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38 AVVENTURE NEL MONDO 4/5 • LUGLIO/OTTOBRE 2002 A ncora una volta in volo sul Mediterraneo, in rotta verso Algeri, per affrontare l'ennesima affascinante "avventura" sahariana. In travol- gente, ma superassistita coincidenza Air Algerie, nel caos quasi ordinato delle folgoranti pratiche burocra- tico-amministrative dall'aeroporto internazionale alle linee nazionali per Tamanrasset, ci catapultiamo in poche ore dal nostro mondo superscientifìco e mega- tecnologico, alla mitica realtà delle leggendarie popo- lazioni Tuareg, piombando dal presente della nostra vita quotidiana fino al lontano fascinoso passato degli ieratici nomadi del deserto. La luna splende enorme e bassa all'orizzonte di un cie- lo ipertrapuntato di splendide stelle, brillante sul corti- le dell'alberghetto dove occupiamo l'ultima "stanza" libera in diciannove "avventurieri" in partenza da Tam per due diversi viaggi nel Grande Deserto. Sotto gli ar- chi che circondano le stanze un tuareg canta una ne- nia che a noi appare dolcemente malinconica e canti- lenante, al ritmo sinuoso e mollemente cadenzato del suo tradizionale strumento a corde, pizzicato soave- mente, con movenze morbide e rilassate. Il giorno dopo saliamo fino ai duemila e ottocento me- tri dell'eremo di padre Foucault in mezzo al concerto delle canne d'organo dei pinnacoli del maestoso acro- coro dell'Assekerem. Un giovane turista algerino mi dice che è entusiasta della sua prima visita su queste montagne: gli confermo anche la mia piacevolezza al- la terza salita sull'altopiano! Comincia il classico ritmo di partenze e fermate per cui il movimento si manifesta non soltanto come sposta- mento da un punto all'altro, ma piuttosto come il rac- cordo episodico di soste spesso contemplative e am- mirate sul caleidoscopio di scenografie e l'apoteosi di panorami mozzafiato. La difficoltà delle piste che co- minciamo a percorrere fra Tam e Agadez, scendendo dall'Algeria in Niger, è confermata dall' infinità di car- casse dei veicoli variamente contorte e talvolta anneri- te, che segnano il rosario infinito di una segnaletica extra-ordinaria e per qualche aspetto anche dramma- tica e inquietante. Gli scheletri delle vetture testimonia- no la difficoltà del cammino e restano, completamente cannibalizzati e ben levigati dal vento e dalla sabbia, a segnare il cammino dei più fortunati che riescono a passare, continuando il viaggio. La sera i tuareg che ci accompagnano, iniziano e con- tinuano il fatidico magico mitico rito del thè, miscelan- dolo con l'abilità di sempre e la grazia tradizionale, con rapidi e precisi passaggi dalla teiera agli imman- cabili piccoli bicchierini di vetro, nei quali lo infilano da notevole distanza con la sicurezza di una mira in- fallibile e collaudata. E' l'apoteosi della dimensione triadica del primo giro di thè amaro come la morte, del secondo dolce come la vita e del terzo soave coma l'amore. I movimenti giornalieri sono marcati da lunghe soste per riposare, mangiare qualcosa, fare e bere il thè, magari sotto un incredibile, insperato alberello spino- so che garantisce un'ombra dal sollievo ragionevole con temperature, a novembre, di 37° e più. Ritornare nel deserto riproduce il ritmo primordiale dell'esistenza: nel raro pozzo intercettato puoi incon- trare un tuareg svettante maestoso sulla sella slanciata del suo dromedario, elegantissimo nel suo principesco barracano viola. Lo immagini sorridente sotto lo scese che gli ricopre quasi completamente il viso, mentre si allontana regale e ieratico verso il nulla, con un ac- cenno di saluto appena abbozzato e manifesto Ci inoltriamo nella zona montagnosa dell' Air, a nord di Agadez.: attraversiamo a fatica pietraie assolate e desolate , ma insieme affascinanti e inquietanti. In quattro ore di lenta marcia in Toyota incontriamo due minimi villaggi di capanne di canne, due piccole ca- rovane di cammelli e, in una zona con qualche arbu- sto arboreo, addirittura una scimmia, avvistata peral- Testo e foto di Pietro Barlesi Il coordinatore

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38 AVVENTURE NEL MONDO 4/5 • LUGLIO/OTTOBRE 2002

A ncora una volta in volo sul Mediterraneo, inrotta verso Algeri, per affrontare l'ennesimaaffascinante "avventura" sahariana. In travol-

gente, ma superassistita coincidenza Air Algerie, nelcaos quasi ordinato delle folgoranti pratiche burocra-tico-amministrative dall'aeroporto internazionale allelinee nazionali per Tamanrasset, ci catapultiamo inpoche ore dal nostro mondo superscientifìco e mega-tecnologico, alla mitica realtà delle leggendarie popo-lazioni Tuareg, piombando dal presente della nostravita quotidiana fino al lontano fascinoso passato degliieratici nomadi del deserto.La luna splende enorme e bassa all'orizzonte di un cie-lo ipertrapuntato di splendide stelle, brillante sul corti-le dell'alberghetto dove occupiamo l'ultima "stanza"libera in diciannove "avventurieri" in partenza da Tamper due diversi viaggi nel Grande Deserto. Sotto gli ar-chi che circondano le stanze un tuareg canta una ne-nia che a noi appare dolcemente malinconica e canti-lenante, al ritmo sinuoso e mollemente cadenzato delsuo tradizionale strumento a corde, pizzicato soave-mente, con movenze morbide e rilassate.Il giorno dopo saliamo fino ai duemila e ottocento me-tri dell'eremo di padre Foucault in mezzo al concertodelle canne d'organo dei pinnacoli del maestoso acro-

coro dell'Assekerem. Un giovane turista algerino midice che è entusiasta della sua prima visita su questemontagne: gli confermo anche la mia piacevolezza al-la terza salita sull'altopiano!Comincia il classico ritmo di partenze e fermate per cuiil movimento si manifesta non soltanto come sposta-mento da un punto all'altro, ma piuttosto come il rac-cordo episodico di soste spesso contemplative e am-mirate sul caleidoscopio di scenografie e l'apoteosi dipanorami mozzafiato. La difficoltà delle piste che co-minciamo a percorrere fra Tam e Agadez, scendendodall'Algeria in Niger, è confermata dall' infinità di car-casse dei veicoli variamente contorte e talvolta anneri-te, che segnano il rosario infinito di una segnaleticaextra-ordinaria e per qualche aspetto anche dramma-tica e inquietante. Gli scheletri delle vetture testimonia-no la difficoltà del cammino e restano, completamentecannibalizzati e ben levigati dal vento e dalla sabbia,a segnare il cammino dei più fortunati che riescono apassare, continuando il viaggio.La sera i tuareg che ci accompagnano, iniziano e con-tinuano il fatidico magico mitico rito del thè, miscelan-dolo con l'abilità di sempre e la grazia tradizionale,con rapidi e precisi passaggi dalla teiera agli imman-cabili piccoli bicchierini di vetro, nei quali lo infilano

da notevole distanza con la sicurezza di una mira in-fallibile e collaudata. E' l'apoteosi della dimensionetriadica del primo giro di thè amaro come la morte,del secondo dolce come la vita e del terzo soave comal'amore.I movimenti giornalieri sono marcati da lunghe sosteper riposare, mangiare qualcosa, fare e bere il thè,magari sotto un incredibile, insperato alberello spino-so che garantisce un'ombra dal sollievo ragionevolecon temperature, a novembre, di 37° e più.Ritornare nel deserto riproduce il ritmo primordialedell'esistenza: nel raro pozzo intercettato puoi incon-trare un tuareg svettante maestoso sulla sella slanciatadel suo dromedario, elegantissimo nel suo principescobarracano viola. Lo immagini sorridente sotto lo sceseche gli ricopre quasi completamente il viso, mentre siallontana regale e ieratico verso il nulla, con un ac-cenno di saluto appena abbozzato e manifestoCi inoltriamo nella zona montagnosa dell' Air, a norddi Agadez.: attraversiamo a fatica pietraie assolate edesolate , ma insieme affascinanti e inquietanti. Inquattro ore di lenta marcia in Toyota incontriamo dueminimi villaggi di capanne di canne, due piccole ca-rovane di cammelli e, in una zona con qualche arbu-sto arboreo, addirittura una scimmia, avvistata peral-

Testo e foto di Pietro Barlesi

Il coordinatore

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39AVVENTURE NEL MONDO 6 • SETTEMBRE/DICEMBRE 2002

tro solo dai migliori occhi del gruppo. In queste landepressoché disabitate, desertificate e/o del tutto deser-te, si rappresenta la metafora della vita che si produ-ce e si dissolve in un ciclo anche drammatico forse al-l'infinito e nell'infinità dei tempi, fino all'eternità.L'indolente atmosfera locale t'avvolge, travolge e stra-volge nel breve lasso di tempo in cui cerchi di adattar-ti e adeguarti ai lenti ritmi tradizionali per clima e cul-tura, mentalità e comportamento. Dolce, piacevole erilassante è seguire il morbido calare del sole dietro ilminareto punzonato della celeberrima moschea in ter-ra rossa di Agadez, sorseggiando un thè alla mentasul terrazzo dell'hotel dell'Air, tradizionale punto d'in-contro degli ultimi giramondo che ancora incrocianole piste che conducono nel Ténéré e nell'Air.T'accampi nel deserto che sembra disabitato e puoitrovarti attorniato da cinque bimbi e tre cani che guar-dano, curiosi e forse vogliosi di cadeaux i bambini esemplicemente vogliosi di un tozzo di pane i cani, di-gnitosamente accucciati in attesa paziente di un ri-scontro benevolo alle loro richieste inespresse ma evi-denti. Associamo i bambini figli di nomadi alla nostraspaghettata, qualcosa rimediano pure i cani silenzio-si, anche se qui i tozzi di pane ce li mangiamo volen-tieri pure noi: le baguettes infatti comprate in abbon-danza ad Agadez, vengono tesaurizzate al massimo,nonostante l'esponenziale rinsecchimento e impolveri-mento a cui sono fatalmente sottoposte, ancorchéamorevolmente rivoltolate in sacchi di iuta e plasticheapprossimative.Talvolta vedi stagliarsi nel cielo azzurro scheletri di al-beri ormai morti, ma ancora ben piantati nel terrenosabbioso, coi rami elevati verso l'alto, alla ricerca diuna vita che non c'è più. Subiranno l'assalto delle ac-cette dei (rari) tuareg che passeranno di qui, alla ri-cerca anche di legna preziosa per il fuoco della sera,acceso per cucinare e fare il thè e difendersi dal fred-do notturno, che nei mesi invernali si fa sentire anchequi, nonostante il calore costante delle calde giornatediurne.

Di notte spesso non montiamo le tende, nonostante ilfreddo, peraltro ben protetti dai nostri sacchi a pelo,per guardare fino al momento del sonno e goderci l'in-credibile maestoso ineffabile spettacolo del fantasma-gorico cielo stellato che ci sovrasta imponente, mera-viglioso e affascinante nella sua infinita manifestazio-ne del mistero delle origini della vita universale. Le lu-ci della nostra civiltà elettrica ed elettrificata, ci impe-discono ormai paradossalmente di vedere al meglio ilpanorama galattico che nel buio del deserto (quandonon c'è la luna) s'impone con tutta la potenza della suaforza fascinosa.La sostenibile pesantezza dell'esistenza, in questi luo-ghi desertifìcati e deserti, si coniuga necessariamentee fatalmente coll'insostenibile leggerezza dell'Essere.Vita e morte, tutto e niente, finito e infinito confluisco-no e configgono totalmente e anche drammaticamen-te in questa dimensione metaforica della vita, dove to-talità e nullificazione sono presenti nella stessa defini-zione linguistica del nome del deserto del Ténéré: "ciòche non esiste" in quanto luogo dove non c'è nulla.Noi quindi siamo dove non possiamo essere, perché lagrande montagna di sabbia che scaliamo è il luogoche non esiste, il mondo che non c'è! Radicalmente au-toproiettatici, ancorché per pochi giorni, fuori del no-stro mondo post-industriale, mega-tecnologico, super-virtuale, iper-umano ci siamo immersi nella realtà del-la "non-realtà" geologica e pre-istorica e pur tuttaviaanche post-umana, se è vero che queste lande infiniteavevano già visto acqua e verde, alberi e piante, ani-mali e uomini prima di "morire" per sempre. Lo scon-tro fra questi mondi possibili e contrastanti, paralleli econflittuali, emoziona e spaventa, commuove e gratifi-ca, entusiasma e deprime, esalta e conduce a medita-zioni profonde e problematiche. C'est l'Afrique, InchAllah! (se Dio vuole,come Lui vuole).L'alternarsi quotidiano di freddo e caldo, dai 38 gra-di all'ombra delle assolate giornate allo zero delle stel-late nottate del mese di novembre, marca il ciclico pas-sare del tempo che si ripete maestoso e apparente-mente uguale a se stesso col ritmo infinito e affasci-nante del tempo quasi senza tempo del mondo pre-umano e post-umano. Comunque paradossalmente èproprio in questo cataclisma ecologico tradotto in de-serto che possono svilupparsi anche piacevoli e grati-ficanti sensazioni di pacificazione dell'anima, dellospirito e della mente che per un momento possono tro-vare la serenità e la calma che normalmente ci è im-pedita dallo stress dei ritmi banalmente frenetici dellavita quotidianaDal nulla talvolta saettano velocissime gazzelle chespariscono rapidamente nel nulla dal quale provengo-no. Un rapace volteggia silenzioso in cerca di prede equalche corvo attende paziente e fiducioso lo smantel-lamento del campo per agguantare il tozzo di paneche lasciamo per la loro sofferta sopravvivenza:anche questi incontri puoi fare nel deserto delNulla -Ténéré. Nel mondodell'esistenza nullificata, puoi anche incontra-re - raramente - qualche tuo similecome una piccola famiglia se-minomade che accompagna esegue le sue poche caprette equalche dromedario di

pozzo in pozzo, dove la poca acqua a disposizionepermette ancora loro una difficile, dura, combattuta,problematica esistenza e caparbia sopravvivenza ailimiti estremi delle possibilità umane. Nel deserto sab-bioso del Tafassassat incrociamo, accanto al pozzodove ci fermiamo per riempire le taniche vuote, unatrentina di "viandanti" che dal Niger stanno cercandodi andare ed entrare in Algeria. Il loro "camioncino"giace bloccato insieme a loro che stanno aspettandoda tre giorni di proseguire il proprio viaggio di trasfe-rimento e di speranza. Ci guardano silenziosi, seduticoncentrati sotto l'ombra dell'unico "albero" spinosonel raggio di decine di chilometri. Noi arriviamo, cari-chiamo l'acqua e ripartiamo, lasciando un po' di pa-ne al ragazzo che ha prelevato per noi l'acqua torbi-da sollevata dal profondo e unico pozzo di quella zo-na, costruito da pochi anni proprio per evitare di farmorire di sete chi vi si trovasse in difficoltà.Proseguiamo silenziosi verso il confine algerino dovealle nostre Toyota e autisti nigeriani, sarà dato il cam-bio da mezzi e tuareg magrebini che ci attendono peraccompagnarci nell'ultima "galoppata" del nostroviaggio visitando i monti Gautier e percorrendo lemaestose dune di sabbia dell'Erg d'Admer fino allapluripalmata oasi della verde Djanet.Gli ultimi giorni succedono fatti strani: il coordinatoread esempio si vede servire in tavola -pardon, sul "son-tuoso" stuoino acquistato ad Agadez,tecnologia giapponese, fabbri-cato in Costa d'Avorio co-me da scritta sovraim-pressa - quello chedovrebbe esseretortelloni ai fun-ghi cotti e rinfor-zati in ottimazuppa di ver-dure liofi-

ALGERIA NIGER

Incontri

La squadra

Erg d’Admer

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40 AVVENTURE NEL MONDO 4/5 • LUGLIO/OTTOBRE 2002

lizzate. Ma siccome il coordinatore s'è permesso l'ar-dire di ipotizzare l'utilizzo dei famosi tozzi di pane amò di ribollita tipo pancotto in consommé di dado dabrodo, per ottimizzare le scorte e non sprecare ciboprezioso in lande deserte, proprio quello magicamen-te appare - ma unicamente e soltanto nel suo gamelli-no - amorevolmente servito in "tavola": a onor del ve-ro, riuscirà ad assaggiare anche i tortelloni!E ancora, non è sorprendente che i nostri autisti-guidea un certo punto chiedano a noi che monti sono quelliche appaiono inopinatamente all'orizzonte dopo unagiornata di "navigazione" nel senso che abbiamo pro-ceduto letteralmente consultando la bussola per avan-zare in un "mare" di sabbia piatta e infinita all'oriz-zonte in ogni direzione? Rapido consulto dopo un mo-

mento di perplessità: escono fuori dai nostri zainetti ri-ghelli, calcolatrici, carte topografiche e si procede allaricerca della Balise (pista picchettata ogni chilometro)che dovremmo incontrare in direzione nord-est. Il pri-mo avvistatore del primo paletto avrà birra pagata nelprimo punto possibile e utile alla bisogna del viaggio:siamo in terra islamica e qui non sempre il nettare teu-tonico è facilmente disponibile. Incroceremo finalmen-te il luogo dell'appuntamento colle Toyota magrebineal punto 280 della balise Berliet dove passa il confinevirtuale algero-nigerino e dove saluteremo i nostri au-tisti del Niger che torneranno indietro fino ad Agadez,accompagnati dai nostri baci, abbracci, saluti ed au-guri. Buon ritomo, cari compagni di viaggio nelSahara: non sempre il vostro comportamento ci è sta-to chiaro e ha corrisposto a coordinate che possanocomunque rientrare nelle nostre possibilità di com-prensione. Con voi tuttavia abbiamo vissuto un'espe-rienza umana unica, valida e interessante. Non vi di-menticheremo insieme al vostro thè, alle vostre vetture,al vostro lavoro di dura responsabilità.Se la pipì porta fortuna, allora quella abbondante-mente propinata sulle valige dall'imponente cane lupoutilizzato dalla polizia algerina per sniffare con pas-sione e perseveranza i nostri bagagli prima che ven-gano caricati nella stiva dell'aereo che ci riporterà acasa, mi sembra un divertente ed ottimo viatico dibuon augurio per i prossimi viaggi che già si profila-no quando questo non è ancora finito!

La moschea di Asadez

Il campo

Mezzi di trasporto

ALGERIA NIGER