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Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna” ESORTAZIONE POSTSINODALE “Querida Amazonia” Il documento papale si colloca oltre le dispute che hanno accompagnato il lavoro sinodale e sviluppa quattro sogni per una Chiesa aperta all’audacia dello Spirito e marcatamente laicale. Intervista a don Maurizio Gronchi. 1 Nella postsinodale è singolare la messa in mora del documento finale. Significa invalidarlo? Ridurre la portata del sinodo? «Il Sinodo si è concentrato sulle diagnosi, che il papa ha trasformato in quattro grandi sogni ispirati dall’Amazzonia: sogno sociale, culturale, eco- logico, ecclesiale (cf.Querida Amazonia; QA 7). Egli vede nel contesto pana- mazzonico uno dei luoghi privilegiati in cui si riflette la Laudato si’, e da qui rilancia alla Chiesa intera e alle persone di buona volontà l’invito ad una “conversione” culturale, sociale, ecologica ed ecclesiale. Questo pas- saggio dalla diagnosi ai sogni, mediante la conversione, mostra la piena consonanza tra il documento finale del sinodo e l’esortazione apostolica postsinodale. In tal modo, il papa prosegue e amplia il valore del sinodo, senza ridurlo». Una scelta prudenziale dovuta alle crescenti critiche dei conservatori? Al libro del card. Sarah? Al malcontento di alcuni episcopati? «Come è stato già ripetuto, il testo della esortazione era già pronto ben prima della pubblicazione del libro del card. Sarah, e dopo non è stato mo- MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA IN QUESTO NUMERO 5 VITA DELLA CHIESA Incontro CEI sul Mediterraneo a Bari 9 7 8 8 8 1 0 0 5 1 4 4 3 8 VITA CONSACRATA Mons. Vincenzo Bertolone ai consacrati 13 LA CHIESA NEL MONDO Accordo S. Sede – Cina obiezioni e attese 16 VITA DEGLI ISTITUTI Capitolo delle suore di Maria Bambina 19 MONACHESIMO Convegno sull’economia nella vita contemplativa 21 SPIRITUALITÀ Cammino quaresimale dal deserto al giardino 24 LA CHIESA NEL MONDO Intervista a mons. Dalla Zuanna i carismi nella chiesa d’Africa 28 VITA CONSACRATA Le donne consacrate e i giovani una presenza generativa 31 PASTORALE Un’esperienza di fraternità missionaria 34 PROFILI E TESTIMONI Maria Vingiani maestra di ecumenismo 36 BREVI DAL MONDO 38 VOCE DELLO SPIRITO Cura e preghiera 39 SPECIALE Ragioni di speranza nella vita consacrata oggi Testimoni 46 NOVITÀ LIBRARIE Vita consacrata: luci e ombre Marzo 2020 3

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Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna”

ESORTAZIONE POSTSINODALE

“Querida Amazonia”Il documento papale si colloca oltre le dispute

che hanno accompagnato il lavoro sinodalee sviluppa quattro sogni per una Chiesa aperta

all’audacia dello Spirito e marcatamente laicale.Intervista a don Maurizio Gronchi.1

– Nella postsinodale è singolare la messa in mora del documento finale.Significa invalidarlo? Ridurre la portata del sinodo?

«Il Sinodo si è concentrato sulle diagnosi, che il papa ha trasformato inquattro grandi sogni ispirati dall’Amazzonia: sogno sociale, culturale, eco-logico, ecclesiale (cf.Querida Amazonia; QA 7). Egli vede nel contesto pana-mazzonico uno dei luoghi privilegiati in cui si riflette la Laudato si’, e daqui rilancia alla Chiesa intera e alle persone di buona volontà l’invito aduna “conversione” culturale, sociale, ecologica ed ecclesiale. Questo pas-saggio dalla diagnosi ai sogni, mediante la conversione, mostra la pienaconsonanza tra il documento finale del sinodo e l’esortazione apostolicapostsinodale. In tal modo, il papa prosegue e amplia il valore del sinodo,senza ridurlo».

– Una scelta prudenziale dovuta alle crescenti critiche dei conservatori?Al libro del card. Sarah? Al malcontento di alcuni episcopati?

«Come è stato già ripetuto, il testo della esortazione era già pronto benprima della pubblicazione del libro del card. Sarah, e dopo non è stato mo-

MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

IN QUESTO NUMERO5 VITA DELLA CHIESA

Incontro CEIsul Mediterraneo a Bari

9 788810 051443

8 VITA CONSACRATAMons. Vincenzo Bertoloneai consacrati

13 LA CHIESA NEL MONDOAccordo S. Sede – Cinaobiezioni e attese

16 VITA DEGLI ISTITUTICapitolo delle suore di Maria Bambina

19 MONACHESIMOConvegno sull’economianella vita contemplativa

21 SPIRITUALITÀCammino quaresimale dal deserto al giardino

24 LA CHIESA NEL MONDOIntervista a mons. Dalla Zuanna i carismi nella chiesa d’Africa

28 VITA CONSACRATALe donne consacrate e i giovaniuna presenza generativa

31 PASTORALEUn’esperienza di fraternità missionaria

34 PROFILI E TESTIMONIMaria Vingiani maestra di ecumenismo

36 BREVI DAL MONDO

38 VOCE DELLO SPIRITOCura e preghiera

39 SPECIALERagioni di speranzanella vita consacrata oggi

Testimoni

46 NOVITÀ LIBRARIE Vita consacrata: luci e ombre

Marzo 2020 3

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2 • Testimoni 3/2020

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dificato. Probabilmente le letturedietrologiche sono care a quei me-dia che cercano soprattutto con-trapposizioni, magari perché unacomprensione più articolata è trop-po impegnativa. Vale al riguardoquanto il papa disse a conclusionedel Sinodo, sabato 26 ottobre, rivol-to specialmente ai giornalisti: “Ilpericolo può essere che a volte sisoffermino forse – è un pericolo,non dico che lo faranno, ma la so-cietà lo chiede – sul vedere che cosahanno deciso in quella questionedisciplinare, che cosa hanno decisoin quell’altra, quale partito ha vintoe quale ha perso. Ossia su piccolecose disciplinari che hanno la loroimportanza, ma che non farebberoil bene che questo Sinodo deve fa-re”. Quanto agli episcopati, a comin-

ciare da quelli della regione pana-mazzonica, non pare che ci sianoreazioni di malcontento, dal mo-mento che riconoscono in QA unavisione feconda e profetica, apertaad ulteriori approfondimenti».

Lo Spirito e le norme– Il lirismo delle poesie e la sugge-

stione dei sogni coprono la decisionedi fermare la riforma ecclesiale?

«L’immagine narrativa del sogno– già impiegata dal papa nella suaprima esortazione: «Sogno una scel-ta missionaria capace di trasforma-re ogni cosa» (Evangelii Gaudium27), e tornata con insistenza soprat-tutto in quella dopo il Sinodo suigiovani: «Dobbiamo perseveraresulla strada dei sogni» (Christus Vi-vit 142) – struttura la redazione deltesto di QA. Il sogno è sguardo sullarealtà così come appare, e pensieriinteriori, desideri, aspirazioni chescaturiscono dalla fede e dall’amo-re, senza risolversi in incubi, perchéanimati dalla saggezza di chi ripo-ne nella grazia del Signore la suasperanza, per tutti. Il tono e lo stiledi QA vibrano per il sapiente equi-librio con cui il pastore a capo delgregge riceve la visita del Signore ene offre serena testimonianza. Per-ciò, con QA la riforma ecclesiale nonsi ferma, anzi, intraprende una piùdecisa direzione: lungi dalla tenta-zione del clericalismo che interpre-ta l’ordine sacro come potere (cf. QA88), il papa incoraggia l’incrementodella ministerialità laicale, maschi-le e femminile, che in Amazzoniasostiene e alimenta le comunità cri-stiane (cf. QA 90-92)».

– Il testo finale del Sinodo privodella “ripresa” del papa quale auto-revolezza può esibire?

«Nella conferenza stampa dellapresentazione di QA, il cardinaleCzerny ha chiarito in questo modoil diverso grado di autorità dei duetesti: “QA è una esortazione postsi-nodale. È un documento del magi-stero. Appartiene all’autentico ma-gistero del successore di Pietro. Par-tecipa del suo magistero ordinario”.Quanto poi al documento finale delSinodo, che il papa presenta e invitaa leggere integralmente, Czerny ha

precisato: “La presentazione ufficia-le e l’incoraggiamento conferisconoal documento conclusivo una certaautorità morale”».

Rovesciamo la piramide– La postsinodale è la difesa dello

status quo della Chiesa?«Il sogno ecclesiale di papa Fran-

cesco esprime il vivo desiderio diun’autentica conversione dell’inte-ra compagine ecclesiale, in Amaz-zonia come nel resto del mondo:tutta ministeriale, non clericale, li-bera dalla sete del potere, a serviziodei più poveri e vulnerabili, “marca-tamente laicale”. Non pare affattostatica questa prospettiva, anzi, cor-risponde esattamente al rovescia-mento della piramide auspicato dalconcilio Vaticano II, dove la relazio-ne tra doni gerarchici e carismaticisi compone all’interno dell’unicamissione del popolo di Dio. Non è dipoco conto, infatti, quanto affermail papa nella costituzione apostolicaEpiscopalis communio: “Ad animarequest’opera di rinnovamento de-v’essere la ferma convinzione chetutti i Pastori sono costituiti per ilservizio al popolo santo di Dio, alquale essi stessi appartengono invirtù del sacramento del Battesi-mo”» (EC 5).

– Quali aspetti sono sfuggiti allalettura mediale di questi giorni?

«Il dibattito è stato molto inten-so. Questo è già un fatto positivo. Si-gnifica che interessa ciò che la Chie-sa ha da dire. Purtroppo, la tentazio-ne è sempre quella di ridurre, circo-scrivere, limitare ad alcune espres-sioni la più ampia visione che siconcentra in testi densi di passaggiimpegnativi. Ad esempio, la pocaattenzione dedicata ai primi nume-ri di QA (2-4), dove il papa spiega “Ilsenso di questa Esortazione”, mo-stra che non si è compresa benel’intenzione di fondo: “Desidero […]aiutare e orientare verso un’armo-niosa, creativa e fruttuosa ricezionedell’intero cammino sinodale” (QA2). La ricezione dell’intero camminosinodale – con i tre avverbi che laqualificano – spiega il rapporto dicontinuità e novità tra il documen-to finale e l’esortazione. Si tratta di

Febbraio 2020 – anno XLIII (74)DIRETTORE RESPONSABILE: p. Lorenzo PrezziCO-DIRETTORE: p. Antonio Dall’OstoREDAZIONE:p. Enzo Brena, p. Marcello Matté,sr. Anna Maria Gellini, sr. Elsa Antoniazzi,Mario ChiaroDIREZIONE E REDAZIONE:Centro Editoriale Dehonianovia Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 BolognaTel. 051 3941511 – Fax 051 3941399e-mail: [email protected]:Tel. 051 3941255 – Fax 051 3941299 –www.dehoniane.ite-mail: [email protected] la pubblicità sulla rivista contattareUfficio commerciale CED – EDBe-mail: [email protected]. 051 3941206 – Fax 051 3941299Quota abbonamento 2020:Italia .................................................. € 42,00Europa .............................................. € 65,50Resto del mondo ............................ € 73,00Una copia .......................................... € 5,00On-line .............................................. € 33,00c.c.p. 264408 oppure bonifico bancario suIBAN IT90A0200802485000001655997intestato a: Centro Editoriale DehonianoStampa: - FerraraReg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. – Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

associatoall’unione stampa periodica italiana

L’editore è a disposizione degli aventi diritto chenon è stato possibile contattare, nonché pereventuali e involontarie inesattezze e/o omis-sioni nella citazione delle fonti iconografiche ri-prodotte nella rivista.

Questo numero è stato consegnato alle posteil 5-3-2020

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due documenti di diverso valore –l’uno sinodale, l’altro magisteriale– che vanno distinti e non separati,uniti e non confusi».

Kerigma e Sapienza– Perché l’ecologia e la sua di-

mensione critica al sistema si con-clude nella contemplazione e in unnuovo stile di vita?

«Secondo QA è indispensabile ar-ticolare la sapienza ancestrale conle conoscenze tecniche odierne, pergiungere ad una condotta sosteni-bile che preservi lo stile di vita e i si-stemi di valori delle popolazioni.Dinanzi al rischio della scomparsadi migliaia di specie vegetali e ani-mali, la cui estinzione significa laperdita definitiva di un messaggio

della creazione, è necessaria la pro-fezia della contemplazione (cf. QA53-57), una conversione interioreche si fa pianto per l’Amazzonia egrido dinanzi al Signore. L’ecologiaintegrale non si risolve soltanto nelrapporto tra questioni tecniche edecisioni politiche, giuridiche e so-ciali, ma esige educazione e abitu-dini ecologiche (cf. QA 58-60) rinno-vate in grado di cambiare le perso-ne, che le stimoli a scegliere uno sti-le di vita meno vorace, più sereno erispettoso, meno ansioso e più fra-terno».

– Che valore ha la centralità delkerygma e la sua inculturazione?

«La prospettiva dell’inculturazio-ne del Vangelo è centrale nell’esor-tazione. L’annuncio indispensabile

in Amazzonia (cf. QA 62-65) è quellodi Gesù Cristo: è inevitabile parlaredi Lui. L’autentica opzione per i piùpoveri e dimenticati implica l’ami-cizia col Signore che dà loro dignità.Sebbene il continente latinoameri-cano abbia già un’identità cristia-na, il papa riafferma con forza il di-ritto al Vangelo da parte di questipopoli. Ad esso corrisponde, di con-seguenza, la risposta della caritàfraterna (cf. QA 65). Le vie di incul-turazione in Amazzonia (cf. QA 70-74) richiedono l’ascolto della sa-pienza ancestrale delle culture pre-colombiane; del buen vivir che im-plica l’armonia personale, familia-re, comunitaria e cosmica; la valo-rizzazione della mistica indigena,della gratitudine che ama la vita,della sacra ammirazione della na-tura. “Tuttavia, si tratta anche di farsì che questa relazione con Dio pre-sente nel cosmo diventi sempre piùla relazione personale con un Tuche sostiene la propria realtà e vuo-le darle un senso, un Tu che ci cono-sce e ci ama” (QA 73). Questa affer-mazione riveste una particolare im-portanza: l’ascolto delle culture in-digene è il punto di partenza perun’effettiva conversione alla novitàdell’incontro con Cristo, che, me-diante il suo Spirito, assume, purifi-ca ed eleva ciò che il Verbo – “la lucevera, quella che illumina ogni uo-mo” (Gv 1,9) – ha seminato nei cuorie nelle culture.

«Molte persone consacrate han-no speso le loro energie e buo-

na parte della loro vita per il Regno diDio in Amazzonia. La vita consacrata,capace di dialogo, di sintesi, di incarna-zione e di profezia, occupa un postospeciale in questa configurazione plu-rale e armonica della Chiesa amazzoni-ca. Le manca, però, un nuovo sforzo diinculturazione, che metta in gioco lacreatività, l’audacia missionaria, la sen-sibilità e la forza peculiare della vita co-munitaria». L’impegnativa formulazio-ne del n. 95 di Querida Amazonia, firma-ta il 2 e uscita il 12 febbraio 2020, è l’ottica con cui i reli-giosi e le religiose sono invitati a leggere l’intera esorta-zione apostolica: 111 numeri, distribuiti in quattro capitolie la conclusione. I quattro capitoli illuminano quattro so-

gni, così presentati al n. 7: «Sognoun’Amazzonia che lotti per i diritti deipiù poveri, dei popoli originari, degliultimi, dove la loro voce sia ascoltata ela loro dignità sia promossa. Sognoun’Amazzonia che difenda una ricchez-za culturale che la distingue, dove ri-splende in forme tanto varie la bellez-za umana. Sogno un’Amazzonia che cu-stodisca gelosamente l’irresistibile bel-lezza naturale che l’adorna, la vita tra-boccante che riempie i suoi fiumi e lesue foreste. Sogno comunità cristianecapaci di impegnarsi e di incarnarsi in

Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volticon tratti amazzonici».

LORENZO PREZZI

La vita consacrata nella Chiesa amazzonica

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Una particolare importanza haanche l’inculturazione liturgica inAmazzonia (cf. QA 81-84), che po-trebbe trarre ispirazione anche daquanto già avviene nelle diocesicongolesi con il rito zairese del Mes-sale romano. La sua celebrazione inSan Pietro il 1 dicembre 2019 ne è unesempio».

De-clericalizzazione– Nulla viene invalidato del do-

cumento finale. Le Chiese locali pos-sono quindi metterlo in esecuzione?

«Tre diversi destinatari sono in-vitati a leggere il documento finale:

la Chiesa universale, affinché “si la-sci arricchire e interpellare da que-sto lavoro”; tutte le componenti delpopolo di Dio che vivono in Amaz-zonia, perché “si impegnino nellasua applicazione”; ogni persona dibuona volontà, in modo che ne ven-ga ispirata in qualche maniera. Ciòsignifica che la sua “applicazione”,da parte de “i pastori, i consacrati, leconsacrate e i fedeli laici dell’Amaz-zonia” (QA 4), dovrà corrisponderealla loro specifica competenza emissione. In tal senso, è logico di-stinguere tra ciò che riguarda laprospettiva della “conversione” –come s’intitolano le diverse parti

del Documento finale – e le propo-ste formulate dai padri sinodali chenon ricevono diretta risposta nellaEsortazione».

– Il mancato pronunciamentosui diaconi-presbiteri e sui ministerifemminili ha a che vedere con l’invi-to ad una Chiesa “marcatamentelaicale”?

«L’orizzonte ecclesiale del sinodoè stato molto più ampio della que-stione dell’eventuale ordinazione diuomini sposati o del diaconato fem-minile. Specie nel contesto amazzo-nico, dove i leader delle comunitàhanno già responsabilità social-

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SolitudiniIl deserto avanza, non solo geograficamente. La solitudine indesiderata si espande silenziosa e subdolain tutto il mondo, desertificando esistenze, provocando isolamenti che producono altre solitudini,agendo come un killer sulla salute delle persone, mettendo in difficoltà collaudati sistemi di assistenzasanitaria, gettando un’ombra sul futuro delle nuove generazioni, che crescono in una società segnata dalnumero crescente di famiglie unipersonali, dalla crisi demografica, dal prolungamento della vita, daldominio dei social.Le solitudini sono innumerevoli e assumono molti volti.La solitudine è beata, quando è ricercata, come rifugio nell’assedio delle occupazioni e preoccupazioni,quando favorisce concentrazione nella distrazione, pace nelle conflittualità, ricarica nella dispersione,discernimento nelle decisioni. O vere beata solitudo! Una vera resistenza alla desertificazione generale!Beati coloro che, potendo, la ricercano!

La solitudine è maledetta, quando ingenera il sentimento di non contare niente per nessuno. Eriimportante ed ora non sei nulla. Eri ricercato ed ora nessuno ti consulta. Ti sentivi indispensabile ed oranon sanno neppure che cosa hai fatto (quando non lo ricordano per criticarlo!). Come è corta la memoriaaltrui e quanto tenace è la propria!

La solitudine è amara quando ti accorgi che nessuno si accorge della tua solitudine. Per gli altri la tuavecchiaia è il pedaggio che devi pagare per aver vissuto a lungo. La tua malattia è affidata allamedicina. I tuoi piccoli e grandi problemi non sono avvertiti da chi non li ha ancora provati. Le tueamarezze sono considerate amplificazioni da chi non è disposto ad ascoltare le lagne altrui.

La solitudine è triste, quando è vissuta in famiglia o in comunità, è tristissima quando se ne cercano lecause soltanto negli altri.

La solitudine è abitata, quando ricerchi e frequenti nel profondo del tuo essere il dialogo familiare con iltuo “Tu” più intimo, con il dolce ospite dell’anima tua, l’oasi nel tuo deserto, la luce nella tua notte.

La solitudine è santa quando è accettata, impegnata od offerta per risollevare le solitudini altrui. Quantesolitudini si redimono quando si piegano sulle solitudini dei propri simili, col tendere la mano per unaiuto, col ricordare, col pregare.Cerca in ogni tua solitudine Colui che ti ha fatto per averti vicino, ora e sempre, e non sarai maitotalmente solo!

PIERGIORDANO CABRA

F R A G M E N TA

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mente riconosciute, vi potrebbe es-sere il rischio di una clericalizzazio-ne come aumento di potere. Lo stes-so vale per le figure femminili, chegià danno il loro decisivo apportoalla vita delle comunità. In QA nonci sono né veti né permessi al ri-guardo, perché la prospettiva difondo è un’altra: la maggior rile-vanza dei fedeli laici, uomini e don-ne, con ruoli di responsabilità e diservizio nelle comunità ecclesiali(cf. QA 90-92). Ciò significa che ilcammino prosegue, proprio comela sinodalità ecclesiale richiede».

Ecologia integrale– I legami con Evangelii Gau-

dium e Laudato sì’ sono evidenti. Ve

ne sono altri impliciti ma rilevanti?

«Il modo con il quale papa Fran-cesco collega ogni passo in avanticon quelli precedenti si esprime at-traverso la categoria del “sogno”. Isogni del papa partono dalla realtàe la immaginano trasfigurata dallagrazia. Si tratta di un metodo ispi-rato alla correlazione tra fedeltà ecreatività, che possiamo riscontrareanche nelle precedenti esortazioniapostoliche. Evangelii Gaudium te-neva conto del precedente sinodosulla nuova evangelizzazione, perdisegnare l’ampio progetto pastora-le del pontificato. Amoris Laetitiarecepiva i risultati delle due assem-blee sinodali sulla famiglia inte-grandoli con apporti nuovi e origi-

nali sull’amore quotidiano, la gene-ratività e l’educazione dei figli. Chri-stus Vivit assumeva il contributodei padri sinodali mettendo al cen-tro dell’annuncio evangelico la gio-vinezza di Gesù. Adesso, in QA il pa-pa vede nel contesto panamazzoni-co uno dei luoghi privilegiati in cuisi riflette la Laudato Sì’, e da qui ri-lancia alla Chiesa intera e alle per-sone di buona volontà l’invito aduna conversione culturale, sociale,ecologica ed ecclesiale».

LORENZO PREZZI

1. Don Maurizio Gronchi, presbitero della dio-cesi di Pisa, è professore presso la PontificiaUniversità Urbaniana di Roma, consultoredella Congregazione per la dottrina della fe-de e della Segreteria generale del Sinodo deivescovi.

Dopo circa due anni di prepa-razione e una prima data fis-sata a novembre 2019, poi

slittata in avanti, dal 19 al 23 febbra-io scorso si sono incontrati nella cit-tà di Bari una sessantina di vescovidelle conferenze episcopali che siaffacciano sul Mediterraneo. Il 7 lu-glio 2018 il Papa era già venuto a Ba-ri, pregando con i rappresentantidelle diverse Chiese cristiane per lapace in Medio Oriente. In quell’oc-casione era stata scelta la traccia diriflessione «Su di te sia pace, Geru-salemme», dal salmo 122, conosciu-to come il cantico di Sion. Il vescovodi Roma, un po’ pellegrino e un po’riferimento imprescindibile per laCEI, di nuovo ha mosso i suoi passiverso la città ponte di unione fraOriente e Occidente. Ha voluto direcome fare ad entrare in dialogo tra

sponde che si fronteggiano e soprat-tutto ha offerto un nuovo modo dipensare l’uomo nel Mediterraneo.

Il Papa nelle parole di ieriDurante la relazione data al con-

vegno di Napoli-Posillipo (21 giugno

2019), presso la facoltà di Teologia af-fidata ai confratelli gesuiti, papaFrancesco aveva già presentato ilsuo pensiero sul Mediterraneo, «ma-re del meticciato» e dell’integrazio-ne tra differenti fedi e culture. La re-altà di un mare plurale ci precede eci sovrasta nella ricerca delle solu-

COSTRUIRE RAPPORTI NUOVI NEL BACINO DEL MEDITERRANEO

Una frontiera di pace visibilePer la prima volta i vescovi dei Paesi del “Mare nostrum” si sono incontrati a Bari,

per dialogare sulle problematiche più scottanti e tentare di offrire percorsi e propostecondivise, alla luce delle parole di papa Francesco.

V I TA D E L L A C H I E S A

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V I TA D E L L A C H I E S A

zioni che paiono migliori, di fron-te ai problemi concentrati in unospazio limitato. Il Mediterraneonon è esteso come l’oceano, ma inalcuni tratti, vicino alle rive gre-che del Peloponneso, è profondooltre 5.000 metri. Lo sviluppo del-le sue coste si aggira sui 46 milachilometri e la popolazione resi-dente ammonta a circa 450 milio-ni di persone.

Di ritorno dal viaggio in Giap-pone il Papa, rispondendo alledomande dei giornalisti, ha spie-gato che sarebbe suo desideriolavorare ad una lettera enciclicasul tema della pace e della nonviolenza. È dai tempi della Pa-cem in terris di san GiovanniXXIII che la Chiesa non ribadiscela sua posizione in questo delica-tissimo campo della dottrina socia-le. Si corre ancor oggi al riarmo nu-cleare e non si può assolutamenterestare semplici e muti spettatori.Dunque, abbiamo sentito dal Papanel discorso fatto a Nagasaki, il 24novembre 2019:

«Il nostro mondo vive la dicoto-mia perversa di voler difendere egarantire la stabilità e la pace sullabase di una falsa sicurezza suppor-tata da una mentalità di paura e sfi-ducia, che finisce per avvelenare lerelazioni tra i popoli e impedireogni possibile dialogo. La pace e lastabilità internazionale sono in-compatibili con qualsiasi tentativodi costruire sulla paura della reci-proca distruzione o su una minac-cia di annientamento totale; sonopossibili solo a partire da un’eticaglobale di solidarietà e cooperazio-ne al servizio di un futuro modella-to dall’interdipendenza e dalla cor-responsabilità nell’intera famigliaumana di oggi e di domani».

Le stesse parole si trovano nel pa-ragrafo n. 1 del Messaggio per la ce-lebrazione della 53a Giornata mon-diale della pace (1° gennaio 2020),intitolato «La pace, cammino di spe-ranza di fronte agli ostacoli e alleprove». La premessa più chiara, at-tinente all’incontro di Bari nelle pa-role di papa Francesco, è contenutagià in quel suo Messaggio.

La paura è il grandissimo nemicodi relazioni simpatetiche che gli es-seri umani possono provare a co-

struire. C’è una paura da combatte-re nella propria interiorità o nellacerchia familiare. Ora è la volta del-la paura di un ingestibile virus, sin-tomo della paura innata di finire.Poi la paura di una diversa opinionenella comunità ecclesiale, civile, na-zionale e sovranazionale. Paure diogni genere e grado, infiniti casinelle declinazioni più svariate.

Nel trapezionormanno-svevo

Sede principale dei lavori baresiè stato il castello, finito nella lungaserie di opere realizzate o ampliatedall’imperatore Federico II in Pu-glia. Un castello nasce per l’ansia diuna guerra, rocca per proteggersidai nemici, baluardo di difesa in ca-so di attacco dal mare o dalla terra.Confini che hanno bisogno di esse-re ripensati, obiettivi che in questigiorni sono stati sostituiti. Una pro-va concreta di come la storia possaessere interpretata e riscritta da uo-mini di buona volontà, riparatori dibrecce, costruttori di pace, da sem-pre e per sempre amati da Dio. Se-condo la tradizione attestata da unalapide all’ingresso, pare che anchesan Francesco in transito da Bariabbia incontrato l’imperatore inquel castello, compresa una suacamminata sui carboni ardenti.

Nei primi due giorni i vescovi sisono formati grazie ai contributi of-ferti da specialisti. Le tematiche

principali all’ordine del giorno sonostate: rapporto tra fede e vita, dialo-go tra religioni e culture differenti,migrazioni e accoglienza, maggioripovertà da sconfiggere per unanuova dignità da restituire all’uo-mo nel Mediterraneo.

Delegazioni sul territorioTra le iniziative più belle e fecon-

de nel corso dell’incontro, la sera divenerdì 21 ci sono state numerosevisite nelle vicarie dell’arcidiocesidi Bari-Bitonto. Insieme alla curio-sità suscitata nella gente comune, ivescovi delegati sono riusciti ad at-tirare l’attenzione di tutti sulle dif-ficili realtà civili ed ecclesiali chedebbono animare e monitorare. Ilcardinale Patriarca dei caldei, S.B.Louis Raphaël Sako, da Baghdad, hapronunciato parole semplici e toc-canti nella sua omelia-testimo-nianza presso la parrocchia di S. An-tonio dei frati minori, nel centro diBari.

«Sento di trovarmi a casa, poichéda noi l’ospitalità ha sempre la prio-rità. I frati francescani rappresenta-no una comunità monastica e mi-stica. Vengo dall’Iraq, un Paese lon-tano, l’antica Mesopotamia, la terradi Abramo. Anche Tommaso apo-stolo ci ha visitati lungo la stradaper l’India. Nel III secolo eravamogià conosciuti per la nostra liturgiaarricchita da canti prolungati. At-tualmente i fedeli caldei sono un

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milione e mezzo e molti sono statiperseguitati, altri nel tempo si sonoconvertiti all’islam.

Oggi il Vangelo raccontava di Ge-sù che dice: “Se vuoi venire dietro ame, prendi la tua croce e seguimi”.Anche la nostra mistica è ricca dimonaci e monasteri, che vorrebbedire prendere ogni giorno un po’ diGesù e portarlo dentro noi. Se sare-mo uniti a Lui, avremo l’immortali-tà. Nel 2014, 120.000 cristiani hannolasciato terra, case, tutto a causa delDaesh. La Chiesa caldea ha aiutatoquegli sfollati. Mi hanno chiamatoanche alle 3 di notte per chiedermiaiuto.

L’Occidente ha da imparare daquesti cristiani che hanno soffertocosì tanto. Non dovremmo mai se-parare la Chiesa d’Occidente daquella d’Oriente, perché siamo a farparte tutti di una sola famiglia. Noicaldei siamo una minoranza ma di-namica. I musulmani apprezzanomolto la nostra carità, perché riu-sciamo ad aiutare anche i loro pro-fughi. Un imam una volta mi hadetto: “So che il vostro Dio è amore”.Sono convinto che la libertà religio-sa in Iraq verrà e questa Chiesa cheè minoritaria un giorno sarà mag-gioranza.

I giovani nelle piazze manifesta-no contro la corruzione. L’Iraq è unPaese ricco, avendo il petrolio, eadesso i giovani chiedono la sepa-razione della religione dalla politi-ca. La nostra forza è la nostra fede.Restateci vicini nella preghiera. Pre-ghiamo insieme per la pace special-mente in Medio Oriente, Siria, Libia,Yemen e anche in Italia. Il Signorevi benedica!». Ai riti di Comunioneha chiesto di poter cantare per l’as-semblea il Padre nostro in aramai-co, la lingua della santa Famiglia diNazareth.

La sera di sabato 22 febbraio si èsentita viva la presenza della Ver-gine Madre. Era in programma unaveglia mariana che ha visto parte-cipi nella chiesa cattedrale di Bariin modo particolare i religiosi e lereligiose. Eravamo con santa Maria,Stella del mare. La Vergine Odegi-tria è stata presente anche il giornodopo, domenica, nell’icona colloca-ta in modo visibile sulla sinistra delgrande palco, incensata dal Papa

all’inizio della solenne concelebra-zione.

Il Papa parla oggiLa presenza del Papa è stata mol-

to significativa per la sua parolaautorevole e la convinzione con cuil’ha offerta ai presenti. Ha definitoBari «capitale dell’unità», anche peril fatto di esserci tornato una secon-da volta a distanza di poco tempo.Ha insistito sull’assurdità dellaguerra, a partire dal magistero disan Giovanni XXIII nella Pacem interris. Ascoltare la parola del Papa èservito a confermare l’insegnamen-to dell’apostolo Giacomo: «Per colo-ro che fanno opera di pace viene se-minato nella pace un frutto di giu-stizia» (Gc 3,18).

Ha poi ricordato un paragrafogioiello dell’Evangelii nuntiandi disan Paolo VI, ove si parlava per laprima volta di pietà popolare anzi-ché di religiosità: «Il numero 48 (…)deve essere di guida nel nostro an-nuncio del Vangelo ai popoli». Dopol’esame dei rischi vale la pena ricor-dare qui i contenuti positivi delladevozione popolare:

«Se è ben orientata, soprattuttomediante una pedagogia di evan-gelizzazione, è ricca di valori. Essamanifesta una sete di Dio che solo isemplici e i poveri possono cono-scere; rende capaci di generosità edi sacrificio fino all’eroismo, quan-do si tratta di manifestare la fede;comporta un senso acuto degli at-tributi profondi di Dio: la paternità,la provvidenza, la presenza amoro-sa e costante; genera atteggiamentiinteriori raramente osservati altro-ve al medesimo grado: pazienza,senso della croce nella vita quoti-diana, distacco, apertura agli altri,devozione» (EN 48).

Insegnerà anche domaniLa lettera enciclica sulla non vio-

lenza che potrebbe essere pubblica-ta nel prossimo futuro, ci stimoleràa prendere posizione anche in rife-rimento ai nostri contesti storici egeografici. Viviamo purtroppo inPaesi belligeranti. Pochi mesi fa inLibia si era alle soglie di un veroconflitto con coinvolgimento di po-

tenze straniere, provviste di arma-menti notevolissimi. L’emergenzalibica non è affatto superata, nono-stante si tratti di un Paese a ridossodelle “civilissime” nazioni cristianed’Europa. E non si potrà certo di-menticare il conflitto etnico, che hainsanguinato i Balcani negli anni1991-95.

Pace per il presente e per il futuroa partire dall’evento barese. Il la-mento potrebbe mutarsi in danza enon daremo a nessuno il permessodi accusarci di ottimismo gratuito odi accumulare enfasi sulle teoriedella pace. In questo senso è statapresa la decisione di sostenere unprogetto di “Rondine - Cittadelladella pace”, che coinvolge dodici ra-gazzi da sei Paesi in guerra. Al gran-de pranzo conclusivo di domenica23, in un padiglione della Fiera delLevante, hanno partecipato detenu-ti muniti di permesso, migranti e al-tre persone con vari disagi.

Il linguaggio della musicaIl cantautore Ivano Fossati, in un

brano intitolato «Mio fratello cheguardi il mondo», nel 1992 cantavacosì: «Se c’è una strada sotto il mare,prima o poi ci troverà; se non c’èstrada dentro al cuore degli altri,prima o poi si traccerà». Non è sba-gliato voler dare risonanza alla mu-sica cosiddetta leggera, sia perché èuna lingua compresa da tutti, popo-lare, sia perché in determinati casisi veste di efficace semplicità. I gio-vanissimi riescono a cogliere moltobene questo tipo di messaggi. Bru-netto Salvarani e mons. Staglianò,vescovo di Noto, ne hanno scritto inmodo convincente.

Dopo l’evento di Bari è utile ricor-dare le parole che il sacerdote recitanel Prefazio della Preghiera eucari-stica I della Riconciliazione: «Anchea noi offri un tempo di riconciliazio-ne e di pace, perché affidandociunicamente alla tua misericordiaritroviamo la via del ritorno a te».Chiunque - vescovo, presbitero, reli-gioso, laico, persona credente o me-no - in questo frangente può far suoil progetto della riconciliazione co-me ritorno al Padre. Nei nostri gior-ni misericordia e riconciliazione so-no due dimensioni da riscoprire con

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la massima urgenza, così come pa-pa Francesco le ha volute evidenzia-re dai primi tempi del suo servizioalla Chiesa e al mondo.

Aggiornamenti ulterioriAlcuni contributi sono stati pub-

blicati esattamente in occasione diquesto evento. Presentiamo qui so-lamente i più recenti. Il card. Basset-ti ha messo insieme dei suoi inter-venti sul Ven. Giorgio La Pira e il so-gno della “Pax Mediterranea”, dan-do di recente alle stampe Una pro-fezia di pace.

Essere mediterranei. Fratelli e cit-tadini del “Mare Nostro” è una rac-colta di saggi curata da P. Spadaro,

direttore della Civiltà Cattolica, chesegue costantemente il Papa neisuoi spostamenti. La rivista dellaFacoltà Teologica Pugliese, ApuliaTheologica, nel primo numero del2020 è uscita sotto forma di mono-grafia intitolata Mediterraneo, sor-gente inestinguibile di creatività. So-no parole ricavate dallo Statuto deiColloqui Mediterranei, che si tenne-ro per volere di La Pira dal 1958 inpoi. Infine, P. Luigi Orlando ofm hacurato un’altra raccolta, Mediterra-neo senza frontiere. La chiesa e i re-ligiosi. Cultura spiritualità arte, concinque saggi collocati negli orizzon-ti diversi di Sacra Scrittura, storia,vita consacrata e francescanesimo.

Prossimamente a Palermo si vi-

vranno due importanti appunta-menti. A maggio (17-19) un conve-gno internazionale della rivistaConcilium e della Società Italiana diRicerche Teologiche (SIRT), intitola-to Confini: una prospettiva dal Me-diterraneo. Infine, dal 6 al 9 ottobre2020, il Capitolo delle Stuoie dei fra-ti cappuccini che, da sempre noticome frati del popolo, proveranno ariflettere sull’identità di “frati deipopoli”. Di certo sarà impossibileprescindere da quel che l’evento diBari ha significato, da una sua ne-cessaria ricezione nella vita dei con-sacrati e delle Chiese di tutta la re-gione mediterranea.

PIER GIORGIO TANEBURGO, ofm.cap.

Riportiamoil testo integraledella lettera

Carissimi fratellie sorelle di vi-ta consacrata,

come accade da anni,il prossimo 2 febbraio2020 celebreremo la24ª Giornata mondialedella vita consacrata,evento tutto speciale,nel giorno parimenti spe-ciale in cui la Chiesa celebra lafesta della Presentazione del Signo-re. È un incontro per rinnovare lanostra adesione alla voce del Signo-re, che ci ha chiamato a seguirlosulla via della povertà, della castitàe dell’obbedienza, nell’ascolto co-

stante del magistero del papa, l’in-vito del quale è sempre più preciso:essere una Chiesa in uscita, essere“discepoli-missionari” sull’esempiodella Samaritana, la quale, comemolti samaritani di quella città cre-

dettero in lui per la pa-rola che la donna ave-va attestato (Gv 4,39),concetto ripreso dal S.Padre in EG,120.

Celebrare questagiornata di anno in an-no, è occasione di festacomunitaria, di impe-

gno e di richiesta inces-sante al Signore del dono

di nuove vocazioni alla vi-ta consacrata, che rinnovi-

no il volto della Chiesa e delmondo, che annuncino la gio-

ia del Vangelo e pratichino l’amoredi Dio che dà senso all’esistenza,sull’esempio della donna di Samariae di tante donne forti, presentatenella Scrittura e presenti nelle no-stre comunità religiose femminili.

MONS. VINCENZO BERTOLONE AI CONSACRATI

Consacratitestimoni dell’eterno

Per la Giornata della vita consacrata, l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace,Vincenzo Bertolone, ha scritto ai religiosi/e della sua diocesi:

«Abbiate sempre il coraggio di comunicare la gioia di un’esperienza:la gioia dell’incontro intimo, gioioso e fruttuoso col Signore!».

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La vita consacratanella Chiesa diocesana

La vita consacrata è un dono del-lo Spirito Santo alla Chiesa e al-l’umanità. Essa nasce nella Chiesa,cresce nella Chiesa, è orientata dal-la Chiesa. Come ci ricorda la Lumengentium, la vita consacrata fa partedella struttura misterica e carisma-tica della Chiesa, cioè fa parte inte-ramente della Chiesa ed è inseritanella Chiesa, per la Chiesa, dellaChiesa.

La vita consacrata, tuttavia, sirealizza storicamente in una Chiesaparticolare, contribuisce all’edifica-zione spirituale di essa e ne costi-tuisce una peculiare forza. La Chie-sa particolare, dunque, è adornata eimpreziosita dalla presenza dellavita consacrata, che va pensata, per-tanto, come un “segno escatologi-co”, cioè una voce del mondo che staper venire, nel territorio diocesano,ovvero un luogo concreto e storicoin cui esiste e vive la Chiesa cattoli-ca, come ci ha insegnato il concilioecumenico Vaticano II, particolar-mente nelle due costituzioni Lumengentium e Gaudium et spes.

In particolare, su questo punto,occorre ricordare l’affermazione diGaudium et spes che rammenta allaChiesa tutta – dunque non soltantoai Pastori e al clero diocesano –, l’in-combere di un dovere: «Signa tem-porum perscrutandi et sub Evangeliiluce interpretandi» (GS, n. 4). In for-za della radicalità della scelta edell’essere dentro la Chiesa, anchedistribuendosi a livello territorialelocale, la vita consacrata è, dunque,particolarmente adatta a scrutare isegni del tempo alla luce del Vange-lo, cioè esprimere la qualità profeti-ca dell’intera vita cristiana ed eccle-siale che, per il battesimo, è propriadi tutti i fedeli, a prescindere dai“generi di cristiani”.

La presenza delle vocazioni dispeciale consacrazione all’interno diuna Chiesa particolare, dunque, èda pensare sorgivamente in relazio-ne sempre più convinta con tutti glialtri soggetti ecclesiali e, soprattut-to, sempre in costante relazione aibisogni socioculturali emergenti,per esempio a livello regionale oterritoriale.

Immaginiamo la madre Chiesacome un giardino, sul quale cresco-no piante di fiori di varie specie.L’amenità del giardino, per chi locontempla in primavera, dal di fuo-ri e con un colpo d’occhio, sta nelfatto che si alternano qui una ca-melia, là un rododendro, più in làun roseto, un’azalea, un’ortensia,una magnolia e via discorrendo. Labellezza del giardino sta proprionella varietà molteplice di fiori chearmonizza con l’unità dello sguar-do. E chi contempla l’insieme è por-tato ad esclamare: Bello! Incantevo-le! Così è della presenza della vitaconsacrata in una diocesi, che di-venta ambito per l’esercizio dellaprofezia escatologica.

La profezia è certamente capaci-tà di giudizio sul mondo a partiredall’amore misericordioso di Dio,ma è anche saper attendere il ritor-no del Signore. Perciò la dimensio-ne escatologica della vita consacra-ta è importante. È un vivere “comese”, “già e non ancora”. È quello chedobbiamo vivere come orizzonte. Èvivere in attesa questo sperare e,nel frattempo, discernere i segni deitempi.

C’è ancora postoper la vita consacratanel mondo attuale?

Oggi sembra che l’ideale dellaconsacrazione totale e radicale aGesù Cristo non trovi molto spazio.Se ci limitiamo all’orizzonte italia-no o europeo, come osservò papaFrancesco, assistiamo ad una«emorragia che indebolisce la vitaconsacrata e la vita stessa dellaChiesa», ma se il nostro sguardospazia verso orizzonti più ampi, cirendiamo conto delle profonde no-vità che rendono anche il nostropresente tempo di grazia, carico disperanza, di futuro, di attese e dicreatività.

Se, da un lato, nelle società occi-dentali ammiccanti ad una culturasecolaristica, i consacrati diminui-scono, nei paesi di recente evange-lizzazione il numero dei consacratiaumenta e ci consente di guardarecon speranza al futuro della Chiesauniversale. I responsabili, perciò, si

domandano: quale discernimentosulle opere sostenute da Istituti divita consacrata e come gestire la re-sistenza a una specie di libido mo-riendi che mette alla prova moltefamiglie religiose?

Certamente, in molte occasioni leopere possono tradire. Quando si dàtroppa importanza alle opere, restamolto nascosta la forza originariadel carisma dei Fondatori. Tuttoquesto è strettamente unito all’ele-mento del dialogo con il mondo. Leopere devono essere una conse-guenza di tale dialogo. Dobbiamochiederci sempre da capo, per esem-pio: è necessaria oggi l’educazione?Cosa posso fare? Come gestisco lescuole e le varie attività? Che cosaposso fare per immigrati, rifugiati,i senza fissa dimora (stranieri e ita-liani), persone a rischio di devianza,adulti richiedenti asilo, titolari diprotezione internazionale, donneitaliane e straniere (anche con pro-le) vittime di violenze, abusi e mal-trattamenti?

Queste sono domande che biso-gna porsi con chiarezza e a cui si de-ve rispondere con sincerità, tenen-do conto del cambiamento d’epoca.Tuttavia, ciò non ci esime dal consi-derare i vari impedimenti per tantiuomini e donne di buona volontà aconsacrare la propria vita al Signo-re sulla via dei consigli evangelici,soprattutto nella nostra Italia e nelnostro Sud, che tanto deve all’ope-rato di schiere di consacrati chehanno dato se stessi per la crescitae il riscatto spirituale, culturale, ca-

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ritativo e sociale della gente dei no-stri territori, non di rado irretita davalori antievangelici e disumanidelle varie mafie, della corruzione edella criminalità organizzata. Pur-troppo oggi dobbiamo constatareuna cultura tesa a contrastare la re-ligiosità cristiana, relegando la fedea un discorso privato, squisitamen-te individuale, mai sociale.

Convegnointerdisciplinare suCostruire insieme l’Europa

Da tale panorama, la nostra so-cietà risulterebbe affetta da unaforma di “anemia culturale”. Perquesto, per il 50° anniversario dellaMissione permanente della SantaSede al Consiglio d’Europa, è statoorganizzato un convegno interdisci-plinare con il tema Costruire insie-me l’Europa.

Nella relazione introduttiva alconvegno mons. Gallagher, segreta-rio della Santa Sede per i rapporticon gli Stati, ha affermato che oc-corre «forgiare un’identità europeabasata su valori condivisi che tra-scendono le diversità culturali».

Al suo intervento hanno fatto ecole parole di mons. Ganci, presbiterodella nostra arcidiocesi, osservatorepermanente della Santa Sede pressoil Consiglio d’Europa: «L’Europa oggiha bisogno di cristiani, la vera radi-ce cristiana dell’Europa è il cristianostesso. Se viviamo solo di memorianon basta. Abbiamo bisogno di un

albero vivo oggi, che èil cristiano, segno diquelle radici».

In una società co-me la nostra, dunque,caratterizzata da unareligiosità soggettivi-stica e multiculturale,i consacrati dovreb-bero essere più salda-mente ancorati agliideali evangelici a cuihanno giurato obbe-dienza, divenendo cu-stodi delle antiche ra-dici cristiane e testi-moni dell’eterno inun mondo che muta.

Certo, se un tempola vita religiosa con i suoi edifici ele sue strutture, con l’alto numerodelle comunità, trasmetteva mes-saggi saldi e radicamento territoria-le capace di rassicurare anzitutto ipropri membri e poi la comunità ec-clesiale, oggi essa viene giudicatadebole, sempre con i suoi protago-nisti più esigui numericamente etalvolta incerti e smarriti.

Occorre ripartire dall’ascolto delSignore, fonte di speranza e che, pro-prio, come nel caso dei discepoli diEmmaus, delusi dagli avvenimentidella passione, lascia anche a noi,nello spezzare il Pane e la Parola, isegni tangibili della sua presenza,preludio e alba della risurrezione.

In ascolto della Scrittura:il luminoso esempiodi Giuditta

Immaginate una ragnatela e de-gli elefanti infuriati, che marcianocontro di essa. Potrà mai una fragi-le, minuscola ragnatela resistere adun simile impatto? Nessuno spen-derebbe una parola in favore dellaminuscola ragnatela. Non c’è alcunparagone tra le due forze. La ragna-tela cattura insetti, non di certoenormi animali.

In natura, il piccolo soccombesempre al grande, il debole al forte,il malato al sano, il povero al ricco,l’ignorante al dotto astuto, il buonoal cattivo, e così via. La situazioneiperbolica, dal sapore sapienziale,descrive bene il rapporto tra la no-

stra società occidentale secolarizza-ta e la vita consacrata, che appareun piccolo e fragile segno che, da so-lo, non può far fronte alle sfide chele provengono da questa stessa so-cietà.

Lo stesso accadde al tempo diIsraele, quando il Signore, come leg-giamo nel libro biblico di Giuditta(che, come ricordiamo, trovò qual-che difficoltà ad entrare nel canoneebraico e in quello cristiano), susci-tò presso il popolo l’esempio lumi-noso e radiante di Giuditta. Ella èun archetipo dell’eroe al femminile.Quasi a sottolineare la rilevanza delpersonaggio, il narratore biblicopresenta una genealogia di ben se-dici generazioni, per approdare aquesta vedova senza figli, come loerano Noemi, Rut, Abigail e Betsa-bea.

Giuditta dimostra una particola-re abilità nell’aprire un camminoper sé e per tutto il popolo. A diffe-renziarla è la maternità, poiché,mentre Betsabea e Rut – e attraver-so di lei Noemi – presto o tardi han-no figli biologici, Giuditta, più vici-na alla figura di Debora (cf. Giudici5-7) è madre del popolo.

Una donna fortein mezzo al popolo,come emblemadella vita consacrata

Noi chiamiamo “sorella” e “ma-dre” la donna di vita consacrata. Gliassiri che si avventavano contro

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Israele erano qualcosa di più di unosciame di cavallette in un campo diorzo o di grano ancora verde, ma invia di crescita. Il loro esercito era co-sì potente da togliere il respiro; nonesistevano forze capaci di opporgli-si. Diciamo – per tornare all’esem-pio – che era la mandria di elefantidiretta contro una minuscola ra-gnatela, quale era allora il popolodei giudei.

Ma i giudei solo apparentementeerano una ragnatela. Dalla loro essiavevano una forza invisibile e in-vincibile: il loro Dio e Signore. Soloche questa forza invisibile e onni-potente possiede uno strano mododi scendere in campo. Infatti si pa-lesò quando tutte le risorse umaneavevano fallito.

Che cosa fece il Dio di Israele? Su-scitò una donna forte in mezzo alsuo popolo: Giuditta, che vive inuna comunione ininterrotta con laSapienza divina, frutto di una vitacontemplativa e adorante, estrinse-cantesi nella santità del suo corpo edel suo spirito. Tutto questo produ-ce in Giuditta la verità del suo Si-gnore e anche la forza di manife-starlo nella sua onnipotenza e gran-dezza invincibile: il Dio, adorato daGiuditta, si dimostra un Dio vivo. Èperò l’uomo che deve operare e ri-conoscere la divina straordinariagrandezza.

Nel caso di Giuditta, che affrontail capo dei filistei, si estrinseca gra-zie alla sua ininterrotta vita asceti-ca, riservata, lontana dai vizi, inspecie dalla voluttà peccaminosa. Èil frutto di quella intima comunio-ne con Dio che lei cercava e che ognigiorno, nel silenzio e nella preghie-ra, trovava, perché aveva scelto Diocome il tutto della sua vita.

Ritengo che Giuditta sia un e -sempio luminoso per tutti noi con-sacrati, in un tempo segnatamentedominato dall’oblio di Dio e dellasua “scomoda” Parola. Il consacrato,nella sua ininterrotta comunionecon la sapienza di Dio, diviene dav-vero segno profetico, strumento diDio che interviene in soccorso dellefragilità umane, a patto però chel’uomo, chiamato a collaborare conlui, sia onesto. Come in Giuditta, an-che nel consacrato, Dio deve diveni-re una cosa sola con la creatura: nei

pensieri e nelle opere, nelle decisio-ni e nelle scelte di vita. Dio pensacon la mente di Giuditta, vede con isuoi occhi, opera con le sue mani,decide con la sua volontà: oggi Diopensa – o dovrebbe pensare: sta anoi permetterglielo! – con la nostramente di consacrati, vede con i no-stri occhi, opera con le nostre mani,decide con la nostra volontà.

Domandiamoci, alla luce di que-sta figura biblica: come ci poniamoverso i processi di cambiamento incorso, soprattutto se essi risultasse-ro viziati dall’ideologia del clerica-lismo (per il quale le persone vivo-no con atteggiamenti da “segrega-ti”, con la puzza sotto il naso)? Qualesarà il criterio di base per giudicarele nostre comunità alla luce dellapovertà, della preghiera e della pa-zienza? Che cosa faremo di frontealla scarsità delle vocazioni? Comeopereremo un accurato discerni-mento sulle vocazioni, soprattuttodi fronte a persone con problemiabbastanza seri sul piano psicologi-co e spirituale, che credono di trova-re sostegno agli stessi nella vitaconsacrata? Come tradurre l’istanzamissionaria in modo da frequenta-re, come consacrati, il futuro cheDio stesso va preparando, cioè apri-re orizzonti di attesa di quanto staper venire nella storia?

Siate contemplativiConsacrate e consacrati carissi-

mi, sento il dovere, con questa lette-ra, che spero vogliate leggere anchein comunità, di ringraziarvi, inco-raggiarvi per il vostro impegno, so-prattutto quello svolto, con discre-zione e silenzio, nelle vostre comu-nità, anche se, talvolta, è ripagatocon l’ingratitudine. Nel caso ciò ac-cada, vi sia di conforto questa mas-sima di s. Giovanni Bosco: «Guai achi lavora aspettando le lodi delmondo: il mondo è un cattivo paga-tore e paga sempre con l’ingratitu-dine».

Abbiate sempre il coraggio di co-municare la gioia di un’esperienza:la gioia dell’incontro intimo, gioio-so e fruttuoso col Signore! Primadella vostra opera missionaria, visia il contatto frequente con le Scrit-ture, la preghiera, soprattutto litur-

V I TA C O N S A C R ATA

gica e i sacramenti: solo così potretecomunicare il vostro ardore che èfuoco che arde in voi e che viene co-stantemente alimentato dai mezzisoprannaturali e dalla Grazia.

Agite come la santa Madre Tere-sa di Calcutta, la quale ogni mattinatrascorreva con le sue consorelle al-meno due ore davanti al SantissimoSacramento in preghiera e in medi-tazione e un’ora, nel pomeriggio, inadorazione. Questo la riempiva diluce, amore e energia per riconosce-re, amare e servire Gesù nei poverie negli scartati.

Vedendo uscire una suora per lamissione con il volto velato dallamestizia, la Madre le consigliava disostare un’ora davanti all’eucari-stia, per attingervi quella gioia in-dispensabile nel contatto con gli ul-timi. Proprio come fanno i domeni-cani, per i quali è “Legge” contem-plata aliis tradere. Si comunica e sitrasmette solo ciò che si è contem-plato con gioia, cioè di adorare, me-ditare, approfondire cuore a cuorecon il Signore, presente nella Bib-bia, nell’eucaristia, nei sacramenti,nei poveri.

Carissimi consacrati/e, siate con-templativi e, se siete chiamati dalvostro carisma al servizio della ca-rità, stando a più diretto contattocon le sofferenze degli uomini edelle donne, siate “contemplatividella strada”, “mistici dell’azione”,come desiderava il futuro beato ca-labrese, don Francesco Mottola, ilquale esortava a fare: «tutto con cal-ma, con spirito di avventura eterna(…) Non vi scoraggiate, fate il me-glio possibile nel momento attuale.Con spirito di distacco, con la no-stalgia dell’eterno, sempre presen-te. Allora sì: tutto il lavoro materialediventa preghiera» (Lettera del 9febbraio 1969).

Dal profondo del cuore, da consa-crato come voi, paternamente e fra-ternamente vi benedico, chieden-dovi di pregare per me e per i biso-gni della porzione del popolo di Dioche mi è stato affidato, dove voi sie-te i portabandiera del mondo cheverrà e che vogliamo migliorare.

✠ P. VINCENZO BERTOLONE (S.D.P.)arc. di Catanzaro-Squillace

17 gennaio 2020 Sant’Antonio Abate

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Preghiera e vita quotidiana

L’ambito del nostro impegno quotidiano, qualunque es-so sia, si svolge in gesti semplici; vi sono incontri, col-

laborazioni, gesti, decisioni. Da queste azioni è formato iltessuto concreto dei nostri giorni. Madre Teresa di Calcut-ta ha scritto: “La preghiera sta in tutte le cose, in tutti i ge-sti”. Ella ci dà testimonianza che è possibile aprire all’amo-re di Dio ciò che stiamo facendo. Proviamo a immaginarela preghiera nella nostra giornata come un pensiero con-sapevole, quasi una istantanea, che non sposta la nostraattenzione ma cerca di mettere in relazione la specificasituazione che stiamo vivendo, con una semplice e veloceinvocazione, una domanda, in richiamo al dialogo con ilSignore.

Il credente sa che “èDio infatti che suscita innoi il volere e l’operaresecondo il suo disegnod’amore” (Filippesi 2,13).In tal modo ci è indicatoallo stesso tempo ungrande dono: vive in noilo Spirito di Gesù, maanche una responsabili-tà: scoprire che non vi-viamo noi da soli la no-stra quotidianità, mache siamo accompagna-ti costantemente dal Si-gnore. Non enfatizzia-mo dunque il principio,tante volte ascoltato, secondo il quale ‘il lavoro è già pre-ghiera’. Piuttosto, il lavoro sia occasione di una preghierasemplice, fatta di un breve sguardo interiore che si fa do-manda immediata e concreta, oppure esprime sentimentidi gratitudine, di scoperta della vicinanza del Signore.

Dal punto di vista della maturità cristiana, l’esperienzaci insegna l’importanza di coltivare l’attitudine alla pre-ghiera, riservando uno spazio della giornata per leggerela Parola, e così tener vivo il dialogo con il Signore. I tempisono scelti da ciascuno di noi: al risveglio, prima del lavoro,a tavola quando ci ritroviamo per i pasti. La modalità piùefficace, è la lettura della Parola. Naturalmente la grandemaggioranza di noi non è particolarmente esperta dellaScrittura. Tuttavia la lettura paziente e continua è ungrande aiuto a scoprire e sperimentare quanto di intimitàè possibile coltivare con la persona di Gesù, quanto inte-ressanti sono i suggerimenti che possiamo trarre da unalettura ‘artigianale’ della Parola di Dio. È in questo modoche i fatti della giornata hanno richiami al brano che ab-biamo letto e sul quale ci siamo soffermati.

La nostra persona sta in rapporto vivo con Dio, Maria ei Santi, in forza della vocazione battesimale, che ci fa par-tecipare alla condizione di uomini e donne abitati e soste-nuti dallo Spirito di Gesù. La spiritualità che deriva dal bat-tesimo ci consente e ci dà la forza di esprimere in ogni ge-sto della nostra vita l’esperienza di essere presi nel vortice

spirituale della Pasqua, -morire e risorgere con il Signore-per vivere di essa.

Un bravo scrittore spirituale –O. Clement- chiama “ger-mi di resurrezione” tutti gli atti di fede, speranza e caritàcompiuti da ogni viandante nelle ore della sua giornata.

È conforme all’insegnamento del Concilio pensare chequesto seminare i germi sia possibile ad ogni persona cheagisce con onestà e amore. Il frammentato svolgersi dellenostre giornate può essere paragonato alla tessitura diuna rete intrecciata dallo Spirito del Signore. È Lui infattiche sostiene in ciascuno di noi la domanda, serena e noninquieta, di conoscere e attuare la volontà di Dio nel mo-

mento in cui inizio unnon facile lavoro digruppo, o quando devorispondere ad una paro-la sgraziata, ad una ne-gazione ingiustificata,alla fatica di una specifi-ca situazione umana-mente difficoltosa, auna condizione di lavoronon ideale.

La rapida domanda diaiuto, formulata con fe-de, ci fa affrontare la dif-ficoltà, cambia il cuore;ma anche colui per ilquale abbiamo pregato,

o invocato l’aiuto di Dio,ne avrà beneficio. Sappiamo che vi è un sogno di Dio suciascuno di noi, è questo che vogliamo collaborare a rea-lizzare.

La preghiera nella quotidianità ci aiuta a stare con gliuomini e le donne nei luoghi in cui le incontriamo, e a farpercepire all’altro che egli per noi è persona, ha la sua di-gnità; comunque si stia comportando con noi, merita ri-spetto. Talvolta in un dialogo iniziato a proposito di parti-colari concreti o addirittura tecnici, ecco che poco alla vol-ta cambia oggetto. È una storia personale che mi vienepresentata; magari difficile o segnata da sofferenze. E pos-so aprire un discorso.

Vi è un afflato di preghiera che avvertiamo presentenelle scelte concrete, quando le risoluzioni sgorgano dal-l’intimo della persona e hanno come ragione ultima labellezza della decisione presa. L’accettazione del suggeri-mento buono che ci viene dal cuore, da un impeto di ri-spetto per una pena, ci accorgiamo talvolta che ha unacerta sua imprevedibilità. L’affidarci a Dio nel passo con-creto che stiamo vivendo infatti ci tiene ben saldi nella re-altà, e ci consente di fare ciò che è nostro potere per l’altrocon tutto noi stessi, con originalità, con dedizione e condisinteresse. E in tal modo il nostro sguardo interiore sivolge al Maestro, e da Lui riceve luce e forza.

GIOVANNI GIUDICI

S P I R I T UA L I TÀ

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Nubi minacciose si addensa-no sopra la Cina in questimesi. Lo scontro commercia-

le con gli Stati Uniti, la peste suina,le proteste di Hong Kong, l’epide-mia di polmonite di Wuhan, il pos-sibile scontro con Taiwan se il refe-rendum sull’indipendenza diventareale: sono le emergenze che il go-verno di Pechino deve affrontare. Ilvenire meno del cibo più diffuso (lacarne di porco), il rallentamentodella crescita economica, la fragilitàdell’ipotesi “un paese e due siste-mi”, l’assenza di uno stato socialeminacciano il consenso al partito eal sistema. È in questione il “pattosociale” che lega l’immensa popola-zione (1.400 milioni) del Regno dimezzo: rinunciare alla dimensionedemocratica della rappresentanzain nome del benessere economico.L’alimentazione solo retorica e ideo-logica dell’ethos pubblico e unacampagna di “moralizzazione” piùfunzionale alle lotte di partito chead altro sollecitano il paese e i suoidirigenti verso riforme coraggiose eurgenti.

Obiezioni plausibilio meno

In un quadro di tali proporzioniil richiamo all’Accordo Santa Sede –Cina in ordine alla scelta dei vescovipuò sembrare un’inezia. Ma, al di là,delle sue dimensioni reali (un cen-tinaio di diocesi, 12 milioni di fedeli,una tensione non risolta fra comu-nità legali e comunità illegali) c’èun riverbero importante sia in ra-gione di un ordine mondiale (laSanta Sede non alimenta l’opposi-zione a Pechino e riconosce la suacultura e il suo peso per la pacemondiale) sia per una maggiore li-bertà religiosa. Il riconoscimento

accordato al papa nell’Accordo del22 settembre 2018 (cf. Testimoni4/2018 p. 32; 11/2018 p. 1) su un temadecisivo come la nomina dei vesco-vi cattolici rappresenta una “limita-zione” del potere del partito e un ri-spetto della coscienza credente chepotrebbe allargarsi se venisse ono-rato e alimentato (una verifica èprevista nell’autunno prossimo).

Non mancano nel mondo catto-lico voci molto critiche, a partire dalcard. J. Zen, per gli scarsi risultatiperseguiti. Sintetizzerei così le obie-zioni più diffuse:

* Si fa osservare una presunta di-versità – se non frattura – fra i pa-pati, in particolare fra GiovanniPaolo II – Benedetto XVI e il lorosuccessore Francesco. Si può parla-re di evoluzione certo, non di frat-tura. Secondo fonti affidabili, Bene-detto XVI condivideva l’accordoipotizzato nel 2000 sia nel suo im-pianto ecclesiologico, sia nella suastesura, sia nel riconoscimento di

comunione con i 7 vescovi che nonl’avevano.

* Si vorrebbe rintracciare ancheun’opposizione fra la curia (i dica-steri) e i pontefici. Mi sembra moltocreativa e poco realistica. Utile peraccreditare le proprie posizioni, me-no per indicare il funzionamentodella curia romana. Che gli Orienta-menti pastorali della Santa Sede cir-ca la registrazione civile del clero inCina (28 agosto 2019) non portino lafirma dei responsabili di dicasteronon significa che il documento siaspurio o meno ufficiale. Del resto,sulla situazione cinese – come no-tava Giovanni Paolo II – è meglio fa-re riferimento al Vangelo che nonalle sole procedure.

* Difficile pensare, inoltre, cheuna traduzione ufficiale della Lette-ra ai cattolici cinesi di BenedettoXVI (maggio 2007) possa stravolger-ne il senso, tanto da imporne unapropria.

* Il sistema comunicativo cinese

ACCORDO SANTA SEDE – CINA

Obiezioni e atteseA oltre un anno di distanza dall’Accordo tra Vaticano e Cina sulla nomina dei vescovi,

le discussioni non si placano. Le gravi sfide al Regno di mezzo, il ruolo del paese nelmondo e il processo di “sinizzazione” delle fedi.

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è certo proprio e particolare, ma visono manifestazioni, come l’ap-prezzamento verso le posizioni delpapa da parte del portavoce del Mi-nistero degli esteri, Geng Shuang,che non possono essere interpreta-te solo come cortesie dovute.

* Il documento dell’Accordo è an-cora riservato, per la buona ragioneche la parte cinese questo ha chie-sto e per la provvisorietà e la modi-ficabilità di un testo chiamato adessere verificato a tempi brevi.

* Invocare l’Ostpolitik e i suoi pre-sunti limiti significa non percepirela sua improponibilità nel contestodella Cina attuale: la presenza cat-tolica è minoritaria, la tradizioneculturale non è cristiana, il riferi-mento ai diritti umani non è lo stes-so, la Cina non è in crisi economicae non è certo isolata rispetto alle co-municazioni globali.

* Il riferimento all’«indipenden-za» della Chiesa locale nei testi ecomportamenti dell’Associazionepatriottica che, nei decenni scorsi,significava il distacco da Roma e dalpapa non ha più lo stesso senso. Loslittamento semantico è testimo-niato dall’Accordo.

Il coraggio della fiduciaNon mancano le critiche perti-

nenti. Le due nomine episcopali av-venute dopo la firma sono preziose,ma insufficienti rispetto al bisogno.Ci sono decine di diocesi che nonhanno un vescovo e diversi di quelliin esercizio hanno un’età che non

consente più loro un governo pieno.Mancano le indicazioni e le candi-dature da parte cinese. Inoltre, va arilento il riconoscimento dei vesco-vi “sotterranei” che non hanno an-cora legittimazione. Si aggiunga lascarsa flessibilità sulle firme da ap-porre ai documenti dell’Associazio-ne patriottica, come richiesto da Ro-ma. Il caso di mons. Guo Xijin, cheha accettato generosamente di farel’ausiliare di Mindong ma che nonintende firmare, è emblematico. Sipossono anche aggiungere le fragi-lità delle stesse comunità cattoli-che, gravate da una storia di perse-cuzioni, non sempre disponibili aicammini suggeriti dalla Lettera aicattolici cinesi di Benedetto XVI. Ta-lora anche fra i sacerdoti più giova-ni. Né si possono dimenticare lemolte notizie relative alla distruzio-ne degli edifici sacri, alla rimozionedelle croci, alla presenza di vessillinazionali all’interno, alle normeche escludono i minori dal culto, al-le vessazioni sulle singole persone.Si può dire che non è un buon accor-do, molto distante da attese legitti-me, ma anche che è il meglio fra ilpossibile, un avvio promettente.

Il senso dell’Accordo è espressodal papa in un messaggio del 26settembre 2018. Dopo aver ricordatola stagione di Giovanni Paolo II equella di Benedetto XVI: «Attraver-so tale percorso, la Santa Sede altronon aveva – e non ha – in animo senon di realizzare le finalità spiritua-li e pastorali proprie della Chiesa, ecioè sostenere e promuovere l’an-nuncio del Vangelo, e raggiungere econservare la piena e visibile unitàdella comunità cattolica in Cina». Aquesto fine, il punto più immediatosono le nomine del vescovi e l’as-sorbimento del fenomeno dellaChiesa clandestina, nel pieno rico-noscimento dell’eroismo che lascelta, compiuta nel passato, avevarichiesto a molti: «Tale esperienzanon rientra nella normalità dellavita della Chiesa» e vi si ricorre solonello stato di confessione. Benedet-to XVI aggiungeva: «La storia mo-stra che pastori e fedeli vi fanno ri-corso soltanto nel sofferto desideriodi mantenere integra la propria fe-de e di non accettare ingerenze diorganismi statali in ciò che tocca

l’intimo della vita della Chiesa»(Lettera ai cattolici cinesi, n. 8). Unanormalizzazione che, paradossal-mente, costringerà la stessa Asso-ciazione patriottica a cambiare. Ilfatto che l’ultima parola sia del pa-pa è un innesto potente per il futu-ro. E tutto questo senza rinunciareallo spazio critico. Sia verso l’ester-no: «Ciò richiede (ai cattolici) anchela fatica di dire una parola critica,non per sterile contrapposizionema allo scopo di edificare una socie-tà più giusta, più umana e più ri-spettosa della dignità di ogni perso-na» (papa Francesco); sia versol’amministrazione (Associazionepatriottica), perché i preti possononon firmare la dichiarazione di ade-sione all’associazione (cf. Orienta-menti pastorali, 28 giugno 2019).

No alla Chiesa nazionaleIl punto centrale è di evitare lo

scisma di vescovi ordinati senzaconsenso papale. Negli anni ’50 cifu il pericolo di un papa cinese («nelgennaio del 1951 il vescovo Zhou Ji-shi fu invitato ad assumersi la cari-ca di papa della Cina» e rifiutò (cf.Liu Guopen, Accademia cinese dellescienze sociali). Oggi le diocesi anco-ra scoperte potrebbero diventare ilfacile strumento per uno scismareale. Chi parla troppo frettolosa-mente di scisma davanti alle di-scussioni in atto sembra ignorare loscisma “reale” di una Chiesa catto-lica che dovesse fare i conti con unadoppia gerarchia. L’Accordo costi-tuisce il superamento definitivodell’idea di creare in Cina una Chie-sa nazionale, pur riconoscendo lemolte particolarità della storia edella cultura cinese.

Si tratta dell’esito di un processoall’incrocio di tre spinte attive neidecenni scorsi: sostenere i cattoliciclandestini, dialogare con i vescovipatriottici, cercare un accordo glo-bale. A questo fine, dagli anni ’50 laChiesa rifiuta di qualificare comescisma gli eventi cinesi. Anche pernon essere schiacciata sull’ideolo-gia e il potere occidentale. L’Accordoriconosce il potere pieno dello statoe del governo cinese, ma non in sen-so assoluto. Riconoscere il poteredel papa è conseguenza della perce-

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zione di un’autorità vera e “non po-litica” dello stesso e la consapevo-lezza del nesso non scindibile frapapa e vescovi, fra Chiese locali eChiesa universale. Un percorso cheè soltanto avviato e che potrebbesubire interruzioni e arretramenti.In ogni caso, è necessario dare tem-po alle comunità cristiane in Cina ecomprendere le loro diversità e ipercorsi dolorosi esperiti. Come si èespresso papa Francesco: vi sonosentimenti di ringraziamento e disincera ammirazione, «che è l’am-mirazione dell’intera Chiesa catto-lica, per il dono della vostra fedeltà,della costanza nella prova, della ra-dicata fiducia nella Provvidenza diDio, anche quando certi avveni-menti si sono dimostrati particolar-mente avversi e difficili».

Rafforzare l’identitàcinese e la comunione

La comunione nella Chiesa non èa basso prezzo. Non c’è autenticacomunione «senza un travagliatosforzo di riconciliazione» (Benedet-to XVI, Lettera ai cattolici cinesi). Lapurificazione della memoria, il per-dono e la riappacificazione dei cuo-ri «possono esigere il superamentodi posizioni o visioni personali, na-te da esperienze dolorose o difficili,ma sono passi urgenti da compie-re» (ibidem). Rimane poi la prioritàdel compito di evangelizzazioneche esige «l’annuncio del Vangeloall’uomo moderno, con la consape-

volezza che, come durante il primomillennio cristiano la croce fupiantata in Europa e durante il se-condo in America e in Africa, du-rante il terzo millennio una grandemesse di fede sarà raccolta nel va-sto e vitale continente asiatico»(ibidem n. 3).

Nei recenti rapporti circa le per-secuzioni, la Cina è sotto accusa.Non fa parte dei paesi classificati di«persecuzione estrema», ma nelloscaglione successivo («persecuzionemolto forte») e rimonta molte posi-zioni. Non per uccisioni o torture,ma sostanzialmente per i danni allechiese e l’intervento poliziesco suileader religiosi. I 5.576 edifici sacriinteressati all’intervento della forzapubblica (croci rimosse, ambientiecclesiali danneggiati, chiese di-strutte) e i circa 1.000 provvedi-menti di polizia sui singoli sono nu-meri inquietanti. Gli uni e gli altrisono conseguenze della nuova nor-mativa degli affari religiosi (2017) edell’indirizzo politico della “sinizza-zione” delle fedi e delle religioni. Lavolontà positiva, per la prima voltanella storia comunista del paese, difare i conti con la dimensione spiri-tuale e delle fedi viene declinata se-condo le modalità amministrativedella tradizione ideologica e del-l’impero, illuminando, da un lato, lariconosciuta impossibilità di ri-muovere la dimensione trascen-dente, ma, dall’altro, anche l’impe-rizia e la contraddittorietà dei mez-zi messi in campo.

I diritti e la loro difesaNel contesto politico globale, il

rapporto Chiesa cattolica – Cinanon si colloca sul versante del pote-re forte, ma su quello del potere lie-ve o debole. Non credo che la Cinasia interessata a Roma perché il pa-pa guida il piccolo numero di cinesiche appartengono alla Chiesa catto-lica, ma perché avverte il papato co-me attore globale in grado di pro-durre e testimoniare valori religio-so-simbolici che non si lascianocomprimere né nei limiti delle na-zioni, né in quelli di una singolacultura. Soprattutto nel momento –il nostro – in cui il centralismoatlantico lascia spazio alla ricerca dinuovi equilibri. Sul versante eccle-siale, i cui riferimenti sono il Van-gelo e il concilio Vaticano II, non viè disponibilità a ignorare gli ele-menti spuri dell’espansionismo im-periale cinese come di qualsiasi al-tro stato e nazione. I riferimenti allelibertà fondamentali fissate dallaCarta dei diritti del 1948 (e i loro coe-renti sviluppi) non sono ignoratiper interessi “di bottega”, né perquanto riguarda il Tibet, il popolouiguro o le recenti vicende di HongKong e quelle prossime di Taiwan.Semplicemente si riconosce alla Ci-na, per la sua civiltà e grandezza, unruolo necessario al fine di mantene-re la pace e di costruire nuovi equi-libri mondiali.

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Con il secondo mandato dellasuperiora generale madreAmmamaria Viganò, il “ridi-

segno” partito dalla Provincia ita-liana si sta avviando nel resto del-l’Istituto con un accompagnamentoche mi vede coinvolta1 per aiutare arielaborare il significato dei singolipassi compiuti e a delineare la for-ma da conferire a quelli ancora dacompiere per le oltre 1200 suore diMaria Bambina presenti in Italia ele circa 3500 in Asia, America delsud e Africa.

Per la Provincia d’Italia (tenuta abattesimo nel 2016, dopo la progres-siva unificazione di quelle che solootto anni fa erano ancora 5 provin-ce2), il ridisegno, avviato all’iniziodel 2012, è andato gradualmentematurando fino all’attuale Capito-lo, attraverso un percorso più consa-pevolmente sinodale.

Per la prima volta, accanto allerelazioni della Superiora provincia-le e dell’Economa è stata previstauna relazione delle coordinatricidei “Gruppi di sostegno” (GdS), atti-vati nel 2014-15 come uno degli esitidella prima fase del ridisegno. I GdSsono gruppi di lavoro composti da

suore impegnate nei “classici” set-tori apostolici (povertà emergenti,pastorale della salute, scuola, pasto-rale giovanile), ma aperti a unamaggior condivisione tra loro in co-stante collegamento con i Consigliprovinciale e generale.

Nuovo metododi condivisionefra le comunità

Madre Annamaria, nella sua re-lazione al XXVII Capitolo Generalecirca il metodo usato dai GdS, scri-veva: «I GdS, per il loro specifico me-todo di lavoro, non sono da conside-rarsi come i gruppi di settore apo-stolico, di cui l’Istituto si è positiva-mente avvalso e si avvale. Tale me-todo consiste nel raccontarsi reci-procamente l’esperienza apostolicache si sta facendo; riflettere insie-me su di essa; mettere in atto unconfronto. Esso esige da un lato unatteggiamento di ascolto senza giu-dizio, ponendosi dentro il punto divista di chi racconta, per poi aiutareeventualmente a leggere l’esperien-za raccontata da una prospettiva di-

versa; dall’altro di lasciare che leconsorelle di altre comunità guardi-no l’esperienza raccontata e dicanoquello che intravvedono, faccianodomande che aiutino a pensare aiperché, ai significati, per cercare dileggere la realtà da altre prospettivee cogliere il senso profondo di ciòche si fa, la novità presente nell’esi-stente».

Il Capitolo provinciale, per il qua-le era stato scelto il tema: Ecco fac-cio una cosa nuova: proprio ora ger-moglia, non ve ne accorgete? (Is43,19) è stato un’occasione per con-dividere anche questi “sguardi nuo-vi” aperti alle prospettive futuredella provincia.

Per quanto riguarda il metododei GdS, le coordinatrici hannomesso in luce innanzi tutto l’impor-tanza di:

– suscitare ricerca, domande,prima di affrettarsi a proporre solu-zioni;

– favorire la condivisione diesperienze;

– animare e aiutare ad andarein profondità senza essere inquisi-torie; omettere tutto ciò che rischiadi esprimere personali valutazio-ni/giudizi cercando sempre il posi-tivo;

– riconoscere e valorizzare l’esi-stente e non fermarsi a quello chemanca;

– rispettare l’esperienza e il vis-suto di ciascuna comunità e di ognisuora;

– evitare discorsi generici eastratti, mantenendo lo sguardosulla realtà e sull’esperienza; rico-noscere il primato della realtà sulleidee;

– porre passi di conversione per-sonale e comunitaria3, superando leresistenze al cambiamento.

LA PROVINCIA ITALIANA DELLE SUORE DI MARIA BAMBINA SI RIDISEGNA

“Ecco faccio una cosa nuova”Possiamo ricavare qualche tratto dalle relazioni presentate nei primi giorni

del Capitolo, nonché dalle Linee conclusive, frutto dell’elaborazione dei gruppi di lavoroe poi dell’Assemblea.

V I TA D E G L I I S T I T U T I

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V I TA D E G L I I S T I T U T I

“Sguardi nuovi”sul quotidiano

Nel GdS “Povertà e Formazionealla Fede sul Territorio” è emersa lapresenza di una comunità in uncontesto di povertà socio-culturale-ecclesiale: non ha con la parrocchiauna collaborazione continuativa,ma è presente nel quartiere, tra lefamiglie, a sostegno della scolariz-zazione per la promozione-integra-zione dei minori in alternativa alleproposte di “arrangiamento mala-vitoso”. Gli adulti chiedono alle suo-re di essere preparati ai sacramentidi iniziazione cristiana e al matri-monio. I sacerdoti chiedono allesuore di occuparsi delle donne cheesprimono loro la richiesta di unpercorso sacramentale.

Un’altra comunità, convinta dinon avere molte risorse a causadell’anzianità, è arrivata a ricono-scere che si potevano ugualmenteintensificare gli scambi con i laici ele altre realtà educative sul territo-rio che – prima dello scambio con ilGdS – venivano percepite cometroppo diverse, se non distanti. Tut-to ciò ha portato queste suore an-ziane a ri-coinvolgersi direttamentein attività anche nuove per rispon-dere insieme ai bisogni. Parallela-mente, è nata da parte dei laici la ri-chiesta alla comunità di una forma-zione condivisa e di approfondire laconoscenza della spiritualità del-l’Istituto.

Il GdS sulla Pastorale della Saluteha riconosciuto che “la nostra pras-si, caratterizzata da un’operativitàtecnica alla quale la professione in-fermieristica aveva abituate ed abi-litate, doveva diventare anche rifles-sione profonda per cogliere il sensodi quanto ci viene chiesto nelle rela-zioni di vicinanza che il servizio dipastorale sanitaria consente.” Ne èscaturita una approfondita riflessio-ne sull’immagine ambigua della“volontà di Dio” che si rischia di vei-colare di fronte alla sofferenza e sul-la necessità di trasmettere innanzitutto la vicinanza e l’Amore di Dio,anche quando diventa più difficilefarne l’esperienza.

Infine, il GdS sulla Pastorale Gio-vanile ha riconosciuto che “acco-gliere i giovani in casa fa bene an-

che a noi, ci fa apri-re gli occhi su noistesse e cambia ilnostro sguardo sudi loro, scoprendorisorse impensate.C’è ancora moltocammino da fareper maturare laconsapevolezzache la pastoralegiovanile non è unservizio tra i tanti,bensì un’attenzio-ne e uno stile tra-sversale a tutti iservizi apostolici”.

Linee per il camminoformativo della Provincia

Dalle ricche riflessioni contenutenella relazione della Superiora pro-vinciale, M. Piercarla Mauri, del-l’Economa, sr. Antonia Ferraro enell’esperienza dei Gruppi di soste-gno, le Capitolari sono giunte ad in-dividuare 4 nuclei tematici sui qualilavorare in modo specifico: forma-zione, poveri, giovani e fragilità. Edè attorno a questi che ha preso for-ma il Documento conclusivo sulleLinee per il cammino formativo del-la Provincia nel quadriennio 2020-2024.

Riguardo alla formazione: “Rico-noscendo che solo ciò che tocca lavita ci forma, ci si propone di speri-mentare in comunità occasioni espazi di riflessione personale e con-divisa sulle esperienze apostolichee sul contesto, sui momenti e gestiquotidiani della vita fraterna, sulladimensione economica della nostravita, per formarci a “guardare la re-altà insieme e insieme cercare lanovità che germoglia” per “portarlaalla luce e impegnarci a viverla”.4

Siamo consapevoli che questo stilesi impara facendo e che esso esigeun accompagnamento che curi ilmaturare tra noi di una comunica-zione fatta di ascolto, rispetto, nongiudizio, attenzione al contributo diciascuna, capacità di farsi doman-de, anziché cercare subito risposte”.Come a dire che la condivisionesperimentata grazie ai GdS ne hafatto apprezzare l’efficacia e ha evi-denziato la necessità di passare dal-

l’urgenza di trovare soluzioni aiproblemi e alle questioni, all’impor-tanza di fermarsi a pensare e co-struire uno sguardo condiviso. Talemetodo qualifica la fraternità per-ché permette di approfondire la co-noscenza e la stima reciproca e pro-muove la partecipazione anche dichi è restia al confronto.

Sui poveri: “Occorre darsi tempocome comunità per rileggere ciòche viviamo nella nostra relazionecon chi è povero, per non svolgeresolo servizi, ma per maturare e con-dividere uno stile capace di ascoltopaziente e profondo; per aiutarci asuperare forme di assistenzialismoe maternalismo; per riconosceresottili forme di discriminazione chepermangono anche tra noi; per in-terrogarci su come rendere le no-stre case più accoglienti; per cresce-re nella capacità di metterci in gio-co con la nostra povertà e impoten-za. Le situazioni di povertà che in-

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contriamo ci sollecitano ad attivarecollaborazioni e a metterci in retecon altri soggetti (congregazioni,laici, enti…) per leggere meglio la re-altà, per operare un discernimentosulle nostre modalità di presenza,per promuovere e sostenere l’inizia-tiva di altri nella carità. È oggi sem-pre più importante avere il coraggiodi prendere posizione anche pub-blica contro le forme di sfruttamen-to e contrastare quella mentalitàrazzista che si respira a livello socia-le e che può inquinare anche i no-stri cuori”.

Quanto alle opere, si segnala unariflessione secondo cui “è opportu-no superare la mentalità che lega lanostra possibilità di risposta solo aservizi stabili e strutturati, per pen-sare a forme agili e temporanee diservizio, che permettano di dareaiuto a situazioni di bisogno, anchelà dove già operano nostre comuni-tà”. Infine, “nel ridimensionamento– guidato dai criteri del ridisegno –occorre essere attente a quelle zonedove c’è più povertà di presenze re-ligiose. Il divario Nord-Sud è ancoramolto forte e ci chiede disponibilitàalla mobilità apostolica.”

Riguardo ai giovani, il desiderio èche “ogni comunità sia capace diascoltare, mettersi in gioco, interro-garsi sui giovani che incontra, tro-vando modi concreti e condivisi peraccogliere; preghi per quelli che in-contra e per i molti che non riescead incontrare; sia ‘amante della gio-ventù’,5 capace di vera tenerezza ecompassione, di piangere e gioire

con loro,6 capace di recepire il loro‘vieni e vedi’, prima che il nostro;sappia farsi ‘casa’ per i giovani, per-ché possano incontrare fraternitàautentiche, non perfette, ma evan-geliche, dove noi stesse ci giochia-mo in relazioni vere, nella gratuitàdell’incontro, nella condivisionesemplice, quotidiana, con quello sti-le che favorisce la relazione e offrespazi di vita e clima di silenzio”.

Riguardo infine alla fragilità, es-sa è “caratteristica del nostro esserecreature, che ci fa solidali con tuttinella impegnativa obbedienza allavita” e ci chiede di accoglierla e diriconoscerla nei suoi tratti di faticae porla con umiltà sotto lo sguardodi Gesù; a non viverla come alibiper tirarci indietro. Viviamo l’atten-zione alle sorelle anziane come op-portunità per ricevere il loro dono,occasione di incontro con il misterodella fragilità e del limite che faparte della vita.

Sr. Caterina Bonalda ha così con-cluso il Capitolo: “In questi giorni cisiamo accorte che il ‘nuovo’ stanell’incontro, nel cercare insieme enell’ascoltarci reciprocamente, neldesiderio di intravvedere il bene,nel necessario ripensamento dellenostre ‘attenzioni formative’ perchéci aiutino realisticamente a ridaresenso ai gesti di ogni giorno, a pas-sare il guado delle tensioni, delle in-comprensioni, dello scontro tra sen-sibilità e punti di vista diversi, perimparare dall’esperienza e dalla di-versità.” Sarà compito di tutto ilConsiglio provinciale trovare le for-me perché ciò possa avvenire, man-tenendo quella prospettiva di sino-dalità e corresponsabilità che il pro-cesso di ridisegno esige sempre più.

GIORGIA GARIBOLDI

1. assieme ai colleghi dello Studio Diathesis diModena, www.diathesis.it, [email protected].

2. cfr. L. Prezzi Unificare le province, Testimonin. 5-2014

3. Cfr. “Relazione unitaria sul cammino dei primiGruppi di sostegno al II Capitolo della Provin-cia d’Italia”, a cura di sr. Anna Cerutti, sr. Ma-risa Ferraro, sr. Anna Tagliapietra, sr. MarisaTorresan.

4. Introduzione al II Capitolo provinciale di m.A. Viganò, 2

5. cfr. scritti di Bartolomea Capitanio.6. Christus vivit, 203

V I TA D E G L I I S T I T U T I

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER RELIGIOSE E CONSACRATE

� 14-21 apr: p. Claudio Rajola, sj“Discernere con cuore mariano” (Lc2,19.51)SEDE: Cenacolo Mariano Missionariedell’Immacolata-Padre Kolbe, ViaGiovanni XXIII, 15 – 40037Borgonuovo-Sasso Marconi (BO); tel.051.846283; e-mail:[email protected]

� 15-23 apr: p. Sergio Bianchini, sj“Esercizi spirituali con san Matteo” SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004 – 06.30813624;e-mail:[email protected]

� 19-25 apr: don Federico Giacomin“La Messa nel suo svolgimentorituale e liturgico” SEDE: “Villa Immacolata”, Via MonteRua, 4 – 35138 Torreglia (PD); tel.049.5211340; e-mail:[email protected]

� 19-25 apr: p. Roberto Raschetti, CGS“Il tema della gioia nella Bibbia”(Sal 30,6)SEDE: Casa “Maris Stella”, ViaMontorso, 1 – 60025 Loreto (AN); tel.e fax 071.970232; cell. 333 8827790;e-mail: [email protected]

� 19-26 apr: mons. Angelo Gazzaniga“Conforto e consolazione nelleparole di Gesù” SEDE: Romitaggio Maria Bambina, ViaG. Andreani, 31 – 21030 Ghirla (VA)tel. e fax 0332.716112; e-mail: [email protected]

� 20-24 apr: don Gigi Pigato “Sensodel morire cristiano” SEDE: Villa San Carlo, Via San Carlo, 1– 36030 Costabissara (VI); tel.0444.971031; e-mail:[email protected]

� 23-30 apr: p. Maurizio Erasmi, ofmconv “Le Beatitudini, buona notiziae profezia della vita consacrata”SEDE: Centro di Spiritualità “BarbaraMicarelli”, Via Patrono d’Italia, 5/E –06081 Assisi – Santa Maria degliAngeli (PG); tel. 075.8043976; e-mail:[email protected]

� 26 apr-2 mag: fr GianniCappelletto, ofm conv “LeBeatitudini, carta di identità delcristiano” (GE 63-109)SEDE: Casa di spiritualità dei SantuariAntoniani, Via S. Antonio, 2 – 35012Camposampiero (PD); tel.049.9303003; e-mail:[email protected]

pp. 368 - € 32,00

Teologia mariana

Alberto Valentini

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Testimoni 3/2020 • 19

Monache a lezione di econo-mia. In circa 600, da tuttaItalia. Clarisse, benedetti-

ne, cistercensi, carmelitane, agosti-niane, passioniste e di molte altrespecie, una folla variegata che hagremito l’Auditorium dell’Antonia-num di Roma per due giorni – 31gennaio e 1° febbraio – per il conve-gno organizzato dalla Congregazio-ne per gli Istituti di vita consacratae le Società di vita apostolica dal ti-tolo: Economia a servizio delle formedi vita contemplativa. Numerica-mente superiore ad ogni attesa eprevisione, la risposta delle religio-se si è tradotta in una partecipazio-ne vivace e in dialogo proficuo coni relatori su questioni di scottanteattualità e di grande rilevanza perla vita delle comunità monasticheoggi.

Perché, infatti, parlare proprio dieconomia a delle monache? Il con-vegno si è posto in linea con gliorientamenti del documento dellaCIVCSVA, Economia a servizio del ca-risma e della missione (2018). Negliultimi anni numerosi Istituti di vitaconsacrata, monasteri compresi, sisono trovati ad affrontare problemidi natura economica. Spesso un’in-sufficiente preparazione e una ca-rente progettualità sono state al-l’origine di scelte economiche chehanno messo in serio pericolo i benie persino la sopravvivenza deglistessi Istituti. Dalla Congregazioneè venuta, perciò, la sollecitazione adassumere una sempre maggioreconsapevolezza circa l’importanzadella materia economica, fornendocriteri e indicazioni pratiche per lagestione dei beni. In continuità conquegli orientamenti il Convegno ha

inteso proseguire, dunque, il cam-mino di riflessione e di sensibilizza-zione, rivolgendosi particolarmentequesta volta alle diverse forme divita contemplativa e richiamandoaspetti della normativa canonica ecivile sui beni temporali e soffer-mandosi pure su aspetti specificirelativi alla pianificazione, pro-grammazione e gestione delle ope-re. I profili canonici, civili, gestionalie amministrativi degli enti ecclesia-stici e del loro patrimonio immobi-liare, il possibile nuovo assetto isti-tuzionale della riforma del Terzosettore, i beni culturali, la sostenibi-lità e la trasparenza, la contabilità ei bilanci, sono stati i temi trattati.

Hanno moderato gli incontri ilcard. João Braz de Aviz, Prefetto del-la CIVCSVA, l’arcivescovo segretario,José Rodriguez Carballo, sr. M. An-nunziata Remossi, capo ufficio; i do-centi dell’Università Cattolica delSacro Cuore, Marco Grumo, AndreaPerrone, Giorgio Lamperti e Anto-nella Sciarrone Alibrandi, pro-retto-re della stessa Università; don Vale-rio Pennasso, direttore dell’Ufficionazionale per i beni culturali eccle-

siastici della CEI, il dott. SalvatoreMauro, economo della ConferenzaEpiscopale Italiana, don AndreaGiovita della Pontificia AccademiaEcclesiastica e la professoressa, sr.Alessandra Smerilli, insegnante dieconomia politica all’“Auxilium” diRoma e consigliere di Stato dellaCittà del Vaticano, i relatori; sr. Car-men Ros Nortes e P. Pierluigi Nava,sottosegretari della Congregazione.

Finalità del convegnoIntroducendo i lavori, il card. Braz

de Aviz ha indicato la finalità delConvegno nell’aiutare la vita con-templativa ad aggiornarsi, acqui-sendo strumenti più consoni e ade-guata trasparenza nell’amministra-zione dei beni per rendere un’au-tentica testimonianza evangelicaanche in questo campo. Con PapaFrancesco ha sottolineato come sia-no importanti professionalità e re-cupero dei valori del Vangelo, affin-ché la gestione delle risorse econo-miche sia a servizio dei fini espressidal carisma e dalla spiritualità pro-pria di ogni Istituto.

CONVEGNO DELLE MONACHE SULL’ECONOMIA

A servizio del carismae della missione

Il convegno organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacratae le Società di vita apostolica ha sviluppato il tema Economia a servizio delle forme

di vita contemplativa. Molto alta la partecipazione.

M O N A C H E S I M O

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Mons. Carballo, dopo aver esordi-to affermando che la contemplazio-ne non giustifica una vita medio-cre, ripetitiva e annoiata, ma al con-trario deve stimolare il cuore e lamente ad interessarsi a tutte le re-altà umane, senza fuggire i proble-mi, ha delineato i tratti di un’econo-mia dal volto umano centrata pri-ma di tutto sul primato della perso-na considerata nella sua integralità.Ha ricordato, poi, come un’econo-mia dal volto umano debba valoriz-zare tutti i membri di una comunitàe in particolare i più deboli, rifug-gendo da una mentalità funziona-lista, dalla trappola dell’attivismo,dalla preoccupazione delle struttu-re che soffocano la vita e dall’accu-mulo di denaro. Non si può cederealla tentazione di cercare l’efficien-za tecnica e organizzativa delle ri-sorse materiali anziché l’efficaciasul piano evangelico. Aiutare i po-veri, i monasteri più bisognosi,prendersi cura dei fratelli e delle so-relle più fragili, rimane la prioritàfondamentale di un’economia mo-nastica. Questa deve saper gestire ibeni con fedeltà, senza sperperi enegligenze, rendendo conto del-l’amministrazione. Citando S. Ago-stino, ha concluso auspicandoun’economia che non ci possieda,non ci blocchi, non ci travolga.

Profilo canonico delmonastero

Con riferimento al CIC e ai nume-ri della Cor orans, sr. A. Remossi ha

delineato il profilo canonicodel monastero sui juris comeente ecclesiastico dotato di au-tonomia che gode di personali-tà giuridica pubblica capace diacquistare, possedere, ammini-strare e alienare beni tempora-li, a norma del diritto universa-le e proprio, e i cui beni sono be-ni ecclesiastici. Lo stesso vale,come stabilito nella Cor orans,per la federazione, legittima-mente eretta, come struttura dicomunione tra monasteri delmedesimo Istituto eretta dallaSanta Sede perché, condividen-do il medesimo carisma, non ri-mangano isolati ma lo custodi-scano nella fedeltà e, prestan-

dosi aiuto vicendevole, vivano il va-lore irrinunciabile della comunio-ne. Sr. Annunciata si è soffermataanche sulla figura del rappresen-tante legale che pone gli atti a no-me dell’Istituto.

Il prof. Perrone ha integrato lapresentazione, mostrando che cosaavviene ad un ente ecclesiastico nelcontesto giuridico civile, ovvero co-me l’ente canonico si rapporta allanormativa vigente nel paese in cuiè stabilito. In coppia con il dott.Lamperti, egli ha anche delineato ilpossibile nuovo assetto istituziona-le proveniente dalla riforma delTerzo settore per quelle organizza-zioni non commerciali o commer-ciali, costituite come Associazione,Comitato, Fondazioneo impresa che, perse-guendo finalità civi-che, solidaristiche e diutilità sociale, si carat-terizzano per lo svolgi-mento in esclusiva o invia principale di una opiù attività di interessegenerale e per l’assen-za di scopo di lucro, dicui possono beneficia-re anche i monasteri eper le quali sono previ-ste l’adozione di un re-golamento, specifico,l’individuazione di unpatrimonio destinatoad attività di interessegenerale e una conta-bilità separata da quel-la dell’ente.

La gestione delpatrimonio immobiliare

Il dott. Salvatore, invece, ha toc-cato questioni inerenti alla gestio-ne del patrimonio immobiliare chedeve avere a che fare con la finalitàe la missione della Chiesa, metten-do in evidenza diversi aspetti dellostato patrimoniale e alcune proble-matiche relative all’attività gestio-nale, fra cui l’archiviazione e l’iden-tificazione degli immobili, e alla lo-ro alienazione.

Don Pennasso ha poi evidenziatoi risvolti canonici e civili dei beni diinteresse storico e artistico che fan-no parte del patrimonio degli entiecclesiastici (res sacrae e cose pre-ziose) e della normativa che tutelala loro custodia.

Di trasparenza hanno parlatodon A. Giovita e la prof.ssa A. Sciar-rone: il primo dal punto di vista diun’etica della responsabilità a ser-vizio della comunione e dunque piùcome “virtù”, secondo una culturadel patto, che non come meccani-smo aziendale, secondo la dinamicadel contratto; la seconda da un pun-to di vista più tecnico e ammini-strativo, rendicontazione e bilanci,ma non secondario né tanto menoestraneo alla vita di una comunitàreligiosa e monastica, in quantostrumenti per sviluppare una con-sapevolezza della propria identità evivere uno stile di vita evangelico

20 • Testimoni 3/2020

EDB

M O N A C H E S I M O

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M O N A C H E S I M O

in conformità alla propria missionee al proprio carisma.

La sostenibilitàA due voci, infine, A. Smerilli e M.

Grumo hanno sviluppato il temadella sostenibilità nelle sue molte-plici dimensioni, sottolineando ri-spettivamente la necessità di cura-re l’efficienza (non sprecare, farebene le cose, gestire bene le risorsein modo da ottenere da esse il mas-sino risultato) e l’efficacia (fare lecose giuste, fissare un obiettivo edestinare ad esso le risorse adegua-te) e la necessità di una progettua-lità oculata e sorvegliata, superan-do una mentalità che considera an-titetiche la progettazione e la piani-

ficazione delle attività e delle operecon l’apertura allo Spirito, perun’economia a servizio della profe-zia con un progetto concreto e con-veniente.

Gestione, carisma,comunione

Una comunicazione plurale esinfonica che ha suscitato nell’udi-torio monastico domande e inter-venti e che mons. Carballo ha rias-sunto, concludendo, in tre parole:“gestione”, con attenzione alla for-mazione, alla collaborazione, allecompetenze necessarie, alla traspa-renza e corresponsabilità, “cari-sma”, come richiamo costante ai va-lori ispiratori alle finalità proprie

per una credibilità evangelica deiconsacrati, e “comunione”, con uninvito finale a mettere insieme leforze nella stessa comunità e fra di-verse comunità.

I lavori, scanditi e accompagnatidal respiro della preghiera liturgica,si sono svolti in un clima fraterno esi sono conclusi con la partecipazio-ne di tutti i presenti alla Messa delS. Padre Francesco in S. Pietro per lacelebrazione della Giornata mon-diale della vita consacrata, nel po-meriggio di sabato 1° febbraio, occa-sione di comunione ecclesiale allar-gata intorno al successore di Pietroe di ringraziamento a Dio per l’esitofecondo di queste giornate.

sr. PATRIZIA GIROLAMI

Testimoni 3/2020 • 21

Il tempo di Quaresimagiunge a noi, ogni vol-ta e sempre più, come

occasione propizia perravvivare il nostro cam-mino interiore di uominie donne «protesi alla gio-ia pasquale», così come cifa pregare l’inno dell’uf-ficio delle letture propriodel tempo. Un riguardar-ci dentro che, alla lucedel percorso di fedeorientato dall’ascoltodella Parola di Dio, ci facogliere efficacementel’esaltante esperienza di umanitàche tutti ci accomuna. C’è come unsedimentare dei sentimenti, delleconvinzioni, delle emozioni raccoltee raccordate in un più intenso coin-volgimento di tutto il nostro essere.

Anche le pratiche ascetiche concor-rono a liberaci dalla dipendenzadalle cose e dal nostro egoismo nel-la direzione della carità che è atten-zione al prossimo nei suoi moltepli-ci bisogni. Prolungando momenti di

silenzio e meditazionepossiamo accedere conpiù sapienza ad una let-tura della storia, deglieventi, delle relazioni, diquanto ci accade e diquanto viviamo.

La quotidianità frene-tica e impulsiva ci allon-tana purtroppo da questo– potremmo dire conge-nito – bisogno di fermarcie metterci in ascolto. Eccoche la Quaresima è quan-to mai liberante e risa-nante. Essa è finalizzata a

fare di noi persone maturate dal-l’ascolto, rese acute nel penetrare larealtà senza disfattismo, con serenaanalisi e propositiva condivisione.A partire prima di tutto dal nostrovissuto, da ciò che siamo e su come

CAMMINO QUARESIMALE

Dal deserto al giardinoLa Quaresima è itinerario di progressiva spoliazione, semplificazione, liberazione.Bisogna passare dal deserto al giardino, protesi alla gioia pasquale, per diventare

veramente uomini recuperati a se stessi, alla comunità e a Dio.

S P I R I T UA L I TÀ

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S P I R I T UA L I TÀ

corrispondiamo all’opera della gra-zia divina nelle nostre esistenze fat-te di quotidianità e novità, di pausedi arresto e di slanci, di miseria e digrandezza.

Partire dalla Parola di DioIn tutto quello che ci sconvolge e

coinvolge, ci umanizza e riscatta viè sempre l’operare del Dio che, cre-andoci, ci ha fatti suoi figli e inter-locutori. Partendo prima di tuttodalla Sua Parola, il libro stesso dellanostra vita diventa lettura, medita-zione, contemplazione del creato,del divenire, del tempo e dello spa-zio… Una illuminazione che cogliel’essenziale, entra nel profondo,apre orizzonti. Soprattutto mette inchiaro l’essenza del cristianesimo edella vera umanità: amare Dio e ilprossimo. Da questa prospettivatutto – anche le piccole cose di ognigiorno non per nulla insignificanti– trova la sua giusta collocazione, ilsuo vero valore, l’intrinseca finalitàdella sua esistenza. Dal mercoledìdelle ceneri al giorno di Pasqua ilcammino è impegnativo ma possi-bile, perché solo così il deserto è allostesso tempo giardino, il trionfodella luce sulle tenebre caparra diquel Cielo che ci attende ma che siaffaccia, maestoso e consolante, giàqui sulla terra.

L’icona del deserto Questa riflessione vuole pertanto

ruotare attorno a due icone che la

liturgia quaresimale ci consegna: ildeserto e il giardino, facendo riferi-mento ai brani evangelici della pri-ma domenica di Quaresima e delladomenica di Pasqua. Una sorta dipercorso ideale, una inclusione te-matica tra due poli, quello iniziale equello finale che, come un fiumeche si ingrossa progressivamenteavvicinandosi al mare, ci fa con-templare il prodigio di quella tra-sformazione sempre in atto resapossibile dalla resurrezione di GesùCristo. Il passaggio che ci è chiestoda compiere è di lasciare il desertoper arrivare al giardino. La dicoto-mia deserto/giardino può benissi-mo essere accostata alle antitesi perantonomasia: peccato/grazia, mor-te/vita, tenebre/luce. Più che di con-trapposizione, si tratta di una evo-luzione, di una conversione, di ungraduale processo di maturazioneche partendo da una oggettiva si-tuazione di mancanza, il deserto,porta ad una dimensione di pienez-za, il giardino.

Il deserto è un luogo geograficocarente di acqua e di cibo, di vege-tazione e di agglomerati urbani; neldeserto la vita è a rischio, al limitedella sopravvivenza. Il deserto è an-che un luogo spirituale, una condi-zione psicologica, la condizioneumana caratterizzata spesso da co-cente aridità che diventa però via eporta di accesso per ritrovare sestessi incontrandosi con Dio.

Il deserto è soprattutto il luogodella tentazione: «In quel tempo,Gesù fu condotto dallo Spirito San-to, per essere tentato dal diavolo»

(Mt 4,1). All’inizio della Quaresimaeccoci sospinti nel deserto, insiemea Colui che «in tutto simile a noi ec-cetto il peccato» (Eb 2,17) si è fattoumano e solidale anche nell’esseremesso alla prova. «Condotto dalloSpirito nel deserto, dopo quarantagiorni e quaranta notti di digiuno,Gesù “ebbe fame”. In questa situa-zione di debolezza gli si accosta ilmaligno per distoglierlo dalla suafiliale adesione di amore al proget-to del Padre su di lui. Alla triplice se-duzione del tentatore Gesù opponecon decisa fermezza la parola diDio: “Sta scritto…”. Non c’è arma piùpotente ed efficace nel combatti-mento contro l’antico serpente, ilvero e unico nemico di Dio e del-l’uomo».1

Il deserto diventa allora simbolodi un itinerario riabilitativo, luogoprivilegiato per una seria riflessio-ne sulle nostre mancanze e infedel-tà; è lì che si fa esperienza di Dioche, nonostante il nostro rincorrereidoli vari, il nostro io prima di tutto,rimane fedele al suo patto di alle-anza. Il Signore non si stanca mai disollecitarci invitandoci amorevol-mente ad uno scambio intimo e vi-tale: «La condurrò nel deserto e làparlerò al suo cuore» (Os 2,16).

Il deserto ha sempre esercitatouna particolare attrattiva sui grandicercatori di Dio come ad esempio imonaci, ma anche di scrittori comeAntoine de Saint-Exupéry. Il desertoè esigente, «all’inizio sembra fattodi nient’altro che vuoto e silenzio;ma solo perché non si dà ad amantidi un giorno. L’uomo che, a due pas-

CONSIGLI AI MEDICI

Lucio Anneo Seneca

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TESTI LATINI A FRONTE A CURA DI LUCIO COCO

Lucio Anneo Seneca

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Lucio Anneo Seneca

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. 80 - pp

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Testimoni 3/2020 • 23

S P I R I T UA L I TÀ

si da noi, si è murato nel suo chio-stro e vive in base a norme a noiignote, quell’uomo emerge vera-mente in solitudini tibetane, in unalontananza in cui nessun aereo maici deporrà. Inutile andare a visitarela sua cella: è vuota! L’impero del-l’uomo è interiore».2

Il deserto si caratterizza come illuogo dove ci è dato di ritrovarequella porta aperta che non ci eramai stata preclusa nonostante lenostre numerose incoerenze esbandate, che ci permette di rien-trare in noi stessi e di assaporarenuovamente la fragranza discreta etenace dell’amore. L’amore di Dio èun amore che sa aspettare, che dàtempo di risalire alle sorgenti dellapropria umanità. Pur non cedendoalla tentazione, Gesù non si sottraealla lotta, al confronto, per additarea noi suoi fratelli la via della salvez-za e insegnarci a resistere, a non de-sistere, ad andare avanti. «Allora ildiavolo lo lasciò, ed ecco, degli ange-li gli si avvicinarono e lo servivano»(Mt 4,11).

La vita spirituale è una lotta con-tro il male, le tentazioni, lo scorag-giamento, ma “non siamo mai solinel deserto”, diceva Charles de Fou-cauld che sperimentava, proprio inquel luogo solo apparentementearido, la vicinanza di Dio tanto dasentirsi quasi accarezzare l’anima.«Proprio questo conflitto è il luogodella nostra purificazione e dellanostra crescita spirituale; in tal mo-do impariamo a conoscere noi stes-si nella nostra debolezza e Dio nellasua infinita misericordia. È, in defi-nitiva, il modo scelto da Dio per lanostra trasfigurazione e la nostraglorificazione. Ma la lotta del cri-stiano, pur essendo talvolta dura,[…] è la lotta di chi combatte conl’assoluta certezza che la vittoria ègià assicurata, perché il Signore èrisorto».3

L’icona del giardinoQuesta fede ha avuto un inizio

storico che ci raggiunge nel nostrooggi, qui e adesso. Quando tuttosembrava esser finito e si fece scurosu tutta la terra, quando il Morentedalla croce esclamò: «Tutto è com-piuto» (Gv 19,30), ecco che «nel luo-

go dove era stato crocifisso, vi eraun giardino e nel giardino un sepol-cro nuovo, nel quale nessuno erastato ancora posto. Là dunque, poi-ché era il giorno della Parascève deiGiudei e dato che il sepolcro era vi-cino, posero Gesù» (Gv 19,41-42).

Fuori le mura di Gerusalemmetutto è compiuto e tutto inizia. Apartire da un giardino. Il Viventeviene addirittura scambiato da Ma-ria di Màgdala come «il custode delgiardino» (Gv 20,15): Gesù risorto èil nuovo Adamo (cfr Gn 2,8), in Lui lacreazione viene redenta.

Il giardino testimone dell’eventodella resurrezione – l’Eden rinnova-to e ristabilito nella sua identitàoriginaria – diventa pertanto im-magine fortemente evocativa, pun-to di arrivo e di partenza di quelcammino che si accresce quotidia-namente di un tratto di strada che,sorretto dalla speranza, ci avvicinasempre più alla pienezza della no-stra vocazione ultima di uomini edi cristiani. Il cammino quaresima-le è invito alla coerenza morale, anon lasciarci imbrigliare dallamentalità mondana, a fuggire il“demonio” che abita nel nostro in-timo più profondo e i tanti “demo-ni” che dall’esterno ci allettano conle loro lusinghe e i loro raggiri. Laresurrezione di Cristo ci ha liberatodalla schiavitù e dalle tante tene-bre e paure che ci attanagliano in-sidiose e fuorvianti. La Quaresimaè itinerario di progressiva spolia-zione, semplificazione, liberazione.Bisogna passare dal deserto al giar-dino per diventare veramente uo-mini recuperati a se stessi, alla co-munità e a Dio.

Il giardino cui aneliamo abitare,inteso come somma finale delletante “pasque” della nostra vita,non è altro che il frutto di una con-quista, della diuturna e progressivamaturazione della nostra dignità fi-liale in rapporto all’imitazione delCristo risorto. Tutta la vita diventaallora un incessante cammino diconversione e di identificazione. Ilripercorrere le tappe della storiadella salvezza attraverso il ciclo li-turgico annuale non dovrebbe esse-re altro che questo rivivere, in unadimensione sempre più accresciuta,il continuo svelarsi del grande mi-

stero della Pasqua. Man mano cheavanziamo, prospettive e conoscen-ze si ampliano. Occorre fidarsi e la-sciarci condurre da Colui che ci par-la. «Se prendiamo sul serio Dio, nelcammino che facciamo, seguendole sue indicazioni, scopriamo pro-gressivamente la nostra identità, ilnostro compito, la nostra missione.Siamo in divenire, in costante evo-luzione interiore. Chiamati a fioriree a portare frutto ben al di là dellenostre umanissime e legittimeaspirazioni».4

Ecco che si può così anticipare egustare un po’ di Paradiso anche interra, proprio in virtù di questo in-cessante protendersi che si fa cele-brazione e anelito, attuazione nel-l’oggi e tensione escatologica. Il pas-saggio ultimo è soltanto l’approdofinale (non nel senso della fine ben-sì della totalità della pienezza), lasomma dei tanti passaggi della no-stra vita, il completarsi del mosaicodopo che finalmente tutti i tassellisaranno collocati nel loro definitivoposto.

suor MARIA CECILIA LA MELA OSB AP

1. A. CÀNOPI, La Parola diventa preghiera. Rifles-sioni sulle collette del messale Romano, annoA, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1992,57.

2. A. DE SAINT-EXUPÉRY, Terra degli uomini, Mursia,Milano 2007, 85.

3. J. FHILIPPE, Le ispirazioni della grazia, EDB, Bo-logna 2017, 16.

4. P. CURTAZ, Il cercatore, lo scampato, l’astuto, ilsognatore. Storie di patriarchi e di matriar-che, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo2016, 79.

LETTERA SUL SUICIDIO

Lucio Anneo Seneca

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TESTI LATINI A FRONTE A CURA DI SILVIA STUCCHI

dehoniane.it

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- Cosa resta della visita diFrancesco in Mozambi-co?

«Nella sua visita in Mozambico(4-6 settembre 2019) il Papa è statoaccolto benissimo con grande par-tecipazione della gente; ma le dio-cesi del centro-nord sono distanticirca 2000 km dalla capitale, congrosse difficoltà di trasporto, equindi pochissima gente al di fuoridella capitale ha potuto partecipa-re. La visita è stata comunque unabuona cosa. In particolare nei suoimessaggi e incontri, il Papa si è ri-volto alle autorità nell’incontro coni rappresentati politici del paese e ilcorpo diplomatico; alla Chiesa, in-contrando vescovi preti e catechisti;e ai giovani che ha incontrato pri-ma della Messa finale.

Nell’incontro con le autorità il di-scorso che ha tenuto è stato quellodi uno che conosce bene la situazio-ne del paese e ha toccato i punti ne-vralgici della situazione in Mozam-bico. Non è stato quindi un discorsoparticolarmente gradito agli am-bienti governativi.

Il discorso alla Chiesa invece, amio avviso, è stato più generico me-no legato alla realtà locale. Un altroaspetto da riprendere è il fatto checome vescovi non abbiamo avutoun incontro col Papa. Probabilmen-te questo è il frutto della politica edella volontà dei governi che vo-gliono relazionarsi direttamentecon l’autorità massima senza pas-sare livelli intermedi – come può es-sere quello della Conferenza episco-pale».

Elezioni contestate– I risultati elettorali sono stati

contestati …«È stata anche una visita in pie-

na campagna elettorale, con elezio-ni che si sono tenute circa un mesee mezzo dopo e sono state contras-segnate da moltissime irregolarità.Si è trattato di una campagna elet-torale segnata dalla violenza, conl’uccisione non solo di alcuni rap-presentanti dell’opposizione maanche di un osservatore locale delprocesso elettorale. In maniera for-tuita, a causa di un incidente stra-dale in cui sono incorsi, è venutofuori chi erano gli assassini di que-sto osservatore: le forze speciali del-la polizia.

Le elezioni hanno sancito l’am-pia vittoria delle forze governative:con il 73% quando nelle precedentielezioni avevano vinto col 52%. È ve-ro che l’opposizione non ha personepreparate, non ha un progetto poli-tico credibile e quindi in praticanon c’è alternativa – ma, comunque,i risultati sono stati viziati da tanteirregolarità».

– Ci sono state critiche da partedei vescovi?

«Quindici giorni dopo le elezioniabbiamo avuto l’incontro dellaConferenza episcopale e molti siaspettavano una parola dei vescovisulle elezioni perché il Consiglio Co-stituzionale, che è l’organo che di-

chiara i risultati ufficiali delle ele-zioni, aveva appena detto che que-sti sarebbero stati annunciati soloalla fine dell’anno. Quando abbia-mo iniziato la nostra assemblea,proprio il primo giorno, un settima-nale filo-governativo ha pubblicatoun vile attacco contro un vescovo diorigine brasiliana la cui diocesi sitrova nel nord del Mozambico inuna regione segnata da un clima diforte tensione e violenza. Si trattadel vescovo di Pemba, mons. LuizFernando Lisboa, che, in quel conte-sto, è l’unico che parla e prende po-sizione pubblica su quanto avvienenella zona, dato che alcuni giorna-listi che raccoglievano informazionisono stati messi in prigione quasi avoler impedire l’informazione. Cer-tamente si è trattato di un attaccocontro di lui, ma lo abbiamo inter-pretato anche come un avviso a tut-ti i vescovi. Non ci siamo certo la-sciati intimidire e abbiamo rilascia-to un comunicato nel quale diceva-mo quello che pensavamo: in unparagrafo si dice che, viste le tanteirregolarità, il clima di violenza, ealtre forme di intimidazione, è com-prensibile che l’opposizione abbiadifficoltà ad accettare i risultati.Credo che in questo il nostro mes-saggio sia stato chiaro ed esplicito.

INTERVISTA A MONS. CLAUDIO DALLA ZUANNA

I carismi nella Chiesa d’AfricaIl viaggio del Papa, la situazione sociale ed ecclesiale del paese: il vescovo di Beira

(Mozambico) racconta la sua Chiesa. Forza e debolezza della vita consacrata.

L A C H I E S A N E L M O N D O

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Testimoni 3/2020 • 25

L A C H I E S A N E L M O N D O

Un vescovo da difendere– Cosa può dirci del “caso” Pem-

ba?«Terminata l’assemblea abbia-

mo avuto un incontro della Confe-renza dei vescovi dell’Africa austra-le che si è concluso con una Messaa cui ha partecipato anche il presi-dente della repubblica del Mozam-bico. Prendendo la parola, egli hafatto una specie di storia della Chie-sa in Mozambico, elogiando quellaparte della Chiesa che ha sostenutoil cammino verso l’indipendenza emettendo in rilievo come si sia trat-tato più dell’eccezione che dellanorma. Ha ricordato che il papa haraccomandato alla Chiesa cattolicadi essere dalla parte della soluzionee non dei problemi. Proseguendo hafatto riferimento a una lettera cheil Vaticano avrebbe indirizzata aivescovi del paese in cui si dice chegiustamente i vescovi sono preoc-cupati della catechesi, della fami-glia, ed è questo – ha affermato ilpresidente – che vogliamo che fac-ciano i vescovi: che si preoccupinodei giovani, della catechesi… la-sciando intendere indirettamenteche è bene che non si occupino dialtro. La settimana seguente, il set-timanale filo-governativo ha pub-blicato un altro articolo nel qualeha rincarato la dose contro il vesco-vo di Pemba, questa volta mettendoperò nel mirino più la sua linea pa-storale. Chiaramente in questo se-condo pezzo si è servito del dossierche i servizi segreti hanno su di lui.

L’opinione pubblica filo-governa-tiva ha messo nel mirino il vescovodi Pemba per due ragioni. In primoluogo, si tratta di lui in quanto tale:è una persona molto retta, esplicitanel parlare, ed è anche il presidentedella Commissione giustizia e pace.Varie volte questa Commissione hapreso posizione ed è intervenutapubblicamente, ad esempio sui de-biti nascosti che il governo ha fatto.L’altro aspetto è legato al luogo incui questo vescovo esercita il suoministero: si tratta di una provinciain cui vi è una miscela esplosiva dipovertà e ricchezza, con enormi gia-cimenti di materie pregiate, dovepoche persone legate al potere poli-tico hanno di fatto in mano la ge-

stione della regione. Davanti a que-sta realtà, quando il governo vuolefar passare il messaggio che tuttova bene, il vescovo di Pemba ha det-to come effettivamente stanno lecose e le ha fatte conoscere ancheall’estero».

La letteradopo il viaggio del Papa

– Perché avete scritto una letterapastorale?

«Dopo la visita del Papa abbiamocercato di recuperare le parti piùimportanti del suo messaggio, ri-cordando che la sua visita è stataun bene per il paese, e abbiamo ste-so una lettera pastorale dal titolo Ilcoraggio pastorale e l’impegno mis-sionario. In questa Lettera abbiamoripreso i tre blocchi della parola allasocietà, alla Chiesa e ai giovani; fa-cendo un riassunto composto da ci-tazioni degli interventi del Papa acui abbiamo aggiunto quelle cheper noi sono le forze e le debolezzedel Mozambico – come gli squadro-ni della morte, elezioni non traspa-renti, e così via. Infine, abbiamo da-to alcune indicazioni, ossia quali so-no i frutti che devono derivare daquesta visita del Papa. La nostraidea è che questa lettera possa con-tribuire a un cammino futuro diChiesa, indicando dove dobbiamoconvogliare le nostre forze comeChiesa. Nella dimensione sociale sitratta di coltivare unacultura di pace; perquanto riguarda quellaecclesiale abbiamo sot-tolineato soprattutto lanecessità di portare lafede nella vita quoti-diana, infatti notiamonella nostra gente unaseparazione, ad esem-pio, fra celebrazionedomenicale e vita pro-fessionale.

Mi soffermo un atti-mo su questa dimen-sione. Di Francesco ab-biamo ripreso in parti-colare la sottolineaturache ci invita a essereuna Chiesa della visita-zione, una Chiesa cheva verso l’altro; questo

è particolarmente importante pernoi in Mozambico perché in qual-che maniera non ci si è ancora libe-rati dall’idea della Chiesa cattolicacome la grande Chiesa in Mozambi-co. Nella testa di molti sacerdoti viè la convinzione che noi siamo laChiesa, ma se guardo alla mia dio-cesi di Beira, i cattolici sono solo il10% della popolazione; il che vuoldire che nove persone su dieci nonverranno mai alla Chiesa a cercarerisposte, quindi, non basta stare inparrocchia ma bisogna muoversiverso di loro andando a cercarli. Imalanni a cui Francesco fa riferi-mento, come il clericalismo, il guar-dare a se stessi e l’autoreferenziali-tà valgono pure per noi anche sesiamo una Chiesa giovane».

La vita consacratain avvio

– Emerge l’identità carismaticadella vita consacrata?

«La vita consacrata si è a lungoconfusa o identificata con l’attivitàdi annuncio, soprattutto a livellomaschile. Solo dopo gli anni ’90 èiniziato un cammino per ricono-scersi come religiosi, come comuni-tà religiosa e non solo come missio-nari.

A livello femminile, alcune con-gregazioni che sono presenti in Mo-zambico da molto tempo avevanoiniziato già prima dell’indipenden-

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za un cammino di proposta voca-zionale e quindi si ritrovano oggi adessere composte in maggioranza dadonne mozambicane. Poi abbiamoquelle congregazioni che hanno ini-ziato a raccogliere vocazioni solodopo la guerra civile, quindi dopogli anni ’90; qui i numeri sono mol-to più ridotti e fanno molta più fa-tica a crescere».

– Quali sono le condizioni di en-trata dei religiosi e religiose?

«C’è un elemento base, non soloecclesiale ma anche sociale e uma-no, che vale anche per i preti: laChiesa mozambicana è una Chiesamolto recente, non c’è una tradizio-ne di esperienza spirituale, la cate-chesi è minima, e quindi si entra inuna casa di formazione o in semi-nario senza avere una conoscenzasufficiente a livello di catechesi cri-stiana e di esperienza di fede. Sepensiamo poi alla dimensione acca-demica della formazione alla vitaconsacrata o al ministero, abbiamopersone che hanno enormi difficol-tà a leggere o scrivere anche se sonoandate a scuola. Iniziano gli studifilosofici-teologici senza aver mailetto un libro dall’inizio alla fine,magari anche solo un romanzo. C’èquindi una povertà culturale note-vole che diventa anche una fragilitàvocazionale.

Su queste basi, per le formatrici èfacile cadere nell’inganno che bastiun’educazione religiosamente de-vota e mettere un velo in testa auna donna per aver fatto la suora.Un problema che abbiamo sono imolti abbandoni nel giro di uno o

due anni dopo i voti perpetui. La co-sa è legata in parte alla formazioneprofessionale, e in parte ai voti per-petui stessi: mi sembra che quandoviene a mancare un obiettivo prati-co da raggiungere, che sia la forma-zione professionale o che siano i vo-ti perpetui, quello che rimane è solovivere senza nessuna ulteriore ca-ratterizzazione spirituale. Le donnesi dicono «io sono infermiera, io so-no maestra, perché devo essere an-che suora? Posso essere una buonamaestra anche senza essere suora,e così in più non devo rinunciare al-la mia autonomia personale ed eco-nomica e ad avere figli». Il discorsodella maternità è molto, molto forteper la donna africana. Questi casisembrano mostrare che l’esperien-za di fede, il discorso sulle motiva-zioni, siano elementi fragili nellaconfigurazione della vocazione».

Nella pastorale comune– Le suore sono inserite nella pa-

storale?«Un altro aspetto, come per il cle-

ro, è che le suore sono tutte moltogiovani, risiedono prevalentementein piccole comunità nelle città (al-meno da noi a Beira), dove oltre a la-vorare per sostenersi sono impe-gnate negli studi. Finiti i corsi moltevengono trasferite ad altre comuni-tà, quindi sono poche le religiose in-serite a tempo intero nelle attivitàpastorali o anche in opere proprie(perché non hanno più, come unavolta, grandi scuole od ospedali). Inquest’ottica, direi che non si perce-pisce un impatto significativo della

vita religiosa all’interno della Chie-sa locale e della società mozambi-cana».

– E i religiosi?«Per quanto riguarda la Confe-

renza dei superiori maggiori reli-giosi, fino agli anni ’90, c’erano po-che congregazioni con numeri ele-vati. Dopo la guerra sono arrivatemoltissime congregazioni, alcunedall’Europa ma in prevalenza dal-l’America Latina; a volte sono pre-senti con una sola comunità in tut-to il paese. Vi è quindi una grossaframmentazione che si rispecchiaimmediatamente nella composizio-ne della Conferenza dei superiorimaggiori dove troviamo rappresen-tate oltre 150 congregazioni, ma so-lo poche di esse hanno dietro di séun numero rilevante di comunità.Questa condizione fa sì che il pesodella Conferenza dei superiori mag-giori sia di poco rilievo e sia difficilelavorare insieme.

Inoltre bisogna tenere conto del-la mentalità con cui entrano in Mo-zambico alcune nuove comunità re-ligiose o alcuni religiosi. A volte ilfatto di venire da un paese del suddel mondo può dare l’illusione disapere già come agire, di non averbisogno di mettersi all’ascolto dellastoria: di un paese, di una Chiesa lo-cale, dei fedeli stessi. Questa è unacarenza che possiamo osservare invari istituti di vita religiosa recen-temente arrivati in Mozambico».

(a cura di) M. NERI – L. PREZZI

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L A C H I E S A N E L M O N D O

«Ascoltare, discernere, comuni-care, animare e accompagna-

re» sono i verbi che hanno tessuto latrama del VI incontro internazionaledei direttori delle riviste di vita con-sacrata (Fatima, 27-29 gennaio). Il te-ma compendia e rilancia le indicazio-ni emerse dai precedenti incontri.

Il progetto ha preso l’avvio nel2008 in risposta alla sollecitazionescaturita dal Congresso mondialedella vita consacrata (Roma 2004). Nel2005 l’Unione dei superiori generali ha definito le lineeguida dell’organizzazione e la Conferenza dei religiosi delCile si è assunta l’incarico di organizzare il primo incontro(Santiago de Chile 2008).1

Dalla storia...Principale obiettivo del primo incontro era tentare di

rispondere alla domanda «Di cosa deve parlare una rivistaindirizzata alla vita religiosa consacrata?». Ne sortironoben 76 temi ritenuti interessanti.

Il secondo incontro (Madrid 2010)2 ha messo in eviden-za la diversità complementare di interessi fra le riviste eu-ropee e quelle latinoamericane. Queste ultime prevalen-temente orientate a dar voce a «una Chiesa impegnatacon i poveri e le vittime di ingiustizia»; quelle europee ca-ratterizzate da «una riflessione teologica senza grandeimpatto sulla vita pratica delle comunità ecclesiali». Le pa-role d’ordine consegnate furono: consolidare, moderniz-zare (compreso digitalizzare), centrarsi sul lettore.

Il terzo incontro (Roma 2012), introdotto dalle relazionidi p. Lorenzo Prezzi e p. Bruno Secondin, ha messo al cen-tro il confronto con il Vaticano II, nell’intento di ricavaredalla storia le linee guida e le sfide del futuro.

Il quarto incontro (Colombia 2014) risente già dell’im-pulso del pontificato di Francesco e si è interrogato su «Lagioia della comunicazione, per una cultura dell’incontro,nella cultura digitale». Ha approfondito la dinamica dellinguaggio e ha promosso le relazioni tra le riviste. «Ab-biamo bisogno di assumere la missione in forma nuova,appassionante, sempre in ricerca... Dobbiamo imparare aevangelizzare “in rete”, riconoscendo con umiltà che nes-suno è solo in questo compito e abbiamo bisogno di uniresforzi, risorse e sinergie». In questa direzione, si sono con-cordate le forme di partecipazione al portale Relipress edè stata costituita una Commissione dinamizadora.

Il quinto incontro (Brasilia 2016)3 ha voluto raccoglierele sfide di una “cultura dell’immediato”. Occhi e orecchiaperti all’ascolto della realtà, fiducia nel proprio lavoro,abbandono dell’autoreferenzialità per andare incontro al-le periferie. Le riviste vogliono essere una voce profetica,mistica e di speranza.

... la propostaConcludendo l’incontro del gennaio scorso,4 i parteci-

panti si sono detti: «Riconosciamoche la realtà sociale ed ecclesiale, inquesto momento della storia, ha al-cune caratteristiche speciali chenon possiamo ignorare e che devo-no essere affrontate per portareuna parola amica e vicina alle co-munità di fratelli e sorelle nei diver-si ambienti in cui siamo presenti. Cisentiamo impegnati nello sradica-mento di ogni tipo di abuso e nei

processi di riorganizzazione e forma-zione per l’interculturalità, l’intergenerazionalità, l’inter-congregazionalità e condividere la missione che moltiistituti hanno adottato come stile di vita» (Messaggio fi-nale).

Come consacrati, siamo invitati ad accogliere «le cinqueconversioni che all’interno della Chiesa, della società edella vita consacrata ci spingono a riflettere, approfondiree considerare la persona e la comunità come sono: con-versione integrale, pastorale, culturale, ecologica e sino-dale».

La “conversione ecologica” ha ricevuto particolare at-tenzione in una riflessione proposta da José DomingosMoreira da Costa Ferreira, scj. Ampio riferimento alla Lau-dato si’ per dire che la sensibilità ecologica interroga pro-fondamente la vita consacrata, in quanto implica contem-plazione (testimonia la passione per la cura delle creatu-re), accompagnamento (testimonia una nuova relazionetra creazione, essere umano e Creatore), stile di vita (testi-monia l’insufficienza dell’avere, del potere e del valere),spiritualità («invito a un nuovo modo di concepire Dio e ilnostro rapporto con lui. Si tratta di fare il salto dal Dio do-minatore al Dio che è una relazione di comunione trinita-ria, che è un compagno, padre e madre, amico»).

Alla sequela di Gesù, insieme a tutti i figli di Dio, nondobbiamo “accomodarci” al mondo, ma siamo chiamati a«vivere processi continui di trasformazione e rinnovamen-to della mente, per discernere e distinguere la vera volon-tà di Dio ed essere in grado di offrire ai consacrati e alleconsacrate del mondo ciò che è buono, gradito e perfettoe contribuire alla costruzione di vere comunità religioseche, con le loro opere pastorali, apostoliche e missionarie,possono essere semi del Regno di Dio nei diversi luoghi incui è presente la vita consacrata nel mondo» (Messaggiofinale).

MARCELLO MATTÉ

1. 27-30 novembre 2008. 20 partecipanti in rappresentanza di 10 riviste.2. 26-28 novembre 2010. 20 editori in rappresentanza di 8 Paesi.3. 26-28 ottobre 2016. 27 partecipanti da 6 Paesi e 21 rappresentanti delle

riviste locali.4. Organizzato dalla Conferenza degli istituti religiosi del Portogallo

(CIRP). 11 partecipanti, da 5 Paesi, 4 riviste rappresentate e 3 organismidi partecipazione.

Ascoltare e comunicare. Le riviste di vita consacrata

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Apartire dal loro punto di os-servazione privilegiato per ilservizio svolto nella Congre-

gazione per gli Istituti di vita consa-crata e le Società di vita apostolica,Serenella Del Cinque e Nicla Spez-zati, due donne consacrate, con unprezioso scritto dal titolo Le donneconsacrate e i giovani. Una presenzagenerativai ci aiutano a percepire isegni di futuro, a partire da quelmondo giovanile messo al centrodel Sinodo del 2018. Sono i giovaniinfatti che rendono evidente la finedel “cristianesimo convenzionale”:la loro provocazione costringe a cer-care nuove modalità di evangelizza-zione, nuovi stili di presenza, nuovilinguaggi e in particolare un nuovomodo di essere per le donne consa-crate. Grazie al loro contributo, pos-siamo presentare dunque una ri-flessione ecclesiale al femminile,che accoglie il presente come tem-po favorevole per rilanciare percorsivitali e umanizzanti da cui possanonascere stili inediti e attenti al-l’identità di genere.

La forza pro-vocativadelle donne consacrate

Il Sinodo sui giovani ha confer-mato la fatica di uscire dai pregiu-

dizi unilaterali che impediscono diriconoscere le doti e il contributooriginale delle donne. Oggi si sonoavviate buone prassi, ma si avvertela lentezza dei processi e l’urgenzadi una normalità di presenza, diruolo, di pensiero e di azione delladonna nella Chiesa. Dal dibattito si-nodale è emerso l’invito a rifletteresulla fecondità della reciprocità uo-mo-donna in ogni ambito. Si è an-che sottolineato come le donne con-sacrate siano abilitate, per la parti-colare armonia del femminile, adascoltare e accompagnare i giovanicon uno sguardo di vicinanza, perparlare alla loro intelligenza e al lo-ro cuore. Le parole dei giovani pro-vocano le comunità religiose (met-tendo in discussione le sfiducie, leamarezze e una strisciante dispera-zione) arrivando a scomodarle, per-ché esprimono l’urgenza di andarea cercarli dove sono, di farsi lorocompagni di strada.

Comunque, in questo contesto, lemolteplici forme di Vc femminilecercano di rispondere alle specifi-che provocazioni delle giovani don-ne. Per esempio, si assiste alla rifio-ritura dell’Ordo virginum in tutti icontinenti. La radicalità di questaforma di vita, vissuta nella quoti-dianità e con radicamento nella

Chiesa locale, la rendono attrattivaper diverse donne. Il tratto identifi-cante della vergine consacrata nellasua relazione col mondo è essere se-gno dell’amore sponsale e fecondoche unisce Cristo e la Chiesa: è la te-stimonianza della prossimità evan-gelica vissuta nel proprio contestosociale e culturale.

Anche la vita monastica suscitauna certa ammirazione e stima trai giovani, perché intercetta l’attitu-dine alla ricerca mai conclusa, al-l’inquietudine del cuore e al deside-rio di Dio. Lo stile contemplativo èsegno e richiamo alla necessità diritrovare in Dio il senso del proprio“essere gettato” nel mondo. Anchese ci sono comunità in difficoltà,numerosi sono i monasteri in cui ledonne vivono un’esistenza sobria,testimoniando pace e serenità, inun contesto culturale che spesso in-duce al desiderio di beni effimeri edi paradisi artificiali.

E ancora, la vita religiosa aposto-lica rimane il segno dell’incarnazio-ne del Verbo di Dio in Gesù Cristo,missionario del Padre, e del suo mo-do di vivere nella compagnia degliuomini. Tale modello di VC vissutaal femminile si manifesta in unamoltitudine di cammini, vissutinella fraternità, nella lettura dei se-gni dei tempi, nell’ascolto e nellacura dell’umanità. Molte consacra-te, affrontando anche gravi rischipersonali, manifestano già la nuo-va coscienza evangelica di doverstare dalla parte dei poveri e degliultimi. Certamente la diminuzionedel numero delle religiose e la crisianche di diverse ‘opere’ pongonointerrogativi per il futuro: sparisceun modello, ma le religiose sonochiamate a essere casa accoglientein modo creativo e ad assicurare la

RIFLESSIONE ECCLESIALE AL FEMMINILE

Donne consacrate e giovaniIl linguaggio che i giovani comprendono è quello di coloro che danno la vita, che

sono lì a causa loro e per loro, e di coloro che, nonostante i propri limiti e le propriedebolezze, si sforzano di vivere la fede in modo coerente.

V I TA C O N S A C R ATA

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V I TA C O N S A C R ATA

loro presenza lì dove l’humanum èpiù fragile.

Anche la proposta vocazionaledelle consacrate negli Istituti secola-ri (sono 18mila, con oltre 2.500 informazione, presenti in 129 istituti)può diventare un aiuto prezioso perle donne che si sentono interpellatedal nostro ‘cambiamento d’epoca’.Esse offrono loro modelli affidabiliche aiutano a evitare sia il pericolodel secolarismo (ripiegamento sulogiche mondane, che bloccano ildinamismo dello Spirito) sia il peri-colo dello spiritualismo devoziona-lista (chiusura in forme auto-conso-latorie, che frenano l’urgenza di co-municare il Vangelo in lingue nuo-ve). Gli Istituti secolari oggi sonouna chiave per le giovani chiamatead acquisire – in modo inedito ri-spetto alle generazioni precedenti –un equilibrio tra il bisogno di comu-nicazione (lo spazio dei social) e ilbisogno di custodire ciò che rendeunica la persona al servizio del Re-gno che viene.

Infine, a riprova della vitalità del-la VC ad opera dello Spirito, va regi-strata l’attrattiva della donazionetotale al Signore e l’ideale della co-munità apostolica: nascono infattinuove o rinnovate forme di vita con-sacrata. Esse non soppiantano leprecedenti, ma testimoniano unospecifico passaggio: dalla comunio-ne tra gli stati di vita consacrata ar-ricchiti dai carismi alla comunionedegli stati di vita in un unico cari-sma (sacerdoti, uomini e donne, ce-libi e coniugati).

Le donne re-interpretanoi consigli evangelicie i modelli formativi

In questo quadro di vecchi e nuo-vi paradigmi, è opportuno rifletterepiù in profondità sulla vita religio-sa dentro la complessa stagione chetutta la Chiesa sta vivendo. Giovan-ni Paolo II ha riconosciuto il “cam-mino esodale” della VC negli ultimidecenni (cf. Vita consecrata, 40).Questo cammino si sostanzia in unprocesso di re-interpretazione con-tinua, a partire dalla radice pneu-matologica: la VC nasce da un’espe-rienza dello Spirito, che genera un

movimento d’amore (compassio,koinonia e contemplatio) e una verae propria “terapia antropologica”che trasforma i consigli evangelicida assoluti astratti a dinamica diumanizzazione. La vita fraterna, diconseguenza, è vista oggi come illaboratorio quotidiano di umanitàcristiana dove i volti si incontrano:il divario tra le generazioni e l’inter-nazionalizzazione delle presenzemulticulturali sono i nuovi banchidi prova. E la sequela diventa unprocesso aperto e graduale, che siarricchisce della stessa alleanza fra-terna.

Questi riferimenti formano unnuovo orizzonte di valori, utili perverificare le attuali modalità for-mative necessarie alle esigenze diun umano planetario, dove vigel’interdipendenza e la globalizza-zione etico-sociale. Non a caso ilSinodo sui giovani ha discusso ildelicato e provocatorio tema del-la formazione dei seminaristi edi consacrate/i: il “cambiamentod’epoca” impone infatti un mu-tamento radicale dei modelliformativi. Introdurre alla vitacristiana nella consacrazioneper evangelica consilia chiedeun nuovo approccio integralein cui l’attività dello spiritoumano s’incontra con lescienze umane e tecnologi-che. L’iniziazione alla VC hacosì bisogno di una prope-deutica che abiliti alla ri-flessione, alla ricerca diesperienze spirituali, aldiscernimento, alla relazionalità si-

gnificativa e all’esercizio di abitareil proprio limite. Tale propedeuticava concretizzata attraverso proget-ti individuali e comunitari dinami-ci e non banali, perché si tratta diaccompagnare con sapienza la per-sona nelle situazioni dove si verifi-ca la vita, dove si fa la verità di sestessi. Nella fatica dell’evento edu-cativo, che equivale a una nascita,la persona viene restituita a sestessa, alla pienezza della sua iden-tità umana. Le donne consacratesono chiamate a riscoprire questaesigenza di generatività: «va privi-legiato il linguaggio della vicinan-za, il linguaggio dell’amore disinte-ressato, relazionale ed esistenziale

che tocca il cuore, raggiunge lavita, risveglia

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speranza e desideri. Bisogna avvi-cinarsi ai giovani con la grammati-ca dell’amore, non con il proseliti-smo. Il linguaggio che i giovanicomprendono è quello di coloroche danno la vita, che sono lì a cau-sa loro e per loro, e di coloro che,nonostante i propri limiti e le pro-prie debolezze, si sforzano di viverela fede in modo coerente. Allo stes-so tempo, dobbiamo ancora ricer-care con maggiore sensibilità comeincarnare il kerygma nel linguag-gio dei giovani d’oggi» (papa Fran-cesco, Es. apost. post-sinodale Chri-stus vivit, 211).

Consacrate cheaccompagnanoall’incontro personalecon Cristo

Ancora secondo papa Francesco,«i consacrati e le consacrate sonochiamati innanzitutto a essere uo-mini e donne dell’incontro. La voca-zione, infatti, non prende le mosseda un nostro progetto pensato “a ta-volino”, ma da una grazia del Signo-re che ci raggiunge, attraverso unincontro che cambia la vita. Chi in-contra davvero Gesù non può rima-nere uguale a prima. Egli è la novitàche fa nuove tutte le cose. Chi vivequesto incontro diventa testimonee rende possibile l’incontro per glialtri; e si fa anche promotore dellacultura dell’incontro, evitando l’au-toreferenzialità che ci fa rimanerechiusi in noi stessi…Gesù non ci hasalvati “dall’esterno”, non è rimastofuori dal nostro dramma, ma ha vo-luto condividere la nostra vita. Iconsacrati e le consacrate sono chia-mati a essere segno concreto e pro-fetico di questa vicinanza di Dio, diquesta condivisione con la condi-zione di fragilità, di peccato e di fe-rite dell’uomo del nostro tempo.Tutte le forme di vita consacrata,ognuna secondo le sue caratteristi-che, sono chiamate a essere in statopermanente di missione» (Omelia,XX Giornata mondiale della Vitaconsacrata e chiusura dell’Anno del-la VC, 2-2-2016).

In definitiva la prospettiva fon-damentale del “mistero cristianodella consacrazione” attraverso i

consigli del Vangelo dovrebbe esse-re assunto negli itinerari formativinon come dato una volta per tutte,ma come cammino di avvicina-mento che parte dalle figure bibli-che per giungere a contemplare ilcompimento: l’evento-Cristo. Lo sta-to di consacrazione proprio della vi-ta religiosa si inserisce infatti inquesta prospettiva dinamica se vie-ne ricompreso come un dispositivosimbolico che rende presente laconsacrazione del Figlio (e dei figli)al Padre. Questa visione offre spazioe nuova qualità per un camminopersonale verso il compimento lun-go le tappe della vita. Così i tre clas-sici voti possono essere riletti all’in-terno di un autentico cammino diumanizzazione: si comprende la po-vertà solo partendo dalla benedizio-ne della ricchezza, la castità dallabenedizione della nuzialità fecon-da, l’obbedienza dalla benedizionedell’ascolto (cf. Vita consecrata, 77).In questo senso si allarga l’orizzontedella sfida evangelica: le indicazio-ni di radicalità espresse da Gesùmettono più in evidenza la miseri-cordia, la preghiera, la tenerezza, lariconciliazione, la sobrietà, la giusti-zia e la carità, che i tre classici con-sigli evangelici.

Per le donne consacrate tutto ciòsignifica operare svolte scegliendola via di processi umili, delle intui-zioni e delle azioni coraggiose, an-che silenziose. In queste loro micro-rivoluzioni, il cammino versol’umanizzazione nella statura diCristo diventa davvero pro-vocazio-ne che trasforma la vita orientan-dola al futuro.

MARIO CHIARO

1. Serenella Del Cinque (consacrata nell’Ordovirginum e Officiale della Congregazione direligiose/i) e Nicla Spezzati (consacrata nel-le Adoratrici del Sangue di Cristo, già Sotto-segretaria della Congregazione) sono le au-trici del volume intitolato “Le donne consa-crate e i giovani. Una presenza generativa”,Àncora Ed., Milano 2020. «Abbiamo tra lemani uno di quei testi capaci di fare il puntodella situazione, di capire dove siamo giuntie ci troviamo, facendo sintesi in vista di unaripartenza. Il testo riflette, al femminile, sullavita consacrata, a partire dalla celebrazionedei Sinodo sui giovani… e ne accoglie le pro-vocazioni… sull’identità e la missione dellavita consacrata, cioè sul suo futuro» (dallaPrefazione di Amedeo Cencini).

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER SACERDOTI, RELIGIOSI

DIACONI

� 25 mar-2 apr: p. ArmandoCeccarelli, sj “Ecco faccio tutte le cosenuove. L’incontro che cambia la vita” SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004 – 06.30813624;e-mail:[email protected]

� 4-12 apr: p. Astigueta GranadoPintos, sj “Esercizi ignazianipersonalizzati”SEDE: Ancelle S.Cuore di Gesù, Loc.Faloni – 02030 Torricella Sabina (RI);tel. 0765.735017 – 0765.209838; e-mail: [email protected]

� 15-23 apr: p. Sergio Bianchini, sj“Esercizi spirituali con san Matteo” SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004 – 06.30813624;e-mail:[email protected]

� 26 apr-2 mag: fr GianniCappelletto, ofm conv “LeBeatitudini, carta di identità delcristiano” (GE 63-109)SEDE: Casa di spiritualità dei SantuariAntoniani, Via S. Antonio, 2 – 35012Camposampiero (PD); tel.049.9303003; e-mail:[email protected]

� 27 apr-1 mag: p. Carlo Bozza, CGS“Esercizi spirituali”SEDE: Casa “Maris Stella”, ViaMontorso, 1 – 60025 Loreto (AN); tel.e fax 071.970232; cell. 333 8827790;e-mail: [email protected]

� 1-9 mag: p. Giovanni Ladiana, sj“Insegnaci a contare i nostri giornie giungeremo alla sapienza delcuore” (Sal 90,12) SEDE: “Casa di Esercizi Sacro Costato”,Via Alberto Vaccari, 9 – 00135 Roma(RM); tel. 06.30815004 – 06.30813624;e-mail:[email protected]

� 3-9 mag: mons. Franco Savino “IlPadre nostro” SEDE: Casa Sacro Cuore Padri Cavanis,Via Col Draga, 1 – 31054 Possagno(TV); tel. 0423.544022; e-mail:[email protected][email protected]

� 10-16 mag: don Nicola Tonello “Gliincontri di Gesù nel Vangelo diGiovanni” SEDE: Casa Gesù Maestro, Via S.Rocco,2 – 36030 Centrale di Zugliano (VI);tel. e fax 0445.362256; e-mail:[email protected]

V I TA C O N S A C R ATA

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Testimoni 3/2020 • 31

Un parroco e una famiglia in-sieme in parrocchia per an-nunciare il Vangelo. Dician-

nove anni fa nasceva in me l’idea,proposta poi al Consiglio Pastorale,di mettere al cuore della parrocchiaPentecoste di Milano un’esperienzadi fraternità: una dinamica già spe-rimentata nel mondo missionarioma nuova per la realtà diocesana.

Da quella prima esperienza, nonho smesso di pensarmi “in fraterni-tà” nel mio ministero di parroco. InPerù come, adesso, nella periferia diMilano continuo a vivere la bellezzamissionaria della vita fraterna.Esperienza resa ancora più ricca og-gi dalla presenza di un prete dedi-cato alla pastorale Rom e Sinti, didue famiglie, e di una comunità disuore Marcelline.

La nostra Fraternità Missionarianon è un’esperienza isolata. In que-sti diciannove anni molte altre fa-miglie e preti della diocesi milanesehanno iniziato questa nuova av-ventura parrocchiale. Ne è nato uncoordinamento simpaticamenteautobattezzatosi “Famiglie Missio-narie a Km0”.1 Sono ormai quasitrenta le realtà familiari coinvolte,che vivono in canonica o in oratorioo che aprono la loro casa all’acco-glienza. Sono storie diversissimeper provenienza spirituale ed espe-rienze pastorali: fidei donum, pretio laici, rientrati dalla missione al-l’estero, membri del terz’ordinefrancescano, del Mato Grosso, di Co-munione e Liberazione, della comu-nità papa Giovanni XXIII, prove-nienti dallo scoutismo o dall’espe-rienza oratoriana. Tutte con un de-nominatore comune: scommettere

sul potenziale fraterno e missiona-rio della parrocchia.

Alle famiglie e alle suore che vi-vono con me ho chiesto fin dall’ini-zio non una definizione di ruoli eincarichi ma di vivere in fraternità,con ritmi di preghiera comune, conl’ascolto della Parola di Dio e la co-mune preoccupazione missionariain questo pezzo di periferia milane-se. A ciascuno ho chiesto di esserequello che è, vivendo fino in fondola propria vocazione familiare, sa-cerdotale o religiosa a servizio dellaparrocchia.

FraternitàLa fraternità è l’esperienza origi-

naria di ogni essere umano e diogni cristiano: non ci si sceglie maci si ritrova insieme, non per affini-tà elettive ma per l’appartenenza auna famiglia. È esperienza moltoconcreta, particolare e al contempouniversale. Si nutre di legami di“carne e sangue” con “questo” fra-tello e “questa” sorella, per ricono-scersi in un legame universale, ca-

paci di mescolarsi, incontrarsi,prendersi in braccio, appoggiarsi.2

La vera fraternità non è escludentema inclusiva. Quella particolare fa-miliarità che ci lega a Gesù Cristonostro fratello, ci introduce ad unaautentica “mistica del vivere insie-me” che fa bene alla salute.3

Ho potuto sperimentare la con-cretezza di questa fraternità nelconfronto quotidiano con la vita co-niugale/familiare e nelle dinami-che della comunità religiosa. Ho im-parato da loro quanto sia importan-te comunicare non solo sulle que-stioni pastorali ma anche di vitapersonale, gli entusiasmi, le delu-sioni e le stanchezze. Nell’esperien-za fraterna vissuta in Perù la con-cretezza dell’amicizia è arrivata an-che a sostenersi nella malattia congesti di affetto e di tenerezza, conl’accettazione della propria e altruifragilità. Oggi a Milano sto vivendoun legame fraterno che si nutre dipreghiera comune, di colazione “acasa delle suore”, di meditazionesettimanale della Parola, talvoltaanche di pranzi e cene coi bambini

IN PERIFERIA A MILANO

Un’esperienzadi fraternità missionaria

Questa è un’esperienza di Chiesa, nata e cresciuta con un forte radicamento nellaChiesa locale e parrocchiale. Sottovoce, vorremmo quasi offrire alle diocesi un piccolo

modello di Chiesa sinodale, accogliente che annuncia il Vangelo nel modo piùsemplice e vero: da persona a persona, con gioia.

PA S T O R A L E

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che vedono questa strana famigliaallargata a preti e suore.

Istruiti dalle burrascose relazionifraterne raccontate dalla Bibbia,non ci lasciamo spaventare dallaconflittualità. Da Caino e Abele,passando per Esaù e Giacobbe finoad arrivare a Marta e Maria, tutta laSacra Scrittura è lì a ricordarci che ilegami fraterni vanno accompa-gnati, curati, fatti crescere, dotati diattrezzature di manutenzione co-stante. Persino tra gli apostoli l’ar-rivismo o l’invidia rischiavano dicompromettere la fraternità. Gesù,con infinita pazienza fornisce loroil criterio di fondo per garantire unrapporto senza dominanti nè domi-nati, fraterno appunto: bandite travoi dominio e oppressione per se-guire la strada della minorità e delservizio.4

Occorre una preparazioneper vivere in équipe

L’esperienza di questi quindicianni di fraternità evidenzia quantosia importante prepararsi, personal-mente e comunitariamente, a vive-re e lavorare in équipe. Le comunitàreligiose hanno molto da insegnarcisu come curare anche le minuzie delvivere insieme nell’esercizio virtuo-so di ascolto e umiltà, nel relazionar-si “alla pari” pur nella distinzione diruoli e responsabilità, nel cammina-re insieme sottoponendo le proprie

idee al confronto costante con gli al-tri. Occorre anche condividere lemotivazioni personali che hannoportato ognuno a scommettere sulservizio in parrocchia. È necessariotrovare un’immagine condivisa diChiesa insieme al Consiglio Pastora-le Parrocchiale e ai responsabili dio-cesani per creare consenso attornoa questo progetto di fraternità mis-sionaria.

La fraternità cristiana non si faspaventare nemmeno di fronte alnascere di uno speciale legame chearriva fino ad assumere i contornidell’amicizia fra i suoi membri,quasi che la specificità di un’amici-zia possa togliere qualcosa all’uni-versale legame fraterno con tutti imembri della comunità parrocchia-le. L’esperienza dice che il caratterepropriamente cristiano di questi le-

gami forti non pregiu-dica ma rafforza e in-crementa le buone re-lazioni con tutti, anchequelle più deboli ed oc-casionali.

Come un marito euna moglie non tolgo-no amore ai figli con-solidando il rapportodi coppia, così la vergi-ne o il celibe non dimi-nuiscono il proprioamore per tutti colti-vando legami di frater-nità e amicizia specialicon qualcuno. La prati-ca concreta e duraturadi relazioni fraterne eamicali con un grupporistretto di apparte-nenza, aiuta e abilita

ad allargare la fraternità con tuttiin parrocchia, da quelli che stabil-mente collaborano a quelli che oc-casionalmente si avvicinano peruna qualsiasi richiesta. È indispen-sabile però custodire le condizioniconcrete per dare qualità evangeli-ca a tale amicizia e fraternità:l’ascolto della Parola, la preghiera,l’Eucaristia e la missione. Oltretuttoper me prete è sempre in agguato ilrischio di vivere da “single”, senzalegami stabili e senza dover rendereconto a nessuno di quel che faccio.La fraternità mi preserva da questopericolo.

Corresponsabilitàmissionaria

La fraternità evangelica è per suanatura corresponsabilità missiona-ria. La profezia di una relazione fra-terna che escluda dominio e sopraf-fazione è già testimonianza del Re-gno della tenerezza e della libera-zione. Come fraternità missionariasiamo chiamati a servire e liberare.Nella parrocchia si traduce in unprendersi cura degli altri per acco-gliere, accompagnare, rialzare, edu-care, soccorrere, migliorare la quali-tà della vita e celebrarne insieme labellezza e i drammi, occuparsi delbene comune, aprendo le porte aGesù Cristo Signore della vita.

Preti, coppie di sposi, famiglie esuore, siamo corresponsabili di que-sta cura per la vita buona e bella ditutti. Questa comune preoccupazio-ne missionaria libera la Chiesa lo-cale dalla tentazione di ridurre lacorresponsabilità ad un problemadi regole, più o meno minuziose, in

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EDBpp. 168 - € 16,50

Il creato tra meraviglia e problema

AMBROGIO SPREAFICO

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Testimoni 3/2020 • 33

PA S T O R A L E

stile condominiale: “a chi tocca fareche cosa”.

La comune responsabilità mis-sionaria allarga gli spazi della reci-proca fiducia, valorizzando i rispet-tivi carismi, nell’unico intento diraggiungere tutte le “periferie esi-stenziali”. Come prete godo del fat-to che i miei fratelli e sorelle sposatipossano raggiungere ambiti di vitaa me quasi preclusi (scuola, fami-glie, sociale); io coppia sono feliceche il mio fratello prete possa rag-giungere ambiti che solo lui puòraggiungere (le profondità della co-scienza delle persone nella confes-sione, per esempio); siamo contentiche le nostre suore possano esserepiù benevolmente accolte da tutti etrovare porte aperte perché ricono-scibili e donne.

Dobbiamo ricordarci che non sia-mo gli unici soggetti della missio-ne. Ad esserlo è quel popolo cheprende forma anzitutto nell’assem-blea eucaristica domenicale. Quan-do celebro la Messa contemplo ilpopolo di Dio convocato e mandatoin missione. Quando dall’altare ve-do i volti di bambini, giovani, adultie anziani cristiani del quartiere, ve-do dei missionari, accorsi per cibar-si della Parola e del Pane e pronti aripartire per testimoniare la fedenei loro ambienti di vita, quelli cheio non raggiungo: la famiglia, ilcondominio, i luoghi di lavoro, lascuola.

Questo vivo sentimento popolaredella missione è ciò che deve carat-terizzare la presenza della nostraFraternità Missionaria in parroc-chia: essere uno stimolo perché tut-ti si sentano chiamati al discepolatoe alla missione nel nome di Gesù.Non è nemmeno necessario esseresuper-impegnati nella comunità.Anche una famiglia normale puòfarlo, anche chi viene in parrocchiasolo alla Messa domenicale e poinon si vede più per il resto della set-timana, impegnato a vivere e testi-moniare la fede nel quotidiano. An-che attraverso di loro il Vangelo diGesù si fa presente come seme nelmondo. È un seme che non control-liamo perché cresce da sé, notte egiorno, anche mentre il seminatoredorme. Certo, ci sono alcuni che as-sumono pubblicamente delle re-

sponsabilità nel Consiglio Pastora-le, nel gruppo delle catechiste,nell’animazione liturgica, nel Cen-tro di Ascolto Vincenziano, ma nonpossiamo dimenticarci che abbia-mo centinaia di altri collaboratorinella diffusione del Vangelo, un po-polo di battezzati-inviati.5

Questa é esperienza di Chiesa,nata e cresciuta con un forte radica-mento nella Chiesa locale e parroc-chiale. Quasi sottovoce vorremmopoter offrire alle diocesi un piccolomodello, una strada percorribile diChiesa sinodale, di preti, laici e reli-giose che camminano insieme, pen-sano insieme, pregano, program-mano, verificano, si formano insie-me e mangiano insieme. Un piccolomodello di Chiesa accogliente cheannuncia il Vangelo nel modo piùsemplice e vero: da persona a perso-na, con gioia.

Questa epoca della storia ci co-stringe a tornare all’essenziale dellafede e della testimonianza cristia-na, come quando “le colonne” dellachiesa raccomandavano a Paolo diannunciare Gesù e di ricordarsi deipoveri.6 Questa “kerygmatica” pre-occupazione comune di parlare congioia di Gesù e di stare con i poverimuovendo verso di loro gli affetti ele intelligenze, anima la sinodalitàe semplifica tutte le antiche que-stioni, ereditate dal Concilio, circa icompiti specifici dei preti, dei laicie dei religiosi, verso una sintesi piùavanzata che ancora dobbiamo tro-vare. Questa è la sfida della Chiesapovera e delle fraternità missiona-rie che la animano.

don ALBERTO BRUZZOLO

1. Interessante la pagina web https://famiglie-missionariekm0.wordpress.com/

2. Evangelii Gaudium al n. 873. [Nella fraternità] “sta la vera guarigione, dal

momento che il modo di relazionarci con glialtri che realmente ci risana invece di farciammalare, è la fraternità mistica, contem-plativa, che sa guardare alla grandezza sacradel prossimo, che sa scoprire Dio in ogni es-sere umano...” (Evangelii Gaudium 92)

4. “Voi sapete che coloro i quali sono conside-rati i governanti delle nazioni dominano sudi esse e i loro capi le opprimono. Tra voi perònon è così…” Mc 10,42-45

5. Pagine molto belle su questo tema le trovia-mo in Evangelii Gaudium ai numeri 111. 119.120

6. Gal 2,10

E S E R C I Z I S P I R I T U A L IPER TUTTI

� 15-20 mar: p. Attilio Fabris “Siamofigli di Dio, e lo siamo realmente”(1Gv 3,1) SEDE: Opera Madonnina del Grappa,Piazza Padre Enrico Mauri, 1 16039Sestri Levante (GE); tel.0185. 457131;e-mail: [email protected]

� 16-20 mar: mons. Marco Frisina“Pietro, sulle orme di Cristo” SEDE: “Villa Immacolata”, Via MonteRua, 4 – 35138 Torreglia (PD); tel.049.5211340; e-mail:[email protected]

� 29 mar-3 apr: p. Antonio Gentili B.e dr. Luciano Mazzoni, naturopata“Digiuno e meditazione con le erbedella salute di Frate Indovino (versouna alimentazione consapevole) 1°tempo: la Primavera”SEDE: Centro di Spiritualità “DomusLaetitiae”, Viale Giovanni XXIII, 2 –06081 Assisi (PG); tel. 075.812792;e-mail: [email protected]

� 8-12 apr: p. Matteo Marcheselli,ofm – p. Matteo Polato, ofm “Alcentro per fare centro”. Entrandonella ricchezza del triduo pasquale SEDE: Convento S. Francesco, Loc.Monteluco, 21 – 06049 Spoleto (PG);tel.0743.40711; e-mail:[email protected]

� 8-12 apr: p. Lorenzo Gilardi,sj “Laforza dell’amore. Esercizi e triduopasquale” SEDE: “Villa Speranza” Padri Somaschi,Via della Consolata, 24 – 10099 SanMauro Torinese (TO); tel. 011.8221158;e-mail: [email protected][email protected]

� 15-19 apr: p. Franco Annicchiarico,sj “Perché cercate tra i morti coluiche è vivo?” Esercizi spirituali sullaResurrezione SEDE: Villa San Giuseppe, Via di SanLuca, 24 – 40135 Bologna (BO) tel. 051.6142341; e-mail: [email protected]

� 19-24 apr: p. Cesare Bosatra, sj“Custodisci ciò che ti è statoaffidato” Lettera ai FilippesiSEDE: Eremo SS. Pietro e Paolo – 25040Bienno (BS); tel. 0364.40081; e-mail:[email protected]

� 19-25 apr: p. Vincenzo Tritto, sj“Conoscere l’amore di Cristo chesupera ogni conoscenza” (Ef 3,19) SEDE: Casa Santa Dorotea, Via Sottocastello, 11 – 31011 Asolo (TV) tel. 0423.952001; cell.366.8270002; e-mail:[email protected]

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Il 17 gennaio scorso, Giornata peril dialogo ebraico cattolico e vigi-lia della Settimana di Preghiera

per l’Unità dei Cristiani, è mortaMaria Vingiani. Era nata nel 1921.

Si può dire che la sua vocazioneecumenica sia nata in lei con la vitastessa, così come manifesta la suatestimonianza in una intervista ri-lasciata al teologo Brunetto Salva-rani nel 2007. «Sono una realista,non una utopista! Me l’ha insegna-to la vita stessa: in famiglia erava-mo dieci tra fratelli e sorelle, con lo-ro ho conosciuto il girovagare di cit-tà in città (mio padre, sincero anti-fascista, era funzionario dell’Arse-nale). Nata a Castellammare di Sta-bia, presso Napoli, poi siamo passa-ti a Taranto e quindi a Venezia (do-ve ero la terrona…) La mia vita miha portato sempre oltre, e non homai conosciuto la tranquillità diuna vita normale! Ho appreso chesi può vincere ogni difficoltà, e cheil dialogo è sempre uno strumentoformidabile…»

Cristoè venutoper tutti

Proprio a Vene-zia, Maria crescenella pluralità delleChiese cristiane, at-tive dentro il peri-metro del centrostorico della città la-gunare: greca orto-dossa, valdese, me-todista, luterana,anglicana. Determi-nante è per lei lascoperta di una

“contraddizione”: la pluralità è lettanon sempre in modo positivo e dif-ficile si manifesta la comunione ela fiducia reciproca. La divisione tracattolici e protestanti diventa og-getto della sua tesi di laurea, di-scussa all’Università di Padova nel1947. Un lavoro non facile all’epoca,per il quale consulta testi preclusialla lettura dei laici, se non su auto-rizzazione. Maria però si rende an-che conto che per capire davveronon è sufficiente studiare: il prote-stantesimo è sì storia, ma ancheesperienza viva di fede e di Chiesa,da incontrare. E, sempre nell’inter-vista rilasciata a Salvarani, dirà alriguardo: «Nonostante tutto, io con-servo una grande fiducia! La pro-spettiva è di apertura, è verso l’uni-tà e la comunione dei popoli… I se-mina Verbi stanno dando i lorofrutti! Il cristianesimo, di fronte aquesta varietà e pluralità, è chiama-to a recuperare la propria radicalitàe la propria radice. Non dobbiamoavere paura del dialogo interreligio-

so, sia sul piano culturale sia suquello squisitamente teologico! Cri-sto è venuto per tutti!»

Da Venezia a RomaNel dopoguerra si impegna in

politica e viene nominata assessorealle Belle Arti; è in quegli anni cheil suo impegno per l’ecumenismotrova appoggio e forza nell’incontrocon l’allora patriarca Roncalli, il fu-turo papa Giovanni XXIII. L’ecume-nismo di Maria ha sempre un’at-tenzione culturale per «l’incontrotra gli uomini, il rinnovamento del-le mentalità, il superamento deicondizionamenti ideologici e l’esi-genza (anche al proprio interno) diricerca di autenticità e democra-zia». «L’ecumenismo è un dono diDio. Bisogna assolutamente conti-nuare a viverlo come tale, arricchir-lo di doni e di generosità, di apportoe di volontà di contributo e mettereal bando la sfiducia, perché la fedesi vive nella speranza» dirà la Vin-giani in un’intervista rilasciata aFabio Colagrande nel 2010.

Nella decisione di Giovanni XXIIIdi avviare il Concilio, Maria Vingia-ni vede il realizzarsi dei sogni colti-vati nelle relazioni ecumeniche ini-ziate a Venezia; per questo lascia lacittà lagunare e si trasferisce a Ro-ma, abbandonando anche la carrie-ra politica. La sua scelta è ormai de-finitivamente «per la cura di unaformazione “a monte”, quella “aldialogo” per una democrazia più di-retta e completa, orientata non a fa-vorire competizione e contrapposi-zione, ma concordia e cooperazionedelle diversità, all’unico fine del be-ne comune, civile e religioso della

PIONIERA DEL CAMMINO DI RICONCILIAZIONEDELLE CHIESE E DEL DIALOGO CON L’EBRAISMO

Maestra di ecumenismoMaria Vingiani, fin dagli anni giovanili, manifestò la sua passione per il dialogoecumenico e cercò con tenacia l’incontro con le altre fedi, sino a fondare il SAE

(Segretariato per le attività ecumeniche) associazione laica e interconfessionale, natanegli anni del Concilio Vaticano II.

P R O F I L I E T E S T I M O N I

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Testimoni 3/2020 • 35

P R O F I L I E T E S T I M O N I

collettività italiana». Nasce così suquesta impostazione, all’inizio del1963, il piccolo gruppo di avvio delSAE (Segretariato attività ecumeni-che) di cui sarà presidente fino al1996. Il lavoro di tessitura di relazio-ni e incontri sarà un apporto prezio-so per i lavori conciliari, come testi-monia anche l’altro incontro fonda-mentale con Jules Isaac.

Jules Isaace Nostra Aetate

Pioniera del cammino di riconci-liazione delle Chiese e del dialogocon l’ebraismo, per la Vingiani è mol-to importante anche il suo ruolonell’incontro tra Giovanni XXIII e lostorico francese di origine ebraica Ju-les Isaac che voleva fare in modo chela Chiesa cattolica cambiasse quelloche lui definiva “l’insegnamento deldisprezzo”. Questo, insieme ad altrifattori, origina l’idea di affidare alConcilio una dichiarazione sugliebrei che poi diventerà la Nostra Ae-tate. Dunque questo legame tra ilrapporto tra Chiesa e il popolo ebrai-co e il rapporto fra le chiese fra di lo-ro, è una caratteristica individuatada Maria Vingiani in epoca moltoprecoce e molto feconda.

Jules Isaac e Maria Vingiani sierano conosciuti a Venezia il 16 set-tembre 1957: lo storico franceseebreo, la cui famiglia era stata de-portata ad Auschwitz nel 1943, era aVenezia per motivi culturali. Là in-contrò Maria, giovane assessora alleBelle Arti. Le donò il suo libro Gesùe Israele e la mise al corrente deisuoi studi sull’antisemitismo e del-la missione che si era dato: far cono-scere Gesù agli ebrei e Israele ai cri-stiani. Lei gli parlò dei suoi impegniculturali e religiosi, e del patriarcadi Venezia, Angelo Giuseppe Ron-calli. «Mi era ormai chiaro – scriverà– che l’unica vera grave lacerazioneera alle origini del cristianesimo eche, per superare le successive divi-sioni tra i cristiani, bisognava ripar-tire insieme dalla riscoperta dellacomune radice biblica e dalla valo-rizzazione dell’ebraismo». C’è inquesta intuizione una delle grandinovità del SAE, la cui esperienza simuove «a partire dal dialogo ebrai-co-cristiano».

Gratitudine ed eredità

Piero Stefani, attuale presidentedel SAE, sottolinea in Maria Vingia-ni «la figura di donna e laica impe-gnata nei rapporti con le altre co-munità religiose in un momentostorico in cui questo poteva appari-re impossibile, se non addiritturasbagliato».

Il pastore battista Luca Maria Ne-gro, presidente della Federazionedelle chiese evangeliche in Italia(FCEI), aggiunge: «Siamo grati al Si-gnore per la lunga vita e l’impegnoecumenico di Maria Vingiani. Mariaci ha insegnato molte cose: tra que-ste, che l’ecumenismo esige un gran-de rispetto per l’identità di tutti ipartner nel dialogo, eper rispettarsi occorreconoscersi in manieranon superficiale; cheesso si radica nel dialo-go tra le chiese e l’ebrai-smo, che costituisce lanostra radice; che l’ecu-menismo non può es-sere strumentalizzatoda nessuna strutturaecclesiastica».

Il teologo valdesePaolo Ricca la ricordacosì: «Maria Vingiani èsenza dubbio la princi-pale artefice dell’ecu-menismo in Italia. Nonc’è nessuno, né uomoné donna, che abbiacontribuito tanto co-me lei alla nascita

dell’ecumenismo. È lei che lo haconcepito, esattamente come siconcepisce un figlio, lo si desidera,lo si fa nascere, lo si alleva amore-volmente, pazientemente e anchecon una carica di amore unica, ecce-zionale, particolare, come appuntoquella di Maria Vingiani. Lei è statamaestra di ecumenismo, non soloper la chiesa cattolica, ma anchenella chiesa evangelica».

Un’eredità preziosa che apre allasperanza per un cammino possibiledi sempre maggior comunione, nel-l’intento condiviso di superare leancora numerose resistenze e diffi-coltà.

ANNA MARIA GELLINI

ANDREW BRIAN MCGOWAN

IL CULTO CRISTIANO DEI PRIMI SECOLI

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Uno sguardo sociale, storico e teologico

EDIZIONE ITALIANA A CURA DI FRANCESCO PIERI

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AFRICA

Nigeria/ Abuja“Con il cuore affranto, desidero

informarvi che il nostro caro fi-glio, Michael, è stato assassi-nato dai banditi in una datache non possiamo conferma-re”, ha affermato Sua Ecc.Mons. Matthew Hassan Ku-

kah Vescovo di Sokoto dellaNigeria nell’annunciare il 1° feb-

braio il ritrovamento del corpo diMichael Nnadi il più gio-vane (18 anni) dei quattro

seminaristi rapiti dal seminario maggiore del Buon Pa-store di Kakau, nello Stato di Kaduna, nel nord-ovest del-la Nigeria, da uomini armati nella notte dell’8 gennaio(vedi Fides 13/1/2020).

Uno dei quattro seminaristi era stato liberato sabato18 gennaio, dopo essere stato rilasciato dai rapitori lungol’autostrada della Nigeria Kaduna-Abuja (vedi Fides21/1/2020).

Il 31 gennaio erano stati rilasciati altri due seminari-sti, ma mancava all’appello Michael Nnadi. Mons. Kukahha dichiarato che il seminarista “e la moglie di un medi-co sono stati arbitrariamente separati dal gruppo degliostaggi per poi essere uccisi”.

La notte dell’8 gennaio, uomini in uniforme militaresono penetrati nel Seminario maggiore del Buon Pastoreche accoglie 268 seminaristi. Nel corso dell’operazionedurata circa 30 minuti, i banditi dopo aver rubato com-puter e telefoni cellulari, sono fuggiti portando con loroi quattro seminaristi: Pius Kanwai, 19 anni; Peter Umenu-kor, 23 anni; Stephen Amos, 23 anni; e Michael Nnadi, 18.

La notizia dell’uccisione del giovanissimo seminaristasta suscitando forte emozione in Nigeria. In una dichia-razione pervenuta a Fides, dopo aver espresso la sua“profonda tristezza” per l’assassinio di Michael Nnadi,mons. Alfred Adewale Martins, arcivescovo di Lagos haricordato che quello di Nnadi “è solo uno dei numerosicasi di nigeriani innocenti uccisi quotidianamente dauomini armati mentre i nostri servizi di sicurezza e i lorocapi rimangono a guardare come se fossero impotenti”.

Mons. Martins ricorda inoltre la recente uccisione delLawan Andimi, dirigente locale dell’Associazione Cristia-na della Nigeria (CAN) nello Stato di Adamawa (vedi Fi-des 22/1/2020), e gli attentati commessi da attentatorisuicidi in alcune moschee. “Questa situazione spavento-sa deve finire. Non possiamo semplicemente incrociarele braccia e permettere a queste mostruose attività dicontinuare a prosperare. Le conseguenze di queste mal-vagità sulla psiche dei nigeriani possono solo essere im-maginate. Il governo federale deve agire ora prima chele cose sfuggano di mano” avverte il Vescovo di Lagosche chiede la sostituzione dei capi dei servizi di sicurez-za. (L.M.) (Agenzia Fides 3/2/2020)

BRASILE

Diminuisce la percentuale dei cattolici

Il Brasile è il paese con il più alto numero di cattolicidel mondo. Ma questo potrebbe non durare a lungo. Se-condo un sondaggio pubblicato lo scorso gennaio dal-l’Istituto privato Datafolia, la percentuale dei cattolici èin continua costante diminuzione. Attualmente corri-sponde al 51% della popolazione, mentre è in continuacrescita quella degli evangelicali, salita al 31%. Un prece-dente sondaggio del 2013, sempre di Datafolia, dava lapercentuale dei cattolici al 57% e gli evangelicali al 28%.

Dalla fine del 19° secolo alla fine del 20° la chiesa cat-tolica ha perso circa l’1% dei suoi seguaci per decennio.Ma a partire dagli anni ’90 la percentuale ha cominciatoa ridursi dell’1% all’anno. Secondo il National Catholic Re-porter statunitense, il giornalista Eduardo Campos Lima,dell’università brasiliana di San Paolo, afferma che que-sto processo di decrescita si sarebbe accelerato dal 2010e ora egli stima che l’attua-le tasso di declino cattolicocorrisponda all’1,2% annua-le, con lo 0,8% di espansio-ne annuale evangelicale. Senon cambia niente, secon-do Lima, entro il 2032, glievangelicali supereranno icattolici in Brasile. Anche secondo l’esperto di demogra-fia presso l’Istituto brasiliano, José Diniz Alves, il declinodei cattolici sta crescendo ad un tasso più veloce negliultimi anni. In questi due ultimi decenni il Brasile ha vi-sto un’enorme crescita degli evangelicali nei media e inpolitica. In questi ultimi anni hanno eletto centinaia dirappresentanti al Congresso. Il sindaco della città di Riode Janeiro è un vescovo della cosiddetta Chiesa univer-sale del Regno di Dio, Marcelo Crivella. Il presidente bra-siliano Jain Bolsonaro, cattolico ma sposato con unaevangelicale, nelle elezioni del 2018 ha avuto un enormesostegno da parte di chiese e leader evangelicali.

Secondo Alves, il graduale declino del cattolicesimobrasiliano è iniziato con il processo di urbanizzazione.Nel 1970, per la prima volta, erano più coloro che viveva-no in città che nelle aree rurali.

“Il cattolicesimo brasiliano era forte in una societàrurale, con relazioni comunitarie e familiari determinateda chiare norme. Con l’urbanizzazione, un alto livello diconsumo e una nuova mobilità sociale, gli insegnamenticattolici hanno smesso di rispondere al nuovo contesto”,ha affermato Alves.

Allo stesso tempo, l’enfasi sulle soluzioni individualiin molte chiese e denominazioni evangeliche, in parti-colare con la cosiddetta teologia della prosperità - chemette in relazione il successo finanziario e la presenzadi Dio - ha attirato l’attenzione dei poveri appena urba-nizzati.

“La crisi economica [iniziata nel 2014] ha favorito an-

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cora di più gli evangelici, dato che essi offrono soluzionia problemi concreti come la disoccupazione, la depres-sione e così via”, ha aggiunto Alves.

Secondo il vescovo cattolico di origine italiana, Adria-no Ciocca Vasino di São Félix do Araguaia, la Chiesa cat-tolica ha una grande difficoltà ad essere presente in que-sto modello attuale di “società liquida”.

Fr. Manoel Godoy, che ha partecipato per diversi annialla Conferenza nazionale dei vescovi cattolici del Brasi-le, sostiene che l’effettiva partecipazione dei cattolicibrasiliani alla Chiesa è sempre stata molto inferiore alnumero di persone che professavano il cattolicesimo.“Quello che sta succedendo è che ora le persone hannoil coraggio di dire che non sono cattoliche o non hannoalcuna religione. È una trasformazione culturale moltoforte”. Il calo del numero di cattolici, quindi, non sta la-sciando vuote le chiese. “In realtà, i cattolici che parteci-pano alla vita della Chiesa continuano a crescere comepresenza e impegno”, ha detto Godoy.

Inoltre, come ha spiegato p. José Carlos Pereira, tito-lare di un dottorato in sociologia e autore di numerosistudi sul cattolicesimo brasiliano, la riduzione della per-centuale complessiva di cattolici in Brasile non ha cau-sato una crisi vocazionale, al contrario, “il numero di sa-cerdoti diocesani ordinati ogni anno è in aumento. Il pro-blema piuttosto sta nella scarsa distribuzione del clero,con una particolare mancanza di sacerdoti nella partesettentrionale del paese”, in particolare in Amazzonia.

Pereira ha spiegato che la Chiesa brasiliana è preoc-cupata per il declino dei cattolici e ha recentemente sta-bilito delle linee guida per affrontarlo. "Nelle ultime treconferenze episcopali, ha riflettuto sui modi per rag-giungere le persone. L'attuale orientamento è quello dicostruire una" chiesa di casa ", che raggiunga non solole comunità, ma anche le case delle persone, recuperan-do un senso di identità cattolica.

ENFIN LIBRE! – FINALMENTE LIBERA!

È uscito nello scorso me-se di febbraio, per i tipi del-l’editrice Le Rocher il libroEnfin Libre! (Finalmente li-bera), scritto a quattro manida Asia Bibi con la giornali-sta televisiva francese An-ne-Isabelle Tollet, che si è alungo battuta a livello inter-nazionale per la liberazionedella cristiana pachistana, la cui storia ha commosso ilmondo, divenendo un simbolo della condizione di esclu-sione e delle situazioni di persecuzione contro i cristianiin molti Paesi islamici. Presto il volume uscirà anche inItalia, e in varie altre edizioni in diverse lingue.

Asia Bibi, come si ricorderà, è la donna cattolica as-solta dalla blasfemia dopo aver trascorso otto anni nel

braccio della morte in Pakistan. Madre di cinque figli erastata condannata a morte con delle prove inconsistentinel 2010, dopo essere stata accusata di blasfemia in unadisputa per una tazza d’acqua con un collega musulma-no in una fattoria.

Bibi, 47 anni, fu assolta drammaticamente dalla Cor-te Suprema del Pakistan nel 2018 e ora vive in esilio inCanada in una località sconosciuta dopo essersi trasfe-rita lì lo scorso mese di maggio.

Il governatore del Punjab, Salman Taseer e il deputatocristiano Clemente Shahbaz Bhatti furono assassinatiper averla sostenuta pubblicamente e criticato le draco-niane leggi sulla blasfemia del Pakistan.

Nel libro racconta: «Non ho molta memoria per le da-te, ma ci sono giorni che non si dimenticano. Come quel14 giugno 2010. Prima del tramonto, sono arrivata per laprima volta al centro di detenzione di Shekhupura, doveho passato tre anni prima di cambiare prigione, come sicambia domicilio. Non ero stata ancora giudicata, ma se-condo tutti ero già colpevole. Mi ricordo di questa gior-nata come se fosse ieri e quando chiudo gli occhi, ne ri-vivo ogni istante».

In un estratto del primo capitolo fornito dall’editore,Asia Bibi narra le condizioni disumane subite in cella,evocando così il baratro in cui era precipitata: «I miei pol-si bruciano, non riesco quasi a respirare. Il mio collo, chela mia figlia più piccola soleva stringere con le sue pic-cole braccia, è compresso in un collare di ferro che laguardia può stringere a piacimento con un enorme da-do. Una lunga catena si trascina sul terreno sporco, col-lega la mia gola alla mano ammanettata della guardiache mi tira come un cane al guinzaglio».

Sono alcuni dettagli agghiaccianti. «Nel profondo dime, una sorda paura mi porta verso le profondità del-l’oscurità. Una paura lacerante che non mi lascerà mai ”,afferma. “Sono sorpresa dal grido di una donna. “A mor-te!” Le altre donne si uniscono. “Impiccatela!” “Impicca-tela!” le urlano con astio persino diverse altre donne re-cluse. Un giorno, rivelandosi un aguzzino anche a parole,la sua guardia le dice: «Sei peggio di un maiale. Dovròsporcarmi al tuo contatto, sorbirmi il tuo marciume, manon durerà a lungo, Allah akbar».

Eppure, il conforto della fede non l’ha abbandonata:«Accasciata al suolo terroso di questa cella senza spe-ranza, fisso la porta pensando che questa prova è forseinviata da Dio».

Asia Bibi è libera, ma sente tutta la tristezza di averdovuto lasciare il Pakistan, per ragioni di sicurezza, tut-tavia vuole continuare a fungere da portavoce per tuttele persone ingiustamente accusate di blasfemia, soprat-tutto i cristiani. La sua vicenda infatti è soltanto una del-le tante in Pakistan. Basti pensare che dal 1987 al 2017,almeno 1.500 persone sono state accusate di blasfemiain questo paese, e almeno 75 persone accusate di blasfe-mia sono state assassinate, secondo il Center for SocialJustice.

a cura di ANTONIO DALL’OSTO

B R E V I DA L M O N D O

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V O C E D E L L O S P I R I T O

Cura e preghiera

La cura è quell’atteggiamento che rende familiarelo straniero, vicino il lontano, che genera tra lepersone ponti talmente forti da creare legamieterni e duraturi. Vive la cura colui che èdecentrato da sé, sbilanciato verso l’altro, in uncontinuo esodo dal proprio io narcisistico verso untu da cercare, da custodire, da promuovere e davalorizzare. Non è facile vivere questa radicaledisponibilità all’altro, questa propensioneall’ascolto che si fa dono. Per questo servonopersone che «si hanno in mano», che non temonodi perdersi in questo viaggio verso l’alterità.L’esercizio della cura esige persone riconciliate conse stesse, con gli altri e con la vita, disponibili aquesto esodo che le spinge ad abbandonare lasicurezza della propria autoreferenzialità perincontrare l’altro, là dove si trova. […] Esiste un«luogo» nel quale riesci a sperimentare unacustodia viva e profonda dei tuoi legami, in cuiquesta cura si esprime in maniera sommamentelibera e liberamente gioiosa. Questo luogo è lapreghiera. Non so perché ma spesso ci portiamodentro un assurdo preconcetto sulla preghiera,percepita come un’esperienza solitaria, introversa,addirittura solipsistica. Intendiamo la preghieracome un fatto talmente intimo da divenire unospazio arido e solitario, abitato solo dalla nostra

consapevolezza e agitato solo dai movimenti delnostro spirito. La preghiera può invecetrasformarsi in un luogo affollato, spesso talmentegremito di gente che fatichi a contenerla tutta.Accade quando le persone di cui ti prendi cura, cheami e che abitano i tuoi affetti, si rendono presentinella tua preghiera come una compagnia calda epiacevole, come un consorzio di legami che dàpienezza e sostanza alla tua esistenza. La preghierapuò diventare un luogo di custodia, uno spazio incui puoi prenderti cura delle tue relazioni, in cuipuoi occuparti delle persone care, non solopensando a loro, ma condividendo quel pezzo divita che stanno percorrendo, quella difficoltà chestanno sperimentando, quella meta che stannoinseguendo e celebrando i traguardi che hannoraggiunto. È sufficiente lasciare che i volti dellepersone scorrano sotto gli occhi della nostraanima; basta che i visi vengano ad abitare lanostra preghiera, a prendere posto nei nostriricordi. È sufficiente che quelle persone siano lì connoi, semplicemente e poveramente, e sentire il loroesserci, percepire il loro passo stanco o affaticato,vigoroso e gioioso, tentennante e incerto. È inquesto modo che possiamo davvero sperimentareuna vicinanza profonda e ricca, una compagniacapace di andare al di là del tempo e dello spazio,

una cura che sa andare al cuore delle cose,che sa superare egoismi e interessi, capriccie voglie, simpatie e risentimenti. Nellapreghiera abbiamo la possibilità digiungere anche là dove la nostra mano e lenostre parole non sanno arrivare, dove lanostra presenza fisica non può giungere. Lacura è forse una delle dimensioni più altedell’essere uomo, una meta che è segno diun’umanità piena e ricca. In quello spazioorante in cui il volto dell’altro e dell’Altro sifanno presenti, ciascuno di noi sperimentaquella comunione di vita che la tradizionedella Chiesa ha indicato come comunionedei santi. È il luogo in cui, nel Figlio,sperimentiamo tutti una figliolanza che cirende, indissolubilmente ed eternamente,fratelli.

MARCO ZANONCELLIda “I gesti della vita”

EDB, Bologna 2019

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S P E C I A L E

RAGIONI DI SPERANZA NELLA VITA CONSACRATA OGGI

Andare oltrea ciò che si vede

La realtà va oltre la realtà, come diceva il “santo sin-daco” di Firenze, Giorgio La Pira. Sì, la realtà va oltrea ciò che si vede con gli occhi della carne.

Molti si chiedono, a volte con un po’ di ironia, qualisono le ragioni della speranza o quali sono i segni di spe-ranza o segni del Regno che potremmo segnalare ogginella vita consacrata. È una domanda classica. Già i fari-sei l’avevano chiesto a Gesù (cfr Lc 17, 20-25). A questa do-manda, Gesù, forse un po’ deluso, risponde che non ci sa-ranno grandi segni. I segni del Regno sono già presenti,ma voi, sembra dir loro Gesù, non siete capaci di vederlie il fatto è che i segni del Regno sono come il seme di se-nape (cfr Lc 13, 31-32). Le ragioni della speranza, i segni divita, i segni di speranza sono già presenti nella vita con-sacrata, ma non è sempre facile scoprirli. Possono esserericonosciute solo da uno sguardo profondo e pieno di fe-de della realtà che stiamo vivendo nella vita consacrata.E, oltre ad essere “piccoli” e presentarsi “come un sussur-ro di una brezza leggera “ (1Re 19, 12), questi segni appa-iono assieme ai segni della morte. E avviene che nella vitaconsacrata non si tratta di un aut aut, ma di un et et. Eccoperché i segni di speranza, più che realtà raggiunte, sonoindicatori di un percorso che si sta rivelando prometten-te e ricco di vita; processi avviati che in alcuni istituti so-

no più avanti, in altri meno. Indicatori di un percorso, pro-cessi iniziati che in ogni caso devono essere valutati inquanto ci chiedono costantemente: stiamo camminandonella giusta direzione? Parlare delle ragioni di speranzanella vita consacrata oggi significa essere capaci di ve-dere la realtà oltre la realtà, oltre le apparenze, oltre ciòche fa “rumore”. Aveva ragione Benedetto XVI e poi PapaFrancesco quando affermavano: “un albero che cade fapiù rumore di una foresta che cresce silenziosamente”.Il rumore di un albero che cade, i “segni di morte” chepossiamo costatare nella vita consacrata o nella stessaChiesa, non possono impedirci di vedere la realtà del bo-sco che, nonostante le tempeste e gli uragani, rimane inpiedi; i segni di morte non possono impedirci di vedere i

“Personalmente, penso che siamo lontanidall’avvicinarci alla fine. Quel che è certo è

che stiamo assistendo alla fine di unacerta vita consacrata, come di un

determinato modo di comprendere laChiesa. Si tratta della fine in vista di un

processo di vita”. 1

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segni di vita che esistono nella vita consacrata e certa-mente nella Chiesa. I tempi che attraversiamo non sonofacili, ma proprio per questo sono belli.

Per vedere oltre ciò che si vede, è necessario avvici-narsi alla realtà della vita consacrata e scoprire in essasegni e ragioni di speranza, è necessario accostarci ad es-sa con empatia e, direi anche, con molto affetto, comequalcosa che viene dalla volontà stessa di Cristo. È ne-cessario contemplarla con gli “occhi del cuore”, espres-sione di san Francesco d’Assisi, che sono gli unici che cipermettono di vedere la realtà in profondità.

Davanti al gran numero di profeti di sventura dentroe fuori della Chiesa, e anche all’interno della stessa vitaconsacrata, che vanno annunciando da decenni la mortedella vita consacrata, occorrono profeti di speranza: uo-mini e donne che levano lo sguardo e contemplano icampi “che già biondeggiano per la raccolta” (Gv 4, 35).Solo da questa posizione, realmente profetica, possiamorispondere a domande come quelle poste da San Giovan-ni Paolo in Vita Consecrata: “Perché la vita consacrata?Perché abbracciare questo genere di vita, dal momentoche vi sono tante urgenze, nell’ambito della carità e dellastessa evangelizzazione, a cui si può rispondere anchesenza assumersi gli impegni peculiari della vita consa-crata? Non è forse, la vita consacrata, una sorta di «spre-co» di energie umane meglio utilizzabili secondo un cri-terio di efficienza per un bene più grande a vantaggiodell’umanità e della Chiesa? Solo da questo “sguardo”pieno di simpatia verso la vita consacrata potremo sco-prire il suo“profumo” che si espande per tutta la Chiesa.

Alcuni segni di speranzaMentre alcuni usano immagini come “inverno”, “not-

te oscura” o “tramonto” per parlare dell’agonia della crisidella morte che sta vivendo la vita consacrata, personal-mente penso (e non sono certamente l’unico ) che siamolontani dall’avvicinarci alla sua fine. Quel che è certo èche stiamo assistendo alla fine di una certa vita consa-crata, come di un determinato modo di comprendere laChiesa. Si tratta della fine in vista di un processo di vita.Se il Vaticano II è la “bussola per la Chiesa del sec. 21, lo èanche per la vita consacrata. E in questo tempo al di làdelle difficoltà che si sono incontrate, oltre agli erroricommessi nell’applicazione del Concilio, stiamo vivendoun’epoca ricca di esperienze, tentativi e proposte inno-vative che hanno tentato e in molti settori sono riuscitia dare alla vita consacrata un nuovo significato.

In questi anni, la vita consacrata nella sua maggio-ranza sta lavorando intensamente per versare vino nuo-vo in otri novi. Sono numerose le persone consacrate che“sono al lavoro, coinvolte in una certa periferia, anche sein mezzo alla città”. Sono molte “le persone consacrateche non hanno pretese, che non fanno rumore, ma lavo-rano senza darsi importanza. Coloro che fanno la teolo-gia della vita consacrata vivendola, pregandola. Sonoqueste persone che hanno un’umiltà essenziale: sono la-voratori e prendono sul serio la loro vita di consacrazio-ne, sia nell’insegnamento, sia nelle parrocchie, negliospedali, nelle missioni o in qualsiasi luogo in cui si tro-

vano a lavorare al servizio degli altri. Lo offrono a pienemani”. Sono davvero persone che si spellano le mani sen-za badare a se stesse. Danno tutto a piene mani. “Certa-mente è ciò che ha indotto Papa Francesco, un buon co-noscitore della vita consacrata che parla di essa comenostro fratello, consacrato a Dio come noi, a dire: “quan-do sono arrivato alla sede di Pietro ho trovato una vitaconsacrata che si sta riprendendo molto bene ”. Questavisione positiva dell’attuale momento che attraversa lavita consacrata è ben sintetizzata da Aquilino Bocosquando scrive: “Nonostante le debolezze, gli ostacoli, leinfedeltà, gli errori e i limiti, che si possano dire della vitaconsacrata, sono molti segni positivi della presenza delloSpirito in mezzo a noi. Come direbbe Don Chisciotte c’èancora il sole nel recinto. Sono numerosi i segni di salutespirituale, di maturità umana, di inquietudine apostolicae di sintonia con le preoccupazioni profonde degli uomi-ni del nostro tempo. ” Tenendo presente quanto è statodetto, possiamo ora mettere in evidenza alcuni segni disperanza della vita consacrata oggi. Tra gli altri, i seguen-ti sono quelli che mi sembrano più significativi.

La fedeltà della stragrandemaggioranza dei consacrati

Certamente dobbiamo parlare di peccato, di infedeltànella vita consacrata è vero, come è anche nella Chiesastessa. Parlare di pedofilia tra le file delle persone consa-crate, dell’abuso di potere, degli abbandoni, tutto ciò èvero ed è necessario dirlo. Pensare che queste tristi realtàsiano generalizzate tra le persone consacrate è semplice-mente falso. Lo dicano le centinaia di persone consacrateche ogni giorno, nei chiostri dei monasteri o nel “chiostro”del mondo, danno la vita per Cristo e per gli altri: nellescuole, negli ospedali, nelle opere sociali, nelle parrocchie..., là dove l’uomo e la donna oggi soffrono e godono. Lodicano i martiri nelle file delle persone consacrate cheogni anno si aggiungono alla sempre più lunga lista diuomini e donne che sono stati perseguitati per la loro fe-deltà a Cristo e per il loro servizio ai più bisognosi. Lo di-cano le centinaia di religiosi, in particolare di religiose, chevivono nelle “frontiere” esistenziali. Lo dicano le centinaiadi persone consacrate che “respirano” e trasmettonoenergia e amore, generosità e altruismo, vitalità e bellez-za. Scrive giustamente di nuovo Aquilino Bocos: “Rara-mente la vita religiosa è stata tanto attenta alle chiamatedi Dio nella storia come nel momento presente. Rara-mente è stata così sveglia e vigile [...] Nel suo insieme, èluce che illumina e fa pensare che non solo gode di legit-timità umana ed ecclesiale, ma che ha la capacità di of-frirsi come riferimento inequivocabile del Regno”.

Sì, nella vita consacrata di oggi, come in quella di ieri,c’è molta fedeltà e molta santità. Santità molte volteeroica, come quella dei martiri che, con il loro martirio,testimoniano un amore senza limiti a Gesù e ai fratelli eanche a coloro che li uccidono attraverso il perdono. Per-sonalmente, sono convinto che se nella vita consacrataci sono dei martiri, c’è un presente significativo e un fu-turo pieno di speranza. Una santità spesso tacita e silen-ziosa, quella della “porta accanto”, come dice Papa Fran-

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cesco, come quella che si respira nei monasteri in cui cosìtante donne e uomini non cessano di sostenere i membrideboli della Chiesa; uomini e donne che scegliendo libe-ramente e con grande gioia la “chiusura”, che implica li-miti di spazio e di relazioni, sono “fari”, “fiaccole” e “sen-tinelle” per il mondo. Una santità “della porta accanto”come quella che si vive nelle nostre comunità apostoli-che, accogliendo con grande generosità i fratelli e le so-relle come un dono del Signore. Quanta fedeltà e santitàoggi nella vita consacrata!

L’impegno senza treguaper un maggior significato evangelico

Sono molti i consacrati, e oserei affermare, senza pau-ra di sbagliare, che sono la grande maggioranza, coloroche compiono sforzi enormi per fare delle loro presenzevere profezie che gridano al mondo l’Assoluto di Dio, conchiare opzioni per i poveri e quanti soffrono le conse-guenze della “cultura del rifiuto”.

In questo senso, vale la pena sottolineare la presenzadi tanti religiose e religiosi, consacrati, che vivono nelleperiferie esistenziali e, forse anche in misura minore, inquelle del pensiero. Religiose e religiosi che praticano laspiritualità del buon samaritano: avvicinarsi a chiunquegiace ferito sul ciglio della strada, e prendersene cura (cfrLc 10, 25-37).

Sono molti i consacrati e le consacrate che, in fedeltàcreativa alla loro vocazione, vivono la spiritualità dellacomunione e ospitalità che li porta ad aprirsi all’ “altro”,al diverso; che vivono la “mistica dell’incontro” con i fra-telli e le sorelle della propria comunità, con i vicini e lon-tani dalla Chiesa e dalla fede.

Nonostante ciò che questo comporta, sono molti iconsacrati che scommettono sulla “fedeltà creativa”. So-no molti che chiedono e lavorano per recuperare l’essen-ziale e l’elemento originario come seguaci di Gesù; sonomolti coloro che hanno assimilato la grazia carismaticache si riflette nella vita interna dei membri di un Istituto,nella loro formazione, nel governo e nell’apostolato. So-no molti coloro che si impegnano seriamente a rispon-dere ai segni dei tempi e dei luoghi. Sono molti i giovaniche continuano a sognare e gli anziani che continuanoa profetizzare (Gl 2, 26; Atti 2,17); sono molti coloro chenon si stancano di riattizzare il fuoco che si nascondesotto le ceneri che sembrano trattenere la vita; sonomolti coloro che abbracciano con gioia il mandato diprendere l’iniziativa (primerear) e, sapendo che “la vitaconsacrata è come l’acqua che stagnante imputridisce “,non smettono di scavare “pozzi” di acqua viva che placa-no la sete di pienezza (cf. Gv 4, 1ss); sono molti coloro checercano incessantemente nuove strade da percorrere,nuovi solchi in cui interrare il seme fertile del carisma inmodo che rimanga sempre giovane e risplenda di nuovasignificatività evangelica.

Il lungo camminonel campo della formazione

Questa nuova significatività evangelica della vita

consacrata ha molto a che vedere con la formazione. Cosìhanno compreso la maggior parte degli Istituti di vitaconsacrata, per cui non esitiamo ad affermare che que-sto campo è forse quello in cui si è maggiormente cam-minato e dove si presentano più segni di speranza.

Questo cammino di speranza è iniziato dallo stessoconcetto di formazione. Questa non consiste più in una“forma” segnata dalla semplice osservanza, o in una “for-ma” imposta dall’istituzione, ma nella “progressiva assi-milazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre”. Questaconcezione è realmente rivoluzionaria. Parlare di forma-zione come processo ha portato molti Istituti a interro-garsi sulla formazione permanente, collocandola come“humus” della formazione iniziale. Parlare di formazionedei sentimenti significa che la formazione non può piùessere epidermica, sul piano dei soli comportamenti, madeve raggiungere i quattro centri vitali della persona: ilcuore, la mente, le mani e i piedi, cioè l’intera persona. Laformazione dovrà esprimere “la caratteristica della tota-lità”, dovrà formare l’intera persona “in ogni aspetto del-la sua individualità, nelle sue intenzioni e gesti esterni”.Di conseguenza, la formazione si presenta come una ve-ra “arte”, come un processo “artigianale”, come ci ricordadi papa Francesco. In questo senso non si può dimenti-care che la formazione è, in ultima analisi, la trasforma-zione della persona in Cristo, la conformità con la perso-na del Signore Gesù. Parlare della formazione dei senti-

PIERO STEFANI

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menti significa formare la sensibilità, con particolare at-tenzione a mantenere sempre una visione unitaria e in-tegrale della persona: alla vita di relazione (sensibilitàrelazionale), di fede (sensibilità credente), alla ricerca del-la verità (sensibilità intellettuale), al gusto per la bellezza(sensibilità estetica), alla sensibilità di discernere il benedal male (sensibilità morale). Una sensibilità influiscesull’altra, aiutando la persona a costruire la propria unitàdi vita, attorno ad un unico amore, un unico Dio, un’unicapassione di vita, nell’azione e nella contemplazione. Cre-sce sempre più la convinzione che si deve formare perl’unità di vita attorno al carisma.

Grazie a Dio, ci sono molti che optano per un modellodi integrazione che mira alla formazione di persone coe-renti e integre, grazie a una proposta completa (integra-le) di formazione a livello di contenuti, che cerca di inte-grare tra loro la dimensione umana, di fede, ministeriale.Sono molti coloro che oggi hanno chiaro ciò che affermaPapa Francesco: “La formazione deve abbracciare le di-mensioni importanti della persona”; e anche: “La forma-zione deve essere basata su quattro pilastri: la vita spiri-tuale, la vita comunitaria, la vita intellettuale e la vitaapostolica”.

Parlare di formazione dei sentimenti è parlare di unaformazione personalizzata, che rispetti la crescita di ognipersona, rifiutando qualsiasi tentazione di massificazio-ne; significa che la persona abbia a crescere in sensibilitàalla luce della sua propria identità e della sua verità, comepersona, in modo da evitare qualsiasi moralismo o vo-lontarismo che molto spesso finisce per rendere le per-sone ossessionate di perfezione, scrupolose, depresse ocon un senso di colpa. Solo una formazione personaliz-zata può offrire “l’opportunità di crescere in adesione alcarisma e alla missione del proprio istituto”, in libertà eresponsabilità. Parlare di formazione dei sentimenti si-gnifica anche mettere la persona del formando al centrodi ogni processo formativo, significa accettare che il for-mando, assieme alla Trinità, è il vero protagonista dellasua formazione. In questo contesto è necessario sottoli-neare che il formatore è semplicemente un “coltivatore”,un “mediatore”. Parlare dei sentimenti di Cristo significache la formazione non finisce con una determinata tap-pa (professione perpetua o ordinazione sacerdotale) maè permanente, continua, dura tutta la vita e sarà com-pletata solo quando “lo vedremo così come è” ( cf 1Gv 3,1-3). Significa anche che il Padre è il vero modello dellaformazione e Cristo il vero formatore, grazie all’azionedello Spirito Santo. Tutto ciò fa sì che le mediazioni for-mative: formatore e comunità formativa, lo sono nellamisura in cui si considerano esse stesse in formazione.Significa anche, come già affermava san Giovanni PaoloII, che la consapevolezza di essere in formazione per tut-ta la vita è un criterio di discernimento vocazionale inogni candidato.

Di tutto questo, ogni giorno si sta prendendo unamaggiore coscienza, anche se non mancano ancora co-loro che confondono la formazione con l’indottrinamen-to o semplicemente prestano attenzione a una dimen-sione dell’esistenza. Questo può dare origine a una for-

mazione di “mostri”, come ricorda anche papa Francesco:“Non si tratta di imparare un mestiere, ma di portare Cri-sto nel cuore per poterlo offrire senza riserve agli altri,specialmente a coloro che più ne hanno bisogno. Dob-biamo formare i loro cuori, altrimenti creiamo piccolimostri. E poi, questi piccoli mostri […] Si tratta di formarecuori teneri e non acidi, come l’aceto”.

Multiculturalità einternazionalizzazione

Questo è un aspetto che non ha alternativa. Non esi-ste ormai più un genere di vita consacrata da imporrecome potrebbe essere quello occidentale. La vita consa-crata, come d’altra parte il volto stesso della Chiesa, è in-ternazionale e multiculturale. Penso, ad esempio, negliStati Uniti o in Francia, dove si vede sempre più chiara-mente il cambiamento del volto della vita consacrata,ma si può vedere anche in Spagna.

E ciò che forse è iniziato per una necessità – la man-canza di vocazioni in Occidente e l’aumento delle voca-zioni in Asia o in Africa –, oggi è visto in molti Istituti co-me “una buona notizia vissuta con gioia”, così da poterben dire che la multiculturalità e l’internazionalizzazionesono una grazia, un dono che diventa un progetto di vitae che ci rende capaci di assumere e superare le fatiche,le rinunce, le tensioni e le sfide che ne derivano. In questomodo, la multiculturalità e l’internazionalizzazione ali-mentano la coesistenza armoniosa tra le diverse culture,vissuta nel riconoscimento delle diversità e nel dialogoche si trasformano in comunione; comunione di vita enon solo di vita in comune. Tutto ciò ci ha portato a su-perare l’idea che il “centro” o luogo di origine dei carismi(molti di essi sono nati in Europa e non pochi in Spagna)è il modello di vita ed espressione del carisma che deveessere riprodotto e imitato in qualsiasi parte del mondo,confondendo perseveranza tipica di chi continua a ripe-tersi, e fedeltà, caratteristica di coloro che continuano arimotivare le proprie decisioni.

In seguito a questo superamento assistiamo allatendenza a valorizzare i contributi di ogni cultura nelmodo di vivere il carisma. Questo fatto sta portando lavita consacrata a tradurre lo stesso carisma in lingue edialetti locali, che significa accogliere aspetti nuovi einediti che arricchiscono sicuramente il carisma. Ciò chevale parlando dell’inculturazione del carisma in diverseculture, vale anche per l’inculturazione del carisma insocietà secolarizzate come la nostra. È urgente impararealtre “lingue” diverse da quelle che parlavamo finora, inrisposta ad altre culture e a quella dell’uomo e delladonna di oggi. Soltanto così faremo percepire e piacereil carisma da coloro a cui desideriamo che giunga. Cosìlo stanno comprendendo molti consacrati e molti isti-tuti. È certamente un modo per rivitalizzare i carismi eaggiornarli.

In questa multiculturalità e “traduzione” dei carisminelle lingue e nei dialetti locali, così da essere significa-tivi nelle diverse culture e anche per una cultura secola-rizzata, io vedo una dimensione profetica della nostra vi-ta, nel senso che la vita consacrata, nella sua piccolezza,

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indica come sarà la Chiesa di domani o della società delfuturo o, forse meglio, ciò che già sono.

Una vita consacrata alternativae profetica, intercongregazionalee interistituzionale

Oggi si è preso coscienza che il segno distintivo dellavita consacrata, a cui essa non può rinunciare se vuole ri-manere significativa nel mondo di oggi, è la profezia e,come tale, non può cessare di scommettere sul fatto diessere una proposta alternativa. La vita consacrata pro-fetica potrà dire una parola forte non solo al mondo maanche alla Chiesa. Ciò vuol dire, tra l’altro, che la vita con-sacrata ha preso coscienza che non può cadere nella trap-pola della mediocrità e della mondanità. Queste sono in-compatibili con la profezia, sono incompatibili con la mis-sione che papa Francesco ha dato alla vita consacrata: ri-svegliare il mondo. Oltre ad andare contro corrente, cosache caratterizza la vita profetica come appare nella Bib-bia, la vita consacrata è impegnata ad osservare la storiain cui vive e a interpretare gli avvenimenti. La profezia hail sapore del coraggio nella lettura del presente, e per que-sto ha anche il sapore di futuro. La vita consacrata è con-sapevole della sua vocazione di essere “sentinella” (cf. Is21, 11-12), cosa che richiede alla persona consacrata di “os-servare la storia in cui vive e a interpretare gli eventi [...],discernere e anche denunciare il male del peccato e delleingiustizie ”, di rimanere sempre libera, perché“ non haaltri interessi se non quelli di Dio” sapendo “ che non deverendere conto di maggiore amore se non a Dio ”.

Una dimensione importante attraverso la quale pas-sa la dimensione profetica della vita consacrata è l’in-tercongregazionalità. La vita consacrata è chiamata a la-vorare in “rete”, in comunione con gli altri Istituti, a usci-re coraggiosamente dai confini del proprio istituto, acamminare con gli altri. Oggi si moltiplicano, in partico-lare nelle periferie esistenziali, le presenze inter-congre-gazionali. Di fronte all’autoreferenzialità, che rimanesempre una tentazione, guadagna terreno con sempremaggior forza, la convinzione che “nessuno costruisce ilfuturo isolandosi, né solo con le proprie forze, ma rico-noscendosi nella verità di una comunione che si apresempre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reci-proco”. Un’altra indicazione di una vita consacrata pro-fetica è la disponibilità a stare là dove gli altri non vo-gliono stare e stare con chi nessuno vuole stare. Questoè un aspetto irrinunciabile della profezia della vita con-sacrata che la renderà credibile.

Nascita delle “famiglie carismatiche”Questa nascita o fioritura delle “famiglie carismati-

che” – altri parlano di “famiglie evangeliche” – offre ailaici che lo desiderano di poter condividere un carismanella loro vita secolare, nella professione, in famiglia, nel-le relazioni di ogni giorno, aggregandosi, con diverse mo-dalità di appartenenza, all’Istituto titolare e primo re-sponsabile del carisma, affinché sia al servizio di tutta laChiesa.

La caratteristica delle “famiglie carismatiche” è che alloro interno si generano diversi modi di vivere un deter-minato carisma, diversi gradi di appartenenza a un Isti-tuto e diverse forme di collaborazione nelle opere dellostesso Istituto.

La differenza tra una “famiglia carismatica” e i terz’or-dini di un tempo, e lo stesso volontariato, è che nella fa-miglia carismatica il laico è interprete di un carisma dalpunto di vista che gli appartiene, quello di laico, che perla sua stessa condizione di vita vede e vive la vita in mo-do diverso dal consacrato e perciò può intuire e apprez-zare aspetti diversi e originali per i membri ufficiali del-l’Istituto. In questo modo, la “lettura” del medesimo ca-risma fatta da un laico può essere complementare alla“lettura” dello stesso carisma fatta da un religioso. Inquesto senso, la nascita o la fioritura delle “famiglie ca-rismatiche” può essere di grande utilità per la vita e lamissione degli Istituti, poiché l’interpretazione del cari-sma da parte dei laici può risultare illuminante e arric-chente in relazione all’interpretazione data dai religio-si/e. Il modo concreto per realizzare la “famiglia carisma-tica” dipende dal diritto proprio, in ogni caso è necessario“mettere molta cura affinché l’adesione [dei laici] siasempre effettuata rispettando il carisma e la disciplinadell’Istituto stesso”. È importante evitare confusioni eambiguità. Perciò è importante che nel “consiglio di fa-miglia” si stabiliscano chiari criteri di rappresentatività,

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nonché gli obiettivi da raggiungere affinché la vita el’opera/e di un Istituto siano sempre più significative dalpunto di vista evangelico; si determini se “famiglia cari-smatica” è solo una nozione morale o anche giuridica; esia chiaro che la principale responsabilità della “cura”della fedeltà al proprio carisma è di coloro che hannoprofessato la regola di vita dell’Istituto stesso con voti ri-conosciuti dalla Chiesa.

Centralità della missione Gli anni del post-concilio ci hanno aiutato a scoprire

la missione come elemento costitutivo della vita consa-crata, assieme alla consacrazione e alla vita fraterna incomunità. La missione è ciò che ci fa camminare alla pre-senza del Signore. Perciò è essenziale mettere la missio-ne come asse centrale e articolatore della vita consacra-ta: la sua formazione, la sua spiritualità, il suo governo ela stessa economia; l’asse attorno al quale ruotano tuttigli elementi del rinnovamento della vita consacrata.Questa convinzione è ciò che induce papa Francesco adaffermare che siamo missione.

Perciò, la missione non deve essere confusa con le at-tività apostoliche. Come nel caso di Gesù, anche nellepersone consacrate la missione è servitium caritatis; unservizio che “in noi si fa testimonianza, liturgia, profeziae servizio”, senza ovviamente escludere le funzioni piùsvariate, come: attività pastorali, evangelizzazione, opereassistenziali, compiti educativi, impegni per la giustizia,la pace e la salvaguardia del creato, i diritti umani ... Perquesto motivo possiamo ben dire che la missione dellavita consacrata è di essere semplicemente vita consacra-ta. Non può essere diversamente se si tiene presente chela vita consacrata è caratterizzata soprattutto dal suo es-sere, dalla sua natura carismatica. In questa prospettiva,i compiti o le funzioni sono secondari, anche se certa-mente necessari, secondo il saggio aforisma scolastico:agere sequitur esse, l’agire segue l’essere. La missione ditestimonianza è irrinunciabile per la vita consacrata.

Una simile concezione della missione eviterebbe dicadere nell’attivismo e nel semplice funzionalismo econtribuirà a ritrovare il vero cuore carismatico. Questoè il cammino che stanno facendo tanti Istituti. Per ri-spondere alle esigenze della missione così come l’abbia-mo descritta, è necessaria inventiva e creatività. La mis-sione è per uomini e donne creativi; uomini e donne chesanno sognare, che rompono gli schemi e attraversanole frontiere, perché l’amore di Cristo li spinge (2Co 5, 14).È urgente ravvivare l’immaginazione missionaria, fruttodella ricerca dello Spirito, in contrasto con la logica delpotere e della razionalità. Le strutture sono strettamentecorrelate alla missione. Non c’è nessuno o quasi che nonsia convinto della necessità di rivedere le strutture permetterle al servizio della missione. Sono molti i consa-crati che si chiedono: le strutture che abbiamo sono o noal servizio della missione dell’Istituto? La revisione dellestrutture “nasce da un desiderio di autenticità evangeli-ca e da un desiderio di rispondere ai bisogni che la socie-tà trascura, alle grandi povertà che sono sempre più irri-tanti e ai luoghi che sono più sprovvisti di aiuto”. In que-

sto senso, per necessità o virtù, è stato fatto e si sta fa-cendo un gran lavoro. Oggi, tuttavia, non è sufficiente ri-vedere, è necessario andare verso l’innovazione struttu-rale. Questa, oltre a provocare cambiamenti, come puòfare la revisione delle strutture, guarda anche al futuro.L’innovazione va oltre il ritocco in quanto cerca la mistica,la passione e la creatività. Innovazione vuol dire entrarenell’onda dei fondatori, nel loro slancio profetico. L’inno-vazione implica una “gestione pianificata dei tempi e deimezzi. Richiede di fare affidamento su tutti e che ciascu-no contribuisca col meglio di sé”. L’innovazione non è ilrisultato dello sforzo di uno, ma del coinvolgimento ditutti. Non si compie dall’oggi al domani, ma si rafforzadi giorno in giorno. L’innovazione è urgente in questomomento di precarietà.

Da una concezione piramidale dellacomunità a una comunità di fratelli

Questo esodo fa sì che tutti e non solo i superiori siprendano cura degli altri in modo adulto, favorendo laloro crescita e che tutti insieme cerchino Dio nel condi-videre beni materiali e spirituali, nell’obbedienza recipro-ca, nel servizio, nel perdono, nella correzione fraterna,nell’elaborazione del progetto comunitario, nella revisio-ne della vita ...

La testimonianza più convincente del passaggio dauna comunità piramidale a una fraternità è la gioia di vi-vere insieme, e il sogno finale è quello della santità dellacomunità e non solo individuale. Nella vita consacrata cisono molti coloro che oggi lavorano per compiere questopassaggio, e lungo è il cammino percorso, pur costatan-do la difficoltà di passare dall’idea di una certa asceticadella vita comune, mea maxima poenitentia, a “com’èbuono e soave che i fratelli vivano insieme”(Sal 133,1),senza cadere nella poesia e nel romanticismo. Molti sonoi segni di quest’esodo. Ne segnalo solo alcuni che misembrano significativi.

Passaggio dalla relazione alla fraternità. Ciò implicail superamento di ogni egoismo, così radicato nel cuoreumano.

La fraternità sia una scuola di formazione permanen-te, pensata come accoglienza dell’azione del Padre checerca di plasmare in noi l’immagine del Figlio suo.

– Passare dal “fare il bene” a “volersi bene”, che im-plica passare dalla semplice osservanza alla comunione.

– Condividere la storia personale e la propria fede.– Una comunità / fraternità che accetti il modello fa-

miliare nella sua struttura e nelle sue relazioni.– Apertura ai laici, in modo da poter restituire alla

Chiesa e al mondo ciò che abbiamo ricevuto per la Chie-sa e per il mondo: i nostri carismi.

– Santità comunitaria e proiezione missionaria.– Culto della spiritualità e dell’accoglienza.– Comunità vocazionali.

Per concludereCrisi, inverno, notte oscura, tramonto, sono tutte im-

magini che si ripetono quando parliamo di vita consa-crata e che io condivido pienamente a condizione che

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non ci fermiamo solo agli aspetti negativi che possonosuggerire. Sono d’accordo nel dire che la vita consacrataè in crisi nel senso indicato dall’etimologia della parola,siamo giunti a un momento in cui dobbiamo prenderedelle decisioni. Se queste sono adeguate, la crisi sarà dicrescita, se non lo sono, la crisi può essere di morte. Sonod’accordo nell’affermare che la vita consacrata sta attra-versando la stagione dell’inverno, sapendo, come sannobene i contadini, che l’inverno è la stagione in cui la na-tura lavora a livello delle radici. E se un albero ha radicisane, all’inverno, al di là della morte apparente, seguiràla primavera e torneranno le foglie, i fiori e i frutti.

Sono d’accordo con l’immagine della notte oscura ri-ferita alla vita consacrata, sapendo che, come ci inse-gnano i mistici, la notte oscura è un momento di prova,di potatura, da cui la persona esce rafforzata, così comela vita consacrata uscirà rafforzata nel suo significatoevangelico, come ci insegna anche l’esperienza del cam-po: senza potatura l’albero, meglio prima che dopo, sisecca, la potatura lo aiuta a rimanere giovane, a condi-zione che questa non si faccia fuori stagione.

Non mi dispiace nemmeno l’immagine del tramontoper designare il momento presente che la vita consacra-ta vive purché non dimentichiamo mai l’esperienza cheviviamo ogni mattina: dopo il tramonto arriva un nuovogiorno. Questa immagine, riferita alla vita consacrata, cidice, come è accaduto nei cambiamenti epocali prece-denti al nostro, che assistiamo alla morte di una certaforma di vita consacrata, ma non della vita consacratain quanto tale. Questa, come già affermato da Benedet-to nel 2010 ricevendo un gruppo di vescovi del Brasile,non può scomparire dalla Chiesa. È chiaro che la vitaconsacrata si trova ad un crocevia, in cui non ci sono ri-cette magiche. L’unica via d’uscita è il discernimento fat-to alla luce del Vangelo, del proprio carisma e dei segnidei tempi, fatto con lucidità, chiamando le cose con il lo-ro nome e con audacia, senza paura, perché egli è connoi per difenderci (cfr Jr 1,7). E per concludere, voglio ci-tare alcune parole pronunciate nel 1970 dall’allora teo-logo Joseph Ratzinger, quando non era ancora vescovo.Nella sua opera “Glaube und Zukunft” (Fede e Futuro),rispondendo alla domanda: come sarebbe stata la Chie-sa dell’anno 2000, affermava: «Il futuro della Chiesa puòvenire e verrà anche oggi dalla forza di coloro che hannoradici profonde e vivono nella pienezza pura della fede.Il futuro non verrà da coloro che offrono solo ricette.Non verrà solo da coloro che si adeguano al momentopresente. Non verrà da coloro che criticano solo gli altrie prendono se stessi come misura infallibile. Nemmenoverrà da coloro che scelgono solo la via più comoda, daquelli che evitano la passione della fede e dichiarano fal-so e superato [...] tutto ciò che è esigente per l’essereumano, ciò che provoca sofferenza e lo costringe a ri-nunciare a se stesso.

Diciamolo in maniera positiva: il futuro della Chiesa,anche in questa occasione, come sempre, sarà nuova-mente segnato dal sigillo dei santi. E, quindi, da personeche vedono al di là delle frasi che sono precisamentemoderne. Da coloro che possono vedere più degli altri,perché la loro vita abbraccia spazi più ampi [...]. Cosa si-

gnifica per la nostra domanda? Significa che le grandiparole di coloro che ci profetizzano una Chiesa senzaDio e senza fede sono parole vane. Non abbiamo biso-gno di una Chiesa che celebra il culto dell’azione con“preghiere” politiche [...]. Rimarrà la Chiesa di Gesù Cri-sto, la Chiesa che crede nel Dio che si è fatto uomo e cipromette la vita oltre la morte. Allo stesso modo, il sa-cerdote che sia solo un agente sociale può essere sosti-tuito da psicoterapeuti e altri specialisti. Ma ci sarà an-cora bisogno di un sacerdote che non è uno specialista[...] che si rende disponibile agli altri e si dona ad essi.

Anche in questa occasione, dalla crisi di oggi emer-gerà domani una Chiesa che avrà perso molto. Diventeràpiccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Non sarà piùin grado di riempire molti edifici costruiti in un’epoca piùfavorevole. Perderà seguaci e con essi molti privilegi nel-la società. Si presenterà in modo molto più intenso diadesso, come la comunità della libera volontà, a cui po-ter aderire solo attraverso una decisione. Come comu-nità piccola, richiederà con molta più forza l’iniziativa diciascuno dei suoi membri [...].

In questi cambiamenti che si possono supporre, laChiesa troverà di nuovo e con tutta la determinazioneciò che per essa è essenziale, ciò che è sempre stato ilsuo centro: la fede nel Dio trinitario, in Gesù Cristo, il Fi-glio di Dio fatto uomo, l’aiuto dello Spirito che durerà fi-no alla fine. La Chiesa riconoscerà di nuovo nella fede enella preghiera il suo vero centro e sperimenterà di nuo-vo i sacramenti come celebrazione e non come proble-ma di struttura liturgica. Sarà una Chiesa interiorizzatache non aspira a un mandato politico e non fliltrerà nécon la destra né con la sinistra. Le sarà molto difficile.L’effetto della cristallizzazione e della chiarificazione lecosterà anche molte forze preziose. La renderà povera,la trasformerà in una Chiesa dei piccoli [...] Dopo la pro-va delle divisioni, da una Chiesa interiorizzata e sempli-ficata si sprigionerà una grande forza [...] Mi sembra cer-to che tempi difficili attendono la Chiesa. La sua vera cri-si è appena iniziata. Bisognerà contare su forti scuoti-menti. Ma io sono anche del tutto sicuro di ciò che ri-marrà alla fine: non una Chiesa dal culto politico, che hafallito con Göbbels, ma una Chiesa della fede. Certa-mente non sarà più la forza dominante nella società co-me è stata fino a poco tempo fa. Ma fiorirà di nuovo e sirenderà visibile agli esseri umani come la patria che dàloro la vita e la speranza oltre la morte».

Le parole del giovane sacerdote Joseph Ratzinger so-no pienamente attuali non solo per la Chiesa, ma ancheper la vita consacrata. Questo è ciò che ci aspetta: tempidifficili, segnati da una significativa riduzione dei mem-bri e delle opere, ma sicuramente anche una vita consa-crata più radicata nell’essenziale: la fede, il Vangelo, Ge-sù Cristo. Vita consacrata: alzati, mangia e cammina. Lastrada è lunga.

✠ FR. JOSÉ RODRÍGUEZ CARBALLO, OFMArcivescovo Segretario CIVCSVA

1. La relazione è stata pronunciata da mons. Carballo alla Conferenza deiReligiosi della Spagna (CONFER), il 13 novembre 2019.

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Le due autrici diquesto volume

insegnano all’Isti-tuto di studi teolo-gici, nella Facoltàdi teologia dei ge-suiti a Bruxelles,che ha formato nelcorso di cinquan-t’anni centinaia di religiosi e religiose, di sacerdoti e unadecina di vescovi. Con competenza esse affrontano laquestione della vita consacrata secondo le loro personalirisorse nel campo delle scienze umane e della teologia.Dominique Struyf è psichiatra infantile, specializzata interapia sistemica. Sposata, madre di cinque figli e attri-ce. Noëlle Hausman, consacrata del Sacro Cuore di Ma-ria, docente ordinaria di teologia morale e fondamenta-le, caporedattrice di Vies consacrées, ha scritto numeroseopere sulla vita consacrata e la spiritualità.

Strade da percorrereIn questi ultimi tempi, diverse comunità religiose, che

dovrebbero essere luoghi di pace, di comunione, di veri-tà, sono stati in realtà luoghi di sofferenza, di domina-zione, di abusi, di squilibri profondi. Che strada trovare,fra i rischi della vita consacrata e l’evoluzione delle per-sone in relazione? Nei cinque capitoli del libro è possi-bile trovare indicazioni e risposte. Il primo capitolo, «Co-me un superiore religioso può prendersi cura della suacomunità?», è frutto di una conferenza tenuta dallaStruyf ai superiori maggiori del Belgio francofono nel2006: esprime la convinzione che la focalizzazione sullavoro o sull’attività apostolica e missionaria non possabastare per il benessere di una comunità religiosa. Essarischia di morire se non si preoccupa dei bisogni affet-tivi e psichici dei suoi membri, che si esprimono sottoforma di aspettative o di desideri relazionali. In questocapitolo, la psichiatra riflette anche sulla questione delpotere, dell’autorità e delle leggi, perché, a suo avviso,dal modo in cui si esercita il potere dipende spesso la sa-lute del gruppo. Nel secondo capitolo, «Salute mentaledei gruppi e autorità», la Struyf continua la sua analisidella salute mentale dei gruppi religiosi riuniti daun’autorità. Quando questo compito dell’autorità rendemalati, è importante analizzare i funzionamenti in cau-sa, i confini specifici, i «miti» e le credenze necessari,l’identità comune debole o forte. Per raggiungere questoobiettivo, l’A. privilegia l’approccio sistemico e lo spiegapedagogicamente, affinché tutti i membri della comu-nità collaborino al processo della guarigione, perchéognuno è coinvolto nel «sistema» del gruppo.

Maturazione umana e spiritualeSuor Noëlle Hausman è autrice dei successivi tre ca-

pitoli. Il terzo capitolo, «Formare prevenendo gli abusi.Rinuncia al dominio e responsabilità ecclesiale», è il frut-to di una relazione tenuta ai formatori diocesani e reli-giosi, sotto l’egida della Cellula permanente di lottacontro la pedofilia della Conferenza episcopale di Fran-cia, nel 2017.

L’A. mostra che i responsabili della formazione deifuturi sacerdoti o religiosi devono più che mai affron-tare con i candidati le questioni affettive e sessuali re-lative alla loro maturazione umana e spirituale. Gli ac-compagnatori dei seminaristi o dei novizi devono an-zitutto compiere un lavoro su se stessi per poter affron-tare con i giovani formandi il campo delicato dei com-portamenti più o meno disturbati. In seguito, la ricercadell’equilibrio globale delle persone permette di ri-prendere le problematiche legate a derive e abusi diogni genere.

Il quarto capitolo «Consigliare le religiose durante ilsacramento della riconciliazione?» prende in esame ilsacramento della riconciliazione nella vita delle perso-ne consacrate, collocandosi dal punto di vista del con-fessore. Sr. Hausman non esita a fornire gli avvertimen-ti necessari affinché la celebrazione di questo sacra-mento non dia adito all’abuso di autorità ma sia il mo-mento nel quale soltanto si compia il ministero di con-solazione di Cristo. L’ultimo capitolo, «La vita consacra-ta: crisi attuale e kairos ecclesiale», parte dalla situazio-ne di crisi che non risparmia nessuna delle forme dellavita consacrata. Avendo osservato la situazione dei con-sacrati e delle consacrate in Europa e in Africa, sr. Hau-sman propone delle piste di ristrutturazione e rinnova-mento per la vita consacrata in Occidente. I punti sen-sibili per questo necessario rinnovamento sono l’iden-tità ecclesiale dei consacrati, la maturità umana dei gio-vani attratti dalle loro forme di vita, il rapporto con lasocietà civile, l’attaccamento inevitabile alle fedeltà fa-miliari. E conclude con un appello al sostegno dei pa-stori, in particolare dei vescovi. I tempi attuali rappre-sentano un kairos divino, un invito di Cristo a ritrovarlolà dove ci chiama in questa debolezza e in questo invec-chiamento. Il futuro di un istituto appartiene alla prov-videnza di Dio, spesso sorprendente. «Gli anziani do-vrebbero essere onorati e confortati nella santità di unimpegno spirituale duraturo (un anziano è anzituttoun’anima religiosa, anche in un corpo vecchio); i piùgiovani ci guadagnerebbero a essere chiamati a unasantità sempre più audace».

ANNA MARIA GELLINI

N O V I TÀ L I B R A R I E

VITA CONSACRATALUCI E OMBRENOËLLE HAUSMAN - DOMINIQUE STRUYF

EDB, Bologna 2020, pp. 80, € 12,00

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MATTEO BERSANI

Fino alla fineEDB, Bologna 2020, pp. 96, € 12,00

L’autore, marito e padre di famiglia, baccalaureatoin Sacra teologia e laurea in Scienze e tecniche psico-logiche, insegna Religione cattolica a Milano e colla-bora alla pastorale dei giovani e degli adulti. In appena90 pagine raccoglie il percorso quaresimale 2014 delladiocesi di Piacenza-Bobbio e le meditazioni propostealla comunità del Carmelo di Piacenza. L’itinerario ètutto incentrato attorno alla morte di Gesù, così comeè raccontata nel Vangelo di Giovanni. Da pochi versettiemergono, come delle istantanee, quattro immagini,cui corrispondono le parti in cui è suddiviso il testo. Laprima fa riferimento alla Croce, la seconda e la terzaformano un dittico - Gesù unisce il discepolo che amae sua Madre - e l’ultima è dedicata al tema dell’ora.Chiude il testo una breve riflessione sull’imperfezione,da vivere non tanto come un problema da risolvere,quanto come l’ora, ogni ora della vita in cui sempre èpossibile che Dio si riveli.

G.DEL MISSIER, R. MASSARO, P. CONTINI

Per il bene possibile della coppiaEDB, Bologna 2019, pp. 144, € 14,00

Un aspetto particolare del libro è il tentativo diestendere la metodologia suggerita dall’esortazioneapostolica Amoris laetitia dall’ambito strettamentematrimoniale ad altri ambiti della morale sessuale, co-sì da mostrare concretamente che la metodologia deldiscernimento e il principio del bene possibile non so-no semplici espedienti per affrontare la questione spi-nosa dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati,ma rappresentano uno stile di approccio alla vita mo-rale da parte dei cristiani. I tre autori, teologi moraliDel Missier e Massaro, sociologo Contini, tutti docentiin varie Facoltà teologiche e Università italiane, primadella stesura del libro, hanno organizzato una estesaricerca sull’argomento, coinvolgendo 88 unità pasto-rali comprendenti operatori pastorali, catechisti, mo-vimenti ecclesiali, fedeli, giovani.

AMBROGIO SPREAFICO

Il capolavoro imperfettoEDB, Bologna 2019, pp. 168, € 16,50

AmbrogioSpreafico, vesco-vo della diocesi diFrosinone-Veroli-Ferentino e presi-dente della Com-missione Cei perl’ecumenismo e ildialogo interreli-gioso, apre la ri-flessione propo-nendo domandecomuni a ogni uomo: Chi siamo? Dadove veniamo? Perché ridiamo, pian-giamo, ci appassioniamo, soffriamo, ciammaliamo, guariamo? Il male e la suaforza distruttiva perché attraversano lastoria dell’umanità fin dall’inizio e nes-suna generazione è mai riuscita a libe-rarsene, nonostante il progresso e lescoperte scientifiche abbiano notevol-mente migliorato la qualità della no-stra esistenza terrena? Da dove vienequesto nostro desiderio di infinito den-tro una vita che ha sempre, comunque,un limite? E poi, è un male questo limi-te o è quello che dà senso al tempo, pro-prio la limitatezza del tempo, l’alter-narsi di luce e buio, di freddo e caldo, ilcambiamento del nostro corpo, dellanatura, della nostra mente? L’A. cerca dirispondere proponendo una riflessionesul tema della custodia del creato apartire dalla Bibbia. La prima parte dellibro evidenzia la creazione nel suo in-sieme, l’essere umano in questo conte-sto, l’ordine e il disordine cosmico. Laseconda rilegge la creazione tenendocome punto di riferimento ideale lequattro componenti del cosmo: acqua,sorgente di vita e di morte; aria, respirodella terra; terra, luogo della manife-stazione dei doni di Dio; fuoco, energiadivina e umana. La nostra società haspesso perso la dimensione della gra-tuità e del dono, e il settimo giorno del-la creazione è diventato il giorno degliaffari e delle spese. Niente riposo, nien-te contemplazione delle opere di Dio,ma anche niente sguardo nuovo su sestessi e sul mondo. Nel racconto biblicoè interessante notare come il compi-mento della creazione non sia l’essereumano, ma il sabato, cioè il riconosci-mento della presenza di Dio nella vitadel mondo.

Il libro si conclude con un capitoloche propone una breve rilettura dellaLaudato si’ e quattro schede che riassu-mono gli elementi del creato in una vi-sione attuale e scientifica e offronomotivi di riflessione sul nostro tempo.

VINCENZO GRIENTI

Immersi nell’infosferaEDB, Bologna 2020, pp. 112, € 12,50

L’infosfera è caratterizzata da un insieme di mezzidi comunicazione: i media tradizionali e i media tecno-logici. Grienti, giornalista professionista e digital edi-tor, già collaboratore dell’Ufficio Nazionale per le co-municazioni sociali della CEI, evidenzia come Internete i social network rappresentino un banco di prova perla Chiesa e per le comunità, poste davanti a una nuovasfida educativa che invita a ripensare il modo di comu-nicare dentro e fuori le reti sociali, per dare maggiorevalore alle relazioni interpersonali, al dialogo, all’in-contro. Proprio le straordinarie potenzialità dei socialnetwork e delle nuove tecnologie in genere richiamanoa regole di comportamento più precise e incisive, buo-ne prassi, web e social media policy che aiutino a cono-scerne i rischi e a restituire alla persona la centralitàdovuta.

N O V I TÀ L I B R A R I E

Page 48: TESTIMONI 03-2020 MARZO - Dehoniane...2 • Testimoni 3/2020 ATTUALITÀ dificato. Probabilmente le letture dietrologiche sono care a quei me-dia che cercano soprattutto con-trapposizioni,

EDB

MARCO DI TILLO

pp. 288 - € 17,00

TERESA DI CALCUTTA VISTA DA VICINO

Una santa per amica