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Roberto Spaccapietra Matricola 098973 LE FONTI ISTITUTIVE NEL SISTEMA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

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Roberto Spaccapietra

Matricola 098973

LE FONTI ISTITUTIVE

NEL SISTEMA

DELLA PREVIDENZA

COMPLEMENTARE

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A mia madre e mio padre

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Indice Generale

1. LE FONTI ISTITUTIVE DELLA PREVIDENZA

COMPLEMENTARE

1.1. Le fonti istitutive: linee generali (pag.5)

1.1.1.La centralità del contratto collettivo nel decreto

legislativo n. 124/93 (pag.11)

1.1.2.Le fonti istitutive nel d. lgs n. 252/05 (pag.14)

1.2. Livelli di contrattazione e rappresentatività

sindacale (pag.31)

1.3. L’efficacia soggettiva del contratto collettivo

(pag.37)

1.4. Norme di legge ordinaria e normazione

secondaria (pag.49)

2. IL TRATTAMENTO PENSIONISTICO

COMPLEMENTARE COME TRATTAMENTO

ECONOMICO COMPLESSIVO DEL LAVORATORE

SECONDO LE FONTI ISTITUTIVE

2.1. La disciplina del finanziamento (pag.63)

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2.2. Il trattamento di fine rapporto (pag.76)

2.2.1.Il conferimento tacito (pag.89)

2.3. Il contributo datoriale (pag.98)

3. LIBERTA’ DI ADESIONE A FONDI APERTI E DI

CIRCOLAZIONE NEL SISTEMA: LO SPAZIO

RISERVATO ALLE FONTI ISTITUTIVE

3.1. La portabilità della posizione individuale

(pag.103)

3.2. La portabilità del contributo datoriale (pag.117)

3.3. La libertà di adesione a fondi aperti (pag.128)

3.4. Le peculiarità del pubblico impiego (pag.131)

4. CONCLUSIONI (pag.137)

Bibliografia (pag.140)

4

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CAPITOLO I

LE FONTI ISTITUTIVE DELLA

PREVIDENZA COMPLEMENTARE

SOMMARIO: 1.1 Le fonti istitutive – 1.1.1 La centralità del contratto collettivo nel decreto legislativo n. 124/93 – 1.1.2 Le fonti istitutive nel d. lgs n. 252/05 – 1.2 Livelli di contrattazione e rappresentatività sindacale – 1.3 L’efficacia soggettiva del contratto collettivo – 1.4 Norme di legge ordinaria e normazione secondaria

1.1 LE FONTI ISTITUTIVE: LINEE GENERALI

L’art. 3 del d.lgs. 252/2005 indica le fonti istitutive

delle forme pensionistiche complementari.

La norma enumera un novero eterogeneo di fonti

ed attribuisce ai soggetti istitutori di forme di

previdenza integrativa la legittimazione alla

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creazione di fondi pensione, individuando soggetti

per l’attuazione e mezzi necessari a quel fine.

Alle fonti istitutive sindacali è affidato in via

primaria l’ambito soggettivo di applicazione,

coincidente di norma con l’ambito soggettivo di

efficacia del contratto collettivo.

Le fonti istitutive sono lo strumento che da

l’impulso genetico e la legittimazione alla futura

nascita del fondo pensione, ossia rappresentano le

leve che, sul piano procedurale, pongono in essere

situazioni giuridiche preliminari e strumentali, che

devono far capo ai soggetti promotori e

condizionano la struttura e le caratteristiche

fondamentali della forma pensionistica

complementare(1).

Esse si possono definire come regolatrici di un

preciso procedimento di formazione di un modello

di previdenza complementare in cui si fissano gli

elementi e le regole - quelle autonome in aggiunta 1(?) Vedi LODI L. (2008), La previdenza complementare, Wolters Kluwer 

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a quelle, presupposte, eteronome - dell’operazione

previdenziale, determinando gli specifici assetti

degli interessi delle parti che istituiscono il fondo.

Ad esse compete di porre le basi del fondo

pensione, definendone la prima regolazione di

programma, l’identità istituzionale, le modalità di

adesione e la misura della contribuzione.

Le modalità di adesione si accompagnano, in

particolare nei fondi negoziali, alla fissazione dei

requisiti previsti per l’iscrizione alla forma

pensionistica complementare, indicando i soggetti

legittimati ad aderire.

Il principio del rispetto della libertà di adesione

individuale costituisce, almeno indirettamente, un

limite imposto alle fonti istitutive.

La norma è diretta a garantire la libertà di ciascun

lavoratore ad aderire alla forma pensionistica

complementare senza condizioni di alcun genere.

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L’esistenza del rapporto di lavoro, pur

costituendone un presupposto, non deve di per sé

determinare l’adesione – che ne risulterebbe

indebitamente necessitata - al fondo pensione di

categoria, anche nel caso in cui sia prevista una

contribuzione a carico del datore di lavoro(2).

Gli strumenti di attuazione delle fonti istitutive sono

le fonti costitutive, rappresentate da statuti,

regolamenti e delibere, che si pongono in una

posizione di dipendenza funzionale dagli atti

istitutivi.

Se la fonte istitutiva definisce il programma nelle

sue linee generali, la fonte costitutiva definisce la

struttura organica e l’assetto strumentale alla

concreta attuazione del fine previdenziale,

inquadrando la disciplina dei rapporti giuridici attivi

e passivi che fanno capo al fondo pensione.

2(?) Vedi PROCOPIO M. (2008), Fondi pensione e TFR. Profili giuridici e disciplina tributaria, Ipsoa

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Le fonti costitutive e regolamentari, quindi, hanno

competenze correlate a quelle riferibili alle fonti

istitutive, ma sono a queste ultime subordinate.

Per i lavoratori subordinati l’importo del contributo

da destinare al fondo pensione è stabilito di norma

in percentuale della retribuzione assunta a base

della determinazione del TFR, che può ricadere

anche su elementi della retribuzione stessa o

essere individuato mediante destinazione integrale

di questi al fondo pensione.

Per i lavoratori autonomi e per i liberi professionisti

il contributo è definito in percentuale del reddito

d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini

Irpef, relativo al periodo d’imposta precedente.

L’entità delle prestazioni, inoltre, è “determinata

dalle scelte statutarie e contrattuali di ciascun

fondo pensione, secondo criteri di corrispettività e

in conformità al principio della capitalizzazione

nell’ambito della distinzione fra regimi a

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contribuzione definita e regimi a prestazione

definita”(3).

Con “contribuzione definita” s’intende “consegnare

in una maniera conosciuta e certa quantità di

moneta per una gestione collettiva di risparmio non

diversamente da altre forme di gestione di

portafoglio finanziario se non per la finalità

pensionistica, che tuttavia persegue pur sempre

mediante attività di mercato intese a massimizzare

i rendimenti e contenere i rischi di portafoglio” (4).

Con “prestazione definita” si definisce

un’obbligazione di risultato, a carico del fondo,

finalizzata ad assicurare una prestazione

determinata con riferimento al livello di reddito o a

quello del trattamento pensionistico obbligatorio.

L’esercizio da parte dei fondi pensione delle loro

funzioni è subordinato all’autorizzazione da parte

della Commissione di Vigilanza dei Fondi Pensione

3(?) Così LEO M. (2010), Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Giuffrè4(?) Così BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

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(d’ora in poi indicata come Covip), che, lasciando

libere le fonti istitutive nell’organizzazione delle

modalità di partecipazione e di adesione, può

intervenire sulle stesse per quanto riguarda i criteri

di individuazione e ripartizione del rischio nella

scelta degli investimenti e richiedere la modifica di

statuti e regolamenti.

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1.1.1 LA CENTRALITÀ DEL CONTRATTO

COLLETTIVO NEL DECRETO LEGISLATIVO N.

124/93

Il confronto tra i testi dell’art. 3 del d.lgs.

n.124/1993 (5) e dell’art. 3 del vigente decreto n. 5(?)Si riporta il testo della citata norma

1.Salvo quanto previsto dall’art. 9, le fonti istitutive delle forma pensionistiche complementari sono le seguenti: a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro, accordi anche interaziendali per gli appartenenti alla categoria dei Quadri promossi dalle organizzazioni sindacali nazionali rappresentative della categoria membri del Consiglio nazionale dell’economia del lavoro; b)accordi fra lavoratori autonomi e fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale; c) regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, anche aziendali; c-bis) accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute.

2. Per il Personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante i contratti collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto legislativo. Per il personale dipendente di cui all’art. 2, comma 4, del medesimo decreto legislativo le forme pensionistiche complementari possono

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252/2005 rivela un complessivo riassetto funzionale

del sistema delle fonti istitutive della previdenza

complementare.

Nel regime del d. lgs. n. 124/93, i contratti collettivi

potevano prevedere, per i lavoratori già attivi, la

destinazione al finanziamento anche solo di una

quota dell’accantonamento annuale al TFR,

determinando le quote a carico del lavoratore e del

datore di lavoro; per i nuovi assunti, se aderenti, il

conferimento del TFR era integrale.

Nell’impianto della vecchia normativa emergeva la

centralità delle forme mutualistico-sindacali, poiché

l’elenco delle fonti si esauriva nei contratti e accordi

collettivi, accordi tra lavoratori e regolamenti

essere istituite secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.

3. Le forme pensionistiche complementari sono attuate mediante la costituzione ai sensi dell’art. 4 di appositi fondi, la cui denominazione deve contenere l’indicazione di "Fondo Pensione", la quale non può essere utilizzata da altri soggetti.

4. Le fonti istitutive di cui al comma 1 stabiliscono le modalità di partecipazione garantendo la libertà di adesione individuale.

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aziendali, in una graduale sequenza che mostrava il

favore legislativo per le fonti collettive di scambio

per passare a quelle collettive non sinallagmatiche

(accordi fra lavoratori) e terminava, in ultima

istanza, con quelle non collettive ma plurime.

Le modifiche al decreto 124/1993 apportate dalla

legge n. 335/1995 e l’ingresso nel sistema delle

forme individuali di previdenza complementare con

il d.lgs. n. 47/2000 non hanno alterato la centralità

dell’autonomia collettiva.

Il favor promozionale del d.lgs. 124/1993 per la

contrattazione collettiva quale fonte istitutiva

primaria delle forme di previdenza complementare

consisteva “nel riconoscere a questa una valenza

regolativa di rapporti anche diversi da quelli di

lavoro”(6)e, in particolare, nell’attribuirle effetto

normativo e conformativo anche sulle fonti

costitutive dei fondi.

6(?)Così TURSI A. (2001) La previdenza complementare nel sistema italiano di sicurezza sociale, Giuffrè

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Al pari dell’art. 3 d. lgs. 124/1993, anche l’art. 3 del

decreto vigente è rubricato come “Istituzione delle

forme pensionistiche complementari” e contiene

una disciplina che è sostanzialmente attinente ad

un’iniziativa procedimentale, la cui titolarità viene

rimessa a determinati soggetti, nel rispetto di limiti

e modalità.

1.1.2 LE FONTI ISTITUTIVE NEL D. LGS N.

252/05

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Nel testo dell’art. 3 d.lgs. 252/2005, in cui tutte le

forme di previdenza complementare sono rinnovate

e parificate, si rinviene un elenco di fonti diverse ed

eterogenee, che il legislatore ha ricondotto ad

unitaria sfera funzionale, che non ammette più la

prevalenza delle forme espressione dell’autonomia

collettiva.

L’equiparazione, quindi, mette sullo stesso piano le

forme pensionistiche complementari, collettive e

individuali, sindacali e commerciali e, dunque, degli

stessi fondi pensione quali figure organizzative di

attuazione dei relativi programmi.

È il caso di precisare che la fonte istitutiva del fondo

aperto è sempre del tutto neutra rispetto ai rapporti

di lavoro, anche quando al fondo si aderisca su

base collettiva (fermo che all’interno di essa rileva

la comune appartenenza ad un ambito definto in

sede sindacale), in quanto si basa sul potere

“aggregante” che il gestore può realizzare

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proponendo un programma previdenziale ed

esercitando la relativa gestione del fondo(7).

I fondi operano oggi, quindi, su un mercato che,

seppur ancora connotato da elementi di asimmetria

in favore dei fondi chiusi8 frutto dell’autonomia

collettiva, è unificato da comuni regole di

trasparenza, circolazione e concorrenza.

I fondi aperti e i piani pensionistici individuali sono

forme di previdenza complementare pariordinate a

quelle realizzate dai fondi negoziali o chiusi,

prodotto dell’iniziativa delle parti sociali: realizzano

il comune scopo di assicurare più elevati livelli di

copertura previdenziale ed integrazione del sistema

pubblico di base, venendo meno il rapporto di

7(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

8Autorevoli studiosi (fra cui BESSONE, op. cit.) si avvalgono di questo termine, il cui uso appare improprio, derivando dal criterio di ritenere corretto il valore del termine contrario di fondo “aperto”, termine propriamente usato dal legislatore per indicare – come è noto – un modello di fondo commerciale, caratterizzato dall’assenza di caratteristiche professionali di coloro che possono aderire. Il termine “chiuso” è correttamente utilizzato per quei fondi – normalmente preesistenti – rispetto ai quali ragioni di vario tipo impediscono ogni ulteriore adesione.

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sussidiarietà funzionale tra fondi chiusi e aperti

stabilita in favore dei primi dal d.lgs. 124/1993.

L’elenco, quindi, ha l’obiettivo di mettere insieme

tutte le fonti su un piano di tendenziale parità

formale e concorrenziale, che comprende al primo

comma:

a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali,

limitatamente, per questi ultimi, anche ai soli

soggetti o lavoratori firmatari degli stessi,

ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori,

promossi da sindacati firmatari di contratti

collettivi nazionali di lavoro; accordi, anche

interaziendali per gli appartenenti alla

categoria dei quadri, promossi dalle

organizzazioni sindacali nazionali

rappresentative della categoria, membri del

Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

La prima tipologia di fonti di natura negoziale sono i

cosiddetti “fondi pensione sindacali”, previsti da

contratti o accordi collettivi, anche in sede

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aziendale, promossi dalle associazioni sindacali o

dagli stessi lavoratori subordinati iscritti ad

associazioni firmatarie di un contratto collettivo

nazionale (9).

Di forte matrice sindacale, sono basate sulla

comune appartenenza ad una categoria o comunità

di lavoro.

Il contratto collettivo si pone in posizione

privilegiata rispetto alle altre forme citate dalla

disposizione, in quanto gli accordi fra lavoratori,

comunque promossi da sindacati firmatari di

contratti collettivi nazionali di lavoro, sono abilitati

ad attivare forme di previdenza solo in assenza di

accordi o contratti collettivi.

Il fondo “chiuso” legato al contratto collettivo di

categoria conserva, quindi, il suo ruolo centrale tra

le diverse forme di previdenza complementare per

la concentrazione di capitali necessari per il

finanziamento delle attività di investimento.

9(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

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La posizione di privilegio della contrattazione

collettiva si rinviene anche nei confronti della

lettera c) dell’articolo 3 del decreto, relativo ai

regolamenti di enti o aziende, che dispone la

possibilità di istituire forme di previdenza

integrativa solo se i rapporti pensionistici

complementari non siano regolati da un accordo o

contratto collettivo.

Il sostegno legislativo alla forma previdenziale

complementare “collettiva” si può anche cogliere

nella disciplina del conferimento tacito e pone il

sindacato come forte agente nella vicenda istitutiva

delle forme pensionistiche integrative.

I contratti e accordi collettivi aziendali che

istituiscono forme di previdenza complementare per

“i soli soggetti o lavoratori firmatari degli stessi”,

sono accordi individuali plurimi con unico datore di

lavoro(10).

10(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

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E’ un tipo di fonte negoziale di natura bilaterale e

sinallagmatica, ma non collettiva, consistente in un

“fascio di atti negoziali individuali, posti in essere

da una collettività non organizzata sindacalmente”

(11).

Si possono ricondurre all’ipotesi in cui i lavoratori

interessati aggiungano le loro firme a quelle dei

soggetti collettivi che hanno stipulato il contratto

collettivo aziendale e che, quindi, si realizzi una

possibilità di manifestare la propria volontà

individuale.

Gli accordi fra lavoratori, promossi da sindacati

firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro

possono operare solo in mancanza di un atto

istitutivo di carattere contrattuale collettivo.

Questa tipologia di accordi imprime il vincolo di

destinazione previdenziale alle risorse, che gli stessi

11(?)Così BOLLANI A. Fonti istitutive e autonomia collettiva nella riforma della previdenza complementare, in A. Tursi (a cura di), La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., 2007, 626 ss.

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soggetti interessati provvederanno a versare per la

realizzazione del comune scopo.

L’attività di promozione dei soggetti sindacali, a cui

si richiede il requisito della “nazionalità”,

garantisce una raccolta efficace delle adesioni e

una migliore gestione delle risorse dei fondi (12).

Gli accordi in questione, non avendo per definizione

carattere sinallagmatico e di dipendenza dalla parte

datoriale, sono definiti “contratti con finalità

associativa e organizzativa, dotati di efficacia reale

nei rapporti tra gli associati ed il fondo” (13).

Il d.lgs. 252/2005 indica all’art. 3, quindi, le fonti

istitutive contratto o accordo collettivo come forma

giuridica della maturata volontà di attivare una

forma pensionistica complementare, mentre all’art.

4 del medesimo decreto indica le fonti costitutive

come atto negoziale che organizza la forma

12(?)Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

13(?)Così TURSI A. (2001) La previdenza complementare nel sistema italiano di sicurezza sociale, Giuffrè

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pensionistica con una disciplina puntuale sotto

forma di statuto, volta a uniformare il regime di

fondo pensione “chiuso” all’assetto organizzativo

dell’associazione o della fondazione sul modello

delle norme del codice civile, e la configura come

soggetto di diritto.

b) accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi

professionisti, promossi da loro sindacati o da

associazioni di rilievo almeno regionale.

Sono forme di previdenza complementare che

nascono da accordi promossi da sindacati e

associazioni di rilievo almeno regionale per

lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Sono le uniche forme pensionistiche complementari

che prevedono la possibilità di disporre le proprie

prestazioni tramite il regime “a prestazione

definita”.

Il decreto delinea un quadro normativo che

permette a lavoratori autonomi e liberi

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professionisti di aderire a percorsi di sviluppo della

previdenza complementare, che transitano per la

diretta iniziativa delle loro associazioni tramite

casse abilitate ad istituire forme pensionistiche

anche mediante deliberazione di appositi patrimoni

di destinazione, con obbligo di gestione separata

rispetto alle altre attività di competenza (l. n.

243/04, art. 1, c. 35).

c) regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di

lavoro non siano disciplinati da contratti o

accordi collettivi, anche aziendali.

L’assenza di clausole, che regolino forme di

previdenza complementare, di un contratto

collettivo, anche aziendale, permette l’utilizzo dello

strumento del regolamento in enti o aziende per

disciplinare le forme pensionistiche complementari.

Seconda tipologia di fonte negoziale, il regolamento

aziendale deriva da una scelta unilaterale del

datore di lavoro e si realizza con una sua proposta

contrattuale rivolta ai dipendenti.

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L’adesione dei lavoratori perfeziona un contratto

plurilaterale di contenuto uniforme per il datore di

lavoro, il cui contenuto si identifica nelle condizioni

generali da lui stabilite.

Il regolamento assume, quindi, una figura di mera

proposta negoziale o di condizione generale di

contratto che vincola i lavoratori solo se accettata

nel contratto individuale in maniera espressa (14).

d) le regioni, le quali disciplinano il

funzionamento di tali forme pensionistiche

complementari con legge regionale nel

rispetto della normativa nazionale in materia.

Innovazione del d.lgs. 252/2005 è contemplare fra

le tipologie di fonti istitutive le Regioni (15): in

14(?)Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

15(?)Si è rilevato criticamente che ““nella disposizione in tema di fonti istitutive si riscontra (…) un singolare affastellamento, in un unico elenco, di fonti istitutive in senso proprio (quali i contratti collettivi, gli accordi tra lavoratori, i regolamenti di enti o aziende) e di soggetti giuridici, privati o pubblici, che evidentemente fonti non sono. Ammesso, poi, che il legislatore, quando menziona, poniamo, <<le regioni>> tra le <<fonti istitutive>>, voglia alludere alle leggi regionali, c’è allora da stigmatizzare la sua assenza di imbarazzo nell’assimilare fenomeni così diversi come, da un lato, gli atti d’autonomia negoziale,

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questo caso la competenza delle Regioni

comprende tanto la costituzione quanto la

promozione della costituzione di fondi pensione “nel

rispetto della normativa nazionale in materia”.

Le Regioni hanno, quindi, la facoltà di emanare

norme legislative nelle materie concernenti la

previdenza e le assicurazioni, allo scopo di integrare

le disposizioni delle leggi dello Stato e di costituire

appositi istituti autonomi o agevolarne l'istituzione.

I limiti e vincoli dell’ordinamento (art. 117 Cost.)

che si pongono alla potestà legislativa regionale

appaiono tali da lasciare spazi effettivi davvero

ristretti.

La potestà esclusiva della legge statale nella

“previdenza sociale” e in “moneta, tutela del

risparmio e mercati finanziari, tutela della

collettiva o individuale, istitutivi di forme pensionistiche complementari collettive o individuali, e un atto normativo quale la legge regionale o il diverso provvedimento pubblicistico col quale le regioni riterranno di dare seguito alla previsione legislativa””. Cosi A. TURSI, Note introduttive, in A. Tursi (a cura di), La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., 2007, 537 ss.

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concorrenza, sistema valutario, sistema tributario e

contabile dello Stato e perequazione delle risorse

finanziarie” ritaglia poco spazio all’azione normativa

della previdenza complementare regionale.

L’effettiva istituzione di un fondo “regionale”, se

non visto nella “prospettiva federalista” che ha

condizionato il decreto, porterebbe a seri problemi

di legittimità costituzionale.

Il ruolo della Regione, quindi, viene relegato al solo

possibile sostegno e alla promozione di fondi

precostituiti o della contrattazione collettiva come

fonti essenziali nella costruzione di percorsi di

maggiore differenziazione su base territoriale delle

forme di previdenza complementare (16).

16(?)Osserva, sempre in maniera critica, TURSI (op. cit.): “”Peraltro, il legislatore (ma, in questo caso, più quello delegante che quello delegato) mostra anche di ritenere che l’attribuzione alle regioni di competenze legislative concorrenti con quelle dello Stato, in materia di «previdenza complementare e integrativa», operata dal nuovo art. 117 della Costituzione « federalista » implichi una sorta di competenza all’istituzione, anziché alla regolazione normativa, della forme pensionistiche complementari. Questo «equivoco della regionalizzazione» della previdenza complementare, andrebbe respinto constatandosi, per un verso, l’assenza di deleghe legislative in tema di riforma dell’assetto delle fonti istitutive della previdenza complementare, e per l’altro, che nella disposizione delegata non si legge (nonostante l’inclusione nell’articolo

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e) accordi fra soci lavoratori di cooperative,

promossi da associazioni nazionali di

rappresentanza del movimento cooperativo

legalmente riconosciute.

E’ previsto che i soci lavoratori di cooperative,

anche unitamente ai lavoratori dipendenti delle

cooperative interessate (limitatamente a questo

dedicato alle fonti istitutive) una attribuzione di competenze istitutive, ma solo di competenze regolative: si stabilisce, infatti, che «le regioni... disciplinano il funzionamento di tali forme pensionistiche complementari con legge regionale nel rispetto della normativa nazionale in materia»; ma nulla si dice quanto a modalità istitutive e costitutive di tali forme pensionistiche. Sicché non sarebbe affatto peregrina, sul piano teorico, e sarebbe certamente saggia sul piano pratico, la tesi secondo cui le regioni potranno utilizzare, per l’istituzione di tali fondi regionali, nulla più che gli strumenti negoziali deputati alla creazione di forme collettive o individuali: per esempio, promuovendo fondi negoziali, o partecipando ai soggetti istitutori di fondi aperti. Né contraddice tale assunto l’istituzione, prevista direttamente dall’art. 9 del decreto, di una «forma pensionistica complementare residuale presso l’INPS »: un fondo di default cui vanno devolute le quote di t.f.r. maturando da conferirsi tacitamente, nell’ipotesi in cui non abbia potuto operare il tacito conferimento né a fondi pensione istituiti da contratti collettivi, né a fondi pensione aperti ad adesione collettiva, né a fondi « regionali ». È vero, infatti, che si prevede, in proposito, una modalità istitutiva sicuramente non negoziale e pubblicistica; ma è anche vero che FONDINPS, nonostante la disposta applicazione « integrale » delle disposizioni del decreto, è un fondo largamente extrasistemico, di carattere eccezionale, con innegabili peculiarità anche operative, come dimostra anche l’esclusione dall’elenco delle fonti istitutive (e dei soggetti) contenuto nell’art. 3 del decreto””.

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caso si parla di “fondi pensione misti17” anche

nell’ipotesi in cui primi siano lavoratori autonomi),

possano aderire a forme di previdenza

complementare istituite da accordi promossi da

associazioni nazionali di rappresentanza del

movimento cooperativo legalmente riconosciute.

La lettera e) del decreto espone una delle possibili

fonti istitutive attivabili in questa sfera soggettiva di

applicazione, in quanto non sembra, in coerenza

con la natura dei rapporti di lavoro regolati, ci sia

alcun ostacolo all’utilizzo delle fonti istitutive di

natura contrattuale collettiva (18).

f) accordi tra soggetti destinatari del decreto

legislativo 16 settembre 1996, n. 565,

promossi anche da loro sindacati o da

associazioni di rilievo almeno regionale.

17(?)Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

18(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

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Sono le forme di previdenza complementare,

promosse anche da associazioni o sindacati di

rilievo almeno regionale, per soggetti che svolgono

lavori di cura non retribuiti derivanti da

responsabilità familiari e per soggetti che svolgono,

senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti

in relazione a responsabilità familiari e che non

prestano attività lavorativa autonoma o alle

dipendenze di terzi e non sono titolari di pensione

diretta.

Connotate dalla volontarietà dell’accesso e dalla

peculiarità della situazione reddituale dei soggetti,

queste forme di previdenza complementare sono

caratterizzate dalla disposizione normativa

riguardante il finanziamento, che consente una

contribuzione saltuaria e non fissa.

g) gli enti di diritto privato di cui ai decreti

legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10

febbraio 1996, n. 103, con l'obbligo della

30

Page 31: Tesi   098973

gestione separata, sia direttamente sia

secondo le disposizioni di cui alle

lettere a) e b).

Enti previdenziali, associazioni e fondazioni possono

istituire forme di previdenza complementare con

l’obbligo della gestione separata.

h) i soggetti di cui all'articolo 6, comma 1,

limitatamente ai fondi pensione aperti di cui

all'articolo 12.

Possono istituire fondi pensione “aperti” le imprese

assicurative, le società di gestione del risparmio, le

società immobiliari e i fondi comuni di investimento.

i) i soggetti di cui all'articolo 13, limitatamente

alle forme pensionistiche complementari

individuali.

Sono i contratti di assicurazione sulla vita o le

adesioni a fondi aperti e rappresentano le forme

individuali integrative.

31

Page 32: Tesi   098973

Le lettere g), h), i) del comma 1 della legge

252/2005 regolano i “fondi pensione aperti” e le

“forme pensionistiche individuali” , di natura

bancaria o assicurativa (19).

Questi ultimi sono costituiti nell’ambito della singola

società o del singolo ente attraverso la formazione

di un patrimonio di destinazione, separato ed

autonomo, che, secondo gli effetti dell’articolo 2117

cod. civ., non può essere distratto dal fine al quale

è destinato e non può formare oggetto di

esecuzione.

La demarcazione fra istituzione e costituzione, in

questi casi, non è netta quando avviene nei fondi

costituiti mediante un patrimonio di destinazione,

19(?) L’esplicita menzione nella norma relativa alle fonti istitutive dei gestori dei fondi pensione nonché delle imprese assicurative è stata ritenuta una volta di più come espressione della volontà legislativa di equiparare sul piano funzionale tutte le forme pensionistiche complementari, superando l’impostazione del d. lgs n. 124/93, il cui articolo 3, infatti, non menzionava i suddetti soggetti, regolandone l’attività in altre disposizioni, quasi a sancire, anche da un punto di vista topografico, la distinzione tra fondi chiusi ed altre forme di previdenza complementare. Così A. BOLLANI, Fonti istitutive e autonomia collettiva nella riforma della previdenza complementare, in A. Tursi (a cura di), La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., 2007, 594 ss.

32

Page 33: Tesi   098973

che, non portando alla creazione di un nuovo ente

privato, sono istituiti tramite “apposita

deliberazione”, ponendosi quindi come

regolamento istitutivo e fonte costitutiva.

I fondi aperti si distinguono dai fondi chiusi anche

per il profilo soggettivo, in quanto sono istituiti in

via diretta dai gestori.

L’adesione ad un fondo aperto viene inquadrata,

quindi, come sottoscrizione di un contratto di

investimento o di intermediazione immobiliare.

La previdenza individuale si attua sia attraverso

l’adesione individuale a fondi aperti sia attraverso

la sottoscrizione di contratti di assicurazione sulla

vita.

Una delle caratteristiche di quest’ultima forma

pensionistica complementare è che l’adesione può

avvenire anche da parte di soggetti che non

beneficiano di una previdenza obbligatoria.

33

Page 34: Tesi   098973

Inoltre, l’esercizio delle polizze vita è sottratto alla

vigilanza della Covip, mantenendo tuttavia l’obbligo

di predisporre i propri contratti secondo le sue

direttive e regolamenti e interamente assoggettato

al regime dei prodotti assicurativi.

Il comma due dell’art. 3 in esame prevede quanto

segue:

2. Per il personale dipendente dalle

amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165, le forme pensionistiche complementari

possono essere istituite mediante i contratti

collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto

legislativo. Per il personale dipendente di cui

all'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto

legislativo, le forme pensionistiche complementari

possono essere istituite secondo le norme dei

rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza,

mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi

da loro associazioni.”

34

Page 35: Tesi   098973

Riguardo al settore pubblico, quindi, sono previste,

tramite contratti collettivi, forme di previdenza

integrativa per amministrazioni dello Stato, ivi

compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado

e le istituzioni educative, le aziende ed

amministrazioni dello Stato ad ordinamento

autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le

Comunita' montane e loro consorzi e associazioni,

le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case

popolari, le Camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli

enti pubblici non economici nazionali, regionali e

locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del

Servizio sanitario nazionale.

Per magistrati ordinari, amministrativi e contabili,

avvocati e procuratori dello Stato, personale

militare e delle Forze di polizia di Stato, personale

della carriera diplomatica e della carriera prefettizia

le forme di previdenza integrativa sono disciplinate

35

Page 36: Tesi   098973

dai rispettivi ordinamenti o possono essere

promossi delle loro associazioni tramite accordi.

La forte specialità dei rapporti di lavoro pubblico, se

pur ricondotti al regime contrattuale privatistico,

risulta accentuata dalla impossibilità di attuazione,

in alcuni casi, del d.lgs. 252/2005, in relazione alla

differente disciplina applicabile alla materia delle

indennità di fine servizio (20).

20(?)Per i dipendenti assunti anteriormente al 1 gennaio 2001 il passaggio opzionale al regime di trattamento di fine rapporto è peraltro legato alla adesione ad un fondo di previdenza complementare ed è condizionato dalla operatività dello stesso.

36

Page 37: Tesi   098973

1.2 LIVELLI DI CONTRATTAZIONE E

RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE

Nell’ultimo periodo la rappresentatività sindacale in

riferimento alla negoziazione dei contratti collettivi

è stato un argomento di forte contrasto in quanto la

legge, nel settore pubblico, e gli accordi

interconfederali, nel settore privato, hanno imposto

un sistema di accesso alla contrattazione collettiva

da parte degli agenti sindacali legato al numero

degli iscritti e alla loro presenza in azienda.

Riguardo le forme previdenziali integrative la

rappresentatività sindacale non trova alcuna

definizione funzionale alla formazione di un fondo

pensione sindacale o aziendale.

Il legislatore non si preoccupa di selezionare gli

agenti negoziali collettivi alla stregua dei criteri di

rappresentatività usualmente impiegati in altri

contesti, come la sottoscrizione di contratti collettivi

nazionali.

37

Page 38: Tesi   098973

Tuttavia può fondatamente rilevarsi che il

riferimento al requisito della “nazionalità”

dell’organizzazione sindacale venga inquadrato solo

ai fini del ruolo necessario di promotore degli

accordi fra i lavoratori.

E’ il caso di ricordare che per gli accordi tra

lavoratori autonomi e liberi professionisti e per i

soggetti che svolgono lavoro di cura non retribuito

nell’ambito di una relazione familiare si richiede che

i soggetti promotori siano sindacati o associazioni di

rilievo almeno regionale.

Inoltre, si richiede che gli accordi per i lavoratori

soci di cooperative siano promossi da associazioni

nazionali di rappresentanza del movimento

cooperativo legalmente riconosciute.

In un parere del gennaio 2000, indirizzato ad una

organizzazione sindacale, il direttore generale della

Covip ha sottolineato come lo stesso sindacato, in

quanto sede di interessi collettivi, costituisce

38

Page 39: Tesi   098973

elemento sufficiente per l’istituzione e

l’autorizzazione di un fondo pensione (21).

Conclusioni così radicali sono talvolta motivate dal

principio di libertà che caratterizza la previdenza

complementare.

La mancata indicazione sia di soglie nazionali sia di

requisiti di rappresentatività delle parti contraenti è

perfettamente congeniale all’intenzione politica di

una normativa espressamente intesa a promuovere

nelle forme più varie l’attivazione di programmi

21(?) Si riporta il testo dell’atto citato.Gennaio 2000 - Oggetto: Fonti istitutive di fondi pensione(lettera inviata ad un’organizzazione sindacale)In merito al mancato coinvolgimento di codesta organizzazione sindacale nell’accordo istitutivo del Fondo in oggetto è da rilevarsi che l’art.3 del d.lgs. 124/1993 si limita a stabilire che possono fungere da fonti istitutive dei fondi pensione “contratti o accordi collettivi” senza fare riferimento a specifici requisiti delle associazioni stipulanti tali accordi.Pertanto, la ricorrenza di fattispecie contrattuali, che sotto il profilo contenutistico rispondono alle indicazioni fornite dal d.lgs.124/1993, costituisce per la Commissione elemento sufficiente in sede di istruttoria delle istanze di autorizzazione all’esercizio dell’attività, senza che si possa procedere a verifiche concernenti la rappresentatività dei sindacati stipulanti, tanto più se, come accade nel caso di specie, si tratta di associazioni che partecipano normalmente al sistema contrattuale di cui fa parte la fonte istitutiva del fondo pensione in questione.

39

Page 40: Tesi   098973

intesi a garantire elevati livelli di copertura

previdenziale.

La lettera a) dell’articolo 3 della legge 252/2005

fissa, con estrema sintesi, a contenuto

indeterminato, le fonti istitutive come “contratti o

accordi collettivi”, riconoscendo quindi come fonti

anche contratti o accordi collettivi aziendali(22).

Ne deriva un regime che in linea di principio non

esclude una possibile interferenza tra contratti

collettivi e accordi di diverso livello ma che va ad

assicurare la maggior flessibilità degli strumenti di

negoziazione sindacale, sia a livello nazionale, sia a

livello territoriale o aziendale, così da attivare forme

di previdenza complementare alla soglia di una

contrattazione che, di volta in volta, possa

conseguire risultati utili per gli agenti contrattuali

(23).22(?)Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore23(?)Di “tendenza a sovrapporre il concetto di fonti istitutive con le organizzazioni sindacali contraenti” parla Sandulli, Le fonti costitutive di fronte alle sfide della concorrenza, ne La previdenza complementare e la concorrenza tra i fondi pensione, Atti del convegno del Fondo pensioni del

40

Page 41: Tesi   098973

Si tratta quindi di accordi “quadro” e “di comparto”,

che vanno ad inserirsi in una contrattazione

decentrata che prevede una delega di attribuzioni

in cui la contrattazione di secondo livello può

operare nelle materie ed entro i limiti stabiliti dai

contratti collettivi nazionali, che devono indicare i

soggetti e le procedure di eventuali contrattazioni

integrative.

Nelle loro istituzioni di vertice e in numerose

circostanze, sia le organizzazioni datoriali sia le

organizzazioni sindacali hanno preferito

l’attivazione di forme pensionistiche complementari

con lo strumento del contratto nazionale di

categoria 24.

Questo orientamento è motivato dalla

considerazione che i fondi pensione possono

conseguire una gestione finanziaria davvero

efficiente solo operando in una scala di grandezze

personale della BNL (3 maggio 2005), in Quaderni Mefop, 2005, p. 28.

24(?)Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

41

Page 42: Tesi   098973

maggiori di quanto possa effettivamente realizzare

una forma pensionistica complementare attivata

dalle singole imprese.

Le iniziative già pervenute ad un risultato operativo

sembrano indicare la dimensione regionale come la

soglia di contrattazione più utilmente praticabile

per attivare fondi pensione a base territoriale.

-I fondi pensione territoriali accrescono la dinamica

e la competitività del sistema, dovunque esistano

categorie, comparti e raggruppamenti di lavoro

dipendente indicati come area di riferimento sia da

fondi pensione nazionali sia da fondi pensione

attivati su base regionale, assicurando ad ogni

lavoratore piena libertà di scelta tra l’una e l’altra

forma pensionistica complementare (25).

In linea di principio, dunque, e in assenza di

clausole di coordinamento, in un ordinamento

giuridico caratterizzato dalla natura privatistica

della contrattazione collettiva e dalla libertà di

25(?)Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

42

Page 43: Tesi   098973

adesione individuale ai fondi di previdenza

complementare non sembra possibile immaginare

un accordo istitutivo che stabilisca l’unicità o la

prevalenza di un contratto collettivo sull’altro.

Appare difficile sostenere che la definizione

negoziale dell’assetto contrattuale possa avere

un’efficacia che invalidi gli accordi decentrati

conclusi in difformità(26).

Se la definizione appena esposta pare errata,

bisogna inquadrare la natura degli accordi

territoriali che sono partecipi di atti di autonomia

collettiva provenienti da soggetti di pari “dignità”.

I poteri negoziali esercitati restano in ogni caso

validamente esplicabili anche in presenza di

direttive o vincoli obbligatori provenienti dalle

organizzazione sovraordinate.

26(?)Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

43

Page 44: Tesi   098973

Il criterio di specialità27, che può portare a

conclusioni difformi, e il suo correlato “principio di

non eversione”, pur sottolineando la necessità di

una coerenza del sistema contrattuale, non sembra

in grado di superare il principio civilistico che nega

ad atti di autonomia privata, come i contratti

collettivi, il potere di incidere con effetti reali sulla

validità di altri atti privati.

Nell’eventualità, dunque, di una concorrenza di

fondi in relazione alle diverse fonti collettive, la

fortuna di ciascuno di essi non può essere che

rimessa alla capacità di persuasione dei soggetti

che li istituiscono e che li gestiscono.

La preminenza delle fonti istitutive di livello

superiore potrebbe riallacciarsi attraverso

27(?) Questo principio, secondo la pronuncia della Corte di Cassazione n.4517, 12 luglio 1986, opera solo “ove il contratto nazionale e contratti di portata più limitata possano ritenersi ricompresi in un insieme organizzativamente o funzionalmente coordinato” e alla condizione che le differenziazioni siano “giustificate da situazioni locali o particolari, quali una diversa qualità o quantità di lavoro o peculiare di singoli settori, oggetto dunque di legittima contrattazione periferica, purchè non evasiva degli scopi perseguiti da quella nazionale”.

44

Page 45: Tesi   098973

l’intervento della Commissione di Vigilanza,

esercitando il meccanismo di controllo che fa capo

alla suddetta autorità, a cui è riconosciuto un

potere di “veto” e di coazione indiretta,

concretamente attuabile nella richiesta al fondo

pensione di trasmettere elementi conoscitivi e

valutativi ritenuti necessari all’approvazione dello

statuto o del regolamento di attuazione del fondo.

Il problema della pluralità di fondi pensionistici

complementari per la medesima categoria di

lavoratori sembra di più facile soluzione nel

pubblico impiego, dove opera una centralizzazione

del sistema contrattuale attuata per via legislativa

al fine di porre sotto controllo la spesa pubblica.(28)

Il d. lgs. 165/2001 garantisce il governo del sistema

di relazioni contrattuali attraverso la previsione di

soglie di rappresentanza e, quindi, mediante la

coerenza fra attori negoziali del contratto collettivo

con quelli decentrati, in modo che spetti agli stessi

28 Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

45

Page 46: Tesi   098973

soggetti che hanno stabilito la disciplina nazionale il

ruolo di adattare e svolgere i contenuti sul livello

decentrato.

Nell’ambito della previdenza complementare, lo

spazio aperto a forme di contrattazione istitutiva

decentrata si circoscrive nell’eventuale delega di

attribuzioni, stabilita dall’art. 40 comma 3, dove si

stabilisce che “la contrattazione collettiva

integrativa si svolge nelle materi e nei limiti stabiliti

dai contratti collettivi nazionali”, dovendo pur

sempre essere questi ad indicare ”i soggetti” e le

procedure” di eventuali contrattazioni integrative.-

Per quanto riguarda le regioni, l’attivazione di fondi

pensione territoriali ha comportato interventi degli

organi della regione “ente” sia nella qualità di

pubblica amministrazione sia in quanto legislatore

della materia pensionistica.

Si è perciò resa operante una contrattazione

collettiva su scala territoriale a sua volta integrata

46

Page 47: Tesi   098973

da una legge speciale recante interventi per il

sostegno di fondi pensione a base regionale.

1.3 L’EFFICACIA SOGGETTIVA DEL CONTRATTO

COLLETTIVO

La duplice natura delle fonti istitutive, di matrice

sindacale o extra-sindacale, impone una riflessione

sul ruolo, nella previdenza complementare, della

contrattazione collettiva.

Il contratto collettivo non è solo fonte principale

della regolazione dei rapporti di lavoro pubblico e

privato ma assume un rilievo importante quale

fattore propulsivo della previdenza complementare

nella veste di fonte istitutiva.

L’autonomia collettiva, come sede di interessi

collettivi, ha individuato nello strumento che

stabilisce la misura retributiva del costo del lavoro il

luogo più naturale per governare gli aspetti più

importanti della previdenza complementare, in

47

Page 48: Tesi   098973

quanto il finanziamento è posto a carico delle parti

che regolano il rapporto di lavoro.

Il “successo” della contrattazione collettiva nella

previdenza privata trova terreno fertile

nell’adozione di norme adattabili al cambiamento

delle esigenze dei contraenti e delle circostanze

anche esterne alla collettività interessata.

Il ruolo di “fonte” o “parametro” svolto dal contratto

collettivo per la determinazione della retribuzione

diventa disciplina di rapporti individuali e gestisce

interessi collettivi che tende a tutelare (29).

La causa del contratto collettivo, quindi, è la

regolazione degli interessi fra gli stessi lavoratori o,

comunque, fra i datori di lavoro e i lavoratori

subordinati.

La contrattazione collettiva assicura la tutela di

interessi che può trovare solo nella negoziazione,

della parte datoriale e della parte sindacale, il luogo

29(?) Vedi PICCININI I. (2001), Autonomia collettiva e previdenza, Giappichelli editore

48

Page 49: Tesi   098973

perfetto per realizzare la previdenza privata come

integrazione della previdenza sociale, perseguendo

un’idea di solidarietà collettivamente negoziata (30).

I poteri normativi dell’autonomia collettiva non si

circoscrivono all’ambito della forma pensionistica

“fondo pensione chiuso” legato al contratto

collettivo, essendoci la facoltà per l’accordo

aziendale fra datore di lavoro e sindacato di

prevedere, tramite la destinazione delle quote di

accantonamento del TFR, un programma di

adesione su base collettiva a “fondi pensione

aperti” predeterminato e concordato nelle modalità

di attuazione.

Quindi, l’adesione collettiva a fondi aperti necessita

della presenza di un contratto a monte il quale

disciplini i termini e le modalità dell’adesione

collettiva.

La funzione delle forme complementari sindacali è

assicurare più elevati livelli di copertura 30(?) Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

49

Page 50: Tesi   098973

previdenziale ai lavoratori che aderiscono, con la

loro contribuzione e quella del datore di lavoro, al

finanziamento del fondo pensione previsto dal

contratto collettivo (31).

L’attivazione di forme di previdenza complementare

comporta iniziative, confronti fra le parti sociali e

prassi negoziali che influiscono notevolmente sulla

complessa dinamica dei rapporti nel mondo del

lavoro.

La funzione del contratto collettivo è, quindi, quella

di regolare il trattamento economico e giuridico dei

contratti individuali e dei rapporti ricompresi nel

suo ambito di operatività.

L’ambito soggettivo dei destinatari del contratto

collettivo si identifica in tutti i lavoratori accomunati

dall’appartenenza alla medesima categoria,

comparto o raggruppamento, anche

territorialmente delimitato, o per l’appartenenza

31(?) Vedi GIUBBONI S. (2009), La previdenza complementare tra libertà individuale ed interesse collettivo, Cacucci

50

Page 51: Tesi   098973

alla medesima impresa, ente o gruppo di

imprese(32).

Occorre riconoscere che il legislatore ha configurato

l’efficacia del contratto collettivo istitutivo della

forma pensionistica basandola sul rapporto

oggettivo tra la norma ed il suo destinatario

potenziale, piuttosto che sulla verifica della

sussistenza dei consueti canali soggettivi di

collegamento negoziale.

Questo spiega l’effetto di adesione che il

conferimento tacito del TFR produce in capo a

coloro ai quali il contratto collettivo non risulti

applicabile secondo i comuni criteri di efficacia

soggettiva e che tuttavia facciano parte della

categoria ricompresa oggettivamente nel raggio

operativo della fonte istitutiva (33).32(?) Cfr. CIOCCA G. (2009), Il trattamento di fine rapporto e i fondi pensione, EUM. Il criterio del raggruppamento, secondo CIOCCA, ”consentirebbe ai lavoratori una reale esplicazione della libertà di aggregazione, non soltanto connotata a livello sindacale, ma anche a livello solidaristico-collettivo”.

33(?) TURSI (op. già citata) parla di effetto meta-negoziale del contratto collettivo, con un’efficacia soggettiva estesa “al di là della cerchia dei soggetti autovincolati, fino a farla

51

Page 52: Tesi   098973

Le clausole “istitutive” del contratto collettivo, che

prefigurano forme pensionistiche complementari,

presentano caratteri negoziali che non disciplinano

contratti e rapporti individuali di lavoro ma

“obblighi” e “pretese” riguardo la successiva

formazione di contratti costitutivi di fondi pensione

(34).

L’intesa raggiunta in materia di previdenza

complementare ha naturalmente una notevole

incidenza sull’economia complessiva del contratto,

perché il fondo pensione per le imprese costituisce

un costo aggiuntivo che il sindacato dovrà

compensare con una strategia negoziale più

contenuta su altri fronti di rivendicazione di benefici

per i lavoratori.

coincidere con l’ambito oggettivo di applicazione del contratto collettivo, quale definito, con valenza eteronoma, dal contratto medesimo, in sede di individuazione della categoria interessata alla tutela previdenziale complementare”.

34(?) Vedi FERRARO G. (2000), La previdenza complementare nella riforma del welfare, Giuffrè Editore

52

Page 53: Tesi   098973

La previsione di una libertà di adesione alle forme

di previdenza complementare sindacali costituisce

una deroga alla naturale efficacia erga omnes

dell’accordo sindacale che le istituisce (35).

Il contratto collettivo, quindi, come ogni altro

contratto di diritto comune, ha efficacia

esclusivamente per gli iscritti ai sindacati stipulanti

o per coloro che hanno aderito.

Il contratto collettivo istitutivo di una forma di

previdenza complementare non è mai esaustivo del

processo che porta all’adesione, di qualunque

livello sia.

La libertà di adesione, come manifestazione della

libertà individuale, si pone come libertà di rifiutare

gli effetti naturali del contratto, comportando

soltanto l’insussistenza del vincolo previdenziale, e

viene ricompresa solo nel rapporto soggettivo che

si viene a creare quando la fonte istitutiva nasce

35(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

53

Page 54: Tesi   098973

dall’autonomia collettiva o da regolamenti di enti o

aziende.

Il principio della libertà di adesione implica

un’eccezione alla inderogabilità del contratto

collettivo, attribuendo al lavoratore (al quale la

fonte istitutiva trovi ambito di applicazione in virtù

dell’affiliazione al sindacato stipulante o

dell’accettazione del contratto collettivo da parte

del lavoratore non iscritto all’organizzazione

firmataria dello stesso, cui sia tenuto a dare

applicazione il datore di lavoro, o della ricezione del

contratto collettivo nel contratto individuale di

lavoro) la facoltà di rifiutare gli effetti normativi di

tale contratto.

Il legislatore ha, dunque, tutelato la garanzia

costituzionale della libertà della previdenza privata,

subordinando, in maniera eccezionale, l’interesse

collettivo a quello individuale nel momento

dell’attivazione della tutela configurata in sede

collettiva.

54

Page 55: Tesi   098973

La scelta individuale di non aderire alla forma

previdenziale istituita dalla fonte collettiva

applicabile al rapporto si pone come deroga

all’efficacia soggettiva dei contratti o accordi

collettivi (36).

Il lavoratore che abbia esercitato in negativo la sua

libertà di adesione non si sottrae totalmente

all’efficacia soggettiva del contratto collettivo

istitutivo di una forma di previdenza

complementare, in quanto quest’ultimo pone un

diritto alla partecipazione, sempre esercitabile, in

capo al lavoratore, quando sussistano i requisiti,

manifestando espressamente la propria volontà di

aderire (37).

La valenza normativa, estesa oltre la sfera tipica

della regolazione del lavoro subordinato, non forza i

limiti naturali di funzione del contratto collettivo ma

assume forma di vincolo giuridico alla necessaria

36(?) Vedi PERSIANI M. (2001), La previdenza complementare tra iniziativa sindacale e mercato finanziario, in Arg. di Dir. del Lav.37(?) Vedi TURSI A. (2001) La previdenza complementare nel sistema italiano di sicurezza sociale, Giuffrè

55

Page 56: Tesi   098973

relazione esistente tra atto negoziale istitutivo,

espressione dell’autonomia collettiva, e gli

strumenti negoziali che conferiscono all’atto

concretezza operativa e materiale.

Si tratta, quindi, di una dimensione promozionale

affidata alla funzione istitutiva che la legge indica

nel contratto collettivo sul duplice presupposto

della garanzia di libertà posta dal comma 5 dell’art.

38 e, più in generale, dal comma 1 dell’art. 39 della

Costituzione.

L’adesione perfeziona un contratto che costituisce

costantemente un rapporto sinallagmatico ed

eventualmente un rapporto associativo.

La nascita del rapporto associativo dipende dal

modello organizzativo adottato dal fondo pensione:

se questo trova luogo in un’associazione di

lavoratori, l’iscritto avrà la qualità di socio.

56

Page 57: Tesi   098973

Qualità che il lavoratore non potrà avere se

l’organizzazione sindacale è in veste di socio o se il

fondo stesso ha una struttura fondazionale (38).

Nasce, quindi, un rapporto a prestazioni

corrispettive tra aderente e fondo, inquadrando il

primo come rapporto giuridico contributivo, il

secondo come rapporto giuridico previdenziale.

L’adesione su base collettiva consente ai contratti

collettivi, anche aziendali, di determinare le

modalità e la misura minima della contribuzione a

carico del datore di lavoro e del lavoratore.

In tutti gli altri casi, quindi, quando la fonte

istitutiva è un accordo fra lavoratori o questi

aderiscono a fondi aperti, la libertà di adesione si

confonde con la libertà di partecipazione o meno a

forme alternative e viene determinato solo il livello

minimo di contribuzione a carico degli stessi.

38(?) Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli Editore

57

Page 58: Tesi   098973

Il comma 13 dell’art. 8 d.lgs. 252/2005 stabilisce

che “gli statuti e i regolamenti disciplinano le

modalità in base alle quali l’aderente può

suddividere i flussi contributivi anche su diverse

linee di investimento all’interno della forma

pensionistica medesima, nonché le modalità

attraverso le quali può trasferire l’intera posizione

individuale a una o più linee”.

Il contratto collettivo, quasi sempre, nelle clausole

per il trattamento pensionistico complementare

prevede che al finanziamento del fondo pensione

indicato partecipi, oltre che il lavoratore con una

percentuale del suo salario, il datore di lavoro con

una contribuzione posta a suo carico.

Quindi, l’autonomia collettiva nel suo accordo

gestisce il monte delle retribuzioni, destinando una

quota a fini previdenziali, e soddisfa un interesse

comune a tutti i lavoratori ricompresi nel suo

ambito di applicazione (39).

39(?)Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

58

Page 59: Tesi   098973

L’accordo è efficace per tutti gli appartenenti alla

categoria dei dipendenti per i quali è stato stipulato

e, quindi, la libertà di adesione, prevista per legge,

non viene considerata rinuncia invalida ex art. 2113

cod. civ. e comporta una rinuncia ad una parte della

retribuzione rappresentata dal contributo posto a

carico del datore di lavoro.

Nell’economia della disciplina della libertà di

adesione il regime del contestuale trasferimento del

contributo datoriale assume una grande rilevanza

ed una sua soppressione da parte delle fonti

istitutive può sembrare una forte limitazione per il

lavoratore.

Si tratta della possibilità che l’impegno previsto nel

contratto collettivo di concorrere al finanziamento

del piano di previdenza complementare del

dipendente, assunto dal datore di lavoro, “segua” la

scelta del lavoratore nel caso in cui questi decida di

59

Page 60: Tesi   098973

aderire ad una forma pensionistica diversa da

quella connessa al proprio rapporto di lavoro (40).

Nell’articolo 8, comma 10, della legge 252/2005

viene esplicitato il principio secondo cui il

contributo datoriale affluisce nella forma

pensionistica scelta dal lavoratore, diversa da

quella prevista dall’autonomia collettiva, nei limiti e

secondo le modalità previste dal contratto collettivo

o dall’accordo (41).

40(?) Vedi SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare , Giappichelli.

41(?) Si riporta il testo della norma citata: “L'adesione a una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del TFR non comporta l'obbligo della contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Il lavoratore può decidere, tuttavia, di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo ed anche in assenza di accordi collettivi; in tale caso comunica al datore di lavoro l'entità del contributo e il fondo di destinazione. Il datore può a sua volta decidere, pur in assenza di accordi collettivi, anche aziendali, di contribuire alla forma pensionistica alla quale il lavoratore ha già aderito, ovvero a quella prescelta in base al citato accordo. Nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire alla forma pensionistica complementare e qualora abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro in base ad accordi collettivi, anche aziendali, detto contributo affluisce alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso, nei limiti e secondo le modalità stabilite dai predetti contratti o accordi”.

60

Page 61: Tesi   098973

L’adesione ai fondi pensione “chiusi”, alla luce della

normativa, comporta l’acquisto di uno “status

collettivamente condiviso”, il quale implica una

serie di prerogative e di vincoli di solidarietà tra gli

aderenti.

La legge, quindi, si presta ad essere interpretata nel

senso di garantire ai fondi sindacali una rendita di

posizione, attraverso il governo del diritto alla

portabilità.

Si realizza uno speciale assetto di interessi, in cui si

afferma un più stretto legame tra piano individuale

e collettivo, in modo da mettere in dubbio

l’applicabilità della nozione di efficacia reale del

contratto collettivo nei confronti della posizione del

singolo lavoratore.

Non possono esistere vincoli ed obblighi idonei a

limitare la portata del principio, al quale si devono

uniformare le fonti istitutive del fondo, per cui viene

garantita la libertà di adesione individuale

all’iniziativa previdenziale.

61

Page 62: Tesi   098973

Si tratta, quindi, di realizzare un contemperamento

fra interessi collettivi ed interessi individuali, che

risulta difficile nell’assenza di norme espresse in un

mondo del lavoro collegato all’efficacia del

contratto collettivo e alla preminenza dell’interesse

collettivo(42).

-Gli aspetti “dinamici” delle fonti istitutive, dovute

dal mutamento e dall’evoluzione di queste,

pongono delle problematiche in considerazione

dell’inevitabile contrasto fra la naturale attitudine

del contratto collettivo come “fonte normativa

definitiva” e la tendenza della vicenda pensionistica

a svolgersi durevolmente entro un più o meno

lungo arco di tempo.

Il mutamento delle fonti istitutive può dare origine a

situazioni di contrasto fra l’autonomia collettiva e

l’autonomia individuale degli iscritti, fra tutela delle

posizioni e delle aspettative dei lavoratori e

l’inesorabile evoluzioni delle prescrizioni poste da

42(?) Vedi PICCININI I. (2001), Autonomia collettiva e previdenza, Giappichelli editore

62

Page 63: Tesi   098973

una contrattazione collettiva quanto mai sensibile

alle sollecitazioni del contesto socio-economico

delle imprese(43).

Il principio della “mutabilità condizionata”, in base

al quale si cerca di contenere il più possibile i

margini di aleatorietà della vicenda pensionistica

complementare, impone agli attori sindacali la

salvaguardia dei diritti quesiti e la rinegoziazione

del livello di tutela originariamente garantito,

lasciando la possibilità al datore di lavoro di avere

la facoltà di rescindere dell’accordo istitutivo di

fondo “chiuso” , stipulato senza limiti di durata.

La disdetta datoriale , interrompendo la dinamica

evolutiva, dei rapporti collettivi, può solo

“cristallizzare” definitivamente la regolamentazione

al momento vigente, determinando l’ultrattività solo

per i lavoratori aderenti al fondo, avendo effetto

solo verso i nuovi assunti e comportando soltanto

l’insussistenza del vincolo previdenziale in sede di

43(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

63

Page 64: Tesi   098973

stipula di nuovi contratti di lavoro, ma non influisce

sui contratti individuali già in essere.

In ogni caso la modifica delle fonti istitutive non può

influire sulla “posizione di coloro che, avendo

maturato i requisiti ed esercitato il relativo diritto,

hanno ormai conseguito il trattamento

pensionistico”(44).

Le aspettative di chi, invece, non ha maturato i

requisiti per conseguire il trattamento possono

essere più o meno garantite a seconda che il

programma previdenziale sia oggetto di modifica

consensuale a livello collettivo o di modifica

unilaterale, nel caso di disdetta datoriale.

Nel primo caso, la regola generale per cui ogni

singolo contratto è sempre suscettibile di modifica,

anche retroattiva, ad opera del successivo è 44(?) Vedi pronuncia della Corte di Cassazione n. 6361 del 19 aprile 2003.Secondo A. STANCHI “è infondata la rivendicazione dell’applicazione della vecchia disciplina collettiva da parte del lavoratore che, entro il periodo dalla sua vigenza, aveva maturato ma non esercitato il diritto al pensionamento di anzianità(e che aveva conseguito il pensionamento di vecchiaia soltanto dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina collettiva)”.

64

Page 65: Tesi   098973

affiancato un sindacato di “ragionevolezza”, che

ammette la possibilità di una nuova e diversa

regolamentazione rispetto a quella originaria solo

se ed in quanto imposta dalla necessità di

mantenere la giusta correlazione tra consistenza

patrimoniale del fondo e “prestazioni

erogande”(45).-

45(?) Vedi pronuncia di Corte di Cassazione n.689 del 21 gennaio 2000 e n. 6361 del 19 aprile 2003 in cui viene esposto il principio per cui “se non possono qualificarsi tout-court come diritti soggettivi le mere aspettative configurabili nelle posizioni soggettive anteriori alla maturazione del diritto a pensione, non si esclude la configurabilità di limiti alle suddette modificazioni, rintracciabili nella tutela che le stesse fonti convenzionali apprestano alle posizioni soggettive che si costituiscono in una fattispecie a formazione progressiva” e secondo cui “ chi invochi un tale di tipo di tutela ha l’onere di indicarne la fonte ed il contenuto”.

65

Page 66: Tesi   098973

1.4 NORME DI LEGGE ORDINARIA E

NORMAZIONE SECONDARIA

La norma del codice civile che regola i fondi

pensione è l’art. 2117, la quale circoscrive la sua

portata alle sole forme pensionistiche

complementari che presuppongono l’iniziativa del

datore di lavoro (46).

L’articolo non descrive modelli di organizzazione

della previdenza e dell’assistenza complementare,

ma si limita ad istituire un vincolo di destinazione

dei cespiti che vi sono destinati (47).

Fermandoci alla normativa civile, la determinazione

degli strumenti organizzativi della funzione

previdenziale viene totalmente rimessa in capo al

datore di lavoro, secondo il principio di libertà

46(?) Si riporta il testo della norma citata.“I fondi speciali per la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro”.47(?) Vedi INFANTE G. (2002), I profili civilistici dei fondi speciali per la previdenza e l’assistenza. L’art. 2117 dopo gli interventi legislativi degli anni 90, Jovene

66

Page 67: Tesi   098973

sancito dall’ultimo comma dell’art. 38 della

Costituzione (48).

Si ricavano indici organizzativi dall’articolo 2123

cod. civ., il quale dispone il diritto in capo al datore

di lavoro di “dedurre dalle somme da lui dovute a

norma degli artt. 2110, 2111 e 2120 quanto il

prestatore di lavoro ha diritto di percepire per

effetto degli atti medesimi” e stabilisce che, alla

cessazione del contratto, per qualsiasi causa, in

presenza di fondi di previdenza complementare

finanziati con il contributo di lavoratori, questi ultimi

abbiano il diritto alla liquidazione della propria

quota (49).

L’applicazione dell’art. 2117 cod. civ. è integrata

dal d.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252 che, abrogando

l’articolo 21 comma 8 d.lgs. 21 aprile 1993 n. 124,

fissa norme specifiche in materia e restringe

l’autonomia che la disciplina codicistica aveva

48(?) Si riporta il testo della norma citata: “L'assistenza privata è libera”. 

49(?)Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

67

Page 68: Tesi   098973

disposto, ponendo precisi ed inderogabili strumenti

organizzativi preposti al fine previdenziale.

La forte incidenza delle norme sul codice civile è

espressione della dinamica degli interventi nel

settore tramite una pluralità di fonti, primarie e

secondarie, le quali concorrono insieme a delineare

la struttura degli istituti.

In materia di fondi pensione e previdenza

complementare lo strumento di legge ordinaria più

utilizzato è il decreto legislativo, che l’autorità di

governo approva in conformità dei principi ed entro

i limiti di oggetto stabiliti dalla legge delega.

La previdenza complementare non fa eccezione alla

regola che caratterizza ogni settore

dell’ordinamento quando occorre prevedere ad una

produzione di genere molto particolare, sia per la

prevalenza di materie ad oggetto tecnicamente

complesso, sia per la presenza di numerosi e

divergenti interessi, che nelle norme devono

trovare una possibile composizione.

68

Page 69: Tesi   098973

Con i decreti legislativi 124/1993 e 252/2005 la

materia della previdenza complementare è stata

innovata delimitando puntualmente in maniera

inderogabile i modelli organizzativi e delineando il

campo di azione e di gestione degli enti.

Questa innovazione ha portato a separare i fondi di

vecchia generazione, retti solo dall’art. 2117 cod.

civ., “preesistenti” al decreto legislativo 124/1993,

dai fondi di nuova generazione, plasmati in maniera

inderogabile nelle forme organizzative.

I fondi “preesistenti” continuano a beneficiare di

autonomia organizzativa più ampia di quella fruibile

dai fondi di successiva istituzione con il limite,

istituito dall’art. 18, comma 1, d.lgs. 124/1993 e poi

dall’art. 20, comma 1, d.lgs. 252/2005, dettato dalla

necessità di dotarsi di strutture gestionali

amministrative e contabili separate.

L’art. 23, comma 3, d.lgs. 252/2005, inoltre,

dispone che “tutte le forme pensionistiche devono

adeguarsi, sulla base delle citate direttive, alle

69

Page 70: Tesi   098973

norme del presente decreto legislativo”, segnando

un passaggio fondamentale per l’autonomia

gestionale dei fondi preesistenti.

Il comma successivo dispone che dal 1° gennaio

2008 “solo le forme pensionistiche complementari

che hanno provveduto agli adeguamenti richiesti e

hanno ricevuto relativa autorizzazione anche

tramite la procedura del silenzio-assenso, da parte

della Covip, possono ricevere nuove adesioni anche

con riferimento al finanziamento tramite

conferimento del TFR”, delimitando il perdurare dei

fondi di vecchia generazione, che non si sono

regolarmente adeguati, fino all’esaurimento degli

aderenti (50).

Il decreto legislativo 252/2005, segnando una

precisa innovazione della disciplina, è una

normativa puntuale di modelli organizzativi dei

soggetti e delle attività amministrative e finanziarie

e si pone come fonte unica e primaria, capace di

50(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

70

Page 71: Tesi   098973

coniugare efficienza operativa e tutela dei diritti

maturati con l’adesione alla forma previdenziale.

Il lessico normativo individua e distingue riguardo le

fonti un profilo istitutivo e un profilo costitutivo,

separando il procedimento prodromico di diritto

privato creativo del fondo dal procedimento

amministrativo di regolazione interna al fondo.

L’art. 4 del d.lgs. 252/2005 descrive il profilo

costitutivo delle fonti, precisando i modelli

organizzativi utilizzabili per i fondi pensione,

dividendoli in tre schemi: due con portata generale

(comma 1, lettere a e b) e uno (comma 2)

applicabile solo alle ultime tipologie di fonti

istitutive, quindi secondo l’ art. 3 lettera g), h) e i)

(51). 51(?) Si riporta il testo delle disposizioni citate.

1. I fondi pensione sono costituiti: a) come soggetti giuridici di natura associativa, ai sensi dell'articolo 36 del codice civile, distinti dai soggetti promotori dell'iniziativa; b) come soggetti dotati di personalità giuridica; in tale caso, in deroga alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, il riconoscimento della personalità giuridica consegue al provvedimento di autorizzazione all'esercizio dell'attività adottato dalla COVIP; per tali fondi pensione, la COVIP cura la tenuta del registro delle persone giuridiche e provvede ai relativi adempimenti.

71

Page 72: Tesi   098973

Quest’ultimo modello non crea un nuovo soggetto

di diritto ma si risolve nella formazione di un

patrimonio “separato”, costituito nell’ambito della

singola società o ente.

Portata generale hanno, invece, i modelli previsti

per i soggetti di natura associativa ai sensi

dell’articolo 36 cod. civ., distinti dai soggetti

promotori dell’iniziativa e dai soggetti dotati di

personalità giuridica che conseguono, su loro

richiesta, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività

tramite l’autorizzazione da parte della Covip (52).

Il regime dettato dall’art. 2117 cod. civ. , quindi,

rileva solo ai fini della “destinazione” del

patrimonio, delimitando il suo ambito applicativo da

2. I fondi pensione istituiti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettere g), h) e i), possono essere costituiti altresì nell'ambito della singola società o del singolo ente attraverso la formazione, con apposita deliberazione, di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell'ambito della medesima società od ente, con gli effetti di cui all'articolo 2117 del codice civile.

52(?)Vedi BESSONE M. (2001), Fondi pensione “chiusi”. Le regole di organizzazione e l’attività degli amministratori, in Arg. Dir. Lav.

72

Page 73: Tesi   098973

cogliere in precisi richiami delle fonti primarie e

secondarie a cui sono affidati i modelli organizzativi.

Infatti, esso rimane unica regola dei fondi con

funzione esclusivamente assistenziale di natura

negoziale e viene richiamato in maniera specifica

per i fondi pensione aperti.

Il rinvio a norme secondarie consente di

determinare vincoli potenzialmente indefiniti

all’attività e all’organizzazione dei fondi,

delimitando l’autonomia statutaria.

In questo campo meritano particolare attenzione le

attribuzioni della Commissione di Vigilanza dei fondi

Pensione.

Oltre a funzioni di promozione della previdenza

complementare, la Covip svolge funzioni di

regolazione del settore, che si sostanziano in

notevole misura in funzioni di carattere

normativo(53).

53(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

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Page 74: Tesi   098973

Un ruolo di tal genere riconosciuto alla

Commissione di Vigilanza si spiega con la

particolare identità di un organismo “reggente di

settore”, che per le competenze ricevute dalla

legge 252/2005, e prima dalla legge 124/1993, ha

una evidente attitudine e una precisa legittimazione

a concorrere al complessivo disegno della disciplina

per le parti di materia a contenuto prevalentemente

tecnico (54).

Pur considerando i poteri di vigilanza assegnati ai

sensi degli artt. 18 (55) e 19 d.lgs. 252/2005, la

54(?) Vedi GIUBBONI S. (2009), La previdenza complementare tra libertà individuale ed interesse collettivo, Cacucci

55(?) Si riporta il testo della norma citata.

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali vigila sulla COVIP ed esercita l'attività di alta vigilanza sul settore della previdenza complementare, mediante l'adozione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di direttive generali alla COVIP, volte a determinare le linee di indirizzo in materia di previdenza complementare.

2. La COVIP è istituita con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare. La COVIP ha personalità giuridica di diritto pubblico.

3. La COVIP è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone dotate di riconosciuta

74

Page 75: Tesi   098973

posizione istituzionale della Covip segna un limite

obbligato come fonte di diritto della previdenza

complementare, operando in gran parte nella

disciplina delle fonti istitutive e costitutive (56).

competenza e specifica professionalità nelle materie di pertinenza della stessa e di indiscussa moralità e indipendenza, nominati ai sensi della legge 24 gennaio 1978, n. 14, con la procedura di cui all'articolo 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400; la deliberazione del Consiglio dei Ministri e' adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il presidente e i commissari durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta. Ad essi si applicano le disposizioni di incompatibilità, a pena di decadenza, di cui all'articolo 1, quinto comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216. Al presidente e ai commissari competono le indennità di carica fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. E' previsto un apposito ruolo del personale dipendente della COVIP. La COVIP può avvalersi di esperti nelle materie di competenza; essi sono collocati fuori ruolo, ove ne sia fatta richiesta.

4. Le deliberazioni della COVIP sono adottate collegialmente, salvo casi di urgenza previsti dalla legge o dal regolamento di cui al presente comma. Il presidente sovrintende all'attività istruttoria e cura l'esecuzione delle deliberazioni. Il presidente della COVIP tiene informato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo e gli trasmette le notizie ed i dati di volta in volta richiesti. La COVIP delibera con apposito regolamento, nei limiti delle risorse disponibili e sulla base dei principi di trasparenza e celerità dell'attività, del contraddittorio e dei criteri di organizzazione e di gestione delle risorse umane di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in ordine al proprio funzionamento e alla propria organizzazione, prevedendo per il

75

Page 76: Tesi   098973

La Covip ha assunto nel corso degli anni compiti e

attribuzioni sempre più ampi rispetto a quelli

previsti al momento della sua costituzione. La

funzione che è chiamata a svolgere è

essenzialmente quella di garantire ed assicurare la

coordinamento degli uffici la qualifica di direttore generale, determinandone le funzioni, al numero dei posti della pianta organica, al trattamento giuridico ed economico del personale, all'ordinamento delle carriere, nonche' circa la disciplina delle spese e la composizione dei bilanci preventivo e consuntivo che devono osservare i principi del regolamento di cui all'articolo 1, settimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216. Tali delibere sono sottoposte alla verifica di legittimità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e sono esecutive decorsi venti giorni dalla data di ricevimento, ove nel termine suddetto non vengano formulati rilievi sulle singole disposizioni. Il trattamento economico complessivo del personale delle carriere direttiva e operativa della COVIP e' definito, nei limiti dell'ottanta per cento del trattamento economico complessivo previsto per il livello massimo della corrispondente carriera o fascia retributiva per il personale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Al personale in posizione di comando o distacco e' corrisposta una indennità pari alla eventuale differenza tra il trattamento erogato dall'amministrazione o dall'ente di provenienza e quello spettante al corrispondente personale di ruolo. La Corte dei conti esercita il controllo generale sulla COVIP per assicurare la legalità e l'efficacia del suo funzionamento e riferisce annualmente al Parlamento.

5. I regolamenti, le istruzioni di vigilanza e i provvedimenti di carattere generale, adottati dalla COVIP per assolvere i compiti di cui all'articolo 19, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nel bollettino della COVIP.

56(?)La Covip ha adottato, con deliberazione del 31 ottobre 2006, gli schemi di statuto, di regolamento e di nota informativa e, con deliberazione del 30 novembre 2006, ha

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Page 77: Tesi   098973

trasparenza e la correttezza nella gestione e

nell’amministrazione dei fondi pensione.

L’articolo 19 del d.lgs. 252/2005 modella uno

schema in cui l’autorità governativa assume un

potere di ampio raggio in tutto il sistema della

previdenza integrativa (57), assegnando alla Covip il

compito di redigere l’albo dei fondi pensione

autorizzati ad esercitare l’attività di previdenza

complementare, vigilare sulla corretta gestione

tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile dei

fondi pensione e sull’adeguatezza del loro assetto

organizzativo, assicurare il rispetto dei principi di

trasparenza nei rapporti tra i fondi pensione ed i

propri aderenti e, infine, curare la raccolta e la

diffusione delle informazioni utili alla conoscenza

dei problemi previdenziali e del settore della

previdenza complementare (58).

adottato il regolamento recante le procedure relative agli adeguamenti delle forme pensionistiche complementari al d.lgs. 252/2005 e le istruzioni ai sensi dell’art.23 medesimo decreto. 57(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam58(?) Si riporta il testo del citato art. 19.

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Page 78: Tesi   098973

Alla Direzione generale della Covip è attribuita la

responsabilità della stesura della normativa

regolamentare di competenza della Commissione,

nonché della elaborazione di proposte legislative da

prospettare ai Ministeri vigilanti.

1. Le forme pensionistiche complementari di cui al presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 20, commi 1, 3 e 8, nonchè i fondi che assicurano ai dipendenti pubblici prestazioni complementari al trattamento di base e al TFR, comunque risultino gli stessi configurati nei bilanci di società o enti ovvero determinate le modalità di erogazione, ad eccezione delle forme istituite all'interno di enti pubblici, anche economici, che esercitano i controlli in materia di tutela del risparmio, in materia valutaria o in materia assicurativa, sono iscritte in un apposito albo, tenuto a cura della COVIP.

2. In conformità agli indirizzi generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e ferma restando la vigilanza di stabilità esercitata dalle rispettive autorità di controllo sui soggetti abilitati di cui all'articolo 6, comma 1, la COVIP esercita, anche mediante l'emanazione di istruzioni di carattere generale e particolare, la vigilanza su tutte le forme pensionistiche complementari. In tale ambito:

a)  definisce le condizioni che, al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, comparabilità e portabilità, le forme pensionistiche complementari devono soddisfare per poter essere ricondotte nell'ambito di applicazione del presente decreto ed essere iscritte all'albo di cui al comma 1;

b)  approva gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari, verificando la ricorrenza dei requisiti di cui al comma 3 dell'articolo 4 e delle altre condizioni richieste dal presente decreto e valutandone anche la compatibilità rispetto ai provvedimenti di carattere generale da essa emanati; nel disciplinare, con propri regolamenti, le procedure per l'autorizzazione dei fondi pensione all'esercizio dell'attività e per l'approvazione degli

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Page 79: Tesi   098973

Con lo strumento dei “pareri” cura ogni richiesta e

approfondimento giuridico e svolge attività di

consulenza e supporto alle altre strutture in merito

a specifiche fattispecie, anche di natura fiscale e

comunitaria.

statuti e dei regolamenti dei fondi, nonche' delle relative modifiche, la COVIP individua procedimenti di autorizzazione semplificati, prevedendo anche l'utilizzo del silenzio-assenso e l'esclusione di forme di approvazione preventiva. Tali procedimenti semplificati devono in particolar modo essere utilizzati nelle ipotesi di modifiche statutarie e regolamentari conseguenti a sopravvenute disposizioni normative. Ai fini di sana e prudente gestione, la COVIP può richiedere di apportare modifiche agli statuti e ai regolamenti delle forme pensionistiche complementari, fissando un termine per l'adozione delle relative delibere;

c)  verifica il rispetto dei criteri di individuazione e ripartizione del rischio come individuati ai sensi dei commi 11 e 13 dell'articolo 6;

d) definisce, sentite le autorità di vigilanza sui soggetti abilitati a gestire le risorse delle forme pensionistiche complementari, i criteri di redazione delle convenzioni per la gestione delle risorse, cui devono attenersi le medesime forme pensionistiche e i gestori nella stipula dei relativi contratti;

e) verifica le linee di indirizzo della gestione e vigila sulla corrispondenza delle convenzioni per la gestione delle risorse ai criteri di cui all'articolo 6, nonche' alla lettera d);

f) indica criteri omogenei per la determinazione del valore del patrimonio delle forme pensionistiche complementari, della loro redditività, nonche' per la determinazione della consistenza patrimoniale delle posizioni individuali accese presso le forme stesse; detta disposizioni volte all'applicazione di regole comuni a tutte le forme pensionistiche circa la definizione del termine massimo entro il quale le contribuzioni versate devono essere rese disponibili per la valorizzazione; detta disposizioni per la

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Page 80: Tesi   098973

CAPITOLO II

IL TRATTAMENTO

PENSIONISTICO

tenuta delle scritture contabili, prevedendo: il modello di libro giornale, nel quale annotare cronologicamente le operazioni di incasso dei contributi e di pagamento delle prestazioni, nonche' ogni altra operazione, gli eventuali altri libri contabili, il prospetto della composizione e del valore del patrimonio della forma pensionistica complementare attraverso la contabilizzazione secondo i criteri definiti in base al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, evidenziando le posizioni individuali degli iscritti e il rendiconto annuale della forma pensionistica complementare; il rendiconto e il prospetto sono considerati quali comunicazioni sociali agli effetti di cui all'articolo 2621 del codice civile;

g) detta disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali di tutte le forme pensionistiche complementari, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari e garantire il diritto alla portabilità della posizione individuale tra le varie forme pensionistiche complementari, avendo anche riguardo all'esigenza di garantire la comparabilità dei costi; disciplina, tenendo presenti le disposizioni in materia di sollecitazione del pubblico risparmio, le modalità di offerta al pubblico di tutte le predette forme pensionistiche, dettando disposizioni volte all'applicazione di regole comuni per tutte le forme pensionistiche complementari, sia per la fase inerente alla raccolta delle adesioni sia per quella concernente l'informativa periodica agli aderenti circa l'andamento amministrativo e finanziario delle forme pensionistiche complementari, anche al fine di eliminare distorsioni che possano arrecare pregiudizio agli aderenti; a tale fine elabora schemi per gli statuti, i regolamenti, le schede informative, i prospetti e le note informative da indirizzare ai potenziali aderenti a tutte le forme pensionistiche complementari, nonche' per le comunicazioni periodiche da inoltrare agli aderenti alle stesse; vigila sull'attuazione delle

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Page 81: Tesi   098973

COMPLEMENTARE COME

TRATTAMENTO ECONOMICO

COMPLESSIVO DEL

predette disposizioni nonche', in generale, sull'attuazione dei principi di trasparenza nei rapporti con gli aderenti, nonche' sulle modalità di pubblicità, con facoltà di sospendere o vietare la raccolta delle adesioni in caso di violazione delle disposizioni stesse;

h) detta disposizioni volte a disciplinare le modalità con le quali le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio, siano stati presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali;

i) esercita il controllo sulla gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale, contabile delle forme pensionistiche complementari, anche mediante ispezioni presso le stesse, richiedendo l'esibizione dei documenti e degli atti che ritenga necessari;

l) riferisce periodicamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, formulando anche proposte di modifiche legislative in materia di previdenza complementare;

m) pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza dei problemi previdenziali;

n) programma ed organizza ricerche e rilevazioni nel settore della previdenza complementare anche in rapporto alla previdenza di base; a tale fine, le forme pensionistiche complementari sono tenute a fornire i dati e le informazioni richiesti, per la cui acquisizione la COVIP può avvalersi anche dell'Ispettorato del lavoro.

81

Page 82: Tesi   098973

LAVORATORE SECONDO LE

FONTI ISTITUTIVE

3. Per l'esercizio della vigilanza, la COVIP può disporre che le siano fatti pervenire, con le modalità e nei termini da essa stessa stabiliti:

a) le segnalazioni periodiche, nonche' ogni altro dato e documento richiesti;

b) i verbali delle riunioni e degli accertamenti degli organi interni di controllo delle forme pensionistiche complementari.

4. La COVIP può altresì:

a) convocare presso di se' gli organi di amministrazione e di controllo delle forme pensionistiche complementari;

b) richiedere la convocazione degli organi di amministrazione delle forme pensionistiche complementari, fissandone l'ordine del giorno.

5. Nell'esercizio della vigilanza la COVIP ha diritto di ottenere le notizie e le informazioni richieste alle pubbliche amministrazioni. I dati, le notizie, le informazioni acquisiti dalla COVIP nell'esercizio delle proprie attribuzioni sono tutelati dal segreto d'ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni, ad eccezione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e fatto salvo quanto previsto dal codice di procedura penale sugli atti coperti dal segreto. I dipendenti e gli esperti addetti alla COVIP nell'esercizio della vigilanza sono incaricati di un pubblico servizio. Essi sono vincolati al segreto d'ufficio e hanno l'obbligo di riferire alla COVIP tutte le irregolarità constatate, anche quando configurino fattispecie di reato.

6. Accordi di collaborazione possono intervenire tra la COVIP, le autorità preposte alla vigilanza sui gestori soggetti di cui

82

Page 83: Tesi   098973

SOMMARIO: 2.1 La disciplina del finanziamento - 2.2

Il trattamento di fine rapporto – 2.2.1 Il

conferimento tacito - 2.3 Il contributo datoriale

2.1 LA DISCIPLINA DEL FINANZIAMENTO

Nelle forme di previdenza complementare il

finanziamento consiste nell’imposizione al datore di

lavoro e al lavoratore di un obbligo di contribuzione.

Il sistema della previdenza complementare, si

caratterizza per la centralità del ruolo svolto dalle

fonti istitutive dei fondi pensione nella definizione

delle differenti modalità di adesione e di

partecipazione.

I contenuti e l’articolazione delle forme

pensionistiche possono, infatti, variare anche

all'articolo 6 e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato al fine di favorire lo scambio di informazioni e di accrescere l'efficacia dell'azione di controllo.

7. Entro il 31 maggio di ciascun anno la COVIP trasmette al Ministro del lavoro e delle politiche sociali una relazione sull'attività svolta, sulle questioni in corso di maggior rilievo e sugli indirizzi e le linee programmatiche che intende seguire. Entro il 30 giugno successivo il Ministro del lavoro e delle politiche sociali trasmette detta relazione al Parlamento con le proprie eventuali osservazioni.

83

Page 84: Tesi   098973

significativamente in relazione ai contenuti e

all’articolazione delle fonti istitutive, con particolare

riferimento alle caratteristiche del bacino dei

potenziali destinatari, dei settori produttivi e dei

sistemi di relazioni sindacali di origine.

Questa ultrattività della contrattazione collettiva nel

regolare e definire i limiti e le modalità di

partecipazione dei lavoratori alle forme

pensionistiche complementari ha giustificato il

“favor” accordato dal legislatore alla contrattazione

collettiva.

Tuttavia, dopo una fase che si è contraddistinta per

l’ampia libertà della contrattazione collettiva di

definire i propri bacini di utenza, le modalità di

adesione e di collocamento, le forme e i contenuti

della partecipazione dei lavoratori ai fondi

pensione, i limiti territoriali di azione, i contenuti

della promozione e del sostegno all’iniziativa

previdenziale, si è passati ad una fase

caratterizzata per una sostanziale riduzione degli

elementi di differenziazione dell’offerta

84

Page 85: Tesi   098973

previdenziale, concentrando l’attenzione sulle

modalità di finanziamento della previdenza

complementare e di copertura degli oneri di

amministrazione e gestione dei fondi pensione.

Il principio di “favor” per la contrattazione collettiva

ha subito un ulteriore rafforzamento con

l’operatività del meccanismo del “silenzio-

assenso”(59). 59(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non, del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino.  Sul punto l’Autore esprime il suo dissenso nell’utilizzo improprio dell’espressione “silenzio assenso”. “”Prima ancora di procedere nell’approfondimento del tema, avverto la necessità di un chiarimento terminologico: è invalso, forse per ragioni di apparente semplificazione del linguaggio e di correlata suggestione mediatica, l’orientamento ad usare l’espressione silenzio-assenso in sostituzione di quella, invero correttamente, usata dal legislatore, appunto di conferimento tacito (per la precisione, la legge delega, e sostanzialmente anche il progetto di legge delegata, parla di “Modalità tacite di conferimento” del TFR). Un tale orientamento terminologico non merita di essere condiviso, e tanto meno incoraggiato, per la sua assoluta improprietà?

specialmente in ragione delle ambiguità che esso determina in ordine al significato da attribuire al meccanismo in sé nel contesto degli atri modelli di conferimento, ed in ordine alla natura del rapporto che ne deriva, profili che entrambi verranno esaminati appresso. Il silenzio assenso si colloca nell’ambito di un procedimento con interlocutori definiti, di cui uno in posizione tendenzialmente sovrastante, e nel presupposto dell’esistenza dell’invito di uno degli interlocutori all’altro, dalla cui mancata risposta si deduce ex lege un ben definito effetto, seppure di natura negoziale. Ben altro, dunque, dalla situazione che il legislatore, pienamente consapevole, intende qui realizzare””.

85

Page 86: Tesi   098973

La nuova disciplina della previdenza

complementare, infatti, prevede che le modalità

tacite di adesione alla previdenza complementare

operino secondo una precisa gerarchia nella

sequenza delle fonti, che privilegia gli accordi

raggiunti a livello aziendale.

Con la riforma del 2005 la crescita del settore della

previdenza complementare viene in buona parte

affidata al conferimento del TFR a tutte le forme

pensionistiche complementari, incluse quelle

individuali.

Viene pertanto superato il vincolo normativo,

imposto dalla disciplina del 1993, di destinare il

trattamento di fine rapporto solo a forme

previdenziali di natura collettiva, a condizione che

fosse esplicitamente previsto dalle fonti istitutive

della forma pensionistica(60).

A riprova della centralità riconosciuta al TFR, per

60(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art.2123, Giuffrè Editore

86

Page 87: Tesi   098973

i lavoratori dipendenti è possibile contribuire ai

fondi anche solo con il versamento del TFR

maturando, ovvero a quello che matura dopo la

data di adesione alla forma pensionistica

complementare, senza alcun obbligo di versare altri

contributi né da parte del dipendente né da parte

del datore di lavoro.

In conformità alle previsioni delle fonti istitutive e

coerentemente con le disposizioni di legge, lo

statuto del fondo pensione indica i criteri generali

del sistema di finanziamento.

E’ prevista anche la possibilità dello statuto, al fine

di favorire la conformità dell’ordinamento interno

del fondo all’assetto del finanziamento delineato, di

contenere un rinvio alle fonti istitutive per regolare

la disciplina.

Sotto il profilo contributivo è poi prevista la

possibilità per il lavoratore di definire il contributo a

proprio carico, ferma restando, nelle forme

pensionistiche collettive, la competenza delle fonti

87

Page 88: Tesi   098973

istitutive a fissare la misura minima della

contribuzione a carico dei lavoratori e del datore di

lavoro; nelle forme pensionistiche individuali, nel

caso in cui il dipendente versi anche contributi a

proprio carico egli ha diritto alla contribuzione del

datore di lavoro, nei limiti e secondo le modalità

stabilite dai contratti ed accordi collettivi.

Tuttavia nulla impedisce che il datore possa

decidere, anche in mancanza di accordi collettivi, di

versare un contributo a proprio carico alla forma

pensionistica alla quale il lavoratore abbia aderito.

Uno dei principali obiettivi della riforma del 2005 ha

riguardato la ridefinizione dei criteri di

finanziamento della previdenza complementare e,

in particolare, si basa in ampia misura sulla

scommessa di individuare meccanismi idonei a far

confluire il TFR verso i fondi pensione, in modo da

favorire l’affermazione del secondo pilastro

previdenziale, così superando l’impianto

precedente.

88

Page 89: Tesi   098973

L’art. 8 del d.lgs. 124/1993 si apriva, infatti, con

l’affermazione secondo la quale “Il finanziamento

delle forme pensionistiche complementari di cui al

presente decreto legislativo grava sui destinatari e,

se trattasi di lavoratori subordinati, ovvero di

soggetti di cui all’articolo 409, punto 3), del codice

di procedura civile, anche sul datore di lavoro,

ovvero sul committente, secondo le previsione delle

fonti costitutive che determinano la misura dei

contributi”; nonché su quella per cui “le fonti

istitutive fissano il contributo complessivo da

destinare al fondo pensione”.

Infine, in maniera più specifica, si affermava ancora

che le fonti istitutive “ su base contrattuale

collettiva possono prevedere la destinazione al

finanziamento anche di una quota

dell’accantonamento annuale al TFR, determinando

le quote a carico del datore di lavoro e del

lavoratore; le medesime fonti, qualora prevedano

l’utilizzazione di quota dell’accantonamento

89

Page 90: Tesi   098973

annuale al TFR da destinare al fondo, determinando

la misura della riduzione della quota degli

accantonamenti annuali futuri al TFR”.

La posizione sovraordinata della fonte istitutiva, di

provenienza contrattual-collettiva, risultava

evidente nel sistema precedente dal carattere

piramidale delle determinazioni in tema di

finanziamento, lasciando al lavoratore la sola

possibilità di sottrarsi ai vincoli di finanziamento con

la negazione dell’adesione alla previdenza di

secondo livello.

L’art. 8 del vigente d.lgs. 252/2005 è di tutt’altra

consistenza e dispone che ”il finanziamento delle

forme pensionistiche complementari può essere

attuato mediante il versamento di contributi a

carico del lavoratore, del datore di lavoro o del

committente e attraverso il conferimento del TFR

maturando”; dispone inoltre che, “ferma restando

la facoltà per tutti i lavoratori di determinare

liberamente l'entità della contribuzione a proprio

90

Page 91: Tesi   098973

carico, relativamente ai lavoratori dipendenti che

aderiscono ai fondi di cui all'articolo 3, comma 1,

lettere da a) a g) e di cui all'articolo 12, con

adesione su base collettiva, le modalità e la misura

minima della contribuzione a carico del datore di

lavoro e del lavoratore stesso possono essere fissati

dai contratti e dagli accordi collettivi, anche

aziendali”.

Si assiste, quindi, in tema di finanziamento, ad una

virata normativa, finalizzata ad ampliare gli spazi

dell’autonomia individuale, secondo i principi e

criteri direttivi della legge.

In un sistema che tende ad equiparare le varie

tipologie di fonti istitutive, la contrattazione

collettiva conserva comunque un ruolo importante

perché nei settori e nelle aziende, dove si applicano

contratti collettivi, la determinazione di importi o

limiti per la contribuzione, a forme pensionistiche

complementari tramite regole collettive uniformi,

91

Page 92: Tesi   098973

rappresenta un risultato coerente con la disciplina

dei rapporti di lavoro.

In questo sistema le fonti istitutive di origine

contrattuale devono tener conto comunque dei

maggiori spazi di cui gode, con la normativa

attuale, l’autonomia individuale in tema di

finanziamento, come risulta dalle misure della

contribuzione, se fissate da contratti o accordi

collettivi, che riguardano una percentuale minima

solo per i lavoratori e non per i datori di lavoro, e

dalla previsione normativa e non più

contrattualistica, e quindi sottratta alla sede

sindacale, del conferimento del TFR, in relazione ad

una scelta del lavoratore, come mezzo di

finanziamento.

Nel caso di fondi negoziali o di fondi pensione

“aperti” attivati su base collettiva, la disciplina del

finanziamento trova negli accordi sindacali correlati

il punto di riferimento principale, ma deve misurarsi

con una normativa che ritaglia i margini di

92

Page 93: Tesi   098973

intervento, anche in favore dell’autonomia

individuale, in quanto lasciano solo al lavoratore le

determinazioni relative al TFR, gli concedono di

determinare o variare il suo contributo ed infine non

escludono che gli accordi individuali fra le parti del

rapporto di lavoro possano derogare alle

disposizioni collettive, perfezionando un regime

migliore in tema di misura del contributo datoriale.

Tutta questa importanza che viene affidata

all’autonomia individuale si coniuga in un sistema

improntato alla equiparazione e alla concorrenza tra

le varie forme pensionistiche e che individua nei

diretti interessati, i lavoratori, i soli soggetti che,

tramite il potenziamento delle loro prerogative su

vari fronti, possono decidere sull’utilizzo dei mezzi

di finanziamento.

Le fonti istitutive, quindi, possono prevedere che il

contributo a carico del lavoratore sia costituito

anche dall’accantonamento annuale, o da una parte

di esso, del trattamento di fine rapporto.

93

Page 94: Tesi   098973

Sulla natura dei contributi la giurisprudenza (61) si è

espressa qualificando i versamenti del datore di

lavoro, per finanziare le forme pensionistiche

complementari, “di natura previdenziale” e non “di

natura retributiva”.

L’art. 8 del d.lgs. 252/2005, nei primi tre commi,

individua le modalità con le quali i soggetti

dell’obbligazione contributiva pongono in essere il

finanziamento.

Quest’ultimo, quindi, può essere attuato per i

lavoratori subordinati tramite il loro contributo, il

contributo datoriale e il conferimento del TFR

maturando.

Per lavoratori autonomi e liberi professionisti il

finanziamento è a carico dei soggetti stessi;

mentre, per “i soggetti diversi dai titolari di reddito

e lavoro o d’impresa e di soggetti fiscalmente a

carico di altri”, il finanziamento grava sugli stessi

soggetti o sui soggetti dei quali sono a carico.

61(?)Vedi pronunce della Corte di Cassazione n. 421/95, 178/00 e 393/00.

94

Page 95: Tesi   098973

Per i soci lavoratori di società cooperative il

finanziamento è regolato secondo la tipologia del

rapporto di lavoro “ in percentuale della

retribuzione assunta per il calcolo del TFR ovvero

degli imponibili considerati ai fini dei contributi

previdenziali obbligatori ovvero in percentuale del

reddito di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF,

relativo al periodo d'imposta precedente”.

Per i dipendenti pubblici il finanziamento è regolato

dalla definizione dei contributi “in sede di

determinazione del trattamento economico,

secondo procedure coerenti alla natura del

rapporto”.

Nel comma 2 dell’art. 8 d.lgs. 252/2005 è espresso

il principio secondo cui, per tutti i lavoratori, l’entità

del contributo è liberamente determinata dal

singolo e che le modalità e l’importo minimo a

carico del datore di lavoro e del lavoratore possono

essere fissati da contratti o accordi collettivi anche

aziendali, mentre gli accordi fra soli lavoratori

95

Page 96: Tesi   098973

possono determinare unicamente la misura minima

a carico degli stessi.

La possibilità, in capo alle fonti istitutive, di

determinare il minimo importo previsto per i propri

aderenti e di condizionare il principio della libera

determinazione, iniziale o continua, del contributo si

può spiegare con la natura previdenziale del

fenomeno, garantendo continuità di contribuzione,

e con la necessità nell’ambito dei sistemi di

finanziamento a capitalizzazione, avvertita dal

legislatore, di prevedere i flussi di cassa, poiché

solo una certa parte delle risorse viene

effettivamente investita, utilizzando l’altra parte per

l’erogazione delle prestazioni.

Posto che è proprio della libertà di adesione

l’obbligarsi, attraverso la manifestazione della

volontà individuale, alle condizioni imposte dalle

fonti istitutive, a queste ultime si riconosce la

regolazione della misura minima del contributo, se

96

Page 97: Tesi   098973

pur in percentuale, al pari di ogni altro rapporto

associativo o negoziale.

Infatti, per le forme individuali di previdenza

complementare si riconosce la possibilità di

successive variazioni dell’importo dei contributi

versati, sia per l’assenza di fonti istitutive di tipo

collettivo regolatrici del rapporto, sia per espressa

disposizione della normativa(62).

Il comma 11 dell’art. 8 consente che il

finanziamento del fondo possa “proseguire

volontariamente oltre il raggiungimento dell’età

pensionabile prevista dal regime obbligatorio di

appartenenza, a condizione che l’aderente, alla

data del pensionamento, possa far valere almeno

un anno di contribuzione a favore delle forme di

previdenza complementare”, lasciando, quindi, in

capo al lavoratore la possibilità di “determinare

62(?) Si riporta il testo dell’art. 13 comma 4 d.lgs. 252/2005: “L'ammontare dei contributi, definito anche in misura fissa all'atto dell'adesione, può essere successivamente variato. I lavoratori possono destinare a tali forme anche le quote dell'accantonamento annuale al TFR e le contribuzioni del datore di lavoro alle quali abbiano diritto”.

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Page 98: Tesi   098973

autonomamente il momento di fruizione delle

prestazioni pensionistiche”.

Le modalità e i criteri del finanziamento sono

determinati nell’atto costitutivo del fondo pensione.

Nel comma 13 dell’art. 8 d.lgs. 252/2005 è disposto

che i regolamenti e gli statuti disciplinano, secondo

i criteri stabiliti dalla Covip, le modalità in base alle

quali l’aderente può suddividere i diversi flussi

contributivi, anche su diverse linee di investimento,

all’interno della forma pensionistica, nonché le

modalità attraverso le quali può trasferire l’intera

posizione individuale a una o più linee.

98

Page 99: Tesi   098973

2.2 IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

Un’innovazione del decreto 252/2005 risiede

indubbiamente nella disciplina della devoluzione del

trattamento di fine rapporto ai fondi pensione.

Per le modalità di finanziamento della previdenza

complementare e per lo sviluppo del sistema

pensionistico integrativo risultano cruciali le

significative masse di denaro che possono trovarsi

nell’affidamento e l’accantonamento delle quote

annuali del TFR maturando (63).

Il trattamento di fine rapporto, corrisposto, ai sensi

dell’art. 1 della legge 297/82 (64), in ogni caso alla

63(?) Vedi BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore, che indica il nodo del t.f.r., unitamente all’opportuna modulazione degli incentivi fiscali, come leva determinante per un maggior sviluppo dei fondi pensione.

64(?) Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 297/82, che riporta modifiche a disposizioni del codice civile. ““L'articolo 2120 del codice civile è sostituito dal seguente: <<Art. 2120 - (Disciplina del trattamento di fine rapporto). - In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini

99

Page 100: Tesi   098973

cessazione del rapporto di lavoro, aveva

originariamente natura di retribuzione differita.

La dottrina e la giurisprudenza hanno assegnato

anche al TFR una funzione “previdenziale”, in una

del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale, e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno, per una delle cause di cui all'articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro. Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente. Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta. Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti. La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di: a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli,

100

Page 101: Tesi   098973

definizione che non considera gli effetti dell’istituto

almeno come delineato nella legge 297/82.

La normativa, già nel d.lgs. 124/93 e in maniera più

specifica nel d.lgs. 252/05, consente al lavoratore di

documentato con atto notarile. L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla norma medesima. Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di anticipazione>>.

L'articolo 2121 del codice civile è sostituito dal seguente: <<Art. 2121 - (Computo dell'indennità di mancato preavviso). - L'indennità di cui all'articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l'indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato. Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro>>.

L'articolo 2776 del codice civile è sostituito dal seguente:<<Art. 2776 - (Collocazione sussidiaria sugli immobili). - I crediti relativi al trattamento di fine rapporto nonché all'indennità di cui all'articolo 2118 sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari. I crediti indicati dagli articoli 2751 e 2751-bis, ad eccezione di quelli indicati al precedente comma, ed i crediti per contributi dovuti a istituti, enti o fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per

101

Page 102: Tesi   098973

destinare gli accantonamenti annuali del

trattamento di fine rapporto al finanziamento delle

forme pensionistiche complementari.

Il TFR cessa di restare nella disponibilità del datore

di lavoro e di essere corrisposto al lavoratore in

forma di capitale e diventa tramite gli

accantonamenti, durante lo svolgimento del

rapporto di lavoro, un mezzo di finanziamento delle

forme pensionistiche complementari, qualificandosi

come trattamento previdenziale e, quindi, come

contributi in funzione previdenziale.

Le modalità di conferimento degli accantonamenti,

non solo espresse ma anche tacite, hanno esteso in

maniera notevole la platea dei lavoratori che

destinano il trattamento di fine rapporto ai fondi di

l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, di cui all'articolo 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al primo comma. I crediti dello Stato indicati dal terzo comma dell'articolo 2752 sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al comma precedente>>.””

102

Page 103: Tesi   098973

previdenza, con il risultato di istituzionalizzare

progressivamente la previdenza complementare.

Il datore di lavoro è tenuto a trasferire il TFR alla

forma di previdenza complementare indicata dal

dipendente, secondo le modalità e nel rispetto delle

scadenze dettate dal contratto collettivo o dal

regolamento della forma individuale, oltre agli

eventuali contributi a carico dell’azienda e del

lavoratore.

La periodicità  dei versamenti è dettata dai contratti

o accordi collettivi, anche aziendali. Il dipendente è

libero, previa comunicazione al datore di lavoro, di 

variare o sospendere il versamento del proprio

contributo aggiuntivo.

I versamenti del datore di lavoro ai fondi di

previdenza, nella misura in cui costituiscono i mezzi

di finanziamento dei fondi stessi, non sono destinati

a soddisfare direttamente interessi individuali del

lavoratore ma sono diretti a soddisfare interessi

103

Page 104: Tesi   098973

collettivi come individuati nel contratto collettivo

(65).

Se il TFR rimane in azienda, e quindi nella

disponibilità del datore di lavoro, ed è corrisposto

alla fine del rapporto di lavoro, continua a

soddisfare un interesse individuale del lavoratore.

Nella stessa maniera con cui il contributo

previdenziale alla previdenza obbligatoria non è

considerato come quota di retribuzione, poiché è

diretto al soddisfacimento dell’interesse generale, il

finanziamento di una forma pensionistica

complementare non permette di considerare il

contributo di natura retributiva qualora sia diretto a

soddisfare un interesse collettivo.

Gli accantonamenti, relativi al trattamento di fine

rapporto, cessano di avere natura retributiva e

“acquistano natura di atto previdenziale in senso

stretto perché sono diretti a soddisfare un interesse

collettivo o meglio a subordinare la soddisfazione 65(?) Vedi SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

104

Page 105: Tesi   098973

dell’interesse individuale alla preventiva

soddisfazione dell’interesse collettivo” (66), in forza

della destinazione affidata all’iniziativa del singolo

lavoratore (67).

La funzione previdenziale del TFR, inquadrata come

generica nella legge 297/82, non faceva venire

meno la natura retributiva dei contributi, mentre,

nei limiti dell’art. 8 del d.lgs. 252/2005, attualmente

il TFR ha acquisito solo natura previdenziale.

Il rilievo che i fondi di previdenza a contribuzione

definita, secondo il principio di capitalizzazione

individuale, erogano prestazioni in proporzione ai

contributi versati non può escludere la natura

66(?) Così SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

67(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non, del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino.  L’Autore parla di ”punto più elevato di applicazione del conclamato principio di libertà” che “sta nella previsione del conferimento esplicito del TFR, ispirato alla logica della opzione nel libero mercato dei fondi pensione; esso è destinato ad articolarsi in vari modelli o schemi negoziali, a seconda - è da ritenere – del tipo di fondo pensioni in cui favore si intende disporre il conferimento”.

105

Page 106: Tesi   098973

previdenziale del contributo, in quanto l’esistenza

del fondo stesso giustifica la comunanza degli

interessi degli iscritti, distinguendo la previdenza

privata dalle forme di assicurazione e di risparmio.

L’art. 8, quindi, modifica gli effetti della disciplina

della legge 297/82, consentendo al lavoratore di

sottrarre continuativamente al datore di lavoro la

disponibilità materiale delle somme relative al TFR

prima della cessazione del rapporto.

Sottrazione consentita, nella legge 297/82, solo una

volta nei casi determinati dalle forme di

anticipazione(68), in cui l’autonomia collettiva può

stabilire condizioni di miglior favore al regime

legale, stabilendo nuove ipotesi e nuovi criteri di

priorità senza discriminazioni, non dovendosi

riservare solo per una parte dei dipendenti e non

pregiudicando i diritti di coloro che sono già in

68(?) Se non prevista dai casi indicati dalla legge o autonomia collettiva, costituisce un mutuo del datore di lavoro con clausola di restituzione differita e volontaria, con una compensazione tramite il trattamento di fine rapporto.

106

Page 107: Tesi   098973

possesso dei requisiti previsti dalla legge per

ottenere un’anticipazione(69).

Inoltre, gli accantonamenti del TFR sono reali,

dovendo effettivamente affluire al fondo di

previdenza complementare, a differenza degli

accantonamenti virtuali del TFR trattenuti in

un’azienda con meno di cinquanta dipendenti,

accantonamenti che costituiscono un credito

nominale del lavoratore a carico del datore di

lavoro.

Per compensare la sottrazione del TFR, alle imprese

sono stati attribuiti appositi benefici, previsti

dall’art. 10, che consistono in sgravi fiscali e da altri

risparmi correlati sul costo del lavoro.

L’art. 8 comma 7 del d.lgs. 252/2005 dispone che il

conferimento del TFR alle forme pensionistiche

complementari comporti l’adesione alle stesse.

69(?) Con queste precisazioni pare logico pensare che l’autonomia collettiva sia libera solo di aumentare il numero delle anticipazioni.

107

Page 108: Tesi   098973

In ogni caso, la scelta di conferire il proprio TFR alla

previdenza complementare è irreversibile e non

ammette ripensamenti del lavoratore: una volta che

la volontà di aderire è stata espressa in modo

esplicito, non sarà più possibile riportare il TFR in

azienda. 

La stessa disposizione introduce, oltre alle modalità

esplicite, le modalità tacite, indicando una serie di

modalità e criteri per il conferimento del TFR in

mancanza di una espressa indicazione da parte del

lavoratore.

Il principio del d.lgs. 124/93 del “silenzio-rifiuto di

aderire”, quindi, viene totalmente modificato e

capovolto con il principio del “silenzio-assenso

all’adesione”, presente nel d.lgs. 252/05.

Il lavoratore dovrà, quindi, dichiarare

espressamente, entro sei mesi dalla sua

assunzione, di non voler aderire al sistema della

108

Page 109: Tesi   098973

previdenza complementare tramite la scelta di non

conferire il suo trattamento di fine rapporto(70).

L’adesione attraverso il solo conferimento del TFR

non comporta l’obbligo contributivo del lavoratore o

del datore di lavoro al fondo, previsto dal contratto

o accordo collettivo istitutivo della forma di

previdenza, a cui il trattamento di fine rapporto è

destinato.

Il lavoratore può, in ogni caso, attivare

autonomamente la sua contribuzione e, qualora

avesse diritto, anche la contribuzione del datore di

lavoro, secondo le regole della fonte istitutiva scelta

per il conferimento del trattamento di fine rapporto

70(?) SANDULLI P.,  Il conferimento, tacito e non, del TFR come strumento giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino. L’Autore parla di ”momento costitutivo del rapporto pensionistico individuale, piuttosto sull’atto del conferimento che non sulla adesione in quanto tale, con un potenziale, non irrilevante impatto sul relativo meccanismo negoziale e sulla stessa configurazione del rapporto”. “Si tratta di un’indicazione adombrata nella delega e del tutto esplicita nel progetto, laddove nell’incipit del comma 7 dell’art. 8 si legge: “Il conferimento dunque, del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari comporta l’adesione alle forme stesse”.

109

Page 110: Tesi   098973

e, anche in assenza di accordi collettivi, decidere di

destinarvi una quota della retribuzione (71).

Il conferimento esplicito del TFR si realizza

attraverso una dichiarazione espressa della volontà

del lavoratore mediante la compilazione dei modelli

“t.f.r 1“ e “t.f.r. 2”, disciplinati dal decreto

ministeriale 30 gennaio 2007(72).

71(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non, del TFR come strumento giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare. Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino. L’Autore parla di ””delicatissima, ulteriore questione della sorte del contributo datoriale. Essa va esaminata muovendo dal testo della delega che, sul punto, alla lett. e), n. 3, così recita: “la possibilità che, qualora il lavoratore abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro da destinare alla previdenza complementare, detto contributo affluisca alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso”. E’ ben noto che uno degli argomenti utilizzati per contenere la portata del trascinamento si incentra sull’estrapolazione del termine “qualora”, che viene inteso come mera eventualità, e che sarebbe di per sé idonea a collegare il meccanismo in parola alla volontà contrattuale collettiva. Ritengo che questa lettura sia assolutamente monca, dovendosi essa estendere all’intero inciso, nel quale ha un ruolo dominante la destinazione dell’eventuale (questo è il significato da attribuire al termine qualora) contributo alla previdenza complementare, intesa come obiettivo esterno alle parti, alla cui realizzazione di “sistema” concorrono in termini tendenzialmente paritari tutti i fondi abilitati. Questo criterio legale presiede la scelta che il legislatore delegato si sta accingendo a fare (art. 8, c. 9), seppure un po’ confusamente, e quindi non sembrano giuridicamente fondate le contestazioni sul punto formulate dalle parti sociali in sede di avviso comune, nelle sue varie edizioni””.

110

Page 111: Tesi   098973

Il lavoratore può liberamente conferire il TFR a tutte

le tipologie di forme di previdenza complementare,

sia quelle su base contrattual-collettiva, anche

previste dal contratto regolativo del rapporto di

lavoro, sia a quelle individuali, e riguarda tutte le

somme che costituiscono il trattamento di fine

rapporto.

Un aspetto innovativo della disciplina delineata dal

d.lgs. 252/2005 riguarda i lavoratori iscritti alla

previdenza obbligatoria antecedentemente il 29

aprile 1993 (73).

Questi lavoratori, infatti, incontravano il doppio

limite per il conferimento del TFR, ai sensi dell’art. 8

comma 2 del d.lgs. 124/1993: era previsto solo se

le fonti istitutive indicavano tale possibilità ed era

consentito solo “pro quota”.

72(?) La Covip, con deliberazione del 21 marzo 2007, ha fornito direttive recanti chiarimenti operativi circa l’applicazione del decreto ministeriale adottato ai sensi dell’art. 1 comma 765 della legge 27 dicembre 2006 numero 296.

73(?) Art. 8 comma 1 lettera c) del citato decreto.

111

Page 112: Tesi   098973

In particolare, questa categoria di lavoratori, se

iscritti ad una forma di previdenza complementare,

entro il 29 aprile 1993, che prevede il conferimento

del TFR, ovviamente solo pro quota, possono

mantenere invariata la loro situazione, mantenendo

la parte residua presso il datore di lavoro o

destinare l’intera quota al fondo.

Se, invece, non iscritti ad una forma di previdenza

complementare, possono conferire solo la quota di

TFR maturando, già fissata dai contratti collettivi,

mantenendo quella residua presso il datore di

lavoro, o conferire, anche se non previsto dalle fonti

istitutive, un quota non inferiore al cinquanta per

cento del TFR.

La legge, quindi, determina una compressione

dell’autonomia collettiva, rendendo possibile una

facoltà individuale del lavoratore, in cui è fissato

solo il minimo, senza escludere il conferimento

totale, che le fonti istitutive espressamente non

prevedono.

112

Page 113: Tesi   098973

La dichiarazione deve essere effettuata entro sei

mesi dalla data di assunzione o dalla data di entrata

in vigore del decreto legislativo (1 gennaio 2007)

per i lavoratori con un rapporto di lavoro già in

essere.

La dichiarazione esplicita può anche consistere

nella scelta di trattenere il trattamento di fine

rapporto nella disponibilità del datore di lavoro.

Il lavoratore, che può successivamente e in

qualsiasi momento revocare tale decisione, sceglie,

alla cessazione del rapporto di lavoro, di avvalersi

della corresponsione del TFR tramite una somma in

capitale calcolata secondo quanto previsto dall’art.

2120 cod. civ.

I datori di lavoro, che abbiano alle proprie

dipendenze almeno 50 addetti, sono tenuti a

versare il TFR, trattenuto in azienda dai propri

dipendenti, al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori

dipendenti del settore privato del trattamento di

113

Page 114: Tesi   098973

fine rapporto”, istituito dall’art. 1 comma 755 della

legge 296/2006.

114

Page 115: Tesi   098973

2.2.1 IL CONFERIMENTO TACITO

Accanto all’ipotesi in cui il lavoratore, entro il

termine semestrale, scelga di devolvere

espressamente il TFR maturando ad un fondo di

previdenza complementare, si pone la fattispecie

del silenzio del lavoratore ovvero del conferimento

tacito.

Il criterio del conferimento tacito era stato già in

passato praticato dalla contrattazione collettiva,

trovando sostegno anche nella dottrina (74), nella

prospettiva di rendere più agevole l’iscrizione dei

singoli alle forme di previdenza collettiva, senza

tuttavia menomare la libertà di adesione individuale

del lavoratore, che costituiva uno dei più importanti

principi su cui si basava l’impianto del d.lgs. n.

124/93.

74(?) Vedi PANDOLFO A., La nuova cornice legislativa della previdenza complementare, in Dir. prat. lav., inserto, 1993; PESSI R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova, 2000; TURSI A., La previdenza complementare nel sistema italiano; FERRARO G., La problematica giuridica dei fondi pensione, in, La previdenza complementare nella riforma del welfare

115

Page 116: Tesi   098973

Non potendosi escludere che un ostacolo alla

diffusione per via negoziale di pattuizioni di questo

tipo derivasse da una sotterranea ostilità degli

imprenditori, con il timore di dover rinunziare al

flusso di auto-finanziamento costituito dal TFR, si

può ipotizzare che le parti nutrissero comunque un

dubbio circa la legittimità di disposizioni del

contratto collettivo che prevedessero meccanismi di

adesione tacita.

La disposizione, contenuta nell’art. 8 comma 7 del

d.lgs. 252/05, colma le lacune della legge delega

che non risolveva il problema della contemporanea

presenza di più forme pensionistiche

complementari abilitate a ricevere il conferimento

tacito del TFR.

In questa prospettiva, dunque, l’adesione tacita è

inquadrata come mezzo per una diffusione quanto

più ampia possibile delle iscrizioni al fondo,

consentendo la creazione di una sorta di piano

inclinato, che conduce a considerare come

116

Page 117: Tesi   098973

concludenti comportamenti meramente omissivi

(75).

Il trattamento di fine rapporto, quindi, deve essere

conferito alla forma pensionistica collettiva prevista

dagli accordi collettivi, anche territoriali, salvo la

presenza di un accordo aziendale che regoli la

materia.

Se in presenza di più contratti o accordi collettivi

sono frequenti i casi di conflitto fra fondi su base

nazionale e su base territoriale, il TFR maturando è

conferito alla forma pensionistica alla quale abbia

aderito il maggior numero di dipendenti, secondo il

criterio del calcolo delle adesioni esplicite (76).

75(?) Vedi SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

76(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non,  del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino. L’Autore parla di ””un concorso di fonti istitutive ed un conseguente concorso di fondi, e per questo motivo si rende necessario individuare un meccanismo idoneo a stabilire un congruo collegamento causale, affinché alla inerzia, ovvero mancata attivazione, del titolare di diritto da TFR nella scelta di adesione ad un fondo cui conferire esplicitamente il TFR, si attribuisca l’effetto di conferimento tacito. Si tratta di criterio destinato a presiedere una vicenda, ben nota al diritto sindacale, di concorso conflitto fra fonti contrattuali collettive, sul quale la giurisprudenza si

117

Page 118: Tesi   098973

Il comma 7, lett. b, n. 3 del citato decreto detta

infine una norma di chiusura, stabilendo che,

qualora non siano applicabili le disposizioni

precedenti, il datore di lavoro debba trasferire il TFR

maturando alla forma complementare presso l’Inps,

ai sensi dell’articolo successivo.

L’art. 9 d.lgs. 252/2005 regola una forma

pensionistica complementare a contribuzione

definita, del tutto residuale.

La costituzione di tale forma previdenziale si è resa

necessaria per la destinazione delle quote di TFR,

secondo modalità tacite, in assenza di contratto o

accordo collettivo, regolativo del rapporto di lavoro,

o accordo aziendale istitutivi di una forma di

previdenza complementare, nell’impossibilità di

è da tempo cimentata, prospettando – in assenza di criteri legali, che risulterebbero incoerenti con il principio di libertà contrattuale collettiva – volta a volta meccanismi risolutivi fondati sul criterio della gerarchia delle fonti anche sindacali, ovvero sul criterio della priorità nel tempo della posizione del regolamento collettivo, o infine sul criterio della specialità, assumendosi cioè la prevalenza del contratto collettivo più “vicino” ai destinatari del comando, con un vero e proprio rovesciamento del criterio gerarchico.””

118

Page 119: Tesi   098973

destinarle alle altre forme pensionistiche previste

dalla legge (77).

Il fondo, come previsto nel decreto ministeriale 30

gennaio 2007, segue le stesse regole di

funzionamento delle altre forme pensionistiche

complementari, ed è denominato “Fondo

complementare Inps” o semplicemente “Fondinps”.

L’autonomia collettiva sarebbe, quindi, l’unica fonte

capace di disporre un’offerta di adesione,

suscettibile di perfezionarsi per effetto del mancato

dissenso, posto che il conferimento ai sensi dell’art.

77(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non,  del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino. L’Autore  parla di “tentativo di trasformare l’intervento del legislatore a sostegno della previdenza pensionistica complementare in una misura, più o meno criticamente, finalizzata al riequilibrio finanziario del bilancio pubblico e di indicazione della delega, che parla di costituzione del fondo, per così dire residuale, presso enti di previdenza obbligatoria e la, deviante e deviata, ricezione nel progetto di decreto delegato, che parla brutalmente di costituzione di “forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS. Si tratta di una inammissibile semplificazione nominalistica dai gravi risvolti istituzionali, che non può trovare giustificazione nel palese disprezzo della doverosa astrattezza della norma”.

119

Page 120: Tesi   098973

9 si contraddistingue per la sua natura

tendenzialmente provvisoria.

A garanzia del lavoratore gli statuti e i regolamenti

di qualsiasi forma pensionistica complementare

prevedono, in caso di conferimento tacito del TFR,

l’investimento delle somme nella linea più

prudenziale, individuabile nell’investimento nel

medio -lungo periodo, così da garantire la

restituzione del capitale ed assicurare rendimenti

compatibili al tasso di rivalutazione del TFR

trattenuto dal datore di lavoro.

Le modalità tacite di conferimento operano anche

sulle quote residue di TFR quando i lavoratori, che

conferiscono già il TFR pro “quota”, non

manifestano alcuna volontà.

Il conferimento del TFR comporta l’automatica

adesione del lavoratore alla forma di previdenza

complementare, senza che la natura del

conferimento tacito, nella sua sfera volontà non

espressa, ostacoli la formazione di un rapporto

120

Page 121: Tesi   098973

associativo, dove previsto, o di normale iscritto, con

la conseguente attribuzione di diritti di

partecipazione, di garanzia, d’informazione e tutela,

conseguenti all’adesione (78).

Diversamente, le forme pensionistiche

complementari individuali non sono investite dal

conferimento tacito.

Le adesioni individuali a fondi aperti o la

sottoscrizione di piani di assicurazione individuali,

78(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non,  del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare. Riflessioni critiche,  dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino.

L’Autore sostiene che “”appare evidente che mentre il conferimento esplicito costituisce il punto terminale di una serie di contatti preliminari o immediatamente attuativi dell’adesione esplicitamente voluta - nel cui svolgimento si consumano le esigenze di trasparenza, di informazione, di individuazione dei dati personali del rapporto, attraverso gli impulsi alla gestione della posizione, relativi alle opzioni di rischiosità, di eventuale designazione dei beneficiari -, nel caso invece di conferimento tacito, l’inerzia del titolare sposta tutti questi adempimenti ad una fase successiva alla costituzione del rapporto. Si creano così le condizioni giuridiche, a seconda delle diverse modalità del conferimento, per un diverso grado di responsabilità, oltre che dei datori di lavoro, anche e soprattutto degli amministratori del fondo; su queste considerazioni trova fondamento la previsione del progetto (art. 8, c. 8) che grava il fondo destinatario di conferimento tacito della adozione delle più prudenziali linee di investimento per le risorse da esso derivanti””.

121

Page 122: Tesi   098973

essendo impensabili modalità di conferimento del

TFR a queste forme pensionistiche complementari,

non possono che trovare origine da decisioni

personali legate al singolo lavoratore.

In relazione alla libertà di scelta della forma cui

conferire il TFR, il legislatore detta una norma di

legge (art. 8 comma 10) che si sovrappone

all’autonomia collettiva, in quanto il decreto regola

e indica i limiti che discendono dal finanziamento di

una eventuale attribuzione patrimoniale, nella

misura determinata dagli accordi collettivi.

Il conferimento tacito del TFR, individuato nelle

disposizioni di legge, si caratterizza per una parziale

compressione del principio di libertà della scelta

della forma pensionistica e deve essere

accompagnato da una serie di informative, affinché

l’adesione risulti consapevole.

Il comma 8 dell’art. 8 del decreto prevede che

“prima dell’avvio del periodo dei sei mesi previsto

dal comma 7, il datore di lavoro deve fornire al

122

Page 123: Tesi   098973

lavoratore adeguate informazioni sulle diverse

scelte disponibili”.

Specificando, la disposizione della norma prevede

che a “trenta giorni prima della scadenza dei sei

mesi utili ai fini del conferimento del TFR

maturando, il lavoratore che non abbia ancora

manifestato alcuna volontà deve ricevere dal datore

di lavoro le necessarie informazioni alla forma

pensionistica complementare verso la quale il TFR

maturando è destinato alla scadenza del semestre”.

Nessun effetto è imposto al lavoratore

indipendentemente dalla sua volontà in quanto, sia

nel caso egli, espressamente, non voglia aderire ad

una forma pensionistica, trattenendo il trattamento

di fine rapporto in azienda, sia nel caso di

conferimento tacito, non si incide sulla libertà,

affidata allo stesso, di aderire in futuro o spostare le

somme del TFR già conferite, secondo i criteri

123

Page 124: Tesi   098973

seguiti dal datore di lavoro, ad una forma di

previdenza complementare prescelta(79).

In questa ottica si realizzerebbe un passaggio da

una previdenza complementare libera a una

previdenza complementare semi-obbligatoria.

E’ importante, a questo punto, qualificare il

“silenzio” del lavoratore, che contraddistingue

l’ipotesi del conferimento tacito.

La normativa impone al lavoratore, che non vuole

aderire alle forme pensionistiche complementari, di

dichiarare espressamente la sua volontà

rispettando limiti temporali ed obblighi di

79(?) SANDULLI P., Il conferimento, tacito e non,  del TFR come strumento  giuridico per la partecipazione al sistema di previdenza complementare.  Riflessioni critiche, dal volume “La previdenza complementare” a cura di MARCELLO MESSORI (2006), Il Mulino. L’Autore  sul punto sostiene che “”il conferimento tacito finisce per risultare l’effetto di una, più o meno forzata, estensione dell’efficacia delle fonti istitutive, intese in senso oggettivo, secondo cioè la loro ordinaria configurazione di contratto collettivo volto alla istituzione e regolazione di una forma pensionistica complementare, a sua volta intesa come trattamento di origine contrattuale costituente un segmento, per quanto importante, di un più ampio e complessivo contenuto contrattuale riferito a fattispecie di lavoro dipendente. Questa ricostruzione, considerata dal punto di vista del sistema delle relazioni industriali, si deve confrontare con il non poco arduo problema della estensione di efficacia del contratto collettivo anche ai soggetti non iscritti””.

124

Page 125: Tesi   098973

informazione previsti nella legge, qualificando il

silenzio, quindi, come manifestazione della sua

espressione di volontà di aderire.

Precisando ulteriormente, va rilevato che l’obbligo

previsto dal d.lgs. 252/2005 al lavoratore il quale

non voglia conferire il TFR alle forme di previdenza

complementari, previste dall’accordo aziendale o

collettivo, fa perdere al “silenzio” ogni carattere di

ambiguità e lo rende idoneo a manifestare la

volontà di aderire alle forme pensionistiche,

indicate dalla legge, “con la stessa chiarezza di una

dichiarazione espressa” (80).

80(?) Così SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

125

Page 126: Tesi   098973

2.3 IL CONTRIBUTO DATORIALE

Il datore di lavoro può decidere di riconoscere

un contributo aggiuntivo a proprio carico a chi

desidera aderire alla previdenza complementare.

Solitamente, questo contributo viene previsto in

sede di contrattazione collettiva o in presenza di un

accordo aziendale, ma il datore di lavoro può

decidere di versarlo anche in assenza di accordi

collettivi e anche nel caso in cui il lavoratore scelga

una forma pensionistica diversa da quella prevista

dalla contrattazione.

Il contratto collettivo che prevede il contributo a

carico del datore di lavoro comporta un obbligo di

concorrere, assieme al lavoratore, al finanziamento

del fondo pensione previsto dalla fonte istitutiva.

Stabilisce, quindi, le modalità con cui deve essere

adempiuta l’obbligazione retributiva, in quanto ne

attribuisce una parte al fondo pensione, tesa alla

soddisfazione di un interesse comune a tutti i

126

Page 127: Tesi   098973

lavoratori, in quanto destinata a realizzare una

funzione previdenziale comune.

L’obbligo del datore di lavoro di contribuire al fondo

pensione, di matrice contrattual-collettiva,

costituisce un diritto di credito della forma di

previdenza complementare.

Dal punto di vista della tutela realizzata, il

contributo datoriale assolve la funzione di

contributo di natura previdenziale, essendo

destinato a realizzare la soddisfazione dell’interesse

comune individuato dall’autonomia collettiva (81).

L’obbligazione contributiva del datore di lavoro

trova la sua fonte nella esplicita previsione da parte

dell’autonomia collettiva e si “attiva” a condizione

che il lavoratore abbia aderito alla forma, prevista

dal contratto o accordo collettivo, con la

contribuzione prevista a suo carico.

81(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

127

Page 128: Tesi   098973

Dal punto di vista strutturale, la fonte istitutiva

prevede un importo fisso per il contributo datoriale,

mentre contempla solo un minimo in relazione al

contributo a carico del lavoratore.

La specifica previsione che il contributo datoriale

sia un diritto di credito, che solo l’autonomia

collettiva affida al fondo pensione e quindi alla

collettività degli interessi degli iscritti, pone dei

limiti alla volontà di soddisfare un interesse

meramente individuale del lavoratore.

Le scelte dei singoli lavoratori non possono

sovrapporsi e sostituirsi a quelle dell’autonomia

sindacale alterandone la logica, che vede nella

solidarietà degli iscritti un mezzo per soddisfare un

interesse comune, con il rischio di impedirne la

realizzazione.

I presupposti necessari per ottenere migliori

investimenti, e conseguentemente migliori livelli di

trattamento pensionistici, passano soprattutto dalla

natura inscindibile dei finanziamenti previsti dal

128

Page 129: Tesi   098973

contratto collettivo, che realizzano un interesse

comune ed indivisibile.

La dottrina (82) ha ritenuto legittimo che un accordo

sindacale possa esonerare il datore di lavoro dalla

sua obbligazione contributiva in presenza di una

sopravvenuta riduzione della capacità contributiva

del datore di lavoro dovuta allo stato di crisi

aziendale, al fine di una parziale conservazione

dello stato occupazionale.

D’altra parte, il problema di stabilire, in concreto,

quando si configuri una giusta causa di recesso

rimane nei casi, indicati dalla legge, in cui le

modificazioni delle fonti istitutive rispondano

all’esigenza di adeguare la forma pensionistica a

nuove norme regolative del settore, fra cui anche

quelle della Covip, o a quanto occorra per

uniformare gli assetti del fondo a necessità

sopravvenienti.

82(?) PERSIANI M. (1998), Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata, in Arg. Dir. Lav.

129

Page 130: Tesi   098973

Da queste precisazioni si può facilmente intuire che

lo stato di crisi aziendale o comunque le necessità

sopravvenienti possono ledere i diritti del singolo

lavoratore, ma solo nel periodo “limitato” di

permanenza obbligatoria della posizione individuale

nella forma pensionistica (83).

In ogni caso, le eventuali modificazioni delle fonti

istitutive o delle discipline statutarie non trovano

alcun ostacolo nell’integrità e nel rispetto delle

posizioni individuali dei lavoratori, in quanto ad essi

non è riconosciuto il “diritto al regime”.

Con quest’ultima locuzione si intende il diritto degli

aderenti ai fondi pensione di non veder modificate,

da discipline successive, le condizioni che li hanno

spinti ad aderire al fondo stesso.

L’autonomia sindacale è, quindi, libera di

rinegoziare la disciplina che regola la contribuzione.

83(?) In questo senso SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

130

Page 131: Tesi   098973

Tale negoziazione non incide su diritti quesiti, cioè

su quei diritti che si possono ritenere perfezionati

ed acquisiti nella titolarità del soggetto, in questo

caso il diritto alla prestazione pensionistica, ma

soltanto su aspettative del singolo lavoratore, non

essendosi ancora completata la fattispecie

generatrice del diritto.

Il d.lgs. 252/2005, infine, nelle sue disposizioni,

condiziona l’effettivo trasferimento discrezionale

della posizione individuale del lavoratore, in una

ambiguità di fondo relativamente al contributo

datoriale, affidando all’autonomia collettiva la

facoltà di imporre limiti e modalità, in un sistema

previdenziale di secondo livello che tende

all’equiparazione e alla concorrenza di tutte le

forme pensionistiche complementari.

CAPITOLO III

131

Page 132: Tesi   098973

LIBERTA’ DI ADESIONE A

FONDI APERTI E DI

CIRCOLAZIONE NEL SISTEMA:

LO SPAZIO RISERVATO ALLE

FONTI ISTITUTIVE

SOMMARIO: 3.1 La portabilità della posizione

individuale – 3.2 La portabilità del contributo

datoriale - 3.3 La libertà di adesione a fondi aperti –

3.4 Le peculiarità del pubblico impiego

3.1 LA PORTABILITA’ DELLA POSIZIONE

INDIVIDUALE

Con la locuzione “portabilità della posizione

previdenziale individuale” si indica la facoltà in

capo al lavoratore di trasferire la posizione

maturata da una forma pensionistica ad un’altra.

La disciplina del trasferimento e del riscatto è

regolata dall’art. 14 d.lgs. 252/2005.

132

Page 133: Tesi   098973

Questa disposizione indica la “cornice legale” (84)

all’interno della quale gli statuti e i regolamenti dei

fondi, come mezzi strumentali delle fonti istitutive,

sono chiamati a disciplinare le modalità di esercizio

delle opzioni relative ai requisiti e alla

partecipazione alle forme pensionistiche, alla

portabilità delle posizioni individuali e della

contribuzione, nonché al riscatto parziale o totale.

La disposizione valorizza il principio della libera

portabilità della posizione previdenziale maturata,

in coerenza con l’equiparazione delle forme

pensionistiche complementari di natura sindacale e

di natura commerciale, ma sembra lasciare dei

dubbi sull’eventuale portata del diritto al

trasferimento del contributo datoriale(85).

Ai sensi del comma 7 della norma citata, le

operazioni di trasferimento nell’ambito di forme

pensionistiche sono esenti da ogni onere fiscale.

84(?) Così SANTORO PASSARELLI G. (2007), Trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, Giappichelli

85(?) Vedi TURSI A. (2007),  La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., Cedam

133

Page 134: Tesi   098973

Non solo, ai sensi del comma 6 “sono comunque

inefficaci clausole che, all'atto dell'adesione o del

trasferimento, consentano l'applicazione di voci di

costo, comunque denominate, significativamente

più elevate di quelle applicate nel corso del

rapporto e che possono quindi costituire ostacolo

alla portabilità”.

Il trasferimento è posto in essere dopo almeno due

anni di partecipazione alla forma pensionistica e i

regolamenti e gli statuti devono prevedere

espressamente questa facoltà, non potendo

contenere clausole limitative alla portabilità

dell’intera posizione individuale.

Inoltre, ai sensi del comma 8 dell’art. 14 d.lgs.

252/2005, “gli adempimenti a carico delle forme

pensionistiche complementari conseguenti

all'esercizio delle facoltà” di trasferimento o riscatto

“devono essere effettuati entro il termine massimo

di sei mesi dalla data di esercizio stesso”.

134

Page 135: Tesi   098973

Il comma 2 dell’art. 9 del d.lgs. 124/93 condizionava

la scelta del lavoratore di aderire a fondi aperti

all’inesistenza e alla inoperatività nei suoi confronti

di un fondo pensione “chiuso”, istituito da un

contratto collettivo applicato al suo rapporto di

lavoro.

Non solo, in origine il trasferimento o il riscatto della

posizione individuale erano permessi in presenza di

un evento critico nella vita lavorativa del

dipendente, tassativamente indicato dalla legge

nella perdita dei requisiti di partecipazione al fondo

pensione (86).

La centralità di questo principio era stata

progressivamente ridimensionata dal legislatore,

consentendo anche al lavoratore iscritto a un fondo

chiuso la possibilità di uscirne e di aderire dapprima

soltanto ai fondi aperti (art. 10 comma 1 335/1993)

e, poi, anche alle forme pensionistiche individuali (l.

47/2000), a condizione, in entrambe le ipotesi, che

86(?) Vedi PANDOLFO A., Trasferimento e riscatto della posizione individuale, in BESSONE M. (2000), La Previdenza Complementare, Giappichelli editore

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Page 136: Tesi   098973

si fosse maturata una permanenza di almeno

cinque anni presso il fondo di provenienza durante i

primi cinque anni di vita di questo e,

successivamente alla fase di lancio del fondo, una

permanenza di almeno tre anni.

Il d.lgs. n. 252/05 realizza la piena libertà di scelta

del lavoratore sin dal momento del primo accesso al

sistema, non sussistendo alcun limite obbligato di

accesso e permanenza temporanea in un fondo

chiuso, anche nel caso in cui il lavoratore rientri

nell’ambito di applicazione di un contratto collettivo

istitutivo di un fondo sindacale.

Il lavoratore può, quindi, accedere al sistema della

previdenza complementare anche aderendo per la

prima volta a un fondo aperto o a una forma

pensionistica individuale.

È così venuta meno la sostanziale posizione di

vantaggio in cui erano stati posti i fondi di matrice

sindacale.

136

Page 137: Tesi   098973

La perdita di questo vantaggio viene compensata

dalla previsione di portata assai più contenuta

dell’adesione automatica del lavoratore al fondo

chiuso istituito dal contratto collettivo di lavoro

applicato al suo rapporto, dove è destinato a essere

automaticamente conferito il suo TFR in mancanza

di una sua espressa manifestazione di volontà o di

una diversa previsione del contratto collettivo

aziendale(87).

La Covip, sul punto, nella deliberazione del 28

giugno 2006 ha sottolineato la necessità che si dia

piena attuazione alla semplificazione degli

strumenti informativi di costi e rendimenti delle

gestioni per attenuare il “default effect”, ovvero

quell’effetto secondo cui, per la complessità della

scelta, i lavoratori hanno la tendenza a un

atteggiamento passivo, che li induce a non uscire o

a non modificare il piano di previdenza cui si siano

87(?) Vedi TURSI A.(2007),La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm.,Cedam

137

Page 138: Tesi   098973

inizialmente iscritti in virtù dell’adesione del proprio

datore a quella forma previdenziale(88).

In un sistema che regola l’equa concorrenza ed il

libero passaggio fra le varie tipologie di fondi, senza

alcuna distinzione, la libertà di adesione e di

accesso non è corrisposta da una libertà, nella

stessa misura, di “uscita” dal sistema previdenziale

complementare (89).

88

89(?) Lettera dell’aprile 2009 inviata dalla Covip ad un fondo pensione negoziale Oggetto: Quesito in materia di trasferimento della posizione individualeSi fa riferimento alla nota del … con la quale codesto Fondo ha chiesto un parere in merito alla disciplina del trasferimento della posizione individuale contenuta nell’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 252/2005.In particolare, con detta nota, è stato fatto presente che alcuni dipendenti della Società …, con sede a … e …., iscritti al Fondo pensione …, a seguito della maturazione del periodo biennale di permanenza, hanno chiesto il trasferimento della posizione al Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione ….In merito alla legittimità della richiesta di trasferimento, codesto Fondo manifesta alcune perplessità, ritenendo che la disciplina sulla portabilità della posizione prevista dal citato art. 14, comma 6, riguardi unicamente i trasferimenti da un fondo pensione negoziale ad un fondo pensione aperto o ad un PIP e viceversa, non contemplando, invece, la possibilità di spostare la posizione da un fondo pensione negoziale ad altro fondo pensione negoziale.In sostanza, secondo quanto prospettato nella richiesta di parere, gli aderenti, pur avendo potuto scegliere, in sede di adesione, tra il Fondo … e il Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione …, una volta aderito ad uno dei due fondi sarebbero vincolati a permanere presso lo stesso, ferma restando la possibilità di trasferire la

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Page 139: Tesi   098973

In maniera più specifica, qualora il lavoratore

eserciti il suo diritto di riscatto sulle somme del suo

montante contributivo, le stesse sono soggette a

ritenute a titolo di imposta del 15%.

posizione ad un fondo aperto o ad un PIP.Viene, inoltre, sollevato un ulteriore aspetto di problematicità. Ad avviso di codesto Fondo, infatti, risulterebbe preclusa la portabilità del contributo datoriale verso il Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione …, in considerazione del fatto che il CCNL istitutivo del Fondo … non contiene disposizioni in proposito.Con riguardo al primo profilo, si osserva che l’art. 14, comma 6, prevede che decorsi due anni di partecipazione alla forma “l’aderente ha facoltà di trasferire l’intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica.”.La disposizione appare, nella sua ampia formulazione, molto chiara nell’accordare agli aderenti la facoltà di scegliere liberamente la forma pensionistica di destinazione tra tutte quelle alle quali abbiano titolo di accedere, a prescindere dalla natura dell’adesione, collettiva o individuale, o della tipologia di forma. Non sembra possa dubitarsi, infatti, che come il lavoratore in fase di adesione può scegliere la forma pensionistica cui aderire, analogamente può esercitare la medesima scelta anche in una fase successiva, optando per il trasferimento della posizione ad altra forma.La diversa impostazione prospettata nella richiesta di parere, oltre a non essere coerente con l’ampia previsione di cui al citato art. 14, comma 6, non trova rispondenza neanche nelle previgenti disposizioni in materia di trasferimento della posizione.Il d.lgs. n.124/1993, infatti, all’art. 10 disciplinava il trasferimento volontario della posizione con due distinte disposizioni riconducibili l’una, alle forme a carattere collettivo e l’altra alle forme pensionistiche individuali. Con riferimento alle prime, il comma 3-bis disponeva che le fonti istitutive dovessero prevedere la facoltà di trasferimento della posizione individuale dell’iscritto presso altro fondo pensione negoziale o aperto o presso forme pensionistiche individuali, decorso un periodo minimo di permanenza di

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Page 140: Tesi   098973

Riscatto che può essere esercitato, a differenza del

regime delle anticipazioni, solo con il venir meno

dei requisiti di partecipazione alla forma

pensionistica.

cinque anni, limitatamente ai primi cinque anni di vita del fondo, e a regime, di tre anni.Per le forme pensionistiche individuali il comma 3-quinquies prescriveva che i relativi regolamenti o contratti dovessero contemplare la facoltà di trasferimento verso fondi negoziali, fondi aperti e verso altre forme pensionistiche individuali, non prima del decorso di tre anni dall’adesione o dalla conclusione del contratto.Il d.lgs. n.124/1993 prevedeva, dunque, espressamente la possibilità di trasferire la posizione a forme pensionistiche della medesima tipologia di quella di appartenenza, sia nel caso di adesioni collettive che individuali.L’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 252/2005, invece, reca un’unica disciplina dei trasferimenti volontari relativa a tutte le forme pensionistiche, prevedendo genericamente che la posizione individuale possa essere trasferita “ad altra forma pensionistica complementare” e uniformando per tutte le forme il periodo minimo di permanenza (riducendolo a due anni).Alla luce di quanto sopra rilevato, si ritiene che il legislatore della riforma non abbia inteso dettare una disciplina più restrittiva del trasferimento della posizione rispetto al sistema previgente; ciò, soprattutto, se si considera il principio di delega contenuto nella legge n. 243/2004 relativo alla “eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno del sistema della previdenza complementare.”.L’interpretazione prospettata da codesto Fondo, oltre che contraria alla lettera della norma, si porrebbe, infatti, in contrasto anche con i criteri ispiratori della riforma, tesi a valorizzare la facoltà di scelta della forma cui accedere sia in fase di adesione che di trasferimento.Si ritiene, quindi, che l’art. 14, comma 6 del decreto n.252/2005 consenta il trasferimento volontario della posizione verso una qualsiasi forma pensionistica complementare, individuale o collettiva, alla quale l’aderente possa aderire, a prescindere dalla natura della

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Page 141: Tesi   098973

I requisiti di partecipazione sono stabiliti dalle fonti

istitutive, o dai loro regolamenti o statuti, e

consistono nello svolgimento di una determinata

attività e possono riguardare anche la qualifica

rivestita dal lavoratore in azienda.

forma di provenienza e di quella di destinazione.Quanto alla seconda questione prospettata, relativa alla portabilità del contributo datoriale, si ha presente che il medesimo art. 14, comma 6, prevede che, in caso di esercizio della facoltà di trasferimento, il lavoratore ha diritto al versamento del contributo del datore di lavoro alla nuova forma prescelta “nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi anche aziendali”.Sul punto codesto Fondo esprime il convincimento che il lavoratore che trasferisce la posizione dallo stesso Fondo … al Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti della Regione … non abbia diritto al contributo datoriale in quanto il CCNL istituivo di … nulla prevede in merito.Anche su tale questione, l’impostazione prospettata non appare condivisibile in quanto il diritto di beneficiare del contributo datoriale da parte del lavoratore che trasferisce la posizione al Fondo regionale trova, in realtà, fondamento nelle previsioni contenute nell’accordo collettivo istitutivo dello stesso Fondo regionale …, a prescindere dalla previsioni contenute nel contratto nazionale di categoria del Fondo ….D’altra parte, il sistema delle fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari, delineato dall’art. 3 del d.lgs. n.252/2005 (e ancor prima dall’art. 3 del d.lgs.124/1993) rende possibile la compresenza, in materia di previdenza complementare, di fonti istitutive di diverso livello, dirette alla medesima categoria o raggruppamento di lavoratori.La previsione, in tale norma, di un’ampia articolazione delle possibili aree di aggregazione lascia, pertanto, notevole facoltà di scelta ai promotori nell’individuazione dei criteri di formazione dei gruppi a cui riferire i fondi. Per quanto concerne la fonte costituita da contratti e accordi collettivi, non è, dunque, dato rinvenire nella normativa di riferimento, per il settore privato, limitazioni di sorta in ordine ai livelli della contrattazione collettiva, né alla rappresentatività dei sindacati stipulanti.

141

Page 142: Tesi   098973

E’ importante precisare che le cause che

comportano il venir meno dei requisiti di

partecipazione riguardano solo le forme

pensionistiche collettive e non le forme individuali,

non ponendo limitazioni ai potenziali aderenti.

Il venir meno dei requisiti di partecipazione

impedisce, innanzitutto, l’ulteriore finanziamento

della forma pensionistica attraverso il contributo

datoriale o il conferimento del TFR.

Quanto sopra ha già formato oggetto di ampie precisazioni negli Orientamenti COVIP del 12 novembre 2003 (“Coordinamento di forme pensionistiche complementari collettive aventi ambiti di destinatari parzialmente o totalmente sovrapposti”). Come chiarito in detto documento, la sussistenza di una pluralità di forme pensionistiche di carattere collettivo con aree di destinatari parzialmente coincidenti si traduce, in sostanza, in una pluralità di offerte che vengono prospettate al lavoratore, il quale, nell’ambito del principio della libertà di adesione, ha facoltà di esercitare l’opzione di scelta tra i diversi fondi ad ambito definito, tutti riferiti al rapporto di lavoro di cui è parte.Pertanto, nel caso di specie, i lavoratori che hanno titolo, in base alle fonti istitutive del Fondo … e del Fondo regionale …, di aderire sia all’uno sia all’altro, sono liberi di scegliere a quale Fondo accedere, o successivamente trasferire la propria posizione individuale.Quanto, poi, alla contribuzione, i predetti lavoratori avranno diritto al contributo datoriale nella misura e alle condizioni previste dalle rispettive fonti istitutive. Nel caso di adesione al Fondo regionale …, il lavoratore può pertanto continuare a ricevere la contribuzione datoriale in forza dell’impegno assunto dallo stesso datore di lavoro in base alle previsioni dei relativi accordi.

142

Page 143: Tesi   098973

Le ipotesi che si possono ricondurre alla fattispecie

del venir meno dei requisiti si possono ricondurre

alla modifica o alla cessazione dell’attività svolta

dal lavoratore e, quindi, si identificano nel

licenziamento, dimissioni, pensionamento,

mutamento del rapporto contrattuale o della

qualifica e il fallimento dell’azienda.

A differenza del trasferimento, in cui si determina

una circolazione di risorse all’interno del sistema, il

riscatto, comportando la sottrazione delle risorse al

sistema stesso, si identifica nella restituzione delle

risorse nella disponibilità del lavoratore.

Il riscatto può essere parziale o totale.

E’ parziale, nella misura del 50 per cento della

posizione individuale maturata, nei casi di

cessazione dell’attività lavorativa che comporti

l’inoccupazione per un periodo di tempo non

inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi,

ovvero in caso di ricorso da parte del datore di

lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione

143

Page 144: Tesi   098973

guadagni ordinaria o straordinaria (art. 14, comma

2, lettera b, del d.lgs 252/2005).

Il riscatto totale della posizione individuale

maturata è previsto per i casi di invalidità

permanente che implichi la riduzione della capacità

di lavoro a meno di un terzo e a seguito di

cessazione dell’attività lavorativa che comporti

l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a

48 mesi (art. 14, comma 2, lettera c, del d.lgs

252/2005).

In un quadro in cui il legislatore disciplina i requisiti

previsti per il riscatto, un’attenta dottrina (90) ha

fatto notare che le ipotesi di cassa integrazione e di

invalidità non fanno venire meno i requisiti di

partecipazione alle forme pensionistiche

complementari.

Il diritto di riscatto, in ogni caso, non è esercitabile

nei cinque anni precedenti la maturazione del

diritto alle prestazioni pensionistiche, prevedendo la 90(?) Vedi PESSI R. (2006), Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam

144

Page 145: Tesi   098973

facoltà del lavoratore di richiedere la erogazione

anticipata delle prestazioni.

Il diritto di riscatto, peraltro, è previsto anche in

caso di decesso del lavoratore e può essere

esercitato da eredi o beneficiari, ai sensi dell’art. 14

comma 3 d.lgs. 252/2005.

In mancanza di soggetti titolari del diritto al riscatto

delle somme, la posizione individuale viene

devoluta a finalità sociali in caso di forme

pensionistiche individuali; invece, nel caso di forme

pensionistiche collettive, di qualsiasi natura, viene

acquisita dal fondo.

Il venir meno dei requisiti di partecipazione alla

forma pensionistica complementare è presupposto

anche per il trasferimento “occasionato” della

posizione previdenziale, in cui ovviamente non sono

presenti limiti relativamente alla permanenza nel

fondo per esercitare tale diritto.

145

Page 146: Tesi   098973

Si parla di trasportabilità “occasionata” per

distinguere il trasferimento determinato dalla

circostanza che il lavoratore non possiede più i

requisiti per partecipare alla forma pensionistica

dal trasferimento “discrezionale” o “volontario”,

che si contraddistingue per la libera scelta del

lavoratore.

In realtà, anche la trasportabilità “occasionata” è

volontaria, in quanto il lavoratore non trova nessun

obbligo ex lege di trasferire la sua posizione e,

soprattutto, essa non si produce automaticamente

una volta persi i requisiti di partecipazione.

Come chiarito dalla direttiva generale della Covip

del 28 giugno 2006, in mancanza dell’esercizio del

trasferimento, in caso di perdita dei requisiti di

partecipazione del lavoratore, la posizione

individuale continua ad essere gestita dal fondo

pensione.

Ai sensi dell’art. 14 comma 1, quindi, è disposto che

il trasferimento sia verso una qualsiasi forma

146

Page 147: Tesi   098973

pensionistica, contemplata dal decreto, alla quale il

lavoratore acceda in relazione della nuova attività.

Nell’ipotesi, invece, di trasportabilità

“discrezionale” la legge non prevede condizioni di

legittimità del trasferimento.

La decisione rimane, comunque, affidata al

lavoratore ma, nel caso specifico, è determinata da

scelte che incorrono in valutazioni di tipo

economico, in ordine all’andamento del fondo e dei

suoi rendimenti.

Si può ricondurre all’ipotesi di trasportabilità

“discrezionale” anche la scelta del lavoratore di

trasferire la posizione individuale dal “fondo

complementare Inps” ad un’altra forma

pensionistica complementare, trascorso almeno un

anno di permanenza nel fondo, in un’ottica del

legislatore che privilegia la successiva modalità

esplicita della manifestazione della volontà

individuale, consentendo entro un termine più

breve il trasferimento della posizione individuale.

147

Page 148: Tesi   098973

Un’ulteriore ipotesi di trasferimento è contemplata

dall’art. 23 comma 4 d.lgs. 252/2005 e riguarda la

possibilità di trasferire l’intera posizione individuale,

anche in mancanza del periodo minimo di

partecipazione di due anni, dalla forma

pensionistica che al 30 giugno 2007 non abbia

ricevuto l’autorizzazione da parte della Covip, a

seguito dei mancati adeguamenti necessari per

raccogliere nuove adesioni anche relativamente al

conferimento del TFR.

Il legislatore, in questo caso, si occupa di

incrementare i flussi di finanziamento della

previdenza complementare, impedendo che i

mancati adempimenti, relativi all’adeguamento

delle forme pensionistiche complementari, alle

previsioni di legge ostacolino la facoltà del

lavoratore di avvalersi del TFR come strumento per

incrementare la posizione individuale.

148

Page 149: Tesi   098973

3.2 LA PORTABILITA’ DEL CONTRIBUTO

DATORIALE

L’aspetto più problematico della nuova disciplina,

nell’economia del trasferimento volontario, è quello

della portabilità in altre forme pensionistiche del

contributo a carico del datore di lavoro in favore del

lavoratore iscritto al fondo “chiuso”, istituito da un

contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o

al fondo “aperto” ad adesione collettiva.

In questo caso si discute della possibilità che

l’impegno dei datori di lavoro, assunto in sede di

negoziazione del contratto collettivo, a concorrere

al finanziamento del piano di previdenza

complementare, segua il lavoratore nel caso in cui

questi decida di trasferire ed aderire ad una forma

pensionistica diversa da quella prevista, proposta e

connessa al proprio rapporto di lavoro(91).

Già nel sistema previgente, in assenza di qualsiasi

espressa previsione del d.lgs. n. 124/93 sul punto,

91(?) Vedi TURSI A.(2007),La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., Cedam

149

Page 150: Tesi   098973

era controverso se il lavoratore potesse vantare un

diritto al contributo datoriale in favore di forme

pensionistiche diverse da quella che era stata

istituita dal contratto collettivo di lavoro applicato al

suo rapporto e in relazione alla quale era stato

negoziato l’obbligo del datore di lavoro a contribuire

al finanziamento della posizione pensionistica del

lavoratore.

Attualmente, la situazione risulta regolata in

maniera espressa, in caso di adesione, dall’art. 8

comma 10 d.lgs. 252/2005 e, in caso di

trasferimento, dall’art. 14 comma 6, assumendo

rilevanza cruciale nel governo della portabilità della

posizione individuale, in quanto affida alle fonti

istitutive l’indicazione dei limiti e delle modalità con

cui il lavoratore può trasferire i contributi del datore

di lavoro che sono confluiti nella sua posizione

individuale, fino all’effettiva inesistenza del diritto

alla portabilità di tali somme.

A sostegno della portabilità del contributo datoriale

si è sostenuto che, avendo questo una natura

150

Page 151: Tesi   098973

retributiva (92), entri nel patrimonio giuridico del

lavoratore come ogni altro componente della

retribuzione minima ed egli divenga libero di

conferirlo a qualsiasi forma pensionistica

complementare di suo gradimento.

A conforto della compatibilità costituzionale delle

previsioni negoziali di non esportabilità del

contributo datoriale al di fuori del sistema

contrattuale che lo aveva generato, si è

argomentato che tale contributo risponderebbe a

un vincolo di destinazione previdenziale che lo

distinguerebbe dalla retribuzione minima di cui

all’art. 36 Cost., finalizzata alle sue ordinarie

esigenze di mantenimento o ancora che il

contributo datoriale non avrebbe affatto natura

retributiva, pur atteggiandosi quale corrispettivo nel

sinallagma complesso del contratto individuale di

lavoro.

92(?) La Corte costituzionale, con la sentenza 421/95, si è espressa nel senso che i contributi datoriali non sono semplicemente elementi retributivi con destinazione previdenziale, ma sono strutturalmente dei contributi di natura previdenziale.

151

Page 152: Tesi   098973

La questione incide in modo rilevante sulla

concorrenza tra le diverse forme pensionistiche

complementari.

La non esportabilità del contributo datoriale al di

fuori del fondo sindacale disincentiva i lavoratori a

trasferirsi o ad aderire ad altri fondi, in quanto

significherebbe rinunciare a una parte rilevante

delle posizioni pensionistiche complementari dei

lavoratori e i fondi sindacali vengono così a trovarsi

in una posizione di relativo vantaggio rispetto alle

altre forme complementari.

La legge delega n. 243/2004 sembrava destinata a

rimettere al legislatore delegato il compito di

disegnare un sistema che avrebbe dovuto

assicurare la portabilità del contributo datoriale in

ogni forma pensionistica complementare.

I punti 3 e 4 della lettera e del comma 2 dell’art. 1

della legge delega, infatti, prevedono quali caratteri

del sistema la “possibilità” che, qualora il lavoratore

abbia diritto a un contributo del datore di lavoro da

destinare alla previdenza complementare, detto

152

Page 153: Tesi   098973

contributo affluisca alla forma pensionistica

prescelta dal lavoratore stesso e, in modo ancor più

inequivocabile, “il riconoscimento al lavoratore

dipendente che si trasferisca volontariamente da

una forma pensionistica all’altra del diritto al

trasferimento del contributo del datore di lavoro in

precedenza goduto”.

Il legislatore delegato ha, invece, disposto che la

portabilità del contributo datoriale non sia assoluta,

ma condizionata alle previsioni dei contratti

collettivi e che ne disciplinino le modalità di

esercizio.

L’art. 14, comma 6, d.lgs. n. 252/05 prevede che, in

caso di esercizio della facoltà di trasferimento della

posizione individuale ad altra forma pensionistica, il

lavoratore abbia diritto al versamento dell’intera

posizione e “dell’eventuale contributo a carico del

datore di lavoro nei limiti e secondo le modalità

stabilite dai contratti o accordi collettivi, anche

aziendali”.

153

Page 154: Tesi   098973

Non si deve confondere il diritto alla portabilità

della contribuzione datoriale in favore del

lavoratore per il futuro con il diritto al trasferimento

presso altre forme pensionistiche della quota parte

del montante contributivo, accantonato dal

lavoratore nel passato in virtù del contributo

datoriale.

L’art. 14, comma 6, del d.lgs 252/2005 (come già

l’art. 10, comma 3 bis, d.lgs. n. 124/93) precisa

espressamente che l’iscritto abbia “diritto alla

portabilità dell’intera posizione individuale”,

inibendo così qualsivoglia limitazione alla

trasferibilità di quote.

L’ultimo periodo dell’art. 14, comma 6, intende

rimettere alla contrattazione collettiva la

disponibilità del contributo datoriale da erogarsi e

non anche quello già erogato, dove la disciplina del

trasferimento di tale diritto è accomunata a quella

del TFR maturando.

La compressione della libertà, in capo all’autonomia

collettiva, nel disciplinare le sorti del contributo

154

Page 155: Tesi   098973

datoriale già erogato al fondo in favore del

lavoratore appare costituzionalmente giustificata

dall’esigenza di bilanciamento sia con la tutela della

libertà di scelta della propria occupazione di lavoro,

sia con l’esigenza di garantire l’adeguatezza dei

mezzi dei lavoratori durante la vecchiaia, cui è ora

chiamata a concorrere anche la previdenza

complementare(93).

L’interpretazione che la scelta del legislatore

delegato sia stata, invece, quella di non violare

l’autonomia delle parti sociali circa il regime della

contribuzione datoriale futura trova fondamento nel

tenore degli artt. 12, comma 1, e 13, comma 4, del

decreto, secondo cui anche gli iscritti a fondi

pensione “aperti” e a forme pensionistiche

individuali vi possono destinare le contribuzioni del

datore di lavoro alle quali abbiano diritto(94).

Questa specificazione contenuta in entrambi gli

articoli chiarisce che non si è inteso attribuire un

93(?) Vedi Ciocca G. (2009), Il trattamento di fine rapporto e i fondi pensione, EUM94(?) Vedi Giubboni S. (2009), La previdenza complementare tra libertà individuale ed interesse collettivo, Cacucci

155

Page 156: Tesi   098973

diritto assoluto alla portabilità della contribuzione

datoriale negando la sua fonte negoziale, ma

semplicemente che qualora tale diritto sia previsto

dal contratto collettivo, la forma pensionistica

prescelta dal lavoratore non possa opporre alcuna

preclusione o limitazione al suo conferimento.

Ammettendo che il legislatore delegato abbia inteso

riservare all’autonomia negoziale delle parti

firmatarie del contratto collettivo la disciplina della

contribuzione datoriale, l’illegittimità apparente di

questa scelta si porrebbe in un insanabile contrasto

con l’equiparazione delle forme pensionistiche

complementari, che ispira il decreto 252/2005, a

vantaggio dei fondi sindacali, e con l’art. 76 della

Costituzione, negando il principio esplicito dettato

dalla legge delega 243/2004.

In ogni modo, l’interpretazione della disciplina in

tema di portabilità del contributo datoriale deve

seguire il dato letterale del d.lgs. 252/2005.

E l’interpretazione del dato letterale della

disposizione, quindi, individua nella sola

156

Page 157: Tesi   098973

contrattazione collettiva l’unica fonte di diritto al

contributo datoriale.

A sostegno di questa interpretazione milita il fatto

che il diritto al trasferimento del contributo

datoriale non è incluso nel principio di libertà di

adesione, in quanto la stessa adesione ad un fondo

sindacale comporta una subordinazione delle scelte

individuali del lavoratore in ordine alla gestione del

risparmio previdenziale a quelle operate

dall’autonomia collettiva, a tutela di un interesse

comune a tutti i lavoratori.

Inoltre, la previsione del contratto collettivo che

impone un contributo a carico del datore di lavoro,

se pur come parte della retribuzione, corrisponde

ad un diritto di credito di cui è titolare il fondo

pensione, regolato dalle fonti istitutive, e non il

singolo lavoratore(95).

Analizzando la questione nei minimi termini, il

concreto diritto o la possibilità della portabilità del

contributo datoriale può incidere sulla posizione del 95(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

157

Page 158: Tesi   098973

singolo, ma non è determinante al fine di tutelare la

circolazione nel sistema delle somme che

costituiscono il secondo pilastro previdenziale, in

quanto, una volta negato il trasferimento dei

contributi datoriali, queste somme rimangono nella

disponibilità del fondo sindacale.

Questa osservazione può essere utile

nell’inquadrare il ruolo delle banche depositarie dei

fondi, le quali non vedono, in ogni caso, una

sottrazione delle somme in questione, in quanto i

fondi aperti o, comunque, i fondi di “destinazione”

del trasferimento della posizione individuale si

avvalgono delle stesse banche depositarie dei fondi

sindacali o dei fondi a matrice collettiva.

Il lavoratore, che voglia esercitare il diritto alla

portabilità delle somme previste a carico del datore

di lavoro al di fuori dei limiti e della modalità

previsti dalla contrattazione collettiva, disporrebbe

di un diritto di cui non è titolare, in quanto la fonte

dell’obbligazione contributiva è la contrattazione

158

Page 159: Tesi   098973

collettiva e potrebbe trasferirsi esclusivamente alle

condizioni previste dalla fonte che l’ha creata.

Ne deriva che il contratto collettivo, nella sua veste

di fonte istitutiva, non solo potrà porre limiti al

diritto alla portabilità, fino ad escludere il diritto

stesso, ma, in assenza di un’espressa previsione, il

diritto non potrà essere riconosciuto.

Questa ricostruzione trova la sua legittimità nel

dato letterale della legge delega 243/2004, in cui si

parla di mera “possibilità” del diritto alla portabilità

e che indica la fonte del riconoscimento del diritto

stesso non nella legge, ma solo ed esclusivamente

nella contrattazione collettiva, che continua ad

avere una posizione predominante nel panorama

delle fonti istitutive a discapito del principio

ispiratore di fondo del decreto, e ciò a seguito di

una forte pressione del mondo sindacale (96).

I sospetti, più in generale, di illegittimità

costituzionale, ai sensi dell’art. 76 Cost., del decreto

96(?) Vedi PROSPERETTI G., La previdenza complementare e l’autonomia colletiva: il problema della portabilità del contributo datoriale, in AA.VV. (2008), Scritti in Onore di Edoardo Ghera(Tomo II) , Cacucci Editore

159

Page 160: Tesi   098973

252/2005, di non aver rispettato i criteri della legge

delegante, vengono fugati dalla necessaria

applicazione del criterio di specialità (97).

La disposizione di cui all’art. 1, comma 2, lettera e,

numero 4, della legge delegante 243/2004 non

vincola il legislatore delegato per la semplice

ragione che il diritto alla portabilità

dell’obbligazione contributiva datoriale è prevista

come semplice enunciazione di tutti gli strumenti

ritenuti opportuni per realizzare la circolazione dei

lavoratori nel sistema della previdenza

complementare.

In questi termini, quindi, bisogna porre l’attenzione

sui criteri direttivi contenuti nella disposizione

dell’art.1, comma 2, lettera e, numero 3, che

individua in maniera specifica le modalità con le

quali il principio, che estende la portabilità al

contributo datoriale, deve attuarsi(98).

97(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam98(?)Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

160

Page 161: Tesi   098973

E’ prevista, espressamente, la sola “possibilità” e

non il diritto, non potendosi correttamente

affermare l’esistenza di un vincolo posto al

legislatore delegato di una portata tale da

escludere l’autonomia collettiva a porre limiti e

modalità con le quali la eventuale portabilità del

contributo datoriale possa trovare concreta

attuazione.

Dunque, considerato che il sindacato ha la piena

facoltà di gestire la tutela dell’interesse collettivo, si

ritiene che il singolo riceva diritti, derivati, che

esistono solo in quanto sussiste la disciplina

collettiva attributiva di situazioni giuridiche che il

sindacato può gestire all’interno di uno scambio

contrattuale complessivo, in uno scenario di fondo

che vede nel contratto collettivo la fonte normativa

finalizzata alla tutela di un interesse collettivo

superiore a quello individuale del singolo

lavoratore.

Questa impostazione rispetta anche il principio di

libertà di adesione, in quanto la scelta del

161

Page 162: Tesi   098973

lavoratore si è pienamente compiuta nel momento

in cui ha spontaneamente aderito alla forma di

previdenza complementare sindacale, rilevando che

l’obbligazione contributiva del datore di lavoro

sussiste solo in quanto l’adesione è effettuata verso

un fondo sindacale.

Non solo, il legislatore ha ritenuto di affidare

all’autonomia collettiva il potere di stabilire limiti e

modalità e termini di esercizio della portabilità del

contributo datoriale, in base a valutazioni che

considerano l’interesse comune dei lavoratori

iscritti e l’interesse del singolo, in un “equo”

contemperamento che può trovare solo nella

contrattazione collettiva la sede legittima per

realizzare l’interesse di tutti i lavoratori che restano

iscritti al fondo pensione sindacale e di limitare i

possibili rischi in cui può incorrere con una

portabilità “di massa” dei singoli lavoratori(99).

99(?) Vedi PERSIANI M. (2010), La previdenza complementare, Cedam

162

Page 163: Tesi   098973

3.3 LA LIBERTA’ DI ADESIONE A FONDI

APERTI

Il d.lgs. n. 252/05, al fine di perseguire l’obiettivo di

creare un mercato concorrenziale delle prestazioni

di previdenza complementare, ha compiuto un

decisivo passo in avanti rispetto alla disciplina del

d.lgs. n. 124/93, in direzione di una equiparazione

del regime giuridico applicabile a tutte le forme

pensionistiche complementari.

Queste nel nuovo regime sono alternative tra loro e

il lavoratore è totalmente libero di decidere a quale

aderire sin dal momento del suo ingresso nel

sistema di previdenza complementare.

Il comma 2 dell’art. 12 del decreto prevede che

l’adesione a fondi aperti possa avvenire su base

individuale o su base collettiva.

In realtà, l’adesione a qualsiasi forma pensionistica

complementare non può che essere in ogni caso

individuale, espressa cioè autonomamente dal

singolo e fonte esclusiva del suo impegno negoziale

di partecipazione al fondo.

163

Page 164: Tesi   098973

La necessità dell’adesione individuale consente al

legislatore di astenersi dal dettare qualsiasi

requisito selettivo del soggetto legittimato a questa

contrattazione(100).

Nel caso dei fondi aperti è soggetto istitutore

soltanto il soggetto imprenditoriale gestore del

fondo, così come non vi è distinzione tra fonte

istitutiva e fonte costitutiva del fondo,

identificandosi funzionalmente entrambe nella

delibera di adozione del regolamento del fondo.

Secondo le previsioni dell’art. 5 del decreto, la

partecipazione collettiva a un fondo aperto non

attribuisce alla collettività degli iscritti alcuna

rappresentanza negli organi di amministrazione del

fondo né alcun diretto potere decisionale.

Solo qualora vi sia l’adesione di un gruppo di

almeno 500 lavoratori appartenenti alla stessa

azienda o a un medesimo gruppo, l’organismo di

sorveglianza è integrato da un rappresentante

100(?) Vedi TURSI A.(2007),La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm., Cedam

164

Page 165: Tesi   098973

dell’azienda o del gruppo e da un rappresentante

dei lavoratori.

E solo con un accordo preventivo con il soggetto

istitutore la “collettività”, cui intende rivolgersi il

fondo, può impegnare quest’ultimo ad adottare un

regolamento che le attribuisca condizioni di

rappresentanza negli organi decisionali del fondo e

criteri di determinazione delle spese e delle

prestazioni più favorevoli per gli iscritti rispetto a

quelli rinvenibili nei fondi diretti indistintamente al

mercato dei consumatori.

In assenza di previsioni regolamentari di questa

natura, la collettività di riferimento potrà

condizionare le scelte del gestore esclusivamente

minacciando di esercitare la propria opzione di

uscita, con il trasferimento ad altra forma

pensionistica nelle forme e nei tempi previsti

dall’art. 14 del decreto, opzione che in ogni caso,

come l’adesione, non potrà che esercitarsi

individualmente(101).101(?)Vedi TURSI A.(2007),  La nuova disciplina della previdenza complementare, Nuove leggi civ. comm.,Cedam

165

Page 166: Tesi   098973

I fondi aperti, infine, possono anche essere su base

individuale; in tal caso il diritto di adesione alla

relativa forma pensionistica individuale non è

condizionato dal possesso del requisito soggettivo

di appartenenza a una determinata collettività di

lavoratori subordinati o autonomi, né alla

sussistenza di specifiche previsioni nelle fonti

istitutive.

166

Page 167: Tesi   098973

3.4 LE PECULIARITA’ DEL PUBBLICO IMPIEGO

L’analisi dei caratteri distintivi della previdenza del

settore pubblico non può non tener conto dell’art.

23 comma 6 del decreto 252/2005, in cui è disposto

che “fino all'emanazione del decreto legislativo di

attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera p), della

legge 23 agosto 2004, n. 243, ai dipendenti delle

pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165, si applica esclusivamente ed integralmente la

previgente normativa”.

Il richiamo, al regime del d.lgs. 124/1993, è dovuto,

più che dalle sistematiche esigenze di

armonizzazione auspicate dalla legge delega,

dall’incompleta attuazione nel settore pubblico di

una uniformazione della differente disciplina delle

indennità di fine servizio con il regime del TFR (102).

102(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

167

Page 168: Tesi   098973

Venendo meno il TFR, la previdenza complementare

non trova la principale fonte di finanziamento del

sistema.

I dipendenti pubblici, quindi, hanno potuto aderire

alle forme pensionistiche soltanto all’esito di una

progressiva evoluzione normativa che ha consentito

il passaggio dal regime di TFS a quello di TFR,

transito che si è realizzato gradualmente attraverso

un processo di assimilazione dei due regimi,

innescato dagli interventi della Corte Costituzionale

(103) ed è continuato sulla base di un concorso di

discipline di fonte collettiva e legale.

Si possono individuare dei criteri che in linea

generale, verificando la tipologia contrattuale a

tempo indeterminato o determinato e la data di

assunzione, distinguono per i lavoratori del settore

pubblico il regime di trattamento di fine servizio da

quello di fine rapporto.

103(?) Vedi le pronunce del 19 marzo 1993 n.99, 19 maggio 1993 n.243, 4 aprile 1996 n.196, 18 luglio 1997 n. 243 e 30 aprile 1998 n.154.

168

Page 169: Tesi   098973

La nota operativa INPDAP numero 11 del 29 maggio

2005 riassume le differenze dei vari regimi

applicabili al settore pubblico.

E’ previsto il regime del TFR per i dipendenti assunti

con contratto di lavoro a tempo determinato in

corso o successivo al 30 maggio 2000, per i

dipendenti assunti a tempo indeterminato per la

prima volta presso una pubblica amministrazione

dal primo gennaio 2001 e per i dipendenti assunti

dopo il primo gennaio 2001, anche se non per la

prima volta, solo a condizione che ci sia stata

soluzione di continuità (individuabile in almeno un

giorno di intervallo) rispetto a precedenti rapporti di

lavoro a tempo determinato con pubbliche

amministrazioni, iscritte all’INPDAP, con riferimento

ai quali il lavoratore rientrava nel regime di

trattamento di fine servizio.

Quest’ultimo regime, invece, è previsto per i

dipendenti assunti antecedentemente al primo

gennaio 2001, anche se solo ai fini giuridici con

decorrenza economica successiva al 31 dicembre

169

Page 170: Tesi   098973

2000, o assunti anche dopo ma senza soluzione di

continuità (104).

Il regime di trattamento di fine servizio si

caratterizza per una funzione previdenziale e non

retributiva, in cui le somme non sono computate in

base ad un sistema di tipo additivo sulla base degli

accantonamenti delle retribuzioni per i singoli anni

di retribuzione, come nel regime del trattamento di

fine rapporto, ma di tipo moltiplicativo in base ad

un rapporto percentuale dell’ultima retribuzione

moltiplicata per gli anni di servizio ed erogate

secondo la tecnica della ripartizione.

Con l’estensione ai dipendenti pubblici del regime

del TFR, non si può tralasciare che le

caratteristiche, che assume questo regime solo nel

settore pubblico, attraverso l’accantonamento

figurativo o virtuale, incidono fortemente nel

finanziamento, nelle prestazioni e nella disciplina

del trasferimento.

104(?) Il personale in regime di TFS poteva esercitare l’opzione verso il regime di TFR entro il termine del 31 dicembre 2010 secondo le modalità previste dall’accordo quadro del 3 febbraio 2006.

170

Page 171: Tesi   098973

Infatti, come previsto dall’art.11 comma 4

dell’accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999, gli

accantonamenti del TFR, non coperti dagli appositi

stanziamenti, devono essere trattati come

accantonamenti figurativi e quindi non versate ai

fondi pensione, ma solo nominalmente individuati e

liquidati dall’INPDAP all’atto della cessazione del

rapporto di lavoro del dipendente.

Solo in questo momento l’INPDAP conferirà al fondo

pensione il montante maturato con gli

accantonamenti figurativi, individuabili nel

trattamento di fine rapporto accresciuto dai

rendimenti netti di un paniere di fondi di previdenza

complementare presenti sul mercato da individuarsi

tra quelli con maggior adesione dei dipendenti.

Pertanto, la posizione individuale del dipendente

pubblico, in un fondo pensione previsto dalla

contrattazione collettiva regolativa del rapporto di

lavoro, consiste in una parte reale detenuta dal

fondo stesso, formata dai contributi a carico del

171

Page 172: Tesi   098973

lavoratore e del datore di lavoro, e da una parte

figurativa, costituita presso l’INPDAP.

Non può essere, quindi, trascurata la diversità (105)

del regime per ciò che riguarda le anticipazioni e i

riscatti nel pubblico impiego, limitata dalla

applicabilità di queste prestazioni alla sola parte

reale e non a quella figurativa.

Un discorso simile si può fare anche per la

circolazione all’interno del sistema di previdenza

complementare, constatando che tutti gli strumenti

previsti dal decreto 252/2005 sono limitati alla sola

parte reale e negando tutto l’impianto descritto per

il trasferimento del TFR, ovviamente non coperto

dagli appositi stanziamenti.

La COVIP, interpellata dall’INPDAP con la nota del

29 aprile 2000, dopo aver ricordato che, ai sensi

dell’art. 2 comma 5 d.p.c.m. 20 dicembre 1999, il

montante maturato da accantonamenti figurativi

viene conferito al fondo pensione alla cessazione

del rapporto di lavoro, ha dedotto che, in caso di 105(?) Vedi CINELLI M. (2010), La previdenza complementare. Art. 2123, Giuffrè Editore

172

Page 173: Tesi   098973

trasferimento da un fondo negoziale per pubblici

dipendenti ad un’altra forma pensionistica

complementare, l’accantonamento figurativo

rimane tale e non può essere oggetto né di

trasferimento o di riscatto, né può essere conferito

in caso di mobilità obbligatoria o volontaria.

Per quanto riguarda la permanenza nel fondo e la

perdita dei requisiti, ai sensi dell’art. 10 d.lgs.

124/1993, la Covip ha precisato che per le somme

reali, di qualsiasi natura, il trasferimento debba

avvenire anche in caso di costanza di lavoro, a

prescindere dalla cessazione dal servizio.

173

Page 174: Tesi   098973

CONCLUSIONI

Le riflessioni sopra svolte certamente consentono di

affermare conclusivamente che il sistema della

previdenza complementare, come evolutosi negli

ultimi anni, ha assunto un ruolo importante,

nell’ambito di un concetto di “solidarietà di tipo

universalistico in considerazione della crisi del

sistema a ripartizione e delle profonde modificazioni

del mercato del lavoro” (106), segnato nell’attualità

dall’aggravarsi della crisi del sistema pensionistico

obbligatorio.

E’ proprio nei periodi in cui si prospettano sempre

maggiori restrizioni alle disponibilità di risorse ed è

comunque sempre più pressante l’esigenza di

utilizzare al meglio quelle esistenti, che diventa

imperativo dotarsi di strumenti elastici ed articolati,

che permettano di scegliere forme di previdenza

che garantiscano un livello adeguato di reddito.

106(?)Vedi PROSPERETTI G., La previdenza complementare e l’autonomia colletiva: il problema della portabilità del contributo datoriale, in AA.VV. (2008), Scritti in Onore di Edoardo Ghera(Tomo II) , Cacucci Editore

174

Page 175: Tesi   098973

Si è detto che “può ipotizzarsi un futuro dove il

primo pilastro garantisca un minimo di tutela in una

situazione ibrida previdenziale – assistenziale,

mentre il secondo pilastro, quello della previdenza

complementare dovrebbe garantire un livello di

pensionamento meritocratico di tipo previdenziale –

assicurativo”(107).

A fine 2012 gli aderenti ai fondi negoziali erano

1.969.771, in calo dell’1,2%, dato che può apparire

uniforme al normale andamento del sistema se non

per l’esplosione in termini percentuali degli iscritti,

in rapporto al solo anno precedente, ai fondi aperti,

3,7% con 913.913 iscritti, e delle forme

pensionistiche individuali, 22,4% con 1.777.024

iscritti (108).

Il motivo è semplice: i piani individuali sono offerti e

venduti da banche, assicurazioni e promotori

finanziari, i quali, grazie alle loro campagne

commerciali, all’alta remuneratività dei loro piani

107(?) Vedi PROSPERETTI G., op. cit.108(?) Vedi Relazione Covip per l’anno 2012

175

Page 176: Tesi   098973

pensionistici, spingono i clienti a sottoscrivere i loro

prodotti a discapito dei fondi negoziali.

Nella previdenza complementare di tipo bancario –

assicurativo si nota un forte segno di continuità,

distante da tutti i problemi interpretativi e dalle

vicende modificative dei fondi pensione sindacali,

che guarda all’autonomia individuale come uno,

forse l’unico, non volgendo lo sguardo ai dati che

descrivono il predominante montante contributivo

che costituiscono i fondi negoziali, strumento di

operatività per il futuro del sistema pensionistico di

secondo livello.

In effetti, una tale prospettiva richiede una efficace

sinergia che renda (co)attori del sistema tutti i

soggetti interessati e per primi i destinatari delle

forme previdenziali complementari.

Indubbiamente, l’autonomia collettiva rimarrà

protagonista in questa trasformazione, con il ruolo

che viene affidato all’attività sindacale all’ombra di

176

Page 177: Tesi   098973

una legislazione che si può descrivere come

“vincolistica”(109).

L’opzione che privilegia la contrattazione collettiva

alla ricerca di strumenti di vincolatività in favore

delle forme pensionistiche istituite dalla stessa

contrattazione collettiva (110) non può trascurare,

però, l’arduo problema della estensione di efficacia

del contratto collettivo anche ai non iscritti (111),

sicché il sistema pensionistico complementare

continua a giovare di questo impianto legislativo e a

finanziarsi con le tecniche di estensione

dell’efficacia del contratto collettivo.

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