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CORSO DI GEOGRAFIA ECONOMICA Prof.ssa Maria Paradiso Facoltà SEA Università del Sannio CIRCOLAZIONE RISERVATA AI SOLI CORSISTI LEZIONE n°1 1. Introduzione al corso. La geografia economica ed i suoi obiettivi. Primi concetti geografici. Ai fini dello studio della geografia è irrilevante considerare un singolo oggetto nella sua individualità; avere specifiche coordinate geografiche vuol dire infatti intessere rapporti di interdipendenza con l’ambiente circostante, un ambiente che influenza ed è a sua volta influenzato dai soggetti economici. La geografia economica aiuta a capire che l’economia è legata a quello che si chiama l’ ordine spaziale, cioè le relazioni che esistono tra gli oggetti di un territorio e quelle che sono le caratteristiche specifiche di determinati luoghi. Quindi, il messaggio culturale della geografia economica è che essa non può ricondurre le spiegazioni dell’economia o gli interventi progettuali semplicemente all’impresa. La geografia economica introduce a tutti quelli che sono i molteplici aspetti dei luoghi dove si svolge realmente l’azione degli esseri umani. Il primo obiettivo specifico della geografia economica rispetto ad altre discipline è quello di capire concretamente le dinamiche del mondo attuale, ipotizzarne le tendenze alle diverse scale territoriali in una visione complessiva dei diversi aspetti che caratterizzano l’azione Umanità-Ambiente: geo – economici – politici – sociali - culturali. Il paradigma geografico è inoltre orientato alla sostenibilità. Cerchiamo di analizzare la frase “dinamiche del mondo attuale”. Prima di tutto quando noi parliamo di dinamiche non parliamo semplicemente di teoremi, di leggi generali: le dinamiche riguardano azioni concrete, processi, quindi siamo all’interno di un contesto culturale disciplinare che cerca di capire l’evoluzione del cambiamento, in un contesto che non va avanti per leggi generali, per teoremi o per assiomi (es. il mercato è libero, la concorrenza è perfetta); la geografia economica cerca di capire quelle che sono le concrete cause, processi, fattori delle condizioni in cui versa il mondo attualmente alle diverse scale. Ecco allora che spesso attraverso lo studio della geografia vengono demoliti assunti di tipo economico posti alla base di teorie a valenza c.d. generale: ogni territorio si presenta infatti con 1

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Page 1: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

CORSO DI GEOGRAFIA ECONOMICA

Prof.ssa Maria Paradiso

Facoltà SEAUniversità del Sannio

CIRCOLAZIONE RISERVATA AI SOLI CORSISTI

LEZIONE n°11. Introduzione al corso. La geografia economica ed i suoi obiettivi. Primi concetti geografici.Ai fini dello studio della geografia è irrilevante considerare un singolo oggetto nella sua individualità; avere specifiche coordinate geografiche vuol dire infatti intessere rapporti di interdipendenza con l’ambiente circostante, un ambiente che influenza ed è a sua volta influenzato dai soggetti economici.La geografia economica aiuta a capire che l’economia è legata a quello che si chiama l’ ordine spaziale, cioè le relazioni che esistono tra gli oggetti di un territorio e quelle che sono le caratteristiche specifiche di determinati luoghi. Quindi, il messaggio culturale della geografia economica è che essa non può ricondurre le spiegazioni dell’economia o gli interventi progettuali semplicemente all’impresa.La geografia economica introduce a tutti quelli che sono i molteplici aspetti dei luoghi dove si svolge realmente l’azione degli esseri umani.Il primo obiettivo specifico della geografia economica rispetto ad altre discipline è quello di capire concretamente le dinamiche del mondo attuale, ipotizzarne le tendenze alle diverse scale territoriali in una visione complessiva dei diversi aspetti che caratterizzano l’azione Umanità-Ambiente: geo – economici – politici – sociali - culturali. Il paradigma geografico è inoltre orientato alla sostenibilità.Cerchiamo di analizzare la frase “dinamiche del mondo attuale”. Prima di tutto quando noi parliamo di dinamiche non parliamo semplicemente di teoremi, di leggi generali: le dinamiche riguardano azioni concrete, processi, quindi siamo all’interno di un contesto culturale disciplinare che cerca di capire l’evoluzione del cambiamento, in un contesto che non va avanti per leggi generali, per teoremi o per assiomi (es. il mercato è libero, la concorrenza è perfetta); la geografia economica cerca di capire quelle che sono le concrete cause, processi, fattori delle condizioni in cui versa il mondo attualmente alle diverse scale. Ecco allora che spesso attraverso lo studio della geografia vengono demoliti assunti di tipo economico posti alla base di teorie a valenza c.d. generale: ogni territorio si presenta infatti con una propria specificità, una propria variabilità; quindi, considerando che è impossibile conoscere e valutare tutte le variabili così come non è corretto tenere conto di alcune di esse e trascurarne delle altre, si arriva alla conclusione che fondare una legge su assiomi, su assunti, tende a pregiudicare la validità e il rigore della legge stessa.Bisogna spostarsi su una finestra che è molto più ampia: quella del mondo. La geografia aiuta ad interpretare il cambiamento nelle azioni concrete in cui si svolge l’attività umana.In secondo luogo, la geografia riconosce che ogni territorio ha delle sue peculiarità per cui, un altro degli obiettivi conoscitivi della geografia economica è il cercare di capire i “perché” che sono dietro ai mutamenti avvenuti a livello planetario.La nostra osservazioni sarà effettuata su macro-aree regionali; dobbiamo quindi cercare di comprendere cosa sta succedendo in Cina da un punto di vista soprattutto geo-economico, cosa sta dietro al modello di crescita cinese, dobbiamo cercare di capire quali sono state le condizioni che hanno portato la Cina alle attuali performance, quali sono le strategie dei vari paesi a dispetto di tutta una serie di fattori: strategie di commercializzazione, strategie etico - politiche.La nostra lente di ingrandimento è a livello macroregionale. Dobbiamo cioè capire attualmente, oltre ai processi che sono in atto, anche i perché che sono dietro alle performance di diverse parti del mondo. Dobbiamo cercare di capire cosa succede nei Carabi, qual è il ruolo dell’America Latina vista nel processo di globalizzazione, quali sono i rapporti tra America Latina e America del nord, perché la strategia geo-politica di avvicinamento tra Pakistan e India può in qualche maniera influenzare gli Stati Uniti, perché il Mediterraneo è così importante.

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Dietro a questa visione della macro-aree regionali ci sarebbe la comprensione dei processi, quindi bisogna fare un gioco di legame continuo tra alcune nozioni teoriche, concettuali, e quello che sta accadendo nel mondo attuale.In prima istanza, uno degli obiettivi conoscitivi della geografia economica rispetto a quelli delle altre materie è capire e interpretare i mutamenti in atto su scala mondiale, mutamenti che riguardano soprattutto le relazioni economiche. Ma per capire le relazioni economiche bisogna comprendere che per il concreto svolgimento delle politiche economiche e dei processi di sviluppo in atto non è possibile riferirsi solamente al mondo dell’impresa, ma occorre far riferimento ad una serie di relazioni più complesse, ad un’ampia serie di attori e ad alcuni fattori critici di sviluppo e di globalizzazione.Quindi il nostro scopo è quello di capire quali sono le relazioni spaziali di vari oggetti presenti sul territorio, ad esempio, la relazione che ci può essere tra una città ed il suo porto, il rapporto che c’è tra un’area di industrializzazione della Cina ed il porto di Napoli, la relazione che c’è tra un parco scientifico tecnologico ed una rete di parchi scientifici tecnologici; cercheremo di capire quali sono le relazioni spaziali tra gli oggetti e cercheremo anche di comprendere quali sono le dinamiche di natura più culturale che sono dietro alle potenzialità che i soggetti possono avere nella loro azione di sviluppo su di un territorio.

1.1 La mappaturaAnche se al giorno d’oggi il mondo è per lo più conosciuto, c’è l’esigenza di continuare a mappare quelli che sono i cambiamenti: l’assetto di un territorio muta in continuazione, perché mutano continuamente le condizioni.L’operazione di mappare si può considerare da diversi punti di vista: a livello di costruzione di una vera e propria carta di rappresentazione, o come l’operazione intellettuale e qualitativa che c’è dietro la produzione di una carta; in effetti la carta influenza la visione di territori e quindi le prese di decisione.Dunque, un altro degli obiettivi della geografia economica è quello di aiutare a leggere una carta, comprenderla, abituarsi ad utilizzare una carta per interpretare un luogo, per dare la propria visione di interpretazione rispetto ad un luogo. Possiamo dire che l’obiettivo conoscitivo della geografia economica risiede nella capacità di interpretare e mappare il cambiamento a livello planetario e alle diverse scale, con una particolare enfasi sulle relazioni d’ordine economico; ma per capire suddette relazioni che stanno avvenendo sulla terra, dobbiamo far riferimento anche ad altri fattori: geo-politici (cioè le relazioni politiche tra i differenti territori); il ruolo che giocano le risorse nel determinare i rapporti fra gli attori; alcuni fattori di ordine culturale. E’ necessario anche dare il giusto peso alla cultura di un’etnia rispetto ad un’altra: la lingua, le tradizioni ed i caratteri specifici radicati in un territorio, che fanno sì che quel territorio sia diverso da un altro.

1.2 Definizione degli obiettivi di conoscenza apportati dalla geografia economicaL’importanza della geoeconomia risiede nella possibilità che essa offre al fine della comprensione delle dinamiche del mondo attuale, una comprensione funzionale per individuare, studiarne le evoluzioni.Le ragioni del valore assunto dalla geoeconomia sono molteplici: l’economia si svolge nei luoghi concreti delle comunità umane: le attività umane sono caratterizzate da dimensione geografica; ogni regione geografica possiede caratteristiche proprie “materiali” e “immateriali” e la conoscenza geografica è in grado di fare la differenza nel processo di sviluppo; le regioni e il mondo stesso sono in continuo cambiamento: la geografia fornisce un fondamentale aiuto nella “mappatura” (cartografica e dinamica) e nell’interpretazione di tali mutamenti; le organizzazioni umane hanno “parametri” geografici di organizzazione per cui, nell’era della globalizzazione, la geografia assume un ruolo sempre più centrale; per quel che concerne la localizzazione e la conoscenza del territorio, è importante tener conto del fatto che l’ordine spaziale o è voluto o è subito;

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Page 3: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

le imprese hanno oggi bisogno di conoscenza geografica:- le ONG hanno bisogno di persone con preparazione geografica per lo studio delle forme e degli squilibri della globalizzazione;- nel campo della geopolitica dei rapporti economici, le professioni legate alla diplomazia, alla sicurezza necessitano di persone con competenze geografiche; - tenuto conto dell’esistenza di strutture regionali polarizzate, di destrutturazioni e di processi di sviluppo, le amministrazioni locali, le agenzie e le imprese di consulenza per lo sviluppo sostenibile hanno bisogno di persone con preparazione geografica;- considerato il fenomeno del Global Change e il problema dello sviluppo sostenibile, le organizzazioni internazionali e le società di consulenza internazionale abbisognano di persone geograficamente competenti.

1.3 Le relazioni geografico - spaziali: primi concettiOgni organizzazione economica si basa su dei parametri geografici; ciò implica che vengono effettuate valutazioni applicate ai suddetti parametri. Esiste un rapporto tra uomo e ambiente che viene definito in geografia economica relazione verticale. Quest’ultima è la relazione che una comunità intesse col proprio contesto e costituisce la caratteristica peculiare di un territorio, determina la relazione di appartenenza di un soggetto geografico al territorio. Questo rapporto ingloba un insieme di fattori “immateriali” ed ogni territorio ha un proprio tipo di relazione verticale che si è sperimentato nel corso del tempo. In effetti le relazioni verticali, proprio perché frutto di interazioni (tra una struttura territoriale e l’ambiente in cui si muove), mutano nel tempo.Quindi la capacità specifica di una comunità umana di interagire con il proprio territorio incorpora una serie di caratteristiche d’ordine culturale, “immateriale” che si sono sviluppate negli anni.Secondo la geografia dell’800 la relazione uomo-ambiente era molto forte, cioè se si nasceva in un luogo si incorporavano certe caratteristiche del luogo per le quali poi sarebbe stato difficilissimo avere comportamenti diversi dalla norma. In pratica si sosteneva che la relazione tra uomo e ambiente condizionava pesantemente una comunità, con scarsissime possibilità di cambiare la propria traiettoria naturale. Addirittura si diceva che il clima influenza il carattere della gente e quindi anche l’abilità delle persone a fare economia. Il pensiero geografico di tipo deterministico, in sostanza, affermava che le condizioni naturali dell’ambiente imperavano sulle attività umane, che dovevano adattarsi rispetto a quanto natura offriva su quel determinato territorio.Esiste anche un insieme di relazioni orizzontali, cioè un insieme di scambi, flussi d’ordine materiale e immateriale fra diverse aree, che poi contribuiscono a strutturare quelli che sono i cambiamenti nelle specifiche aree.Per aumentare le relazioni orizzontali bisogna, ovviamente, migliorare le infrastrutture, in modo tale da far accrescere le possibilità di business. Le infrastrutture sono strutture territoriali, beni non escludibili, spesso indivisibili poiché producono utilità collettive, che non danno profitti.Quando si sviluppano relazioni orizzontali tra paesi, se ne sviluppano anche altre a livello più locale. Il concetto di globale si può ricondurre a relazioni orizzontali che si estendono a tutto il pianeta; ogni relazione orizzontale ha proprie dimensioni verticali.

Prima si parlava di generi di vita che potevano essere desunti dallo studio del paesaggio. Non è più possibile ciò da quando nei territori sono andati via via aumentando le relazioni orizzontali. È insomma non corretto uno studio della geografia che si basi prevalentemente, se non addirittura unicamente, sulle relazioni verticali; non bisogna infatti perdere di vista il fatto che relazioni verticali ed orizzontali non sono indipendenti le une dalle altre, ma si influenzano vicendevolmente, coesistono, instaurano un rapporto mutevole nel tempo.

Iniziamo ad introdurre altri importanti concetti:- posizione (spazio geografico). Per posizione si intende il rapporto spazio-tempo necessario per giungere da un luogo ad un altro. La posizione ci spiega la non neutralità del territorio rispetto allo sviluppo

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delle attività umane. Tuttavia la posizione non è da intendere in senso assoluto, ma in senso di prossimità. La vita odierna è condizionata dalla nozione di prossimità: esistono infatti elementi (come Internet) in grado di stravolgere il concetto classico e puramente fisico di prossimità; stravolgimenti questi che possono avere risvolti positivi in termini di opportunità create (la e-commerce editoriale messo in atto da amazon.com, ad esempio, ha rappresentato lo strumento grazie al quale la distribuzione di libri è riuscita a raggiungere un maggior numero di utenti anche lontani fisicamente dal prodotto o ampliato le possibilità commerciali, della logistica e trasporti), ma anche negativi (con riferimento all’esempio precedente, amazon.com ha determinato la chiusura di piccole librerie di quartiere). Il valore della posizione è un valore di mercato, e genera un valore economico. Essa genera dunque utilità territoriali; il suo valore è aumentato ad esempio dalla presenza delle infrastrutture. In breve, la concentrazione di alcune attività in medesime aree geografiche genera effetti localizzativi di prossimità che sono definiti anche economie di agglomerazione ossia vantaggi specifici generati per l’impresa che non derivano affatto dall’attività interna dell’impresa, quanto dal fatto di essere localizzati in una determinata area dove sono concentrate altre strutture territoriali o ci sono effetti benefici dei fattori di ‘milieu’. Ad esempio la vicinanza di più imprese in uno stesso territorio (vantaggi di prossimità per concentrazione) può generare economie esterne (gli operai che vivono in zona sono già formati a quel tipo di attività) oppure altri risparmi di costi se ci si consorzia per nei trasporti, nei rifornimenti d’energia, nell’organizzazione di alcuni servizi comuni o comunque anche le autorità locali sono più pronte ad intervenire per assicurare e migliorare i servizi locali e le infrastrutture. Lo spazio geografico dunque è un’astrazione nella quale si ritrovano diversi fattori spaziali, quali la già citata prossimità, la posizione, l’accessibilità, l’interazione, la gravitazione.- Infrastrutture : sono strutture territoriali realizzate sul territorio mediante generalmente la spesa pubblica, che permettono la produzione e gli scambi; esse sono una condizione necessaria affinché esista un mercato e affinché le imprese che le utilizzano realizzino dei profitti. - Non sono distribuite uniformemente ,infatti i loro vantaggi si riducono con la distanza,perciò inducono chi ne usufruisce a localizzarsi nei luoghi meglio serviti;- sono beni non escludibili: non si può far pagare un prezzo in modo che possa utilizzarle solo chi può permettersele; - sono spesso indivisibili,cioè beni che producono utilità collettive, i vantaggi si ripartiscono variamente tra la collettività,perciò spesso si ricorre a prezzi politici o all’uso gratuito; - -non danno profitti, quindi è molto difficile che vengano investiti dei capitali privati, a meno che non intervenga a sostegno un finanziamento pubblico( ad esempio nei trasporti pubblici in concessione).Le infrastrutture possono essere di vario tipo:1. materiali o tecniche: rete stradale, acquedotto, aeroporto, linee delle telecomunicazioni…2. sociali : la rete territoriale dei servizi sociali che funzionano come mezzi di consumo collettivo: scolastici, sanitari, culturali, ricreativi…3. economiche : strutture che svolgono funzioni essenziali per il funzionamento dell’economia nazionale e che spesso non possono essere svolte da imprese private, ad esempio, in Italia , fino a poco tempo fa, l’industria elettrica, le comunicazioni, la siderurgia, la chimica di base…4. dell’informazione e della ricerca (per la parte che non può essere svolta da imprese private). - milieu , insieme di caratteristiche di ordine materiale ed immateriale di un territorio, sedimentate nel corso del tempo in un luogo, non riproducibili né rintracciabili altrove. Le caratteristiche di milieu costituiscono le differenze tra un luogo e l’altro. Si tratta di condizioni naturali originarie (climatiche, morfologiche, paesaggistiche…) che nel corso del tempo si sono combinate con i prodotti dell’azione umana: quelli materiali (infrastrutture, impianti…), quelli culturali (tradizioni,know-how…), sociali (rapporti di fiducia e cooperazione), istituzionali (istituzioni civiche, scientifiche, musei…). Quello di milieu è un concetto difficile da cartografare, proprio perché composto da condizioni materiali e non.

Arricchendo e concretizzando il concetto di spazio geografico si giunge a quello di ambiente, inteso non solo come relazioni tra “oggetti”, ma come oggetti stessi , come insieme di condizioni stabilmente localizzate. Il concetto di ambiente, e in particolare di ambiente naturale, non può prescindere da quello di uomo e dalla influenza di quest’ultimo, il quale agendo attraverso il sistema economico vi genera problemi e alterazioni irreversibili, quali concentrazione della popolazione e sfruttamento di risorse naturali.

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Se, come accennato, lo spazio geografico è un’astrazione, il territorio non è mai astratto ma connotato da caratteristiche specifiche. L’economia di un territorio dipende dall’ordine spaziale e dalle condizioni geografiche.

1.4 Regioni, strutture territoriali e organizzazione territoriale.Quando relazioni verticali e orizzontali iniziano ad essere riconoscibili all’interno dello spazio geografico vengono a configurare una regione, ossia uno spazio geografico caratterizzato da aree contigue con elementi di caratterizzazione comuni. Da questa definizione di regione discende un problema, ossia quello relativo alla scelta della variabile, del tematismo, delle caratteristiche comuni che compongono ed individuano questo “sistema compatto”. Ecco allora che l’individuazione e la mappatura di una regione sono operazioni non semplici: tutto dipende, è funzione della scelta delle variabili rispetto all’obiettivo conoscitivo. La ricerca geografica è infatti osservazione partecipante.Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione politico-amministrativa, definita da confini istituzionalmente riconosciuti e soggetta all’autorità di uno stesso ente pubblico territoriale.La regione naturale è invece identificata dalle sue caratteristiche fisiche, ed in essa prevalgono pertanto relazioni di tipo verticale. La regione ‘formale’ è caratterizzati da strutture territoriali in stretta relazione verticale (ad esempio una regione turistico - balneare).La regione formale è individuata in base ad attributi di vario genere che le rendono omogenee al loro interno e differenti dalle altre: ad esempio, regioni risicole se l’attributo considerato è la coltura del riso; regioni industriali e urbane se l’attributo sono l’industria e la città;regioni in cui si esercita un certo pendolarismo, ecc.Le regioni funzionali sono invece individuate da relazioni orizzontali, ossia da certe dinamiche economiche che avvengono nel territorio in maniera contigua, entro una certa distanza e che presentano una certa intensità. Ad esempio, l’hinterland di un porto, o il bacino carbonifero della Ruhr. Tali regioni possono essere monocentriche, se le relazioni spaziali fanno capo ad un unico centro principale, policentriche, se ogni località è specializzata in funzioni particolari,complementari a quelle svolte dalle altre.Una regione formale che si ricolleghi ad una funzionale o viceversa è detta ‘regione complessa’. Ad esempio la conurbazione napoletana comprende una concentrazione di insediamenti costieri da ovest dall’area flegrea sino quasi alla penisola sorrentina, centri di diverso rango, sistemi logistico - portuali, regioni turistico - balneari, giacimenti culturali ambientali, insediamenti del terziario di vario tipo, sistemi agricoli etc.Un insieme di localizzazioni legate tra di loro da specifiche interazioni spaziali e connesse da relazioni verticali a condizioni ambientali omogenee si dice struttura territoriale (tecnopolo, porto, zona franco, villaggio turistico, costa attrezzata, CBD, oasi, metropoli, complesso siderurgico…). Se più strutture territoriali in condizioni di prossimità sono legate tra loro da relazioni orizzontali si produce organizzazione territoriale.Per studiare l’organizzazione territoriale e le strutture (ciò di cui si occupa la geografia economica) bisogna tener conto dei tre caratteri principale dell’organizzazione di un territorio: condizioni naturali, ossia caratteristiche fisiche legate all’ambiente ad alla sua evoluzione, che costituiscono un dato oggettivo; condizioni ereditate, vale a dire condizioni sedimentate, sia materiali che immateriali, che contribuiscono a creare identità territoriale (si tratta anche in questo caso di elementi oggettivi, dati); forme di rapporti sociale, interazioni e loro organizzazione.Tra le strutture territoriali possono esserci tre tipi di relazioni:- di tipo gerarchico;- di tipo reticolare (o policentrico);- di tipo gravitazionale;

La decodifica delle relazioni territoriali dà indicazione dell’efficienza di un sistema territoriale, sulle sue capacità di sviluppo.Le interazioni spaziali mutano nel corso del tempo. Infatti ogni epoca storica ha avuto una propria geografia economica. Ci sono i teorici della scuola regolazionista che dicono: “ogni forma

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d’accumulazione capitalistica, ogni modalità di fare business ha bisogno di un determinato tipo d’organizzazione socio-politica, a sua volta tale nuova forma produce una nuova organizzazione territoriale”. Ad esempio le aree industriali dismesse (complesso di Bagnoli dell’Ilva) non sono altro che la testimonianza di un ordine spaziale che è diventato obsoleto rispetto ad una nuova organizzazione economica (perché si è passati da un’epoca industriale ad una post-industriale). Dunque ogni epoca ha un proprio tipo di relazioni orizzontali che muta nel tempo. Inoltre ogni territorio può essere più o meno caratterizzato da un determinato tipo di relazioni orizzontali, e quindi d’organizzazione del territorio, ma anche da diversi tipi di relazioni orizzontali (un territorio potrà avere delle caratteristiche sia gerarchiche, che gravitazionali, che reticolari). Ad esempio i Paesi del Terzo Mondo hanno un tipo di relazione orizzontale diversa da quella dei Paesi più sviluppati. Una città intesse con il suo territorio circostante un tipo di relazione che è gravitazionale (i cittadini si spostano per andare a lavorare in città…) ma può intessere anche un tipo di relazione reticolare o policentrica con altre città urbane di altre regioni o altri Stati.Dal complesso di questa movimentazione d’idee, persone, merci, flussi, circolazione, trasporti, si comprende il potenziale di un territorio.

EVOLUZIONE DELL’ORDINE SPAZIALE e delle relazioni orizzontali.

In passato vi erano dei sistemi territoriali più chiusi ed isolati. Le città non avevano gran peso e vi erano principalmente SISTEMI RURALI. Da un punto di vista di rappresentazione spaziale avevamo un “villaggio” che era una forma d’economia di mercato immerso in un sistema più o meno chiuso che non aveva grosse relazioni con l’esterno. Era una configurazione spaziale legata al problema della “distanza-costo” (costo del trasporto di materie prime, soprattutto agricole).Von Thünen dava un tipo di rappresentazione delle relazioni orizzontali: “il villaggio gravitazionale”. Cioè esistono dei fattori d’attrazione che hanno una certa relazione con la distanza e la massa. Quanto più si allunga la distanza tanto meno è la forza d’attrazione. Dunque Von Thünen affermava che c’è una configurazione spaziale denominata “a cerchi concentrici” dove è importante lo spazio geografico rispetto alla distanza-costo dei tempi di trasporto delle materie prime verso l’area di mercato ossia il villaggio. Infatti, le aree concentriche intorno al villaggio si organizzavano in vista della coltivazione di prodotti più deperibili (ad esempio fragole) e colture più resistenti come i seminativi verso gli anelli più lontani.

L’Europa prima della rivoluzione industriale era un insieme di villaggi o di borghi che esercitavano un potere attrattivo in un’economia prevalentemente agricola. L’economia mercantile ha un peso che si può vedere a livello di alcune città ma non vi è un sistema di commercio internazionale che interessa pervasivamente tutti i luoghi. Il villaggio funge anche da luogo d’aggregazione sociale, la circolazione delle idee e delle informazioni è abbastanza ristretta dato che lo spazio geografico è connotato essenzialmente da un problema di percorrimento delle distanze. Questo è l’ordine spaziale tipico dei Paesi più arretrati quali le zone interne dell’Asia (Mongolia…).Con l’industrializzazione la situazione cambia, molti lavoratori si spostano dalle campagne alle città e si ha per la prima volta un fenomeno che si sta massificando di densità umana in nuovi spazi: gli SPAZI URBANI. Dunque con l’industrializzazione nasce il fenomeno della “localizzazione delle imprese”. Da quando gli insediamenti erano vicini alle materie prime si e passati ad imprese vicine ai bacini d’utenza, e quindi si rompe quell'ordine spaziale legato al villaggio e all’economia quasi di baratto e si ha sempre di più il nascere di alcune regioni: le “regioni industriali” (ad esempio la Ruhr).

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L’ordine spaziale muta perché vi è una concentrazione crescente della popolazione nelle città e significa così privilegiare l’aspetto della produzione e del consumo. Nascono dunque nuove attività come i poli di servizi legati alle famiglie e alle attività industriali. Questa è un tipo di localizzazione che produce “drenaggio di risorse” ed “effetti di polarizzazione”. Ad esempio Bismark decide di intraprendere l’industrializzazione della Germania e lo fa con un sistema di pianificazione del territorio e la logica è creare degli insediamenti per attività produttive e sviluppo di nuovi quartieri di residenza della forza lavoro e, contemporaneamente, incominciare a infrastrutturare il territorio per facilitare la circolazione delle merci e delle persone. Dunque si crea un effetto di polarizzazione delle risorse umane, infatti dove c’è lavoro si determina un effetto di magnete (d’attrazione) di popolazione da altri insediamenti. In questo modo vi è una concentrazione dell’insediamento a danno, spesso, di regioni che perdono manodopera e usi; contemporaneamente la densità abitativa e l’effetto di drenaggio, non solo di manodopera ma anche di persone con determinate conoscenze tecniche, determina la possibilità di sviluppare nuove attività più complesse (ad esempio nuovi servizi, nuovo commercio) e di costruire nuove infrastrutture che rappresentano un esempio di struttura territoriale.Questo effetto di drenaggio di risorse e d’attrazione di investimenti in alcune zone (la città si sviluppa a danno della campagna) provoca un ordine spaziale detto “GERARCHICO”. Cioè vi sono delle città centrali che esercitano una forma di gerarchia rispetto ad altri centri minori. Christaller affermò che ogni città rappresenta l’ossatura di un’economia ed essa può essere vista come una “densità localizzativa” di attività di fornitura di beni e servizi ma può essere vista, grazie alla densità dei contatti che si sviluppano in questo ambiente connotato da grande prossimità, come l’ambiente principale per la creazione di innovazioni e per la circolazione di idee. La prossimità, che è un altro fattore geografico, unita alla sedimentazione delle relazioni orizzontali e verticali, genera nuove idee, nuovo modo di fare politica, nuovo modo di fare costume… In questa fase vi è un ordine spaziale di tipo ancora “gerarchico”: c’è una città centrale (chiamata anche città primate) che drena risorse dal circostante e normalmente i beni principali e più rari non sono diffusi uniformemente sul territorio piuttosto sono presenti nella città primate.

(città primate)

(città minori)

Questo spazio è definito gerarchico perché nella città primate ci sono dei beni e servizi di rango superiore che non sono presenti in altre città (fenomeno di dipendenza dalla città primate).Man mano che si sviluppano i trasporti pubblici, le innovazioni, la società civile, attraverso gli investimenti in infrastrutture e grazie anche a fattori culturali (di propensione allo scambio o alla interdipendenza, alla specializzazione…) si ha che uno spazio gerarchico può divenire una struttura più equilibrata dove le città

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sono sullo stesso piano e i flussi di relazioni che esistono tra città e città (in termini di cittadini che si spostano, di richiesta di servizi o per attività varie) costituisce una rete più o meno “equipotenziale”.

Se si ipotizza l’esistenza di una buona rete di trasporti i cittadini hanno più possibilità di spostarsi. Questo ordine spaziale è detto di “RETE” dove non c’e una funzione gerarchica di un centro rispetto ad un altro, ma c’è una certa equidistribuzione dei beni e servizi, e dunque non vi è uno schiacciamento di funzioni o importanza di una città ma le città hanno più possibilità di sviluppare la propria vocazione. Se si immaginano le città come i nodi della rete si può affermare che ogni nodo può avere una sua funzione ed una sua identità e dunque vi può essere complementarietà tra i nodi della rete (ad esempio la struttura dell’Emilia Romagna si fonda essenzialmente su città medie con una buona rete viaria).

Dunque vi sono tre forme d’ordine spaziale: o Ordine spaziale del sistema villaggio;o Ordine spaziale della polarizzazione e della gerarchizzazione dello spazio;o Ordine spaziale delle reti e del policentrismo.

Ci sono, poi, dei fattori che giocano in maniera particolare in questi ordini spaziali, vale la pena di ricordarlo nuovamente :

o Fattori di milieu ; rappresentano il patrimonio genetico del territorio (identità del territorio, insieme di valori sedimentati che plasmano l’organizzazione del territorio stesso, sistema di cultura di un territorio che condiziona l’evoluzione urbana).

o Infrastrutture ; possono essere d’ordine materiale (ponti, strade...), sociale (associazioni. gruppi), immateriale. Nell’ ordine spaziale dell’evoluzione, della competitività, della potenzialità, della qualità della vita, giocano molto i fattori di milieu e l’esistenza d’infrastrutture. Le infrastrutture rappresentano un fattore particolarmente importante, poiché fare bene una attività economica non dipende soltanto dalla bravura dell’imprenditore ma dipende anche da una serie di “vantaggi localizzativi” che il territorio offre per fare attività. Le infrastrutture sono delle strutture territoriali che generano vantaggi localizzativi anche detti “economie d’agglomerazione”. Esse rappresentano il vantaggio che l’impresa riceve dal situarsi in un certo luogo ovvero quello che deriva dal territorio circostante (dunque dall’esterno), perché esistono delle infrastrutture, e non grazie alla sua gestione interna. Questo vantaggio rappresenta un valore aggiunto che il territorio dà all’impresa ed è dato da fattori di milieu e dalla presenza di infrastrutture. Se si guarda alla storia dello sviluppo del Mezzogiorno si nota che molto spesso si è puntato sulle infrastrutture e non sui fattori di milieu e ci sono stati grossi investimenti in infrastrutture ma che non hanno generato lo sviluppo necessario.

AMBIENTEIl concetto d’ambiente fa riferimento alla relazione verticale e rappresenta un riferimento a delle condizioni date. Etimologicamente la parola ambiente significa “ciò che circonda”. Quindi con tale termine si può identificare il “geo-sistema” cioè l’insieme dell’equilibrio ecosistemico di un luogo tenuto conto delle attività umane (la terra). L’ambiente rappresenta una posizione data di un insediamento umano ed è sottoposto ad alterazioni. Le caratteristiche ambientali, però, spesso non sono state tenute presenti nelle attività industriali. Oggi non si

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può prescindere più da ciò che è accaduto nell’ambiente in quanto ciò che accade in un luogo si riverbera a livello planetario (problema di salute umana, problemi legati alla limitatezza delle risorse).

Vediamo che con la rivoluzione industriale, si rompe il ciclo produttivo, energetico e ambientale tipicodella civiltà contadina, fondato sull’equivalenza delle aree, dove tutto viene riutilizzato, in un ciclo auto sostenibile, ora le città cominciano ad assumere un ruolo di posizione gerarchicamente dominante rispetto alle campagne. Le industrie che si sviluppano cominciano a sfruttare le risorse senza preoccuparsi degli effetti sull’ambiente, il loro fine non è l’autosussistenza ma la massimizzazione del profitto. La città produce beni e servizi che non hanno più portata esclusivamente locale, si sviluppano anche nuove tecnologie, le infrastrutture e i trasporti che consentono di sviluppare il commercio. La concentrazione delle attività in città comporta progresso civile ed economico: nasce il pensiero liberale, che mette in crisi il pensiero della monarchia assoluta o dei privilegi della classe nobiliare; si sviluppa una relazione gerarchica con la campagna che diventa zona di approvvigionamento di risorse umane e materiali, al servizio della città.Il geografo tedesco Christaller ha formulato un modello in cui le località centrali, servono ciascuna un’area a loro circostante, la cui ampiezza dipende dal livello del centro, individuato da un diverso rango, e questo dipende dalla dotazione di beni e servizi per quantità e qualità, dalla presenza di attività più rare e pregiate.In uno spazio isotropo e teorico come quello di Christaller i centri urbani si disporrebbero a distanze regolari, superata la portata dei singoli servizi di un centro si formerebbe un altro centro e così via.Ogni centro urbano avrà un cono di domanda con soglia e portata diversa a seconda della quantità e qualità dei servizi offerti. In tal modo a distanze variabili a seconda della densità di popolazione e dalla rete di vie di comunicazione si formerebbero città con un determinato numero di abitanti, un certo sviluppo delle attività produttive e il territorio assumerebbe uno sviluppo omogeneo. Nella realtà ciò non avviene perché lo spazio geografico è differenziato dalla natura e dalla storia, non può essere spiegato solo da logiche di mercato. I fenomeni di squilibrio sono determinati soprattutto da processi di agglomerazione, dovuti al fatto che le attività economiche hanno dei vantaggi a localizzarsi le une vicino alle altre. Questo sviluppo è detto polarizzato e crea uno squilibrio tra la regione polarizzata e le regioni periferiche. Spesso l’eccessiva concentrazione di attività può provocare delle diseconomie di agglomerazione, ad esempio i servizi pubblici (ospedali, scuole, trasporti…) che sono sempre meno efficienti e più costosi da gestire, i costi crescenti delle abitazioni, dei servizi e della vita in generale, il degrado ambientale.

Mentre le strutture territoriali gerarchizzate rappresentano forme di organizzazione territoriale tipiche della prima parte del XX secolo, quando il fattore trainante dell’economia era la grande industria manifatturiera, nella seconda metà del XX secolo i paesi di vecchia industrializzazione furono investiti da notevoli trasformazioni economiche che hanno inciso profondamente sull’organizzazione del territorio,andando a formare una struttura reticolare o policentrica, dove abbiamo una serie di città piccole e medie che offrono beni e servizi tra loro complementari. Questo processo è stato soprattutto favorito dallo sviluppo dei trasporti, dei mezzi di comunicazione e dalla diffusione delle innovazioni che hanno accorciato le distanze tra vari nodi della rete.

L’evoluzione storica delle relazioni orizzontali ha portato ad un punto storico dell’umanità definito GLOBALIZZAZIONE e che rappresenta l’attuale sistema-mondo.2. La centralità della geografia nell’era della globalizzazione2.1 La globalizzazioneLa globalizzazione è un processo di integrazione tra il mercato economico, sociale, culturale che avviene fra diversi paesi, diverse aree geografiche.Questo fenomeno di integrazione fra aree si accelera sempre più, favorito dal miglioramento delle tecnologie del trasporto (ad esempio, a favorire l’abbattimento dei tempi e dei costi di trasporto e quindi il commercio internazionale, ha contribuito notevolmente l’utilizzo di containers), ma in primis dalla c.d. rivoluzione telematica, i.e. l’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).Il processo di globalizzazione avviene con caratteristiche di intensità e velocità mai viste prima; un’intensità che non è uniforme a livello di territorio, all’interno dei confini di uno stato.

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Le città che vogliono aspirare a posizioni migliori nella gerarchia economica, devono avere un certo numero di strutture territoriali, con un certo grado di efficienza. E’ semplice intuire il carattere di apertura alla globalizzazione di una città rispetto ad un’altra, analizzando le sue strutture territoriali e come esse sono cambiate nel corso del tempo.Una città globale non è quella che vive semplicemente al suo interno il contatto fra culture, ma è quella che riesce ad esportare ciò che ha prodotto da questo incontro di culture, in reti internazionali. (Es. Parigi, New York.)Una città globale è una città che favorisce una sempre maggiore integrazione nella globalizzazione. Ovviamente, non esistono esclusivamente conseguenze positive all’integrazione. Il risultato dell’integrazione dipende dal modo in cui questa avviene. Esistono anche dinamiche di omologazione forzata dei territori. Si parla in alcuni casi di dinamiche di deprivazione dei territori.Tutto quello che succede attualmente per quanto riguarda terrorismo, conflitti fra territori, piuttosto che tra culture sono in qualche maniera, molto distorta e perversa, un risultato della globalizzazione. Il processo di integrazione spesso produce delle forme di omologazione (cioè ripetizione di stessi caratteri, stessi comportamenti) in territori che hanno una provenienza, un carattere, un insieme di risorse date, un insieme di stili di vita che sono profondamente diversi da quelli in cui ha avuto origine il messaggio trasmesso da altri territori.Quando questo processo di integrazione significa voler esportare a tutti i costi determinati tipi di modelli che siano di mercato, culturali; cioè modelli che hanno caratteri totalmente dissimili, avvengono mutamenti che identifichiamo come processi di disintegrazione, che possono portare a delle crisi. Le crisi possono essere di industrializzazione o geo-politiche.Il fenomeno della globalizzazione e la crescente integrazione è stato anche conseguenza dell’utilizzo di nuove tecnologie, che poi, a loro volta, danno impulso ad una sempre maggiore integrazione. Si è infatti assistito negli ultimi anni, anche alla nascita di un nuovo tipo di spazio geografico: il cyber spazio.La globalizzazione è un momento del tutto speciale nella storia dell’umanità, perché per la prima volta c’è un’accelerazione dell’integrazione fra diverse aree geografiche senza precedenti. Si assiste a quella che i geografi definiscono “compressione spazio-temporale”, un fenomeno geografico che consiste nell’avvicinamento (non fisico) di aree geografiche distanti.La geografia economica è importante in relazione alla globalizzazione, perché a differenza di altre discipline, focalizza l’attenzione sui cambiamenti a livello planetario.

Si è già detto come l’ICT sia uno dei principali vettori della globalizzazione; quello che non si è ancora detto è che la rivoluzione telematica ha prodotto un cambiamento, un’evoluzione del modo di produrre su scala mondiale da una mera divisione internazionale del lavoro ad una frammentazione dei task informativi. In altri termini, la divisione internazionale del lavoro, che un tempo riguardava essenzialmente funzioni d’impresa, si è ulteriormente scomposta generando la frammentazione delle funzioni in task, i.e. singoli obiettivi di lavoro facenti capo ad una medesima funzione. Un’importante conseguenza di questo processo è che non si ha più un quadro certo per comprendere le performance di un Paese, all’interno del quale possono trovarsi a convivere task più avanzati e task meno avanzati. Inoltre, la frammentazione internazionale del lavoro ha portato all’individuazione di due entità: l’impresa globale e le reti globali d’imprese. Quando un’impresa ha numerose sussidiarie nel mondo e con esse instaura un rapporto tale per cui, in veste di soggetto forte, esercita su questa miriade di entità un forte controllo che ne limita il potere decisionale, allora ci si trova dinanzi ad un’impresa globale. Diversamente, per rete globale di imprese si intende una moltitudine di entità tra le quali non vi sono asimmetrie di controllo e di potere così marcate come nel caso dell’impresa globale.

2.2 Geopolitica dei rapporti economiciStrutture regionali polarizzate, destrutturazioni, processi di sviluppo: forme e squilibri della globalizzazioneNell’era della globalizzazione esistono due modi di guardare ed interpretare il sistema mondo, denominati Modello Arcipelago e Modello del Multipolarismo Disarchico.

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Il modello del Multipolarismo Disarchico tiene conto del fatto che allo stato attuale delle cose non esiste un ordine mondiale fondato su pochi centri di potere forti e influenti, ma su molteplici centri di influenza più o meno forti, statali e non. Caratteristiche di siffatto scenario sono:

Indebolimento dello stato nazionaleL’idea di territorio come insieme compatto di aree ed entità dai confini ben definiti, ben

identificabili, va sempre più erodendosi. Il crescente flusso di informazioni in generale e di culture in particolare mette in crisi l’identità statuale; questa perdita di identità specifica viene indicata con l’espressione “mondo liquido”.

Paradigma della reteLa diffusione di reti globali di imprese porta con sé due fenomeni: la disintermediazione, ossia

l’accorciamento della catena di intermediazione (con la conseguenza della chiusura delle c.d. attività banali) e l’aggiramento, che si concreta nella possibilità di aggirare fattori di debolezza che prima limitavano le potenzialità delle attività e le attività stesse.

Impresa globale

Il sogno di un mondo uni polarizzato, sorto a seguito della caduta della cortina di ferro (1989) è ormai svanito. La recente crisi di Wall Street, con la conseguente venuta fuori dei problemi e delle debolezze degli USA, della più grande potenza geopolitica mondiale, ha messo in luce il fatto che il mondo in cui viviamo è un mondo multipolare, in cui sono rintracciabili poli che non sono solo poteri politici, in cui non esistono più centri in grado di esercitare davvero potere e controllo (multipolarismo disarchico, appunto).La perdita di polarizzazione è da imputare al fatto che gli Stati hanno perso e continuano a perdere parte del loro potere statuale, inteso come potere monetario, politico, di censura ecc. Tale perdita secondo alcuni è diretta conseguenza della c.d. “rivoluzione dal basso”, ossia la possibilità che hanno organismi di tipo non statuale (associazioni, organizzazioni) di stringere alleanze e prendere decisioni che vadano ad influire sulla vita politica ed economica dei governi. È chiaro che la presenza e l’attività di organismi extranazionali sullo scenario di un mondo globalizzato ha ripercussioni positive e non (si considerino rispettivamente gli esempi dei gruppi ambientalisti e delle cellule terroristiche).Il Modello Arcipelago, poi, viene definito in questo modo in quanto non tutte le aree geografiche sono interconnesse alla stessa maniera o presentano condizioni uguali: ad esempio all’interno di uno Stato come la Corea, si può trovare Seul che ha alcuni quartieri capaci di competere in alcune funzioni con New York, mentre, il resto del paese può connotarsi come sistema chiuso. L’arcipelago è quindi un insieme di sistemi locali (isole) che comunicano tra di loro a diversa intensità e qualità; questo non è l’unico effetto in quanto esiste un altro effetto, lo Spill over (generazione di un fenomeno per diffusione): ossia a causa delle relazioni instaurate tra contesti interregionali si generano effetti all’interno di ogni territorio aperto a relazioni con altre aree della Terra (ad esempio: nuove strutture territoriali, miglioramento della qualità della vita oppure omologazione e disintegrazione cioè effetti negativi; gli effetti negativi dipendono dalla incapacità del sistema territoriale di potenziare la propria identità e proporla in circuiti globali o dalle pressioni che esso subisce perché ad esempio non controlla i propri mercati, o è presente una monocoltura etc).Questa interconnessione sta producendo non più gli schemi centro-periferia, tradizionali degli anni ’50-’70 ossia dualismo tra regioni ricche che drenano risorse e regioni arretrate ma anche squilibri territoriali all’interno degli Stati stessi (divari intranazionali).Il modello arcipelago, è un modello di globalizzazione attraverso il quale è possibile capire non solo dove e perché ci sono gli insediamenti ad elevata produttività o elevato valore aggiunto, ma è anche possibile capire schematicamente come funziona il Sistema Mondo ed essere in grado di leggere gli indicatori delle differenze. Il problema fondamentale riguarda le differenze enormi in termini di povertà e di alfabetizzazione . Le Nazioni Unite con l’aiuto di studiosi hanno creato un indicatore chiamato indice di sviluppo umano . L’ ISU è il primo indicatore che permette di capire come funziona il sistema mondo, esso cioè accorpa diverse caratteristiche che ci consentono di capire un territorio o meglio di misurarne la qualità della vita mettendo a confronto i livelli nei vari paesi. L’ISU quindi si compone:

PIL pro capite Reale, cioè il PIL rapportato alla popolazione. Il PIL è un indicatore economico che ci fa capire quanto un Paese è ricco. Questo indicatore in alcune circostanze non è idoneo a

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Page 12: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

misurare il sistema di vita di tutti i territori, infatti, se si prende ad esempio il Borneo e i suoi abitanti possiamo capire come questo singolo indicatore sia poco efficace. Un contadino del Borneo, per sopravvivere disbosca un po’ di giungla e coltiva l’appezzamento di terra ottenuto, se questo è il tipo di sistema economico presente su quel territorio sarebbe errato valutarlo con il PIL REALE. Ciò vuol dire che bisogna essere in grado di leggere non solo gli indici economici ma avvicinarli al sistema culturale e alle pratiche di organizzazione presenti sul territorio e che non sempre sono compatibili con gli indicatori nati nei Paesi Occidentali (cioè il contadino del Borneo per vivere probabilmente non guadagnerà in dollari e ci sarà un sistema di vita che non è direttamente quantizzabile col PIL).

Speranza di Vita : ogni essere umano a seconda di dove nasce ha una diversa possibilità di vita e ciò dipende dalle diverse condizioni sanitarie ed alimentari. Durante la rivoluzione industriale le condizioni ambientali e sociali erano pessime. Ad esempio un operaio di Liverpool aveva una speranza di vita di 37 anni; attualmente un operaio europeo ha una speranza di vita pari a 74 -75 anni, ma ancora oggi in Thailandia un uomo o una donna hanno una speranza di vita pari a 50 anni. Questo indicatore permette quindi di capire le diversità tra i territori.

Alfabetizzazione : (dato legato alla diffusione dell’istruzione.) Anche questo dato ci permette di capire le differenze tra i territori in quanto se si pensa al periodo post-bellico l’Italia aveva circa il 70% di persone analfabete, tale dato nel tempo è andato diminuendo e ha permesso al nostro paese di avvicinarsi al Canada che risulta essere il primo paese al mondo dotato di un ottimo sistema di equità sociale.

L’indice di sviluppo umano quindi è composto da un insieme di dati che combinati attraverso una formula matematica, sono espressione delle condizioni politiche, culturali e sociali di un Paese. I territori da sempre hanno differenze, ma il processo di globalizzazione le ha accentuate ciò perché i nuovi canali della Globalizzazione hanno interagito con i sistemi culturali precedenti.In sintesi possiamo affermare che il sistema Mondo è formato da: il modello dell’arcipelago, il modello centro-periferia, l’indicatore dello sviluppo umano, il problema della povertà.Sicuramente uno dei problemi più sentiti nella nostra epoca è il problema della povertà. Esso è aumentato in quanto ogni Stato che voglia svilupparsi deve investire, per investire ricorre a prestiti e ciò comporta una forte sperequazione tra Paesi ricchi e Paesi Poveri. Il mercato internazionale vede la fissazione dei prezzi e dei valori dei beni e dei titoli non nei singoli Paesi, come ad esempio in Cina, Nuova Guinea o Italia, ma in pochissimi luoghi del mondo.Ecco il perché nel sistema mondo troviamo un’altra struttura territoriale, un’altra localizzazione che costituisce il motore della globalizzazione: le Piazze Finanziarie. Le Piazze finanziarie (New York, Londra …) sono luoghi dove vengono prese importanti decisioni che riguardano gli investimenti; le decisioni prese in queste sedi attengono sia a scelte riguardanti in maniera stretta le borse e quindi fortemente legate a relazioni di prossimità delle sedi di gruppi finanziari, sia a scelte legate ai grandi centri intergovernativi mondiali che gestiscono l’economia come il Fondo Mondiale, il Fondo Monetario e la Banca Mondiale.Questi ultimi assegnano, con una serie di indicatori, un certo grado di affidabilità di un Paese, determinando il costo del denaro, l’ammontare dell’interesse da corrispondere ecc..Le località centrali del mondo, dove sono concentrate le utilità finanziarie di direzione globale sono dette Città globali, in quanto hanno in sé una forma di localizzazione delle attività più pregiate, che non si ferma alle sole attività finanziarie (es. grossi centri di R&S, le università più influenti). Oltre a tale forme esistono altri centri che partecipano al processo di globalizzazione offrendo altre funzioni economiche, ad esempio i Paradisi Fiscali. Con il termine “Paradisi Fiscali” si indicano delle zone (Paesi al di fuori dell’Europa) ove il Governo ha deciso di applicare una tassazione particolare con lo scopo di attrarre investimenti da parte di altri Paesi. Tali politiche possono andare dalla deregolamentazione dell’accesso alla terra, alla detassazione delle attività economiche (ad es. a Dubai recentemente hanno fatto dei centri tecnologici per attrarre attività rare basate proprio sull’idea della detassazione o su forme di incentivi che in Europa non sono possibili). I paradisi fiscali sono individuabili in stati minori ad es. Panama in cui vi è una ricca presenza di società off-shore (tali società hanno sede decisionale in questi paesi perché non pagano le tasse dovute in altri paesi). Logicamente, gli stati più piccoli che hanno deciso di adottare queste politiche hanno delle posizioni di privilegio evidenziate da indicatori particolarmente avanzati per alcune attività ma ciò non sempre corrisponde ad un livello generale di benessere della collettività locale.

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La globalizzazione finanziaria riguarda un mercato telematizzato, destrutturato e concentrato per quanto riguarda l’input del comando (individuabile nelle suddette Piazze Finanziarie); ma si tratta tuttavia di un mercato che, sebbene polarizzato sul lato dell’offerta, è invece accessibile ad un ventaglio di domanda estremamente ampio e variegato. Ovviamente la presenza di una domanda così globale sul mercato finanziario ha forti implicazioni geoeconomiche e geopolitiche. Se un tempo il gioco domanda-offerta in campo finanziario produceva quale risultato l’apprezzamento o il deprezzamento di una determinata valuta (con tutti i connessi effetti sull’economia reale), attualmente tale gioco è divenuto assai più complesso. Oggi l’interconnessione della geoeconomia fa sì che gli aggiustamenti di cui sopra non siano più possibili, poiché le forze politiche mettono in atto sistemi di cambi fissi al fine di mantenere costante il valore di determinate valute, il tutto per motivi fondamentalmente geopolitici. Ma tutto ciò, se non si osservano regole di prudenza, correttezza e trasparenza, rischia di far perdere pericolosamente potere d’acquisto ad alcune aree.Quanto appena esposto può essere meglio compreso introducendo l’importante caso dei fondi sovrani con particolare riferimento alla questione USA - Cina e ai petrodollari investiti in area EURO. Prima le superpotenze non erano indebitate e, qualora lo diventavano, cedevano il ruolo di superpotenza ai loro creditori (esempio: la Gran Bretagna che, nell’accettare credito USA ha ceduto a questi il suo ruolo sullo scacchiere mondiale). Nello scenario attuale, invece, considerato il fatto che le grandi superpotenze reggono i loro “imperi” grazie ad un crescente indebitamento, si parla non a caso di “Rise of the Rest”, ossia “ascesa del resto del mondo”, di quegli Stati non facenti parte del blocco occidentale. Illuminante la vicenda dei fondi sovrani, sia come flusso IDE che dalla Cina si dirige verso gli Stati Uniti, sia in rapporto alle FDI (Foreign Direct Investment) che dall’Europa e dagli USA muovono verso la Cina. Qualche cifra ci aiuterà a comprendee meglio l’entità e l’importanza del fenomeno: nel 1991-2006 le FDI erano di 700 mld $ diretti verso la Cina; se si ipotizza un aumento del valore nella messa in produzione del 10% si arriva a 1300 mld $. Nello stesso periodo i cinesi hanno acquistato obbligazioni statunitensi per un controvalore simile. I crediti cinesi a forte investimento estero sono il fondamento di “mutua” distruzione o “ricatto”: i Paesi che hanno investito in Cina contano sugli Stati Uniti come garanti dei loro diritti. Il possesso da parte della Cina di obbligazioni statunitensi influenza allora la geopolitica e la geoeconomia degli USA e l’andamento dei mercati finanziari globali. Il salvataggio Fanni Mae ad esempio è stato effettuato con emissione obbligazioni USA (che ne hanno aumentato in deficit) che sono state acquistate dalla Cina. Esiste cioè un rapporto tra globalizzazione finanziaria ed economie regionali basato su “minacce incrociate” derivanti da polarizzazione dello sviluppo e possesso si fondi sovrani. Oggi più di 1/3 del debito pubblico occidentale è posseduto da Paesi autocratici. Gli USA hanno quote crescenti delle loro attività detenute all’estero. I petrodollari (danaro dei Paesi produttori di petrolio, specie dell’area OPEC) sono andati in area EURO per comprare attività dismesse dagli Stati europei per effettuare le privatizzazioni: in sostanza le privatizzazioni degli anni ’80 e ’90 del Novecento in Occidente hanno consentito a banche estere, spesso nazionali, di “comprare pezzi di Europa” ed effettuare una sorta di deprivatizzazione. La globalizzazione finanziaria, unita a fondi sovrani e deprivatizzazioni, ha forti implicazioni geopolitiche che addirittura falsano il mercato:

- esiste un sistema di mutua garanzia Europa – USA per mantenere sicuri gli investimenti in Cina;

- il rapporto tra Moneta Dollaro e Monete Asiatiche è falsato in una sorta di cambio fisso: il dollaro non si deprezza e rende meno competitive le merci asiatiche poiché il rapporto è mantenuto stabile. Il cambio del dollaro viene mantenuto fisso o semifisso grazie al fatto che le Banche Centrali acquistano attività finanziarie in dollari per evitane il deprezzamento.

In sostanza, il nostro mondo multipolare disarchico è un mondo “sregolato” da un punto di vista finanziario, il che porta alla ribalta i concetti di etica e di correttezza professionale, indispensabili per creare un complesso di regole di comportamento di mutua e generale accettazione.Accanto alla globalizzazione finanziaria è poi possibile individuare una globalizzazione tecnologica, riguardante la produzione di nuova conoscenza ed innovazione mediante alleanze che riuniscono il lavoro di partner geograficamente distanti che collaborano quotidianamente ad un determinato progetto grazie

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all’utilizzo di piattaforme comuni nel cyberspazio (fenomeno c.d. del “power brain”). La possibilità di ricercare partner con determinate caratteristiche potenzialmente in ogni parte del globo induce un’accelerazione della crescita della produzione di nuove conoscenze ed innovazioni, in un processo continuativo. La globalizzazione tecnologica viene così a configurarsi come una modalità del tutto inedita nel campo della produzione di informazione, modalità fondata sulla dinamica delle alleanze e degli scambi. Il primo esempio di collaborazione scientifica a livello planetario, di globalizzazione tecnologica, è rappresentato dalla ricerca sul genoma, cui hanno collaborato tutti i laboratori e dipartimenti pubblici del pianeta, operando in una sorta di enorme laboratorio virtuale.Un’altra caratteristica del sistema mondo della globalizzazione (a cui si è solo fatto rapido cenno precedentemente) è il sistema d’origine e destinazione geografica dei flussi finanziari d’investimento, i cosiddetti IDE (investimenti diretti all’estero).Gli IDE sono degli indicatori che servono a capire se un’area è attiva o passiva rispetto alla Globalizzazione (es. un Paese attivo è quello dove c’è un equilibrio tra accettazione d’investimenti altrui e capacità di fare investimenti all’estero, come sono quelli europei e gli Stati Uniti. Mentre passivi sono quei paesi che attraggono solo investimenti IDE ). Ci sono poi altre aree del mondo escluse dalla Globalizzazione, dove non riscontriamo dei flussi d’investimento diretto, cioè aree remote come molte repubbliche dell’Asia Centrale (la Mongolia), alcune zone della Nuova Guinea e il Nepal.Un’altra struttura territoriale legata all’organizzazione della Globalizzazione è quella delle zone economiche regionali . Ad esempio la Cina è competitiva non solo perché ha dei costi bassi di manodopera, ma anche perchè lo Stato è intervenuto prepotentemente infrastrutturando il territorio e creando delle zone con privilegi speciali in cui l’iniziativa privata è avvantaggiata da ragioni di prossimità.Un altro esempio è dato dalla Malesia, dove il Governo, una volta constatata la saturazione industriale in una certa isola, è intervenuto in una isola vicino, attuando processi di industrializzazione: ha fatto diventare i contadini operai, ha costruito dei villaggi, ha attratto delle imprese di Singapore ai fini di processi d’investimento diretto. Se la Cina produce il main frame di un certo computer, un pezzo sarà stato lavorato in Malesia, poi l’IBM li vende sul mercato come prodotto finito.

È possibile effettuare una “classificazione” degli Stati in tre categorie:1. Stati fantoccio, privi di capacità di proteggere se stessi e si esercitare un vero potere di

controllo (ne sono un esempio alcune delle Repubbliche dell’ex URSS);2. Stati indebitati;3. Stati creditori.

Il problema dell’ indebitamento è un’altra faccia della globalizzazione ed è un freno fortissimo allo sviluppo, anche perché su questi debiti uno Stato deve pagare degli interessi elevati. Quindi tutte le risorse accumulate vengono destinate a pagare questi debiti e non per sostenere lo sviluppo interno, con elevati sacrifici a carico della popolazione. Va ripreso e sottolineato il fatto che attualmente l’indebitamento sta assumendo un volto nuovo , essendo proprio anche di Paesi geopoliticamente forti e di vere e proprie superpotenze, i quali emettono per lo più obbligazioni che in genere vengono acquistate da Paesi autocratici. Non è allora vero che la geografia dell’indebitamento si divide nettamente tra Nord e Sud del mondo.

Un’altra importante conseguenza della globalizzazione è il dominio culturale (es. produzione di televisione, di cinema, di musica). Esso può essere inteso come il prevalere di una forma di cultura, con la sua lingua, la sua religione, i suoi modi di vita, il suo tipo di struttura politico-sociale. Il dominio culturale può essere esercitato attraverso i mass media, le telecomunicazioni, le banche dati, la lingua ecc., campi in cui attualmente c’è il predominio di poche potenze. Una delle prossime frontiere sarà appunto quella di garantire la libertà di espressione in internet in quei Paesi dove c’è una censura o un controllo delle informazioni (ad esempio in Siria internet non esiste per un problema di controllo).

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Un particolare problema di dominio culturale riguarda la governance di internet: se vogliamo aprire un sito Web, c’è un sistema di autorizzazione a catena che fa capo ad una società californiana; per questo, in ambito ONU, molti paesi democratici spingono per una sistema di governo globale di Internet. Da novembre 2009, però, il World Information Summit ha deciso che non può essere solo questa autorità californiana a dover autorizzare l’apertura di siti web, questa decisione deve essere presa da soggetti appositamente preposti.L’obiettivo di essere un Paese attivo nella globalizzazione è probabilmente uno dei pilastri per avere una forza economica e anche uno sviluppo di lungo periodo. Attualmente uno dei canali di competizione è proprio quello del dominio culturale.

Possiamo ora iniziare a ricomporre il mosaico del Sistema Mondo dando qualche importante definizione: Superpotenze : aree regionali in cui sono concentrati i livelli più alti di potere

economico e potere decisionale-politico, in grado di influire su tutto il mondo (es. Stati Uniti, Europa, Nazioni Unite sono i tre grandi blocchi considerati superpotenze). Per definire un territorio superpotenza si fa riferimento ad aspetti geoeconomici ma soprattutto ad aspetti geopolitici. Con il termine Geopolitica si indica la capacità di un paese di avere una forza militare, degli apparati di R&S, una posizione strategica in grado di influire sulle decisioni geopolitiche del mondo (ci sono alcuni Stati ad esempio che non hanno una posizione di valore ma se si ipotizza un interesse economico lo stesso stato può assumere un’ importanza fondamentale in base alla sua posizione geopolitica).

Potenze a livello sovranazionale aree che per la dotazione di risorse naturali sono estremamente importanti, cioè sono aree geopolitiche e geoeconomiche strategiche, un esempio è la parte Asiatica dell’ex Unione Sovietica (attualmente è l’area del mondo più ricca di risorse strategiche e quindi l’area più rilevante da un punto di vista geopolitico) infatti in questa area ritroviamo la Siberia, essa possiede dotazioni di petrolio e le maggiori riserve al mondo di gas che gli permettono di influenzare le decisioni economiche degli altri paesi (questo esempio deve però far capire anche l’indebolimento che ha subito l’Unione Sovietica con la sua divisione in un mosaico di stati regionali e che ha portato a una forte diminuzione dell’ influenza esercitata nel passato sugli stati limitrofi dell’Asia).

Potenze a livello regionale Paesi che per i loro fattori geopolitici esercitano un’influenza molto importante solo nei confronti di alcuni paesi un esempio è quello dell’India la quale gode di un certo tipo di posizione strategica rispetto all’Asia Centrale, zona vulnerabile ed estremamente popolosa. Rientrano in questa categoria anche paesi come il Brasile, paese più esteso e popoloso dell’America Latina con maggiori dotazioni, forza economica e spese militari capace di esercitare un’influenza geopolitica sull’America Latina scontrandosi comunque con gli Stati Uniti su quell’area. Quindi il Mondo lo possiamo vedere anche come aggregazioni regionali caratterizzate da interessi, prospettive economiche e politiche comuni.

Periferie strategiche si tratta di stati che hanno un qualche peso o perché dotati di risorse naturali o perché localizzati in posizione strategiche esempi sono l’Australia che gode di consistenti riserve di risorse pregiate. Altri esempi sono Arabia Saudita, Iraq.

Terre “incognite” Paesi più deboli rispetto ad altri, dominati dal punto di vista economico con grandi problemi di indebitamento e posizione geopolitica di scarso peso es. l’Est Europa viene considerata una periferia rispetto all’Europa, vengono cioè considerate come localizzazioni di secondo ordine. Molti dei Paesi africani, asiatici, e del Sud America sono considerati periferie del Mondo, ad essi si uniscono tutte quelle parti del mondo caratterizzate da alcuni sconvolgimenti come guerre civili (Cecenia, alcuni paesi dell’Africa tra l’Egitto e il Sudan) o caratterizzate dal problema delle favelas.

Gli interessi politico-militari ed economici delle grandi potenze non si limitano solo alla terra ferma, ma si estendono verso nuove frontiere, come gli oceani e gli spazi extra-atmosferici. Ciò è dovuto al fatto che il fattore terra è un fattore economico esauribile, che quindi spinge gli Stati ad utilizzare territori che prima non si sarebbero utilizzati dato l’alto costo d’investimento. Se ad es. il petrolio prima veniva comodamente dal Medio Oriente adesso negli anni ’80 e ‘90 si è incominciati a estrarre petrolio nelle piattaforme del nord dell’Inghilterra o nelle piattaforme a nord della Norvegia, ma costruire una piattaforma off-shore nel mare per l’estrazione del petrolio comporta un maggiore dispendio di energia e un maggiore livello di competenza tecniche e tecnologiche. Zone che prima erano marginali lo diventano di meno, si pensa di

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ricavare energia dal mare, quindi possiamo parlare di nuove frontiere dove, se le cose non sono ben regolamentate, si possono generare dei forti conflitti (l’Antartide). Qualcosa di analogo si sta verificando per lo Spazio: ad esempio è stato introdotto l’uso della tecnologia satellitare per intercettare le comunicazioni di internet o telefoniche (abbiamo un numero enorme di satelliti nello spazio: l’Europa, il Giappone, gli USA).

2.3 Global Change e sviluppo sostenibileL’ultima dimensione della globalizzazione è quella Ambientale. La globalizzazione infatti non tiene conto dell’ambiente e delle conseguenze irreversibili che su di esso sta producendo. Quindi c’è quello che viene chiamato Global Change, cioè si calcola che il 70% dei servizi naturali (ciclo del suolo, dell’aria, dell’acqua) sia degradato o oggetto di uno sfruttamento non sostenibile. Attualmente si produce una quantità enorme di rifiuti che non è possibile riciclare, che non è più assorbibile dalla natura. Ci sono degli indicatori per capire lo stato dell’ambiente, per esempio quello dell’Impronta Ecologica . Si tratta in pratica di calcolare l’area del “fattore terra”, cioè di terra produttiva e di mare necessaria ad una persona per produrre tutte le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti che produce. L’Italia ha un’impronta ecologica che è più grande della superficie del proprio Paese, cioè sfrutta risorse che vanno al di là della scala nazionale. Infatti, l’Italia ha un’ Impronta del 3,8 contro una disponibilità di terra produttiva, ovvero la sua superficie grosso modo di 1,06. L’Italia dunque si proietta al di là della sua superficie nazionale.

2. GEOGRAFIA DEL CAMBIAMENTO GLOBALE

ATTIVITA’ ANTROPICHE E CICLI NATURALI

L’ambiente geografico non deve essere visto solo come “ciò che ci circonda”, o come avente un ruolo passivo nei confronti degli esseri viventi (cioè mero fornitore di ricchezze naturali e contenitore di rifiuti), ma deve essere visto come un sistema dal quale l’uomo riceve una serie di servizi naturali che hanno un ruolo determinante per la sua sopravvivenza.Il nostro pianeta è costituito da diverse parti legate tra loro da flussi di materia ed energia ,esso è mantenuto in equilibrio da una serie di cicli (trasformazioni a catena) coordinati tra loro che ne assicurano il funzionamento in generale. Tali cicli sono:

Ciclo dell’azoto: ne siamo legati per il suolo in quanto su di esso produciamo il cibo che mangiamo . Con la crisi di tale ciclo cede la fissazione del terreno, ovvero, vengono meno i principali principi chimici che favoriscono la fertilità del terreno. Una delle cause potrebbe essere collegata all’utilizzo di fertilizzanti. Una recente ricerca accusa gli OGM, in quanto si ritiene che essi incidano sulla fertilità del suolo e sulla sopravvivenza degli insetti necessari alla fotosintesi clorofilliana.

Ciclo dell’aria: ne siamo legati per la produzione dell’aria necessaria per respirare.

Sole: indispensabile per la fotosintesi clorofilliana (cioè la trasformazione di sostanze inorganiche in sostante organiche) grazie alla quale possono nutrirsi tutti gli animali eterotrofi, tra i quali l’uomo.

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Ciclo dell’acqua: evaporazione, precipitazioni atmosferiche, circolazione superficiale e sotterranea, accumulo negli oceani e di nuovo evaporazione.

Se tali cicli sono perfettamente chiusi si ricreano le condizioni necessarie per ottenere un insediamento ottimale, se invece dovessero spezzarsi si crea un circolo vizioso che porta disordine ed effetti negativi con ripercussioni in tutto il pianeta.Tali effetti possono manifestarsi sottoforma di:1)piogge acide, cambia la quantità e qualità della precipitazione (si pensi al caso della Germania del centro e del nord dove il forte incremento delle piogge acide ha distrutto le foreste);2)aumento di emissioni di anidride carbonica;3)inquinamento delle acque (si pensi alle industrie che scaricano i propri rifiuti nei fiumi, essi ne cambiano il colore, uccidono gli animali e la vegetazione marina, ne riducono il livello e cambiano le abitudini economiche e di svago dell’uomo, il quale solo in passato aveva la certezza di pescare pesci sani da mangiare o vendere);4)Sole malato, ovvero l’interferenza tra anidride carbonica e ozonosfera determina una riduzione dello strato di quest’ultima favorendo la penetrazione dei raggi dannosi (gli studi hanno dimostrato che vi è connessione tra il sole malato e il cancro alla pelle). Sicuramente un raggio solare assorbito da una foresta fissa meglio il ciclo dell’aria il quale produce ossigeno qualitativamente migliore; effetto contrario si ha nel caso di desertificazione;5)desertificazione (si pensi al Sahara che in passato era una zona di foreste popolata da animali).

L’EFFETTO SERRA E IL CAMBIAMENTO CLIMATICOL’attuale sistema economico mondiale ha con l’ecosistema terrestre intense relazioni in entrata (produzioni alimentari, materie prime, fonti energetiche, servizi naturali) e in uscita (trasformazioni della biosfera, crescita demografica, emissione di rifiuti), inoltre esso alimenta una circolazione di materia, energia e informazione che modifica negativamente l’ecosistema stesso. Il sistema economico pone in essere delle azioni che comportano un vantaggio economico di breve periodo per le persone, famiglie e imprese, ma distruttive per l’ambiente in quanto comportano dei gravi danni ambientali di lungo periodo. Negli ultimi anni si è assistito al passaggio da squilibri locali (limitati a singole regioni o località e quindi potevano essere ignorati) a squilibri globali (i cui effetti minacciano l’intero pianeta).Il problema più grave che l’umanità ha incontrato nel suo cammino storico è quello ecologico. Il quale ha assunto proporzioni sempre maggiori a partire dalla rivoluzione industriale. Tra i danni che esso ha apportato all’ambiente, sicuramente, i più gravi sono gli inquinamenti (dell’acqua e dell’aria) e effetto serra.L’effetto serra comporta l’aumento della temperatura dell’atmosfera a causa della crescita percentuale di alcuni gas, in particolare delle emissioni di anidride carbonica. Quest’ultime derivano : 1. dai cambiamenti nella produzione industriale; 2. dal nostro modo di vivere nel benessere;

3.dall’aumento dell’utilizzo a livello mondiale dei riscaldamento, dei condizionatori, delle emissioni dei veicoli, dalle emissioni degli impianti industriali (si

pensi alla netta differenza tra una città storica, caratterizzata da una locomozione e mobilità personale e tradizionale, e le città americane, caratterizzate, invece, da un alto consumo energetico ). Quest’ultime, infatti, non hanno un centro compatto ma sono caratterizzate da sobborghi , quartieri satelliti non serviti da mezzi pubblici, che hanno favorito la creazione di strade larghe e macchine molto grandi con conseguenti emissioni di anidride carbonica maggiori rispetto alle città storiche);

4.dalla diffusione di insediamenti metropolitani;5.dall’eruzione dei vulcani (si pensa che l’eruzione del Vesuvio determinerà un’irrespirabilità dell’aria, un

aumento delle precipitazioni, che mescolandosi con i lapilli uccideranno ad un raggio più ampio).

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L’IPCC (International Panel on Climate Change) nel 1988 ha evidenziato la stretta relazione :1) tra attività umana e concentrazione di gas serra; 2) tra concentrazione dei gas serra e aumento della temperatura. Oggi le emissioni hanno assunto livelli preoccupanti, infatti, è stato stimato che da qui al 2030 la temperatura mondiale aumenterà di 4 °C con conseguenti effetti catastrofici se tale trend non verrà invertito.Le conseguenze più gravi del global warming (aumento della temperatura globale) sono:

crisi economiche; instabilità geopolitica (cioè conflitti); aumento di precipitazioni (inondazioni frane) copertura di popolose città costiere; desertificazione (perdita di fertilità e trasformazione in deserti di vasti terreni); shock (nei contesti governativi, familiari, lavorativi; cambieranno i rapporti tra gli stati e

l’accesso alle risorse; si stima che se l’India e la Cina continueranno a chiedere l’attuale quantitativo di energia e carbone fossile (cioè petrolio e gas) non basterà una terra ma ce ne vorranno due);

scioglimento dei ghiacci polari che determina l’aumento del livello dell’acqua, l’estinzione di intere specie di animali, l’interruzione di catene alimentari, l’aumento dei costi della collettività, l’aumento dei fondi per il salvataggio; interferisce con gli insediamenti costieri e determina disastri ambientali in sede locale (si pensi al caso di aumento delle precipitazioni, delle frane, alla perdita di vite umane, dei costi da parte della protezione ambientale per ripristinare tale situazione);

tsunami e tifoni che porteranno morte, allagamenti, devastazioni come nel caso dei paesi dell’America Latina. Il Messico sulla costa occidentale ha realizzato delle strutture di preallarme e di rifugio;

evaporazione dell’acqua; aumento di fondi necessari per ripristinare i luoghi; aumento di insicurezza; aumento di tensioni; aumento di costi privati (ad esempio a causa di temporali ed inondazioni anomale i

contadini potrebbero perdere il raccolto o essere costretti a riconvertire la produzione).In conclusione, se un tempo le preoccupazioni per l’ambiente e gli interventi a difesa si situavano soprattutto a livello locale, oggi si ritiene che per dare una risposta adeguata al mutamento ambientale, i cambiamenti nel modo di produrre e di consumare devono investire l’intero pianeta e l’intera società umana.

COMMENTO SCHEDE

Pag. 105: Geosistemi che sono alla base dell’aumento di anidride carbonica e all’aumento della

temperatura:1. criosfera (ghiacci);2. terreno;3. oceani;4. atmosfera;5. vulcani; Geosistemi regolatori del clima ambientale:1. calotte polari.

Pagella delle emissioniSembrerà assurdo ma gli stati invece di risolvere il problema, attraverso una riduzione delle emissioni, hanno creato un mercato finanziario virtuale delle emissioni di anidride carbonica. Tale problema ha creato le condizioni per la creazione di profitto.

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E’ stata creata una vera e propria governance dell’emissione di anidride carbonica, in quanto ai paesi che ne emettono enormi quantitativi si dà la possibilità di pagare un fondo verde, ovvero di pagare i paesi che sviluppano bassi quantitativi di emissioni affinchè si accollino il loro surplus.Il Global change ha determinato la finanziarizzazione della questione energetica, un aumento della domanda di energia, un aumento delle emissioni e un aumento della domanda dei titoli verdi.I paesi che emettono maggiori quantitativi sono:

USA e CINA (elevata produzione industriale); Abbiamo dei picchi nell’EUROPA CENTRALE; RUSSIA (anche se la tecnologia è obsoleta); INDIA (negli anni 80’ tali paesi non rientravano tra tali paesi); GIAPPONE; GERMANIA; CANADA; GRAN BRETAGNA; COREA DEL SUD; ITALIA.

Per risolvere tale problema si dovrà evitare che altri stati entrino, chiedere agli stati di impegnarsi nella riduzione delle emissioni (anche se sarà difficile, basti pensare che i PVS non sono disposti a ridurre le proprie emissioni perché per loro è necessario ai fini dello sviluppo economico e del progresso), cercare di introdurre delle strutture di conversione ed alternative. Il tempo che faràAbbiamo delle regioni ambientali (sono omogenee per la tipologia del suolo e della vegetazione).

Regioni biogeografiche:1. Atlantico: parte dell’Europa; si estende dalla GB al Portogallo, dallo stretto di Gibilterra alle

coste delle Americhe;2. Sistema Boreale: Scandinavia;3. Tundra: Asia centrale, Siberia;4. Sistema Centrale: tropici (corre intorno a tutto il globo);5. Montagna;6. Mediterraneo: caratterizzato da elevata densità umana, qui è presente il fenomeno

dell’emigrazione;7. Steppa.

3. AGRICOLTURA E SPAZI AGRICOLI COME FATTORI DI INTERCONNESSIONE MONDIALE

Prendiamo subito in considerazione quelle che sono le dinamiche del settore primario, quali sono le forme principali di agricoltura e quali sono le sue caratteristiche in un’ottica geoeconomica; ovvero cercando di capire il rapporto tra attività umane e luogo d’origine. Le attività umane vengono studiate in termini di impatti sull’organizzazione del territorio ed in particolare come l’organizzazione dei territori e i fattori di milieu influenzano le possibilità di sviluppo di una regione. Gli spazi rurali dovrebbero essere di per sé quelle uniche strutture territoriali che più dipendono dalle relazioni verticali, ovvero quel complesso rapporto uomo ambiente che si viene ad instaurare perché il sistema agricolo contribuisce allo sviluppo di un sistema di valori e viceversa. Oggi l’agricoltura continua ad essere vista come un settore tradizionale dell’economia anche se in realtà è fortemente influenzata dallo sviluppo delle nuove tecnologie, che ne hanno rivoluzionato il modo di produrre. L’agricoltura è, dunque, un settore estremamente globalizzato, anzi per alcune produzioni c’è molta più globalizzazione nell'agricoltura che nell’industria. Basta, infatti, pensare allo sviluppo che negli ultimi anni hanno avuto gli OGM oppure i pesticidi o anche i nuovi metodi di coltivazione artificiali, come ad esempio le serre.

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GRANDI SISTEMI DI PRODUZIONE AGRICOLA

I sistemi di produzione agricola sono stati alla base di molte civiltà. Tratteremo le forme principali di agricoltura, le strutture territoriali agricole e il loro funzionamento e soprattutto come i territori siano oggetto di “ibridazione” di attività e cioè come in una stessa regione possano convivere diverse culture territoriali agricole.Le numerose forme di produzione agricola presenti nel mondo contemporaneo possono essere classificate, in modo sintetico, nelle due tipologie dell’agricoltura contadina o tradizionale e di quella prettamente capitalistica.L’ agricoltura contadina o tradizionale è diffusa soprattutto nei paesi sottosviluppati, è spesso un’ agricoltura attiva, nel senso che occupa una quota consistente di popolazione pur fornendo livelli di produzione modesti. Non rappresenta, dunque, un settore residuale dell’economia. Gli agricoltori sono di solito piccoli proprietari con limitate possibilità di acquistare attrezzature e fertilizzanti, perciò questa agricoltura è in buona misura rivolta all’autoconsumo familiare. L’agricoltura tradizionale è quella che noi troviamo in gran parte dell’Asia e dell’ Africa ed in parte delle regioni dell’America Latina e dell’ Europa mediterranea. L’agricoltura non è pertanto un attività residuale ed è spesso accompagnata da precise caratteristiche di milieu. Essa in generale è strettamente intrecciata con i sistemi culturali locali laddove praticarla rappresenta una dimensione della socialità intrecciata con i sistemi di valori della comunità e del villaggio. Tale forma di agricoltura è inoltre policolturale, in quanto prevede la coltivazione di diverse specie vegetali in una stessa area e in una stessa azienda agricola e dipende significativamente dalle condizioni naturali. La policoltura è un fattore di protezione geoeconomica: infatti, la vulnerabilità del territorio in senso economico-sociale è legata alla incapacità o impossibilità del territorio stesso di avere diverse specializzazioni dovuta ad esempio a relazioni sovralocali destrutturanti. I sistemi agricoli sono perciò saggiamente orientati a diverse specializzazioni sia per assicurare la propria sopravvivenza con molteplici prodotti, sia perché essendo autogestiti, c’è la possibilità più elevata che la popolazione al loro interno si dedichi a diverse attività. Essendo, inoltre, un tipo di agricoltura fortemente collegato con la natura, questa genera minori impatti sull’ambiente. Infatti, la policoltura permette all’ambiente di non essere passivo e di generare i servizi necessari alla sopravvivenza dell’uomo. È dunque un tipo di agricoltura che permette il sostenimento dell’ambiente.Differentemente l’agricoltura capitalistica dipende strettamente dal mercato e assume forme produttive che consentono la realizzazione del profitto. È un’agricoltura che basa, dunque, le sue scelte su cosa e su quanto produrre in base all’effettiva domanda del mercato. Assistiamo ad una modifica degli attori sociali: mentre con l’agricoltura tradizionale avevamo famiglie legate all’attività agricola, con quella capitalistica l’attore principale diventa l’impresa agroindustriale, che rappresenta la forma più elevata di razionalizzazione capitalistica a livello mondiale. Se pensiamo alle maggiori holding del nostro ambiente, esse sono legate per lo più alla produzione alimentare.L’impresa agroindustriale ha bisogno di generare profitto e per fare questo attua una strategia di stretta integrazione tra agricoltura e industria alimentare (produzione agricola, lavorazione e distribuzione nei grandi mercati) e di dominio crescente dell’industria sull’agricoltura, dal momento che la maggior parte del valore aggiuntivo contenuto nel prodotto finale non proviene dall’attività agricola in senso stretto bensì dalle attività industriali. Conseguentemente assume una grande rilevanza il settore dei servizi per il valore aggiunto attribuito al bene finale.Uno degli esempi più significativi di completa integrazione del ciclo agroindustriale è fornito dall’Unilever, il maggior produttore mondiale di oleaginosi. È un colosso industriale localizzato in 64 paesi del mondo; questo gruppo rappresenta un vero e proprio colosso mondiale che, accanto al settore agricolo, produce sotto licenza automobili e materiali da costruzione, possiede linee di trasporto marittimo e proprie agenzie di marketing. Nei centri strategici europei di Londra, Parigi e Bruxelles essa organizza la direzione delle piantagioni africane.L’agricoltura capitalistica modifica la struttura dei territori spingendo alla monocoltura ovvero alla destinazione di grandi estensioni di terreno agricolo di un singolo stato o di una singola regione a un unico prodotto, prevalentemente indirizzato all'esportazione (ad es. il caffè in Bolivia). Questo sistema, grazie all’impiego di tecniche specifiche e alla specializzazione del lavoro, consente una maggiore efficienza e minori costi di produzione. Diffusa soprattutto nei paesi del Terzo Mondo e nelle aree di coltura estensiva a

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Page 21: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

opera delle grandi imprese del settore, questa stessa specializzazione comporta tuttavia un più rapido esaurimento della fertilità dei terreni, problemi di accesso alle risorse e alla terra e di indebitamento a causa dell’eccessivo controllo sul territorio e sulle produzioni. La sua forte specializzazione è causa di sottosviluppo e di dipendenza delle economie di questi Paesi nei confronti dei mercati internazionali e delle decisioni dei colossi agroindustriali che, detenendo gran parte della produzione, decidono l’andamento dell’economia locale; inoltre rende la realtà locale più sensibile ai rischi legati alla variazione della domanda nei mercati ed alle condizioni climatiche. Inoltre, può essere un’agricoltura ad alta intensità di capitale, in quanto può decidere di impiegare nella produzione soprattutto macchinari altamente specifici, a scapito della manodopera locale. È, dunque, un’agricoltura non sostenibile, che genera un rapido esaurimento della fertilità dei suoli e sottosviluppo delle realtà locali. Quindi monocoltura/agricoltura capitalistica significa grande controllo dall’estero e grande vulnerabilità dei paesi che hanno questa struttura territoriale.Nel passato non era così: infatti, prima degli anni ’50 l’agricoltura era caratterizzata da una struttura tradizionale contadina ma poi con l’avvento dei regimi coloniali fu attuata una precisa organizzazione del territorio allo scopo di prelevare con la maggiore economicità possibile prodotti di pregio nei mercati europei dai possedimenti coloniali. Tale precisa organizzazione sul territorio era fondata sulla localizzazione per lo più vicino alle vie d’acqua e ai porti in modo da poter facilmente trasportare in Europa i prodotti prelevati. Conseguentemente si è avuta la costituzione delle città-porto che hanno una precisa geografia urbana strategica per obiettivi geoeconomici. La linea di costa le divide in due zone: il porto vero e proprio per l’attracco al carico e allo scarico delle merci e la città coloniale che è un insediamento fatto per le autorità politiche ed economiche che devono valutare i prodotti che servono nei mercati occidentali. La città coloniale ha una struttura molto semplice: ha una piazza all’interno attorno alla quale sorgono gli edifici principali.Londra è stata capitale di un impero coloniale. Al suo porto arrivavano dall’Oriente e poi ripartivano tutte le merci pregiate che venivano poi trasportate in altri paesi. Con l’intensificarsi degli scambi Londra ha sfruttato il vantaggio di poter fissare i prezzi dei prodotti in ambito mercantile, vantaggio che l’ha portata a diventare un centro finanziario globale grazie a tale posizione rivestita nei traffici commerciali.Proprio tali regimi coloniali hanno insistito sulla monocoltura. Oggi con il passaggio da un regime coloniale a organizzazioni del profitto con grosse multinazionali, riscontriamo che 43 PVS (Paesi in via di sviluppo) basano più del 20 % del valore delle proprie esportazioni su un singolo prodotto agricolo (vulnerabilità) (esempi: Africa sub sahariana, Caraibi, America Latina).La rigidità strutturale dei sistemi agrari di molti paesi, la dominanza delle economie sviluppate sui mercati mondiali, la crescente intensità degli scambi, sono i fattori che disegnano l’immagine del sistema agricolo mondiale e delle sue modificazioni strutturali. Le strutture agrarie del mondo contemporaneo possono pertanto essere distinte in cinque tipologie: agricoltura di sussistenza, agricoltura commerciale contadina, speculativa di piantagione, capitalistica dei grandi spazi e socializzata. L’ agricoltura di sussistenza è mirata al soddisfacimento dei bisogni primari del contadino e della sua famiglia; comprende i sistemi agricoli “naturali” ad elevata intensità di lavoro manuale che non prevedono scambi di prodotti. Il fenomeno della miseria rurale è molto diffuso, infatti spesso tale forma di agricoltura è associata a forme di sottoalimentazione. La si ritrova attualmente presso remote comunità dell’ Amazzonia, dell’ Africa Interna e della Nuova Guinea. Non sono esclusi limitati scambi con le realtà vicine, anche se l’attività agricola resta orientata prevalentemente al consumo diretto. Inoltre, nelle forme di agricoltura di sussistenza predomina il lavoro manuale, dove l’utilizzo di strumenti tradizionali è associato di regola alla sottoutilizzazione del potenziale agricolo. Sebbene caratterizzati da modalità tradizionali di conduzione dei terreni, con l’avvento del colonialismo prima e successivamente quello della grande impresa agro-industriale, questi sistemi colturali antichi sono stati distorti profondamente essendo stato modificato il regime della proprietà fondiaria, introdotta l’economia monetaria e respinta l’agricoltura tradizionale verso terreni marginali.Si possono individuare almeno tre tipologie di sistemi agricoli di sussistenza: ad alta intensità di lavoro, tipica di alcune zone del mondo dove le colture predominano nettamente sull’allevamento ed il territorio è tuttavia esiguo se rapportato alla elevata densità del popolamento. Si tratta di alcune zone dell’ Iraq, India Continentale, Pakistan, zona Tigri-Eufrate, Cina Meridionale. Il rapporto

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stretto fra coltivatore e terra si esprime in intenso popolamento delle aree rurali e di regola una fitta rete di villaggi raggruppa la popolazione contadina. itinerante del ladang, tipica forma di agricoltura tropicale umida, ovvero agricoltura rudimentale, che non esclude l’allevamento ed è localizzata nelle aree del Borneo, Indocina, America Centrale (dove non è ancora giunta la piantagione), Regioni Andine. E’ caratterizzata dall’uso dell’ascia piuttosto che zappa per disboscare la jungla tropicale che poi ricrescerà rapidamente.A volte, forme di agricoltura sedentaria si incuneano nelle regioni del ladang. Il fenomeno è tuttavia limitato ad alcune aree dell’Africa nera (nel Togo, fra alcuni gruppi etnici del Senegal, della Nigeria e del Ruanda) le quali possono essere considerate come forme di transizione dall’agricoltura itinerante a quella sedentaria. Sebbene definita come itinerante, questa agricoltura non esclude inoltre l’insediamento stabile. La popolazione vive infatti concentrata in villaggi di discreta dimensione e adibisce di volta in volta i terreni circostanti a coltivazione attuando una precisa organizzazione del territorio. l’agricoltura delle oasi, parzialmente ristretta e poco significativa è anch’essa irrigua, dal momento che tende a sfruttare al massimo le zone umide all’interno di regioni dall’aridità molto forte. Essa comprende sia le grandi pianure irrigue del basso corso dell’Indo nel deserto pakistano, l’Asia Centrale (Turk- Kazahk- Uzbek) e le valli del Nilo, sia le piccole e disperse oasi del deserto del Sahara dell’Arabia e del Medio Oriente. La forma agricola commerciale contadina è caratterizzata da reti di rapporti con infrastrutture e mercati urbani. Si è generata in Europa con la rivoluzione industriale ed ha progressivamente sostituito le forme di produzione agricola tradizionali. Oggi interamente commerciale, in gran parte specializzata e legata alla meccanizzazione e all'adozione di nuove tecniche colturali, questa forma di agricoltura si è dotata di strutture che rispondono all'inseparabilità tra economia agricola e urbana. Oltre alla forma di conduzione, in gran parte familiare e diretta, ciò che differenzia l'economia contadina da quella speculativa dei grandi spazi e di piantagione, è il particolare rapporto tra produzione e consumo. I suoi prodotti, infatti, sono destinati prevalentemente a mercati urbani, regionali o nazionali relativamente vicini al luogo di produzione, pur non escludendosi la presenza di un mercato di dimensione virtualmente planetaria (basti ricordare il vino e la frutta di alcune regioni europee come la Champagne, il Chianti e la Linguadoca). Siamo davanti ad un altro tipo di contesto: dove il valore del terreno è estremamente elevato soprattutto in prossimità dei centri urbani e nelle regioni a coltura altamente specializzata che impongono la costante ricerca di un elevata produttività e dove l’agricoltura è concorrenziale con altre attività, prima tra tutte l'industria, sia per quanto riguarda il costo del lavoro sia l'occupazione del suolo. Conseguentemente l'attività agricola ha teso verso una crescente specializzazione (concentrazione produttiva, organizzazione razionale delle colture, adeguato sistema di trasporti) tale da permettere rese produttive elevate e rispondere alla domanda di mercato.L’agricoltura speculativa di piantagione è altamente specializzata nella coltivazione di prodotti tipici ad esempio delle regioni a clima tropicale umido: privilegia l'America centrale e insulare, alcuni Paesi andini, il Sud-Est del Brasile, la vasta regione del Golfo di Guinea, l'Asia sud-orientale (Malaysia e Indonesia). Trattandosi di un'agricoltura votata interamente all'export, predilige la localizzazione lungo le coste e le vie navigabili interne, ribadendo in tal modo il modello di sfruttamento coloniale del passato. L'obiettivo economico di fondo è quello di rifornire di prodotti tropicali (caffè, tè, cacao, zucchero da canna,frutta, cotone, ecc.) i mercati dei paesi industrializzati. È, dunque, un’agricoltura che produce un limitato numero di prodotti per i quali si possono individuare alcune grandi regioni altamente specializzate. Se l'agricoltura di piantagione si era sviluppata già in epoca coloniale, gli anni successivi al secondo conflitto mondiale hanno alterato profondamente l'organizzazione dello sfruttamento agricolo della regione intertropicale, coinvolgendo l'economia dei paesi produttori. Nelle campagne del Terzo Mondo, iniziò una intensa attività di investimento con la costruzione di porti, vie di comunicazione, opere irrigue. Tale vistoso processo di trasformazione, noto come “rivoluzione verde”, mirava a intensificare l'utilizzo della terra mediante la meccanizzazione e l'utilizzo di pesticidi. Inoltre tale rivoluzione comportò l'accorpamento dei piccoli appezzamenti in grandi colture specializzate e l'introduzione su vasta scala di nuove tecniche e strumenti produttivi la cui fornitura poteva essere assicurata soprattutto dalle grandi imprese del settore, spesso multinazionali, che penetrarono così nei paesi sottosviluppati costituendo il primo anello del ciclo agroindustriale. Intanto, solo una parte ristretta della popolazione poté beneficiare dei cambiamenti in atto; questo portò ad un’ulteriore spaccatura fra la grande proprietà e le masse di popolazione indigena a cui la

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rivoluzione verde era rivolta. L'eliminazione della vecchia proprietà individuale, unitamente alla massiccia introduzione di tecnologia, favorì la diffusione della disoccupazione rurale. Essa inaugurò, inoltre, diffuse correnti migratorie. A ciò si accompagna il fatto che l'agricoltura speculativa, diffondendosi a spese di quella tradizionale di sussistenza, è altresì responsabile di consistenti migrazioni dalle campagne alle città e quindi dell'esplosione demografica delle aree urbane. Si possono distinguere due diverse forme di intervento, a ognuna delle quali corrisponde un grado diverso di integrazione agroindustriale. La prima forma presuppone il coinvolgimento della società contadina indigena nel sistema produttivo importato, e si afferma allorché particolari legislazioni nazionali o specifiche opportunità politiche prevengono la grande impresa capitalistica dal diventare proprietaria dei terreni; esempi di questo tipo riguardano la produzione del latte nella regione peruviana dell'Arequipa, controllata pressoché interamente dalla Carnation Gloria Milk. Altrove l'impresa di provenienza esterna “delega” la produzione a pochi grandi proprietari (o a imprese di Stato) che si sono sostituiti alla piccola proprietà individuale oppure sorti in conseguenza dell'eliminazione della piantagione. Per esempio, la United Fruit (la maggiore impresa di piantagione del mondo, oggi divisa in varie unità, ad esempio Chiquita), dopo aver posseduto per decenni vastissime piantagioni di banane in America centrale, ha ceduto per ragioni politiche parte dei terreni ad alcune grandi imprese nazionali legate contrattualmente all'impresa statunitense. La seconda forma (la più diffusa), presuppone l'appropriazione fondiaria da parte della grande impresa agroindustriale e la contemporanea disgregazione della società contadina indigena. Segue l'ingresso massiccio di capitale estero, l'introduzione di tecnologia avanzata e la massima integrazione del sistema agroindustriale. Ancora le società collegate alla vecchia United Fruit possiedono in America centrale oltre un milione di ettari di terra; essa inoltre esercita una forma di controllo pressoché totale dell'intera economia centroamericana: vi possiede strade ferrate, porti bananieri e terreni di “riserva” non coltivati. A sua volta la Paramount Communications, prima di specializzarsi nel mercato cinematografico, ha controllato con il nome di Gulf & Western oltre 1100 kmq di terreno nella Repubblica Dominicana, di cui il 44% coltivato a canna da zucchero, controllando anche una rete ferroviaria che penetrava capillarmente le piantagioni e la prima zona industriale franca dell'area nonché le aree attrezzate ad usi turistici.L’agricoltura capitalistica dei grandi spazi è un agricoltura specializzata altamente speculativa e caratterizzata dalla grande distanza che separa i luoghi di produzione dai centri di mercato e consumo dei prodotti. Si differenzia dall'agricoltura di piantagione per via della localizzazione in regioni a clima temperato scarsamente abitate, sovente comprese in territori di paesi industrializzati: le Grandi Pianure degli Usa e del Canada, la Pampa argentina, l'Australia occidentale e la Nuova Zelanda. Si distingue inoltre per il suo carattere estensivo (basso rendimento per unità di superficie), la scarsa quantità di manodopera impiegata e l'alta intensità di capitale investito. Dalla coltivazione di queste regioni agricole totali provengono enormi quantità di cereali e prodotti dell’allevamento, sui quali gli agricoltori non esercitano praticamente prelievo per i loro consumi. Le origini di questa forma di agricoltura risalgono all'arrivo dei coloni europei nei territori d'oltre oceano, per cui la messa in valore di nuovi spazi si accompagnò all’avanzamento della frontiera del popolo bianco. Inizialmente fu l’allevamento estensivo ad assorbire le energie dei coloni, poi due fenomeni fra loro collegati aprirono le strade alla coltivazione cerealicola. La rivoluzione industriale in Europa ed America settentrionale portò alla trasformazione e alla realizzazione di grandi mercati per assorbire i prodotti, mentre le nuove industrie fornivano macchinari agricoli che consentivano la diffusione di tecniche di trasporto rapide.La disponibilità quasi illimitata di spazio è un fattore essenziale per il funzionamento di questa agricoltura, in quanto consente di adeguare l'offerta al variare della domanda: se questa ultima diminuisce, la superficie coltivata viene rapidamente ridotta, per ritornare ad estendersi non appena il mercato ritorna ai livelli precedenti. Questo è reso possibile da un sistema di conduzione dei fondi basato sulla grande proprietà capitalistica e dalla mancanza di uno stretto legame fra la popolazione ed il territorio agricolo, che si ha invece nelle agricolture di sussistenza dei Paesi sottosviluppati e nei sistemi agrari tradizionali delle campagne europee. Si adatta, infine, velocemente alle nuove tecniche agricole e si trasforma di fronte ai cambiamenti della domanda.

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LEGAME AGRICOLTURA-AMBIENTE E PRESENZA DELLE GRANDI AZIENDE IN AGRICOLTURA: ILCASO MONSANTOIniziato nella metà del secolo scorso, il processo di ammodernamento agricolo, (noto come rivoluzione verde), basato sul trasferimento nell’agricoltura dei paesi in via di sviluppo del modello dei paesi sviluppati, ha determinato significativi aumenti in molte aree del pianeta, in particolare in Asia e nell’America centrale e meridionale.L’agricoltura si trova dinanzi a nuove sfide offerte dalle biotecnologie il cui impatto è tanto significativo da far parlare di una gene revolution contrapposta alla << vecchia >> green revolution. Lo scopo della <<nuova >> rivoluzione è quello di ottenere nuove piante chiamate transgeniche, ossia con il loro patrimonio genetico modificato, capaci di offrire vantaggi come una maggiore resistenza climatica o allo stesso attacco di insetti, o addirittura aumentare la resa produttiva o nutrizionale.La biotecnologia è preannunciata dal progetto Genoma attuato nel 1988 e rivolto alla mappatura del DNA umano e poi ampliato dalla società “Celera Genomics” allo studio del funzionamento dell’intero corredo genetico sia vegetale che animale.Brevetto terminator: la Monsanto, specialista in erbicidi e defolianti, attraverso la manipolazione dei codici genetici delle piante produce semi più forti e meno bisognosi di acqua per far fronte al problema della desertificazione e della siccità; inoltre produce diserbanti necessari per uccidere piante dannose. Gli aspetti negativi di quest’ultimo operato possono essere riscontrati nel fatto che gli erbicidi non solo annientano le erbe infestanti,ma uccidono anche altre piante non contaminanti ed inoltre animali utili per il ciclo produttivo del mondo vegetale attuato attraverso la fotosintesi clorofilliana ( es.annientamento delle api importanti per l’impollinazione).I semi della Monsanto sono venduti a livello planetario ma soprattutto nei paesi del terzo mondo (ovvero nei paesi in cui è realizzata il 15-20% della produzione alimentare mondiale).I semi della Monsanto hanno spezzato una relazione orizzontale tra uomo e ambiente in quanto nel passato le piante producevano dei semi produttivi che potevano essere utilizzati nelle culture degli anni successivi, invece con i semi della Monsanto le piante producono semi sterili costringendo i contadini ad acquistare ogni anno i semi.La Banca Mondiale, convinta che per aumentare la produttività bisogna applicare la biotecnologia, ha creato l’IMPACT PROJECT (Thailandia), ovvero un progetto che prevede la concessione di un microcredito per dare la possibilità ai contadini di acquistare i prodotti della Monsanto. Questo, però, costringe i contadini a comprare i semi ogni anno; questo è pressoché impossibile in quanto il sistema agricolo portante è di tipo tradizionale. Inoltre, i prodotti Monsanto oltre a produrre sterilità dei semi causano la morte di centinaia di essere viventi: ricordiamo l’esempio degli uccelli e degli insetti che muoiono dopo avere assaggiato i prodotti.

Dati Monsanto: Fatturato: 2001: 5,2 miliardi di dollari; Dipendenti: oltre 15.000 con stabilimenti in tutto il mondo; Ettari adibiti a OGM : a. 1996: 1,7 milioni;b. 2000: 44 milioni: Maggiori produttori: USA, Argentina, Giappone, Cina, Canada, Australia, Sud-Africa

(l’Europa non rientra in questi paesi); Problemi: Aumento delle allergie; Altri problemi alla salute dell’uomo; Infertilità dei suoli; Sottosviluppo; In India ci furono dei suicidi di massa dei contadini, in quanto quest’ultimi non riuscirono a

far capire allo Stato che i semi della Monsanto erano sterili, che provocavano la morte dei microbi necessari alla fertilità del suolo.Il caso della Monsanto ci fa capire che la globalizzazione propone sfide nuove, pone in contatto i contadini poveri con le tecnologie dei paesi sviluppati, produce effetti positivi illusori e risvolti negativi, non solo

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problemi di insterilimento del terreno e stress ambientale, ma anche di morte di specie viventi, oltre ad accrescere il sottosviluppo e l’indebitamento. Un discorso a parte merita la differenza di approccio della ricerca pubblica rispetto a quella privata; con conseguenze anche molto diverse nella possibilità di benefici per la collettività, invece che per la singola impresa.Le risorse genetiche regolamentate da brevetti diventano oggetto di proprietà privata. Quando i semi sono brevettati, i coltivatori che esercitano la loro libertà e il loro diritto di conservare e di scambiarsi i semi, sono trattati come “ ladri di proprietà intellettuale”. L’ingegneria genetica non solo crea un bio imperialismo, dato dalla vendita di alcuni brevetti,ma causa inquinamento nella conoscenza, indebolendo la scienza indipendente , e promuovendo la pseudo scienza.

4. GEOGRAFIA MINERARIA ED ENERGETICA

Passiamo in rassegna la geografia delle attività economiche del settore primario dell’ agricoltura, portatore di dinamiche della globalizzazione ma anche causa di povertà ed instabilità politica.Le materie prime minerarie ed energetiche sono alla base di gran parte delle attività produttive. Il loro possesso è considerato un fattore strategico per la potenza economica di un paese. Infatti se un paese ha un alto livello di riserve esso è geopoliticamente più forte perché anche in tempi di conflitto può far fronte al bisogno umano primario che è quello dell’energia. L’ammontare delle riserve, che è la quantità accumulata, o presunta accumulata, di una determinata risorsa, è un dato che può essere solo stimato ma non calcolato in quanto è segreto ed è coperto dall’intelligence.Non è detto che i maggiori paesi produttori siano anche quelli che hanno maggiori riserve. In generale una super-potenza è anche un paese che ha un elevato livello di riserve.Il loro sfruttamento su larga scala iniziò con la rivoluzione industriale.Lo sviluppo industriale, a sua volta, fu strettamente associato alla capacità di trasporto e distribuzione energetica e alle forme di utilizzo dell'energia. Se le prime manifatture seguirono inizialmente la localizzazione delle fonti idrauliche, successivamente l'utilizzo del carbone (che permise l'impiego della macchina a vapore) rappresentò un fondamentale fattore di stimolo alla diffusione del moderno modo di produzione industriale. Una seconda rivoluzione coincise con innovazioni connesse alla possibilità di utilizzare e trasportare nuove fonti energetiche, che con le dovute capacità tecnologiche di reti di distribuzione e infrastrutture di estrazione e raffinazione divenivano più facilmente trasportabili, immagazzinabili e convertibili (petrolio, gas naturale) rispetto al carbone. Infine, si è assistito alla parziale introduzione dello sfruttamento e trasformazione in energia (atomica) di un’altra risorsa (uranio) che ha diffuso, in alcuni paesi, l'utilizzo dell'energia nucleare.Nel corso del tempo la domanda di energia è cresciuta sempre di più comportando delle conseguenze negative. Infatti, si calcola che oggi, il nostro modo di consumare e di produrre abbia comportato la degradazione del 60% dei servizi naturali (ovvero delle caratteristiche dei geosistemi) e che siano oggetto di uno sviluppo non sostenibile (basti pensare che è aumentato il numero delle popolazioni affamate, e senza acqua).L’agenzia internazionale dell’energia stima che tra il 2005-2030 la domanda globale di energia aumenterà più del 50%, di cui 9/10 continuano ad essere domanda di carbone fossile (cioè idrocarburi e carbone) che son quelli che determinano maggiori emissioni, ma si pensa addirittura che ci sia connessione tra trivellazione della terra e il verificarsi di tornado e scosse di terremoto (si pensi all’esasperata trivellazione del golfo Persico per trovare nuovo petrolio), e tra lo sfruttamento eccessivo del suolo e il verificarsi di catastrofi, questo conferma il ruolo attivo dell’ambiente nel fornire all’uomo una serie di servizi naturali indispensabili per la sua sopravvivenza. Ciò impatterà sull’effetto serra, sul riscaldamento globale e sui cicli ambientali (dell’aria acqua e terra).

SPAZI ENERGETICI

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La geografia degli spazi minerari ed energetici si basa su due ordini spaziali: quello dei luoghi di estrazione delle fonti e quello delle zone di distribuzione dell'energia prodotta.Circa il 40% dei giacimenti di materie prime è localizzato nei paesi industrializzati (Usa, Canada, Europa occidentale, Giappone, Sudafrica e Australia); il 25% si trova nel sottosuolo della Russia e della Cina e la restante quota nei paesi del Sud del mondo. All'interno di questi tre grandi insiemi regionali, la distribuzione è tuttavia assai diseguale. Nel mondo esistono profondi squilibri anche nei livelli di consumo.La geografia mineraria, in seguito al rinvenimento di nuovi depositi e alla diffusione dei centri di estrazione, si è assai modificata negli ultimi decenni. Paesi che nell'immediato dopoguerra non conoscevano la presenza di minerali sul proprio territorio, sviluppando le attività di prospezione si sono trasformati in grandi possessori di riserve (Guinea, Australia, Russia). La complessa realtà della geografia mineraria può essere sintetizzata individuando quattro grandi situazioni regionali, ognuna delle quali mostra specifiche caratteristiche e problemi.1) l'Europa occidentale e il Giappone, cioè due regioni altamente consumatrici ma scarsamente dotate di materie prime, le cui principali aree di approvvigionamento sono rispettivamente l'Africa e l'area del Pacifico;2) l'America settentrionale, che è insieme un area altamente consumatrice ed esportatrice di taluni minerali. L'America Latina è quantitativamente il maggior fornitore della porzione settentrionale del continente;3) sino ad epoca recente la Russia e l'Est europeo costituivano un'area quasi chiusa, dove i reciproci interscambi prevalevano nettamente sugli scambi con gli altri paesi. I recenti accordi di fornitura di prodotti minerari verso l'Europa occidentale e il Giappone, hanno mutato significativamente questa realtà, e attualmente le esportazioni russe sono rappresentate per il 70% da materie prime; 4) paesi sottosviluppati, visti tradizionalmente come esportatori, devono essere invece suddivisi al loro interno, dal momento che gran parte delle riserve è concentrata in un numero limitato di paesi in alcuni dei quali, il calo dei prezzi internazionali ha impedito che si riducesse la loro dipendenza nei confronti dei paesi importatori.

ENERGIA IDROELETTRICA

Questa forma di energia caratterizza i paesi e le regioni maggiormente ricchi di fonti idriche. Fra i paesi europei, solo in Austria e Svezia è prioritaria rispetto ad altre fonti. Nel complesso, la produzione di energia idroelettrica gioca un ruolo decisivo soprattutto in regioni scarsamente popolose e in alcuni paesi sottosviluppati non produttori di petrolio.Il Québec e l’Ontario canadesi sono le aree di maggior produzione mondiale (il 70% circa della produzione del Canada è di origine idroelettrica) e di più elevati flussi di esportazione (con la regione industrializzata dei Grandi Laghi, negli Usa, è andata formandosi una fitta rete di scambi di energia). I grandi fiumi della Russia asiatica (Ob, Angara, Jenisej ) sono stati, a loro volta, il cardine su cui si è basata la colonizzazione economica delle regioni a Est della catena degli Urali.Regioni ad elevata produzione e consumo idroelettrico circondano l’alto corso del Danubio, il Caucaso, i Carpazi, le Ande meridionali, le Montagne Rocciose statunitensi ed il Sud della Cordigliera australiana. Nei PVS sono stati avviati dei progetti di elettrificazioni su larga scala, dipendenti però spesso dalla variabilità delle precipitazioni (es. lungo il corso dello Zaire, sul Paranà, e lungo i corsi d’acqua delle Ande peruviane). In Cina è in corso di realizzazione una diga e una centrale idroelettrica che sfruttando i cambiamenti climatici, immagazzinano grandi quantità d'acqua.ENERGIA DA CARBONE

Tale forma di energia ha una localizzazione meno rigida rispetto a quella idroelettrica grazie alla possibilità di trasportare il materiale, (benché costosa e meno redditizia di quella del petrolio) è inoltre foriera di pesanti impatti ambientali per esempio sull’aria (pioggia acida, inquinamento dell’aria). Il carbone può costituire inoltre una fonte energetica alternativa (grazie all’enorme volume dei giacimenti accertati) di fronte al costo e alla scarsità delle risorse petrolifere e alla difficoltà di realizzare programmi nucleari. Nonostante i vantaggi dati dal costo relativamente basso del materiale, diversi fattori hanno impedito di

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Page 27: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

fare del carbone la principale fonte di energia: i tempi lunghi di attivazione dei giacimenti (minore redditività degli investimenti) e di adeguamento dei sistemi di trasporto, l'elevato inquinamento ambientale prodotto dalla sua combustione che provoca a sua volta l'alterarsi dell' equilibrio delle risorse.Per questi motivi, l’utilizzo del carbone ad uso energetico si presenta in buona parte dipendente dalla localizzazione dei giacimenti. Lo scarso volume degli scambi nel commercio internazionale, ribadisce una forma di utilizzo regionale. Nelle vecchie regioni carbonifere europee, l'alto costo di estrazione nei piccoli giacimenti di profondità e il parziale esaurimento dei depositi di superficie ne limitano la diffusione come fonte energetica sostitutiva. Negli USA (dove riscontriamo l'80% delle riserve mondiali) il carbone copre solo il 20% della produzione energetica lungo la costa atlantica. In Russia i giacimenti del Don hanno perso importanza man mano che l’asse dell’industria energetica si spostava verso Oriente a favore del Kuzbass, Karaganda e Yakutia, portando la Siberia a fornire oltre il 40% del carbone prodotto in tutte le repubbliche ex Urss. In Estremo oriente, il Giappone importa fortemente, spingendo la produzione sudcoreana e australiana. Altre regioni ad elevata produzione e consumo carbonifero sono la Cina, India, Africa australe e Nuova Zelanda.

ENERGIA DA IDROCARBURI

Con l'alterarsi dell'equilibrio delle risorse cambia anche l'economicità della produzione. Bisogna distinguere la geografia a seconda che si tratti di petrolio o di gas naturale in quanto quest' ultimo è più difficile da immagazzinare. C'è stata una forte espansione con il perfezionarsi delle tecniche di prospezione e perforazione. Petrolio e gas naturale sono spesso estratti congiuntamente da rocce porose pur subendo trasporti differenti. Nel caso del gas naturale metà rete è localizzata in USA e Canada e un quarto tra Russia ed Ucraina. Pertanto il gas è economicamente utilizzato in aree relativamente vicine ai luoghi di estrazione e in aree lontane solo quando l’entità della produzione e dei consumi consente di ammortizzare i costi di costruzione dei gasdotti. Il consumo di petrolio, facilmente trasportabile, nonostante le oscillazioni nei prezzi, non è diminuito sostanzialmente. I 2/3 delle riserve sono concentrati in Medio Oriente (NB: la Turchia riveste la delicata posizione di cerniera tra Europa ed Asia). I Paesi costieri del Mediterraneo sono aree di importazione e trasformazione del greggio mediorientale. La capacità di raffinazione dell’Italia, ad esempio, è nettamente superiore rispetto alle esigenze dei mercati nazionali, alimentando flussi di esportazione del prodotto raffinato verso le aree industrializzate dell’Europa centrale. Negli Usa, dove troviamo il 4 % delle riserve, si è avuta la progressiva riduzione del ruolo dei produttori. Anche in Russia, secondo produttore mondiale, si è avuto il progressivo esaurimento delle riserve nella parte europea ed uno spostamento verso oriente, in aree poco sfruttate (Siberia, Valle dell'Ob). In Europa occidentale l'estrazione è rilevante solo nel Mare del Nord (Uk, Norvegia) con progressiva riduzione delle risorse. Le restanti regioni del pianeta producono proporzionalmente alle proprie riserve.

ENERGIA NUCLEARE

Si tratta di una geografia in espansione per molti paesi poveri che sperano nel decollo dei sistemi industriali e nell'acquisizione di maggiore importanza nella politica mondiale.Per la sua produzione si utilizzano minerali di uranio ed torio, i cui atomi hanno la caratteristica di emettere energia in un processo naturale definito come decadimento radioattivo. Data la natura altamente rischiosa del ciclo produttivo, le varie fasi sono soggette a standard e regolamenti nazionali e internazionali relativamente rigidi. Il fenomeno è esploso durante la “paura energetica” degli anni settanta, che ha indotto molti paesi ad accelerare i programmi di installazione di centrali nucleari, utilizzando tuttavia una tecnologia che rimane saldamente nelle mani di pochi paesi. Il 23% dei reattori si trova negli Usa ma molti PVS (Armenia, Repubblica Ceca, Brasile, India e Pakistan) sono attivi. Molti paesi, sia industrializzati sia del Terzo Mondo, hanno acquisito centrali nucleari non solo per accrescere le proprie fonti energetiche, ma anche per dotarsi di strumenti e risorse nucleari in funzione della loro strategia militare. Si riscontrano elevati investimenti, costi di trasporto, tempi di attivazione delle centrali (circa 15 anni) ed interdipendenze tra produttori ed utilizzatori. Nascono evidenti problematiche ambientali, non solo con riferimento alle

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scorie e al rischio di fughe radioattive, ma anche all'espulsione dell'acqua ad elevate temperature (oltre 30° C) che produce alterazioni degli ecosistemi. Pertanto la localizzazione dei siti è problematica: essa avviene generalmente in aree poco popolose, non sismiche, e prossime a un corso d'acqua, o sul mare, per assicurare il raffreddamento.

GEOGRAFIA MINERARIA

● Fattori localizzativiLa profondità del deposito ed il tenore del contenuto di minerale, incidendo direttamente sul costo di estrazione, determinano in linea di massima la convenienza a sottoporre a sfruttamento un giacimento. Tuttavia la presenza di infrastrutture di trasporto, la vicinanza di centri urbani o la prossimità ai centri di esportazione dei minerali (i porti, in particolare) possono rappresentare delle variabili significative nella scelta dei giacimenti ( ad es. lo sfruttamento dei giacimenti della Lorena, in Francia, per quanto il contenuto ferroso non superi il 30 %, è ancora in parte conveniente per via della loro vicinanza ai maggiori centri industriali europei). Ne deriva che il valore di una determinata riserva di materiale dipende dalla misura in cui essa è economicamente sfruttabile, e non tanto dal fatto che essa sia fisicamente disponibile. Il concetto di economicità è dunque molto complesso in quanto varia nel tempo e dipende da molteplici fattori che si influenzano reciprocamente: fra questi assumono un importanza essenziale i costi di trasporto, le condizioni di mercato e i fattori politici e strategici.

● Costi di trasportoA partire dal dopoguerra c'è stata la progressiva riduzione di tali costi grazie all'aumento di capacità delle navi, alle economie di scala e alla diffusione, sia nei paesi produttori che importatori, di una nuova rete di porti minerari. La conseguenza più vistosa di tali cambiamenti è stato il generale abbandono dei giacimenti localizzati nelle vecchie regioni industriali a vantaggio di quelli, a più ricco tenore, siti in paesi sottosviluppati o comunque in altri continenti ed in particolare nel caso del ferro (secondo materiale commerciato, dopo il petrolio): Brasile, Australia, India, Canada forniscono Europa e Usa. Significativa è la tendenza da parte dei paesi industrializzati a rifornirsi di materiali estratti nei giacimenti d’oltremare, dove le grandi imprese del settore iniziarono a investire massicciamente.

● Organizzazione territorialeIn generale, è possibile sostenere che l’aumento della domanda e la riduzione relativa dei costi di trasporto hanno avuto l’effetto di allargare l’area di estrazione e accrescere la resa dei giacimenti minerari marginali e più lontani dalle aree di consumo.Nello specifico, su scala nazionale o regionale, l’impatto dell’attività mineraria può essere spiegato a partire dagli effetti che produce sull’organizzazione economico-sociale e sull’ambiente delle regioni interessate. La decisione di sottoporre a sfruttamento una riserva produce gli effetti a catena capaci di modificare le tradizionali forme di organizzazione territoriali; ad esempio con il venir meno degli elevati costi di trasporto e con il potenziamento delle infrastrutture viarie assistiamo ad una sorta di separazione funzionale tra regioni industriali e regioni minerarie.Attualmente una regione mineraria è un’area di esportazione di materiali utilizzati altrove per cui la sua organizzazione territoriale poggia su un efficiente sistema di trasporti (es. geografia portuale) e di infrastrutture specializzate per avviare i minerali estrattivi verso i paesi e le aree industriali.In certi casi dopo una crescita e un popolamento spettacolari, possono verificarsi, una volta esaurite le capacità produttive, fenomeni di declino rapido e irreversibile. Uno degli esempi più appariscenti di tale processo è quello del Klondyke, in Canada. In quella regione, il rinvenimento di giacimenti auriferi nella seconda metà dell’ Ottocento attivò una corrente migratoria spettacolare e la formazione di una città di 40000 abitanti, trasformatasi poi solo cinque anni più tardi in una “città fantasma”. L’attività mineraria produce, inoltre, specifiche trasformazioni negative del paesaggio e dell’ambiente, sotto forma di impianti e linee ferroviarie dismesse, aree disboscate e superfici ingombre di detriti. È il caso delle regioni carbonifere del Galles, della Ruhr e della Slesia. Altri fenomeni negativi sono l’inquinamento dei corsi d’acqua e dell’aria, la distruzione dell’ecosistema e gli effetti che le estrazioni di profondità possono produrre sull’assestamento del suolo, rendendolo sovente soggetto a sprofondamenti e inadatto alle costruzioni.

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● Prezzi e manovre speculativeL’organizzazione dei mercati e i prezzi relativi scontano una certa rigidità dell’offerta. Ciò dipende innanzitutto dai tempi relativamente lunghi che si interpongono tra ricerca mineraria (alcuni prodotti minerari assumono importanza strategica come il cromo, monopolizzato dal Sudafrica, dall’India e dal Kazakistan), decisione di sottoporre a sfruttamento un determinato deposito e momento in cui può realizzarsi la produzione su grande scala. Ma anche le variazioni di prezzo incidono sulla scelta di porre a sfruttamento un deposito o un altro. Un esempio significativo è quello dei giacimenti di stagno in Cornovaglia che chiusero a fronte dei minori costi di estrazione del metallo in Bolivia, in Indonesia, nella penisola di Malacca (tuttavia, con l'aumento dei prezzi negli anni settanta, ci fu una nuova temporanea riapertura).Relativamente alle materie prime energetiche, fino agli anni Settanta poche grandi imprese, in cui prevaleva il capitale anglosassone, ne dominavano la prospezione, l’estrazione e commercializzazione. Grazie agli alti profitti, le imprese che disponevano dei giacimenti migliori avevano potuto realizzare tassi di crescita elevati e l’assorbimento di numerose imprese minori; inoltre gli elevati costi per la valorizzazione dei giacimenti e i tempi relativamente lunghi per il ritorno dei capitali investiti richiedevano un’anticipazione finanziaria possibile soltanto alle imprese maggiori. Il settore petrolifero è quello che meglio illustra la formazione di un sistema di quasi-monopolio, dominato nel dopoguerra da sette grandi imprese altamente integrate verticalmente, chiamate le “Sette Sorelle” : Texaco, Exxon, Standard Oil of California (meglio nota come Chevron), Gulf, Mobil, Royal Duch-Shell e British Petroleum (rimaste in sei, dopo la fusione fra Gulf e Chevron nel 1983). Ad eccezione della Texaco, che limitava il suo intervento all’estrazione e raffinazione, il ciclo produttivo di tali imprese prevedeva sia l’estrazione che la trasformazione e distribuzione dei prodotti petroliferi. Nel passato le 7 sorelle (le famose compagnie petrolifere anglosassoni dette IOC “International Oil Company sorelle”) rappresentavano l’attore geopolitico e geoeconomico principale, esse avevano il controllo sul mercato, influenzavano i prezzi e gli investimenti, il loro dominio era così forte che addirittura Mattei, che aveva cercato dei legami diretti con i paesi produttori e cercava di rompere in parte il monopolio delle sette sorelle, morì malgrado, si dice che fu fatto saltare in aria probabilmente perché aveva interferito troppo con i loro conflitti e la loro logica. Mattei, infatti, seguiva nettamente strategie diverse, puntando a stabilire dei rapporti con i paesi produttori più paritari (addirittura ci sono stati degli investimenti dell’Eni in alcune zone dell’Africa centrale, dove c’è il petrolio, che hanno coinvolto molte persone locali, le quali venivano formate in Italia per intraprendere la carriera dirigenziale locale).Successivamente però, molte imprese di Stato entrarono in lizza per negoziare accordi di prospezione e fornitura. Cominciò pertanto ad affermarsi il principio della sovranità degli Stati sulle proprie risorse naturali e, nel campo petrolifero, prese vigore l’azione dell’Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori che raggruppa oggi 11 dei maggiori produttori mondiali di greggio (Iran, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Libia, Nigeria, Indonesia e Venezuela). L’Opec, in particolare, a partire dal 1973 riuscì ad imporre una politica di prezzi alti, grazie al contenimento programmato della produzione offerta. Pertanto tutti i paesi importatori furono costretti a ridurre i consumi e a sfruttare fonti di approvvigionamento ad alto costo, sia petrolifere (giacimenti Mare del Nord) sia di altra natura (nucleare, solare).Quindi negli ultimi quaranta anni abbiamo assistito al passaggio dal dominio delle compagnie petrolifere a quello delle compagnie nazionali. Ricordiamo negli anni ‘70 le IOC controllavano il 75% delle riserve (c’era una forma di colonialismo, ad esempio esse andavano in Iran davano una royalty all’elite locale e poi il resto del profitto lo tenevano per sè) e l’80% della produzione, mentre oggi controllano il 6% delle riserve e il 24% della produzione.Il passaggio dall’IOC alle NOC (National oil company) ha comportato:1) un’imprevedibilità dei prezzi del mercato perché legati a fattori geopolitici di controllo dell’approvvigionamento, di influenza reciproca e anche di forze contrapposte che rappresentano i maggiori acquirenti (quando il mercato era controllato dalle IOC c’era maggiore certezza sulle condizioni dei prezzi, infatti lo sviluppo industriale e la catastrofe ambientale si è verificata perché c’era un basso prezzo dell’energia. Il primo shock a questo sistema di certezze che ha cambiato l’ordine nel dopoguerra si è avuto nel 1973 quando l’Opec incise sul prezzo del petrolio, con forti conseguenze sull’inflazione e sulla stagnazione dell’economia);

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2) il problema che oggi non abbiamo potenze che controllano il mercato quindi i paesi dell’Arabia Saudita, i paesi del Golfo che controllano i propri pozzi petroliferi hanno un surplus di denaro enorme che investiranno nei titoli petroliferi e in altri titoli finanziari. La finanziarizzazione dell’economia dovuta agli ingenti flussi monetari detenuti da stati, influenza l’andamento dei prezzi e il sistema dei rapporti degli stati che opera nel settore;3) un aumento di potere delle Noc che non sono situate nei paesi occidentali;4) un minore controllo degli Usa nel sistema Nafta e nel sistema della cooperazione regionale dell’America Latina (altra zona di approvvigionamento energetico). Gli Usa hanno maggiore bisogno dei giacimenti del golfo del Messico, il Canada gli ha promesso dei giacimenti ma fino a quando non saranno sfruttati non ne hanno la certezza, hanno il problema dell’approvvigionamento in Iraq, hanno necessità di proteggere i grandi canali strategici di approvvigionamento come Suez (quando questo fu chiuso per il conflitto arabo-israeliano ci fu la grande recessione mondiale e il prezzo del petrolio aumentò tantissimo anche perché bisognava circumnavigare l’Africa per portare il petrolio);5) il dominio Orso Russo in Europa, oggi la Russia influenza molto le strategie dei paesi europei che non hanno energia perché è un grandissimo fornitore di gas e di petrolio. L’Europa cerca di fare accordi bilaterali con la Russia per ottenere da lei gli approvvigionamenti e per evitare di dipendere dai paesi del nord-africa come l’Algeria e la Libia, e da quelli del medio oriente. La Siberia è una delle zone geostrategiche del mondo. L’Italia ha fornito una vera fortuna alla Russia con l’accesso al Mediterraneo al petrolio russo e agli elettrodotti, in quanto essendo una piattaforma continentale non ha accesso al mare strategico;6) l’invasione dell’Iraq da parte degli americani e dell’occidente ha lo scopo di garantire l’approvvigionamento sicuro (attraverso il controllo di tale paese), e di controllare l’area produttrice di Kirkuk (zona curda più tranquilla) in quanto avrebbe dato la possibilità di ampliare nuovi giacimenti e controllare aree instabili. Si può affermare che l’Iran non è oggetto di medesimo trattamento (sfruttando l’attuale momento di tensione) soprattutto perché il principale compratore di petrolio in Iran è la Cina (essa nonostante sia uno dei paesi più ricchi di risorse minerarie, consuma molto petrolio ed idrocarburi, ciò è dovuto all’elevata popolazione e alla produzione industriale).

4. GEOGRAFIA INDUSTRIALE

La Geografia industriale è un mondo fatto di processi, di evoluzioni, di articolazioni di spazi.E’ un mondo fatto di soggetti che sono in grado di alterare l’organizzazione territoriale. Essa fa riferimento sia ad attività tradizionali che a settori emergenti come: biotecnologie – robotica – high tech – farmaceutica.Rispetto all’agricoltura, dove è presente un ordine spaziale legato alla continuità, a un’economia di piantagione con vaste estensioni adibite a colture, a sistemi di tipo tradizionale o socializzato, a un unico tipo di utilizzo del suolo agricolo, la geografia industriale presenta un ordine spaziale discontinuo: si possono avere attività industriali in periferia urbana, in alcuni quartieri della città, in aree più o meno remote. Queste aree possono essere scollegate ad altre aree urbanizzate che possono avere una estensione più o meno grande; queste sono normalmente interrelate a maggiore o minore distanza con altri tipi di suoli e attività. Quindi il paesaggio industriale stesso è sintomatico per capire il tipo di attività industriale e il tipo di rapporto che esiste tra impresa e territorio. Una delle conseguenze immediate, date da tale discontinuità territoriale , è l’impatto negativo sul territorio causato da attività dismesse. Possiamo fare riferimento alla periferia di Napoli (fortemente penalizzata dal punto di vista ecologico-ambientale) in quanto contornata da impianti petroliferi per lo più dismessi e da “palazzi” di container.

Un'altra informazione da tenere presente è che l’estensione dei territori industriali ha subito negli ultimi vent’ anni una trasformazione profonda, perché l’organizzazione degli spazi industriali è stato appannaggio di alcune aree europee e dell’America settentrionale fino agli anni ‘60. Dagli anni ‘60 agli anni ‘80 abbiamo avuto una diffusione di localizzazioni industriali in paesi che facevano parte della periferia. L’Italia stessa fu considerata una periferia per gli USA in quanto dopo la seconda guerra mondiale con i piani Marshall e le diplomazie internazionali iniziarono a fiorire alcuni

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stabilimenti. La portata rivoluzionaria dell’estensione delle attività industriali nel mondo, non solo per ampiezza ma anche per caratteristiche qualitative, si ebbe a partire dagli anni ‘80 in poi. Negli anni ‘90 siamo invece alla rivoluzione profonda dell’organizzazione mondiale degli spazi industriali: alcuni paesi che prima erano quasi isolati e marginali, infatti, non solo rientrano nei ventagli di questi investimenti industriali ma addirittura imparano ad organizzare la produzione affermando anche nuovi marchi a livello globale, a cominciare dai paesi che situano a sud della Cina o a Ovest della Cina (la Corea, la Malesia, Taiwan, il Vietnam, la Cambogia alcune aree dell’ India). Si tratta di una portata innovativa perché non assistiamo solamente ad un decentramento produttivo ossia l’apertura di stabilimenti meno importanti in aree meno avanzate, ma addirittura i paesi con tradizioni molto radicate diventano capaci di attivare uno sviluppo imprenditoriale diffuso e ad arrivare a competere con i grossi marchi occidentali. Siamo quindi davanti ad uno sconvolgimento dell’ordine mondiale. Pian piano dobbiamo cercare di capire quali sono le teorie che legano il rapporto tra impresa e territorio, tra impresa e impresa, o tra aree dove si localizzano diverse imprese, o tra imprese in aree distanti. Si guarda quindi l’impresa industriale come struttura territoriale. Questi rapporti che si instaurano a distanza o in maniera contigua in uno stesso territorio devono essere classificati anche a seconda del tipo di attore, ovvero sotto l’aspetto tipologico, legato dunque sia alla tipologia di impresa (grande impresa, piccola impresa, media impresa), sia al tipo di settore in cui opera (tradizionale, settore maturo, settore innovativo).Ognuna di queste dimensioni gioca in maniera diversa con il proprio territorio. Noi sappiamo che dal punto di vista basilare un rapporto tra struttura territoriale e il proprio territorio fa riferimento non solo all’ambiente ma anche ai fattori di milieu, ossia all’insieme delle risorse intangibili che connotano il territorio; quindi il milieu è inteso anche come il serbatoio dove l’impresa può attingere. I rapporti che la piccola impresa ha con il milieu saranno dunque estremamente differenti da quelli rispetto alla grande impresa. Dal punto di vista del geografo dobbiamo capire quali zone sono fruttuose per l’impresa ma anche che benefici ne trarrà il territorio (rapporto di sostenibilità). Si parla quindi di migliorare le competenze, i saperi e le professionalità, riuscire a tener in vita dei saperi tradizionali rispetto a saperi che vengono dall’esterno; una sostenibilità intesa come clima sociale tranquillo dove non ci siano rapporti di polarizzazione che possano generare conflitti.

Principi di localizzazione industriale.

Quando è nata l’attività industriale il principio ordinatore dello spazio era la distanza, legato al principio del costo di trasporto. Ad esempio quanta distanza si doveva percorrere e quanto costava trasportare la merce dal luogo dove era presente la materia prima che serviva ad attivare il processo industriale fino alle aree di mercato, o quanto incideva la distanza dai luoghi di produzione all’area di mercato. Si andava quindi a ricercare il luogo di localizzazione di tipo geometrico che andava a minimizzare il costo del trasporto. Si doveva capire se l’impresa doveva essere localizzata più vicino all’approvvigionamento della materia prima o più vicino all’area di mercato. In un primo momento il ragionamento era di tipo razionale perché le tecnologie di trasporto non erano molto evolute e anche perché nelle prime produzioni delle attività industriali vigeva un principio di organizzazione interna all’impresa, per la quale il processo di lavorazione era suddiviso in segmenti di lavorazione nei quali c’era poco spazio per la creatività e l’abilità di un lavoratore, un principio basato su una certa gerarchia dei ruoli e sulla parcellizzazione e sulla ripetitività del processo di lavorazione: organizzazione taylorista-fordista.In un tipo di organizzazione nel quale non conta tanto l’abilità personale, il know-how di una persona o il saper fare, l’attenzione che si dà al territorio è piuttosto bassa essendo, appunto, il principio ordinatore del processo produttivo quello della distanza che si percorre per il trasporto di beni o materie prime. Si ha bisogno di grosse aree disponibili per localizzare grossi stabilimenti, quindi possibilmente terreno a basso costo e una vicinanza alle infrastrutture di trasporto quali ferrovie o porti. Inizialmente quindi, la geografia industriale è legata a un'attenzione piuttosto limitata al territorio. Il territorio viene visto come un’ entità assoluta (quasi da sfruttare), non un’ entità culturale fatta di differenze di sistemi di vita, di pratiche culturali e ambientali, ma una realtà in cui non conta tanto la preparazione delle persone, i fattori di milieu, in quanto si è di fronte ad un’organizzazione industriale manifatturiera (vedi i settori del petrol-chimico, del tessile, le acciaierie, la metallurgia, ecc..) di grande scala, che insediandosi ha avuto spesso impatti ambientali pesanti e disgregato i tessuti delle precedenti attività. Ha

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Page 32: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

però richiesto grossi investimenti in nuove infrastrutture, soprattutto di trasporto e stoccaggio che costituiscono la cosiddetta ‘armatura urbana’.Questo principio si può far valere fino alla fine degli anni ‘60 quando c’era bisogno di alcuni fattori localizzativi legati alla vicinanza delle materie prime, ai sistemi di trasporto, quindi ai mercati, il quale si traduce in un tipo di organizzazione del territorio che non tiene conto dell’impatto ambientale. Ad esempio lo stabilimento dell’ILVA di Bagnoli nasce in una zona che inizialmente doveva essere destinata all’edilizia per costruzioni turistiche di pregio. La scelta del luogo della localizzazione dell’impresa invece ha sfruttato soltanto la vicinanza al porto di Napoli. Dobbiamo pensare al perché una siderurgia si costituisca a Bagnoli, mettendo a repentaglio un paesaggio bellissimo. La ragione sta nel fatto che si dovevano appunto minimizzare i costi di trasporto per un materiale pesante come sono le travi di acciaio; anche se ad esempio a Benevento l’affitto dell’area industriale costava sicuramente di meno essendo materiali pesanti si preferiva stare vicino ad una linea di trasporto (in questo caso il porto).

All’inizio degli anni ‘70 il protagonista principale delle attività di industrializzazione degli impianti è la grande impresa legata a sezioni di base (chimica, metallurgia, meccanica,ecc…). Queste imprese, che operano in grandi ambiti industriali, vanno a cambiare profondamente il paesaggio dell’organizzazione di intere regioni. La tipologia di azienda che è predominante fino agli anni ’70 e buona parte di essi, presuppone un tipo di organizzazione industriale chiamato “della grande impresa” che si basa prevalentemente sulle economie di scala1. Poiché la grande impresa o impresa motrice come la definisce Perroux, uno dei teorici dello sviluppo regionale, è capace di attivare alti investimenti sfruttando i territori, attua un processo chiamato cumulativo, ossia di espansione che comporta effetti di drenaggio e o di polarizzazione.

Che cosa succede se una di queste grosse imprese per uno di questi motivi viene insediata in un territorio vergine dal punto di vista industriale?

Si ha l’effetto del sasso lanciato nello stagno: si producono delle reazioni a catena con l’effetto cumulativo di polarizzazione, concentrazione sostanzialmente di attività, di merci e di beni di servizi insieme ad effetti di drenaggio.

1 Economie di scala: diminuzione dei costi fissi al crescere delle dimensioni dell’impianto. Richiede l’impiego di considerevoli investimenti per aumentare la produttività del lavoro e ridurre i costi per unità di prodotto

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Effetto “sasso nello stagno”

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Page 33: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

Questi effetti non rimangono circoscritti nella porzione di territorio dove è situata l’impresa motrice X ma si riproducono anche nelle aree circostanti. (es. se si vuole fare di Sesto San Giovanni una concentrazione di aree industriali si avrà una polarizzazione di attività di servizio collegate all’industria, si determinerà un bacino di manodopera e si avranno effetti di attrazione dei lavoratori). Tutto questo significa che c’è un’area che guadagna, ma ci saranno anche altre aree che ci perderanno, sia in termini di popolazione che di beni e servizi.Il processo di concentrazione e polarizzazione crea un drenaggio di manodopera che comporta e comporterà necessariamente la costruzione di nuove case, nuove scuole e servizi generando un fenomeno di concentrazione e accumulazione di risorse e di attività in un’area per soddisfare le esigenze di altre aree. Un processo del genere non porta ad un equilibrio generale e territoriale, ma ha una dialettica squilibrata: è un equilibrio di polarizzazione, che non tende ad un equilibrio di lungo periodo, a meno che non intervengano dei correttivi di politica regionale. In questo tipo di ordine territoriale, legato a fenomeni di polarizzazione e di drenaggio si attua uno schema centro-periferia dove alcune aree sono strutturalmente più deboli e hanno bisogno di interventi di politiche di riequilibrio. Il rapporto centro-periferia è stato visto a livello internazionale da alcuni teorici fino agli anni ‘70, come un’organizzazione economica mondiale basata sullo schema nord-sud o centro-periferia, dove sono presenti delle regioni che accumulano a discapito delle altre, sfruttando risorse di altre aree del mondo.Altri teorici dello sviluppo, come ad esempio Wallerstein2, mettevano in risalto come all’interno di una geografia mondiale delle attività industriali di base vi fossero non solo fattori di ordine economico ma anche di ordine politico, istituzionale e sociale che inoltre portavano a delle disuguaglianze. Altri teorici, inoltre hanno parlato di sviluppo ineguale analizzando il valore aggiunto dei flussi del commercio (ES. materie prime verso prodotti incorporanti tecnologia) e mettendo in crisi le teorie economiche dei vantaggi comparati. Questi hanno messo in evidenza come il valore aggiunto delle materie prime che si importano nei PVS sia elevato rispetto a quello delle materie prime che si esportano, quindi le relazioni di scambio sono a favore di chi importa. Se ad esempio il Ghana esporta cacao ma importa computer o automobili sarà sicuramente sfavorito rispetto al paese che esporta beni e servizi a valore aggiunto superiore richiedendo questi fattori migliori competenze, organizzazioni più sofisticate e un valore economico estremamente più alto.

Un altro esempio riguarda il fenomeno avutosi in molti paesi in via di sviluppo, dove sono spesso le élite locali ad intrattenere rapporti con le multinazionali. Facciamo l’esempio delle multinazionali che attuano l’estrazione di minerali preziosi per la produzione di diamanti. Il mercato dei diamanti è controllato da un'unica multinazionale, la De Beers, che possiede la maggior parte delle miniere. Questa condizione di sfruttamento comporta una minore democrazia all’interno del paese, allo stesso tempo sono effettuate politiche di distribuzione e concentrazione del reddito in poche famiglie all’interno di un dato paese. In realtà si mette in evidenza in questa prima metà degli anni sessanta come, passata una certa fase di nazionalizzazione delle materie prime di un paese in epoca di sviluppo, c’è stato uno strapotere dell'élite locale che ha fatto sì che si venissero a creare delle condizioni di scambio ineguali tra i paesi delle varie aree economiche. Quindi è vero che le multinazionali hanno contribuito alla globalizzazione ma è anche vero che fino ad allora l'élite ha assecondato lo sfruttamento tra nord e sud del mondo. Questo quadro si complessifica ulteriormente se aggiungiamo un fenomeno. Ci sono molte aree del mondo dove non esiste più un mercato, ossia non esiste più attività di impresa ma esiste un'economia di sopravvivenza legata agli aiuti internazionali Palestina chiusa nel sistema dei controlli, Afganistan,). In molte aree vie è inoltre una geoeconomia legata ad attività illegali coltivazione del papavero) che spesso alimenta nuovi flussi di gerarchia del narcotraffico, che spesso finanziano anche i para governi e strutture paramilitari. Uno dei motivi per cui l'Europa intervenne nella situazione balcanica non fu il genocidio in se per se, ma uno dei motivi principali fu perché i signori della guerra si erano legati molto alle attività criminali e malavitose che avevano ridisegnato la geografia dei traffici delle armi, della droga, il tutto alle porte dell'Europa; per

2 Emmanuel Wallerstain: storico americano, sostituisce l’immagine di singole società separate con l’immagine di un unico sistema-mondo, nel quale tutti devono collocarsi e affermarsi in una divisione del lavoro. Lo schema territoriale da gerarchizzato si trasforma in un sistema centro-periferia.

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Page 34: Titolo Capitolo: Times New Roman 12, grassetto  · Web viewLa ricerca geografica è infatti osservazione partecipante. Il concetto di regione geografica è diverso da quello di regione

cui non si poteva non intervenire. Si erano instaurati dei legami troppo forti fra riciclaggio di danaro sporco che destabilizzavano i paesi limitrofi.

Con il progredire della tecnologia, dal settanta in poi, e soprattutto con gli impatti dovuti allo shock petrolifero del 1973, ci fu il primo segnale del risveglio del sud del mondo che fece cambiare le regole del gioco.

I paesi dell’OPEC (associazione nazionale dei paesi produttori del medio oriente) decisero che il prezzo del barile era troppo basso rispetto al valore intrinseco del petrolio avvantaggiando soprattutto le “sette sorelle”3. Decisero quindi di aumentare notevolmente il prezzo del barile e questo generò, nei paesi occidentali, una forte inflazione che abbassò notevolmente il potere d’acquisto mettendo in crisi, inoltre, la catena produttiva dalla produzione d’energia, della distribuzione al consumo, ecc.Chi subì le maggiori conseguenze di questo shock del sistema furono proprio le grandi aziende, poiché la grande produzione, in un sistema tecnologicamente avanzato, permetteva di economizzare una serie di costi fissi ma non permetteva una sensibilità e una flessibilità nel cambiare le strategie rispetto alle richieste del mercato o attuare diversificazioni in un modello di produzione standardizzato e legato alla grande dimensione di impresa dove le imprese producevano beni omogenei e di massa per molteplici mercati. Standardizzazione e produzioni di massa avevano modificato il modello di consumo spesso a discapito delle varietà locali, ora questo shock e la conseguente rigidità del modello ‘fordista-taylorista’ necessitava di un’evoluzione del mercato di produzione e consumo. Le imprese necessitavano di riorganizzare le politiche di gestione per far fronte all’inflazione e avevano la necessità di attuare nuove strategie di prodotto per le esigenze del consumatore, il quale voleva riappropriarsi di tradizioni che l’industrializzazione aveva cancellato con l’opera devastatrice del mercato di massa. Ad esempio un prodotto confezionato in un luogo, alla fine veniva distribuito e venduto in un altro. Si cercavano le tradizioni dei mercati locali fatti anche di piccoli prodotti artigianali.Inoltre la grande impresa non riusciva a soddisfare la versatilità dei prodotti, cioè la diversificazione della gamma produttiva; tutto questo contribuì ad accelerare l’immissione sul mercato di una serie di innovazioni tecnologiche che si rivelano il mezzo per introdurre un nuovo modello produttivo non più basato sulla grande impresa o la verticalizzazione del ciclo produttivo e l’internalizzazione dello stesso all’interno della grande impresa.Se prima i grossi elaboratori erano stati costruiti dall’esercito per soddisfare alcune esigenze di sperimentazione militari, queste nuove tecnologie si evolvono sempre di più e vengono messe a servizio delle esigenze private.Cosa succede? Dalla fine degli anni 70 in poi cominciano ad affermarsi le tecnologie informatiche che vengono assorbite dai processi produttivi, comportando una serie di impatti a livello dell’organizzazione aziendale. Nascono nuove strategie organizzative e nuovi rapporti tra imprese, che incidono profondamente sulla possibilità di ingresso nei mercati di nuove aree geografiche. Si altera la gerarchia territoriale molto rigida centro-periferia collegata alla grande impresa; si mettono in crisi i vecchi paesaggi industriali, cominciano a verificarsi fenomeni di dismissione ma anche di decentramento produttivo in complesse reti di collaborazione tra unità aziendali e imprese spesso localizzate a grande distanza tra loro. Questo cambiamento territoriale comporta spesso la chiusura di grandi imprese di base nei paesi industrializzati e di conseguenza le famiglie restano senza lavoro, i servizi collegati all’industria sono messi in crisi, l’apertura di nuove unità in paesi meno maturi dal punto di vista industriale e l’emergere dell’ importanza delle PMI che non solo riutilizzano saperi e varietà locali ma dimostrano grande tenuta e flessibilità organizzativa nel momento di crisi industriale. Parallelamente si assiste ad una proliferazione delle attività di servizi tanto da denominare la nuova fase come post-industrializzazione.

Rivoluzione tecnologica

3 Con il termine 'sette sorelle' sono indicate le compagnie petrolifere:Exxon, Gulf, Mobil, Shell, Standard Oil , British Petroleum,Texano. Sono tutte USA,tranne la British Petroleum che è britannica.

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La rivoluzione tecnologica ha portato alla diminuzione di importanza dell’organizzazione fordista-taylorista e dell’integrazione verticale e quindi della grande dimensione d’impresa. Si capì che il processo di lavorazione poteva essere anche disintegrato: non c’era bisogno della singola impresa per fare una lavorazione ma un ciclo produttivo poteva essere scomposto e lavorato in diverse unità aziendale. Si verificarono fenomeni come l’esternalizzazione delle attività e l’outsourcing e la collaborazione tra reti di impresa variamente localizzate. Questi processi hanno portato allo sviluppo sui territori del processo di imitazione. Molte imprese che producono su commessa, grazie ai know-how appresi nel tempo, hanno sviluppato un upgrate imprenditoriale mirato alla massimizzazione del profitto tramite l’entrata nel mercato di riferimento attraverso un proprio marchio.(Es. L’azienda cinese Lenovo, terza produttrice mondiale di PC, mentre prima realizzava PC per IBM è finita per acquisirla ed imporsi sul mercato con il proprio marchio)

L’innovazione tecnologica può favorire lo sviluppo delle imprese. L’impresa innovativa è dunque quella che destina un’ampia quota dei propri investimenti alla ricerca e allo sviluppo (R&S) di prodotti e tecnologie produttive nuovi. Perciò l’impresa innovativa deve essere sostenuta non solo da centri di ricerca per lo più statali, ma anche da strutture finanziarie potenti e complesse.Lo sviluppo di una nuova tecnologia dipende da specifiche condizioni economiche, culturali e politiche, le quali si trovano di regola soltanto in determinate località.

DECENTRAMENTO E PROCESSI DIFFUSIVI.L’elevata concentrazione delle strutture industriali porta alla congestione del traffico, inquinamento, perdita di efficienza dei servizi. Inoltre, la competizione fra le imprese per accaparrarsi i siti migliori fa crescere il prezzo del suolo. L’insieme dei fenomeni descritti può far si che i vantaggi derivanti dalla concentrazione si traducano in diseconomie.Queste danno origine, a loro volta, a processi di deglomerazione.Questi processi possono assumere forme diverse:

Rilocalizzazione (o decentramento territoriale):Si afferma quando le imprese, di fronte all’aumento dei costi nelle tradizionali aree urbane, spostano la sede della propria attività produttiva nelle aree suburbane oppure in regioni più lontane. Questo porta ad una frammentazione del territorio ( in merito possiamo far riferimento al Modello Arcipelago). Se il decentramento avviene nelle aree periferiche delle grandi agglomerazioni, si parla di suburbanizzazione.

Decentramento produttivo:La rivoluzione tecnologica permette anche il coordinamento delle informazioni legate ai processi produttivi concordi per diverse aree territoriali. Questo decentramento si ha quando le imprese non trovano più governabile o conveniente la grande dimensione degli impianti. Ciò può verificarsi allorché cresce la sindacalizzazione della forza lavoro, oppure quando un rapido progresso tecnologico rende obsolete le strutture produttive dell’impresa. Il ciclo produttivo viene così scomposto in segmenti assegnati ad altre imprese di più modesta dimensione (non necessariamente presenti nella stessa area geografica) che inviano parti e componenti all’impresa principale la quale provvede all’assemblaggio.In questo contesto la geografia che si sviluppa è quella caratterizzata da un alto potenziale di diffusione del lavoro che assume il ruolo di una struttura c.d. “a rete” la cui mappatura spesso sfugge alle autorità ( es. evasione del fisco dal proprio paese mediante l’implementazione di una sede legale presso paesi c.d. “Offshore”)

Formazione di Sistemi industriali periferici:Questi si sviluppano seguendo logiche dettate dalle condizioni della società, dell’economia e dell’organizzazione territoriale periferica.Un esempio può essere dato dalle regioni dell’Italia centrale e specialmente nord-orientale in quanto posso configurarsi come esempi più significativi di crescita industriale relativamente autonoma.

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Collegato a questo decentramento territoriale delle attività si posso avere dei processi diffusivi, cioè processi di diffusione di nuove attività che nascono o sono collegate a imprese già inserite all’interno del territorio o di nuova costituzione.Decentramento e processi diffusivi sono legati non solo alle possibilità indotte dalla tecnologia ma anche alle reti di collaborazione tra imprese. Imprese grandi e imprese piccole variamente localizzate sul territorio, ognuna con un suo tipo di importanza legata alla qualità dell’attività che svolge, attuano rapporti di collaborazione.Quindi con ciò si complessificano i comportamenti territoriali dell’impresa e si ha un nodo di interscambio maggiore impresa-territorio. Vengono presi in maggiore considerazione i fattori di milieu e le infrastrutture di pregio esistenti, come fattori localizzativi nonché una serie di altre caratteristiche legate all’efficienza che esprime il territorio in termini socio-politico.

Tipi di strutture aziendali

Inizialmente il soggetto principale dell’attività industriale è caratterizzato da un'impresa che produce un prodotto con la quale assolveva a molte funzioni: ricerca e sviluppo, amministrazione, produzione, vendita.

Questa impresa generava effetti di polarizzazione in un determinato territorio che dipendevano dalla dimensione e dalla capacità di mercato. Esempio: rami di aziende monoprodotto di una certa importanza che si localizzano a Milano. L’obiettivo è capire il perché si localizzano in quell’area: probabilmente perché c’è un tessuto artigianale e imprenditoriale vivace e preesistente che si è evoluto a dimensione industriale, grazie alla realizzazione di infrastrutture da parte dello Stato, o grazie ad una politica di industrializzazione.In questo schema centro-periferia, i lavoratori vanno dal sud al nord, quindi si verifica la polarizzazione da una parte e il drenaggio dall’altra. Successivamente l’attività industriale si complessifica e cambia la strategia aziendale. Se, ad esempio, l’Alfa si posiziona vicino Milano si ha anche la nascita di una serie di imprese collegate all’indotto automobilistico per produrre e fornire pezzi di ricambio. Oppure se l’Alfa decide di non voler fare solamente le automobili, può acquistare delle imprese che lavoravano il tessile e si specializzano nella produzione degli interni.Oggi giorno una struttura aziendale è fatta di diverse unità produttive. È un formato a piramide: ci sono numerose unità aziendali, che rappresentano l’aspetto strettamente produttivo, e le funzione di maggiore pregio rimangono localizzate nella casa madre: ad esempio nell’alta direzione si effettua la ricerca e lo sviluppo, viene deciso il marketing, ecc. Questo significa che nelle unità aziendali si effettuano attività meno pregiate mentre nell’alta direzione vi è il cuore decisionale (quindi attività più pregiate).

Ricerca e sviluppo

Produzione

Vendite

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Ad esempio il cuore decisionale della Pirelli è a Milano-Centro perché esistono dei fattori di continuità geografica vantaggiosi per l’impresa. La Pirelli è localizzata in un luogo che ha determinate caratteristiche: fattori di milieu, contatto faccia a faccia per scambiare informazioni e un certo tipo di infrastrutture.Le unità produttive sono localizzate in centri urbani minori o di minore pregio perché un’attività legata al modello taylorista-fordista necessita di minore competenza e qualificazione della manodopera. Quindi si viene a creare una gerarchia di importanza dei territori dove alcuni sono adatti ad ospitare un ruolo di buon ancoraggio per attività più pregiate e altre presentano una maggiore differenza localizzativa. Tutto sommato quello che occorre è avere terreno a basso costo, una manodopera mediamente qualificata e con un certo livello di infrastrutture (per permettere ai lavoratori di raggiungere le unità aziendali delle città satellite di Sesto San Giovanni esiste un sistema di metropolitana). Occorre però che al centro di Milano ci sia la Borsa, i giornali che diano le quotazioni dei titoli, ci siano gli ambienti che contano, le sedi principali delle banche, strutture universitarie, ecc.L’organizzazione si può complessificare ancora di più. Esempio prima dell’avvento delle tecnologie (information tecnology), si aveva un certo gradiente di continuità localizzativa. La multinazionale PHILIP MORRIS con sede a Boston potrebbe installare una serie di unità produttive vicine ai mercati di sbocco. È una strategia localizzativa che si ha quando un’impresa contribuisce a creare un’organizzazione del territorio basata su un sistema di ancoraggio. In Italia si aprivano delle fabbriche per la sola produzione, per servire il mercato italiano, e lo stesso in Francia. Prima dell’IT (information tecnology) si delocalizzavano solo alcune attività (attività banali) in altri luoghi e comunque non si complessificava la rete di rapporti tra diverse unità aziendali perché non si aveva un’organizzazione per coordinare le persone.Un’altra evoluzione si verificò quando non vi era più convenienza ad avere una dicotomia tra tutte le funzioni di servizio localizzate nella casa madre, e lo stabilimento che effettuava solo la produzione tecnica. Si necessitava di una struttura nella quale anche le funzioni pregiate erano effettuate presso i centri di produzione.

R&SMarketing

UA

UA

UAUnita aziendali

Alta direzione

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Il principio di competitività dagli anni ‘80 in poi è stato legato all’idea che ogni territorio potesse avere delle specificità più o meno attrattive per l’impresa, e rispetto a questo “credo” si mosse una corrente di pensieri, di azioni, di politiche industriali che nel frattempo non erano più nazionali ma diventavano locali e regionali. Ciò ha posto le comunità locali, espresse dalla loro leadership politica, in una sorta di imperativo categorico dove l’idea prima dello sviluppo economico non era quella di lavorare per l’impresa endogena, per sviluppare le competenze locali, quanto il principio di attrazione degli investimenti.

Da un punto di vista di un geografo le IDE funzionano in due casi: sia nel caso in cui il territorio è espressione di qualità per quanto riguarda l’attività del quaternario, sia se esso costituisce una potenziale attrazione per produzioni a basso valore aggiunto, cioè con salari bassi e con produzioni non innovative. Molto spesso l’idea della competitività nasconde un ragionamento localizzativo. Specialmente per la grande impresa che fa riferimento all’idea del vantaggio comparato, il management aziendale nella scelta localizzativa delle produzioni mature a basso valore aggiunto, sviluppa un ragionamento di costo del lavoro, in quanto sa già che si muove in uno scenario della globalizzazione rappresentato da un ventaglio localizzativo molto ampio di preferenza; ciò significa che ad esempio la Cecoslovacchia che assicura un vantaggio competitivo fino ad un tot di anni assicurerà all’imprenditore quel tipo di investimento in quell’area. Ma se ad esempio la Romania entra nell’UE o inizia ad avere delle strutture convenienti, farà spostare l’investimento dell’area cecoslovacca delocalizzando delle produzioni in quest’altra area più competitiva. Analizzando i processi dal punto di vista dei territori e non tanto delle imprese, ci rendiamo conto che va recuperata una dimensione di attenzione, competenza, progettazione, consapevolezza di chi governa e chi risiede in un posto, allo scopo di andare a recuperare una relazione verticale di rapporto impresa e territorio considerando i valori di milieu, di risorse ambientali ma anche di rapporto, di struttura territoriale del secondario e ad esempio clima di innovazione, creatività, collaborazione, apertura, voglia di apprendimento, oppure di rapporto tra struttura territoriale industriale e livello dei servizi alle famiglie, all’impresa (infrastrutture). Ci rendiamo conto che da un canto l’impresa per funzionare ha bisogno di un certo livello di infrastrutture e ha quindi bisogno anche di alcuni fattori di milieu, dall’altro canto noi dobbiamo operare nella maniera per la quale l’unicità del milieu, che genera un valore, non sia eccessivamente assorbita dalla presenza di alcune strutture territoriali. Si devono cercare delle condizioni localizzative per le quali si spera che il processo di sviluppo che si è costruito sia il più irreversibile possibile.Ora occorre capire a livello mondiale quali sono le diverse tipologie di paesaggio industriale e i modelli che ci fanno comprendere quali sono i valori della geografia economica capaci di costruire una dialettica positiva tra impresa e territorio e quali le condizioni che assicurano uno sviluppo più duraturo nel corso del tempo.

R&SAlta direzione

Altre funzioni pregiate

Unità aziendali

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Considerando che noi viviamo in un’area del sud dove la disoccupazione è alta e che stiamo vivendo un’epoca di dismissione industriale o almeno di dismissione industriale di alcuni settori maturi, dobbiamo capire qual è il versante positivo, ossia dove è più opportuno investire. Il settore dei trasporti ad esempio può essere quello più favorito in valore aggiunto, di occupazione, know how e di attività di impresa. Anche il settore primario in fondo sta recuperando, perché ci sono tantissimi settori come la farmacia e la cosmetica che hanno bisogno di essere incoraggiati. Non si capisce ad esempio perché la classe dirigente beneventana continua ad insistere sul tabacco, che anche generando valore, non costituisce un’idea di produzioni alternative che leghino Benevento ad altri settori produttivi. Tutto dipende dalla preparazione delle persone, dal grado di competenza e analisi dell’ambiente, della loro consapevolezza e dal senso di responsabilità posto nel momento in cui si troveranno ad operare. Cerchiamo ora di capire come è cambiato il rapporto tra impresa e territorio. È opportuno, a tal proposito, introdurre il concetto di gerarchia territoriale, in quanto vi sono luoghi che a seconda del livello di attività più o meno rara che ospitano, sono più forti di altri; il problema è comprendere quanto i territori fra di loro siano in condizioni di rapporti gerarchici e quanto sia possibile avere rapporti di complementarietà. Nonostante l’impiego delle reti di nuove tecnologie e delle modalità, infatti, vige ancora il principio di una gerarchia territoriale : una gerarchia che fa riferimento al territorio secondo l’opportunità di localizzare un'attività di maggiore o minore pregio ossia, ogni territorio in base alle sue caratteristiche di milieu, ed economie esterne (come già sappiamo) viene giudicato in termini di potenziale organizzativo ed è per questo che la globalizzazione si basa su una collaborazione interdipendente fra aree geografiche o meglio di rapporti relazionali. Questa interdipendenza detta interconnessione, si basa su principi ancora di gerarchia territoriale in quanto ci possono essere località di rango A B C D per quanto riguarda il potenziale localizzativo. Ricordiamo l’esempio del Gaur nell’area della Cina e il suo intervento per non ripescare tutte le modalità del confine industriale europeo. Attrarre IDE significa, per il territorio ospitante, abbandonarsi ad un principio di gerarchia territoriale.

Nel caso, invece, in cui nelle unità aziendali non si ha una produzione monoprodotto ma una produzione di più prodotti insieme (es. detersivi e pappa per bambini) si ha una strategia pluriprodotto. Lo stesso stabilimento ha diverse catene di montaggio o diverse linee di produzione, quindi all’interno gode di una certa autonomia per quanto riguarda quelle funzioni di servizio,che necessitano di un livello di competenza e di maggiore qualificazione del personale. Quindi l’azienda chiede specializzazione e trasformazione del territorio, avviando rapporti di collaborazione con delle istituzioni locali.Occorre parlare di quella che è l’impresa globale, le multinazionali, lo sviluppo esogeno legati alla logica delle IDE dove il problema è la reversibilità dei risultati. Il tutto è complicato da uno scenario in cui il teatro localizzativo della gerarchia industriale è a livello planetario per cui, ad esempio, se si operano attività a Montebelluna dove si producono occhiali e si decentra la produzione in Romania, non sempre si riesce a mantenere aperta l’attività a Montebelluna. È necessario capire chi entra in mercati più avanzati, chi è in declino e chi investe per rinnovare la propria produzione. Fino agli anni ‘80 l’oggetto principale è la grande impresa, che grazie alle innovazioni tecnologiche e alla minimizzazione dei costi di trasporto inizia a scomporre il processo produttivo, prima avvantaggiato dalle economie di scala (riduzione dei costi fissi, ammortamento costi di know how). Differente è il discorso con le nuove tecnologie: con l’informatica, il microchip, infatti, la dimensione di impresa non diventa essenziale ma anzi diventa conveniente che alcuni soggetti più piccoli facciano attività industriale e la possano eseguire con maggiore snellezza e minori costi di struttura. Ciò significa una complessificazione dei soggetti industriali che abbia delle grandi imprese e delle piccole imprese o delle unità locali non necessariamente localizzate in zone limitrofe. Occorre, infatti, scomporre il processo produttivo, tenere le funzioni rare principali nei paesi in cui ha avuto origine l’attività, e decidere di localizzare una serie di attività manifatturiere in altri paesi considerando il ciclo di vita del prodotto.

Il ciclo di vita del prodottoIl prodotto, da quando è studiato e lanciato, fino a quando declina o muore ha diverse fasi di attività, ognuna con un contenuto diverso. Per i geografi il contenuto delle diverse fasi implica una diversa caratteristica del territorio, riorganizzando attività territoriali quali fattori di milieu, infrastrutture, organizzazione territoriale adatte al tipo di lavorazione da svolgere.

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In una prima fase è importante il contenuto in R&S, perché il prodotto è frutto di innovazioni, quindi c’è un valore aggiunto molto elevato, i costi sono elevati, poiché non sono ancora ammortizzati sulle quantità.Queste risorse (economiche e di know how) non sono presenti in tutti i territori, quindi non sono incubatori di questo tipo di attività. Saranno pochissimi i luoghi al mondo dove il prodotto viene studiato e lanciato: quartieri decisionali come quello dell’IBM, della Apple, della Nokia, ecc. C’è poi una fase in cui il prodotto diventa standardizzato: non necessita di competenze specifiche per produrlo e bisogna far rientrare i costi; si esternalizza quindi la produzione. Nella fase di maturità del prodotto avviene solo la produzione, perché ormai è stato sperimentato, ed è trascorso il periodo di brevetto. L’Italia ha funzionato, per le imprese americane, come classica area di localizzazione dei prodotti di maturità, mentre molto spesso nel nostro paese si è perso quel patrimonio industriale legato anche ad attività di pregio. Si aveva un’attività chimica che produceva parecchi brevetti (la plastica è stata brevettata da un italiano).Si è smantellata anche l’industria delle telecomunicazioni. Alcune invenzioni fondamentali, che sono alla base di vari processi produttivi, odierni, sono stati frutto dell’ingegno di alcuni italiani (Meucci e il telefono, Marconi e le trasmissioni radio). Ponti radio e satelliti fanno funzionare parecchie delle attuali tecnologie.Un comportamento territoriale dell’impresa cambia a seconda del suo tipo di organizzazione e la natura di una produzione ha bisogno di un diverso sistema di qualità del territorio per cui il famoso Nord del mondo è il luogo in cui si effettua R&S.La tecnologia ha permesso non solo il decentramento produttivo ma anche la localizzazione delle imprese sempre più lontane rispetto alla casa madre: una grossa impresa multinazionale, come la United Fruit, dalla sua sede centrale controlla la produzione in tutti i continenti.Oltre al decentramento produttivo si è avuto un altro fenomeno, anche se più limitato, che è stato quello della rilocalizzazione produttiva: man mano che l’attività di impresa si complessifica, aumenta la quota di servizi all’interno dell’impresa (Marketing, R&S, ecc), man mano che aumenta il numero di imprese in un determinato territorio poi, la concentrazione non è più un vantaggio ma diventa uno svantaggio. In una certa fase il fatto che vi sia una prossimità geografica tra le imprese genera dei vantaggi (se ho due imprese localizzate vicine, specializzate nel tessile, produco una specializzazione della manodopera nella quale se ho bisogno di lavoratori è più facile che li trovi in loco e non ho costi di transazione elevati per cercare il personale, probabilmente il personale ha già quel tipo di cultura industriale).Si dice che vengono generate le cc.dd. economie di agglomerazione, cioè il vantaggio che riceve un’impresa a localizzarsi in un certo territorio per la presenza di altre imprese; vantaggio derivante dal territorio e dall’ambiente e non dalla propria condizione aziendale. C’è una concentrazione in luogo di più soggetti che possono sviluppare delle complementarità che, inoltre, operano nello stesso settore e devono trovare anche economie esterne, economie legate non alla condizione ambientale ma a fattori di prossimità.Le economie di agglomerazione sono solo un esempio di economia esterna: un altro tipo di vantaggio localizzativo di un’impresa è dato dalla presenza, per esempio, di infrastrutture (un aeroporto vicino, piattaforme logistiche, hub, ecc).Un altro vantaggio organizzativo dipende dal fatto che ci siano delle infrastrutture di supporto elevate: un’infrastruttura logistica, presenza di laboratori e centri di ricerca, strutture culturali e per il tempo libero. Quindi le economie esterne possono essere di diversa natura, le economie di agglomerazione sono di un solo tipo.Ci sono alcune tipologie di infrastrutture che oltre a generare vantaggi all’impresa, possono anche essere fautrici di svantaggio. A lungo andare, ad esempio, un’eccessiva concentrazione può provocare delle diseconomie (es. effetto congestione da traffico; quello che all’inizio può sembrare un vantaggio inerente ad un nodo viario).C’è un cambiamento delle funzionalità di alcune infrastrutture (centro commerciale che diventa un luogo di aggregazione per le famiglie) a seconda dell’interazione con i territori locali. Vi sono altri esempi importanti riguardanti la diseconomia: a Detroit, distretto tipico dell’automobile, c’era un livello tale di diseconomie, costo elevatissimo dei terreni, inquinamento ambientale ecc, tanto che fu attuata una precisa strategia di rilocalizzazione, in cui si è rilocalizzato tutto quello che esisteva secondo una direttrice di

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spostamento che segue l’autostrada, permettendo così la facilitazione del passaggio delle merci o l’accessibilità dei lavoratori o degli operatori.Il fenomeno del decentramento produttivo ha presupposto nuove opportunità per quei nuovi territori che non partecipavano prima al processo industriale. Assistiamo al risorgere dell’importanza della piccola impresa, che non ha bisogno di attuare un'organizzazione tecnologica tipica della grande dimensione avendo dei vantaggi in termini di flessibilità del prodotto. La piccola impresa diventa, non solo un competitore della grande impresa, ma anche un partner in reti di impresa variamente localizzate nel territorio. Assistiamo, oltre alla nascita di fenomeni di decentramento produttivo, di diffusione di diseconomie, di polarizzazione, di rilocalizzazione, anche alla nascita di sistemi industriali periferici; meno importanti rispetto a quei sistemi industriali dove sono localizzate attività di pregio.Nei NIC (new industrialised countries), paesi di nuova industrializzazione, come i paesi dell’Asia, si partecipa all’organizzazione industriale grazie al fenomeno della collaborazione tra reti di impresa tra diverse aree geografiche e alla scomposizione del ciclo produttivo; ad esempio per produrre un computer si produce il chip in Corea, il mainframe in Cina, il mouse a Taiwan, si assembla in India e a Boston si fa R&S, ecc.Esiste un altro tipo di territorio industriale che è quello dell’area a specializzazione produttiva, territorio in cui sono concentrate più imprese che effettuano la stessa lavorazione ma che non sviluppano integrazioni e sinergie tra di loro(es. San Marco dei Cavoti, viene chiamato distretto solo perché usufruisce di una definizione normativa di “distretto”, ma non è un distretto dal punto di vista tecnico produttivo, è più un’area a specializzazione produttiva, dove sono localizzate attività facenti parte di uno stesso settore, attività industriali che sono più o meno omogenee).Un distretto industriale è una particolare osmosi tra impresa e territorio in cui il territorio stesso, che viene visto come un insieme di saperi, culture e vari fattori di milieu, rappresenta un ciclo vitale dell’attività dell’impresa e vi è la presenza di localizzazioni di impresa che sviluppano sinergie e rapporti di collaborazione e rispetto alle quali si è verificata una plurispecializzazione e integrazione intersettoriale anche con comparti del terziario.Un’area sistema, esempio area del salotto delle Murge (‘Natuzzi’) è un’area a specializzazione produttiva dove sono evoluti rapporti di collaborazione tra imprese per quanto non pluri specializzazione e fenomeni più marcati di osmosi impresa-territorio. Ci sono però degli altri fattori che intervengono per facilitare la localizzazione delle imprese.Può esserci il caso, ad esempio, che vicino ad un fiume in Francia da una filanda di tipo tradizionale si passi a costruire una filanda di tipo industriale; si può avere un fenomeno di imitazione da parte di imprese che hanno stesse relazioni verticali; in questo caso grazie al contatto con l’acqua è possibile la colorazione, il lavaggio continuo del panno ecc. Vi è quindi un processo di imitazione che si avvantaggia di specifiche relazioni verticali che portano alla nascita di più imprese in un medesimo territorio, le quali iniziano a connotarlo sottoforma di area a specializzazione produttiva ossia di area dove c’è un ispessimento localizzativo di imprese che lavorano nello stesso settore produttivo. A volte ci sono imprese che possono lavorare in segmenti produttivi differenti instaurando rapporti di complementarietà. Se si considera la città di Prato si comprende che vi sono imprese che cardano il tessuto, imprese che lo colorano, altre che costruiscono il modello; quindi abbiamo un’ area di specializzazione produttiva. Ciò significa che oltre ad un processo di minimizzazione dei costi di trasporto c’è anche un processo imitativo sulla base di fattori di milieu che nel frattempo si costruiscono. Vi è anche un principio di creazione di effetti di agglomerazione, cioè vantaggi sulla presenza di altre imprese in senso di prossimità, la quale genera vantaggi alla attività industriale: presenza di know how, competenze specifiche, alta professionalità che nasce e si consolida perché è il frutto di un’evoluzione di un sapere locale preesistente. È il sapere che quindi pian piano in maniera osmotica si trasferisce ad esempio alle scuole che eventualmente si specializzano in quel settore; è un sapere aiutato anche dalla classe dirigente tramite la costruzione di infrastrutture specializzate. Vi è quindi un’atmosfera di coesione compenetrazione fra impresa e territorio, che in maniera osmotica porta alla creazione di un distretto industriale. Tale distretto genera valore ad un territorio e genera un processo irreversibile. Occorre ora capire quando un distretto industriale entra in crisi, ossia quando è effettivamente l’inefficienza di infrastrutture ad essere la causa, oppure se è la penetrazione di altri soggetti che tendono a far cadere l’equilibrio di cui il territorio disponeva. Quando vi è la presenza di un’ imprenditoria diffusa locale c’è più possibilità di uno sviluppo

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che perduri nel tempo, ossia fino a quando l’imprenditore è più legato alla sua comunità; quando l’imprenditore recide questo legame con la comunità e decide ad esempio, in un’ottica della grande impresa, di scomporre il processo produttivo e inizia a fare investimenti lontani dal proprio paese, cominciano anche i problemi per le comunità locali. Teoricamente l’attività d’impresa è libera, il problema è cambiare l’approccio alla politica dello sviluppo locale; diventa prioritario avere una politica a sfavore dell’investimento in nuovi sfruttamenti di nicchia che si posizionano in attività meno esportabili. Molto spesso, poi, la classe dirigente locale deve prendersi le colpe per le infrastrutture magari obsolete e inadeguate(lo scarso investimento alla scuola, pochi investimenti in strade trasporti, nella banda larga e-commerce).

Ad esempio Melfi è stata aperta in un periodo dove la FIAT doveva passare dalla catena di montaggio all’idea del just in time piuttosto che la standardizzazione dei tempi di lavoro; la FIAT ha usufruito di moltissimi incentivi: nella maggior parte dei casi dietro le IDE giocano le politiche di sviluppo regionale attuate da diversi paesi. Quindi questo è un altro motivo per capire lo sviluppo della Cina che attua nel momento in cui il governo comunista sceglie alcune aree (Hong Kong), investe in infrastrutture e questo perché ha incentivi. Quindi dietro l’idea della competitività c’è l'idea anche dell’opportunismo della grande impresa. L’ottica di quest’ultima è sempre di minimizzare il costo e di massimizzare il profitto aiutato in questo anche dagli incentivi e dalle politiche di sviluppo regionale (infrastrutture). Attualmente è in grande sviluppo la zona di Dubai e tutti gli Emirati dove si è creata un business plant (parco tecnologico) che sostanzialmente mette a disposizione un layout di infrastrutture oppure dei pacchetti di incentivi sostanziosi.

Concetti importanti per capire a pieno la geografia industriale sono anche:- le città globali come primo livello, che sono viste come sistemi urbani complessi. Esse sono poche a livello mondiale e sono quelle città dove vi è una particolare atmosfera legata alla presenza di strutture ed istituzioni di più alto rango, che fanno riferimento non solo alla presenza, dei centri decisionali delle maggiori imprese del mondo ma che si riferiscono anche alla presenza delle grandi istituzioni finanziarie e politiche governative. Quindi, esempi di queste città globali che agiscono come il cervello della globalizzazione possono essere: New York che è la sede centrale delle Nazioni Unite, il fondo monetario della Banca Mondiale dove la borsa di New York è la più importante e quindi essa rappresenta la sede dei grandi quartieri decisionali, dei grandi colossi finanziari e delle grandi banche d’affari americane, o molte delle attività di servizio manifatturiero di pregio, come le società di consulenza aziendale che sono situate tra Boston e New York ecc... Una seconda città globale è anche Londra, che insieme a New York è il cuore pulsante delle attività finanziarie. Queste città globali, quindi, sono anche molto spesso sedi di laboratori di ricerca avanzata. Ad esempio, se noi facciamo una classifica territoriale della localizzazione del numero di brevetti o altro, vediamo che sono le città globali ai primi posti di questa classifica e quindi possiamo dire che sono il cervello della globalizzazione economica, e inoltre costituiscono il luogo ideale per i cosiddetti “contatti faccia a faccia”che sono utilizzati da quelle attività che richiedono una prossimità geografica che non possono essere delegate ad altri soggetti ed ad altri territori.- I grandi centri industriali (Francoforte, Detroit, Ruhr,Lione, Milano,Torino). Essi sono tipi di sistemi territoriali del panorama della globalizzazione che è costituito dalle aree delle antiche industrializzazioni, dove ancora oggi sono concentrate le maggiori industrie manifatturiere. Chiaramente queste aree dei grandi centri industriali, non hanno quella potenza che avevano all’epoca dell’industrializzazione fino agli anni ‘80. Tuttavia rappresentano ancora delle aree fortificate dal punto di vista delle localizzazioni industriali, ma anche infrastrutturali nella geoeconomia che rappresentano quelle aree di produzione industriale avente grande rilevanza strategica, economica, che travalica l’ambito nazionale stesso. Sono stati effettuati, per esempio, moltissimi tentativi in ambito europeo di regionalizzazione, ossia individuazione di derivazione degli spazi della competitività europea che sono stati edificati territorialmente cartografando la presenza di questi principali indicatori derivati. C’è una rappresentazione geoeconomica dell’area più forte, ad esempio l’Unione Europea, la quale è stata attuata da Roger Brunet da un geografo di Montpellier, che ha trattato l’opera di regionalizzazione nello spazio europeo chiamandola “banana blu”. Abbiamo, dunque, una sorta di forma a banana che parte da Londra attraversa il corridoio stradale e passa per il Belgio ,centro originale industriale di Bruxelles e alcune

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attività di pregio localizzate in quel posto, grazie alle economie esterne generate dalla presenza degli uffici della commissione europea, passa nella zona più avanzata francese e piega per il centro Europa partendo per l’Italia (Milano) e piega per la Germania e questa strada è ponte dell’Unione Europea. Infatti, al di là dei grandi centri industriali a livello mondiale, la cosiddetta Europa del nord della banana blu rappresenta insieme ad alcune aree degli Stati Uniti una delle aree economiche più forti del mondo. Detto ciò possiamo ricordare il taglio della rilocalizzazione del ritrovo turistico per eccellenza: la”Ruhr” il grande bacino industriale ancora legato all’industrializzazione di base di acciaierie e di imprese manifatturiere. Lione, invece, è un grandissimo centro industriale, di cui fra l’altro lo Stato francese ne ha potenziato il ruolo industriale facendone uno dei luoghi più strategici dell’Europa; questo infatti entra a far parte delle vicende economiche delle attività legate allo sviluppo dei grossi corridoi ad alta velocità ferroviaria. -distretto industriale: Si configura come un’agglomerazione di imprese (generalmente di piccola e media dimensione), definita in un ambito territoriale circoscritto e storicamente determinato, specializzate e caratterizzate da una rete complessa di interrelazioni di carattere economico-sociale.(Un esempio può essere dato dal Distretto di Sassuolo per la produzione di piastrelle che attualmente occupa 22.000 addetti per un fatturato di 6.500 mld di € ).Lo studioso Giacomo Becattini ha sottolineato come nel distretto si verifica una osmosi tra impresa e territorio la quale genera un processo di know how finalizzato alla specializzazione dei servizi di supporto al distretto.La formazione dei distretti industriali ha portato alla scomposizione del processo produttivo tra imprese differenti, ciascuna delle quali può conseguire i vantaggi della specializzazione (efficienze ed economie di scala). I vantaggi del distretto industriale possono essere molteplici: assenza di conflittualità tra imprese concorrenti, formazione di una mentalità protratta ad un miglioramento competitivo, miglioramento delle infrastrutture pubbliche. In merito a quest’ultima analisi c’è da dire che le infrastrutture pubbliche o consorziate o pubblico-private sono la risorsa che più di ogni altra può consentire un’ulteriore sviluppo del distretto (es. laboratori avanzati per effettuare test, prototipazione , analisi di marketing ).Un elemento importante è dato anche dalla realizzazione di un processo di istruzione specifico finalizzato al miglioramento della professionalità dei soggetti che vogliono far parte del team del distretto (es. Lavorazione della Tarsia Sorrentina. Questo settore viene supportato da un’istruzione specifica la quale le conferisce un fattore di pregio).-area di specializzazione della produzione. Quest’area è caratterizzata dalla presenza di imprese (di piccole dimensioni generalmente) che appartengono allo stesso settore produttivo e presentano un atteggiamento strettamente competitivo tra loro. Queste aree nascono laddove sono sorte imprese prevalentemente artigianali che si sono sviluppate nel tempo (possiamo fare riferimento alla produzione del “croccantino” di San Marco dei Cavoti realizzato da una decina di microimprese mediante un processo esclusivamente artigianale).Queste aree, generalmente commettono l’errore di non unirsi per sviluppare una collaborazione tale da poter sviluppare un processo di know how mirato alla realizzazione di altri prodotti o quanto meno allo sviluppo di nuove tecnologie per rendere più efficiente il proprio processo lavorativo.-area-sistema: Quest’area è caratterizzata da un’alta specializzazione produttiva con la presenza di più imprese che lavorano in uno stesso settore e che insieme sviluppano una serie di rapporti e relazioni che le consente di specializzarsi per ogni singola fase del processo produttivo.In queste aree, generalmente presiedute da un’azienda di grandi dimensioni, sono composte da una serie di piccole imprese specializzate nella sub-fornitura di semilavorati presso la capogruppo. Possiamo fare riferimento anche al fenomeno del c.d. “spill over” attraverso la quale alcuni operai, che prima lavoravano in una impresa, decidono di creare una impresa propria e lavorare su commessa. Possiamo fare riferimento all’azienda Natuzzi (leader nella produzione di divani) che effettuando una serie di operazioni di marketing prima in campo internazionale ( entrata nella G.D.O. degli U.S.A con strategie di diversificazione di gamma produttiva per materiali e colore.) si è poi rivolta al mercato nazionale (realizzando una rete franchising con un proprio brand) ma ha potuto incrementare la propria produzione attuando un sistema di start up di impresa da parte di propri dipendenti, seguita da start up imitativi, in uno schema di subfornitura con le imprese collegate alla Natuzzi. In questo modo in questo schema di

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spin off di impresa (creo dal mio interno impresa ossia operai che aiuto a mettersi in proprio) si attua la realizzazione di componenti semilavorati. Questa impresa ha messo appunto il c.d. “Contratto di Programma”. Questa operazione può essere resa possibile mediante l’implementazione di una scuola interna all’impresa mirata a conseguimento un upgrade culturale verso la conoscenza del mercato, del design e dell’innovazione (fattori che conferiscono un surplus alla produzione) .Nell’area sistema dunque c’è collaborazione tra imprese per quanto non ancora maturate le caratteristiche distrettuali.Spesso le imprese che si trovano in quest’area, quando aumentano in modo considerevole le dimensioni, posso incontrare vincoli territoriali di carattere logistico e tanti altri fattori di milieux che invece sono presenti nei distretti industriali.-territori virtuali geoeconomici. Facciamo riferimento ad uno spazio internet connesso reciprocamente per contenuti e ambiti di competenza a un territorio reale geograficamente definito. La reciprocità tra mondo reale e virtuale implica la possibilità per un sistema telematico territoriale di evolversi ed agire secondo logiche in parte distinte rispetto a quelle che governano il territorio reale, generando così dinamiche innovative nel contesto geo-politico. -mercati digitali. Facciamo riferimento non solo ad una serie di attività online specializzate ad esempio nell’e-commerce ma anche a quelle nuove imprese nate dalle opportunità create dal cyberspazio che si inquadrano nel settore secondario ma che non hanno caratteristiche manifatturiere. Possiamo fare riferimento a Google che tra il suo portafoglio servizi annovera un servizio di backup dei dati cloudy computing ( con dubbi sulla riservatezza dei dati in merito alla privacy) oppure il servizio di PageRank ( è un algoritmo che indica la pagine o i siti di maggiore rilevanza in relazione ai termini ricercati) sul quale si è sviluppato il mercato della pubblicità on line ‘guadagni per click’. Tali algoritmi consentono anche di indicare i siti in base alla popolarità che può essere misurata anche dal numero delle visite. Questo ha portato alla nascita di numerose imprese che tramite l’utilizzo di particolari softwere cercano di aumentare l’affluenza di un sito in modo da raggiungere una posizione migliore nei motori di ricerca o realizzare maggiori guadagni per click.-aree di decentramento produttivo e NIC (Paesi di nuova industrializzazione). Questo è un fenomeno che si manifesta quando le imprese non trovano più governabile o conveniente le grandi dimensioni degli impianti. Un esempio può essere un rapido progresso tecnologico che rende obsolete le strutture produttive dell’imprese. Altre zone che possono essere localizzate, sono ad esempio quelle all’interno dell’est Europa, dove il decentramento produttivo porta infatti alla produzione di un tessuto di imprese italiane di piccole e medie dimensioni localizzate per attività secondo quello che è lo schema di integrazione del ciclo produttivo e di outsourcing di imprese verso l’Europa dell’est o anche verso paesi asiatici. Abbiamo NIC che sono direttamente localizzati in Asia, cioè nelle aree di nuova industrializzazione, alcune aree sono situate intorno Hong Kong, Singapore, Malesia, in alcune zone dell’India e anche alcune zone della Turchia. Queste sono riuscite ad importarsi sui mercati esteri grazie ai prezzi concorrenziali, garantiti dal basso costo del lavoro. Tra queste produzioni sono compresi sia settori di tipo tradizionale, che richiedono manodopera poco qualificata, sia comparti tecnologicamente avanzati; come l’elettronica di consumo e l’industria automobilistica. L’Australia ha tratto vantaggio da queste “Tigri Asiatiche” in quanto si è posta come una HUB di servizi .

- Aree in dismissione o riconversione che sono delle aree dove sono state sperimentate, soprattutto negli anni ‘80, delle politiche di successo in questa pianificazione strategica del territorio che hanno saputo invece riconvertire questi territori a nuovi usi, secondo una logica della pianificazione del territorio che prevede interventi sia su paesaggio sia sulle infrastrutture anche di natura immateriale quantitativa; come fattori della visione di ciò l’area stessa della Ruhr è un’area riconvertita negli usi. In Italia abbiamo piccoli effetti di questo fenomeno come: Bagnoli e San Giovanni dove non si prevede futuro, pur previsti in piani di 15 anni addietro. Ad esempio, un nuovo tipo di tecnologia industriale legato alle imprese nel settore della tecnologia rappresenta nelle strutture universitarie un sito di pregio in un certo tipo di residenza, per attrarre dei Professional legati a tutti i livelli tra loro diversi, oppure venivano previste delle attività tipiche, ad esempio dell’informazione, il tipo della scienza come struttura territoriale per la divulgazione scientifica ecc.. quindi un intervento sul paesaggio per recuperare anche e non solo i problemi ambientali, ma anche l’ opposizione ad alcune libertà. Un esempio è Milano nella zona della Bicocca, dove vi era il percorso della Pirelli; in quell’area sono state attuate delle manovre in parte

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immobiliari e in parte nella irrigazione del territorio, ed è stato previsto e sviluppato in un insediamento universitario per la città Milano Bicocca. - Triade che è un altro tipo di regionalizzazione geoeconomica chiamata così in senso metaforico, con la quale si individuano aree geoeconomiche molto grandi che fanno riferimento all’Europa, agli Stati Uniti e al Giappone, proprio come aree che vogliono attivare il più alto numero di investimenti all’estero in quanto sono delle potenze economiche che prestano denaro ed effettuano investimento. I destinatari principali sono ancora le economie sviluppate, che hanno peraltro accresciuto in modo rilevante la quota da essi detenuta rispetto ali anni precedenti al conflitto. I paesi sottosviluppati, invece, hanno continuato ad attrarre quote piuttosto modeste di investimenti, i quali hanno peraltro coinvolto un numero esiguo di economie.- Cindia. Con questo termine possiamo assistere all’emergere di una nuova area geoeconomica e geopolitica; essa fu chiamata così da un giornalista in modo metaforico e rappresenta l’acronimo tra Cina e India. L’area acquistata ultimamente (anche se da un decennio), sempre più in via sviluppo è il Pacifico e tutti i flussi che si possono notare ad est e ovest del Pacifico. Non a caso laboratori di ricerca e di informazione dello stato di Berkeley hanno in genere, essendo della Silicon Valley, notevoli rapporti con delle imprese high tech: imprese che sono d’altra parte del Pacifico. Quando noi vediamo dei cambiamenti nelle aree di influenza abbiamo di conseguenza che si intensificano grossi mercati e cambia la posizione detenuta nelle aree geoeconomiche delle città e centri urbani, che hanno parte nell’area di espansione. Questo sistema ‘Cindia’ in realtà è il modello più attuale geoeconomico e geopolitico emergente con caratteristiche diverse tra di loro, e questo perché noi abbiamo un modello di sviluppo idoneo, diverso da quello Cinese, che pur essendo uno dei più famosi è legato al modello ordinato dall’ex-post, mentre quello Indiano è un modello di sviluppo territoriale legato più alle esperienze delle attività interne dell’India, quindi anche per questo che fa meno rumore ed è meno eclatante. L’India è un paese a maggioranza indù, diversamente dal Pakistan che è mussulmano. Anche essendoci tensione fra i due stati per il possesso dell’area strategica del Kashmir, a cavallo della frontiera, questi ultimi hanno stabilito degli accordi che rendono l’Asia ancora più importante e rilevante, perché chiaramente, quando sono stabiliti rapporti di collaborazione si diminuisce la frammentazione. Dobbiamo dire che in questo mondo di globalizzazione contano anche altri quesiti di azione economica fortemente radicati in territori, anche se operano a distanza larghissime.- Le reti familiari transazionali e IDE, uno degli altri quesiti di azione economica, fortemente radicati in territori anche se essi operano a distanza larghissima.Esse vengono definite dalla letteratura economica o aziendalistica in questo modo, perché mettono in evidenza una prima versione di globalizzazione come un mondo acefalo (senza testa), dove sembrava che il ritmo della velocità dell’investimento non avesse logiche territoriali precise e che non fosse reperibile un ordine. Successivamente si è dimostrato il contrario in quanto si è evidenziato che vi è un preciso radicamento territoriale delle imprese multinazionali globali che effettuano investimenti all’estero, ed è saltato all’occhio che una serie di investimenti pre calcolati, andavano poi a beneficiare il territorio di origine. Si parla perciò di imprese globali basate su territorio di origine. Ci sono stati successivamente degli studi che hanno messo in evidenza come si articolasse territorialmente uno degli ordini imprenditoriali, che possono essere industrializzati e che procurano differenziazione nello sviluppo. Quindi vi è continuità nei comportamenti e anche continuità che viene dal passato legato alle attività economiche. - Sistemi territoriali PMI (piccole medie imprese). Il territorio di queste imprese è importante perché fanno parte di diverse aree socio-produttive industriali. Si tratta di sistemi territoriali dove le concentrazioni di impresa generano il loro progresso, non solo grazie all’esistenza di fattori di milieu, ma anche alimentando e sviluppando un incremento positivo del territorio in termini di reddito verso l’esterno. Quindi si tratta di piccoli soggetti che sono in grado di ottenere anche loro dei complessi rapporti con la popolazione. Molte imprese nei settori maturi delle attività industriali italiane hanno, ad esempio, centrali attività in Romania. Esiste perciò ancora un sistema territoriale legato alla presenza di piccole imprese, come l’Italia e la Malesia in quanto in certe aree sono localizzate in modo concentrato le attività che hanno una capacità e una qualità tale non presenti in tutto il mondo. Ad esempio l’Italia, che ha il primato degli sci , delle sedie Natuzzi, ha sviluppato queste attività grazie alla

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presenza delle strutture artigianali. Si può capire da quanto citato prima che i sistemi territoriali che si avvantaggiano dei fattori di milieu vanno ad influenzare le economie estere. C’è un altro punto importante della geoeconomia che rappresenta l’espressione delle aree più avanzate; facciamo riferimento al “paradigma dell‘informazione ”. All’ interno di un processo produttivo, vi è la necessita di attività di ricerca e innovazione, di attività di progettazione, di attività di sviluppo, di know how ed infine di tantissima attività relazionale ovvero l’informazione in se diventa il motore dell’economia; è per questo che si investe in beni di massa standardizzati che possono essere de localizzati, si investe nei luoghi tradizionali del mondo sviluppato, in attività di maggiore pregio che non possono essere delocalizzate perché hanno bisogno di particolari fattori di milieu .Si assiste così allo sviluppo di centri di innovazione, ricerca e sviluppo e delle tecnopoli: un distretto high-tech come può essere considerato la Silicon Valley che evolve anche verso il distretto della conoscenza.Per quanto riguarda la tecnopoli ( che è un fatto scientifico e riguarda le strutture tecnico-territoriali) c’è da determinare le dinamiche localizzative alla base, e quali sono gli impatti che si generano sul territorio; anche in questo caso c’è una localizzazione un pò varia a seconda dei paesi in cui ci troviamo, perché per esempio, lo sviluppo delle tecnopoli è legato alla presenza di grossi laboratori universitari di prestigio; alcuni misero in evidenza che vi era la necessità di una manodopera non troppo sindacalizzata, altri hanno messo in evidenza che questo è un settore molto legato, specie nella prima fase, ai grossi investimenti di natura militare, quindi anche per questo delle aree importanti si localizzano negli USA e in Gran Bretagna o anche in Giappone. La Francia per esempio è un paese all’avanguardia per la tecnologia del laser e quindi possiede una serie di tecnopoli legate allo sviluppo di questo tipo di tecnologie che ha moltissime applicazioni, dal campo militare a quello bio-medico. Ciò è potuto avvenire perché ci sono stati investimenti militari .Internet stessa nacque come una rete che congiungeva tre punti negli Stati Uniti che erano tre infrastrutture militari .Quindi, ad esempio il successo della Silicon Valley, a differenza di come volevano alcuni studi aziendalistici, non è tanto legato alla disponibilità di “capital venture ” chiamata ‘angels’ (cioè un tipo di finanza che in Italia non è presente) ma è legata anche a fattori culturali e quindi fattori di milieu sedimentati in alcune aree nel corso del tempo.Qui la finanza ha una maggiore conoscenza della mentalità e rischio legato a riceca e innovazione ed è in grado di assistere anche nella stesura di business plans.Questo punto diviene molto importante perché vi è una grande convergenza di nuove tecnologie che causeranno degli impatti profondissimi nelle organizzazioni territoriali, nella vita dei cittadini nel mondo occidentale, un esempio sono le micro-tecnologie, come i cellulari che hanno cambiato il nostro stile di vita (un paradosso: in Africa per esempio abitanti di villaggi in situazioni misere utilizzano i cellulari per effettuare manovre di on-banking, dove tutto il commercio degli immigrati africani è legato all’uso del cellulare).

Conclusioni e aspetti dell’geografia economica contemporanea.

Un esempio importante è quello della scomposizione dei task che è una parcellizzazione delle funzioni aziendali delle competenze. Bisogna andare a lavorare su degli obiettivi specifici. Ad esempio, l’applicazione della geomatica, ossia l’applicazione ad una produzione tradizionale di un insieme di tecnologie (GPS), portano ad avere sul pc un monitoraggio continuo a livello del terreno, della pianta, del frutto negli appezzamenti; queste sono tecniche che permettono di convertire dei territori dove devono essere reimpiantate nuove piante, approfittando di dislivelli, che il contadino non potrebbe carpire. Si sviluppa un’ impresa che fa geomatica: questo è un task, un obiettivo da portare avanti nell’avere il massimo risultato dal prodotto. Ciò significa anche la nascita di professionalità nuove.Prima degli anni 80 noi abbiamo avuto il pensiero che fosse possibile la diffusione dello sviluppo industriale grazie ai processi di decentramento produttivo; con la globalizzazione, attraverso le IDE o attraverso l’idea che alcune attività pregiate si localizzano solo in alcuni luoghi, pochi al mondo, si è avuto un processo di concentrazione delle attività in mano ad un numero sempre minore di imprenditori. Abbiamo avuto, quindi, un processo di diffusione dell’ attività manifatturiera, ma anche un processo di concentrazione e di controllo dei mercati delle attività in un numero sempre minore di imprenditori.

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Questo ha esposto alcuni territori ad una vulnerabilità di chi decide dall’esterno e di chi non ha un rapporto di radicamento con la comunità. Il principio della concentrazione è il principio dell’approvvigionamento concentrato della materia prima. Se si decide che tutti i GS devono comprare latte Berna si ha una concentrazione dell’approvvigionamento. Si crea un rapporto negoziale col produttore contrattando anche sul prezzo e nello stesso tempo taglio fuori altri produttori. Prima, infatti, vi era la possibilità di più dettaglianti (Berna, Matese ecc). Secondo alcuni teorici, quindi sono proprio gli effetti della concentrazione che tolgono potere contrattuale alle comunità che molto spesso non hanno decisione per se stessi. La concentrazione non è detto che arrechi risultati positivi in termini di qualità e prezzo al consumatore, crea anche risultati negativi alle varietà locali perché nel momento in cui si chiudono degli stabilimenti vengono a determinarsi una crisi del locale, della materie locali. Ecco che nascono dei problemi di vulnerabilità dei territori, disoccupazione. Comprando scarpe Adidas ad esempio, riduciamo la varietà e la possibilità di offrire saperi locali, imprenditoria locale. Quando si hanno fenomeni di impresa globale si hanno impulsi di comando da lontano. Per produrre una scarpa tecnologica, l’Adidas ha bisogno di competenze specifiche e particolari. Molto spesso è un prodotto che ha una logica che è quella “dell’usa e getta” quindi anche con un impatto ambientale forte, prodotta con materiali tecnologici e quindi non riciclabili; ciò significa maggiore spreco e maggiore impatto ambientale. L’ottica “dell’usa e getta” significa anche dare minore possibilità di lavoro alle persone del luogo. Si pensi alla produzione industriale che viene effettuata dove i materiali vengono testati per le garanzie, per durare per un numero esatto di anni, e di rompersi spesso poco dopo, con una tecnica produttiva per la quale io devo sostituire il pezzo senza poterlo riparare. È per questo che non posso avere l’impresa locale che mi costruisce nuovo motore ad esempio, ma mi costringe a monopolizzare il produttore per tutto il mondo. Questa è una logica che tende alla concentrazione, “ all’usa e getta”, alla non apertura della propria tecnica produttiva, eliminando la possibilità di lavoro nei mercati locali causando un impatto ambientale forte.

L’organizzazione territoriale dell’industria attualmente è fatta di strutture territoriali molto integrate tra di loro e a distanza geografica elevata.Il modo di funzionamento è quello di reti di collaborazione, dove le produzione sono esternalizzate, ed esiste una collaborazione dal punto di vista del know how, dell’invenzione, dell’innovazione.Tutto quello che sembrerebbe essere uno spazio geo-economico fortemente cooperativo, collaborativo, e decentrato in realtà si presenta secondo sfumature di diversa importanza di gerarchie funzionali territoriali.Quindi non possiamo più parlare di uno schema centro-periferia come accadeva negli anni ‘70 tra il nord e sud del mondo. Non abbiamo più uno schema dualistico preciso di contrapposizione centro-periferia o città-campagna perchè anche in ambiti rurali vi è l’industrializzazione di attività più rare.Dobbiamo perciò dire che le attività importanti di R&S, direzione, comando e controllo continuano ad essere localizzate in poche aree del mondo.Questi spazi, pur essendo fortemente integrati territorialmente, hanno sempre una dialettica di gerarchia territoriale dove quello che conta è saper fare l’attività di pregio, rara, perché è quella che assicura la continuità dello sviluppo.

GEOGRAFIA DEL TERZIARIO

L’attività manifatturiera ha subito sempre più un processo di terziarizzazione con la nascita di attività specializzate in particolari settori come quelli della ricerca, marketing, pubblicità, addestramento/reclutamento del personale.La terziarizzazione di un territorio diventa un fattore di sviluppo capace di aumentare lo standard di vita di un certo territorio. Lo sviluppo di questo settore caratterizza le società c.d. “post.industriali”. Paesi come U.E. gli U.S.A., Australia, Giappone si trovano all’interno di questa tendenza.

L’ordine spaziale relativo al terziario può essere si caratterizza come discontinuo e molto pervasivo perché spesso mischiato con altre attività.

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Esiste la tendenza alla continuità nell’ordine spaziale: molti paesi hanno creato dei veri e propri centri di servizio (es. l’Olanda ha realizzato un piano di marketing legato allo sviluppo dell’aereoporto di Schiphol mettendo a punto un’area logistica per attrarre imprese estere. A tale scopo hanno anche realizzato un “Business Park” a disposizione della clientela.) dedicati ad affari (pensiamo alla Défense di Parigi) o ad altre esigenze della società.Anche qui c’è l’effetto di gerarchia territoriale in quanto possiamo trovare nei centri delle città strutture di servizio prevalentemente rivolte verso una clientela con alto reddito, mentre troviamo nella periferia centri di servizi low budget.Possiamo fare riferimento ad una molteplicità di skills che potrebbero migliorare la qualità dei servizi sia nei confronti delle imprese (es. prototipazione, consulenza organizzativa) che nei confronti della collettività ( es. accoglienza, trattamento povertà, gestione problemi sociali). Si tratts dunque di un ordine spaziale legato anche a fattori immateriali e di milieu con una crescente importanza infrastrutture di pregio per sostenere lo sviluppo.Il terziario si caratterizza per una suddivisione gerarchica-territoriale,funzionale (servizi alle famiglie affidate ai privati, per la collettività in maggioranza affidate a PA o terzo settore , servizi per le imprese son affidati ai privati perlopiù)

Fino a pochi decenni fa il carattere distintivo del terziario,rispetto a industria e agricoltura,era quella di essere un settore residuale,in cui venivano inserite tutte le attività che non facevano parte degli altri due settori. Più recentemente,vista l’espansione delle attività terziarie, sono state proposte classificazione del terziario più analitiche e articolate,nel tentativo di suddividere i vari servizi secondo la funzione economica e la posizione gerarchica-territoriale. Lo sviluppo nei paesi ad economia avanzata il forte incremento delle percentuali degli addetti nel settore terziario ha portato a definire l’attuale fase di sviluppo economico-sociale come terziarizzazione dell’economia o economia postindustriale. Questo non significa,però,che una fase industriale basata sulla produzione materiale si stia passando a una fase unicamente del terziario. La produzione industriale non si è ridotta,è solo mutata l’organizzazione del processo produttivo. Di conseguenza,nei paesi e nelle regioni più sviluppate è aumentata in proporzione la quota del lavoro terziario dedicato all’industria,cioè le attività di progettazione,di ricerca applicata,di programmazione informatica,di telecomunicazioni ecc.;le fasi produttive e distributive richiedono inoltre sempre più attività di tipo finanziario,gestionale,di formazione,logistica,pubblicità,marketing ecc. Mentre alcuni paesi per potersi industrializzare gli imprenditori chiedono che in una certa area con particolari livelli di efficienza. Quindi con una crescita importante del servizio c’è anche la maturità del territorio e una crescita della domanda di esternalità e soprattutto in termini di infrastrutture (investimento,centri informazione,infrastrutture della logistica avanzato,la connessione a internet). La classificazione tipologica delle attività di servizio per trattare dei parametri localizzativi che ci aiutano a capire di più lo sviluppo dei sistemi urbani,migliorie che si sono avute nel tempo in termini matematici anche se in geografia ci sono diverse strumentalizzazione per esempio in passato i geografi sono stati chiamati dal coordinamento delle cause delle camere di commercio agli inizi degli anni ‘60quando bisognava suddividere l’Italia in bacini territoriali di fondo di commercio per capire di che tipo di attività di servizio dei settori del paese dovevano essere localizzati. Quindi oltre alle teorie a migliorie geografiche ci sono anche dei modelli per delimitare il territorio nelle aree di astrazione.

Classifica delle attività terziarie si distingue:

- Servizi famiglia:destinati alla vendita e rivolti al consumo finale,ad esempio il commercio al minuto ,buona parte dei servizi paracommerciali(bar, ristoranti ecc.), i servizi per la cura della persona (estetica,lavanderie ecc.),i servizi di manutenzione e i servizi turistici. La localizzazione dei servizi è in funzione della distribuzione della popolazione e dei nuovi consumi eccetto i servizi turistici,perché mentre i servizi della famiglia sono più densamente presenti nelle aree più sviluppate esse sono spesso localizzati nei paesi sviluppati in posizione periferiche rispetto alle grandi aree urbane. Qui l’intervento dello Stato è di tipo indiretto, cioè rivolto soprattutto a regolare le attività dei privati,in quanto la nostra

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economia è molto legata all’impiego dell’occupazione delle famiglie e l’esercizio al dettaglio. Infatti in Europa e nelle grandi città storiche non ci sono molti negozi proprio per la presenza dei centri commerciali, che hanno generato molti problemi perché deprezzano l’occupazione della vita in città dove non ci sono negozi c’è meno controllo del territorio , quindi ci può essere maggiore facilità di attività criminali nocive al suolo.Naturalmente c’è un comportamento ben preciso dei paesi sviluppati rispetto alle attività del terziario dei servizi alle famiglie, in quanto c’è un grosso giro del capitale e quindi un forte investimento per le tecnologie che comportano grosse concentrazioni finanziarie delle imprese.I servizi voluttuari sono normalmente localizzati dove c’è un certo tenore di vita ovvero nelle parti centrali della città ,questi comprendono i servizi per la persona ,lo svago il tempo libero ecc. trattandosi di servizi specializzati e altamente sensibili ai mutamenti della moda ,la loro offerta non è facilmente concentrabile ne standardizzabile e il settore è caratterizzato da un elevato livello di occupazione e dal frazionamento in piccole unità aziendale.Nei paesi del Sud del mondo prevale invece un terziario ipertrofico o superfluo, a causa della sua bassissima produttività del lavoro .La rete dei servizi commerciali nei paesi sottosviluppati è ancora molto primitiva in quanto presenza un “ doppio circuito”:il primo formato dalla classe agiata e dominante e dagli stranieri provenienti da paesi sviluppati; il secondo dalla maggioranza povera della popolazione indigenza. Questo dualismo è evidente nel commercio in cui coesistono una struttura tradizionale e una struttura più avanzata . Un esempio di commercio tradizionale è il Bazar che è una struttura territoriale che è il fulcro della vita del villaggio.Molto importante nel mondo moderno occidentale è la nuova cultura dell’ E-shopping, ovvero l’acquisto di qualsiasi oggetto on-line con questo modello di commercio le distanze pur rimanendo le stesse diventano virtualmente più brevi , comportando un cambiamento notevole del territorio.- Servizi per la collettività: sono condizioni generali per la produzione ed anche per ottenere le diseconomie ovvero sono gli indicatori dello sviluppo di un paese. La loro localizzazione dipende dalla distribuzione della popolazione ma non necessariamente dal potere d’acquisto, infatti può dipendere anche dalle politiche regionali e dall’orientamento politico attuale delle privatizzazioni . I servizi della collettività sono quindi un importante indicatore dello sviluppo economico di un paese: scuola,ospedale ,autostrade,aeroporto che sono condizioni generali le quali danno indicazioni sul livello di competitività di un paese cambiando il livello di benessere generale.Questi servizi a differenza di quelli delle famiglie sono legate alle possibilità individuali di spesa ,lo Stato infatti può fornire questi servizi a prezzi politici incentivando le imprese. I servizi della collettività sono attualmente in una fase di privatizzazione voluta anche dagli organismi internazionali. C’è l’esempio di accordi GATT che ha sviluppato una serie di accordi successivi che spingono gli Stati a privatizzare i servizi della collettività.- Servizi per le imprese: rivolti alle attività economiche e suddivisi in tradizionali e innovativi, a seconda del grado di innovazione tecnologica e organizzative che comprendono: i trasporti privati che sono in genere tradizionali(esempio l’attività contabile aziendale), mentre sono innovativi la ricerca applicata , il marketing, la logistica(ad esempio una società ad alta commissione aziendale o assistenza informatica). I servizi per le imprese poi possono essere divisi in espliciti e impliciti (esempio formazione e servizi collegati).mentre i servizi espliciti sono prodotti da unità esterne all’impresa, quelli impliciti sono prodotti interamente all’impresa, non per la vendita ma per un uso interno .L’insieme dei servizi espliciti e impliciti rivolti a elaborare,immagazzinare,scambiare e controllare l’informazione sono la strategia indispensabile all’impresa.-Le attività quaternarie: non sono propriamente servizi ma il “cervello” del sistema: funzione di direzione ,comando e controllo a livello politico,sociale,economico e culturale; esso comprende le sedi decisionali superiori della Pubblica Amministrazione, del governo politico, del potere militare , dei grandi partiti e sindacati; le principali istituzioni finanziarie e di mercato come le banche centrali e le borse, istituti di credito; un esempio sono anche le città globali. Il quaternario è un gruppo di servi particolarmente avanzato che si è sviluppato recentemente .Si comprende facilmente che la funzione del quaternario è fondamentale per l’economia di tutti i paesi del mondo e per il sistema-mondo nel suo insieme e per questo viene separato dal terziario. Possiamo anche dire che le attività del quaternario hanno una maggiore rigidità localizzativi nel senso che hanno bisogno di particolari fattori di milieu per cui non si

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possono delocalizzare.Infine in questo tipo di attività c’è una dicotomia tra città e campagne e tra nord e sud di una stessa area infatti per alcuni servizi più banali e più facile il decentramento.

Le attività quaternarie maggiori sono sviluppate nelle città come New York,Londra, Parigi. Queste città hanno un’influenza su scala mondiale e sono oggi i nodi centrali delle relazioni globali ( commerciali, finanziarie, scientifiche ecc.) create della mondializzazione dell’economia e vengono perciò dette città globali.

6. GEOGRAFIA DEI TRASPORTI E COMUNICAZIONE

Lo sviluppo locale e territoriale, non è legato al solo attore impresa, ma, deve prevedere un disegno di pianificazione del territorio e di interventi tra attività istituzionali che cerchino di migliorare le infrastrutture e cerchino di fornire servizi alla collettività (che come già visto non possono dipendere da sole ragioni di mercato o da bacini di popolazione). A partire dagli anni ’80 l’esperienza del paradigma economico legato al liberismo economico (attualmente ancora persistente) ci mette in evidenza che è un illusorio pensare che lo sviluppo sia legato alla sola iniziativa d’impresa. Come già detto, si assiste a una progressiva terziarizzazione dell’economia e buona parte di questa terziarizzazione riguarda proprio lo sviluppo di nuove attività che fanno servizio alle imprese o alla collettività, tra queste attività di servizi alcune riguardano i trasporti e le comunicazioni. Anche l’innovazione tecnologica ha riguardato questo segmento specifico dell’attività produttiva legata al trasporto, alla logistica e alla comunicazione. La possibilità di incorporare l’information technology e nuove tecnologie di trasporto per il collegamento tra i territori, rende possibile concretamente la globalizzazione cioè l’interconnessione tra gli spazi che trova la sua ossatura, il suo sistema nervoso, proprio nello sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni.

Si può affermare che esistono diversi processi comunicativi caratterizzati anche da un agire legato al fattore di milieu, cioè un agire comunicativo che va al di là di un agire economico e di un agire strategico. In un’attività di comunicazione si ha una forma di interazione tra i soggetti, una capacità degli stessi di capire, decodificare ciò che accade intorno a loro e di selezionare le informazioni necessarie al proprio sistema locale, creando un progetto collettivo di azione. L’agire comunicativo non è orientato alla creazione immediata del vantaggio, come invece può avvenire nell’agire economico o strategico capace di estrarre informazioni in maniera strumentale al profitto, ma esso genera un certo tipo di atmosfera in un luogo che porta a definire il territorio un bene relazionale (Storper). Il bene relazionale è l’insieme di rapporti di comunicazione, di scambio di informazione, di rapporti che generano situazioni creative, legate alla cultura di un luogo e non finalizzate allo scambio di un qualcosa come la realizzazione del mero profitto. Nelle attività di comunicazione, il passaggio delle informazioni può essere dei più differenziati: si possono avere scambi di informazioni di scienziati e ricercatori di Bombay che collaborano con colleghi della Silicon Valley; si possono trovare anche commercianti senegalesi dislocati nel mondo, capaci di creare una rete organizzata, fatta a più livelli di intermediazione commerciale e tra diversi territori, per la quale utilizzano anche nuove tecnologie al fine di scambiare informazioni. Le nuove tecnologie possono essere utilizzate anche per creare identità collettiva, per creare senso di appartenenza, per rispondere a dei bisogni emotivi che tengono in vita queste grosse catene umane, che comunicano a distanza nella attuale era della globalizzazione; cioè con questo esempio si vuol mettere in evidenza che le attività di comunicazioni si possono vedere ad ampio raggio e spesso il sistema nervoso di queste attività di comunicazione è rappresentato dall’utilizzo delle nuove tecnologie, da internet, dai contenuti digitali prodotti su internet. I flussi di comunicazione attraversano il mondo e rendono possibile l’interazione a distanza oltre le reti di trasporto e la mobilità fisica delle persone. Dietro questa appropriazione culturale di un nuovo mezzo tecnologico, esistono delle logiche territoriali precise che sono alla base dei divari delle varie offerte regionali di infrastrutture. Tutte queste attività di trasporto, di comunicazione costituiscono il sistema nervoso della globalizzazione, la quale rappresenta nella storia dell’umanità il momento apicale dell’intensificazione dei rapporti di scambio e della mobilità. In realtà, infatti, trasporti e comunicazione sono stati il vettore che ha permesso la globalizzazione, intesa soprattutto come la

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circolazione dei flussi di idee e di informazione che è avvenuta anche attraverso le reti digitali. Tale sistema nervoso si compone di strutture dislocate sul territorio (porti, hub, piattaforme di interconnessione ecc. politiche dei vari paesi), di flussi nel cyberspazio e di veri e propri territori virtuali che sono alla base sia di impatti generati sul territorio, sia sul modo specifico di vivere lo stesso. L’approccio alla comunicazione e al trasporto verte dunque su due piani: un piano di movimentazione fisica, e un piano di movimentazione di flusso (virtuale). Ciò avviene sia perché il trasporto fisico incorpora in se stesso un alto controllo e produzione di informazione (monitoraggio on line dei camion sulle reti di trasporto, carico-scarico merci acquisito tramite codice a barre ecc..), sia perché tutto questo intensificarsi della movimentazione è dato dalla possibilità di comunicare: Il gap (il divario) della comunicazione è in grado di influenzare notevolmente la capacità di business (si pensi al caso della crisi riguardante il distretto industriale della sedia nel nord est d’Italia: avendo impiantato la maggior parte delle imprese in sedi rurali, non servite dalla tecnologia a banda larga, si è costretti a comunicare con mezzi arretrati come il vecchio fax. In tal caso dunque vi è un gap nella comunicazione, a livello digitale, che frena moltissimo il business). Occorre quindi osservare in un’ottica unica trasporti e comunicazione, pur considerando che ci riferiamo a due accezioni differenti.La comunicazione è infatti intesa come mezzo per facilitare la movimentazione fisica della merce, per facilitare il contatto del venditore e del compratore con il mercato, assumendo il valore di un mezzo di interazione spaziale tra le aree.Per trasporti si intende maggiormente la movimentazione fisica, espressione tra le più riconoscibili dell’interazione geografica. Oggigiorno è in stretta connessione con la comunicazione digitale..Questi due comparti però, sono ora fortemente interrelati, tra di loro vige infatti un processo circolare di influenza reciproca: chi soffre di gap comunicativi soffre anche di gap di accessibilità e comunicabilità.Vi è una branca della geografia basata sull’analisi spaziale delle aree, grazie alla quale era possibile evidenziare i vari gap infrastrutturali presenti, che riguardavano in special modo problemi di accessibilità ai maggiori centri urbani o alle arre più remote, e problemi di connettività riguardanti il grado di interrelazione e comunicazione tra più nodi di uno stesso sistema. Il settore dei trasporti inoltre è da sempre una grossa voce di spesa delle amministrazioni delle singole regioni, a seconda della competenza, essa è inoltre un’area di grande importanza per quanto riguarda gli appalti. Il gap infrastrutturale inoltre si presenza come una sorta di misurazione indiretta del livello di sviluppo di una zona e anche dell’intero livello di opportunità che possono avere i cittadini. Inoltre, poiché la movimentazione delle merci e delle persone viene aumentata (nonché ridotta) dall’accesso alle reti di comunicazione legate ad internet e ai servizi ivi presenti, ci si può trovare in situazioni tali in cui è possibile misurare il gap in termini di accesso, disponibilità alle reti digitali: è possibile dunque trovarsi in presenza del cosiddetto divario digitale (variamente misurabile, in quanto la misurazione stessa dipende dal criterio utilizzato). Si ha dunque la capacità di misurare il livello digitale inteso come capacità di copertura di bande sofisticate, di penetrazione di Internet a banda larga nelle famiglie e per l’impresa. Questi sono tutti indicatori che insieme ad altri possono costituire forme di rappresentazione geografica dl divario digitale. La misurazione del gap digitale ci permette di trovarci dinanzi a una tassonomia variegata comprendente diversi gradi di sviluppo perché ormai lo sviluppo del sistema locale è fortemente intrecciato alla disponibilità infrastrutturale della movimentazione fisica e alle opportunità digitali. Le opportunità di ciascun individuo perciò risultano molto variegate in quanto un luogo può trovarsi a possedere un’alta dotazione infrastrutturale sia tradizionale che digitale, oppure un’alta dotazione infrastrutturale e una bassa dotazione digitale. Sono questi tipi di misurazione di accessibilità e disponibilità ad essere degli indicatori di sviluppo e di benessere, e dei parametri di attrattività del business in una certa area territoriale. A seconda delle situazioni è possibile elaborare un certo numero di indicatori (disponibilità Mbps per area geografica, tipologia di rete per area geografica, numero di famiglie con accesso a banda larga). Cosa succede se si vuole misurare il gap infrastrutturale, ovvero se si vuole rappresentare l’ordine spaziale che deriva dai trasporti e dalle telecomunicazioni? Abbiamo in questo caso a che fare con il concetto della rete, o meglio, con il concetto di grafo.

Il grafo è lo strumento concettuale che ci serve a progettare le reti di trasporto in base a misure di accessibilità che si vogliono raggiungere, tenendo presente lo studio del terreno e valutando le difficoltà tecniche ed economico-sociali evidenziabili in un certo territorio.

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Ciascun grafo è un sistema di segmenti che unisce diversi punti. Tali punti vengono denominati nodi e rappresentano i punti di origine e destinazione di una certa percorrenza. Il nodo può essere rappresentato dal terminal di una stazione o di un aeroporto, dunque in generale è una localizzazione geografica di un certo tipo di infrastruttura di trasporto. È possibile dunque analizzare l’efficienza di questo grafo, efficienza intesa in termini di accessibilità di ogni singolo nodo e dunque di possibilità che hanno individui o merci di raggiungere un certo luogo. Non tutti i luoghi però sono accessibili nella stessa maniera: sono i luoghi più accessibili ad essere i più avvantaggiati; rientriamo dunque in quel concetto di prossimità che si traduce in valore economico. L’ordine spaziale basato su parametri di accessibilità e disponibilità è anche una misurazione dell’attrattività di un luogo.

L’accessibilità è un parametro localizzativo indicante la possibilità di un centro di essere raggiunto dagli individui e quindi di essere connesso ad altri centri. L’accessibilità può essere determinata da condizioni naturali (Napoli aveva un’accessibilità maggiore di Benevento per condizioni naturali, in quanto situato su una costa e su una insenatura più o meno tranquilla; Benevento invece era situata all’interno di una zona più impervia e meno accessibile alle vie di comunicazione via mare, dunque meno esposta alle possibilità di evoluzione e di contatto), o da scelte legate all’organizzazione del territorio (l’accessibilità di un luogo può quindi essere migliorata grazie a scelte di politica territoriale: si tratta di organizzare il territorio rispetto alla fornitura di infrastrutture). L’accessibilità è uno dei primi indicatori di benessere. Occorre però pensare anche al concetto di connettività: l’accessibilità da sola non basta a generare lo sviluppo economico di un paese, occorre capire quali sono quei centri che in realtà sono accessibili non semplicemente da un unico luogo, ma sono essi stessi in grado di interagire con diversi luoghi; occorre quindi capire quanto il sistema è interrelato complessivamente. I territori che non ne sono dotati sono quelli peggio serviti dalla globalizzazione.Innovazioni e scelte di politica territoriale cambiano le condizioni di accessibilità e connettività, agendo fortemente sul potenziale di un certo luogo (pensare di mutare l’evoluzione di un territorio basandosi su scelte di accessibilità e connettività è una delle scelte intrapresa dai territori più competitivi).Di solito, infatti, si inizia ad aumentare l’accessibilità a quei centri rappresentanti dei nodi, che hanno delle piccole interconnessioni con altri luoghi. Man mano che si sviluppa il sistema dei commerci in questi centri si rende necessario aumentare l’accessibilità a nuovi territori, ma l’accessibilità varia da luogo a luogo e ha rango diverso. Si innesca un meccanismo attraverso il quale si forma una sorta di maglia di interconnessione di diversi nodi che hanno un rango diverso a seconda della connettività e accessibilità. La polarizzazione di un luogo fa in modo che anche altri centri vogliano essere interconnessi aumentando così sempre più l’accessibilità.Dal punto di vista del viaggiatore come avverranno le scelte del vettore di trasporto?Ancora una volta troviamo dei luoghi più connessi e altri in cui il viaggiatore deve abbandonare un certo tipo di grafo e immettersi su un altro grafo: c’è quindi una correlazione diretta tra rango di una certa località (importanza) e livello di funzione. C’è infatti un sistema di localizzazione preciso che è stato solo al giorno d’oggi leggermente modificato dai low cost, per quanto riguarda localizzazione di infrastrutture di trasporto superiore (aeroporto e importanza della città). Tutto il mondo è variamente solcato dalle reti di trasporto dove ogni nodo ha una serie di omologhi, cioè di nodi di uguale importanza in termini di accessibilità e connettività, possiamo dunque trovare diverse situazioni di gerarchia territoriale in base all’importanza che riveste il nodo nel grafo mondiale dei trasporti.Esistono poi diverse novità introdotte nei tempi recenti. Queste riguardano soprattutto l’innovazione di alcuni dispositivi tecnologici di monitoraggio del trasporto, tipo i sistemi radio e controllo per il trasporto e la regolazione dello spazio aereo, ma anche delle innovazioni che hanno permesso alle merci di avere una sorta di movimentazione continua senza dover cambiare imballaggio, lavorazione, smistamento: c’è stata un’innovazione fondamentale oltre a quella dei sistemi di telecomunicazione che ha riguardato i sistemi di roll-on/roll-off, ovvero la possibilità data dai containers di introdurre un unico sistema per movimentare la merce, per tutti i vettori di trasporto, che ha fatto sì che fossero abbattuti i tempi di percorrenza e i relativi costi; ci sono state delle tecnologie di smistamento che hanno rivoluzionato la possibilità della connettività mondiale dell’abbattimento dei tempi di trasporto. Chi si è impossessato per primo di questa novità ha potuto conquistare maggiori fette di mercato, ha potuto rivoluzionare il concetto precedente di origine-destinazione della merce, introducendo un nuovo concetto: quello della direttrice.

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La direttrice dei trasporti è la combinazione di più vettori nella movimentazione di una singola merce. Il flusso in questo caso diventa così continuo tra un vettore e l’altro che non ha più senso parametrare i costi, i tempi e l’organizzazione tra movimentazione su ferro, gomma o aereo perché in realtà la merce può essere vista su un unico grafo di trasporti, che assume direttamente quindi l’idea di una direttrice. È possibile avere una misurazione della globalizzazione anche andando a misurare quali sono le principali direttrici del trasporto mondiale. Si va dunque a constatare secondo quali punti geografici transita il più alto numero di merci; sarà possibile scoprire quali sono i principali aeroporti o porti del mondo, individuando quindi quali siano le principali rotte mondiali.Il concetto di rotta è un concetto che adesso si complessifica grazie all’organizzazione tecnologica e all’innovazione, mentre prima era molto legato al concetto di esplorazione (le rotte per i nuovi prodotti agroalimentari che venivano dalle Americhe furono successive a un processo di esplorazione).Siamo così passati dalla vecchia idea di esplorazione geografica che ha contraddistinto l’umanità in tanti secoli alla fissazione di una rotta che comportava la sperimentazione, l’organizzazione e la salvaguardia per decadi, fino al concetto di direttrice dove abbiamo che attualmente una merce è in grado di fare il giro del mondo, magari in meno di ventiquattro ore. Tutto questo deve essere pensato per un numero elevatissimo di merci e per un numero molto maggiore di punti geografici e località interconnesse. Considerato il caso dello scioglimento dei ghiacciai, di possibilità di nuove rotte per la Russia e possibilità di acquisire nuova centralità, sappiamo infatti che chiudendo il canale di Suez si creerebbe uno shock petrolifero, come sappiamo che aprendo la rotta antartica si avrebbe una diminuzione dei tempi di trasporto, ciò vuol dire sapere che vi sono potenzialmente nuove rotte, e comprendere che il mondo è in continua evoluzione (le direttrici di traffico attuali provengono dai porti di Shangai e di Honk Kong seguendo un certo itinerario, cosa che non era possibile quarant’anni fa. In cinquant’anni vedremo nuove rotte che irrobustiranno probabilmente l’Africa). Le principali direttrici mondiali diventano pertanto:• Europa occidentale e America Settentrionale, ovvero la sponda atlantica Europa-Usa• Pacifico-Nord America, considerando lo scioglimento dei ghiacciai e le nuove rotte artiche• Europa occidentale-Medio Oriente (raggiungibile via mare attraverso Suez o attraverso l’Africa), rappresentante sia la movimentazione delle merci dalla Cina, che la movimentazione delle petroliere• Europa Asia Meridionale (arriva fino in Giappone)• Grandi nodi ad elevata concentrazione = gangli strategici dell’economia, sono rappresentati dai principali porti del mondo (Shangai, Rotterdam, Londra, New York), dagli Hub mondiali degli aeroporti(New York, Londra e alcuni aeroporti dell’Oriente), ci sono poi nuove rotte che si aprono verso l’estremo Oriente.

Si ha quindi un sistema dove ci sono dei luoghi più o meno interessati alle principali rotte, direttrici del commercio e del trasporto mondiale. Se abbiamo il concetto di rete (grafo), occorre andare ad analizzare quali sono questi nodi che movimentano lungo le direttrici del trasporto. Abbiamo detto che il trasporto può essere combinato grazie ai containers, esso va quindi identificato secondo la modalità (trasporto su gomma, trasporto fluviale..) all’interno di ogni tipo di trasporto si avranno diversi luoghi infrastrutturati in maniera diversa che servono a organizzare questo traffico. Nel caso del traffico portuale, avremo il porto come struttura territoriale principale, e diverse caratterizzazioni di porto: dobbiamo vedere il porto come gateway, una struttura di smistamento entrata-uscita di una merce o di un individuo. Anche il porto è una struttura territoriale che muta nel corso del tempo (in genere i paesi in via di sviluppo hanno un porto monofunzionale, specializzato nel trasporto di una merce; i porti più moderni solo polifunzionali). I porti al giorno d’oggi sono diventati delle aree dove oltre ai trasporti si trovano anche altre funzioni: sia funzioni legate alla pubblica amministrazione, per quanto riguarda il controllo sanitario o la dogana e dunque terziario pubblico; sia funzioni legate alla logistica ovvero terziario privato, ed infine piccole attività di manutenzione e quindi secondario industriale. È possibile poi avere un’osmosi profonda tra struttura territoriale, porto e suo entroterra: un territorio libero fra il porto e le immediate vicinanze sta a significare un sistema di localizzazione ottimale per attività industriali o di servizi: si arriva così a definire una regione portuale marittima, il raggio d’azione legato alle attività marittime del terziario, ma anche del secondario che vanno ben oltre la localizzazione del singolo porto. Genova ad esempio non ha potuto

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compiere ciò, per un limite naturale, perché c’è poco spazio; Genova è infatti a ridosso del tratto terminale delle Alpi che dirada verso la costa e solo tardi si è data da fare per sviluppare delle intese con altri porti della Liguria, quindi una strategia marittimo-portuale con La Spezia ed altri porti specializzati. Napoli era fino agli anni sessanta uno dei principali porti del mediterraneo, poi ha avuto un periodo di crisi, declino e si è ripresa dopo gli anni ottanta quando si sono aperte nuove rotte di tipo crocieristico, perché sono state ammodernate e riqualificate delle zone dismesse del porto; resta però ancora molto da fare, per via anche degli impedimenti riguardanti la politica di pianificazione del territorio. Chi possiede nodi altamente interconnessi, intermodali, può partecipare meglio al vantaggio competitivo complessivo; un paese che non investe nei trasporti in senso moderno, è un paese che va in declino: Gioia Tauro è diventato da una quindicina d’anni un porto di trasborder, alcuni porti infatti sono naturalmente predisposti ad incamerare i containers, essa dopo un periodo di crisi ha deciso di investire in questa possibilità di business. I grandi nodi portuali e i porti di trasbordo sono quindi piattaforme di interconnessione della rete mondiale dei trasporti.La razionalizzazione dei flussi riguarda anche gli Hub cioè i grandi aeroporti internazionali in grado di raggiungere tutto il mondo e di trasportare molti tipi di merci.Con il concetto di Hub, intendiamo l’aeroporto principale di una città; quello in grado di smistare le rotte intercontinentali. Non tutte le città sono connesse alle rotte intercontinentali: riprendendo l’esempio di prima sappiamo che Napoli non è un Hub, in Italia lo sono Milano e Roma, con alterne vicende. Gli Hub si configurano quindi come strutture territoriali, aree geografiche attrezzate che interagiscono a diversa scala con altre aree omologhe nel mondo, e stabiliscono delle piattaforme di interconnessione: sono dunque nodi di aggancio nella direttrice che vanno anche oltre il trasporto (attività di logistica). Occorre a questo punto capire quale sia il grado di sofisticazioni di porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, come piattaforma di interconnessione; occorre capire il livello di connettività, l’ordine spaziale cui appartiene quella struttura territoriale che fa trasporto. Il punto è comprendere se ci troviamo in una situazione di piena intermodalità, pieno trasporto combinato.

È il caso dunque di inserire le considerazioni esposte nel seminario di approfondimento geoeconomico relativo ai nuovi rapporti di ricerca di SRM, dal titolo “Aeroporti e Territorio”.

Nella suddetta trattazione infatti, si focalizza maggiormente l’attenzione sul Mezzogiorno d’Italia, sulla valorizzazione delle sue competenze, e sulla ricerca degli obiettivi più adatti a comprendere come operare per il miglioramento del Sud.Il seminario pone in evidenza, partendo da un’indagine strategica e territoriale, i punti di debolezza del sistema aereo italiano, proponendo valide azioni per il suo miglioramento.Secondo una statistica 2007, il trasporto aereo italiano, sia passeggeri che cargo, è cresciuto in percentuale, più di quello europeo, configurando l’Italia al 5° posto nel mercato europeo passeggeri, e al 6° posto nel mercato europeo cargo.Analizzando la distribuzione degli aeroporti italiani, si nota una molteplicità di infrastrutture aeroportuali, per le quali però manca una programmazione strategica. Il Sud ha una buona distribuzione del traffico passeggeri, e quindi buone possibilità di fare da protagonista nello scenario mondiale, possibilità che ancora non vengono colte appieno dall’organizzazione statale.I punti critici del trasporto aereo riguardano principalmente:

una bassa propensione al volo, configurando l’Italia tra gli ultimi posti nei voli intercontinentali.

una bassa connettività degli aeroporti, dimostrata grazie all’utilizzo dello strumento grafo, il quale ha messo in evidenza come in particolar modo aeroporti Milano Malpensa si collochino al 23° posto nel Rank europeo.Nella regolazione del settore aeroportuale infatti, c’è una frammentazione delle competenze fra vari enti. La normativa italiana non riesce pertanto ad adeguarsi ad una qualsivoglia forma di sviluppo aeroportuale, per via appunto dei diversi attori partecipanti e delle note lungaggini procedurali.L’affollamento delle figure regolatrici porta dunque da un lato, alla congestione delle gestioni aeroportuali, in quanto in Italia non vige una vera e propria disciplina, e dall’altro alla mancanza di una

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regolazione tariffaria: alle diverse delibere non ha seguito nessuna attuazione delle stesse, esistono pertanto tariffe specifiche per ciascun aeroporto.La mancata pianificazione del sistema, porta dunque alla concorrenza tra aeroporti vicini, la quale non fa altro che penalizzarle possibilità di sviluppo e porta alla frammentazione dei finanziamenti pubblici. Si crea mancanza di decisione, per la presenza di diversi nodi istituzionali, e la mancanza di un piano nazionale non permette la formalizzazione di un piano di sviluppo; una nota negativa va in special modo agli interporti, punti in cui è possibile cambiare mezzo di trasporto, i quali sono stati costruiti nelle località più assurde, spesso per niente attraversate da correnti di traffico e di commercio, che hanno creato un enorme dispendio di risorse.L’esigenza di programmare riguarda soprattutto lo sviluppo del trasporto cargo, che in proporzione a quello passeggeri, ha avuto uno sviluppo molto limitato negli anni, senza considerare che la concentrazione di traffico passeggeri si divide principalmente nei tre aeroporti di Catania, Napoli e Palermo.La globalizzazione del mercato turistico e del trasporto, può rappresentare una possibilità di crescita per l’economia locale, in quanto accresce il grado di accessibilità delle destinazioni. In una rete aeroportuale vasta, e con un buon livello di dotazioni strutturali, tale possibilità può essere colta soltanto superando i punti critici del patrimonio infrastrutturale italiano: allo stato attuale vige un sovradimensionamento della rete sia rispetto alle esigenze economiche e sociali della macroarea, sia al potenziale (nonché reale) mercato circostante; la rete aeroportuale stessa, non costituisce sistema.Non si può ancora parlare infatti di un sistema integrato e intermodale, all’interno del quale ciascun aeroporto abbia una sua specializzazione funzionale; se l’obbiettivo fosse di un sistema unico, ciascun aeroporto specializzandosi, garantirebbe economie di scala, e dunque gestioni positive.Le politiche di sviluppo sono state pertanto improntate su strumenti programmatici nazionali e regionali, tramite i quali stabilire una programmazione più adeguata, attraverso accordi per razionalizzare lo sviluppo di un settore. Sono stati poi improntati su strumenti finanziari, programmi operativi nazionali e regionali che hanno prestato maggiore attenzione per le infrastrutture.Le politiche hanno dimostrato che il miglior utilizzo dello strumento programmatico riguarda aeroporti come Napoli e Cagliari per le infrastrutture, affiancati da Lamezia e Bari per il volo. Lo stato della progettazione mostra la presenza di molteplici progetti previsti ma non avviati, e dunque in fase di completamento. Le risorse risultano ancora prevalentemente assegnate alle ferrovie; la dotazione finanziaria per obbiettivi, evidenzia che solo la Calabria ha saputo investire la maggior parte dell’importo a sua disposizione nello sviluppo del settore aereo, la Puglia al contrario, pur disponendo di nodi fondamentali, non assegna risorse specifiche al settore.Nella parte finale della trattazione è stata inoltre affrontata un’analisi di bilancio, orientata sia alla struttura finanziaria delle imprese che allo “stato di salute” dei settori che ruotano intorno all’aeroporto.La redditività nel gruppo dei settori del trasporto aereo ha evidenziato nella Campania un Ros dell’11,5%, investito principalmente nell’impresa aerospaziale. Grazie all’elaborazione di indici strategici, si è stimata la quota internazionale di passeggeri e di cargo sul totale del traffico, portando in evidenza il prevalere di aeroporti come Pisa per il traffico passeggeri, e come quello di Verona per la maggior percentuale di traffico cargo. Il modello interpretativo ha inoltre messo in primo piano la numerosità e il peso delle compagnie straniere, con picchi maggiori per le città di Pisa, Torino e Verona.In definitiva le varie proposte di miglioramento riguardano principalmente:

programmazione sistematica del trasporto aereo nazionale, contestualizzata in ambito europeo

adeguamento e semplificazione della regolamentazione di settore migliore definizione dei ruoli, degli attori coinvolti nella gestione del trasporto aereo razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse finanziarie nel contesto nazionale definizione di accordi tra gestori aeroportuali, vettori ed enti locali, finalizzati a

destagionalizzare la domanda.

Ci sono infine delle località che hanno un ispessimento localizzativo particolarmente importante per essere punto di confluenza e intermodalità di più vettori di trasporto: parliamo dei corridoi plurimodali.

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Non tutto il mondo è servito da corridoi plurimodali, i paesi che riescono a partecipare a questi progetti infrastrutturali, sono paesi che investono nel proprio futuro.Gli aeroporti che non costituiscono Hub vengono chiamati spokes, sono questi ultimi delle località periferiche alle quali i vari Hub si ricollegano.

Accanto alla geografia dei trasporti è opportuno, come si è già accennato, trattare anche l’argomento della logistica.La logistica è una nuova attività che non esisteva in forma così sviluppata fino a quaranta anni fa ed è frutto della modernizzazione tecnologica; la logistica infatti è un’attività del terziario che mira a dare un valore aggiunto a tutto il processo produttivo, in termini di piccole lavorazioni aggiuntive o coordinamento del processo informativo e organizzativo per il trasporto della merce. La logistica è un settore chiave dell’economia non solo per la globalizzazione dei mercati e il decentramento delle attività industriali, ma anche per la diffusione delle reti telematiche e l’adozione del just in time. Nell’ambito della logistica sono nati le piattaforme logistiche e i distretti logistici, aree in grado di ricevere, immagazzinare ed eseguire alcune lavorazioni al fine di smistare le merci. Più imprese possono quindi trovare conveniente localizzarsi vicino a piattaforme di interconnessione (Hub o porti principali) e costruire delle vere e proprie “cittadelle” della logistica. Da ciò se ne deduce che essa è un fattore di localizzazione per le imprese che ad esempio vi istallano i propri magazzini ricambi, imprese quali i corrieri etc .Ci sono infine delle rotte di traffico mondiale che sono più importanti di altre, esse sono denominate vie strategiche in quanto se per un motivo vengono bloccate fanno collassare l’intera geoeconomia: ci sono perciò da parte delle super potenze o delle potenze regionali, delle attenzioni particolari per alcune località del mondo. Gli Usa solo recentemente hanno formalmente ritirato il protettorato di Panama, sebbene il controllo geopolitico su questo territorio sia rimasto intatto; c’è poi un’attenzione mondiale a Suez e, un altro corridoio è quello del Mar della Cina: se ci sono tensioni su questo braccio di mare che dalla Cina passa per le Filippine e va giù fino all’India, si ha infatti un’interruzione di una via strategica per la geoeconomia. Se la Russia riesce ad aprire le rotte artiche, essa costituisce un’altra rotta di interesse strategico. Corinto è un altro istmo di importanza per il traffico con il Medio Oriente e per l’avvio di merci e persone verso la piattaforma continentale dell’Europa Orientale e dell’Asia Centrale. Ci sono dunque diverse strategie geopolitiche militari che si possono accompagnare alla protezione o allo sviluppo delle vie di comunicazione. Un capitolo europeo aperto riguarda la definizione dei corridoi di attraversamento europeo verso l’est. L’Italia è attualmente toccata in maniera puramente tangenziale dal corridoio che dall’est Europa attraversa tutta l’Europa fino ad arrivare a Venezia.

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