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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN Archeologia Titolo dell’elaborato: Applicazione del rilievo georadar in archeologia Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe Salemi Chiar.mo Prof. Vladimiro Achilli Laureando: Nicholas Fontana 514781 Anno Accademico 2006/2007

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN

Archeologia

Titolo dell’elaborato:

Applicazione del rilievo georadar in archeologia

Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe Salemi Chiar.mo Prof. Vladimiro Achilli

Laureando:

Nicholas Fontana

514781

Anno Accademico 2006/2007

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Indice

Prefazione

Capitolo 1: GPR – Ground penetrating Radar: Principi di

funzionamento

1.1 Introduzione.

1.2 Brevi cenni storici.

1.3 Composizione strutturale e funzionamento.

1.4 Le antenne.

1.5 Propagazione delle onde elettromagnetiche.

1.6 Il fenomeno Scattering.

Capitolo 2: Il GPR applicato all’archeologia.

2.1 Pregi e difetti

2.2 Analisi preliminare del sito.

2.3 Acquisizione dei dati.

2.4 Applicazioni su strutture edilizie.

2.5 Trattamento dei dati.

2.6 Interpretazione dei dati.

2.7 Presentazione dei risultati.

2.8 Caratteristiche archeologiche e loro interpretazione.

Capitolo 3: Esempi di applicazione del GPR in archeologia.

3.1 Introduzione.

3.2 Abbazia benedettina, Leno (Bs).

3.3 Riverfront Village, South Carolina, USA.

3.4 Ceylon plantation, Georgia, USA.

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3.5 Tel Hazor, Israele.

3.6 Petra, Giordania.

3.7 Mamala bay, Hawaii, USA.

3.8 Test sites of Illinois and Washington, USA.

3.9 Komochi-mura, Gumna, Giappone.

3.10 Valenza, Spagna.

Capitolo 4: Regolazioni dello strumento GPR

4.1 Descrizione dello strumento.

4.2 Regolazioni preliminari per il rilievo.

4.3 Trattamento dei dati dopo l’acquisizione.

4.3.1 Tipologie di visualizzazione.

4.3.2 Regolazione scala verticale ed orizzontale.

4.3.3 Filtri.

4.3.4 Ottimizzazione della visibilità.

4.4 Visualizzazione tridimensionale.

Capitolo 5: Applicazione del GPR su materiali diversi

5.1 Introduzione.

5.2 Ghiaia.

5.3 Lastricato di cemento.

5.4 Cemento, metallo e ghiaia.

5.5 Asfalto.

5.6 Terreno erboso.

Conclusioni

Bibliografia

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Prefazione

Questo lavoro è nato dall’esigenza di approfondire un argomento che, fino ad

ora, particolarmente nel campo di studi archeologici, non è stato trattato

esaustivamente, ma che si rivela di notevole interesse ed importanza,

L’argomento non sarà trattato in modo esclusivamente tecnico per risultare

comprensibile anche a chi non detiene conoscenze specifiche, tentando comunque,

di fornire le nozioni principali necessarie a comprendere i principi fisici alla base del

funzionamento del GPR - Ground Penetrating Radar. Si cercherà, inoltre, di fornire

gli strumenti necessari per affrontare le quattro fasi indispensabili per l’esecuzione di

un lavoro mediante il GPR: progettazione, acquisizione, elaborazione ed

interpretazione dei dati.

Si è tentato di dare informazioni quanto più aggiornate, essendo questo un

settore che subisce continue evoluzioni e nel contempo di non tralasciare i necessari

cenni storici relativi alle applicazioni del georadar.

Verrà esposta una selezione di casi ritenuti importanti e formativi, in modo da

affrontare le varie problematiche con cui spesso l’operatore è costretto a

confrontarsi.

Infine verrà presento un’applicazione pratica (svolta a maggio 2007): questa

riguarda l’applicazione dello strumento su diverse superfici facilmente riscontrabili nel

contesto urbano.

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Capitolo 1: Principi di funzionamento.

1.1 - Introduzione.

Nell’ultimo decennio, in campo archeologico ed in generale nella salvaguardia

dei beni culturali, i metodi di indagine non invasiva, hanno avuto un incremento di

prestazioni anche in situazioni critiche. Eventuali risorse finanziarie limitate e una

ridotta disponibilità di uomini e tempo, spesso, non consentono un’indagine esaustiva

di un sito. Inoltre, in alcuni casi, le opere edilizie ed infrastrutturali intervengono

drasticamente su terreni con presenze antropiche; così, durante uno scavo, è difficile

individuare esattamente l’estensione dello stesso e ciò può limitare l’attenzione a

zone di minore interesse a scapito di altre con maggiore importanza.

Queste problematiche possono essere risolte con un metodo di indagine

recente, che può consentire di stabilire con buona precisione lo sviluppo

tridimensionale di un sito archeologico, in brevi tempi ed in modo non invasivo: il

Ground Penetrating Radar (GPR).

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1.2 - Brevi cenni storici.

Il georadar (GPR) è un sistema radar geofisico, usato all’inizio del XX secolo

per determinare la profondità di un ghiacciaio, poiché per la bassa costante

dielettrica relativa del ghiaccio, erano raggiungibili profondità di esplorazione anche

di qualche decina di metri. Questa tecnologia fu successivamente “dimenticata” fino

agli anni ’50, quando venne applicata in campo militare.

Il metodo fu sviluppato attorno agli anni ‘70, inizialmente in campo geologico e

glaciologico, successivamente anche in altri settori come l’ingegneria civile. Nel 1972

fu fondata la G.S.S.I. con lo scopo di sviluppare il metodo georadar a livello

commerciale. Da questo momento, si verificò un aumento notevole di pubblicazioni e

ricerche per, arrivare poi al decennio successivo in cui il georadar è divenuto il

sistema maggiormente utilizzato per la rivelazione di oggetti sotterranei.

In campo archeologico, le prime applicazioni sono state svolte nel 1976 a

Chaco Canyon nel New Mexico su di un terreno secco ed omogeneo. Negli anni ’80

e ’90 si sono effettuate molteplici analisi soprattutto negli Stati Uniti per identificare

resti di muri o strutture sotterranee.

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1.3 - Composizione strutturale e funzionamento.

Il GPR è un metodo d’indagine sub-superficiale che fornisce sezioni verticali

(radargrammi) del terreno, consentendo l’identificazione di discontinuità presenti nel

sottosuolo; queste possono essere dovute a strati differenti o a corpi isolati di varia

composizione chimico-fisica, quindi di diverse proprietà elettromagnetiche rispetto

all’ambiente circostante.

Il georadar è costituito schematicamente da due parti: il trasduttore (le

antenne) e un sistema di acquisizione, composto da un’unità centrale per il controllo

dei parametri di acquisizione, visualizzazione e registrazione dei dati (Fig 1.1).

Un impulso di onde elettro-magnetiche ad alta intensità (100-1500 Mhz) viene

inviato verso il basso da un’antenna trasmittente; questo segnale si propaga e, in

parte, viene riflesso quando incontra una superficie di discontinuità. La riflessione è

generalmente causata da variazioni delle proprietà elettriche del terreno, aumento o

diminuzione del contenuto di acqua, cambiamenti litologici o di densità di volume

all’interfaccia stratigrafica.

Il tempo di riflessione (tempo di andata e ritorno dell’onda dal trasmettitore al

ricevitore, Two-way time, TWT) viene usato come misura della distanza del

bersaglio. L’onda, ritornata in superficie, viene captata da un’antenna ricevente,

convertita in segnali elettrici come piccole variazioni di tensione, messa in

correlazione con il segnale trasmesso; il risultato, dopo esser stato filtrato ed

amplificato, viene registrato. Il ricevitore può essere costituito dalla stessa antenna

trasmettitrice, dopo che l’impulso è stato trasmesso, oppure possono essere presenti

due antenne separate (Rx e Tx). Nel primo caso il radar è detto monostatico; se si

usano due antenne separate il radar è detto bistatico. Le due antenne (trasmittente e

ricevente) hanno una distanza (offset) mantenuta fissa durante l’indagine. Variando

l’offset si cambia l’angolazione con cui si “illumina” l’oggetto permettendo, in fase di

acquisizione, di scegliere la regolazione ottimale. L’offset negli strumenti monostatici

è pari a zero, permettendo un angolo d’apertura di circa 90°-120° (Fig. 1.2)

Il segnale ricevuto è visualizzabile in tempo reale sull’unità centrale, che nei

sistemi radar recenti fa parte della strumentazione ed è montato sul carrello che

viene movimentato assieme all’antenna.

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I primi strumenti erano in grado di registrare i dati in modo analogico su carta

o su nastro magnetico; questo limitava decisamente la possibilità di elaborazione e

quindi di interpretazione degli stessi. All’inizio degli anni ’80, la registrazione in

formato digitale dei dati ottenuti, ha consentito un notevole miglioramento del

metodo.

Fig. 1.1 - Composizione strutturale del georadar e raffigurazione dei percorsi seguiti dall’onda elettromagnetica nel terreno.

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Fig. 1.2 - Due diverse tipologie di georadar: bistatico con due antenne (trasmittente e ricevente) e monostatico con una sola antenna (ricevente e trasmittente).

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1.4 - Le antenne.

Le antenne in commercio sono di vari tipi e sono contraddistinte dalla

frequenza centrale (frequenza di centro banda) che viene generata. La scelta del

modello da utilizzare è legata agli scopi dell’indagine da effettuare: quelle con

maggiore frequenza consentono una migliore definizione, ma riescono a “penetrare”

meno nel terreno; al contrario, le antenne con bassa frequenza hanno maggiore

penetrazione e una definizione minore. Le antenne con bassa frequenza sono inoltre

ingombranti e di peso elevato.

Un problema di cui bisogna tener conto è che, nell’aria, le onde trasmesse ad

una certa angolatura, si rifrangono sulla superficie e continuano appena sopra la

stessa. Se l’antenna non è schermata, tramite elementi che riducono la radiazione

verso l’alto, l’onda aerea può riflettersi anche su oggetti in superficie come palazzi,

alberi, linee elettriche, telefoni cellulari o l’operatore stesso. Nella tabella 1.1 sono

presentate alcune tipologie di antenne con la relativa risoluzione e penetrazione,

entrambe legate al tipo di terreno.

Frequenza

(Mhz)

Durata impulso

(ns)

Risoluzione

(cm)

Penetrazione

(m)

100 10 10 2-18

300 3 3 1-8

500 2 2 0.5-4

1000 0.75 1 0.1-1

Tab. 1.1 - Relazione tra frequenza, durata dell’impulso, risoluzione e penetrazione di alcune tipologie di antenne tutti i fenomeni sono legati al tipo di terreno su si opera.

I fattori di cui bisogna tener conto sono:

• proprietà elettriche e magnetiche del terreno,

• dimensione e profondità degli oggetti da indagare,

• accessibilità e sistemazione superficiale.

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1.5 - Propagazione delle onde elettromagnetiche.

La velocità delle onde radar dipende dal materiale che attraversano; nell’aria

viaggiano a 300 000 km/s, mentre nel terreno la velocità dipende dalla costante

dielettrica (εr). La velocità decresce inversamente alla radice quadrata di εr:

c

v = ──── √ εr

dove c è la velocità dell’onda nell’aria.

La costante dielettrica è la capacità di un materiale, posto in un campo

elettromagnetico, di acquisire e restituire energia elettromagnetica; è il rapporto fra

permettività elettrica nel materiale e nel vuoto.

La costante dielettrica dipende dalle caratteristiche fisiche e chimiche,

dall’umidità e dalla temperatura del materiale stesso.

La massima penetrazione dell’onda elettromagnetica dipende dalla

conduttività elettrica e permeabilità magnetica del mezzo attraversato e dalla

frequenza dell’onda che attraversa il mezzo. La conduttività elettrica è l’attitudine di

un materiale a condurre corrente elettrica, mentre la permeabilità magnetica è la

proprietà di un materiale ad aumentare la propria magnetizzazione se posto in un

campo elettromagnetico.

Qualsiasi materiale al passaggio di un’onda elettromagnetica assorbe energia:

ciò aumenta notevolmente in presenza di acqua e di conseguenza nelle argille.

Maggiore è la conducibilità e maggiore è l’assorbimento; quindi, in terreni con alta

conducibilità, quasi tutta l’energia potrebbe essere assorbita senza fornire alcuna

riflessione.

La tabella 1.2 riporta per differenti tipologie di terreno la costante dielettrica

(εr), la velocità (v), la conduttività elettrica (σ).

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Materiale εr V (m/ns) σ (m/ns)

Aria 1 0.30 0

Ghiaccio 3.2 0.16 0.01

Sabbia asciutta 3-6 0.15 0.01

Granito 4-6 0.1-0.12 0.01

Calcare 4-8 0.1-0.12 0.5-2

Carbone 4-5 0.134-0.15

Pvc 3 0.173

Asfalto 3-5 0.134-0.173

Calcestruzzo 5-8 0.055-0.12

Argilla 5-15 0.09 1-100

Slit 5-30 0.07 1-100

Arenaria 6 0.112

Dolomite 6.8-8 0.106-0.12

Scisto 7 0.113

Basalto 8 0.106

Terreno paludoso 12 0.086

Terreno pastorale 13 0.083

Terreno agricolo 15 0.077

“Terreno medio” 16 0.075

Sabbia bagnata 20-30 0.06 0.01-1

Acqua dolce 81 0.033 0.5

Acqua de mare 81 0.01 0.3

Acqua distillata 80 0.033 0.01

Tab. 1.2 - Costante dielettrica, velocità e conduttività in diversi materiali; si noti la variazione dei valori all’aumentare della presenza di acqua.

Si nota il differente comportamento fra materiali secchi ed umidi: al variare

della percentuale di acqua, diminuisce la velocità ed aumenta la conducibilità.

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1.6 - Il fenomeno Scattering.

Le onde possono arrivare al ricevitore in differenti modi, secondo il tipo di

scattering subito da un’onda elettromagnetica nel momento in cui questa,

attraversando un materiale, incontra un oggetto con caratteristiche dielettriche

diverse rispetto al mezzo in cui è posto.

Si può quindi avere scattering di:

• riflessione: un’onda incontra un’interfaccia fra due materiali e viene riflessa

con angolo uguale all’angolo d’incidenza (Fig. 1.3 a);

• rifrazione: un’onda incidente su un’interfaccia viene in parte riflessa ed in parte

assorbita e continua a viaggiare all’interno dell’oggetto con un angolo di

rifrazione che dipende dal materiale che attraversa (Fig. 1.3 b);

• diffrazione: l’onda, dopo aver colpito un oggetto, si diffonde in più direzioni; ciò

dipende dalla forma e dalle sue dimensioni rispetto alla lunghezza d’onda

dell’onda incidente (Fig. 1.3 c);

• risonanza: l’onda colpisce un oggetto di forma chiusa che consentirà alla

stessa di rimbalzare sulle pareti, rimanendo intrappolata nel corpo, in parte

verrà rifratta all’esterno (Fig. 1.3 d).

La velocità dell’onda nell’aria è sempre maggiore rispetto a quella nel terreno.

Questa circostanza fa si che l’onda aerea diretta arriva prima al ricevitore, seguita

dall’onda diretta dal terreno; queste producono una prima larga banda scura sulle

sezioni grafiche. Ciò deriva dall’ovvia impossibilità di una perfetta aderenza delle

antenne con il suolo.

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Fig. 1.3 - Diversi tipi di scattering: a) riflessione, b) rifrazione, c) diffrazione, d) risonanza.

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Capitolo 2: Il GPR applicato all’archeologia.

2.1 - Pregi e difetti

Il GPR si utilizza in situazioni nelle quali la sua alta risoluzione costituisce un

grande vantaggio e la sua limitata penetrazione in profondità risulta sufficiente. Per

queste ragioni viene largamente usato nel campo dell’ingegneria civile: per il rilievo di

fondamenta, falde acquifere, mappatura di sottoservizi (tubature, cavidotti),

valutazione dello spessore stradale, monitoraggio e stima dell’integrità di murature,

strade, ponti, tunnel. Oltre a queste applicazioni, recentemente, è stato utilizzato

anche in campo idrogeologico per rilevamenti geofisico-ambientali, per esplorazioni

minerarie e soprattutto nell’archeologia.

I “bersagli” che vengono cercati durante ricerche archeologiche si trovano a

bassa profondità e la risoluzione richiesta è solitamente elevata; infatti, lo strumento

deve essere in grado di individuare piccole variazioni o anomalie in una profondità

generalmente inferiore a 3 metri. Il grande valore potenziale del rilevamento tramite

georadar sta nella possibilità di determinare la probabile estensione di un sito

archeologico e, quindi, è di particolare importanza per l’archeologia di emergenza.

Oltre a questi fattori occorre ricordare che il metodo GPR è una tecnica non

distruttiva e non invasiva, caratteristiche fondamentali per l’utilizzazione in campo

archeologico e Beni Culturali.

La rapidità di esecuzione di un’indagine permette di indagare ampie superfici

in tempi ristretti, con una continuità di sezioni che permette di avere un dettaglio

considerevole. Inoltre, con tecniche di posizionamento satellitari (GPS – Global

Positioning System), è possibile ottenere l’ ubicazione precisa dei reperti individuati.

Inoltre, il rilievo georadar è completamente non invasivo: dopo un’indagine, il

terreno potrebbe risultare parzialmente segnato solo dalle ruote del carrello

contenente tutta l’apparecchiatura e dalle impronte dell’operatore.

Sono da segnalare alcuni limiti che caratterizzano questa metodologia di

rilievo: è già stato accennato che la presenza di materiali umidi (come le argille con

più del 10% di contenuto d’acqua) impedisce la riflessione e, talvolta, la falda freatica

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costituisce il limite invalicabile per le onde; l’irregolarità del suolo, se è tale da

causare salti in quota allo strumento, provoca l’alterazione dei dati in seguito alla

variabilità dell’angolo di irradiamento; se si effettuano indagini in ambienti coperti,

spesso, possono verificarsi riflessioni spurie dovute al ritorno dell’onda

elettromagnetica dall’alto.

Un ulteriore problema è dato dalla difficoltà di interpretare le discontinuità

ottenute nei radargrammi: segnali simili si hanno in presenza di strutture

archeologiche, ma anche di radici di alberi o di tubature. Sta all’esperienza

dell’operatore identificare i differenti segnali.

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2.2 - Analisi preliminare del sito.

Prima di eseguire un rilievo radar è buona norma effettuare delle analisi

preliminari sul terreno. Si dovrà tener conto dell’accessibilità del sito, della possibilità

di svolgere profili continui senza incontrare ostacoli o irregolarità superficiali. Sarà

necessario individuare le proprietà chimiche e fisiche del terreno, soprattutto

l’umidità, caratteristica che potrebbe causare l’impossibilità di effettuare il rilievo.

Tenendo conto di queste analisi preliminari si dovrà scegliere il miglior

compromesso tra frequenza di trasmissione (in campo archeologico si utilizzano

solitamente antenne con frequenza tra 200 e 500 MHz) e filtraggi a posteriori sul set

di dati acquisito.

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2.3 - Progettazione ed acquisizione dei dati.

I dati vengono acquisiti mediante il trascinamento delle antenne sul terreno

(Fig 2.1). I moderni georadar costituiscono un tutt’uno fra antenne, unità centrale e

carrello per lo spostamento sul terreno. Questo metodo viene definito moving-mode

o profilo continuo, è preferito per la sua velocità d’esecuzione che è l’unico a potersi

utilizzare con i radar monostatici. Il segnale emesso dall’antenna trasmittente viene

riflesso dalle superfici di discontinuità; è successivamente captato dall’antenna

ricevente e, dopo essere stato amplificato viene registrato e visualizzato su di un

monitor.

Per effettuare l’analisi è indispensabile impostare un reticolo topografico a

linee parallele che costituirà la base sulla quale svolgere il rilievo; nella maggior parte

dei casi possono essere utilizzate forme rettangolari, ma se il terreno risulta

particolarmente impervio o le necessità richiedono altre forme, è possibile realizzarle

ad hoc. L’operatore, muovendo il GPR lungo le direzioni preimpostate, in modo da

evitare possibili ostacoli superficiali, raccoglierà i dati in modo continuo. Lo spazio fra

le tracce dipende dall’estensione dei bersagli da indagare, oltre che dalla definizione

che si vuole ottenere; una minore distanza fra le strisciate porta ad una maggiore

risoluzione, a scapito del maggiore tempo impiegato (solitamente si utilizzano valori

fra i 50 cm e 2 m). Individuato l’oggetto d’interesse, per ottenere un miglior risultato,

è consigliabile acquisire altri profili ortogonali alla griglia originaria. E’ buona norma

disporre dei riferimenti metrici lungo ogni profilo con la possibilità di inserirli

manualmente sulla registrazione, per realizzare una calibrazione metrica del profilo.

La griglia dovrebbe essere georeferita con il GPS o con un rilievo topografico per

permettere l’individuazione spaziale delle anomalie e la ripetibilità dell’analisi. Per

quest’ultimo motivo è utile annotare le regolazioni dello strumento e le caratteristiche

delle antenne.

Il georadar per ogni strisciata continua dovrebbe mantenere una velocità

costante da 2 a 10 km/h; spesso risulta difficile per l’operatore trascinare il carrello su

un terreno non perfettamente omogeneo in superficie. Ciò è risolvibile, se non

esistono brusche accelerazioni o salti, mediante compressioni ed espansioni di

porzioni della registrazione, il tutto effettuato automaticamente tramite software.

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Prima di condurre un rilievo georadar è quindi necessario determinare la

griglia più adatta e la frequenza di lavoro, avendo a disposizione informazioni sulle

proprietà fisiche e chimiche del terreno.

È buona norma individuare e annotare gli ostacoli di superficie che potrebbero

causare riflessioni ed interferire con la misurazione (alberi con radici, tombini, pietre).

Per i radar bistatici, il metodo di registrazione dei dati denominato fixed-mode,

consiste nello spostamento delle antenne in modo indipendente in diversi punti della

superficie, effettuando misurazioni distinte.

Due sono i tipi di risoluzione: quella verticale consiste nella capacità dello

strumento di distinguere due oggetti a diversa profondità; quella orizzontale è la

capacità di distinguere bersagli posti alla medesima profondità. La scelta della

frequenza delle antenne è legata a questi fattori, ricordando che le basse frequenze

consentono una maggiore profondità di penetrazione a scapito della risoluzione e

che le alte frequenze consentono basse profondità di indagine con un’alta

risoluzione.

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Fig. 2.1 - Acquisizione dei dati con GPR si trova prima (1), sopra (2) e dopo (3) il bersaglio. Si noti l’iperbole generata dalla riflessione sulle pareti dell’oggetto.

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2.4 - Applicazioni su strutture edilizie.

Oltre al rilievo sub-superficiale con il metodo GPR, si è sviluppato, in tempi

recenti, l’esame delle murature, applicato ad architetture di interesse culturale e

artistico, oltre che per opere di ingegneria civile. Questa tecnica offre la possibilità di

verificare la presenza di strutture nascoste e di zone di umidità e di valutare la

consistenza e la natura delle murature. Il problema maggiore in questo tipo di analisi,

potrebbe dipendere dalla non omogeneità dei materiali impiegati.

In questo caso saranno necessari alcuni accorgimenti fondamentali per

ottenere buoni risultati: le antenne lavoreranno a frequenza maggiore (1000-1500

MHz), dato che lo spessore da indagare non è ampio. Inoltre, l’antenna verrà

montata su di un’apposita stampella (Fig 2.2).

Fig. 2.2 - Utilizzo della stampella con l’antenna per indagare un terreno; può essere impiegata anche su strutture murarie.

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2.5 - Trattamento dei dati.

I dati registrati costituiscono una traccia rappresentante la sezione verticale

del terreno; più tracce formano un’immagine bidimensionale in scala di grigi. L’asse

orizzontale rappresenta la lunghezza di ogni linea parallela, l’asse verticale il tempo

doppio di riflessione (TWT) (Fig. 2.3).

Per rilevare l’effettiva profondità dei bersagli individuati, procedura

fondamentale in campo archeologico, è necessario trasformare la scala verticale

temporale in scala metrica delle profondità. Per compiere questa operazione si

possono confrontare iperboli di oggetti posti a profondità note con i tempi di

riflessione corrispondenti e ciò servirà a calibrare l’equazione tempo/distanza sul

terreno, in quanto questo metodo si basa sulla costante dielettrica (εr). Oppure si

utilizzano le caratteristiche del suolo e conoscendo la sua costante dielettrica si può

applicare la seguente formula:

c

v = ────

√ εr

e quindi ricavare la velocità di trasmissione. È così possibile ottenere la profondità

(P):

tv

P = ────

2

dove t è il tempo (TWT il tempo che intercorre fra trasmissione e ricezione dell’onda),

e v è la velocità.

Un’ulteriore operazione che si può effettuare sui radargrammi è il filtraggio per

una migliore interpretazione degli stessi; questa operazione è in genere svolta dal

software con cui è possibile visualizzare i risultati dell’indagine ed è un trattamento

necessario per “pulire” dai disturbi, amplificare o correggere le distorsioni ottenute.

Molto utile è la tecnica consisteè nell’aumentare il rapporto segnale-rumore1

utilizzando filtraggi per attenuare le frequenze indesiderate.

1 Il rumore è una variazione o fluttuazione indesiderata delle grandezze che si stanno misurando; esso si

contrappone alla parte desiderata, cioè il segnale.

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Fig. 2.3 - Esempio di un tunnel (sopra) con il relativo radargramma (sotto). Il profilo è costituito da un’immagine bidimensionale in scala di grigi: sull’asse orizzontale la lunghezza di ogni linea parallela, sull’asse verticale il tempo di riflessione (TWT).

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2.6 - Interpretazione dei dati.

L’interpretazione mira a distinguere ed identificare le anomalie riscontrate sui

radargrammi sia singolarmente che complessivamente e richiede l’esame attento e

un operatore qualificato.

I principali bersagli in campo archeologico sono costituiti da strutture estese

(murature, ambienti sotterranei, tubi trasversali alla direzione del reticolato), oppure

da oggetti di minore entità (strutture di piccola dimensione, reperti, tubi in direzione

parallela alla direzione del reticolato). Ciò che consente di identificarli è il diverso

andamento grafico delle anomalie sui radargrammi: un’interfaccia piana genera un

tracciato piano, causata del medesimo tempo di riflessione dell’eco creato dall’onda

sulla superficie (Fig. 2.7). In presenza di interfacce di limitata ampiezza si genera la

caratteristica iperbole, derivata dal fatto che l’angolo d’apertura è abbastanza grande

(90°-120°) e conico ed il segnale sarà riflesso anche dai bordi dell’oggetto, anche se

il GPR non è esattamente al di sopra dello stesso; graficamente, l’anomalia sarà

tanto più larga quanto maggiore è l’altezza e minore la velocità di trascinamento (Fig.

2.1).

Le problematiche maggiori riscontrate possono essere causate da oggetti

molto riflettenti (monete), che causano una forte eco, con un’ampiezza minore

rispetto all’oggetto, che può “offuscare” i materiali limitrofi. Altre incertezze possono

derivare dalla presenza di riflettori ravvicinati che provocano la frammentazione dei

rami dell’iperbole con forme ad occhio; ciò si verifica in prossimità di canalette

perpendicolari al senso di registrazione o di oggetti ravvicinati (Fig. 2.5).

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2.7 - Presentazione dei risultati.

Questa fase risulta di grande importanza non solo a livello grafico, ma

soprattutto perchè consente una migliore interpretazione dei risultati ottenuti.

Inizialmente si presentavano i risultati come una collezione di radargrammi sia come

risultati ottenuti in tempo reale, che tramite un’elaborazione sistematica. Si è poi

passati ad una rappresentazione a falsi colori della sezione associando una scala

colorimetrica a quella dell’intensità energetica del segnale. Amplificando

maggiormente le anomalie, si accentuano i minimi contrasti, rendendoli

immediatamente visibili.

Oggi è possibile la rappresentazione tramite volumi tridimensionali dei dati,

con la possibilità di riprodurre planimetricamente le anomalie derivate da strutture

sepolte, con una conseguente maggior definizione e correlazione lungo tutta l’area

indagata.

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2.8 - Caratteristiche archeologiche e loro interpretazione.

Le differenze fra i principali bersagli (fossati, buche di palo, fondazioni, fornaci

o focolari) risiede nella loro estensione: una lunga e continua deformazione può

essere facilmente identificata ed associata ad un fossato; le irregolarità più separate

e meno continue come possono essere le anomalie puntiformi possono essere

derivate da buche di palo (Fig. 2.4). In questo caso, il georadar è utile a rilevare le

diversità fisiche di un terreno scavato anticamente rispetto ad un riempimento

recente, in quanto quest’ultimo è meno consolidato e ricco di sostanze organiche.

Inoltre i confini riflettenti originari del terreno risultano interrotti nella registrazione.

Le fondazioni, avendo meno umidità dell’ambiente circostante, causano

anomalie positive, meno accentuate se il terreno è molto secco (Fig. 2.6). Nel caso di

forni o focolari si riscontra un maggiore grado di magnetizzazione rispetto al terreno,

derivante dal riscaldamento.

Fig. 2.4 - Esempio di anomalie separate e poco continue associabili a buche di palo; si possono rilevare le diversità fisiche di un terreno scavato anticamente rispetto ad un riempimento recente.

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Fig. 2.5 - Esempio della presenza di iperbole a forma d’ occhio causata da riflettori ravvicinati che provocano la frammentazione dei rami dell’iperbole; ciò si verifica in prossimità di canalette parallele al senso di registrazione od oggetti ravvicinati.

Fig. 2.6 - Esempio di una fondazione che, caratterizzata da minore umidità rispetto all’ambiente circostante, causa anomalie positive.

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Fig. 2.7 - Esempio di radargramma relativo ad un piano pavimentale; il lungo segnale causato da un’interfaccia piana genera un tracciato piano, causato dal medesimo tempo di riflessione dell’eco realizzato dall’onda sulla superficie.

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Capitolo 3: Esempi di applicazione del GPR in archeologia.

3.1 - Introduzione

Le prime applicazioni del rilievo tramite georadar in campo archeologico sono

state svolte nel 1976 a Chaco Canyon nel New Mexico su di un terreno secco ed

omogeneo. Negli anni ’80 e ’90 si sono effettuate molteplici analisi soprattutto negli

Stati Uniti per identificare resti di muri o strutture sotterranee.

Verrà ora esposta una letteratura riguardante casi significativi di rilievo

mediante il georadar; si è cercato di comprendere una serie di casistiche che

rappresentasse i vari imprevisti riscontrabili durante i rilievi.

La maggior parte sono stati svolti negli Stati Uniti, oppure da esperti di origine

americana, che hanno maggiore esperienza, e che hanno sviluppato tale

metodologia. In Italia, e generalmente in Europa, questo tipo di rilievo sta prendendo

piede solo negli ultimi anni ed i casi documentati sono in numero nettamente

inferiore.

I periodi trattati sono nella maggior parte dei casi abbastanza recenti, non

perché il GPR non possa essere applicato a periodi antecedenti, ma in quanto negli

USA siti archeologici di età antica rappresentano un numero esiguo.

Verranno esposti anche degli esperimenti svolti con l’intento di testare varie

combinazioni di frequenze, di risoluzione, tipologie di terreni e di reperti, con lo scopo

di sperimentare in che modo lo strumento agisca. La maggior parte dei casi ha avuto

esito positivo, ma va ricordato che a volte alcune sviste potrebbero portare ad una

mancata riuscita del rilievo.

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3.2 - Abbazia benedettina, Leno (Bs).

Le indagini presso la Villa Badia di Leno, sono state svolte da Ermanno Finzi2

e Roberto Francese con lo scopo di individuare l’eventuale presenza di corpi sepolti

nel territorio in cui si ipotizzava fosse situato il monastero di San Benedetto.

Fondato nel 758 da Desiderio, ultimo re dei Longobardi, si erge su di un’area

che fu di sua proprietà, nei pressi di una preesistente chiesa dedicata a Maria, al

Salvatore e a San Michele Arcangelo.

L’area investigata è situata nel parco della villa, su di una superficie di

6500 mq, suddivisa in due elementi principali: un viale di accesso in direzione est-

ovest ed un fossato in direzione meridiana.

Il suolo è costituito da terreni alluvionali grossolani (limo, sabbia, ghiaia), con

abbondante copertura di terreno vegetale, conseguenza di operazioni di colmata

avvenute nei secoli per favorire l’agricoltura.

La strumentazione impiegata consiste in un dispositivo monocanale SIR-2

prodotto dalla GSSI in configurazione monostatica con antenne da 400 e 500 MHz.

La tecnica di acquisizione prevede una griglia con posizionamento spaziale

effettuato con GPS ed una stazione totale per lo stendimento degli assi principali. I

profili sub-paralleli hanno distanze fra loro di 1 e 2 metri, in senso longitudinale o

trasversale, a seconda dell’accessibilità. Questa ampia trama è stata scelta in

quanto permette di rilevare oggetti più grandi, come strutture murarie, fondazioni o

pavimentazioni. Ciò consente di eliminare le piccole variazioni dovute a corpi di

piccola-media dimensione. La profondità raggiunta nell’analisi si aggira tra 2 e 2.5 m

dal piano campagna, derivata dalla diversità del terreno.

La ricerca di tracce significative si è concentrata nella zona ad ovest della

villa, in due ampie aree separate dal viale d’accesso.

Nella zona sud, dove si ipotizzava la presenza di tracce della grande chiesa

abbaziale, sono state riscontrate anomalie troppo rare e discontinue. Riferendosi

alla planimetria (Fig. 3.1), si presentano le interpretazioni svolte nel 2002: le forme

A e A’ sono state identificate come resti della fondazione del presbiterio, essendo

parallele, geometricamente simili e distanti 12 m, anche se A’ risulta con evidenza

inferiore. Tale distanza è compatibile con la planimetria rinvenuta nell’Archivio di

2 E. Finzi, 2006

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Stato di Venezia risalente a fine ‘700; pure la struttura B sembra ascrivibile alla

chiesa ed interpretata come residuo del perimetrale nord.

A profondità maggiore (1.20 - 2.00 m) è stata rilevata una struttura

quadrangolare (C) antecedente all’abbazia probabilmente un edificio indipendente.

Nell’area a nord del viale sono state individuate forti anomalie in superficie,

piccole riflessioni localizzate e limitate, da far risalire, probabilmente, alla

demolizione del complesso. Oltre la quota -1,5 m dal piano campagna, si

presentano forme geometriche (D e F) con il medesimo orientamento delle strutture

A - A’ - B.

I bersagli rilevati con E e E’ sono stati individuati tramite scavi in cave di

ghiaia successivamente riempite da materiali di demolizione dell’abbazia, così come

è avvenuto per l’anomalia individuata in G.

Lo strumento ha comunque permesso di escludere la presenza di vani o

cripte sotterranee.

Questo esempio dimostra che la scelta delle regolazioni dipende fortemente

dal tipo di terreno, dagli oggetti ricercati e della varietà di situazioni che spesso

danno luogo a tracce fra loro simili.

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Fig. 3.1 - Planimetria del sito di Villa Badia (Leno); sono indicate le anomalie rilevate e gli edifici esistenti.

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3.3 - Riverfront Village, South Carolina, USA.

Come già evidenziato, in terreni argillosi e ricchi di umidità, la forte

conduttività dell’acqua attenua le onde radar, riducendone fortemente la

penetrazione3. Un’analisi svolta con successo da Wendy Weaver4 con il GPR è

stata eseguita nel villaggio Riverfront del periodo tardo Missisipian e Early Contact

Period (1400-1740 d.C.), in cui, sotto un piano di sedimenti alluvionali, un

precedente scavo aveva indicato la presenza di strutture insediative.

L’analisi è stata svolta con il radar SIR-3000 prodotto da GSSI con

un’antenna in configurazione monostatica da 400 MHz. La griglia di ampiezza 100 x

94 m, è stata tracciata su di un terreno di recente aratura che presentava profondi

solchi (10 - 15 cm) distanziati di 30 - 40 cm fra loro, che rendeva difficile il

trascinamento dello strumento (Fig. 3.2); si è quindi deciso di distanziare i profili di 1

m, spazio ampio rispetto ai targets ricercati, ma dovuto alla frastagliata

conformazione superficiale del terreno.

Gli studi preliminari hanno mostrato sotto il piano moderno di spessore

40 - 50 cm, un terreno di vecchia aratura che varia da 5 a 20 cm, che copre uno

strato con artefatti del XIX secolo d.C., deposito dell’alluvione del 1888 che inondò

l’area. Al di sotto di questi, si situa il livello caratteristico preistorico, attestato da

manufatti che indicano l’occupazione dal periodo tardo Missisipian.

I profili radar sono abbondanti di riflessioni dovute ai solchi ravvicinati

dell’aratro; colpiti dalle onde, le irradiano verso l’ antenna, causando un fenomeno di

scattering superficiale. Inoltre, l’assorbimento dovuto all’argilla ha cambiato la

penetrazione a 40 - 50 cm sotto il piano campagna, corrispondente ad un tempo di

propagazione di circa 20 ns.

Tutti i profili sono stati visualizzati in sezioni di 3 ns, da 21 a 24 ns di

profondità dalla superficie, producendo una mappa che ha mostrato caratteristiche

lineari e circolari sotto la profondità dello strato sepolto del XIX secolo (Fig.3.3).

Queste anomalie non sono visibili nelle singole sezioni, ma tramite un modello di

3 Cfr: J. Leckebusch 2003.

4 W. Weaver 2006

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35

ricostruzione 3D5. Nella zona sud è stata ipotizzata la presenza di ceppi di legno

che dovevano sostenere una palizzata.

Gli scavi svolti successivamente, asportando gli strati superiori (40 - 50 cm),

hanno scoperto le fondamenta lineari della suddetta palizzata, molto più larghe di

quanto ipotizzato; ciò può esser stato dovuto alla composizione del materiale

degradato, chimicamente simile al terreno che lo circondava e che ha, così, prodotto

una traccia poco visibile.

Con questo esempio si dimostra la possibilità di svolgere indagini con il

metodo GPR anche in situazioni difficili sia per quanto riguarda la composizione

chimica del terreno sia per la sistemazione superficiale, utilizzando idonei

accorgimenti. I radargrammi che singolarmente possono risultare ambigui, in un

modello globale (mappa d’ampiezza), formano anomalie identificabili che nelle

singole tracce sono difficilmente visibili.

5 Radan 5.0 e QuickDraw fornito con il radar SIR-3000 permette la trasposizione di più profili in ambiente

tridimensionale.

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Fig. 3.2 - Profilo radar del sito di Riverfront village in cui sono visibili le tracce causate dai solchi superficiali (in alto) ed il secondo strato di vecchia aratura (più in basso).

Fig. 3.3 - Mappa d’ampiezza del sito di Riverfront village da 21 a 24 ns in cui sono identificabili caratteristiche lineari e circolari, corrispondenti alla palizzata.

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3.4 - Ceylon plantation, Georgia, USA.6

Verrà trattato ora il problema della risoluzione utilizzando una fitta trama in

direzioni perpendicolari fra loro (X e Y).

Il sito, posto sulla zona costiera atlantica della Georgia, all’inizio del XIX

secolo d.C. fu adibito a piantagione di riso, mentre oggi il terreno risulta sabbioso;

anche in questo caso è stato utilizzato il SIR-3000 con antenna da 400 MHz.

È stata costruita una prima griglia sul terreno con intervalli di 50 cm nelle due

direzioni, con sovrapposta una seconda con distanze di 25 cm nella sola direzione

Y: la prima per valutare la bontà del sito, la seconda per ottenere una ottima

risoluzione.

Nella prima griglia di dimensioni di 10 x 12.5 m con trama maggiore della

seconda, costituita da direzioni X e Y ortogonali fra di loro, la profondità raggiunta

varia da 30 a 60 cm. Si è quindi costruita una mappa d’ampiezza con orientazione Y

ed una con orientazione X. Cuò è utile in quanto risulta maggiormente visibile un

bersaglio colpito, rispetto alla sua estensione, trasversalmente o

perpendicolarmente, piuttosto che parallelamente.

La seconda griglia è stata orientata nella sola direzione Y con 25 cm di

distanza fra i profili e parzialmente sovrapposta alla prima. Tutte le irregolarità della

seconda griglia sono presenti anche nella prima, ma con una migliore risoluzione

(Fi0g. 3.4).

Successivamente, sono state scavate le porzioni indagate ed in prossimità

delle anomalie maggiori sono stati ritrovati, oltre ad una radice di quercia, dei cumuli

di artefatti del XIX secolo e resti di fauna. Le ceramiche di alta qualità lasciano

supporre una popolazione di proprietari terrieri privilegiati, da associare alla coltura

di riso, strettamente legata alla presenza di schiavi Afro-Americani nelle vicinanze.

Inoltre, nella porzione nord-ovest è stato ritrovato, a seguito di una rifrazione

rilevata, un muro di malta del XIX secolo (Fig. 3.5).

Con questo caso si vuole evidenziare l’importanza della scelta fra rapidità di

esecuzione dell’esame e bontà dei dati. Essa dipende fortemente dalla dimensione

degli obbiettivi ricercati e dal fattore tempo. Una griglia con maglia ampia (1 – 2 m)

permette di ottenere buoni risultati su oggetti di grosse dimensioni (muri, fondazioni,

6 J. Pomfret 2006.

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38

piani), è molto veloce, ma non consente di individuare targets di piccola entità

(buche di palo, focolari); questo è permesso da una trama più fitta (75 – 50 cm).

Una griglia di dimensione minore (25 cm) può risultare esser troppo fitta e individua

le stesse anomalie rilevate da quella di 50 cm; inoltre è impegnativa a livello di

tempo ed andrebbe utilizzata solo se si desidera una grandissima risoluzione.

L’utilizzazione di una doppia direzione ortogonale, al contrario, offre buoni

risultati anche con corpi posti in modo longitudinale alla strisciata; inoltre, tali griglie

possono essere sovrapposte per formare una mappa di altissimo dettaglio.

Fig. 3.4 - Profili radar del sito di Ceylon plantation ottenuti dalla prima griglia nelle direzioni X e Y. Sono indicati gli accumuli di materiale maggiormente visibili nella sovrapposizione.

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Fig. 3.5 - Profili radar relativi alla direzione Y ottenuti dalla prima e dalla seconda griglia con interasse rispettivamente di 50 e 25 cm. Nella sezione nord è indicato il muro rilevato con le due diverse risoluzioni.

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40

3.5 - Tel Hazor, Israele.

La città di Tel Hazor fu un’area di grande importanza già nei testi biblici ed il

sito, sviluppato su di una superficie di oltre 80 ettari, fu scavato a partire dal 1928,

poi a più riprese negli anni ’50, ’60 e ’90. Nel 2003 e nel 20057 si sono svolte

indagini con il georadar in una piccola porzione del sito, con l’obbiettivo di

localizzare il muro nord di un complesso palazziale.

I rilievi svolti nel giugno 2003 hanno compreso l’area scavata che risultava

rocciosa con ostacoli; i rilievi sono stati eseguiti attorno alle rocce. Sono state

investigate cinque differenti aree con un’antenna da 400 MHz e, per alcuni soggetti,

con antenna da 200 MHz, su di una superficie totale di 8 x 11 m.

I dati trattati in laboratorio hanno mostrato abbondanti interferenze

elettroniche, notate anche durante i lavori di acquisizione (Fig. 3.6). Durante l’esame

preliminare, i radargrammi di anomalie che vengono presenta dallo strumento

possono sembrare sia echi di oggetti sotterrati che interferenze elettroniche. Un

ulteriore problema ha riguardato il terreno stesso, in quanto la composizione chimica

del suolo lo rendeva fortemente conduttivo per la presenza prevalente di argilla, sali

disciolti e calcare. Anche se il calcare costituisce per le analisi con il GPR un ottimo

tipo di terreno, la consistenza di ghiaia, sabbia e argilla, associate al forte vento che

sparge le parti più leggere, causa forti problemi di attenuazione delle onde radar.

Per la ricerca del muro del palazzo è stata utilizzata un’antenna da 400 MHz,

scelta perchè è la frequenza ottimale per tutte le tipologie di terreno e rappresenta un

buon compromesso tra profondità di penetrazione e risoluzione. In seguito, il segnale

che si ipotizzava rappresentare il muro, fu scoperto essere un’interferenza; le misure

acquisite dall’antenna da 200 MHz sono risultate essere notevolmente migliori.

Questo secondo tipo di trasmettitore/ricevitore consente una grande penetrazione nel

sottosuolo ed è adatto a rilevare la presenza di grandi oggetti. Nel sito di Tel Hazor

questo tipo antenna è risultato migliore in quanto l’attenuazione e le interferenze

elettroniche esterne sono state minimizzate dal segnale forte e profondo; inoltre le

caratteristiche dei reperti ricercati erano compatibili con la ridotta risoluzione offerta.

7 Entrambi gli scavi diretti dal Dr. Amnon Ben-Tor dell’ Institute of Archaology of Hebrew University,

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41

Si è comunque potuto costruire una mappa 3D delle anomalie con i risultati

ottenuti tramite l’antenna da 200 MHz (Fig. 3.7), in cui la maggiore ampiezza del

colore è causata da una maggiore riflessione. La griglia utilizzata di 2 x 3 m avrebbe

dovuto rappresentare solo un test, ma si è rivelata essere un avviso delle

interferenze presenti nel sito.

Fig. 3.6 - Interferenze elettroniche nel sito di Tel Hazor; sono visibili le iperboli che si riflettono ampiamente, sicuramente non derivate da oggetti di interesse archeologico.

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Fig. 3.7 - Mappa 3D del sito di Tel Hazor (acquisizione effettuata con antenna da 200 Mhz).

Le indagini svolte nel 2005 avevano lo scopo di ricercare la presenza di una

cavità ad est del cortile del palazzo (area 1), la continuazione del muro del palazzo e

di valutare la convenienza dello scavo nell’area 3 del sito.

Nell’area 1 di dimensione 5 x 2 m, con una distanza fra le strisciate di 0.4 m, è

stata scoperta la presenza di una cavità; è stato creato un modello depht slices

(mappe di profondità) per migliorarne la comprensione (Fig. 3.8). Questa riflessione è

molto simile ad altre che attestavano la presenza di cavità, ma si è anche ipotizzata

la presenza di blocchi di basalto, materiale comunemente presente nel sottosuolo del

sito. È stato quindi deciso di indagare altre due zone limitrofe che non hanno

generato la stessa ampia anomalia, permettendo così di escludere che fosse legata

al basalto.

Nell’area 3, situata ad ovest dell’area 1, si è ricercata la continuazione dei muri

del complesso palazziale; in questa zona non sono state riscontrate anomalie simili a

quelle presenti nella prima area. Si sono segnalate due riflessioni verticali e costanti,

di larghezza pari a circa 1 m ed estesa per circa 7 m di profondità, che potrebbe

rappresentare la continuazione dei muri (Fig. 3.8).

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Questo esempio dimostra come una corretta conoscenza delle problematiche

relative al sito sia necessaria per ottenere risultati validi; poiché anche in terreni

tipologicamente standard possono “celarsi” insospettabili interferenze, sia elettriche

che legate alla composizione fisico-chimica del terreno.

Fig. 3.8 - Depht slices relativa all’area 1 del sito di Tel Hazor: si notano le anomalie relative alla cavità.

Fig. 3.9 - Depht slices relativa all’area 3 del sito di Tel Hazor in cui sono indicate le due anomalie verticali e profonde, probabilmente derivate dalla presenza di muri.

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3.6 - Petra, Giordania.

La scelta della frequenza di centro banda delle antenne è indispensabile per

ottenere un buon risultato; basse frequenze penetrano maggiormente nel terreno,

con una risoluzione minore, consentendo di individuare oggetti di grosse dimensioni;

al contrario, antenne ad alta frequenza forniscono una definizione migliore, ma con

una limitata penetrazione. In questo esperimento Michail Grealy8 ha sperimentato

differenti regolazioni sulla medesima antenna, cambiando la frequenza di centro

banda: alta (650 – 800 MHz), media (500 – 650 MHz) e bassa (200 – 350 MHz) (Fig.

3.11), sul sito di Petra in Giordania, utilizzando un georadar SIR-2000 (GSSI). Il

terreno risulta composto da sabbia ed i targets sono costituiti da muri di fondazione

di epoca nabatea e romana, alla profondità variabile da 0,5 a 2m; la griglia esaminata

ha le dimensioni di 9 x 23 m.

Lo scopo del test è di determinare se gli stessi dati possono produrre immagini

caratteristiche sia in profondità che più superficialmente, per valutare le differenti

tecniche di costruzione.

Petra, situata in Giordania, fu fino al 106 d.C. fu la capitale del regno nabateo,

fino a quando venne conquistata dai romani, che segnarono la sua rapida

decadenza. La differenza di tecniche costruttive utilizzate da questi due popoli, si

attesta inizialmente nei materiali: i nabatei utilizzarono blocchetti di calcare di medie

dimensioni, intervallati da piccole pietre ed argilla, ricoperti di arenaria; i romani

utilizzarono blocchi di arenaria. Si è supposto che le tecniche di costruzione fossero

visibili dalle sole diverse riflessioni, usando dati di varie frequenze nella stessa

antenna.

Le murature delle fasi più antiche, caratterizzate da calcinacci dovrebbero

apparire come piccole riflessioni causate dai materiali di dimensione ridotta ed a

profondità superiore a 1,5 m; le murature romane, costituite da grandi blocchi,

dovrebbero essere visualizzate da anomalie più consistenti.

Una caratteristica lineare è stata individuata sia a bassa che ad alta

frequenza: probabilmente si tratta di una muratura di calcinacci rivestita di prima età

nabatea. Uno scavo a trincea risalente agli anni ’60 poco distante, ha individuato

pareti di abitazioni risalenti all’epoca più antica.

8 M. Grealy 2006.

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Una mappa d’ampiezza (slice maps) è stata costruita ponendo in correlazione

le misurazioni ottenute con la banda alta e bassa (Fig. 3.10) in cui si può notare

come ad alta risoluzione, la muratura risulti composta da due pareti parallele di

rivestimento, con all’interno un riempimento, impossibile da notare la frequenza

minore.

I blocchi di arenaria di età romana sono ben visibili e le differenze fra diversi

tipi di frequenze non sono notevoli, poiché per la dimensione significativa, causano

riflessioni ampie (Fig. 3.12). Le alte frequenze, anche in questo caso, sembrano

“avvantaggiate”, in quanto realizzano la definizione di ogni blocco.

Fig. 3.10 - Slice maps relative al sito di Petra, rappresentanti la muratura di calcinacci rivestita di prima età nabatea, Sono raffigurate: la banda totale di frequenza (a) (200 – 800 Mhz), bassa (b) (200 – 350 MHz), e alta (c) (650 – 800 MHz). Si noti come in c sia visibile il rivestimento della muratura.

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Fig. 3.11 - Radargrammi relativi al sito di Petra: banda totale di frequenza (a) (200 – 800 Mhz), bassa (b) (200 – 350 MHz), media (c) (500 – 650 Mhz) e alta (d) (650 – 800 MHz).

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Fig. 3.12 - Slice maps relative al sito di Petra, rappresentanti i blocchi di arenaria di età romana. Sono rappresentate: banda totale di frequenza (a) (200 – 800 Mhz), bassa (b) (200 – 350 MHz), media (c) (500 – 650 Mhz) e alta (d) (650 – 800 MHz). Si noti come in d siano visibili i singoli blocchi.

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3.7 - Mamala bay, Hawaii, USA.

In questo sito è stato svolto un esame destinato al monitoraggio archeologico,

nonchè all’individuazione e rimozione di un pericoloso rifiuto liquido contenuto in

bottiglie di vetro sepolte. Il luogo in cui è stata effettuata l’analisi è il campo da golf

situato nella base dell’aeronautica militare di Hickam, all’inizio di febbraio del 2002 da

Michael Desilets.

Il terreno è costituito da dune sabbiose in posizione litoranea, ora non più

visibili in superficie, ma ancora presenti nel sottosuolo. Il sito presenta tracce di

occupazione da parte degli indigeni, con sedi insediative e sepolture in posizione

adiacente alla costa, quasi totalmente obliterate dalla recente occupazione dell’area.

L’insediamento, risalente all’epoca precedente all’arrivo del primo europeo (James

Cook nel 1776), attesta lo sfruttamento delle risorse marine, in quanto la pianura

sembra insufficiente per il mantenimento della popolazione: i terreni calcarei

facilmente drenanti, l’intensità delle radiazioni solari e le scarse precipitazioni non

hanno favorito lo sviluppo delle coltivazioni, costringendo gli abitanti a spingersi

verso il mare, mentre le dune litoranee sono state utilizzate per le sepolture.

Al di sotto del campo da golf si trova un deposito di esplosivi, che dovrà

essere bonificato, consentendo quindi di indagare la zona costiera, sede preferita per

numerosi insediamenti; infatti due villaggi (Poi e Kumumau) si trovano a breve

distanza dall’area che verrà investigata, entrambi documentati storicamente nel 1840

e nel 1888, che potrebbero però avere una continuità di occupazione dall’epoca pre-

contact.

L’intensità di occupazione della zona ed il successivo abbandono sono

testimoni del passaggio da una sussistenza tradizionale hawaiana, all’inserimento

dei locali in un sistema sociale basato sul mercato ed importato dai colonizzatori

occidentali.

Il metodo georadar è stato utilizzato per “fissare” la posizione dei contenitori di

esplosivo, oltre che per definire l’area in cui essi si trovano, tramite una griglia

quadrata di 15 metri di lato. Lo scavo è stato limitato alle posizioni delle anomalie

identificate usando i dati del GPR ed è stato effettuato tramite l’asportazione di

terreno da pozzetti attorno alle irregolarità (Fig. 3.13).

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Sono stati riscontrati due strati: il più recente costituito da argilla di

importazione, dovuta alla costruzione del campo da golf; in quello inferiore, invece,

costituito da sabbia calcarea, ghiaia corallina e ciottoli, erano presenti le bottiglie

contenenti esplosivo. La stratigrafia è molto netta, evidente segno della deposizione

degli ordigni anteriormente alla fabbricazione del campo da golf.

Inoltre non è stata rilevata la presenza di depositi culturali di epoca hawaiana,

né di epoca pre-contact, né di epoca storica.

Questo esempio mostra come l’utilizzo del GPR possa essere utile

nell’individuazione di anomalie specifiche, oltre che all’individuazione ed alla

valutazione dell’estensione delle stesse, caratteristica utile nell’archeologia

d’emergenza.

Fig. 3.13 - Stratigrafia di un pozzetto scavato per rimuovere un contenitore di esplosivo. Si notano i due strati: il più recente costituito da argilla di importazione, dovuta alla costruzione del campo da golf; quello inferiore, costituito da sabbia calcarea, ghiaia corallina e ciottoli.

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Fig. 3.14 - Aree in cui si sono riscontati i rifiuti esplosivi, con differenti probabilità di presenza degli stessi.

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3.8 - Test sites of Illinois and Washington, USA.

I cambiamenti di umidità e la percentuale di acqua nel terreno sono stati

ritenuti, sin dall’inizio delle applicazioni georadar, fattori determinanti per l’analisi di

un sito, in quanto la propagazione delle onde inviate dal GPR e la riflessione dalle

interfacce sepolte vengono notevolmente “disturbate”. Inoltre, sono state notate

differenze nei risultati ottenuti nei medesimi siti, ma in momenti diversi: tali variazioni

sono, a volte, notevoli secondo la stagione e, a volte, si riscontrano differenze anche

giornaliere.

In questo esperimento Lawrence Conyers ha acquisito dati utilizzando il

georadar in due diversi siti archeologici con differenti condizioni ambientali, sistemi

GPR e antenne. Sono stati sotterrati manufatti simili a quelli riscontrabili nei contesti

d’indagine ed il terreno di copertura è stato compresso per simulare la stratificazione

originale. Gli oggetti sepolti variano di tipologia, da focolari a pavimentazioni ad

oggetti di legno, di metallo e di ceramica,. I due siti in cui sono stati eseguiti i test

sono composti da argilla e limo umidi (Illinois) e sabbia asciutta (Washington). Le

caratteristiche sono state sepolte ad una profondità di 30 – 60 cm nel sito dell’Illinois,

ad una profondità maggiore ( 50 – 150 cm) in quello di Washington. Sono state

raccolte 49 griglie utilizzando tre diversi sistemi GPR, nel momento in cui il terreno

risultava asciutto; sono stati raccolti ed esaminati dei campioni di terreno per

definirne le caratteristiche chimiche e fisiche; le misure di saturazione dell'acqua nel

terreno sono state effettuate in campo.

Il limite spaziale delle caratteristiche e degli oggetti conosciuti è stato

confrontato con i risultati offerti dai differenti ambienti di elaboraqzione. Questo test

fra mappe d’ampiezza e posizione conosciuta ha dimostrato come la presenza di

umidità o di acqua in un terreno possa modificare i risultati, a seconda che il terreno

sia sabbioso o argilloso. Alcune caratteristiche sepolte hanno prodotto riflessioni di

ampiezza bassa, quasi invisibile, quando la terra era asciutta, ma hanno prodotto

riflessioni distinte quando l'acqua era presente in quantità.

I dati sono stati raccolti usando i sistemi GSSI SIR-10, 2000 e 3000 con

antenne accoppiate da 300, 400 e 900 Mhz; sono stati raccolti nel test site dell’Illinois

quando il terreno era completamente asciutto, ed in seguito ad una tempesta in cui

sono caduti 10 cm di pioggia in 24 ore. Nel sito dello stato di Washington il clima è

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arido ed il terreno risulta composto da sabbia secca e molto permeabile; l’area è

stata sommersa da uno strato di 30 cm di acqua spruzzata da un idrante per due

giorni prima di effettuare le registrazioni. Tutti i dati sono stati filtrati e la profondità

convertita da nanosecondi a centimetri, basandosi sulla posizione degli oggetti

conosciuti; infine si è prodotto un cubo spaziale con le relative profondità (massimo

20 cm).

Nel sito dell’Illinois gli obiettivi erano formati da quattro pavimenti attigui della

casa che contengono i focolari, cisterne e buche di immagazzinaggio (Fig. 3.15). Tre

di questi piani sono composti di argilla locale; il quarto, anch’esso formato dal

medesimo materiale, fu bruciato in antichità, conferendo durezza ed impermeabilità.

I radargrammi, quando la terra era asciutta, hanno rilevato perfettamente i

piani, con una buona risoluzione che ha consentito di individuare piccole buche o

focolari, ma non hanno evidenziato anomalie di minore entità in quanto il materiale di

costituzione ed il terreno limitrofo risultavano identici. Si possono differenziare

soltanto grazie ad una minima percentuale di acqua che è stata mantenuta nel

sottosuolo.

Quando il terreno era bagnato, il pavimento bruciato è diventato molto più

distinguibile, mentre gli altri erano quasi del tutto invisibili; l’acqua, che poco prima

era penetrata nel suolo, veniva fermata dal piano impermeabile, mentre quelli vicini,

della stessa composizione del materiale in cui sono immersi, assorbendo umidità,

venivano omologati con il circostante terreno (Fig. 3.17).

Le misure ottenute in laboratorio indicano che la costante dielettrica può

essere modificata con cambiamenti anche molto piccoli della percentuale di umidità,

modificando la visibilità di caratteristiche archeologiche sepolte (Fig. 3.1. Con una

piccola percentuale di acqua si può passare da una costante dielettrica pari a 3

quando il materiale è asciutto, ad una pari a 10-15 quando è bagnato.

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Fig. 3.15 - Modello rappresentante i piani sepolti e le caratteristiche archeologiche nel sito dello stato dell’Illinois.

Fig. 3.16 - Grafico rappresentante l’aumento della costante dielettrica su di un terreno inizialmente asciutto e successivamente bagnato. Questo test è stato svolto con terreno del sito dell’Illinois.

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Fig. 3.17 - Radargramma del pavimento con il terreno asciutto (sopra) e bagnato (sotto); test svolto nel sito dell’Illinois con un’antenna da 400 Mhz.

Nel sito dello stato di Washington, risultavano facilmente visibili una serie di

diversi oggetti di metallo, plastica, legno, ceramica, oltre a rocce e mattoni (Fig.

3.18). Il metallo produceva una grande riflessione, il pozzo di mattoni e l’anello di

roccia erano anch’essi ben visibili, come i rifiuti moderni; ciò in quanto le

caratteristiche chimico-fisiche del terreno sabbioso sono molto diverse dagli oggetti e

le riflessioni sono quindi ben distinguibili.

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L'unico elemento sepolto non visibile era il legno: tre travi quadrate con un lato

di 30 cm. Il sito, dopo le prime indagini, è stato sommerso da 30 cm di acqua, per

evidenziare le differenze fra le indagini eseguite prima e quelle svolte con suolo

umido. Nel secondo esame, le travi di legno risultavano più evidenti, probabilmente

perché il legno aveva assorbito l'acqua, mentre veniva dilavata la sabbia attorno. Il

metallo risulta ancora ben visibile, ma altri targets meno riflettenti hanno prodotto

riflessioni distorte o diverse da quelle rilevate precedentemente (Fig. 3.19).

Con questo esempio si è evidenziato come la presenza di acqua possa

modificare i risultati ottenuti, formando differenti risposte, sia in terreni argillosi che

sabbiosi.

Fig. 3.18 - Modello rappresentante le caratteristiche sepolte nel sito dello stato di Washington.

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Fig. 3.19 - Radargramma delle caratteristiche sepolte nel test site dello stato di Washington con terreno asciutto (sopra) e bagnato (sotto). Le travi di legno visibili nella seconda prova, sono indicate con la lettera A.

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3.9 - Komochi-mura, Gumna, Giappone.

Il moderno villaggio di Komochi-mura è stato costruito sopra una coltre di

pomice derivante dall’eruzione di tipo esplosivo, risalente alla metà del VI secolo

d.C., di un vulcano situato a 10 km di distanza; sotto questo spesso strato si trova

l’antico villaggio.

Lo strumento utilizzato per le indagini è il GeoRadar-2 prodotto da OYO con

un’antenna di frequenza di centro banda pari a 350 Mhz. Il rilievo è stato svolto su di

un terreno costituito da pomice, che ha una costante dielettrica molto bassa, su di

uno spessore di circa 2 m, dovuto a più eruzioni.

Le evidenze archeologiche presenti nel sito e rilevabili con il GPR sono

relative a due tipi di abitazioni e di tombe. Quest’ultime sono composte da un tumulo

di terreno di forma quadrata o circolare, delimitate da un fossato, che per primo si è

riempito di pomice, successivamente, l’intero mound ha presentato lo stesso

comportamento (Fig. 3.20).

Fig. 3.20 - Radargramma rappresentante una sezione di una tomba a mound. Si notano, nei fossati limitrofi, le tracce della pomice che vi si è depositata.

Le abitazioni risultano di due diverse tipologie: le più diffuse erano

semi-sotterranee, scavate nel terreno (pit-dwelling), e le altre in superficie

(surface-dwelling), entrambe le tipologie sono costruite in legno che, ovviamente,

non ha resistito al peso del materiale depositato sopra di esso per le eruzioni.

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Grazie allo studio della disposizione dei lapilli depositati, è stato possibile

definire in che modo le abitazioni sono state distrutte: nelle riflessioni ottenute

esaminando le pit-dwelling si possono notare due diversi strati di pomice; all’interno

della fossa in cui era inserita la pavimentazione, sono visibili entrambi, segno che il

tetto non ha resistito già alla prima eruzione. Per quanto riguarda la seconda

tipologia edilizia è più difficile ricostruire le modalità con la quale le case sono state

distrutte, in quanto il radargramma risulta disturbato; si è comunque potuto

quantificare la loro dimensione in 8 m, relativamente alla larghezza dell’anomalia

(Fig. 3.22).

In un secondo momento è stato possibile ricostruire la pianta dell’intero

villaggio, grazie all’identificazione delle anomalie riferibili alle abitazioni.

Fig. 3.21 - Schema che ricostruisce la dinamica con cui la pomice si è depositata sulle due tipologie di abitazioni.

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Fig. 3.22 - Profili radar relativi ai diversi tipi di abitazioni presenti nel sito di Komochi-mura: le pit-dwelling (sopra) e le surface-dwelling (sotto).

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3.10 - Valenza, Spagna.

Il georadar può anche essere utilizzato all’interno di edifici, come, ad esempio,

nella cattedrale di Valenza. Il GPR è stato impiegato per confermare la presenza di

strutture sotterranee presenti in vecchie mappe e documenti conservati nell’archivio

della cattedrale, nonché per analizzare macchie di umidità comparse sul pavimento.

La costruzione della cattedrale di Valenza iniziò nel 1266, sopra le rovine di

epoca romana e di una moschea; la prima fase documentata vide l’ultimazione nel

1330, nei cento anni successivi vi fu la costruzione della torre campanaria, mentre fra

il 1430 ed il 1530 vi furono svolti lavori di ampliamento ed alcune modifiche

strutturali. Il terreno su cui sorge la cattedrale è composto da depositi alluvionali con

una profondità di 20 metri, ma soltanto nei primi tre metri si possono riscontrare

oggetti di interesse; per questo motivo si è deciso di utilizzare un’antenna da 500

Mhz, compromesso tra la potenza necessaria e la risoluzione richiesta per

individuare oggetti di piccole dimensioni. Per determinare l’esatta profondità delle

anomalie ci si è basati su oggetti interrati, di cui si conosceva la posizione e

comparando il tempo di andata e ritorno dell’onda con la profondità nota, si è

ottenuta la costante dielettrica del terreno pari a 9. Noto questo parametro si può

calibrare la posizione verticale degli oggetti.

Fig. 3.23 - Planimetria della cattedrale di Valenza, con la localizzazione e la direzione dei profili nelle varie aree indagate.

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Le vecchie mappe indicavano la presenza di tre cripte, la più grande delle

quali (Cripta di Capuchinos), è stata localizzata sotto la navata centrale, posta a 0,5

m dal pavimento ed estesa per 4 metri di lunghezza. Un corpo metallico posto sul

tetto delle cripte spiega la grande riflessione. Sono state identificate, inoltre, una

cripta, svariate sepolture o tombe, un muro di epoca romana e degli ossari, anch’essi

ben documentati (Fig. 3.24 e 3.25).

Fig. 3.24 - Radargrammi ottenuti nella cattedrale di Valenza, è identificabile un ossario (sopra), ed una tomba (sotto).

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Fig. 3.25 - Profili ottenuti nella navata centrale (P1 sopra) e nei pressi dell’altare (P5 sotto). È stato possibile identificare: un muro romanico (1), la cripta di Capuchinos (2), un’altra cripta (3) e alcune tombe (4).

Il secondo scopo dell’analisi è stato quello di individuare, monitorare ed

analizzare le tracce di umidità sul pavimento, probabilmente causate da un piccolo

bacino sotterraneo posto a 7-9 m di profondità. Sulla pavimentazione, composta da

marmo nero posato su un fondo di cemento, si possono riscontrare macchie bianche

di sale, dovute all’evaporazione dell’acqua. Proprio in queste zone si sono svolte le

ricerche con un’antenna da 900 Mhz. Si sono riscontrate notevoli differenze fra le

due aree, una umida ed una secca: nella prima zona, in cui si concentrano le

macchie, si trovano numerose riflessioni dovute non soltanto alle differenze fra

marmo e cemento; nella parte secca si hanno anomalie meno accentuate, riferibili

all’interfaccia fra i due materiali. Fra le due aree si ottengono differenti costanti

dielettriche causate dalla presenza di umidità, che altera le caratteristiche dei

materiali stessi.

1 2

3 4

2

4 4

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63

Capitolo 4: Regolazioni dello strumento GPR.

4.1 - Descrizione dello strumento.

Lo strumento utilizzato per svolgere i test di seguito descritti è il SIR-3000

prodotto da GSSI, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Padova. Questo

sistema radar è composto da un’antenna monocanale da 400 MHz, un computer per

l’acquisizione, visualizzazione e registrazione dei dati successivamente trasferiti

(tramite memory card o hard disk portatile); sono presenti connettori che consentono

il trasferimento dati: una porta seriale, una porta Ethernet e due porte USB (Fig. 4.2).

L’unità produce dati digitali in formato dzt compatibili con il software RADAN.

L’antenna ed il computer da campagna sono collegati tramite un cavo

predisposto a 19 pin e alloggiati su di un carrello a tre ruote. All’antenna è inoltre

collegato un dispositivo connesso a una ruota che registra la distanza e interrompe il

flusso delle onde quando il sistema è fermo. Per alimentare lo strumento si utilizza

una batteria ricaricabile inserita nell’unità centrale (Fig 4.1).

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Fig. 4.1 - Il sistema radar SIR-3000 prodotto dalla GSSI; questo modello monta un’antenna da 400 Mhz.

Fig. 4.2 - L’unità di elaborazione centrale del georadar SIR-3000.

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4.2 - Regolazioni preliminari per il rilievo.

Prima di procedere con l’acquisizione dei dati è necessario regolare lo

strumento per ottimizzare il lavoro di acquisizione; sarebbe altresì auspicabile

conoscere preventivamente le caratteristiche del terreno, la velocità di propagazione

e la profondità degli oggetti ricercati.

Due sono gli approcci per il trattamento dei dati: registrazione come dati grezzi

e trattamento solo nel processo di post-acquisizione, senza alcun filtraggio

preliminare; oppure un filtraggio ad hoc in fase di registrazione per consentire

un’interpretazione mentre si è in campagna.

Sull’unità di elaborazione è predisposto un software (TerraSIRch) che

permette, oltre alla visualizzazione e alla registrazione dei dati, anche le regolazioni

preliminari, importanti per la buona riuscita del rilievo e non modificabili

successivamente.

Sul display, suddiviso in quattro aree (Fig 4.3), sono presenti, oltre alla

visualizzazione principale in formato linescan, una visione ad oscilloscopio, un menu

per cambiare i parametri ed i pulsanti di comando.

Nella zona a sinistra dello schermo si possono modificare tutti i parametri

prima di effettuare l’acquisizione; nel menu collect (Fig 4.4) è possibile modificare:

• time window (in TerraSIRch sotto la voce range): l’intervallo di tempo in cui

l’antenna acquisirà l’energia delle onde radar riflesse (Conyers, 1997). Questo

valore dipende dalla velocità delle onde nel suolo e dalla profondità

dell’oggetto ricercato. È quindi buona norma conoscere le proprietà del mezzo

e, quando ciò non è possibile, si consiglia di applicare le regolazioni standard

che prevedono un intervallo di 50 - 150 ns per una penetrazione di 2 - 3 m

sufficiente per analisi di tipo archeologico;

• numero di campioni per scansione (samples), rappresenta la definizione nel

campionamento dell’onda riflessa e può valere 256, 512, 1024, 2048, 4096. I

valori consigliati vanno da 512 a 1024, in quanto se minori offrono una

rappresentazione poco dettagliata, se maggiori richiedono adeguata

occupazione di memoria;

• formato dei dati (format): consente di produrre dati in formato 8 o 16 bit; è

tuttavia consigliabile il secondo valore;

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66

• costante dielettrica (diel): variabile da 1 ad 81, dipende dal tipo di terreno;

• rate: il numero di scansioni che il sistema registrerà nella propria memoria

RAM per ogni secondo;

• gain: le zone più profonde indagate avranno sempre ampiezza del segnale

inferiore rispetto alle superiori, a causa della forma conica dell’onda e

dell’attenuazione del segnale. Per risolvere questo problema si può applicare

un’amplificazione controllata. Con TerraSIRch si può impostare su automatico

o manuale: nel primo caso è lo strumento a regolare l’amplificazione; nel

secondo si può scegliere il numero di punti in profondità sull’onda trasmessa e

applicarvi un fattore di gain. Questo filtro, che si misura in dB, può essere

applicato anche nei processi di post-acquisizione dei dati; quindi, è

consigliabile non utilizzare un fattore eccessivo di amplificazione;

• posizione del segnale (position): consente di localizzare il segnale per

collocare la prima riflessione ricevuta entro la time window preimpostata; ciò

può essere svolto sia manualmente che automaticamente;

• offset: questa opzione consente di eliminare la prima parte di segnale,

dall’antenna al terreno; può essere svolta anche successivamente all’analisi,

utilizzando la visione ad oscilloscopio, rimuovendo la parte compresa fra

l’inizio della traccia ed il primo picco positivo;

• filtri (filters): esistono due tipologie di filtri applicabili prima dell’acquisizione dei

dati: FIR (finite impulse response) e IIR (infinite impulse response); Sono usati

per minimizzare le interferenze esterne: i filtri FIR non alterano la fase del

segnale, i filtri IIR sono utilizzati per alcuni tipi di antenne e consentono di

rimuovere alcune caratteristiche del segnale. Questi filtri sono specifici per

ogni antenna e si regolano automaticamente innestando l’antenna stessa. Si

suddividono in LP (low pass) ed HP (high pass), agendo rispettivamente sulle

basse ed alte frequenze;

• trace stracking: è un filtro per rimuovere il rumore associato all’onda riflessa,

che può essere causato da interferenze di trasmissione Fm, da cavi, o

dall’operatore stesso; rileva, anche, piccole riflessioni anomale dovute

all’irregolarità della superficie del terreno. Tale filtro consiste nella media

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aritmetica di più tracce per formare una traccia media ed è efficiente se la

velocità di trascinamento non è elevata;

• background removal (bgr_rmv): è un filtro che rimuove la banda orizzontale

dovuta al “ringing” di alcune antenne che possono oscurare i dati riflessi, o

che possono creare riflessioni da oggetti o persone poste attorno all’antenna.

Questo filtro rimuove le riflessioni che si producono contemporaneamente,

lasciando quelle casuali.

Le regolazioni consigliate dall’azienda costruttrice per l’antenna da 400 MHz

predisposta sul GPR sono le seguenti (Tab. 4.1):

Range 50 ns

Samples per scan 512

Resolution 16 bits

Number of gain points 3

Vertical high pass filter 100 MHz

Vertical low pass filter 800 MHz

Scan per second 120

Tab. 4.1 - Regolazioni consigliate per il SIR-3000 con antenna da 400 Mhz, con costante dielettrica pari a 5 e capace di raggiungere una profondità di 3m.

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Fig. 4.3 - Visualizzazione e registrazioni dei dati ottenuti con il programma TerrsSIRch. A sinistra il menu per la selezione dei parametri, in centro la finestra principale con linescan, a destra si trova la visualizzazione ad oscilloscopio ed in basso la descrizione relativa ad i pulsanti.

Fig. 4.4 - Menu per la regolazione dello strumento; sono presenti tutti i filtraggi permessi.

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4.3 - Trattamento dei dati dopo l’ acquisizione.

Questo è un processo molto importante, che consente di agevolare

l’interpretazione dei dati ottenuti da indagini in campagna; tramite il software in

dotazione con lo strumento (RADAN 5.0).

In primo luogo dovrebbe essere convertita la profondità raggiunta (presentata

in nanosecondi e corrispondente al tempo doppio di riflessione TWT) in metri tramite

le procedure indicate nel capitolo 2.

Generalmente i risultati sono “disturbati” da rumore, riverbero o interferenza,

per rimuovere i quali si possono utilizzare i filtri da applicare precedentemente

all’acquisizione9, oppure utilizzare il software di post-elaborazione dei dati.

4.3.1 - Tipologie di visualizzazione.

La visualizzazione dei dati può essere effettuata tramite tre modalità: linescan,

wiggle e o-scope (Fig. 4.5):

• linescan è un formato che assegna ad una tonalità di grigio specifiche

caratteristiche positive o negative dell’ampiezza del segnale; la scala verticale

rappresenta la profondità e quella orizzontale la distanza. Questo tipo di

rappresentazione è il più caratteristico ed utilizzato.

• Wiggle consiste in una scansione radar multipla utilizzata in campo geologico.

• O-scope mostra una sola scansione alla volta con un’unica onda, utile per il

processo di regolazione dell’offset.

9 Cfr paragrafo 4.2

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70

Fig. 4.5 Le tre diverse tipologia di visualizzazione permesse con il software RADAN 5.0: wiggle, linescan e o-scope (in ordine dall’alto verso il basso).

4.3.2 - Regolazione scala verticale ed orizzontale.

La regolazione della scala verticale si rende necessaria per eliminare la

distanza fra l’antenna ed il terreno, il cosiddetto offset, che si elimina rimuovendo la

parte compresa fra l’inizio della traccia ed il primo picco positivo. La normalizzazione

della superficie, invece, viene utilizzata per assegnare una quota maggiore a

determinati punti e a normalizzare quella di altri; questo è utile per evidenziare zone

della scansione che interessano maggiormente.

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71

La regolazione della scala orizzontale è utile per stabilire una scala costante in

orizzontale, procedimento necessario quando non si utilizza una velocità di

trascinamento costante.

4.3.3 - Filtri.

Oltre ai filtri background removal, FIR ed IIR, che possono essere applicati sia

prima che dopo il rilievo, si possono utilizzare:

• frequency spectrum data: utilizzato per determinare la frequenza

predominante dei dati e per individuare quella di ogni “rumore”. Lo spettro di

frequenza analizza in dettaglio ogni scansione basandosi sulla visualizzazione

on o-scope;

• filtri F - K: è una tecnica in cui le riflessioni registrate nel formato del tempo,

sono trasformate in frequenza; le riflessioni a grande angolo, che potrebbero

oscurare i dati orizzontali, vengono rimosse. Questa tecnica è stata sviluppata

per il trattamento dei dati sismici;

• deconvoluzione: durante l’emissione di un impulso radar trasmesso nel

terreno, parti del segnale possono mutare forma; questo filtro si propone di

rimuovere la parte che ha mutato aspetto, ripristinandone la forma originale.

Può essere utilizzata per risolvere riflessioni difficili da identificare, ma il

problema maggiore è la difficoltà di determinazione della forma iniziale

dell’impulso;

• migrazione: l’obiettivo di questo filtro è di focalizzare le iperboli di riflessione

fino a ridurle alla dimensione di punto, aumentando la precisione circa il

posizionamento dell’oggetto ritrovato.

4.3.4 – Ottimizzazione della visibilità.

Per aumentare la possibilità di percezione delle anomalie, sono stati messi a

punto metodi che permettono di accentuare le basse ampiezze delle sezioni dei dati

o di evidenziare anche le piccole irregolarità:

Page 72: tesi

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• color transform: è possibile associare ad ogni tonalità di grigio un diverso

colore, in modo da render subito percettibili le piccole difformità;

• range gain: questo parametro può essere modificato sia prima che dopo le

operazioni di registrazione dei dati e in quattro modi diversi: automatico,

manuale, lineare ed esponenziale. Il primo modifica i dati normalizzandoli fra 2

e 5 dB; utilizzando la modalità manuale, si raccomanda di mantenere valori

compresi fra 4 e 8 dB. Con i due modi di modifica del gain lineare ed

esponenziale è possibile variare il livello di amplificazione associando un

diverso valore a diversi punti della scansione; il lineare utilizza un incremento

costante entro due punti;

• restore gain: è possibile rimuovere il gain applicato durante l’acquisizione dei

dati.

Page 73: tesi

73

4.4 - Visualizzazione tridimensionale.

Per migliorare l’interpretazione dei dati GPR, è stato sviluppato un software

(3D QuickDraw) che permette di migliorare la visualizzazione bidimensionale,

interagendo direttamente con i dati.

La struttura dei dati è composta da profili radar paralleli, in cui le tre coordinate

X Y Z corrispondono alla lunghezza del radargramma (X), alla profondità raggiunta,

quindi tempo di andata e ritorno dell’onda radar (Z), e alla somma delle distanze fra

ogni profilo (Y) (Fig. 4.6). Quando genera il modello tridimensionale, il software,

analizza ogni profilo e lo confronta con quelli vicini, tramite un processo di

interpolazione e produce un solido corrispondente al terreno indagato (Fig. 4.7). È

possibile eseguire una sezione ad una profondità desiderata (depht slices) e vedere

le anomalie attraverso tutte le scansioni in cui sono presenti. La qualità del modello

aumenta proporzionalmente con il numero di campioni a disposizione e con la

vicinanza fra questi.

Il software crea un file con la stessa estensione del programma radan (.dzt) ed

un file che serve da indice (.ind). Le operazioni di registrazione dei dati in campagna

sono eseguite con il consueto metodo della stesura di una griglia10, che può essere

unidirezionale, con le strisciate registrate nella stessa direzione, o a Zig-Zag cioè

alternate.

10

Cfr paragrafo 4.4

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74

Fig. 4.6 - La struttura dei dati in una rappresentazione tridimensionale, composta da profili radar paralleli, in cui le tre coordinate X Y Z corrispondono alla lunghezza del radargramma (X), alla profondità raggiunta (Z) e alla somma delle distanze fra ogni profilo (Y).

Fig. 4.7 - Esempio di visualizzazione tridimensionale di una sezione orizzontale di terreno (rappresentato come un cubo) e relativo taglio verticale (time slice).

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75

Il software 3D QuickDraw rappresenta il piano del terreno, consentendo di

visualizzare l’intero database a disposizione. Per aumentare la visibilità delle singole

anomalie è possibile associare una palette di colori.

È inoltre possibile interagire con il cubo costruito per:

• cambiare le dimensioni;

• espandere o comprimere l’asse della Z;

• cambiare l’orientazione;

• disporre una griglia che permette la precisa individuazione di anomalie;

• cambiare lo sfondo;

• cambiare i colori;

• aumentare il contrasto;

• aumentare il gain;

• effettuare dei tagli (slice) su ogni profilo ed in qualsiasi direzione;

• effettuare con i vari slice una sovrapposizione continua che permetta di

visualizzare ogni taglio in modo continuo.

Con questo metodo risultano facilmente individuabili oggetti di grandi

dimensioni (muri, fondazioni, tubature, piani di calpestio) in quanto le varie sezioni

affiancate consentono di individuare anomalie attigue costanti e, nel caso di obiettivi

di minori dimensioni, si possono, comunque, definire più accuratamente la

dimensione, la forma ed il posizionamento spaziale degli stessi.

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Fig. 4.8 Esempio di visualizzazione tridimensionale di un terreno (campagna di indagine eseguita nel 2004 a Gortyna Grecia dall’Università di Padova, Dipartimento di Archeologia).

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Capitolo 5: Applicazione del GPR su materiali diversi.

5.1 - Introduzione.

In questo capitolo saranno presentate le prove eseguite con il georadar

Sir-3000 su alcune comuni tipologie di terreni e pavimentazioni urbane.

Questo esperimento ha lo scopo di calibrare la strumentazione per eseguire

un’analisi con il GPR, soprattutto per ciò che riguarda il materiale di superficie

caratterizzato da tipologie differenti ed il relativo sottosuolo. Tutti i rilievi sono stati

svolti nel Laboratorio di Archeologia dell’Università di Padova di Ponte di Brenta nel

maggio 2007.

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78

5.2 - Ghiaia.

In questa prima prova è stato esaminato il cortile del Laboratorio di Ponte di

Brenta. È un’opera recente e la sezione lo conferma; infatti, la parte bassa risulta

omogenea, mentre la parte alta si presenta con piccoli movimenti facilmente derivati

dalla ghiaia e ampie irregolarità dovute alle canalette dei tombini e alle radici di un

albero.

Dopo l’acquisizione è stato applicato un gain di 2,4 dB per evidenziare il

risultato; è stato inoltre stato rimosso l’offset fra l’antenna ed il terreno.

Fig. 5.1 - Immagine della ghiaia del cortile del Laboratorio di Ponte di Brenta.

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Fig. 5.2 - Profilo derivato dalla ghiaia del cortile del Laboratorio di Ponte di Brenta.

Radici

Canaletta del tombino

Zona omogenea

Ghiaia

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80

5.3 - Lastricato di cemento.

Il georadar è stato utilizzato su di un lastricato costituito da piccoli ciottoli su

basi quadrate cementizie. Nella zona alta del profilo si può vedere una parte scura

che corrisponde alle lastre e, sotto questa, dei segni che, come si è potuto

riscontrare precedentemente, sono dovuti alla ghiaia.

Un oggetto metallico come un tombino produce una forte eco, maggiore della

sua dimensione, in quanto i metalli sono materiali molto riflettenti e tendono ad

offuscare tutto ciò che si trova al di sotto11.

Anche in questo caso come nei successivi, è stato rimosso l’offset per la

distanza fra antenna-terreno, ed è stato inoltre applicato un fattore gain di 2 dB, per

dare maggiore rilievo ad ogni anomalia.

Fig. 5.3 - Lastricato costituito da piccoli ciottoli su basi quadrate cementizie.

11

Cfr paragrafo 2.7

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81

Fig. 5.4 - Profilo derivato dal lastricato cementizio con ciottoli.

Lastre di cemento

con ciottoli

Ghiaia

Tombino di metallo

Canaletta del

tombino

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82

5.4 - Cemento, metallo e ghiaia.

In questo viene utilizzato il georadar con più materiali: una pavimentazione di

cemento, una grata di metallo, una pesa per automezzi e la ghiaia.

Il cemento fornisce come risultato, una zona omogenea; la griglia di metallo,

come visto precedentemente, forma una zona di totale riflessione, di cui si ha traccia

anche nella parte sottostante; si può notare anche un’anomalia dovuta probabilmente

ad un tubo metallico interrato. La pesa si presenta come una zona di forte riflessione

che offusca la buca sottostante; infine, la ghiaia, composta da piccoli ciottoli fornisce i

risultati visti precedentemente.

Fig. 5.5 - Immagine relativa ad una gettata di cemento, in cui sono presenti: una griglia, un tubo interrato, la pesa e la ghiaia.

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Fig. 5.6 - Sezione relativa ad una gettata di cemento, in cui sono presenti: una griglia, un tubo interrato, la pesa metallica e la ghiaia.

Ghiaia

Pesa per automezzi

Tubatura metallica

Pavimentazione di cemento

Grata metallica

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5.5 - Asfalto.

In questo test si è analizzata la risposta del georadar in un comune ambiente

urbano; a profondità non troppo elevata si può notare un piano orizzontale,

probabilmente il piano di fondazione della strada. Le anomalie presenti su tutta la

sezione sono dovute a tombini, tubature, cavidotti, condutture o canalette. È evidente

la difficoltà insita nella precisa decifrazione degli oggetti sepolti, mentre la presenza

di tali è accertata sicuramente.

Fig. 5.7 - Parte di strada su cui è stato svolto il rilievo relativo all’asfalto.

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85

Fig. 5.8 Sezione relativa ad una strada asfaltata in cui è visibile il piano di fondazione e delle anomalie variamente interpretabili.

Piano di fondazione della strada

Probabile canaletta, tubatura, cavidotto, conduttura o canaletta

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5.5 - Terreno erboso.

Questa tipologia di terreno è quella di maggiore interesse a livello archeologico

poiché si riscontra nella maggior parte dei casi di utilizzo del georadar in archeologia.

In questo caso si tratta di un’aiuola inserita in un contesto urbano, in cui si risconta la

presenza di radici di alberi più o meno grandi. Si osserva un piano orizzontale

abbastanza omogeneo, probabilmente dovuto all’apporto di terreno risultato dalla

costruzione dell’aiuola stessa.

Fig. 5.9 Immagine relativa al terreno erboso su cui è stato effettuato il test.

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87

Fig. 5.10 Sezione relativa all’aiuola con visibili le radici ed il piano di apporto del terreno

Piano orizzontale di apporto del terreno

Radici

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Conclusioni.

In questo lavoro si è trattata il rilievo georadar, per applicazioni in campo

archeologico e sono stati presi in esame alcune tipologie di materiali di superficie.

L’archeologo non può utilizzare questa tecnica senza l’ausilio di scavi; il GPR

da solo non può rimpiazzare i metodi archeologici, ma può andare incontro alle

esigenze della ricerca archeologica. Per uno sviluppo futuro è importante integrare il

metodo con dettagliate informazioni archeologiche e geologiche raccolte da scavi e

da studi stratigrafici; in questo modo si può avere a disposizione uno strumento

capace di creare mappe antropiche, culturali e ambientali del sito esaminato. Ed è

proprio sull’interazione che è necessario lavorare, se si vuole ottenere dal georadar

qualcosa di più delle immagini bidimensionali di lineamenti posti nel sottosuolo.

Il georadar consente di scoprire lineamenti nascosti situati in una posizione

vicina (nell’ordine di 5 metri) alla superficie, senza danneggiare in alcun modo la

situazione superficiale e dei terreni tanto meno gli oggetti da ricercare. La velocità di

esecuzione consente di indagare ampie zone in tempi ristretti, ottenendo la

disposizione in ampiezza delle caratteristiche ricercate. La grande versatilità dello

strumento è garantita dall’impiego di diverse gamme di frequenza che possono

adeguare la profondità di penetrazione e la risoluzione in base alle applicazioni.

Il successo di ogni indagine è comunque legato ad una corretta applicazione

della strumentazione, ad un buon utilizzo delle regolazioni preliminari, dei filtraggi

che possono essere applicati ed alla corretta interpretazione dei dati.

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Bibliografia

Libri

• Castellano A., Martini M., Sibilla E., Elementi di archeometria, Egea, 2002

Anche in questo caso il manuale contiene diverse tipologie di metodi

archeometrici e geofisici, tra cui il GPR.

• Conyers L.B., Goodman D., Ground-penetrating radar, an introduction for

archaeologist, Altamira Press, Walnut Creek, CA, USA, 1997.

Libro indispensabile che tratta l’argomento in modo comprensibile e completo,

con vari esempi svolti dagli stessi autori.

• Mussett A.E., Aftab Khan M., Esplorazione del sottosuolo, Una introduzione

alla geofisica applicata, Zanichelli, Bologna, 2003.

Testo di discreta utilità, in quanto contiene una lunga trattazione di metodi

geofisici ed un capitolo dedicato al georadar.

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Articoli

• Annan A.P., Davis J.L., Ground Penetrating Radar, coming of age at last, in

Electrical and Electromagnetic Methods Paper 66.

Un’ottima introduzione generale al metodo georadar, spiega i principi di

funzionamento, la strumentazione oltre alla metodologia d’indagine.

• Carrozzo M.T., Leucci G., Negri S. e Nuzzo L., Preliminari indagini geofisiche

ad alta risoluzione nel sito archeologico di cavallino (Le), in GNGTS – Atti del

19° Convegno Nazionale 04.13.

Riassunto delle indagini svolte nel salento leccese, in un abitato che si è

evoluto dall’età del bronzo, testimoniando contatti con la civiltà greca e poi

romana.

• Conyers L. B., Moisture and Soil Differences as Related to the Spatial

Accuracy of GPR Amplitude Maps at Two Archaeological Test Sites, in Tenth

International Conference on Ground Penetrating Radar, 21-24 June, 2004,

Delft, The Netherlands

Esempio di applicazione del metodo in due diversi siti, con lo scopo di

mostrare differenti risultati che si possono ottenere analizzando diversi tipi di

caratteristiche archeologiche e terreni.

• De Domenico D., Giannino F., Marino A., Nuzzo L., Rizzo E., Indagini

elettriche e radar: integrazione dei metodi nello studio dei resti sepolti del

monastero Normanno in s. Marco d’Alunzio (Me) in GNGTS – Atti del 21°

Convegno Nazionale 09.18.

Indagini eseguite con lo scopo di identificare un monastero di epoca

normanna, che al tempo delle ricerche si trovava sepolto.

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• De La Verga M., Osella A., Lascano E., Carcione J. M., Groung-penetrating

radar and geoelectrical simulations of data from the floridablanca

archaeological site, in Archaeological prospection, 12-2005, p. 19-30.

Attuazione di due diverse tecniche di indagine geofisica (GPR e geoelettrica)

per evidenziare le differenti risoluzioni fra le due metodologie.

• De Pasquale G., Moranti D., Falci M., Pieraccini M., Luzi G., Sistemi radar per

introspezione sotterranea ed intramuraria: applicazioni all'Archeologia e ai

Beni architettonici, in Alta Frequenza, 2-2001.

Breve esposizione delle caratteristiche del georadar e presentazione dia

alcune applicazioni eseguite dagli autori con attenzione principale all’esame

intramurario applicato ai beni architettonici.

• De Pasquale G., Pinelli G., Indagini preliminari per la detezione e la

mappatura del suolo, Ingegneria dei Sistemi (IDS).

Introduzione al metodo GPR, per presentare il sistema RIS/S prodotto

dall’azienda toscana.

• Desilets M., Archaeological monitoring of hazardous waste removal at Mamala

bay golf course, Hickam air force base, O’ahu, Hawai’i, T.S. Dye & Collagues,

Archaeologist, Inc., Honolulu, 2002.

Resoconto delle indagini svolte nel campo da golf della base dell’aeronautica

militare americana, per ritrovare esplosivi abbandonati e confermare

precedenti presenze antropiche nel luogo.

• Finzi E., Piro S., Metodi per impulsi elettromagnetici Georadar, in C.N.R.

Quaderni dell’ITABC, 1990, num. 1, Roma.

Introduzione al metodo GPR in un momento di sviluppo della metodologia.

• Finzi E., Il monastero sotterraneo. Indagine con il metodo GPR per la

localizzazione e la mappatura di strutture sepolte nell'area dell'abbazia

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benedettina di Leno, in Brixia sacra, memorie storiche della diocesi di Brescia,

2006, terza serie, anno XI, N. 2, Brescia.

Riassunto delle indagini svolte dal Prof. Finzi nel sito di Leno; presenta una

prima parte di introduzione alla metodologia ed una seconda di trattazione

della problematica concreta inerente al sito.

• Gortyna di Creta, teatro del Pytion, rapporto della campagna di ricerche del

2004, Università di Padova - Dipartimento scienze dell’antichità, Scuola

Archeologica Italiana di Atene.

Rapporto degli studi eseguiti nel 2004 a Gortyna, in cui si sono svolte

un’ampia serie di indagini, anche con il GPR.

• Grealy M., Resolution of Ground-penetrating radar reflections at differing

frequencies, in Archaeological prospection, 13-2006, p. 141-145.

Confronto fra la risoluzione ottenuta con varie frequenze sugli stessi oggetti

indagati.

• Ground penetrating radar survey report, Tel Hazor, Israele 2003 e 2005,

Mnemotrix Sistems, Inc.

Rapporto delle indagini eseguite nel sito di Tel Hazor nel 2003 e 2005.

• Leckebusch J., Ground-penetrating radar: a modern three-dimensional

prospection method, in Archaeological prospection, 10-2003, p. 213-24.

Articolo completo in cui viene eseguita un’analisi sullo stato dell’arte, oltre ad

una introduzione dettagliata sui principi di funzionamento. Vi è inoltre una

sezione dettagliata dedicata alla modellazione tridimensionale.

• Manacorda G., Papeschi P., Sistema radar RIS: Applicazioni DIG, NO-DIG e

geologiche, Ingegneria dei Sistemi (IDS).

Introduzione al metodo GPR, per presentare il sistema RIS/S prodotto

dall’azienda toscana.

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• Olhoeft G.R., Application of Ground Penetrating Radar, in Proceedings of the

6th International Conference on Ground Penetrating Radar, 1996, Sendai,

Giappone.

Tratta a carattere generale la storia degli studi del metodo GPR, non solo dal

punto di vista archeologico.

• Perez Garcia V., Canas J. A., Pujades L. G., Clapés J., Caselleso., García F.,

Osorio R., GPR survey to confirm the location of ancient structures under the

Valencian Cathedral (Spain), in Journal of Applied Geophysics 43 (2000) 167-

174.

Applicazione del georadar all’interno della cattedrale di Valenza, con

l’obbiettivo di verificare gli ambienti presenti su antiche mappe e controllare

zone di umidità presenti sul pavimento.

• Pomfret J., Ground-penetrating radar profile spacing and orientation for

subsurface resolution of linear features, in Archaeological prospection 13-

2006 p.151-153.

Esempio di utilizzo di varie griglie di acquisizione.

• Tohge M., Karube F., Kobayashi M., Tanaka A., Ishii K., The use of ground

penetrating radar to map an ancient village buried by volcanic eruption, in

Journal ofApplied Geophysics 40 (1998) 49-58.

Utilizzo del GPR nel sito archeologico di Komochi-mura.

• Weaver W., Ground-penetrating radar mapping in clay: success from South

Carolina, USA, in Archaeological prospection, 13-2006, p. 147-150.

Esempio di un’applicazione del metodo georadar su di un terreno argilloso.

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Siti internet.

• http://www.geophysical.com/

• http://www.ids-spa.it/

• http://www.mnemotrix.com/

• http://ing.univaq.it/~georadar/