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2 2 LA MALATTIA CORONARICA LA MALATTIA CORONARICA APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE CON MALATTIA VASCOLARE ENZO MANZATO TEXT ATLAS SERIES

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LA MALATTIA CORONARICALA MALATTIA CORONARICA

APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE

CON MALATTIA VASCOLARE

ENZO MANZATO

TEXT ATLAS SERIES

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LA MALATTIA CORONARICA

APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE

CON MALATTIA VASCOLARE

2

LA MALATTIA CORONARICA

ENZO MANZATODIPARTIMENTO DI SCIENZE MEDICHE E CHIRURGICHE

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI

PADOVA

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INDICE

Capitolo 5

TRATTAMENTO DELLE DISLIPIDEMIE:

DALLA CHIRURGIA CORONARICA

ALLA PREVENZIONE PRIMARIA ............. 149

Razionale per un approccio aggressivo allamalattia coronarica: gli studi di intervento 151

Studi angiografici di regressione .......... 153Studi di prevenzione degli eventi ......... 157Quali pazienti trattare? .................... 162

Strategie terapeutiche ....................... 165Terapia dietetica ............................ 166Terapia farmacologica ...................... 175

Esistono potenziali rischi associati abassi valori di colesterolo? ................... 189Bibliografia ..................................... 191Letture suggerite .............................. 196

Capitolo 6

MALATTIA CORONARICA E DIABETE ........ 197

Alterazioni coronariche e metaboliche nelpaziente con diabete mellito: premessealla dislipidemia diabetica ................... 198

Alterazioni metaboliche nel diabetico ... 198Effetti del diabete sul rischio coronarico .. 200

Insulino-resistenza ed aterosclerosi ...... 200Le complicanze cardiovascolari neldiabetico ........................................ 202

Diabete ed angina ........................... 206Diabete ed infarto del miocardio ......... 207Diabete ed insufficienza cardiaca ........ 208

Valutazione e monitoraggio dellacardiopatia ischemica in corso di diabete . 209

Valutazione dell’insufficienza cardiaca .. 212Valutazione della nefropatia .............. 214Valutazione della neuropatiaautonomica ................................... 214Valutazione della vasculopatiaperiferica ..................................... 217Monitoraggio a lungo termine dellamalattia aterosclerotica nel diabetico ... 220

Trattamento della dislipidemia neldiabetico ........................................ 220

Obiettivi terapeutici ........................ 221Trattamento dietetico ...................... 223Attività fisica ................................ 225Terapia farmacologica ...................... 227

Prospettive future nel trattamento delledislipidemie nel diabetico .................... 230Bibliografia ..................................... 230Letture suggerite .............................. 235

Capitolo 7

DISLIPIDEMIA E MALATTIA CORONARICA

NELLA DONNA .......................... 237

Epidemiologia .................................. 238Specificità della malattia coronaricanella donna ..................................... 240

Presentazione clinica ....................... 240Valutazione diagnostica .................... 241

Fattori di rischio coronarico nella donna .. 244Ipertensione .................................. 244Fumo di sigaretta ............................ 245Estroprogestinici per uso contraccettivo . 246Diabete mellito in menopausa ............ 247

Estrogeni ed apparato cardiovascolare:premesse alla terapia ormonalesostitutiva ...................................... 248

Estrogeni e profilo lipidico ................ 249Estrogeni e profilo emostatico ............ 250Estrogeni e metabolismo ossidativo ...... 251Estrogeni e disfunzione endoteliale ...... 252

Prevenzione cardiovascolare inmenopausa ...................................... 254

HRT e prevenzione primaria ............... 255HRT e prevenzione secondaria ............ 255Raccomandazioni generali ................. 260

Scelta dei preparati e viedi somministrazione ........................... 261

Schemi terapeutici .......................... 262Vie di somministrazione .................... 263

Monitoraggio della risposta e valutazionedegli effetti collaterali ....................... 265

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IV

Effetti collaterali ............................ 266Bibliografia ..................................... 268Letture suggerite .............................. 272

Capitolo 8

L’IPERCOLESTEROLEMIA IN ETÀ PEDIATRICA:

SCREENING E TRATTAMENTO .............. 273

Dieta, valori di colesterolemia edaterosclerosi .................................... 273Definizione di dislipidemia in etàpediatrica ....................................... 275Prevenzione dell’ipercolesterolemianell’infanzia .................................... 278

Misure generali .............................. 278Misure individuali ........................... 280

Classificazione delle ipercolesterolemie .. 285Ipercolesterolemie secondarie ............ 285Ipercolesterolemie familiari conespressione in età pediatrica .............. 285

Trattamento .................................... 288Terapia dietetica ............................ 288Terapia farmacologica ...................... 290

Bibliografia ..................................... 292Letture suggerite .............................. 296

Capitolo 9

LA MALATTIA CORONARICA

NELL’ANZIANO .......................... 297

Il soggetto anziano nei Paesiindustrializzati ................................. 298

Caratteristiche cardiovascolari e fattoridi rischio nell’anziano ...................... 299

Trattare o non trattare: sub-analisi deglistudi di intervento ............................ 301Criteri di eleggibilità al trattamentofarmacologico .................................. 303Prevenzione cardiovascolare nell’anziano .. 304

Stile di vita e dieta nell’anziano .......... 305Esercizio fisico nel paziente anziano ..... 305Prescrizione dell’esercizio nell’anziano .. 306

Bibliografia ..................................... 311Letture suggerite .............................. 313

INDICE ANALITICO ....................... 315

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149

CINQUE

TRATTAMENTO DELLE DISLIPIDEMIE:DALLA PREVENZIONE PRIMARIA

ALLA CHIRURGIA CORONARICA

In Italia si registrano circa 150.000-200.000 infarti del mio-cardio/anno, il 40-50% dei quali è fatale entro la prima set-timana1,2. La maggior parte degli individui che sopravvivead un infarto del miocardio presenterà per il resto della vitasequele gravi: insufficienza cardiaca, aritmie ed angina; lafrequenza di reinfarti e ictus è inoltre significativamente au-mentata rispetto alla popolazione generale2.

Se si considera che nella maggior parte dei Paesi dellaComunità Europea l’età pensionabile è stata progressiva-mente aumentata fino a raggiungere il 70° anno di età e sisovrappone questo dato all’età media di comparsa del pri-mo infarto (50-60 anni), ne consegue che i 2/3 degli infartisopraggiungono in età lavorativa (figura 5.1), con un note-vole impatto economico sia a livello individuale e familiaresia a livello della collettività.

Negli ultimi anni vi è stato un notevole progresso nellaconoscenza dei meccanismi di base dell’aterosclerosi che,a cascata, ha migliorato l’approccio alla prevenzione dellamalattia coronarica. I dati di numerosi studi di interventohanno evidenziato l’importanza della prevenzione prima-ria nei soggetti ad alto rischio e sono stati individuati i prin-cipali fattori coinvolti nello sviluppo e nella progressionedella placca ateromatosa. Particolare attenzione è oggi ri-volta verso i fattori modificabili con lo stile di vita: fumo,sedentarietà e sovrappeso7-9. L’importanza di altre patolo-gie, come l’ipertensione ed il diabete è stata inoltre definiti-vamente accertata10,11.

L’insieme di questi dati ha inoltre radicalmente cambiatol’approccio terapeutico al paziente con diagnosi di corona-ropatia: fino alla metà degli anni ‘60 l’unica opzione nel

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La malattia coronarica

150

Età

media

1° i

nfa

rto (

anni)

Figura 5.1. Età media del primo infarto. (Modificata ed adattata da dati di Barakat3, Vaccarino4,Leander5, GISSI6).

trattamento del paziente con occlusione coronarica era ditipo dietetico, con risultati deludenti. L’introduzione e la suc-cessiva diffusione del bypass aorto-coronarico (CABG), ese-guito per la prima volta nel 1964 da Garrett e DeBackey hadefinitivamente modificato la prognosi del paziente coro-naropatico12. Inoltre, l’introduzione della chirurgia corona-rica ha determinato una variazione dell’approccio concet-tuale alla malattia, passando da una gestione non invasivaad una totalmente invasiva. Per oltre dieci anni, fino allametà degli anni ‘70, il trattamento del paziente coronaricoè rimasto di esclusivo appannaggio del cardiochirurgo, unapproccio parzialmente rivisto nel 1977, quando il cardio-logo svizzero Andreas Grüntzig eseguì il primo interventodi angioplastica coronarica percutanea (PTCA), aprendo lastrada alla cardiologia interventistica13. Benché questa pro-cedura di rivascolarizzazione sia meno invasiva rispetto alletecniche cardiochirurgiche, l’approccio teorico alla malat-tia rimane sostanzialmente immutato: intervenire con pro-cedure invasive e non esenti da rischio solo quando il pa-ziente presenta un quadro clinico sufficientemente graveda compensare i rischi connessi alla procedura stessa.

Contemporaneamente, in numerosi Centri venivano spe-rimentati farmaci in grado di interferire con il metabolismolipidico e, verso la fine degli anni ‘80, arrivarono i primiincoraggianti dati dei trial clinici di intervento, prima confibrati, niacina e resine e, successivamente, con statine. L’in-troduzione di queste ultime molecole ha notevolmente cam-

80

70

60

50

40

Uomini

Donne

Svezia (Leander5) UK (Barakat3) USA (Vaccarino4) Italia (GISSI6)

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5. Trattamento delle dislipidemie

151

biato l’approccio al paziente con malattia coronarica, poi-ché per la prima volta dati clinici inconfutabili hanno dimo-strato la possibilità di rallentare il processo aterosclerotico,indurre regressione della placca e ridurre sensibilmente l’in-cidenza di infarti, angina e ictus14-18. Negli anni successividiversi studi hanno dimostrato che un’importante riduzio-ne dell’incidenza di coronaropatie poteva essere osservataanche nei pazienti senza segni di malattia conclamata. Laterapia medica si è quindi estesa dal paziente con diagnosidi CHD (prevenzione secondaria), al “paziente sano” ad ele-vato rischio di infarto (prevenzione primaria). Oggi si puòaffermare che l’approccio al paziente con diagnosi di CHDo ad elevato rischio di infarto ed angina, vede nella preven-zione a lungo termine un aspetto irrinunciabile. L’estensio-ne di un approccio di tipo preventivo ad ampi strati dellapopolazione comporta d’altra parte una serie di problemidi natura clinica ed economica. In anni in cui particolareattenzione è posta nei confronti di una corretta distribuzio-ne delle risorse economiche, una prevenzione di natura far-macologica che deve essere mantenuta per lunghi periodio per tutta la vita, comporta almeno quattro quesiti fonda-mentali:1. esistono prove sicure circa l’efficacia della terapia medi-

ca ipolipemizzante nel rallentare (e possibilmente far re-gredire) l’aterosclerosi coronarica?

2. esistono prove sicure che il rallentamento della malattia,o la sua regressione, si traducano in una riduzione sensi-bile degli eventi coronarici?

3. in caso affermativo, quali pazienti devono essere tratta-ti?

4. i costi della prevenzione a lungo termine compensano lariduzione dei costi connessi alla mortalità/morbilità pereventi cardiovascolari evitati?

In questo capitolo dimostreremo che è possibile dare ri-sposte positive a tali quesiti.

Razionale per un approccio aggressivoalla malattia coronarica: gli studi diintervento

Il ruolo cruciale svolto dall’LDL-C nell’incrementare il ri-schio coronarico è oggi ampiamente recepito. Linee Guidaemanate da varie Istituzioni hanno negli ultimi anni enfatiz-zato l’importanza di un’efficace riduzione del colesterolo,in modo particolare dell’LDL-C nei pazienti a rischio, in-

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La malattia coronarica

152

tendendosi per pazienti a rischio sia quelli con diagnosi dimalattia stabile sia quelli che, oltre all’aumento dei valori diLDL-C, presentano altri fattori di rischio convenzionali (ta-bella 5.1).

La preminente importanza attribuita all’LDL-C nella pre-venzione del danno coronarico, non costituisce solo unasemplificazione introdotta per rendere facilmente disponi-bile un marcatore biochimico a basso costo in tutti i pazien-ti a rischio di infarto ed angina, ma origina da una vastamole di dati sperimentali ed epidemiologici. Le lipoprotei-ne a bassa densità presenti nel circolo ematico sono in co-stante rapporto di flusso con lo spazio subendoteliale; quan-do le concentrazioni plasmatiche di LDL-C aumentano iprocessi di ossidazione lipidica aumentano e le molecole diLDL che si accumulano nel subendotelio sono più numero-se di quelle rilasciate; si ha quindi la formazione di un pri-mo nucleo lipidico da cui trarrà origine la placca20. Tutta-via, i valori plasmatici di LDL-C necessari per innescare que-sto processo variano da individuo ad individuo. Concentra-zioni di LDL-C normali in alcuni soggetti possono diventareaterogene in individui predisposti o con pregressa altera-zione endoteliale. Inoltre, l’influenza dei processi ossidativie la presenza di LDL ossidate è condizione essenziale, edindipendente dai valori plasmatici di LDL-C, per la forma-zione della stria lipidica. Il favorevole effetto della riduzionedell’LDL-C sulla mortalità coronarica é apparso chiaro findai primi studi con colestiramina e fibrati: in questi studi,riduzioni dei valori plasmatici di LDL-C (8-13%) si rifletteva-

Tabella 5.1. Fattori di rischio cardiovascolare inclusi nella nuova revisione delle LineeGuida NCEP. Rispetto alla precedente versione il diabete mellito non è presente poi-chè i pazienti con questa patologia devono essere considerati ad alto rischio (preven-zione secondaria). (Adattata da NCEP-ATP III 200119).

Fattori di rischio (positivi) Fattori di rischio (negativi)

Età HDL-C ≥60 mg/dL

Maschi ≥45 anni Femmine ≥55 anni

Fumo di sigaretta

Ipertensione (≥140/90 mmHg o trattata)

HDL-C<40 mg/dL

Storia familiare di CHD precoce

<55 anni nei parenti maschi di 1° grado <65 anni nei parenti femmine di 1° grado

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5. Trattamento delle dislipidemie

153

no in una riduzione degli eventi coronarici21,22. In conse-guenza della scarsa riduzione dell’LDL-C e, quindi, dellamortalità ottenuta in questi primi studi, l’utilità di trattamentiipolipemizzanti più aggressivi é rimasta controversa per moltianni. Tuttavia, negli ultimi 10 anni si sono accumulati nu-merosi studi che hanno dimostrato i benefici sulla mortali-tà della terapia ipolipemizzante sia nella prevenzione pri-maria sia secondaria. Questi effetti sono stati riscontrati inmisura assai maggiore rispetto al passato con l’introduzio-ne delle statine, che hanno notevolmente migliorato la pro-gnosi dei pazienti con CHD. Oltre all’attività ipolipemizzan-te, questi farmaci hanno dimostrato di rallentare la progres-sione dell’aterosclerosi coronarica attraverso effetti diversida quelli propriamente ipocolesterolemizzanti e complessi-vamente classificati con il termine di “effetti pleiotropici”.Thompson ha evidenziato che la riduzione della mortalitàe la regressione della stenosi coronarica diventavano signi-ficative per riduzioni importanti dell’LDL-C, pari ad alme-no il 45%23. Con specifico riferimento ai processi di stenosi,altri Autori hanno rilevato che riduzioni della placca <45%non sono associate a recupero significativo del flusso coro-narico24. Complessivamente, fra i numerosi studi di control-lo eseguiti, almeno 4 studi angiografici e 4 studi clinici chehanno dimostrato una riduzione delle lesioni ateroscleroti-che ed una riduzione degli eventi clinici sono degni di ap-profondimento in questo contesto (tabella 5.2).

Studi angiografici di regressione

I presupposti sperimentali degli studi di regressione si ba-sano sull’osservazione che un’intensa riduzione della cole-sterolemia induce regressione istologica della placca. Nelmodello animale, inoltre, si osserva il ripristino della nor-male architettura endoteliale, con ritorno delle VSMC tra-sformate alla loro morfologia originaria; questo dato è statopiù raramente confermato in studi angiografici sull’uomo,particolarmente nei diabetici25. Questo dato (assieme ad al-tri) giustifica l’osservazione che la riduzione della mortalitàinizia precocemente, già dopo il primo anno dal trattamen-to, molto prima cioè che le dimensioni della placca si sianoridotte in misura sufficiente a garantire una maggiore per-vietà vascolare.

Studio MARS (The Monitored AtherosclerosisRegression Study)

In questo studio di prevenzione secondaria sono state va-lutate le variazioni percentuali del diametro delle stenosi di

La riduzione degli eventi,

anche in presenza di

riduzioni modeste delle

stenosi, chiama in causa

altri effetti delle statine

oltre quello ipolipemizzan-

te; questi possono essere

riconducibili anche ad una

stabilizzazione strutturale

e quindi ad una minore

propensione della placca

alla fissurazione ed alla

formazione di trombi.

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La malattia coronarica

154

1.899 placche aterosclerotiche in 270 pazienti randomizza-ti in due gruppi. Il gruppo in trattamento attivo ha ricevutolovastatina per 24 mesi; alla fine del periodo di studio è sta-to possibile osservare, nel gruppo trattato, una riduzionedell’LDL-C pari al 38% ed un incremento del HDL-C pariall’8,5%. Il controllo angiografico ha evidenziato una ridu-zione del 4,1% delle stenosi >50% nei pazienti trattati, con-tro un aumento dello 0,9% nel gruppo di controllo26.

Studio MAAS (The Multicenter Anti-AtheromaStudy)

Anche questo è uno studio di prevenzione secondaria,condotto su 345 pazienti nei quali sono state esaminate com-plessivamente 1.555 lesioni27. È interessante sottolineare chein questi pazienti i valori iniziali di LDL-C ed HDL-C nonerano particolarmente alterati. La valutazione angiograficaè stata fatta all’inclusione, dopo due anni ed alla fine dellostudio, dopo quattro anni dall’arruolamento. I pazienti intrattamento ricevevano 20 mg/die di simvastatina. I risultatihanno evidenziato nel gruppo in trattamento una riduzio-ne media dell’LDL-C pari al 31% ed un aumento dei livelli

Tabella 5.2. Principali studi che hanno dimostrato l’utilità del trattamento ipolipemizzante sianel rallentare la progressione delle lesioni sia nel ridurre la frequenza di eventi coronarici.

Trial N° Paz Risultati

valutabili ↓LDL-C1 ↑HDL-C1 Eventi CHD % Paz. con(%) (%) Frequenza(%) progressione

M F T C T C

End point angiografici

MARS26 225 22 38 8,5 3,7 4,4 23 32

MAAS27 308 37 31 9 8,8 6,9 29 41

REGRESS28 663 0 30 10 2,2 3,9 56 69

Post-CABG37 1.180 76 40 nd 6,7 8,2 29 39

AVERT29 287 54 362 nd 13 21 31 55

End point clinici

4S18 3.617 827 35 8 19,4 27,9 nd nd

CARE35 3.583 576 28 5 11,1 14,0 nd nd

WOSCOPS33 6.595 0 26 5 5,4 7,7 nd nd

LIPID31 7.498 1.516 25 5 7,4 10,3 nd nd

AFCAPS36 5.608 997 25 5 3,5 5,5 nd nd

nd=non disponibile; 1=rispetto al basale; 2=braccio in trattamento aggressivo

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5. Trattamento delle dislipidemie

155

di HDL-C pari al 9%. Nei pazienti trattati si è registrato, ol-tre al miglioramento del profilo lipidico, anche il rallenta-mento del processo aterosclerotico, misurato come minorriduzione del calibro vascolare.

Studio REGRESS (The Regression GrowthEvaluation Statin Study)

Lo studio REGRESS costituisce uno dei più importanti stu-di angiografici28; esso è stato condotto su un totale di 778individui con valori di colesterolo totale compresi fra 155 e310 mg/dL. I pazienti sono stati trattati con pravastatina (40mg/die) o placebo per due anni. Complessivamente sonostate studiate 4.340 lesioni aterosclerotiche: la riduzionemedia dell’LDL-C è risultata sovrapponibile a quella regi-strata in altri studi (-30%); nei pazienti che hanno beneficia-to di una consistente riduzione dell’LDL-C si è osservatauna progressione delle lesioni sensibilmente minore rispet-to al gruppo di controllo (riduzione del diametro medio di0,06 mm vs 0,1 mm).

Studio Post-CABG (Post Coronary Artery ByPassGraft Trial)

Il Post-CABG, condotto su pazienti con precedente bypasscoronarico, é stato espressamente disegnato per compa-rare i risultati di una terapia ipolipemizzante particolarmen-te aggressiva rispetto ad un trattamento più moderato29.Gli obiettivi dello studio consistevano nell’individuare unacorrelazione fra intensità della terapia ipolipemizzante etre end-point: (1) valori plasmatici di LDL-C post-trattamen-to; (2) indici di progressione angiografica; (3) mortalità co-ronarica.

Il disegno prevedeva di ridurre con il trattamento “ag-gressivo” l’LDL-C a valori ≤100 mg/dL e non superare i 130-140 mg/dL nel braccio di trattamento “moderato”. Questoobiettivo doveva essere ottenuto con la somministrazionedi lovastatina alla dose di 2,5 mg/die o di almeno 40 mg/dienel braccio in terapia aggressiva. In entrambi i casi era con-sentita l’aggiunta di colestiramina (8 g/die). Alla fine delprimo anno di trattamento, il 66% dei pazienti in terapiaaggressiva aveva raggiunto il goal terapeutico (LDL-C ≤100mg/dL). Viceversa, questo risultato é stato conseguito solonel 5% dei pazienti trattati con il dosaggio più basso. In que-sto gruppo il 58% dei trattati presentava valori di LDL-C>130 mg/dL, ben oltre il limite massimo fissato dalle lineeguida NCEP. Un aspetto molto importante di questo studioè quello relativo alla progressione delle lesioni: nel braccio

La riduzione dell’LDL-C

riduce la mortalità del 20-

30% sia nei pazienti con

diagnosi di CAD sia in

quelli ad alto rischio,

inducendo inoltre regres-

sione istologica delle

lesioni.

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La malattia coronarica

156

in trattamento aggressivo, l’angiografia coronarica ha evi-denziato una differenza significativa dei pazienti con pro-gressione della malattia (27%) rispetto al braccio trattatocon un dosaggio più basso (39%).

Studio AVERT (Atorvastatin Vs RevascularizationTrial)

In questo studio di prevenzione secondaria 341 pazienticon diagnosi di CAD sono stati randomizzati al trattamentoaggressivo con atorvastatina (80 mg/die) o alla PTCA asso-ciata a terapia medica standard30. Criteri di inclusione era-no la presenza di almeno una arteria coronarica con steno-si ≥50%, sintomatologia lieve, normale funzione ventricola-re sinistra ed eleggibilità alla PTCA non in urgenza. Gli obiet-tivi primari dello studio, tuttora in fase di follow-up, eranovalutare il tempo intercorso prima di nuovi episodi e la loroincidenza complessiva. I dati preliminari indicano un’impor-tante riduzione dell’LDL-C nel braccio trattato con atorva-statina (LDL-C=77 mg/dL) ed una minore incidenza cumu-lativa di nuovi episodi rispetto ai pazienti trattati con angio-plastica coronarica (figura 5.2).

La riduzione degli eventi ischemici cardiovascolari (-36%)nei pazienti in terapia medica ed una progressione sensibil-mente più lenta non indicano la possibilità di sostituire laterapia ipolipemizzante alle procedure di ricanalizzazionema, almeno nei pazienti a basso rischio ischemico e quan-do la PTCA non sia urgente, suggeriscono una terapia far-macologica aggressiva (LDL-C <100 mg/dL) come possibi-le alternativa.

25

20

15

10

5

0

Inci

denza

cum

ula

tiva

(%)

0 6 12 18 Tempo dalla randomizzazione (mesi)

Figura 5.2. Incidenza di even-ti coronarici maggiori nellostudio AVERT: nel gruppo intrattamento farmacologicoaggressivo gli eventi sono ri-sultati meno frequenti, consignificatività statistica già apartire dal sesto mese. Cur-ve ricalcolate come medianedei valori registrati da Pitt etal30.

∆=36%

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5. Trattamento delle dislipidemie

157

L’insieme di questi dati consente diverse valutazioni: inprimo luogo le placche aterosclerotiche sono lesioni in con-tinuo riarrangiamento ed in grado di progredire e regredi-re con velocità variabile; inoltre, in assenza di promotoribiologici (LDL-C, macrofagi e citochine pro-infiammatorie,ecc.) esse possono regredire e stabilizzarsi, divenendo menosuscettibili alla rottura ed al rilascio di trombi. E’ possibilequindi affermare che le manifestazioni cliniche sono diret-tamente correlate non solo alle dimensioni, alla numerosi-tà ed alla distribuzione delle placche nel letto coronaricoma anche alla loro “vulnerabilità”. Infine, l’ampiezza dellaregressione o il rallentamento della progressione risulta di-rettamente correlata alla riduzione dei valori plasmatici diLDL-C.

Studi di prevenzione degli eventi

Gli studi osservazionali sono di grande aiuto nella formu-lazione delle ipotesi di partenza, ma non sono in grado difornire risposte definitive a quesiti di tipo clinico ed i lororisultati non dovrebbero essere calati nella pratica quoti-diana senza l’avallo di studi prospettici. Negli ultimi 10 annisono stati condotti numerosi studi clinici con l’obiettivo pri-mario di correlare la riduzione dell’LDL-C alla riduzionedella mortalità. Questi trial hanno dimostrato che le statineriducono i livelli di LDL-C del 25-40%, cui segue una paral-lela riduzione della mortalità cardiovascolare. Questi risul-tati sono di ampiezza sovrapponibile sia nei pazienti conmalattia stabile sia nei soggetti “sani” ad elevato rischio. Inol-

25

20

15

10

5

0

Pazi

enti

con e

venti

maggio

ri (

%)

50 70 90 110 130 150 170 190 210 LDL-C (mg/dL)

Figura 5.3. Rela-zione lineare frariduzione del-l’LDL-C e mortali-tà coronarica regi-strata nei princi-pali trial clinici diintervento in pre-venzione primariae secondaria (lineapiena) ed ipotesida confermare (li-nea tratteggiata).(Adattata da LaRo-sa JC31).

CARE-FLIPID-F

AFCAPS-F

4S-F

CARE-P

LIPID-P

4S-P

AFCAPS-P

WOS-FWOS-P

Gli eventi coronarici sono

influenzati dal numero e

dalla dimensione delle

lesioni, dalla loro posizio-

ne nel letto coronarico e

dalla loro vulnerabilità

strutturale. Il trattamento

farmacologico è in grado

di influenzare i parametri

modificabili di rischio.

P=placeboF=farmaco

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La malattia coronarica

158

tre, alcuni studi hanno chiaramente dimostrato che tali ri-sultati possono essere ottenuti anche in specifici sottogrup-pi: pazienti giovani o anziani, donne e diabetici. Questi stu-di hanno anche dimostrato che la correlazione fra mortali-tà coronarica e livelli di LDL-C è di tipo lineare e validaentro un ampio range di valori (figura 5.3).

Rimane tuttavia ancora irrisolta la questione di quale sia iltarget ottimale dell’LDL-C, sia in prevenzione primaria chesecondaria. Anche in questo caso i dati epidemiologici pos-sono essere impiegati per costruire l’ipotesi di partenza edisegnare studi clinici “ad hoc”. Nella popolazione maschi-le italiana, i livelli medi di colesterolo totale sono compresitra 190 e 240 mg/dL, un valore non particolarmente eleva-to ma comunque sufficiente a determinare un’elevata inci-denza di CHD. Fra gli abitanti maschi di Shanghai i valorimedi di colesterolo sono pari a 150-160 mg/dL e, pur es-sendo una popolazione di forti fumatori, l’incidenza di co-ronaropatia risulta pari a circa 150 casi /100.000 individuicontro i 400-450 casi/100.000 individui registrati mediamen-te in Europa. Lo studio 4S ha dimostrato una riduzione del-la mortalità coronarica per riduzioni dei valori di LDL-C finoa 100 mg/dL. Risultati analoghi sono stati ottenuti dallo stu-dio LIPID32. La possibilità che la riduzione dell’LDL-C siacostante o comunque apprezzabile anche per valori <100mg/dL viene oggi indicata come ipotesi del “lower is bet-ter”. Sulla base di questa ipotesi è stata disegnata una nuo-va generazione di studi volti a verificare se la correlazionefra valore dell’LDL-C e mortalità rimane lineare anche pervalori molto bassi di questo parametro. Sono di seguito ri-portati i principali risultati degli studi di intervento, inclusiquelli più recenti.

Studio 4S (The Scandinavian Simvastatin SurvivalStudy)

In questo studio sono stati inclusi 827 donne e 3.617 ma-schi (4.444 pazienti) con pregresso infarto del miocardio odiagnosi di angina stabile18. Erano inoltre presenti 1.138fumatori e 201 diabetici. I pazienti, con età media di 58anni, colesterolemia compresa fra 212 e 310 mg/dL e valo-re dei trigliceridi <220 mg/dL furono randomizzati al trat-tamento con placebo o con simvastatina inizialmente 20mg/die. Dopo 5.4 anni di trattamento si è registrata unariduzione dell’LDL-C del 35%, dei TG del 10%, un aumen-to dell’HDL-C dell’8%, una riduzione degli eventi corona-rici maggiori del 34%, delle procedure di ricanalizzazionedel 37%, della mortalità coronarica del 42% e della morta-

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5. Trattamento delle dislipidemie

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lità totale del 30%. L’ampiezza dello studio e la varietà del-le caratteristiche cliniche del campione arruolato hannoconsentito importanti verifiche post-hoc, facendo del 4S unodegli studi più informativi.

In primo luogo le donne hanno beneficiato del tratta-mento in misura superiore alla controparte maschile; inol-tre la riduzione dei vari parametri presi in esame non èrisultata minore nei fumatori, negli ipertesi e nei diabeticiadeguatamente compensati. Infine la stratificazione deipazienti per quartili di TC, HDL-C e LDL-C ha evidenziatoche tali benefici erano presenti in tutti i quartili, una dimo-strazione indiretta che la riduzione della mortalità e deglieventi coronarici si ha anche nei pazienti con parametrilipidici poco alterati. Con particolare riferimento al sotto-gruppo dei diabetici, una sub-analisi ha dimostrato una ri-duzione del rischio relativo pari al 43% per la mortalità to-tale ed al 55% per gli eventi coronarici maggiori33. Ciò con-ferma che tanto maggiore è il rischio assoluto tanto mag-giori sono i benefici del trattamento (Figura 5.4).

La riduzione dei livelli di LDL-C è in grado di ridurre lamortalità totale e cardiovascolare con andamento crescentee lineare. I benefici sono presenti in tutti i gruppi, compresiquelli con incremento modesto dei valori di LDL-C, le don-ne ed i diabetici.

Figura 5.4. Benefici deltrattamento ipolipemiz-zante nei pazienti diabe-tici inclusi nel 4S. (Adat-tata e modificata da datidi Pyorälä K et al.33).

100

90

80

70

60

50

0

0 1 2 3 4 5 6 Anni dalla randomizzazione

Pro

porz

ione d

i pazi

enti

senza

eve

nti

maggio

ri (

%)

∆=-55%

Diabetici con simvastatina

Diabetici con placebo

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La malattia coronarica

160

Studio CARE (The Cholesterol and RecurrentEvents Trial)

L’utilità del trattamento ipolipemizzante in pazienti conpregressa diagnosi di CAD ma con livelli plasmatici di TCed LDL-C non particolarmente elevati è stata dimostrataper la prima volta nel 1996 con la pubblicazione dei risulta-ti dello studio CARE34. In questo studio, sono stati inclusi4.200 soggetti di entrambi i sessi, di età compresa fra 21 e75 anni. Criterio di inclusione per le donne era la condizio-ne di post-menopausa. I valori medi registrati erano di 209mg/dL per il colesterolo totale e di 139 mg/dL per il coleste-rolo-LDL, valori non dissimili da quelli presenti nella mag-gior parte della popolazione generale di pari età. L’end pointprimario di questo studio era costituito dalla valutazionedella mortalità coronarica. Questa è risultata inferiore del24% nei pazienti trattati con pravastatina (40 mg/die) rispettoal gruppo placebo. Questo risultato appare tanto più im-portante se si considera che la minore incidenza di eventicoronarici è apparsa evidente già a partire dal secondo annodi trattamento. La riduzione degli infarti è apparsa maggio-re nelle donne (-46%) rispetto agli uomini (-20%). In questostudio i benefici della terapia ipolipemizzante sulla morta-lità sembrano ridursi progressivamente con l’avvicinarsia valori di LDL-C pari a 125 mg/dL.

Studio WOSCOPS (The West of Scotland PreventionStudy)

Il WOSCOPS è stato il primo studio di ampie dimensionicondotto su “pazienti sani” con statine14. In questo studiosono stati inclusi 6.595 pazienti di sesso maschile con iper-colesterolemia di grado medio-severo; solo nel 5% dei pa-zienti era presente angina e nel 3% claudicatio, gli unici se-gni clinici di malattia aterosclerotica. I pazienti, con età com-presa fra 45 e 64 anni, presentavano un valore medio diLDL-C pari a 192 mg/dL e valori di TC pari a 272 mg/dL. Ipazienti sono stati randomizzati al trattamento con prava-statina (40 mg/die) o placebo. I risultati definitivi, pubblicatinel 1995, hanno evidenziato dopo 4,9 anni dall’inizio dellostudio una riduzione della mortalità totale pari al 22%. Lamortalità coronarica è risultata ridotta del 31%, a fronte diuna riduzione dell’LDL-C pari al 26%, ad una riduzione deiTG pari al 12% e ad un un incremento dell’HDL-C del 5%.Una sub-analisi condotta successivamente ha inoltre per-messo di evidenziare che la riduzione del rischio relativoera presente solo quando il trattamento produceva una si-gnificativa riduzione dei valori plasmatici dell’LDL-C35; un

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5. Trattamento delle dislipidemie

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dato di dubbia interpretazione è risultato quello relativo allimite oltre il quale non sembrano esservi ulteriori beneficiin termini di riduzione della mortalità: infatti, riduzioni del-l’LDL-C >24% non sembrerebbero conferire ulteriori van-taggi in termini di riduzione degli eventi cardiovascolarimaggiori36. Il risultato fondamentale di questo studio è chei benefici delle statine possono essere estesi a tutti i pazien-ti a rischio, indipendentemente dalla presenza di una pre-esistente cardiopatia ischemica. La maggior parte delle Li-nee Guida pubblicate successivamente ha utilizzato i datiprovenienti dal WOSCOPS per sostanziare il concetto chela terapia ipolipemizzante va estesa a tutti gli individui a ri-schio, indipendentemente dalla diagnosi di malattia coro-narica.

Studio AFCAPS (The Air Force CoronaryAtherosclerosis Prevention Study)

Lo studio AFCAPS è il primo studio di prevenzione pri-maria che abbia incluso soggetti di entrambi sessi con co-lesterolo totale ed LDL nella media per quella popolazio-ne ma con ridotti valori dei HDL, senza storia clinica, segnio sintomi di angina, TIA, claudicatio o pregresso infarto37.L’età media di questi soggetti è inoltre maggiore di quellaprevista da altri studi di prevenzione primaria. I valori ba-sali di TC ed LDL-C registrati (221 e 150 mg/dL rispettiva-mente) sono infatti sovrapponibili a quelli della popolazio-ne generale presente nella maggior parte dei Paesi indu-strializzati. Le variazioni osservate di LDL-C (-25%), HDL-C (+6%) e TG (-15%) sono risultate sovrapponibili a quelleregistrate in altri studi clinici a parità di valori basali. Dopo5.2 anni di follow-up i pazienti in trattamento attivo (lova-statina 20-40 mg/die) hanno evidenziato una minore inci-denza (-37%) di eventi coronarici maggiori (angina insta-bile, IMA e morte cardiaca improvvisa). Questi dati con-fermano ancora una volta che il trattamento con statineriduce la mortalità non solo nei pazienti con pregressa sto-ria clinica di cardiopatia ischemica ma anche negli indivi-dui sani e con profilo lipidico solo lievemente alterato. Unaltro aspetto importante è che le donne hanno beneficiatodel trattamento in misura maggiore rispetto alla contro-parte maschile, un dato di notevole importanza se si consi-dera l’ampiezza e l’età avanzata di questo sottogruppo(n=997). La stratificazione dei pazienti per valori di HDL-C in tre terzili ha evidenziato che i pazienti con i maggioribenefici erano quelli con valori di HDL-C appartenenti alterzile inferiore, un dato spesso sottovalutato dalla mag-

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La malattia coronarica

162

gior parte degli studi clinici che prendono come unicoend-point i valori sierici di LDL-C.

In conclusione, gli studi di intervento consentono di ri-spondere affermativamente al primo quesito posto all’ini-zio di questo capitolo: la riduzione dell’LDL-C riduce la mor-talità coronarica e la progressione della malattia ateroscle-rotica.

Quali pazienti trattare?

Sulla scorta dei risultati degli studi clinici precedentementeriportati, appare evidente che l’approccio al trattamento sibasa sulla selezione dei pazienti nei quali i benefici attesisiano certi ed ampi. Questo concetto, introdotto per la pri-ma volta dalle Linee Guida NCEP, e successivamente enfa-tizzato dalla II Joint Task Force on Coronary Prevention (IIJTF), assume che la colesterolemia, ed in modo particolarei valori di LDL-C, non debbano essere considerati allo stes-so modo per tutti i pazienti19,38.

Nel 1985 il National Heart, Lung and Blood Institute die-de inizio al programma nazionale di sensibilizzazione al co-lesterolo, noto come National Cholesterol Education Pro-gram (NCEP). Il programma, pubblicato inizialmente nel198839, rivisto in anni recenti40 e oggetto di una attenta ulti-ma revisione19, è basato sulla correlazione esistente tra co-lesterolemia e rischio cardiovascolare e fornisce validi edaggiornati elementi per la misurazione, valutazione e trat-tamento dell’ipercolesterolemia nel soggetto adulto, indi-cando obiettivi differenziati di colesterolemia LDL a secon-

Tabella 5.3. Livelli di LDL-C oltre i quali iniziare il trattamento farmacologico ed obiettiviterapeutici suggeriti dal National Cholesterol Education Program. (Dati da NCEP19,41).

Fattori di rischio Valori di LDL-C (mg/dL)

Terapia dietetica Terapia farmacologica

Cut-point Goal Cut-point Goal

Presenza di CHD, vasculopatia periferica, diabete >100 ≤100 ≥1301 ≤100

Assenza di CHD e <2 fattori di rischio ≥160 <160 ≥1902 <160

Assenza di CHD e >2 fattori di rischio ≥130 <130 ≥160 <130

1Nei pazienti con diagnosi di CHD e livelli di colesterolo-LDL compresi fra 100 e 129 mg/dL il medico puòstabilire di procrastinare la terapia farmacologica sulla base del giudizio clinico complessivo.2Negli uomini con età <35 anni e nelle donne prima della menopausa con livelli di LDL-C di 190-219 mg/dL,il trattamento farmacologico dovrebbe essere procrastinato se non sono presenti altri fattori di rischioimportanti come diabete, obesità ed ipertrofia ventricolare sinistra.

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5. Trattamento delle dislipidemie

163

da della presenza o meno di cardiopatia ischemica o di par-ticolari fattori di rischio.

La sintesi più recente del gruppo di esperti dell’NCEPpubblicata su JAMA nel Maggio 2001 fornisce l’indicazioneautorevole più aggiornata per garantire il miglior approc-cio al paziente a rischio cardiovascolare19. Rispetto alle pre-cedenti pubblicazioni, in questo documento sono contenu-te precise indicazioni su gestione e trattamento del pazien-te anziano ed alcune importanti integrazioni relative ai sog-getti più giovani:1. l’atteggiamento nei confronti degli obiettivi desiderabili

di colesterolemia rimane ancorato ai valori di partenzama maggiore enfasi è posta sulle patologie associate, conuno specifico richiamo, per la prima volta, alla sindromeplurimetabolica;

2. i soggetti a maggior rischio cardiovascolare sono sotto-posti ad una valutazione più precisa, con l’esortazionead una stima del rischio accurata;

3. i limiti inferiori di normalità delle HDL passano da 35 a40 mg/dL nell’uomo;

4. attenzione specifica è riservata agli anziani (uomini >65anni, donne >75 anni);

5. maggiore attenzione al ruolo dell’ipertrigliceridemia.Come conseguenza pratica, le nuove Linee Guida del-

l’ATP III aumentano il numero potenziale di americani interapia dietetica da 52 a 65 milioni, mentre il numero dipazienti che necessitano di terapia ipocolesterolemizzantepassa da 13 a 36 milioni.

Questo tipo di approccio, che integra una serie di fattoriclinici e di laboratorio, prevede che vi siano dei valori “de-siderabili” della colesterolemia in relazione agli obiettivi chesi intendono perseguire ed al grado di rischio del paziente.I fattori di rischio che determinano i valori desiderabili diLDL-C per quel determinato paziente sono riportati in ta-bella 5.1. Per gli uomini si considera fattore di rischio un’etàsuperiore ai 45 anni, per le donne un’età superiore a 55anni e comunque dopo la menopausa. La presenza di unconsanguineo di primo grado deceduto per un evento co-ronarico prima dei 55 anni se di sesso maschile o prima dei65 anni se di sesso femminile, costituisce un fattore aggra-vante di rischio. L’ipertensione è definita come incrementodella pressione arteriosa ≥140/90 mmHg. Sulla base di que-sto approccio devono quindi essere trattati non solo tutti ipazienti con pregressa diagnosi di CHD, ma anche quelli chepresentano valori di LDL-C ≥160 mg/dL; gli obiettivi e lemodalità di trattamento sono quelli riportati in tabella 5.3.

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La malattia coronarica

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Figura 5.5. Modalità di trattamento della dislipidemia in relazione alla gravità del rischio coro-narico. (Adattata da NCEP19,41).

• Intensificare trattamento dietetico• Attività fisica• Riduzione FR

Follow-up ogni anno

Terapia mirata

Paziente con sospetta dislipidemia

Tutti i soggetti (M e F) con età >20 anni

Valutazione clinica generale

• Anamnesi personale e familiare• Ricercare cause secondarie• Profilo lipoproteico

LDL-C<130 mg/dL LDL-C=130-159 mg/dL LDL-C≥160 mg/dL

Follow-up ogni 5 anniSuggerimenti dietetici

generali

Rischio bassoRischio moderato

Sono presenti almeno 2fattori di rischio?

• Dieta step 1• Riduzione FR modificabili• Follow-up ogni anno

SINO

Rischio elevato

Individuate cause secondarie?

SINO• Dieta step 1• Riduzione FR

Follow-up dopo 3-6 mesi

LDL-C≤130 mg/dL

SINO

Continuare confollow-up ogni anno

LDL-C=130-159 mg/dLe meno di 2 FR

LDL-C≥190 mg/dLo

LDL-C≥160 mg/dLcon più di 2 FR

Statina o resina

Follow-up dopo 4-6 settimane

Raggiunto LDL-C target?

SINO Continuare

Dieta (Step 2)+

statina

TC ≥160 mg/dLLDL-C ≥100 mg/dL

Incrementodosaggio

combinato finoa LDL-C≤100

mg/dL

Follow-upogni anno

Pregressa CHD orischio equivalente

(vasculopatiaperiferica e

diabete)

Dieta step 2+ statina± resina

Follow-up dopo 6 settimane e poi ogni anno

Rischio moltoelevato

Prevenzione primaria Prevenzione secondaria