TETRALOGIA Nereo Villa NON è un cabalista …...andiamo a votare, senza neanche saperlo. È la...
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TETRALOGIA
Nereo Villa NON è un cabalista
trascrizione dei video
Nereo Villa NON è un cabalista (1di4) Tempo di cambiamenti affinché nulla cambi! Come andrà a finire? Tutti se lo chiedono. Nessuno
però vede che tutto sarà come prima, in un modo o nell’altro, andando a votare o non andando a
votare, e questo durerà fino a quando non si ricomincerà a pensare in modo autonomo. Non voglio
però parlare di questo ma di un altro fatto, di cui oggi dico solo le premesse. Io non sono un
cabalista. Cabala significa tradizione. E non sono nemmeno un credente, cioè non credo in alcuna
tradizione o confessione religiosa, o filosofica o scientifica (dato che la scienza odierna è anch’essa
una religione). Amo la cultura ebraica, dalla quale escludo il sionismo e/o l’anglosionismo, che è
ideologia imperialistica del terrore. I sionisti sono il prototipo di chi persevera nell’errore da
millenni, cioè nell’idolatria della terra materiale di Israele usando oggi perfino la shoah, cioè lo
sterminio degli ebrei, come mezzo culturale della loro vendetta nei confronti dei palestinesi che
individuano in tutti coloro che non appartengono alla loro cittadinanza o razza che dir si voglia. I
sionisti generano l’emigrazione di coloro che noi nel nostro cinico “prima gli italiani” lasciamo
annegare o non vogliamo accogliere, cioè invadono con le armi le terre altrui in nome del
materialismo della terra promessa (cfr. il video “Golgota, Golgulet, Ghilgal e il 66”) che esigono
senza confini, perché credono di essere il popolo eletto da un dio in cui paradossalmente dimostrano
di non credere, dato che non rispettano i suoi comandamenti, massacrando, invadendo e occupando
le terre altrui. E noi siamo loro alleati nella misura in cui chiudiamo i porti o lasciamo annegare la
gente terrorizzata.
Non è il turbocapitalismo o l’americanismo astratto a generare tutto questo ma il sionismo
anglofono con nomi e cognomi, i Rothschild, per es., e tutte le famiglie che li votano ogni volta che
andiamo a votare, senza neanche saperlo. È la nostra ignoranza.
Anche il governo italiano, qualunque esso sia, è e sarà sempre complice dell’anglosionismo, cioè di
una monocrazia teocratica e plenipotenziaria che non vuole rispecchiare l’umano per essere PER
l’uomo, cioè articolarsi come è articolato l’antropos e l’io stesso di ogni uomo secondo triade,
secondo il Tre. Non può esservi unità astratta ma tri-unità se si vuole davvero un sabato per l’uomo.
Oggi la gente che vota si è del tutto animalizzata. L’uomo è diventato un cane (Steiner diceva “una
locusta”; io dico che è diventato un cane), raccoglitore delle deiezioni del cane. E in quanto uomo-
cane non pensa. Cosa vota? Se fosse uomo si chiederebbe per esempio a proposito dei migranti: gli
africani che emigrano a causa della povertà, come mai sono poveri? L’Africa è il continente più
ricco del pianeta: oro, diamanti, petrolio, gas naturali, uranio, terre rare (pensiamo al COLTAN dei
nostri telefonini), ecc., e allora perché gli africani sono poveri? Non sarà che sulle loro ricchezze da
anni ci hanno (abbiamo) messo gli occhi (e le nostre zampacce da lupo) gli occidentali - e ora anche
la Cina - e foraggiando/fomentando regimi di carta e guerre continue, proseguono imperterriti a
depredare? Far emigrare ragazzi giovani poi, significa privare la terra d’origine (l’Africa) di ogni
speranza di riscatto. Oltretutto nei paesi in cui sono “accolti” continuano a fare gli schiavi per 4
soldi e sono utili alla cosiddetta “deflazione salariale”: abbassamento dei “costi del lavoro” (anche
questo “costi del lavoro” è un’abiezione ma esiste nella terminologia economicistica) e dei diritti
sociali; non è un caso che Confindustria, per es., spinga che ne vengano sempre di più “perché -
dicono - ne abbiamo bisogno”, “perché - dicono - fanno lavori che gli italiani non vogliono più
fare”, frase questa che andrebbe completata, dato che fanno lavori che gli italiani non vogliono più
fare per quattro soldi, per 12 ore al giorno, senza tutele e senza diritti.
Se non vi chiedete queste cose non siete esseri umani ma cani, anzi ancora meno… Siete le
deiezioni dei cani. Cosa votate se non sapete neanche cosa significa “climatico” nel politichese,
“politica climatica”, “politica ambientalistica”, “nuove energie”? Dal film-documentario del 2007:
“La grande truffa del riscaldamento globale” di Martin Durkin emerge che il vero motivo della
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menzogna sul riscaldamento globale causato dall’uomo è IMPEDIRE LO SVILUPPO DEI PAESI
POVERI PER MEGLIO CONTINUARE A SFRUTTARNE LE RISORSE.
Questo motivo non è un complotto ma l’interpretazione di eventi osservati da scienziati onesti (oggi
l’onestà è diventata “airesis”, eresia) e perfino da un emerito ministro dell’economia inglese negli
anni ’80 (cfr. la mia trascrizione del video coi nomi di tutti gli scienziati nel post “Irrealtà del
riscaldamento globale causato dall’uomo”).
In Africa i giacimenti di petrolio, di carbone e di diamanti, permetterebbero a questo Paese di
realizzare il suo sogno, cioè lo sviluppo industriale, quindi di ogni tecnica e tecnologia. Invece la
brama di colonizzazione occidentale uccide questo sogno addomesticando l’Africa e gli altri Paesi
in via di sviluppo, all’uso del fotovoltaico e dell’eolico, benché tutti sappiano che il vento e il
fotovoltaico siano inaffidabili come fonti di energia elettrica, ed oltretutto tre volte più costosi delle
tradizionali fonti di energia.
La domanda che l’uomo-cane o l’uomo-locusta non si fa dovrebbe dunque essere: quanti europei o
anglofoni sono pronti ad usare quel tipo di energia e quanto costa? Se è costosa per noi, per gli
europei o per gli americani, perché la si vuole dare agli africani poveri? Non ha senso! I paesi ricchi
possono anche permettersi di sperimentare nuove forme di energia ma gli africani sono ancora allo
stadio di sopravvivenza. Ma la scienza degli uomini-cane è schierata con i colonizzatori, cioè con lo
spirito stesso dell’imperialismo anglo-sionista, generatore continuo di guerre ad oltranza, e
impunemente e tacitamente sostenuto dal nazionalismo di tutti gli Stati mondiali (nonostante il
cosmopolitismo ebraico si sia sempre dichiarato antisionista, riconoscendosi per esempio nella frase
del poeta ebreo austriaco Franz Grillparzer che dice: “dall’umanità alla bestialità attraverso la
nazionalità”!).
È dunque evidente che il problema centrale dello scontro tra Occidente e Oriente, in particolare
dello scontro tra Occidente e mondo arabo/musulmano non è solo la questione del conflitto in
Palestina ma è anche einnanzitutto una questione di coscienza malata a causa del senso di colpa
dell’Occidente per il male che l’Occidente ha compiuto per avere trucidato milioni di ebrei.
Come risolvere il problema? Ogni senso di colpa è pur sempre una risposta condizionata, ed ogni
condizionamento può però essere superato con un’analisi spregiudicata (cioè priva di pregiudizi). A
questo proposito occorre però ricordare che IL SIONISMO, cioè l’epicentro dell’odio, NON È
L’EBRAISMO. Il sionismo è un’epopea costruita sulla shoah, cioè su una rigida struttura simile a
un teorema matematico, e cioè sull’olocausto degli ebrei vissuto come un masso granitico.
Nonostante ciò dimostra ogni giorno di essere fallimentare: scotomizzando la nakba (olocausto dei
palestinesi, cioè l’odierna catastrofe nella striscia di Gaza; “nakbà” è il termine arabo che ha lo
stesso significato della parola ebraica “shoah”, che significa “catastrofe”, “olocausto”, appunto). E
dimostra pure di essere molto cretino questo sionismo, questo popolo di vendicatori, dato che,
ammazzando i palestinesi come i nazisti ammazzavano gli ebrei, i sionisti dimostrano di non essere
un popolo eletto ma un popolo come tutti gli altri, becero. Oggi la shoah è usata per scotomizzare la
nakba. Davide è diventato Golia, e nessuno dice niente, dato che nessuno osa distinguere
l’antisionismo dall’antigiudaismo. Perciò è sostanzialmente in corso un genocidio programmato a
tavolino fin dal tempo dei falsi pacifismi alla Russell o alla Einstein o alla Rothschild, che altro non
erano se non pianificazione genocida (cfr. anche: “Sulla bufala della sovrappopolazione del
pianeta”).
In questi termini, cioè in base a pessimismo creduto scientifico e consistente nella giustificazione
malthusiana del genocidio dei popoli, l’unione europea non potrà mai esistere. Oggi questa unione è
solo qualcosa di patologico che, anziché rientrare nella sfera della psichiatria sociale come grave
patologia sociale da curare, poggia sull’energia, divenuta filosofia, del pesce grande che mangia il
piccolo.
Devo pertanto dire a coloro che amano i numeri della mia concezione quantitativa del linguaggio
(“mia” si fa per dire, dato che una concezione non può appartenere a nessuno) che la via non è la
quantizzazione meccanica, dato che i cuori umani non battono secondo convenzionale unità di
misura ma secondo ritmo diverso in ogni uomo. Perché la vita è ritmo. Non legge. La legge produce
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ira, diceva san Paolo. Se c’è la logica di realtà non c’è bisogno di leggi perché c’è già epicheia,
diritto di epicheia (epicheia è “imitazione di Cristo”, cioè umanità e mitezza nel disobbedire a leggi
ritenute ingiuste). Se invece c’è la legge non c’è l’equilibrio. L’equilibrio solo pensato col cervello,
cioè il mero equilibrio meccanico quantistico non è vero equilibrio se non è anche percepito col
cuore, cioè col battito cardiaco.
Quindi non basatevi sui risultati numerici dei miei libri. Basatevi solo sui risultati dei conti che voi
realizzate. La meraviglia sia la vostra guida, non le regole. Cioè fidatevi dei vostri conti, non di
resoconti biblici o non biblici. Infatti non c’è alcun bisogno di una tradizione per aprire gli occhi.
Il passaggio dalla tradizione lunare del passato a quella solare del terzo millennio ha bisogno solo di
luce. Occorre semplicemente accorgersi della luce. La luce diretta del Sole è sufficiente ad
illuminare ogni uomo, e se anche per un motivo qualsiasi andassero distrutti tutti i libri del pianeta,
l’antropos troverebbe ugualmente la luce della conoscenza, mai esaustiva, ovviamente, e sempre
infinita, perché infinita è la luce e infinito è l’oggetto del conoscere che la luce illumina.
La luce della Luna, riflessa, sarà anche stata utile nei secoli passati per fare le guerre di religione.
Ora però quel tempo è finito, anche se i sionisti non l’hanno ancora capito e non ne vogliono sapere.
Vi dico queste cose perché coloro che vorranno approfondire la mia-vostra concezione quantitativa
non si lascino sottomettere dai sedicenti cabalisti o tradizionalisti o sionisti o esperti di cabala.
Perché costoro sono gli stessi di cui il Cristo dice: “Io sono la porta, tutti quelli che vennero prima
di me sono ladri e criminali, che rubano, ammazzano e distruggono... sono mercenari” (cfr.
Giovanni 10,7-10).
Cioè basatevi sulla porta. La porta, “dalet” in ebraico, è il 4. “Dalet” è la 4ª lettera dell’alfabeto
ebraico, e sul numero 4 i pitagorici giuravano... prima di Cristo perché erano iniziati al suo avvento
come “io”. 1+2+3+4 dà 10, per cui sapevano che il valore segreto di 4 è 10, e dieci non è altro che
l’inizio della fortuna di tutti di cui ho parlato spesso, anche negli ultimi due video (“O terque
quaterque beati!” e “26 COSMICO E TRIARTICOLAZIONE DELL’IO”). Ecco perché il
decimo tarocco (tarocco viene da Torà) si chiama “fortuna”, “La ruota della fortuna”.
So che vi piacciono queste cose ma per oggi basta. Ero partito con l’idea di raccontare un carteggio
di email tra un sedicente ebreo rettore universitario e me sull’alfabeto watan prediluviano, cioè di
Atlantide, su cui oggi è possibile studiare, grazie all’alfabeto ebraico che gli succede, il completo
passaggio dalla tradizione lunare a quella solare, come sabato per l’uomo… ma ho detto tutt’altro
perché siete bestie cioè cani e locuste, quindi era necessario spiegare prima certe cose che
permettono di essere più umani. Ciao, anzi, bau!
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Nereo Villa NON è un cabalista (2di4) In questi giorni ho trovato una mia tabella in un PDF del sito del matematico Umberto Bartocci:
“L’EDEN. Un Eden e un popolo o più luoghi e più genti?”. Si tratta della seguente tabella
riassuntiva in cui nel 1988 elencavo le corrispondenze astrali fra alfabeto ebraico, alfabeto watan e
rispettivi valori numerici delle ventidue lettere. Mi ha fatto piacere trovare un mio lavoro nel sito di
Bartocci, che stimo.
TABELLA RIASSUNTIVA de “L’arca, l’alfabeto astrale e il karma”,
Cap. 7° di Nereo Villa, “Il sacro simbolo dell’arcobaleno. Numerologia
biblica sulla reincarnazione”, SeaR Edizioni, Reggio Emilia, 1998.
Ciò premesso, ora vengo ai fatti. Nel 2004, cioè 6 anni dopo l’uscita del mio secondo libro intitolato
“Il sacro simbolo dell’arcobaleno. Numerologia biblica sulla reincarnazione”, mi arriva una mail da
un sedicente ebreo rettore universitario con queste parole:
«Gentile Signore, ho letto il suo libro “Il sacro simbolo dell’Arcobaleno” e ho trovato alcune
differenze tra le lettere ebraiche da lei assegnate ai vari segni astrologici e l’assegnazione
tradizionale (per esempio, i pesci sono collegati alla lettera quf e il sagittario alla samech).
Potrebbe fornirmi la fonte dell’abbinamento da lei indicato? Cordiali saluti».
Evidentemente questo signore apparteneva ad una tradizione o cabala secondo la quale il segno dei
Pesci era assegnato alla lettera “qof” che lui chiamava “quf” e il Sagittario alla lettera “samec” ma
ritualmente, arbitrariamente o “ex chatedra”, cioè senza alcuna giustificazione o MOTIVO di
quell’assegnazione tradizionale.
Il concetto di rito convenzionale assoluto si svolge più o meno come la “scienza” del gatto legato
raccontata come storiella da Antony De Mello. Ve la ricordo: un prete aveva un gatto. Il guaio era
che ogni volta che diceva messa, entrava in chiesa e distraeva i fedeli. Allora ordinò che durante le
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funzioni fosse legato in sacrestia. Poi il prete morì ma i fedeli continuarono a legare il gatto durante
ogni funzione. Poi morì anche il gatto. Allora portarono nel santuario un altro gatto, per legarlo
debitamente durante le funzioni. Secoli dopo, la consuetudine era ormai consolidata in convenzione
assoluta, grazie soprattutto agli scienziati, che, servili al potere teocratico, avevano fin da subito e
con scrupolo scritto dotti trattati sul ruolo scientifico del gatto durante la funzione scientificamente
condotta (cfr. Anthony de Mello, “Il cielo alla portata di tutti”, Ed. Gribaudi, Milano 2001). Così
nasce la kultura con la “kappa”, attraverso l’azione senza motivazione.
Nel mio libro invece spiegavo i motivi per cui la “qof” (ק) è invece connessa all’Acquario e la
“ayn” (ע) al Sagittario, e quei motivi non erano di certo la mia fede in una “fonte” ma una verifica
della stessa.
Il libro sull’arcobaleno è, anzi, la raccolta di tutti i motivi da me scoperti circa le attribuzioni
zodiacali e planetarie delle 22 lettere.
Il sedicente rettore era invece interessato a sapere la fonte dell’abbinamento da me indicato, cioè la
fonte dell’“assegnazione tradizionale” di tali abbinamenti. Non era interessato ai motivi che
costituivano i risultati della mia ricerca e la ragione principale del libro.
La sua esigenza di “fornitura della fonte” mi sembrava segno di superficialità, dato che nel libro la
fonte era citata. Questa fu pertanto la mia risposta:
«Il libro è nato come esigenza di collegare secondo tradizione solare e non di parte (ogni
“tradizione ebraica” è infatti un groviglio di attribuzioni zodiacali e planetarie prive di
giustificazione) i risultati di osservazione fra microcosmo (scrittura terrestre) e macrocosmo
(scrittura celeste). Intendo per tradizione solare l’universalità stessa del pensare umano,
accessibile a tutti. Nella nota 2 del cap. VII è comunque indicata la “fonte” da Lei cercata.
Non si tratta però di una tradizione da APPLICARE ma di un’osservazione che è possibile
fare, e da ritenere per vera (almeno fino a prova del contrario) oppure per non vera se il
primario criterio di giudizio è una tradizione specifica. Il libro si basa infatti sui miei
precedenti risultati di indagine, non ispirati a tradizione alcuna, e pubblicati nel ’95
(“Numerologia biblica. Considerazioni sulla Matematica Sacra”, Ed. SeaR). Nella nota 12 al
cap. IV infatti scrivevo: “Va detto che le corrispondenze alfabetico-astrali qui riportate NON
sono quelle indicate dal Sefer Yezirah: “In effetti l’alfabeto essendo andato perduto all’epoca
della cattività di Babilonia, quando Esdra volle ricostituire il testo della Torah, si servì di una
scrittura caldaica, o più esattamente assira, che è la scrittura ebraica detta quadrata, ancora
oggi impiegata. Il nuovo alfabeto ebbe 22 lettere come l’antico, ma le corrispondenze furono
modificate e divennero quelle che si ritrovano nel Sefer Yetzirah [...]. Ecco ora quali sono le
modifiche di cui stiamo parlando. Si è scambiata la “MEM” (ם) e la “SAMEK” (ס), “SCIN”
Ast” (Asoth), formata dall’insieme delle“ תסא in modo da sostituire la parola ,(ת) ”e “TAW (ש)
tre lettere costitutive (cioè madri, ndt), con תסא “Ams” [...]; si è scambiata ugualmente
GHIMEL (ג) e DALET (ד), PHE (פ) e HAIN (ע)....” (cfr. R. Guénon, “L’Archeometra”, Ed.
Atanor, pagg. 19, 20). Il sistema archeometrico precedente tali modifiche - riconosciuto anche
da altri studiosi (ibid. pag. 14; cfr. anche Papus “La scienza dei numeri”, Ed. Brancato, pag.
85) è identico a quello dell’alfabeto Watan pre-diluviano, cioè risalente al tempo di Atlantide:
“l’alfabeto primitivo degli atlantidi è stato conservato in India, ed è mediante i Brahmana che
è giunto fino a noi ...” (R. Guénon, op. cit., pag. 12). Poiché nel nostro lavoro, le
corrispondenze trovano, da più parti e in esse stesse, sostegno e giustificazione, tale
antichissima archeo-metria rimane in sintonia proprio con il Sefer Yetzira, là dove dice: “...e
fai stare in piedi la cosa in maniera esauriente...” (Sefer Yezirah, Trad. di Eliahu Shadmi, cap.
I, sez. 3, Ed. Atanor)».
Io ovviamente non sono mai stato un guénoniano e Guénon mi è sempre stato antipatico nella sua
critica distruttiva del concetto di evoluzione di Steiner, inoltre ho sempre immaginato la sua
vocazione islamica (Guénon abbracciò la fede islamica) come una specie di tradimento di se stesso
come uomo occidentale. Tuttavia leggendo molti suoi scritti sulla simbologia e sulle lingue antiche,
reputai la sua opera intellettualmente onesta e interessante. E quando trovai le sue corrispondenze
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planetarie e zodiacali con l’alfabeto watan pre-diluviano, che lui aveva mutuato da Alexandre Saint-
Yves d’Alveydre ma senza giustificarle, cercai le loro giustificazioni per una trentina d’anni e le
trovai. E fino a prova contraria credo siano giuste.
Perciò e non per altro avevo scritto i due libri: avevo trovato quello che nelle librerie ancora non
c’era, cioè la giustificazione di quelle corrispondenze che, una per una, ora stavano in piedi come
un puzzle pieno di significato, proprio come consigliava il “Sefer Yezirah”: “fai stare in piedi la
cosa in maniera esauriente”. In altre parole, accettavo le corrispondenze “Watan” non per fede in
Guénon ma perché avevo constatato che stavano in piedi da sole secondo logica di realtà, non
secondo fideismi, ritualismi o astrazioni dogmatiche e simili.
Il sedicente rettore invece mi contestava il fatto che non avevo una cabala su cui basarmi, e si
“stracciò le vesti” come Caifa (Matteo 26,55) perché in fondo gli avevo distrutto il giocattolo, cioè
il suo fideismo acefalo.
Il suo giocattolo era “Shemà” (cioè “AMS” letto da destra a sinistra come è per l’ebraico). Guai se
tocchi lo “Shemà Israel” (“Ascolta, Israele”; שמא = Shemà: “Ascolta”; ישראל שמא = Shemà Israel:
“Ascolta Israele”) a un sionista, anche se è un rettore ateo o eristico (discutere con un eristico è
come giocare a scacchi con un piccione. Potresti essere il più grande giocatore del mondo ma il
piccione continuerà a rovesciare tutti i pezzi, cagherà sulla scacchiera e camminerà impettito
andando in giro con aria trionfante...).
Dal risultato delle mie ricerche su quelle attribuzioni astrali emergeva chiaramente che non vi è
differenza fra il dio indiano e il dio ebraico e che le tre lettere madri dell’alfabeto ebraico, basato
sull’alfabeto “Watan” pre-diluviano, non costituivano la parola “Shemà” della preghiera “Shemà
Israel”, שמא ישראל = “Ascolta Israele”, ma AST!
Quindi prima di procedere nel dirvi le sue distruttive critiche e invettive, devo spiegare meglio la
cosa. Ma oggi mi fermo qui.
Nereo Villa NON è un cabalista (3di4) In questi giorni ho trovato anche un sito in lingua spagnola che propone la mia tabella. Si tratta di
“SELKETVISIONES WATANALFABETO-ATLANTE” .
Per spiegare la tabella e le lettere costitutive AST devo ora riassumere un po’ di storia dell’umanità,
che comunque ognuno può trovare sparsa dappertutto anche se a volte un po’ occultata.
Durante la prigionia degli ebrei in Babilonia il vero alfabeto, già nascosto per millenni, andò
perduto proprio durante la sua canonizzazione per opera di Esdra.
Poiché questa realtà disturba la tradizione di coloro che si sentono eletti da Dio a discapito di altri,
si cercò di nasconderla perfino mettendo in dubbio l’esistenza stessa di Esdra, di cui comunque
parla il Corano con il nome di «’Uzayr».
I fatti storici sono rinvenibili da più fonti come segue.
Dopo la caduta di Gerusalemme, Babilonia, cioè l’odierno Iraq (anche questo sono in pochi a
saperlo), diventò il centro dell’ebraismo per più di mille anni.
Le prime comunità ebraiche babilonesi iniziarono perciò sei secoli prima dell’anno zero, cioè con
l’esilio della Tribù di Giuda nel 597 a.C. a cui seguì, 11 anni dopo, cioè nel 586 a.C., la distruzione
del Tempio di Gerusalemme.
Dopo alcune generazioni e con la conquista di Babilonia da parte dell’Impero Persiano, molti ebrei
tornarono ad Israele guidati da Esdra, che fece appunto rinascere la scrittura dei quattro libri Genesi,
Esodo, Numeri, e Levitico, dato che
durante la cattività di Babilonia era stato impedito agli ebrei di leggere e di scrivere.
Ricominciando a trascrivere ciò che i profeti avevano intuito riflettendo su tutta la storia d’Israele,
Esdra tornava quindi in patria e alle pratiche tradizionali, ma con attribuzioni alfabetico-astrali
differenti, la cui importanza era comunque destinata a scemare sempre più nel passaggio dall’epoca
paleo-indiana a quella paleo-persiana a da questa a quella ebraica, in quanto l’ebraismo si distinse
soprattutto per la sua scelta monoteistica: l’importanza degli astri, l’astrologica caldaica, assiro
babilonese, l’astrologia divinizzata, il magico, la magia, i deva, gli dei, ecc., dovettero lasciare il
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passo al monoteismo. Per cui il cielo e il celato, gli astri e le costellazioni, l’occulto ed il suo stesso
principio eterico detto “Asot” (o AST, אסת), tutto ciò fu messo da parte.
Ma la verità viene sempre a galla e soprattutto la verità del cielo (vedi per esempio sulla
conduttività elettrica dell’etere la pagina di Fisica: “La verità viene sempre a galla” oppure - per
fare un altro esempio - l’odierna astronomia arrotonda a 26 mila anni il ciclo di 25.920 anni della
precessionale solare - detto anche anno platonico - indicando così il valore 26 della somma totale
dei valori numerici del nome Yhwh: 10+5+6+5 = 26 = יהוה, la cui vera pronuncia è ancora oggi
incerta nonostante le svariate traslitterazioni in “Iavé”, “Geova”, “Giove”, “Giano”, “Zeus”, ecc.).
Nel 1986 la casa editrice Atanòr pubblicò un’opera postuma di René Guénon (René-Jean-Marie-
Joseph Guénon, 1886 -1951, intellettuale francese) intitolata “L’Archeometra”, il cui contenuto era
mutuato dall’“ideologo massonico” Saint-Yves (Alexandre Saint-Yves d’Alveydre, 1842-1909,
conosciuto come il fondatore del NWO, Nuovo Ordine Mondiale, da lui chiamato “sinarchia”).
Pertanto è lecito sospettare che tali immagini, che sembravano generarsi addirittura dal simbolo
Yin-Yang, fossero una specie di aggiustamento truffaldino alla Einstein, cioè un’acrobazia pittorica
o una falsificazione della realtà per far quadrare i conti con l’antica India o con l’antica Cina, o in
generale col mondo musulmano, o ancora con la cosiddetta “società teosofica” fondata da Helena
Petrovna Blavatsky e dalla quale Rudolf Steiner si staccò proprio perché non fu mai un sostenitore
della sinarchia o della globalizzazione.
Ho già detto che non sono un guénoniano, né un appartenente ad una qualsiasi fede e pertanto
ancora meno un sinarchico del New Word Order.
Di fronte ai gerarchi che vogliono governare il mondo io non nutro solo sospetti ma anche
idiosincrasia, e li ritengo dei comici, affetti da ipertrofia egotica... COMICI INVOLONTARI.
Vi sono però anche indizi che fanno piazza pulita del sospetto circa l’attribuzione di senso alle cose
percepibili, dato che la concettualizzazione dell’osservato non c’entra nulla con la globalizzazione
del potere di dominio.
Ogni indizio è tale per l’universalità del pensare, cioè per la nostra facoltà di pensarne il contenuto.
Perciò tali indizi non sono altro che sperimentabile universalità del pensarli, avvertendoli in piena
coscienza come esperienza DIRETTA di correlazioni tra un oggetto di percezione e un altro.
Per esempio in questo caso: tra le “lettere alfabetiche (che sono segni)” e i “Numi, o numeri, o
numerabilità ritmiche (che sono altri segni)” dell’aggregato sconnesso di oggetti di sensazione di
cui disponiamo come del contenuto dell’osservazione pura, priva di pensiero e di fronte ai quali
stiamo con la nostra facoltà pensante, pronta a svolgere la propria attività non appena trovi un punto
di presa.
Questa facoltà umana è l’universalità stessa del pensare: è la facoltà di dare nome alle cose,
“realizzandole” come unione del percepire col pensare.
La realtà è data da tale unione, cioè dall’oggetto percepibile e dalla sua concettualizzazione.
A questo punto, ecco le obiezioni del mio detrattore cabalista sedicente ebreo rettore
universitario.
Nel mio libro “Il sacro simbolo dell’arcobaleno” avevo esposti uno per uno gli indizi che
giustificavano l’attribuzione delle lettere costitutive della vitalità stessa che gli antichi chiamarono
“Asot”, individuandola nell’ETERE COSMICO.
Credo siano stati proprio tali indizi a imbestialire quel lettore (MA SI POTREBBE DIRE QUEL
CONTROLLORE), in quanto in definitiva testimoniano che è possibile oggi riacquistare l’antica
veggenza atavica del cielo e del celato non più in base a legami di sangue ma liberamente, cioè con
la naturale coscienza liberata da quei legami di specie, RAZZA, ecc..
Ecco dunque le obiezioni del sedicente ebreo rettore (tralascio gli insulti e le ipocrisie; comunque
invierò a chi me ne farà richiesta il carteggio completo che ebbi con questo fanatico
dell’appartenenza ad un popolo eletto).
Di fronte alla mia risposta, scrisse indignato:
«Non capisco allora perchè si rifà tanto alla Scrittura, a citazioni di parole ebraiche e a
qualche briciola di Qabalah [...]. Le opinioni personali - pensiero - sono personali e non entro
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in discussione con le sue teorie. Guenon si riferisce a un “probabile” alfabeto “atlantide” [...],
io mi riferisco a secoli di provata tradizione ebraica. Non ci sono prove che sia mai esistito un
alfabeto atlantideo e tantomeno una astrologia atlantidea collegata alle lettere ebraiche [...] o
forse Israele è una colonia di Atlantide che ha conservato l’alfabeto della madrepatria? La
scrittura assira è cuneiforme e Esdra non si sà se sia mai esistito... [NOTA BENE: Il sedicente rettore scriveva “sà”, 3ª persona dell’indicativo presente del verbo
“sapere” con l’accento sulla “a”, per cui mi sembrava abbastanza improbabile che fosse un rettore
universitario, ma oggi tutto è possibile per la kultura delle cialtronerie o delle “scienziaggini”! Ma
andiamo avanti:].
... Il primo insieme di segni classificabile come “alfabeto” era composto da diciotto segni
(protocananeo sinaitico del 1500 a.c.) e non somigliava nemmeno lontanamente a quello in uso
al tempo di “Esdra” [...] quindi - continuava il “rettore” - non si potevano fare abbinamenti
del genere proposto da lei o da Guenon...
[NOTA BENE: il sedicente rettore affermava che non si potessero fare abbinamenti, cioè che non si
potesse pensare che il dopo dipenda dal prima, o che vi possa essere un continuum tra i periodi
storici: paleo-indiano, paleo-persiano, egizio-caldaico-assiro babilonese-aramaico-ebraico, greco-
romano, e il nostro attuale: sarebbe un po’ come dire che la luce della Luna post-diluviana non era
riflessa dal Sole ma che risplendeva da sé, oppure sarebbe come dire - come avviene oggi - che la
CO2, cioè l’anidride carbonica genera il “riscaldamento globale” (MA SAREBBE MEGLIO DIRE
“RISCALDAMENTO GLOBALIZZATO O DELLA GLOBALIZZAZIONE”) mentre è vero il
contrario, dato che è la combustione e/o il calore a generare anidride carbonica: è con questa infatti
che gli estintori spengono gli incendi!].
... Il “Sefer Jetziràh” - continuava ex cathedra il mio controllore - non è mai stato modificato,
la tradizione orale raccolta nel Sefer è vecchia e immutabile e gli scambi proposti qui sotto
sono del tutto inaccettabili perchè si perde totalmente il significato di collegamento con la
lettera e i suoi valori [...] le lettere madri [costitutive - nota mia] sono Aleph, shin e mem [...] la
taw non è nemmeno lontanamente contemplata [...] Capisce che sono errori grossolani che
distorcono del tutto il significato originale [...] Lei lo ha letto, il Sefer [...] non dico in ebraico,
ma in italiano, visto che se ne trovano eccellenti traduzioni? Se mi permette, credo che prima
di tutto uno studioso dovrebbe riferirsi a fonti più serie e controllabili, e soprattutto avere una
conoscenza di base (almeno) della lingua ebraica prima di fare certe affermazioni. Seconda
cosa: divisioni e moltiplicazioni non sono utilizzate in Qabala e la traduzione del mantra Hare
Krishna è sbagliata. Non stravolga le cose solo per dare una forma alle sue teorie».
Il sedicente ebreo rettore universitario si stracciava le vesti perché la sua cultura non coincideva con
la mia.
Qui però casca l’asino… o il sionista, o il nazionalista alla Fusaro o alla Salvini, che dir si voglia.
L’etimologia della parola “cultura” offre il significato di “culto di Ur”, cioè “culto della luce”, in
quanto “Ur” (da aur di aura, aor, ecc.) significa “luce” e, oltretutto, “Ur Kashdìm” (כשדים אור) è il
luogo di nascita di Abramo, oggi ancora segnato nelle cartine geografiche dell’Iraq.
Questo luogo viene di solito tradotto “Ur dei Caldei” ma significa letteralmente “Luce degli
astrologi”.
Di solito SI PARLA POCO di queste cose.
Non bisognerebbe inoltre dimenticare che la stessa dottrina cattolica della Trinità, che dal nord-est
dell’Indo si estese a tutta l’Asia Minore fino in Europa, è - per usare il linguaggio geografico attuale
- di origine “irachena”. Il dogma della Trinità fu infatti riconosciuto da tutti i popoli possessori di
religioni costituite. Fu insegnato nelle più antiche scuole caldee, egiziane e mitraiche. Il dio Sole
caldeo, rappresentato dal toro Mitra, era infatti chiamato “triplice”, in base all’idea tri-unitaria dei
Caldei.
Da questo punto di vista si può dire che anche il culto della chiesa cattolica è solo una
continuazione dell’antico culto di Mitra, in cui erano confluiti tutti i singoli culti misteriosofici
dell’Asia Minore e dell’Europa meridionale.
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E non è un caso che la somma dei valori numerici delle lettere ebraiche di “Ur Kashdìm” (אור
.sia 581 20+300+4+10+40 + 1+6+200 (כשדים
Un’esperienza DIRETTA delle correlazioni tra le lettere dell’alfabeto ebraico e i segni astrologici la
abbiamo già in questo numero.
Però per avere tale esperienza bisogna liberarsi dell’abitudine ad avere esperienza INDIRETTA dei
pre-giudizi sugli oggetti considerati.
Per esempio lo scienziato che inorridisce di fronte all’addizione, detta sintesi teosofica, si straccia le
vesti come Caifa se gli si dice che 581 rende possibile la somma 14, data da 5+8+1, dato che per la
sua “fisica della materia” tale somma è come una bestemmia…
Ma si contraddice.
La sua contraddizione consiste nel fatto che, pur dichiarandosi materialista, non accetta la
“materialità” del numero. Per lui, giustamente, il numero 581 non significa 5+8+1 ma 500+80+1.
Questa giustizia della formazione di quel numero di tre cifre, così composto, non rispecchia però la
sua diretta o immediata percezione.
La sua percezione immediata è quanto avviene in ogni uomo di fronte a qualsiasi segno di cifra: nel
caso di 581 vi è innanzitutto il segno della cifra “cinque”, seguito dal segno della cifra “otto”, a sua
volta seguito dal segno della cifra “uno”, che MEDIANTE il pensare (e quindi la nostra percezione
non è già più immediata o diretta ma MEDIATA appunto dal pensare) è abituato a leggere come
una quantità formata da cinque centinaia, otto decine ed una unità. Questa è, sì, l’organicità di cui è
composto quel numero. La cifra 581 è però organizzata sia da ciò che appare immediatamente come
5+8+1 (e questa è la sua realtà materiale percepibile), sia da ciò che di impercepibile vi si aggiunge
col pensiero di cinque centinaia, più otto decine, più un’unità.
È davvero strano che lo scienziato pretenda per i numeri una fede convenzionale in ciò che non si
vede, mentre per la loro percezione diretta, no! E quindi no anche per ogni altro oggetto percepibile
dai suoi sensi, compreso egli stesso come essere umano vivente!
Insomma, se ci si occupa della fisica di un numero, pur ritenendo convenzionalmente che per
esempio 581 non significhi 5+8+1, ma 500+80+1, ci si può ugualmente rapportare alla somma di
5+8+1 esattamente come ci si potrebbe rapportare alle ceneri di un cadavere, le quali altro non sono
se non un reale corpo fisico sintetizzato.
Ecco perché la logica di realtà del numero deve necessariamente connettere, cioè relazionare, il
numero fisico-sensibile alla somma delle cifre che lo compongono. Nel caso del valore numerico
581, si ha dunque la “sintesi numerologica” o “sintesi teosofica”, o più semplicemente la “sintesi”
14.
Il 14 (dato da 5+8+1) è in definitiva la massima sintesi fisica possibile del 581, che possa stare nel
ventaglio o nella gamma del 22, cioè delle 22 lettere solari dell’alfabeto ebraico senza essere
ulteriormente sintetizzato (dato che 14 offre anche la possibilità del 5 dato da 1+4).
E qual è la 14ª lettera di questo alfabeto solare?
È la lettera “nun”, detta archeometricamente “planetaria” del Sole.
La cosa mi sorprende e questa meraviglia mi indica che i conti tornano: Nun è in definitiva l’esatta
correlazione con “Ur Kashdìm” (כשדים אור), cioè con la “Luce degli astrologi”, luogo di nascita di
Abramo.
La mia percezione diretta della tradizione solare consiste dunque nel fatto che i conti tornano, e
tornano nella misura in cui non ho perduto la mia facoltà di meravigliarmi: il Sole infatti è il
luminare della vita e la NUN è la planetaria del Sole, 14ª dell’alfabeto.
Va altresì ricordato che Abram significa “Padre-Ram”, cioè Ab-Ram, e che Ram o Rama è uno dei
28 nomi di Krishna.
La capacità di comprendere l’estensione che il nome Abram comporta non arriva però solo da
Roma all’India passando per l’Iraq o “Ur dei Caldei”, bensì effettivamente fino alla Cina col
simbolo cinese dell’Yin-Yang.
Anche e soprattutto di questo simbolo ho parlato nei miei libri, e soprattutto in “Il sacro simbolo
dell’arcobaleno”, dato che l’arcobaleno è rappresentato come 14ª lettera dell’alfabeto Watan come
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un arco con un punto al centro e che “nun”, 14ª lettera dell’alfabeto ebraico significa, come parola,
“balena”, cioè un “grosso pesce”.
Ho spiegato altresì il significato geroglifico di “AST” (o “Asoth”) come ETERE COSMICO, o
norma di luce, o etere luminoso delle forze astrali, che esaminate collettivamente, sono le cosiddette
“astarot”, idolatrate come “Astarte” e perciò condannate dal monoteismo e/o dall’antico monismo
della tradizione lunare (Deuteronomio 7,5).
La tradizione solare del terzo millennio non ha più queste esigenze di condanna, perché siamo di
fronte ad una “musica” nuova, una “favola” vera.
La radice “ast”, che inizia propriamente le parole “astro”, “astrologia”, “asot”, ecc., sta a
significare, anche in molte lingue antiche la qualità di tutto ciò che è fecondo, formatore,
generatore.
Non per nulla qualche anno fa le forze eteriche del cosmo sono state chiamate “bioplasmatiche”
dallo scienziato russo Vadim Nikolaevich Tsytovich, ed un secolo fa “corpo vitale” o “eterico” da
Rudolf Steiner.
Se si ragiona ci si accorge infatti che i veri corpi umani fisici che possiamo realmente percepire
davanti a noi sono solo cadaveri.
L’uomo che ci appare quando usciamo di casa non è un corpo fisico. Perché è vivo. Non siamo di
fronte a cadaveri. Lì vi è anche vitalità, che non vediamo ma che permette alle forme organiche
umane di non disgregarsi come nel cadavere.
Questo elemento che non vediamo è etereo, celeste, immateriale, impalpabile. Perciò fu detto
“eterico” e corrisponde all’“Ast” (Asoth, Astarot, Astarte), nome formato dalle antiche lettere madri
dell’alfabeto watan pre-diluviano.
Ast (o asoth) era infatti per Guénon il termine antico con cui si nominava un principio collettivo
della forza cosmica, che chiamava il “principio spirituale delle forze astrali” (R. Guénon,
“L’Archeometra”, Ed. Atanor, pag. 28).
Traslitterato anche come Astorét, Astarot era caratterizzato come collettivo “dalla sua desinenza,
che, in ebraico, è quella del plurale femminile.
Al singolare, questo nome è “Istar”, [...] e la sua forma ebraica è Esther”. Quest’ultimo nome è
formato dall’aggiunta della lettera “resh” [...] alle tre lettere che compongono la parola “asoth” e,
prima di essere un nome proprio, designa il giglio (ibid.).
Nella Bibbia vi è proprio un libro intitolato Ester” (“Libro di Ester”). Questo nome e questo libro
contengono molta sapienza.
Se prendiamo le lettere della parola “Esther”, אסתר, e cioè “alef”, “samek”, “taw” e “resh”, in
numeri 1, 60, 400, 200, abbiamo come somma 661, meravigliosamente connessa al concetto
“DEVA” (alla faccia dei “controllori” che vietano queste osservazioni): la parola “divino” proviene
dal sanscrito “deva”, che significa “divinità”, ma si produce anche mediante una sostituzione cifrata
delle lettere costitutive ALEF, SAMEK E TAW, secondo il seguente procedimento: ALEF,
SAMEK e TAW, in valori numerici 1, 60 e 400, danno la somma complessiva 461. Sostituendo le
cifre 4, 6 e 1 con le lettere ebraiche corrispondenti abbiamo la “d” (DALET), la “v” (VAV) e la “a”
(ALEF), che formano “dva”, radice evocatrice di “Deva”, la divinità.
Il 4, il 6 e l’1, sommati, cioè sintetizzati, esprimono il numero 11, il cui Valore Segreto o VS è 66
(1+2+3+4+5+6+7+8+9+10+11 = 66).
In “Ester” il 66 è unito all’1.
Nel 661 si esprime dunque il rapporto di vicinanza tra:
- il ciclo delle ripetute vite terrene, espresso dal termine “ghilgal” (גלגל), in numeri 3+
30+3+30, somma totale 66, e
- l’unità del Nume (i.e.: “potenza divina”, “potere divino”) cosmico.
Però bisogna essere capaci di meravigliarsi per comprendere queste cose, che non sono ciccioli!
Queste cose io le so senza essere un cabalista, cioè senza il supporto di alcuna cabala o tradizione o
masnada di controllori che ti dicano quello che è possibile o che non è possibile osservare...
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Anche perché ogni tradizione “vecchia e immutabile” come quella di coloro che per tradizione
affermano che “Esdra non si sà se sia mai esistito”, puzza di ignoranza, di tradimento della verità e
di pilatismo: «Allora Pilato gli disse: “Ma dunque, sei tu re?”. Gesù rispose: “Tu lo dici; sono re; io
sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è
dalla verità ascolta la mia voce”. Pilato gli disse: “Che cos’è verità?”» (Gv 18,37-8).
Nereo Villa NON è un cabalista (4di4) (pubblicato alla vigilia del giuramento del
Governo Gretino) [...] “Quod est veritas?” (Gv 18,38).
DALLA CABALA
DI SAN NEREO SUPERSTITE:
«E il gatto urlò dal sottopalco: “La verità vi farà liberi!”.
La volpe, che aveva appena litigato con lui a causa di un cicciolo che lui le aveva rubato, gli chiese:
“E allora la menzogna che farà?”.
Pinocchio, che aveva comprato i ciccioli, mangiò la foglia e rispose a gran voce: “La menzogna vi
farà credenti”.
E, come per miracolo, il naso di legno gli cadde per terra, mischiandosi con gli oggetti del mondo...
Era diventato umano».
***
Gli oggetti che noi percepiamo, non essendo costituiti in virtù di convenzioni, non possono avere in
sé i loro significati secondo convenzione ma li hanno secondo collegamenti del pensare. Di fronte
alla percezione del ritmo della vita, il pensare è stimolato a distinguerne frammenti periodici, cioè
frammenti di ritmo, secondo prevedibili scadenze.
Quando le previsioni sono giuste il pensare conviene a convenzioni convenienti e conviviali.
Quando le previsioni non sono giuste il pensare non può più convenire a convenzioni convenienti.
Pena: la vita invivibile, cioè non conviviale.
Perciò il pensare le sostituisce con altre.
E poiché l’uomo è inserito nella noosfera, cioè nell’universalità del pensare, le immagini di pensiero
(forme-pensiero) che si fa dello sconnesso aggregato di sensazioni che avverte, le considera idonee
se conformi a quanto percepito.
Se non corrispondono le cambia. Per es., le immagini che gli antichi si facevano della relazione
della Terra col Sole (geocentrismo) fu per forza di cose sostituita con un’altra (eliocentrismo),
perché non andava più d’accordo con altre percezioni, prima sconosciute.
Le convenzioni generano vita conviviale solo se in accordo con l’universalità del pensare.
Quando per una ragione qualsiasi - a causa, per es., di imposizioni di tradizioni “immutabili” come
quella del mio detrattore e “controllore” (il sedicente ebreo rettore universitario di cui ho già parlato
nei tre precedenti video) che affermava che “la tradizione [...] è vecchia e immutabile” - non si è più
in accordo con l’universalità del pensare, la vita diventa NON CONVIVIALE: insorgono dissidi,
guerre, lager, guerre, spargimenti di sangue.
La vita non conviviale dipende perciò dal credere, e dal cadere e intrappolarsi in pregiudizi, di cui è
poi difficile liberarsi.
Uno dei massimi pregiudizi di cui lo scienziato non si è ancora liberato consiste nel credere
convenzionale il ritmo...
Per es., Einstein era addirittura convinto che il tempo fosse lo spazio convenzionale percorso dalle
lancette dell’orologio!
Prova a pensarci e vedrai che ciò è errato (sarebbe come dire che la mia barba è il tempo).
Con la stessa ingenuità si scambia poi l’UNITÀ DI MISURA con l’UNITÀ ARITMETICA.
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Eppure tra l’unità di misura e l’unità aritmetica vi è essenziale differenza dimostrabile (che tra
l’altro costituisce la premessa al mio libro “Il sacro simbolo dell’arcobaleno”, contestato dal mio...
“controllore”).
Prima di mostrarvela, si consideri anche la differenza essenziale tra logica astratta e logica di realtà.
Si prenda l’affermazione aristotelica dell’uomo come animale sociale. Si è dimostrata realistica?
A me non sembra: l’uomo è sempre meno sociale e sempre più animale.
Hegel invece distingueva l’uomo dall’animale dicendo: “il PENSARE fa sì che l’anima, di cui
anche l’animale è dotato, divenga spirito”.
Ok! Però se l’uomo formula i suoi pensieri secondo anima animale senza ACCORDARSI con
l’universalità del pensare, ottiene sempre risultati bestiali.
Basta osservare come si contorce il pensiero politico (fino a diventare demente) per ottenere la
poltrona da cui attuare la coercizione sulla polis...
E proprio a proposito del diventare dementi, e di come ci siamo massimamente imbestialiti in
questa SOCIETAS, che abbiamo fatto diventare un Lager, ecco la descrizione di un prigioniero di
nome Elias, fatta da un altro prigioniero di un Lager tedesco:
«Elias è naturalmente e innocentemente ladro: manifesta in ciò l’istintiva ASTUZIA DEGLI
ANIMALI SELVAGGI [i caratteri evidenziati in maiuscolo sono miei]. Non viene mai colto sul
fatto, perché non ruba che quando si presenta un’occasione SICURA: ma quando questa si
presenta, Elias ruba, fatalmente e prevedibilmente [...]. Ci si può ora domandare chi è questo
uomo Elias. Se è un pazzo, incomprensibile ed extraumano, finito nel Lager per caso. Se è un
atavismo eterogeneo del nostro mondo moderno, e meglio adatto alle primordiali condizioni di
vita del campo. O se non è invece un prodotto del campo, quello che tutti noi diverremo, se non
moriremo nel campo, o se il campo stesso non finirà prima. C’è del vero in tutte e tre le
supposizioni. Elias è sopravvissuto alla distruzione dal di fuori, perché è fisicamente
indistruttibile; ha resistito all’annientamento dal di dentro, perché è DEMENTE. È dunque [...]
il più adatto, è l’esemplare umano più idoneo a questo modo di vivere. Se Elias riacquisterà la
libertà, si troverà confinato ai margini del consorzio umano, in un carcere o in un manicomio.
Ma qui, nel Lager [...] non vi sono criminali perché non c’è legge morale a cui contravvenire;
non ci sono pazzi perché siamo eterodiretti, e ogni nostra azione è [...] l’unica possibile. In Lager,
Elias prospera e trionfa [...] è un buon lavoratore e un buon organizzatore, e [perciò] è al sicuro
dalle selezioni [i.e.: dai forni crematori - nota mia] e rispettato da capi e compagni. Per chi non
abbia salde risorse interne [...] la sola strada di salvezza conduce a Elias: alla demenza e alla
bestialità subdola. Tutte le altre strade non hanno sbocco. Ciò detto, qualcuno sarebbe forse
tentato di trarre conclusioni, e magari anche norme, per la nostra vita quotidiana. Non esistono
attorno a noi degli Elias, più o meno realizzati? Non vediamo noi vivere individui ignari di scopo,
e negati a ogni forma di autocontrollo e di coscienza? E costoro, malgrado queste loro lacune,
vivono precisamente come Elias, in funzione di queste. La questione è grave [...] e sull’uomo
fuori dal Lager molto si è già scritto. Ma una cosa ancora vorremmo aggiungere: Elias, per
quanto ci è possibile giudicare dal di fuori, e per quanto la frase può avere di significato, Elias
era verosimilmente un individuo felice».
L’autore di questa pagina è Primo Levi. Il libro è “Se questo è un uomo”.
Primo Levi è morto suicida; forse perché ha visto che il mondo è pieno di Elias come... voi. Ed io vi
considero quasi tutti come Elias: intelligenti solo nello strisciare come vermi, o servili come cani
con la lingua a penzoloni, o voraci come locuste che tutto divorano. Perciò posso accettarvi solo
come dementi o comici involontari, dato che pretendete governare i vostri simili o eleggete governi
di “uomini-Elias”, replicanti come frattali e come voi che non volete diventare uomini, diventare
umani.
Siete umani? Col diploma e con la laurea vi sentite più uomini? Avete (abbiamo) reso Lager il
mondo stesso e per fare un esempio, il migliore di voi è Antonio Razzi (vedi a questo proposito
“Razzi è meglio dei fisici della luce... del Cern”).
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Studiando psichiatria sociale mi imbattei in gioventù nel libro di Alex Comfort intitolato “Potere e
delinquenza”, che oggi mi sembra davvero profetico, dato che già allora parlava di “psicopatologia
del potere”. Ma restò inascoltato.
Pertanto, all’animale sociale sempre più animale e sempre meno sociale, che si straccia le vesti se
qualcuno si accorge che non tutto è convenzione, bisognerebbe mostrargli la differenza fra ritmo e
misura...
Beda (673 - 735) un monaco studioso, detto “il venerabile”, la rivelò: anch’egli fu inascoltato. Chi
ancora lo ricorda? Eppure per il tradizionalista anche questa potrebbe essere una tradizione... Ma
Beda era troppo avanti. Era già nella TRADIZIONE SOLARE...
Perciò creai un video intitolandolo con le parole di Beda: “Rythmus et Mensura”.
O san Beda, illuminali... E qui veniamo al dunque...
Per lui l’aritmetica non era - e non è - convenzionale. L’aritmetica ha un modo non convenzionale
d’essere, proprio perché, come dice la parola, proviene dal ritmo (aRITMetica).
L’aritmetica NON proviene dalla misura, quindi nemmeno dalla convenzione. Il pregiudizio che
l’aritmetica sia convenzione proviene da demenza. Per fare chiarezza occorre distinguere fra due
diversi ordini di cose: quello delle “unità di misura” e quello delle “unità aritmetiche”: il primo è
convenzionale, il secondo no.
L’unità di misura è infatti pattuita a priori dall’uomo, come per esempio la lunghezza del metro, la
capienza di un litro o il peso di un chilo, ecc., mentre la seconda non è pattuita dall’uomo. E non ne
ha bisogno.
L’ordine delle unità di misura dipende dall’ordine aritmetico, non viceversa.
Pensateci, o cani, e vedrete che è così.
Anzi, a ben vedere, l’ordine aritmetico è propriamente un’inosservata tautologia in quanto il
concetto di “aritmetica” porta già in sé quello di “ordine”: da “arithmòs”, “numero” e propriamente
“collegamento, disposizione, ordine” (O. Pianigiani. Vocabolario Etimologico, Ed. Melita).
Infatti, o suini, il DOPO succede al PRIMA.
Solo un demente può credere e pretendere di andare indietro nel tempo con una macchina del
tempo. E per quale motivo poi? Per aggiustare il DOPO? Pensaci prima, no? O pirla!
Bisogna vivere la vita andando avanti, non indietro...
Distinguendo tra “unità di misura” e “unità aritmetica” si può dire per esempio che il metro è solo
una data lunghezza scelta per RAGIONI del tutto estranee sia all’aritmetica che al ritmo (essendo
ragioni CONVENZIONALI), alle quali si fa corrispondere il numero “1” al fine di poter esercitare
la misura attraverso qualsiasi altra lunghezza, per esempio perfino mediante quella di pollici, piedi e
braccia:
- «[...] la neve si conservò sulla piazza di Roma 40 giorni all’altezza di molti PIEDI» (Melchiorre
Gioja, “Filosofia della statistica”, p. 216, Editori degli Annali Universali delle Scienze e
dell’Industria, Milano 1829).
- «Nel 1358, se prestasi fede a Matteo Villani, la neve a Bologna salì a BRACCIA 10» (ibid.).
- «[...] il deposito delle erbe ne’ prati non innalza lo strato vegetale che di un POLLICE in un
secolo» (ibid. p. 364), ecc.
L’unità aritmetica “1” non è l’unità di misura “1”, e non va confusa con questa.
Il metro, il litro, il minuto, l’ora, il giorno, i sistemi di calcolo sessagesimale, binario, ottale,
decimale, ecc., sono sistemi convenzionali che si servono del principio non convenzionale
dell’unità aritmetica.
Certo è difficile far comprendere questa differenza a scienziati che reputano la loro scienza una
mera invenzione umana... una mera congettura, convenzionale e/o politicoide.
Se poi questi dementi - come li chiamava Levi - sono rettori che insegnano la Legge o le leggi
scientifiche, assolutizzandole come immutabili, come faranno a uscire dalla demenza i loro alunni
che poi ci governano?
Oggi, per stare al passo coi “Gretini”, dovremmo almeno accorgerci che chi non sa nulla di numeri,
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o si rifiuta di, o non sa nemmeno, leggere un dato di statistica, è come un analfabeta, perciò
turlupinabile da ogni “scienziaggine”, da ogni politica economica, economia politica, “religione
keynesiana”, e così via...
L’economia è NON solo circolare (gli economisti acefali la credono addirittura lineare o addirittura
“non scienza”) ma è scienza di vita, scienza di tutte le scienze, scienza umanistica quindi.
In ogni caso non c’entra col concetto di legge (cfr. la mia «Etimologia di “economia”»), bensì con
quello di gregge, “pecus”, pecunia, condivisione, comunione, fraternità.
Quando il trasformismo la trasformò in legge, divenne RAPINA, “PESCECANITÀ”...
Anche Elias avrebbe detto indifferentemente (come il mio “controllore”): “La tradizione [...] è
vecchia e immutabile”, o: “[...] è vecchia e da cambiare” se le circostanze “politiche” fossero state
opposte.
Bisognerebbe allora prendere consapevolezza che quanto esce dalla bocca di questi Elias è
spirituale ma non etico - dato che non tutto lo spirituale o il valoriale è etico, e che quindi PUÒ
ESSERE CAMBIATO in etico. Dovremmo prenderne coscienza: in quanto rappresentazione
concettuale, OGNI PAROLA che esce dalla bocca dell’uomo sano è spirituale, cioè immateriale:
l’onda meccanica della parola pronunciata, evoca rappresentazioni di contenuti concettuali. Non fa
scaturire cose materiali. Quindi tutto ciò che esce dalla bocca dell’uomo sano è immateriale, cioè
spirituale, e perciò a suo modo vale.
Occorre però saper stabilire il livello etico di tutte queste spiritualità e valori.
L’assolutizzatore del bisogno della convenzione afferma con grande forza (e con grandi invettive
contro chi osa pensare il contrario) che il valore è attività spirituale, che il tempo è sostanza
coscienziale e che la coscienza è attività e manifestazione spirituale.
Per l’assolutizzatore del bisogno della convenzione lo spirituale è sinonimo di etico.
Non così per l’indagatore scientifico-spirituale.
Anzi, proprio in base al fatto che tutto l’IMMATERIALE è realmente anche SPIRITUALE, si può,
mediante discernimento degli spiriti, dei concetti e delle idee, distinguere ciò che è etico da ciò che
non lo è.
L’etica è la scienza del bene. Se per il mio bene mi insegni che ti sono debitore di un debito che
chiami pubblico e perciò mi tartassi, me lo devi spiegare, se no non mi fai alcun bene e quindi non
si può dire che il tuo agire sia etico. Si può solo dire che sei un ladro se non giustifichi con
argomentazioni valide per tutti perché mi prelevi i risparmi.
I soldi sono valori. Certamente. Ma se il valore fosse etico di per sé, a chi e a cosa sarebbe
necessaria una banconota di grande valore in un’isola deserta?
A nessuno.
Ciò significa che anche il valore delle cose non è di per sé affatto etico ma relativo a me come
individuo. Qui, sì, che vi è relatività...
Il valore può semplicemente sussistere come CORRELAZIONE tra una cosa e un’altra: un
bicchiere d’acqua in un’isola deserta ha più valore di quella banconota, dato che in quell’isola non
posso dissetarmi coi soldi.
E cos’è la correlazione? È il mio rapporto tra mondo interiore e mondo esterno.
Chi considera tutto come spirituale nel senso di etico o buono o del bene, non distinguendo tra
mondo interiore e mondo esterno è portato a considerare tutto di per sé giustificato come buono e
giusto nella CONVENZIONE IMMUTABILE, intesa come bisogno spirituale.
Costui è semplicemente ammalato della psicopatologia di cui parlava Comfort in “Potere e
delinquenza”, proprio perché non può vedere altro che la propria dogmatica coercizione nei tuoi
confronti, per... il tuo bene.
Giudicando che lo spirituale sia tutto buono e giusto solo per il fatto di essere spirituale, cioè
immateriale, l’Elias che è in lui attribuisce allo spirito il bene e il male al pensare umano, che crede
astratto o senza alcun contenuto concreto, perché non può toccarlo (il pensare è antimateria) e
quindi di poco valore.
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Invece vede la banconota: vede il numero nominale, lo crede valore universale, ed è già
imbambolato, non capisce più nulla...
Perciò viene regolarmente turlupinato dall’Elias di turno, che egli stesso ha contribuito a eleggere in
parlamento come presidente del consiglio della... Banda Bassotti.
Non percepisce più nulla perché di fronte ai soldi non connette più una cosa con l’altra. Ha delegato
un Bassotto, un Elias accademico, a connettere per lui...
Dunque agli Elias accademici bisognerebbe spiegare con pazienza che il potere universale della
correlazione non c’entra nulla con l’autoritarismo delle tradizioni lunari o coi dogmi, e che
DUBITARE DELL’ESPERIENZA DIRETTA DELLA CORRELAZIONE tra due oggetti
percepibili, presumendo che il pensare direttamente correlante sia universale solo come facoltà e
non anche come valore di quelli risultante dalle correlazioni, SIGNIFICA implicitamente
DUBITARE DI SÉ.
Se le scuole insegnano questo, il serpente si morde la coda e il cerchio si chiude nella kultura della
demenza.
Se questi docenti fossero almeno conseguenti nel loro pensiero, dovrebbero coerentemente
sostenere che l’intervento del rapporto stabilito dal pensare tra le cose percepibili, per es., tra due
“esse” poste fra due “o”, non può dare come risultato garantito, cioè SICURO (essendo il pensare
astratto e soggettivo), l’evocazione concettuale della parola “osso”, ed ancor meno la sua
controparte pensante della realtà di un osso.
Ma allora si accorgerebbero di essere dementi, perché limitando l’universalità del pensare alla sua
“facoltà” astratta, dovrebbero coerentemente sostenere allora che, di fronte a quelle due “esse”
poste fra due “o”, possono solo tacere! Come asini o cani che, sgranando gli occhi su due “esse” tra
due “o”, sono incapaci di evocare l’osso, se non lo fiutano col naso.
Insomma, ci insegnano la “sicurezza” ma non è possibile pensare con garanzia o con sicurezza!
Occorre pensare sul percepire e percepire sul pensare.
Certo si sbaglia nella vita. Però poi si arriva alla verità, che NON è la relatività creduta verità.
Non si può pensare col preservativo per non sbagliare.
Chi sei tu per non sbagliare?
A me pare che questo pre-giudizio (del termine “osso” che “in realtà non evocherebbe l’osso se non
come opinione soggettiva”) sia demenziale e fuorviante. Perché se il pensare fosse solo astrazione e
non anche concretezza, l’alienazione delle congetture del soggettivismo impedirebbe i rapporti
umani, pertanto ridotti a trasformismo ad libitum dei contenuti concettuali ed ideali.
Perciò il dubbio sulla validità universale delle nostre esperienze è antilogico e surrettizio nella
misura in cui dà per scontata la persuasione del carattere soggettivo e psicologico del pensare,
che è il limite della moderna logica formale.
In pratica chi afferma che 2 meno 1 non dà un risultato universale SICURO è un demente, perché se
hai due ciccioli e ne mangi uno, resti incontrovertibilmente con un solo cicciolo...