ginocchia, e con la testa graziosissima di faccia s' appoggia alla spalla della Vergine, sopra la quale gira il suo braccino sinistro. S. Giuseppe al solito appoggiato ad un bastone mette fuori la testa di profilo sulla sinistra e tra lui, ed il bambino poco indietro vedesi la testa del S. Giovannino. Il quadro è grazioso, di vigore non manca, ma è troppo affollato nella composizione, ma il bambino nell'atto delle braccia è troppo agiustato, e non è a bastanza puerile, e l'orecchia del S. Giuseppe non mi piace.
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La gran Carità quadro per alto al vero. Sull a destra un portico ionico con le colonne binate ed un arco solo e vi si accede per due grandi gradini, che oltrepassano la metà del quadro. Sotto l'arco una vecchia, di cui non vedesi, che la testa velata in profilo curva in avanti abbracciando con le mani stese un vecchietto parimenti di profilo, che ha un piè sul primo, il sinistro sul secondo gradino, ed anche stende le braccia incontro la sua ospite, dietro alla quale si vede la testa velata di un'altra femmina . Avanti la colonna sulla strada parimente seduta a destra esce dalla cornice che le taglia un terzo verticalmente, un gran vecchione con gran barba, e capelli arruffati, le mani in cui tiene il cappello pendente il giro della cupola, appoggiato ad un bastone, e guarda in profilo il ricevimento dei due vecchi. Fra le colonne, e questo vecchio è un castrato spiritoso di faccia, e gli ha le mani sulle corna un ragazzetto che di sotto la cupola del cappello del vecchio si affaccia a riguardare lo spettatore con una testa ridente, e la più piccante, che mai abbia veduto di questo autore, e d'altri sulla sinistra dello spettatore una femmina di gran carattere sedente con la testa di profilo, un putto nudo di schiena al di fuori lo tiene con la destra, con la sinistra gli allunga un braccino per ricevere una moneta da un giovinotto, che curvo in avanti gliela sporge con la destra stesa, avendo a vanti a sé [parole illeggibili). Sopra la testa della femmina esce inclinata all'ingiù la testa riccia di un giovinetto, e stende la mano anch'essa. Sopra in piedi tra il giovine, che fà l'elemosina, e l'altro che stende la mano una femminetta con un velo stretto in testa, e sopravveste bianca con due piccioni in mano, e più addietro un giovinetto con la sinistra elevata, ed appoggiata ad un bastone. Ambedue sono diretti verso la destra, ma ella guarda quasi di faccia lo spettatore, egli quasi di faccia anch'esso guarda lei . Non bisogna cercar ragione del lume, ma il fatto è che produce un effetto mirabile. La femmina bellissima a sedere bisogna che abbia un buco nel terreno.
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Dirimpetto la S. Famiglia di Raffaello. Un quadretto in traverso di figure grandi un palmo e mezzo in circa rappresentante la trasfigurazione ed è di Giò Bellino che a basso ci ha scritto il suo nome in una cartelletta bianca. Siedono in avanti 3 figure, una delle quali a sinistra, in atto di alzarsi spaventata. Più indietro 3 in piedi in linea retta in mezzo a uguali distanze. Cristo in mezzo di faccia, tutto vestito fino a terra di bianco, le braccia al gomito piegate, le mani aperte a poca distanza dalla vita. Due vecchi in profilo ai fianchi . Questo quadro nel campo è un poco tedesco, e le figure in avanti potrebbero essere più grandi, ma del resto è bellissimo. Il Cristo ha una nobiltà, una dignità indicibile. Il panno bianco direi, che non la cede a qualunque più bello di Raffaello sì per il partito, che per le pieghe. I panni dei due al fianco sono altresì stupendi. Quello a sinistra del Cristo ha una cartuccia in mano, l'altro non ha segni che si vedano di [parola illeggibile]. E questa via battuta da Gio. Bellino non ha fatto dei Raffaelli? I quadri che si danno sotto a lui per opera di Paolo, o non lo sono, o mediocri assai . Il quadro di Rubens del S. Giorgio per alto, al vero è pesante di forme e di colore. La Santina che fugge con smorfia e tiene un agnello è fredda, e brutta. Il mostro è il più grandioso, il più orribile, che abbia visto mai. La testa del S. Giorgio è di un vecchio villano assai più che fiero i il cavallo è esaggerato, ma dipinto con molto spirito. L 'asta metà rotta è entrata a traverso la parte superiore della bocca, che è immensa ed aperta i con una zampa d'avanti tenta di estrarsela. Giorgio sta per vibrargli un fendente con la sciabola. Il mostro è colco alato, e la coda arriva fino alla testa del cavallo che ha le gambe d ' avanti alzate, e la testa in profilo volta verso il cavaliere.
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Il giudizio di Marcello Venusti, è degno di un valente uomo. È disegnato, ha sentimento, benché minore assai del suo originale, e singolarmente nella figura del Cristo che mi piace men del resto. Il campo poi ha una monotonia di color turchino, che il quadro pare un niccolo a due strati. Le nuvole anch'esse non mi piacciono perché sono dure. Le figure sono di una grandezza di un palmo in circa. S. Famiglia di Raffaello. Non serve discorrere della med.a, solo dirò che ha una leggerezza, la quale non ha reso mai alcuno in tutte le copie, che ho veduto le quali sono assai meschine per farle grandiose, come grandioso, e leggero è l'originale. Del ritratto di Leone X mi spiace averne saputo l' istoria, perché mi pare che lo avrei conosciuto per opera d 'Andrea; tanto è dipinto lucido e sulla maniera sua più che di Raffaello. Ma Giulio noi conobbe. Dunque non l'avrei conosciuto neppure io. Vi sono 2 ritratti di due mezze figure vestite di nero nel med.o quadro, che sono d'Andrea. Una a destra dello spettatore con barba rossiccia capelli corti assai ha un tavolino avanti su cui è il disegno di una pianta, che tien fissa con la man sinistra, nella destra ha il compasso, e si volge con la testa in atto di [parola cancellata]
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e voltandosi perde un terzo di faccia ed uno vecchio, che due terzi più di faccia col bonet nero in testa, barba bianca ha la mano destra alla destra dell'altro, e par che gli parli con dolcezza, e pare, gli voglia dirigere il compasso. Sono due ritratti di una verità insuperabile per le forme, e per il colore. Sulla destra vi è una porta, e a traverso di essa si vede un cammino di buon disegno ma grande secondo il costume di quel secolo. Pare il ritra tto di qualche architetto, e di uno che gli comandi una fabbrica. Pare la pianta di una chiesa. Sotto il tavolino esce la testa di un cane; nella zampa del tavolino ci è notato 1556, e poco appresso una cifra <1>. D i Andrea è pure un S. Bastiano mezza figura di faccia, che ha gli occhi elevati un poco, e nella sinistra ha una palma, nella destra una freccia . Non è finito affatto, è perduto in parte. Mi piace, ma non quanto le opere più belle di questo autore. Vi è sulla porta un S. Giovannino adolescente, che siede, e volto allo spettatore di faccia accenna con la destra la croce, che è alla sinistra dello spettatore, con la man sinistra si appoggia ad un sasso. E troppo alto per giudicare, se sia un abbozzo ò una copia, ma la figura è benissimo composta, ed è piena d'anima, benché manchi di rilievo, quanto ne avea Andrea.
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In questa stanza danno per originali di Leonardo da Vinci una mezza figura di femmina che è una Maddalena con un vaso che apre. Somiglia la vanità, di casa Barberini, ma è più debole assai assai. Il ritratto di un dottore, che è accanto sente più la vicinanza di Parma, che il pennello di Leonardo. Bisogna non averlo visto mai per giudicarlo di lui.
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Correggio. :que gran quadri per alto di una figura per Ciascuno più d1 due volte il vero. Uno Cristo sedente, in profilo la testa, il corpo due terzi di faccia. Ha il braccio destro elevato, e steso con una corona di stelle in mano. Il sinistro piegato con lo scettro in mano che posa all'esterno del ginocchio, e lo scettro è appoggiato alla spalla. Ha un gran piviale bianco allacciato come i piviali al collo, e gli copre le spalle e il mezzo in giù. Alcune teste di putti
sorgono dalle nubi nell 'angolo a destra dello spettatore. La Vergine così grande sedente sulle nubi di faccia, le mani incrociate al petto, la testa inclinata con amore sulla destra dello spettatore. È vestita di rosso, una sopravveste turchina dalla spalla destra gli cade sul d 'avanti, e la ricopre riccamente dal mezzo in giù. Un angioletto sedente di faccia ai piedi sulla destra dello spettatore le sostiene questo manto di sopra. Ai piedi della Vergine non vedesi che l'estremità sole. Il dritto è steso; il manco è più elevato sulla ·metà. Questi due figuroni copiati da Annibale della maggior fluidità e bravura, ma diligenti non han niente dell ' Ideale di Raffaello, ma nel resto si può esiger tutto da loro. Il Cristo ha dignità, ma non è severo. Il panno bianco è mirabilmente piegato e dipinto, e fa un bello sbattimento sulle carni. La Vergine è piena d 'affetto senza affettazione. Il putto ha un chiaroscuro, una grazia che tutti i putti di Schidone diventano insignificanti, e di gelo accanto a lui.
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Un boccone di quadro per alto, direi un S. Benedetto mezza figura due volte il vero, volto con la testa in sù verso la sinistra dello spettatore due terzi di faccia e gli manca l'orecchia dalla parte sinistra, che scuopre fino quasi alla nuca. Le mani come monche, e soverchiamente piccole, e deboli sono aperte ma non molto discoste tra loro. A destra dello spettatore esce in profilo posata sopra una nube una gamba più di due volte il vero, e sopra il ginocchio posa una mano, che sorte dalla cornice. A sinistra si affaccia da una nube una gran testa di putto bellissima, e ben sbattimentata, con capelli biondi tagliata per metà, dal mento alla tempia destra. La gamba è così grandiosa, così disegnata, dipinta con tanta fermezza, che non si può dire a distanza. La testa, l'incassatura dell'occhio del Santo non può essere più fluida, né più maestra. Il sentimento d'affetto innamora; il giro intorno della testa non mi piace. Un altro simile del med.o Santo mezza figura situato sulla sinistra dello spettatore, rivolto a destra col corpo, e le mani stese in atto di mostrare un oggetto al popolo, che guarda di faccia . Sotto lui quasi in mezzo, ma più sulla destra un gran putto sorte fuori con la testa volta in sù inclinata verso la sinistra un angiolo, che nella destra ha una mitra, della quale esce sola la metà della parte superiore; nella sinistra ha il pastorale, che arriva fino alla sommità del quadro e ne riempie il voto. La testa di questo Santo è di un bel disegno grandioso al solito, di un chiaro-oscuro il più vigoroso, e di un colore caldo, ma non esaggerato un momento. Questi due pezzi sembrano dipinti a tempera.
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Due altri quadri per alto a olio parimenti copiati da Annibale. In uno è un S. Giovanni Battista grande come il Cristo, e la Vergine sedente sulle nubi, e diretto, verso la sinistra dello spettatore, e ve d esi fin quasi al ginocchio : su cui posa steso, e nudo il braccio sinistro, ma la mano, come il ginocchio, è tagliata dalla cornice. Egli mostra la spalla sinistra nuda, e volge due terzi la faccia allo spettatore, ed ha la croce di canna sulla spalla. Sopra, sotto, ai lati è contornato di angeli. La grazia, la nobiltà, il bel chiarooscuro, la varietà delle azioni, della testa tutta è in loro. Il Santo ha una testa, ha capelli, che non è possibile dipingere con più bravura, e maggiore intelligenza; ma è ignobile, e poco Santa. Nell'altro è un S. Giovanni Evangelista con la testa in profilo molto elevata, e assai vicina alla cornice a destra dello spettatore. Nella sinistra tiene un gran calice quasi appoggiato sulla spalla destra. Gran Correggio! Non è possibile esser più bello; più grande, più affettuoso, che in questa figura . Gli angioli, che gli sono attorno oh Dio! quanto sono belli, quanto nobili, quanto semplici quanto variati. Si vede, che i Caracci han presi qua e là dei pezzi della cupola come loro è piaciuto. L a gente dipinta nel
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quadro di S. Benedetto è quella che manca al S. Gio: Battista, e si vede dalla direzione del braccio, che la mano posata su d .a gamba appartiene al med.o. Sotto l'Evangelista è il med.o angiolo che tiene il pastorale nell 'altro S. Benedetto; ma qui non ha un pastorale, ma mitra. Due teste di putti, che sortono dalle nubi sulla sinistra dello spettatore in angolo a basso sono i m ed: che ha messo a piè del Cristo che incorona.
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Due quadri in traverso parimenti a olio con due grandi angioloni per ciascuno figura intiera che suonano vari istrumenti. Sono correggeschi, e gli dicono pure copiati dai Carracci; ma sono bassi, villani, sconclusionati, e con brutte estremità. Quello tra le due, che suona un gran liuto ha della grazia; ma è caricato nella spalla destra, ed ha il piè destro senza forma, e senza sentimento. Il quadretto della S. Caterina è un cammeo, ma è così sporco sopra, che non si può ben giudicare della maniera, onde è dipinto. Io dico che la testa della Vergine è il non più avanti della grazia, della nobiltà, del colore. Si veda che è dipinta tutta affatto d ' impasto. La testa del putto, che è in chiaro dal mezzo in sù, in ombra tenerissima dal mezzo in giù è ugualmente cara, e tinta con amore e trasparente, e lucida come un brillante, ma pare a traverso la sporchizia, che nel resto, e più nella S. Caterina, la quale non par finita, non sia più dipinto d'impasto, non più con superficie levigata con lo sfumino, ma tocco sopra qua e la con colore, che aggetta. Chi sà, che poi ridipingendovi sopra non appianasse il colore con pomice, e ne ritraesse così quella lucentezza mirabile, che vi si scorge? (fig. 14)
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Segue Correggio. Un primo abbozzo in traverso un poco meno di 4 palmi miei largo, un poco meno di 3 alto. Rappresenta un Cristo risorto steso sopra un lenzuolo supino di faccia con la testa, che trabocca dietro, e non se ne vede che il sotto del mento, e la punta del naso essendo un poco inclinato sulla sinistra dello spettatore. I ginocchi si van dietro a poca distanza verso la destra dello spettatore, i piedi verso la sinistra. Il braccio sinistro dal gomito in su posa sul ginocchio della Vergine, la mano cade abbandonata al di fuori . Il braccio destro col gomito piegato, e la man stesa tenuta, e baciata dalla Maddalena, che vola sulla sinistra dello spettatore tutta panneggiata s' incurva con la testa in profilo, i capelli sciolti, che le cadono in avanti. La Vergine sedente con il braccio destro steso, che si perde dietro il Cristo, la man sinistra sopra il petto si abbandona con la spalla sinistra sopra S. Gio :, del quale non comparisce che la testa, e il capo le cade abbandonato sulla spalla. Sopra la testa del Cristo indietro, inclinata verso la destra dello spettatore una femmina con un fazzoletto agli occhi in atto di piangere. Accanto a lei più sulla destra una testa di un giovine volta in sù verso la sinistra quasi rimirando la croce. Un vecchio in profilo diretto verso la sinistra anch'esso è sopra la testa della Vergine,
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e pare che la sostenti afflittissimo. Un altro vecchione figura intiera sorte di profilo tutto panneggiato in chiaro smorsato, avanza il ginocchio sinistro e rimira con compassione il Cristo. Io non sono stato mai a Capodimonte senza fermarmi lungamente sù questo capo d'opera dell'arte, di cui i viaggiatori non parlano. Non si sà ancora ben discernere la figura, che già ci è il sentimento. La composizione non può essere meglio disposta, le masse più grandiose. In o! tre osservo, che in · un primo abbozzo è già fissato il chiaro-oscuro, l'effetto, la prospettiva aerea, e pare, che Correggio cominciasse così i suoi quadri, e gli conducesse alla perfezione a strati, e ciscun strato fosse
sempre in ordine. Cristo, Vergine, Maddalena più grandiose non le ho viste mai mai mai. Compassione non me l'ha destata uguale altro quadro. Non sò perché in avanti sul mezzo abbia accennata una specie di vecchio. La zingara sobbolita (sic), rossa, e verde non mi piace, e non è sua. La testa del Putto di faccia col dito in bocca sarà sua, ma non mi piace, e pare di verde rame. La Maddalena dormiente, il Cristo all'orto per Correggio sono duretti. Il Cristo morto stava in un quadro per traverso di un piccolo vero, e abbozzato con le mani sovrapposte al corpo, lo credo suo ma meschino assai. Il piccolissimo Gesù dormiente bocconi sopra un panno bianco, è benissimo dipinto, e con vigore, ma potrebbe essere dei Carracci, se pure essi non avessero meglio disegnato i piedi e l'orecchia.
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In un quadro per alto quasi due volte il vero dipinto a guazzo una vergine con involto di panni in testa allacciati che le cadono per dietro le spalle, c vestita con grande sfarzo con la veste rossa, che termina sopra il gomito, e lascia il resto del braccio involto nella manichetta della camicia. Un manto turchino con una borchia sulla spalla. Ella è diretta verso la sinistra dello spettatore di profilo, ed ha gli occhi chiusi grandiosi, e la testa così curva, che pare impossibile, che possa stare in quel collo con la man sinistra abbraccia il putto a mezzo il corpo, con la destra tirandosi dietro la sopravveste turchina lo sostiene sotto la pianta del piè sinistro, il destro dal ginocchio in là si perde, e se non c'è un buco nel murello non si sà dove sia. Il Bambino ha la testa sollevata verso la madre, le mani incrociate al petto. Le due teste sono dipinte del più gran vigore, sono veramente grandiose, e piene di sentimento; il resto è più languido non sò, se per aver perduto il colore, ma non lo credo, essendo rimasto così vivo nell a testa. Vi è una copia antica grande del quadro di S . Rocco di Dresda, ed ha molto merito, ma è poco fluida.
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Segue Schidone. Due femmine sedenti. Una indietro in mezzo ( ?) del quadro diretta verso la sinistra dello spettatore con le due mani incrociate alza il ginocchio destro, ed ha la testa volta di faccia, azione veramente grandiosa. Quella in avanti sulla dritta volta però nella med.a direzione che l'altra, ha il gomito appoggiato ad un piedistallo, ed un puttino nudo, che ricorre a lei, la quale di profilo a bocca aperta spaventata si volge a vedere un guerriero, che mezzo nudo con l'elmo in testa viene dalla sinistra dello spettatore, e appoggia il braccio destro ad un'asta lunga, con la sinistra sul campo accenna a lei quasi la sgridi, e le parli, a basso sulla dritta un putto, che dorme supino sopra un pannuccio bianco, ed in alto in piedi una femmina con un bambino in collo volto di schiana, ed un'altra vecchia più sotto con le mani incrociate e sovrapposte, sorte con la testa in profilo spaventata anch'essa. Che rappresenti il quadro non lo sò. È un poco tetro, ma il guerriero è stupendo, le femine sono grandiose, ed han belle pieghe. Una Maddalena di mezzo vero sedente verso la sinistra dello spettatore la testa di faccia volta in sù piena d'affetto, ed appoggiata alla man dritta, tre dita della quale socchiude, e libero, il gomito sul ginocchio destro parimenti elevato. La sinistra con un fazzoletto in mano gli cade tra i due ginocchi. Un puttino, che è al livello della testa di lei mostra le gioie. Un altro alato a piè di lei sulla destra il corpo in profilo la testa di faccia tiene tra le braccia un vaso d'alabastro bianco. Questo quadro è pieno di vigore, è grandioso, ed ha molto merito. Del med.o
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stile a un terzo di vero, due terzi di faccia una putrina con involto di panni e manicherre bianche sedente verso la destra dello spettatore con sinistra appoggita ad una S. croce per alto, e con un dito della stessa mano accenna in avanti; la destra gli cade al ginocchio, che è elevato. Dietro a lei una testa in scuro da una finestra sulla dritta molto indietro un vecchio, ed una vecchia di faccia a piè sulla sinistra un canestrino con un [parola illeggibile] rosso, ed una tela bianca. Che [parola illeggibile] piccante! Che grazia!
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Un amorino alato, che appeso il turcasso ad un albero, sul fia nco sinistro à steso un panno bianco in terra, e sopra un sasso, a piè di quello si siede ed a quello si appoggia col gomito sinistro. Il ginocchio destro elevato, l' altro esteso. La man destra riposta sotto il braccio sinistro, a cui si appoggia. L a testa quasi di faccia, ma alquanto bassa, tiene un dito della man sinistra chiusa nel resto, quasi dalla metà del mento alla bocca, in arto di fare i suoi conti. Questo è ben composto, ed anche ha belle forme. È dipinto sul suo stile più fa cile, più grasso e più chiaro, ma stile, che a me sembra freddo, dopo la prima o seconda sorpresa. Una sacra famiglia in figure di un gran vero per alto. In mezzo per traverso un banco da falegname ; le tenaglie, il succhiello pendono infilati in due occhi al di fuori e la pialla la vedo in terra. Sulla sinistra dello sperratore, sedente con la man destra appoggiata all'estremo del sedile, la sinistra avanti sul banco, sul quale ha posato un poco del soprammanto giallo, a pìè nudi incrociati, che vedonsi sotto il banco, la testa in profilo ascolta un angelo adolescente con le alì di fagiano che con la testa volta inclinata verso di lui, stesa la sinistra sul campo accenna con un dito sù la gloria di angeli involti in nubi stranamente più, che correggescamente fatti; perché uno di essi, quasi si sia buttato allora a nuoto nelle nubi mostra di faccia il culo, e le gambe sconciamente aprì. Con la destra aperta e stesa sopra il banco accenna il bambino, che nudo in piedi sul banco med.o sì volge verso la destra a S. Anna che è indietro di faccia in massa oscura, e velata e gli ha la destra alla spalla, la sinistra al corpetto, e con il braccetto destro la vuole abbracciare, ma non la guarda, anzi ha la testa di faccia allo spettatore. La Vergine avente dietro a sé una porta esce da quella in profilo ed apre le mani per prendere il figlio . Sul d 'avanti un S. Giovanni di 8 anni siede a piè della Vergine diretto verso la sinistra dello spettatore. Il piè destro un poco avanti, il sinistro indietro, di sotto il braccio destro gli scappa la testa, e le zampe di un agnello, che guarda in sù Gesù Cristo, e si vede un poco dell a manina di lui sotto la gola dell' agnello. L a sinistra tiene la canna a basso dove s'incontra con la polpa della gamba indietro, ha però il gomito un poco piegato ; e la testa un poco inclinata quasi di faccia guarda lo spettatore. Un Putto in piedi tra lui e la Vergine avanti il banco dal lato opposto a S. Giuseppe pure nudo ha la testa di faccia bassa, le mani alzate, la destra al culo, la sinistra alle gambe del bambino. Questo quadro è veramente uno dei suoi più belli, e più correggeschi di tutti. Gesù ha un culo caricato, come il corpo. L a Vergine è grandona ma
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per me sciapa, e fredd a. Il S. Giovanni è di un ben carattere assai niente caricato, se non che pare, che non dovesse esser d'età così distante dal bambino. Il quad ro ha molta forza di chiaroscuro, ma nelle carni è freddo al solito. Dicesi la bottega di S. Giuseppe, ma io credo che sia l'avvertimento di andare in Egitto. È un poco [parola illeggibile] Giulio Romano. Gran quadro per alto di figure allegoriche più grandi del vero, e ben conservato. In mezzo con l'elmo in fronte siede la Giustizia. La testa vol ta quasi affa tto in profi lo
14 - NAPOLI, MUSEO DI CAPODIMONTE CORREGGIO: SPOSALI ZIO MISTICO DI SANTA CATERINA
verso la destra dello spettatore; le braccia aperte. Il sinistro nudo e un poco elevato ha una corona ; il destro involto nella sopravveste turchina, che gli cade poi sopra le cosce, e il ginocchio sinistro ha nella mano lo scettro, che cade giù con un bel modo da una cassetta alla quale è appoggiata, sotto il braccio esce col gran collo elevato uno struzzo, d'avanti il petto di quella è una piccola testa a chiaro oscuro con gli orecchi di sa tiro; che sarebbe un pettorale. Il petto di faccia nudo, sotto il petto la veste rosa fermata con un cinto di gemme attorno; a questo cinto sono 7 anelli , ed a ciascuno è una catena d'oro, alla quale è attaccato un vizio. Questi vizi sono personificati, e con le mani legate gli fan cerchio intorno a basso stesi, e in piedi in varie attitudini. Incorona l'Innocenza, che con la testa in profilo presenta con le mani stese due piccioni. H a il ginocchio sinistro sulla testa della Invidia; l'altro piede di cui il ginocch io sorge, va ind ietro, ma non SI vede.
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Il Tempo in piedi ha la man sinistra sulla spalla dell'Innocenza, e trabocca su l dorso con la destra l'accarezza. S'incrocia al deltoide con il braccio della Giustizia, che incorona, e il med.o volge alla Giustizia la testa che allo ~pettatore la mostra due terzi incirca di faccia . L a Giustizia coi calzari fin sopra al principio della polpa ha la gamba sinistra in ombra e vestita, la destra nuda ma col calza re come dicea. L e gambe però son rivolte di profilo verso l'Innocenza come la testa (quanto è nobile, risoluta, animata). Il T empo con le ali in fronte accarezza sotto il mento l' Innocenza. In questo quadro di prospettiva aerea, di prospettiva lineare non bisogna cercare perché non c'è, in tutto è [parola illeggibile] ugualmente. L'Inno-
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cenza tiene un ginocchio sulla testa della Invidia, che è sul d'avanti, e poi è incontrata dalla Giustizia, che è indietro ed [parola illeggibile] ma specialmente per l'Invidia, che è sul d'avanti. Bisogna sconocchiarsi le cosce per arrivarci. Di più il Tempo l'accarezza, ed il Tempo stà dietro tra lei e la Giustizia, e vi sono di mezzo due vizi dei quali compariscono solo le teste. Non v'han di questi difetti che un ragazzo saprebbe evitare, sono in questo quadro bellezze di primo ordine. La Giustizia è grandiosa quanto una bella Giunone antica; ed ha un rilievo prodigioso, come le altre figure anche lo hanno, l'Innocenza ha una grazia senza smorfia, senza meschinità, che non è facile a combinarsi cosi mirabilmente. Il resto è dipinto del più gran vigore, che si possa mai desiderare nella Pittura. L'Invidia sedente sul d'avanti a destra con le mani sovrapposte si para la vista e piega il collo sotto il peso dell'Innocenza. A sinistra credo l'Avarizia in un vecchio sedente con le mani legate dietro, e la testa giù volta per fianco riguardare moneta. Più a sinistra volto verso la cornice del quadro credo la Superbia o l'Ignoranza o chi ha proprio una testa d'asino, femmina ginocchioni col culo indietro, ginocchi avanti, testa in profilo curva, braccia legate dietro tutta in ombra fuori dei ginocchi. Che stupenda figura! Che testa grandiosa e greca veramente! Sorge in piedi tra lei e l'Avarizia un altro vizio in schiena con le mani dietro, e la testa con cimiero in sul volto, poco sotto alla mano della Giustizia, che ha lo scettro. Tre putti in alto, uno con cimiero in testa, due con trofei sulle spalle. Sotto l'Invidia, sotto l'Avarizia sono trofei, scuri scettri. Sotto in [parola illeggibile] a secco è scritto a destra 157II, ma è un registro, non data.
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Disegni. Dei disegni attaccati ne sono alcuni buoni, ma non singolari. Uno bellissimo ve ne è in molte piccole figure in traverso, e rappresenta un Baccanale, che credo originale di Giulio Romano, e vi sono bellissime femmine. Il cartone del Giacobbe con un ginocchio in terra la mano alla fronte, che Raffaello ha eseguito nella volta delle Stanze Vaticane sostengo, che è più bello, ed ha più sentimento del dipinto. Il cartone della Sacra Famiglia all'incontro non mi piace, e non lo credo originale. La Danae di Tiziano mi ha fatto il med.o effetto, che la Sacra Famiglia di Raffaello; cioè mi è comparsa più leggiera di forme di quante ne avea vedute in stampa, e a colore. Il quadro è pieno di macchie, ma il colore ci è ancora. Il putto ha un ritocco visibile nel petto, e la tenda del padiglione è rimpasticciata per metà. In questa figura mi sorprende il caldo della testa di una femmina, che desidero vivamente. Difatti piantando sul canto di dentro il piè sinistro in modo che si veda la pianta, pare che leggermente, e quasi senza accorgersene allarghi la coscia o sia la faccia cadere in dentro per far luogo all'amante, che viene a visitarla.
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In un quadro per alto di figure al vero vi è un Abele steso, che si difende da Caino, che gli ha il ginocchio sopra sul corpo, e il braccio destro elevato per ferirlo . Lo dicono di Lionello Spada, ma se Lionello ha dipinto la mezza figura del S. Bastiano, che avendo le mani legate dietro la testa elevata al cielo, un poco curvo in avanti sospira con rassegnazione, questo quadro non è di lui e ha cambiato maniera, e colore. Il S . Bastiano è facile, nobile, tenero di colore, e Guidesco; l'altro è un poco duro, vigoroso, e dipinto sullo stile di Lanfranco. Con che sia il quadro è disegnato con valore, ed è della scuola bolognese. La S. Famiglia in mezza figura di Maratta è pur bella. La Vergine di faccia con la testa in sù amorosa al par di Guido con un manto turchino, che dalla testa la ricuopre quasi affatto tiene sotto il manto il Bambino
dormiente rifasciato, e gli ha le mani sovrapposte per sostenerlo benché sembri, che lo sostenga anche con una fascia bianca, che ha ad armacollo. Il Bambino sorte di faccia a destra dello spettatore, e va in traverso verso la sinistra, ma poco più di esso si vede, che la testa. A sinistra la testa di S. Giuseppe di faccia, ma un poco rivolta sulla sinistra dello spettatore. Come è dipinto bene! amoroso! Ha colore ed alcune buone pieghe. Una figura di un S. Pietro penitente, che siede, ha la testa in sù, e spreme limosina, non mi piace, benché la testa non sia mal dipinta.
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I due quadri d'Albano in traverso, uno del battesimo di Cristo, uno di una femmina che dà bevere ad un vecchio con molta graziosa figura in bel campo con architettura non sono dei suoi più belli. I Giocatori di Miche! Angelo da Caravaggio sono stupendi, e mi sembrano originali. Vi è un idolo Egizio di basalto che siede sui talloni, e mostra una cassetta con un altro idoletto incassato dentro, e bellissimi nel suo genere di pagoda.
Annibale. Un gran quadro per alto di un angiolone di faccia con le mani aperte, e molti angioli intorno a sé, è originale di Annibale, e vigoroso, ma pesante, e ignobile, e con poca grazia. Più sotto in una lunetta un piccolo angelo con un incensiere in mano ha una bellissima testa, ma anche più vigoroso forse che bello. Nella stanza accanto alla Venere di Annibale c'è un quadro in traverso di mezza figura al vero, che dicono di Tiziano, e forse è del Pordenone, ma è tutto guasto, e ritocco. Sta a destra dello spettatore scritto anno 1546 sotto il millesimo A.D . 3 Settembre. Sopra una targa con una croce in campo nero, e sotto arabeschi d'oro. Una Vergine intiera sedente quasi di faccia inclinata verso la sinistra col putto in braccio. A sinistra un S. Vescovo, che avvicina con una mano un giovinetto con vestito rosso, e sopravveste bianca, di profilo la testa, le mani giunte in ginocchio verso la Vergine. Dietro la Vergine un S . Giuseppe di faccia, ma sedente poco più, che la testa con il bastone in mano. A destra non tutto profilo un devoto con gran barba, abito nero, mani incrociate al petto adora il Bambino, che ha la testa rivolta, e inclinata verso il giovinetto, che sta in ginocchio. Disegno e sentimento non è esattissimo ma grande, ma colore, accordo, e rilievo è bellissimo.
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In due quadri per alto due femminine al vero entro un ornato d'architettura. Una di faccia coronata d'alloro con sott'abito cangiante in violetto, e leggiero, tunichetta verde con ornati d'oro all'estremità sopravveste rossa, che le và indietro e gli passa sotto le braccia. Nella destra ha un compasso con cui misura le corde di un spinetta lunga, e stretta, che tiene con la sinistra. Un'altra vestita di cangiante in rosso leggiero, e soprammanto verde con polanetti gialli con la testa elevata in profilo, e diretta verso la destra dello spettatore. Ha dietro sulla testa una specie di conca marina attorta che le tien luogo di berretta. Nella destra (e il braccio è nudo fino al gomito) ha un compasso, e copia sopra una tavola, che tiene con la sinistrà un sistema planetario, dove è il sole in mezzo a 7 circoli. Avanti a sé ai piedi è una sfera, dietro una porzione di cerchio con i numeri. Tutte due sono originali di Parmigianino, tutte due sono così graziose, che non si può desiderare di meglio da lui. La testa della prima è elegantissima, il sentimento della seconda è superiore, come nelle pieghe altresì. Ne danno due altri originali del med.o: un Orfeo, ed un Pitagora, ma non mi piacciono.
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Nel primo gabinetto, ov'è la Venere dei Carracci. Nel gran quadro della Venere le nocche delle dita del piede sono un poco troppo elevate, perché lo scudo sotto è troppo forte. Nella Venere di schiena il colore è più sugoso, ma nel contorno è pure un poco tagliente. Il quadro dell'Adone di casa Colonna metà grande e originale, ma freddo perché forse gli mancano le ultime svelature, con cui Tiziano riscaldava le sue carni a farle parer vive. U n quadretto in traverso di una Venere sulla destra mezzo vero sedente con la testa volta di faccia in sù in un paese con due amorini volanti innanzi e un Adone siede più alto dietro a lei pur di faccia con una mano accarezza un levriero, che gli fa festa, con l'altra accarezza sotto il mento Venere, la quale ha un braccio sul ginocchio di lui, ed uno alzato alla mano che l'accarezza. Quadro che dicono di Paris, e ne ha lo stile. Ma è sì mal composto, sì sciocco, la testa di Venere è così brutta, fa tanti angoli coi gomiti, e i ginocchi, che di lui non lo credo, e sarà forse di Carletto; anzi lo assicurerei. In traverso una figura distesa di cui non si vede che la testa ed un poco di busto, essendo parato il resto da un tavolino coperto di un superbo tappeto con un gran bacile sopra di dolci mal fatti . Ha un bambino in collo, che non si vede anch'esso che metà. Con una mano tiene un candito, con l'altra stesa accarezza un cagnolo, che vien da destra, si aggrappa al tappeto per averlo. Un vaso di fiori sulla fine del tavolino sopra il cagnolo, e due figurine spagnole di lontano che scendono una scala. La femmina di profilo, il puttino quasi di faccia, se non che si volge un poco a lei mostrandogli il cane, e per dirgli, che gli vuoi dare un dolce. La grazia estrema di questo puttino e il tappeto fà il merito del quadro. Nell'istessa stanza un basso rilievo di più che mezzo vero di tre figure in piedi panneggiate, una femmina in mezzo a due uomini, uno dei quali a destra col cimiero, ed hanno sopra i nomi greci. Sono di una bellezza sublime e d 'una quiete ammirabile tutti tré di profilo, staccato dal piano. Ecco le regole a spasso in una stupenda opera. Sopra uno piccolo in figure di un buon palmo. Due femmine, una di faccia moderna, una in profilo, sedenti a sinistra. Sopra esse su uno piedestallo sedente Cibele. A destra un giovine [parola illeggibile] di profilo la faccia con la mano alzata, è appresso a lui pur di profilo un amore con grandi ali in alto. Fuori d'amore tutti han sopra il nome. Anche questo è sublime, ma lo giudico inferiore. Vi è una stampa di S. Bartoli. Il duca di Noja gli ha vendu ti al Re.
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Nella stanza di Parmigianino. Il S. Giovannino nella Vergine a guazzo quanto gode di essere accarezzato sotto il mento dalla Vergine. Il ritratto del ragazzo con la gabbia mi par più debole che la prima volta. Nel ritratto della bella del Parmigianino non è una fascia, che tiene con la mano, ma è una faina che dalla spalla gli viene sulla mano. In traverso mezza figura due terzi di faccia al vero il ritratto di Giulio Clovio fatto da se med.o nella sinistra tiene il suo libro delle miniature, colla destra l'accenna. I~ alto un paese visto per una piccola finestra. A prima VIsta lo giudicai di Tintoretto, ma esaminandolo è più a freddo di tinte, ed il colore è messo con strapazzo, e fluido. H a una verità sorprendente, ed è ben disegnato. L!n .quadro in traverso di quattro brutte femmine tre g10vme, ed una vecchia, mezze figure. Le due avanti giocano a ~cacchi . Ecco l'unica opera, che ho veduta della ~ngu iSC!ola pittrice e alla sinistra giocando è lei medeSima. È ben disegnato, ed ha molta forza di colore, ma un poco monotono, e grave.
Nella stanza accanto. Un quadro in traverso di una vergine al vero sedente in un paese col bambino in braccio, e pur sedente sulla sinistra, e rivolta a S. Gio: a destra. Di Pietro da Cortona, bello ma troppo nero nel campo, che non credo annegrito.
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Un gran quadro per alto di figure del vero, ed è Simon Mago, che cade di Lodovico Carracci certamente e ben conservato. Vi sono bei figuroni, e fatto senza pretenzione e con facilità e perciò poco prezioso. L a composizione non mi piace affatto, e l'architettura sulla sinistra par che cada nel campo a destra. S. Pietro in ginocchio a basso sulla destra la testa volta in sù con una mano stesa. A sinistra un gruppo pieno troppo di figure, ed in avanti un figurone con mano aperta in atto di sorpresa, ed un piè sovrapposto alla coscia destra. Dietro a lui la testa di una bella femmina con un putto in braccio. Pieghe tutte di maniera, color chiaro, e di forza esecuzione facile, e secura. Stanza appresso. Una Maddalena di Guido dal vero mezza figura . Ha la testa volta in sù verso la sinistra più di due terzi di faccia, con la bocca dischiusa con la sinistra al petto, su cui cadono di qua e di là i capelli, la destra stesa accenna un cranio bellissimo sopra un sasso della grotta, che fà il campo. È vestita di bianco, ed ha un panno rosso sopra. La testa è nobilissima, e amorosissima. Le mani di bella forma, ma grevi. Le pieghe belle, ma il lembo del panno rosso a sinistra dello spettatore mi pare un poco centinato. È aggiunto di mezzo palmo; il che lo rende altissimo, e stretto. L'esecuzione è inarrivabile, ma il tuono del colore è fiacco. Appresso un'altra Maddalena di Guercino.
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Mezza figura vestita di violetto ma il petto, e la spalla destra, che è al di fuori nuda. Ha il gomito sinistro sopra un libro, e la guancia appoggiata sulla parte superiore della mano, le dita della quale cadono piegate sotto il mento. La destra stesa in avanti tiene un panno bianco sotto il libro, e sopra il panno è una corona di spine alla quale ha inclinato la faccia, gli occhi bassi, e il pensiero. Per Dio è la più bella mezza figura di Guercino, che ho mai veduta. Lo sbattimento del lume che viene da destra dello spettatore è tenerissimo, e naturale, senza esser nero. Belle forme, benché me n nobili di Guido; ma ha più forza, e pare di leggergli in fronte la meditazione. Che sopraffina espressione è questa mai! 5 gran quadri per alto di soggetti di Santi di Lanfranco. Quello o ve è S. Carlo con la Vergine in al t o; quello o ve è S. Girolamo con la Vergine che tira sù un'anima tenuta per un piede da un bellissimo diavolo sono i più belli. Ve ne è sotto un'altro più piccolo di un angiolo, che tiene un diavolo incatenato pure di merito. L'altro grande della Madonna, Bambino in mezzo a S. Anna e S. Giovacchino lo dicono di Lanfranco, ma non lo credo piuttosto di Scarsellino.
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Dall'altra parte una femmina due terzi di faccia, capelli biondi legati e acconciati con semplicità, vestita di nero col fisciù fino al collo, dove si volta come un collare, ha la destra alla cintura, la sinistra calata fuori del quadro. All'ornamento delle maniche, all'allacciatura del busto si vede la camicia bianca. La testa è di un gran valore. Ha le carni finissime, ed il sangue gli avviva le guance bianchissime. Ecco Tiziano in due ritratti di tuono affatto opposto, perché l'altro tende al Bronzino, sempre vivo, sempre la natura istessa. A basso il ritratto di Paolo terzo il medesimo che è in palazzo Spada a Roma. Ma questo si domanda un quadro di Tiziano ; quello una copia sfacciata. È dipinto del più
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gran vigore . La testa, le mani singolarmente, ed i panni bianchi con quelle belle piegone, sono ammirabili; è conservatissimo, come gli altri superiori. Una femmina fin sopra al ginocchio che cammina verso la sinistra dello spettatore a cui è rivolta quasi di faccia tenendosi con le mani una treccia dei suoi capelli biondi. È vestita di giallo in maniche di camicia, e il collo nudo, ed il sinale avanti legato; che ha sopra il braccio destro. A basso un puttino, ad uno specchio. Il quadro ha molto sofferto, ed ha molte stuccatore nel collo, e nella man sinistra, e alcune nella testa. In quello che vi è di genuino si vede un pennello più stretto del solito, ma un colore, un effetto, una novità sempre ammirabile. Una femmina mezza figura diretta verso la sinistra guarda quasi in faccia, e con la destra si tiene un gioiello sopra la cintura, la sinistra gli cade abbandonata fuori del quadro. In un palazzo Santobono parmi che ci sia l'istessa figura, ma inferiore assai a questa. Nella testa desidererei il vigore, che ha nella mano. L'abito di stoffa bianca cangiante in rossiccio stacca poco dalla med.a. Evvi in mezzo una mezza figura di un Sartore che danno per ritratto di Tiziano, ma chi lo dice non lo conosce. In alto vi è il ritratto di Margherita d'Austria sedente quasi in profilo la testa verso la destra dello spettatore. Figura intera, ben composta, con alcune buone pieghe, e ben dipinto, ma non mi pare di Tiziano; almeno è molto differente dalle opere, che ho visto fin ora di lui. In alto avanti a sé ha un busto in chiaro oscuro, che è m una nicchia del campo.
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Nella stanza dei Carracci, dove ne sono altri da descrivere, ma si omettono perché meno importanti.
Vi è un quadretto di un palmo per alto, in cui una Vergine addolorata mezza figura la testa volta insù, ed inclinata verso la destra dello spettatore, le mani a sinistra accenna una corona di spine. La Veronica di profilo sorte da destra e con le mani alza un poco la Sindone sù cui è la corona e la guarda curva. Questo è il più bel quadro, che ho mai visto del Tiarini. Tutti 2 i Carracci insieme non potrebbero far di più. Non gli manca niente affatto, e pare un brillante. Nella stanza di Tiziano e Schidone. Paolo terzo sedente con una mano posata sopra un tavolino che ha un strato rosso, volge la testa, che comparisce quasi di faccia, ad ascoltare Pier Luigi Farnese, a destra dello spettatore, che vestito alla spagnola la testa in profilo, calzette, calzoni, e scarpe bianche, quasi genuflette, e s'incurva per farsi sentire. Un cardinale dritto in piè, con una mano alzata dietro il tavolino. Questo quadro per alto non è finito, ma non astante è così composto, è così disegnato, così leggiero di forme, il Papa ha così l'aria di un sovrano, e di un furbo che prese queste cose insieme non sò qual sia il ritratto di lui finito, che gli possa stare accanto. !-a Maddalena mezza figura quale in casa Doria a Roma. E originale senza dubbio, le carni e più il campo, e l'alberetto ne sono le spie. Non sò qual di due sia più preziosa, ma questa ha gran vigore, è patinata, ma conservata. Due ritratti ai lati di essa mezza figura. A sinistra dello spettatore un giovinetto di faccia in toga nera, ov'ha la [parola illeggibile] bianca che aperta sul d'avanti mostra il sotto abito rosso. Nella mano destra ha una specie di borsa. Il lume sulla fronte che si và a perdere a poco a poco fà un effetto mirabile. Io per ora non ho veduto mai testa di maggior rilievo, e verità di questa, ha i capelli tosati come le statue , ma non è arricciato.
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