Tesina Di Legislazione - Alessia Bordi

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0 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA E SCIENZE DELL’EDUCAZIONE Specializzazione per le attività di sostegno DALLE SCUOLE SPECIALI ALL’INCLUSIONE SCOLASTICA ATTRAVERSO GLI INTERVENTI EDUCATIVI PERSONALIZZATI Corso: LEGISLAZIONE PRIM. E SEC. RIFERITA ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA Docente: ISPETTORE LUIGI FAVRO Corsista: ALESSIA BORDI Anno Accademico 2013/2014

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA E SCIENZE DELL’EDUCAZIONE

Specializzazione per le attività di sostegno

DALLE SCUOLE SPECIALI ALL’INCLUSIONE

SCOLASTICA ATTRAVERSO GLI INTERVENTI

EDUCATIVI PERSONALIZZATI

Corso: LEGISLAZIONE PRIM. E SEC. RIFERITA ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

Docente: ISPETTORE LUIGI FAVRO

Corsista: ALESSIA BORDI

Anno Accademico 2013/2014

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DALLE SCUOLE SPECIALI ALL’INCLUSIONE SCOLASTICA ATTRAVERSO GLI

INTERVENTI EDUCATIVI PERSONALIZZATI

Introduzione

La storia dell’handicap e di come questo venga percepito dalla società è una lunga storia di

esclusione: ancora fino alla prima metà del Novecento, infatti, gli alunni disabili, a partire dalla

scuola materna fino alla media, erano inseriti in Scuole speciali o in classi differenziali, parallele ai

percorsi normali. Con il doppio sistema scolastico- educativo avviato a inizio secolo dai Comuni e

sancito dall’impostazione elitaria della riforma Gentile, il principio dominante rimaneva quello di

considerare l’individuo con handicap “un minorato”, per il quale occorreva intervenire in contesti

“speciali” distinti e separati rispetto ai luoghi educativi dei cosiddetti “normodotati” 1. Queste scuole

speciali consentivano alla scuola di operare su categorie omogenee di scolari con interventi uniformi

e ordinamenti rigidamente prefissati.2

Durante tutta la prima metà del Novecento, quindi, si passa a definire le persone in questa

condizione da “indegne di vivere”, ad “handicappate”, “invalide”, “inabili”, “minorate”.

Con la Carta Costituzionale del 1948 si ha una prima inversione di tendenza: in essa infatti l’articolo

34 recita: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore è impartita per almeno 8 anni, è

obbligatoria e gratuita”. Ancor più importante è l’art. 38 : “ Gli inabili e i minorati hanno diritto

all’educazione e all’avviamento professionale”. La Carta fondamentale così recita, art 3. “…È

compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di

fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e

l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del

paese”.

Il cammino dal 1948 a oggi è stato lungo, ma ha portato a riconoscere i portatori di handicap come

persone con diritti e doveri, che esigono rispetto al pari delle persone normodotate sia nella società

che nella scuola3.

Partendo dal concetto di pari diritti e di integrazione, la scuola si è dovuta necessariamente adattare,

creando programmi e percorsi educativi individualizzati rispondenti ai bisogni particolari

dell’alunno con Handicap e che gli consentano di raggiungere gli obiettivi prefissati.

1 Il R.D. 31 dicembre 1923, n. 3126 estendeva l’obbligo scolastico solo ai cechi e ai sordomuti che non presentassero altre anormalità. L’istruzione

doveva essere impartita ai sordomuti in apposite «classi differenziali» e ai ciechi in speciali istituti. Il R.D. 26 aprile 1928 n. 1297 dispose l’istituzione di scuole speciali per sordomuti, scuole speciali per ciechi, classi differenziali per ritardati e/o indisciplinati. 2 Sagramola, in M. Pavone Dall’esclusione all’inclusione pag 41 3 Convenzione di New York del 25 agosto 2006

2

Le condizioni umane personali non sono più considerate come immodificabili nei contesti scolastici

ufficialmente a partire dalla Legge 517 del 1977 che abolisce di fatto le scuole e le classi speciali

richiedendo una prima modifica degli ambienti scolastici in un ottica di piena integrazione.

Nel 1992, con l’emanazione della Legge Quadro 104/92 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i

diritti delle persone disabili, si è sancito il diritto all’integrazione in ogni ordine e grado di scuola e la

decentralizzazione della scuola grazie a interventi integrati con altri servizi territoriali. La legge

prevede l’adozione in tutte le istituzioni scolastiche e universitarie di strumentazioni, tecniche e

sussidi didattici volti a garantire il diritto all’educazione che non può essere impedito da difficoltà di

apprendimento né da altre difficoltà.

L’inclusione scolastica è un processo che richiede un modo diverso quindi di fare scuola: una

maggiore attenzione al singolo, ai suoi bisogni, progettando in modo collegiale e condiviso interventi

su misura che favoriscano un armonico sviluppo dell’individuo sia dal punto di vista degli

apprendimenti che della socializzazione.

Proprio puntando a questi obiettivi si è arrivati a concepire un documento imprescindibile come il

PEI (Piano Educativo Individualizzato), che rappresenta una sinergia tra gli operatori sanitari, scuola,

famiglia, extrascuola, che punta nell’immediato a una personalizzazione reale del percorso e, in

un’ottica più ampia, verso una dimensione di progetto di vita.

3

Cap. 1

1.1 Le scuole speciali

Negli ultimi anni dell’Ottocento furono istituite le prime scuole speciali, per iniziativa di talune

amministrazioni comunali o di enti assistenziali privati e religiosi , affinché fosse garantita assistenza

educativa ai bambini in situazioni di deficit.

Nel 1859 viene promulgata la legge Casati, atto di nascita del sistema scolastico italiano. Si sancisce,

infatti, il diritto e dovere dello Stato di intervenire in materia scolastica, sostituendo ed affiancando la

Chiesa, da secoli detentrice del monopolio dell’istruzione. Si afferma la gratuità e l’obbligatorietà

dell’istruzione elementare e l’uguaglianza dei due sessi di fronte alla necessità dell’istruzione. Motivi

economici, strutturali, organizzativi, sociali rendono tale disposizione vana.

In questo frangente storico il diritto all’istruzione delle persone con disabilità non è riconosciuto e

l’istruzione di costoro riguarda rarissimi casi legati a fenomeni di filantropismo e di benevolenza.

La prima disposizione normativa inerente l’inserimento di bambini “portatori di deficit” nella scuola

è il R.D. 3126 del 1923 (Riforma Gentile); tale norma estende l’obbligo scolastico fino al 14° anno

d’età a tutti i ragazzi compreso i ciechi e i sordomuti, purché in “assenza di altre patologie che ne

impediscono l’ottemperanza”.

L’istruzione, riconosciuta solo ai disabili sensoriali si realizza in scuole speciali, strutture separate e

diversificate da quelle riservate ai soggetti normodotati, trascurando l’importante principio educativo

dell’imitazione e dell’esempio oltre che dell’educazione al riconoscimento della diversità ed

irripetibilità presente in ognuno di noi.

La C.M. n. 1771 /12 dell’11 marzo 1953 fornisce la definizione di scuole speciali e chiarisce la

differenza tra classi speciali per minorati, scuole di differenziazione e classi differenziali.

Le classi speciali erano alloggiate in istituti scolastici dove veniva impartito l’insegnamento

elementare per minorati fisici o psichici e venivano adottati speciali metodi didattici .

Le classi differenziali, invece, non erano istituti scolastici a sé stanti, ma funzionavano

presso le comuni scuole elementari ed accoglievano quegli alunni che nella C. M. venivano

chiamati “alunni nervosi, tardivi, instabili o anormali ai quali venivano impartiti

insegnamenti appunto “differenziati”.

4

Questa fase si protrae, in ogni modo, anche se in maniera meno manifesta, fino agli anni Sessanta.

Il principio costituzionale dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione impartita per almeno otto anni

trova attuazione nella legge n. 1073/1962 istitutiva della scuola media unica, obbligatoria e gratuita e

reca in sé anche il primo intervento dello Stato a favore delle scuole speciali limitatamente allo

stanziamento di fondi. Sorgono numerosissime scuole e classi speciali e il riferimento alle

commissioni medico-psico-pedagogiche evidenzia che la diversità è da considerarsi come malattia

sociale e quindi l’approccio non può che essere di tipo medico. Il periodo compreso tra gli anni “60 e

70” è identificato come fase della “medicalizzazione”. Il soggetto è identificato nel suo handicap e

quindi considerato esclusivamente per le sue difficoltà e non per ciò che di positivo esiste in lui. La

certificazione dell’handicap non è quella “diagnosi funzionale” che conosciamo oggi, da cui si deve

partire per il progetto educativo futuro, bensì un mero lasciapassare verso strutture speciali.

Le normative di quegli anni, pur nel tentativo di regolamentare ed organizzare l’attività scolastica dei

disabili, hanno intrinsecamente una chiara mentalità rivolta all’esclusione e alla delega del soggetto

handicappato, la cui cura è deputata ad altri istituti, magari religiosi o medico-psico-pedagogici; in

definitiva la scuola pubblica prende le distanze dal problema e affida ad altri la sua risoluzione.

1.2 L’inserimento scolastico a partire dagli anni Settanta

La Legge n. 118 del 30 marzo 1971 inaugura il vero e proprio processo di integrazione, recando in

sé una disposizione per garantire ai « minori invalidi civili» la frequenza scolastica nelle classi

ordinarie normali, fatti salvi «gravi deficienze intellettuali o menomazioni fisiche tali da impedire

l’inserimento» (art.28). Anche se riguarda solo i mutilati e gli invalidi civili, l’art.28 è ben presto

utilizzato come riferimento normativo per l’integrazione degli alunni portatori di handicap che

vedono così riconosciuto il loro diritto all’inserimento scolastico nella scuola media. La norma

prescrive, altresì, che debba essere facilitata la frequenza degli invalidi e dei mutilati civili fino

all’università ed estende la medesima disciplina alle istituzioni prescolastiche e ai doposcuola4. Nella

legge 118/71 permangono tuttavia alcuni elementi di discriminazione come, ad esempio, l’esclusione

dei portatori di handicap gravi dalle classi normali della scuola pubblica, o come l’istituzione dei

Centri di Recupero e di Riabilitazione, in caso sia accertata l’impossibilità di far frequentare ai

portatori di handicap la scuola comune dell’obbligo (art.29). La legge 118/71 resterà per tutto il

4 Con la sentenza 215/87 sarà abrogato l’articolo 28 e anziché facilitata, sarà assicurata la frequenza delle scuole superiori ai portatori di handicap.

5

decennio, il punto di riferimento principale di tutta la successiva legislazione fino alla Legge- quadro

104/92.

Alla Legge 118/71, nel 1975 segue il Documento Falcucci5 in cui si dà rilievo al tema

dell’integrazione degli alunni con handicap, in relazione anche al concetto di personalizzazione e di

sviluppo delle potenzialità di ognuno. Il documento propone un nuovo modo di concepire e di attuare

la scuola la quale, « proprio perché deve rapportare l’azione educativa alle potenzialità di ogni

allievo, appare la struttura più appropriata per far superare le condizioni di emarginazione in cui

altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati».

In questo documento si mette in evidenza un nuovo modo di concepire i soggetti con difficoltà di

sviluppo, apprendimento e adattamento che devono essere considerati protagonisti della propria

crescita, rivalutando le loro potenzialità conoscitive, relazionali e operative spesso bloccate.

«Fondamentale è l’affermazione di un più articolato concetto di apprendimento, che valorizzi tutte le

forme espressive attraverso le quali l’alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità e che sino ad

ora sono stati lasciate prevalentemente in ombra. L’ingresso di nuovi linguaggi nella scuola, se

costituisce infatti un arricchimento per tutti, risulta essenziale per gli alunni che non rispondono alle

richieste di un lavoro formale, in quanto offre loro reali possibilità di azione e di affermazione».

L’alunno handicappato, quindi, non è più visto come un «anormale» o un «minorato» ma come un

soggetto che pur trovandosi in situazione di deficit, ha tutto il diritto a non essere discriminato sul

piano sociale e umano .

L’organizzazione didattica, dal canto suo, deve favorire i processi di socializzazione e

valorizzazione, ai fini dell’apprendimento:

«Si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto ai

livelli di intelligenza logica-astrattiva, venga considerata anche l’intelligenza sensorio-motrice e

pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione.»

L’indicazione fondamentale è quella relativa all’unità degli interventi per «separare il meno

possibilmente le iniziative di recupero e di sostegno dalla normale attività scolastica, alla cui ricca

articolazione si affida il compito di offrire a tutti, nell’ambito dei gruppi comuni, possibilità di

azione e di sviluppo. Si cerca in questo modo di non legare i vantaggi dell’intervento

individualizzato, agli svantaggi della separazione dal gruppo più stimolante degli alunni "normali"».

5 Redatto da una commissione presieduta dalla senatrice Franca Falcucci (1926) incaricata nel 1974 dal Ministero della Pubblica Istruzione al fine di

fare il punto “sui problemi degli alunni handicappati”.

6

Lo stesso criterio di valutazione dell’esito scolastico deve fare riferimento al grado di maturazione

raggiunto dall’alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il

concetto rigido del voto o della pagella. Per la prima volta s’introduce l’idea che, per un’azione

didattica più professionale, avanzata e realmente integrante, si debba adottare la logica della

programmazione di tipo curricolare, una didattica centrata e adattata alle esigenze della propria realtà

formativa.

1.3 - Legge 517 del 1977

Con la Legge n. 517 del 1977 si è realizzata una rivoluzione nella visione pedagogica, culturale e

politica dell’Italia, con la soppressione delle scuole speciali e delle classi differenziali. È il primo

testo legislativo ad aver regolato in modo esaustivo l’inserimento dei disabili.

Questa legge introduce la figura dell’ insegnante di sostegno, nella scuola elementare e media6, e

recepisce il principio di individualizzazione dell’insegnamento.

La programmazione didattica riceve nuova linfa dalla L. 517/1977: se già nei programmi del 1955

si era affermato, specificamente per la scuola elementare, il principio di individualizzazione

dell’insegnamento, nella L. 517/77 alle attività di classe si aggiungono le attività di gruppo

all’interno della classe o a classi aperte, per la realizzazione di attività didattiche adeguate alle

necessità dei singoli, con lo scopo di attuare, per gli alunni disabili, i criteri della massima

socializzazione e della minima segregazione7. L’attuazione del diritto all’educazione e all’istruzione

passa attraverso l’individualizzazione dell’insegnamento, da non intendere, ovviamente, come

insegnamento individuale, ma come insegnamento su misura dei singoli alunni, da realizzare sia

attraverso il lavoro collettivo che attraverso il lavoro di gruppo ed individuale, nell’ambito della

classe e a classi aperte.

L’idea di fondo è che la scuola può essere di tutti e quindi anche dei portatori di handicap, se si

struttura come scuola per tutti, dotandosi di un’ organizzazione flessibile che risponda alle esigenze,

ai ritmi e alle modalità di apprendimento di ogni alunno che la frequenta .

Nella L. 517/ 1977 i principi di lavoro d’équipe, di lavoro svolto in piccoli gruppi e della dimensione

interdisciplinare dell’insegnamento, trovano posto grazie all’istituzione della programmazione

educativa collegiale. 8.

6 Il legislatore del ’77 trascura le attività di sostegno nelle sezioni della scuola materna. Qualche correttivo trova soddisfazione nella L. del 20 maggio del 1982 n. 270, art12. 7 Art. 7. Al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse, ed iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni 8Circ. min. 28.luglio 1979, n. 199 «Le esperienze positive, che fortunatamente sono più numerose di quanto in quanto non si possa pensare, si

verificano soprattutto dove la responsabilità dell'integrazione è assunta non dalla singola classe, ma da tutta la comunità scolastica, che costituisce di

per sé uno dei sostegni più validi. Altro elemento determinante per il successo dell'integrazione, secondo esperienze ormai acquisite, è la precisa

individuazione delle condizioni soggettive del bambino, degli handicap veri e propri e degli impedimenti che ne condizionano lo sviluppo e di

7

1.4- Sentenza n. 275/1987

Un passo decisivo nel percorso della democratizzazione dell’insegnamento è dato dalla sentenza del

3 giugno 1987, n.21 che dichiara il diritto pieno degli alunni diversamente abili a frequentare ogni

ordine di scuola ivi compresa quella secondaria di secondo grado. Nell’abrogare l’articolo 28 della

legge 118/71 sancisce in riferimento ai portatori di handicap che, anziché facilitato, sarà assicurata la

frequenza della scuole superiori.

In particolare l’apprendimento e l’integrazione nella scuola sono « funzionali ad un più pieno

inserimento dell’handicappato nella società e nel mondo del lavoro» .

Inoltre, la partecipazione al processo educativo con insegnante e compagni normodotati « …può

contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggio … cioè quelle sollecitazioni

psicologiche atte a migliorare i processi di apprendimento, di comunicazione, di relazione

attraverso la progressiva riduzione dei condizionamenti indotti dalla minorazione».

Di seguito alla sentenza della Corte Costituzionale, verranno specificate le modalità

dell’integrazione, con la Circolare Ministeriale 22 settembre 1988 n. 262, nella quale si fa presente

che:

Capacità e merito vanno valutati secondo parametri peculiari adeguati alle rispettive

situazioni di minorazione

La programmazione degli insegnamenti può prevedere, per il primo biennio, programmi

semplificati e diversificati

Qualora i programmi ministeriali non siano rispettati, può essere consentita la continuazione

con la classe di appartenenza per non perdere la socializzazione acquisita, rilasciando al

termine un attestato di frequenza.

Con fatica anche nella scuola secondaria di secondo grado sono stati affrontati i problemi degli

obiettivi formativi e professionali e quelli della didattica speciale. Gradualmente si è affermata,

anche in questa scuola, la metodologia della programmazione e della verifica dei progetti

individualizzati e dell’organizzazione.

conseguenza, dei suoi specifici "bisogni educativi". Terza condizione è l'esistenza di insegnanti di classe o di sostegno (o meglio: congiuntamente di

classe e di sostegno e, per la scuola media, indipendentemente dalla materia che essi professano) capaci di rispondere ai bisogni educativi degli

alunni con interventi calibrati sulle condizioni personali di ciascuno»

8

1.5 - Legge del 3 marzo 2009, n.18 (ratifica della Convenzione di New York del 25 agosto 2006)

Con questa legge, l’Italia si è assunta l’impegno di adottare tutti gli atti, le azioni, le politiche

necessarie per un deciso cambio di strategia nell’affrontare le tematiche della disabilità. La

Convenzione ONU, infatti, focalizzando l’impegno dello Stato sui diritti delle persone con disabilità,

abbandona definitivamente la visione della non-abilità come malattia, ed opera un cambiamento di

natura culturale. Il preambolo della Convenzione riconosce la disabilità un concetto in evoluzione,

essa è il risultato dell’interazione tra persone con menomazione e barriere comportamentali ed

ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva inclusione partecipata nella società su base di

uguaglianza con gli altri. La disabilità, quindi, può cambiare a seconda degli ambienti che

caratterizzano le diverse società.

L’art. 24 dell’accordo impone agli stati sottoscrittori di riconoscere alle persone con disabilità il

diritto di istruzione. Affinché tale diritto si realizzi senza discriminazioni, si stabilisce che il sistema

educativo debba prevedere l’integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli9.

Anche in questo documento si fa specifico riferimento all’importanza di mettere in atto interventi

personalizzati nei confronti di alunni disabili «efficaci misure di supporto individualizzato siano

fornite in ambienti che ottimizzino il programma scolastico e la socializzazione, conformemente

all’obiettivo della piena inclusione».

La convenzione è il primo trattato del nuovo secolo con ampi contenuti sui diritti umani e segna un

punto di svolta nelle relazioni verso le persone con disabilità; non più individui bisognosi di carità,

cure mediche e protezione sociale ma persone capaci di rivendicare i propri diritti e prendere

decisioni per la propria vita e quindi essere membri inclusi nella società.

9 a) le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale sulla base della disabilità e che i bambini con disabilità non siano

esclusi da dall’istruzione primaria obbligatoria gratuita o dall’istruzione secondaria in base alla disabilità;

b) le persone con disabilità possano accedere ad un’istruzione primaria inclusiva, di qualità e gratuita e ad un’istruzione secondaria su base di

eguaglianza con gli altri e all’interno delle comunità in cui esse vivono;

c) le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione;

d) efficaci misure di supporto individualizzato siano fornite in ambienti che ottimizzino il programma scolastico e la socializzazione, conformemente

all’obiettivo della piena inclusione.

9

Cap.2

LA SCUOLA INCLUSIVA E GLI STRUMENTI PER LA PERSONALIZZAZIONE

DEL PERCORSO SCOLASTICO

2.1 La Legge n° 104 del 5 febbraio 1992

Questa legge costituisce , in materia di handicap, il primo intervento legislativo organico: dopo due

decenni di cammino nella direzione dell’integrazione, la L. 104/1992 imposta in modo sistematico le

tutele dei portatori di handicap, ponendo in primo piano il rispetto della dignità umana dei disabili

offrendo basi e condizioni per una piena e reale integrazione sociale10

.

Tra le principali attese nei confronti di questo testo normativo :

Diritto al raggiungimento della massima autonomia

Diritto all’educazione e all’istruzione in ogni ordine e grado di scuola, compresa la

secondaria di secondo grado , la formazione professionale e l’Università

Vedere riconosciuta la personale capacità lavorativa

Inserimento sociale

Necessità di stipula di convenzioni interistituzionali e modalità organizzative più funzionali,

di consolidare buone prassi di lavoro collegiale interprofessionale per migliorare la qualità

dell’integrazione.

Tra le innovazioni più rilevanti apportate dalla legge in tema di integrazione scolastica, va segnalata

quella che rende ufficiale la necessità di adottare per l'alunno handicappato strumenti didattici

differenziati, che permettano di seguirne da vicino l'iter scolastico e che favoriscano , la crescita

armonica dell’alunno che non può prescindere da una personalizzazione dell'intervento educativo

svolto nei suoi confronti, in un'ottica che tende sempre più a superare la rigida, ma irrealistica,

contrapposizione tra handicappati e normodotati, e che è diretta a cogliere la specificità del singolo e

della sua crescita.

Un’altra novità interessante è la previsione di una più stretta collaborazione tra tutti gli attori

presenti sul territorio, nel più ampio quadro di una programmazione coordinata dei servizi scolastici

con quelli sanitari, socio- assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, per offrire un miglior supporto

10 Art.3 « È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà

di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».

10

al processo d’integrazione degli alunni disabili non solo dal punto scolastico ma anche sociale e

lavorativo.

La logica è quella dell’inclusione e della “speciale normalità” nell’ambito della quale si collocano i

“bisogni educativi speciali”. L’integrazione scolastica - art. 12 - « ha come obiettivo lo sviluppo

delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle

relazioni e nella socializzazione». Essa deve avvenire per tutti e per ogni ciclo, compresa

l’Università, nelle classi comuni.

L’individuazione dell’alunno come persona handicappata deve procedere attraverso un’ apposita

diagnosi funzionale ( introdotta per la prima volta nella C.M. n. 250 del 3 settembre 1985) attraverso

la quale gli operatori scolastici, sono messi nella condizione di conoscere la patologia del bambino e

le sue possibilità di recupero sotto il profilo clinico. Essa è redatta pur sempre dalla ASL, ma mira a

porre in evidenza non soltanto il deficit dell'alunno, ma in particolare le sue potenzialità e capacità.

Alla D.F segue un profilo dinamico- funzionale (un documento nel quale i profili medici sono

arricchiti e completati con l'indicazione delle altre caratteristiche del bambino. Come recita la parte

finale del 5° co., il profilo «pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla

situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere

sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali

della persona handicappata»). La redazione del profilo dinamico-funzionale non avviene una volta

per tutte. Durante l'anno scolastico, il legislatore ne impone continue verifiche «per controllare gli

effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico» (6° co.); al termine di

ciascun ciclo scolastico, il profilo deve poi essere aggiornato per consentire alla scuola successiva

una adeguata presa in carico del soggetto (8° co.).

Proprio questi aspetti della legge appaiono come centrali nella strategia educativa individualizzata.

La condizione di aggiornabilità del profilo è strettamente collegato al concetto che l’ handicap non è

una condizione statica o irreversibile. Al PDF segue il Piano Educativo Individualizzato, nel quale i

dati acquisiti vengono tradotti in un programma articolato di interventi didattici, suscettibile di

aggiustamenti e revisioni. Alla messa a punto provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei

genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e il personale insegnante

specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore.

La L. 104/ 1992 ripropone la logica della programmazione concertata, attuandola attraverso i gruppi

di lavoro per l’integrazione scolastica ed extrascolastica (G.L.I.P. -G.L.H.).

Nelle scuole di ogni ordine e grado sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di

docenti specializzati che, insieme ai docenti curricolari, identifica i bisogni educativi speciali

11

dell’alunno e costruisce insieme alla famiglia e gruppo operativo di istituto, il Piano Educativo

Individualizzato.

La legge-quadro propone un modello attento al soggetto, ribadendo la centralità della persona

portatrice di handicap intorno al quale devono essere coordinati i vari interventi intendendo così che

l’integrazione scolastica debba essere intesa come momento preparatorio all’integrazione sociale.

2.2 - C.M. 3 .9.1985, n. 250 - azione di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap

In questa C.M. si insiste sull’ importanza dell’analisi e della conoscenza delle potenzialità del

soggetto handicappato e della individuazione dei suoi “bisogni educativi”.

«….. non ha importanza tanto la classificazione tipologica dell'handicap, quanto l'analisi e la

conoscenza delle potenzialità del soggetto che ne è portatore e la definizione dei suoi "bisogni

educativi". »

Partendo dalle Unità Sanitarie, la scuola in collaborazione con gli operatori socio-sanitari e i

genitori è chiamata a elaborare e predisporre un Piano Educativo Individualizzato, da inserire nella

programmazione educativa e didattica della classe e finalizzato a far acquisire all’allievo in

situazione di handicap adeguate competenze e abilità nelle varie dimensioni di sviluppo.

«….. Le difficoltà di apprendimento derivanti da situazioni di handicap non possono costituire un

ostacolo all'esercizio di tale diritto-dovere; si ribadisce, pertanto, che la scuola deve garantire a

ciascun alunno le opportunità di esperienze e le risorse culturali di cui ha bisogno».

Il punto di riferimento di quest’azione integrativa rimane l’insegnante di sostegno considerato come

un mediatore tra scuola, famiglia e operatori sanitari anche se è tutta la comunità scolastica nel suo

insieme che viene sollecitata a portare avanti i progetti di integrazione e a farsi carico della

programmazione e della verifica degli interventi didattico educativi previsti dal P.E.I.

«….non si deve mai delegare al solo insegnante di sostegno l'attuazione del "progetto educativo

individualizzato" poiché in tal modo l'alunno verrebbe isolato anziché integrato nel contesto della

classe o nella sezione, ma che tutti i docenti devono farsi carico della programmazione e

dell'attuazione e verifica degli interventi didattico-educativi previsti dal piano individualizzato.

Spetta agli insegnanti di classe o di sezione, in accordo con l'insegnante di sostegno, realizzare detto

progetto anche quando quest'ultimo insegnante non sia presente nell'aula. »

12

«Si chiarisce inoltre che le "scuole particolarmente attrezzate", sono scuole comuni che per

dotazione di personale qualificato, di idonee strutture ed attrezzature e per prossimità di presidi

sanitari o riabilitativi possono favorire la funzionale integrazione degli interventi specialistici e

scolastici di cui gli alunni portatori di handicap necessitano».

Per gli handicappati gravi sono stabiliti interventi assistenziali e terapeutico -riabilitativi da svolgere

con« tempi di lavoro distesi» articolati oltre il limite di tempo posto dall’anno scolastico.

Per i soggetti in situazione di svantaggio, disagio soci-economico , linguistico (che non rientrano

nell’handicap), sono comunque previsti percorsi di apprendimento diversificati atti a favorire

l’apprendimento.

«..Sembra opportuno sottolineare in relazione alle condizioni di svantaggio che esse, riflettendo

carenze affettive, linguistiche e culturali riconducibili a problematiche familiari, disagi socio-

economici o insufficienti stimolazioni intellettuali, non devono essere confuse con le situazioni di

handicap e non richiedono alla scuola interventi di sostegno, ma solo un ampliamento delle

opportunità educative in termini di esperienze e stimolazioni. Ciò in condizioni operative che

consentano un'organizzazione flessibile del lavoro scolastico, che offrano percorsi di apprendimento

diversificati e che valorizzino attività educative, tecnologie e linguaggi alternativi a quelli

tradizionalmente privilegiati.»

In questa C.M. si introduce per la prima volta la Diagnosi Funzionale

«….I successivi itinerari di preparazione dell'attività scolastica saranno indirizzati a rendere gli

obbiettivi e gli interventi educativi e didattici quanto più possibile adeguati alle esigenze e

potenzialità evidenziate nella "diagnosi funzionale" dell'alunno, e daranno luogo alla elaborazione

di un "progetto educativo individualizzato" ben inserito nella programmazione educativa e didattica.

Tale programma personalizzato di integrazione e di apprendimento dovrà essere finalizzato a far

raggiungere a ciascun alunno portatore di handicap in rapporto alle sue potenzialità, attraverso una

progressione di traguardi intermedi ed utilizzando metodologie e strumenti differenziati e

diversificati, obbiettivi di autonomia, di acquisizione di competenze e abilità (motorie, percettive,

cognitive, comunicative, espressive) e di conquista degli strumenti operativi basilari (linguistici e

matematici)»

13

2.3 Il PEI

Indicazioni di linee di intesa tra Scuola, Enti locali e UU. SS. LL. in materia di integrazione

scolastica degli alunni portatori di handicap -

Il PEI viene introdotto per la prima volta dalla C.M. n. 258 del 22 settembre 1983. La Memoria citata

suggerisce i mezzi e i modi per l’elaborazione di un documento che corrisponda alle rilevazioni sia

del libretto sanitario previsto dalla legge 833/78 sulla Riforma del Servizio Sanitario Nazionale sia

alla scheda di valutazione prevista dalla legge 517/77 finalizzata a favorire interventi

interprofessionali per gli alunni portatori di handicap. Per la prima volta si parla della necessità di

costruire un “gruppo di lavoro” in ogni istituzione scolastica con il compito di garantire il

coordinamento dei progetti e degli interventi e di predisporre i piani operativi e le verifiche

periodiche.

Il PEI ( che segue un "profilo-diagnosi"), rappresenta un documento operativo elaborato dal Gruppo

di lavoro, oggi Unità Multidisciplinare, che opera presso la sede scolastica e composto dal Dirigente

scolastico, dall’insegnante specializzato, dagli altri insegnanti, da più membri dell’èquipe

specialistica ASL, da un rappresentante del servizio sociale e dal genitore dell’alunno diversabile.

Nell’allegato I della Memoria - punto 3.3. Programmazione del "piano educativo individualizzato"

si legge:

«Gli operatori scolastici e gli operatori dei servizi territoriali di cui sopra, interessando i genitori di

ciascun bambino, definiscono insieme un programma da attuare in un tempo determinato (mese,

trimestre, anno scolastico); collegano e integrano nel "Piano educativo individualizzato" gli

interventi: didattici, educativi, terapeutici, riabilitativi (scolastici ed extrascolastici).

Vanno stabiliti i tempi e i modi delle verifiche, e concordate le modalità relative alla redazione,

utilizzazione e conservazione della documentazione a cui fare congiunto, ricorrente riferimento»

Nell’ allegato II si indicano i criteri di attuazione del Piano educativo Individualizzato per i portatori

di Handicap 11

.

11 Criteri generali I soggetti dell'intesa, al fine di attuare il piano educativo individualizzato per gli alunni portatori di handicaps, concordano i mezzi e i modi per documentare il comune itinerario operativo. Questa documentazione non deve intendersi sostitutiva della scheda di valutazione che resta lo strumento di lavoro specifico dei docenti; né sostitutiva del "libretto sanitario" previsto dalla L. n. 833/1978 sulla "Riforma del Servizio sanitario nazionale". Essa, dovrà essere finalizzata a favorire gli interventi interprofessionali previsti dalla L. n. 517/1977. Tenendo conto di alcune esperienze in atto, se ne propone una esemplificazione. 1° Parte: Identificazione della situazione al momento di ingresso del soggetto portatore di handicaps nella scuola (materna, elementare, media). Concorrono alla identificazione del profilo dell'alunno al momento del suo ingresso nella scuola: operatori scolastici, operato-ri socio-sanitari, familiari dell'alunno; l'iniziativa può essere presa da ciascuna delle componenti.

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Ai sensi dell’art.12 della L. 104/1992, il PEI è presentato come il documento nel quale vengono

descritti e integrati gli interventi predisposti per l’alunno con disabilità, in un determinato periodo di

tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione.

La legge prevede che la redazione del documento sia realizzata congiuntamente dagli operatori

sanitari individuati dalla Asl, il personale insegnante curricolare e di sostegno della scuola e, ove

presente, l’insegnante psico- pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la patria

potestà parentale dell’alunno ( art. 4 D.P.R. 24 - 2 - 1994). Tutti i componenti alla redazione del PEI

dovrebbero proporre, sulla base della diagnosi funzionale e dal profilo dinamico funzionale, gli

interventi finalizzati alla piena realizzazione e integrazione scolastica dell’alunno in situazione di

handicap.

Il P.E.I. si caratterizza come:

progetto operativo interistituzionale tra operatori scolastici e sanitario, servizi sociali e

famiglie per realizzare forme d’integrazione fra attività scolastiche ed extrascolastiche.

progetto educativo e didattico personalizzato per la messa a punto di interventi e sostegni

mirati al perseguimento di specifici obiettivi in correlazione con gli aspetti riabilitativi e

sociali

Si costituisce un gruppo di lavoro composto, di norma, dal Direttore didattico e dal Preside, dall'insegnante o dagli insegnanti, da uno o più membri dell'equipe specialistica della USL, da un rappresentante del servizio sociale, dai genitori dell'alunno. Il gruppo procede alla raccolta dei dati; le riunioni hanno luogo, di norma, nella sede scolastica. Con il contributo delle varie competenze e conoscenze si traccia, nella prima parte del documento, un profilo del soggetto che dovrebbe comprendere: dati anagrafici, dati familiari, domicilio, indicazione della eventuale scuola di provenienza, condizio-ni al momento di ingresso (per esempio: stato di salute, vista, udito, coordinazione motoria, orientamento, autonomia, lin-guaggio in relazione all'età, condizioni psichiche, comportamento con i coetanei e con gli adulti, situazioni e manifestazioni per cui si chiedono esami particolari e interventi specializzati, ogni altra notizia che possa risultare utile) 2° Parte: Valutazione approfondita Durante il primo periodo di frequenza scolastica l'alunno viene osservato dagli insegnanti e dagli operatori socio-sanitari che si propongono di valutare: gli aspetti generali, i livelli di capacità, i livelli di apprendimento, le abilità pratiche e operative. In merito si potrà ricorrere all'uso di strumento di osservazione come: griglie, schede, guide, ecc., tenendo conto del fatto che la valutazione approfondita risulta premessa necessaria per la definizione del piano educativo individualizzato. Il gruppo di lavoro procede quindi a registrare i dati acquisiti. 3° Parte: Piano educativo individualizzato Questa terza parte si dovrebbe articolare in più fogli, in ciascuno dei quali lo spazio di competenza della scuola risulti affian-cato da quello di competenza degli operatori socio-sanitari e addetti alla riabilitazione. In modulo sintetico si individuano ed indicano gli obbiettivi. Per ciascuno... l'interazione tra i docenti, il materiale didattico, i luoghi e i tempi di azione. Gli operatori socio-sanitari definiscono, in corrispondenza: gli interventi terapeutico - riabilitativi, le assistenze e i luoghi di azione. 4° Parte: Verifica Il gruppo si riunisce in date prestabilite (mensili, trimestrali ecc.), prende atto del programma svolto, delle verifiche attuate dai vari operatori: esprime una valutazione complessiva, riformula il programma per obiettivi. I collegi dei docenti, i Consigli di classe e di interclasse partecipano, secondo competenza, alla definizione del piano educati-vo individualizzato. I gruppi di lavoro per l'integrazione degli alunni portatori di handicaps costituiti presso i Provveditorati, offrono consulenza tecnica, con particolare riguardo a quanto attiene agli interventi scolastici.

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Esso propone:

gli obiettivi a medio e lungo termine

gli interventi e a chi compete la loro attuazione

gli itinerari di lavoro, nonché il lavoro di rete con altre istituzioni

le tecnologie da adottare

le metodologie , le tecniche di monitoraggio

una stima dei tempi necessari all’attuazione degli interventi e al raggiungimento degli

obiettivi

le modalità di coinvolgimento della famiglia

le fasi di conclusione del progetto, stabilite insieme a tutti i soggetti coinvolti

Valutazione

L’articolo 16 regolamenta le modalità di valutazione degli alunni con Handicap stabilendo che si

indichi, sulla base del PEI, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali

attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti

programmatici di alcune discipline.

La famiglia

Attraverso l'accordo con la famiglia, l’alunno è pienamente inserito nella scuola e contribuisce,

tramite i suoi rappresentanti, alle decisioni che lo riguardano in modo tale da potergli assicurare

un ‘assistenza scolastica conforme ai suoi bisogni e alle sue potenzialità.

Aspetti irrinunciabili del PEI

Un buon Piano Educativo Individualizzato non può rinunciare ai seguenti aspetti:

• Indispensabilità di un lavoro d’équipe e di collaborazione tra gli insegnanti, per adeguare le

unità di lavoro svolte in classe ai traguardi “individualizzati” in modo tale da far sì che

l’alunno possa efficacemente rimanere inserito nella vita di classe (individualizzazione ma

non separazione).

• Programmare non pensando solo alle difficoltà del soggetto, ma soprattutto alle sue abilità

residue e lavorare su queste, potenziandole.

• Aggiornabilità e quindi flessibilità (il documento può essere modificato in caso di nuove o

diverse esigenze, deve essere aperto alla sperimentazione e alla verifica)

• Significatività formativa ( rispondente ai bisogni evolutivi e alle caratteristiche individuali

dell’alunno)

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• Collaborazione dei familiari dell’alunno ( pensare ad un progetto di vita senza l’apporto della

famiglia è impensabile)

Il PEI appare uno strumento appropriato per l'ampiezza delle aree di osservazione che in esso

vengono considerate, costituisce per questo il progetto di vita del disabile in età scolare e perciò

comprende sia i criteri e gli interventi di carattere scolastico sia quelli di riabilitazione e

socializzazione.

Il PEI è un documento importante che, se ben elaborato, garantisce all’alunno disabile la possibilità

di seguire un percorso che gli permetta di crescere sia dal punto di vista degli apprendimenti che dal

punto di vista della socializzazione (rendendo significativa la permanenza nell’ambito

dell’istituzione e del gruppo classe) e dello sviluppo della proprie potenzialità, permettendogli quindi

di “avere un futuro”.

Sviluppare le potenzialità del disabile non ha come unico effetto quello di rendere più agevole la

convivenza scolastica o la futura integrazione sociale, bensì rende possibile la scoperta di una

dimensione autonoma e specifica del soggetto handicappato.

Per poter assolvere a questo compito non si può rinunciare a pensare all’alunno nella sua globalità,

inserito nella società della quale fa parte a tutti gli effetti.

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CONCLUSIONE

La scuola deve perseguire in modo integrato le logiche del diritto all’uguaglianza e quelle del diritto

alla diversità. Suo compito è «insegnare alcune cose a tutti, utilizzando ogni mezzo

(individualizzazione) e insieme consentire / stimolare la possibilità di condurre percorsi personali di

apprendimento (personalizzazione)»12

che devono essere comunque garantiti a tutti. L’azione

educativa si prefigge di favorire lo sviluppo della personalità umana: mezzi e contenuti scolastici

devono pertanto considerarsi sempre ed in ogni caso strumenti rispetto al fine ultimo che è la crescita

dell’alunno. Ciò vale per il bambino normodotato, ma vale, a maggior ragione, per il bambino con

disabilità o con svantaggio, che più di ogni altro, ha diritto ad una scuola in cui siano assicurate le

condizioni, culturali e psicologiche, per una crescita globale ed armoniosa.

Nella scuola è necessario elaborare metodi di conoscenza dell'alunno sempre più funzionali

all'integrazione, sempre più legati al mondo della scuola, per valutare a fondo la realtà di sviluppo e

di apprendimento dell'alunno in situazione di handicap. Esplorando a fondo le caratteristiche di ogni

alunno e comprendendone la specificità si porranno le basi per pensare all'integrazione realizzando

una scuola inclusiva per tutti, che sappia cioè differenziare la didattica, individualizzando i percorsi

di apprendimento, e personalizzare le relazioni e gli atteggiamenti educativi, con "sensibilità alle

differenze" di ogni alunno. L’individualizzazione e la personalizzazione didattica garantite dalla

Legge 517 del 1977, successivamente saranno ribadite dalla Legge 53 del 200313

e dalle Linee guida

per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità (2009), estese, poi, agli altri allievi “ con

bisogni, educativi speciali”: bisogna però augurarsi che il cammino intrapreso non rimanga solo in

stretto ambito normativo ma anche fattuale.

Individuazione e personalizzazione sono alla base di una didattica attiva, il cui processo educativo si

fonda su due aspetti: il primo consiste nell’estrinsecare le potenzialità individuali, il secondo consiste

nel preparare e adattare l’individuo a i compiti che dovrà assolvere da adulto nella società.

Dei due aspetti, il primo è sicuramente quello più importante, perché estrinsecare le potenzialità di

ciascuno significa educare l’alunno a conseguire l’impiego intero e pronto di tutte le sue capacità:

prepararlo alla vita futura significa dargli la padronanza di se stesso.

12

L. Guerra, Personalizzazione- individualizzazione. 13

La legge 53/2003 pone l’accento in modo determinante sulla centralità della persona da cui scaturisce la centralità dello studente. La centralità

della persona poggia su una serie di motivi ispiratori finalizzati alla crescita e alla valorizzazione della dimensione umana, alla formazione spirituale e morale, allo sviluppo delle doti creative, al rispetto delle differenze e dell’identità di ciascuno ed all’assunzione della diversità come risorsa positiva . In quest’ottica si realizza una vera e propria inversione di tendenza che segna il passaggio dalla scuola delle rigidità, dei programmi, alla scuola dell’autonomia e della compartecipazione ai processi formativi. In definitiva una Scuola che abbia come obiettivo generale il raggiungimento da parte di ciascun alunno portatore di handicap o non, di traguardi differenziati di apprendimento attraverso percorsi individuali che tengano conto dei livelli di partenza e delle potenzialità di ciascuno

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INDICE

Introduzione pag. 1

Cap. 1 pag. 3

1.1 - Le scuole speciali pag. 3

1.2 - L’inserimento scolastico a partire dagli anni Settanta pag. 4

1.3 - Legge 517 del 1977 pag. 5

1. 4 - Sentenza n. 275/1987 pag. 7

1.5- Legge del 3 marzo 2009, n.18 pag. 8

Cap.2 La scuola inclusiva e gli strumenti per la personalizzazione del percorso scolastico

pag. 9

2. 1- La Legge n° 104 del 5 febbraio 1992 pag. 9

2.2 - C.M. 3 .9.1985, n. 250 -azione di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap

pag. 11

2.3 - Il PEI pag. 13

Conclusione pag. 17

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BIBLIOGRAFIA:

M. PAVONE, Dall’ esclusione all’inclusione, Mondadori Università, 2013

AAVV, Le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, Edises, 2013

S. Auriemma, Repertorio- dizionario normativo della scuola, 2013

S. Di Pietro Compendio di didattica, Simone, 2012