Tesina_maturità meccanica IIS/ITI

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Nicholas Menegatti Classe V a Meccanici Impianti chimici, gestione economica e loro componenti I.T.I. ”N. Copernico - A. Carpeggiani” Relatore: Ing. Prof. Panini Gianfranco Ferrara: giugno 2015

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Nicholas MenegattiClasse Va Meccanici

Impianti chimici, gestione economicae loro componenti

I.T.I. ”N. Copernico - A.Carpeggiani”

Relatore: Ing. Prof. Panini Gianfranco

Ferrara: giugno 2015

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Nicholas Menegatti: Impianti chimici, gestione economica e loro componenti,Tesi di Maturità © - Ferrara - giugno 2015.

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Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardol’universo ho ancora dei dubbi.

— Albert Einstein

Dedicato a chiunque rifiuti e veda ogni forma di sapere e libera conoscenzacome una limitazione alla felicità e al benessere sociale ed umano.

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Ringraziamenti

Un grazie va ai docenti che, fin dal primo anno, mi hanno sostenuto nel miopercorso e spinto a realizzare sempre le mie idee, arrivando così a realizzaregli obiettivi che mi ero prefissato. Tutto questo mi ha portato fino a qui, ametà strada. Spetta a me, ora, giungere in fondo con l’austera dedizione allostudio e al lavoro che mi è stata impartita.

Questa, insieme ad altri valori come l’onestà, la sincerità, il senso deldovere e il rispetto verso il prossimo, sono stati la base fondamentale dellamia istruzione.

Ho imparato, prima ancora di leggi fisiche e concezioni umanistiche, questivalori e principi fondamentali necessari per la società e la formazione di unindividuo. Importante è stato l’apprendimento delle basi scientifiche per ilmio successivo sviluppo nel campo lavorativo e ancor più quello di fondamentifilosofici e storici grazie ai quali sono stato formato in ambito sociale.

Ritengo quindi che sia troppo poco, indispensabile e necessario daresolamente un grazie ai docenti che mi hanno accompagnato, sostenuto eincoraggiato a perseguire i miei obiettivi. Essendo quindi un ”semplice”ringraziamento troppo esiguo cercherò, per quanto mi è possibile, di ricambiareil vostro sforzo con tale lavoro e con la promessa di un impegno futuro nelterminare ciò che insieme è stato iniziato.

Un particolare ringraziamento va anche al Sig. Arrigo Pozzati. Personadi straordinaria competenza e professionalità, non si è limitato al ruolo ditutor aziendale ma è stato come un maestro che con rigore, serietà, pazienzae disciplina mi ha fatto comprendere meglio questo settore della meccanicadando un valido, seppur ”breve”, contributo alla mia formazione professionale.

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Indice

Introduzione vii

1 Gestione e analisi economica degli impianti 11.1 Considerazioni economiche e organizzative . . . . . . . . . . . 1

1.1.1 Scelta del prodotto e del processo produttivo . . . . . . 11.1.2 Analisi e valutazioni sull’investimento iniziale . . . . . 4

1.2 Utilizzo di software . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Il fenomeno dello scorrimento viscoso (o creep) 122.1 Origine e cause del creep . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.2 Prove di laboratorio e analisi del creep . . . . . . . . . . . . . 132.3 Tipi di frattura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.4 Acciai impiegati per prevenire e ritardare il fenomeno . . . . . 18

3 Sistemi automatici e automazione in un impianto 213.1 Elementi costitutivi i sistemi automatici . . . . . . . . . . . . 21

3.1.1 Sensori-trasduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.1.2 Controllori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.1.3 Attuatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.1.4 Azionamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.2 Applicazioni dei sistemi automatici . . . . . . . . . . . . . . . 26

4 Main aspects of chemical plants 294.1 Enviromental problems . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.2 Safety problems . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

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INDICE v

Bibliografia 32

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Elenco delle figure

1.1 Ripartizione del TCI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.2 Ripartizione del TPC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2.1 Moto delle dislocazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.2 Curve di creep e creep rate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.3 Diagramma delle fratture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.4 Schemi dei meccanismi di frattura . . . . . . . . . . . . . . . . 182.5 Energia fornita dal combustibile . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.6 Grafico resistenza a creep-materiale . . . . . . . . . . . . . . . 20

3.1 Termocoppia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233.2 Giunti per termocoppie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233.3 Schematizzazione di una termoresistenza . . . . . . . . . . . . 243.4 Range dei termistori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.5 Schema di un forno elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

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Introduzione

Questo lavoro si pone lo scopo di descrivere e far conoscere, seppureparzialmente, il settore dell’impiantistica ed il suo funzionamento. Si tratterádi seguito della loro economia, delle problematiche relative ai materiali di cuisono costituiti i loro componenti e di quanto sia necessario un processo dicontinuo sviluppo degli stessi. Con riferimento a quanto scritto di seguitosi vuole analizzare, in maniera non esaustiva, la loro complessitá e impor-tanza nella societá attuale. Questi costituiscono, infatti, un grande settorea livello mondiale, inteso sia come posti di lavoro sia come risorse prodotteper il benessere comune. Nonostante ció sono spesso trascurati nel settoreeducativo/scolastico. Verranno quindi forniti dei cenni sugli stessi allo scopodi ampliare la conoscenza sui medesimi.

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Capitolo 1

Gestione e analisi economicadegli impianti

1.1 Valutazioni economiche e organizzativeImpianti come quelli progettati dalla FasTech s.r.l. hanno dei notevoli

costi iniziali, da ammortizzare poi nel tempo, allo scopo di ottenere un utile.A tal fine bisogna scegliere in maniera adeguata il bene da produrre, così dasoddisfare il mercato, ed eseguire un’analisi economica del processo produttivodello stesso. Per eseguire tale analisi è necessario conoscere fin da subito treaspetti legati all’economia del processo:

il capitale da investire per la realizzazione dell’impianto,

il costo totale del prodotto

e la redditività , cioè la convenienza economica, del progetto in esame.

Ciò verrà trattato di seguito.

1.1.1 Scelta del prodotto e del processo produttivo

Allo scopo di ottenere un profitto bisogna sviluppare un prodotto per poicommercializzarlo. Occorre quindi effettuare apposite indagini di mercato, alfine di soddisfare le esigenze dello stesso, così da ricavare il miglior profittopossibile. Il prodotto deve inoltre essere competitivo a livello economico e

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 2

soddisfare a requisiti di qualità. Si riporta in tabella 1.1 la relazione fra laprocedura di analisi economica e il processo di progettazione.

Verrà qui presa in esame solamente la prima. Il termine problema verràusato per indicare solamente l’esigenza del mercato e non, in maniera piùampia, le situazioni decisionali che richiedono un analisi economica di matriceingegneristica.

Tab. - 1.1: Relazione generale fra la procedura di analisi economica e ilprocesso di progettazione.

Procedura di analisi economica deiprogetti di ingegneria

Processo di progettazione ingegneri-stica

1. Individuazione, definizione ed esamedel problema.

2. Formulazione delle possibili alterna-tive.

3. Stima dei risultati attesi e dei flus-si di cassa (cash flow) di ognialternativa.

4. Selezione del criterio (o dei criteri)di scelta.

5. Analisi e confronto delle alternative.

6. Scelta dell’alternativa da preferire.

7. Monitoraggio delle prestazioni evalutazione ex-post dei risultati.

1. Definizione del problema / fabbiso-gno.

2. Formulazione e valutazione delproblema / fabbisogno.

3. Sintesi delle possibili soluzioni(alternative).

4. Analisi, ottimizzazione e valutazio-ne.

5. Indicazione dettagliata dell’alterna-tiva progettuale prescelta.

6. Comunicazione e illustrazione dellasoluzione scelta.

La tabella 1.1, per quel che concerne l’analisi economica, riporta i passaggidi seguito spiegati:

1. La definizione del problema risulta molto importante, essa fornisce labase per il resto dell’analisi. L’individuazione del problema è solitamentestimolata da esigenze di mercato, quali ad esempio aspettative dei clienticirca un prodotto o un servizio. L’esame di questa richiesta comportaanche una comprensione dei fabbisogni dei consumatori;

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 3

2. La seconda fase, la formulazione delle alternative (o option development),si divide in due passaggi:

• la ricerca delle possibili alternative;• il loro esame,

allo scopo di ridurre il numero a un insieme più ”fattibile” da sottoporread analisi dettagliata:

(a) Inizialmente è necessario concentrarsi nel ridefinire il problema an-che sotto diverse formulazioni; importante è non esprimere giudiziallo scopo di escludere possibili idee. Inoltre è necessario assicurarsiche il vero problema sia centrato. Si possono ora formulare diversesoluzioni per soddisfare il mercato.

(b) È ora necessario formulare le alternative d’investimento. Si possonoinfatti scegliere diverse soluzioni sulle quali investire. Tra quellericavate dalla fase precedente si dovrà quindi scegliere, attraversoun’analisi dei costi di ogni possibilità, l’investimento per ognunadi esse.

3. La stima dei risultati attesi dalle singole alternative si esegue adottandoun punto di vista coerente e critico nei confronti delle diverse possibilità,ponendo attenzione sulle differenze tra le stesse. È necessario inoltreconcentrarsi sui flussi di cassa (cash flow) che ogni possibilità apre. Ladecisione finale non va però presa solo in base a questi; oltre agli aspettieconomici entrano in gioco anche la soddisfazione dei dipendenti, la sal-vaguardia dell’ambiente, le buone relazioni coi clienti e mantenendo unaproduzione flessibile al fine di soddisfare i cambiamenti della domanda.

4. È necessario scegliere un criterio decisionale considerando tutti quellirilevanti. Il decisore, in questo caso la società ”commissionartice” del-l’impianto, selezionerà l’alternativa che meglio soddisfa i suoi interessi equelli degli eventuali investitori.

5. L’analisi e il confronto delle alternative avvengono principalmente consi-derando anche l’inflazione o la deflazione, i tassi di cambio e altri fattorieconomici variabili a lungo termine.

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 4

6. Nella fase finale dell’intero processo si sceglie l’alternativa da preferiretra le varie proposte.

7. Monitoraggio delle prestazioni e valutazione ex-post risultati significa,attraverso una raccolta di dati effettuata lungo una scansione temporale,verificare se i risultati attesi coincidono con quelli previsti e pertantosi avrà una conferma della corretta esecuzione dell’analisi economicasvolta.

La scelta del prodotto su cui investire è così determinata; essa è importanteper definire il costo totale del prodotto ed effettuare altre valutazioni ditipo commerciale. Una volta scelto ciò, si dovrà analizzare la redditività el’investimento iniziale prendendo in considerazione i costi delle attrezzature enon solo quelli dell’impianto.

1.1.2 Analisi e valutazioni sull’investimento iniziale

Al fine di effettuare un analisi dell’impianto e del processo produttivoè necessario disporre di tutti i costi d’installazione (IC) e di esercizio (OC)relativi alla apparecchiature. Grazie alla progettazione e studio del processoindustriale si riesce a stilare un elenco delle attrezzature con i relativi costi.Solitamente, allo scopo di evidenziarli meglio, si ricorre all’ausilio di grafici efogli di calcolo, usati anche per le analisi economiche. Tramite quest’analisiè possibile sapere non solo il capitale da investire per realizzare l’impian-to ma anche il costo totale del prodotto e la reddittività. Con lo studioprogettuale precedentemente fatto si arriva a stabilire il costo delle diverseapparecchiature/componenti del processo preso in esame.

Esistono infatti diverse voci di costo d’esercizio relative ad esso. Puòtuttavia risultare difficile il confronto tra i costi d’installazione, espressiin dollari, e i costi d’esercizio, in dollari/anno. I primi infatti vengonoammortizzati nel tempo e sui prodotti, sono pertanto divisi tra i vari annidel ciclo di vita dell’impianto e sul quantitativo della produzione, i secondisono costi da sostenere ogni anno per la gestione e il corretto funzionamentodello stesso, tra questi troviamo per esempio i costi indiretti e quelli ripetitivi.Allo scopo quindi di poter confrontare al meglio queste tipologie di costi si

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 5

utilizza un artificio contabile. Con esso si ”annualizzano” i costi d’installazionerendendoli annui, questi saranno pertanto esprimibili in dollari/anno. Ciò èpossibile grazie al fattore di annualizzazione del capitale investito (capitalcharge factor, CCF ), espresso in [anni−1] (Douglas, 1988). Tale fattore èprincipalmente in funzione del tasso d’interesse e della vita utile dell’impianto,può assumere quindi diversi valori (ad esempio 1/3 anni−1 così che dividendoper 3 gli IC si rendano confrontabili con gli OC). Tali costi possono poiessere meglio confrontati con grafici. Definite così le diverse voci di costoè possibile effettuare l’analisi economica relativa al processo in esame. Sipuò pertanto rispondere, attraverso il procedimento illustrato di seguito, alleseguenti domande:

1. Quanto denaro serve per costruire un impianto?

2. Quanto denaro serve per far funzionare un impianto?

3. Quanto conveniente è il progetto per l’investitore?

I fattori economici da calcolare per la nostra analisi economica sonorispettivamente l’investimento totale del capitale (TCI), il costo totale delprodotto (TPC) e la redditività del processo. Uno tra i metodi più noti è ilmetodo Douglas (Douglas, 1988). In tale riferimento si riportano modelli dicalcolo per il TCI e TPC, essi consentono di produrre stime approssimativedei flussi di cassa (cash flow), ad un costo ragionevole, così da dare datiinformativi sulla decisione da prendere. Tali valutazioni hanno un grado diaccuratezza compreso tra il +30% ed il −20% . Per la ricostruzione dei flussidi cassa durante l’esercizio del processo, è necessario stimare il TCI e il TPC,sulla base dei quali è infine possibile valutare la redditività del processo inesame.

1. Investimento totale di capitale (Total Capital Investment, TCI).Si definisce come investimento l’impiego di una somma di denaro (capi-tale) per produrre beni o servizi, dai quali trarre un profitto (Barolo,2012). Il capitale da investire per la costruzione dell’impianto non èsolamente quello necessario all’acquisto delle apparecchiature e alla

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 6

loro installazione. Infatti il TCI è dato dalla somma di tre contributidistinti:

TCI = FCI +WC + StC

Dove:

• FCI = capitale fisso (fixed capital investment), corrisponden-te ai costi diretti ed indiretti da sostenere per la costruzionedell’impianto [dollari].

• WC = capitale d’esercizio (working capital), richiesto per poteresercire giornalmente l’impianto. Esso viene rinnovato ogni meseper mezzo della vendita del prodotto, generando cassa [dollari].

• StC = spese di primo avviamento (start-up costs). Quando l’im-pianto viene avviato la prima volta è necessaria forza lavoro extrae talvolta si devono anche modificare le apparecchiature [dollari].

Tali voci si dividono in diverse categorie, da analizzare separatamenteai fini dell’analisi, come riportato nel grafico in figura 1.1.

Qui si evidenzia la ripartizione del FCI tra spese dirette e indirette rispet-to alla costruzione di un impianto. Le prime possono essere suddivise traquelle interne (i processi di fabbrica, i limiti di batteria dell’impianto) equelle esterne (servizi di fabbrica quali edifici e collegamenti di trasportocon l’esterno). Da ciò si ottiene quindi la suddivisione dei costi direttitra ISBL (inside battery limits) e OSBL (outside battery limits). Si notaquindi come i costi diretti interni costituiscano solamente una parte delTCI complessivo. Ciò che si è portati a pensare possa costituire l’interoinvestimento di capitale (l’ISBL) è solo una delle tante voci del TCI. Ilmetodo Douglas permette, essendo i costi diretti interni la voce a cuipiù spesso si riesce a dare una stima adeguata, la valutazione del TCIa partire dalla conoscenza di quest’ultimi:

TCI ' 2,36× (ISBL) = 1,30× (FCI)

Questo riduce notevolmente lo sforzo di calcolo del TCI.

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 7

Fig. - 1.1: Ripartizione del TCI nelle diverse voci che lo caratterizzano, cona fianco il peso relativo delle stesse tipicamente riscontrato inimpianti chimici (Bezzo, 2013).

2. Costo totale del prodotto (Total Product Cost, TPC). È ora ne-cessario stimare il costo necessario a far funzionare l’impianto stesso.Ciò porta a definire il cosiddetto costo totale del prodotto (TPC). Co-me si può osservare nel grafico figura 1.2 il TPC si suddivide in duecategorie, i costi di produzione e le spese generali (SARE).

Queste ultime comprendono le spese amministrative, i costi di distribu-zione e vendita e le spese associate alla ricerca e sviluppo.

Nel complesso possono essere valutate come il 2,5% dei ricavi dellevendite. I costi di produzione sono inoltre costituiti da tre voci distinte:

• Costi variabili di produzione (o costi diretti o di funzionamento):definiti in questo modo poiché variano con il volume dei prodotti.Maggiore è la produzione, maggiore è la loro entità. Di conseguenzacomprendono i costi delle materie prime, delle utilities, una partedelle spese di manutenzione, i salari degli operatori d’impianto edaltre voci.

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 8

Fig. - 1.2: Ripartizione del TPC nelle diverse voci che lo caratterizzano, cona fianco il peso relativo delle stesse tipicamente riscontrato inimpianti chimici (Bezzo, 2013).

• Costi fissi: questi sono indipendenti dal volume dei prodotti; com-prendono, infatti, l’ammortamento del capitale, le imposte locali,le assicurazioni, . . . .

• Spese generali di produzione: comprendono la maggior parte dellespese di manutenzione (solo una piccola parte è inclusa nei costivariabili), i servizi di vigilanza, . . . .

Definito il TPC, è necessario un modello utile ad una sua stima suffi-cientemente accurata:

TPCwd =1,03 (Cmp + Cu) + 0,186× CISBL

+ 2,13× 105 ×Nop + 0,025 (ricavi)

Dove:

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 9

• TPCwd = costo totale del prodotto, escluso l’ammortamento(without depreciation) [dollari/anno].

• (Cmp + Cu) = costo annuo associato all’acquisto di materie primee all’utilizzo dei servizi di fabbrica (utilities) [dollari/anno].

• CISBL = costi diretti interni [dollari].

• Nop = numero di operatori richiesti durante l’esercizio del processo[adimensionale].

• ricavi = ricavi associati alle vendite del prodotto [dollari/anno].

I coefficienti dell’equazione sono dimensionali, tali da generare addendiespressi in dollari/anno, a partire da informazioni in unità di misuradiverse. Alla base del presente modello ci sono le seguenti ipotesi:

• le spese generali (SARE) sono assunte pari al 2,5% dei ricaviannui.

• le spese (annue) per la manutenzione sono assunte pari allo 0,04%del FCI.

• il costo ”aziendale” di un operatore turnista è di circa 100 000dollari/turnista annuo: tale stima, effettuata da Douglas, è ineccesso, poiché normalmente il valore è di circa 50 000 - 60 000dollari/turnista annuo.

• si considera il caso in cui non si prende a prestito capitale e non cisono spese per affitti.

• nel calcolo del TPC è escluso l’ammortamento.

Per stimare il costo totale del prodotto (ammortamento escluso), èquindi necessario calcolare il consumo di materie prime, il consumodi utilities, la portata di prodotto, i costi di tutte le apparecchiatureinstallate (per la valutazione dei costi diretti ISBL), il numero totaledegli operatori necessari all’esercizio del processo.

Il numero degli operatori richiesti (turnisti) può essere stimato daun’analisi sul flowsheet della ”quantità di lavoro” da compiere. In unimpianto industriale a funzionamento con processo continuo il lavoro è

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1.1 Valutazioni economiche e organizzative 10

organizzato a turni. Ognuno di essi è coperto da più operatori: ogniposizione equivale a 8 ore per turnista. Un operatore copre circa 5turni settimanali per circa 48 settimane all’anno per un totale di 240turni annui. Essendoci in un impianto 365 giorni lavorativi e dovendociessere, per ogni posizione, almeno 3 turni, per ognuna di esse vannocoperti 1095 turni all’anno. Di conseguenza il numero di turnisti cheserve a coprire ogni posizione in un turno è circa 4,6. Considerandopoi malattie, permessi, lavori extra durante gli avviamenti il numerodi operatori minimo sarà, circa, di 5. È possibile dunque stimare ilnumero di turnisti necessari sulla base del numero di posizioni richiesteper turno nell’impianto (Npt), secondo l’equazione (Barolo, 2012):

Npt '√

6,29 + 0,23×Nstadi

Dove Nstadi è il numero di operazioni in cui si articola il processo, includecompressori, scambiatori, miscelatori, reattori e altri componenti tipicidi un impianto. Valutato ciò il numero di operatori è:

Nop ' 4,7×Npt

L’ultimo elemento da definire è quindi l’ammortamento. Questo è insostanza la modalità contabile con cui si registra nei libri aziendali ildeprezzamento nel tempo delle apparecchiature e dei fabbricati (Barolo,2012). Del capitale investito inizialmente solo per il capitale fisso (esclusoil terreno) si effettua l’ammortamento.

3. Redditività di un processo. È la fase in cui si valuta la convenienzaeconomica del progetto così progettato. A partire da un investimentoiniziale di capitale, si realizza un processo per il quale si otterrannoannualmente ricavi e si dovranno sostenere costi di produzione. Anchedel flusso di cassa Douglas propone un modello di valutazione (Douglas,1988).

L’investimento di capitale è effettuato durante la costruzione dell’im-pianto, i costi di produzione ed i ricavi si hanno negli anni successivi

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1.2 Utilizzo di software 11

con impianto in marcia. Bisogna quindi riferire tutto sulla stessa basetemporale, tale operazione prende il nome di sincronizzazione dei flussidi cassa ed è possibile grazie al concetto di interesse.

1.2 Utilizzo di softwareCon lo sviluppo delle tecnologie il supporto cartaceo del progetto viene

sempre meno se non per la stampa finale. Vengono utilizzati software semprepiù moderni allo scopo di facilitare e snellire il processo di disegno del progetto.La maggior parte di questi software sono appartenenti alla suite della societàAutodesk. Alcuni tra i più noti sono ad esempio Inventor, Autocad o ESApro.Quest’ultimo è una suite completa di applicativi AutoCAD dedicata allaprogettazione di impianti industriali, utilizzato per lo più nel settore petrol-chimico, navale, alimentare fino al trattamento delle acque. Nato, come ogniprogramma, dalla collaborazione tra progettisti e specialisti di informaticaESApro rende la progettazione impiantistica più rapida e riduce la possibilitàdi errori. Il progettista è libero da tutte le operazioni noiose e ripetitivepermettendosi così di concentrarsi esclusivamente sugli aspetti concettualidel lavoro.

Sviluppato integralmente da ESAin, partner di Autodesk, il softwareconsente il progetto di stabilimenti senza soffermarsi molto su formalitàe nomi dei settori o componenti. In pochi minuti si possono disegnare estampare progetti, ciò si traduce in una diminuzione dei tempi di lavoro equindi un maggior profitto da parte dell’azienda. Durante la mia alternanzascuola-lavoro ho potuto notare la facilità d’uso e la velocità di questo softwarenonché di altri programmi quali Autocad e Inventor ormai essenziali.

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Capitolo 2

Il fenomeno dello scorrimentoviscoso (o creep)

Il fenomeno dello scorrimento viscoso (creep o scorrimento viscoso a caldo)è un meccanismo di deformazione anelastica cui è sottoposto il materialequando lavora a temperatura maggiore a un terzo della temperatura di fusionee a una sollecitazione inferiore a quella di snervamento:

T >13Tf

Dove Tf è la temperatura di fusione e T quella di esercizio, esse sono espres-se in Kelvin. I materiali esposti ad alte temperature presentano deformazionicrescenti anche a tensioni costanti.

Il creep non è da confondere con il rilassamento del materiale che sipresenta quando un elemento è soggetto a deformazione costante e la suatensione diminuisce quindi col tempo (ad esempio allentamento di un bullone).Questo infatti non porta alla rottura a causa di una mancanza di energiainterna: T < 1

3Tf .Verranno qui prese in esame:

1. origine e cause del creep;

2. prove di laboratorio e analisi del creep;

3. tipi di frattura.

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2.1 Origine e cause del creep 13

Il creep è critico in diverse condizioni, impianti chimici, collettori di motoria combustione interna, e, in particolar modo, nei motori a turbina e negliimpianti di produzione di energia elettrica. Quest’ultimi sono molto ostacolatidal fenomeno che gli impedisce di lavorare a pressioni e temperature maggioricosì da ridurre il costo del carburante e migliorare l’efficienza termica.

2.1 Origine e cause del creepAlcuni processi fondamentali sono legati a fenomeni diffusivi. La causa va

cercata, infatti, nella mobilità delle dislocazioni, queste possono avvenire perscorrimento (glide) e attraverso moti non conservativi.

Le dislocazioni, a temperatura ambiente, possono solamente muoversi perglide.

Lo scorrimento incrociato delle dislocazioni a vite (cross slip), è il mecca-nismo che permette alle dislocazioni, distribuite uniformemente nel grano adun certo stadio della deformazione, di formare pareti che dividono il grano inparti prive di dislocazioni (celle).

Il ”salto” (climb) è quel fenomeno che permette il passaggio, parziale omeno, di una dislocazione su un piano di scorrimento ad essa parallelo.

Tali movimenti rendono possibile la riorganizzazione delle dislocazioni inpareti sempre più perfette (pareti di “sottograno”) e l’annullamento di dislo-cazioni di segno opposto appartenenti originariamente a piani di scorrimentoparalleli. Infatti, quando le dislocazioni si mobilitano, attraverso scorrimentie salti, fino a incontrarsi con altre di segno opposto si annullano, figura 2.1.Alla base del creep, va quindi ricordato, stanno fenomeni più complessi comela diffusione e la mobilità delle dislocazioni su piani reticolari paralleli.

2.2 Prove di laboratorio e analisi del creepLe prove di creep presento una notevole difficoltà nella corretta esecuzione,

esse richiedono tempi molto lunghi. Hanno una durata che va da alcuni mesifino a qualche anno, come si vedrà nel seguito. Le dimensioni del provinosono le medesime della prova di trazione con la differenza che la sezione è

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2.2 Prove di laboratorio e analisi del creep 14

Fig. - 2.1: Movimento di dislocazioni a spigolo ad alta temperatu-ra; le dislocazioni si muovono attraverso una sequenzadi scorrimenti (frecce orizzontali) e salti (frecce verti-cali), fino ad incontrare dislocazioni di segno oppostoannullandosi.

minore, esse sono prescritte dalla norma UNI 5111. Le prove di laboratoriosono eseguite ponendo il provino in un forno a temperatura controllata ecostante (di solito maggiore ai 1000/1200℃) sotto sforzo.

Al termine vengono misurati l’allungamento e altri parametri. La provapuò essere eseguita a carico costante o a tensione (vera) costante, qui il caricodeve diminuire proporzionalmente alla sezione del provino. Per tensionevera si ritiene quella ottenuta dividendo il carico per la sezione nell’istanteconsiderato e non quella iniziale (tensione nominale). I risultati vengono poiriassunti in un grafico tempo-allungamento (figura 2.2).

In esso si distinguono tre fasi:

1. creep primario (tratto ε0 - ε1), la velocità di deformazione diminuiscecol tempo;

2. creep secondario (tratto ε1 - ε2), la velocità di deformazione subisce lievivariazioni;

3. creep terziario (tratto ε2 - εr), la velocità aumenta fino alla completarottura.

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2.2 Prove di laboratorio e analisi del creep 15

Fig. - 2.2: (a), (b) e (c) curve di creep riguardanti acciai in condizioni dicarico costante e temperatura costante. (d), (e) e (f) relativecurve di creep rate in funzione del tempo.

Nel creep primario il valore della deformazione (creep rate) diminuiscecol tempo. Questo è causato dal prevalere dell’hardening (moltiplicazionee interazione tra dislocazioni) e dal fatto che il numero di dislocazioni, cheevitano il corretto scorrimento dei piani reticolari, create dal creep è maggioredi quelle scomparse per softening (deformazione del materiale a seguito di un”addolcimento”). La struttura, al termine, è costituita da sottograni equiassici.

Nel creep secondario il creep rate resta costante, esso è di solito indicatocol nome di steady-state creep rate. La deformazione ε, essendo minima, ècorrelata alla legge di Bayley:

ε = B ∗ σn

dove B e n sono caratteristiche dipendenti dal materiale come lavorazioniprecedenti, eventuale antecedente incrudimento o altro. Il fenomeno vieneattribuito al bilanciarsi di hardening e softening, la microstruttura è compostada sottograni di dimensione media costante.

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2.2 Prove di laboratorio e analisi del creep 16

Nello stadio terziario il creep rate aumenta fino alla rottura. Tale incre-mento è legato a diversi fattori come la nucleazione per cavità (cavitazione)con la conseguente riduzione della sezione resistente effettiva e la crescitadi tali nuclei, la creazione di cricche ed eventuale formazione della strizione.Tutto ciò riduce la sezione resistente aumentando così la tensione effettiva equindi arrivando alla rottura.

Nel creep la strizione non sempre avviene a causa della cavitazione cheporta all’immediata rottura. In determinate condizioni il terziario non simanifesta. Il secondario è analogo allo stadio stazionario di una curva di ungrafico tensione-deformazione ottenuto in una prova analoga con velocità dideformazione costante.

Il fenomeno si manifesta in lunghissimi periodi di tempo, difficilmentecalcolabili in fase di progettazione. Le prove di laboratorio vengono pertantosvolte in maniera ”approssimativa”. Lo scorrimento viscoso a caldo si manifestainfatti a distanza di un periodo compreso tra i 10 anni e alcuni decenni. Sonopertanto impensabili, sia sotto l’aspetto economico che quello tecnologico,prove che durino così a lungo. Esse vengono svolte in un arco che va da unanno circa a 3 o poco più.

Si hanno quindi due tipi di prove a seconda se si è interessati:

• alla resistenza a rottura per creep, le prove sono effettuate a tensioneelevata prossima a quella di rottura così da rompere il provino in tempirelativamente brevi;

• alle deformazioni per creep, le prove sono effettuate a tensione più bassain modo da assistere a uno sviluppo più graduale del fenomeno.

Le prime sono dette prove di rottura a caldo le seconde di deformazione acaldo.

L’estrapolazione dei dati avviene in relazione ai parametri della provacome temperatura, tensioni, allungamento e deformazioni. Qui troviamo deimetodi di estrapolazione dei dati come quello di Larson-Miller, di Dorn o diManson-Haferd, per citare i più noti. I dati poi estrapolati vengono utilizzatia fini progettuali. È da sottolineare che i metodi di estrazione sono, su alcunipunti, approssimativi e i parametri ottenuti da prove di laboratorio. Al fine

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2.3 Tipi di frattura 17

di valutare l’allungamento nel creep secondario troviamo gli studi fatti daGarofalo nel 1965, da Norton nel 1929 e da tanti altri studiosi del fenomeno.

2.3 Tipi di fratturaAlcuni studiosi hanno provato a stabilire una mappa dei meccanismi di

frattura. In particolare Ashby la propose per metalli a struttura cristallinacubica a facce centrate (FCC). Il tempo di rottura è costante (1000 ore).

Figura - 2.3: Mappa (o diagramma) del meccanismo difrattura con le linee con tempo di rotturacostante (1.000 ore) per metalli FCC.

L’ideal strength ovvero la resistenza ideale è superiore alla resistenza arottura, il materiale è pertanto costretto a rompersi. Per sforzi bassi la rotturaavviene con modalità diverse. In determinate condizioni la ricristallizzazionedinamica interna al materiale evita il nascere di microvuoti o cavità. Questosi deduce dalla figura 2.3. Nella 2.4 si riportano immagini esplicative dei tipidi frattura.

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2.4 Acciai impiegati per evitare il fenomeno 18

Fig. - 2.4: Schematizzazione dei tre meccanismi di frattura inregime di creep ad alta temperatura.

2.4 Acciai impiegati per evitare il fenomenoIl significato di resistenza a creep non fu considerato fino a quando non

si manifestarono i primi danneggiamenti negli impianti a vapore degli anni’20. Lo sviluppo di acciai idonei a queste condizioni di lavoro è stato unpunto cruciale degli ultimi decenni, esso ha favorito gli impianti e organiprecedentemente detti, in campo automobilistico si è potuti raggiungere unatemperatura dei gas di scarico prossima ai 900 ℃.

La ricerca di tali materiali è comunque motivata e necessaria. Si nota dallafigura 2.5, come la quantità d’energia fornita dal petrolio per la produzione siacalata drasticamente a partire dal 1900, aumentando così l’efficienza termica.

Il fenomeno ha evidenziato come si manifesti durante il ciclo di vitadel componente e non solo nei primi anni. Questo ha fatto in modo chesi sviluppassero nuovi metodi di ricerca e nuove prove di laboratorio piùdettagliate.

Fino agli anni ’20 infatti i componenti venivano progettati su dati empiriciottenuti da prove di trazione o simili. Qui non era possibile riconoscere glieffetti dei singoli elementi di lega. Gli acciai utilizzati erano quelli al solocarbonio. Verso gli anni ’30 tale prova venne sostituita da altre più adeguate,pionieri di ciò furono i tedeschi.

Sono quindi nate, tra gli anni ’30 e ’40, prove per la resistenza ad unaspecifica durata, ad esempio la prove DVM (Deutscher Verband fur Materialprufung).

Queste stabiliscono i parametri come allungamento, resistenza a rottura e

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2.4 Acciai impiegati per evitare il fenomeno 19

Fig. - 2.5: Quantità di energia fornita dal combustibile per impiantidi potenza a vapore in Germania in funzione dei parametridel vapore a partire dall’anno 1900.

simili, in un periodo di circa 100 000 ore. Mediante esse la resistenza per unaspecifica durata è stata definita come lo sforzo alla temperatura di prova percui viene raggiunto un determinato valore di creep.

Si usarono quindi, grazie a prove più dettagliate, elementi di lega comeCromo, Molibdeno e Vanadio.

Negli anni ’50 in Europa venne sviluppato un acciaio molibdeno-vanadiocon composizione di 0,14%C, 0,5%Mo e 0,3%V, trovò da subito largo impiegonelle turbine a gas. Fin dagli anni ’50 l’acciaio più comunemente usato aveva0,25%C, 1,25%Cr, 1%Mo e 0,3%V.

Le attività dei singoli gruppi nazionali di ricerca sono state coordinate nel1990 e nel 1991 è stata fondata la European Creep Collaborative Committee(ECCC).

Gli acciai impiegati devono soddisfare predeterminati requisiti:

• alta efficienza termica;

• capacità operativa nel medio/lungo periodo di vita;

• prospettiva di vita di 200 000 ore (circa 20 anni);

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2.4 Acciai impiegati per evitare il fenomeno 20

• alta disponibilità;

• brevi periodi di fabbricazione e revisione;

• costi di produzione competitivi;

• buona resistenza a corrosione;

• produzione soddisfacente.

Il molibdeno è stato riconosciuto fondamentale per la resistenza ad altetemperature, il contenuto di molibdeno è tra lo 0,3% e 0,5%, a volte maggiorea quello di carbonio. La figura 2.6 illustra la differenza tra un acciaio legatoal molibdeno e uno non legato con lo 0,15%C alla temperatura di 450 ℃ a100 000 ore di funzionamento.

Fig. - 2.6: Resistenza a creep in 100 000 ore di funzionamentoper un acciaio al carbonio in funzione del contenutodi molibdeno a 450℃.

Con l’aggiunta di molibdeno la resistenza a rottura per creep aumentanotevolmente. Oltre lo 0,35% si nota un calo di duttilità. Per ovviare alproblema si aggiunge un 2% circa di cromo.

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Capitolo 3

Sistemi automatici eautomazione in un impianto

La presenza dell’automazione e dei sistemi automatici in un impianto èfondamentale. Un sistema si definisce tale quando assume tutti i suoi stati,indicati dalle mappe di Karnaugh, in maniera indipendente e autonoma. Essisvolgono diverse funzioni come analizzare grandezze (temperatura, pressione,. . . ), imballare i prodotti, trasportare gli stessi e non solo. Sono utili, oltreche per fini produttivi, anche per garantire il controllo sul processo in atto,quindi la sicurezza dello stesso. Esistono diversi tipi di sistemi automaticicome ad esempio quelli retro-azionanti o ad anello aperto, quelli ON/OFF oquelli proporzionali.

3.1 Elementi costitutivi i sistemi automaticiI sistemi automatici sono costituiti da diversi componenti quali ad esempio

amplificatori, interruttori, elettrovalvole. Questi possono essere suddivisi inquattro principali categorie:

1. sensori-trasduttori;

2. controllori;

3. attuatori;

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3.1 Elementi costitutivi i sistemi automatici 22

4. azionamenti;

Verranno, in particolar modo, trattati i sensori-trasduttori di temperatura.

3.1.1 Sensori-trasduttori

I sensori-trasduttori rilevano grandezze fisiche e le trasmettono ad altrielementi del sistema, spesso convertendole in altre grandezze. Tali elementiquindi rilevano una grandezza (sensori) per poi trasmetterla ”tradotta” inun’altra (trasduttori). Quest’ultima è quasi sempre elettrica: potenziale ointensità. I sensori-trasduttori non sono da confondersi con i sensori, essirilevano solamente la grandezza senza tradurla. Tra i più frequenti in unimpianto troviamo termocoppie, termoresistenze e termistori.

Un altro fattore di cui bisogna tenere conto nella lettura dei trasduttori èl’errore dinamico. Questo è dovuto al variare della grandezza del processo edè la differenza tra la temperatura indicata ed effettiva. In condizioni statichequeste due coincidono ma al variare, in maniera dinamica, della effettiva ilsensore impiega qualche istante nell’eseguire le nuove misurazioni. Questoprovoca un errore dinamico nella rilevazione della grandezza che si annullacon lo stabilizzarsi del processo.

Termocoppie. Le termocoppie sono elementi costituiti da due fili metallicidi natura diversa saldati tra di loro ad una estremità. La giunzione (ogiunto caldo) viene posta nel fluido di cui si vuole misurare la temperatu-ra, mentre le due estremità libere (o giunto freddo) vengono collegate adun millivoltmetro. Il funzionamento si basa sull’effetto Seebek per il qua-le tra due metalli posti a contatto si genera, tra di essi, una migrazionedi elettroni. Lo squilibrio di cariche genera una differenza di potenziale(d.d.p.) dell’ordine di grandezza dei millivolt. La temperatura influiscesulla mobilità elettronica e quindi sulla d.d.p. che varia anche a secondadel tipo di metalli usati per i fili. Il millivoltmetro traduce quindi lad.d.p. in una indicazione di temperatura.

I materiali usati variano a seconda dell’utilizzo, sono dipendenti dalletemperature e dal fluido. Tra i più comuni si può trovare rame, costan-tana, nickelcromo, nickelferro, platino o platinorodio, con quest’ultimi

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3.1 Elementi costitutivi i sistemi automatici 23

Fig. - 3.1: Elemento sensibile a termocoppia.

si può ottenere un range di temperature compreso tra i 600 e 1700 ℃. Ifili conduttori all’interno della termocoppia, riportata in figura 3.1, sonotenuti separati da corallini isolanti o altro sistema e collocati all’internodi una guaina protettiva metallica. Il giunto caldo, come si nota infigura 3.2, può essere immerso direttamente nel fluido o essere protettoda una guaina metallica con cui può entrare in contatto.

Fig. - 3.2: Giunti sensibili ditermocoppie.

Le termocoppie sono usate nella maggioranza dei casi vista la facilitàcon cui si possono trasmettere le rilevazioni. Queste infatti sono segnalielettrici che possono essere trasmessi a lunghe distanze ed essere usatecome input, senza bisogno di un passaggio intermedio. La precisione diuna termocoppia è dell’ordine dell’1%. Il campo applicativo, visto letemperature a cui possono arrivare, è maggiore di quello dei termistori.

Termoresistenze. Esse si basano sul variare della resistenza di un condut-tore in relazione alla temperatura. Sono costituite da una spirale di

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3.1 Elementi costitutivi i sistemi automatici 24

metallo (nickel o platino il più delle volte), protetta da una guaina eimmersa nel fluido. Qui viene applicata una tensione costante così damisurare la resistenza ed associarla alla variazione di temperatura.

La misura della resistenza viene fatta col circuito in figura 3.3 checonsente un’elevata precisione di lettura. Le termoresistenze sono piùprecise delle termocoppie ma presentano una minore velocità di rispostae temperature operative inferiori. Hanno una maggiore stabilità rispettoai termoresistori, a loro simili.

Fig. - 3.3: Costruzione e schema di unatermoresistenza.

Termistori. Analoghi alle termoresistenze impiegano semiconduttori chehanno la proprietà di aumentare la resistenza all’aumentare della tempe-ratura, vengono perciò definiti PTC (positive temperature coefficient).Esiste anche una seconda categoria di questi trasduttori in cui la re-sistenza diminuisce con la temperatura, questi vengono definiti NTC(negative temperature coefficient). Per i PTC, detta R la resistenza eT la temperatura, la curva R(T ) presenta due flessi, solo nella partecentrale è lineare (grafico in figura 3.4). Questo tratto indica l’effettivocampo d’applicazione (o di funzionamento) c del componente. I termi-stori hannno un campo applicativo limitato a temperature non moltoelevate (200/300 ℃).

Essi presentano una maggiore sensibilità di lettura rispetto ai precedenti,ciò si traduce in maggior precisione.

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3.1 Elementi costitutivi i sistemi automatici 25

Fig. - 3.4: Schema tipico relativo al campo difunzionamento c dei termistori.

I sensori-trasduttori devono inizialmente essere tarati, ciò avviene attra-verso la verifica del fondo scala in condizioni artificiali di cui sono noti iparametri.

3.1.2 Controllori

I controllori stabiliscono il comportamento del sistema. Rilevano i segnalidai sensori (o sensori-trasduttori) e li elaborano dando indicazioni per lamodifica dello stato del sistema.

Il loro input è un segnale elettrico o pneumatico (differenza di tensioneo di pressione) mentre il loro output è la grandezza fisica che deve agire suicomponenti successivi affinché l’azione venga eseguita. Essi quindi rielaboranoil segnale dell’elemento misuratore e controllano l’organo finale del sistema.Sono un esempio i controllori a logica programmabile (PLC).

3.1.3 Attuatori

Gli attuatori producono effetti visibili dall’esterno. Sono il ”braccio” delsistema automatico, comandati dal controllore che ne è la ”mente”. Utilizzanoquindi livelli di potenza maggiori rispetto ai precedenti e sono pertantoalimentati da fonti di energia indipendenti dal resto del sistema.

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3.2 Applicazioni dei sistemi automatici 26

3.1.4 Azionamenti

Dal momento che attuatori e controllori funzionano su livelli energeticidifferenti si rende necessario l’ausilio di elementi d’interfacciamento fra diessi. L’interfacciamento è l’interconnessione tra due dispositivi, avviene solose l’output del precedente e l’input del seguente sono fisicamente compatibili.

Gli azionamenti sono indispensabili anche quando la grandezza fisica inuscita dal controllore è diversa da quella in ingresso dell’attuatore: il segnaleelettrico di un amplificatore non può azionare un cilindro idraulica, pertanto ènecessaria un’elettrovalvola che in questo caso è il nostro funzionamento. Sonoesempi di ciò distributori pneumatici, valvole elettropneumatiche, amplificatoridi potenza o relè.

3.2 Applicazioni dei sistemi automaticiLe applicazioni dei sistemi automatici sono moltissime. A partire dal-

l’arrivo delle materie prime fino alla linea di finitura del prodotto, tuttelavorazioni impossibili da eseguire senza l’ausilio dell’automazione. A dimo-strazione e come esempio esplicativo di quanto detto si riporta lo schemadi un forno elettrico per riscaldamento di gas. Esso è dotato della seguentestrumentazione:

• Flussostato/indicatore in uscita gas (FISAL 101) con allarme e blocco:per basso flusso di gas arresto riscaldamento.

• Indicatori di temperatura in ingresso (TI 101) ed in uscita gas (TI 102).

• Termostato/indicatore in uscita gas (TISAHL 103) con allarme e blocco:per alta temperatura arresto riscaldamento e per bassa temperaturaavvio riscaldamento.

• Termostato sulla resistenza del riscaldamento (TSA 104) con allarme eblocco: per alta temperatura arresto riscaldamento.

Un altro fattore importante è la sicurezza, il forno è dotato delle seguentiprotezioni:

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3.2 Applicazioni dei sistemi automatici 27

Fig. - 3.5: Schema progettuale di un forno elettrico per riscaldamento di gas.

• Collegamento in torcia o all’atmosfera mediante valvola on-off (man-canza dell’aria apre) con pulsante a quadro (HS 101): il collegamentodell’aria strumenti al pistone della valvola è realizzato nel tratto finalein polietilene, in caso di incendio esterno questo collegamento si bruciae la mancanza d’aria causa l’apertura automatica della valvola stessa.

• Collegamento aria strumenti al pistone realizzato con riduttrice di cut-off(PCV 102) e polmoncino (D 102): in caso di mancanza di aria strumentidi rete, il polmoncino ha la capacità sufficiente a fare compiere unamanovra e la pressione nello stesso viene garantita dalla valvola dicut-off che lo seziona dalla rete dell’aria strumenti.

Il gas entra dall’alimentazione e, attraversata la valvola e l’indicatore ditemperatura in ingresso, entra nel forno B 101 riscaldato da una resistenzaelettrica alimentata dall’apposito circuito. Sulla mandata del forno, il gas inuscita, incontra il secondo indicatore di temperatura TI 102, il termostatoTISAHL 103 ed il flussostato FISAL 101. Questi misurano la temperatura e laportata del gas mandando poi, mediante rete cablata, dei segnali all’impiantodi riscaldamento (interruttore e termostato TSA 104). Per quel che concernele protezioni del forno elettrico si è già detto lo stretto necessario durante laloro elencazione.

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3.2 Applicazioni dei sistemi automatici 28

Grazie quindi a questo circuito è possibile non solo portare il forno allatemperatura di specifica ma anche a stabilizzarlo alla medesima grazie allecontinue misurazioni e interventi effettuati dalle strumentazioni sopra citate.

Tramite questo esempio si sottolinea quindi l’importanza dell’automazionein un impianto chimico e, in linea generale, in ogni impianto o macchinarioche debba soddisfare particolari necessità o condizioni di lavoro.

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Capitolo 4

Main aspects of chemical plants

4.1 Enviromental problemsThe environment is one of the most important elements of our life, it is

part of our existence. It is therefore necessary to protect it with the use oflaws as regards pollution and with research, if possible, of alternative energy.There are many chemical plants, such as those for the extraction of oil, whichmust follow specific laws aiming to protect our ecosystem, nowadays thereare different power stations for the production of clean energy. They are thefollowing:

• Thermoelectric: turbines are driven by the steam produced by thecombustion of fossil fuels (coal, oil, gas).

• Electronuclear: turbines are driven by the steam produced from theheat generated by the nuclear fission of uranium.

• Geothermal: they exploit the energy produced by underground steam.

• Hydroelectric: turbines are driven by the kinect energy of water collectedin reservoirs or by the movement of ocean tides and waterfalls.

• Wind: power is produced by aerogenerators which harness the kinectenergy of the wind. As wind flow crosses the blades of a windmill, thisis forced to rotate and can be used to generate electricity.

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4.2 Safety problems 30

• Solar: special plates harness solar energy and trasform it into electricity.

This is necessary to prevent the greenhouse effect. It is the rise intemperature that the Earth experiences because gases like water vapour,carbon dioxide, methan and similar, gases trap energy from the sun. Onceabsorbed, this energy is sent back into the atmosphere, where it is trapped bygreenhouse gases, causing the world to warm up. Today, to reduce pollution,many governments encourage the purchase of electric cars. The problem ofenviromental pollution can’t be solved in a few days, the mankind needs newskills to find a solution.

4.2 Safety problemsIn a plant there are loads of dangerous materials and equipment. It’s

very important to reduce the hazards in dangerous operations. In chemicalplants, for instance, there is an exposure to gases and particles. Most ofthe substances contained in these fumes (carbon oxide, for example) can beextremely toxic.

A long exposure to these fumes increases the risk of larynx cancer, urinarycancer, breathing problems, heart and skin diseases and kidney damage.

A short exposure can cause fatigue, nausea, chest soreness and muscleache. It’s very important to keep safe working conditions.

To reduce the hazards we must identify them before each operation. Incase of harmful gases we must remove them with a ventilation system, forinstance. In general for every hazard we have to find out all possible solutions.We must always wear personal protective equipment: eye protection shouldbe worn for operations concerning metal chips, flying sparks, heat, ultravioletor intense light; hearing protectors, such as ear plugs or ear muffs, should beused during noisy operations; protective clothing such as fireresistant gauntletgloves, headcap, high-top hard-toed shoes or similar must be used in everydangerous operation.

Health and safety problems are present not only in a workshop or inpower plants but they can be detected in offices as well. We can minimizethem, too. For instance when we work at the pc we are obliged by law to

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4.2 Safety problems 31

take regular breaks, adopt a good posture and a correct technique of work.Many companies such as FasTech s.r.l. supply their engineers with specialequipment to improve working conditions and productivity.

Therefore when we work on a personal computer, air quality and tem-perature are very important, the same is for solar light. The recommendedtemperature range to achieve thermal comfort in office areas is between 20-25 ℃. The ventilation system should remove and dilute warm humid air,providing at the same time air movement.

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Bibliografia

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