The economist - Raccolta traduzioni

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The Economist Raccolta traduzioni Dr. Emilio Tagliaferri Professional Financial Planner BANCA GENERALI

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Articoli di economia e finanza tradotti dal sottoscritto.

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The ���Economist���

Raccolta traduzioni

Dr. Emilio Tagliaferri Professional Financial Planner

BANCA GENERALI

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Elenco articoli

1.  Dont worry, be happy – Numero del 18/05/2013 – Pag. 3

2.  Apocalypse, not yet – Numero del 25/05/2013 – Pag. 5

3.  Shocking – Numero del 01/06/2013 – Pag. 7

4.  Out of favour – Numero del 08/06/2013 - Pag. 10

5.  The end of the affair – Numero del 15/06/2013 - Pag. 14

6.  Tinker, taper – Numero del 22/06/2013 – Pag. 17

7.  Cut off by their sugar daddy – Numero del 29/06/2013 – Pag. 19

8.  Fail safer – Numero del 06/07/2013 – Pag. 22

9.  Squaring the circle – Numero del 07/09/2013 – Pag. 25

10.  Back to normal – Numero del 14/09/2013 – Pag. 28

11.  Taper tiger – Numero del 21/09/2013 – Pag.31

12.  Hitting the roof – Numero del 12/10/2013 – Pag. 33

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Don’t worry, be happy - 1

I rialzisti dettano legge. Il Dow Jones e lo S&P 500 hanno entrambi toccato quotazioni da record sinora quest'anno, con gli investitori che godono di guadagni a doppia cifra. Le azioni europee, come rappresentate dall'indice Stoxx Europe 600, hanno raggiunto il loro livello più alto da quasi cinque anni a questa parte.

Dunque, cosa sta alimentando il rally? Non sembra la forza dell'economia mondiale; i recenti dati sono stati contrastanti: lo scorso mese il Fondo Monetario Internazionale ha abbassato le sue previsioni di crescita globale per l'anno in corso dal 3,5% al 3,3%...

...E il rally non è dovuto nemmeno ad un'impennata dei profitti. I risultati del primo trimestre delle aziende presenti nello S&P 500 sono stati migliori delle attese, ma normalmente lo sono, e hanno mostrato un incremento solo del 5,1% sullo stesso periodo del 2012...

...Forse la spiegazione più popolare risiede nell'impegno delle Banca Centrale del Giappone (BOJ) ad eliminare la deflazione con l'aiuto di un rilevante incremento della base monetaria...

...Le azioni della BOJ sono l'ultimo esempio di un programma di acquisto di assets da parte di una banca centrale. Tali programmi spignoro al ribasso il rendimento delle obbligazioni e incoraggiano gli investitori ad acquistare attivi rischiosi...

...La dimensione dell'intervento della BOJ può anche aver controbilanciato le preoccupazioni degli investitori che la Federl Reserve possa rallentare i suoi acquisti nell'ambito del quantitative easing (QE)...Gli investitori, inoltre, potrebbero essere stati rincuorati dell'allentamento delle politiche monetarie un po' dovunque: molte banche centrali hanno, nelle recenti settimane, tagliato i tassi d'interesse, inclusa la BCE.

Un'inflazione che rallenta, grazie soprattutto ai prezzi deboli delle materie prime, ha reso possibili simili tagli...

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Don’t worry, be happy - 2

...Una bassa inflazione ha rassicurato gli investitori che le banche centrali possano mantenere il piede sull'acceleratore monetario – e hanno permesso ai prezzi delle azioni di aumentare più rapidamente dei profitti. Ma i prezzi sono saliti troppo? La valutazione dei mercati azionari può essere misurata in due modi: relativo ed assoluto. In termini relativi, la convenzione è di comparare la valutazione delle azioni con quelle dei titoli governativi o della liquidità, e di calcolare il premio di rischio (il maggior ritorno che gli investitori domandano per investire nei più volatili mercati azionari). Un recente studio...suggerisce che l'attuale premio per il rischio sia di circa il 5,4% , all'incirca lo stesso livello al quale era dopo il mercato ribassista di metà anni '70 e vicino al recente minimo dei corsi azionari nel 2009. Ciò fa sembrare le azioni un affare.

In contrasto, il rapporto prezzo utili aggiustato del mercato azionario americano, che media i profitti sull'arco di dieci anni, è attualmente a 23,2...Questo livello è ben al di sopra della media storica, e suggerisce ritorni azionari minori, non più elevati, da qui in avanti.

E' possibile quadrare le misure assolute con quelle relative? Le azioni possono performare molto meglio dei titoli di stato, ma solo perché questi ultimi offrono miseri rendimenti…

A causa della scarsa appetibilità dei rendimenti offerti da obbligazioni e liquidità, dunque, sarà probabilmente necessario uno shock per far deragliare l'attuale rally azionario. Un tale shock potrebbe essere economico (un improvvisa fiammata inflazionistica che inneschi un cambiamento nelle politiche monetarie, diciamo) o geopolitico (una guerra generalizzata in Medio Oriente, per esempio). Ma, per ora, i tori non vedono motivi di preoccupazione.

Articolo completo:

http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21578100-investors-think-equities-are-best-bet-times-expansive-monetary

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Apocalypse, not yet - 1

Siamo in presenza di una bolla sui mercati obbligazionari che sta per scoppiare da un momento all'altro?...

...Individuare l'apice di una bolla speculativa su un'attività finanziaria è estremamente difficile...La Storia suggerisce che comprare titoli di stato con un rendimento del 2% o giù di lì comporta una perdita in termini reali (cioè al netto dell'inflazione, ndt)...ma c'è un'importante eccezione alla regola. Il titolo di stato decennale giapponese è sceso al di sotto del 2% nel 1998 ed è rimasto sinora al di sotto di quel livello. Grazie alla deflazione, gli investitori sono riusciti ad ottenere comunque risultati positivi in termini reali…

...In un'economia debole, è abbastanza plausibile che i tassi resteranno bassi a lungo. Paul Krugman, un economista americano, sottolinea che i rendimenti obbligazionari sono essenzialmente una previsione sui tassi a breve futuri. Dal momento che un loro ritorno ai livelli pre-crisi (4-5%) sembra altamente improbabile nell'immediato futuro, difficilmente dovrebbe essere in atto una bola.

Altri ritengono il recente rialzo dei rendimenti un segno che la marea sta cambiando ma...i rendimenti sono risaliti da livelli estremamente bassi; in Germania e in Giappone sono ancora al di sotto del livello di inizio 2012.

La visione apocalittica del mercato dei titoli di stato prevede che una combinazione di elevati deficit fiscali e continue immissioni di liquidità da parte delle banche centrali possano provocare una rapida crescita dell'inflazione: ciò potrebbe rivelarsi vero nel lungo termine, ma ad oggi non ci sono ancora segni in tal senso…

...Il netto calo nei rendimenti dei titoli di stato ha avuto effetti simili sul costo del finanziamento per le imprese. Il sinonimo “garbato” per “junk bonds” (titoli spazzatura, ndt), il segmento più rischioso del mercato, era “high yeld” (alto rendimento, ndt), ma attualmente questa definizione è impropria: le imprese americane senza un rating investment-grade (cioè affidabili, ndt) oggi prendono a prestito a meno del 5% - un livello record....

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Apocalypse, not yet - 2

E tuttavia...tutto ciò non prova necessariamente l'esistenza di una bolla. Per prima cosa lo spread, ovvero il maggior tasso d'interesse pagato dalle imprese rispetto ai titoli di stato, non è così basso come lo era nel 2006-2007, quando in molti ritenevano che si stesse creando una bolla. In secondo luogo, le imprese stanno emettendo obbligazioni come rifinanziamento di precedenti debiti, non in chiave preparatoria dei bilanci. Da ultimo, infine, il tasso di fallimenti è basso in relazione alla media storica e, soprattutto in America, i profitti si mantengono elevati; ciò nonostante, le obbligazioni corporate (emesse dalle imprese, ndt) sono intrinsecamente più vulnerabili del debito governativo…

...Gli investitori in obbligazioni potrebbero dunque affrontare l'apocalisse, ma predirne il momento è difficoltoso. Un'impennata dell'inflazione, un improvviso cambiamento nella politica delle banche centrali e (per il debito corporate) il ripiombare in una profonda recessione potrebbero rivelarsi disastrosi. Ma probabilmente non quest'anno.

Articolo completo:

http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21578452-bond-yields-are-very-low-japans-example-shows-they-may-stay-low-apocalypse

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Shocking - 1

E' accaduto ciò che nessuno si aspettava: il 4 aprile la Banca Centrale del Giappone (BOJ) ha annunciato il suo piano d'attacco (nell'originale “colpisci e terrorizza”, ndt) per drenare sino a 7 trilioni di Yen (circa 55 miliardi di euro) di titoli governativi al mese e raddoppiare la base monetaria. Ma invece di produrre un aumento del prezzo di tali titoli, e un calo dei loro rendimenti, l'azione della Banca Centrale ha, sinora, prodotto l'effetto opposto.

Il 23 maggio il rendimento sul decennale giapponese ha raggiunto l'1%, tre volte più alto di quanto non fosse all'annuncio della BOJ in Aprile. E lo stesso giorno le azioni giapponesi sono crollate, con il Nikkei 225 in calo di oltre il 7%. E' mai possibile che l' “Abenomics”, il piano per rivitalizzare l'economia del primo ministro Shinzo Abe, sia già andato in pezzi?

Il successo più tangibile per l'Abenomics è stato un mercato azionario in forte crescita: l'indice Nikkei, al 22 Maggio, è in crescita del 73% nell'anno solare, e benché il suo calo dai massimi abbia toccato al 30 Maggio il 13% , ciò in parte è dovuto a prese di beneficio. Tuttavia il picco nel rendimento delle obbligazioni continua ad innervosire gli investitori. In Aprile Haruiko Kuroda, il Governatore della BOJ, ha detto che la Banca avrebbe incoraggiato ulteriori cali nei tassi nominali d'interesse. Dato l'incremento dei rendimenti obbligazionari da quel momento, nota Naka Matsuzawa, capo analista alla Nomura, una banca d'affari, “si può affermare, in un certo senso, che la politica espansiva della BOJ abbia già fallito”.

Il nocciolo del problema risiede nel fatto che i due principali obiettivi della BOJ – generare inflazione e abbassare i rendimenti – sono in una certa misura contraddittori. I detentori di obbligazioni a lunga scadenza, i quali ritengano che la BOJ raggiungerà il suo obiettivo di un'inflazione al 2% entro due anni, potrebbero reagire vendendo; le loro vendite nelle scorse settimane hanno già spinto i rendimenti al rialzo molto più rapidamente di quanto atteso dalla BOJ. Un'inflazione più elevata, che spingerebbe al ribasso i tassi reali d'interesse, non si è ancora manifestata: i pessimisti, pertanto, ne deducono che il costo del finanziamento si stia innalzando, minacciando in tal modo una precoce ripresa economica.

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Shocking - 2

Gli ottimisti vedono le cose in modo diverso. Per prima cosa, fanno notare, i rendimenti obbligazionari sono soltanto ritornati ai loro livelli abituali: prima dell'annuncio della BOJ in Aprile, allo 0,3%, erano particolarmente bassi, anche per gli standard giapponesi. In secondo luogo l'obiettivo della BOJ di generare aspettative inflazionistiche sembra aver funzionato (almeno nel caso degli operatori sul mercato obbligazionario). E infine una maggiore volatilità nel rendimento delle obbligazioni era da aspettarsi, dopo un intervento di tale portata da parte della banca centrale.

Sia Taro Aso, il ministro delle finanze, che Shinzo Abe hanno chiesto alla Boj, la scorsa settimana, di rassicurare il mercato obbligazionario. Il governatore Kuroda ha rilasciato alcune confuse dichiarazioni. Il 22 Maggio ha affermato che il picco di rialzo nei tassi non avrebbe avuto ripercussioni sull'economia; ma ha anche affermato che la BOJ non ha il pieno controllo dei tassi a lungo termine. Dopo che il crollo della Borsa di Tokyo aveva accentuato i timori sulla volatilità del mercato obbligazionario, Kuroda ha promesso di far di più per mantenere stabili i tassi.

Una specifica preoccupazione è che una più elevata volatilità possa provocare un riprodursi dello shock del 2003, quando i modelli matematici per la valutazione del rischio innescarono vendite a catena al raggiungimento di una determinata soglia di volatilità. Lo scenario peggiore prevede che la volatilità dell'obbligazionario possa attirare l'attenzione sul debito pubblico del Giappone, che si attesta all'incirca al 250% del PIL; dal momento che detengono così tanti titoli di stato le banche sono fortemente esposte al rialzo dei rendimenti: un incremento di un solo punto percentuale comporterebbe una perdita di 10 trilioni di Yen per l'intero sistema bancario nipponico (circa 78 miliardi di euro, al cambio corrente, ndt), secondo una stima di JP Morgan.

“Al momento non c'è alcuna connessione tra rendimenti volatili delle obbligazioni e conti pubblici”, afferma un funzionario del ministero delle finanze. Il governatore Kuroda, questa settimana, ha ricordato al Governo nipponico che anch'esso ha un ruolo da svolgere nel rassicurare gli investitori obbligazionari – perseguendo il consolidamento fiscale.

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Shocking - 3

Il governo dovrà infatti decidere a breve se procedere con un pianificato innalzamento delle tasse sui consumi, al fine di incrementare le entrate fiscali. Un pacchetto di riforme strutturali, volte ad incrementare la crescita di lungo periodo, i cui dettagli saranno annunciati a breve, dovrebbe contribuire ad allenate la tensione.

Articolo completo: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21578701-volatile-bond-yields-may-spell-trouble-abenomics-shocking

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Out of favour - 1

Gli investitori hanno perso interesse per i mercati emergenti?

I mercati azionari dei paesi in via di sviluppo sono stati uno dei pochi lati positivi nei portafogli degli investitori durante il primo decennio del 21° secolo, ma a partire dall'Ottobre del 2010 hanno nettamente sottoperformato rispetto ai mercati dei paesi sviluppati.

Il trend è continuato nel 2013; le azioni dei paesi emergenti hanno perso il 2,9% in Maggio, portando l'indice MSCI EM in ribasso del 4,4% dall'inizio dell'anno, rispetto ad un guadagno del 10% dell'indice mondiale nel suo complesso. Altri assets hanno fornito risultati ugualmente insoddisfacenti: gli investitori in obbligazioni dei paesi emergenti hanno perso il 4,8% dall'inizio dell'anno ad oggi, e l'indice delle valute emergenti JPMorgan Chase è crollato a Maggio del 3,3%, la sua correzione maggiore da un anno a questa parte.

La caratteristica più attraente dei paesi emergenti risiede nelle loro superiori prospettive di crescita, ma i dati macroeconomici hanno deluso le aspettative. Il livello medio dell'indice dei responsabili degli acquisti nei paesi emergenti – PMI – (nel settore manifatturiero) in Maggio è sceso al di sotto dei 50 punti, segnalando con ciò una contrazione; 11 su 14 di tali indici, monitorati dalla Royal Bank of Canada, hanno mostrato una contrazione. Un indicatore creato da una società di consulenza, la Capital Economics, segnala che i mercati emergenti sono cresciuti nel primo trimestre ad un tasso annuale del 4%, il più basso dal terzo trimestre del 2009; sia l'FMI che l'OCSE hanno di recente rivisto al ribasso le loro stime di crescita per la Cina, la maggiore delle economie emergenti.

I prezzi deboli delle materie prime (l'indice dell'Economist è in ribasso, dall'inizio dell'anno, del 4,7%) sono un ulteriore prova del rallentamento nei paesi emergenti, dal momento che questi ultimi sono stati la fonte di domanda a più veloce crescita; questa è anche una notizia negativa per i paesi in via di sviluppo produttori.

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Out of favour - 2

Il pericolo è che le aziende nei paesi in via di sviluppo abbiano effettuato un eccesso di investimenti nell'ipotesi che la rapida crescita continuasse; Martial Godet di BNP Paribas fa notare che il ROE dei paesi emergenti è caduto dal 17,7% nel luglio 2008 al 13,2% di oggi (il “Return On Equity” o “ROE” è un indice di redditività del capitale proprio delle aziende, ndt).

Nel frattempo il sentiment nel mondo ricco ha un po' recuperato. I dati sull'economia Americana, benché contrastanti, sono migliorati; anche l'Eurozona è riuscita a presentare indici PMI migliori delle aspettative. Si fa un gran parlare di un “rinascimento” della manifattura Americana, alimentata dall'abbondanza di energia a buon mercato in forma di “shale gas”. “Negli utlimi 50 anni un'economia Americana vivace ha significato una forte domanda esterna per i paesi emergenti”, afferma Manoj Pradhan di Morgan Stanley. “Se gli Stati Uniti dovessero ritrovare una crescita sostenibile, probabilmente si ripresenterebbero come concorrenti dei mercati emergenti e non come consumatori”.

La prospettiva di una ripresa Americana ci porta ad una altra questione: le allusioni da parte della Federal Reserve che stia valutando un rallentamento nelle politiche di quantitative easing (parlando di Quantitative Easing ci si riferisce, in genere, ad un’operazione di "allentamento monetario", tramite il quale le banche centrali si pongono quali acquirenti di beni - generalmente si tratta di azioni o titoli di stato - con denaro creato "ex-novo" e al fine di incentivare la crescita economica, ndt). Anche se la FED assottigliasse i suoi acquisti di titoli verso la fine dell'anno, tuttavia, ciò non rappresenterebbe la fine della politica monetaria espansiva: quel che la dovesse venir meno da parte della FED, verrebbe fornito dalla Banca del Giappone. Tuttavia Simon Derrick, di BNY Mellon, ritiene che ci sia già un cambio di atteggiamento verso il dollaro, che si trova in un trend di debolezza sin dal 2002. Se la FED fosse la prima grande banca centrale a restringere la politica monetaria il dollaro dovrebbe apprezzarsi, specialmente se la politica monetaria dei paesi emergenti fosse ancora in fase di allentamento: 11 banche centrali dei paesi in via di sviluppo hanno tagliato i tassi d'interesse nei due mesi passati. “Sembra che i flussi in uscita dal dollaro, che nel corso degli anni sono risultati di sostegno ai paesi emergenti, si stiano esaurendo”, dice Derrick.

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Out of favour - 3

Una simile combinazione di fattori potrebbe persuadere gli investitori a ritirare i propri capitali dal mondo emergente. Secondo quanto riferisce EPFR Global, una società di ricerche, nell'ultima settimana di Maggio i fondi azionari sui mercati emergenti, a livello globale, hanno subìto riscatti per 1,4 miliardi di dollari, la maggiore fuoriuscita dalla fine del 2011.

La domanda da porsi è se la recente sottoperformance faccia parte di un ciclo di lungo periodo, come quelli della fine degli anni '90, o se piuttosto sia un'evoluzione di breve, come alla fine del 2008 - inizio 2009. Alcune delle attuali preoccupazioni potrebbero essere sovrastimate. Proprio come gli investitori diventano eccessivamente entusiasti riguardo ai mercati emergenti durante le fasi di boom, così essi possono diventare eccessivamente pessimisti durante le fasi di ribasso. I mercati emergenti offrono ancora una crescita più rapida rispetto al mondo ricco. Essi hanno inoltre conti pubblici in condizioni notevolmente migliori: la media del debito pubblico è infatti al 33% del PIL.

La migliore regola empirica da seguire è di non acquistare i mercati emergenti quando tutti vi investono e quando appaiono relativamente cari. Al momento le azioni dei mercati emergenti quotano ad uno sconto del 25% rispetto a quelle delle loro equivalenti sui mercati sviluppati; sono state ancora più convenienti nel passato, ma un ulteriore periodo di sottoperformance le renderà molto attraenti per investitori di lungo periodo.

Articolo originale: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21579021-sell-emerging-markets-should-not-obscure-their-attractions-out-favour

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The end of the affair - 1

Ci sono molte ragioni per cui un gestore dovrebbe voler sbarazzarsi del rand (la moneta del Sud Africa, ndt): l'economia sudafricana mostra una crescita stentata; la disoccupazione, al 25% della forza lavoro, è alla pari con quella dei paesi più deboli dell'eurozona; l'industria mineraria è assediata dagli scioperi proprio nel momento in cui i prezzi delle materie prime stanno calando. L'ampio deficit commerciale del paese è sintomo della vana lotta dei produttori locali contro la competizione estera. Il rand ha perso il 16% nei confronti del dollaro statunitense quest'anno, solo la sterlina Siriana e il bolìvar Venezuelano hanno fatto di peggio; tuttavia queste difficoltà non sono le sole ragioni per il crollo del rand. Il Sud Africa ha il mercato finanziario di un paese ricco: è più facile comprarvi e vendervi obbligazioni e azioni che nella maggior parte dei paesi a medio reddito. Per tale motivo il rand è una valuta comoda per gli speculatori per prendere posizione sui mercati emergenti. Nel momento in cui le schiere degli operatori speculativi presagiscono la fine della politica monetaria espansiva in America, ciò di cui vogliono disfarsi sono azioni e obbligazioni dei mercati emergenti. Il rand è soltanto la più duramente colpita in una lunga lista di valute vulnerabili.

Nello scorso mese 19 delle 24 valute di paesi emergenti monitorate da Bloomberg hanno perso valore nei confronti del dollaro. L'innesco per questo crollo è stato un commento in Maggio del Governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, secondo il quale gli acquisti di obbligazioni da parte della FED potrebbe presto ridursi progressivamente. Il rendimento del decennale statunitense è risalito al 2,2% da un minimo dell'1,6%. La prospettiva di un'ulteriore futura risalita nei rendimenti nel tempo provocherà probabilmente un rialzo del dollaro e riporterà in America denaro dalle zone più rischiose del mondo. Il crollo nei mercati emergenti dello scorso mese è un'anticipazione di questa tendenza.

Potrebbe sembrare una reazione violenta a ciò che è stato solo un commento estemporaneo; Mr. Bernanke non ha suggerito un immediato cambiamento nella politica monetaria: gli acquisiti di obbligazioni da parte della FED continueranno ma forse non all'attuale ritmo di 85 miliardi di dollari al mese, e un incremento dei tassi a breve, attualmente vicini allo zero, potrebbe essere lontano ancora anni.

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The end of the affair - 2

Anche così, tuttavia, la prospettiva di una riduzione negli acquisti obbligazionari della FED probabilmente contrassegna l'inizio di una lunga spirale ascendente verso livelli più normali per i rendimenti delle obbligazioni Americane. “Non sarà un processo lineare”, afferma Kit Juckes di Société Générale. I tassi d'interesse oscilleranno alla ricerca di un giusto livello. L'assenza, finora, di una simile volatilità ha permesso agli investitori dei paesi ricchi di assuefarsi a puntate esotiche sulle obbligazioni dei mercati emergenti; all'agitarsi delle acque saranno molto meno propensi a fare simili scommesse. Requisiti più stringenti sul capitale significano che i borsini delle banche sono ora meno propensi ad acquistare e mantenere in portafoglio attività che gli investitori abbandonano: ciò non farà altro che rendere il prezzo delle obbligazioni più volatile.

I paesi più vulnerabili sono quelli che fanno affidamento sui capitali stranieri per colmare il deficit tra ciò che spendono e quello che incassano. Il Sud Africa ha un deficit delle partite correnti piuttosto grande in relazione al PIL: il rand ne ha risentito di conserva. La sua posizione ha risentito anche dall'indebolirsi del prezzo delle materie prime, causato in parte dal rallentamento della crescita in Cina. Un pugno di altri paesi, dal Cile al Brasile nel mondo emergente all'Australia tra i paesi ricchi, condividono la debilitante condizione di dipendere (dall'esportazione) dalle materie prime, di avere un elevato deficit delle partite correnti e una moneta che si sta indebolendo.

Anche le valute di alcuni paesi importatori stanno oscillando. L'India ha un deficit delle partite correnti pari al 5,1% del PIL; questa settimana la rupia è crollata ad un livello record nei confronti del dollaro. La Turchia si basa sull' “hot money” (flusso di fondi che si sposta rapidamente da un paese all'altro per guadagnare un profitto di breve o speculare sulle oscillazioni dei rapporti di cambio, ndt) per finanziare il suo deficit; le recenti proteste ad Istanbul sono solo un motivo in più per vendere la lira.

Tutto ciò è solo panico o qualcosa di più serio? Le valute dei paesi emergenti hanno sopportato sporadici periodi negativi solo per rimbalzare in seguito. La FED probabilmente agirà con prudenza. Ma anche una lenta, regolare risalita nel rendimento del Treasury (il titolo di stato Americano, ndt) e un debole rialzo del dollaro causerebbero guai.

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The end of the affair - 3

Circa 4 trilioni di dollari si sono riversati nei mercati emergenti dal 2009, a quanto riferisce Stephen Jen di SLJ Macro Partners, un hedge fund, secondo il quale gran parte di questi capitali sono stati “spinti” all'estero dai bassi rendimenti offerti nei paesi ricchi piuttosto che attirati dalla prospettiva di maggiori ritorni finanziari: se anche solo una frazione di quel denaro venisse ritirata da investitori nervosi ciò potrebbe trasformare un crollo dei prezzi in una disfatta.

Passati periodi di congiunti rafforzamento del dollaro e rialzo dei rendimenti dei Treasury furono seguiti da crisi valutarie e del debito – in America Latina nei primi anni '80 e in Asia a metà degli anni '90.

La situazione ora è diversa per un aspetto molto importante, fa notare George Papamarkakis di North Asset Management, un hedge fund. In passato le banche dei paesi ricchi hanno concesso prestiti denominati in dollari ai paesi poveri; allorché i flussi finanziari invertirono rotta i debitori si ritrovarono con debiti che crescevano di pari passo con il rafforzamento del dollaro. Al contrario il recente flusso di capitale si è indirizzato verso obbligazioni in valuta locale; per un breve periodo gli investitori hanno goduto un ciclo virtuoso di quotazioni in rialzo delle obbligazioni e valute più forti. Ma ora affrontano il rischio di perdite sempre maggiori: per questo motivo parte degli effetti negativi dell'aggiustamento saranno a carico dei paesi ricchi. Le banche centrali dei paesi emergenti potrebbero addirittura trarre vantaggio dal processo: possono vendere dollari che hanno aggiunto alle riserve mentre la quotazione della valuta statunitense era bassa e controllare al contempo la caduta nei tassi di cambio. Ma i mercati emergenti non potranno sfuggire del tutto la ricaduta; anche il più blando dei cambiamenti nella politica monetaria in America vi risulta infatti amplificato: i tassi d'interesse si stanno innalzando in alcuni paesi a causa della mancanza di acquirenti stranieri per le obbligazioni emesse in valuta locale.

Non molto tempo fa vi erano lamentele per il fatto che la politica monetaria espansiva della FED stava portando al rialzo le valute dei mercati emergenti, a detrimento degli esportatori locali; ora le stesse si stanno indebolendo, ma il risultato non sarà privo di conseguenze: una crescita guidata dalle esportazioni non è nemmeno paragonabile ad un boom dei consumi favorito da un credito estero a buon mercato e da una valuta forte.

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The end of the affair - 4

Articolo originale: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21579461-prospect-less-quantitative-easing-america-has-rocked-currency-and-bond

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Tinker, taper - 1

Nel Dicembre del 2008 la FED ha portato il suo tasso di riferimento vicino allo zero e da allora in avanti ha dispiegato una vasta gamma di “politiche non convenzionali” per stimolare l'economia (tra le quali il c.d. “Quanitative easing”, o QE, consistente nell'acquisto di titoli sul mercato immettendo, di conseguenza, liquidità nel sistema, ndt)…

...I mercati obbligazionari sono preoccupati da cosa riserva loro il futuro. Dalla fine di Aprile il rendimento del Treasury (titolo di stato americano, ndt) decennale è schizzato a più del 2,3% dall'1,7%. Anche i tassi sui mutui sono risaliti; i titoli più rischiosi, come le azioni dei paesi emergenti, hanno registrato una brusca correzione. Ciò comporta un effettivo inasprimento delle condizioni monetarie, provocato dagli avvertimenti lo scorso mese di Mr. Bernanke (il Governatore della Banca Centrale USA, la FED, ndt), ribaditi nella sua conferenza stampa della settimana scorsa, che verso la fine dell'anno potrebbe verificarsi un rallentamento (c.d. “tapering”, ndt) nel ritmo degli acquisti di titoli da parte della FED.

I funzionari della FED sono senza dubbio contrariati dalla reazione isterica del mercato all'idea di un simile rallentamento; dal loro punto di vista un ritmo più rilassato nell'acquisto di titoli non equivale ad una restrizione (delle politiche monetarie, ndt)…

...Inoltre Mr. Bernanke ha spiegato che la riduzione degli acquisti sarà strettamente legata all'andamento dell'economia; se la disoccupazione continuasse a calare e l'inflazione restasse sotto controllo allora il “tapering” potrebbe iniziare verso la fine dell'anno e procedere per gradi. Se tutto andasse per il meglio, allora l'acquisto di titoli cesserebbe solo verso la metà del 2014…

...Questa settimana la FED ha collegato l'attuale tornata di acquisti di titoli al raggiungimento di determinati obiettivi economici piuttosto che ad una data prefissata o a limiti dimensionali come fatto in passato...nella sua conferenza stampa Mr. Bernanke ha chiarito cosa questo significasse: un calo del tasso di disoccupazione al di sotto del 7%...

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Tinker, taper - 2

...A rendere più complesso lo sforzo comunicativo della FED è il suo approccio multilaterale allo stimolo dell'economia; le condizioni economiche fissate per l'avvio del “tapering” sono infatti separate da quelle per mantenere i tassi d'interessi prossimi allo zero: Mr. Bernanke ha infatti promesso lo scorso Dicembre che non vi sarebbe stato alcun rialzo dei tassi sin tanto che la disoccupazione non fosse calata al 6,5%...

...Un'altra fonte di confusione per i mercati deriva dall'incertezza sul quanto la FED consideri importante il tasso di disoccupazione in confronto ad altre problematiche: una di queste è l'inflazione. La principale misura dell'inflazione, come rilevata dalla FED, mostra in Aprile un incremento dei prezzi su base annua di un misero 0,7%...Un livello così basso lascia presagire che la FED stessa abbia ancora ampi spazi di manovra per stimolare l'economia e ciò potrebbe giustificare ancora maggiori acquisti di titoli per scongiurare il rischio di deflazione…

...Contro una simile possibilità si schierano alcuni membri del comitato di politica monetaria, che mettono in guardia dai rischi creati dal QE e da bassi tassi d'interesse...citando una pericolosa sovra-esposizione al rischio degli operatori e scelte sbagliate di allocazione delle risorse…

...Gli eventi del mese scorso hanno innalzato la posta: i rivolgimenti dei mercati mostrano che gli investitori sono alla spasmodica ricerca di rendimento in un contesto di bassi tassi d'interesse...la reazione scatenata dal mero accenno ad una riduzione del QE sottolinea i rischi di una prematura riduzione dello stimolo all'economia. La FED sembra orientata verso l'uscita (dal QE, ndt): sarebbe saggio procedere lentamente.

Articolo originale: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21579833-federal-reserve-tries-clarify-its-goals-tinker-taper

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Cut off by their sugar daddy - 1

Lo schema è stancamente familiare. Ogni anno dal 2010 in poi i mercati globali sono partiti con ottimismo, solo per finire nei guai verso la fine della primavera e l'inizio dell'estate; stavolta ci sono pochi dubbi su quale sia la causa. La Federal Reserve (o Fed, la banca centrale statunitense, ndt) ha ipotizzato, a meno che l'economia americana non si deteriori, di rallentare il ritmo del suo acquisto di titoli sul mercato – attualmente pari ad 85 miliardi di dollari al mese – verso la fine di quest'anno; gli acquisti potrebbero terminare del tutto nel 2014.

Sin dal momento in cui la Fed ha avviato il suo ultimo ciclo di quantitative easing (QE, consistente nell'acquisto di titoli sul mercato immettendo, di conseguenza, liquidità nel sistema, ndt) lo scorso anno, gli investitori hanno avuto la sensazione di poter effettuare scommesse a senso unico. Nota David Simmonds di Royal Bank of Scotland: “...c'è stata una grande rotazione (di portafoglio, ndt) in uscita dalla liquidità a favore di qualsiasi altra cosa”.

Gli investitori hanno reagito alla potenziale perdita di un simile sostegno...col panico. Ciò che è impressionante è l'ampiezza degli strumenti finanziari che hanno perso valore nelle recenti settimane. Le azioni sono crollate in tutto il mondo, con alcuni mercati (incluso quello cinese) che ora quotano il 20% in meno dei loro recenti picchi. I titoli di stato hanno sofferto: i rendimenti sono bruscamente risaliti (ciò avviene mediante un decremento del prezzo corrente del titolo, ndt) in mercati sicuri e liquidi come quelli americano e tedesco, in paesi periferici dell'area euro come l'Italia e la Spagna, e nei paesi in via di sviluppo. E c'è stata anche una Caporetto nei mercati dell'oro e dell'argento, e vendite precipitose su materie prime sensibili al ciclo economico come il rame.

Per quale motivo una riduzione nel ritmo del QE da parte della Fed dovrebbe essere un problema globale? Dopotutto le altre banche centrali potrebbero compensarla: la Banca del Giappone ha avviato un programma di rapida espansione monetaria; si spera che il nuovo Governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney, allenti la politica monetaria; alcuni ritengono che persino la Banca Centrale Europea, infine, potrebbe essere costretta ad avviare un programma di QE.

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Cut off by their sugar daddy - 2

Uno dei problemi è la predominanza degli investitori americani al livello globale. Osserva Jim Reid, di Deutsche Bank: “Il problema che affrontiamo consiste nel fatto che gli Stati Uniti tendono a regolare il prezzo del debito ovunque”. Con il rendimento del decennale in rialzo di un punto percentuale dall'inizio di maggio, gli altri rendimenti sono stati spinti al rialzo. L'effetto è una restrizione globale nelle politiche monetarie. Un picco nel mercato monetario cinese non ha aiutato, specialmente in un momento in cui gli investitori erano già preoccupati dal rallentamento della crescita cinese.

Quel che rende più difficile interpretare i mercati è che i rendimenti delle obbligazioni stanno risalendo nonostante le revisioni al ribasso della crescita globale e il calo generalizzato dell'inflazione: ciò potrebbe rispecchiare la determinazione degli investitori di trovarsi un passo avanti rispetto alle autorità. Ragionevolmente, se la fine del QE è destinata a risultare in un ampio rialzo dei rendimenti, allora ha senso vendere ora piuttosto che in seguito.

Ma se i rendimenti risalissero al punto da intaccare l'economia, o se il mercato azionario dovesse collassare e minare la fiducia dei consumatori, allora la Fed potrebbe essere costretta a mantenere in essere il QE (questo spiega il rialzo azionario del 26 giugno dopo una revisione al ribasso del PIL americano del primo trimestre)…

...Il potenziale venir meno del supporto del QE spinge inoltre gli investitori azionari a focalizzarsi sui fondamentali, che non sono tanto incoraggianti. Secondo Citigroup le previsioni al ribasso sugli utili superano quelle al rialzo di tre a due. Le azioni risultano a buon mercato paragonate ai titoli di stato ma non in assoluto: il rapporto prezzo-utili (rapporto fra il prezzo corrente di un'azione e il suo utile atteso; serve a valutare le quotazioni di un'azione, ndt ) aggiustato per il ciclo economico è a 23.6, ben al di sopra della media storica.E' possibile interpretare in modo positivo tutto questo. L'indicazione da parte della Fed di un “tapering” (rallentamento, ndt) del QE, e il susseguente innalzamento dei rendimenti, potrebbe semplicemente segnalare il ritorno alla normalità. Benché la crescita nei paesi emergenti sembri rallentare, ci sono segnali positivi nei paesi ricchi: un buon primo trimestre in Giappone, disoccupazione in calo in America e persino barlumi che il peggio sia alle spalle in Europa.

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Cut off by their sugar daddy - 3

L'eventualità più pessimistica è che le economie sviluppate perdano slancio al rallentare dei mercati emergenti; che il modo ricco non si sia ancora attivato per ridurre il suo elevato indebitamento e che le recenti forti vendite rappresentino un riconoscimento da parte degli investitori di trovarsi in guai seri senza la stampella dell'intervento delle banche centrali.

E' davvero un'ironia che i titani del fund mangement, che si considerano campioni del libero mercato, siano così dipendenti dalle erogazioni delle autorità monetarie.

Articolo completo: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21580166-investors-fear-loss-central-bank-support-cut-their-sugar-daddy

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Fail safer - 1

Paura e avidità regnano nei mercati finanziari. Quando si parla di possessori di obbligazioni bancarie, le autorità di regolamentazione dei mercati devono affrontare il delicato compito di mantenere in qualche modo in equilibrio queste due emozioni: spaventa gli investitori, e loro faranno innalzare il costo del debito per chiunque; dà il via libero al loro istinto e i rischi verranno sottostimati.

Dapprima la paura. Il 27 giugno l'Unione Europea ha formalmente convenuto sul fatto che le autorità dovrebbero coinvolgere nel salvataggio della banche in difficoltà anche gli obbligazionisti; ciò sovverte un implicita promessa da parte dei governi di utilizzare il denaro dei contribuenti per salvare banche decotte, e di conseguenza tenere indenni i creditori che abbiano scriteriatamente prestato loro denaro.

Le nuove regole fanno inoltre marcia indietro da un precedente creato solo alcuni mesi fa a Cipro, una delle rare occasioni in cui non solo gli obbligazionisti ma anche i grandi depositanti hanno sofferto delle perdite, cosa che ha portato alcuni analisti e politici a concludere che i depositi sarebbero diventati un'importante fonte di finanziamento per futuri salvataggi. Invece i leaders europei hanno detto che quasi tutti i depositi (con eccezione di quelli detenuti dalle grandi imprese) verrebbero protetti. In breve, i detentori di obbligazioni senior (quelle più tutelate, ndt) verrebbero spinti indietro nell'ordine del rimborso (in caso di fallimento della banca, ndt) e con soltanto gli azionisti e i detentori di obbligazioni subordinate (che vengono cioè rimborsate dopo i depositanti e gli obbligazionisti “senior”, ndt) dopo di loro.

Tutto ciò avrebbe dovuto causare un calo del prezzo delle obbligazioni bancarie. Il loro prezzo in effetti è sceso di recente, alla pari di quello di altri titoli a tasso fisso, a causa delle preoccupazioni derivanti dal possibile rallentamento (c.d. “tapering”, ndt) di acquisti di titoli sul mercato da parte della Federal Reserve; tuttavia l'accordo sui salvataggi bancari di cui sopra non sembra aver eccessivamente turbato gli obbligazionisti. I “credit-default swaps”, che misurano il costo per assicurare il debito bancario dal fallimento, a stento si sono mossi.

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Fail safer - 2

Ci sono due spiegazioni sul perché gli investitori non si siano spaventati. La prima è che non credono che i governi consentiranno il fallimento di grandi banche. Standard & Poor's, che il 3 luglio ha abbassato il suo rating di svariate grandi banche europee a causa delle incerte prospettive reddituali, ha insistito nello stesso giorno che le sue decisioni non sono state influenzate dalle nuove regole, ritenendo che i governi che se lo possono permettere continuerebbero comunque a salvare le loro banche di maggiori dimensioni.

Ma potrebbe esserci un'altra ragione per la tranquillità degli obbligazionisti. Le banche sono state rese molto più sicure via via che le autorità di regolamentazione hanno creato cuscinetti di sicurezza. In Europa il nuovo accordo sui salvataggi prevede che le banche contribuiscano al fondo nazionale di salvataggio con uno 0,8% dei loro depositi. Questi fondi avranno l'effetto di ridurre l'impatto sugli obbligazionisti in caso di un fallimento bancario.

Ancora più importante è il fatto che l'ammontare di capitale che le banche devono detenere sta aumentando inesorabilmente. Nel Regno Unito lo scorso mese le autorità hanno inaspettatamente richiesto alle banche di raggiungere un “leverage ratio” del 3% per la fine del 2013. Il “leverage ratio” stabilisce l'ammontare di capitale proprio che le banche devono possedere in rapporto ai loro bilanci; diversamente dal più comune “capital ratio”, gli attivi non sono pesati per il rischio. Due grandi istituzioni finanziare, Barclays e Nationwide, che presentavano buoni indicatori con le vecchie misurazioni di capitale, sono risultate inadempienti al test del “leverage ratio”.

La pressione si sta innalzando ovunque. Il 2 luglio l'America ha formalmente adottato le regole di Basilea 3 sul capitale. La decisione è stata più che altro formale, poiché alla Federal Reserve già applicavano tali regole. Più importante, comunque, è stata la proposta di Daniel Tarullo, un governatore della Fed noto per la sua durezza verso le banche, di imporre un “leverage ratio” più elevato del 3% minimo stabilito in Basilea 3. Alcuni reports indicano che la Fed potrebbe spingere per un 6%, un livello che sicuramente provocherebbe forti risentimenti nel mondo bancario americano.

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Fail safer - 3

Anche se gli altri paesi non seguissero l'esempio americano sul leverage ratio, l'ammontare di capitale proprio richiesto in relazione ai bilanci probabilmente continuerà a salire: c'è infatti il crescente sospetto, tra le autorità, che i modelli matematici utilizzati dalle banche per stimare la rischiosità dei propri attivi (e per calcolare, di conseguenza, i propri requisiti di capitale) tenda a sottostimare i rischi; un aggiustamento delle regole di funzionamento di tali modelli potrebbe costringere le banche a detenere molto più capitale.

Le conseguenze di tutte queste mosse si paleseranno sui mercati obbligazionari nel tempo. Khalid Krim di Morgan Stanley ritiene che i rendimenti delle obbligazioni bancarie dapprima si innalzeranno, via via che il rischio di coinvolgere gli obbligazionisti nei salvataggi diverrà più credibile; tuttavia, in seguito, gli stessi dovrebbero calare dal momento che regole più stringenti e patrimonializzazioni più solide renderanno le banche più sicure: se avesse ragione vorrebbe dire che sarà stato trovato il giusto equilibrio tra avidità e paura.

Articolo originale: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21580500-authorities-both-sides-atlantic-make-progress-towards-safer-banking-fail

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Squaring the circle - 1

I mercati finanziari mondiali sono stati caratterizzati nel 2013 da segnali contraddittori. L'inflazione è calata, ma i titoli governativi hanno sofferto; l'appetito per il rischio degli investitori è aumentato ma i mercati emergenti hanno sottoperformato.

Tali anomalie sono forse inevitabili se si considera l'influenza delle banche centrali sul sentiment del mercato: tra il conoscere in anticipo i tassi di crescita e d'inflazione per il 2014 o i dettagli degli acquisti di titoli da parte della Federal Reserve (la banca centrale statunitense, ndt) per il prossimo anno gli investitori probabilmente opterebbero per quest'ultimi. Se non sono i fondamentali a guidare i mercati, allora inserire i movimenti dei prezzi in un quadro economico coerente risulta inevitabilmente più difficile.

I recenti sviluppi, almeno, hanno avuto un andamento familiare, con i mercati di nuovo affetti dalla “maledizione” agostana. Nella prima parte del mese scorso le obbligazioni hanno sofferto a causa del brusco rialzo dei rendimenti; nella seconda metà le azioni, invece, hanno risentito del possibile intervento militare occidentale in Siria: i timori di conflitti in medio oriente sono stati nello scorso decennio una fonte costante di preoccupazione per i mercati, benché l'incubo peggiore – una rilevante interruzione nelle forniture di petrolio – debba ancora verificarsi.

Alcune delle anomalie dei mercati sono spiegabili. Le diverse performance dei mercati dei paesi sviluppati e di quelli dei paesi emergenti hanno rispecchiato l'andamento dei dati economici; l'economia americana è in fase di rafforzamento e l'Europa sta uscendo dalla recessione mentre i dati dai paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) sono scoraggianti.

Nel 2008 e nel 2009 l'interrogativo riguardava la capacità dei mercati emergenti di restare immuni dalla crisi dei paesi sviluppati; ora il problema si è invertito. Il mondo in via di sviluppo ha un peso ben maggiore sull'economia globale di quello che aveva durante le tempeste finanziarie degli ultimi anni '90, e benché sia ottimista sull'America Morgan Stanley ha rivisto al ribasso le sue previsioni per la crescita mondiale quest'anno, portandole al 2,9% dal 3,1% e abbassando dal 3,9% al 3,5% quelle per il 2014...

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Squaring the circle - 2

...Ma un rallentamento dei mercati emergenti non è del tutto negativo. L'indice delle materie prime elaborato da The Economist è in ribasso del 14,5% negli ultimi 12 mesi, cosa ampiamente positiva per i consumatori nei paesi ricchi; il prezzo del petrolio è ancora ben al di sopra dei 100 dollari al barile, in parte a causa delle tensioni in medio oriente, ma la debolezza delle materie prime sta provocando un abbassamento dei tassi di inflazione, fornendo così alle banche centrali dei pesi sviluppati ampi spazi di manovra per continuare le proprie politiche monetarie espansive.

Di solito un'inflazione più bassa è positiva per i titoli governativi, ma i Treasury (i titoli di stato Amricani, ndt) hanno performato molto male, con il rendimento del decennale in rialzo di oltre un punto percentuale rispetto all'inizio del 2013: tale rialzo deriva dalle aspettative di un rallentamento negli acquisiti di titoli da parte della FED, il processo noto come “tapering”? …

...Un'altra possibilità è che gli investitori siano diventati più ottimisti sull'economia globale e che abbiano spostato i capitali dalle obbligazioni alle azioni, ma come è stato già fatto notare le previsioni di crescita globali sono state riviste al ribasso, non al rialzo…

...I movimenti dei prezzi potrebbero essere stati causati dagli investitori che alleggerivano le loro posizioni, com è stato chiaramente nel caso dell'oro nella parte iniziale dell'anno...Analogamente, la crisi del debito ha spinto molti investitori a ricercare la sicurezza dei titoli governativi e ad appuntare le proprie speranze di extra rendimenti sui mercati emergenti: le forti vendite su entrambi le classi di attivi sono probabilmente il risultato di un radicale ripensamento.Una posizione rialzista sui mercati azionari dei paesi sviluppati, e in particolare su quello Americano, sembra attualmente la scommessa più gettonata; ma la sua sostenibilità è basata sulla prosecuzione del rafforzamento dell'economia, nonché dei profitti delle imprese. La crescita annuale degli utili per azione nelle imprese dell'indice S&P 500 è stata solo del 3,9% nel secondo trimestre, e tuttavia le previsioni degli analisti sono per una crescita a doppia cifra per la metà del prossimo anno, in un momento in cui i profitti sono già ad un massimo nel dopoguerra in relazione al PIL: più che una contraddizione, una pia illusione.

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Squaring the circle - 3

Articolo originale: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21584983-financial-markets-are-sending-incoherent-messages-squaring-circle

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Back to normal - 1

Le azioni risultano di nuovo vincenti (sulle obbligazioni, ndt). Uno studio di Jonathan Stubbs di Citigroup dimostra che le azioni britanniche e statunitensi hanno reso di più rispetto ai titoli di stato negli ultimi uno, due, tre, cinque, dieci, venti e venticinque anni. Questo risultato segue un periodo insoddisfacente durante il quale, grazie a due periodi di mercato orso succedutisi nel primo decennio del secolo, le azioni sono risultate perdenti nel lungo periodo.

In un'economia sana bisognerebbe attendersi rendimenti superiori delle azioni rispetto alle obbligazioni nel lungo periodo. Se un investitore acquista un titolo di stato e lo detiene sino alla sua scadenza, il tasso nominale di rendimento resta fisso per tutto il periodo; il rendimento delle azioni è invece guidato dall'andamento degli utili aziendali. Basandosi sul presupposto che il loro peso in relazione al Pil sia stabile, i profitti dovrebbero crescere col progredire dell'economia, spingendo pertanto al rialzo i guadagni nominali.

Per di più, le azioni sono più rischiose dei titoli di stato, nel senso di essere più volatili nel breve periodo; sarebbe perciò lecito attendersi che gli investitori richiedano un rendimento maggiore ( il c.d. “premio per il rischio azionario”) per compensare il maggior rischio derivante dal detenere le stesse.

Ironia della sorte, la convinzione che maggiori guadagni nell'azionario siano inevitabili potrebbe aver condotto ad un periodo di sovraperformance delle obbligazioni. L'entusiasmo degli investitori per le azioni ha spinto le valutazioni dei mercati azionari in orbita; quando le quotazioni sono ritornate a livelli normali le performance delle azioni ne hanno risentito: maggiore la sopravvalutazione, maggiore il conseguente effetto (negativo) sul rendimento delle azioni.

In Giappone, dopo un'enorme bolla azionario che è scoppiata negli anni '90, il rendimento ventennale delle azioni si attesta al -9%, contro un 117% di guadagno dei titoli di stato nipponici.

L'insoddisfacente performance delle azioni nel primo decennio del secolo ha rinforzato la tendenza, da parte degli investitori istituzionali, a ridurre la loro esposizione alle stesse per altre ragioni.

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Back to normal - 2

Cambiamenti nelle normative hanno spinto le compagnie assicuratrici a porre meno denaro nelle azioni rispetto a venti anni fa; anche i fondi pensione aziendali, soprattutto in Europa, hanno alleggerito la loro esposizione azionaria, al fine di focalizzarsi su strumenti finanziari che meglio rispecchino i loro impegni (la pensione, che altro non è se non l'impegno a pagare un reddito costante per un prolungato periodo di tempo, assomiglia alla passività derivante da un'obbligazione)…

...Stubbs descrive questi investitori come gestori “non dinamici”, ma ve ne sono a bizzeffe di dinamici. Alcuni studi mostrano che i gestori di fondi comuni prestano estrema attenzione ai rendimenti passati nell'allocare le risorse; la migliorata performance di lungo periodo delle stesse potrebbe indirizzare maggiori flussi in questi fondi: secondo EPFR Global gli investitori vi hanno riversato più di duecento miliardi di dollari quest'anno, sostenendo le quotazioni dei mercati azionari.

Anche i fondi sovrani (fondi di investimento pubblici controllati direttamente dai governi dei relativi paesi, che vengono utilizzati per investire in strumenti finanziari - azioni, obbligazioni, immobili - e altre attività i surplus fiscali o le riserve di valuta estera, ndt) potrebbero essere tentati di destinare maggiori risorse all'azionario...i costanti guadagni conseguiti dai mercati azionari dei paesi emergenti negli ultimi anni appaiono oggi alquanto attraenti, soprattutto se paragonati ai magri rendimenti disponibili sul mercato obbligazionario…

...Siamo dunque alla vigilia di una bolla sui mercati azionari? Non ancora. Le azioni americane appaiono sopravvalutate in base a parametri di lungo termine, quali il rapporto prezzo/utili aggiustato per il ciclo economico, ma lo stesso non può dirsi per quelle europee. I mercati emergenti, spesso vittime di una frenesia speculativa, appaiono oggi depressi. Gli investitori privati possono anche star recuperando la loro propensione al rischio, ma difficilmente in modo entusiastico…

Page 30: The economist - Raccolta traduzioni

Back to normal - 3

...Sembra che ciò che stia succedendo è che i flussi nei mercati finanziari stiano tornando alla normalità (in senso storico), anche se l'economia globale deve ancora riuscire a fare lo stesso: il grande interrogativo è se tale fiducia da parte degli investitori sia giustificata.

Articolo completo: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21586310-once-again-equities-are-beating-bonds-over-long-run-back-normal

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Taper tiger -1

Subito dopo che la Federal Reserve ha accennato a Maggio alla possibilità di ridurre il suo stimolo monetario, il rendimento delle obbligazioni dei paesi ricchi è schizzato verso l'alto, mentre le valute e i mercati azionari dei paesi emergenti sono sprofondati. E' avvenuto tutto per nulla? Il 18 Settembre, al termine di un incontro attentamente monitorato, il Federal Open Market Comittee (FOMC, ndt), l'organismo che stabilisce le politiche della Fed, ha deciso di non dare il via al “tapering” (il rallentamento di acquisti di titoli sul mercato, ndt) e ha invece stabilito di continuare gli acquisti di titoli del Tesoro e di mortgage bonds (obbligazioni garantite da mutui, ndt) finanziati mediante la creazione di nuovo denaro (la politica del “quantitative easing”, o QE), al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese.

Benché la Fed non abbia mai promesso di agire in Settembre, tutti i segnali puntavano in quella direzione. Il QE sarebbe terminato...allorquando il mercato del lavoro fosse migliorato in modo sostanziale. Da quel momento il tasso di disoccupazione è sceso al 7,3% dall' 8,1% e i lavoratori del settore privato sono aumentati di 2,3 milioni di unità, con un incremento del 2%. A Giugno Ben Bernanke, il Governatore della Fed, aveva affermato che il tapering sarebbe iniziato probabilmente a fine anno, e che avrebbe interrotto del tutto il QE quando il tasso di disoccupazione avesse toccato il 7%, risultato atteso per la metà del 2014: che cosa, dunque, lo ha fatto tornare sui suoi passi?

Per prima cosa, il tasso di crescita dell'occupazione ha recentemente perso slancio...In secondo luogo, la politica fiscale continua a funzionare in contrasto con quella monetaria. Maggiori tasse e tagli nella spesa hanno sottratto almeno un punto percentuale alla crescita di quest'anno...Ma il terzo e più pressante motivo è stato l'inatteso effetto sui mercati finanziari della prospettiva di un cambiamento nella politica monetaria. La banca centrale aveva sempre enfatizzato il fatto che l'avvio del tapering non avrebbe comportato una restrizione nelle politiche monetarie...gli investitori (tuttavia) hanno radicalmente rivisto le loro aspettative sulla politica della Fed...I rendimenti delle obbligazioni sono risaliti mediamente di un punto percentuale da Maggio ad oggi...Il Governatore Bernanke ha espresso il timore che questo “rapido deterioramento delle condizioni finanziarie nei recenti mesi possa provocare un rallentamento nella crescita”...

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Taper tiger - 2

...Resta tuttavia aperta la questione del momento in cui la Fed incomincerà il tapering...Bernanke questa settimana ha stressato il concetto che il target del 7% nel tasso di disoccupazione per porre fine al QE e del 6,5% per rialzare i tassi d'interesse non sono mai stati considerati livelli di attivazione automatici, ma che tutto dipende da quello che sta capitando all'economia...L'avvio del tapering potrebbe presumibilmente avvenire verso la fine di Ottobre se i dati rassicureranno la Fed...ma non vi sono indicazioni chiare, e ciò irriterà gli investitori…

Le disuguaglianze nel reddito, nel frattempo, si stanno aggravando; Emmanuel Saez, dell'Università di Berkley in California, osserva che lo scorso anno il 10% più ricco della popolazione ha raccolto la sua fetta maggiore del reddito totale sin dal 1917, e ciò è in parte dovuto al QE, che ha rappresentato un fattore positivo per i mercati azionari e pertanto per i ricchi. Il QE funziona in parte sostenendo la ricchezza delle famiglie e pertanto i consumi e il lavoro, ma i suoi effetti non si sono diffusi all'economia nel suo complesso: i rubinetti (tap, in inglese, ndt) resteranno aperti ancora per un po'.

Articolo completo: http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21586562-federal-reserve-surprises-everyone-changing-nothing-taper-tiger

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Hitting the roof - 1

Il 1° Ottobre, allorché pezzi rilevanti del Governo federale Statunitense hanno sospeso la loro attività, i mercati per lo più non hanno reagito; benché lo “shutdown” (la sospensione dell'attività di una serie di agenzie federali, dovuta a mancanza di fondi, ndt) sia stato il primo da 17 anni a questa parte, la disfunzione politica che lo ha provocato è divenuta la norma a Washington, e le conseguenze economiche sono modeste. Tuttavia qualcosa di ben peggiore si profila all'orizzonte, e i nervi cominciano ad essere scossi: il 17 ottobre il Tesoro, infatti, rimarrà privo di mezzi per aggirare il limite che il Congresso appone al debito federale e non sarà più in grado di contrarre prestiti; come conseguenza potrebbe, nell'arco di alcune settimane, essere nell'impossibilità di effettuare alcuni pagamenti. Se tutto ciò comporterà il default sui titoli di stato, gettando così i mercati finanziari nel caos, non è chiaro, ma la prospettiva sta creando tensioni... Il timore è che il Tesoro...possa mancare il pagamento degli interessi su una parte del suo debito...Ciò provocherebbe il caos nel sistema finanziario globale, che utilizza ampiamente i titoli di Stato Americani come bene ampiamente diffuso, liquido e, pertanto, sicuro...Se l'America andasse in default i finanziatori potrebbero rifiutare i Treasury (titoli del Tesoro Americano, ndt) come garanzia...Ciò potrebbe creare una crisi di liquidità...Le istituzioni finanziarie potrebbero incominciare ad accumulare fondi, provocando la paralisi dei mercati.

Una simile calamità, per il momento, rappresenta lo scenario con le minori probabilità di verificarsi, poiché entrambe le parti (democratici e repubblicani, ndt) vogliono alzare il limite del debito prima della scadenza...

...Nel frattempo, lo shutdown sta provocando danni limitati, poiché si applica solo ad un terzo della spesa federale che il Congresso deve riapprovare ogni anno; il resto, compresi i pagamenti degli interessi sul debito pubblico, la spesa previdenziale, il Medicare (l'assistenza sanitaria per gli anziani) e la maggior parte della spesa assistenziale per le fasce deboli prosegue come al solito...

...Gli economisti, da principio, avevano stimato una riduzione del pil americano nel quarto trimestre di uno 0,1 – 0,2% annuo per ogni settimana di “shutdown”...In seguito, però, le stime di una tale riduzione sono state ridotte alla metà...

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Hitting the roof - 2

…Il Tesoro ha toccato il limite attuale di 16.7 trilioni di dollari (di debito) il 19 maggio e da quel momento ha utilizzato una serie di manovre contabili per continuare ad emettere debito e pagare le spese, ma il 17 Ottobre avrà esaurito tutte quelle tattiche...A partire dal 1° novembre il Tesoro salterà dei pagamenti...

...Anche se l'America continuasse a pagare gli interessi sul debito, tuttavia, l'economia non si salverebbe: per eliminare il deficit all'istante il governo federale dovrebbe tagliare la spesa del 4% del PIL...ciò sarebbe sufficiente per innescare una recessione; contrariamente ad uno shutdown, nulla sarebbe risparmiato: pensioni, spesa sanitaria e stipendi dei militari compresi.

Se per scelta o pere errore il tesoro dovesse mancare il pagamento di una rata di interessi potrebbe, sulle prime, non soffrire come il resto del sistema finanziario. In teoria, un default dovrebbe provocare un crollo nel prezzo dei Treasuries e un'impennata nel tasso d'interesse pagato sulle nuove emissioni; tuttavia se il default stesso dovesse provocare panico sui mercati con vendite massicce di azioni e altri titoli ritenuti più rischiosi, il risultato potrebbe essere una corsa ai Trasuries...

...Nonostante ciò, un default provocherebbe un danno permanente alle finanze governative. “Ciò che rende i Trasuries una classe di titoli a parte è il fatto che i detentori possono trasformarli all'istante in denaro vendendoli o fornendoli a garanzia” , fa osservare un broker. “Se il Congresso dovesse stabilire il precedente che il pagamento degli interessi possa essere rimandato a discrezione della politica i Trasuries non sarebbero più immuni dal rischio di liquidità”. L'America avrebbe messo in pericolo “l'esorbitante privilegio”, come disse una volta un ministro delle finanze francese, di prendere a prestito utilizzando la moneta più fidata del mondo.

Articolo completo: http://www.economist.com/node/21587795

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