Testimoni 4 Aprile 2016 - Dehoniane · 2017-02-27 · l’Evangelii nuntiandi, ma nel pieno...

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Testimoni 4/2016 1 4 Aprile 2016 TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA” VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA breve per un bilancio, ma sufficiente a dare una traccia dei mutamenti av- viati dalle dimissioni di Benedetto XVI (28 febbraio 2013): a partire dai primi segni (vesti, parole, richiamo al compito di vescovo di Roma, pre- ghiera silenziosa sulla piazza, ecc.) fi- no alle ammissioni di molti cardina- li elettori di avere sperimentato la forza e la fantasia dello Spirito. I maldestri tentativi di delegittimazio- ne e le ricostruzioni di supposte “cordate” a favore dell’arcivescovo di Buenos Aires non hanno scalfito la sorpresa di quell’elezione e lo sca- tenarsi di una attesa che sembrava sepolta sotto il Vatileaks, gli scanda- L’ incontro con il patriarca Ci- rillo di Mosca a Cuba (12 febbraio 2016), la chiusura del duplice processo sinodale in or- dine alla famiglia (29 ottobre 2015), la pubblicazione della prima encicli- ca sull’ambiente (Laudato si’, 24 maggio 2015), la proclamazione del- l’anno della vita consacrata (30 otto- bre 2014 – 2 febbraio 2016) e del giu- bileo della misericordia (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016) sono alcu- ni dei molti riferimenti più recenti per il triennio del servizio di papa Francesco (dal 13 marzo 2013). Tre anni affascinanti e carichi di energia evangelica. Tempo troppo Papa Francesco: 2013 – 2016 VANGELO E RIFORME I tre anni del servizio petrino di papa Francesco segnano più un’epoca che una semplice stagione. Una sintesi provvisoria del suo magistero, dei suoi gesti, delle sue scelte pastorali. Al centro l’Evangelii gaudium e la misericordia. Il ruolo dei poveri e dei religiosi. Testi moni In questo numero VITA DELLA CHIESA I viaggi di Papa Francesco 6 VITA CONSACRATA Abusi e vita religiosa femminile 12 VITA CONSACRATA Anno della VC per le claustrali 8 VITA DEGLI ISTITUTI Religiosi e migrazioni nel XXI secolo 16 VITA DEGLI ISTITUTI I 100 anni delle Figlie di San Paolo 18 VITA DEGLI ISTITUTI Bicentenario di fondazione OMI 21 NOVITÀ LIBRARIA La vita nelle nostre mani 47 PASTORALE Parrocchie affidate a suore 24 MONACHESIMO Benedettini e Cistercensi tra chiusure e nuove fondazioni 27 VITA CONSACRATA È tempo di nuove esplorazioni 30 ECUMENISMO Dialogo tra cristiani e buddisti in Myanmar 33 BREVI DAL MONDO 36 VOCE DELLO SPIRITO Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 38 SPECIALE Assemblea generale UCESM: sfide della VC in Europa 39 MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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Testimoni 4/2016 1

4Aprile 2016TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA

breve per un bilancio, ma sufficientea dare una traccia dei mutamenti av-viati dalle dimissioni di BenedettoXVI (28 febbraio 2013): a partire daiprimi segni (vesti, parole, richiamo alcompito di vescovo di Roma, pre-ghiera silenziosa sulla piazza, ecc.) fi-no alle ammissioni di molti cardina-li elettori di avere sperimentato laforza e la fantasia dello Spirito. Imaldestri tentativi di delegittimazio-ne e le ricostruzioni di supposte“cordate” a favore dell’arcivescovodi Buenos Aires non hanno scalfitola sorpresa di quell’elezione e lo sca-tenarsi di una attesa che sembravasepolta sotto il Vatileaks, gli scanda-

L’incontro con il patriarca Ci-rillo di Mosca a Cuba (12febbraio 2016), la chiusura

del duplice processo sinodale in or-dine alla famiglia (29 ottobre 2015),la pubblicazione della prima encicli-ca sull’ambiente (Laudato si’, 24maggio 2015), la proclamazione del-l’anno della vita consacrata (30 otto-bre 2014 – 2 febbraio 2016) e del giu-bileo della misericordia (8 dicembre2015 – 20 novembre 2016) sono alcu-ni dei molti riferimenti più recentiper il triennio del servizio di papaFrancesco (dal 13 marzo 2013).Tre anni affascinanti e carichi dienergia evangelica. Tempo troppo

Papa Francesco: 2013 – 2016

VANGELOE RIFORME

I tre anni del servizio petrino di papa Francesco segnanopiù un’epoca che una semplice stagione. Una sintesi

provvisoria del suo magistero, dei suoi gesti, delle suescelte pastorali. Al centro l’Evangelii gaudium e lamisericordia. Il ruolo dei poveri e dei religiosi.

TestimoniIn questo numero

VITA DELLA CHIESA

I viaggi di Papa Francesco6

VITA CONSACRATAAbusie vita religiosa femminile12

VITA CONSACRATAAnno della VCper le claustrali8

VITA DEGLI ISTITUTIReligiosi e migrazioninel XXI secolo16VITA DEGLI ISTITUTII 100 annidelle Figlie di San Paolo18VITA DEGLI ISTITUTIBicentenariodi fondazione OMI21

NOVITÀ LIBRARIA

La vita nelle nostre mani47

PASTORALE

Parrocchie affidate a suore24MONACHESIMOBenedettini e Cistercensi trachiusure e nuove fondazioni27VITA CONSACRATAÈ tempo di nuoveesplorazioni30ECUMENISMODialogo tra cristiani e buddistiin Myanmar33BREVI DAL MONDO36VOCE DELLO SPIRITOPerché cercate tra i morticolui che è vivo?38SPECIALE

Assemblea generale UCESM:sfide della VC in Europa

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MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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ATTUALITÀ

2 Testimoni 4/2016

li degli abusi e dello IOR e la con-sunzione di un modello ecclesiale di-fensivo e arroccato. L’esponenzialecrescita delle comunicazioni media-tiche e dei libri su papa Francesco hainterpretato lo stupore del popolocristiano e no e un consenso popola-re che non accenna a tramontare. Ilvescovo di Neuquen, mons. VirginioBressanelli, amico e collaboratore diJorge Bergoglio, ha tratteggiato lasua identità insistendo su una fedeaccolta e maturata nell’insieme del-la vita, sull’incontro creativo con levicende della storia dell’Argentina edell’America Latina, sul riconosci-mento del popolo dei fedeli fornitodi un infallibile sensus fidei.

—Magistero

Due encicliche (Lumen Fidei e Lau-dato si’), l’esortazione apostolica(Evangelii gaudium), 18 Costituzioniapostoliche, 10 “motu proprio”, 14lettere apostoliche, più di 70 lettere,centinaia di prediche e discorsi e laquotidiana omelia alla messa in San-ta Marta: un patrimonio di magiste-ro arricchito dai 10 viaggi apostoliciin Italia e dai 12 nei vari continenti.Se oltre ai numeri si guarda ai luo-ghi, si capisce l’insistenza sulle peri-ferie geografiche ed esistenziali el’investimento sull’Asia: Cagliari,Assisi, Lampedusa, Redipuglia, Ca-serta, Campobasso, Cassano, Pom-pei-Napoli, Torino, Prato-Firenze –per quanto riguarda l’Italia – e Riode Janeiro, Turchia, Strasburgo, Al-bania, Corea, Terra Santa, Sri Lankae Filippine, Sarajevo, Equador-Boli-via-Paraguay, Cuba-USA, Kenia-Uganda-Repubblica centrafricana,Cuba-Messico per quanto riguarda ilresto del mondo.L’enciclica Lumen fidei segnala lacontinuità con magistero di Bene-detto XVI con una propria accen-tuazione sulla comunicazione dellafede piuttosto che sulla sua difesa odefinizione. Il centro focale del suopensiero e progetto pastorale rima-ne l’Evangelii gaudium, un’esplosio-ne di materiali evangelici che spingead un rinnovamento della coscienzamissionaria della Chiesa, a un’acce-lerazione per la riforma interna e al-la pratica dell’annuncio come letiziae gioia piuttosto che come dovere ecompito. Nell’esortazione apostolica sonocontenuti tutti i temi fondamentalipoi variamente presentati ed esposti:dall’evangelizzazione alla riformaecclesiale, dal dialogo ecumenico aquello interreligioso, dalla dottrinasociale alla pietà popolare, dalle fi-gure ecclesiali alle “periferie”, dallascelta dei poveri alla testimonianzadei martiri. Mi limito a indicare dueelementi che si sono rivelati di mag-gior peso: la misericordia e i quattroprincipi di riferimento.Per Bergoglio la misericordia è lachiave di comprensione della fede edella pastorale, come emerge anchedall’anno giubilare. Nella misericor-dia la Chiesa esplica la sua attività

materna e attua il rinnovamentoprofondo sia spirituale che struttura-le di cui vi è bisogno. Da qui nasceun nuovo stile ecclesiale e un nuovomodo di relazionarsi con il mondo.La teologia ha confinato il tema del-la misericordia come sotto-voce del-la giustizia rafforzando l’immaginegiudiziaria di Dio, mentre la dimen-sione della misericordia ne enfatizzaquella della paternità e ne esprime almeglio l’identità. Essa indica la fe-deltà di Dio a se stesso e la suainaffondabile pazienza davanti ai li-miti della creature (cf. EG n. 3).L’intento di una pastorale rinnovatae missionaria fa riferimento a quat-tro principi che papa Francesco hapiù volte ripreso. Il primo afferma «iltempo è superiore allo spazio», ossial’avvio dei processi storici di libera-zione e di maturazione è più rilevan-te dell’occupazione degli spazi delpotere. L’incarnazione vale più dellaforza. Il secondo, «l’unità prevale sulconflitto». Non si tratta di negare ilconflitto e la sua creatività, quanto disottolineare la priorità nella e dellasolidarietà. La regalità del Cristo èpiù della casualità delle forze. Il ter-zo, «la realtà è più importante dell’i-dea»: «È pericoloso vivere nel regnodella sola parola, dell’immagine delsofisma» (n. 231). Le interpretazioninon devono occultare la realtà. Prio-rità della fede sull’ideologia. Il quar-to, «il tutto è superiore alla parte» edè più della somma delle parti. Non sideve «essere troppo ossessionati daquestioni limitate e particolari» (n.235). Se il «locale» è necessario, lasua parzialità rende sterili senza il«globale». Lo Spirito è superioreagli avvenimenti.

—Il climae le città

L’enciclica Laudato si’ è ad un tem-po sorprendente e tradizionale. Sor-prendente per molti motivi: è la pri-ma enciclica sulla questione ambien-tale, con una apertura ecumenicache non vede ostacoli sul tema, conuna ventina di citazioni di testi delleconferenze episcopali nel mondo,con affermazioni di peso (ad es. lascelta della decrescita), con una ur-genza storica avvertita come dram-matica. Non ultimo, con un approc-

Aprile 2016 – anno XXXIX (70)

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Reg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

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L’editore è a disposizione degli aventi diritto che nonè stato possibile contattare, nonché per eventuali einvolontarie inesattezze e/o omissioni nella citazionedelle fonti iconografiche riprodotte nella rivista.

Questo numero è stato consegnato alle poste il 8-4-2016

moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita consacrata

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ATTUALITÀ

3Testimoni 4/2016

cio di tipo spirituale, poetico e misti-co che, pur riconfermando l’antropo-centrismo cristiano, lo colloca in rap-porti di fraternità universale fra uo-mini e creature, bene espressi dalCantico delle creature di san France-sco, citato per esteso.Eppure è un testo tradizionale. L’e-lenco iniziale dei riferimenti ai papiprecedenti, da Paolo VI in poi, lo svi-luppo del tema circa l’ecologia uma-na, il giudizio di peccato sui compor-tamenti offensivi verso la natura,l’attenzione all’economia e alla poli-tica, la centralità dei poveri: sonotutti elementi presentinel magistero socialerecente. Il testo li rias-sume e li porta a figuracompiuta.Fra i molti temi pasto-rali mi limito ad accen-nare ad alcune varia-zioni proprie di questopontificato: nella pa-storale ordinaria l’ac-cento è sulle grandicittà; nella politica ilprivilegio va ai movi-menti popolari; nel dia-logo ecumenico vi èl’apertura agli evangelicali e il sor-prendente incontro con il patriarcaCirillo; nel personale di Chiesaemerge il riconoscimento dei religio-si. Le sfide poste alla Chiesa dalleculture urbane (EG nn. 71-76) sonoriprese nel discorso in occasione diun seminario internazionale sullapastorale delle grandi città (26 no-vembre 2014). La Chiesa non è piùl’unico riferimento di senso, «nonsiamo più gli unici che produconocultura, né i primi, né i più ascoltati».Questo richiede una evangelizzazio-ne più audace e un rinnovato corag-gio nel contesto multiculturale.

—Battesimoe popolo

Va in particolare apprezzata la reli-giosità popolare, i semina Verbi chesi trovano nella religiosità naturale.E va scelta la popolazione più pove-ra e marginale. L’attenzione allapietà popolare è anzitutto la riaffer-mazione della creatività e della re-sponsabilità dei laici. Il battesimo è ilfondamento di tutto e abilita ogni

credente a un cammino di fede chenon ha bisogno di tutele clericali. Sein questi ambiti vi sono elementispuri, vanno indicati e richiamati, co-me ha bene espresso Paolo VI nel-l’Evangelii nuntiandi, ma nel pienorispetto della responsabilità di fededel popolo. È indicativo il commen-to al ritorno dal Messico, nell’inter-vista coi giornalisti: «È un popolo diuna ricchezza, di una ricchezza tantogrande, è un popolo che sorprende…Ha una cultura, una cultura millena-ria… Voi sapete che oggi, in Messicosi parlano 65 lingue, contando gli in-

digeni? 65! È un popolo di una gran-de fede, anche ha sofferto persecu-zioni religiose. E un popolo non lo sipuò spiegare semplicemente perchéla parola “popolo” non è una catego-ria logica, è una categoria mistica. Eil popolo messicano non lo si puòspiegare, questa ricchezza, questastoria, questa gioia, questa capacitàdi festa, e queste tragedie. (…) Lì, aCiudad Juárez, c’era un patto di 12ore di pace per la mia visita: dopocontinueranno a lottare tra loro, itrafficanti… Un popolo che ha anco-ra questa vitalità, si spiega solamen-te per Guadalupe. E io vi invito astudiare seriamente il fatto Guada-lupe. La Madonna è lì. Non trovoun’altra spiegazione»

—Traettino – Kirill

Il protagonismo e l’inclusione socia-le dei poveri (EG nn. 186-216) ritor-na sia nel messaggio per la giornatadella pace del primo gennaio 2015«Non più schiavi, ma fratelli», sia neldiscorso ai partecipanti all’incontromondiale dei Movimenti Popolari

(Vaticano, 27-29 ottobre 2014). Il pa-pa riconosce fra i bisogni elementa-ri: la terra, la casa, il lavoro, la pace el’ecologia. Insiste in particolare sulprotagonismo dei poveri per cam-biare il sistema. Una scelta che vieneconfermata anche in ambienti diffi-cili come il Parlamento europeo (25novembre 2014), come quello da-vanti al Congresso americano (24settembre 2015). La beatificazionedel vescovo del Salvador, Oscar Ar-nulfo Romero (23 maggio 2015) in-dica la piegatura verso i santi dei po-veri della “politica della santità” del

centro romano.Nell’ambito del dialo-go ecumenico si regi-stra una conferma ditutto il percorso com-piuto, con una atten-zione sua propria versole comunità neo-prote-stanti, di cui il viaggio aCaserta per incontrareil pastore G. Traettino(28 luglio 2014) è forseil simbolo maggiore.L’apertura al mondoevangelicale e penteco-stale modifica in ma-

niera significativa il cammino deldialogo fra le Chiese cristiane e com-pie una operazione di verità nei con-fronti dei fatti. Di assoluto rilievo èl’incontro a Cuba con il patriarcarusso, Cirillo (12 febbraio 2016). Nonera mai avvenuto dal 1054 che il ve-scovo di Roma incontrasse quello diMosca, «Finalmente ci incontria-mo!» ha esclamato il papa e Cirilloha risposto: «Sì, le cose sono moltopiù facili adesso». Nella dichiarazio-ne comune la Santa Sede ha “paga-to” molto al suo interlocutore, so-prattutto sul tema delle chiese gre-co-cattoliche in Ucraina e sul giudi-zio circa i valori tradizionali messi indiscussione dall’Occidente, ma hariaffermato la centralità del cammi-no ecumenico e la comune responsa-bilità davanti alle persecuzioni anti-cristiane in Medio Oriente.Francesco valorizza inopinatamentei religiosi. Se ne vede traccia negli in-contri con loro, nella proclamazionedell’anno della vita consacrata(2014-2016) e nella lettera che lospiega (21 novembre 2014). Una pri-ma valutazione sull’anno della vita

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4 Testimoni 4/2016

ATTUALITÀ

consacrata (30 novembre 2014 – 2febbraio 2016; cf. Testimoni 6/2015 p.1) non può fondarsi sull’improvvisorovesciamento di tendenze (numeri,opere, dislocazione internazionaleecc.), né su iniziative clamorose. Iprocessi di fondo sono in evoluzionesia nei loro elementi positivi che ne-gativi. Ma c’è un cambiamento dinotevole importanza ed è relativo al-l’immagine complessiva sulla vitaconsacrata nella Chiesa. È come cifossero una luce nuova e colori nuo-vi. È nuovo lo sguardo ecclesiale suireligiosi e dei religiosi su se stessi.Permangono i riferimenti magiste-riali-teologici e le medesime fatiche,ma l’insieme della vita consacrata èuscito dal cono d’ombra in cui sem-brava risucchiata. Per la prima voltai circa 800.000 religiosi e religiose (didiritto pontificio) e i 700.000 di dirit-to diocesano, raccolti in 3.700 fami-glie e fondazioni hanno fatto espe-rienza di un anno pastorale specifi-camente dedicato a loro. Ed è la pri-ma volta nella storia.

—Più sinodomeno curia

Accenno infine al riordino della cu-ria, alle resistenze, al rapporto con laChiesa italiana, al lavoro diplomati-co e alla scelta sinodale. Rispetto al-la curia romana si è già ottenuta, unariorganizzazione delle varie ammini-strazioni in capo alla Segreteria eco-nomica, la revisione dello Ior e latrasparenza dei conti (con qualcheproblema sulle decisioni del musco-loso card. Pell, ultimamente coinvol-to in una difficile testimonianza sul-le sue decisioni in ordine a casi di pe-dofilia). Si va verso la creazione didue dicasteri (laicato e carità) in gra-do di riassorbire i Pontifici consigli everso una riorganizzazione dei me-dia vaticani. Nel giugno 2015 è stataavviata infatti la Segreteria per la co-municazione, presieduta da mons.E.E. Viganò. È chiamata a coordina-re 9 strutture comunicative con circa600 dipendenti. La connessione fraSala stampa e Pontificio consiglio equella fra Radio e Centro televisivosono le prime decisioni. La piattafor-ma della «conversione pastorale del-la curia» è nel doppio discorso in oc-casione degli auguri di Natale: le 15

tentazioni il 22 dicembre 2014 e le 22virtù elencate il 21 dicembre 2015.Non vi è ancora un progetto organi-co sull’insieme, atteso per il prossi-mo futuro. Le resistenze sono per gran parteappannaggio dell’aggressivo conser-vatorismo cattolico, spesso anti-con-ciliare. Alcune mormorazioni curialied episcopali, tuttavia, non sono so-lo resistenze residuali, ma contengo-no osservazioni plausibili (limaturedi linguaggio, di espressioni teologi-che, di modalità di governo). Vi sonointeri episcopati divenuti silenziosidavanti agli inviti alla povertà e allarinuncia del potere, come anche da-vanti all’invito all’accoglienza dei ri-fugiati. Per quanto riguarda la Chie-sa italiana il riferimento d’obbligo èil lungo discorso di Francesco davan-ti ai vescovi e ai rappresentanti riu-niti per il quinto convegno ecclesia-le nazionale a Firenze (9-13 novem-bre 2015). In esso ha chiesto ai ve-scovi di essere pastori e al popolo diDio ha suggerito l’opzione per i po-veri, la capacità di dialogo e di incon-tro con tutti e la partecipazione al di-battito pubblico. «Mi piace unaChiesa italiana inquieta, sempre piùvicina agli abbandonati, ai dimenti-cati, agli imperfetti. Desidero unaChiesa lieta col volto di mamma, checomprende, accompagna, accarezza.Sognate anche voi questa Chiesa,credete in essa, innovate con li-bertà». Vanno anche ricordate le no-mine episcopali che stanno cambian-do il clima e il volto della CEI.

—Soft power

Dopo la citazione di V. Putin nell’ar-ticolo sul New York Times (12 set-tembre 2013), l’ampia valorizzazionedel suo ruolo nei discorsi di B. Oba-ma e R. Castro all’indomani del reci-proco riconoscimento (17 dicembre2014) e il lungo applauso del Parla-mento europeo e al Congresso ame-ricano, papa Francesco diventa refe-rente interessante per la diplomaziamondiale. Come ha detto il card. Pie-tro Parolin, segretario di Stato: «Se igoverni realizzano quello che è chia-mata la “ragion di stato” esercitandoun hard power attraverso la potenzaeconomico-finanziaria o le armi, laSanta Sede ha da portare a compi-

mento una “ragion di Chiesa” me-diante un soft power fatto di convin-zioni e di comportamenti esemplari»(Padova, 24 aprile 2015).Il dato strategico di maggior peso ri-guarda la dimensione sinodale di cuii due sinodi sulla famiglia (2014–2015) sono un punto di verifica. Li-bertà di parola, coinvolgimento del-le Chiese locali, approccio positivo altema famiglia sono stati gli indirizzimaggiori. La dimensione sinodale èrilanciata in tutti gli ambiti della vi-ta della Chiesa. In attesa, ormai im-minente, dell’esortazione apostolicasulla famiglia si può citare un giudi-zio relativamente all’ultimo sinodo(4-25 ottobre 2015) di A. Grillo:«Mentre l’assemblea elaborava stra-tegie di confronto, di creazione delconsenso, di mediazione linguistica eculturale, il suo presidente facevadue cose essenziali: stava in ascoltodi tutti e rilanciava profeticamente illavoro e la progettazione sulla basedella categoria di misericordia». Insintesi: un triennio che segnala piùun’epoca che una stagione.

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I l volume è dedicato alla ricostruzionedel periodo arcaico della storia della

Chiesa. Descrive la complessa realtà et-nica, sociologica e culturale – di origi-ne giudaico-pagana – del cristianesimoprimitivo, che prima di esprimersi nel-le forme dell’ellenismo ha conosciutoun’originaria espressione di strutturasemitica.

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La teologiadel giudeo-cristianesimo

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5Testimoni 4/2016

Mi capita sempre più spesso di avere la sensazione distare assistendo al miracolo della moltiplicazione dei canie alla diminuzione degli esseri umani.Le giovani signore avanzano per strade affollate,orgogliose di farsi precedere dal loro nuovo compagno,robusto e aitante, ancora più fiere di poterlo tenere alguinzaglio, sicure in tal modo di non farlo scappare.Le meno scalpitanti preferiscono accompagnarepremurose e compiacenti il loro cagnolino, vestito allamoda, secondo i canoni dell’ultima sfilata, qualicomponenti della nuova esibita nobiltà familiare.Uomini, per lo più maturi e pensosi, scivolano furtivi trale ultime ombre della notte e le prime luci del mattinoper tenere in forma, attraverso un footing salutare, il loroinquieto quadrupede, finalmente lieto di frugare in ogniluogo, alla ricerca di qualche cibo meno raffinato diquello consigliato dalla TV, ma più gustoso per un palatocanino.L’aumento della presenza, presumibilmente amorosa,degli animali, sulla platea pubblica e privata dell’evolutacomunità di vita degli umani, è un indice di civiltà,assicurano gli esperti. E su questo è d’ obbligo essered’accordo.Ma oggi, leggendo una paginetta del Vangelo di Matteo(15, 21-28) ho avuto l’impressione che forse i cariquadrupedi, siano potenti intercessori che strappanomiracoli a un Maestro decisamente riluttante a compierli.Il quale ha dovuto cedere, stupito, di fronte alla replicadi una insistente, indiscreta e disperata signora straniera:“È vero Signore. Eppure i cagnolini, mangiano le bricioleche cadono dalla tavola del loro padrone”. E lui si senteobbligato a fare il miracolo richiesto e prima rifiutato.I cagnolini appaiono ambigui e fortissimi, se sono usaticome argomento per prendere in contropiede il Maestro,che prima li aveva citati per resistere alla richiesta. La cosa è intrigante, dal momento che ha a che farecon una grossa operazione: essere liberati da “undemonio che tormenta”, come informa in modo sinteticol’evangelista Matteo.Questo demonio che tormenta, oggi, senza dubbio più diogni altro, è facilmente individuabile nel tormento dellasolitudine, in sorprendente aumento proprio con lamoltiplicazione dei mezzi di comunicazione. Una solitudine tale che fa aggrappare a tutto, compresoil cane.E così, se lo sfoggio del cane di alto lignaggio puòapparire una sfida a viso aperto alla solitudine, o unamagra compensazione a desideri inappagati, la silente

presenza di un cagnolino può rappresentare la ricercaaccorata di riempire dei vuoti dolorosi. Perché la solitudine è un terribile “demonio chetormenta”, un demonio che va scacciato.E tu, fedele animale, sai di fare quello che puoi, ma saianche di non poter competere con quel demonio chetormenta.A meno che tu non riesca a far uscire i tuoi angustiatipadroni da se stessi per portarli sulla strada dove èpossibile incontrare gli altri, vedere il loro bisogno diaiuto, e far comprendere che è dando che si riceve.Il demone della solitudine trema quando qualcuno aprela porta del proprio cuore agli altri.Su quella strada è più facile incontrare anche il Maestro,il quale, vedendoti, si ricorderà delle briciole che nonpossono essere negate a nessuno, e, mosso a pietà,scaccerà il plumbeo inquilino che tormenta tanteesistenze!Tu, il tuo prossimo, il Maestro: che trio potente contro ladevastante solitudine!

Piergiordano Cabra

La moltiplicazione dei cani

«Partito di là, Gesù si ritirò verso la zonadi Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donnacananea, che veniva da quella regione, si misea gridare: “Pietà di me, Signore, figlio diDavide! Mia figlia è molto tormentata da undemonio”. Ma egli non le rivolse neppure unaparola. Allora i suoi discepoli gli siavvicinarono e lo implorarono: “Esaudiscila,perché ci viene dietro gridando!”. Egli rispose:“Non sono stato mandato se non alle pecoreperdute della casa d’Israele”. Ma quella siavvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo:“Signore, aiutami!”. Ed egli rispose: “Non èbene prendere il pane dei figli e gettarlo aicagnolini”. “È vero, Signore – disse la donna –eppure i cagnolini mangiano le briciole checadono dalla tavola dei loro padroni”. Gesù lereplicò: “Donna, grande è la tua fede! Avvengaper te come desideri”. E da quell’istante suafiglia fu guarita» (Mt 15,21-28).

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confermare la giustezza di questaanalisi d’insieme, perché affrontaquelle tematiche specifiche che poiamplia nella visione generale e d’in-sieme di cui abbiamo appena detto.

—Il messaggio socio-ecclesiale: Messico

In Messico papa Francesco ha fattosuo il “grido” dei popoli e dei fedeliperché risuoni nella Chiesa. Per que-sto i cattolici devono decidere concoscienza, la Chiesa deve ritirarsidall’interferire sulle scelte politiche.E sempre per questo la condanna de-ve essere netta quando si ha a che fa-re con comportamenti delittuosi co-me la copertura dei sacerdoti re-sponsabili di pedofilia. Quanto a tra-sformare le dichiarazioni di principioin atti concreti e scelte di governo,certo è assai più complesso. Tuttaviapapa Francesco nel viaggio in Messi-co ha dispiegato sempre di più il vol-to di un pontificato energico eproiettato sullo scenario mondiale.Nella difficile realtà messicana – se-gnata da una guerra non dichiaratatra lo stato (la parte sana) e le bandedi narcotrafficanti e di criminalità,segnata da una polarizzazione eccle-siale – il Papa ha fatto capire che deigovernanti gli interessa poco. Certoha incontrato il Presidente della re-pubblica – molto contestato per lascarsa capacità di governare un pae-se dilaniato – e ha rivolto parolechiare. «Il popolo messicano harafforzato la sua esperienza con un’i-dentità che è stata forgiata in mo-menti ardui e difficili della sua storiada grandi testimonianze di cittadiniche hanno compreso che, per potersuperare le situazioni nate dalla chiu-sura dell’individualismo, era necessa-rio l’accordo delle istituzioni politi-che, sociali e del mercato e di tutti gliuomini e le donne impegnati nella ri-cerca del bene comune e nella pro-mozione della dignità della persona.Una cultura ancestrale e un capitaleumano aperto alla speranza, come ilvostro, deve essere una fonte di sti-molo per trovare nuove forme di dia-logo, di trattativa, di ponti in grado diguidarci lungo il percorso di un im-pegno di solidarietà. Un impegno nelquale tutti, incominciando da quelliche si definiscono cristiani, ci dedi-

Iviaggi nel continente americanosono cominciati dopo pochi me-si di pontificato con la Giornata

mondiale della Gioventù di Rio del2013 e sono proseguiti con gli Usa, letappe in Bolivia, Colombia, Ecua-dor, poi Cuba, poi il Messico. In Asiail Papa ha viaggiato in Sri Lanka eCorea, poi in Terrasanta, unendoun’attenzione costante al MedioOriente. Da buon gesuita pensava ase stesso come missionario sulle or-me di Francesco Saverio; dunquel’Asia rappresenta per il Papa la sfi-da del futuro del cattolicesimo e del-l’umanità: sviluppo estremo e po-vertà estreme, il dialogo con le gran-di religioni mondiali, la culla del cri-stianesimo cui fa da riscontro la pre-senza minoritaria, largamente mino-ritaria, di oggi. La provenienza lati-noamericana di Jorge Mario Bergo-glio rende interessante l’approccioda papa Francesco verso il continen-te americano. Giovanni Paolo II ave-

va avuto un’intuizione importante:rivolgersi all’America come un uni-co continente, lasciando ai vescovi ilcompito di dialogare tra nord e sud.Un’intuizione di cui oggi si coglie laportata, guardando soprattutto aiflussi dei migranti latinos verso gliUsa, che stanno cambiando il catto-licesimo e la società statunitense. Maanche la presenza asiatica è rilevan-te nel Nord America e così i flussi traOriente ed Occidente – visti da Ro-ma – si ricongiungono.Per l’America, soprattutto l’Ameri-ca Latina, papa Francesco ha una vi-sione complessa, che viene esplicita-ta nel suo Magistero itinerante, maancora di più nei momenti in cui nonsi rivolge più a singoli paesi bensìapre ad uno sguardo d’insieme. Ac-cadde ad esempio quando parlò aivescovi del Celam, a Rio de Janeironel 2013 oppure alla Commissioneper l’America Latina nel 2016. I di-scorsi nei diversi viaggi servono a

VITA DELLA CHIESA

Tre anni di viaggi di Papa Francesco

UNA GRANDE RICCHEZZADI MESSAGGI

Dopo tre anni di pontificato, il Magistero scritto, parlato editinerante di papa Francesco prende la sua forma. Comeprende forma la geopolitica del Papa, che guarda verso

Oriente e verso Occidente, intendendo con questi terminigeografici i due poli opposti se si pone il Vaticano al centro.

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chiamo alla costruzione di “una poli-tica autenticamente umana” (Gau-dium et spes, 73) e di una società nel-la quale nessuno si senta vittima del-la cultura dello scarto». Molto piùche le “autorità”, il Papa ha a cuore ivescovi, i fedeli, le categorie escluse:indios e carcerati ad esempio, desti-natari di incontri particolari. Ai ve-scovi ha ricordato esplicitamentel’impegno che hanno. «E precisa-mente in questo mondo, Dio vi chie-de di avere uno sguardo che sappiaintercettare la domanda che gridanel cuore della vostra gente, l’unicache possiede nel proprio calendariouna “festa del grido”. A quel gridobisogna rispondere che Dio esiste edè vicino mediante Gesù. Che soloDio è la realtà sulla quale si può co-struire, perché “Dio è la realtà fon-dante, non un Dio solo pensato oipotetico, ma il Dio dal volto umano”(Benedetto XVI, Discorso inaugura-le della V Conferenza generale delCELAM, 13 maggio 2007). Nei vostri sguardi, il Popolo messica-no ha il diritto di trovare le tracce diquelli che “hanno visto il Signore”(cfr Gv 20,25), di quelli che sono sta-ti con Dio. Questo è l’essenziale.Non perdete, dunque, tempo edenergie nelle cose secondarie, nellechiacchiere e negli intrighi, nei vaniprogetti di carriera, nei vuoti piani diegemonia, negli sterili club di inte-ressi o di consorterie. Non lasciatevifermare dalle mormorazioni e dallemaldicenze. Introducete i vostri sa-cerdoti nella comprensione del mini-stero sacro. (…) Se il nostro sguardonon testimonia di aver visto Gesù,allora le parole che ricordiamo diLui risultano soltanto delle figure re-toriche vuote. Forse esprimono lanostalgia di quelli che non possonodimenticare il Signore, ma comun-que sono solo il balbettare di orfaniaccanto al sepolcro. Parole alla fineincapaci di impedire che il mondoresti abbandonato e ridotto alla pro-pria potenza disperata». Nella conferenza stampa sull’aereonel viaggio di ritorno, papa France-sco ha sintetizzato il senso generaledella visita. «È un popolo di una ric-chezza, di una ricchezza tanto gran-de, è un popolo che sorprende… Hauna cultura, una cultura millena-ria… Voi sapete che oggi, in Messico

VITA DELLA CHIESA

si parlano 65 lingue, contando gli in-digeni? 65! È un popolo di una gran-de fede, anche ha sofferto persecu-zioni religiose. E un popolo non lo sipuò spiegare semplicemente perchéla parola “popolo” non è una catego-ria logica, è una categoria mistica. Eil popolo messicano non lo si puòspiegare, questa ricchezza, questastoria, questa gioia, questa capacitàdi festa, e queste tragedie. (…) Lì, aCiudad Juárez, c’era un patto di 12ore di pace per la mia visita: dopocontinueranno a lottare tra loro, itrafficanti… Un popolo che ha anco-ra questa vitalità, si spiega solamen-te per Guadalupe. E io vi invito astudiare seriamente il fatto Guada-lupe. La Madonna è lì. Non trovoun’altra spiegazione».

—Il messaggio socio-ecclesiale da Rio in poi

A Rio, nel luglio 2013, aveva sintetiz-zato le maggiori problematiche ec-clesiali in alcune domande. Rilegger-le è utile e soprattutto nelle doman-de abbiamo già la risposta. «1. Fac-ciamo in modo che il nostro lavoro equello dei nostri presbiteri sia piùpastorale che amministrativo? Chi èil principale beneficiario del lavoroecclesiale, la Chiesa come organizza-zione o il popolo di Dio nella sua to-talità? 2. Superiamo la tentazione diprestare attenzione in maniera reat-tiva ai complessi problemi che sor-gono? Creiamo una consuetudinepro-attiva? Promuoviamo spazi e oc-casioni per manifestare la misericor-dia di Dio? Siamo consapevoli dellaresponsabilità di riconsiderare le at-tività pastorali e il funzionamentodelle strutture ecclesiali, cercando ilbene dei fedeli e della società? 3.Nella pratica, rendiamo partecipidella missione i fedeli laici? Offria-mo la Parola di Dio e i Sacramenticon la chiara coscienza e convinzio-ne che lo Spirito si manifesta in essi?4. È un criterio abituale il discerni-mento pastorale, servendoci deiConsigli diocesani? Tali Consigli, equelli parrocchiali di pastorale e de-gli affari economici sono spazi realiper la partecipazione laicale nellaconsultazione, organizzazione e pia-nificazione pastorale? Il buon fun-zionamento dei Consigli è determi-

nante. Credo che siamo molto in ri-tardo in questo. 5. Noi Pastori, Ve-scovi e Presbiteri, abbiamo consape-volezza e convinzione della missionedei fedeli e diamo loro la libertà per-ché vadano discernendo, conforme-mente al loro cammino di discepoli,la missione che il Signore affida lo-ro? Li appoggiamo e accompagnia-mo, superando qualsiasi tentazionedi manipolazione o indebita sotto-missione? Siamo sempre aperti a la-sciarci interpellare nella ricerca delbene della Chiesa e la sua missionenel mondo? 6. Gli operatori pastora-li e i fedeli in generale si sentonoparte della Chiesa, si identificanocon essa e la avvicinano ai battezza-ti distanti e lontani?».Dopo tre anni conosciamo più da vi-cino il pensiero del Papa per la Chie-sa in America Latina – e forse, perestensione, troviamo indirizzi validiper tutta la Chiesa. Il Papa si indiriz-za contro il funzionalismo a tutti icosti, invita sempre il clero ad una vi-ta sobria ed alla testimonianza, a nonsmettere mai di guardare al popolodi Dio come destinatario di ogniazione, ed ogni azione a sua volta vaimprontata alla misericordia. NelMagistero papale che abbiamo im-parato a conoscere in questi tre annidi pontificato, non si insiste mai ab-bastanza sulla necessità di un mes-saggio evangelico di carità e miseri-cordia che deve diventare stile di vi-ta e di scelte a tutti i livelli.

—Davanti,a metà, in fondo…

Si può compiere un passo in avantiprendendo ad esempio cosa papa

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VITA DELLA CHIESA

Francesco ha detto alla PontificiaCommissione per l’America Latinanel 2016. Qui è tornato prepotente iltema dei laici ed una lettura origina-le della realtà latinoamericana. Primadi essere sacerdoti siamo stati dei lai-ci, ha esordito in sostanza il Papa. Os-servazione non casuale e profonda:nella Chiesa con il Battesimo si entracome laici. Ha ribadito – lo avevadetto a Rio – che il vescovo o il pre-te (il pastore insomma) ha davanti asé tre posizioni possibili. “O davantiper indicare il cammino, o nel mezzoper mantenerlo unito e neutralizzaregli sbandamenti, o dietro per evitareche nessuno rimanga indietro, ma an-che, e fondamentalmente, perché ilgregge stesso ha il proprio fiuto pertrovare nuove strade”. Il continente latinoamericano, nel-l’analisi del Papa, sembra stretto trauna clericalizzazione eccessiva, cheprende il nome di “carriera ecclesia-stica” e una presenza quasi indipen-dente del laicato a livello pastorale osocio-politico, cui fa da contrappesolo sviluppo di gruppi particolari dilaici, delle élites, dice il Papa, cheperò non sono il popolo di Dio ben-sì dei gruppi di potere o di pressione.Mentre la categoria fondamentaledeve essere appunto il popolo diDio. Il ruolo dei pastori diventa allo-ra di particolare importanza per evi-tare la tentazione di inquadrare e latentazione di irregimentare. I dueestremismi da evitare si chiamanol’“estremismo pelagiano” che privi-legia l’organizzazione e uno “gnosti-cismo” fatto per negare l’universa-lità del messaggio di salvezza e limi-tandolo o regalandolo solo alle “éli-tes” laicali. Nota il papa che la problematica siaffronta (ovvero si definisce e si co-mincia a superare) quando il popolodi Dio si organizza e quando il pa-store svolge il suo lavoro di pastorecapace di indicare la strada ed evita-re deviazioni. In definitiva, sembradire papa Francesco, il pastore devesaper stare davanti, nel mezzo, in co-da, a seconda delle situazioni. E nonè un’indicazione solo pastorale, è an-che teologica e geopolitica per ren-dere la Chiesa una realtà viva nelmondo.

Fabrizio Mastrofini

Mentre è in corso l’Annogiubilare della Misericor-dia e siamo ormai in pieno

tempo pasquale, rispondendo ad uninvito che mi è stato rivolto, mi tro-vo a riflettere sul significato chel’Anno della vita consacrata ha avu-to per noi, comunità monastica be-nedettina «Mater Ecclesiæ» sull’Iso-la San Giulio, e, più in generale, perle monache di vita claustrale.

—Un Anno per tornarealle sorgenti dell’Amore

Mi sembra di poter dire che la San-ta Chiesa ci ha offerto un particola-re tempo favorevole; vedendo taleAnno nel suo significato più profon-do, si riscontra che è stato un Annoper ritornare alle sorgenti dell’Amo-re e per rinnovare decisamente l’of-ferta della nostra vita al Signore.Non a caso è stato indetto per com-memorare il cinquantesimo del de-creto conciliare Perfectæ caritatis.Le date di inizio e conclusione di ta-le Anno sono state già molto signifi-

cative per tutti i consacrati, ma, ose-rei dire, in particolare per noi clau-strali. Infatti, è stato aperto il 21 no-vembre, memoria liturgica della Pre-sentazione della Vergine Maria altempio, e si è concluso il 2 febbraio,festa della Presentazione di Gesù. Iltempio, dunque, è stato come la cor-nice, il riferimento costante di que-sto Anno, con il conseguente richia-mo ad una vita orante, umile, silen-ziosa, nascosta in Dio e, nello stessotempo, una vita irradiante luce perilluminare le genti.

—Risvegliate il mondo! Scrutate!Rallegratevi! Contemplate!

Le lettere di cui la Chiesa ci ha fattodono in questo Anno sono state co-me grandi arcate di un unico pontegettato tra il tempo e l’eterno, permantenere viva l’attesa escatologicanel popolo cristiano, ma anche comeuna bussola preziosa per attraversa-re le nebbie del mondo senza veniredisorientati. Con i loro forti imperativi, esse, in-

VITA CONSACRATA

L’Anno della vita consacrata

COSA HA SIGNIFICATOPER LE CLAUSTRALI?

Per la vita claustrale l’Anno della vita consacrata è statoun tempo di grazia particolare, pieno di stimoli per

approfondire il senso della nostra chiamata nella Chiesa eviverla nelle sue dimensioni più autentiche e dinamiche.

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fatti, ci hanno richiamato all’essen-ziale.Risvegliate il mondo! Questo monitonon ha significato per noi solo undoveroso impegno ad essere presen-za capace di stimolare i fratelli aduna autentica vita cristiana; prima-riamente è risuonato come invito ri-voltoci personalmente a risvegliarela fede, ad alimentare il nostro ane-lito della ricerca di Dio e a vivere «lalogica evangelica del dono, della fra-ternità, dell’accoglienza». San Bene-detto, nel Prologo alla sua Regola,esorta il monaco ad accogliere ogninuovo giorno come un risveglio allavera vita, spalancando gli occhi e leorecchie del cuore alla luce e alla vo-ce divina, in stupore di gioia, perchéil Signore ogni giorno ci onora am-mettendoci alla sua presenza perservirlo, ossia per compiere in tuttoil suo volere.Scrutate! Ecco un’altra preziosa esor-tazione. Sì, è urgente discernere i se-gni dei tempi; posare sulla storia nonuno sguardo da profeti di sventura,ma uno sguardo di fede e di speran-za che sappia scorgere tra le maceriee nei desolati deserti i germogli diuna imminente primavera. Ma è ur-gente anche scrutare le profonditàdei nostri cuori, per discernere i pen-sieri che vi si agitano e affrontaresenza paura il combattimento spiri-tuale: perché è sempre dal cuore cheinizia il rinnovamento della storia.Rallegratevi! Con particolare grati-tudine abbiamo accolto questa lette-ra, profondamente consona alla no-stra vocazione monastica che è – aldi là di quanto si pensi e si dica – unachiamata alla gioia autentica, pro-prio perché scaturisce dalla parteci-pazione alla Passione di Cristo. Do-ve c’è il patire con Cristo per i fratel-li, c’è anche il trionfo della gioia pa-squale che è fonte di consolazioneper tutti.Contemplate! Come mette bene inevidenza la lettera, lungi dal confon-dersi con fenomeni mistici eccezio-nali o con visioni estatiche, la con-templazione è una dimensione ordi-naria della vita cristiana strettamen-te legata alla purezza del cuore. Es-sa, perciò, richiede il coraggio delleprove purificatrici che rendono l’ani-ma più umile e più trasparente allaluce divina.

VITA CONSACRATA

—Un invito a scoprire lapresenza operante di Cristo

Celebrando lungo l’anno liturgico ilmistero della salvezza nei suoi variaspetti, la Chiesa forma il cristiano –tanto più la persona consacrata – al-la contemplazione. Essa educa a co-gliere nei segni sacramentali la pre-senza operante di Cristo, a leggerenegli eventi della storia il compiersidel disegno salvifico di Dio, a scopri-re nei fratelli il Volto stesso di Cristo.San Benedetto sottintende e auspicaquesto sguardo contemplativo quan-do chiede ai monaci di obbedire alloro abate come al Cristo stesso, diaccogliere gli ospiti, i poveri, o di cu-rare i malati come il Cristo in perso-na e persino di trattare tutti gli og-getti del monastero come vasi sacridell’altare. Non si tratta solo di unaeducazione al rispetto delle personee delle cose; si tratta, molto di più, dipercepire che tutto è irradiazionedella gloria di Dio e segno della suaumile presenza. È un anticipo delCielo sulla terra, una caparra dellosplendore della gloria di Dio, del-l’uomo santificato e del cosmo trasfi-gurato. Infine, al termine della Celebrazioneeucaristica del 2 febbraio, conclusivadell’Anno della Vita consacrata, pa-pa Francesco – parlando a braccio! –ha rivolto ai consacrati riuniti a Ro-ma per l’evento alcune parole che,nella loro semplicità e spontaneità,hanno saputo interpretare ed espri-mere bene quelli che devono esserei nostri sentimenti e i nostri proposi-ti: «Cari fratelli e sorelle consacrati,grazie per finire così, tutti insieme,quest’Anno della Vita Consacrata. Eandate avanti!… Continuare. Sem-pre… Il “midollo” della vita consa-crata è la preghiera… Il lavoro ditutti i giorni, e poi la speranza di an-dare avanti e seminare bene».

—L’Anno della VCnon è chiuso

L’Anno della vita consacrata nonpuò dirsi “chiuso”; al contrario è sta-to un Anno che, come una sorgente,ha dato nuovo impulso alla vita quo-tidiana e come torrente in piena con-tinua ad attraversare le valli della vi-ta, raccogliendo sempre nuove ac-

que, tutte le acque, anche quelle del-le lacrime amare… A sottolineare tale continuità, nelnostro monastero abbiamo scelto ladata del 2 febbraio 2016 per fare ilrito dell’apertura della “Porta Santadella misericordia”. Come “porta” èstata scelta proprio quella della no-stra Cappella in cui più volte al gior-no ci raduniamo per la preghiera co-rale. In tal modo, l’Anno della vitaconsacrata, come fiume giunto allafoce, si è immesso e continuamentesi immette nel grande Oceano delladivina Misericordia.Tornando alla sorgente, ricordiamoancora bene lo stupore che ci colsequando apprendemmo che il SantoPadre aveva indetto un Anno dellavita consacrata, precisando che eraun anno per tutti i fedeli, anche peri laici: un anno che ci ha fatto senti-re fortemente la nostra responsabi-lità all’interno della Chiesa: essere“porzione” consacrata per tutti, es-sere un’offerta a Dio per gli altri.E questo “per” ha scandito il nostroanno, lungo il quale abbiamo comu-nitariamente meditato sulla figura diCristo, «l’Uomo per gli altri» e sullafigura del consacrato che, in Lui, di-venta egli pure «dono per i fratelli».Abbiamo riletto la vocazione alla vi-ta consacrata nella prospettiva dellarisposta dovuta a così grande dono,nella consapevolezza che tutto ciòche Cristo ha vissuto per noi, noipossiamo – e dobbiamo – viverlo inLui per gli altri.Per noi Cristo è stato promesso eprofetizzato: come monache abbia-mo fermato la nostra attenzione so-prattutto sulle figure di Abramo e diGiovanni Battista. L’ “eccomi” diAbramo ci fa pellegrine della fede,camminando in quell’oscurità lumi-nosa che è propria della fede, soste-nuta dalla certezza di essere accom-pagnati nel pellegrinaggio terrenodalla presenza misericordiosa delDio che salva tutti i credenti che aLui si affidano. Così, non solo avanziamo verso laméta, ma apriamo la via della fedeper gli altri: «E tu, bambino, saraichiamato profeta dell’Altissimo…»:non è “tu” generico, ma vi leggiamoil nostro nome proprio e il nome del-la nostra comunità, chiamata – comeogni altra comunità religiosa – a ben

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so la Croce, presso le croci dei nostrifratelli, in una empatia universale.Per noi Cristo è nato, da ricco cheera si è fatto povero, è entrato in unafamiglia umana, ha conosciuto la fa-tica del lavoro… Quanto eloquentequesto esempio di umiltà, di silenzio,di laboriosità! Per una felice coinci-denza, l’Anno della vita consacratasi è intrecciato con la preparazione elo svolgimento del Sinodo ordinariosulla famiglia e questo ci ha stimola-te ad approfondire la dimensione ce-nobitica della nostra vocazione, chepure è chiamata alla solitudine, vi-vendo tra di noi relazioni filiali e fra-terne, ma pure sentendo forte lachiamata alla maternità spiritualenei confronti dell’umanità che – co-me l’esperienza dell’ospitalità ci di-mostra – si sente sempre più orfana.

Per noi è stato consacrato, è scesonelle acque del Giordano santifican-dole, affinché diventassero santifi-canti. Questo mistero di Gesù nelleacque del Giordano è stato quantomai eloquente nell’Anno della vitaconsacrata: lì Gesù ha ricevuto dallavoce del Padre la sua missione; lì, do-po aver assunto dalla Vergine Madrela carne purissima, non ha disdegna-to di immergersi nell’acqua battesi-male insieme con tutti i peccatori.Ecco, questo mistero ci ha richiama-te alla solidarietà universale, metten-doci al loro posto che è anche il no-stro vero posto. Lo stesso segno del-l’acqua in questo Anno ci ha richia-mate ancora di più alla solidarietàcon le migliaia e migliaia di profughiche nelle acque trovano la morte,proprio mentre sono in fuga dalla lo-

disporre il cuore degli uomini al mes-saggio di Gesù, all’incontro con Lui.

—Ci è venuta incontrola figura di Maria

Per noi Cristo è stato annunziato eaccolto: qui ci è venuta incontro la fi-gura di Maria, il mistero della suamaternità. Dal suo ascolto umile eattento, apprendiamo a riconosceregli annunzi di grazia e i passi che ilSignore ci chiede di compiere, i sìche da noi si attende. Da Lei appren-diamo ad accogliere il Verbo dellavita per generarlo in noi e donarloagli altri; vale a dire apprendiamol’arte dell’umile e amorosa adesionedi fede alla Parola, perché la nostraesistenza ne diventi fedele realizza-zione. Apprendiamo a stare là, pres-

VITA CONSACRATA

53° giornata mondiale di

«La Chiesa, madre di vocazioni»

«Come vorrei che, nel corso del Giubileo straordinariodella Misericordia, tutti i battezzati potessero sperimen-tare la gioia di appartenere alla Chiesa! E potessero ri-scoprire che la vocazione cristiana, così come le voca-zioni particolari, nascono in seno al popolo di Dio e so-no doni della divina misericordia. La Chiesa è la casadella misericordia, ed è la “terra” dove la vocazione ger-moglia, cresce e porta frutto.Per questo motivo invito tutti voi, in occasione di que-sta 53ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazio-ni, a contemplare la comunità apostolica, e a ringrazia-re per il ruolo della comunità nel cammino vocazionaledi ciascuno. Nella Bolla di indizione del Giubileo Straor-dinario della Misericordia ho ricordato le parole di sanBeda il Venerabile, riferite alla vocazione di san Matteo:«Miserando atque eligendo» (Misericordiae Vultus, 8).L’azione misericordiosa del Signore perdona i nostripeccati e ci apre alla vita nuova che si concretizza nellachiamata alla sequela e alla missione. Ogni vocazionenella Chiesa ha la sua origine nello sguardo compassio-nevole di Gesù. La conversione e la vocazione sono co-me due facce della stessa medaglia e si richiamano con-tinuamente in tutta la vita del discepolo missionario.Il beato Paolo VI, nell’Esortazione apostolica Evangeliinuntiandi, ha descritto i passi del processo dell’evange-lizzazione. Uno di essi è l’adesione alla comunità cristia-na (cfr n. 23), quella comunità da cui ha ricevuto la testi-monianza della fede e la proclamazione esplicita dellamisericordia del Signore. Questa incorporazione comu-nitaria comprende tutta la ricchezza della vita ecclesiale,particolarmente i Sacramenti. E la Chiesa non è solo unluogo in cui si crede, ma è anche oggetto della nostra fe-de; per questo nel Credo diciamo: «Credo la Chiesa».

La chiamata di Dio avviene attraverso la mediazionecomunitaria. Dio ci chiama a far parte della Chiesa e,dopo una certa maturazione in essa, ci dona una voca-zione specifica. Il cammino vocazionale si fa insieme aifratelli e alle sorelle che il Signore ci dona: è una con-vocazione. Il dinamismo ecclesiale della chiamata è unantidoto all’indifferenza e all’individualismo. Stabiliscequella comunione nella quale l’indifferenza è stata vin-ta dall’amore, perché esige che noi usciamo da noi stes-si ponendo la nostra esistenza al servizio del disegno diDio e facendo nostra la situazione storica del suo po-polo santo.In questa Giornata, dedicata alla preghiera per le voca-zioni, desidero esortare tutti i fedeli ad assumersi le lo-ro responsabilità nella cura e nel discernimento voca-zionale. Quando gli apostoli cercavano uno che pren-desse il posto di Giuda Iscariota, san Pietro radunò cen-toventi fratelli (cfr At 1,15); e per la scelta dei sette dia-coni, fu convocato il gruppo dei discepoli (cfr At 6,2).San Paolo dà a Tito criteri specifici per la scelta dei pre-sbiteri (Tt 1,5-9). Anche oggi, la comunità cristiana èsempre presente nel germogliare delle vocazioni, nellaloro formazione e nella loro perseveranza (cfr Evange-lii gaudium, 107).

La vocazione nasce nella Chiesa

Fin dal sorgere di una vocazione è necessario un ade-guato “senso” della Chiesa. Nessuno è chiamato esclu-sivamente per una determinata regione, né per un grup-po o movimento ecclesiale, ma per la Chiesa e per ilmondo. «Un chiaro segno dell’autenticità di un carismaè la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armoni-camente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene ditutti» (ibid.,130). Rispondendo alla chiamata di Dio, ilgiovane vede espandersi il proprio orizzonte ecclesiale,

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ro terra in cerca di una possibilità disussistenza. Davanti a questa realtàci sentiamo anche noi in certo modocolpevoli, perché è morte spessocausata dall’egoismo e dall’indiffe-renza. Per tutto questo ripetiamo in-cessantemente dal profondo del cuo-re: «Gesù, Figlio del Dio vivo, abbipietà di noi, peccatori».

—Un approfondimento delladimensione ecumenica

E così giungiamo ad un altro incontrocon Gesù, Orante per noi. Sofferman-doci comunitariamente sulla sua“preghiera sacerdotale”, abbiamo ap-profondito la dimensione ecumenicadella nostra vocazione monastica checi impegna nel fare unità sotto diver-si aspetti: totalmente date a Dio solo

e quindi unificate interiormente, dob-biamo continuamente rinnegare tuttigli idoli del mondo per formare – se-condo l’ideale della Chiesa delle ori-gini e di ogni tempo – «un cuor solo eun’anima sola», aperte ad un’acco-glienza senza barriere. È la vocazioneecumenica che sentiamo particolar-mente viva come figlie di San Bene-detto, nella cui Regola si sente vibra-re la Chiesa nella sua universalità,nella comunione tra Oriente ed Occi-dente, in un abbraccio che è profeziae speranza in questo tempo di rinno-vato risveglio ecumenico.Ma tutto questo sarebbe impossibile,senza la nostra conformazione a Ge-sù che per noi è stato tentato, ha pa-tito, è morto ed è risorto. Dire, quin-di, con tutta la vita che Gesù Cristoè il Signore, che egli è morto e risor-

to per la vita di tutti gli uomini, que-sto è il primum della vita consacrata,dove risplende l’integrità della fedee la totalità dell’appartenenza a Dio.E san Benedetto conclude il Prologoalla sua Regola con un versetto cheè la sintesi del cammino monastico:«Stabili in monastero fino alla mor-te, parteciperemo con il nostro mitepatire, alle sofferenze di Cristo, permeritare di condividerne pure la glo-ria nel suo Regno». Là dove anelia-mo giungere con tutti i nostri fratel-li, nessuno escluso. Per questo – co-me ancora ci chiede san Benedetto –camminiamo nella storia nulla asso-lutamente anteponendo al Cristo,perché Egli ci conduca tutti insiemealla vita eterna (cf. RB 72,11-12)

Anna Maria Canopi, osb

VITA CONSACRATA

preghiera per le vocazioni

può considerare i molteplici carismi e compiere così undiscernimento più obiettivo. La comunità diventa, inquesto modo, la casa e la famiglia dove nasce la voca-zione. Il candidato contempla grato questa mediazionecomunitaria come elemento irrinunciabile per il suo fu-turo. Impara a conoscere e amare fratelli e sorelle chepercorrono cammini diversi dal suo; e questi vincolirafforzano in tutti la comunione.

La vocazione cresce nella Chiesa

Durante il processo di formazione, i candidati alle di-verse vocazioni hanno bisogno di conoscere sempremeglio la comunità ecclesiale, superando la visione li-mitata che tutti abbiamo all’inizio. A tale scopo è op-portuno fare qualche esperienza apostolica insieme adaltri membri della comunità, per esempio: accanto ad unbuon catechista comunicare il messaggio cristiano; spe-rimentare l’evangelizzazione delle periferie insieme aduna comunità religiosa; scoprire il tesoro della contem-plazione condividendo la vita di clausura; conosceremeglio la missione ad gentes a contatto con i missiona-ri; e con i preti diocesani approfondire l’esperienza del-la pastorale nella parrocchia e nella diocesi. Per quelliche sono già in formazione, la comunità ecclesiale rima-ne sempre l’ambito educativo fondamentale, verso cuisi sente gratitudine.

La vocazione è sostenuta dalla Chiesa

Dopo l’impegno definitivo, il cammino vocazionale nel-la Chiesa non finisce, ma continua nella disponibilità alservizio, nella perseveranza, nella formazione perma-nente. Chi ha consacrato la propria vita al Signore è di-sposto a servire la Chiesa dove essa ne abbia bisogno.La missione di Paolo e Barnaba è un esempio di que-sta disponibilità ecclesiale. Inviati in missione dallo Spi-

rito Santo e dalla comunità di Antiochia (cfr At 13,1-4),ritornarono alla stessa comunità e raccontarono quelloche il Signore aveva fatto per mezzo loro (cfr At 14,27).I missionari sono accompagnati e sostenuti dalla comu-nità cristiana, che rimane un riferimento vitale, come lapatria visibile che offre sicurezza a quelli che compio-no il pellegrinaggio verso la vita eterna. Tra gli operatori pastorali rivestono una particolare im-portanza i sacerdoti. Mediante il loro ministero si fapresente la parola di Gesù, che ha detto: «Io sono laporta delle pecore […] Io sono il buon pastore» (Gv10,7.11). La cura pastorale delle vocazioni è una partefondamentale del loro ministero pastorale. I sacerdotiaccompagnano coloro che sono alla ricerca della pro-pria vocazione, come pure quanti già hanno offerto lavita al servizio di Dio e della comunità.Tutti i fedeli sono chiamati a rendersi consapevoli deldinamismo ecclesiale della vocazione, perché le comu-nità di fede possano diventare, sull’esempio della Ver-gine Maria, seno materno che accoglie il dono dello Spi-rito Santo (cfr Lc 1,35-38). La maternità della Chiesa siesprime mediante la preghiera perseverante per le vo-cazioni e con l’azione educativa e di accompagnamen-to per quanti percepiscono la chiamata di Dio. Lo fa an-che mediante un’accurata selezione dei candidati al mi-nistero ordinato e alla vita consacrata. Infine, è madredelle vocazioni nel continuo sostegno di coloro chehanno consacrato la vita al servizio degli altri. Chiediamo al Signore di concedere a tutte le personeche stanno compiendo un cammino vocazionale unaprofonda adesione alla Chiesa; e che lo Spirito Santorafforzi nei Pastori e in tutti i fedeli la comunione, il di-scernimento e la paternità e maternità spirituale».

Papa Francesco

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questa penosa situazione si risolveràin breve tempo… C’è bisogno diperseveranza e di preghiera, congrande fiducia nella forza risanatricedella grazia di Dio» (cf. Regno-doc.7,2010,194). Il 5 febbraio 2015, papaFrancesco istituisce una Commissio-ne per la tutela dei minori e scrive:«Le famiglie devono sapere che laChiesa non risparmia sforzi per tute-lare i loro figli e hanno diritto di ri-volgersi ad essa con piena fiducia,perché è una casa sicura. Non potrà,pertanto, venire accordata prioritàad altri tipi di considerazioni, di qua-lunque natura esse siano, come adesempio il desiderio di evitare loscandalo, poiché non c’è assoluta-mente posto nel ministero di coloroche abusano dei minori». «I pastori ei responsabili delle comunità religio-se siano disponibili all’incontro conle vittime e i loro casi: si tratta di oc-casioni preziose per ascoltare e perchiedere personalmente a quantihanno molto sofferto» (cf. Testimoni4/2015 p.1; 6/2015 p. 21).Si entra in questi territori con moltorispetto e grande discrezione: «invi-to il lettore a vigilare sulle proprieemozioni e pensieri, lasciando daparte la curiosità intrusiva a favoredella compassione e della partecipa-zione al loro dolore» (p. 75). Le sto-rie che qui vengono evocate si amal-gamano in una scrittura capace ditrasmettere la devastazione prodot-ta dagli abusi con una provata consa-pevolezza terapeutica e una maturacoscienza ecclesiale. Niente di pruri-ginoso o che si esaurisca nella imme-diata denuncia, quanto piuttosto losforzo di raccontare il potenziale dibene che può sorgere anche dall’a-bisso più devastato.

—Le condizioniche facilitano la violenza

L’abuso su donne anche adulte nonperde nulla della sua gravità. «L’abu-so non fa riferimento né alla fre-quenza, né alla qualità del traumaprovocato. Abuso sessuale è appro-fittarsi di una condizione di inferio-rità della vittima, nella quale, pertan-to, questa non può liberamente rifiu-tarsi». In esso rientra «ogni compor-tamento, violenza, minaccia, ingan-no, frode, uso non appropriato della

«Prima di tutto vorrei chequesto libro fosse una te-stimonianza della fede e

della tenacia di queste donne chehanno sofferto nella Chiesa, a causadella Chiesa. Troppa omertà portaancora a tacere e coprire questa in-giustizia e questa prevaricazione sul-la donna consacrata. La Chiesa, orapiù che mai, è chiamata a chiedereperdono per questa complicità colmale» (p. 221). Con queste parole sichiude il volume di Anna Deodato,Vorrei risorgere dalla mie ferite (EDB,Bologna 2016), dedicato agli abusisessuali verso le donne consacrate.Un drammatico capitolo, ancora lar-gamene ignoto, che ha portato una diloro a dire: «La Chiesa mi ha costrui-to e la Chiesa mi ha distrutto». Da quil’appello: «Quando nel nostro servi-zio ci capiterà di incontrare sofferen-ze e confidenze che ci metteranno incontatto con situazioni di forme di-

verse di abuso, non solo chiediamo laforza di non fuggire, ma anche l’u-miltà e il coraggio di metterci in unvero e profondo ascolto. Chiediamo ildono delle lacrime e chiediamo per-dono a nome di tutti coloro che nonl’hanno fatto» (p. 224).

—Una feritache resta

Da oltre quindici anni vi è stata unasvolta decisiva della istituzione ec-clesiale in ordine agli abusi. Norme,pratiche, esperienze, attenzioni, per-corsi di recupero, coscienza ecclesia-le: molto è cambiato. La Chiesa è og-gi l’organismo internazionale chemeglio mostra indirizzi e volontàcoerenti in merito. Ma come ricorda-va Benedetto XVI nella più dram-matica lettera del suo pontificato,scrivendo ai vescovi e ai cattolicid’Irlanda: «Nessuno si immagini che

VITA CONSACRATA

Abusi e vita religiosa femminile

L’ABISSOE LA GRAZIA

Il difficile e drammatico tema degli abusi nella Chiesa si vaaprendo con coraggio a riconoscere anche quanto è

avvenuto in alcuni anfratti del mondo della vita consacrata.La violenza sulle religiose viene raccontata da A. Deodato

con delicatezza e profondità.

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Testimoni 4/2016 13

propria autorità attraverso i quali siapprofitta delle condizioni d’inferio-rità fisica o psichica dell’abusato»(cf. Area giuridica CISM, Questioniattuali per la vita e il governo degliistituti di vita consacrata, EDB, Bolo-gna 2015, pp. 15-52). «A causa dell’a-buso è persa non solo la dignità, maanche il senso globale dell’esistenzasoprattutto se questa era stata collo-cata in una scelta religiosa e la vio-lenza è avvenuta proprio all’internodi quella realtà, la Chiesa, per la qua-le ciascuna aveva deciso di giocaretutta la sua vita» (p. 26). «Dopo tisenti solo sporca e hai solo voglia dilavarti, ma dentro non hai più nien-te. La violenza la senti sempre den-tro e dentro ti resta lo schifo. Unostraccio del pavimento sporco. Misento questo, mi sento così» (p. 47). La letteratura sul fronte femminile èancora molto scarsa. Nell’ambitodelle responsabili del mondo religio-so femminile la consapevolezza è al-ta. Ma non è casuale che a fronte diuna dozzina di comunità operanti sulversante dei presbiteri accusati diviolenza non vi sia ancora niente suquello femminile, anche se diversi

percorsi sono già sperimentati (co-me testimonia il libro) e la differen-za psicologica non consenta sempli-ci sovrapposizioni. La tecnica di adescamento ha unaspetto fisico (toccamento), uno psi-cologico (cura e attenzione per crea-re dipendenza) e uno comunitario (agaranzia dell’intangibilità della figu-ra apicale). La vittima designata è ingenere giovane, docile, accondiscen-dente con una debole capacità dimantenere i propri confini. Nell’abu-so di una donna verso un’altra laquestione centrale non è il lesbismo,quanto piuttosto «la psicodinamicanarcisista associata a una struttura dipersonalità gravemente compromes-sa» (p. 114). Personalità disturbate,investite di potere, in un contestochiuso e privo di confronti sono lepotenziali «predatrici». Esse costrui-scono un sistema di relazioni mani-polate, di decisioni istituzionali nongiustificate, di debolezze formative,di modalità distorte nella vita comu-ne. «Ci isolavano, ci mettevano le unecontro le altre sino a dubitare dell’al-tra, il confronto, la gelosia, la rivalità,l’invidia erano continuamente ali-mentate. Emotivamente eravamotutte sottomesse, c’era sempre moltaprepotenza così da considerare “nor-male” il conflitto e gli scatti d’ira, diaggressività. Non era possibile avererelazioni normali» (p. 110).

—Ascoltareil corpo

Alcuni precedenti possono esporremaggiormente all’abuso, come l’es-sere state vittime prima di avviare ilpercorso religioso o alcune condizio-ni familiari come un legame paternoo materno particolarmente rigido,con una marcata mancanza di confi-ni, una morale religiosa intransigen-te e integralista o un maschilismoapertamente riconosciuto.«Uno dei dati più commoventi e co-muni a tutte nel procedere dell’ac-compagnamento, è il passaggio avve-nuto dal progressivo e doloroso rac-conto dei fatti, alla capacità di rac-contarsi nella totalità della loro vitae del fermo desiderio di riscatto del-la loro dignità di donne, e di donneconsacrate. Dignità che è sempre piùgrande e più profonda di ciò che cia-

VITA CONSACRATA

I l manuale introduce ai principali pro-blemi affrontati oggi dalla bioetica

dando ampio spazio a tematiche quoti-diane, e non solo alle questioni di fron-tiera che «fanno notizia» sui mass me-dia. L’attenzione è focalizzata sulla vitaumana e sulle dimensioni psico-soma-tiche dell’uomo, la sua sussistenza e lasua integrità

MAURIZIO PIETRO FAGGIONI

La vitanelle nostre maniManuale di bioetica teologica

«TRATTATI DI ETICA TEOLOGICA» pp. 400 - € 36,00

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E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER RELIGIOSE E CONSACRATE

� 15-21 mag: p. Gino dal Cero, sss“La misericordia nel Vangelo diLuca” SEDE: Eremo di Lecceto Casa diSpiritualità “Card. Elia DallaCosta”, Via S. Salvadore, 54 –50055 Malmantile (FI); tel.055.878053 – fax 055.8729930;e-mail: [email protected]@gmail.com

� 15-22 mag: p. Carlo Lanza, sj“Il cuore di Dio: Gesù videmolta folla e si commosse perloro” (Mc 6,34) SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S. Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 23-28 mag: don VincenzoAlesiani “In ascolto di ciò che loSpirito dice alla Chiesa”(Apocalisse) SEDE: Villa San Biagio Casa dispiritualità, Via Villa SanBiagio,17 – 61032 Fano (PU); Tel.0721.823175 – fax 0721.806984;e-mail: [email protected] –www.sanbiagiofano.it

� 23-30 mag: p. Gabriele Semino,sj “I verbi della misericordianell’Antico e Nuovo Testamento” SEDE: Casa di spiritualità “VillaMoretta” – 38057 PergineValsugana (TN); Tel. 0461.531366 –Fax 0461.531189; e-mail:[email protected] –www.istsorellemisericordia.it

� 5-11 giu: p. Lorenzo Gilardi, sj“La misericordia di Gesù.Conoscerla, accoglierla, donarla” SEDE: Monastero S. Croce, ViaS.Croce, 30 – 19030 Bocca diMagra (SP); tel. 0187.60911 – fax0187.6091333; e-mail:[email protected] –www.monasterosantacroce.it

� 8-15 giu: don Mario Guariento,sdb “Le sono perdonati moltipeccati perché molto ha amato”(Lc 7,47) Le icone bibliche dellamisericordia SEDE: Centro di Spiritualità“Barbara Micarelli” Via Patronod’Italia, 5/E – 06081 Assisi –Santa Maria degli Angeli (PG); tel.075.8043976 – fax 075.8040750;e-mail: [email protected]

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scuna ha potuto riconoscere. Dignitàche ciò che hanno subìto non ha as-solutamente cancellato!» (p. 38). Molti della dozzina di capitoli in cuisi sviluppa il testo sono dedicati allariflessione e al racconto del lungo, al-talenante e affascinante percorso diriscatto delle vittime: dal racconto«fattuale» alla verbalizzazione preci-sa, fino alle prime aperture verso ilfuturo. «Umiliazione, vergogna, col-pa, paura, terrore, vuoto, confusione,senso di deprivazione, solitudine, rab-bia contro se stessa, tristezza, ango-scia: il vissuto emotivo di chi è statavittima di un abuso sessuale è tre-mendo, profondo, incorporato nel-l’intimo e, come è stato messo in evi-denza, con una serie di conseguenzefisiche, psichiche e morali difficili darielaborare e integrare. L’effetto piùestremo, grave e difficile da superareè l’identificazione della vittima con il

VITA CONSACRATA

colpevole» (p. 143). Un cammino incui parole, gesti, silenzi, pianto, emo-zioni, competenze terapeutiche, virtùsi saldano in una volontà e in un do-no di riscatto. Una settantina di pagi-ne sono dedicate al corpo che, in par-ticolare per le donne, «non dimenticae racconta» attraverso la voce, il pian-to, le parole, i movimenti delle gam-be, delle braccia, del corpo e la postu-ra. «Io vorrei attraversare questaprofonda lotta anche per tornare asentirmi bella, non penso sia una co-sa “stupida”, ma una vittoria sul ma-le: vinci il male con il bene» (p. 94).

—La fedeprovata

Il lungo percorso di cura e riscattoviaggia consapevolmente sia sul li-vello psichico che spirituale, scon-tando anche la rabbia e il distacco

dal mondo ecclesiale. «L’umiliazio-ne, la vergogna e soprattutto la rab-bia ancora non collocata verso l’al-tro, ma rivolta verso se stessa, posso-no anche bloccare la sorgente vitaledi relazione con Dio. Si tratta di ac-compagnare con attenzione anchequesto tempo dando il permesso difare lutto per la propria vita interrot-ta da un’esperienza di morte. Si trat-ta di accompagnare partecipando al-la lotta che si deve inevitabilmenteaprire, sostenendola e incoraggian-dola nella certezza che nel dialogoprofondo con Dio, con la sua Parola,ogni vita ferita trova consolazione eredenzione» (p.167). Vi possono infatti essere momenti diregressione spirituale o per eccessivaenfasi o per totale assenza di conte-nuti della fede. Per questo è utile unaccompagnamento anche spiritualeche favorisca la preghiera del cuore

Repubblica dello Yemen: massacrate

Quattro suore Missionarie della Carità, di MadreTeresa di Calcutta, assieme a 11 persone, sono

state trucidate da un commando di terroristi, il 4 mar-zo scorso, nello Yemen, ad Aden, dove assistevano an-ziani e disabili. Due erano ruandesi, una indiana e laquarta veniva dal Kenya. Ha stupito il silenzio dei nostri giornali su questo fat-to drammatico, fatta eccezione per Avvenire e l’Osser-vatore Romano.L’Avvenire dell’8 marzo attraverso la cronaca di Ma-rina Corradi, così descrive i fatti di quel terribile 4 mar-zo ad Aden. «Erano le 8,30 di venerdì mattina, e allaMother Theresa’s house gli ottanta ospiti, vecchi e di-sabili, fra cui anche bambini, stavano facendo colazio-ne. I terroristi sono arrivati davanti all’edificio, che, no-nostante le minacce già ricevute dalle suore, non eradifeso nemmeno da un soldato. È stato facilissimo en-trare, armi in pugno, e sorprendere le quattro sorelle eil personale dell’istituto: cuoche, infermiere, volontari,sia yemeniti che etiopi, diversi dei quali cristiani. L’unica sopravvissuta alla strage è suor Sally, la supe-riora. Per un caso in quel momento si trovava in di-spensa, e ha sentito l’autista che urlava, in inglese: «Na-scondetevi, ci ammazzano», e poi uno sparo. L’uomoera già stato ucciso. La suora è rimasta, impietrita,dov’era, dietro a una porta, e incredibilmente gli assas-sini non l’hanno vista. «Vogliamo ammazzare i cristia-ni», ha gridato uno di loro. Poi tutti i presenti nella sa-la sono stati portati fuori, in giardino. Si sono sentitegrida, e altri spari, cadenzati, uno dopo l’altro, e poi al-tri ancora, e poi il silenzio. Quando la polizia yemeni-ta è arrivata, ha trovato sul terreno quindici morti: le

suore e undici collaboratori. Questi ultimi sono statitutti finiti con un colpo alla tempia, una autentica ese-cuzione. Le sorelle invece – suor Annselna, 57 anni, in-diana, suor Margarita, 44 anni, ruandese, suor Reginet-te, 32 anni, pure ruandese, e suor Judith, 41 anni, kenio-ta – sono state colpite al volto e sfigurate, e poi uccise.Cadute a terra, prone, i loro corpi sono stati calpesta-ti, i volti schiacciati a forza contro il suolo. Si stenta ascrivere questi particolari, che raccontano di un odiosenza limiti. Nelle foto da Aden, le suore indossano an-cora, sopra la veste bianca, il grembiule blu con cui ser-vivano i malati. Uccise nell’atto di servire i poveri: è unvero martirio, quello di Aden, il secondo nel Paese, do-po che nel 1998 a Hodeidah altre tre consorelle eranostate ammazzate a bastonate, mentre si recavano a farservizio in ospedale. Ma, compiuta la carneficina, gli assassini non eranoancora soddisfatti. Sono rientrati nell’istituto e sonoandati nella cappella, dove il salesiano Tom Uzhunna-lil, 57 anni, un prete che da anni condivideva l’operadelle suore, stava pregando. Raffiche di spari, ancora:molti colpi contro il crocifisso, l’altare, il tabernacolo,nel quale non sono poi state trovate più le ostie con-sacrate. Il messale e la Bibbia sono stati ridotti in bran-delli. Il salesiano è stato rapito, e ad oggi non se ne hanno piùnotizie. Compiuta la strage, il commando se ne è anda-to indisturbato. Ora suor Sally, la superiora sopravvis-suta, è stata portata fuori dallo Yemen. Nella casa so-no rimasti solo gli ottanta ospiti, che per un giorno sisono rifiutati di mangiare. Smarriti chiedevano, comebambini, di essere imboccati dalle loro suore.

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15Testimoni 4/2016

e del corpo, la relazione personalepiuttosto che le forme stabilite, la re-lazione intima con la Parola, l’accet-tazione della vulnerabilità e dellafragilità. «Il dimorare nella propriainteriorità sostiene anche il recuperodi una memoria affettiva buona: per-mette di ripensare con maggioreconsapevolezza alle relazioni signifi-

VITA CONSACRATA

In un discorso alle vittime di abusi,(Filadelfia – USA, 27 settembre2015) papa Francesco diceva: «Men-tre aspettiamo l’anno giubilare del-la misericordia, la vostra presenza –generosa nonostante la rabbia e lasofferenza che avete sperimentato –ci rivela il cuore misericordioso diCristo. Le vostre storie di vittime,ciascuna unica e coinvolgente, sonoun segno potente della speranza cheviene dalla promessa del Signoreche sarà con noi, sempre». E l’autri-ce conclude: «Il frutto di questo mi-sterioso, ma luminoso, cammino nel-la fede lo si percepisce e lo si vedenel senso di abbandono interiore enella dinamica vitale che ne scaturi-sce. Una fede che ha attraversato laprova è veramente feconda» (p.208).

Lorenzo Prezzi

cative della propria vita, a coloro checi hanno fatto del bene, che sonopresenti come sostegno e cura nellavita che sta ripartendo. L’orizzonterelazionale si allarga e diviene piùreale, si arriva progressivamente adire: in tanto dolore patito non sonorimasta sola, qualcuno mi ha davve-ro amato» (p. 199).

quattro suore in odio alla fede

Commentando il massacro, il vescovo combonianoCamillo Ballin, vicario apostolico per l’Arabia setten-trionale ha affermato: «Più la Chiesa è vicina a GesùCristo, più partecipa della sua passione». Questa stra-ge è anche «un segno che questa Congregazione èmolto vicina a Gesù, perché chi si avvicina a Gesù, siavvicina anche alla sua croce». Mons. Ballin ha ancheinvitato a non assecondare le manipolazioni di chipunta a criminalizzare tutto l’Islam in maniera indi-stinta. Certo ha aggiunto, «uccidere in nome di Dio èuna cosa terribile che nessun musulmano autenticopuò accettare. A compiere questi crimini sono indivi-dui dominati da una ideologia che squilibra la perso-na umana». Come avviene sovente, ha aggiunto il vescovo, le vicen-de del martirio cristiano incrociano in maniera miste-riosa anche le convulsioni storiche fomentate dagliscontri di potere: «Questi colpi di violenza vanno an-che collegati allo squilibrio prodotto nella zona dallacancellazione delle sanzioni all’Iran che ora è diventa-to un paese più potente e aperto. C’entra anche la cor-sa ad abbassare il prezzo del petrolio e la lotta per l’e-gemonia della regione, tra l’Arabia che vuole conser-vare il suo impero wahabita e l’Iran che vuole ripristi-nare l’impero persiano».Da parte sua, mons. Paul Hinder OFMCap, vicarioapostolico per l’Arabia meridionale, ha affermato chel’attacco «ha a che fare con la religione». E ha aggiun-to che la gente del luogo «amava le suore di Madre Te-resa uccise a Aden, ammirava il loro modo di serviregli altri senza guardare all’appartenenza religiosa, masolo alla scelta di prediligere chi ha più bisogno. Que-

sto suscitava simpatia e affetto tra il popolo. E forseproprio questo dava fastidio». Il Papa saputo dell’eccidio, dopo aver promesso le suepreghiere per le vittime e i loro familiari, ha afferma-to: «Questi sono i martiri di oggi! Non sono copertinedei giornali, non sono notizie: questi danno il loro san-gue per la Chiesa. Queste persone sono vittime dell’at-tacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell’indiffe-renza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cuinon importa...».Le Missionarie della Carità hanno assicurato che nonabbandoneranno la loro opera nello Yemen, dove han-no anche altre tre comunità nella capitale Sanaa, mache «continueranno a servire i poveri e i bisognosi», fe-deli alle parole di Madre Teresa: «Vivere e morire coni poveri».Tra le gravi conseguenza del conflitto bellico, che du-ra da un anno e mezzo, scrive l’Agenzia Fides, vi è an-che il dramma di quasi 2 milioni di bambini costrettiad abbandonare le scuole. Finora sono stati chiusi3.600 istituti, tra le scuole chiuse 248 sono andate com-pletamente distrutte, 270 accolgono gli sfollati e altre68 sono state occupate dai gruppi armati. Per il siste-ma educativo dello Yemen, secondo l’Unicef, un con-testo del genere comporta un impatto devastante. Anche la situazione umanitaria nello Yemen è dram-matica. Attualmente l’80% della popolazione necessi-ta di assistenza umanitaria e oltre un milione di perso-ne sono state costrette ad abbandonare le rispettiveabitazioni.

a cura di Antonio Dall’Osto

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Testimoni 4/201616

L’incontro è stato possibilegrazie alla conferenza in-ternazionale promossa a

Roma dalle rappresentanze pressole Nazioni Unite di Passionists Inter-national, Congregation of Saint Jo-seph, Augustinians International eVincentians sul tema: “Religiosi e mi-grazioni nel XXI secolo: prospettive,sfide e risposte”.Se la crisi in Nord Africa e MedioOriente sta spingendo molte perso-ne disperate a lasciare il loro paeseper venire in Europa in cerca di unanuova vita, non va dimenticato chetutto il mondo è caratterizzato daflussi migratori più o meno costanti.È infatti indubbio che le migrazionisono un fenomeno inarrestabile cheè sempre stato presente nella storiadell’uomo, causato da molti fenome-ni, positivi e negativi.Oggi milioni di persone sono co-strette a scappare dalla guerra, dallacarestia o da violenti eventi atmosfe-rici, ma da sempre uomini e donne

hanno viaggiato per cercare nuoveopportunità di lavoro, per studio,amore o per desiderio di scoperta.Superata l’emergenza, quindi, tutti cisi è detti d’accordo nel considerarela migrazione come un fenomenoche ha in sé delle opportunità e noncome un problema da respingerecon timore e alzando barriere.La tre giorni è stata aperta da un ap-passionante intervento dell’on. Ceci-le Kyenge, che svestiti i panni di par-lamentare europeo, ha preferito par-lare della sua storia personale e diquante difficoltà avesse dovuto af-frontare per arrivare e poi studiarein Italia. Tante difficoltà ma anchetanta solidarietà e, fra tanta genteche l’ha aiutata, qualcuno che l’haanche insultata semplicemente per-ché “nera” e non “di colore”, comel’onorevole preferisce definirsi.Troppo spesso le paure della gentevengono alimentate ad arte da unapolitica populista col solo scopo diaumentare il proprio elettorato.

VITA DEGLI ISITITUTI

Religiosi e migrazioni nel XXI secolo

PROSPETTIVESFIDE E RISPOSTE

Un centinaio di suore e frati, dal 22 al 24 febbraio, per laprima volta si sono incontrati allo scopo di individuare

una strategia comune e affrontare insieme i tanti problemiche caratterizzano il fenomeno mondiale della migrazione.

Complici di questa dilagante sensa-zione di “invasione” sono anche imedia. C’è una grande differenza frail numero reale dei migranti presen-ti in Italia e in Europa e quelli “me-diatici”, ci ricorda Anna Pozzi, gior-nalista di Mondo e Missione, così co-me esiguo, almeno in Italia, è il nu-mero dei mussulmani, appena il 4%degli stranieri. I media, invece dovrebbe raccontarela verità e le tante storie di solida-rietà dimostrata dagli italiani, cosìtante che, dice l’on. Kyenge, andreb-bero premiate con il Nobel per laPace a Lampedusa. Lampedusa, unapiccola isola che ha accolto negli ul-timi dieci anni 250.000 migranti (manon erano milioni?!!) e la sua gente,poco più di 6.000 persone, si è sem-pre resa disponibile e solidale. Que-sto comportamento ammirevolerappresenta al meglio lo spirito del-l’Italia, sicuramente più di quello dialcuni politici che propongono di al-zare barriere, motivando la loro po-sizione con la paura del terrorismo,delle malattie e descrivendo l’Occi-dente come detentore di una culturasuperiore. I dati, quelli reali, raccontano peròun’altra storia che nei tre giorni èstata ben spiegata. Se da un lato è in-dubbio che l’Europa continua a ne-gare che la migrazione è un fenome-no da affrontare insieme, e non da“scaricare” su pochi paesi, fra cui l’I-talia, dall’altro ci sono le persone,quelle che migrano e quelle che ac-colgono, che chiedono solo maggio-re chiarezza e un aiuto da parte del-le istituzioni.Proprio per fare chiarezza, diconoFederico Soda dell’International Or-ganization on Migration, e MaurizioFalco, del Ministero degli Interni, èbene sottolineare che l’Italia non è inemergenza, essendosi già organizzataper tempo e avendo accolto solo150.000 persone nell’ultimo periodo,contro il milione che ha accolto laGermania. L’Italia sicuramente èuno dei pochi paesi in Europa chepuò andare a testa alta per quanto hafatto per i migranti anche grazie auna buona collaborazione con le par-rocchie che, dopo l’invito del SantoPadre, hanno accolto ben 27.000 mi-granti, quasi un terzo del totale. Tan-te sono anche le famiglie che hanno

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Testimoni 4/2016 17

aperto la loro casa a coloro che neavevano bisogno ricordando a tuttiche essere cristiani oggi è anche im-pegnarsi direttamente e personal-mente a difesa dei più deboli.

—Le strane paurefomentate ad arte

E anche sul timore di far entrare deiterroristi provenienti dalla guerra inSiria, c’è da chiarire, ci dice OlivieroForti, di Caritas Italiana, che nessunoè entrato in Italia da queste zone, si-curamente più attratto da Germa-nia, Francia e altri Paesi del NordEuropa.Sulla paura di “strane” epidemie poi,non sono mai state registrate malat-tie riconducibili alla presenza di mi-granti che, comunque, devono sem-pre sottoporsi ad analisi preliminariprima di essere accolti in una qual-siasi struttura. Quindi, parlando deimigranti nigeriani, bisogna fare at-tenzione prima di dire che la Nige-ria, un paese immenso e con 170 mi-lioni di abitanti, è per il 60% in ma-no ai terroristi di Boko Haram e larestante infettata dal virus Ebola…!E oltre ai dati, poi, ci sono le perso-ne, coi loro racconti, la voce treman-te e gli occhi lucidi. Racconti pieni dipaura, che ancora attanaglia il cuore,e di morte, compagna di viaggio pergiorni, mesi, anni. Suor Monique Tarabeh, siriana,Blessing, nigeriana e Weis, fuggitodalla Somalia, ci hanno ricordatoche i migranti sono persone e nonnumeri e che nessuno si può permet-tere di fare calcoli matematici perdecidere se dare loro una possibilitàdi vivere o condannarli ad una mor-te sicura. E allora sta a noi occidentali, che inpassato siamo stati emigranti, cerca-re una soluzione per aiutare questepersone che, è bene ribadire, scappa-no, loro malgrado, da guerre, violen-ze e fame.

—La condivisionedelle esperienze

Ma ritorniamo alle persone, quelleche accolgono, poiché anche lorohanno tanto da dire e da condivide-re. Per dare loro voce, dopo gli inter-venti degli esperti, gli organizzatori

VITA DEGLI ISTITUTI

hanno pensato di creare tavoli di la-voro che aiutassero la condivisionedelle esperienze e delle proposte. Religiose e religiosi, laici e professio-nisti si sono potuti confrontare libe-ramente, cercando di ascoltare econdividere le proprie esperienze,tanto diverse e, per questo, tanto im-portanti.La mancanza di coordinamento e,quindi, di un leader è uno dei princi-pali problemi. Dobbiamo lavorareassieme, è la proposta che viene sot-tolineata da tutti i tavoli e ripetutapiù volte da suor Eugenia Bonetti.Tante, tantissime persone sono im-pegnate per cercare di accogliere itanti disperati che oggi arrivano neinostri paesi, ma tutto questo è porta-to avanti soprattutto dall’entusia-smo e dallo spirito solidaristico.Manca una struttura in grado di uni-re tutte queste forze e trasformarlein un programma che garantisca unmaggiore impatto che, tradotto, si-gnifica più persone aiutate.Manca anche formazione poiché, og-gi, non basta più la buona volontàma c’è bisogno di professionisti alta-mente qualificati come mediatoriculturali, assistenti sociali, psicologie medici. E allora, dice Andrea Stoc-chiero del FOCSIV, una Federazio-ne di settanta associazioni cattolicheitaliane, ben venga la collaborazionefra laicato e Chiesa, una collabora-zione reale e rispettosa delle diffe-renze.

—L’importante ruolodella Chiesa

Manca poi lo Stato che dovrebbesemplificare le leggi, renderle piùchiare e meno interpretabili, ricor-dando che, ad oggi, è ancora in vigo-re la cosiddetta legge Bossi-Fini. Lalegge emanata nel 2002 da sempredesta molte preoccupazioni e per-plessità come evidenziato nel Rap-porto Annuale 2006 di Amnesty In-ternational, soprattutto poiché pre-vede i respingimenti anche di coloroche, richiedenti asilo politico e ri-mandati dai Paesi di provenienza,sono a rischio di gravi abusi dei dirit-ti umani. E infine si è parlato anche dellaChiesa. Mons. Gabriele Bentogliodel Pontificio Consiglio della Pasto-

rale per i Migranti e Itineranti, haesposto le tante iniziative fatte e letante persone assistite, ma questonon è abbastanza. I partecipanti almeeting chiedono alla Chiesa di as-sumere un ruolo centrale e da leader,per definire e portare avanti un pro-gramma di accoglienza strutturato inprevisione del prossimo passo, quel-lo dell’integrazione. È la Chiesa chepotrebbe rappresentare la parte po-litica e istituzionale in grado di fareproposte concrete a un’Italia e aun’Europa forse troppo preoccupatadei conti pubblici e degli equilibrigeopolitici. Una Chiesa che, con letante esperienze accumulate in que-sti anni, è in grado di individuare unastrategia condivisa che possa coordi-nare questa grande forza in un per-corso che ci porterà ad essere una ci-viltà migliore.Le conclusioni, affidate a MaurizioMisitano della Fondazione Agosti-niani nel Mondo, hanno semplice-mente riorganizzato quanto dettodurante le giornate precedenti. L’obiettivo è quello di definire unaproposta completa che inizi col pro-muovere attività di cooperazione al-lo sviluppo, grazie alle tante ONGitaliane, in grado di contrastare i fe-nomeni che provocano le migrazionidi massa. La seconda fase deve mi-gliorare la nostra capacità di acco-glienza, coordinando, formando evalorizzando le professionalità delleparrocchie, delle cooperative socialie delle associazioni di volontariato.L’ultimo passo è quello dell’integra-zione che coinvolga enti di formazio-ne, associazioni di professionisti e ilmondo imprenditoriale poiché, fini-ta l’emergenza, questa sarà la verasfida per il futuro.

Maurizio Misitano

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nuovo alla nostra missione, rimania-mo ancorate alla fede che il beatoGiacomo Alberione e Maestra TeclaMerlo hanno avuto sin dalle origini.Nel fare memoria dei cento anni delnostro carisma, troviamo che il du-plice invito di papa Francesco: “Sve-gliate il mondo” e “siate unachiesa/congregazione in uscita”, va-da per noi associato a quanto, moltidecenni fa, ci diceva don Alberione:“L’umanità è come un fiume che vaa gettarsi nel mare della vita. Comecammina questa umanità, quale di-rezione prende, quali scelte fa?Quante volte vi domandate: dove vaquesta umanità smarrita?”

“Svegliare il mondo” è una frasesuggestiva che va sminuzzata: svegliail mondo chi vive intensamente lapropria vocazione, chi non resta fer-mo a guardare ma si mette in motoper capire meglio, per vedere conmaggiore acutezza, per guardare conlo sguardo di Dio questa umanità.Sveglia il mondo chi vive il Vangeloe riconosce i suoi “germi di novità”.

Come svegliare l’umanità? Nel con-testo socio-culturale di oggi, più chedi grandi strutture, noi dobbiamofermarci a incontrare le persone aglisvincoli della città, piantando “agilitende nei crocevia dell’umanità”(Lettera ai consacrati Scrutate). Edentro la tenda, vivere di silenzio,ascolto, preghiera. Tre vie sicure percontrastare la strumentalizzazioneche spesso oggi si fa delle parole eper risvegliare nell’umanità la consa-pevolezza di ciò che resiste/dura neltempo, ciò che dona pace e apre alfuturo, ciò che conta veramente.Noi, con la nostra vita fatta di silen-zio, ascolto e preghiera, possiamo di-re che «in questa società del parlaresenza ascoltare, dell’essere perenne-mente connesso e quindi “esposto”al chiacchiericcio, la preghiera pro-tegge la parola e combatte la bana-lità dello stesso mondo del comuni-care» (Silvano Petrosino).

—La sfidadi oggi

Mentre una grande parte della cultu-ra della comunicazione sembra asso-pita su ciò che appare, sull’immagi-

Ripercorrere i cento anni diuna fondazione è impresanon facile. Non tanto per la

scarsa documentazione esistente,quanto piuttosto perché è impossibi-le comprendere a pieno il vissuto dichi ha fondato e risalire alle incer-tezze dei seguaci della prima ora,pionieri in un’avventura affascinan-te per l’idealità, ma colma di caren-ze, forse anche poco chiara nelle fi-nalità. Altresì difficile raccontare ditutte le tappe che hanno reso “com-piuto” il centenario di una congrega-zione.

—Dal passatoal futuro

Celebrare questo evento significaguardare al passato per proiettarciverso il futuro. Era il 15 giugno 1915:tutto è iniziato nella povertà di un la-boratorio femminile. L’idea di donAlberione era precisa: “Le Figlie disan Paolo sorgevano per dedicare laloro vita alla buona stampa. E intan-

to, però, erano senza tipografia, e co-minciarono a fare camicie e mutandeper i fornitori militari”, scriveva donTimoteo Giaccardo, uno dei Paolinidella prima ora (21 giugno 1923). “LeFiglie avevano bisogno di tutto: co-minciando dall’istruzione tecnica”.Ma del resto “Il Signore aveva presodei pescatori e disse loro: d’ora inavanti sarete pescatori di uomini”(Giaccardo, 15 giugno 1924).1

Il nostro esserci da 100 anni ci fasentire piccole e disarmate, come al-lora. Camminiamo su strade semprenuove e diverse, anche se uguali nel-la sostanza: portare la carità della ve-rità a tutto l’uomo. Oggi, valorizzia-mo le reti sociali (Facebook, twitter,Istagram), perché dal 1915 siamo incammino adattandoci ai cambia-menti culturali, sociali e tecnologici.Ma da sempre salvaguardiamo la co-municazione come fatto umano, piùche tecnologico, pur essendo dentroun villaggio globale. E se l’ evolversidelle tecnologie dà un volto sempre

VITA DEGLI ISTITUTI

I cento anni delle Figlie di san Paolo

PROTESECOME ANTENNE

Noi dobbiamo essere «come antenne pronte a cogliere igermi di novità suscitati dallo Spirito Santo, e aiutare la

comunità ecclesiale ad assumere questo sguardo di bene etrovare strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti».

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ne, su ciò che non è du-raturo, noi, con la no-stra vita, possiamo direche nel mondo c’è tan-to bene silenzioso, mareale, verso cui andreb-be rivolta maggiore at-tenzione.Tante persone sembra-no disorientate e asse-tate di “essenzialità”.Noi siamo ancora chia-mate a incontrare glialtri, averne cura, pren-dere «viva parte ai tan-ti dolori che ci sono nelmondo» (Maestra Te-cla); a rendere visibilivolti altrimenti invisibi-li, dare risonanza a ciòche ha senso e importanza, senza di-sperdersi nel magma mediatico per-ché «creando comunicazione tramondi, persone, religioni, incremen-tiamo una cultura di pace» (prof.Andrea Riccardi). E se don Alberione, molti decenni faaveva dato un volto alla “donna” as-sociandola allo zelo sacerdotale(erano i primi decenni del secoloscorso e la donna non godeva dei di-ritti di cui è portatrice oggi), anchenoi oggi dobbiamo rendere visibilidrammi e problemi che assillano l’u-manità. È una nostra caratteristica:già dagli inizi venivamo spronate apercorrere sentieri inusitati per lesuore: studiare teologia, diffonderela Sacra Scrittura, prendersi curadella buona stampa, accogliere la sfi-da del cinema, trovare nuove stradeper raggiungere quell’umanità che“come un fiume si getta nell’eter-nità” (Alberione). Ma con al centrodell’operare e del pensare, sempre lapersona.Vivendo le tre vie sicure di cui sopra,dobbiamo lasciarci ferire/colpiredalla Parola per entrare nel profon-do di noi stesse, scoprire i germi dinovità che attendono di essere fe-condati, prendere coscienza delle ri-sorse che abbiamo e della strada chesi apre davanti a noi: In camminoFSP secondo il “Mi protendo inavanti” di san Paolo.La nostra missione “è prenderci cu-ra della parola”, quella con la Pmaiuscola, e quella con la p minusco-la. Nelle edizioni, nelle relazioni,

nelle corrispondenze, per noi è fon-damentale avere cura delle parole,non dette a casaccio, non dette peroffendere, per restringere le vedute “La parola anche quella senza lamaiuscola è sempre rivelatrice”,scrive Agnes Quaglini in un opusco-lo ad uso interno. «Di per sé è pocacosa, non è che un rumore, una voce,ma la parola che comunica portaun’idea, un pensiero, un sentimento,è come un ponte tra l’io e il tu, l’io egli altri. La parola umana è creatricedi comunione. Allora si fa tensioneverso, utopia dell’incontro, desideriodi contatto, di dialogo, di comunica-zione vera» (Agnes Quaglini, Comu-nicatori di un messaggio d’amore,manoscritto).Nel mondo di oggi, più che mai, fiu-mi di parole inondano le nostre case:oltre alle nostre conversazioni, la tv,la radio, i social media. È un oceanodi parole, sovente prive o quasi disenso, vuote di nutrimento e piene didistrazioni. Ebbene, in questo conte-sto di imbarbarimento/banalizzazio-ne/”brutalizzazione”/ della parolanoi Paoline abbiamo il compito diprenderci cura della Parola e delleparole. “Prendersi cura” significaguardare alla Parola con empatia, si-gnifica leggere testi di approfondi-mento della Scrittura, seguire corsi,leggere anche saggi che manifestanodubbi.La cura è un atteggiamento esisten-ziale che porta con sé emozioni, co-noscenza e genera comportamenti acui ci si può educare esprimendo sol-

VITA DEGLI ISTITUTI

lecitudine verso la Paro-la/parola.Prendersi cura è la ca-pacità di rispondere al-le necessità altrui:“Guardate gli uccellidel cielo: non seminanoe non mietono, né rac-colgono nei granai; ep-pure il Padre vostro ce-leste se ne prende cu-ra” (Mt 6).“Prendersi cura”, vuoldire stare accanto vigila-re, vegliare, custodire.“Che cosa è mai l’uomoperché di lui ti ricordi, ilfiglio dell’uomo, perchéte ne curi? (Sal 8).

Noi che ascoltiamo la Parola, siamochiamate a una tale intimità con laParola che mediante essa ci apriamoverso l’umanità. «Chiunque vogliapredicare, deve prima lasciarsi com-muovere dalla Parola e farla diven-tare carne nella sua esistenza con-creta» (esortazione Evangelii gau-dium), il che equivale a dire che laParola deve farsi esperienza di vita.«La persona consacrata trova nell’a-scolto della Parola di Dio il luogo incui si pone sotto lo sguardo del Si-gnore e da Lui impara a guardare sestessa e il mondo» (Lettera Contem-plate n. 35).

Don Alberione ci ha insegnato, findalle origini, che gli strumenti del co-municare sono dono di Dio e ci face-va dare lode a Dio per le invenzionidel progresso umano. Ci presentavala stampa come “creatura” che dà lo-de a Dio: «Queste macchine meravi-gliose divengono care e venerandecome è sacro e venerando all’orato-re sacro, il pulpito. Quanto sono bel-le le macchine destinate agli evange-lizzanti il bene. L’apostolo dellastampa buona innanzi alle macchineprova qualcosa di più che non S.Francesco quando sentiva uscire dal-l’anima l’inno a Frate Sole».Ebbene, oggi, papa Francesco, nelsuo Messaggio per la 50° Giornatadelle comunicazioni (8 maggio2016), ricorda che «La comunicazio-ne, i suoi luoghi e i suoi strumentihanno comportato un ampliamentodi orizzonti. Questo è un dono di

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Intanto la comunicazione diventasempre più un fenomeno sociale cheinteragisce con molti altri aspettidella vita. In questo contesto nasceun’attività apostolica prestigiosa inambito ecumenico, quella del Centro“Ut unum Sint” (1950), per promuo-vere l’unità dei cristiani. Per questo, promuove Missioni dellafede, edita una collana specifica Utunum sint nell’immediato pre-conci-lio (1959-1962) e la rivista ecumeni-ca Ut unum sint (1960); organizzacorsi biblici per corrispondenza(1960). (questa iniziativa, scomparsain Italia, è “rinata” in Corea, dovecontribuisce alla formazione biblicadi migliaia di persone, cattolici enon).

Le profonde trasformazioni che se-gnano la società negli anni ’60 e ’70e le novità apportate dal ConcilioVaticano II provocano anche all’in-terno della congregazione grandicambiamenti. Ma sono gli anni ’80 asegnare un periodo di rinnovamen-to, che inizia debolmente ma che vaconsolidandosi a mano a mano che siporta avanti l’impegno di animazio-ne sui valori carismatici attraversomomenti di intensa formazione: in-contri, corsi, seminari, conferenze. Intanto, però, la vita religiosa vive uncambiamento epocale: diminuisconogradualmente le vocazioni, si comin-ciano a ridimensionare le opere apo-stoliche, cresce l’inadeguatezza difronte a una società sempre più se-colarizzata. Ma per dare nuovo slancio apostoli-co, nel 1994 le Figlie di San Paolopromuovono il Progetto missionariocon l’obiettivo di suscitare una nuo-va apertura all’universalità dellamissione. Così, con lo spirito delleorigini si aprono, da quell’anno, ca-se in Africa (Sud Africa, Zambia,Costa d’Avorio, Angola, Sud Su-dan); in America Latina (Repubbli-ca Dominicana e Paraguay); in Asia(Singapore, Tailandia, Vietnam); inEuropa (Romania, Repubblica Ce-ca, Russia).

Cristina Beffa

1. Leggi anche: Cristina Beffa “I nuovi pulpi-ti del Vangelo” – Testimoni febbraio 2013,pagg. 30-33.

Dio, ed è anche una grande respon-sabilità». Il papa aggiunge: «L’ambiente digi-tale è una piazza, un luogo di incon-tro, dove si può accarezzare o ferire,avere una discussione proficua o unlinciaggio morale».

Noi dobbiamo essere «come antennepronte a cogliere i germi di novità su-scitati dallo Spirito Santo, e aiutare lacomunità ecclesiale ad assumerequesto sguardo di bene e trovarestrade nuove e coraggiose per rag-giungere tutti» (Francesco, Udienzaai partecipanti all’incontro promossodalla Conferenza Italiana degli Isti-tuti Secolari, Roma, 10 maggio 2014)

Siamo invitate a rafforzare cittadel-le in cui il pensiero e lo studio possa-no custodire l’identità umana e il suovolto di grazia nel flusso delle con-nessioni digitali e dei mondi deinetwork. Del resto, «L’accesso allarete comporta una responsabilitàper l’altro, che non vediamo ma cheè reale e va rispettato per la sua di-gnità» (papa Francesco).

—Le tappestoriche

Il già citato don Giaccardo, scriveva:«Un anno dopo l’apertura dellaScuola tipografica Piccolo operaio(Società San Paolo), ebbe inizio l’I-stituto Figlie di San Paolo che sichiamava Laboratorio femminile»(don Giaccardo, 1923).Poi, arrivò l’esperienza di Susa (22dicembre 1918), dove le Figlie dove-vano far rinascere la Valsusa, il gior-nale diocesano sospeso da 3 anni acausa della guerra. Alberione avevarilevato la Tipografia Gatti dal vec-chio proprietario e le Figlie, aiutateda un giovane della Scuola tipogra-fica, iniziarono ad essere le suoredella Buona stampa. E la gente delluogo incominciò a chiamarle Figliedi San Paolo.La gente osservava, commentava,approvava o disapprovava o respin-geva quelle suore che bussano a ogniporta. Un apostolato nuovo e unostile di vita religiosa che si discosta-va dalle forme tradizionali non tar-darono a suscitare diffidenza. Ma,nella fede e nell’obbedienza, le case

in Italia aumentavano di numero: insoli tre anni le Figlie di San Paoloerano già presenti in 11 città: Saler-no, Bari, Verona, Cagliari, Udine, Pa-lermo, Reggio Emilia, Napoli, Anco-na, Novara, Treviso.Vennero poi gli anni dell’esplosionedella congregazione con le fondazio-ni all’estero e le esperienze all’avan-guardia, come ad esempio, in Italia,l’avventura del cinema. Già nel 1939ebbe inizio la REF (Romana Editri-ce Film). Il primo film: Abuna Mes-sias, è un vero successo e alla mostradel cinema di Venezia vince il pre-mio “Coppa Mussolini”. Critiche e lamentele arrivano a donAlberione, ma lui è andato avanti e imolti altri film escono: Piccolo ribel-le, Inquietudine, Mater Dei… Nel 1952 si contavano già 50 corto-metraggi catechistici, a cui seguiran-no 10 film biblici. In seguito, con laSampaolo Film si è passati a diffon-dere pellicole di alto spessore mora-le e culturale a passo ridotto, attra-verso le agenzie presenti sul territo-rio.L’ardore delle prime sorelle si espri-me pure in coraggiose iniziative edi-toriali nel campo dei periodici. InItalia, le FSP danno vita nel 1931 aFamiglia Cristiana (che presto, tutta-via, è affidato dallo stesso Fondato-re alla Società San Paolo) e al setti-manale femminile Così, e la rivistaVia, Verità e Vita per la catechesi, af-fiancata dalla produzione di filminee dischi catechistici.Si pensi poi anche alla radio, attra-verso la quale le Figlie intravedonoun nuovo vasto campo di apostolatotra i popoli lontani dalla fede. Il pri-mo tentativo si ha in Giappone, gra-zie a don Paolo Marcellino che ottie-ne dal governo giapponese l’autoriz-zazione ad aprire una stazione emit-tente. Con il coraggio del profeta ini-zia la costruzione di un grande edifi-cio che dovrà essere la sede dellaRadio culturale nipponica. Le colla-boratrici preziose di don Marcellinoin quei primi e straordinari passi so-no proprio le Figlie di San Paolo. Es-se con incalcolabili sacrifici si sob-barcano una parte della grande spe-sa economica e soprattutto collabo-rano nel lavoro diretto con le loroprime aspiranti e postulanti giappo-nesi.

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dare il giorno in cui aveva firmato ilcompromesso per l’acquisto della ca-sa dove sarebbe andato a vivere coni primi compagni, quello nel qualeaveva pronunciato i voti, quello del-l’approvazione pontificia... È stata lagenerazione successiva alla sua a de-cidere di legare la data di fondazioneall’inizio della vita comune. Fu unascelta significativa, che mette in lucela centralità della comunità nel pro-getto missionario dell’Istituto. Euge-nio de Mazenod, fin dagli inizi, hapensato un corpo di missionari chevivessero in comunità apostoliche esi distinguessero per la carità frater-na. «Viviamo in comunità con unaregola soave… – scriveva poco dopola fondazione –. Regna fra noi lo spi-rito della carità e della più perfettafraternità. Abbiamo l’ambizione diconquistare anime a Gesù Cristo».Già durante la prima missione al po-polo notava lo stretto legame tra co-munione ed evangelizzazione: «Tranoi missionari siamo quel che dob-biamo essere, abbiamo cioè un cuoresolo, un’anima sola, un solo pensiero:è straordinario!». La memoria del 25gennaio non è dunque soltanto unadata “celebrativa”, ma un appello aritrovare quell’iniziale esigente indis-solubile legame di unità.

Il card. Parolin, Segretario di StatoVaticano, ha trasmesso al superioregenerale gli auguri di papa France-sco, scrivendo tra l’altro: «Sua San-tità si unisce a voi nel rendere grazieall’Onnipotente per le numerose be-nedizioni riversate sull’Istituto inquesti 200 anni e per i frutti abbon-danti che le vostre fatiche hannoportato. Perché possiate essere an-

«Celebro domani l’anni-versario del giorno incui, sedici anni fa, la-

sciavo la casa materna per andare adabitare alla missione… Il mio lettodi corde fu sistemato nel piccolo pas-saggio che conduce alla stanza cheserviva da camera da letto dei mieiprimi due compagni; era anche lanostra sala di comunità. Una lampa-da costituiva tutta la nostra bella il-luminazione e, quando bisognavaandare a letto, la mettevamo sullasoglia della porta perché servisse atutti e tre. La tavola era costituita dadue assi giustapposte e posate suvecchi barili. Non avevamo personulla della nostra allegria; anzi, vistoche questo nuovo stile di vita contra-stava in modo abbastanza evidentecon quello che avevamo appena ab-bandonato, ci capitava spesso di ri-derne di buon cuore. Era doverosoper me questo bel ricordo nel santoanniversario del nostro primo giornodi vita comune». Così sant’Eugeniode Mazenod ricordava il 25 gennaio

1816. Dopo la sua morte i membridella famiglia da lui fondata, i Mis-sionari Oblati di Maria Immacolata,presero a celebrare quel giorno co-me anniversario della loro nascita.

—Tempodi grazia

A 200 anni dalla fondazione è inizia-to l’anno commemorativo. Uno deitanti anniversari di una delle tantefamiglie religiose. Siamo assuefatti, ilpiù delle volte essi non hanno unaminima influenza ecclesiale né tantomeno risonanza pubblica, a menoche non si tratti di rare grandi istitu-zioni di carattere sociale. Eppure,per chi fa parte di quella famiglia re-ligiosa, in questo caso gli Oblati, lamemoria delle origini può costituireun tempo di grazia. A cominciare dalla scelta della data.Come ogni altra fondazione, anche lanostra è frutto di un processo che havisto diversi momenti significativi. IlFondatore, ad esempio, amava ricor-

VITA DEGLI ISTITUTI

Bicentenario di fondazione OMI

NON SOLOUN ANNIVERSARIO

È l’occasione per guardare avanti, rimanendo fedeli allaspinta carismatica iniziale. Occorrerà la medesima capacità

di leggere i segni dei tempi e la stessa audacia edeterminazione nell’individuare nuove vie, come la

comunità delle origini.

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cor più fedeli al carisma del vostrofondatore, sant’Eugenio de Maze-nod, vi incoraggia tutti ad approfon-dire il vostro impegno personale conGesù Cristo e ad essere uomini chetestimoniano continuamente la gioiadel Vangelo “non solo con le parole,ma soprattutto con una vita trasfigu-rata dalla presenza di Dio” (Evange-lii gaudium, 259). In questo modo sa-rete veramente co-operatori conCristo ed evangelizzerete quantihanno maggiormente bisogno dellasua misericordia e del suo amore».Parole dovute, di circostanza, agliOblati sono sembrate un autenticopersonale invito al ringraziamento ea un rinnovato impegno.Il ringraziamento sgorga spontaneoquando si guarda ai 200 anni passa-ti. Benché il Fondatore parlasse del-la sua famiglia come “piccola so-cietà”, anche noi Oblati abbiamo“una grande storia da raccontare”. Èla storia di 14.743 Oblati professiperpetui; numerazione che inizia consant’Eugenio e giunge a Jeniston Be-nedict Therispustam, un Oblato del-lo Sri Lanka, che ha fatto l’oblazio-ne perpetua l’8 dicembre 2015. Una

storia che ha portato i nostri missio-nari, fin dai tempi del Fondatore, neidiversi continenti.

—L’impegnomissionario

Nell’immaginario collettivo la primagrande epopea fu quella tra gli ame-rindiani e gli esquimesi del NordAmerica. Grazie ad essa gli Oblatifurono definiti “i missionari del PoloNord”. Fino a pochi anni fa tanti gio-vani erano attratti proprio dal rac-conto di quella prima missione, cherimane un fiore all’occhiello dellaCongregazione. Ancora negli anniOttanta un certo Giovanni Santolini,da Genova, chiese al superiore gene-rale di essere accolto dagli Oblatiper andare al Polo Nord. Fu poi de-stinato al Congo, dove ha dato la vi-ta per la missione. “Pensavo di rag-giungere una terra con 40 gradi sot-to zero – amava ripetere –, sono fini-to a 40 sopra… stesso numero di gra-di, stessa missione!”. Lo spirito e l’impegno missionaricontinuano ad animare i più di 3.800Oblati presenti in 68 Paesi. Essi rico-noscono come prioritaria ed essen-ziale l’evangelizzazione dei cristianimeno raggiunti dalle strutture pasto-rali della Chiesa e di coloro che nonhanno mai conosciuto e accettato ilVangelo. Si trovano missionari tra ipionieri delle nuove frontiere dellamissione, quali le comunicazioni so-ciali e il dialogo interreligioso. Ci so-no comunità che lavorano in am-biente completamente musulmano, esenza cura di comunità cristiane, co-me nel Sahara o nel Sud delle Filip-pine. Pio XI, il “papa delle missioni”,forse ancora oggi come allora, defi-nirebbe gli Oblati “missionari dellemissioni difficili”.

VITA DEGLI ISTITUTI

I ntorno all’anno 100 il cristianesimo siespande in modo vivace e diversificato.

Un secolo e mezzo di dibattiti approderàa un consenso sui libri canonici e su unaBibbia composta da due testamenti. Com-prendere quegli anni decisivi significamettere in luce i temi e i problemi cheaccompagneranno il cristianesimo lungotutta la sua storia.

PIERRE PRIGENT

Dalle parole di Gesùalla Bibbia

Gli anni decisivi del cristianesimo(100-250)

«BIBLICA» pp. 208 - € 22,50

www.dehoniane.it

—L’impegnoper la santità di vita

Assieme alla comunità e alla missio-ne, l’impegno per la santità era unterzo pilastro della costruzione volu-ta da sant’Eugenio. L’efficacia di un carisma si misura in-fatti anche dalla santità che suscita,prima nei membri che lo vivono, poinelle persone verso le quali si ponea servizio. Non è certamente quanti-ficabile ciò che il carisma di sant’Eu-genio ha operato nelle Chiese a cuigli Oblati hanno dato vita e che han-no servito. Anche la santità deimembri dell’Istituto rimane nel se-greto di Dio. Essa si è tuttaviaespressa nella canonizzazione delfondatore, nella beatificazione di 24Oblati e in quella di altri 7 che avràluogo quest’anno. Sono missionariche hanno fatto nascere nuove Chie-se, come Gérard, uno dei primiOblati mandati dal Fondatore in SudAfrica; sono martiri, come il polaccoGiuseppe Cebula, quelli della Spa-gna, del Laos. Tra i venerabili ci sonovescovi delle missioni indiane nelGrande Nord canadese, un asiaticofondatore di due istituti religiosicontemplativi, un Fratello oblato edaltri ancora. L’impegno alla santità siripercuote anche nell’apostolato, fa-cendo sorgere numerose case di spi-ritualità e di ritiro per i cattolici eperfino per i non cristiani, come gliAshram in India e in Sud Africa.La fecondità del carisma appareinoltre nei 46 Istituti maschili e fem-minili fondati da Oblati in questi200 anni: famiglie contemplative,congregazioni religiose, istituti seco-lari, che comprendono circa 16.000persone consacrate con voti. Nume-rosi i laici chiamati a condividere at-tivamente la vita, la spiritualità e la

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VITA DEGLI ISTITUTI

missione degli Oblati.La devozione a Maria, evidente nelnome di famiglia, si esprime anchenella cinquantina di santuari maria-ni serviti dagli Oblati in tutto il mon-do. Essi sono luoghi di accoglienza,di evangelizzazione, di rinnovamen-to e di preghiera nei quali Maria di-venta via a Cristo e modello di vitacristiana.

—Guardare avantinella fedeltà alle origini

Dopo aver invitato gli Oblati a rin-graziare per la loro storia, papa Fran-cesco li invita a guardare in avanti, ri-manendo fedeli alla spinta carismati-ca iniziale. Occorrerà la medesimacapacità di leggere i segni dei tempi,che ha caratterizzato la nascita dellaCongregazione, quando, proprio il 25gennaio 1816, sant’Eugenio insiemeai primi cinque compagni scriveva diessere «vivamente colpiti dalla pieto-sa situazione dei piccoli centri e deivillaggi della Provenza che hannoquasi completamente perso la fede»,e di avere «constatato per esperien-za che l’indurimento dello spirito el’indifferenza di questa gente rendo-no insufficienti, e anzi inutili, i soc-corsi ordinari…». Occorre la stessaaudacia e determinazione nell’indivi-duare nuove vie, come la comunitàdelle origini quando, sempre in quel25 gennaio, giunse «alla convinzioneche le missioni sarebbero il solo mez-zo con il quale si potrebbe arrivare afar uscire dal loro stato di abbruti-mento questa gente abbandonata». Ilpapa suggerisce anche la stessa mo-dalità: «impegno personale con GesùCristo ed essere uomini che testimo-niano continuamente la gioia delVangelo». Un anniversario è tempo propizioper ripensare il carisma. Non si puòpretendere di fissarlo una volta persempre; esso rimane dinamico eaperto al nuovo. Ogni generazione èchiamata a rileggere la storia delproprio fondatore e a reinterpretar-la, partecipando al suo intrinseco di-namismo, per saper leggere il pre-sente e preparare in modo creativo ilfuturo.Personalmente, quando mi vienechiesto: «Qual è il vostro carisma?»,non posso fare a meno di raccontare

la storia di un giovane, Eugenio deMazenod, che sperimenta in sé l’a-more misericordioso di Dio, manife-statosi in Cristo Crocifisso, il Salva-tore. Da lui redento si sente chiama-to a divenire strumento di redenzio-ne: cooperatore di Cristo Salvatore.Alla luce di questo mistero, con gliocchi nuovi della fede, gli occhi stes-si del Salvatore perché con lui iden-tificato, guarda alla Chiesa e la rico-nosce come Sposa di Cristo, fruttodel suo martirio. Vede il suo stato diabbandono, sente il grido di lei chechiama a gran voce i suoi figli e si di-chiara pronto a rispondere. È mossoa compassione alla vista dei poveri,per i quali Cristo ha versato il suosangue, e decide di dedicarsi ad essiper far loro conoscere, mediante ilministero dell’evangelizzazione, chiè Cristo, così da aiutarli a prenderecoscienza della loro dignità di figli efiglie di Dio. Unisce a sé altri sacer-doti e poi dei fratelli laici, con i qua-li sceglie di vivere i consigli evange-lici, sull’esempio degli Apostoli, perattuare con radicalità e pienezza lavocazione cristiana alla santità e perlanciarsi insieme nel ministero del-l’evangelizzazione di tutto l’uomo, ditutti gli uomini, specialmente dei piùpoveri e dei più abbandonati. Scopregradatamente la presenza di Marianella sua vita e nel suo ministero. Siriconosce strumento del suo amoredi misericordia per gli uomini e sisente chiamato a portare a lei, Ma-dre di Misericordia, i figli di Dio di-spersi. Con i suoi fratelli inizia così adirigersi verso coloro che più difficil-mente sono raggiunti dalla pastora-le ordinaria della Chiesa, dove altrinon vogliono o non possono andare,con uno stile di evangelizzazione au-dace, d’avanguardia, capace di apri-re vie nuove, nelle quali impegnarsifino all’estremo, senza lasciare nulladi intentato. Contribuisce così, in co-munione con le altre vocazioni pre-senti nella Chiesa, al disegno di Dio:radunare uomini e donne nella gran-de famiglia di Dio, condurre l’uma-nità verso l’unità chiesta da Gesù alPadre, così da giungere ad essere“tutti uno”.È un’esperienza che anch’io cerco dicondividere.

Fabio Ciardi

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER SACERDOTI, RELIGIOSIE DIACONI

� 19-26 mag: p. Nicola Zuinofmcnv “Annunciatori fragili egioiosi dell’Amore che salva” SEDE: Centro di Spiritualità“Barbara Micarelli”, Via Patronod’Italia, 5/E – 06081 Assisi –Santa Maria degli Angeli (PG); tel.075.8043976 – fax 075.8040750;e-mail: [email protected]

� 5-11 giu: p. Elli Michele“Canterò per sempre lamisericordia del Signore” SEDE: Collegio Oblati Missionari,Corso Europa, 228 – 20017 Rho(MI); tel. 02.932080 – fax02.93208099; e-mail:[email protected] –www.collegiorhodense.it

� 6-11 giu: mons. Marco Frisina“Esercizi spirituali” SEDE: Abbazia San Felice, Viadell’Abbazia, 1 – 06030 Gianodell’Umbria (PG); tel. 0742.90103 –fax 0742.931049; e-mail:[email protected]

� 12-17 giu: don AndrePalamides “Beati i poveri e imisericordiosi. Una spiritualitàdella misericordia per il nostrotempo” SEDE: Casa Rogate, Via Flaminia,65 – 00067 Morlupo (RM); tel.06.9072755 – fax 06.9072300;e-mail: [email protected] –www.rogate.it

� 12-18 giu: Daniel Attinger,monaco di Bose “Io sono: il Gesùdi Giovanni” SEDE: Foresteria del Monastero –52014 Camaldoli (AR); tel.0575.556013 – fax 0575.556001;e-mail: [email protected]

� 19-26 giu: don Antonio Zani“Compassione: meta dellapedagogia della misericordia” SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S.Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 20-24 giu: mons. Renato Corti“Esercizi spirituali” SEDE: Centro di spiritualità, VialePapa Giovanni XXIII, 4 – 23808Somasca di Vercurago (LC); tel.0341.421154; e-mail:[email protected]

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le nostre chiese, là dove siamo chia-mate a testimoniare innanzitutto“chi siamo”, donne consacrate por-tatrici di specifici carismi, perché ac-quisti senso quello che facciamo ecrei “contagio”.Punto di partenza del laboratorio, lanarrazione di due esperienze, unaconclusa e l’altra in atto, di affida-mento di una parrocchia a una co-munità religiosa femminile: in realtà,nel momento della programmazio-ne, si pensava di condividere una let-tura critica di questa singolare formadi “cura pastorale” per capire se po-teva essere riferimento, oggi, per unanuova “figura” di cura pastorale “alfemminile”. Ma ci siamo rese contoche quest’esperienza che ha avutoqualche attuazione tra gli anni ’80-’90 (i dati parlano di una trentina di“affidamenti” di cui non è stato pos-sibile ritrovare le tracce), oggi è pra-ticamente scomparsa o ha perso lecaratteristiche originarie di una cor-responsabilità pastorale confermatada un mandato specifico. Due, dunque, i contributi offerti anome delle loro comunità, da suorFrancesca Berton (Suore di GesùBuon Pastore-Pastorelle) e da suorPlautilla Brizzolara (Piccole Figliedei Sacri Cuori di Gesù e di Maria).

—Due i contributiofferti

Nel suo racconto suor FrancescaBerton ha ricostruito il contesto del-la presenza pastorale delle suore diGesù buon Pastore nella Diocesi diNocera Inferiore-Sarno, all’inizio delministero episcopale di mons. Gioac-chino Illiano che nell’ottobre 1987ha chiesto alla Congregazione difondare una comunità nella diocesiche esprimesse una nuova presenzapastorale di persone consacrate sulterritorio. Un’applicazione del can.517 del Codice di Diritto Canonicoche recita: – “par. 1. Quando le circostanze lo ri-chiedono, la cura pastorale di unaparrocchia, o di più parrocchie con-temporaneamente, può essere affi-data in solido a più sacerdoti, a con-dizione tuttavia che uno di essi ne siail moderatore nell’esercizio della cu-ra pastorale, tale cioè che diriga l’at-tività comune e di essa risponda da-

Nell’anno pastorale in corsoha preso avvio la nuova ri-configurazione dell’Usmi

Nazionale, resasi necessaria per ri-spondere in modo più coerente allesfide poste alla vita religiosa dai con-tinui e profondi cambiamenti in attonella società, nella Chiesa e all’inter-no dei nostri Istituti, assumendo unostile sempre più “sinodale”. Al nuo-vo Ambito Pastorale, che sostituiscela struttura degli Uffici pastorali“modello CEI”, è stato affidato ilcompito di ripensare gli ambiti diservizio, puntando al conseguimentodell’obiettivo di “promuovere un di-namico inserimento della vita consa-crata nella Chiesa in Italia” (STATU-TO dell’USMI, art. 1). Di qui una prima scelta di campo: unlaboratorio che mettesse a fuoco iltema e l’esperienza della “cura pa-storale” da parte di tante sorelle e co-munità religiose nelle chiese locali.

Prima di prendere in considerazionegli ambiti pastorali di impegno, le di-verse modalità di inserimento, lecompetenze specifiche messe in gio-co, ci sembrava importante capire in-sieme, a partire dalle esperienze con-crete, “chi” siamo e “come” ci iden-tifichiamo e siamo riconosciute nel-le chiese locali in cui ci sono affidaticompiti di collaborazione pastorale.

—Cura pastoraleal femminile

Lunedì 15 febbraio, presso la sedenazionale, si sono incontrare trentaSorelle, membri di diverse congrega-zioni e provenienti da più regioni,per iniziare un cammino di riflessio-ne che possa ridare significato alla“cura pastorale” di tante donne, co-minciando, oggi, da noi religiose maper coinvolgere e aprire un confron-to con vescovi, presbiteri e laici nel-

PASTORALE

Scelta pastorale o solo supplenza?

PARROCCHIEAFFIDATE A SUORE

Un laboratorio per capire insieme, a partire dalleesperienze concrete, “chi” siamo e “come” ci

identifichiamo e siamo riconosciute nelle chiese locali incui ci sono affidati compiti di collaborazione pastorale.

Il racconto di due esperienze.

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vanti al Vescovo.– par. 2. Nel caso che il vescovo dio-cesano, a motivo della scarsità di sa-cerdoti, abbia giudicato di dover af-fidare a un diacono o ad una perso-na non insignita del carattere sacer-dotale o ad una comunità di personeuna partecipazione nell’eserciziodella cura pastorale di una parroc-chia, costituisca un sacerdote il qua-le, con la potestà di parroco, sia ilmoderatore della cura pastorale.”.

—L’esperienzadi Nocera Superiore

Facendo riferimento soprattutto alpar. 2, nel settembre 1988 il vescovoha dato in affidamento la Parrocchiadi “San Michele Arcangelo” in No-cera Superiore la comunità delleSuore Pastorelle. Esperienza con-clusa con l’ingresso del nuovo vesco-vo nel giugno 2014.«Dare inizio a questa presenza – haraccontato suor Francesca – ha signi-ficato, sia per il vescovo che per lanostra Congregazione, percorrere,con una certa audacia, una stradanuova che ha richiesto coraggio e ri-flessione nell’approfondimento dellanozione di “cura pastorale”, espres-sione che ha avuto una complessaevoluzione e che numerosi fattori,alla luce del concilio Vaticano II, ob-bligano oggi a ripensare o meglio or-ganizzare”.Tra i fattori indicati evidenziamo:l’ecclesiologia di comunione; la con-sapevolezza che tutti i Christifidelespartecipano alla triplice missione diCristo di insegnare, di santificare e digovernare; la convinzione che tutti iChristifideles devono, quindi, coope-rare all’edificazione del Corpo diCristo; la riflessione sulla “ministe-rialità laicale”.Un’esperienza – ha ancora sottoli-neato suor Francesca – che ha offer-to un’occasione preziosa di eviden-ziare come la presenza della donnanella Chiesa vada riconsiderata e in-tegrata nella prospettiva del dinami-smo sinodale e della conversionemissionaria indicati da papa France-sco. Ma anche di dare rilievo all’im-portanza di una presenza pastoraleche sia capace di “segnare la diffe-renza” dalle altre presenze nella col-laborazione al ministero pastorale,

PASTORALE

sviluppando quelle caratteristichefemminili e quello stile di vita comu-nitaria che, partendo dalla centralitàdella persona più che dell’organizza-zione, testimonia una cura pastoraleche è servizio e non potere, che èprevalentemente dedicata alla for-mazione e a rivelare il volto mater-no di Dio per tutti gli uomini.

—L’esperienzanella diocesi di Parma

Suor Plautilla ha iniziato la narrazio-ne dell’esperienza che è in itinere,mettendo in risalto alcuni elementiche hanno facilitato l’avvio dellanuova avventura pastorale nella dio-cesi di Parma: il fatto che la Congre-gazione delle Piccole figlie dei SacriCuori di Gesù e Maria, fondata nel1865 da un prete piacentino incardi-nato a Parma, mons. AgostinoChieppi, è molto presente nella dio-cesi e che lei stessa è parmense e daanni svolge servizi pastorali a tempopieno in diocesi, oltre all’insegna-mento di teologia presso l’Istitutoteologico interdiocesano: di qui unamaggior agevolezza ad assumere ilnuovo compito e a collaborare con isacerdoti. Risale all’ottobre del 2013 la sceltadel vescovo di Parma, mons. Solmi, disperimentare, nel contesto di unanuova organizzazione delle parroc-chie, una più significativa partecipa-zione alla cura pastorale, tramite l’af-fidamento formale di una parrocchiaa una comunità religiosa femminile.«Risiedo con una mia consorella –ha raccontato suor Plautilla – pressola casa canonica di Panocchia – pae-

se di circa 800 ab. all’estremo sud delcomune di Parma – che con altri trepaesi appartenenti al comune diLanghirano forma la Nuova Parroc-chia n° 22 (in totale più di 3000 ab.).In questi due anni abbiamo cercatodi portare lo stile della prossimità, diuna casa aperta, battezzando la casa-canonica (in cui da sempre avevaabitato il prete con i familiari) in ca-sa-della-comunità, mettendo a di-sposizione ogni spazio possibile. Difatto, però, ci sono molti vincoli pa-storali, da quelli della catechesi im-postata sul modello scolastico aquelli della comunità vista unica-mente come dispensatrice di servizi… Abbiamo cercato di “investiresull’annuncio che è al cuore delNuovo Testamento” proponendo an-che incontri di lettura del vangelonelle famiglie e centri di ascolto, ren-dendoci presenti e solidali in situa-zioni di disagio e di sofferenza . Buo-na la collaborazione con i presbiteridella stessa zona pastorale, coltivan-do relazioni fraterne e incontrando-si settimanalmente per la program-mazione e la preghiera comune».

MONASTERO DI BOSE

UFFICIO NAZIONALE

PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI – CEI

CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI,PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI

XIV Convegno liturgicointernazionale

VISTE DA FUORIL’esterno delle chieseBOSE, dal 2 al 4 luglio 2016Il Convegno è aperto a tutti. Per gli stu-denti di teologia e di architettura sonopreviste agevolazioni previo contattocon la Segreteria. Traduzioni simulta-nee in Italiano, Inglese e Francese sa-ranno disponibili con un minimo di 15partecipanti per lingua. Iscrizione alConvegno entro il 25 maggio 2016. Crediti formativi professionali

InformazioniMonastero di Bose – SegreteriaConvegno Liturgico Internazionale

13887 Magnano (BI)Tel. +39 015/679.185Fax +39 015/679.294

e-mail:[email protected]

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Una presentazione attraente, cheevidenzia segnali decisamente posi-tivi, tanto da far pensare che, forse,in questa “forma di cura pastorale”potrebbe trovarsi una chiave per ri-dare senso e valore alla cura pasto-rale delle religiose.

—Una domanda cruciale:solo supplenza?

Ma è a questo punto che suor Plau-tilla ha posto una domanda che ritie-ne “cruciale” sul servizio pastoraleche le è stato affidato: «Se finora leenergie della vita religiosa sono sta-te spese come supplenza di spazi so-ciali…. oggi vengono spese in sup-plenza di spazi ecclesiali? Si procededi supplenza in supplenza o piutto-sto di profezia in profezia?».E richiamando il can. 517 par.2, co-me già suor Francesca, ha sottolinea-to soprattutto la giustificazione del-l’affidamento: “a motivo della scar-sità di sacerdoti “.«In effetti in questi termini – ha con-tinuato suor Plautilla – si esprime ildecreto con cui il nostro vescovo ciha nominate, lasciando alla prassi divedere come muoversi. Via difficilequando non c’è un mandato chiaro,quando ad esercitare una “certa” au-torità è una donna, per la consuetu-dine a identificare l’autorità con ilcarattere sacerdotale e per i vincoliche il Diritto impone». La narrazione ha aperto un ampio epartecipato confronto delle sorellepartecipanti al laboratorio, che pos-siamo sintetizzare in alcuni punti diriferimento, su cui c’è stata una con-vinta convergenza:– Suor Plautilla ha affermato che«urge dar fiato all’ecclesiologia dicomunione del Vaticano II nella qua-le far fiorire la riflessione sui mini-steri anche femminili». Ecclesiologiadi comunione indicata come catego-ria di riferimento comune sia per lavita consacrata sia per la Chiesa par-ticolare, come cornice entro la qualedeclinare le mutuae relationes e darecorpo alla realtà ecclesiale nella va-rietà dei servizi, dei ministeri e deicarismi. – Si è riconfermata, nell’intervento disuor Francesca, “la grande discrepan-za tra la novità del Vaticano II, con lesue aperture al mondo e all’apporto

PASTORALE

creativo delle donne, e una culturadel potere ancora fortemente «ma-schilista» che produce cambiamentimolto modesti e marginali”. Il Motu proprio di Paolo VI del 1972Ministeria quaedam al n. 7 affermache l’istituzione di lettorato e accoli-tato “secondo la veneranda tradizio-ne della Chiesa, è riservata agli uo-mini”, precludendo, in quel tempo,tale possibilità alle donne! Ma il per-sistere di una tale scelta non è esen-te da rischi, primo fra tutti quellodella clericalizzazione. Non è ancoratempo per un passo avanti a propo-sito dei ministeri istituiti?– Necessità di mettere a fuoco il“mandato” e non solo in vista di unaffidamento di parrocchia a una co-munità religiosa femminile, ma an-che per altri servizi affidati alle reli-giose da parte di vescovi e/o parroci.L’esperienza comune dice che moltoè lasciato all’improvvisazione e, co-munque, alle decisioni dei presbiteriresponsabili di servizi pastorali e deiparroci. Di qui una situazione di pre-carietà e provvisorietà che non favo-risce la maturazione di una corre-sponsabilità, nel segno della comu-nione e della reciprocità.– Con la collaborazione di canonisti(e non solo uomini!), indagare sel’affidamento in solidum (can. 517),può comprendere chi non è insigni-to del carattere sacerdotale. Sono soltanto alcuni riferimenti ap-pena abbozzati che vorremmo ri-prendere e approfondire, aprendoun “tavolo di studio e di confronto”a cui invitare altre presenze di reli-giose/i ma anche di presbiteri e laici,con l’accompagnamento di alcunicanonisti e pastoralisti. Non tutte lepartecipanti hanno letto il 1 febbraiosu l’Osservatore Romano, l’intervistacon suor Carmen Sammut, ripresa suTestimoni (cfr Speciale Testimoni,3/2016, p. 45), che focalizza una ini-ziativa interessante: «la creazione diuna rete fra tutte le esperte di dirit-to canonico nel mondo che non sonomolte e sono isolate. Per questo èimportante collegarsi, offrirsi reci-procamente consulenza, stimolarel’aumento delle esperte su questo te-ma …». Ci troviamo d’accordo e in-tendiamo cominciare da noi.

sr. Azia Ciairano

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER TUTTI

� 16-22 mag: don Pierrick Rio“Con Maria, guidati dalloSpirito Santo” SEDE: Foyer de Charité “MartheRobin”, Via Padre Mariano daTorino, 3 – 01037 Ronciglione (VT);tel. 0761.625057 – fax 0761.625057;e-mail:[email protected] –www.foyer-ronciglione.it

� 16-23 mag: don Giorgio Scatto“Il balsamo della misericordia:un itinerario nel Vangelo diLuca” SEDE: Casa di preghiera “DomusAurea” Figlie della Chiesa, Viadella Magliana, 1240 – 00148ROMA; tel. 06.65000069 –65004718; e-mail:[email protected] – www.figliedellachiesa.org

� 20-27 mag: p. Claudio Rajola,sj “Esercizi ignaziani” SEDE: Casa di preghiera “P. LaNuza sj”, Via Piano Torre Marroia-Contrada Sperone – 90010 AltavillaMilicia (PA); tel.091.959008 – fax091.959200; e-mail:[email protected] –www.oasispiritualitaignaziana.it

� 22-29 mag: p. Bruno Secondin,ocarm “Coraggio, alzati! Tichiama!” (Mc 10,49)SEDE: Comunità di Preghiera“Mater Ecclesiae”, Via della PinetaSacchetti, 502 – 00168 ROMA; tel efax 06.3017936; e-mail:[email protected] –www.centromaterecclesiae.it

� 30 mag – 6 giu: don UgoQuinzi “Abbiamo semprebisogno di contemplare ilmistero della misericordia”(MV, 2)SEDE: Casa di preghiera “DomusAurea” Figlie della Chiesa, Viadella Magliana, 1240 – 00148ROMA; tel. 06.65000069 –65004718; e-mail:romadomusaurea@ figliedellachiesa.org – www.figliedellachiesa.org

� 1-9 giu: p. Pier Luigi Zanrosso,sj “Gesù, maestro di vita. Unpercorso di conversionepersonale con il Vangelo diGiovanni” SEDE: Villa San Giuseppe, Via diSan Luca, 24 – 40135 BOLOGNA;tel. 051.614 2341 – fax 051.6142771; e-mail:[email protected];www.villasangiuseppe.org

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te caduta della proporzione dellefondazioni benedettine negli ultimicinque anni: 170 nuove fondazioni in14 anni, 13 negli ultimi quattro anni.Le chiusure sono state 171 in 14 an-ni (una media di 12 chiusure all’an-no) di cui 24 nel periodo 2010-2014(una media di 5 all’anno). La pro-porzione delle chiusure si è rallenta-ta negli ultimi cinque anni conside-rati nello studio, anche se resta piùforte di quella delle fondazioni.

—Benedettiniin Africa

I monasteri femminili hanno regi-strato, nel periodo 2000-2014, 34nuove fondazioni (4 negli ultimiquattro anni). Tra il 2010 e il 2014, lechiusure sono state 9, e riguardanosoprattutto le case di missione. Nel-lo stesso periodo, sono nati 15 nuovimonasteri maschili, tra i quali il pri-mo del Mozambico. Le chiusure so-no state 3.Presi insieme, i dati femminili e ma-schili indicano 49 nuove fondazioni,5 negli ultimi anni; le chiusure sonostate 12.La Tanzania occupa un posto di ri-guardo, per numero e storia, per l’e-sperienza benedettina africana. Findal 1887, la Santa Sede aveva affida-to ai benedettini di S. Ottilien l’evan-gelizzazione del sud del paese. I mo-naci, insieme alle monache di Tut-zing, hanno lasciato un segnoprofondo sulla vita religiosa del pae-se sia per le loro fondazioni così co-me per la fondazione di congrega-zioni locali. Ultimamente è stata im-piantata anche una comunità camal-dolese maschile.«Attualmente, la Tanzania contaquattro abbazie maschili, due priora-ti e numerose piccole case; ci sonodue priorati di suore benedettine diTutzing, un monastero camaldolesee due congregazioni locali di suorebenedettine che, da sole, contano piùdi mille suore! L’origine missionariadella maggioranza di queste fonda-zioni si può chiaramente riconoscerenelle attività di queste comunità, im-pegnate nelle scuole, in ospedali ecliniche, parrocchie e centri di acco-glienza per ritiri».Solo una delle quattro abbazie bene-dettine di s. Ottilien e i due priorati

Inumeri sono importanti per in-terpretare, discernere e fare veri-fica. È quanto mostra lo studio

statistico di p. Geraldo Gonzales yLima, monaco benedettino di SanPaolo (Brasile) ed economo di s. An-selmo a Roma.1 I numeri non sonoesaustivi, ma offrono opportunità diriflessione utili per il futuro.

—Andamentogenerale

Quale evoluzione hanno conosciutola confederazione benedettina e i ci-stercensi sparsi nei cinque continen-ti?A partire dagli anni ’60, il movimen-to delle fondazioni assume una for-ma decisamente superiore a quelladel periodo di fine ‘800 – prima metàdel ‘900. Negli ultimi cinquant’annici sono state cinquecento fondazionidi monasteri, tra maschili e femmini-li, ma anche numerose chiusure a li-vello mondiale. Sono eventi che mu-tano la fisionomia delle diverse fa-

miglie monastiche benedettine e illoro impatto nei continenti in cui so-no impiantate.Lo studio prende in esame il perio-do che va dal 2000 al 2014. Nel mon-do vi sono 1268 comunità benedetti-ne: 838 femminili e 431 maschili. Inquattordici anni, monache e suorebenedettine sono calate di 2861unità. Negli ultimi dieci anni, invece,i monaci benedettini sono calati di740 unità. La maggior parte delle 83congregazioni femminili e maschilihanno perduto membri, alcune an-che un terzo. Di queste solo 13 sonocresciute, e 6 sono rimaste stabili.Il periodo 2000-2014, registra 116nuove fondazioni di monasteri fem-minili, di cui dieci tra il 2010 e il2014; nello stesso periodo, le chiusu-re sono state 137, di cui 13 tra il 2010e il 2014. Sono state 54 le nuove fon-dazioni di monasteri maschili, di cuisolo 3 negli ultimi quattro anni; e 34le chiusure, di cui 11 tra il 2010 e il2014.I dati unitari indicano un’importan-

MONACHESIMO

Uno studio statistico dal 2000 al 2014

TRA CHIUSUREE NUOVE FONDAZIONIGuardare la realtà continuando a credere nel futuro.

I Benedettini leggono la loro situazione a livello mondiale.La speranza viene dall’Africa e dall’Asia.

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Testimoni 4/201628

di Tutzing hanno ancora un superio-re straniero. In tutti gli altri monaste-ri le responsabilità sono nelle manidei nativi africani. Mentre le case dicongregazioni internazionali sonogarantite dai monasteri fondatori, lesuore diocesane si trovano spessomolto isolate. Perciò, dal 2008, esistel’associazione regionale Santa Matil-de per un sostegno reciproco. Più re-centemente, la Congregazione perl’evangelizzazione dei popoli ha co-stituito una struttura benedettinad’assistenza ecclesiastica per la con-gregazione tanzaniana di S. Agnese,per rafforzare i vari aspetti di questacongregazione: Costituzioni, forma-zione, leadership, economia, relazio-ni con i vescovi. Se l’operazione avràsuccesso, potrebbe diventare un mo-dello anche per altre congregazioni.I benedettini della Tanzania hannosvolto un importantissimo ruolo didiffusione del carisma benedettinonei paesi circostanti: Kenya, Uganda,Zambia, Mozambico. E i benedettinidi Sudafrica, Zimbabwe, Namibia,Zambia e Mozambico si sono costi-tuiti in associazione (BECOSA).

—La situazionein America

Nei monasteri femminili delle Ame-riche, tra il 2000 e il 2014, si sonoavute 12 nuove fondazioni (1 negliultimi quattro anni): 10 in Americalatina e 2 negli USA. Nello stesso pe-riodo, si sono verificate 32 chiusure(3 negli ultimi quattro anni), di cui21 negli USA.Nello stesso periodo ci sono state 8nuove fondazioni di monasteri ma-schili, nessuna negli ultimi quattroanni; e le chiusure sono state 15 (6negli ultimi quattro anni).I risultati cumulativi di monasterifemminili e maschili nelle Americheregistrano 20 nuove fondazioni, dicui solo una tra il 2010 e il 2014, e 47chiusure, di cui 9 tra il 2010 e il 2014.Come si può notare, le chiusure so-no largamente superiori alle fonda-zioni (47/20). Mentre il Canada ri-mane tale e quale, senza fondazionie chiusure, gli USA assistono a mol-te chiusure e solo due nuove fonda-zioni, così come Brasile e Messico,anche se in forma minore.L’America latina, con una tradizione

monastica più antica di quella asiati-ca o africana, sembra scontrarsi condifficoltà di rinnovamento più im-portanti che in passato. «La vita be-nedettina è un fenomeno molto re-cente e, a dire il vero, non fa vera-mente parte dell’identità nazionaleall’interno delle Chiese locali, anchese alcune abbazie hanno ottenuto re-centemente una certa reputazione amotivo delle loro scuole. Tuttavia,anche questi monasteri sono moltofragili».La vita monastica non è molto pre-sente sul territorio: poche comunità,perlopiù piccole e isolate rispetto aimonasteri più vicini o alla propriacase-madre. In molti casi non c’è cheun monastero in tutto il paese, fon-dato da monaci provenienti dall’Eu-ropa o dagli USA per aprire unascuola o altri servizi pastorali o so-ciali.A fronte di una condizione della vitamonastica benedettina piuttosto in-certa e stagnante quanto a vocazioni,le condizioni dei cistercensi (OCSO)appaiono più stabili «per due ragio-ni: hanno un’idea più chiara della lo-ro identità e appartengono a un Or-dine meglio organizzato e centraliz-zato, che offre una forma più coeren-te di assistenza e di governo».L’aspetto vocazionale è centrale nel-la valutazione della situazione: mol-ti abbandoni prima o dopo i primivoti e anche tra professi solenni. Laformazione iniziale e permanente ècarente in diversi monasteri, e c’èmancanza cronica di monaci forma-tori, amministratori e adatti al servi-zio di superiori. Benché siano pro-blemi presenti in tutte le comunità,sembra che quelle maschili si riveli-no più fragili di quelle femminili, e

che le vocazioni provenienti da mo-vimenti e associazioni siano piùstrutturate.In una società in via di scristianizza-zione, la Chiesa cattolica risulta me-no dominante che in passato, mentreprotestantesimo e sette para-cristia-ne sono in crescita. Ciononostante,c’è molta vita nella Chiesa, e l’Ame-rica latina appare come il continen-te della speranza.

—Crescitain Asia

Tra il 2000 e il 2014 in Asia ci sonostate 48 nuove fondazioni di mona-steri femminili (2 negli ultimi quat-tro anni): 18 in Corea, 16 in India, 6nelle filippine, 3 in Sri Lanka, 2 altro-ve e 1 in Indonesia, Birmania e Viet-nam. Nello stesso periodo le chiusu-re sono state 19: 8 in Corea, 5 in In-dia, 2 in Giappone, 1 in Cina, Filippi-ne, Taiwan, Sri Lanka. Nessuna chiu-sura tra il 2010 e il 2104.Per i monasteri maschili, si registra-no 11 nuove fondazioni tra il 2000 eil 2014, una sola di queste dopo il2010. Nessuna chiusura nello stessoperiodo. Tra femminili e maschili cisono state 59 nuove fondazioni e 19chiusure.L’Asia è il continente con il maggiornumero di fondazioni, ma la propor-zione delle chiusure è elevata. Quan-to a numeri, Asia e Africa si bilancia-no. La Corea è il primo tra i paesifondatori, ma l’India appare essere ilpaese più vivo e interessante quantoa vita monastica. Le Filippine riman-gono un paese molto prospero di vo-cazioni, mentre Indonesia, Birmaniae Tailandia hanno da poco accolto lavita benedettina.

MONACHESIMO

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Testimoni 4/2016 29

—Europae Oceania

Nel nostro continente, dal 2000 al2014, in ambito femminile ci sonostate 21 fondazioni (2 negli ultimiquattro anni): 7 in Italia, 3 in Ucrai-na, 2 in Bielorussia, Francia e RegnoUnito, 1 in Belgio, Georgia, Repub-blica Ceca, Germania, Olanda. Nel-lo stesso periodo le chiusure sonostate 52 (7 negli ultimi quattro anni):18 in Italia, 10 in Francia, 4 in Ger-mania, 4 nel Regno Unito, 4 in Polo-nia, 3 in Ucraina, 2 in Belgio e Spa-gna, 1 in Portogallo, Lituania, Olan-da, Bielorussia, Romania.In ambito maschile ci sono state 20fondazioni, di cui 1 tra il 2010 e il2014. Le chiusure sono state 16, 3 ne-gli ultimi quattro anni.I dati femminili e maschili uniti pre-sentano un quadro di 41 fondazionie 68 chiusure.Nonostante le chiusure siano più nu-merose rispetto agli altri continenti,l’Europa si mantiene attiva, dal mo-mento che è il luogo in cui si trova lamaggior parte dei monasteri. Lo stu-dio fa notare che l’Europa dell’est èsede di sei nuove fondazioni, ma an-che in Italia ci sono numerose fonda-zioni nonostante le tante chiusure.«Il rapporto tra nuove fondazioni echiusure di monasteri in Italia è mol-to complesso poiché ci sono moltimonasteri storici con comunità mol-to piccole e anziane che sono sulpunto di chiudere e nello stesso tem-po ci sono fondazioni di piccoli mo-nasteri o case monastiche». Il fattoche la congregazione cassinese si siariunita a quella di Subiaco ha avutocome conseguenza che piccoli mona-steri cassinesi sono divenuti case di-pendenti da altre abbazie. A ciò vaaggiunto che molti monasteri fem-minili italiani non sono membri dialcuna congregazione o federazione,ma restano autonomi e direttamen-te legati ai vescovi locali.Si prevedono numerose chiusure ne-gli anni a venire in Italia, sia in am-bito maschile che femminile. Ma laquestione più importante è: «in que-sto panorama, quale può essere lavia giusta? Permettere a comunitàanziane e poco numerose di unirsiad altre per vivere una nuova realtà,o aprirsi a vie di rinnovamento,

MONACHESIMO

eventualmente cambiando posto eabbandonando vecchie strutture?». Ifatti dicono che il movimento di fon-dazione non si è spento in Europa,anche se si è molto rallentato negliultimi cinque anni.In Oceania, nel periodo 2000-2014, imonasteri femminili hanno registra-to 1 sola nuova fondazione, in Nuo-va Zelanda, e 25 chiusure in Austra-lia. Nello stesso periodo, i monasterimaschili non hanno visto alcuna fon-dazione né chiusura.A livello mondiale, il numero com-plessivo di monasteri femminili emaschili nel periodo 2000-2014 regi-stra il calo di una unità. Ma sono l’A-frica (37) e l’Asia (40) a bilanciarequesta sommatoria, visto che la di-minuzione riguarda l’Europa (-27),le Americhe (-27) e l’Oceania (-24).In ambito femminile, numerosechiusure riguardano case dipendentilegate a una missione e appartenen-ti a una congregazione benedettina.Certi monasteri sono comunità mol-to piccole, con monache anziane emalate.I paesi con maggior numero di fon-dazioni sono: Tanzania (20), Corea(18), India (16), Italia (7) e Filippine(6). Maggior numero di chiusure inAustralia (25), USA (21), Italia (18),Francia (10), Corea (8), Brasile (6) ePolonia (4). Zambia, Indonesia eBirmania hanno avuto per la primavolta una presenza di benedettine.In ambito maschile è degno di notail fatto che i benedettini si siano im-piantati in nuovi paesi: Bangladesh,Benin, RDC, Cuba, Lituania, Nami-bia, Slovacchia, Slovenia, Mozambi-co e Tailandia. Maggior numero dichiusure in USA (5), Italia (5), Fran-cia (3), Brasile (2), Messico e RegnoUnito (1). Anche per gli uomini, nu-merose sono le comunità piccole econ monaci anziani e malati. Sembrache la Cina possa divenire, a lungotermine, il futuro luogo di molte fon-dazioni.In un mondo in continua evoluzioneè inevitabile che i monasteri vivanoalcuni sconvolgimenti. Ma è soprat-tutto a partire dal 2010 che le cose sisono fatte più complesse riguardo al-le fondazioni. La causa è la diminu-zione numerica? Se questa fosse laragione, non ci si spiega come mai an-che in Africa e Asia vi è un’analoga

flessione. Bisogna pensare a una crisidella trascendenza che relativizza unimpegno contemplativo come quellomonastico? È la crisi economica chenon permette di lanciarsi in investi-menti a lungo termine? O monaci emonache non sono più inclini a rac-cogliere la sfida della fede? Tutte leipotesi sono plausibili. Certamente,fondare richiede determinazione,reale coraggio e un impegno econo-mico a lungo termine, e non tutte lecomunità sono pronte a questo.A ciò si aggiunge che la leadershipnelle comunità si rivela sempre piùcomplessa, per la difficoltà di trova-re persone disponibili a diventareabati o abbadesse. E lo stesso pro-blema si ripropone per maestri/e diformazione e responsabili dell’eco-nomia.

—I monaciCistercensi

L’ordine cistercense (OCist) ha co-nosciuto tre chiusure nel periodo2000-2014: Danimarca, Belgio, Olan-da, e nuove fondazioni in Vietnam,USA e Germania, dove proprio imonaci vietnamiti si sono resi prota-gonisti di aperture o riaperture dimonasteri.Dato molto interessante: metà del-l’ordine cistercense, tra uomini edonne, è in Vietnam (1250 su 2500)!2

I cistercensi di stretta osservanza(OCSO), o trappisti, contano 3000monaci e 1875 monache, ripartiti in172 monasteri. Nel periodo interes-sato dalla ricerca le nuove fondazio-ni sono state 13 e le chiusure 3. P. Ea-mon Fitzgerald, abate generale deitrappisti, faceva notare nel 2014 che«tra le 48 case più antiche dell’Ordi-ne (attualmente più in difficoltà) sitrovano le case fondatrici di altri 83monasteri di monaci e 54 di mona-che. Ciò significa che il sostegno dicui una casa filiale ha bisogno (intermini pastorali, formativi, econo-mici e di personale) potrebbe esseremesso a rischio».

Enzo Brena

1. Direction de l’Alliance Inter-Monastères,Bulletin n° 109, octobre 2015.

2. BENOTTI R., Viaggio nella vita religiosa.Interviste e incontri, LEV, Roma 2016, p. 44.

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Testimoni 4/201630

Al concilio Vaticano II, quando varivescovi della curia romana dissero alcard. Bea, difensore dell’ala innova-trice: «questa non è la dottrina tradi-zionale», rispose: «ma è la vita di og-gi a non essere tradizionale». Di quila necessità per essere “sale dellaterra anziché statue di sale” di sotto-porre a critica storica molti dei pre-supposti culturali che la vita religio-sa si è portata dietro da altri tempi.

«È arrivato il tempo in cui la frater-nità non dipende da un solo tipo divita comunitaria monastico-conven-tuale».

A dirlo è stato p. Maccise dopo unalunga esperienza di governo del suoOrdine. La stessa cosa disse l’ex Mi-nistro dei Domenicani, p.T. Radclif-fe. L’uno e l’altro con parole diversehanno invitato a svincolare il nucleocentrale della vita religiosa dalle so-vrastrutture per riproporre nell’oggil’essenziale, perché il mondo un po’autistico entro cui si muove, le impe-disce di dare attualità, presenza, inci-denza storica agli appelli del Vange-lo in risposta alle attese dell’uomod’oggi.Per avanzare dovremmo impararedalla scienza la cui forza non sta tan-to nel riferimento al tradizionale, alsaputo, ma al dubbio, alla ragione, al-la sperimentazione, senza distrarsi,come fa la vita religiosa, con discorsiestetici sui suoi ideali, invece di ana-lizzare in profondità la situazione».3

La vita religiosa per uscire dal postomarginale che di fatto ha, nella co-scienza collettiva della Chiesa ha bi-sogno di forme espressive rivelatricidi nuove tracce di senso che renda-no evidente la sua funzione di “se-gno”, non essendo sufficienti quelledi un tempo. Oggi è opinione diffusache ad esprimere in novità l’identitàcarismatica al di sopra dell’identitàistituzionale si arriverà attraversoforme diversificate di fare comunità.Istanze in tal senso sorgono da varieparti. Negli ultimi anni, molti Capi-toli – a mia conoscenza – si sonoespressi in questi termini: «si favori-scano nuove forme di condivisionefraterna»: sono una presa d’atto delfatto che «si sta definendo un nuovomodello di vita consacrata attorno anuove priorità».4

L’invito a «esplorare vie nuo-ve per attuare il Vangelonella storia» viene dal sino-

do sulla vita consacrata (VC 84). Poi,in Ripartire da Cristo n.121 è data lamotivazione: «oggi in modo partico-lare le persone consacrate, sono ob-bligate a porsi non pochi interroga-tivi sul senso della propria identità edel loro futuro», intendendo dire chenell’identità è insita l’esigenza di di-namicità, evoluzione, a partire dal-l’ammettere che se il nostro intimoessere è l’essere “chiamati”, è chiaroche diventi fondamentale svilupparel’attitudine all’ascolto di ciò che lastoria va dicendoci.

Perché molti degli antichi carismi fa-ticano a proiettarsi nel futuro mentrene sorgono, vigorosi, dei nuovi?

La domanda ha in sé questa risposta:usciranno dalla crisi quei carismi chesapranno vivere il momento presen-

te come fatto paradossalmente prov-videnziale e con quella alacrità chesolo un fatto nuovo può suscitare,mettendosi di fronte all’inedito libe-ri da pre-comprensioni e pre-defini-zioni che vengono da mondi che nonesistono più, consapevoli che «lenuove forme di vita consacrata sononate da gente innamorata dellaChiesa senza condizioni e tuttaviacritiche e libere dinnanzi ad ognisorta di discorso a priori».2

—Il cambio d’epocae i nuovi paradigmi

Oggi siamo in un nuovo secolo e mil-lennio che non significa soltantocambiamento di date ma, in partico-lare, cambiamento di schemi esem-plari, specialmente quelli che riguar-dano la persona, la vita religiosa, iservizi prestati, il modo di sentire l’i-stituzione, l’autorità, e i modi di ren-dere esplicita e feconda la koinonia.

VITA CONSACRATA

Risposte a nuovi interrogativi

È TEMPO DI NUOVEESPLORAZIONI

Oggi siamo in un nuovo secolo e millennio. Ciò nonsignifica soltanto cambiamento di date ma di schemi

esemplari, specialmente quelli che riguardano la persona, lavita religiosa, i servizi prestati, il modo di sentire

l’istituzione, l’autorità, e i modi di rendere esplicita efeconda la koinonia.

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Testimoni 4/2016 31

Non si nega, anzi èbene che tra le dif-ferenti modalità diessere discepoli cisia una forma cheintende vivere lacomunione in sen-so “locale” e stabi-le, ma altra cosa èidentificare la koi-nonia unicamentecon vita sotto lostesso tetto quasi adire che se c’è la se-conda necessaria-mente c’è anche la prima; oppureche in ogni caso questa sia per tuttila forma che oggi meglio visibilizzalo stare con il Maestro. È tempo allora di prendere le distan-ze da una certa concezione canonicadella “comunità” più attenta alla fi-sicità delle situazioni che alla spiri-tualità; alla forma piuttosto che al-l’essenza. Servono forme in grado diliberare i valori intrinseci da quellistrumentali, uscendo dalle strettoiestorico-giuridiche che essa stessa si èimposte. La domanda da cui partirepotrebbe essere: la vita degli aposto-li e poi delle prime comunità cristia-ne sono prototipi di vita in comuneo di vita in comunione?

È necessario prendere atto della rela-tività storica di ogni forma e che daogni crisi se ne esce solo in avanti.5

Prendo qui in considerazione tre di-mensioni da ri-esplorare, espressecon delle domande.La vita religiosa è capace di rispostaalla nuova domanda antropologica? Nell’attuale società le pratiche di fu-turo sono da ricercare anzitutto en-tro una nuova concezione dell’uo-mo. È cambiata la persona. Si è pas-sati dall’essere “sudditi” a “concitta-dini” per cui oggi l’uomo accostal’antropologia spogliata dalle strut-ture di pensiero e di potere propriedi un tempo. Per la vita religiosa sitratta di riequilibrare un pensare an-cora sbilanciato sul versante struttu-rale-gerarchico per portarsi a ricom-binare in modo creativo e responsa-bile il principio di fraternità, la qua-le per essere vera deve farsi carico diuna fraternità non di “figli” ma diuguali. Francesco d’Assisi era consa-

VITA CONSACRATA

pevole che il Signore gli avesse datodei fratelli e non dei figli.6

Questo nuovo modo di vivere la fra-ternità richiede d’essere reso forteda una espressione di autorità chefavorisca la maturazione di ognimembro, dia potere alle persone enon lo tolga, le renda autonome, leformi alla libertà e alla creatività.7 Alcentro dell’attuale cultura c’è la col-laborazione responsabile e genero-sa, non c’è la delega a qualcuno per-ché pensi e decida, ma l’individuocome principio e come valore «capa-ce di assumersi fino in fondo le pro-prie responsabilità, offrendosi perun progetto che supera gli ambiti pu-ramente individuali».Sento ricorrente questa domanda:non sarà che in questo momento dispaesamento nella vita religiosa è inaumento solo l’interesse organizzati-vo ed è in calo la capacità di darespazio alla persona tutta intera, laquale oggi più che mai fugge dal ten-tativo di essere amministrata preva-lentemente secondo finalità impostedall’alto?

Quale tipo di organizzazione istitu-zionale non è propria della vita reli-giosa?Il card.Martini ebbe a dire: «Non cistiamo forse limitando mediante ivincoli dell’istituzione che sa di bu-rocrazia e per nulla di profezia?»; epapa Ratzinger: «è tempo di menoorganizzazione e più Spirito Santo».Il termine burocrazia rimanda a unassetto istituzionale che facilmentepecca di centralismo e curialismo.Ma la vita religiosa non è un’ istitu-zione, è famiglia di Dio concepibilequale modello dì relazioni tra perso-ne e laboratorio di comunione.

L’attuale cultura si oppone a tutte leistituzioni che non sono mai statesfiorate dall’illuminismo. A partireda questo ogni giorno di più nel cor-so della post-modernità, la societànon tollera poteri autocratici o loroimitazioni più o meno camuffate. Ela religione non ha titolo per impe-gnarsi a rafforzare tali poteri, a legit-timarli o a sostenerli. Gesù si è resoconto di ciò prima dell’illuminismo elo ha lasciato detto: «Non cosìdev’essere tra voi» (Mc 10,42).Sarebbe inoltre fruttuoso esaminareanche il problema dell’uso teologico

L e antiche regole della retorica o le più

moderne tecniche di public speaking

possono essere utili, ma non risolutive per

l’omelia. Questa, infatti, è un’esperienza

nella quale chi parla entra, quasi in punta

di piedi, in un dialogo già in corso tra Dio

e i fedeli. Ciò richiede una predicazione

«simbolica».

ROBERTO REZZAGHI

La vocedella festaLa via simbolica all’omelia

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Testimoni 4/201632

del pensiero sociale contemporaneo,non per conformare le strutture del-la Chiesa a quelle della democrazia,ma per discernere in che modo lestrutture della democrazia possanoservire concretamente a creare quel-le della Chiesa8 tutta “popolo diDio”. In questo potrebbe essere uti-le riferirsi a s.Paolo per il quale nonc’è comunità senza interdipendenzadi doni. Vale a dire che in una comu-nità ognuno ha autorità sugli altri econseguentemente ognuno deve es-sere reciprocamente «obbediente»,per il fatto che questo modo di “sta-re assieme” si sorregge sul principiodella sussidiarietà e della correspon-sabilità.

La vita religiosa a quali relazionispeciali e feconde sintonie è chiama-ta? Dal Concilio in poi, viene detto chela vita religiosa non è nata per esse-re differente ma per ri-orientare lavita cristiana alle sue origini, viven-do il Vangelo come funzione criticaall’interno del contesto storico. I re-ligiosi allora non sono eroi solitarima compagni di viaggio che nella

condivisione della vita di tutti, sonoinvitati a essere buona notizia tra lagente. Questo è il dono che i religio-si/e possono e devono fare alla Chie-sa: essere sovrabbondanza di traspa-renza evangelica perché in questosta l’essenza della loro vocazionepiuttosto che nell’essere visti comepersonaggi del tempio, della legge,del diritto, delle istituzioni.9

La vita religiosa sta oggi sperimen-tando quanto sia vero che una iden-tità isolata prima o poi non reggepiù. Il card. Martini ebbe a dire: «piùnessuno è in prima fila», intendendodire che non c’è qualcuno che debbasolo insegnare, ma tutti, andando abraccetto, imparare gli uni dagli altri.Nella esortazione apostolica Evan-gelii gaudium è detto che oggi nellaChiesa «ci sono istituzioni ecclesiali,comunità di base e piccole comunità,movimenti e altre forme di associa-zione, ricchezza della Chiesa che loSpirito santo suscita per evangelizza-re tutti gli ambienti e settori» (EGn.12). Esperienze discepolari impe-gnate sia nel metodo di comunica-zione del messaggio evangelico, madi più nel ripensare il messaggiostesso nell’ambito socio-culturale incui si cala, ospitando una visione di-namica e non più statica della verità.Sono questi nuovi soggetti ecclesiali«molto appellanti non attraverso do-cumenti, dichiarazioni, teorie, maper la trasparenza di quella vita fra-terna dove lo stare assieme ha un si-gnificato di unione interiore piutto-sto che il senso locale temporale»,10

lasciando così intravedere che la koi-nonia non è legata unicamente astrutture istituzionali e che non è au-mentando la quantità dell’essere in-sieme “locale” che si approfondisceil radicalismo evangelico.

—In sintesi

Per le prime comunità cristiane l’i-deale non è stato quello di costruireuna fraternità diversa, separata, unmondo a parte alla maniera di quel-la degli Esseni, da cui Gesù prese ledistanze, ma una comunità che sa-pesse estendere a tutti l’ideale evan-gelico della fraternità. Dunque l’ele-mento irrinunciabile e caratteriz-zante la vita consacrata è la vita incomunione, quella che è data dal ti-

po di rapporti reali e dunque nonuna comunione a distanza o attra-verso relazioni scandite in incontriistituzionali, professionali, funziona-li, ma quella che si trasmette viso aviso attraverso persone felici e rea-lizzate.Allora la vita religiosa per poter esse-re presente nell’attuale esperienzastorica ha da assumere, inventare, da-re nuovi volti, nuove espressioni alladinamica simbolica della sua vocazio-ne, lasciando riemergere quella crea-tività che tutti gli Istituti hanno pos-seduto perché originati da questa, re-sistendo alla tentazione finora accon-sentita, di ricercare ancoraggi soltan-to all’interno dei propri spazi. Neconsegue che un unico modello di vi-ta comunitaria non è più possibile, ein ogni caso non proponibile per que-sta generazione attestata su nuovimodelli culturali. Allora bisogneràessere aperti a nuovi esempi di comu-nità religiosa, che oltre a visibilizzarelo stare assieme, testimonino quellafraternità, che associa l’«esperienzadi Dio condivisa, la preghiera, la ce-lebrazione comunitaria della fede edella vita, la comunicazione dei beni,la pratica comunitaria della riconci-liazione, la missione partecipata».11

La credibilità della vita religiosa fu-tura dipenderà da tutto ciò, sviluppa-to però in nuove forme sociali rispet-tose di alcune caratteristiche dellacultura post-moderna, come la riva-lutazione dell’individuo, con l’accen-to posto sull’esperienza personale, ilpluralismo, la presa di distanza daconvenzionalismi.

Rino Cozza csj

1. Istruzione sulla vita consacrata, 19 maggio2002 n.12

2. S. P. Arnold, Dove ci porta il Signore, Paoli-ne, Roma p.125.

3. F. Martinez, Dove ci porta il Signore, Paoli-ne, p.24

4. instrumentum laboris del Convegno int.2004 n.73

5. M. Guzzi,La nuova umanità, Paoline. Mila-no 2005

6. Fr. Giuliano Franzan, Incontri di formazio-ne, Camposanpiero, 31 gennaio 2016

7. M. Guzzi8. G. Lafont, La Chiesa: il travaglio delle rifor-

me, s.Paolo, Cinisello Balsamo 2012, 239-240

9. A.F. Barrajòn Utopia in sandali10. F. Ciardi, Koinonia, Città Nuova, Roma

1992, 4911. F. Martinez, Dove ci porta il Signore, Paoli-

ne, Roma p.30

VITA CONSACRATA

«Sorgentedi vita

è la bocca del giusto»

SERGIO ROTASPERTI

Il libro dei Proverbi contiene una notevolericchezza di immagini e metafore. Lo stu-

dio ne analizza alcune, a partire da quattrocategorie semantiche: il corpo, la natura, iltessuto urbano, gli animali. Alcune riflessio-ni ermeneutiche conducono all’utilizzo dellametafora nel libro dei Proverbi e al suo valo-re nella teologia biblica.

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L’Assemblea Speciale del Si-nodo per l’Asia del 1998 haaffermato che il dialogo in-

terreligioso è uno strumento “moltoimportante” nel rapporto con le al-tre religioni. I cristiani infatti, nonpossono pensare a Dio senza dialo-gare con le altre religioni. Ciò è par-ticolarmente vero, per esempio, peril Myanmar (Birmania) dove il 74%della popolazione è buddista, men-tre i cristiani rappresentano una pic-cola minoranza del 6%. Ma è veroanche in senso più ampio per il restodei paesi asiatici. In Myanmar, il dia-logo con i buddisti non è facile, ben-ché non ci siano tra le due religioniparticolari forme di violenza. Esisto-no tuttavia molte incomprensioni re-ciproche, dovute a diffidenza, dubbie pregiudizi. L’unico modo per superarle, scriveLucas Tha Ling Sum, un sacerdotebirmano attualmente impegnato perla sua tesi di dottorato presso la fa-

coltà cattolica dell’Università di Lo-vanio, uno strumento importante è ildialogo.1

Quali sono le difficoltà tra i buddistie i cristiani? Per comprenderle è im-portante partire dalle prospettivecon cui queste due religioni si guar-dano tra loro. In primo luogo il mo-do con cui i buddisti considerano icristiani. Per i buddisti il cristianesi-mo in Myanmar è una religione stra-niera. Per due ragioni. La prima de-riva dall’epoca del colonialismo bri-tannico. Benché il colonialismo in-glese sia un fenomeno del sec. 18° esia terminato con la proclamazionedell’indipendenza nel 1948, l’impattoche ha lasciato nella gente è profon-damente avvertito anche oggi. A di-re il vero, alcuni missionari eranogiunti da quelle parti ancor prima deldominio inglese, ma è stato soltantodurante l’epoca coloniale che giun-sero nel paese numerosi missionari,portoghesi, francesi e italiani. Di

ECUMENISMO

Tra cristiani e buddisti in Myanmar

UN DIFFICILEDIALOGO

Anche se non ci sono particolari forme di violenza,esistono però molti pregiudizi che risalgono all’epoca

coloniale. Ci sono tuttavia forme di dialogo che possonoavvenire attraverso la vita quotidiana. Ma per ora il

problema non è molto sentito da ambo le parti.

conseguenza, il loro stretto legamecon il colonialismo suscitò nei birma-ni una serie di dubbi, di diffidenze,pregiudizi e incomprensioni che con-tinuano a resistere anche attualmen-te. Una delle principali ragioni è ap-punto l’identificazione che ritengonoesistere tra i missionari cristiani e icolonizzatori, essendo estranea allaloro mentalità la distinzione che c’èda noi tra Chiesa e Stato. A loro pa-rere, pertanto i missionari e i colo-nialisti hanno agito insieme, manonella mano, per realizzare i loro sco-pi comuni. Per molti buddisti perciòtra essere occidentale e cristiano nonesiste molta differenza. Ed è anche laragione per cui la presenza del cri-stianesimo in Myanmar non può es-sere ritenuta, a loro parere, solo co-me qualcosa di spirituale, ma piutto-sto come una minaccia politica. Unesempio significativo di questa men-talità si è avuto in occasione del tifo-ne Nagis che si è abbattuto nel pae-se nel 2008 provocando 238.000 vit-time e danneggiando circa 2 milionie 400 mila abitanti. In quella circo-stanza, gli Stati Uniti avevano subitoofferto degli aiuti, ma la giunta go-vernativa li rifiutò per paura di esse-re politicamente influenzata. Soltan-to più tardi decise di accettarli, manon direttamente dagli Stati Uniti,bensì attraverso l’ONU.Una seconda ragione di diffidenzadei buddisti è la conseguenza dellaprima: è di carattere culturale nelsenso che il cristianesimo non fa par-te della tradizione e cultura birmana.Ad alimentare questa convinzionecooperò, per esempio, il fatto chel’architettura delle chiese, le vesti li-turgiche e le immagini nei testi di ca-techismo erano in stile straniero. E,inoltre, il fatto che i cristiani inMyanmar hanno spesso ricevuto do-nazioni e materiale di sostegno daglialtri paesi.C’è infine anche un fatto teologico:il cristianesimo ha spesso proclama-to di essere l’unica via per raggiun-gere la salvezza. Per i buddisti è unapretesa difficile da accettare. Per es-si il cristianesimo è solo una religio-ne tra le altre nel mondo, di caratte-re greco-eurocentrico. Ma pregiudizi esistono anche nelmodo con cui i cristiani guardano aibuddisti. Ci sono coloro che li consi-

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derano “pagani e superstiziosi”. Unadelle ragioni principali è che i buddi-sti, nella grande maggioranza nonadorano il Dio cristiano, ma pratica-no il culto nat (spiriti). Inoltre sonoritenuti dai cristiani come supersti-ziosi. Per esempio, se una persona siammala, essi pensano che sia posse-duta da un nat. La possessione deglispiriti, sia essa psicologica o metafi-sica, costituisce agli occhi dei buddi-sti un fenomeno reale nel Myanmar.Per questa ragione portano la perso-na da un monaco buddista perchécompia gli esorcismi. Non mancano inoltre dei cristiani iquali pensano che i buddisti debba-no convertirsi se vogliono essere sal-vati. Non è questo però il pensieroufficiale dell’insegnamento dellaChiesa, ma è frutto di una mentalitàancora diffusa in certe chiese evan-geliche nel paese.

—Il dialogo come via allacomprensione e alla pace

Secondo il documento Atteggiamen-to della Chiesa cattolica di fronte aiseguaci di altre religioni, emanatodal Pontificio Consiglio per il dialo-go interreligioso, nella Pentecostedel 1984, il dialogo non comprendesolamente lo scambio di opinioni,ma implica anche i rapporti positivie costruttivi con i singoli e le comu-nità delle altre fedi per giungere auna reciproca comprensione e a unvicendevole arricchimento. Ciò si-gnifica che il dialogo interreligiososuppone anche il desiderio di far co-noscere meglio Gesù Cristo perchésia riconosciuto e amato. Ciò fa par-te del dialogo della salvezza che Dioha iniziato con l’umanità. In questosenso, il dialogo rientra nella missio-ne della Chiesa. È importante tutta-via notare, sottolinea L. Tha LingSum, che dialogo e annuncio sonostrettamente collegati tra loro, manon intercambiabili. Il PontificioConsiglio mette in guardia controquesto errore: «Il dialogo interreli-gioso e l’annuncio, anche se si pon-gono su livelli diversi, sono entram-bi elementi autentici della missioneevangelizzatrice della Chiesa. Sonoentrambi legittimi e necessari. Sonoprofondamente correlati, ma non in-tercambiabili: il vero dialogo religio-

so presuppone,da parte dei cri-stiani, il deside-rio di far cono-scere meglio, difar riconoscere eamare Gesù Cri-sto; l’annuncio diGesù Cristo de-ve essere portatoavanti nello spi-rito evangelicodel dialogo»(77). È un atteg-giamento su cuianche la Confe-renza episcopaledell’Indonesiaha attirato l’attenzione: «La troppaenfasi posta sul dialogo corre il ri-schio di non mettere sufficientemen-te in risalto l’annuncio. Il dialogo in-terreligioso è distinto dall’annuncio,ma non può essere in opposizionead esso, poiché nel dialogo i cristia-ni testimoniano la loro fede e nel-l’annuncio incontrano rispettosa-mente negli ascoltatori della Parola,la Verità e la Bontà divina che vienedal Dio della salvezza e li conducealla conversione non solamente co-me frutto della proclamazione. È loSpirito di Dio soltanto che opera laconversione a Dio in Gesù Cristomediante sia l’annuncio sia il dialo-go interreligioso».2

È necessario perciò trovare un sanoequilibrio tra i due atteggiamenti.Secondo il documento pontificioDialogo e annuncio, il dialogo èun’esplorazione e una testimonianzail cui scopo è di raggiungere unacomprensione più profonda tra duefedi. L’annuncio, invece, è la testimo-nianza diretta del messaggio evange-lico e della fede in Cristo, e un invi-to ad accogliere quella fede. Come si può applicare questa esi-genza nel contesto del Myanmar?Bisogna evitare, scrive L. Tha LingSum, di pensare che il dialogo sia ri-servato unicamente agli esperti,mentre invece può essere praticatoin varie forme. Il Pontificio Consiglioparla di quattro generi di dialogo in-terreligioso e sottolinea come essosia possibile a chiunque e a diversi li-velli per ogni cristiano.Anzitutto il dialogo di vita che avvie-ne là dove la gente vive attraverso

uno spirito di apertura e di prossi-mità, nella condivisione delle gioie edei dolori, dei problemi e dellepreoccupazioni. In questa forma didialogo, ogni cristiano è invitato aportare lo spirito del vangelo nel-l’ambiente in cui vive e lavora: sulpiano della vita familiare, sociale,educativa, artistica, economica e po-litica. Questo genere di dialogo ha ilvantaggio che non richiede alcunaqualifica o competenza teologica. Lavita è piena di gioie e di sofferenze.Ciascuno ha l’esperienza della feli-cità e della tristezza. Ora, condivide-re la gioia o il dolore è un segno diamore, di interessamento, al di làdell’etnia e della religione. In questosenso costituisce una testimonianzaimplicita del vangelo. Questo generedi dialogo di vita è unito all’amicizia,che costituisce una delle esperienzeconcrete dell’attività missionaria.Può essere vissuto in molti posti, ascuola, negli uffici, nei luoghi di lavo-ro, nell’ambiente ecc. Siccome offreuna grande quantità di opportunità,merita una speciale attenzione.

In secondo luogo, il dialogo dell’a-zione di natura umanitaria, sociale,economica o politica in ordine allaliberazione e al progresso. Comescrive il sinodo per l’Asia, «la pro-mozione umana è una dimensionecostitutiva dell’annuncio del Vange-lo. Questo ha una particolare impor-tanza in Asia dove si trovano alcunitra i paesi più poveri del mondo edove il 50% della popolazione soffredi indigenza, povertà e sfruttamen-to» (159). «A mio parere, scrive Lu-

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ECUMENISMO

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cas Tha Ling Sum, i vescovi intendo-no dire che il dialogo dell’azione co-stituisce un mezzo efficace per testi-moniare il messaggio cristiano sottoil governo militare del Myanmar».Una terza forma di dialogo è quelladegli esperti. Richiede degli speciali-sti perché implica un profondoscambio teologico. Questa forma èpiuttosto difficile da realizzare inMyanmar oggi. «A mio parere, os-serva Tha Ling Sum, si può dire cheda ambo le parti, buddisti e cattolici,non sono ancora preparati ad entra-re in questo livello di dialogo».Infine il dialogo delle esperienze reli-giose. Avviene attraverso la condivi-sione della propria tradizione e diesperienze come la contemplazionee/o meditazione, la preghiera, la fedee i mezzi per cercare l’Assoluto oDio. Attraverso questo dialogo, am-bedue le parti possono arricchire leloro convinzioni, la loro eredità e iloro valori religiosi. Generalmenteparlando, si può dire che la gente delMyanmar è devota. I buddisti, peresempio, amano recarsi alle pagodea pregare. Sia a casa come anche nel-le pagode spesso praticano la medi-tazione. Nutrono un grande rispettodei loro monaci e delle loro mona-che. Quando un pio buddista passadavanti a una pagoda si volge versodi essa e si inchina in segno di rispet-to e di venerazione. È qualcosa dimolto simile al gesto dei cattolici chefanno il segno della croce passandodavanti a una chiesa.Quando, per esempio, i cristiani par-tono per recarsi da una città all’altrain autobus, o appena lasciano lacittà, l’autobus si ferma un momen-to e uno dei passeggeri prega per ilbuon viaggio a nome degli altri pas-seggeri e offre la giornata al Signore.Dopo proseguono il viaggio. È unfatto normale in alcune parti delpaese, specialmente nelle zone amaggioranza cristiana. Ciò indicache ci sono molti aspetti nelle espe-rienze religiose che sia i cristiani chei buddisti possono condividere.Ma, prosegue Lucas Tha Ling Sum,la cosa importante dal punto di vistapratico, per tutte le quattro forme didialogo, è che i cristiani entrino inquesto dialogo con cuore aperto esincero. Devono ricordarsi che ilpartner va rispettato e si deve dargli

la possibilità di parlare. Per sua natu-ra, infatti, il dialogo è una strada adoppio senso. Ognuno deve esseredisposto a imparare dall’altra parte.Purtroppo in Myanmar quando sitratta di religioni, spesso in moltagente si riscontrano forme di trionfa-lismo, imperialismo e superiorità, siatra i buddisti sia tra i cristiani. È unamentalità da cambiare perché costi-tuisce una vera pietra d’inciampoper il dialogo. Dal punto di vista cri-stiano della proclamazione del Van-gelo ciò costituisce un ostacolo allatestimonianza di Cristo “mite e umi-le di cuore”. Nel dialogo è estrema-mente importante non avere la vo-glia di convertire l’altro perché conquesta segreta intenzione, nessunopuò entrare in un dialogo sincero.

Nell’attuale rapporto tra buddisti ecristiani in Myanmar, conclude Lu-cas Tha Ling Sum, esiste ancora unavasta gamma di difficoltà. La primaè l’ “ignoranza” che si costata da am-bedue le parti. Ciò significa che sonopochi i buddisti e i cristiani che pre-stano attenzione quando si parla direligione.Una seconda difficoltà è che tutti ibuddisti appartengono al gruppo et-nico Barman (o burmese), mentre lagrande maggioranza dei cristiani faparte dei gruppi minoritari come gliShan, Kachin, Chin, Karen, Rakhai eKaya. Un dialogo tra i buddisti e icristiani significa perciò un dialogotra il gruppo etnico Barman e gli al-tri sei gruppi. Molti di questi proble-mi etnici sono di ostacolo al dialogoreligioso.Terza difficoltà è che il cristianesimoin Myanmar è considerato da moltibuddisti come una religione stranie-ra. Dal punto di vista buddista perciòil dialogo tra buddisti e cristiani vuoldire dialogo tra il buddismo e unareligione straniera.Una quarta difficoltà sta nel fattoche molti cristiani non sono convin-ti dell’importanza e della necessitàdi dialogare con i buddisti.Infine, quinta difficoltà, la libertà re-ligiosa è spesso limitata, almeno inalcune parti del paese. E ciò costitui-sce una pietra d’inciampo per il dia-logo.

Nonostante tutti questi ostacoli e

queste difficoltà e sfide, concludeLucas Tha Ling Sum, i cristiani inMyanmar devono lo stesso cercaredi dialogare. Come ebbe a dire giu-stamente Hans Küng «non ci saràpace tra le nazioni senza la pace trale religioni, e non ci sarà pace tra lereligioni senza un dialogo tra di es-se». In Myanmar un dialogo vero esincero è urgentemente necessarioanzi indispensabile non solo per su-perare l’attuale impasse ma ancheper costruire un clima di mutua com-prensione, di rispetto e di pace tra ilbuddismo e il cristianesimo per il be-nessere del popolo nel suo insieme.Un dialogo genuino è un mezzo pertrasformare la società e il mondo inarmonia con la buona Novella diGesù Cristo il quale vuole che tuttiraggiungano la felicità eterna.

Antonio Dall’Osto

1. Dialogue as a Path for Mutual Understan-ding and Peace between Christianity andBuddism, in SEDOS, nov. dic. 2015, pp. 236-243.

2. Peter C. Phan, ed. The Asian Synod: Textsand Commentaries, Maryknoll, Orbis, 2002.

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ECUMENISMO

La Bibbiaper la mia

primaComunione

M. THOMAS - P. BERTOLINI GRUDINA

L e storie della Bibbia, ric-camente illustrate, sono

precedute da uno spazio ri-servato alla dedica di chi re-gala il volume.«LA PAROLA ILLUSTRATA» pp. 160 - € 9,90

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India*

Sr. Lucy, la nuova Madre TeresaLo scorso 8 marzo il presidente indiano PranabMukherjee ha conferito il premio Nari Shakti (Womenempowerment) a sr. Lucy Kurien, fondatrice e direttricedel Maher, una comunità interreligiosa per le donneindigenti e abusate e i bambini di strada. In India, sr.Lucy è considerata come la nuova Madre Teresa. Ineffetti, la sua esperienza presenta molte somiglianzecon la sua. Originaria del Kerala, fa parte dell’istitutodelle Suore della Croce di Chavanod, unacongregazione sorta in Francia, nella Savoia, nel secoloXIX, e diffusa in varie parti del mondo. La storia di sr.Lucy è iniziata nel 1991 quando un giorno venne abussare alla porta del convento una donna, sposata eincinta al settimo mese, in preda a una forteagitazione, in cerca di un luogo dove rifugiarsi. Sr. Lucyle rispose che non poteva accoglierla in convento,perché la superiora era via e le disse di tornare ilgiorno seguente che avrebbe fatto il possibile peraiutarla. Poi durante la notte sentì delle grida e corsefuori. Vide quella povera donna avvolta dalle fiammeche implorava “salvatemi, salvatemi”. Il marito le avevaversato addosso del kerosene e le aveva dato fuoco.Fu portata all’ospedale ma aveva delle ustioni al 90% intutto il corpo. Morì lei e anche il feto che portava ingrembo. Sr. Lucy rimase sconvolta e come fuori di sé.Poi consigliata da un sacerdote, ritrovò il suo equilibrioe decise di aprire una casa per accogliere le donneindigenti, abusate e traumatizzate, una struttura dovefossero curate e amate, indipendentemente dalla lororeligione o casta. Chiese il permesso alla suaprovinciale di uscire dalla comunità per dedicarsi aquesto progetto. «Non fu facile», disse. La suacongregazione le fece firmare un memorandum in cuidichiarava che avrebbe continuato ad appartenereall’Istituto, ma che questo non si assumeva nessunaresponsabilità per la sua iniziativa». Inoltre, che nonavrebbe più dovuto indossare l’abito dellacongregazione.«Io, disse, volevo vivere come avrebbe vissuto Gesù». Il2 febbraio 1997, con l’aiuto di alcuni laici, e inparticolare di un musicista austriaco, poté avviare lacomunità Maher (casa della madre), nel distretto diPune, nello stato del Maharashtra. «Fin da quando erogiovane, disse, mi sentivo molto emozionata dall’operadi Madre Teresa e volevo fare qualcosa di simile allasua». Da allora sono state accolte più di 2.000 donnee altrettanti bambini di strada. «Alle donne, hadichiarato sr. Lucy, viene offerto un trattamentomedico e una consulenza psicologica. Una volta che sisono riprese, lavoriamo su ciascuna di esse secondo iloro bisogni e le circostanze». Ai bambini invece vieneofferta la possibilità di andare a scuola, di istruirsi eimparare un mestiere. Tutte queste persone sonoseguite da uno staff altamente specializzato, costituitoin gran parte di donne, mentre il personale direttivo è

costituito da persone di religione indù, cristiana,buddista e musulmana, cioè da individui che credononel divino. La Maher oggi è presente negli stati indianidel Jharkhand, Kerala e Maharashtra e gestisce 38 casedi breve o di lunga permanenza: attualmente ospita830 bambini di strada e 320 donne indigenti. Ma ildesiderio di sr. Lucy è di diffondere anche altrovequesto suo progetto. Purtroppo ha affermato, citandole parole del Vangelo «“la messe è molta ma gli operaisono pochi”, la nostra difficoltà a espanderci, non èdovuta tanto al denaro, ma alla mancanza di personeche si sentano coinvolte. La mia preghiera perciò per ilfuturo è che il fuoco dell’amore abbia ad accendere icuori di altre persone e ispirarle a unirsi a questaopera vitale».

Malaysia*

Proselitismo musulmano nelle scuole missionarieIn Malaysia, dove i musulmani rappresentano il 60%della popolazione, seguiti da un 19% di buddisti, un 9%di cristiani e un 6% di induisti, è in atto una striscianteopera di proselitismo musulmano nelle scuole cristiane,cominciando da quelle materne, per cercare diconvertire all’islam gli studenti. A denunciare il fatto èsr. Rita Chew della commissione per l’educazione delladiocesi di Kota Kinabalu, situata nella zona orientaledell’isola di Borneo. In Malaysia ci sono 448 scuolecristiane missionarie: 228 si trovano in questi due statidella Federazione, Sarawak (130) e Sabah (98). Sonoscuole che la gente ritiene di “eccellenza” rispetto aquelle governative, perché offrono una educazioneaperta, equilibrata e ricca di conoscenze,indipendentemente dalla religione o dal gruppo etnicodegli alunni. Ed è quanto i genitori desiderano per ilori figli. Nel paese ci sono tre tipi di scuole: quellegovernative, quelle sussidiate dal governo e quelleprivate. La maggior parte delle scuole missionariegodono dei sussidi del governo. Le chiese mantengonola proprietà e curano l’amministrazione. Se hanno deicandidati qualificati per la carica di preside, lipropongono al governo, ma questo privilegio, affermasr. Chew, sta poco alla volta venendo meno. I genitori,compresi i musulmani o di altra religione, quandoscelgono la scuola per i loro figli, si rivolgono inmaggioranza alle scuole missionarie, con grandedisappunto del governo. Ed è questa la ragione per cuisi sta intensificando il proselitismo tra gli studenti.Come ha dichiarato sr. Chew all’agenzia Uca News, lescuole governative hanno un orientamento pro-malesiano e musulmano, e sono dominate da una solacomunità. Molti genitori cristiani sono preoccupati diquesto proselitismo. Alcuni lamentano che i loro figlisono obbligati a imparare le preghiere musulmane,oppure a prendere i pasti secondo la tradizionemusulmana. «Ci sono delle persone – ha affermato sr.Chew – che sembrano molto interessate a

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Testimoni 4/2016 37

promuovere programmi islamici nelle nostre scuoleelementari». Questa azione rientra in un progetto piùampio che mira soprattutto a islamizzare i due stati diSarawak e di Sabah, dove i cristiani rappresentano unabuona percentuale della popolazione e dove appunto sitrova la maggior parte delle scuole cattoliche.

Londra*

Una realtà ormai mondialeIl fenomeno della tratta delle donne e del traffico deibambini ha assunto una dimensione mondiale Si ritieneche oggi circa 73 milioni di persone siano vittime diquesto aberrante fenomeno, che colpisce l’1% dellapopolazione mondiale, di cui il 70% donne, la metàdelle quali sedicenni o con un’età inferiore. Per cercaredi contrastarlo, nel 2004 è stata creato un organismoche ha assunto il nome di Talita Kum – le parole diGesù quando richiamò in vita la fanciulla morta di cuici parlano i Vangeli – una rete in cui operano circa1.100 suore cattoliche di ogni parte del mondo, epresente in 80 paesi. Ma la domanda di combatterequesto fenomeno è in continua crescita e presto larete si estenderà a 140 paesi del mondo. Il presidentedi questo organismo è John Studzinki, un banchierefilantropo americano, vice presidente della bancastatunitense di investimenti, Blackstone Group. Lo scorsoautunno, si è tenuta la Conferenza annuale TrustWomen (fiducia alle donne) ospitata dalla ThomsonReuters Foundation, con sede a Londra, che si occupadella difesa dei diritti umani, di un libero giornalismo edei diritti delle donne e la legalità. Vi hanno presoparte 550 leader di 50 paesi inclusi Brasile, Australia,Cina, India, Kirghizitan e Svizzera. Parlando dei casiriguardanti il traffico e la schiavitù, Studzinki ha definitohorrific, raccapricciante, il trattamento riservato adalcune vittime. Ha detto: «Non sto facendo delsensazionalismo, voglio dire che questo nostro mondoha perso l’innocenza.... ci sono in esso all’opera leforze del male». Ha citato alcuni episodi sconvolgenticome il caso di prostitute lasciate senza cibo per unasettimana intera e costrette a mangiare i loro rifiutiorganici perché non riuscivano a fare sesso con 12clienti al giorno. O un altro episodio estremo,riguardante una donna obbligata a offrire prestazionisessuali a un gruppo di 10 uominicontemporaneamente.Studzinki ha poi aggiunto che le suore che cercano dicombattere questo fenomeno della tratta e del trafficodei bambini, sono disposte a tutto per riscattarequeste donne, spesso anche travestendosi da prostitutee andando sulle strade. Si recano dovunque ci sonodonne bisognose di riscatto. Ma agiscono nel segretoperché non si fidano di nessuno: né del governo, nédelle corporazioni, né della polizia del luogo e in alcunicasi nemmeno del clero. Vanno anche nei bordelli, manessuno sa che sono là. Le suore si occupano anchedel riscatto dei bambini che vengono venduti dai loro

genitori. Raccolgono del denaro per comperarli perchénon finiscano nelle mani dei trafficanti. Per loro hannocreato una rete di asili in Africa, nelle Filippine, in Indiae Brasile. «È una cosa scioccante, ha affermatoStudzinki, ma vera». A volte le suore, ha aggiunto,depongono il loro abito religioso per poter farsiassumere nelle catene di approvvigionamento per 2centesimi di dollaro USA all’ora per scoprire gli abusi.La Conferenza annuale Trust Women si propone ditrovare delle soluzioni per la difesa dei diritti delledonne e per combattere la schiavitù sul pianomondiale. Alla riunione dello scorso autunno hannopreso parte corporazioni di carattere mondiale,rappresentanti governativi e pionieri in questa lotta. Sicalcola che l’evento abbia raggiunto 65 milioni dipersone attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Vaticano*

La Chiesa nel mondoSecondo i dati dell’Annuario pontificio 2016 edell’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2014, a curadell’Ufficio centrale di statistica della Santa Sede, icattolici battezzati nel mondo sono circa 1 miliardo e272 milioni. L’Europa è sempre meno il punto diriferimento, il baricentro della Chiesa si sta sempre piùspostando verso l’Africa e l’Asia, dove il cattolicesimoè in pieno sviluppo. Complessivamente i cattolicirappresentano il 17,8% della popolazione mondiale.Mentre la loro presenza è cresciuta in Europa appenadel 2%, l’Africa è il continente dove il numero deibattezzati è invece in forte crescita (215 milioni nel2014), ad un ritmo pari a più del doppio di quello deipaesi asiatici. Il numero dei sacerdoti diocesani ereligiosi è passato da 406.411 nel 2005 a 415.792 nel2014. A guidare la classifica sono l’Africa (+ 32,6%) el’Asia (+ 27,1%), mentre in Europa si è avuta unadiminuzione dell’8%. I sacerdoti diocesani sonocomplessivamente in crescita, mentre i religiosi sonoinvece in declino nelle Americhe, in Europa e inOceania. Il numero dei seminaristi maggiori (diocesanie religiosi) passa da 114.439 nel 2005 a 120.616 nel2011, ma scende a 116.939 nel 2014. La diminuzionedegli ultimi tre anni ha riguardato tutti i continenti, adeccezione dell’Africa che ha conosciuto una crescitadel 3,8%. In forte crescita sono i diaconi permanentiche sono passati da circa 33 mila nel 2005 a quasi 45mila nel 2014 (+ 33,5%). Il fenomeno è molto vivo inEuropa e in America, mentre è quasi sconosciuto inAfrica e in Asia. Le religiose professe nel 2014contavano 682.729 unità, per il 38% presenti in Europa,seguite dall’America con 177 mila e dall’Asia con 170mila. Sul totale mondiale, le religiose in Africa e in Asiasono passate dal 27,8% al 35,3% mentre la loropresenza si è ridotta in Europa e America, passandodal 70,8% al 63,5%.

a cura di Antonio Dall’Osto

brevi dal mondobrevi dal mondo

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I

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VOCE DELLO SPIRITO

PERCHÉ CERCATE TRA I MORTICOLUI CHE È VIVO?

Il vangelo di Marco ci consegna un Dio straziato, de-riso, sfidato e impotente sulla croce: Dio disperatamen-te abbandonato da Dio. Dio che non si schioda e nonsi manifesta nella sua potenza, anche se avrebbe potu-to farlo. E il centurione, che è romano, un pagano, cre-de per questo, perché ha visto morire quest’uomo finoin fondo, in quel modo! La risurrezione non può checominciare daquesto punto: dalcadavere di cuiparla la relazionedi questo centurio-ne a Pilato, rap-porto che confer-ma che Gesù è ve-ramente morto, fat-to proprio dal te-stimone della suanatura divina: «Ve-ramente quest’uo-mo era Figlio diDio!». Sulla basedel rapporto delcenturione, Pilatoautorizza Giuseppe d’Arimatea a prendere il cadaveredalla croce e a porlo nel suo sepolcro. Ecco il luogo do-ve l’avevano posto, ma ora la pietra all’ingresso, benchémolto grande, era rimossa... Quella pietra rotolata viasegna il confine tra il Dio abbandonato e il Dio chescende giù dalla croce. Quella pietra rimossa segna ilconfine tra un Dio agonizzante e un Dio che risorge.Così Marco testimonia che il Cristo crede in noi fino amorire, fino a non considerare un tesoro geloso la suauguaglianza con Dio, fino a privarsi della sua potenza,fino a sentirsi abbandonato da Dio, come accadde aGiobbe, come accade a noi nella sconfitta e nella di-sgrazia. La pietra rotolata segna il confine tra Gesù abbando-nato sul legno della croce - dolore inspiegabile e assur-do - e la risposta definitiva d’amore che Dio Padre vuo-le dare alla nostra umanità. Non è sceso da quel legno,ma si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte incroce. Se la croce è la discesa di Dio nel dolore dell’uo-mo e nell’esperienza drammatica della morte, la risur-rezione è l’ascesa dell’uomo con Cristo alla luce defi-

nitiva di una vita senza tramonto.La pietra rotolata e il sepolcro vuoto sono le immaginistampate negli occhi dei discepoli pavidamente scappa-ti nell’ora della prova, trasformati in eroici annuncia-tori di una verità straordinaria: daranno la propria vi-ta per poter testimoniare quello che hanno visto.È come se con una semplicità disarmante dicessero a

ognuno: «È vero!Noi lo abbiamo vi-sto risorto. Proprionoi che lo avevamotradito, abbando-nato, che non ave-vamo capito nientedi quello che ciaveva detto, noi orasiamo qui a dirviche aveva ragionelui. Certo, è difficilecredere in quelloche noi vi annun-ciamo, ma questa èla verità, l’unica ve-rità. E, dal momen-

to che ha cambiato le nostre vite e ci ha ridonato spe-ranza e gioia, non possiamo non annunciarvela».«Pace» è la prima parola dopo la vittoria sulla croce.Una parola chiave, che descrive la nuova condizionedell’uomo di fronte a Dio. «Pace» come esperienza or-mai stabile e definitiva tra il cielo non più nemico e laterra non più provvisoria.Il Risorto porta le piaghe stampate nel suo corpo, eter-namente, come certezza di una salvezza che viene dal-l’Alto e come via di conoscenza del suo amore compas-sionevole che la croce sigilla. Nasce la pace non comequiescenza delle possibilità e delle domande umane, macome condizione vivificante di una nuova umanità che,non più prigioniera della morte, vive la gioia della spe-ranza e la certezza che, con la morte, la vita non è tol-ta ma trasformata. «Pace a voi! Come il Padre ha man-dato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21).

a cura di Gennaro Matinoda La tenerezza di un Dio diverso

EDB, Bologna 2015

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Testimoni 4/2016 39

SPECIALE Testimoni

La vita consacrata in Europa è una realtà comples-sa, multiforme, ricca di una grande storia e con fe-conde risorse per il futuro. Nonostante tutto, que-

sto è tempo di gratitudine e stupore per la vita consacra-ta, di speranza e nuova profezia come ha detto PapaFrancesco nella Lettera ai consacrati (21/11/2014; citere-mo LC). Essa pulsa ancora, in misura ampia, di diaconiagenerosa e di intercessione, di interiorità e ascesi, di con-templazione e trascendenza, ma anche di prossimità esolidarietà, di martirio e parresia. Ma che ci sia anche “crisi” nella vita consacrata europeaappare certo. Il problema è interpretarne le ragioni e lecause, perché non ovunque la crisi ha la stessa faccia. InEuropa Orientale i dati sono migliori che nell’EuropaOccidentale: comunque in due decenni i religiosi in Eu-ropa sono diminuiti di oltre un terzo (siamo circa 250 mi-la). Non dimentichiamo che il 70% di essi si trova in cin-

que paesi Italia, Spagna, Francia, Polonia, Germania. Non compensano le perdite le vocazioni in crescita nel-l’Est Europa: sempre numeri bassi restano, e il futuronon è del tutto privo di problemi. Ma anche lì si pongo-no problemi di sensibilità ecclesiale e di secolarizzazio-ne in espansione. Devono vivere i cambiamenti e la glo-balizzazione con più rapidità di quanto ha fatto l’Occi-dente, dove i cambiamenti sono avvenuti nell’arco di ol-tre 60 anni. È frequente e diffusa nell’Europa occidentale una certa“apologia del declino” (chiamata carismatica ars morien-di). L’impoverimento numerico e di motivazioni ha pro-vocato precarietà e spaesamento: incerti e spaesati, no-madi in un mare di nebbia, i religiosi appaiono una fol-la di zombi nascosti nelle loro nicchie. Nell’Europa cen-trale e orientale la sfida è il discernimento vocazionaleserio, e l’urgenza di inventare un nuovo modello (o più

17a ASSEMBLEA GENERALE DELL’UCESM

Sfide attualidella VC in EuropaSiamo chiamati ad abitare gli orizzonti, ad esplorare cammini, nonsemplicemente a riciclarci, tanto per sopravvivere. In questa nuova

Europa dallo Spirito siamo chiamati a dare testimonianza evangelica,trasparenza di Dio, attrazione verso Cristo e il Regno promesso.

Chi non anticipa il futuro, non troverà posto nel futuro.

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modelli) di vita consacrata, in dialogo con l’ethos cultu-rale, ma anche fermentati da passione profetica e auda-cia evangelica. Per ora in realtà prevale il contrasto del-la differenza, e scarseggiano modelli originali. E sembrache la lunga tragedia della “glaciazione rossa” (i regimicomunisti) non sia stata seguita da una creatività genia-le, come frutto del martirio e della fede raso terra. E ilboom vocazionale sta già diminuendo, con il progrediredel benessere.In ogni caso e in ogni contesto, mai deve mancare l’ori-ginalità dello splendore evangelico che abita in noi. Van-gelo, sequela, comunione, testimonianza, devono diven-tare ostinazioni, poli irrinunciabili. Nella fase attuale for-se è l’anima profetica ad essere malata: manca il sognoe l’inquietudine. Non è segno positivo che il futuro dapromessa diventi minaccia. Mancano anche nuove proposte teologiche sulla vitaconsacrata: sia ad est che ad ovest. Certo di teologia neabbiamo già avuta tanta in questi anni, e di buona qua-lità.1 Questa afasia di novità ispirativa indica che mancaun vissuto geniale e inventivo, da interpretare e tematiz-zare: le proposte teologiche rischiano di essere esercizidi gnosticismo... E quindi manca ai teologi la materia pri-ma e grezza su cui lavorare. E la “teologia della vita con-sacrata” non può che ripetere il passato prossimo o, peg-gio, “fantasticare” soluzioni miracolose e distopiche(verso altrove)... o idolatrare modelli deculturati del tut-to sterili e obsoleti. Bisogna passare dalla efficienza edall’orgoglio delle opere e dei numeri al primato dei se-gni e della comunione nell’ottica della compassione so-lidale e all’interiorità persuasiva.

1. Tra receptio e renovatio

Il rinnovamento postconciliare è stato un periodo di in-tensa attività sia di esplorazione che di rielaborazione.Non è facile trovare in altri gruppi della Chiesa qualco-sa di simile al vasto cantiere di aggiornamento realizza-to dalla vita consacrata, con prolungato impegno e par-tecipazione di tutti. Questo fatto acquista più rilievo se si pensa che il tem-po della receptio dell’evento e delle direttive del Conci-lio Vaticano II non è molto esteso. Poco sono 50 anni inparagone con i 4 secoli che ci sono voluti per attuare pie-namente il Concilio di Trento. E per la vita consacrata sideve rilevare che vi hanno fatto da protagonisti non tan-to i decreti di riforma quanto una diffusa creatività, unapassione ecclesiale e storica che è esplosa anche in “nuo-ve forme” di vita.2

La receptio del rinnovamento del Vaticano II è stata po-licentrica e multiculturale, dentro una situazione cultu-rale in rapida mutazione globale, ma anche – in un pri-mo momento – senza l’apporto originale dell’est Euro-pa (congelato nei regimi atei). È stata una esplorazione di vie nuove: luoghi di presen-za inediti e metodi di pastorale a rischio, sostenute da so-lide teologie interpretative dell’identità della vita consa-crata e riletture delle ispirazioni carismatiche iniziali. Maanche relazioni intraecclesiali in spirito di sinergia e dia-logo con i contemporanei per riconoscere e interpretare

inquietudini e nuove sensibilità. È stata una rielabora-zione del patrimonio che costituisce l’identità specificadi ogni istituto. Quello che il codice definisce: “L’inten-dimento e i progetti dei fondatori, sanciti dalla compe-tente autorità della Chiesa, relativamente alla natura, alfine, allo spirito e all’indole dell’istituto, così come le sa-ne tradizioni” (can. 578).Non si tratta solo di testi scritti e rilettura di memorie ar-chivistiche, ma anche di nuove ermeneutiche, sia teoricheche esistenziali, di nuovi percorsi per dare realtà ai nuo-vi discorsi: e vi hanno partecipato mentalità e sensibilitàecclesiali non solo europee. Per questo, quando la cadutadei muri che segregavano nell’invisibilità e incomunica-bilità l’est Europa ha reso possibile reincontrarsi con i fra-telli e le sorelle a lungo rimasti occultati, è esploso il dis-senso e la resistenza da parte loro. Non avevano condivi-so quel travaglio, e si sono sentiti trascinati in un mondoa loro sconosciuto e assurdo: un tradimento dei loro so-gni e dei loro fondamenti. E il rifiuto permane ancora.E tutto questo in un mondo in continua e rapida muta-zione, tanto da rendere presto vecchia la stessa Gaudiumet spes, il testo conciliare più aperto. Cito alcune datefondamentali dei cambiamenti epocali: 1968 (maggiofrancese), 1989 (caduta del muro di Berlino), 2001 (letorri gemelle), 2008 (la crisi economica). Tutti eventi sto-rici che hanno costretto a nuove sfide e nuove strategie.E inoltre, per la Chiesa, il cambio dei Papi, con le lorodifferenti sensibilità nelle opzioni pastorali e nello stiledi testimonianza. Possiamo dire che il XX secolo è statolungo nella Chiesa e si è chiuso davvero solo con le di-missioni di Benedetto XVI.

2. Con le periferie nel cuore

Ora con papa Francesco si ha l’impressione che sia aper-ta una nuova fase di receptio conciliare. Siamo spinti ariaprire il dibattito sulla povertà evangelica come tipicaforma Ecclesiae e come forma Christi. Siamo di continuosollecitati soprattutto a ritrovare l’arte della prossimitàe della carità verso gli ultimi in un contesto di indifferen-za globalizzata.3

Chi più dei religiosi può sentirsi interpellato da questainsistenza sulla evangelicità di vita e sulla passione ser-vizievole per ogni emarginato? È come se papa France-sco rilanciasse più avanti, dentro questa nostra storia everso le periferie esistenziali, le capacità evangelizzatri-ci operanti nella Chiesa. Egli chiede di vivere come Chie-sa in uscita - e magari anche incidentata - abbandonan-do pigre posizioni acquisite. Sollecita a riconoscere, ser-vendo e contemplando, la carne di Cristo nel povero enell’emarginato. E questo proprio quando l’anemia diforze e l’anomia di modelli-guida potrebbero favorire in-vece tra i religiosi un ritiro prudente su posizioni acqui-site e l’esercizio della manutenzione senza rischi, salvan-do il salvabile. Egli scuote ripiegamenti e tristezze, chiu-sure e mani stanche. “Svegliate il mondo!”, ha detto aisuperiori generali.La vita consacrata ha nella diaconia fra i poveri e i fra-gili una storia gloriosa, ricca di santità e di profezia. An-che negli ultimi decenni non ha mancato di tentare fra-

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ternità solidale e diaconia ingegnosa e intraprendente inmezzo alle nuove povertà, in tutte le periferie. Forse og-gi l’intraprendenza può sembrare un po’ meno vivace,ma resta vero che questa è una delle caratteristiche datutti ammirata. Si tratta semmai di rischiare nuovi desti-natari e nuove frontiere, esplorando ancora con audaciadentro gli scarti della storia, fra i reietti sociali, fra le mil-le forme di volti sfigurati e di dignità calpestate: “Mar-cati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vi-vificare, sollevare, guarire, liberare” (EG 273).Le opere di tutti i generi sono lì a testimoniare una sto-ria gloriosa, frutto di una capacità mai stanca di sporcar-si le mani, di mettersi in gioco, di inventare percorsi diguarigione e liberazione, di promozione umana e prossi-mità evangelica. Le variegate ferite degli ultimi spessosono diventate feritoie per vedere oltre e più ampiamen-te, e hanno generato le forme di diaconia, per coscientiz-zare i distratti davanti al groviglio delle ingiustizie, peroffrire il balsamo della solidarietà e della tenerezza, del-la dignità e della speranza a chi non ha mai conosciutorispetto e fraternità. La crisi delle nostre “opere di misericordia” – così nume-rose e storicamente importanti, anche per la storia dellacivilizzazione – ci sta ponendo problemi seri per il futu-ro. Ci sentiamo sparire il terreno sotto i piedi, perché at-traverso di esse pensavamo che avevamo dignità e dirit-to ad esistere, a sentirci Chiesa, a rivendicare diritti e uti-lità. Con la loro sparizione sparisce un certo modello divita consacrata, un modello ecclesiale, una storia di ca-rità, di servizi, di intraprendenza anche femminile che cimanda tutti in tilt. Abbiamo forse confuso la testimo-nianza della carità con l’organizzazione di “onerosi ser-vizi sociali”. Molti trasferiscono quel modello, ormaiusurato e sfocato in Occidente - dove è nato e si è con-solidato - verso altri luoghi meno evoluti. Ma anche lìprima o poi ci si troverà fuori gioco: non tanto perché leopere di misericordia diventino inutili, ma perché il mo-dello standardizzato non regge più (cf. Brasile). Bisognainventarne altri, in risposta ai nuovi bisogni, alle nuovesfide, alle nuove emergenze: ma anche in sinergia con lenuove corresponsabilità, le nuove disponibilità. Non riduciamoci alla conservazione miope e ammini-strativa di quello che già facciamo. È quanto suggeriscepapa Francesco: “Aspetto da voi gesti concreti di acco-glienza dei rifugiati, di vicinanza ai poveri, di creativitànella catechesi, nell’annuncio del Vangelo, nell’iniziazio-ne alla vita di preghiera. Di conseguenza auspico lo snel-limento delle strutture, il riutilizzo delle grandi case infavore di opere più rispondenti alle attuali esigenze del-l’evangelizzazione e della carità, l’adeguamento delleopere ai nuovi bisogni” (LC II,4). Questa frase, moltorealistica, è incorniciata da un invito iniziale a “creare‘altri luoghi’ dove si viva la logica evangelica del dono,della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’a-more reciproco” (II,2).

3. Schengen in bilico, e oltre...

In Europa si sta arrivando ad una decisione molto peri-colosa. La proposta in atto di sospendere la libera circo-

lazione delle persone fra gli stati europei (il famoso trat-tato di Schengen), non rivela solo l’esasperazione dellapaura verso i nuovi migranti, la minaccia apocalittica eincontrollabile del terrorismo islamico, ma anche la chiu-sura entro vecchie identità che rischiano il meticciatosenza essere preparate, e per questo le fantasie lavoranoimpaurite e aggressive.C’è in evidenza la crisi della coscienza europea, come pa-tria comune di popoli e destini. Nel giro di pochi mesi,siamo entrati in un vortice critico di una Europa che hasussulti clamorosi contro l’egemonia strozzina della sta-bilità economica, del pareggio dei bilanci, della recipro-ca imposizione di vincoli finanziari senza anima. Con ladevoluzione delle primavere arabe verso derive fonda-mentaliste di un islam fanatico e tagliagole (pensiamo al-l’Isis), sono cominciate anche le ondate di migrazionicaotiche dal Medio Oriente verso l’Europa, creando uncaos imprevisto e ingovernabile. Tutta l’Europa si è come svegliata con un incubo: primarepresso pensando che si trattava di Italia, Spagna e Gre-cia, con le loro coste facilmente raggiungibili dai migran-ti. Ora le rotte dei migranti si prolungano dalla Turchiae dalla Grecia, attraverso i Balcani, fino a dentro il cuo-re del benessere europeo, alla Germania e verso Nord.E non si vede la fine, e neppure la soluzione: l’Europasta chiudendo le frontiere, rinnegando la sua ospitalità,la sua solidarietà. Nuovi muri si costruiscono per blocca-re i flussi, violenza e paure si diffondono come una nuo-va pestilenza. Stiamo assistendo - con incoscienza varia-bile - allo sgretolamento della unità europea, come idea-li, comunione, sinergia.

a cura di Michele Simone

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Nota di lettura di Silvano Petrosino

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E i religiosi non alzano la voce; e i vescovi europei nep-pure. Fa eccezione il papa Francesco, che grida forte ecoraggioso. Eppure là dove ci sono emergenze e soffe-renze, vittime e violenze, la vita religiosa - tutti, uominie donne - dovrebbe essere presente, intraprendente, so-lidale, in sintonia e sinergia, ispirandosi al Vangelo, mo-strando Chiesa ospitale e orientando la storia. Una pre-senza non sporadica, non per avere protagonismo me-diatico, ma davvero per audaciaevangelica. Penso che in questo contesto cheesplode ogni giorno fra di noi tutti,ci sia una prima sfida da intercetta-re, a vantaggio della Chiesa intera, edi riflesso anche della società attua-le. Cioè assumere un protagonismoe portare un contributo efficace,non solo mettendoci in gioco con leopere e le risorse che abbiamo, ma anche come pro-vo-cazione audace e profetica. Si tratta di denuncia corag-giosa degli egoismi e delle paure, di proposta alternati-va alle chiusure per una ospitalità che è com-passioneoperosa, per ridare fascino e geniale testimonianza allanostra storia di ospitalità e di convivialità feconda delledifferenze. Come dice papa Francesco: contestando“strutture di peccato collegate ad un modello di falsosviluppo fondato sull’idolatria del denaro, che rende in-differenti al destino dei poveri le persone e le società piùricche, che chiudono loro le porte, rifiutandosi persino divederli” (Messaggio per la Quaresima 2016).A me pare che oltre la generosità delle iniziative spar-pagliate - che pure vanno lodate e ammirate - la vita con-sacrata nel suo insieme non abbia saputo farsi voce cri-tica, e neppure fare sistema e rete, per una azione alter-nativa, dentro l’Europa degli egoismi e delle paure. Oggi siamo all’alba di una dirompente ibridazione delleculture prima rimaste localizzate dentro stati e frontie-re. Gli oltre 200 milioni di migranti attuali (nel mondo),cresceranno a dismisura nei prossimi decenni, secondoprevisioni realistiche: e apporteranno con sé non solomari di lacrime e sanguinanti cicatrici di sradicamentiviolenti, ma anche risorse di diversità culturali e proble-mi vastissimi di integrazione e di nuove stagioni di me-ticciato. Come già è avvenuto con le invasioni barbari-che nei secoli V-IX del medioevo. E poi si è ripetuto inaltri contesti - in particolare in America nei secoli XIX-XX - con le varie ondate di migrazioni dall’Europa e chesolo ora hanno trovato una forma compiuta di meticcia-to e amalgama multiculturale. Solo lentamente qui danoi in Europa si ricomporrà una sintesi creativa e fecon-da, e nascerà una nuova civilizzazione per ora non im-maginabile. Ci vorranno vari decenni, se non secoli perarrivarci: ma ora siamo nel pieno della tribolazione edelle reazioni insensate e apocalittiche.

4. Ritrovare lo “stato di invenzione”

Chi ha vissuto la vita religiosa del pre-Concilio, sa benis-simo per esperienza, quanto bouleversement ha prodot-to l’impulso conciliare, al fine di realizzare la adequata

renovatio richiesta dal Concilio. Più importante è statoanche il rinnovamento nelle grandi categorie di vita, spi-ritualità, teologia, diritto. Il Concilio è stato di fatto un esempio paradigmaticodella complessa relazione fra continuità e discontinuità.Le sue risposte alle sfide e alle sofferenze, ai traumi e al-le utopie di quel momento – 50 anni fa, ma sembrano se-coli! – sono solo in parte adeguate alla nostra situazio-

ne. Ma è ancora valida e ispirativa,per esercitarla, la sua arte del viverela contemporaneità critica della fe-de. Bisogna ritrovare lo stato di inven-zione, che rendeva quegli anni dav-vero bollenti ed effervescenti. E for-se proprio il papato di Francesco po-trebbe offrire una nuova opportu-nità di esplorazione e invenzione:

strategicamente egli ha per noi consacrati una particola-re attenzione ispiratrice. Egli infatti tocca le corde piùsensibili della nostra missione ecclesiale.4 Non si tratta diimpadronirci dei suoi impulsi, ma di partecipare al suoprogetto ecclesiale da protagonisti, liberandoci da certesensazioni di caos e di apocalisse, che a volte paralizza-no tutto. C’è troppa tendenza a piangersi addosso!“Questa malattia non è per la morte” (Gv 11,4). Ci vuo-le una nuova docilità allo Spirito: Dio sembra aspettarcialle radici, come diceva Rilke. Perché la crisi non è for-se solo di finalità, ma di fondamento. Non possiamo se-questrare il carisma e la sequela in otri vecchi, anche sesono stati fabbricati nei decenni postconciliari, con l’il-lusione che durassero a lungo. Sono molte le questioniche andrebbero toccate, e sono anche fondamentali.Ho scelto di parlare solo di alcuni temi, per sollecitaread esplorare gli orizzonti con spirito di ascolto e discer-nimento corale.

5. La Parola viva per rinnovarela sequela e la profezia

Tutti sappiamo bene che il ritorno alla centralità dellaParola nella vita della Chiesa è una delle grandi novitàdel Concilio. Oggi si riconosce nella Dei Verbum uno deicardini dell’influsso permanente e anche più decisivodella riforma conciliare. Questo vale anche per la vitaconsacrata, che il Concilio ha invitato ad una familiaritàquotidiana con la Parola (PC 6; DV 25).

1. Centralità della Parola. È da questa ripresa di familia-rità che è fiorita una nuova spiritualità: e sempre da quirifiorirà: “Questo primato della santità e della preghieranon è concepibile che a partire da un rinnovato ascoltodella Parola di Dio” (NMI, 39). Essa si esprime soprat-tutto con il recupero diffuso della esperienza antica del-la lectio divina. Pur chiamata con vari nomi, secondo luo-ghi e esperienze – lettura orante, meditazione biblica, in-contro biblico, ascolto orante, e altro – essa va sostenuta,e nella formazione va insegnata, praticata e anche con-divisa con i gruppi di laici che la praticano.5 Ma la cen-tralità deve esprimersi anche in molte altre modalità: co-

Ridare fascino e genialetestimonianza alla nostrastoria di ospitalità e di

convivialità fecondadelle differenze.

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In certe comunità si ha l’impressione a volte che Vange-lo e sequela Christi vi siano presenti così per abitudine,come “presidenze onorarie”, per routine quotidiana.Quello che conta – e che è al centro vero e sonoro – pa-re sia il proprio fondatore/fondatrice, qualche suaespressione barocca, i suoi oggetti personali, l’urna se-polcrale, la sua effigie, o altro. Parola e sequela Christinon sono dei soprammobili di convenienza: sono la mo-tivazione più sostanziosa della vita, da vivere in dinami-smo profetico.Abbiamo ereditato una cristologia piena di suggestioniemotive, di devozioni barocche, di linguaggi romantici.Molti religiosi sono ancora lì, a quella cristologia delleprime catechesi parrocchiali, alle devozioni familiari,piene di pathos popolare. Una rilettura del nostro fon-damento cristologico, guidato dalla Parola biblica e se-condo la coscienza ecclesiale di oggi, è esigenza prima-ria. Esiste una grande ricchezza nella cristologia degli ul-timi decenni. Conoscerla e assimilarla, per tradurla in vi-ta, può provocare - e spesso ha provocato - una purifica-zione radicale. Cristo non ha fondato una nuova religio-ne, ha portato una vita nuova. Bisogna insistere su un ri-torno al radicalismo autentico, un linguaggio centratosulla sequela Christi, cioè su Colui che è il profeta mes-sianico del poveri.7

Anche le intenzioni e i progetti dei fondatori e dei cari-smi vanno riletti alla nuova luce della Parola, ritrovan-do una sapienza evangelica e biblica prima oscurata damanipolazioni culturali. Bisogna imparare a distingue-re bene la religiosità “mascherata” come ha fatto Paoloa Filippi con la donna indovina (At 16,16ss) e non iden-

me ha descritto in dettaglio Verbum Domini (2010), in ri-ferimento alle forme di vita, ai ministeri e alla evange-lizzazione (parte seconda e terza).Da questa familiarità deve venire il processo di purifica-zione delle molte pratiche di pietà diffuse nelle case re-ligiose, specie femminili. Purtroppo persistono tenace-mente forme barocche e intimistiche senza sostanza. Mail processo va portato più avanti. Tutta la spiritualità chesi vive e si promuove deve alimentarsi a questa “fontepura e perenne di vita spirituale” (DV 21). “La Parolacreatrice e liberatrice che ha preso corpo con Gesù Cri-sto, poi nelle Scritture, non cessa di incarnarsi in coloroche vivono del suo Spirito”(P. Claverie). Va ricordato chesolo il fare la Parola rende possibile un ascolto obbe-diente e fecondo, altrimenti è gnosticismo.Si tratta di ritrovare o reimmettere anche nella ispirazio-ne carismatica di fondazione questa centralità. O alme-no avvicinarla oggi con coscienza viva e viverla “operisveritate” (1Gv 3,18). Diceva Vita consecrata: “Dalla me-ditazione della Parola di Dio, e in particolare dei miste-ri di Cristo, nascono, come insegna la tradizione spiritua-le, l’intensità della contemplazione e l’ardore dell’azio-ne apostolica... Dalla frequentazione della Parola di Dioessi [i fondatori] hanno tratto la luce necessaria per queldi scernimento individuale e comunitario che li ha aiuta-ti a cercare nei segni dei tempi le vie del Signore. Essihanno così acquisito una sorta di istinto sopranna turale,che ha loro permesso di non conformarsi alla mentalitàdel secolo, ma di rinnovare la propria mente, ‘per poterdiscernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gra-dito e perfetto’ (Rm 12,2)” (VC 94). Una verità non so-lo da esaltare ma anche da re-imparare, per un discerni-mento contemplativo e attivo.C’è un’involuzione in atto, un ritorno a vecchie ritualitàe a forme spurie di pia exercitia, magari sotto ispirazio-ne di supposte apparizioni di madonne o messaggi disanti. Per non dire dei vestimenti liturgici buffi, ritualidevozionali barocchi, linguaggi e formule riprese conmentalità fanatica e senza criterio teologico o liturgico.Qui bisogna avere il coraggio di imporre una sana teo-logia liturgica. In queste tendenze la centralità della pre-senza della Parola di Dio è considerata “mania prote-stante” (!), e vale di più la formalità rituale arcaica e ilnumero delle candele, che la Parola viva di Dio.

2. La sequela Christi, in modo profetico. Il Concilio ave-va sollecitato tutti i religiosi - ma logicamente vale pertutti i cristiani come tali (cf. GS 22) - a riportare l’iden-tità all’autentica “Christi sequela in Evangelio proposita”(PC 2a). Questo era il primo e decisivo criterio della re-novatio da intraprendere. Non si tratta di un “criterio” fragli altri, ma del principio (principium, dice il Concilio)che sovrasta tutti gli altri, è fondamento, giudica e giusti-fica gli altri criteri. E papa Francesco lo richiama in con-tinuazione, con una sua specificità di linguaggio: in parti-colare collegando spesso carne di Cristo e carne dei po-veri. Ed egli insiste anche sullo spostamento dalla radica-lità alla profezia: “La radicalità evangelica non è sola-mente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguo-no il Signore in maniera speciale, in modo profetico”.6

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solo castità e comunione dei beni, altre insistono sullasolidarietà con i poveri, altre si caratterizzano per unaecologia solidale, oppure per la fraternità orizzontale, oper una terapia di umanizzazione. È solo un di più assi-milabile ad un “quarto voto”? Oppure si può pensareche queste proposte “sfidano” più chiaramente le “ido-latrie” attuali e quindi hanno un impatto “evangelico”più provocatorio? L’antropologia teologica che è impli-cata nei tre voti classici corrisponde ancora alla nostraantropologia, alla sensibilità culturale attuale, parla an-cora ad una cultura digitale e al mondo virtuale? Ho pa-recchi dubbi al riguardo.

6. La chiesa “fraternità”:un modello alternativo

Sappiamo tutti che la spiritualità di comunione è uno deipunti chiave dell’impulso conciliare, però non in sensointimistico e romantico. Ma il Concilio ha usato anche al-tri vocaboli e immagini, offrendoci una ecclesiologia ric-ca. In particolare forse la prospettiva del popolo di Dioin cammino, era la terminologia più suggestiva. Oggi ri-torna nel magistero di papa Francesco la centralità delPopolo di Dio, con la sua religiosità, con le sue sofferen-ze, e le sue utopie, con il suo sensus fidei: “Il popolo diDio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buonipastori e distinguerli dai mercenari” (Udienza, 23/11/2014). Dietro un differente lessico ci sono sensibilità e culturediverse. E poi anche le stesse parole, in contesti cultura-li differenti, possono acquisire forza e significati non co-nosciuti altrove. La preferenza del Sinodo 1985 e anchedi Benedetto XVI, per il lessico della Chiesa comunio-ne, non era esente da preoccupazioni teologiche ed ec-clesiali legate alla crisi di identità e di unità dell’Occiden-te cristiano. Il termine popolo di Dio, oltre ad essere con-ciliare, per papa Francesco ha uno spessore esistenzialee teologico tutto particolare, a motivo della sua prove-nienza ecclesiale dall’America latina. Un simile vocabo-lo detto in contesto asiatico risuonerebbe diversamente;detto nell’Est Europa o in Africa, implica ancora altro si-gnificato. Sia Benedetto XVI che Francesco preferiscono utilizza-re il termine fraternità.9 Mi permetto di sfruttare questotermine. E da questa prospettiva ecclesiologica possiamotrarre ispirazione per sviluppare alcune applicazioni al-la vita consacrata.

1. Vita fraterna. Solo noi più anziani ricordiamo la con-cezione della vita in communi agenda del Codice del1917, dove prevaleva la rigidità della uniformità visibilee la regularis observantia, pignola e scrupolosa. Tutt’al-tra visione ha il PC 15a, quando parla di fraterna conver-satio e chiede di evidenziare il vinculum fraternitatis. Sul-la stessa prospettiva si muove il nuovo Codice, quandoparla di: Vita fraterna, unicuique instituto propria... fra-terna comunione... (can. 602). Non si tratta solo di recu-pero di un lessico antico, o del superamento del model-lo rigido e spersonalizzante anteriore. Si tratta di un mo-dello di Chiesa, che la vita consacrata intende proporre

tificarla con la fede che guarisce. L’esilio della Paroladalla prassi cristiana normale - frutto del divieto al po-polo (dopo Trento) di avere in mano la Bibbia - ancoraproduce effetti deleteri. Bisogna continuare a mettere lefondamenta: e il dialogo ecumenico, specie nel contestodi una vivace presenza evangelica e protestante, avràqui una sorgente di tutto valore, come diceva Vita con-secrata: “La condivisione della lectio divina nella ricer-ca della verità, la partecipazione alla preghiera comu-ne... [sono] segni della volontà di camminare insiemeverso l’unità perfetta sulla via della verità e dell’amore”(VC 101).

3. Scuola di profezia. Questa riscoperta del primato del-la Parola anche nelle intenzioni più genuine dei fonda-tori si è accompagnata con la ripresa della prospettivaprofetica per la vita consacrata. Non quindi un ascoltoconsolatorio, devoto, individualista della Parola, ma unafamiliarità che accenda cuore e progetti per i disegni diDio manifestati nella sua Parola. “La vera profezia na-sce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento del-la sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (VC84). Dalla Parola ascoltata e meditata si passa alla pro-fezia di gesti e scelte, di denunce e annuncio, di esplora-zione di vie nuove e di nuovi modelli di misericordia edi comunione. C’è stato un tempo, nel rinnovamento conciliare, nelquale parlare di profezia, di natura profetica, di funzio-ne profetica, suscitava qualche preoccupazione, anche inalto loco. Specie se si associavano profezia, poveri e mar-tirio. Ma dopo il Sinodo 1994 e l’esortazione Vita conse-crata con l’ampia sezione intitolata: “Una testimonianzaprofetica di fronte alle grandi sfide” (nn. 84-95), ogni so-spetto è abolito. Quella “sezione” ha ampliato lo stessoorizzonte della testimonianza profetica della vita consa-crata fino ad includervi anche il martirio, i tre voti e lavita fraterna, la spiritualità, la liturgia e perfino la lectiodivina. Questa diffidenza non ha più vigore.8 Molti for-se non se ne sono accorti: il magistero è a volte vero an-ticipatore.Oggi nella lettura cristologica ed evangelica si mettonopiù in evidenza la misericordia, la preghiera, la vigilanza,la tenerezza, la riconciliazione, la sobrietà, la giustizia, lacarità: tutti valori che i tre classici nostri “consigli evan-gelici” (castità, povertà, obbedienza) non sembrano deltutto evidenziare. Da qui si potrebbe dedurre che forsela “triade” classica (risalente ai tria substantialia del XIIIsecolo) potrebbe essere ripensata, per una nuova provo-cazione culturale? Papa Francesco parla con frequenzadella misericordia, della tenerezza, della prossimità, delservizio: come espressioni evangeliche vincolanti dellasequela Christi. Si potrebbe ipotizzare una differentescelta nella “professione dei consigli evangelici”? Non sarebbe di grande valore – pari almeno a quelliespressi dalla professione dei tre consigli – fare oggi pro-fessione di misericordia in un mondo di violenza, di ri-conciliazione in un mondo diviso e ingiusto, di sobrietàe solidarietà in un mondo di sprechi irrazionali, di rela-zionalità empatica e solidale in un mondo di individua-lismo esasperato? Alcune nuove comunità “professano”

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e visibilizzare. Una Chiesa di fraternità, di dialogo, diprossimità, di servizio e corresponsabilità.Non è una variante linguistica, è qualcosa di sostanza.Anche se si fa fatica a ricavare le conseguenze giuridi-che, modificando modelli istituzionali o almeno apren-doli al nuovo che cresce. Molte sono state in questo tem-po le esperienze di fraternità che i consacrati hanno vo-luto tentare di vivere. Al fascino della fraternità sempli-ce, flessibile, ospitale, orante, dialo-gante, in mezzo alla vita di tutti, sisono ispirati tanti gruppi in questianni. Ma vorrei fare un passo piùavanti. Bisogna andare oltre la feno-menologia, per una nuova ecclesio-logia.La vita in fraternità è anche un mo-dello ecclesiale da proporre. È sem-pre stato così, da Basilio a France-sco, da Agostino alle esperienze attuali: la fraternitas nonera una illusione romantica, un pio desiderio generoso.Ma un modello alternativo di essere Chiesa, autentica,fedele, centrata sulle relazioni primarie, sincere, imme-diate, non gerarchizzate. E nello stesso tempo ancheaperta alla differenza delle culture, alla sinodalità.10 Inquesto gioverebbe far ricorso più alla comunità plurali-stica e missionaria di Antiochia degli Atti, che a quellaenfatizzata di Gerusalemme, troppo simbiotica, mono-culturale e narcisista.11

2. Laboratorio di interculturalità. Si moltiplicano veloce-mente le comunità dove convivono e collaborano perso-ne di differenti origini, culture, lingue, origini. In passa-to questo era molto raro. Oggi questo fenomeno si statrasformando da occasionale a progettuale, necessario,voluto, pianificato. E quindi bisogna gestirlo e non solosubirlo: per fare questo molte cose vanno ripensate. Manon basta stare insieme nella stessa casa per superare lebarriere e le reciproche incomprensioni. Le comunitàdevono assumere il compito di una conversione perma-nente, di invenzione di un nuovo modello di convivenza:“In modo da riuscire per tutti un aiuto reciproco nel rea-lizzare la vocazione propria di ciascuno” (CJC, can. 602). Qui si impone un modo nuovo di vivere ed esercitare laleadership: non si può nascondere la diversità per pauradi compromettere l’unità. Non si può enfatizzare la di-versità fino al punto da frammentare tutto per paura diferire qualcuno. Proprio di un leader è l’arte di motivarele diversità verso la sinodalità, la sinergia, la dinamicadella collaborazione e della corresponsabilità. La classi-ca figura del superiore che fa da vigile urbano, “canaliz-zando” il traffico dell’osservanza regolare, non regge più.Deve sentirsi impegnato a vivere la diversità riconcilia-ta, non con mero accostamento delle diversità, ma nella“convivialità delle differenze”. Facendo convergere tut-to nei progetti, nelle mete, nelle iniziative, come nellapreghiera, nella corresponsabilità, nella solidarietà.Esistono di fatto molte comunità interculturali e multi-culturali, ma manca lo sguardo contemplativo reciproco,il desiderio di fare chiesa insieme, l’impegno a diventa-re laboratori di ospitalità solidale attraverso procedi-

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menti a rete. Perché siamo abituati a gestire sistemi chiu-si, procedure standard di efficienza e funzionalità. Ma lacomunità religiosa non è una azienda e non può vivereper schemi “eterodiretti”. Deve essere capace di autogo-verno, gestendo le dinamiche interne e proprie. Il proble-ma di fondo è che mancano modelli collaudati di respon-sabili con questa mentalità. Servono fraternità con ine-diti codici di esperienza e di appartenenza: la sinodalità

e la koinonia non vanno confusecon una perpetua presenza simulta-nea di tutti, con la puntualità di tut-ti allo stesso orario, con il livella-mento amorfo, e neppure con l’in-differenza reciproca per amore dipace. È più difficile, se non impossibile,quando si tratta di attività/operecomplesse, dove forse si richiede og-

gi più management da funzionari che ispirazione orien-tatrice da leadership. Troppo spesso il superiore delle ca-se internazionali sembra esercitare il ruolo dell’alberga-tore che offre ricovero dietro pagamento, e non quellodel samaritano che scende dalla cavalcatura e fascia leferite... (cf. Lc 10,34). Non ci si improvvisa in questo nuo-vo ruolo, bisogna avere dentro il cuore una risorsa di em-patia e di servizio, per rendere soggetto le persone e nonl’organizzazione. E questo non è dato automaticamentecon la nomina canonica...

3. Una chiesa povera e per i poveri. È rimasta famosa que-sta espressione di papa Francesco, detta nell’incontro coni giornalisti pochi giorni dopo la sua elezione. In questi 35mesi di pontificato si è visto che è davvero una opzionefondamentale, ed emerge di continuo nei gesti e nelleesortazioni, nelle critiche pungenti che ama fare e nellepreoccupazioni che esprime. Nella sua esortazione apo-stolica Evangelii gaudium si nota questo fil rouge che at-traversa tutto il testo, perché egli è convinto che “nel cuo-re di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri” (EG197). Egli vuole una “Chiesa in movimento di uscita dasé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno versoi poveri. Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drap-peggi spirituali o pastorali! Questa mondanità asfissian-te si sana assaporando l’aria pura dello Spirito Santo, checi libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti inun’apparenza religiosa vuota di Dio” (EG 97).Tutta la storia della vita consacrata è segnata da questacentralità, espressa in varie maniere, secondo circostan-ze ed emergenze. S. Giovanni Paolo II aveva affermatoche “servire i poveri è atto di evangelizzazione e, nellostesso tempo, sigillo di evangelicità e stimolo di conver-sione permanente per la vita consacrata” (VC 82). Tuttele riforme nella millenaria storia della vita consacratahanno avuto nella scelta della povertà e dei poveri unodei fulcri decisivi. Anche oggi questa situazione dei po-veri, degli impoveriti e degli emarginati si presenta conmolteplici differenze, secondo luoghi e contesti. Ma èuna sfida e una chance, e bisogna riprendere questo pro-tagonismo inventivo che tanto lodiamo per il nostro pas-sato. È una questione di amore e di qualità relazionali:

Una Chiesa inmovimento di uscita dasé, di missione centrata

in Gesù Cristo, diimpegno verso i poveri.

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“Chi ama poco vede pochi poveri attorno a sé”. La mi-sericordia è geniale, intuitiva, creativa.Ma la risposta o le risposte non possono essere sempli-cemente quelle delle opere ereditate dal passato, che pu-re hanno ancora senso e sono necessarie. Bisogna inven-tare nuove soluzioni, avviare nuove “opere” come rispo-sta alle nuove urgenze. Ci deve essere lo splendore diuna vita sobria, onesta, gratuita, senza sprechi. Ma ancheuna amministrazione senza illegalità, una gestione senzal’affanno dell’accumulo idolatrico. Più eloquente ancoraè una scelta di vivere da poveri e abbracciare la causa deipoveri: “Non sono poche le comunità - riconosceva Gio-vanni Paolo II - che operano e vivono tra i poveri e gliemarginati, ne abbracciano la condizione e ne condivi-dono le sofferenze, i problemi e i pericoli” (VC 90). Oggi con questa “globalizzazione dell’indifferenza” e isistemi finanziari senza etica né umanesimo, bisognaspingersi anche alla denuncia delle ingiustizie. Favorireuna nuova alleanza contro l’individualismo mercificatodal capitalismo finanziario. Papa Francesco ha fatto unaudace discorso all’incontro con i Movimenti Popolari(28 ottobre 2014), quando ha manifestato la sua solida-rietà con i poveri che protestano contro le cause struttu-rali della povertà e ha invitato a promuovere il protago-nismo e la dignità dei poveri stessi. Lo stesso tono haavuto con i vari incontri nel viaggio in Sud America (lu-glio 2015). Ripete in maniera sempre pungente cose si-mili ogni volta che incontra gruppi intenti a promuove-re la coscientizzazione dei diritti degli emarginati e de-gli “scarti” della società.Come in passato i religiosi hanno saputo realizzare rispo-ste strutturali e permanenti per la promozione dei pove-ri e degli emarginati, così oggi bisogna inventarne di nuo-ve. Bisogna riprendere iniziative, primerear, direbbe pa-pa Francesco: “Prendere l’iniziativa senza paura, andareincontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci dellestrade per invitare gli esclusi” (EG 24). I carismi posso-no diventare fantasmi ossessivi o totem intoccabili: devo-no invece essere “il profumo del Vangelo” (EG 39). Per-ché “ogni volta che ci incontriamo con un essere umanonell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qual-cosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gliocchi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illumi-nata la fede per riconoscere Dio” (EG 272).

Giochiamoci il futuro

Siamo chiamati ad abitare gli orizzonti, ad esplorare cam-mini, non semplicemente a riciclarci, tanto per sopravvi-vere. In questa nuova Europa in bilico fra chiusure e so-lidarietà, dallo Spirito siamo chiamati a dare testimonian-za evangelica, trasparenza di Dio, attrazione verso Cristoe il Regno promesso. Chi non anticipa il futuro, non tro-verà posto nel futuro. I religiosi sono da sempre testimo-ni del futuro atteso e anticipatori simbolici di quello chetutti attendiamo nella fede: un “regno di verità e di vita,regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore edi pace” (Prefazio, per la festa di Cristo Re).S. Giovanni Paolo II invitava a “riproporre con coraggiol’intraprendenza, l’inventiva, la santità dei fondatori e

delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emer-genti nel mondo di oggi” (VC 37). Ma per fare questo c’èbisogno di riconoscere alla vita consacrata uno “statutogiuridico” aperto e capace di rispettare e apprezzare unacerta genialità di esplorazione e di invenzione. Se la si ir-rigidisce entro schemi fissi, per paura di perderne il con-trollo, o perché il fascino del passato ci impedisce di pen-sare in modo nuovo e creativo, si rischia di farle fare lafine del vino nuovo messo in otri vecchi. Un disastro as-sicurato per il vino e per l’otre...: “Si perdono vino e otri”(Mc 2,22).Certi esercizi di sopravvivenza non sono che un gioco dispecchi: rimandano sempre la stessa figura, rimpiccioli-ta all’infinito. Appunto come certe comunità e Istituti,che credono di fare cose nuove riciclando vecchie abitu-dini, solo superficialmente riverniciate. Tanto le cosebuone valgono sempre...! Come dicevano quelli della pa-rabola: “Il vino vecchio è gradevole!” (Lc 5,39). “Ecco io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia,non ve ne accorgete?” (Is 43,19). Lo Spirito sta facendoappelli a cose nuove, anzi già le suscita, con la sua crea-tività e chiamando a nuove stagioni i nostri carismi, den-tro il travaglio di una Europa che si contorce per le do-glie di un parto doloroso e imprevisto. Che non capiti an-che a noi di constatare con il profeta Isaia: “Abbiamoconcepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo par-torire: era solo vento; non abbiamo portato salvezza al-la terra e non sono nati abitanti nel mondo” (Is 26,18).

Bruno Secondin, ocarm

1. La bibliografia è immensa. Ci limitiamo a poco: AA. VV., Il ConcilioVaticano II e la vita consacrata. Fedeltà e rinnovamento, Il Calamo,Roma 2014; BOCOS MERINO A., Un racconto nello Spirito. La vita re-ligiosa nel post-concilio, Dehoniane, Bologna 2013 (orig. 2011); SE-CONDIN B., Il profumo di Betania. La vita consacrata come mistica,profezia, terapia, Dehoniane, Bologna 1997; IDEM, Abitare gli oriz-zonti. Simboli, modelli e sfide della vita consacrata, Paoline, Milano2002.

2. Abbiamo tentato un bilancio in occasione del Sinodo 1994: SECON-DIN B., Per una fedeltà creativa. La vita consacrata dopo il Sinodo,Paoline, Milano 1995.

3. Fondamentale è l’esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 no-vembre 2013). cf. l’articolo di A. SPADARO: “Svegliate il mondo!”. Col-loquio di Papa Francesco con i Superiori Generali, in La Civiltà Cat-tolica, 165(2014/I), 3-17.

4. Ne fanno eco e proposta di cammini le 3 lettere circolari della CIVC-SVA, Rallegratevi (2014), Scrutate (2015), Contemplate (2015). LEV,Città del Vaticano 2014-2015. Il loro stile dialogico e mistagogico èstato ben accolto e apprezzato.

5. Cf. SECONDIN B., La lectio divina. Dal monastero al popolo di Dio, inLateranum, 74(2008/1), 115-144.

6. Nell’incontro con i Superiori generali (USG), 29/11/2013; ripreso an-che LC II,2.

7. Cf. MOLTMANN J., La via di Gesù Cristo. Cristologia in dimensionimessianiche, Queriniana, Brescia 1991.

8. Cf. il nostro commento all’esortazione nel libro: Il profumo di Beta-nia, 94-106: L’indole profetica della vita consacrata. Una prospettivatradizionale rivisitata.

9. Cf. RATZINGER J./BENEDETTO XVI, La fraternità cristiana, Querinia-na, Brescia 2005; PAPA FRANCESCO, Fraternità, fondamento e via perla pace, Messaggio per la Giornata della Pace, 1 gennaio 2014.

10. Cf. il documento della CIVCSVA, La vita fraterna in comunità. “Con-gregavit nos in unum Christi amor” (1994). Molto ispirativo per il te-ma fraternità è il recente documento della CIVCSVA, Identità e mis-sione del fratello religioso nella Chiesa. “E tutti voi siete fratelli” (Mt23,8), LEV, Città del Vaticano 2015.

11. Ho già elaborato questa idea in: Abitare gli orizzonti, cit., 136-163;anche in AA.VV., La vita fraterna inizio di risurrezione, Gabrielli, S.Pietro in Cariano 2010, 31-75.

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«Padre Faggioni, nel rigoroso ri-spetto della metodologia, ha

il merito di proporre un testo di no-tevole precisione ed equilibrio su te-matiche molto complesse e crucialicome sono le questioni riguardantil’inizio e la fine della vita umana. Illinguaggio, chiaro e sereno, avvicinaalla bioetica dalla prospettiva dellafede, non come una posizione di par-te, ma come un impegno comune acredenti e non credenti teso a ricupe-rare il senso della dignità dell’uomo edella preziosità della vita umana».(Ignacio Carrasco De Paula presi-dente della Pontificia Accademia perla vita)

Un corso di bioetica teologica

Nel rispetto della tradizione teologi-ca e del magistero, alla luce della vi-sione dell’uomo e del mondo conte-nuta nelle fonti della rivelazione, ilvolume propone una «lettura unita-ria di fenomeni vecchi e nuovi, atten-ta al dialogo con le voci spesso di-scordi del dibattito contemporaneo eben radicata nell’antropologia e nel-l’ethos cristiani». In un mondo chesembra aver smarrito il senso delladignità dell’uomo, la bioetica cattoli-ca si fa portavoce di un annuncio pro-fetico e impegnativo a difesa della vi-ta umana, in tutti i suoi passaggi, inogni condizione. Consapevoli che lavita è stata posta dal Creatore nellenostre mani, affidata alla nostra re-sponsabilità, alla nostra saggezza e alnostro amore, i cristiani condividonocon ogni uomo e donna di buona vo-lontà il sogno di un mondo più vivibi-le e più giusto, nel quale sia stabilitoil primato dell’essere sull’avere e del-la persona sulle cose, e nel quale do-minio, indifferenza e rifiuto dell’altrosi trasformino in servizio, accoglien-za, responsabilità condivisa. Faggioni,

frate minore, medico chirurgo, spe-cialista in endocrinologia e docentedi Teologia morale, sviluppa «alcunetematiche morali correlate con la tu-tela dell’integrità psicofisica dellapersona, alcune problematiche con-nesse con le scienze biomediche mo-derne e i principali problemi emer-genti all’inizio e alla fine della vita».Offre un ventaglio ampiamente rap-presentativo dei problemi in gioco epresenta questioni usualmente tratta-te nell’ambito della morale della vitafisica (ad es. suicidio, legittima difesa,pena di morte) e questioni che solo direcente si sono imposte alla discus-sione (ad es. interventi sulla vita pre-natale, procreazione assistita, medici-na dei trapianti e medicina rigenera-tiva, accanimento terapeutico, biotec-nologie). La trattazione si sviluppa su385 pagine e si articola in cinque par-ti suddivise in capitoli e unità di lavo-ro, con numerosi riferimenti biblio-grafici e un accurato e completo indi-ce analitico.

A servizio della vita

La società, sin dall’antichità, ha cer-cato di tutelare la vita e l’integrità fi-sica delle persone con diversi sistemidi leggi, consuetudini e norme com-portamentali. In Mesopotamia e inEgitto si sono trovate sicure testimo-nianze di leggi orientate a punire gliattentati aggressivi alla vita e all’inte-grità fisica delle persone e a regolarelo svolgimento della primitiva pratica

medica. Il contributo essenziale perla nascita di un’etica medica vera epropria venne dal greco Ippocrate(460-370 a.C.) e dalla sua scuola. Ip-pocrate, considerato l’iniziatore dellascienza medica, tratteggiò i linea-menti del buon medico nel famosoGiuramento, che per secoli, sino atempi recenti, tutti i medici professa-vano prima di iniziare la loro attivitàprofessionale. Oggi una delle più rile-vanti questioni di fondazione dellabioetica è costituita dallo studio deimodelli antropologici di riferimento,perché da essi derivano la concezionedel significato e del valore della vitaumana, il valore del corpo e lo stile dicura della salute, i limiti degli inter-venti sulla corporeità umana. «Inprospettiva teologica la radice ultimadel valore e dell’inviolabilità di cia-scuna vita umana sta nel suo essere inrelazione personale con Dio».

Per una nuova cultura della vita

Gli enormi progressi in campo scien-tifico e tecnologico permettono oggidi intervenire con efficacia a sostegnodella vita umana e prospettano oriz-zonti d’azione sempre più ampi. Allostesso tempo, «idee un tempo rifiuta-te come aberranti si sono fatte stradanell’opinione pubblica, hanno trova-to il sostegno di intellettuali e scien-ziati, hanno guidato le scelte politichee si sono tradotte in leggi che legaliz-zano l’illecito e giustificano l’ingiu-sto: dall’eutanasia all’aborto, dall’uc-cisione dei neonati handicappati al-l’abbandono dei malati terminali,dalla sterilizzazione coatta allo ster-minio programmato degli embrionicongelati». La scelta della vita costi-tuisce il mandato primario dei cristia-ni, soprattutto là dove la vita è piùfragile e più indifesa. L’antropologiae l’etica cristiana chiedono scelte re-sponsabili e concrete - a livello perso-nale, familiare, sociale e internaziona-le – secondo una giusta scala di valo-ri per proteggere e far fiorire la vitain ogni piega dell’esistenza. Ci sonoancora molteplici segni di speranzanella testimonianza umile e silenzio-sa di singoli e di gruppi, di volontari,di operatori sanitari, di insegnanti, disacerdoti, di missionari, di uomini e didonne che nella comunità cristiana enella società civile, anche a prezzo disacrifici, si pongono concretamente aservizio della vita.

Anna Maria Gellini

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