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CORSO DI DIAGNOSTICA STRUMENTALE Docente Arch. Leopoldo Repola
MATERIALE DIDATTICO
INDICE Parte prima. Rilievo con laser scanner 3D Parte seconda. Casi studio:
1. Informatica e tecnologia scanner- laser per un’archeologia integrata1. Sito archeologico di Monastiraki, Valle di Amari, Creta.
2. Progetto di restauro e manutenzione del pavimento della basilica di Santa Restituta a San Vincenzo al Volturno.
Parte terza. Glossario.
1 In “Monastiraki 2”, Quaderni della Ricerca Scientifica II, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, in corso di stampa.
Parte prima. Rilievo con laser scanner 3D
IL RILIEVO CON LASER SCANNER 3D
La diffusione delle tecniche laser a scansione è abbastanza recente e certamente è una
delle tecnologie che troverà una più grande espansione nel prossimo futuro.
Le maggiori attese nel settore dei Beni Culturali sono indirizzate sugli apparati di tipo
terrestre, operanti in un campo di distanze che, a seconda delle tipologie strumentali, può andare
dal submetrico fino al chilometrico.
Come noto, un sistema laser a scansione fornisce come risultato diretto della sessione di
misura un insieme di coordinate tridimensionali, generalmente in un sistema di riferimento
correlato con lo strumento, riferite ad un numero elevatissimo di punti che vengono colpiti dal
raggio laser; la nuvola dei punti così generata descrive dunque la superficie esterna dell’oggetto
scansionato.
I sistemi di scansione laser operano in modo quasi completamente automatico e sono in
grado di acquisire un numero notevolissimo di punti al secondo a volte anche nell’ordine delle
migliaia.
Gli apparati si distinguono innanzitutto in due grandi famiglie quelli a tecnologia a tempo
di volo (TOF) e quelli a triangolazione.
Vi sono apparati che si basano sulla misura di distanza (ranging instruments), in analogia
con i distanziometri elettronici. Il raggio laser, mediante opportuni sistemi ottico/meccanici di
rotazione, viene inviato verso l’oggetto da rilevare, variando per passi discreti gli angoli
azimutali e zenitali.
La distanza tra il centro strumentale ed il primo punto che il raggio incontra e da cui
viene riflesso viene determinata dalla misura del “tempo di volo” (TOF, time of flight) che
intercorre tra l’emissione e la ricezione, oppure, in alternativa per differenza di fase; la distanza,
insieme alla conoscenza dei due angoli di emissione del raggio, consente di determinare per
coordinate polari la posizione del punto in questione.
All’utente tali coordinate vengono in prima istanza fornite in un sistema cartesiano
(X,Y,Z) che ha origine nel centro strumentale e solo in una seconda fase vengono riportate nel
sistema di riferimento più opportuno con semplici operazioni di rototraslazione nello spazio.
La massima distanza operativa per strumenti che operano sul tempo di volo è di alcune
centinaia di metri e l’accuratezza nella determinazione delle coordinate varia in genere da alcuni
millimetri ad un paio di cm o oltre; essa è migliore per gli scanner che operano per differenza di
fase, che però lavorano di solito su distanze più ridotte e con una velocità di acquisizione minore.
Sono sistemi usati sia per portate molto piccole (<10 m), che per campi molto grandi
(>10 m e fino a 2000 m). In realtà per range inferiori a 2 m, sono disponibili solo un limitato
numero di sensori di questo tipo.
Con questi strumenti l’acquisizione delle coordinate cartesiane 3D del punto collimato
avviene indirettamente, misurando gli angoli azimutale e zenitale e la distanza del punto (la
tecnologia prende pertanto il nome di L.R.F. Laser Range Finder technology).
Le metodologie di misura della distanza sono quelle tipiche dei distanziometri elettronici.
Nell’ambito degli scanner laser per il rilievo dell’architettura la più usata è quella che si basa
sulla misura del tempo di volo (T.O.F. Time Of Fight technology): un impulso laser viene
emesso ad una fissata frequenza, di solito dell’ordine delle decine di KHz, e per ogni impulso si
misura il tempo intercorso fra l’emissione e la ricezione del raggio riflesso dall’oggetto.
Il principio di funzionamento della misura di distanza effettuata con il laser può essere
così sintetizzata:
• un generatore di impulsi elettrici impone periodicamente ad un diodo laser semiconduttore di
emettere degli impulsi di luce infrarossa, indirizzati e convogliati da una lente di emissione;
• una seconda lente di ricezione capta la parte del segnale di eco del raggio laser riflesso dalla
superficie di impatto dell’oggetto, mentre un fotodiodo produce un segnale di ricezione
elettrico.
L’intervallo di tempo tra il segnale emesso e l’eco del segnale ricevuto è quantificato da
un orologio stabilizzato al quarzo. Il risultato viene trasmesso ad un microelaboratore interno che
trasforma il dato ricevuto in una misura di distanza, nota la velocità di propagazione dell’impulso
(c) nel mezzo considerato (aria) e il tempo di volo (Dt).
La maggior parte dei laser scanner raggiunge precisioni comprese fra i 6 mm e i 100 mm
sulla misura della distanza.
Per avere la conoscenza tridimensionale, l’impulso laser viene deflesso sull’intero
oggetto da rilevare per mezzo di due specchi mossi da servomeccanismi elettrici.
Per l’individuazione spaziale dei punti rilevati, lo strumento utilizza un sistema di
riferimento sferico con origine posta in corrispondenza di un punto interno dello strumento.
I valori rilevati per ogni punto acquisito sono: la distanza tra il centro di presa dello
strumento e l’oggetto colpito dal raggio laser (d), l’angolo di inclinazione (ϕ) del raggio emesso
rispetto all’asse verticale dello strumento e l’angolo azimutale (θ) del raggio emesso rispetto ad
un asse orizzontale preso come riferimento.
Le coordinate sferiche così ottenute
possono facilmente essere espresse nel
sistema di riferimento cartesiano interno
attraverso formule di conversione.
Qui di seguito mostriamo un elenco,
anche se parziale, degli strumenti
attualmente disponibili con le relative
caratteristiche:
Modello Cyrax 2500
LMS-Z210
LPM-25HA
LMS Callidus
GS100 GS200
Società Cyra Tec. Riegl Riegl Callidus Mensi Mensi Nazione USA Austria Austria Germania Francia Francia Principio T.O.F. T.O.F. T.O.F. T.O.F. T.O.F. T.O.F. Max Range no targets 103,5 m 150 m 60 m 150 m 150 m targets rifl. 700 m 700 m orizzontale 44 gon 370 gon 400 gon 400 gon 400 gon 400 gon 44 gon 88 gon 333 gon 166 gon 67 gon 67 gon Meccanismo orizzontale Specchi
rotanti Testa rotante
Testa rotante
Testa rotante
Testa rotante
Testa rotante
Verticale Specchi rotanti
Specchi rotanti
Testa rotante
Specchi rotanti
Specchi rotanti
Specchi rotanti
orizzontale 0.25 mm a
50 m 80 - 400 mgon
10 mgon 62.5 - 1000 mgon
20 mgon
Verticale 0.25 mm a 50 m
80 - 400 mgon
10 mgon 250 - 1000 mgon
20 mgon
max a 50 m 25 mm 62 mm 7.8 mm 48 x 196 mm
3 mm 1,5 mm
Accuratezza angolo azimutale
3.8 mgon 40 mgon 10 mgon 17 mgon
angolo zenitale
3.8 mgon 20 mgon 10 mgon 3 mgon
distanza 4mm 25 mm 8 mm 5 mm punto a 50m 6mm 42 mm 13 mm 14 mm div raggio 7.6 mgon 200
mgon 63 mgon
Dimensioni 400x330x430 435x210 250x300x320 460x300 320x420x280 320x420x280
Peso 20.5 kg 13 kg 9.5 kg 12 kg 13 kg 13 kg camera dig. si si si si si
Vi è poi, come abbiamo detto, una seconda famiglia di strumenti quelli col sistema detto
a triangolazione.
Il suo funzionamento è concettualmente semplice: un raggio laser, deflesso secondo un
passo incrementale, colpisce l’oggetto secondo una scansione regolare, ed il segnale riflesso
(punto o linea laser) viene catturato da un sensore di immagine a stato solido CCD, posto ad una
distanza prefissata e calibrata (base) rispetto al punto da cui il laser viene inviato all’oggetto;
esiste anche un tipo di strumento che opera con due camere CCD.
Il principio di misura delle coordinate di un punto è dunque del tutto analogo alla
triangolazione in topografia. Questi strumenti operano su distanze minori ma offrono una
precisione maggiore, anche sub-millimetrica, rispetto a quelli illustrati in precedenza (per il
principio su cui si basano la precisione è molto sensibile alla distanza tra scanner ed oggetto, e la
base è necessariamente piccola).
Vengono misurati gli angoli β ed il complementare di α del triangolo di base nota d.
Noti i valori delle tre grandezze, con semplici passaggi analitici, si possono determinare
forma e dimensioni del triangolo ed in particolare la sua altezza z:
cotαtanβtanβcotαdz
+⋅⋅
=
La misura dell’angolo β avviene indirettamente misurando il rapporto fra le due distanze,
di cui una, p, viene rilevata su un sensore CCD (o CMOS) e l’altra è una caratteristica costruttiva
della camera, f0:
pfarctanβ 0=
Si può notare come a parità di angolo di proiezione α la differenza di profondità viene
rilevata, all’atto della lettura sul sensore di posizione, con una correzione ∆β sul valore
dell’angolo β.
Lo schema sopra descritto permette l’acquisizione dei dati relativi su un singolo punto
dell’oggetto; per avere la conoscenza tridimensionale di una superficie si deve muovere nello
spazio il raggio laser in modo da scansionare l’oggetto.
I metodi usati sono sostanzialmente due: si può scansionare con il raggio laser tutto
l’oggetto da rilevare deflettendolo per mezzo di due specchi mossi da motori elettrici, oppure si
possono usare molteplici sorgenti laser che creano una lama di luce; in quest’ultimo caso la lama
di luce viene deflessa solo nella direzione ad essa ortogonale.
Nella tabella seguente un elenco degli strumenti di questo secondo tipo:
Produttore Modello Range Massimo (m)3D Digital Corporation Model 100, 200, 300 1
3D metrics 3D Flash! 0,1
3D Scanners, Nvision ModelMaker 0,2
ABW GmbH Kombi 640 1,5
Arius 3D Arius 3D 6 x 2 x 1,4
Breuckmann GmbH Opto TOP-HE 3 x 2
Cyber F/X vari 1
Cyberware vari 1
Digibotics Digibot 1,8
GOM mbH ATOS 1,6
Mensi S 10, S 25 10 , 25
Minolta VI 1,2
Nextec Hawk O,3
Polhemus FastScan 0,8
Roland DGA Picza 0,3
SCAN Technology vari 0,6
Shape Grabber vari 0,7
Steinbichler Optotecnik COMET 0,8
TC2 Body Scanner 0,8
Come si vede chiaramente dal range massimo che questi strumenti raggiungono, si tratta
di strumenti con una funzione completamente diversa da quella del rilevamento architettonico
oggetto di questo studio.
Si tratta infatti di Laser Scanner utilizzati ed utilizzabili soprattutto in campo industriale
per oggetti di piccole dimensioni di cui si voglia definire la forma con estrema precisione per il
settore del design o della prototipazione.
Un uso nel campo dei Beni Culturali è anche possibile ed in parte già si comincia a
realizzare nello studio delle sculture e delle decorazioni architettoniche sia a motivo di
conoscenza che per le esigenze legate alla conservazione ed al restauro.
Non esiste ancora molta letteratura sul problema della precisione e dell’accuratezza dei
Laser scanner, inoltre, insieme alle caratteristiche strumentali intrinseche, vi sono altri fattori che
intervengono durante un rilievo e determinano una certa percentuale di punti in posizione errata:
un caso comune è costituito dalla presenza sull’oggetto di spigoli che vengono colpiti solo in
parte dall’impronta del raggio, pur essendo essa molto ristretta.
Un altro problema è poi la presenza di un certo numero di segnali di ritorno spuri,
generati ad esempio da oggetti che si trovano per caso sul percorso del raggio e che vengono a
“sporcare” il rilievo, fornendo posizioni 3D non corrette.
Un primo problema è dunque quello del controllo di qualità di questi dati, e non è facile
affidarlo completamente a tecniche automatiche di filtraggio, quali quelle sviluppate per i sistemi
laser aviotrasportati, che sfruttano le risposte multiple o assunzioni predefinite standard sugli
oggetti.
Solo l’operatore manuale in certi casi potrà distinguere tra una irregolarità dell’oggetto
rilevato ed una risposta incongrua dovuta al passaggio di qualche oggetto mobile.
Congiuntamente alla misurazione della distanza, questi strumenti sono in genere in grado
di misurare anche la riflettanza di ciascun punto-oggetto alla frequenza propria del raggio (in
genere nella zona spettrale dell’infrarosso) e, in taluni casi, di acquisire l’immagine RGB co-
registrata con il dato laser.
Il prodotto della scansione è costituito da una o più “nuvole” di punti ad altissima densità
- migliaia o centinaia di migliaia di punti - che descrivono con estremo dettaglio la superficie
dell’oggetto e di quanto compare nel campo di vista strumentale (molti strumenti sono in grado
di scansionare a 360° in orizzontale e con campi di apertura in verticale molto ampi).
Tali dati tuttavia sono indifferenziati qualitativamente e quindi costituiscono un prodotto
lontano dalle classiche rappresentazioni grafiche derivate da rilievi diretti o fotogrammetrici, in
cui il disegno è frutto del “filtro” e della sintesi soggettiva di un operatore che seleziona e
codifica gli elementi di interesse.
Per tutti questi motivi dobbiamo dire che l’elemento chiave per un uso proficuo del laser
a scansione è sicuramente il software, ma su questo pesano tuttavia numerose incognite; infatti lo
stato dell’arte offre alcuni prodotti di buon livello, ma vi sono anche software che presentano
forti lacune, soprattutto se ci si riferisce al settore operativo relativo ai beni architettonici di cui
stiamo trattando.
Spesso si tratta infatti di programmi sviluppati per altri campi applicativi (in primo luogo
il settore industriale ed il reverse engineering, ma anche il settore cinematografico), con
procedure che tendono a modellare i punti rilevati su superfici artificiali regolari o a riconoscere
nell’oggetto primitive solide elementari (cilindri, parallelepipedi, ecc.) che ben difficilmente si
possono ritrovare nell’esperienza di uno rilievo architettonico.
I pacchetti principali in uso sono una decina o poco più, anche di produzione italiana; si
tratta in genere di prodotti autonomi ma ve ne sono alcuni che si appoggiano a pacchetti esterni,
ad esempio di CAD.
Questi prodotti coprono una gamma di problematiche che non è normalmente affrontata
da un programma CAD o da un software per la gestione di dati tridimensionali in forma di DTM;
si pensi per esempio alla generazione della “mesh” per un oggetto a tutto tondo, come una
scultura; in questo caso non si può gestire il grigliato come successione di altezze associate a
punti disposti in modo regolare in planimetria (il cosiddetto approccio 2.5D, che viene usato in
genere nella modellazione del terreno) ma la gestione dovrebbe essere totalmente
tridimensionale, con la complessità che ciò comporta dal punto di vista computazionale.
La fase di generazione della “mesh” è una delle più delicate, ed i risultati forniti da
programmi diversi su uno stesso oggetto possono differenziarsi significativamente. Inoltre, la
sequenza di certe operazioni (es. filtraggio) non è standard, e si possono usare per esse differenti
strategie in fasi diverse del processo di elaborazione.
Va sottolineata l’importanza per il campo applicativo dei beni culturali delle tecniche di
“texture mapping” fotografiche: la riproduzione delle fotografie sulla superficie del modello 3D
metrico ricostruito a partire dalle scansioni laser, costituisce un notevole aiuto nello studio e
interpretazione di un oggetto, anche perché non bisogna dimenticare che in numerose situazioni
l’immagine fotografica contiene informazioni estremamente preziose sullo stato di
conservazione di un bene, sui colori, tracce di umidità, eventuali piccole lesioni ecc.
Di altrettanto interesse è l’uso della ortofoto di precisione (“true orthophoto”), generata a
partire da più immagini diverse, che permettono una copertura fotografica completa dell’oggetto
ottenendo informazioni anche nelle parti in ombra o coperte dell’oggetto, con la possibilità anche
di eliminare nel prodotto finale eventuali elementi di disturbo.
Infine, non sempre tutte le procedure enunciate sono contenute all’interno di un unico
pacchetto e possono esistere programmi specializzati per alcuni aspetti; l’impressione generale è
comunque che lo sviluppo del software possa essere ancora ampiamente perfezionato.
Rispetto all’operatività dei laser a scansione nei comuni contesti di rilevamento dei beni
architettonici, si possono fare alcune osservazioni:
- la scelta dello scanner deve essere orientata alle dimensioni dell’oggetto, alla
distanza di acquisizione ed alla precisione richiesta;
- la tecnica fornisce grande velocità di acquisizione con elevato automatismo, e non è
virtualmente richiesto un rilievo topografico congiunto se è sufficiente operare in un sistema
locale;
- la descrizione completa di un oggetto richiede in genere più acquisizioni da stazioni
diverse, a coprire eventuali lacune causate dalla forma (soprattutto per oggetti a tutto tondo, es.
sculture) e dunque il rilievo va accuratamente pianificato; è molto comune l’uso di target ad alta
riflettanza, piani o sferici, per consentire la riunificazione di scansioni diverse;
- i problemi logistici (trasporto e peso degli strumenti, alimentazione elettrica,
necessità di operare nelle ore notturne o con bassa luce per strumenti a triangolazione o a misura
di fase) possono essere molto vincolanti in talune circostanze.
Infine, il costo degli strumenti è tuttora elevato, e non è pensabile che vi possano essere
molte realtà che si dotano, come sarebbe la scelta più opportuna, di due o tre strumenti di diversa
tipologia per coprire tutte le possibili esigenze di rilevamento nel settore dei beni culturali. Lo
stesso può dirsi per i pacchetti software, spesso prodotti da piccole società e con un numero
limitato di installazioni; al momento attuale non esistono praticamente pacchetti a basso costo
completi per uso scientifico o di ricerca.
In conclusione, questa tecnologia è estremamente promettente ma dimostra in molti
aspetti di essere ancora in una fase di sviluppo; agli operatori dei beni culturali viene chiesto di
valutare con molta attenzione quanto essa può fornire, non solo in termini di qualità metrica ma,
soprattutto, di reale fruibilità del prodotto finale.
Per quanto riguarda i sistemi aerotrasportati (da elicottero o aereo), essi per la verità
hanno visto fino ad oggi un numero molto ridotto di applicazioni nel campo dei beni culturali
rispetto ad altri ambiti (es. ambientale, modelli del terreno a scopi idraulici, modelli 3D urbani,
ecc.).
Il prodotto primario è un DSM relativo a porzioni di territorio anche molto ampie,
acquisite per strette strisciate contigue; previo un opportuno trattamento dei dati, si può derivare
da questo un DTM, modello della superficie depurato degli oggetti soprastanti (edifici,
vegetazione ecc.) ottenuto da una post-elaborazione dei dati.
I moderni sistemi con risposta multipla consentono un buon livello di attendibilità in
questa operazione, anche se è sempre necessario un controllo diretto dell’operatore. Come ordine
di grandezza, la precisione del metodo può valutarsi intorno ai 15-20 cm nelle tre coordinate di
ciascun punto acquisito. Prodotti di utilità potrebbero essere il modello tridimensionale di centri
storici o di ampi siti archeologici, o DTM su vasta scala sufficienti a descrivere con elevata
accuratezza la morfologia di dettaglio delle aree in studio.
Diverse metodologie per la ricostruzione del modello 3D
Esistono diversi metodi per la ricostruzione di superfici sulla base delle informazioni
derivanti da una nuvola di punti, qui ne facciamo un veloce riepilogo con qualche osservazione
su ognuno di essi.
Interpolazione
Vi sono moltissimi metodi ed algoritmi appositamente studiati per ottenere una superficie
interpolata sulla base di un insieme di punti sparsi, anche se in genere erano studiati per punti
piuttosto sparsi e radi e quindi non per il tipo di insieme di punti prodotto dalla scansione laser
3D che vengono attualmente trattati con qualche accorgimento supplementare.
Ricostruzione di una funzione
Questo metodo parte dal presupposto che si possa ricostruire una funzione più o meno
complessa capace di descrivere una superficie data per cui tutti i punti rilevati, a meno di un
fattore di errore, giacciano su tale superficie.
Ovviamente questo assunto può essere accettato solo in caso di ricostruzioni del modello
di un edificio senza pretese di documentazione metrica dello stesso e/o per edifici con geometrie
piuttosto semplici.
Ricostruzione di superficie
Permette mediante l’unione di più acquisizioni di ricostruire le superfici a partire dalle
ricostruzioni di funzioni eseguite su parti discrete dell’edificato.
Per fare questo è possibile utilizzare delle procedure di automazione che per quanto
efficienti richiedono spesso operazioni macchinose e dal risultato piuttosto incerto.
Rappresentazione mediante mesh
Tutte le operazioni di interpolazione, riduzione, assemblaggio vengono svolte su superfici
rappresentate mediante una mesh.
Una mesh è una superficie frammentata in tasselli triangolari connessi mediante i loro
bordi. La generazione ottimale della mesh è un passo fondamentale per la corretta elaborazione
della superficie.
I punti derivanti da una scansione laser, così come il piano quotato di una stazione
fotogrammetrica, devono essere triangolati prima di qualsiasi operazione di assemblaggio.
La creazione della mesh è di solito ottimizzata per i tempi e le prestazioni mediante l’uso
dell’algoritmo di Delaunay che viene definito 2.5D intendendo con questo un 2D con
l’assegnazione della quota.
Sia la fotogrammetria che il laser acquisiscono dati su una superficie ideale visiva che è
definita dal punto di presa e rispetto a tale superficie si assegna una quota a ciascun punto.
La triangolazione può avvenire, come di solito di fatto avviene, proprio in questa fase
precedendo l’assemblaggio o anche dopo l’assemblaggio di tutti i punti relativi a diverse
porzioni del modello.
Vi sono anche altri algoritmi che a partire da generici punti sparsi ricostruiscono una
superficie, come quelli di N.Amenta e H.Hoppe, ma in genere si ritiene che essi non siano
paragonabili a quello di Delaunay sia in termini di affidabilità che di velocità.
Note sulla rigorosità del modello
Nelle scansioni laser la rigorosità del modello rilevato viene ottenuta con il grandissimo
numero di punti acquisiti, che con la loro ridondanza e con ulteriori interpolazioni possono
generare risultati di notevole precisione.
Queste nuvole di punti però sono soggette anche ad un certo rumore di fondo,
determinato dall’accuratezza dello strumento o anche da altre cause, che possono renderli di
difficile utilizzazione.
Per ridurre, se non proprio eliminare questo rumore vi sono ulteriori algoritmi che
operano un filtraggio dei dati migliorando la leggibilità e la affidabilità della geometria ricavata,
sono i cosiddetti algoritmi di smoothing che consistono in un ammorbidimento delle superfici
per meglio descriverle.
Questi algoritmi di “smoothing” comportano l’introduzione di modifiche, non sempre
gradite, al modello; i software oggi in uso però permettono di imporre vincoli e regole per evitare
gli effetti spiacevoli dello smoothing, quali ad esempio l’arrotondamento di tutti gli spigoli.
In generale possiamo dire che per ottenere un modello rigoroso delle superfici esaminate
con il laser scanner bisogna operare uno sfoltimento dei dati acquisiti, che operi il filtraggio
intelligente dei punti rilevati per ottenere la più corretta rappresentazione delle superfici.
In questo modo oltre che una migliore rappresentazione del modello si ottiene l’ulteriore
vantaggio di ridurre l’ingombro della memoria del computer con files di dimensioni più
contenute e la conseguente migliore gestibilità degli stessi modelli così ottenuti.
È un po’ quello che si realizza con gli algoritmi di compressione delle immagini come il
JPEG o il TIFF.
Una tecnica di particolare interesse è anche quella che si definisce segmentazione che
consiste nella suddivisione della nuvola di punti che descrive l’oggetto rilevato in parti più
piccole che meglio si prestano ad essere maneggiate e che possedendo caratteristiche omogenee
possono essere trattate ognuna con le specifiche caratteristiche.
In genere si segmenta la nuvola distinguendo ad esempio le diverse facciate dell’edificio
architettonico di studio, o anche distinguendo le superfici ampie e con pochi rilievi da quelle
superfici più ricche di movimenti plastici o decori che necessitano di un maggior dettaglio nella
descrizione.
Queste operazioni di segmentazione, che possono avvenire in maniera intelligente da
parte di un operatore, sono però spesso lunghe e laboriose se fatte manualmente, mentre sono
allo studio procedure di automazione delle stesse che migliorino e facilitino le cose.
Parte seconda. Casi studio:
1. Informatica e tecnologia scanner-laser per un’archeologia integrata. Sito archeologico di Monastiraki, Valle di Amari, Creta.
2. Progetto di restauro e manutenzione del pavimento della basilica di Santa Restituta a San Vincenzo al Volturno.
INFORLMATICA E TECNOLOGIA SCANNER-LASER PER UN’ARCHEOLOGIA INTEGRATA
Abstract:
The project here described, has as its main goal in the acquisition, in digital form through laser
scanning, of all the information derived from an archaeological excavation: for its management through
computer technology in order to enhance the comprehension of the possible events connected to the
sites, for the public fruition of the finds inside an integrated circuit, for the study, through the aid of
virtual simulations, of interventions needed for the protection and preservation of excavation areas.
Il progetto che di seguito si propone ha come obiettivo l’acquisizione in forma digitale, attraverso
scanner-laser, dell’insieme delle informazioni provenienti da uno scavo archeologico, per la gestione
delle stesse attraverso tecnologie informatiche finalizzata alla comprensione degli eventi possibili
connessi ai luoghi, per la musealizzazione dei reperti in un circuito integrato e per lo studio, attraverso
l’ausilio delle simulazioni virtuali di interventi volti alla protezione e alla conservazione delle aree di
scavo.
1. Introduzione.
Le nuove tecnologie e le più recenti esperienze speculative hanno, di fatto, reso possibile la
ridefinizione di molti dei concetti fondativi delle normali “procedure” del pensiero, permettendo
un’”implementazione di tipo esponenziale” non solo del numero di informazioni a cui si ha accesso, ma
anche della quantità di relazioni dinamiche attraverso cui i dati intervengono in un numero illimitato di
deduzioni, non prevedibili con i tradizionali strumenti di catalogazione e gestione delle notizie.
Strumenti ipertestuali connettono ambiti, gerarchizzano e selezionano talune aree di significato, tessono
dei legami tra di loro, collegano il testo ad altri documenti, potenziano ed ampliano le procedure di
studio che in passato si svolgevano su un numero limitato di testi o reperti contenuti in una quantità
ridotta di biblioteche o musei con i loro limitati strumenti di orientamento, sommari, inventari,
lemmari.
L’ipertesto è divenuto uno strumento potentissimo per la valutazione e lo studio, per l’articolazione di
processi di critica dinamici che seguono l’evoluzione e l’incremento dei dati per giungere ad una
comprensione più profonda dell’evento. E si fa esplicito riferimento all’evento in luogo di realtà per
sottolineare l’avvenuto mutamento dell’oggetto dell’analisi. Quest’ultimo, infatti, in passato per poter
essere analizzato, giudicato all’interno di una trama predefinita e statica di valori, doveva essere
“oggettivizzato”, ricondotto nel guscio rigido di un modello isolato dalle continue evoluzioni,
trasformazioni, proprie non solo del divenire degli eventi, ma di processi interni all’analisi e alla
speculazione.
Studiare, criticare un oggetto significa, infatti, contribuire alla sua costruzione in una dinamica di
speculazione, ricondurlo nel fluire degli eventi e casualità che lo hanno generato, raccogliendo in tal
modo nuovi significati e aspetti che intervengono nella sua determinazione. Riaprire l’oggetto, l’entità,
al flusso che lo ha costituito e lo costituisce significa accostarsi alla sua essenza instabile e vera,
significa non temere di capire in nome di una veridicità non mutevole e quindi non viva. Home Page
dinamiche si compongono a seconda dei bisogni, delle richieste del fruitore per accedere all’insieme di
dati necessari per la sua ricerca, ampliandone le potenzialità ben oltre le sue iniziali aspettative; in tal
modo il flusso di informazioni incanalate e ridotte dalle scelte “personali” condizionano la costruzione
degli esiti della ricerca stessa. I dati, le informazioni, così come i testi che le contengono, sono divenuti
dinamici, metamorfici, accostandosi alle “dinamiche conflittuali” del pensiero stesso, o all’immagine
che ora ne abbiamo di esso.
Le tecnologie informatiche e la digitalizzazione delle informazioni hanno reso possibile un controllo
pressappoco totale dei dati di scavo, sia in fase di “costruzione” dell’informazione, sia in fase di
consultazione attraverso strumenti ipertestuali. La praticità con la quale banche dati relazionali ed
interfacce dinamiche danno accesso alle informazioni, ha reso possibile aumentare sensibilmente non
solo il numero di dati acquisiti ma anche la complessità e la precisione dei dati stessi, in tal modo
riuscendo a sfruttare a pieno le potenzialità offerte dai più recenti strumenti di rilevamento, con
particolare riferimento agli scanner tridimensionali.
Ma perché ciò avvenga sarà necessario programmare le differenti fasi di acquisizione tenendo conto
delle possibilità offerte dalla tecnologia e dalle procedure gia sperimentate per la gestione e quindi
l’utilizzo dei dati provenienti dallo scanner-laser.
2. Software per la gestione integrata dei dati di scavo.
Il progetto che si propone prevede, quindi, la realizzazione di un software capace di gestire l’insieme
dei dati acquisiti sia in fase di scavo, che nelle fasi precedenti lo studio e le successive analisi in
laboratorio dei reperti. Tali informazioni, debitamente strutturate in schemi di connessione, sono
riposte in un database relazionale, a cui si accede attraverso un’interfaccia dinamica di consultazione,
che il software compone in automatico a seconda delle relazioni tra le notizie richieste e delle domande
che il ricercatore formula. In tal modo si potranno ottenere differenti interfacce ciascuna contenente
molteplici informazioni, diversamente relazionate a seconda del percorso di analisi che personalmente
il fruitore compone a partire dalla struttura delle proprie deduzioni.
Questo software, in fase di realizzazione per lo scavo archeologico di Monastiraki, sarà inoltre in grado
di associare a ciascuna informazione alfanumerica, a ciascuna immagine, filmato o quant’altro, una
serie di modelli tridimensionali che restituiscono, in diversa scala, l’intera valle di Amari, l’area
archeologica, i diversi settori di scavo ed ogni singolo ambiente. Tali modelli, con gradi di
approssimazione (rispetto al reale) decrescenti man mano che si passa a scale di visualizzazione sempre
più piccole, non sono semplici oggetti virtuali (ossia ricavati attraverso la modellazione solida ottenuta
da un limitato numero di misure, più o meno esatto, ottenute con le tradizionali tecniche di rilievo), ma
sono modelli numerici reali, oggetti costruiti direttamente in tre dimensioni, partendo da nuvole di
punti generate da scanner-laser. Questa tecnologia permette, infatti, di ottenere rilievi accurati sia di
grandi superfici (come nel caso del Riegl LMS-Z 420i), che di piccoli oggetti (adoperando scanner a
triangolazione ottica per misure di precisione in campi da pochi millimetri fino a dieci metri),
acquisendo digitalmente l’insieme dei punti nello spazio che compongono ciascuna superficie reale. La
descrizione geometrica digitale dell’oggetto è discreta, quanto maggiore è la risoluzione imposta per
l’acquisizione tanto più densa sarà la nuvola di punti e quindi il dettaglio della rappresentazione.
Ciascun punto è definito da una posizione spaziale in coordinate x y z rispetto al punto di origine
rappresentato dalla posizione dello scanner (Fig.1) e, se lo scanner è in grado di rilevare anche la
mappatura fotografica dell’oggetto (attraverso fotocamera digitale sovrapposta o incorporata), il valore
RGB, quindi il valore cromatico, del punto acquisito. Le nuvole di punti vengono successivamente
elaborate con diverse metodologie legate agli esiti che si intendono raggiungere, essendo, infatti,
possibile ottenere da esse sia le generatrici che compongono le diverse superfici (generalmente definite
linee o curve di sezione), sia oggetti tridimensionali più complessi, quali Mesh, NURBS, che
restituiscono in modelli numerici tridimensionali gli elementi acquisiti.
Fig.1: Individuazione delle coordinate spaziali di due punti della nuvola attraverso il software RISCAN
PRO v1.2.0
Il nostro software si propone di gestire dinamicamente tali oggetti tridimensionali in modo da
associare, in tempo reale, la totalità delle informazioni ad essi connessi, contenute in un solo database o
in database condivisi, riuscendo in tal maniera a visualizzare uno spazio fisico (una stanza, una strada,
un luogo), i reperti in esso contenuti così come ripresi in fase di scavo attraverso lo scanner-laser (con
un’approssimazione di pochi millimetri), gli andamenti stratigrafici del terreno, foto e le diverse
tipologie di informazioni. Il software farà emergere attraverso la pagina dinamica esclusivamente le
notizie afferenti allo schema di analisi del ricercatore secondo strutture di accesso che permetteranno il
rapido passaggio o la visualizzazione simultanea, di modelli tridimensionali, testi, immagini e qualsiasi
altro tipo di dato. Un siffatto programma richiederà prioritariamente un’attenta costruzione
dell’informazione in modo da prestarsi alle relazioni che la legano alle altre e ai differenti schemi
valutativi che di volta in volta ciascun ricercatore definisce nel corso del suo studio e che determinano
le modalità di accesso all’informazione stessa.
3. Tracce degli eventi possibili.
Lo schema operazionale finora proposto richiede una sintesi tra i concetti espressi nell’introduzione e
l’insieme delle attività che confluiscono nel nostro progetto, e tale sintesi ha luogo intorno all’idea di
evento. Da un lato la complessità instabile di quanto accade nell’incedere dell’esistenza di ciascun
individuo e nella vita delle forme che sedimentano i segni del suo operare, l’imprevedibilità del
dispiegamento di mondi incompossibili sospesi sul punto di altre attualizzazioni; dall’altro i processi
dinamici di determinazione del pensiero, libero accadere di deduzioni sullo sfondo delle idee, delle
conoscenze e delle attese di chi ricerca; nel centro uno strumento tecnologico per la connessione delle
due immagini dell’evento, che si fonda sulla coesistenza di due “momenti” relazionati: il flusso dei dati
e le scelte all’atto di accedere ai dati stessi.
Il primo momento consiste nell’analisi e scomposizione dei dati per “unità minime significanti” e la
loro distribuzione all’interno di una struttura, le cui parti, come le caselle di una matrice, si
compongono secondo precisi schemi relazionali, che a loro volta possono essere integrati o mutati. Il
secondo rimanda invece alla struttura logica del soggetto che interviene nel momento di accedere alle
informazioni, in cui questi effettua delle scelte tra i parametri che definiscono un solo percorso di
consultazione tra tanti possibili. In questo istante la struttura che sostiene i dati effettua le connessioni
necessarie richieste dal ricercatore e restituisce l’insieme delle notizie relazionate, svolgendosi in tal
modo, nell’operazione congiunta dei due momenti, un processo di tipo esponenziale di costruzione
delle informazioni.
Ha luogo in questo modo un procedimento “decostruttivo” in cui gli elementi in gioco si prestano agli
innumerevoli significati generati da imprevedibili combinazioni di parametri di analisi, esplicativi di
diversi percorsi di ricerca. Acquista, quindi, particolare importanza l’individuazione del dato colto nella
sua irriducibile essenzialità, “unità minime significanti” appunto, che come un fonema
nell’articolazione di una lingua, collabora al processo di attualizzazione di ciascun pensiero.
Lo scavo archeologico diviene il luogo dove scorgere le tracce degli eventi possibili, non reperti che
stabiliscono univocamente funzioni in schemi di analisi conclusi che ripercorrono la persistenza di
un’idea, ma un universo di segni colti al limite della loro essenzialità, scevri da condizionamenti o
deduzioni, aperti ad accogliere la totalità degli eventi, celati o evidenti, che hanno sedimentato la
struttura delle forme e la posizione degli elementi. Solo in tal modo i segni si prestano a più strutture di
relazione che le macchine svolgono in automatico, secondo schemi che rapportano le informazioni
come in una matrice spaziale, in cui il valore dei dati rinvia alla sua posizione all’interno della rete di
connessione, ossia al processo di analisi che ciascun ricercatore invera attraverso determinate scelte.
Una città, un palazzo o uno spazio domestico, divengono il luogo dei segni e degli eventi possibili che
l’insieme delle informazioni contiene nel suo interno.
4. Tecnologie informatiche ed analisi della genesi e delle variazioni degli
elementi architettonici.
Si è così affrontato lo studio dell’insediamento minoico di Monastiraki come una scena degli eventi, in
cui luogo ed azione dell’uomo emergono dai segni custoditi dai muri e dai reperti rinvenuti. In
particolar modo, in questa prima fase, si è voluto analizzare l’insediamento nel suo rapporto con i
luoghi, la valle e quindi il fiume sottostante, la piana da cui si innalza lo sperone roccioso sul quale
sorgono le abitazioni, e poi i campi adiacenti ed il crinale della montagna a sud che ospita il villaggio di
Monastiraki. Le scansioni effettuate hanno permesso la realizzazione di un modello georeferenziato
della parte di territorio circostante l’area archeologica, da cui è stato possibile ricavare, non solo le
esatte curve di livello della zona (Fig.2), ma anche la posizione e al forma dei muri affioranti ben al di
sotto dello scavo tedesco, potendo così leggere (là dove la vegetazione risultava meno fitta) un forte
legame tra gli elementi architettonici e l’orografia dei luoghi, del resto facilmente ipotizzabile.
Fig.2: Curve di livello dell’area di scavo ottenute da nuvole di punti
Inoltre, partendo dalle nuvole di punti realizzate e dopo un attento studio degli ambienti e dei reperti, si
potrebbe realizzare una serie di modelli virtuali, per simulare l’immagine d’insieme del palazzo.
Particolare interesse ha, infatti, suscitato la scansione della porzione di scavo “italo-greca”, la quale ha
mostrato un raffinato gioco di volumetrie tra le mura megalitiche e gli elementi architettonici adiacenti,
lasciando intendere un particolare utilizzo di quest’area. Così come le riprese dell’intera zona
archeologica hanno mostrato un legame simbiotico tra l’insediamento e l’andamento altimetrico
dell’area, correndo l’antica strada lastricata (da est a ovest) lungo la linea di massimo avvallamento del
terreno.
Partendo da tali considerazioni si è successivamente deciso di concentrarci sullo studio dei setti murari
della zona orientale del complesso definito “anatolikò”, perché a monte dell’insediamento e quindi più
direttamente connesso alla presenza di roccia affiorante e di setti murari complessi. A tal proposito,
come successivamente si riporta, sono state effettuate due diverse tipologie di scansioni, la prima
finalizzata alla ripresa dell’esatta forma delle rocce emergenti, non solo negli ambienti scavati, ma
anche nell’area esterna ad essi, e delle parti inglobate nei muri, in modo tale da studiarne l’esatto
andamento e le altimetrie (Fig.3); una seconda concentrata sui muri (Fig.4).
Fig.3: Fase di scansione delle rocce affioranti
Fig.4: Posizionamento dello scanner in prossimità dei setti
Prima tipologia di scansioni: In relazione alle parti rocciose, si è ritenuto possibile, partendo da una
nuvola di punti così costruita (Fig.5), realizzare un modello accurato della superficie sommitale
della roccia, per comprendere, attraverso lo studio della forma, se essa ha subito delle alterazioni per
l’azione dell’uomo per adeguarla alla funzione di basamento e, in alcuni punti, di piano di calpestio
o di rampa, oppure se essa, con le sue creste e superfici, ha condizionato l’andamento dei muri e
quindi le geometrie dell’insediamento, pur nel rispetto della ricorrenza di “tipi” di ambiente definiti
a “Pi”.
Fig.5: Nuvola di punti della roccia e dei setti murari sovrastanti
Inoltre il modello mostra come la roccia presenti un avvallamento lungo l’asse est-ovest, con
pendenza verso ovest, in corrispondenza del quale gli ambienti presentano un ampio strato di
cocciopesto, quindi di materiale drenante, che lascia intendere una particolare attenzione riservata ai
sistemi di irreggimentazione delle acque nella costruzione delle diverse stanze; così come del resto è
testimoniato dalla presenza del canale che corre lungo la strada lastricata con direttrice anch’essa
est-ovest (simile all’andamento della roccia), del quale possediamo l’andamento nello spazio, con le
diverse quote, geometrie e dimensionamenti, riuscendo così a simulare il sistema di scorrimento
delle acque, la portanza del canale, e quindi la funzione da esso ricoperta, se di semplice raccolta
della pioggia o di smaltimento di liquidi connesso alle attività che si svolgevano nei locali adiacenti.
Seconda tipologia di scansioni: Per quel che concerne i muri, sono state effettuate scansioni ad
un’altezza ridotta in modo da realizzare riprese ortogonali agli elementi architettonici, cercando di
evidenziare le relazioni tra i setti, ossia ammorzature o semplici giustapposizioni. Inoltre si è data
importanza alla parte fondale dei muri, anche con riprese fotografiche aggiuntive per aumentare la
qualità delle texture da applicare alle nuvole di punti e successivamente alle NURBS (Fig.6),
facendo emergere i punti in cui i setti sono direttamente posati sulla roccia.
Fig.6: Riprese fotografiche delle superfici murarie
Ciascuna scansione ha avuto come obiettivo quello di considerare ogni singolo setto come un’unità
minima significante e, allo stesso tempo, far emergere le loro relazioni, in modo tale da definire una
prima struttura di connessione tra i nostri elementi del database, finalizzato all’individuazione non
solo degli ambienti che essi chiudono, ma anche delle continuità e delle discontinuità delle masse
murarie, e delle diverse tipologie dei setti, varianti per funzione (sostegno, tompagnatura,
frazionamento di spazi), riuscendo così ad ottenere una cronologia delle fasi costruttive.
Ed ancora, se a ciò si aggiungono altre informazioni quali reperti e notizie di scavo, si evince come,
ad una prima struttura di connessioni tra i dati (rappresentati ad esempio dai setti), se ne potrebbero
aggiungere altri che connettono gli oggetti ai muri o agli ambienti in prossimità, o all’interno dei
quali, sono stati rinvenuti. Se poi le scansioni venissero effettuate in fase di scavo, i muri e i reperti
risulterebbero relazionati non solo tra di loro, ma anche con i diversi strati che li contengono.
Poniamo, infatti, il caso in cui in prossimità di un muro vengano ritrovati progressivamente dei
conci, tracce di elementi strutturali orizzontali, parti di intonaco e reperti di varia natura, le scansioni
e la catalogazione di ogni unità minima riscontrata (un singolo setto, un concio, un frammento di
vaso) come oggetto tridimensionale (corrispondente al reale e collocato esattamente nello spazio nel
punto e nella posizione ritrovato) garantirebbero la possibilità di relazionare i singoli elementi alle
differenti strutture di connessione. In tal modo si potrebbe scegliere di visualizzare in 3d ogni
singolo elemento (con immagini e con informazioni testuali annesse), i setti murari con continuità
strutturale, i conci rinvenuti in prossimità di esso o solo quelli giacenti in determinate unità
stratigrafiche, i reperti con i soli muri piuttosto che con le unità stratigrafiche, i soli reperti, e così
via, in tal maniera riuscendo a scomporre e ricomporre l’evento dello scavo a partire da singoli
elementi diversamente relazionabili, a seconda delle esigenze del ricercatore. Per di più trattandosi
di dati spaziali, ossia di oggetti tridimensionali, la qualità delle informazioni ne risulta fortemente
aumentata: valga come esempio la possibilità di studiare il collegamento tra due muri attraverso un
modello numerico reale interattivo, che, a fronte di un’informazione bidimensionale scaturita da una
pianta, offrirebbe invece un’immagine esatta delle relazione tra i conci per l’intera altezza del muro
e per ogni suo lato.
L’esatta posizione e il rilievo 3d di pietre, di frammenti di travi, di elementi di copertura e intonaci,
permetterebbero di costruire modelli solidi non solo per comprendere le qualità formali degli
ambienti, ma anche per lo studio di anastilosi, per la comprensione delle tecniche costruttive e delle
tecnologie, per l’analisi dei carichi e quindi per la simulazione delle fasi di crollo per differenti
cause.
Quanto detto garantirebbe un’implementazione delle possibilità di analisi dei reperti e di
comprensione della genesi e delle trasformazioni degli elementi architettonici, pur garantendo un
processo critico, valutativo aperto ai diversi esiti della ricerca e più prossimo alla verità degli eventi
possibili nei luoghi della vita.
5. Procedure di rilievo tridimensionale.
Alla luce delle potenzialità offerte dall’applicazione della tecnologia scanner-laser a scavi archeologici,
e degli esiti ottenuti dalle sperimentazioni connesse alle due tipologie di scansione sopra descritte, si è
dato inizio ad una “campagna sperimentale di rilievo tridimensionale” dell’intero sito archeologico di
Monastiraki, nella valle di Amari, Creta, all’interno della quale si è messo a punto una procedura per
l’acquisizione dell’area di scavo, del rilievo su cui essa sorge e di parte della valle.
Gli scanner-laser utilizzati nelle due differenti campagne sono il Riegl LMS-Z 360 e il Riegl LMS-Z
420i.
5.1 Scavo “anatolikò”
Scansione della porzione di scavo definito “anatolikò”, caratterizzato dalla presenza di muri di altezza
variabile (compresa tra 40 cm e 180 cm) delimitanti le differenti stanze, anch’esse di modeste
dimensioni (all’incirca di 6-10 metri quadrati).
Si è così proceduto: sono stati posizionati 8 riflettori cilindrici al di sopra delle superfici sommitali dei
setti murari e 9 markers quadrati (di 3 cm per 3 cm) lungo i piani verticali delle pareti delle due stanze,
cercando di posizionarli in prossimità degli spigoli superiori in modo da essere visibili dall’esterno
degli ambienti; si è rilevata la posizione dei riflettori con la stazione totale; si sono effettuate due
differenti tipologie di scansioni, la prima estesa all’intera area dello scavo “anatolikò”, l’altra
concentrata esclusivamente su due stanze (la 69 e la 71).
Nella campagna del luglio 2005 è stata inoltre ripresa la porzione dello scavo coperta dalla tettoia in
acciaio, adiacente agli ambienti di epoca ellenistica che si trovano nella zona più orientale del settore
“anatolikò”.
- Intento di questa prima fase di scansioni è stato quello di costruire due differenti tipi di modelli con
livelli di definizione direttamente legati all’estensione delle aree scansite, e nello stesso tempo di
relazionarli reciprocamente in modo da integrarsi. Pertanto le scansioni relative all’intera area sono
state realizzate con una maglia di punti meno fitta, ed hanno rilevato interamente le superfici di
colmo dei muri, la superficie di terreno ad essi adiacente e le parti sommitali delle pareti stesse con i
relativi markers (Fig.7).
Fig.7 : Scansione dell’intera area di scavo
Successivamente si è proceduto alla scansione delle singole stanze aumentando il livello di
definizione dei punti, avendo ridotto l’area di azione dello scanner-laser esclusivamente ai muri
perimetrali di ogni singolo ambiente, ai riflettori esterni ad essi adiacenti ed ai piani di terreno e
roccia interni alle stanze. Le modeste dimensione degli ambienti e l’irregolarità delle superfici delle
pareti hanno richiesto differenti punti di ripresa e diverse “configurazioni” dello scanner; è stato
infatti necessario collocarlo direttamente sul piano della stanza, senza cavalletto in posizione verticale
(Fig.8).
Fig.8 : Scansione della stanza N° 69
Tutte le riprese sono state effettuate tenendo conto della necessità di dover poi gestire l’insieme delle
nuvole di punti per singole parti, ciascuna riducibile ad un oggetto e rappresentativa di una quantità di
informazioni ad essa connesse. Si è, quindi, immaginato di suddividere le stanze per piani o “unità
architettoniche minime”, ed associare ad essi la possibilità di comporre i vari ambienti e relazionare,
in tal modo, allo spazio le informazioni relative a quella porzione di scavo. Per tale motivo sono state
effettuate – come descritto – scansioni accurate delle superfici murarie, riprese non solo lateralmente
ma anche ortogonalmente, in modo tale da definire la forma ed il perimetro delle pietre e dell’argilla
che le unisce. La possibilità di comporre gli ambienti per singole superfici ha inoltre permesso di
applicare alle nuvole di punti (in fase di elaborazione in laboratorio) una procedura di
discretizzazione attraverso piani paralleli. Infatti i punti rappresentativi di una singola superficie sono
stati discretizzati effettuando sezioni progressive con piani paralleli alla superficie stessa, variabili per
distanza e spessore, selezionando i punti giacenti su di essi ed eliminando gli altri perché
eccessivamente prossimi lungo la direzione del laser o perché dovuti al disturbo del rumore.
Dalle nuvole di punti così ridotte sono state successivamente ricavate superfici e mesh texturizzate
per modelli virtuali diversamente catalogati in database.
5.2 Area archeologica
Scansione dell’intera area archeologica di Monastiraki e delle mura megalitiche emerse dagli scavi
italiano e tedesco. La diversa quota dei piani appartenenti ai due scavi e la grande estensione dell’area
hanno richiesto tre momenti di acquisizione, due concentrati sulle zone di scavo ed il terzo esteso
all’intera area archeologica con particolare riguardo all’ampia superficie a ridosso delle mura
megalitiche.
Si è così proceduto: sono stati posizionati esclusivamente i riflettori cilindrici, per via delle ridotte
dimensioni di quelli quadrati, prevalentemente in prossimità dei cigli delle mura, in modo da comparire
in ciascuna scansione, ed alcuni nei punti emergenti dell’area archeologica. Successivamente si è
proceduto alle scansioni delle due aree di scavo posizionando la macchina ortogonalmente alle mura ed
eseguendo riprese successive per l’intera estensione delle stesse, facendole convergere sui punti
architettonicamente rilevanti, quali gradoni, scale ed ambienti ben definiti (Fig.9).
Fig.9 : Scansione delle mura megalitiche
Si è poi passati alle scansioni estese all’intera area procedendo dal basso verso l’alto, ossia da nord-
ovest verso sud-est, per rilevare ortogonalmente le pareti emergenti dal terreno ed i piani sovrastanti le
mura. In fine si è posizionato lo scanner sullo cima dello sperone roccioso denominato Charakas e si è
acquisita l’intera area con l’esatto andamento dei piani del terreno (Fig.10).
Fig.10 : Scansione dell’area archeologica dalla cima dello sperone Charakas
- Le scansioni effettuate in questa fase hanno avuto come obiettivo non solo l’acquisizione di masse
murarie di grandi dimensioni (Fig.11), ma anche il rilievo del terreno e dello sperone Charakas
caratterizzante il sito.
Fig.11 : Restituzione tridimensionale attraverso nuvola di punti delle mura megalitiche
Sono stati quindi necessari un’attenta programmazione delle diverse riprese, in modo da evitare parti
dell’area non rilevate, ed un accurato posizionamento dei riflettori in modo tale da essere sempre
visibili nel maggior numero ed essere distribuiti in modo tale da evitare un loro allineamento o
sovrapposizione nello spazio. Particolare importanza ha avuto, inoltre, il rilievo topografico degli
stessi, in modo da verificarne la posizione reale in caso di incongruenza al momento di interpolare le
nuvole in laboratorio.
Il trattamento dei punti delle mura è stato realizzato attraverso la tecnica dei piani, di volta in volta
paralleli all’andamento dei conci, mentre quelli relativi al terreno sono stati discretizzati nell’area in
cui risultavano più fitti e si è proceduto attraverso la generazione di curve di livello, da cui è stata poi
creata una superficie.
Per quel che concerne, invece, lo sperone Charakas si è proceduto sezionando la roccia con una
doppia serie di piani l’una ortogonale all’altra, come facce di un cubo, in modo da definire “curve di
punti” nello spazio secondo una doppia giacitura e discretizzante i punti pur conservando le
geometrie reali. Com’è ovvio all’aumentare del numero dei piani si avranno generatrici e quindi
superfici più prossime al modello numerico reale ed un incremento delle dimensioni dei files, dovuto
alla maggiore complessità delle NURBS ed alla maggiore quantità di informazione connesse; ogni
scelta in tal senso rimanda all’utilizzo previsto del prodotto.
5.3 Territorio
E’ stata ripresa la porzione di territorio circostante l’area archeologica con un’estensione limite verso
sud che ha incluso il villaggio di Monastiraki, e un estensione verso nord che ha incluso il greto del
fiume che percorre la valle. Le scansioni per il rilievo di quest’area sono state effettuate dallo sperone
Charakas e dalla piana in prossimità del fiume (Fig.12).
Fig.12 : Scansione in prossimità del fiume dell’area archeologica
Si è così proceduto: i riflettori sono stati posizionati sul crinale nord del rilievo (corrispondente all’area
di scavo tedesca), sui muri a secco a diverse quote e sulla parte piana adiacente al fiume, in modo tale
da essere visibili sia dal basso in prossimità del greto, sia dall’alto dello sperone.
Si sono adoperati solo riflettori cilindrici per la grande estensione delle riprese, approssimabile ad un
raggio di 800 metri.
- La scansione, che è stata effettuata dal fiume verso l’insediamento, ha permesso di rilevare l’esatto
andamento dei muri, probabilmente a secco, che terrazzano il rilievo e le pareti affioranti delle
antiche costruzioni fino ad ora escluse dalle precedenti campagne di scavo. Le informazioni così
raccolte hanno permesso di ottenere non solo un modello della collina, ma uno schema delle
geometrie dei muri dell’insediamento.
È stata possibile realizzare, inoltre, un’insolita visione di insieme tra le parti scavate dell’area
archeologica e l’ampia zona che dallo sperone scende verso il fiume, e che, in maniera determinante,
caratterizza la percezione dei luoghi di quanti dalla valle si approssimano al palazzo.
In quest’ottica e sulla base di studi più accurati di tale porzione di scavo, sarà possibile realizzare
simulazioni al fine di ricostruire le possibili immagini che un tale insediamento poteva offrire, e ciò
per la comprensione del reale ruolo, nella genesi delle costruzioni, degli elementi naturali che
caratterizzano il sito.
L’elaborazione della nuvola di punti, ancora una volta, è stata effettuata con piani paralleli ed
orizzontali che ha determinato le diverse curve di livello del territorio, da cui si è potuto generare le
superfici per il modello virtuale.
6. Esiti.
6.1 Simulazioni virtuali su modelli numerici reali
La gestione di nuvole di punti provenienti da scansioni tridimensionali può essere finalizzata alla
costruzione ed al controllo di informazioni provenienti dallo scavo, quali, ad esempio, l’andamento
delle stratigrafie, il posizionamento in essi dei reperti e la loro esatta forma (Fig.13); all’analisi e
all’esatto rilievo di strutture crollate da utilizzare per anastilosi virtuali e simulazioni di crolli; al rilievo
tridimensionale di ogni singolo elemento e alla sua restituzione in automatico in pianta, prospetto e
sezione quotati; a ricostruzioni virtuali esplicativi di ipotesi di scavo; a una reciproca connessione di
tutti i dati per un accesso integrato alle informazioni.
Fig.13 : Fasi di scansione e restituzione tridimensionale mediante nuvola di punti di un pithos
Ciascun dato risulterà in tal modo catalogato e posto in una banca dati che relazionerà le informazioni
secondo schemi predefiniti e di volta in volta aggiornabili. Interfacce dinamiche garantiranno l’accesso
ai dati e potranno integrare informazioni alfanumeriche a modello numerici reali e a simulazioni
virtuali (Fig.14), permettendo, inoltre, la gestione integrata di più database in cui far confluire gli esiti
delle ricerche di differenti discipline.
Fig.14 : Interfacce dinamiche per la gestione integrata delle informazioni alfanumeriche, dei modelli
numerici reali e delle simulazioni virtuali
6.2 Monitoraggio ed analisi per interventi di restauro
La realizzazione di modelli virtuali molto prossimi alla realtà può avere una larga applicazione negli
interventi di restauro riguardanti le parti architettoniche, ma anche gli affreschi ed altri elementi del
manufatto. La possibilità di scomporre gli oggetti tridimensionali in diverse porzioni consente di
studiare in maniera dettagliata ciascuna di queste, di analizzare stati fessurativi, il livello e la
localizzazione del degrado, lo stato di conservazione dei dipinti, e nello stesso tempo ricondurre il tutto
in un modello globale del manufatto in cui verificare la distribuzione dei carichi con il calcolo ad
elementi finiti per comprendere la causa dei dissesti. Inoltre, sulla base dei modelli così costruiti sarà
possibile integrare alla fase di diagnosi una simulazione degli interventi previsti, al fine di verificare
preventivamente gli esiti delle attività di restauro anche in relazione ai costi che si andrebbero ad
affrontare.
Infine la costituzione di un database relazionato al modello, permetterà la raccolta e la catalogazione
dell’insieme delle attività svolte in fase di restauro, ottenendo in tal modo una cronistoria di ciascun
intervento.
6.3 Musealizzazione
Le ricostruzioni tridimensionali e le interfacce di accesso alle informazioni permettono, inoltre, la
realizzazione di totem informativi in prossimità dello scavo e in aree espositive, oltre alla costruzione
di musei virtuali per la divulgazione del materiale raccolto. Mentre il rilievo tridimensionale dell’area
archeologica con le relative strutture emerse ed il modello del terreno facilitano lo studio di interventi
per la manutenzione e per la realizzazione di coperture leggere e reversibili.
Le nuove tecnologie implementano gli esiti della ricerca e le possibilità offerte a ciascuno dei campi di
cui si serve, comprenderne gli obbiettivi è alla base di ciascuna attività attraverso cui essa si svolge.
Arch. Leopoldo Repola.
PROGETTO DI RESTAURO E MANUTNZIONE DEL PAVIMENTO DELLA BASILICA DI
SANTA RESTITUTA A SAN VINCENZO AL VOLTURNO
Tridimentional Laser Scanner _ Subtractive Rapid Prototyping _ Reverse Engeneering
Il progetto che di seguito si illustra ha come obiettivo l’applicazione sperimentale di nuove
tecnologie al restauro e alla salvaguardia di manufatti storico-artistico di particolare pregio, in modo
da definire delle metodologie di intervento che sappiano sfruttare al limite i nuovi strumenti forniti
dalla ricerca scientifica e incrementare la qualità dei risultati. In particolare lo stato delle tecnologie,
che trovano applicazione nei più svariati campi, offrono agli archeologi e ai restauratori potenzialità
nuove in strategie di intervento progressivamente più complesse. Si rende pertanto necessaria una
buona prassi operativa che sappia sì sfruttare al limite i nuovi strumenti, ma che sia in grado anche
di non disperdersi in un utilizzo esasperato della tecnologia, prescindendo dai reali esiti di ciascun
progetto. Per tali ragioni si presenterà il progetto seguendo uno schema per fasi, individuando per
ciascuna le azioni programmate, gli strumenti utilizzati e i risultai previsti, all’interno di un
obiettivo più generale di studio, che è il restauro e la musealizzazione del pavimento della basilica
di Santa Restituta a San Vincenzo al Volturno, per mezzo della tecnologia laser scanner 3D e della
Prototipazione Rapida.
I Fase. Saranno effettuate delle scansioni tridimensionali dell’area di intervento al fine di
realizzare un primo modello che documenti l’attuale stato di conservazione degli elementi in pietra
conservati in loco e del massetto. Gli strumenti utilizzati saranno il laser scanner a tempo di volo
Riegl LMS-Z420i (fig. 1), e software dedicati per il trattamento delle nuvole di punti e la gestione
delle informazioni spaziali mediante interfacce di dialogo associate a database relazionali.
Fig. 1
Laser scanner tridimensionale Riegl LMS-Z 420i
Si comincerà con il disporre all’interno del perimetro della Basilica un numero sufficiente di marker
quadrati piani di 2 cm x 2 cm, mentre al di sopra dei setti murari e nelle loro vicinanze verranno
posti un numero di circa 10 riflettori cilindrici alti 5 cm. e di raggio 2,5 cm; successivamente questi
verranno ripresi per mezzo di stazione totale Leica e quindi georeferenziati e collocati in un sistema
di riferimento locale. Questi marker o riflettori serviranno non solo per l’interpolazione delle
diverse scan-positions (ossia dei diversi punti di ripresa di ciascuna scansione), ma anche per
relazionare con esattezza fasi di scansione effettuate in più periodi e con diverse strumentazioni,
come previsto dal nostro progetto. Si darà inizio alle procedure di acquisizione tridimensionale
attraverso laser scanner Riegl LMS-Z420i, in dotazione all’Università degli Studi “Suor Orsola
Benincasa” di Napoli. Saranno effettuate quattro riprese dagli angoli dell’aria e un numero
necessario di scansioni finalizzate ad un’acquisizione completa di ogni parte del pavimento, per
evitare possibili lacune all’interno del modello. Lo scanner Riegl utilizza la tecnologia laser per la
determinazione di un numero discreto di punti dei piani ripresi, acquisendo 10.000 punti al secondo
ad una risoluzione di +\- 10 millimetri e 2.000 punti al secondo a +\- 5 millimetri. La scansione
avviene attraverso uno specchio rotante\oscillante che dirige il fascio laser con un angolo
conosciuto, garantendo una divergenza del raggio laser pari a 0,3 mrad, un minimo passo angolare
di 0,01°, una risoluzione angolare di 0,0025° e una risoluzione delle misure di 5 millimetri. Prove
sperimentali hanno, però, dimostrato che il livello della risoluzione delle misure può essere
largamente migliorato attraverso scansioni multiple progressive ed un trattamento specifico delle
nuvole di punti con software dedicati. Lo scanner, infatti, restituisce i piani scansiti sottoforma di
insiemi di punti detti “nuvole”, che richiedono procedure di elaborazione più o meno complesse,
volte alla generazione, a parte da queste, di NURBS o mesh chiuse, ossia di “oggetti”
tridimensionali che discretizzano i gruppi di punti con gradi di approssimazione variabili,
permettendo una più pratica gestione dei modelli e delle informazioni ad essi associate.
A tal proposito si provvederà ad una suddivisone dei punti a seconda delle caratteristiche materiche
degli elementi ripresi, facendo ben attenzione ad evidenziare le anomali altimetriche e a particolari
variazioni cromatiche dei piani. In particolare questo procedimento è reso possibili dalla presenza
sullo scanner di una fotocamera digitale Nikon D100 e dotata di un obiettivo da 14 millimetri che
permette di riprendere le immagini reali dei luoghi da associare, come texture, alla nuvola e quindi
alle superfici corrispondenti. La fotocamera è calibrata allo strumento per mezzo di un supporto
meccanico di precisione, e ciò garantisce un esatto accoppiamento tra i sistemi di riferimento laser
scanner e sensore digitale, e quindi una visualizzazione del modello accurata, su cui sono riportate
informazioni spaziali, quali rigonfiamenti, lesioni, salti di quota ed informazioni cromatiche, che ci
consentono di differenziare i diversi materiali e il loro particolare stato di conservazione. Inoltre
sarà possibile associare alle superfici le informazioni provenienti da altri tipi di indagini, ad
esempio le immagini provenienti da analisi termografiche verranno applicate al modello come
texture e i risultati delle analisi chimiche come informazioni alfanumeriche relazionate ad aree
sensibili. Si otterrà così un sistema informatizzato tridimensionale, facilmente consultabile dagli
operatori direttamente sul cantiere, tale da consentire, attraverso un PC portatile, l’ accesso in tempo
reale all’insieme dei dati riguardanti le specifiche aree di lavoro. Questo “modello tematico
integrato” rileverà, inoltre, i punti degli interventi che si andranno a realizzare sul manufatto e le
specifiche caratteristiche di ognuno, costituendo così una banca dati che associa la “totalità” delle
informazioni relative al pavimento, alle azioni intraprese o che si intendono condurre, nell’ottica di
un loro monitoraggio o di una verifica preventiva.
Dai modelli si produrranno elaborati bidimensionali, viste assonometriche e prospettiche tematiche,
immagini fotorealistiche e ortofoto.
Tra la prima e la seconda fase sarà effettuato l’intervento di consolidamento del massetto di posa e
degli elementi lapidei presenti in loco.
II Fase. Si effettueranno delle nuove riprese tridimensionali con scanner a “luce strutturata” (fig.
2), al fine di realizzare un modello”numerico” del manufatto con gradi di approssimazione rispetto
al reale inferiori al millimetro. Saranno utilizzati in questa fase scanner a luce strutturata e software
per il trattamento delle nuvole di punti.
Fig. 2
Esempio di scanner tridimensionale a luce strutturata
Lo scanner adoperato sperimentalmente in questa fase fa ricorso alla tecnica ottica della luce
strutturata, che consiste nel proiettare sull’oggetto da riprendere un reticolo di linee parallele, detto
“codice”. Se si osservano queste”linee di luce” da una posizione diversa dal punto di proiezione,
esse appariranno incurvate, l’analisi dell’ immagine del reticolo così deformato permetterà di
risalire ad una “mappa topografica digitale” della superficie. Gli scanner che ricorrono a questa
tecnologia sono muniti di un proiettore centrale di luce strutturata e due telecamere ad alta
risoluzione laterali calibrate, capaci anche di acquisire immagini a colori, in modo da ottenere
modelli già texturizzati. L’area di ripresa dello strumento è di 30 cm X 30 cm, ciò richiederà, data
l’ampiezza della superficie da riprendere, più cicli di scansione, le porzioni di modello rilevate di
volta in volta saranno unite con software dedicati, contestualmente alle procedure di acquisizione. Il
modello ottenuto, più accurato di quello generato durante la prima fase di scansione (non
presentando effetti di “rumore” e approssimazioni imputabili alla tecnologia laser), sarà
georeferianziato e trattato in modo da ottenere, anche in questo caso, un modello matematico
gestibile. In particolare si provvederà a suddividere le superfici per una differenziazione materica
delle parti, evidenziando gli elementi lapidei dell’antico pavimento.
III Fase. Sarà realizzato per mezzo di fresa tridimensionale a tre assi Rolard MDX-650 (fig. 3), una
copia fedele del massetto e degli elementi lapidei conservati in loco, a partire dal modello
matematico ottenute dalle nuvole di punti generate dallo scanner a luce strutturata.
Fig. 3
Fresa tridimensionale a tre assi Roland MDX-650
La scelta della fresa MDX-650 è motivata dal fatto che l’Università degli Studi “Suor Orsola
Benincasa” di Napoli, già possiede strumentazioni Roland (scanner laser tridimensionali a
triangolazione ottica e software per la gestione della nuvola di punti e dei modelli) perfettamente
compatibili con questa macchina, inoltre l’ampia area di lavori di 650 mm X 450 mm, la velocità
del mandrino variabile tra 3,000 e 12,000 rpm, con una corsa lungo l’asse Z di 150 mm e
l’accuratezza del movimento(risoluzione meccanica) di 0,001mm\step, garantiscono una notevole
rapidità di esecuzione e precisione del modello. Date le notevoli dimensioni del pavimento sarà
necessario suddividere il modello in circa 100 elementi da realizzare singolarmente e che
successivamente andranno assemblati in modo da formare un unico blocco. Quest’ultimo aspetto
non ci fa escludere la possibilità di utilizzare, a parità di prestazioni, una fresa diversa con un area di
lavoro maggiore. Inoltre il trattamento differenziato delle superfici (durante la seconda fase) ci
consentirà di dividere il modello a seconda dei materiali, mediante ”piani di lavoro virtuali”,
riproducendo le singole pietre e il massetto separatamente, pur garantendo una esatta
corrispondenza tra le parti. I materiali utilizzati per le copie varieranno a seconde delle esigenze dei
restauratori e potranno essere in pietra, legno o materiale plastico.
Tra la III e la IV fase saranno collocati sul modello riprodotto gli elementi lapidei originali. Le
tracce del massetto garantiranno il corretto posizionamento di ogni singola parte, evidenziando
quelle mancanti.
IV Fase Si effettueranno acquisizioni, con lo scanner a luce strutturata, delle zone del modello
ricomposto dove sono presenti le lacune e delle pietre decorse con scanner laser a triangolazione
ottica Roland LPX-1200 (fig. 4) e LPX-250. La prima tipologia di riprese, georeferenziate ed
elaborate secondo le procedure precedentemente illustrate, serviranno per l’esatta determinazione
delle forme degli elementi lapidei mancanti, attraverso la ricostruzione dei modelli numerici dei
vuoti.
Fig. 4
Laser scanner tridimensionale a triangolazione ottica Roland LPX-1200
L’interpolazione di questi ultimi con l’analisi geometrica dell’intero impianto, a partire dalle
ortofoto ottenute nella prima fase, e con i dati delle scansioni effettuate su elementi lapidei simili
dello stesso manufatto (per mezzo di scanner laser a triangolazione ottica - fig. 5), permetterà, con
procedure proprie della Reverse Engeneering, di determinare con esattezza le reali forme delle parti
mancanti.
Fig. 5
Elemento in argilla ripreso con il laser scanner a triangolazione ottica Roland LPX-1200
I modelli matematici di questi elementi saranno, quindi, riprodotti in pietra per mezzo di frese
tridimensionali, trattati superficialmente per distinguerli dalle parti originali e collocati nei vuoti
corrispondenti.
Architetto Leopoldo Repola
Parte terza. Glossario
GLOSSARIO.
Acetate: Acetato (o Cel, se riferito all’uso della celluloide,). Foglio di plastica trasparente usato
nelle tradizionali tecniche d’animazione e nella grafica da proiezione.
Action Line: Linea del movimento (vedi Motion Path).
Aim Point: Punto di mira, puntamento dell’asse ottico della MdP (vedi anche Camera Target).
Algoritmo: Procedura analitica rigorosamente sequenziale per risolvere “passo per passo” un
qualunque problema che sia riducibile nei termini di un sistema simbolico (logico-matematico),
ovviamente composto da elementi discreti dotati di significato univoco. Si tratta dunque di quel
particolare modo di scomporre cartesianamente anche i problemi più complessi al fine di ricondurli
a stringhe di operazioni elementari (facilmente traducibili in termini digitali, ovvero di alternative
binarie), quindi del metodo che è ancora alla base delle attuali tecniche di programmazione
informatica.
Angle: Angolo di campo di un obiettivo (Field of View). Nel cinema si assume ad esempio un
angolo di 30 gradi come riferibile ad una “focale normale”.
Anteprima: Pre-visualizzazione (vedi Preview) di una sequenza d’animazione che consente il
controllo anticipato del risultato di massima (seppure a più bassa definizione) prima di procedere al
“processamento” definitivo della stessa.
Alpha Channel: Nel trattamento delle immagini digitali indica il canale utilizzato per veicolare le
informazioni relative alla mascheratura zonale, ovvero allo “scontornamento” di certe zone del
quadro al fine di ottenere un ritaglio utilizzabile per ulteriori operazioni compositive (vedi anche
Cutout, Matte, Mask, Stencil).
Assolvenza: Apparizione graduale dell’immagine sullo schermo a partire da uno sfondo omogeneo
(ad es. fondo nero; vedi Fade-In).
Aspect Ratio: Rapporto tra la base e l’altezza dello schermo TV (4 : 3).
Axis of Motion: Asse del movimento, ovvero la linea immaginaria lungo la quale un oggetto si
muove nello spazio (talora definibile come il principale vettore risultante dalle diverse componenti
parziali di un fenomeno cinetico complesso).
Characters Generator: Generatore di caratteri alfanumerici, titolatrice elettronica usata nella
lavorazione di un prodotto televisivo. Prende talora il nome corrente della marca o del tipo (es.
Aston, Cypher, Chyron ecc.).
Background: Fondino su cui, ad esempio, è possibile inserire dei titoli. Si tratta dunque del piano
(con tutti gli eventuali attributi di forma, colore, texture ecc.) che fa da sfondo o scenario principale
ad una composizione grafica concepita su più livelli sovrapposti. E come tale rappresenta quindi
l’elemento da inserire per primo nello schermo del computer quando si procede, come in genere
accade, per stratificazione di piani e giustapposizione di ritagli. Si parla anche di lavoro in
background quando una funzione occupa solo una parte della RAM del computer e si può pertanto
lanciare un’altra funzione in foreground.
Bevel: Particolari rastremature o smussature degli spigoli di un oggetto tridimensionale, predisposte
ad esempio per rendere più variegati gli effetti di luce sui caratteri che compongono un logo in 3D.
Bitmap: Immagine Raster, ovvero composta da una mappa di bit o matrice di punti (vedi anche
Pixel)
Bounding Box: Visione semplificata per grossi blocchi scatolari di un oggetto 3D utilizzata, talora
in alternativa al Wireframe, soprattutto al fine di percepire più chiaramente l’orientamento nello
spazio di forme complesse (ad esempio quelle di un corpo umano), nonché per rendere più veloce
l’interazione durante il preview.
Bump Map: Superficie composta da aree più o meno irregolari definite da scale di grigi che
simulano, come in una carta da parati, i rilievi di una texture nel rivestimento bidimensionale di un
oggetto 3D.
Camera Target (Interest): Il centro di mira o “bersaglio” verso cui è puntato l’asse ottico della
camera (vedi anche Aim Point).
Center of the World: Nel modello digitale di un qualunque spazio 3D simulato al computer,
ovvero sempre riferibile con precisione ad un sistema di assi cartesiani (X,Y,Z), il “centro del
mondo” (il punto di riferimento per ogni operazione di orientamento e dimensionamento numerico
delle entità geometriche) tende ovviamente a coincidere per convenzione con le coordinate del
punto di origine in cui tali assi s’intersecano (0,0,0).
Chroma-Key: Chiave cromatica. Intarsio (ottenibile già in fase di ripresa) di un segnale video in un
altro, utilizzando appunto come chiave un colore determinato (uno dei tre colori primari, in genere
il blu o il verde).
Ciak: Tavoletta nera con strisce bianche che nel suo lato inferiore è munita di un’asta mobile
incernierata, in grado cioè di ruotare e di produrre un rumore tipico (un ciak, appunto). Simile ad
una piccola lavagna, su di essa viene infatti scritto in bianco il titolo del film, il nome del regista e
dell’operatore, nonché il numero d’ordine della ripresa. Sul negativo del film i rapporti tra bianchi e
neri ovviamente s’invertono, e ciò facilita la lettura delle scritte anche qualora l’esposizione o lo
sviluppo della pellicola non risultino perfette. Tale strumento viene usato all’inizio di ogni ripresa
cinematografica per facilitare le successive operazioni di montaggio. Il rumore del ciak serve inoltre
come segnale di riferimento per sincronizzare l’immagine con il sonoro.
Clipping Plane: Piano ortogonale all’asse visivo che delimita i bordi dello spazio cartesiano di
riferimento.
Close-Up: In una ripresa indica la visione in dettaglio di un oggetto.
Collision Detection: Gli oggetti virtuali normalmente si compenetrano l’uno nell’altro se non viene
impostato manualmente un valore limite del movimento in corrispondenza dei punti di collisione.
Ma nei modelli di simulazione dinamica (vedi Dynamic Simulation) può essere invece prevista una
funzione che rende automatico questo “rilevamento di collisione”.
Constrain: Costrizione, impedimento che può essere attribuito intenzionalmente ad una qualunque
entità geometrica al fine di vincolare il movimento, la rotazione o il cambio di scala di un oggetto
virtuale rispetto ad una o più direttrici spaziali.
Cut: Taglio. Comando impartito dal regista per interrompere una ripresa (Action). Indica dunque
uno “stop”.
Cutout: Ritaglio, ovvero elemento grafico che può essere ottenuto, ad esempio, mediante lo
scontornamento e il taglio di una figura prelevata dal quadro complessivo di una data immagine
(vedi Picture) in vista di eventuali operazioni compositive di sovrapposizione o accostamento tra
più figure e relativo incollaggio delle stesse (vedi Pasteup)
Cursore: l’elemento segnaletico che sullo schermo del computer consente di seguire con lo sguardo
le azioni svolte dall’operatore all’interno di una interfaccia grafica, ovvero di localizzare con
precisione e in tempo reale la posizione assunta di volta in volta, per così dire, dal nostro “agente
virtuale” nel quadro dei comandi previsti dal programma in uso. Consiste in genere in un puntatore
a forma di freccia, di croce o di barretta mobile, ma può assumere le più diverse forme in base alle
varie funzioni utilizzabili (pennello, matita, orologio ecc.).
Crossfade: Dissolvenza incrociata (DX) tra due inquadrature. Nel linguaggio del cinema indica in
genere un passaggio di tempo.
Dolly: (Altalena, leva, bilancia). Speciale “carrello” di ripresa con braccio elevatore che consente di
muovere la camera anche lungo l’asse verticale.
Daylight: Luce diurna (termine riferito all’uso della luce solare in una ripresa fotografica).
Depth Cue: Effetto atmosferico che riduce gradualmente la visibilità degli oggetti lontani (nebbia,
smog, foschia ecc.)
Dissolve: Transizione graduale ottenuta modificando la luminosità dell’immagine (vedi Fade to
Black e Fade-Out). Si ottiene ad esempio utilizzando un’ apposita barra del Mixer.
Distant Light: Luce direzionale che si suppone distante rispetto al soggetto principale, ovvero
composta da raggi paralleli (simile, in questo, alla luce solare diretta) in quanto posta teoricamente
“all’infinito” anche qualora non venga intesa né come luce principale, né come una
rappresentazione del Sole (cioè non venga resa visibile, in termini naturalistici, come una effettiva
sorgente luminosa appartenente all’orizzonte prospettico della scena).
DLS: Digital Library System. Archivio digitale d’immagini usato nella documentazione
televisiva.
DPI: (Dots per Inch), risoluzione espressa nel numero massimo di dots (punti/immagine) che è
possibile ottenere per ogni inch (1 inch = 2,54 cm) ad esempio nella stampa su carta di un
documento digitale.
Dynamic Simulation: Simulazione di fenomeni fisici, ovvero delle forze locali o globali che
agiscono sugli oggetti: gravità, inerzia, attrito, torsioni ecc., con la possibilità di regolarne parametri
quali l’intensità o la direzione.
Editing: Fase finale di edizione in cui avviene il montaggio, il doppiaggio, la sincronizzazione, il
trattamento delle immagini con eventuali effetti speciali di post-produzione, nonché la titolazione e
la duplicazione di un prodotto video.
Environment Map (o Reflection Map): Superficie contenente un’immagine o una texture che è
come “spalmata” all’interno di una sfera virtuale (invisibile) la quale avvolga l’intero mondo 3D
costruito al computer (in modo da potersi riflettere parzialmente, ad esempio, negli oggetti cromati
presenti sulla scena).
Fade-In: Apparizione graduale dell’immagine in apertura (vedi Assolvenza)
Fade to Black: Dissolvenza in chiusura su nero (Fade-Out).
Field: Semiquadro (due semiquadri interallacciati compongono un frame).
Field of View: Campo della visione o angolo di campo (vedi Angle).
Flash-Back: Inserimento in una sequenza di un racconto che si riferisce al ricordo di eventi passati.
Flip: Ribaltamento orizzontale (inversione tra destra e sinistra) di un Cutout.
Frame: Il singolo “quadro” di una sequenza video (equivalente al fotogramma cinematografico).
Freeze: Congelamento dell’immagine (fermo-fotogramma).
Gel: Gelatina di correzione o colorazione policroma della luce emessa da un riflettore. Funzione del
mixer che produce viraggi cromatici. Nei programmi di computer graphics indica quella funzione
che in genere consente appunto di simulare un foglio di gelatina colorata o pellicola trasparente in
grado di filtrare la luce di una lampada al fine di produrre una dominante di colore o di proiettare,
ad esempio, una sagoma (ovvero un’immagine qualsiasi, non solo riferibile ad una singola slide ma
persino ad un intero filmato) su qualche superficie di un oggetto virtuale.
Glow: Luminescenza, fluorescenza. Proprietà attribuita ad una superficie al fine di creare l’illusione
di una luce propria o di un alone emanato dall’oggetto, anche se non nei termini di una vera e
propria luce radiante (vedi Radiosity).
GUI: Graphical User Interface.
Hidden Line Removal: Cancellazione delle linee nascoste. Rimozione di quelle linee “posteriori”
che nella volumetria di un oggetto supposto opaco, sebbene raffigurato in forma schematica con il
solo reticolo geometrico che ne definisce i contorni, devono risultare nascoste alla vista per evitare
fenomeni di ambiguità percettiva (vedi Wireframe).
In-Betweening: Intercalazione, interpolazione. Calcolo automatico dei passaggi intermedi in una
procedura d’animazione.
Index of Refraction: Valore numerico riferibile alle caratteristiche di un determinato materiale, il
quale determina il tipo di rifrazione dei raggi di luce passanti attraverso un oggetto trasparente più o
meno denso.
Inverse Kinematics: Nell’animare ad esempio una figura antropomorfa la funzione detta
cinematica inversa consente d’impostare un movimento a partire dall’estremità degli arti anziché
dal centro del corpo, ricavando in tal modo, grazie ai vincoli anatomici pre-impostati, la “causa” di
una concatenazione cinematica dall’effetto che questa produce, semplificando così l’animazione
degli oggetti complessi.
Keyframe: Inquadratura chiave in cui sono specificati tutti gli attributi (direzionali, dimensionali,
cinetici ecc.) di un oggetto (attore) rispetto alla linea evolutiva globale del movimento delle
immagini prevista nella fase di programmazione di una sequenza animata. La serie completa,
ovvero svolta per l’intera sequenza, di tali indicazioni relative alle “posizioni chiave” delle entità
animate, configura ad esempio quella traiettoria specifica che l’oggetto è destinato a percorrere
nello spazio inquadrato (vedi Motion Path), la quale dunque si pone come risultante di tutte le
posizioni parziali pre-impostate). La visione schematica d’insieme di tutti gli spostamenti che
l’attore effettuerà nella scena assume quindi, in taluni programmi dedicati all’animazione, l’aspetto
grafico di una linea tratteggiata che può essere più o meno curva e i cui trattini possono essere più o
meno regolari in base alla velocità, all’uniformità, all’accelerazione o al rallentamento dell’azione
(ogni singolo trattino, appunto, rappresenta la posizione dell’oggetto in quel keyframe o
fotogramma specifico).
Live Video: Video dal vivo (l’immagine, proveniente da una fonte qualunque, ad esempio
trasmessa da un canale televisivo, può dunque scorrere sul monitor in tempo reale quando tale
funzione viene attivata, e può pertanto essere acquisita all’interno del sistema grafico con cui si sta
operando).
Lens Flare: Difetto tipico di un obiettivo fotografico che può essere aggiunto artificialmente in una
ripresa virtuale per renderla meno “perfetta” e dunque per accrescere l’effetto di realtà. Oltre al
riflesso di luce che può formarsi all’interno di un obiettivo (ad esempio quando questo è orientato
verso una sorgente di luce puntiforme), per estensione, il temine può indicare genericamente tutti
quei falsi riflessi, bagliori a stella (filtro Cross screen) o aloni luminosi di vario tipo che possono
essere aggiunti alle parvenze di un oggetto o di una scena per renderle più “brillanti” o per
accentuare l’illusione della verosimiglianza (fotorealismo).
Loop: Funzione che consente di “allacciare” la prima e l’ultima inquadratura di una sequenza
animata in modo da riprodurla ad anello, ovvero come un ciclo continuo d’immagini ricorsive.
Matte: Funzione che consente il prelievo o l’intarsio di una porzione d’immagine (vedi anche
Alpha Channel, Cutout, Mask, Stencil).
Matte Key: Chiave d’intarsio. Funzione del Mixer che serve per ottenere effetti d’intarsio (nonché
di colorazione o alterazione cromatica) in un’area predeterminata dell’immagine.
Mask: Maschera (nel Mixer indica la funzione che consente ad esempio di selezionare le diverse
sagome pre-impostate che si possono adottare come “mascherino” per effetti d’intarsio o
transizione).
MdP: Macchina da presa.
Mesh: Nei sistemi di modellazione indica il reticolo di poligoni che definisce la forma degli oggetti.
Metaball: Metasfera. Espediente usato in alcuni programmi di modellazione per simulare con un
procedimento rapido e intuitivo delle “masse semisolide” (Blob), o comunque delle forme
complesse come le fasce muscolari di un corpo umano (Meta-clay, “metamuscoli”). Il metodo più
semplice è appunto quello basato sull’adozione di moduli sferoidali.
Mixer: Strumento utilizzato sia nella fase di Editing o postproduzione video, sia negli studi
televisivi durante la registrazione o la trasmissione in diretta di un programma. Consiste in un banco
di missaggio che può smistare e trattare contemporaneamente un certo numero più o meno elevato
di canali. Si tratta dunque di un apparato elettronico che consente di miscelare, sommare tra loro o
“intarsiare” più segnali, ovvero contributi provenienti da più fonti (audio e video) ricorrendo anche
ad una serie di effetti di transizione in parte già programmati, in parte regolabili in base ad esigenze
specifiche (tendine, mascherini, dissolvenze, alterazioni cromatiche ecc.).
Modeling: (Solid Modeling), modellazione dei solidi, fase di costruzione dei modelli 3D che
logicamente precede l’eventuale passaggio a quelle ulteriori fasi di coreografia o regia virtuale
richieste dalla produzione di una sequenza animata tridimensionale.
Morphing: Abbreviazione di “metamorphosing” adottata per indicare appunto un effetto di
metamorfosi facilmente ottenibile con determinati programmi, in virtù del quale la forma di un
oggetto si trasforma in quella di un altro mediante una serie di deformazioni topologiche (ottenute
per successive intercalazioni automatiche una volta impostati un certo numero di “punti di
controllo” in comune tra le due immagini) seppure ricorrendo in genere anche ad una dissolvenza
incrociata che consenta di ridurre il numero dei fotogrammi realmente modificati e dunque i tempi
di trattamento.
Motion Capture: Dispositivo che consente l’acquisizione degli schemi di movimento da modelli
reali, ovvero d’importare le coordinate di un certo numero di punti di controllo posti in
corrispondenza delle principali articolazioni di una figura (ad esempio, di un attore o di un mimo).
Motion Control: Sistema che consente di coordinare in modo automatico e in tempo reale il
movimento effettivo di una telecamera con le trasformazioni prospettiche di una scenografia
virtuale generata dal computer.
Motion Path: Traiettoria del movimento (vedi anche Action Line e Keyframe)
Motion Tracking: Tecnica laboriosa che consiste nel sovrapporre inquadratura per inquadratura
(frame by frame) le azioni riprese dal vivo con le animazioni generate dal computer. Oggi è
tuttavia possibile ricorrere a sistemi totalmente automatizzati (vedi Motion Control).
NURBS: Non Uniform Rational Beta Spline. Particolari curve usate nei programmi 3d per
generare dei solidi (costruiti appunto mediante interpolazione di più Spline disposte nello spazio in
modo non uniforme).
Paint-Box: Alla lettera “scatola per dipingere”, termine anglosassone indicante la tipica valigetta
dei colori abbinata al cavalletto portatile. Ma in realtà qui ci riferiamo al nome di un noto sistema
grafico-pittorico digitale che rappresenta la base di una linea di prodotti della ditta inglese Quantel.
Utilizzato a partire dagli anni ‘80 (e molto usato ancor oggi grazie anche alla sua ormai ben
collaudata affidabilità) nella maggior parte degli apparati televisivi, nonché nei centri specializzati
in computer animation e postproduzione digitale.
Paint System: Sistema grafico-pittorico digitale (in genere di tipo Raster ovvero a matrice di punti,
ma che può anche includere funzioni vettoriali) che simula, grazie ad una sorta di tavolozza
elettronica, gli strumenti tradizionali del disegno e della pittura.
Pan: Inquadratura panoramica, ovvero rotazione della camera intorno all’asse verticale.
Particles: Effetti “particellari” inseribili in una animazione 3D che, seppure basati sull’uso di
semplici particelle bidimensionali, consentono di rendere in modo verosimile anche fenomeni
“caotici” molto complessi (fumo, vapore, disintegrazione di oggetti ecc.).
Pasteup: Nei sistemi pittorici (vedi sopra Paint System) indica la funzione che consente la
giustapposizione e l’incollaggio (collage) di ritagli o elementi grafici eterogenei.
Picture: L’intera immagine che riempie lo schermo (contenuta in un singolo Frame). Nei sistemi
digitali viene memorizzata e trattata sotto la forma numerica di una matrice di punti o Bitmap.
Pixel: La singola “tessera” luminosa che compone il “mosaico” dell’immagine sullo schermo del
computer. Si tratta dunque dell’unità minima, del più piccolo “elemento pittorico” di ogni
immagine video (il termine deriva infatti dall’abbreviazione di picture element).
Preview: Visione anticipata, seppure in forma talora meno definita o comunque provvisoria e
dunque reversibile, di come risulterà un’animazione o il montaggio finale di una sequenza video
(vedi Anteprima).
Radiosity: Sofisticato sistema di Rendering che consente una resa fedele della luce radiante,
riflessa, rifratta ecc.. Si tratta dunque di un particolare algoritmo più veloce del Ray Tracing e che
rispetto a quest’ultimo consente migliori risultati qualitativi in senso fotorealistico.
Rallenty: Nel cinema il rallentamento delle immagini si può ottenere elevando la cadenza di
ripresa. In campo televisivo si ricorre ad apparati che utilizzano dischi magnetici o particolari
sistemi di videoregistrazione definiti di tipo elicoidale.
Ray Tracing: Algoritmo usato spesso per il rendering finale nelle animazioni 3D, basato sul
calcolo dei riflessi e sul tracciamento dei raggi di luce in relazione alle caratteristiche delle superfici
degli oggetti. Se usato abilmente a tale scopo, consente dunque un alto grado di verosimiglianza
“fotorealistica”, ma richiede anche calcoli più complessi (nonché tempi di processamento più
lunghi) rispetto ad altri tipi di rendering meno raffinati.
Raster: Matrice di punti. Sistema “pittorico”, ovvero uno dei due metodi usati per costruire un’
immagine elettronica (vedi anche Bitmap); si distingue, infatti, dal sistema “grafico” vettoriale
(Stoke).
Reflection Map: Mappa di riflessione (vedi Environment Map).
Reggetta: Barretta metallica artigianale con tre perni che, unita ad un’apposita foratrice, consente di
mettere a registro i disegni nella tecnica di animazione tradizionale.
Rendering: Rendimento, resa in termini “esecutivi” delle qualità sensoriali dell’immagine previste
dall’autore. Può indicare dunque quel trattamento finale che definisce (o, per così dire, “sviluppa in
bella copia”) l’aspetto delle superfici, nonché la stessa evoluzione temporale degli oggetti quando si
tratta di un’animazione. Si ottiene così il processamento dell’immagine, ovvero il compiuto
svolgimento della serie di operazioni precedentemente impostate. Poiché tale procedura richiede in
genere un certo tempo più o meno lungo di elaborazione, la fase di rendering presume dunque che
siano concluse tutte le fasi preparatorie (le impostazioni generali, le verifiche in Preview), anche
qualora si tratti di realizzare una singola immagine sintetica in 3D piuttosto che un’intera sequenza
animata.
RGB: Red, Green, Blue. I tre colori primari (Rosso, Verde e Blu) della sintesi additiva usati nella
codifica elettronica dei segnali video.
Roll: Rotazione della camera intorno alla linea di mira.
Rostrum Camera: Sistema di ripresa automatizzato consistente in una o più telecamere sospese su
bracci meccanici semoventi in grado di muoversi in più direzioni, di ruotare, nonché di scorrere su
apposite guide. Il movimento è controllabile mediante computer (essendo programmato a priori
oppure registrato e riprodotto fedelmente dalla macchina): è possibile, ad esempio, una volta
impostate le inquadrature chiave, ottenere per intercalazione automatica la curva risultante della
traiettoria di ripresa. Si usa in genere per la ripresa in studio di modellini (o comunque di oggetti
con dimensioni necessariamente limitate), ad esempio per le esigenze tipiche dei documentari
scientifici o dei film di fantascienza.
RVM: Registrazione Video Magnetica.
Safe Area: Area di sicurezza che in un monitor indica lo spazio utile per le titolazioni. Occorre
infatti tener conto che nei televisori domestici una scritta troppo vicina al bordo dello schermo
potrebbe risultare “tagliata” (Cut-Off).
Scanning: Scansionamento automatico di un oggetto per acquisirne la geometria (mediante uno
Scanner 3D). Un procedimento analogo, ma basato sul rilievo manuale dei punti salienti
dell’oggetto mediante un apposito puntatore, si definisce invece 3D Digitizing.
Sequencer: Sorta di righello o “pentagramma” composto da una serie di linee parallele che nei
programmi d’animazione consente il controllo visivo e operativo, durante l’impostazione di una
sequenza video o d’animazione, di tutti i parametri relativi ai cambiamenti di forma e posizione, ai
sincronismi, agli oggetti e agli eventi ambientali che si sviluppano in una determinata linea del
tempo.
Sincrono: Coincidenza fra suono e immagine.
Size: Dimensione.
Skeleton: Scheletro. Schema semplificato di un corpo umano.
Skycam: Camera telecomandata, in genere sospesa a tiranti metallici, usata per riprese dall’alto
(utili ad esempio in uno stadio).
Slow Motion: Movimento rallentato (Pseudo-Rallenty) ottenuto in fase di lettura RVM.
Snorkel: Minuscolo obiettivo grandangolare inserito in una sottile asta periscopica che viene in
genere usato per la ripresa di modellini (vedi anche Rostrum Camera).
Spin: Rotazione della camera o dell’oggetto attorno ad un asse prestabilito.
Spline: Nei sistemi grafici vettoriali indica la funzione che consente di generare curve mediante
l’impostazione di punti di controllo.
Steadycam: Camera stabilizzata mediante contrappesi per riprese professionali effettuate a mano,
ovvero senza l’ausilio di cavalletti o carrelli.
Steady Shot: Ripresa stabile. Obiettivo compensatore di shock, ovvero stabilizzato al fine di ridurre
le eventuali vibrazioni prodotte in particolari situazioni di ripresa.
Stencil: Mascherino, pellicola trasparente o sagoma disegnata che consente di scontornare o coprire
una parte dell’immagine per proteggerla ad esempio dal colore debordante di un getto d’aerografo,
o per ottenere un ritaglio, uno stampo da usare con la spugna ecc. I caratteri in versione stencil,
com’è noto, sono infatti quelli che possono essere adottati anche per realizzare dei “normografi” di
plastica o delle guide di lamierino con cui riprodurli facilmente su qualunque supporto. Nei moderni
programmi di grafica digitale il termine ricopre significati analoghi.
Superimpose: Sovrimpressione.
Texture mapping: Applicazione di rivestimenti bidimensionali a modelli 3D.
Tilt: Panoramica verticale, ovvero rotazione della camera intorno all’asse X.
Time Code: Codice di tempo. Numerazione progressiva dei fotogrammi. Si tratta appunto di un
riferimento numerico associato a ciascun frame di una sequenza video mediante un apposito
dispositivo automatico incluso nei sistemi di videoregistrazione. Consente dunque una precisa
ricerca dei singoli elementi della sequenza e dunque facilita le operazioni di montaggio.
Track: Traccia; si dice talora anche di una funzione che, in computer animation, consente lo
scorrimento lineare del punto di vista lungo l’asse Z, ovvero un tipo di ripresa virtuale simile a
quella ottenuta mediante carrello cinematografico (vedi Truck), la quale dunque implica uno
spostamento della camera nello spazio e un eventuale “inseguimento” (to track, inseguire) del
soggetto che compie l’azione.
Trackback: Carrellata all’indietro.
Truck: Carrello. Nel gergo cinematografico la carrellata è quel particolare tipo di ripresa in cui la
MdP scorre appunto su una rotaia e dunque può spostarsi realmente in orizzontale nello spazio
scenico (anche mantenendo la stessa focale), a differenza della “zoomata” che implica invece solo
un cambiamento dell’angolo di campo.
Trucka (in gergo Truka o Truca): Sistema ottico-meccanico che consente particolari trucchi ed
effetti speciali cinematografici (dissolvenze, fermo immagine, accelerazioni, rallentamenti,
mascherini, tendine, sovrimpressioni ecc.).
Tumble: Ribaltamento verticale (inversione tra l’alto e il basso) di un Cutout.
Turn: Funzione che consente di curvare un angolo dello schermo (effetto “voltapagina”).
Wipe: Tendina, effetto di transizione che si può facilmente ottenere col Mixer (vedi fig.).
Wireframe: Rappresentazione schematica di un oggetto tridimensionale mediante le sole linee dei
contorni, ovvero della costruzione geometrica (come se questo fosse, insomma, realizzato “a fil di
ferro”). Per evitare ben noti fenomeni di ambiguità percettiva è possibile in genere escludere le linee
che in una visione prospettica reale di un oggetto opaco risulterebbero nascoste in quanto coperte
dalle superfici dell’oggetto poste in primo piano rispetto al nostro punto d’osservazione (vedi
Hidden Line Removal).
Yaw: Rotazione dell’oggetto attorno all’asse Y.
Zoom: Obiettivo a focale variabile con il quale è possibile appunto variare l’angolo di campo e
dunque i rapporti dimensionali all’interno dell’inquadratura rispetto alla scena ripresa (pur restando
fermi nella medesima posizione e mantenendo la stessa distanza dal soggetto).