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1 “EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO”. Le sfide dell’educazione dei giovani per la trasmissione della fede Prof. Don Antonino ROMANO sdb Professore Straordinario di Catechetica presso l’Istituto Teologico San Tommaso di Messina – Docente invitato presso la FSE dell’UPS di Roma – Direttore di Itinerarium Ecc. Rev.ma, Rev.mo Vicario Generale, Reverendi Confratelli nel Sacerdozio e Diaconi, Gent.mi Convenuti, è per me un motivo particolare di gioia, l’invito che mi è stato rivolto ad intervenire al vostro convegno diocesano; spero di non deludere le vostre aspettative per le analisi che vi offrirò in risposta alle Vostre impellenti urgenze. Quando una decina di giorni addietro sono stato interpellato dal Vostro Vicario Generale, è stato per me un dovere rispondere prontamente per il servizio della Vostra amata Chiesa locale che ha avuto come Pastore un uomo di profonda e vasta cultura e soprattutto un testimone di Cristo Servo e Buon Pastore, S. Ecc. Mons. Cataldo Naro che tutti ricordiamo con immensa venerazione. In modo particolare, il nostro Istituto Teologico San Tommaso di Messina, con la fraterna amicizia di don Frattallone, don Aronica, i compianti Mons. Domenico Amoroso e don Giovanni Cravotta, ricordano con profonda stima, riconoscenza e venerazione Mons. Cataldo Naro. La rivista Itinerarium, di cui sono umile direttore, è stata più volte beneficata dalla cultura e dal sostegno di Mons. Naro. Il compito che mi è stato affidato mi ha costretto a rivedere alcune analisi che stavo già conducendo sia nel settore pedagogico-religioso, anche se in forma incoativa, sugli Orientamenti, sia nel settore antropologico-culturale circa la percezione del cambiamento della religiosità giovanile in Sicilia. Mi sembra che la proposta di riflessione, molto opportunamente indicata, possa essere declinata a partire da queste due piattaforme generali di studio. Le analisi che vi propongo, purtroppo, non sono pienamente documentate, a causa del poco tempo a mia disposizione; per cui, chiedo venia se le analisi non soddisferanno alle legittime istanze di approfondimento. Premetto, tuttavia, che l’ambito indicato nella proposta richiama diversi temi già elaborati nei settori pedagogico-religioso, sociologico e in ambito di pastorale giovanile ai quali rimando per gli approfondimenti. Affido allo scritto il mio intervento, per esemplificare le analisi, mentre spero che la proiezione di qualche diapositiva possa rendere più fruibile la mia lettura.

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“EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO”.

Le sfide dell’educazione dei giovani per la trasmissione della fede

Prof. Don Antonino ROMANO sdb Professore Straordinario di Catechetica presso l’Istituto Teologico San Tommaso di Messina –

Docente invitato presso la FSE dell’UPS di Roma – Direttore di Itinerarium

Ecc. Rev.ma, Rev.mo Vicario Generale, Reverendi Confratelli nel Sacerdozio e Diaconi, Gent.mi Convenuti, è per me un motivo particolare di gioia, l’invito che mi è stato rivolto ad intervenire al vostro convegno diocesano; spero di non deludere le vostre aspettative per le analisi che vi offrirò in risposta alle Vostre impellenti urgenze. Quando una decina di giorni addietro sono stato interpellato dal Vostro Vicario Generale, è stato per me un dovere rispondere prontamente per il servizio della Vostra amata Chiesa locale che ha avuto come Pastore un uomo di profonda e vasta cultura e soprattutto un testimone di Cristo Servo e Buon Pastore, S. Ecc. Mons. Cataldo Naro che tutti ricordiamo con immensa venerazione. In modo particolare, il nostro Istituto Teologico San Tommaso di Messina, con la fraterna amicizia di don Frattallone, don Aronica, i compianti Mons. Domenico Amoroso e don Giovanni Cravotta, ricordano con profonda stima, riconoscenza e venerazione Mons. Cataldo Naro. La rivista Itinerarium, di cui sono umile direttore, è stata più volte beneficata dalla cultura e dal sostegno di Mons. Naro.

Il compito che mi è stato affidato mi ha costretto a rivedere alcune analisi che stavo già conducendo sia nel settore pedagogico-religioso, anche se in forma incoativa, sugli Orientamenti, sia nel settore antropologico-culturale circa la percezione del cambiamento della religiosità giovanile in Sicilia. Mi sembra che la proposta di riflessione, molto opportunamente indicata, possa essere declinata a partire da queste due piattaforme generali di studio.

Le analisi che vi propongo, purtroppo, non sono pienamente documentate, a causa del poco tempo a mia disposizione; per cui, chiedo venia se le analisi non soddisferanno alle legittime istanze di approfondimento. Premetto, tuttavia, che l’ambito indicato nella proposta richiama diversi temi già elaborati nei settori pedagogico-religioso, sociologico e in ambito di pastorale giovanile ai quali rimando per gli approfondimenti. Affido allo scritto il mio intervento, per esemplificare le analisi, mentre spero che la proiezione di qualche diapositiva possa rendere più fruibile la mia lettura.

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“EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO”

Gli orientamenti 2010-2020 tra flussi e riflussi pastorali

Qualche premessa per iniziare.

Le analisi che offrirò sono finalizzate alla presentazione degli Orientamenti per il decennio 2010-2020, in chiave pedagogico-religiosa e antropologico-catechetica. Occupandomi di questi due settori convergenti a livello epistemologico, ho ritenuto opportuno richiamare a grandi linee e in funzione diacronica alcune tappe cruciali che hanno scandito l’insegnamento magisteriale italiano dalla costituzione della Conferenza episcopale italiana ad oggi. L’ipotesi che mi accingo a porre è la seguente: gli orientamenti non spuntano dal nulla, ma costituiscono la naturale conseguenza di una direttrice pastorale che sgorga dal Concilio Vaticano II. Penso che gli stessi orientamenti possano essere considerati un segno dei tempi in continuità tradizionale con quanto le nostre Chiese hanno maturato in questi ultimi anni.

Il contesto territoriale delle Chiese di Sicilia potrà trarre grande vantaggio spirituale e pastorale, non solo dalla necessaria applicazione, in spirito di comunione e di ecclesialità, dei principi teologico-pastorali, enunciati nel documento, ma soprattutto dalla loro mediazione culturale in vista della trasformazione della complessa realtà locale. Se Educare alla vita buona del Vangelo in Italia si pone in continuità teologico-pastorale e magisteriale con il passato prossimo e remoto della Chiesa italiana, è quanto mai urgente avviare il necessario discernimento per transitare dalla comprensione del testo alla sua mediazione operativa; le buone prassi educative non si improvvisano, esse se sono buone nascono dal sacrificio della preparazione a lungo termine. Il Convegno di Verona e l’intenso laboratorio avviato dal Progetto culturale della chiesa italiana accompagnano come sfondo di riferimento il testo degli Orientamenti. Il concetto di continuità con il passato del cammino della CEI non si riduce alla semplice constatazione di una scansione temporale; essa implica una forte connotazione teologica dell’edificarsi della Chiesa in vista della costruzione del regno di Dio nella storia, realizzando in questo modo l’economia della salvezza in chiave pedagogico-religiosa.

Il tema che sottopongo alla vostra riflessione parte da quella prospettiva generale e tenta di stimolare la vostra attenzione sul duplice livello teologico-pastorale e catechetico-metodologico. In questo quadro eccipiente, è difficile che si scivoli su riduzionismi di ogni tipo, specie se la questione riguarda la pastorale dei giovani e le sfide poste dalla loro formazione nel contesto contemporaneo. Questo presupposto implica la decisa repulsione di ogni tentativo che indebolisca o attenti alla comunione, come gli scandalosi campanilismi tra parrocchie, le sterili contrapposizioni tra ambiti pastorali diocesani e la insidiosa frammentazione pastorale che mina alle fondamenta l’edificarsi storico delle comunità ecclesiali reali.

1. Il magistero della Chiesa italiana sull’educazione dei giovani dal

Concilio ad oggi L’orizzonte della teologia della speranza, che si è spalancato con Spe Salvi,1 fa da sfondo

alle sorprendenti prospettive «teologico-pratiche» dei nuovi Orientamenti per la Chiesa italiana, recentemente pubblicati nell’ottobre 2010: Educare alla vita buona del Vangelo.2 Gli Orientamenti 1 Cfr. 2

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aprono alla visione di un decennio pastorale che vedrà la Chiesa italiana impegnata dal 2010 al 2020 ad operare attraverso il canale preferenziale dell’«educare alla vita buona del Vangelo», conferendo alla sua stessa prassi evangelizzatrice nuove possibilità di intervento per il futuro del Paese. La posta in gioco di questa ouverture si rivela determinante per le attese che le comunità ecclesiali ripongono al suo centro. Del resto, i pressanti appelli, derivanti dalle numerose sfide che attendono le comunità locali, non potevano restare inascoltati3.

1.1. Il contesto storico di riferimento: un trentennio di Orientamenti

pastorali della CEI

Tra i segni che hanno precorso e preparato il terreno ai nuovi Orientamenti, vi sono l’accorata evocazione di Benedetto XVI circa «l’emergenza educativa», nel suo noto discorso alla diocesi di Roma, e il «riuscito» Convegno di Verona (2006). Quest’ultimo si è finalmente distinto come effettivo «laboratorio ecclesiale», che ha fatto convergere in reale comunione le varie componenti delle comunità ecclesiali con i loro Vescovi; gli esiti di quei lavori hanno portato, nella fase finale, alla gestazione degli Orientamenti pastorali che si distinguono per chiarezza e anche per forte senso comunitario. Tuttavia, il contesto storico eccipiente, nel quale è necessario inquadrare i nuovi Orientamenti, si riferisce al percorso più che trentennale che ha visto la Chiesa italiana da Loreto, a Palermo, fino a Verona.

Il cammino compiuto dalla Chiesa italiana può essere, a mio parere così riassunto: a) dal 1954 al 1969, fase iniziale della CEI; b) dal 1970 al 1972, fase pastorale di Rinnovamento; c) dal 1972 al 1981, prima fase progettuale (Roma: Evangelizzazione e sacramenti);

1.1.1. dal 1954 al 1969, fase iniziale della CEI

Alcuni eventi interessano l’immediato post-concilio in Italia. Quel tempo fu segnato da forte dibattito sulla recezione del Concilio Vaticano II, mentre sotto il profilo pastorale veniva a costituirsi progressivamente la Conferenza Episcopale Italiana nel giugno 1966; la Prima assemblea Generale venne presieduta dal Card. Giovanni Urbani, patriarca di Venezia. Occorre ricordare che il modello pastorale dominante all’epoca si fondava ancora su una prospettiva di cristianità sacrale stabilita a forte accentuazione clericocentrica. Era troppo prematuro a un anno dalla conclusione del Concilio attendersi un cambiamento dal modello di pastorale a scacchiera che era finalizzato alla conquista di campi e terreni minacciati o, addirittura, considerati perduti (tra questi spiccava la preoccupazione per l’ambito scolastico-educativo). Il modello pastorale in questione era ben lontano dalla visione rinnovata che la Lumen Gentium aveva sintetizzato nell’ecclesiologia di comunione e tendeva ad accentuare un tipo di azione apologetico-pastorale di contrapposizione nei riguardi del mondo e della cultura esterna alla vita della Chiesa. Sul versante ecclesiodinamico, poi, sarebbe anacronistico ed ingenuo pensare di poter attribuire aspetti innovativi che saranno introdotti nel 1975 da Evangelii Nuntiandi e nel 1990 da Redemptoris Missio. L’azione pastorale del primo decennio dalla fine del Concilio si caratterizzava per la sua finalità conservativa ad intra, e per nulla o quasi come missionaria ad extra. Anche la terminologia dei testi magisteriali risponde alla vetusta concezione della cura animarum, che i buoni parroci metteva in opera quotidianamente.

Sul versante educativo, il modello prevalente era quello storico-oggettivo che accentuava l’assoluta trascendenza della fedeltà a Dio a discapito di una concreta fedeltà alla situazione umana; in questo senso, si spiegano i massicci sbilanciamenti sull’educazione intesa come semplice insegnamento manualistico-dottrinale da acquisire, soprattutto, da parte di bambini e di soggetti in

3 Cfr. M. PIZZIGHINI , Dieci anni per «educare», in “Settimana”. Settimanale di attualità pastorale, 7 novembre

2010, n. 40, p. 1 e p. 16.

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età evolutiva; fu forte la dominante della sacramentalizzazione4. È da notare che i destinatari prediletti dell’educazione erano proprio i bambini. Tuttavia, il paradigma pastorale, assolutamente sacramentalista, verrà riconosciuto inadeguato ai tempi e incapace di evangelizzare nel rinnovamento cruciale già agli inizi degli anni ’70. Infine, si comprende per quali ragioni, durante quel periodo iniziale, fu totalmente estranea l’idea di dotare ogni Chiesa locale di un piano pastorale generale oltre che di un progetto educativo e pastorale particolare per i giovani.

Principali documenti per l’analisi furono i seguenti. A) Lettera collettiva del 19545: Lo stesso titolo del

paragrafo esordisce con il termine cura della gioventù. In quattro punti le idee emergenti sono: l’oggetto particolarissimo delle cure per la forte valenza sociale del futuro; accenno alle problematiche. Senza indugio e riserva si deve concentrare l’attenzione totale della chiesa (risorse=clero) verso i giovani: da parte dei parroci, dei collaboratori e dei responsabili dell’azione Cattolica. Infine un accorato appello a tutti i Sacerdoti di ogni età a prodigarsi in questo campo. B) Il cinematografo 19616: L’influsso deleterio del cinema viene ad essere oggetto delle preoccupazioni pastorali della CEI. Le anime giovanili sono sottoposte quotidianamente alle sollecitazioni del male... C) Direttorio di pastorale per le migrazioni 19667: Cambia la terminologia, si parla di assistenza dei giovani con un lessico tratto dall’ambito delle Scienze umane, come ad esempio: i giovani costituiscono la parte più mobile della popolazione; ...formare i giovani alla fiducia nelle proprie capacità e risorse interiori. Si ha anche un accenno all’organizzazione pastorale nelle linee di intervento: intervento nel settore scolastico-professionale; si profilano anche modalità e obiettivi e nello stesso tempo vengono menzionati anche gli agenti operativi. D) Educare all’amore 19678: Motivi di apprensione per certe manifestazioni deteriori del pubblico costume. Pressante invito che i vescovi rivolgono a tutti: educare o rieducare all’amore cristiano. È interessante notare l’attenzione dei Vescovi per il tema dell’educazione affettiva dei giovani. E) Il laicato nella chiesa italiana 19689: è importante notare anche la sottolineatura dell’impegno organizzato verso questo campo preciso di azione, tramite le associazioni, la scuola, coinvolgendo tutti gli organi responsabili pastorali a scala diocesana e nazionale. F) La stampa immorale 196810: conseguenze deleterie della stampa immorale sui giovani. G) Comunicato 196811: tensioni dei giovani che denunziano ingiustizie. H) L’insegnamento della religione nelle scuole italiane 196812: si accenna all’interno dell’interessante documento anche alla pastorale giovanile e la pastorale scolastica, perché devono interessare tutta la comunità locale che ne deve prendere coscienza.

1.1.2. Dal 1970 al 1972: Fase preliminare del rinnovamento pastorale e

catechistico.

Il 1970 si apre con la pubblicazione de Il Rinnovamento della catechesi.13 Il modello

accenna a nuove aperture, anche se ancorato al modello di nuova cristianità adulta, fortemente ecclesiocentrico in cui dominano le idee di militanza nel campo politico, sociale (famiglia - lavoro), culturale (scuola - Mass Media). Sono presenti nuove terminologie mutuate dall’ambito delle scienze umane: cambiamento di mentalità, integrazione fede e vita ecc.; sono ricorrenti i termini di missione e apostolato dei laici. Per l’educazione e la pastorale dei giovani si ricorre al modello esistenziale14: si cerca di transitare da una pastorale delle norme a quella centrata sulla persona, dalla razionalità alla prassi, dai valori in assoluto alla valorizzazione personali, dal dato di principio alle situazioni concrete, dai progetti astratti alle esperienze personali. È forte l’attenzione riservata alle problematiche giovanili in contesto sociale; è determinante il bisogno alla dimensione 4 TONELLI R., Pastorale giovanile in MIDALI M.-TONELLI R., Dizionario di pastorale giovanile, LDC - Torino 1989, p. 670. 5 PRESIDENTI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI REGIONALI D’ITALIA, Lettera collettiva, Pompei, 2 febbraio 1954 in ECEI 1/21-24. 6 CEI, Comunicazione il Cinematografo, Roma, 20 marzo 1961 in ECEI 1/258. 7 UFFICIO CENTRALE PER L’EMIGRAZIONE ITALIANA, Direttorio di pastorale per le migrazioni, Roma 1 marzo 1966 in ECEI 1/597-601. 8 CEI, Appello Educare all’amore, Roma, 20 gennaio 1967 in ECEI 1/805-812. 9 CEI, Dichiarazione finale della III assemblea generale (19-24 febbraio 1968), Roma 6 marzo 1968 in ECEI 1\1625-1627. Per la prima volta si parla di azione pastorale ed educativa per il mondo dei giovani. 10 CEI, Dichiarazione sulla stampa immorale, Roma 25 marzo 1968 in ECEI 1\1651-1654. 11 CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA CEI, Comunicato, Roma 7 giugno 1968 in ECEI 1\1686. 12 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA CATECHESI, Nota L’insegnamento della religione nelle scuole italiane, Roma, 15 luglio 1968 in ECEI 1\1705-1735. 13 CEI, Documento pastorale Il Rinnovamento della catechesi, Roma 2 febbraio 1970 in ECEI 1\2788-2792. 14 IBIDEM.

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formativa centrata sulla responsabilità che gli educatori devono assumere nei confronti dei giovani. Tuttavia, siamo ancora in una fase iniziale, in cui la materia non sembra essere distinta e omogenea. Anche il Documento-Base della catechesi italiana assolutamente innovativo rispetto ai tempi presenta caratteristiche tipiche dei testi a sfondo conciliatorio tra posizioni diverse e, talvolta, opposte per necessità di mediazione compromissoria. A completare il quadro di questo primo periodo sono due interessanti testi su Comunicazioni sociali e gioventù15 e La messa per i giovani16.

1.1.3. dal 1972 al 1981: Prima fase progettuale - Roma: Evangelizzazione e

sacramenti.

Questa primissima fase di rinnovamento ha inciso fortunatamente sulle fasi successive. Nel 1973 viene presentato il documento Evangelizzazione e sacramenti17: piano pastorale per gli anni ’70, poco prima della celebrazione del Sinodo del 1974 sull’evangelizzazione. Il compito principale della pastorale venne individuato nella necessità del passaggio dal modello di cristianità a quello di evangelizzazione. Il Consiglio permanente della CEI aveva espresso questa necessità nella redazione di quel noto testo del Documento Evangelizzazione e promozione umana, del 197718. In questo momento coesistono più modelli pastorali rispondenti alle spinte di influenza delle differenti concezioni teologico-pastorali; si vive in un clima ecclesiale dominato da accesi dibattiti. Tra notevoli conflittualità, si cerca di pervenire a conciliazione tra divergenti posizioni attraverso una via diplomatica e cioè: integrare il modello di nuova cristianità adulta con il modello di nuova evangelizzazione.

Per quanto concerne l’aspetto dell’educazione, viene recepito e integrato nei documenti magisteriali il metodo del vedere-giudicare-agire, assumendo così, finalmente, il discernimento dell’analisi della situazione sulla realtà giovanile, come parte essenziale all’interno della materia pastorale. In questo senso, risaltano la presa in considerazione positiva di alcuni grandi capitoli dell’analisi come quella più ricorrente dell’esame delle possibili cause della crisi dell’educazione dei giovani. Dalla materia analitica si passa a proposte di intervento della Chiesa nell’ambito delle agenzie educative come Mass media, scuola, turismo e sport. Lo stesso titolo del documento Evangelizzazione e sacramenti, per certi aspetti, denota la coabitazione delle due posizioni emergenti in riferimento alla prassi pastorale (situazione presente anche all’interno dei documenti del Concilio). Le vocazioni in Italia 197319: il documento è interessante sia per la terminologia adatta ai tempi usata sia anche per la strategia pastorale. Si riscontra invece il fatto che non è un documento dedicato interamente e globalmente alla problematica giovanile. La Chiesa e il mondo rurale italiano 197320: i giovani e il problema dell’agricoltura. La Chiesa e il mondo industriale italiano 197321: attenzione per i giovani operai. Comunicato 197722: Questo intervento è rilevante per la terminologia pastorale giovanile usata. Anche se l’ambito è ristretto alla sola catechesi, è interessante notare il pressante appello dei Vescovi a tutte le comunità locali per la corresponsabilità nell’analisi della tematica dei giovani nella società e nella Chiesa. Comunicato 197723: ricerca dei motivi della crisi giovanile. Le radici del malessere 197824:

15 CEI, Comunicato Comunicazioni sociali e gioventù per la quarta giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Roma 23 aprile 1970 in ECEI 1\3349-3350. 16 CEL, Nota circa la messa per i giovani, Roma 23-24 febbraio 1970 in ECEI 1\2991-3013. 17 CEI, Documento pastorale Evangelizzazione e sacramenti, Roma, 12 luglio 1973 in ECEI 2\385-506. 18 in ECEI 2\2662-2701. 19 CENTRO NAZIONALE PER LE VOCAZIONI, Piano pastorale per le vocazioni in Italia, Linee programmatiche approvate dalla Commissione per l’educazione cattolica, Roma 10 luglio 1973 in ECEI 2\293-372. 20 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI, Documento pastorale, La Chiesa e il mondo rurale italiano, Roma 11 novembre 1973 in ECEI 2\735.738.744.774.810s 21 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI, Documento pastorale La Chiesa e il mondo industriale italiano, Roma 11 novembre 19773 in ECEI 2\881.898. 22 CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Comunicato circa i lavori della sessione ordinaria del 21-24 marzo, Roma 28 marzo 1977 in ECEI 2\2658 23 CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Comunicato circa i lavori della sessione ordinaria del 5-8 settembre, Roma 13 settembre 1977 in ECEI 2\2883.

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analisi dei motivi della crisi e fiducia nei giovani. Messaggio 197825: comunità cristiana e condizione giovanile. Pastorale del tempo libero e del turismo in Italia 198026: emerge la preoccupazione impellente che la condizione dei giovani si manifesta come una questione che interessa e coinvolge tutti per un progetto di futuro dell’umanità...; la condizione giovanile si presenta come una condizione sociale; viene adoperata una terminologia tipicamente sociologica come universo giovanile, crisi dei valori etc.; nello stesso tempo la pastorale del turismo si presenta come mezzo privilegiato di educazione, quindi fa parte delle strategie di intervento.

1.1.4. dal 1981 al 1991: Seconda fase progettuale - Roma: Comunione e

comunità.

È di questo periodo il discernimento ecclesiale che porta a una forte autocritica della

pastorale italiana con il piano pastorale per gli anni ’80: Comunione e Comunità 198127. Si sente la necessità di abbandonare i vecchi modelli clericocentrici per recepire finalmente il rinnovato magistero di Lumen Gentium sulla Chiesa-comunione.28 È presente la necessità di passare, per così dire, dall’idea di Chiesa come isola pedonale o come bene di consumo a quello di corresponsabilità nell’edificare la comunione. È incipiente in germe il nuovo modello di nuova evangelizzazione. È interessante notare come i termini di evangelizzazione, pastorale e missione, talvolta sono interscambiati, forse grazie all’influsso delle novità introdotte nel 1975 da Evangelii Nuntiandi.

L’educazione dei giovani è vista da una prospettiva più ecclesiale-comunitaria, presentata come nuova ed alternativa rispetto alla formazione tradizionale. Si accentuano alcuni aspetti più specificamente antropologico-sociologici come l’educazione all’appartenenza ecclesiale e quelli più catechetico-spirituali di educazione come proposta di fede. Un aspetto alquanto innovativo vede anche i giovani chiamati all’evangelizzazione da corresponsabili della loro crescita umana e spirituale. L’educazione dei giovani è considerata segno dei tempi, poiché corresponsabili nella azione pastorale della Chiesa. Anche se non è ancora emersa la necessità di un progetto unitario di pastorale giovanile, si estrinsecano aspetti importanti del rinnovamento dell’orizzonte pedagogico dell’evangelizzazione come i seguenti temi: giovani e sessualità; giovani e cultura; giovani e mondo del lavoro; giovani e società etc. Si fa rilevare che purtroppo fino a questo punto non vi è stata una situazione convergente ed unitaria di pastorale. È interessante riportare una autocritica della stessa chiesa italiana: se alcune diocesi hanno impegnato persone a tempo pieno nella pastorale giovanile, molte altre hanno perso i contatti soprattutto a livello parrocchiale. Una pastorale giovanile rinnovata, più aderente alle domande dei giovani e condotta in dimensione vocazionale, appare necessaria per dare nuovo impulso anche alle vocazioni consacrate.

L’impegno missionario della Chiesa italiana 198229: non è dimenticata la dimensione missionaria della pastorale dei giovani. vanno anche cercate delle proposte strategiche di intervento nel settore particolare. Vocazioni nella Chiesa italiana 198530: il presente piano pastorale è importante perché inserisce in esso anche la preoccupazione della situazione di crisi e i giovani. È interessante notare come anche i giovani vengono definiti «segni dei tempi». Un altro passo fondamentale è la «centralizzazione della pastorale giovanile» come quadro generale di riferimento per tutta la

24 CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Messaggio ai confratelli nell’episcopato e alle loro comunità diocesane, Roma 7 aprile 1978 in ECEI 2\3020.3030. 25 CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Messaggio ai confratelli nell’episcopato e alle loro comunità diocesane, Roma 27 gennaio 1978 in ECEI 2\2996-2998. 26 CONSIGLIO EPISCOPALE PER LE MIGRAZIONI E IL TURISMO, Orientamenti per la pastorale del tempo libero e del turismo in Italia, Roma, 2 febbraio 1980 in ECEI 3\58-59. 27 CEI, Documento pastorale Comunione e comunità: I. Introduzione al piano pastorale - II. Comunione e comunità nella Chiesa domestica, Roma, 1 ottobre 1981 in ECEI 3\633-742. 28 CEI, Documento pastorale Comunione e comunità: I. Introduzione al piano pastorale - II. Comunione e comunità nella Chiesa domestica, Roma, 1 ottobre 1981 in ECEI 3\633-742; CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI, Documento La Chiesa italiana e le prospettive del paese, Roma, 23 ottobre 1981 in ECEI 3\768. 29 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA COOPERAZIONE FRA LE CHIESE, Documento pastorale L’impegno missionario della Chiesa italiana, Roma 21 aprile 1982 in ECEI 3\1000. 30 COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Piano pastorale Vocazioni nella Chiesa italiana, Roma 26 maggio 1985 in ECEI 3\2458-2459.2461.2464

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pastorale vocazionale. Quindi si è giunta ad una maturazione più attenta che tiene conto non solo delle scelte strategiche, ma anche degli obiettivi generali da raggiungere: una pastorale giovanile degna di tale nome. È interessante sottolineare anche il fatto che i giovani ed i ragazzi vengano considerati come protagonisti responsabili nella comunità cristiana. La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia 198931: Anche questo documento è interessante per la presa in considerazione della dimensione sessuale ed affettiva come parte principale della pastorale dei giovani. Infatti dura è la critica nei confronti di quella pastorale giovanile che non tiene conto della pastorale prematrimoniale. Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno 198932: questo documento fa perno sull’inculturazione del Vangelo nel contesto della Chiesa locale. L’accenno ai giovani è indispensabile data la portante significatività della loro presenza. Aspetti pastorali del problema della tossicodipendenza 199033: il documento è di notevole interesse per l’apertura che la Chiesa mette in atto per una questione sociale e giovanile. Evangelizzazione e testimonianza della carità 199034: l’inserimento del tema, educare i giovani al Vangelo della carità, della pastorale dei giovani in questo documento è importante per molteplici motivi. Innanzitutto si segnala la sempre più accentuata analisi mutuata dalle Scienze Umane, che è caratterizzata dall’originalità della nuova disciplina ormai consolidata. La pastorale giovanile ... è diventata oggi una realtà in profondo mutamento e alla ricerca di se stessa. Infine si sottolineano le scelte operative, gli orientamenti di contenuto e di metodo.

1.1.5. dal 1990 al 1996: Terza fase progettuale - Collevalenza: Evangelizzazione e

testimonianza della carità.

Il documento principale di questa nuova e decisiva fase di transizione fu Evangelizzazione e testimonianza della carità, orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni ’90.35 Il modello di pastorale è decisamente mutato in quello di Nuova Evangelizzazione. Si adoperano i termini di Evangelizzazione e testimonianza della carità. Per la prima volta il termine orientamenti entra in sostituzione di piano pastorale, conferendo così alle singole realtà locali la possibilità di procedere nella loro progettazione con più autonomia. Tra le interpellanze generali dei nuovi orientamenti vi è una via privilegiata: l’educazione dei giovani al Vangelo della carità. Si utilizza molto lo strumentario terminologico desunto dalle Scienze umane. Molto positivo è il salto in avanti compiuto dalla Chiesa italiana, recependo i nuovi orizzonti prospettici dell’ecclesiologia dinamica del magistero pastorale di Giovanni Paolo II. Il nuovo modello pastorale è strettamente connesso alla sua inculturazione nei nuovi contesti sociali e culturali. Dal 1991 al 1993 si inaugura il nuovo Servizio nazionale per la pastorale giovanile.36

Con questa nuova fase la Chiesa italiana porge una rinnovata attenzione ai giovani anche in termini di ricerca-intervento a livello nazionale. L’educazione dei giovani entra completamente tra i compiti specifici della prassi ecclesiale di evangelizzazione. Pienamente positivo è il fatto di un’organizzazione unitaria e globale per i giovani.

Comunicato 199237:invito ai giovani a diventare apostoli degli altri giovani. Comunicato finale 199238: presentazione ai Vescovi del quadro dei primi mesi di attività del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile iniziato nel settembre 1991. Il servizio della CEI è a disposizione di ogni regione perché possa migliorare il servizio pastorale dei giovani. Le giornate mondiali di incontro dei giovani sono momenti significativi per l’incremento di questo servizio. Comunicato

31 UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA, La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia, sussidio di prospettive e orientamento, Roma 24 giugno 1989 in ECEI 4\1789-1803. 32 CEI, Documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, Roma 18 ottobre 1989 in ECEI 4\1968. 33 CONSULTA NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA SANITA’ E CONSULTA ECCLESIALE DELLE OPERE CARITATIVE E ASSISTENZIALI, Nota Aspetti pastorali del problema della tossicodipendenza, Roma, 1 ottobre 1990 in ECEI 4\2537-2548. 34 CEI, Documento pastorale Evangelizzazione e testimonianza della carità. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per gli anni ‘90, Roma, 8 dicembre 1990 in ECEI 4\2771-2776 35 IBIDEM. 36 cfr. supra. 37 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Comunicato circa i lavori della sessione del 9-12 marzo, Roma 16 marzo 1992 in ECEI 5\695. 38 CEI, Comunicato circa i lavori della XXV assemblea generale (11-15 maggio), Roma, 19 maggio 1992 in ECEI 5\917.

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199339: la scuola è una reale priorità per la pastorale. Dimensione ecclesiocentrica della pastorale giovanile italiana: la Chiesa stessa...si sente chiamata a diventare casa abitabile per tutti i giovani. Comunicato 199340: nuove frontiere dei giovani e della loro educazione alla fede; proposta di bozza di regolamento. Secondo la precisa indicazione del piano pastorale per gli anni ‘90 non deve mancare in ogni diocesi un’organica, intelligente e coraggiosa pastorale giovanile. Si avvia la creazione a livello diocesano degli opportuni organismi di coordinamento, partecipazione, portando il contributo per la crescita spirituale e catechistica. Regolamento del Servizio nazionale per la pastorale giovanile 199341: finalità del Servizio: offrire la collaborazione alle diocesi per la formulazione del progetto educativo; stimolare il confronto per lo studio e la ricerca su scala nazionale; preparazione per la Giornata mondiale della gioventù. Strategie di attuazione: accoglie, studia, elabora e propone le linee generali dell’educazione alla fede per la formulazione dei progetti pastorali; sostiene il coordinamento regionale; collabora con specialisti nel settore; contatti a livello di chiesa universale; lavora con tutti i vari organismi della CEI per un servizio globale e coordinato; Responsabili del Servizio: un Direttore nominato dal Consiglio permanente CEI per 5 anni ed altri coadiutori; Commissione costituita da incaricati regionali (un presbitero e un giovane laico), per la programmazione e la concretizzazione; esperti e gruppi di ricerca. Comunicato dei lavori 199342: approvazione del Regolamento del Servizio nazionale per la pastorale giovanile. In preparazione al convegno ecclesiale 199443: accenno su una relazione circa le attività svolte nei due anni del Servizio nazionale per la pastorale giovanile. Prioritaria è l’educazione alla fede dei giovani. Per la scuola 199544: finalmente si esprime la necessità dello slancio missionario, la necessità di uscire per incontrare tutti i giovani, non solo quelli della comunità cristiana. Tutti sono chiamati a collaborare con urgenza per questa opera di carità. I giovani ed i ragazzi sono protagonisti nella formazione del progetto scuola.

1.1.6. dal 1996 al 2001 : Quarta fase progettuale - Palermo: Con il dono della

carità dentro la storia.

La Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo,45 propone una via di concretizzazione al modello di nuova evangelizzazione. Sono ormai pienamente recepite le istanze teologico-pastorali rispondenti a quel modello come la dimensione di incarnazione e la profonda inculturazione del messaggio evangelico. I giovani sono considerati la speranza della Chiesa e dell’umanità. Si passa da un atteggiamento periferico nei confronti della pastorale giovanile ad una centralità di essa all’interno della pastorale organica. In particolare, nei numeri 38-40 della Nota, sono contenuti ulteriori specificazioni della questione. Con i giovani per testimoniare la speranza è il titolo per questi tre numeri dedicati interamente alla pastorale giovanile.

• n. 38: la speranza appare oggi problematica per l’analisi della situazione veramente grave; l’impegno prioritario è quello di offrire alle nuove generazioni la possibilità di un incontro personale con Cristo.

• n. 39: si fa menzione di molti esperti nel campo giovanile; vi è però l’urgenza di ripensare la pastorale giovanile, conferendole organicità e coerenza in un progetto globale, che sappia esaltare la genialità dei giovani e riconoscere in essa un’opportunità di grazia; i giovani devono trovare una casa accogliente nella Chiesa dove ci sia dialogo; si elencano anche gli

39 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Comunicato circa i lavori della sessione invernale (25-28 gennaio), Roma 1 febbraio 1993 in ECEI 5\1321-1323. 40 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Comunicato circa i lavori della sessione primaverile (22-25 aprile), Roma 29 marzo 1993 in ECEI 5\1534. 41 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Regolamento del servizio nazionale per la pastorale giovanile, Siena, 20-23 settembre 1993 in ECEI 5\1944-1945. 42 CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Comunicato dei lavori nella sessione autunnale (Siena, 20-23 settembre), Roma, 27 settembre 1993 in ECEI 5\1961. 43 COMITATO PREPARATORIO NAZIONALE DEL CONVEGNO ECCLESIALE DI PALERMO: Io faccio nuove tutte le cose. Traccia di riflessione in preparazione al convegno ecclesiale (Palermo, 20-24 novembre 1995). Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia, Roma 19 dicembre 1994 in ECEI 5\2455. 44 COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, LA CULTURA, LA SCUOLA E L’UNIVERSITA’, Lettera per la scuola agli studenti, ai genitori, a tutte le comunità educanti, Roma 29 aprile 1995 in ECEI 5\2579. 45 CEI, Nota pastorale Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo, in Documenti CEI 88 (1996) LDC, nn. 38-40

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ambienti tipici dell’accoglienza; ogni diocesi deve tenere presente il proprio progetto pastorale.

• n. 40: è necessaria la presenza di guide nel cammino formativo dei giovani come sacerdoti, religiosi, laici, educatori; la formazione è mediata dagli itinerari educativi, che trovano nel catechismo della CEI un valido modello; il Servizio nazionale per la pastorale giovanile sarà anche presente nel contesto della progettualità della formazione, in vista di confronti, convegni e la Giornata mondiale della gioventù; i giovani sono i primi promotori del vangelo e della testimonianza.

In questo decennio la Cei propone diversi interventi con le Note per l’iniziazione cristiana in stile catecumenale e per il risveglio cristiano. Inoltre, altri documenti sull’educazione stavano preparando il terreno attuale come: la Nota del 1998, Le comunità cristiane educano al sociale e al politico, gli orientamenti della XLV Assemblea generale, Educare i giovani alla fede del 1999.46 Proprio quest’ultimo documento sembra, per certi versi, anticipare gli Orientamenti del 2010. Le intuizioni che strutturano i contenuti del documento del ’99 scaturivano direttamente dal Convegno ecclesiale di Palermo e furono oggetto di esame accurato durante l’Assemblea generale dei vescovi riuniti nel 1998 a Collevalenza. Dalle intuizioni si passò alla redazione della Nota del 1999 che riassumeva in quattro nuclei di fondo le istanze più importanti per una pastorale più approfondita delle comunità ecclesiale e cioè: a) camminare insieme con i giovani; b) al centro della pastorale la persona di Cristo, vivente nella chiesa; c) la mediazione educativa di tutta la comunità; d) lo slancio missionario che deve sostanziare tutta la prassi ecclesiale di evangelizzazione.

1.1.7. Dal 2001 al 2011: Quinta fase: la pastorale nei campi della cultura e della

comunicazione

Richiamando brevemente alla memoria gli Orientamenti per il decennio 2000-2010, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, già nell’introduzione si contestualizzavano le intenzioni di fondo nell’orizzonte preciso della teologia della speranza, come recitava il testo al numero 1: compito primario della Chiesa sia testimoniare la gioia e la speranza originate dalla fede nel Signore Gesù Cristo.47 Nel primo capitolo del documento si fondavano nell’orizzonte cristologico le decisive affermazioni contenute nel secondo capitolo fortemente aperto ad una ecclesiologia dinamica aperta alla missione della cultura e della comunicazione. Proprio sul filo delle questioni venne fuori la fortuna asserzione della necessità di una conversione pastorale delle attività ecclesiali nel campo della comunicazione, talmente pervasiva che ha trasformato in tempi rapidissimi la realtà sociale e i contesti culturali attuali. Al numero 51 si diceva appunto che l’educazione dei giovani è fondamentale in questo quadro di rinnovamento pastorale, che le comunità eucaristiche devono assumere come compito irrinunciabile, pena lo smarrirsi non solo dei giovani soggetti con gli adulti della formazione, ma ancor più del destino delle nostre comunità. L’esperienza pedagogica porta alla necessaria sperimentazione educativa in termini di laboratori della fede a livello esistenziale. In questo senso si percepisce il richiamo alla dimensione missionaria della pastorale, ai compiti inerenti il primo annuncio e la sua collocazione all’interno del quadro più vasto della trasformazione della cultura. La pastorale d’ambiente, richiamava il testo ai numeri 61-62, può condurre all’effettiva incidenza della maturazione della fede anche nelle situazioni di frontiera. Tra le Note pastorali del decennio sono da ricordare le seguenti: 2003, L’iniziazione cristiana. 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta, nel 2004, il Volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, nel 2005 Questa è la nostra fede, nota sul primo annuncio, 2007 Rigenerati ad una speranza viva, nota dopo

46 CEI, Educare i giovani alla fede. Orientamenti della XLV Assemblea generale, 27 febbraio 1999, in ECEI 6/2000, 1543-1578. 47

Cfr. http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/cciv4_doc.edit_documento?id_pagina=7789&p_id=6125

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il 4 convegno ecclesiale e infine nel 2010 il documento per le nostre chiese del Sud, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno. I temi variano nelle rispettive Note, anche se l’attenzione alla dimensione educativa è presente di continuo ed assume aspetti rilevanti in ogni contesto

Nell’ultimo documento in ordine di tempo, ossia il Comunicato finale del Consiglio permanente del 24-27 gennaio 2011, i nostri Vescovi hanno richiamato ancora una volta e con decisione la questione educativa come lente focale per affrontare la grave questione morale che si presenta come questione culturale, profondamente collassata nella corruzione delle Istituzioni. Dunque, la questione educativa si configura immediatamente come chiave di soluzione ai problemi attuali e i giovani sono definiti come la lente attraverso la quale leggere la situazione del Paese. Nel prossimo mese di maggio si terrà a Roma la prossima Assemblea generale dal tema: introdurre e accompagnare all’incontro con Cristo nella comunità ecclesiale: soggetti e metodi dell’educazione alla fede. Il rimando del Comunicato ai settori di discussione dell’ultima Settimana Sociale tenuta a Reggio Calabria nell’ottobre 2010 ha connesso il tema dell’educare alla complessità dell’azione pastorale in vista di un urgente rinnovamento del Paese. Senza abbandonarsi a fuorvianti catastrofismi, è tempo di prendere in mano la situazione, prima che il peggio faccia il resto.

1.2. La fase attuale: gli orientamenti per il decennio 2010-2020

Il documento è suddiviso in cinque capitoli, omogenei e ben connessi tra di loro; la lingua è

fluente e il testo è di immediata comprensione. Un’introduzione aggancia il testo alla tradizione tutta italiana degli orientamenti precedenti, premettendo, in modo conciso, ma completo, quei principi generali che ispirano remotamente le intenzioni prospettiche della materia magisteriale. Inoltre, nella presentazione del Card. Bagnasco e nell’Appendice del testo papale, sono evidenti ulteriori elementi che completano il quadro magisteriale presentato nel testo degli Orientamenti. Come è tradizione, ormai, ogni testo magisteriale si chiude con il riferimento alla Beata Vergine Maria.

1.2.1. I temi e le prospettive

Scorrendo il testo degli Orientamenti, si percepisce la decisa caratura pedagogico-religiosa,

riflessa su una già collaudata «teologia dell’educazione»; i contenuti degli Orientamenti sono sostanziati da espliciti richiami a prospettive della «filosofia dell’educazione cristiana», aperte a esperienze pedagogiche «altre»: dall’umanesimo integrale con la questione dei fini dell’educazione, alla pedagogia della libertà e della speranza48. L’evocazione della «vita buona» riprende temi cari alla tradizione tomista, certamente rivisitate sotto nuova luce49. Anche i vari elementi strutturali che accompagnano le cadenze di un testo immediatamente fruibile e stimolante canalizzano verso una pedagogia cristocentrico-trinitaria; questi sono richiami del cammino del rinnovamento catechistico italiano.

I trattati di teologia pastorale, dai classici ai più recenti, pongono il capitolo kairologico a saldatura tra l’ambito dei fondamenti della pastorale e il settore metodologico-strategico di intervento. Il livello kairologico e criteriologico della teologia pratica o pastorale non può essere avulso dai modelli o paradigmi pastorali. Questi modelli o paradigmi sono strumenti conoscitivi che fondano le opzioni attuative. Data e non concessa l’analisi delle varie fasi di elaborazione del testo degli Orientamenti, che meriterebbe uno screening più attento dei vari momenti redazionali, possiamo concludere che già nel titolo degli Orientamenti sono evidenti i tratti caratterizzanti dell’opzione di fondo. Parto dall’ipotesi che Educare alla vita buona del Vangelo non sia solo un

48 Cfr. J. MARITAIN , Educazione al bivio, La Scuola, Brescia 1969. Il testo degli Orientamenti avrebbe potuto richiamare anche i numerosi riferimenti che sono presenti nella nutrita storia della pedagogia religiosa e in quella più recente della teologia dell’educazione.

49 Sarebbe utile rivedere alcune «riscoperte» dell’interpretazione dei testi tomisti tra filosofia morale e filosofia dell’educazione, per questo problema si veda G. ABBÀ, Una filosofia morale per l’educazione alla vita buona, in “Salesianum” 53(1991)2, pp. 273-314.

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semplice titoletto o uno slogan da impatto mediatico per catturare l’attenzione, come da copertina di marketing, su un aspetto poco evidenziato della vita ecclesiale italiana; quel titolo, a parer mio, costituisce in sintesi l’indicazione deittica del nesso strutturale, poiché criterio interpretativo, che lega fondamenti della rivelazione e strategie di intervento. Il titolo presuppone un nuovo paradigma teologico-pratico o pastorale.

In effetti, questa congettura non spunta dalla fantasia da mille e una notte; essa è sostenuta dalla lettura sine glossa dei testi del Magistero post-conciliare, in modo particolare Catechesi tradendae del 1979 e il Direttorio Generale per la catechesi del 1997. Tralascio, tuttavia, le argomentazioni su questo tema che meriterebbe ulteriori approfondimenti e assumo a sostegno di quella ipotesi alcuni passaggi della Presentazione del Card. Bagnasco e del Discorso di SS. Benedetto XVI che fanno da cornice agli stessi Orientamenti. Nella presentazione del Card. Bagnasco si afferma che è indispensabile «fare discepoli del Signore Gesù, Maestro che educa all’umanità piena». Inoltre, gli Orientamenti sono finalizzati a dare alcune linee di fondo per una crescita concorde – e ribadisco concorde – delle Chiese in Italia per la complessità dell’agire educativo. L’educazione costituisce una sfida culturale, un segno dei tempi; essa, in sintesi, è quella dimensione costitutiva e permanente della missione ecclesiale che consente l’incontro di Dio con l’uomo redento; l’educazione deve essere, per questa ragione fondamentale, integrale e completa (cioè disposta da una permanente opera di pianificazione e di verifica metodologica). Un altro elemento imprescindibile emerge dall’asserzione fortissima che vede l’educazione come parte che caratterizza l’evangelizzazione; l’educazione è azione evangelizzatrice di tutta la chiesa.

Il rimando al riferimento sicuro del Magistero di Benedetto XVI impone uno sguardo più umile a salvaguardia non del solo criterio veritativo pedagogico-religioso della fedeltà a Dio e alla tradizione della Chiesa, sarebbe troppo formale questo vincolo; esso implica un coraggioso ossequio della volontà e dell’intelletto al criterio più che sublime della comunione ecclesiale. Questo è il vero nodo problematico della pastorale concreta: la comunione ecclesiale, fondamento della testimonianza e della credibilità della Chiesa. Il compito dei soggetti dell’educazione (che sono anche soggetti dell’evangelizzazione) si diversifica nei vari ambiti settoriali di un progetto globale di formazione dei formatori. Non si può tergiversare più in questo settore; è indispensabile agire con determinazione e convinzione. Pena il futuro stesso della nostra prassi pastorale.

Schema del documento 2011 Introduzione: 1. Alla scuola di Cristo, maestro e pedagogo; 2-4. Un rinnovato impegno ecclesiale; 5-6. Una speranza affidabile, anima dell’educazione. Capitolo 1. Educare in un mondo che cambia. 7-8. È tempo di discernimento; 9-13. Nei nodi della cultura contemporanea; 14. Dall’accoglienza all’integrazione; 15. Per la crescita integrale della persona. Capitolo 2. Gesù, il Maestro. 16.17-18. Si mise ad insegnare loro molte cose; 19. Dio educa il suo popolo; 20-21. La Chiesa discepola, madre e maestra; 22-24. Formare la vita secondo lo Spirito. Capitolo 3. Educare, cammino di relazione e di fiducia. 25. Un desiderio che trova risposta; 26-28. Un incontro che genera un cammino; 29. Con la credibilità del testimone; 30. Passione per

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l’educazione; 31-32. Una relazione che si trasforma nel tempo; 33. Negli ambiti della vita quotidiana; 34. Una storia di santità. Capitolo 4. La Chiesa, comunità educante. 35. Un solo corpo e un solo Spirito; 36-38. Il primato educativo della famiglia; 39-40. Nel cantiere dell’educazione cristiana; 41-43. La parrocchia crocevia delle istanze educative; 44. La pietà popolare; 45. La vita consacrata; 46. La scuola e l’università; 47. Il docente di religione cattolica; 48. La scuola cattolica e i centri di formazione professionale d’ispirazione cristiana; 49. L’università; 50. La responsabilità educativa della società; 51. La comunicazione nella cultura digitale. Capitolo 5. Indicazioni per la progettazione pastorale. 52-53. Esigenze fondamentali; 54-55. Obiettivi e scelte prioritarie Affidati alla guida materna di Maria. 56. Altri testi: a) presentazione del Card. Bagnasco, b) appendice: Discorso di S.S. Benedetto XVI alla 61a Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.

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L’Introduzione apre gli orizzonti dell’educare alla vita buona del Vangelo. Mentre si evidenzia la decisione pastorale della CEI di dedicare un decennio all’educazione, si affermano alcuni principi essenziali che riguardano la dimensione storico-salvifica dell’educazione, poiché si pone l’educare di Dio del suo popolo all’interno della storia della salvezza; un teologumeno derivato concerne la continuazione della pedagogia di Dio nella pedagogia della chiesa come dato tradizionale (più volte si richiama il Pedagogo di Clemente alessandrino). Il Concilio Vaticano II aveva promosso un approfondimento magisteriale nella Gravissimum Educationis anche se una riflessione più completa sgorga dalla lettura trasversale dei vari testi dello stesso Concilio.

Il capitolo primo esordisce con una scelta di campo essenziale: collocare l’educazione all’interno dell’evangelizzazione della cultura e nelle dinamiche più profonde della trasformazione della storia: «L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al momento e al contesto in cui essa si trova a vivere, alle dinamiche culturali di cui è parte e che vuole contribuire a cambiare».

Tra i vari segni dei tempi che sono stati evidenziati, spicca la libertà come presupposto essenziale per la formazione di tutti. L’educazione è un intervento nella storia, attraverso un processo continuo di discernimento della storia e della cultura. La presa in considerazione dei nodi della cultura contemporanea indica questa precisa intenzione di intervento già nella fase kayrologica; si indicano alcuni obiettivi generali dell’educare: portare alla crescita integrale della persona, attraverso due fondamentali strategie di intervento l’accoglienza e l’integrazione. Il capitolo mette in risalto una situazione sociale che sta interessando da qualche decennio la popolazione italiana e cioè la sua progressiva composizione sociale avvenuta con l’ingresso in Italia di molteplici gruppi etnici provenienti dall’estero. Il fenomeno della immigrazione è considerato un segno dei tempi per la stessa chiesa italiana, sempre più coinvolta nel suo ministero di esperta del dialogo e dell’accoglienza.

Il secondo capitolo costituisce una trattazione cristologica a sé, ottima sintesi di un cristocentrismo pedagogico-religioso più completo ed aggiornato rispetto ai testi magisteriali precedenti. Finalmente, si recepiscono alcune grandi acquisizioni magisteriali come il cristocentrismo-trinitario e la forte accentuazione ecclesiodinamica e pneumatologica della prassi di evangelizzazione. La pastorale non è solo sic et simpliciter opera del pastore, ma è compito e ministero di tutta la Chiesa, come aveva mirabilmente tracciato Evangelii Nuntiandi nel 1975 al numero 60: l’evangelizzazione è opera di tutta la chiesa. Il cristocentrismo-trinitario fonda ultimamente questa prospettiva ecclesiodinamica e pneumatologica: la pedagogia di Dio si manifesta nella storia come epifania della comunione trinitaria, una comunione che genera continuamente nuovi figli grazie alla mediazione storica della pedagogia della Chiesa, popolo santo costituito dalla comunione agapica della SS. Trinità. L’educare alla vita buona del Vangelo non consiste tanto in metodi o didattiche (sempre necessarie per mediare le forme e i modelli di educazione), essa trova sostanza proprio nell’agire della SS. Trinità nella storia, come agire educativo di Dio stesso. Questo dato essenziale è costitutivo della nuova prospettiva magisteriale e conferisce alle prospettive derivate ogni possibilità di riuscita teologica, pastorale e spirituale, oltre che catechetica e pedagogico-religiosa. Senza la pedagogia della Chiesa, ordinariamente come si potrebbe continuare nella storia la pedagogia di Dio? È vero che Dio può far sorgere i suoi figli dalle pietre, ma è anche chiaro che abdicare al compito dell’educare per pigrizia o disimpegno vuol dire negare di fatto la presenza di Dio nella storia. La vera formazione è compiuta nello e dallo Spirito Santo; solo egli genera e plasma il volto e il cuore del credente, ordinariamente nella vita della Chiesa, secondo quanto Paolo dice ai Corinzi circa la generazione in Cristo (4, 15-16) e ai Filippesi (Fil 3,17) per quanto riguarda gli stili di apprendimento della fede.

1.2.2. L’educazione nel quadro della nuova evangelizzazione

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Da questo quadro eccipiente emergono con chiarezza le intenzionalità prospettiche che devono caratterizzare l’agire pastorale della Chiesa italiana: una prassi evangelizzatrice centrata decisamente in chiave educativa. Spetta adesso alle varie Diocesi e alle comunità locali il difficile compito della recezione degli Orientamenti e la loro traduzione in interventi specificamente inculturati e contestualizzati alle situazioni particolari.

Il contesto italiano dal 2000 in poi è stato caratterizzato da due documenti in particolare: Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia; oltre ad eventi di intensa comunione come il Convegno di Verona. Alcune scelte di fondo emergono dai testi: a) il primato di Dio e la testimonianza della chiesa all’interno della teologia della speranza, attenzione alla vita e alle diverse vocazioni, le molteplici soggettività ecclesiali. Educare è la nuova sfida pastorale: occorre investire nel rinnovare gli itinerari formativi e nuova attenzione per gli adulti. Occorre una verifica dell’azione educativa della Chiesa italiana, per renderla disponibile attraverso l’ascolto e il dialogo. Al centro la proposta esplicita e integrale della fede della chiesa posta al centro della missione della chiesa.

Nell’orizzonte della teologia della speranza si svolgono i compiti dell’educare secondo il progetto dell’umanesimo integrale e trascendente; analisi della crisi dell’educazione porta a riconoscere la crisi di fiducia nella vita; educare significa offrire speranza. Le comunità sono destinatarie degli orientamenti per essere protagoniste dell’educazione. Educazione incarnata nella storia e nella cultura, forza di trasformazione sociale per immettere i germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, superare l’autoreferenzialità e la frammentazione, il nichilismo e il relativismo.

1.2.3. Le mediazioni dell’educare alla vita buona del Vangelo

Tra le istanze pastorali generali sono evidenti alcuni tratti caratterizzanti. a) La nozione di educazione nel campo dell’evangelizzazione. «Educare alla vita buona del Vangelo» non si qualifica come un «qualsiasi» compito

pastorale tra i «tanti» altri che affollano le agende diocesane; gli Orientamenti chiedono una reale convergenza nella «comunione delle scelte» pastorali. La testimonianza di comunione dovrebbe suscitare un «mutuo soccorso» tra Diocesi più ricche di «risorse» umane, spirituali e materiali nei confronti di quelle più disagiate, che languono per crisi interne o per atavici immobilismi. Ricominciare dall’educazione cristiana significa rilanciare proposte concrete per animare la speranza che in alcune chiese locali sembra essere ridotta, ormai, a lucignolo fumigante. L’educare alla vita buona del Vangelo costituisce, quindi, l’orizzonte medesimo degli «stili di una nuova evangelizzazione» che deve trovare fondamento «reale» nella comunione generosa e fattiva.

Educare alla vita buona del Vangelo presuppone che si viva realmente la comunione. Lo stile missionario della pastorale esige una reale condivisione di ricchezze tra diocesi, comunità parrocchiali tra loro confinanti e con le tante comunità ecclesiali non istituzionali, che compiono quotidianamente un profondo e capillare annuncio del Vangelo. L’unità della Chiesa italiana deve passare attraverso una «educazione alla comunione» che sia capace di superare scandalosi campanilismi e sterili contrapposizioni. Gli Orientamenti splendono non solo per chiarezza, ma anche per la concretezza delle proposte di intervento educativo. Inoltre, se l’educare alla vita buona esige il riferimento assoluto al Vangelo di Cristo, è indispensabile ritornare radicalmente alla «parresia» del suo annuncio. Non sono ormai ammissibili sterili e fuorvianti contrapposizioni teologiche tra detrattori della questione antropologica e fautori della dimensione kerygmatica dell’evangelizzazione: i due aspetti sono parti costitutive del complesso processo di inculturazione della fede, che è stato scandito dalle diastole/sistole della «traditio/redditio» pedagogico-religiosa. È sorprendente come il documento apra le porte alla «complessità» dell’educazione cristiana. Ci chiediamo se sono comprese in questa complessità anche le diverse esperienze spirituali del cristianesimo inteso nella sua globalità.

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b) La pedagogia di Dio in contesto storico e culturale

Resta irrinunciabile il riferimento assoluto alla «pedagogia di Dio»; pedagogia che è

mediata, nelle successioni temporali e nei vari contesti territoriali ed ecclesiali, dalle multiformi esperienze pedagogiche, che scaturiscono sempre dalla creatività di Dio. Queste mediazioni storiche si ritrovano sia nella prassi pedagogica della Chiesa, comunità educante, sia nell’altrettanto importante pedagogia delle famiglie che sono protagoniste indiscusse dell’educazione: infatti, è vero che «il volto di un popolo si plasma in famiglia»50.

1.2.4. Limiti e rimandi degli Orientamenti

Gli Orientamenti sono insegnamenti del magistero collegiale della CEI. I suoi contenuti non costituiscono dottrine dogmatiche irreformabili e per questo motivo, troppo spesso e in modo irresponsabile, non pochi, purtroppo, prendono congedo da essi dopo una fugace e superficiale lettura, poiché testi pastorali. Il malvezzo della non considerazione culmina nello sfacciato esimersi dal dovere dell’approfondimento, con lo scandaloso modo di dire: ma quanti documenti dobbiamo leggere? Questi vescovi non hanno altro da fare che assillarci con tutta questa carta? La pastorale, eccetto che si riduca a pastorizia, è speculare alla verità creduta; infatti, la fides quae creditur è riflessa sulla fides qua creditur ed insieme concordi alimentano l’organismo virtuoso, come ci insegna la Summa teologica di Tommaso. Bando, quindi, alle sterili mediocrità e ai fuorvianti riduzionismi. È vero gli Orientamenti sono limitati non solo nella materialità redazionale a pochi numeri, ma anche negli ampliamenti teologico-pastorali. Certo, i teologi ci saremmo aspettati di più; ma è anche vero che il documento predilige la finalità metodologico-pastorale su quella dell’approfondimento. Tra i vari limiti, concordo su quanto afferma il prof. Riccardo Tonelli, fondatore della Pastorale giovanile in Italia:

La tradizione educativa religiosa sapeva molto bene quale vita era buona. Ha diffuso modelli e raccomandazioni a tutti i livelli. I santi, per esempio, sono i vissuti di questa vita buona. Oggi molto di questa ricchezza è entrata in crisi, attraversata inesorabilmente dai sospetti antropologici e teologici. Non basta di certo la “pars destruens”. Ne abbiamo realizzata tanta, forse troppa… senza ricostruire adeguatamente nel confronto tra i modelli antropologici dominanti e le esigenze irrinunciabili del Vangelo. Ho l’impressione che il documento si sbilanci poco a questo proposito. Indica la meta ma dà pochi contributi per comprenderla sul filo della quotidianità e sulla misura delle diverse generazioni. Si veda, a questo proposito tutto il paragrafo 54, in cui, attraverso un richiamo esplicito al convegno ecclesiale di Verona, sono suggerite alcune dimensioni concrete di “vita buona”. Da quelle indicazioni alla prassi quotidiana… di strada da percorrere ce n’è ancora molta. La dobbiamo fare assieme. Il documento… si fida di noi. Ci dà dei compiti. Tiriamoci su le maniche e cerchiamo di realizzarli. Assieme, in quel circolo interdisciplinare che è oggi condizione irrinunciabile per ottenere buoni risultati.

I limiti del documento sul piano teologico-pastorale non sono i soli; anche dal versante pedagogico-religioso, si poteva osare di più. Comunque, il testo gode di una sua prerogativa suppletiva delle varie possibili lacune: è un testo aperto, nel senso che presuppone che le comunità ecclesiali facciano il resto. Questa apertura è la forza decisiva del criterio di flessibilità della pastorale, sullo sfondo del metacriterio assoluto del principi di incarnazione e di quello relativo di inculturazione dell’esperienza di fede. Il rimando alle responsabilità particolare è demandato dalla stessa autorità magisteriale.

50 Orientamenti n. 56.

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1.3. Implicanze e prospettive pedagogico-religiose e catechetiche del

documento

Molte diocesi in Italia non si sono ancora dotate di un loro «progetto educativo e pastorale»;

diverse mancano – incredibile dictu ! – di un loro «progetto catechistico diocesano», nonostante il mandato del Direttorio Generale per la Catechesi del 1997. Forse, dieci anni potrebbero risultare insufficienti, se non si avviano, con urgenza e tempestività, programmi e/o pianificazioni a lungo termine per l’intervento pedagogico-religioso. Bisogna prendere atto che l’educazione, arte complessa e difficile, non ammette improvvisazioni; essa esige un «campo» preparato a lungo e, soprattutto, richiede un terreno sgombro da obsolete retoriche da sacrestie.

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“EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO”.

Seconda relazione

Le sfide educative: giovani in Sicilia tra luoghi tradizionali della

trasmissione della fede e nuovi nonluoghi della surmodernité

La prevalenza di alcune nozioni specifiche come quello di «ambiti» piuttosto che «luoghi»

dell’educare non porta a concludere che la CEI abbia abbandonato una nozione pastorale a favore di nuove tendenze. L’accentuazione della nozione di «ambiti» rispetto a «luoghi» dell’educare conferma che l’intenzione del magistero converge verso una comprensione globale, e non settoriale, della complessità dell’educare. Occorre, tuttavia, precisare che la nozione di «luoghi» dell’educare non indica una dimensione locativa dell’agire educativo, quanto una sua dimensione teologico-pastorale. La nozione di «luoghi» dell’educare, assunta nel lessico teologico, può essere intesa propriamente come «luogo teologico». Partiamo da alcune precisazioni terminologiche.

1. Le sfide educative nel tempo dei nonluoghi: alcune stimolazioni

antropologiche

1.1. Giovani

In primo luogo, è necessario definire il concetto di giovani. Cosa intendiamo con questo

termine? Giancarlo Milanesi nel suo articolo sul Dizionario di Pastorale giovanile, partendo da premesse sociologiche e antropologico-culturali, affermava che i giovani sono «uno strato di popolazione caratterizzato sostanzialmente da attribuzioni di età, i cui limiti tendono a fluttuare e ad espandersi, come effetto di certe dinamiche tipiche delle società caratterizzate da alti livelli di divisione del lavoro (e cioè di articolazione interna, strutturale e culturale), le cui conseguenze sono generalmente problematiche». Categorie interpretative per leggere il fenomeno giovanile sono le seguenti: marginalità (esclusione dal lavoro e parcheggiati a tempo indeterminato), frammentarietà (a causa della crisi dei processi di socializzazione in contesto di destrutturazione, si esprime in frammentazione del tempo psichico e si esprime in presentismo manifesto, e in frammentazione del quotidiano con conseguente relativizzazione del tempo), cambiamento culturale (è sempre in atto poiché la cultura è dinamica), eccedenza delle opportunità (all’interno della complessità sociale e culturale si staglia evidente la necessità continua di adattarsi in contesti di precarietà), l’identità perduta (causata dalla provvisorietà e reversibilità delle scelte, pluralità e policentrismo delle biografie individuali e degli orientamenti collettivi). I campi di osservazione e di intervento sono molteplici: religione, lavoro, istituzioni tradizionali (famiglia, chiesa, scuola, politica), tempo libero e cura del corpo, nuove culture e agenzie educative del cyberspazio digitale. Le categorie di lettura del poliverso giovanile possono condurre a delineare i lineamenti essenziali di una patologia e una fisiologia della situazione giovanile: analisi del disagio e dell’agio giovanile, esame della questione della vita morale con l’indicazione di processi costruttivistici che una filosofia eudemonica della felicità, vita buona e virtù può offrire; ma occorre partire dalla teologia della speranza e dell’ottimismo e considerare i giovani più come risorsa che problema, predisponendo interventi atti

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a passare dalla marginalità alla partecipazione, dalla frammentazione alla personalizzazione, dalle identità perdute ai nuovi bisogni, dal presentismo alla cultura del tempo, in un contesto di engendrement e di conquista della bellezza spirituale.51

Oggi ci troviamo di fronte a nuovi scenari a causa di un rapido mutamento del paradigma culturale e sociale. In un recentissimo articolo apparso sulla Civiltà cattolica si interpreta la situazione giovanile dalla prospettiva della crisi della famiglia a causa della diffusione della cultura del narcisismo. È indispensabile ritornare a educare. I dati dell’OMS registrano un aumento di suicidio giovanile del 60% rispetto agli ultimi 50 anni, per quanto riguarda gli adolescenti è cresciuto del 400% da 2,5 a 11,2 su 100.000. l’accentuazione è nei paesi dell’ex-blocco sovietico e in nuova zelanda, mentre in europa e italia le cifre sono più basse (3-6/100.000) ma con un incremento superiore al 100% nell’arco di 10 anni (1972-73/1983-84); i soggetti più deboli sono di sesso maschile. L’indice statistico è più preoccupante se si tratta del tentato suicidio. In italia il fenomeno è in notevole crescita. È definito come effetto Wether (Goethe, i dolori del giovane W.) o anche copycat effect: la crescita avviene per effetto di emulazione della comunicazione sociale per grande spettacolarità pubblicità dei media. Su internet girano anche manuali per suicidarsi.

Le possibili cause sono solo in misura ridotta biogenetiche e queste ultime sono insufficienti a spiegare l’incremento che è deducibile solo in concomitanza con aspetti socio-culturali. Oggi predomina una mutata rappresentazione della morte, il rifiuto della fragilità per esaltare l’io grandioso e spettacolare, fomentate da processi destrutturativi della cultura di morte e della vulnerabilità (si fa riferimento al rapporto del giovane con il rischio che può essere vissuto come sfida a superare le difficoltà, ottenendo una conferma alla stima di sé, al fatto di valere). La scomparsa dei riti di iniziazione della cultura occidentale e la loro trasmissione costituisce una perdita gravissima per una crescita corretta. Forme regressive secondo lo studioso Zoja sono nuovi stili culturali: violenze delle baby gang, bullismo, stupri di gruppo, consumo di droga, alcolismo, attrazione morbosa verso l’horror, ricerca gratuita del rischio, forme per acquisire familiarità con i temi: identità, sessualità, aggressività morte.52

Gli strumenti di lavoro per leggere i fenomeni non mancano, anzi sono abbondanti e di ottima fattura: aggiornamenti permanenti sulla situazione giovanile in Italia sono forniti periodicamente dall’Istituto IARD che è al suo sesto rapporto. In Sicilia è stato avviato un progetto di Osservatorio pastorale dalla Facoltà teologica di Sicilia; alcune diocesi si stanno dotando di strumenti per leggere il fenomeno, come la diocesi di Piazza Armerina con l’infaticabile mons. Pennisi. Resta, comunque, molto da fare. Ogni diocesi dovrebbe contribuire con settori specifici di competenza. Questa paradossalmente è la vera sfida per noi: la comunione fattiva e operativa tra le chiese a favore dei giovani. Basta con le verbosità e le sterili dialettiche manieristiche da salotto e da poltrone. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur: infatti i processi di destrutturazione della comunicazione sono all’assalto mentre noi ci rifugiamo sull’aventino delle nostre comodità. L’educazione implica un rimboccarsi le maniche e iniziare tempestivamente a lavorare sul terreno.

1.2. Sfide educative

Il termine sfida definisce in linea generale l’invito a un duello, combattimento,

competizione sportiva ecc. in senso pedagogico esso è usato per definire: a) una provocazione (= termine usato in psicologia sociale per definire un meccanismo di difesa per mettere alla prova l’educatore) da parte di un ragazzo difficile allo scopo di mettere alla prova la reale disponibilità verso se stesso dell’educatore; in questo caso l’atteggiamento di sfida può essere positivo nella sua logica oppositiva per un desiderio di stabilire un rapporto interpersonale valido. b) sfida per

51

Cfr. G. MILANESI, Giovani, In M. MIDALI – R. TONELLI (edd.), Dizionario di pastorale giovanile, Elledici, Leumann (TO)

1989, pp. 384-403. 52 G. CUCCI, Il suicidio giovanile. Una drammatica realtà del nostro tempo, in La civiltà cattolica 162 (2011) 2, quaderno 3860, pp. 121-134.

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qualificare un’azione educativa che appare particolarmente difficile se non addirittura pericolosa al fine di arrivare a una meta educativa; l’educazione è una sfida vera e propria (Bertolini – Caronia, 1993; Laporta 1975)53.

La relazione educativa: ogni apprendimento si compie in e attraverso la relazione educativa: persino gli apprendimenti cognitivi sono inseparabilmente legati alle modalità di interazione e comunicazione attraverso cui essi si costruiscono progressivamente. In questo ambito si costruiscono le motivazioni più profonde, il senso di Sé (autostima o disistima), le rappresentazioni del mondo, i valori e le prospettive future.

Andrea Toniolo afferma che l’attività educativa della chiesa è strettamente legata alla realtà in cui essa si trova e ai tempi in cui vive, alle dinamiche culturali che essa incontra. La sfida principale, nevralgica dell’educazione è legata ai rapporti intergenerazionali, che avvengono innanzitutto all’interno della famiglia (le relazioni affettive iniziali, strutturali), e che poi riguardano il rapporto tra la famiglia e la società, l’individuo e la società. Oggi la famiglia è scalzata da altre agenzie educative. Uno degli indici di emergenza educativa è dato dal prolungamento dell’età adolescenziale e quindi dal ritardo delle scelte di vita. Il vero problema dell’educazione sono gli adulti, sono le famiglie incapaci di educare, gestire il cambiamento generazionale. La formazione è stata assorbita dai non luoghi della surmodernité. La formazione di una identità può avvenire nella misura in cui le principali realtà educanti non cadono vittima del paradigma della neutralità e della frammentarietà ma offrono una proposta educativa. Nel contesto pluralistico, che esalta la libertà individuale e il pluralismo, la sfida è proprio quella di una proposta unitaria (capace di giustificarsi di fronte al molteplice), che promuova l’unità della persona, il rapporto tra libertà e verità (autonomia), la capacità di discernimento del vero e del buono.54

Le analisi di Toniolo trovano completamento in quelle di Colombo. Egli osserva che l’accelerazione della rapida diffusione di nuovi stili nelle subculture giovanili è catalizzato dal processo di de-istituzionalizzazione dei percorsi di vita, centrato sull’imperativo sociale del costruirsi da sé la propria identità, del fare a meno di tradizioni e legami insignificanti, dell’essere avanguardie di se stessi.55 La moratoria giovanile prende corpo con il congedo dalle forme tradizionali di trasmissione della cultura, nel ricercato rimando dell’età adulta, nel praticare nuove vie per ampliare orizzonti cognitivi e competenze pratiche. Ambivalenze della situazione giovanile sono le seguenti: a) giovani che ritengono di fare a meno di norme e regolamenti datati, di scegliere e non subire la flessibilità delle posizioni sociali, di navigare nel vasto panorama delle relazioni economiche, di fatto sono influenzati ancora dai tradizionali condizionamenti macro-sociali (condizioni economiche, variabili territoriali, privilegi di ceto); b) enorme disponibilità di vite che è possibile realizzare secondo il panorama sociale ed esistenziale odierno data dalla complessità sociale che è una eccedenza di possibilità, dall’altro, non si riesce a pervenire a nessun traguardo certo: una vita alla moviola. Un altro fenomeno è lo schiacciamento temporale delle generazioni: la rapidità dei processi culturali non consente di elaborare per tempo la propria identità nel cambiamento troppo repentino. L’individualizzazione è il tratto che connota l’esperienza dei giovani. Vi sono due modi possibili di ricercare l’autenticità, la distinzione, l’autonomia individuale: a) modo involutivo-stagnante: non si ha capacità di azione ma solo di reagire agli eventi; b) modo evolutivo-riflessivo: il soggetto mette in gioco se stesso andando alla ricerca delle opportunità che accrescono le capacità intellettuali, professionali e psico-sociali così come la selezione di un corso di vita basato su di una profonda esplorazione delle alternative possibili e sull’appropriazione non solo di esperienze ma anche dei loro significati. Ciò implica capacità di azione, anzi di agency, intesa come strategia personale che porta il soggetto a definirsi in modo positivo e propositivo di fronte all’ambiente circostante, alle richieste e alle mete sociali. È

53 P. BERTOLINI, Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 1996, p. 579. 54 Cfr. Andrea Toniolo, La missione educativa della chiesa nel contesto culturale odierno, in catechesi 80 (2010-2011) 4, 13-30. 55 M. COLOMBO, Nuove generazioni. Quali bisogni educativi? In Dossier Educare oggi: fra risorse, urgenze e speranze (Luciano Caimi ed.), in dialoghi 11 (2011) 1, 19-63, 37-45.

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necessario che il soggetto abbia percezione di auto-efficacia. Capacità eudemonica a trasformare il proprio stile di vita che lo porti alla creazione di pratiche soddisfacenti, che realizzino l’ideale di vita buona e di felicità. Quindi è necessario aiutare a crescere nei propri stili di vita. Non progredisce il singolo e non progredisce la cultura se non ci sono le condizioni per creare le generazioni, se non ci sono occasioni per stabilire quella collocazione affine che è indispensabile a produrre coscienza stratificata

1.3. Nonluoghi

La nozione è presenta in varie discipline delle scienze umane e, in particolare, nell’antropologia

culturale. In un’ottica di antropologia della contemporaneità possiamo affermare che la questione dei luoghi educativi è di cruciale importanza. Dal punto di vista antropologico-culturale, Marc Augé, noto antropologo francese, trattando della questione della surmodernité, ha affrontato l’odierna situazione antropologica della contemporaneità, individuando nelle sue analisi i nonluoghi della cultura metropolitana attuale. I nonluoghi sono tutti quegli spazi nei quali non vigono affermazioni identitarie, legami relazionali e memorie storiche, eppure sono spazi frequentati da ogni tipo di persona in circolazione rapida (autostrade, autogrill, svincoli, aeroporti, treni, autobus ecc.) o in movimento ridotto a scopo commerciale (centri commerciali, grandi magazzini, ipermercati), o addirittura luoghi virtuali (cellulari, internet, blogsfere, chat, messenger ecc.). Nei non-luoghi la relazione è negata, inesistente, evanescente; il tempo è solo presente, la memoria è banalizzata come oggetto di curiosità, reperto di cose interessanti. Il nonluogo costituisce un imballo di precarietà, provvisorietà, transito, individualismo solitario, fuga dalla realtà. Il nonluogo non è abitabile. Esso è l’icona spaziale del nichilismo, vera concretizzazione del crepuscolo culturale. È stato osservato da Michael Crosbie che parallelamente ai pellegrinaggi ai Santuari delle varie fedi (cristiana, islamica ecc.), coloro che si recano ai nuovi santuari dei nonluoghi (i giocatori d’azzardo a Las Vegas e i bambini e non solo a Disneyland) procedono con la stessa devozione di coloro che recano ai grandi santuari delle fedi tradizionali. Augé, tuttavia, afferma che il nonluogo può trasformarsi in luogo, quando emerge la socialità tra individui che creano nuove forme di relazione e, infine, nuove forme di comunicazione.56

Sotto il profilo teologico-pastorale, la nostra pastorale giovanile ruota attorno ai luoghi tradizionali di trasmissione della fede come luoghi privilegiati della fede. Un modo di intendere l’intera azione educativa: è una funzione tra persone, finalizzata a uno scopo comune. Centralità della relazione e della comunicazione: attenzione ai flussi interattivi e alle ripercussioni che hanno nella crescita delle persone. Nell’ambito della comunicazione come nota Dewey ogni comunicazione ha una valenza educativa performativa. La specificità della r.e. è asimmetrica poiché i partner intervengono in condizione di disparità per esperienza esistenziale, cultura, maturità personale. Freire tutti si educano assieme in relazione al mondo. Per Rogers il r.e. è da considerare come una particolare relazione d’aiuto che scaturisce da una domanda di senso. Alcune caratteristiche del r.e.: è teleologico (orientato a un fine), dialogale-dialettico, aspetto dinamico e processuale, situazionale (ambiente educativo tra luoghi e non luoghi). 57

Quando i processi sono educativi? Lo sono per alcune qualità: in quanto sono consapevoli e intenzionali, vale a dire rivolti all’effettiva educazione della personalità; in quanto sono direzionali, vale a dire dotati di spinta e tensione intenzionale umanamente significativa; in quanto sono complessi, vale a dire liberatori di vitalità, relazionali a realtà, generatori di buone forme dell’essere, dell’agire virtuoso, dell’operare valido, del vivere solidale con gli altri, ed infine in quanto sono bisognosi di mediazione e di guida58.

56 Cfr. M. AUGÉ, Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Eleutheria 1999. 57 C. NANNI, Rapporto educativo, in J. M. PRELLEZO – G. MALIZIA – C. NANNI (edd.), Dizionario di Scienze dell’educazione, [seconda edizione riveduta e aggiornata, LAS, Roma 2008, pp. 976-980. 58 Cfr. P. GIANOLA, processo educativo, in Dsc, pp. 918-920.

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2. La sfida più avvincente: trasmettere la fede in questi contesti

È vero che l’educazione implica una sua permanente e graduale continuità nei luoghi

ordinari della vita del credente, ma è altrettanto vero che i processi dell’educare conoscono fasi intermedie di passaggio a mete ulteriori. Queste fasi di passaggio sono sempre eventi di rottura/continuità con le precedenti, implicando tempi di uscita dall’ordinario volgersi della vita.

Possiamo convergere sostanzialmente con le analisi del sociologo Alessandro Castegnaro. Egli afferma che la trasmissione della fede non è da pensare come una clessidra che dalla parte piena di granelli si sabbia posta in alto fa transitare modelli culturali e stili di vita degli adulti alla parte bassa che è vuota cioè alle generazioni dei giovani che sono prive di tutto e amorfe; il modello è inadeguato per la trasmissione culturale (come si evince dallo stesso discorso di Benedetto XVI del 2008 in cui si affermava che la questione educativa è questione culturale). Snodo essenziale è considerare la soggettività dei partners dell’educazione. Altrimenti si cade nei rischi del catastrofismo educativo. Una dimensione chiave che caratterizza i giovani attuali è quella che contrappone esterno-interno, autonomia-eteronomia, esteriorità-interiorità. Il sociologo Franco Garelli afferma che il criterio dell’osservanza non dice più nulla, esso è stato sostituito da quello della preferenza e della significatività interiore. Ci troviamo di fronte a processi che strutturano percorsi di personalizzazione-individualizzazione delle scelte operative in chiave esperienziale. Inoltre, sul versante della vita buona prevale nei giovani un dualismo ricorrente che si condensa nella formula «moralità dei valori sì, le regole no». Ci chiediamo quale cultura determina questi dualismi?59

I punti nevralgici per l’intervento educativo dipende dalla spinosa questione del rapporto morale ed educazione; questa è un’ulteriore sfida ricorrente. Tre nodi sono da considerare in questo ambito e cioè: il fatto generativo come fondamento dell’educazione, la libertà nella vocazione e la generatività del bene. Ad esempio, la trasmissione morale in famiglia avviene più per il vissuto che per l’esplicitazione di norme e valori. In questo caso, occorre connettere con arte educativa sapienziale l’insieme dei comportamenti genitoriali all’autonomia morale dei giovani, in modo tale da permettere un miglioramento relazionale del sistema famiglia che si presenta a un tempo forte e fragile. Inoltre, partendo dal principio che il Vangelo è proposto e non imposto, la morale nell’educazione dei giovani deve rispecchiare l’originalità e la bellezza del vivere in Cristo. Questo vuol dire nei fatti che l’educazione deve misurarsi continuamente con le nuove questioni antropologiche, implicando la questione etica in una metodologia propositiva che si incentra sul modello della responsabilizzazione. Nella prospettiva del rapporto ideale e reale, occorre ricuperare le esigenze di una corretta pedagogia ecclesiale.60 Come è possibile pervenire a risultati, senza passare attraverso lo stillicidio della ricerca-intervento in chiave progettativa?

La questione cruciale che dobbiamo porci è la seguente: se l’educazione alla vita buona del Vangelo è un processo continuo e graduale, partendo dall’assoluto principio che l’educazione è un processo che non si può improvvisare, sul piano pratico è possibile ammettere che ci siano diocesi che non si siano ancora dotate di un progetto diocesano di formazione? Se mancano i progetti diocesani possiamo pretendere che i luoghi tradizionali possano far fronte alle sfide odierne? Chi sono gli interlocutori reali e attuali dell’educare alla vita buona del Vangelo? All’interno di quale quadro pastorale? Secondo Andrea Canevaro occorre rivedere in profondità i modelli educativi tradizionali61.

59 Alessandro Castegnaro, Lettura del fenomeno dell’emergenza educativa in Vocazioni, 28 (2011)1, pp. 5-17. 60 Forum un decennio per l’educazione. La morale nell’educazione della persona, in rivista di teologia morale 43 (2011) 170, 169-219. 61 Andrea Canevaro, Educare oggi: fra risorse, urgenze e speranze, in Dossier Educare oggi: fra risorse, urgenze e speranze (Luciano Caimi ed.), in dialoghi 11 (2011) 1, 19-63, (20-27).

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2.1. Il progetto diocesano di formazione

L’educazione è attività sinfonica della pastorale ordinaria della chiesa italiana. Secondo

Mons. Nosiglia occorre andare alle radici dell’emergenza educativa. Un’intera vita per educare ed educarsi: è necessario educare a superare la falsa idea di autonomia dell’uomo come un io completo in sé stesso, mentre diventa veramente libero, felice e responsabile solo se si rapporta con un tu e un noi. Il problema dell’autosufficienza si manifesta in modo acuto nel grande tema dell’amore e della libertà: il rapporto con Dio non costituisce una minaccia alla libertà umana, ma le consente di trovare il proprio motivo profondo, il fine ultimo in grado di sostenere il cammino della vita. È chiaro che tutto questo comporta la fatica di rinascere socialmente nel corso di tutta la vita; per questo motivo, occorre scendere sul terreno difficile, ma necessario di saper insegnare regole di vita, testimoniandole in tutti i luoghi tradizionali e nuovi, per confrontarsi con la propria libertà. Il processo di crescita avverrà in un clima familiare di introduzione nella realtà umana e umanizzante: il confronto con la diversità e l’intercultura sono opportunità che l’educazione deve accogliere come proprie. Se l’educazione è parte integrante della missione evangelizzatrice della chiesa, educare non significa offrire solo conoscenze e servizi, ma nuove relazioni comunitarie. Gli educatori devono essere accompagnatori credibili, disponibili all’ascolto, che abbiano tempo da perdere con i giovani. La catechesi deve essere educativa altrimenti non è! Questo è un compito fondamentale del catechista, delle comunità educanti come la famiglia e la parrocchia.62

2.2. Luoghi extra-ordinari a favore della mediazione pastorale

Tre ambiti di mediazione: a) Luoghi di mediazione delle reti pastorali: tra le agenzie

educativo-pastorali e luoghi della cultura e del turismo; b) Luoghi di mediazione dei processi formativi: analogia con i compiti dei centri di spiritualità; c) Luoghi di mediazione per la trasformazione culturale e sociale.

2.3. Luoghi privilegiati per il primo annuncio e per i ricomincianti

Educare intervenendo nel contesto ecclesiale attuale. Dai luoghi ordinari della pastorale

ecclesiale ai luoghi “extra-ordinari” che permettano di umanizzare i nonluoghi della surmodernité. L’intensità formativa dovrebbe consentire una formazione intensiva anche nelle situazioni e nei contesti antropologici segnati dal non luogo, ponendosi tra rottura e continuità dei cicli della vita.

3. la situazione locale: educare alla vita buona del Vangelo nella diocesi di

Monreale

62 C. NOSIGLIA, L’educazione e l’educazione alla fede nei nuovi orientamenti pastorali della CEI, in catechesi 80 (2010-2011) 4, 31-51

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Conclusioni

In un suo editoriale, Norberto Galli aveva affermato che oggi la pedagogia della famiglia

insiste sull’azione sinergica dei genitori nel seguire l’iter evolutivo dei figli, avendo costoro bisogno, per la loro individuazione ed identificazione, di ambedue. L’amore educativo non basta esso esige competenza. Penso che queste sue precise osservazioni possano essere trasferite al nostro ambito pastorale. Che cosa vuole intendere Galli? A parer mio, nessuna comunità ecclesiale stanca e demotivata potrà realizzare un progetto educativo e pastorale. Se l’educazione è il cuore dell’evangelizzazione, chi non esprime vitalità, entusiasmo e creatività pastorale è già spacciato; senza passione educativa non si può avviare nessun valido progetto. In secondo luogo, oltre alle motivazioni profondamente spirituali e di fede, poiché educare alla vita buona del vangelo significa continuare nel tempo e nelle culture la pedagogia di Dio, è necessario fare costantemente riferimento alle risorse reali: persone, singole comunità, gruppi e movimenti ecclesiali, attivamente legati in rete per uno scambio continuo di buone prassi da sperimentare e collaudare sempre. Il primo passo indispensabile è quello di costituire comunità educanti in rete che sappiano innanzitutto lavorare in team, in un diuturno lavoro di squadra. Senza comunione non ci può essere efficacia pastorale ed educative. Questo significa lavorare con i piedi per terra senza troppe verbosità e tentennamenti. Molti sono i cunctator (temporeggiatori) in questo settore. Occorre decidersi ed essere operativi. In una cultura della frammentazione e della fragilità, la migliore risposta è la comunione delle risorse e l’operatività dei centri di coordinamento pastorali che non siano semplici uffici di curia ad usum delphini. È indispensabile un centro di osservazione permanente per la ricerca e un équipe di intervento a sostegno dei vari settori. È indispensabile, in breve, un progetto educativo e pastorale diocesano per la formazione che metta in continua sinergia esperti ed operatori in permanente formazione. La comunità educante è strategica e indispensabile. Alcune domande per concludere questa mia riflessione su Giovani e sfida educativa per la vostra situazione locale.

Qual è la proposta educativa della vostra diocesi per i vostri giovani? Conoscete scientificamente i vostri giovani, le loro subculture, le culture egemoni che li guidano? Chi sono gli specialisti nel settore dell’intervento educativo plurisettoriale? Quali risorse avete a disposizione? Ed infine, domanda semplice ma provocatoria: perché volete educare i giovani?