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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLTÀ DI INGEGNERIA – SEDE DI MODENA Corso di Laurea in Ingegneria Ambientale —————————————————————————————— LA VALORIZZAZIONE DELLE SCORIE DA INCENERIMENTO DI RIFIUTI SOLIDI URBANI NELLE INFRASTRUTTURE STRADALI: La sperimentazione di Meta s.p.a. Modena Relatore: Tesi di Laurea di: Prof. Ing. ADELMO BENASSI BARTOLI ALBERTO —————————————————————————————— Anno Accademico 2002/2003

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA

FACOLTÀ DI INGEGNERIA – SEDE DI MODENA

Corso di Laurea in Ingegneria Ambientale ——————————————————————————————

LA VALORIZZAZIONE DELLE SCORIE DA

INCENERIMENTO DI RIFIUTI SOLIDI URBANI

NELLE INFRASTRUTTURE STRADALI:

La sperimentazione di Meta s.p.a. Modena

Relatore: Tesi di Laurea di: Prof. Ing. ADELMO BENASSI BARTOLI ALBERTO

——————————————————————————————

Anno Accademico 2002/2003

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PAROLE CHIAVE:

Scorie da incenerimento di rifiuti solidi urbani

Conglomerato Idraulico Catalizzato

Recupero di materia

Valorizzazione

Infrastrutture stradali

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INDICE

Pag.

Introduzione..................................................................................................1

Capitolo 1: L’incenerimento in Europa e in Italia............................4

1.1 La situazione europea............................................................4

1.1.1 I valori del recupero dei rifiuti.................................4

1.1.2 Metodi di trattamento dei rifiuti..............................5

1.1.3 Gli impianti di incenerimento in Europa ..............8

1.1.4 Capacità di incenerimento degli impianti

Europei ........................................................................9

1.2 La situazione in Italia...........................................................10

1.2.1 Macro valori a livello nazionale.............................10

Capitolo 2: Il processo di incenerimento ..........................................17

2.1 Introduzione .........................................................................17

2.2 Bilancio di massa..................................................................19

2.3 Previsioni ...............................................................................21

2.4 Bilancio energetico dell’impianto......................................25

2.5 Gestione dei residui .............................................................26

Capitolo 3: Le scorie .................................................................................28

3.1 I fattori che influenzano le caratteristiche delle scorie..28

3.2 Caratteristiche fisiche ..........................................................29

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Pag.

3.2.1 Aspetti generali.........................................................29

3.2.2 Umidità ......................................................................30

3.2.3 Perdita al fuoco ........................................................31

3.2.4 Capacità di assorbimento dell’acqua ....................31

3.2.5 Massa volumica ........................................................31

3.2.6 Granulometria ..........................................................32

3.2.7 Caratteristiche geotecniche ....................................32

3.3 Caratteristiche chimiche......................................................33

3.3.1 Composizione elementare......................................33

3.3.2 Composizione mineralogica ..................................35

3.3.3 Classificazione chimica ...........................................39

3.4 Comportamento alla lisciviazione.....................................40

3.4.1 Generalità sulla lisciviazione delle scorie.............40

3.4.2 Potere basico delle scorie .......................................41

3.4.3 Comportamento di alcuni elementi......................42

3.5 Caratteristiche di impatto ambientale...............................45

Capitolo 4: Trattamenti ...........................................................................52

4.1 Ciclo di valorizzazione delle scorie...................................57

4.2 L’impianto di trattamento ..................................................59

4.3 L’impianto di confezionamento del conglomerato

idraulico catalizzato .............................................................62

4.4 Analisi economica della valorizzazione delle scorie da

incenerimento .......................................................................64

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Pag.

Capitolo 5: Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche ......69

5.1 Olanda....................................................................................70

5.2 Germania ...............................................................................70

5.3 Francia....................................................................................71

5.4 Danimarca .............................................................................72

5.5 Il progetto Mashroad ..........................................................74

Capitolo 6: Le esperienze di riutilizzo in Italia ...............................76

6.1 Premessa introduttiva..........................................................76

6.2 La sperimentazione in laboratorio....................................82

6.3 Programma sperimentale di sicurezza sul

C.I.C/Meta: prove tossicologiche ed

ecotossicologiche .................................................................95

6.4 Descrizione del campo prova......................................... 102

6.4.1 Requisiti progettuali del campo prova .............. 102

6.5 La realizzazione del campo prova, le problematiche

emerse e i risultati.............................................................. 106

6.6 Gli aspetti di natura ambientale...................................... 114

Bibliografia

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Desidero ringraziare:

Sentitamente il Prof. Ing. Adelmo Benassi per la professionalità,

per la disponibilità e la collaborazione messami a disposizione

durante la realizzazione di questa tesi e per l’estrema cortesia

sempre dimostratami che mi ha consentito questa esperienza per

me molto arricchente.

L’ing. Stefano Ciampicacigli di S.M.I.A. s.r.l.; per il prezioso

contributo e la consulenza offertami in merito alle sperimentazioni

eseguite.

La dott.ssa Eleonora Fornasari, vicepresidente di ITALCIC, per la

consulenza offertami.

“META s.p.a.”

“ITALCIC”

“PESCALE s.p.a.”

“S.M.I.A. s.r.l.”

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Introduzione

1

I N T R O D U Z I O N E

Per superare definitivamente l’emergenza rifiuti la più naturale ed

immediata azione da sviluppare, non è solo quella di fermare la crescita

dei quantitativi dei rifiuti stessi e quindi di produrne meno, ma anche di

modificare radicalmente il sistema ambientale e culturale.

E’ evidente che questo comporta fondamentalmente un cambiamento

radicale non solo dell’attuale modello di produzione e di consumo,

ipotesi per molti aspetti di non facile ed immediata attuazione, ma anche

di convinti orientamenti culturali i cui obbiettivi strategici fondamentali

si possono riassumere in azioni di prevenzione (diminuzione della

quantità e della pericolosità), di valorizzazione ( recupero di energia e

risorse dai rifiuti) e di corretto smaltimento (tecnologie compatibili).

Va incentivato su scala nazionale un modello di gestione rifiuti basato

sul “sistema di gestione integrata”. Tale modello pone al centro il

concetto del recupero e della valorizzazione conseguente delle frazioni

merceologiche presenti nei RU sia sotto forma di materia che di energia,

relegando il ricorso alla discarica solo per quei rifiuti che residuano dal

trattamento e che non sono suscettibili di ulteriori valorizzazioni. Va

quindi aperta una nuova fase nell’affrontare i problemi.

L’incidenza economica ed ambientale dello smaltimento in discarica

delle scorie pesanti (CER 190101) e leggere da incenerimento di RU

(CER 190103) hanno indotto l’avvio di sperimentazioni tendenti ad

individuare forme di recupero o, al peggio sistemi di detossificazione,

che ne consentissero il riutilizzo o lo smaltimento in discariche meno

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Introduzione

2

protette (e quindi più diffuse) rispetto a quelle necessarie ad ospitare le

scorie tal quali.

La quantità delle scorie di incenerimento dei RU prodotte attualmente

dovrebbe sensibilmente aumentare, con la crescita della produzione di

RU (la produzione di RU per abitante negli USA è più di due volte

superiore a quella della UE), con la progressiva diminuzione del ricorso

alle discariche e l’attivazione di nuove politiche per l’eliminazione dei

rifiuti che fanno largamente affidamento all’incenerimento.

Dunque a breve termine si pone un importante problema per la loro

eliminazione.

D’altra parte l’attività di realizzazione delle strade è fortemente

consumatrice di granulati, con circa 1 miliardo di t/anno, per la UE.

Ora l’impegno nella conservazione delle risorse naturali e nella

protezione dell’ambiente rendono sempre più inconcigliabile l’apertura

di nuove cave e ciò conduce il settore a considerare i rifiuti ed i

sottoprodotti di diverse attività come un nuovo “giacimento” di

materiali di sostituzione.

Con la presente tesi, intendiamo proporre una soluzione efficace alla

valorizzazione del rifiuto, oltre che dal punto di vista energetico, dal

punto di vista della materia che altrimenti sarebbe destinata allo

smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi (ex categoria IIB) e

quindi resa definitivamente indisponibile per un eventuale riutilizzo, con

un conseguente enorme impatto ambientale.

Cogliendo questa innovativa opportunità si realizzerebbe in modo pieno

l’idea contenuta nel “sistema di gestione integrata” riducendo quindi al

minimo la percentuale di rifiuto da smaltire a favore invece di un suo più

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Introduzione

3

completo riutilizzo e si arriverebbe finalmente con il fargli assumere una

nuova dimensione: quella di “risorsa”.

L’obbiettivo di questo progetto di ricerca è di sviluppare queste

possibilità di valorizzazione accrescendo le prestazioni meccaniche, ma

soprattutto quelle ambientali del prodotto mediante un trattamento

specifico.

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

4

C a p i t o l o 1

L’INCENERIMENTO IN EUROPA E IN ITALIA

1.1 LA SITUAZIONE EUROPEA

1.1.1 I VALORI DEL RECUPERO DEI RIFIUTI

304 impianti nei 18 stati.

269 impianti in 15 stati membri dell’EU,al 2003.

50,2 milioni di tonnellate di capacità annua di incenerimento di

rifiuti domestici ed assimilabili in EU, al 2003.

47,3 milioni di tonnellate di capacità in EU, al 2003.

150 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti prodotti in EU.

30 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti inceneriti in EU.

8,1 milioni di tonnellate di scorie prodotte annualmente in EU al

2003.

49,6 TWh di energia sono recuperati nei 15 stati membri

dell’EU, al 2003.

44,4 TWh di energia recuperati nei 15 stati membri dell’EU.

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

5

Figura 1.1: Percentuale di termotrattamento dei rifiuti nell’Unione

Europea:

20%

80%

quantità rifiuti inceneriti negli impianti in EUquantità rifiuti destinati ad altre tipologie di smaltimento in EU

1.1.2 METODI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI

Nella Tabella successiva si è cercato di rappresentare graficamente la

percentuale dei rifiuti destinati ai vari utilizzi una volta raccolti: destinati

alla discarica, destinati al recupero energetico, destinati alla realizzazione

di compost e destinati al riciclaggio.

Come appare chiaro, la via purtroppo ancora largamente scelta per

quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti è la discarica e troppo poco

spazio è destinato al riciclaggio. Questo utilizzo delle discariche assume

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

6

un evidenza maggiore in paesi come l’Italia, la Spagna ed il Regno Unito

dove sono stati riscontrati valori percentuali ben superiori alla media

europea che si attesta intorno al 45%.

Ci sono però anche delle eccezioni come l’Olanda e la Germania, dove il

riciclaggio dei rifiuti assume una buona percentuale, soprattutto se

confrontati ai valori riscontrati in Italia e in Spagna, dove purtroppo la

percentuale è largamente inferiore.

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

7

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

8

1.1.3 GLI IMPIANTI DI INCENERIMENTO IN EUROPA

Ci sono circa 304 impianti di incenerimento su larga scala in Europa, il

96% dei quali recupera energia dai rifiuti.

84

56

28 2725

1916

12 11 10

5 42

5

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

Francia

German

iaIta

lia

Svizze

ra

Danim

arca

Belgio

Svezia

Regno

Unit

o

Olanda

Spagn

a

Norveg

ia

Austria

Portog

allo

Altri

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

9

Nome impianto Paese Potenzialità

t/a

Recupero energia

elettrica MWh

AVR Olanda 1.500.000 500

Amsterdam-West Olanda 800.000 456

Paris-Ivry Francia 750.000 135

Essen Germania 745.000 244

Munchen-N2 Germania 725.000 210

Paris-Saint-Ouen 2 Francia 700.000 62

Moerdijk AZN Olanda 600.000 Solo recupero di calore

Oberhausen Germania 578.000 150

Paris-Issy Francia 570.000 56,5

Bremen Germania 550.000 15

Brescia Italia 400.000 270

1.1.4 CAPACITA’ DI INCENERIMENTO DEGLI IMPIANTI

EUROPEI

La situazione della capacità di incenerimento degli impianti europei è

rappresentata efficacemente nel grafico seguente, dal quale si evince che

il valore medio europeo della capacità di incenerimento è 177.000

tonnellate all’anno. Le differenze fra i vari paesi sono talvolta molto

accentuate e per quanto riguarda l’Italia è da notare come ci piazziamo

fra gli ultimi posti in Europa con un valore che si aggira intorno alle

91.000 tonnellate all’anno, evidentemente, ben al di sotto della media;

mentre paesi come l’Olanda o la Germania, anche da questo dato,

notiamo sono al di sopra della media continentale.

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

10

83

91

110

114

126

132

136

166

178

246

257

390

488

177

Norvegia

Italia

Svizzera

Danimarca

Belgio

Francia

Svezia

Spagna

Valore medio

Austria

UK

Germania

Portogallo

Olanda

'000 tonnellate all'anno

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

11

1.2 LA SITUAZIONE ITALIANA

1.2.1 MACRO VALORI A LIVELLO NAZIONALE

PARAMETRI VALORE

Numero impianti 63

Potenzialità nominale (t/a) 4.602.420

Produzione totale di rifiuti nel 1999 (t/a) 26.605.200

Quantità trattate dagli impianti nel 1999 (t/a) 2.168.828

Scorie prodotte nel 1999 (t/a) 585.584

Recupero energia elettrica nel 1999 (MWhe/a) 649.494

Recupero energia termica nel 1999 (MWht/a) 931.684

26.605.200RSU

8%termovalorizzazione

14%in discarica dopo trattamenti

84%in discarica

80%in discarica

2%recupero metalli

12%altri trattamenti

1.000.000 di scorie prodotte

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

12

Figura 1.2: Percentuale di termotrattamento dei rifiuti sull’intero

territorio nazionale:

80%

8%

12%

discarica termovalorizzazione altri trattamenti

Nonostante i rifiuti siano fonti disponibili e rinnovabili da cui recuperare

energia e materiali, la maggior parte di essi, continua ad essere conferita

in discarica, rinunciando così alla possibilità di sfruttare le potenzialità

energetiche e di materiali dei rifiuti, mentre risulta ancora scarsa la

frazione destinata all’incenerimento, al riciclaggio o ad altre tecniche di

trattamento.

Il quadro italiano descritto risulta in netta contrapposizione con la

situazione esistente nella maggioranza degli altri Paesi europei, dove i

rifiuti sono considerati già da tempo una risorsa energetica importante,

come possibile alternativa ai combustibili fossili, e dove la

termovalorizzazione è una tecnica ormai diffusa con cui viene trattata la

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

13

gran parte ( il 20% rispetto al 8% italiano ) dei rifiuti urbani ed

assimilabili prodotti.

Tabella 1.1: Caratteristiche degli impianti di termoutilizzazione RU

presenti sul territorio nazionale: n. Settore

geografico

Regione Prov. Comune Tecnologia Pot. Nom

(t/a)

Quant. Trattate

’99 (t/a)

1 NW (18) Liguria (2) SP La Spezia 1 Griglia 55.800 0

2 SP La Spezia 2 Griglia 100.00 0

3 Lombardia (13) MI Abbiategrasso Rotante 18.600 12.240

4 BG Bergamo Griglia 42.741 34.967

5 BS Brescia Griglia 328.900 355.000

6 VA Busto Arsizio 1 Griglia 26.770 24.353

7 VA Busto Arsizio 2 Griglia 156.240 0

8 CO Como Griglia 79.168 0

9 CR Cremona Griglia 31.338 30.147

10 MI Desio Griglia 76.560 0

11 MI Milano 1 Griglia 138.640 85.523

12 MI Milano 2 Griglia 163.313 85.188

13 MI Milano 2bis Griglia 279.000 0

14 MI Sesto S.Giovanni Griglia 80.352 80.352

15 LC Valmedrara Griglia 76.320 76.320

16 Piemonte (3) VB Mergozzo Griglia 18.450 18.450

17 VB Verbania Gassificatore 31.000 31.000

18 VC Vercelli 1-2 Griglia 58.938 58.938

19 NE (19) E.Romagna (10) BO Bologna Griglia 189.929 138.950

20 RN Coriano1-2-3 Griglia 119.208 106.428

21 FE Ferrara 1 Griglia 25.937 18.143

22 FE Ferrara 2 Griglia 43.613 39.174

23 FO Forlì Griglia 61.992 53.720

24 MO Modena 1-2-3 Griglia 166.358 108.084

25 PR Parma Letto fluido 63.500 62.500

26 PC Piacenza Griglia 48.360 0

27 RA Ravenna Letto fluido 172.736 0

28 RE Reggio Emilia Griglia 63.350 58.922

29 Friuli VG (4) GO Gorizia Rotante 12.400 12.400

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

14

30 GO Moraro Rotante 11.305 8.785

31 TS Trieste 1 Rotante 106.200 111.771

32 TS Trieste 2 Griglia 126.480 0

33 Trentino AA (1) BZ Bolzano 1-2 Griglia 75.600 64.359

34 Veneto (4) PD Padova 1-2 Griglia 53.850 42.874

35 VI Schio 1-2 Griglia 33.693 42.151

36 VR Verona Letto fluido 148.800 0

37 VE Venezia Griglia 52.560 46.627

38 Centro (17) Lazio (2) RM Colleferro Griglia - 0

39 RM Roma Griglia - 0

40 Marche (1) MC Tolentino Griglia 19.500 20.500

41 Toscana (13) AR Arezzo Griglia 37.200 0

42 LU

Castelnuovo

Garfagnana Griglia 10.850 9.600

43 FI Greve in Chianti Gassificatore 12.060 9.700

44 LI Livorno Griglia 53.909 41.012

45 GR Massa Griglia 14.400 16.000

46 PT Montale Rotante 39.600 28.500

47 PI Pisa Letto fluido 74.400 0

48 SI Poggibonsi Griglia 24.150 21.822

49 PI Pontedera Letto fluido 148.800 0

50 LI Porto Azzurro Gassificatore 27.000 0

51 FI Rufina Griglia 11.174 9.560

52 GR Scarlino Letto fluido 126.480 0

53 LU Versilia Letto fluido 55.800 0

54 Umbria (1) TR Terni Griglia 89.040 29.783

55 Sud (4) Basilicata (2) PZ Melfi Griglia 37.200 0

56 PZ Potenza Letto fluido 37.200 0

57 Calabria (1) CS Rende Griglia 20.150 0

58 Puglia (1) TA Taranto Griglia 62.000 0

59 Isole (5) Sardegna (3) CA Cagliari Griglia 110.880 91.200

60 NU Macomer Letto fluido 62.000 43.500

61 SS Sassari Rotante 37.200 0

62 Sicilia (2) ME Messina 1 Griglia 62.000 13.727

63 ME Messina 2 Griglia 44.928 0

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

15

Tabella 1.2: Distribuzione geografica della capacità degli impianti di

termoutilizzazione RU di aziende aderenti a Federambiente:

Settore geografico %

NW 43,8

NE 40,64

Centro 12,43

S 1,33

Isole 2,52

totale 100,00

Dalla tabella sopra riportata appare chiaro come la capacità di

termovalorizzazione in Italia sia purtroppo ancora sbilanciata fortemente

verso le regioni del nord a discapito evidente del centro, del sud e delle

isole.

Tabella 1.3: Distribuzione delle tecnologie degli impianti di

termoutilizzazione RU:

TECNOLOGIE n. %

griglia 45 71,4

rotante 8 12,7

letto fluido 7 11,1

gassificatore 3 4,8

TOTALE 63 100

La tecnologia di incenerimento RU più utilizzata risulta essere senza

dubbio quella a griglia mobile, la quale rappresenta da sola il 71,4% del

parco impianti nazionale.

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Capitolo 1 – L’incenerimento in Europa e in Italia –

16

Proprio questo tipo di tecnologia è quella più adatta alla combustione

dei RU tal quali così come vengono raccolti dal cassonetto, proprio

perché non richiede vengano eseguiti pretrattamenti sui rifiuti in

ingresso e quindi molto flessibile e con una grande potenzialità per

quanto riguarda le tonnellate da incenerire.

Figura 1.3: Tecnologie degli impianti italiani di termoutilizzazione RU.

griglia71%

rotante13%

letto fluido11%

gassificatore5%

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

17

C a p i t o l o 2

IL PROCESSO DI INCENERIMENTO

2.1 INTRODUZIONE

La gestione economica e ambientale di un inceneritore di rifiuti urbani e

quindi la contemporanea gestione del problema rifiuti visto in un ottica

più generale, passa inevitabilmente dalle opportunità di recuperare il più

possibile dal processo di combustione che in essi si realizza.

Il recupero di energia costituisce indubbiamente, nel nostro paese, un

elemento chiave nel quadro economico di un progetto per lo

smaltimento di rifiuti urbani. E’ infatti attualmente considerata la

principale e forse unica via da percorrere per valorizzare ulteriormente il

processo di combustione. L’opportunità però di rendere l’inceneritore

oltre che un recuperatore di energia anche un recuperatore di materia,

apre una nuova prospettiva nel campo della gestione e della sostenibilità

ambientale in primo luogo degli impianti stessi di incenerimento e in

secondo luogo del “problema rifiuti”. Oltre all’aspetto economico che

riveste questo tipo di soluzione; si ridurrebbe infatti drasticamente, quasi

dimezzandola, la spesa di gestione delle scorie, che attualmente è

valutata intorno ai 1.55 milioni di euro per destinarle in discarica; non è

da dimenticare il notevole beneficio di poter usufruire di materiale già

presente sul mercato e in un ciclo produttivo per svolgere compiti

(come quello di sottofondi stradali) a cui sarebbe stato necessario

destinare nuova materia fino ad allora estranea al mercato.

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

18

Fino a qualche anno fa la discarica controllata era indispensabile per lo

smaltimento delle scorie che rappresentano pur sempre una quota

significativa, in peso del rifiuto d’origine. Da adesso anche il riutilizzo di

scorie da inceneritore può e deve rappresentare un opportunità

economica per la gestione di un impianto di incenerimento.

Di seguito è riportato il lay-out di un impianto di incenerimento, dal

quale vengono efficacemente evidenziate le materie in uscita e le loro

future destinazioni.

* in alcuni processi è possibile il recupero per usi industriali dei sali (NaCl)

Smaltimento

acque

Smaltimento(o futuro recupero)

scorie di combustione

ceneri volanti

aria

RURSA

Fossa di ricevimento scorie

aria

Camera di combustione

Recupero di energia VentolaMonitoraggioTrattamento

fumi

Camino

fumi di scarico

acque

TrattamentoTrattamento

reagenti esausti *

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

19

2.2 BILANCIO DI MASSA

L’elaborazione del bilancio risponde all’esigenza di delineare un quadro

rappresentativo delle condizioni tecnologiche e gestionali effettive

dell’impianto, in modo da poterne definire le condizioni medie di

funzionamento. In questo paragrafo non ci soffermeremo sulle singole

componenti in entrata o in uscita ma abbiamo l’intenzione di mostrare

in maniera diretta i flussi di massa che coinvolgono l’impianto,

soffermandoci in particolare su un dato percentuale significativo: la

percentuale di scorie di combustione prodotte.

Per realizzare questo abbiamo utilizzato un diagramma detto “di

Sankey”, riportato in figura 2.1.

Figura 2.1: Flussi di massa in entrata ed in uscita da un impianto di

incenerimento:

FUMI AL CAMINO

ACQUA

REAGENTI

CENERI VOLANTI

REAGENTIACQUA

2,5-3 %

26-28 %

SCORIE DI COMBUSTIONE

100 %

R.S.U

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

20

Proprio dalla figura 2.1 notiamo una peculiarità degli impianti di

inceneriemento: una consistente quantità di residui solidi di

combustione prodotti.

L’impianto di termovalorizzazione di META s.p.a. ha incenerito nel

2002 una quantità di rifiuti pari a 118.503 tonnellate di cui 113.538 t di

RU+RSA e 4.965 t di Ospedalieri, producendo 32.398 t di scorie di

cui 31.804 t non deferrizzate e 594 t deferrizzate.

Il sistema di raccolta effettuato a Modena si basa sull’utilizzo di mini

isole ecologiche composte da almeno quattro tipologie di contenitori di

cui tre specializzati rispettivamente per carta e cartone, plastica, vetro e

lattine, il quarto è riservato al rifiuto indifferenziato che più

correttamente va definito “restante”. Tale batteria di cassonetti è a

disposizione mediamente ogni 400 abitanti.

Il rifiuto entrante all’impianto di incenerimento proviene principalmente

dalla raccolta tramite cassonetti stradali del restante, non subisce alcun

pretrattamento o selezione ed è così composto:

Tabella 2.1: Rifiuto incenerito nel 2002

Composizione Quantità (t.) nel 2002 Percentuale

RU 111.038 93,7 %

RSO 4.965 4,2 %

RSA 2.500 2,1 %

TOTALE 118.503 100,00%

Di questi RSO, i RUP medicinali e veterinari ed i medicinali di scarto

vengono interamente inceneriti, mentre gli altri possono in parte andare

in discarica.

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

21

Tabella 2.2: Composizione chimica media del rifiuto incenerito.

Composizione

chimica

Tal

quale

Scorie C* C H O N S Cl

Carta/Cartoni 23,3 18,6% 18,97 8,25 1,50 5,41 0,04 0,17 0,08

Plastica 13,2 7,1% 12,26 8,34 1,41 1,04 0,09 0,10 0,42

Materiali

metallici 5,5 90,4% 0,53 0,02 0,00 0,02 0,00 0,00 0,00

Vetro 9,2 98,9% 0,10 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Veg./mat.

Putrescibili 30,0 24,1% 22,77 8,83 0,96 6,44 0,73 0,23 0,09

Sottovaglio ed

altri 18,8 24,8% 14,14 6,64 2,09 1,67 0,06 0,08 0,08

Totale 100,0 68,77 32,09 5,96 14,58 0,91 0,58 0,67

C*= frazione combustibile C= frazione in peso del Carbonio nel combustibile

2.3 PREVISIONI

Essenziale per comprendere gli eventuali sviluppi della

termovalorizzazione nella Provincia di Modena è riuscire a stimare le

variazioni che potrebbero subire nel tempo i quantitativi di R.U.

destinati appunto all’incenerimento.

La definizione delle tendenze di produzione di R.U. dal 2003 al 2012 è

stata effettuata riferendoci alla situazione reale dell’andamento di

produzione di RU registrato dal 1995 al 2002.

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

22

Le variabili considerate sono riconducibili a:

• Aumento della popolazione.

• Incremento della produzione pro capite di RU.

• Estensione o meno dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciale

agli urbani.

Considerando la produrne totale (t/anno) di RU rilevata dal 1995 al

2002, si è potuta costruire una retta di tendenza (figura 2.2 linea rossa)

dalla quale ricavare la stima della quantità di RU totali previsti per i

diversi anni fino al 2012. L’andamento della retta approssima un

incremento percentuale pari a circa il 2,8%

Da tali ipotesi, riportata in tabella 2.3, si ricava:

al 2005 la produzione totale di RU è pari a 418.979 t e la

produzione pro capite pari a 634,9 kg/ab.anno;

al 2012 la produzione totale di RU è pari a 501.936 t e la

produzione pro capite pari a 719,4 kg/ab.anno.

Le previsioni contenute nel PPGR, ancora in elaborazione al momento

della stesura della tesi, prevedono un fabbisogno di termovalorizzazione

al 2007 pari a circa 240.000 t/a; da questo dato abbiamo potuto

calcolare la produzione di scorie al 2007 che si aggirerà intorno alle

70.000 t/a.

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

23

Tabella 2.3: Previsione produzione RU nella Provincia di Modena

anno RU totale (t/anno) RU totale pro capite

(t/ab.anno)

1995 310.731 509,6

1996 314.295 512,1

1997 315.172 511,1

1998 323.831 521,9

1999 345.792 552,6

2000 367.483 580,9

2001 372.336 582,4

2002 385.924 599,0

2003 395.277 608,6

2004 407.128 621,9

2005 418.979 634,9

2006 430.830 647,7

2007 442.681 660,2

2008 454.532 672,5

2009 466.383 684,6

2010 478.234 696,4

2011 490.085 708,0

2012 501.936 719,4

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

24

Figura 2.2: Tendenza di produzione RU Provincia di Modena

300.000

320.000

340.000

360.000

380.000

400.000

420.000

440.000

460.000

480.000

500.000

520.000

1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011

anno

RU

(t/a

nno)

Figura 2.3: Tendenza di produzione di scorie Provincia di Modena

30000

35000

40000

45000

50000

55000

60000

65000

70000

75000

2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014

anno

t/ann

o

NOTE: 1) Nel 2006 è previsto l’avviamento del nuovo impianto di termovalorizzazione.

2) Nel 2007 è previsto l’avviamento a pieno regime dell’impianto di termovalorizzazione.

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

25

2.4 BILANCIO ENERGETICO DELL’IMPIANTO

Per analizzare in modo qualitativo i flussi di energia che interessano

un impianto di incenerimento, abbiamo utilizzato anche in questo

caso i diagrammi detti “di Sankey”.

CALORE UTILE IN CALDAIA

ENERGIA CHIMICA CONTENUTA NEI RIFIUTI SCORIE

INCOMBUSTI

DISPERSIONI

FUMI AL CAMINO

PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

CALORE DISSIPATO NEL CONDENSATORE

USI TERMICI

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

26

2.5 GESTIONE DEI RESIDUI

Dalle griglie le scorie , che costituiscono circa il 27 % del rifiuto

incenerito (24% in peso della sostanza secca dei rifiuti) (nel 2002 sono

state prodotte dall’inceneritore di META s.p.a. 32.398 t di scorie su

118.503 t di rifiuti inceneriti), e classificate come rifiuti speciali (RS) non

pericolosi, cadono in una vasca riempita d’acqua, nella quale agisce un

nastro trasportatore in un continuo con traverse che raschiano il fondo

della vasca e spostano quanto raccolto in una fossa, comune alla tre

linee.

Figura 2.4: La fossa delle scorie:

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Capitolo 2 – Il processo di incenerimento –

27

Le scorie sono quindi caricate su appositi semirimorchi con portata di

carico di 30 t ed avviate allo smaltimento definitivo in discariche per

rifiuti non pericolosi (ex seconda categoria di tipo B).

Nel caso specifico di Modena si tratta di una discarica 2B situata presso

la piattaforma polifunzionale di META, distante circa 6 Km

dall’impianto, e dedicata esclusivamente allo smaltimento delle scorie da

inceneritore.

Anche l’acqua proveniente dalla fossa di spegnimento scorie e dagli

scrubber ad umido è da considerarsi un residuo importante. Questa

infatti viene trattata nel depuratore chimico-fisico, posto accanto

all’impianto d’incenerimento, avente una capacità nominale di

trattamento di 40 m3/h. Per la depurazione si utilizzano come reagenti

dei polielettroliti, del cloruro ferrico e dell’idrato di calce, al fine di

abbattere principalmente i metalli pesanti, in quanto l’acqua uscente dalla

vasca viene mandata in testa all’impianto di depurazione della città di

Modena e, dopo aver subito un trattamento di tipo biologico torna in

parte all’inceneritore per usi industriali.

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Capitolo 3 – Le scorie –

28

C a p i t o l o 3

LE SCORIE

3.1 I FATTORI CHE INFLUENZANO LE CARATTERISTICHE DELLE SCORIE

Dalla raccolta dei rifiuti domestici fino all’ottenimento delle scorie,

intervengono numerosi parametri che sono in grado di modificare le

caratteristiche delle scorie, a cominciare dai rifiuti stessi.

In effetti , le caratteristiche dei RU variano in funzione del numero dei

fattori considerati: quali la stagione durante la quale sono raccolti, le

abitudini di vita degli abitanti, le eventuali selezioni effettuate a monte

(raccolte differenziate). I rifiuti variano molto da città a città, da casa a

casa, da giorno a giorno; per questo a seconda della loro natura, della

loro densità, del loro grado di umidità, del loro potere calorifico, i

parametri della combustione variano e di conseguenza, la composizione

delle scorie e dei fumi in uscita dall’inceneritore sono diversi.

Le caratteristiche dei rifiuti dipendono largamente dalla qualità

dell’incenerimento e dunque dal tipo di forno, dalla tecnologia utilizzata,

dall’eccesso di aria applicato, dalla temperatura, dal tempo di

permanenza nella camera di combustione e dalla turbolenza esercitata.

Infine le caratteristiche delle scorie variano molto in funzione dei

trattamenti effettuati dopo la combustione: secondo la tecnica di

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Capitolo 3 – Le scorie –

29

raffreddamento e a seconda che le scorie vengano frantumate e

deferrizzate.

Determinare con precisione il contenuto medio di una scoria è

sicuramente difficile da compiere, ma tuttavia essenziale per più ragioni:

• A fini regolamentari, per verificare che le caratteristiche delle

scorie siano inferiori a dei livelli prestabiliti.

• A fini di ricerca, per meglio comprendere le proprietà fisico

chimiche dei residui e per determinare i trattamenti più adatti alla

loro valorizzazione o alla loro eliminazione.

Nonostante però i numerosi parametri che influenzano le caratteristiche

delle scorie, i campionamenti eseguiti su diversi inceneritori hanno

dimostrato che qualunque siano i metodi d’incenerimento e di

raffreddamento adottati, le scorie hanno globalmente delle composizioni

chimiche e dei comportamenti chimici e fisici molto simili.

Proprio in questo capitolo cercheremo di esporre le caratteristiche

essenziali delle scorie e gli aspetti legati al loro impatto ambientale.

3.2 CARATTERISTICHE FISICHE

3.2.1 ASPETTI GENERALI

Le scorie, che contengono il 90-95 % del materiale inerte presente nei

rifiuti solidi urbani, si presentano sotto forma di miscuglio eterogeneo

grigio scuro di frammenti di metalli ferrosi e non ferrosi, di ceramiche,

di vetri e di altri materiali incombusti, come le materie organiche

incombuste, che corrispondono in media all’ 1-2 % della massa totale

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Capitolo 3 – Le scorie –

30

dei rifiuti. Questi incombusti corrispondono a materiali combustibili che

non hanno trascorso abbastanza tempo nel forno oppure sono stati

“protetti” da altri materiali.

3.2.2 UMIDITÁ

Il tasso di umidità è definito come il peso d’acqua di un campione

rapportato alla massa secca dello stesso campione (determinato dopo

essiccamento all’aria a 105°C). Questa misura è espressa in percentuale

di massa.

Il tasso di umidità è un parametro essenziale che viene valutato

abitualmente:

• Per il trasporto delle scorie: una scoria umida è più pesante e

quindi più costosa di una scoria secca.

• Per l’eventuale valorizzazione delle scorie: il tenore di acqua è

infatti controllato nella maggior parte delle applicazioni, come per

esempio quelle in ambito stradale.

All’uscita della camera di combustione, le scorie cadono dentro un

sistema meccanico che le stende e le raffredda mediante aspersione di

acqua o per immersione.

Dopo sono dirette verso una tramoggia di sgocciolatura e poi vengono

stoccate. In funzione del metodo di raffreddamento utilizzato, il tasso di

umidità delle scorie varia. Nei sistemi idraulici dove è esercitata una certa

compressione delle scorie, il tasso è in media intorno al 20-30 %. I valori

generalmente osservati (considerando tutti i tipi di sistemi di

raffreddamento) sono compresi entro un range che va dal 10 % al 60 %.

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Capitolo 3 – Le scorie –

31

3.2.3 PERDITA AL FUOCO

La perdita al fuoco è definita come la massa di materiale perduto dopo

un riscaldamento all’aria a 550°C per due ore. Questo dato è espresso in

percentuale di massa.

La perdita al fuoco permette di stimare il sistema di combustione,

perché la perdita corrisponde al tenore di carbonio organico

(maggioritario), di carbonati e all’acqua di idratazione legata. I forni più

recenti sono capaci di mantenere una perdita al foco inferiore al 2%.

3.2.4 CAPACITÁ DI ASSORBIMENTO DELL’ACQUA

Le scorie sono dei granulati molto porosi che possono assorbire più

acqua rispetto ai granulati naturali, la frazione fine (circa il 15 % in

massa) assorbe di più della frazione più grossolana (circa il 10 % in

massa) a causa del fatto che hanno una grande area superficiale a

contatto con l’acqua.

3.2.5 MASSA VOLUMICA

La massa volumica apparente delle scorie da RU deferrizzate e

frantumate è compresa tra 1.100 e 1.200 kg/m3, la massa volumica reale

può raggiungere 2.500 kg/m3. Questo è infatti un materiale piuttosto

leggero in rapporto ai granulati naturali.

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Capitolo 3 – Le scorie –

32

3.2.6 GRANULOMETRIA

La distribuzione granulometrica è un parametro importante per poter

valutare l’attitudine delle scorie ad essere compattate e utilizzate in

sostituzione di granulati.

La scoria può essere paragonata sia ad una sabbia sia ad una ghiaia:

• Le particelle aventi un diametro superiore a 10 cm rappresentano

più del 20 % in massa di scorie, esse sono essenzialmente dei

metalli ferrosi e non ferrosi, delle scorie e del materiale inerte da

costruzione.

• La frazione di particelle aventi un diametro inferiore a 10 cm è

uniforme e contiene più del 10 % di materiale fine (< 2 cm).

Sembra che le caratteristiche e i comportamenti delle scorie si

differenzino a seconda che si consideri la frazione < 4 mm o quella

compresa fra 4 e 20 mm. Infatti, per esempio, la frazione 4-20 mm

possiede la stessa resistenza meccanica di quella dei granulati naturali

medi.

3.2.7 CARATTERISTICHE GEOTECNICHE

Le scorie si possono paragonare a ghiaie naturali silicico-calcaree; queste

possiedono una grande area superficiale, superiore ai 50 m2/g di materia

secca, sono insensibili al gelo e possiedono una buona portanza.

Possiedono inoltre una grande capacità di compattazione, e una volta

compattate, assumono una grande resistenza meccanica.

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Capitolo 3 – Le scorie –

33

Le scorie che escono dall’impianto di trattamento e di maturazione sono

assimilabili a dei materiali naturali e quindi utilizzati come materiale in

sostituzione degli inerti stradali.

3.3 CARATTERISTICHE CHIMICHE

3.3.1 COMPOSIZIONE ELEMENTARE

La composizione elementare delle scorie è un parametro importante per

la comprensione dei comportamenti chimici di questi materiali.

Le concentrazioni degli elementi presenti in maggior quantità e quelle

della maggior parte degli elementi presenti, invece, in quantità minori,

sono paragonabili alle rocce eruttive come i graniti e i basalti, le scorie

essendo tuttavia arricchite di Pb,Cu e Cd (da 10 a 100 volte in più).

Gli elementi presenti nelle scorie sono riportati nella tabella 3.1 con le

loro rispettive concentrazioni e vengono messi a confronto con le

concentrazioni degli stessi rilevate nel suolo e nella litosfera.

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Capitolo 3 – Le scorie –

34

Tabella 3.1: Elementi presenti nelle scorie

Elementi Contenuto nelle scorie (mg/kg) Elementi Contenuto nelle scorie (mg/kg)

Ag 0,9-36,9 Mn 83-2.400

Al 21.900-72.800 Mo 2,5-276

As 0,12-189 N 110-900

B 38-510 Na 2.870-42.000

Ba 400-3.000 Ni 7-4.280

C 10.000-60.000 P 1.400-6.400

Ca 370-123.000 Pb 98-13.700

Cd 0,3-70,5 S 1.000-5.000

Cl 800-4.190 Sb 10-432

Co 6-350 Se 0,05-10

Cr 23-3.170 Si 91.000-308.000

Cu 190-8.240 Sn 2-380

Fe 4.120-150.000 Sr 85-1.000

Hg 0,02-7,75 Ti 2.600-9.500

K 750-16.000 V 20-122

Mg 400-26.000 Zn 613-7.770

Nella tabella 3.2 vengono riportate le concentrazioni nelle scorie, nel

suolo e nella litosfera degli elementi più significativi per abbondanza o

pericolosità.

Tabella 3.2

Elementi Contenuto nella

litosfera (mg/kg)

Valori medi nel

suolo (mg/kg)

Contenuto nel

suolo (mg/kg)

Contenuto nelle scorie

(mg/kg)

Al 81.000 71.000 10.000-300.000 21.900-72.800

Cd 0,2 0,06 0,001-0,70 0,3-70,5

Cr 200 100 1-1.000 23-3.170

Cu 70 30 2-100 190-8.240

Fe 51.000 38.000 7.000-550.000 4.120-150.000

Hg 0,1 0,03 0,01-0,3 0,02-7,75

Ni 100 40 5-500 7-4.280

Pb 16 10 2-200 98-13.700

Zn 80 50 10-300 613-7.770

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Capitolo 3 – Le scorie –

35

Elementi maggioritari (> 10.000 mg/kg)

L’80-90 % della massa delle scorie è rappresentata da Si,Fe, Ca, Al, Na,

K e C classificati in ordine decrescente. Uno degli elementi più

abbondanti, il silicio, proviene essenzialmente dai vetri e dai materiali

ceramici contenuti nei RU. L’alluminio ed il ferro provengono da oggetti

metallici, come ad esempio lo scatolame.

Elementi minoritari (compresi fra 1.000 e 10.000 mg/kg)

Gli elementi minoritari sono i seguenti: Mg, Ti, Cl, Mn, Ba, Zn, Cu, Pb e

Cr. Le scorie sono spesso mescolate a polveri provenienti

dall’elettrofiltro e benchè queste ultime rappresentino dall’1 al 3 %,

contribuiscono in maniera sostanziale al tenore di Pb, Al, Cu e Zn nelle

scorie.

Elementi in tracce (< 1.000 mg/kg)

Nelle scorie si possono anche ritrovare elementi presenti in tracce e

sono: Sn, Sb, V, Mo, As, Se, Sr, Ni, Co, Ce, Ag, Mg, B, Br, F e I. Il

mercurio è molto volatile e si ritrova essenzialmente nelle emissioni

gassose e nei residui della depurazione dei fumi.

3.3.2 COMPOSIZIONE MINERALOGICA

Le caratteristiche mineralogiche delle scorie giocano un ruolo

importante all’interno della comprensione del fenomeno della

lisciviazione e notoriamente nel controllo della solubilizzazione degli

elementi. La comprensione di questi meccanismi è complessa, le scorie

contengono un gran numero di fasi minerali, la cui formazione dipende

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Capitolo 3 – Le scorie –

36

dalle condizioni di incenerimento nella camera di combustione. Inoltre,

al momento dell’incenerimento e della formazione delle scorie,

l’equilibrio termodinamico non è raggiunto, questo ha per conseguenza

l’instabilità termodinamica delle scorie in rapporto alla loro

composizione mineralogica.

Le principali fasi mineralogiche generalmente ritrovate sono le seguenti:

anidride, calcite, ettringite, portlandite, quarzo, feldspati, dolomite,

gelenite, rutilo, halite, magnetite, emetite ed albite e sono rappresentate

nella tabella 3.3.

Tabella 3.3: Principali fasi minerali contenute nelle scorie Famiglie Speci minerali Formula chimica

Silicati Quarzo SiO2

Plagioclasio (Ca,Na)(Si,Al)4O8

Ghelenite Ca2Al1-xZnx(Si1+xAl1-x)O7

Pirosseno (tipo diopside) Ca(Mg,Al)Si,Al)2°6

Pirosseno (tipo augite-aegirine) (Na,Ca)(Fe,Mn)(Si,Al)2O6

Olivina (Fe,Mg,Ca)SiO4

Cristobalite SiO2

Larnite o Belite C2S Ca2SiO4

Fasi artificiali Ca2Si3Cl2 Ca2Si3Cl2

Fase cemento C3S Ca3SiO5

Ossidi Magnetite Fe3O4

Ematite Fe2O3

Spinello AB2O4

A=Co,Cu,Fe,Mg,Mn,Ni

B=Al,Cr,Fe,V

Idrossidi Portlandite Ca(OH)2

Solfati Anidride CaSO4

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Capitolo 3 – Le scorie –

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Solfuri Pirrotite FeS

Sulfuri metallici Pb,Cu,Fe,ecc.,S

Carbonati Calcite CaCO3

Siderite FeCO3

Metalli e Rame Cu0

leghe Alluminio Al0

Ferro Fe0

Leghe diverse Al,Fe,S; Ti,Fe,Si; Cu,Zn;

Ni,Al,Cu; ecc.

Molti autori parlano di una composizione sostanzialmente binaria delle

scorie:

• Una fase scoriacea poco densa che contiene tutti i prodotti che

non hanno raggiunto la temperatura di fusione e che restano

quindi intatti o parzialmente fusi.

• Una fase vetrosa proviene dalla miscelazione dei liquidi derivanti

dalla fusione dei materiali inceneriti.

Questa ultima fase include i vetri primari e i vetri formatisi durante

l’incenerimento (vetri secondari).

La calcite e la portlandite ricoprono l’insieme delle particelle più grosse

ed agiscono come vero e proprio legate, assicurando un ponte di materia

fra le differenti particelle. Sono state inoltre rilevate numerose fasi capaci

di provocare delle condizioni super-alcaline del tipo C2S, C3S, come la

calce viva.

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Capitolo 3 – Le scorie –

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Granulochimica

Le frazioni grossolane sono principalmente costituite da vetri e da

minerali silicati (quarzo, ghelenite, plagioclasio, …) e da ossidi

(magnetite, emetite, …) così come le frazione fini sono costituite da

minerali della famiglia dei solfati (anidride, ettringite, …) e da carbonati

(calcite, siderite, …).

Il piombo (sempre) ed il cromo (spesso) sono localizzati e molto

concentrati dentro dei piccoli nodi sferici (2-10 µm) rinchiusi dentro

grosse particelle (superiori a 100 µm). In generale, lo zinco è disperso

nelle particelle di decine di centinaia di µm, dove sono spesso associati

anche altri metalli come il ferro ed il rame.

Materia organica

La materia organica incombusta corrisponde all’ 1 o 2 % della massa

totale delle scorie, questa è concentrata dentro la frazione fine ( il 15 %

all’interno della frazione < 1 mm). È essenzialmente composta da

cellulosa (75 % circa) e da lignina (20 % circa) provenienti da carta e

legno incombusti. Il resto costituisce la parte estraibile di cui 1/3

estraibile in acqua, si tratta di sostanze ad alto peso molecolare,

probabilmente sostanze di tipo umico. Esiste anche una parte estraibile

anche con dei solventi organici non polari. La materia organica estraibile

dalle scorie allo stato iniziale è composta da acidi carbossilici saturi ed

insaturi, di steroidi, di ftalato e contiene tracce di idrocarburi

policicliciaromatici. La presenza di diossine nelle scorie da

incenerimento di RU è stata rilevata in quantità trascurabile.

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Capitolo 3 – Le scorie –

39

3.3.3 CLASSIFICAZIONE CHIMICA

Esempi di alcuni elementi maggioritari

Per quello che riguarda il calcio, il 15-25 % si trova sotto forma di

composti basici solubili (portlandite, ettringite o silicati idrati). Un altro

15-25 % si trova sotto forma di calcite (CaCo3) ed infine la restante parte

si trova legato ad alluminosilicati e a fosfati.

Per quello che riguarda il ferro, il 95 % si trova sotto forma di metallo ed

il 5 % sotto forma di ossido di ferro.

Metalli pesanti

Per quello che riguarda la ripartizione dei metalli pesanti, questa dipende

dalle condizioni di ossidazione al momento della formazione delle fasi

ad alta temperatura: la combustione in condizioni ossidanti favorisce la

fissazione dei principali metalli pesanti attraverso dei silicati e degli

ossidi; questo prodotto ha una struttura minerale più stabile rispetto ai

sulfuri prodotti in condizioni riducenti.

Lo zinco si può trovare sotto forma di cloruri soprattutto presenti sulla

superficie delle particelle (frazione solubile in acqua), dei solfati (frazione

solubile negli acidi deboli), dei silicati e degli alluminosilicati piuttosto

presenti nel nucleo delle particelle (frazione poco solubile).

Per quello che riguarda il piombo, è solito trovarsi sotto forma di

carbonati, in minima parte, di silicati o di ossidi.

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Capitolo 3 – Le scorie –

40

3.4 COMPORTAMENTO ALLA LISCIVIAZIONE

Il comportamento a lisciviazione delle scorie, e in particolare il

rigonfiamento degli agenti inquinanti nell’ambiente, è soggetto di studio

di primaria importanza per poter decidere il futuro delle scorie, cioè la

possibilità di valorizzarle all’interno di diversi scenari, come ad esempio

quello delle infrastrutture stradali, quello dei materiali da costruzione

oppure stoccarle in discarica. La realizzazione dei test di lisciviazione a

scopo regolamentare (test di conformità) o di ricerca (per comprendere i

meccanismi) necessaria per valutare il comportamento a lisciviazione di

questi residui da incenerimento. Malgrado l’eterogeneità di questi residui

studiati e dei test eseguiti, la raccolta dei dati risultanti ha permesso di

arrivare ad una certa comprensione del meccanismo di trasferimento

degli inquinanti liberati dalle scorie nell’ambiente.

3.4.1 GENERALITÀ SULLA LISCIVIAZIONE DELLE SCORIE

Lisciviazione è il termine generico utilizzato per descrivere il contatto di

un materiale con un liquido chiamato lisciviante. Al momento del

contatto con il lisciviante, certe fasi solide costitutive del materiale sono

suscettibili di reagire e disciogliersi, arricchendo così il lisciviante di

soluti (nuovi o già presenti).

La lisciviazione dei residui da incenerimento, e in particolare delle scorie,

costituisce un sistema solido/liquido dei più complessi. Infatti, le scorie

costituiscono una fase solida molto eterogenea e complessa dal punto di

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Capitolo 3 – Le scorie –

41

vista strutturale. Al momento del contatto con l’acqua, si instaurano

numerosi equilibri chimici ed hanno luogo diverse reazioni chimiche.

Questi equilibri e reazioni chimiche sono connesse a delle resistenze

fisiche legate alle caratteristiche del materiale (tortuosità, granulometria,

…), ed alle condizioni di contatto solido liquido, ecc …

3.4.2 POTERE BASICO DELLE SCORIE

Il pH naturale delle scorie corrisponde al pH risultante dal contatto delle

scorie stesse con l’acqua demineralizzata. Assume valori compresi fra il

10 ed il 12,5 a seconda del loro stato di maturazione. Questa alcalinità è

dovuta alla presenza di portlandite, prodotto dell’idrolisi della calce viva,

e di composti di tipo silicico o calcico.

Il potere tampone delle scorie è un parametro importante per la

valutazione del loro comportamento a lisciviazione, per determinare la

loro capacità di neutralizzare un lisciviante a carattere acido, di cui il pH

è inferiore al pH naturale.

Il potere tampone permette di valutare il comportamento chimico in

relazione ad una aggressione acida.

La quantità di acido necessaria per abbassare il pH della soluzione

all’equilibrio con le scorie ad un pH di 4 varia in media entro 1-4

milliequivalenti di ioni H+ per grammo di scoria secca, ciò colloca le

scorie fra i materiali a potere tampone medio: queste possono

moderatamente resistere ad una variazione di pH rispetto al contesto

esterno in cui si trovano.

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Capitolo 3 – Le scorie –

42

3.4.3 COMPORTAMENTO DI ALCUNI ELEMENTI

Al momento della lisciviazione delle scorie “fresche”, il pH varia entro

un range che va da 11 a 13. Gli elementi più lisciviabili sono il calcio, il

sodio ed il potassio.

I rigonfiamenti del sodio e del potassio sono indipendenti dal pH, e

sono controllati attraverso la presenza dei composti solubili come

NaOH, KOH, NaCl, KCl e K2Ca(SO4)2.

La solubilizzazione degli elementi come il ferro, l’arsenico, il titanio, il

manganese, il vanadio e il mercurio, dipende notevolmente dal pH.

Il piombo, lo zinco, il cromo e il rame, per il loro carattere anfotero,

hanno un minimo di solubilizzazione che corrisponde ad una zona di

pH compreso fra 9 e 11. La figura 3.1 sottostante, che mostra dei dati di

concentrazione degli elementi più pericolosi dal punto di vista

ambientale, come Pb, Cr, Cd e Zn, in funzione del pH rilevato nelle

scorie, conferma questa tendenza.

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Capitolo 3 – Le scorie –

43

Figura 3.1: Lisciviabilità del Pb, Cr, Cd e Zn contenuti nelle scorie in

funzione del pH.

Pb

1

10

100

1000

10000

100000

1000000

10000000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

pH

Con

c. (µ

g/l)

Cr

1

10

100

1000

10000

100000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

pH

Con

c. (µ

m/l)

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Capitolo 3 – Le scorie –

44

Cd

0,01

0,1

1

10

100

1000

10000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

pH

Con

c. (µ

g/l)

Zn

1

10

100

1000

10000

100000

1000000

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

pH

Con

c. (µ

g/l)

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Capitolo 3 – Le scorie –

45

Le concentrazioni di piombo, rame, zinco e manganese sembrano essere

influenzate da reazioni di assorbimento e da reazioni di

precipitazione/dissoluzione in idrossidi o carbonati.

Le caratteristiche delle scorie dipendono essenzialmente dalla

composizione dei rifiuti inceneriti, dai parametri dell’incenerimento e da

eventuali trattamenti effettuati a monte o al posto dell’incenerimento.

All’uscita dell’inceneritore, le scorie sono termodinamicamente instabili

e sono quindi suscettibili di reagire in presenza di composti quali l’acqua.

Quando avviene il contatto, le differenti reazioni chimiche che

intervengono e che controllano il rigonfiamento degli elementi sono

essenzialmente delle reazioni di dissoluzione/precipitazione, di

assorbimento e di ossidoriduzione.

È comunque possibile favorire il controllo di queste reazioni al fine di

ottenere delle fasi termodinamicamente più stabili e così abbassare il

potenziale inquinante e migliorare il comportamento alla lisciviazione.

Inoltre le scorie possiedono delle caratteristiche geotecniche che le

avvicinano ai granulati naturali, anche se in realtà sono più leggere. Il

loro riutilizzo in sostituzione dei granulati per infrastrutture stradali, può

quindi essere sicuramente attuato, garantendo però determinate

condizioni di sicurezza in campo ambientale e tossicologico.

3.5 CARATTERISTICHE DI IMPATTO AMBIENTALE

Il primo problema che ci si pone quando si decide di valorizzare una

scoria è lo stesso che si pone lo smaltitore che deve detossificare la

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Capitolo 3 – Le scorie –

46

scoria, per poterla mandare in una discarica per rifiuti non pericolosi

(precedentemente classificate come 2B) e rendere indisponibili per

l’ambiente i contaminanti.

Questo è un obbiettivo comune sia che si parli di valorizzazione sia che

si parli di detossificazione delle scorie. Bisogna prima di tutto trovare il

sistema per immobilizzare gli inquinanti. Mentre nei paragrafi precedenti

abbiamo trattato in modo ampio le caratteristiche delle scorie in merito

alla loro composizione e ai loro comportamenti se sottoposte a

compattazione; in questo paragrafo cerchiamo di valutare

specificatamente le componenti inquinanti.

Queste hanno dei valori con dei range amplissimi:

Tabella 3.4

LE SCORIE: LE CARATTERISTICHE DEL TAL QUALE

parametro valore mg/kg

Solfati 20.000

Rame 100 – 1.000

Zinco 1.000 – 4.000

Nichel 80

Arsenico 1 – 10

Cadmio 4 – 40

Cromo tot 20 – 80

Piombo 100 – 1.000

Mercurio 1 – 100

Questi inquinanti, se resi disponibili per l’ambiente, hanno un impatto

inquinante devastante.

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Capitolo 3 – Le scorie –

47

Gli eluati delle scorie sono rappresentati in tabella 3.5 dove sono stati

confrontati con i limiti imposti dal Decreto 5 Febbraio 1998 come

risultati di test di cessione. Questa tabella mostra chiaramente quali siano

le soglie di accettabilità per l’ambiente da parte di un rifiuto che vi viene

depositato.

Tabella 3.5

LE SCORIE: LE CARATTERISTICHE DELL’ELUATO

METODO UNI (ACQUA)

ITALIA (v.m.) DMA 5/2/98 *

parametro Valore ppm Soglia mg/l

Nitrati - 50

Fluoruri 1 – 1,5 1,5

Solfati 2 – 24 250

Cloruri 2 – 90 200

Cianuri 0,002 0,05

Rame 0,001 – 0,5 0,05

Zinco 0,001 – 0,006 3

Nichel 0,1 0,01

Arsenico <0,01 0,05

Cadmio <0,001 0,005

Cromo tot 0,08 0,05

Piombo 1 0,05

Mercurio 0,0003 0,001

pH 9,7 5,5 – 12

Fenoli 0,3 0,1 (DPR 515/82) *: Decreto del Ministero dell’ ambiente “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 Febbraio 1997, n.22”

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Capitolo 3 – Le scorie –

48

Dall’analisi di questa tabella comprendiamo come il maggior problema

ambientale delle scorie sia rappresentato dai metalli e che questi, a pH

acido, eluiscono.

Il primo problema, che è quello di rendere indisponibili per l’ambiente i

contaminanti presenti, deve essere risolto con un sistema che

immobilizza i metalli rendendoli indifferenti al pH ambientale, che si

può trovare in diverse condizioni: alcalino, leggermente alcalino o

lievemente acido.

Figura 3.2: Schema del fenomeno della percolazione

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Capitolo 3 – Le scorie –

49

La riduzione del percolato può essere ottenuta in generale con diversi

metodi:

Invecchiamento naturale: le scorie di griglia vengono stoccate e

fatte riposare per diverso tempo. Già dalle prime settimane le

proprietà delle scorie vengono sostanzialmente bonificate e

l’ulteriore tempo di stoccaggio migliora ancora di più le loro

caratteristiche.

Invecchiamento artificiale: questo metodo è basato su un

invecchiamento accelerato, attraverso l’utilizzo di aria o

preferibilmente di CO2, per questo metodo può essere utilizzata

la canna fumaria.

Solidificazione: in questa applicazione le scorie sono addizionate a

materiale inorganico, come cemento, per ridurre l’eluizione.

Trattamento ad umido: per rimuovere la gran parte di metalli

pesanti e per ridurre l’eluizione. Un ulteriore effetto positivo è la

riduzione dei cloruri, il che favorisce un futuro riutilizzo. L’acqua

utilizzata per lavare le scorie deve essere poi tratta così da poter

essere scaricata in acque superficiali.

Trattamenti termici, Sinterizzazione e Vetrificazione: con la

fusione delle scorie, attraverso l’aria o l’acqua di raffreddamento,

si può ridurre drasticamente l’eluizione. Questo metodo però, a

causa degli elevati costi di gestione ed energetici, non è

largamente utilizzato. Alcuni trattamenti termici portano alla

fusione delle scorie, come ad esempio il forno rotante e la

gasificazione.

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Capitolo 3 – Le scorie –

50

Un esempio concreto dei risultati ottenibili con la soluzione

dell’invecchiamento naturale si possono verificare dall’esperienza

francese svoltasi nell’impianto di Ivry; dove, una volta analizzate tal

quali, le scorie in uscita dall’inceneritore sono state stoccate per due mesi

e passanto questo periodo sono state rimisurate le loro caratteristiche

chimico-tossicologiche al fine di attribuirle ad una categoria di scorie

secondo i limiti imposti dalla loro normativa nazionale.

Le tre categorie: V= a debole frazione liscibile; M= a media liscività; S=

destinate alla discarica definitiva.

Scorie all’uscita

dell’impianto

Dopo 2 mesi di

maturazione

V 21% 80%

M 75% 20%

S 4% -

Un’ altro esempio ci viene proposto dall’esperienza sostenuta dalla

CETE di Lione, che ha realizzato delle piazzole sperimentali con scorie

maturate, sulle quali ha misurato il rilascio di contaminanti nell’arco di 1-

4 anni. E’ stato poi fatto un confronto con il rilascio di inerti, nelle stesse

condizioni:

- il rilascio di cloruri da parte delle scorie è molto più elevato;

diminuisce dopo 2 anni ma rimane 10 volte più elevato di quello

degli inerti naturali;

- il rilascio del carbonio organico totale (COT) diminuisce dopo 2

anni e resta 2 volte maggiore di quello degli inerti naturali;

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Capitolo 3 – Le scorie –

51

- il rilascio di solfati è costante e dello stesso ordine di grandezza di

quelli degli inerti naturali;

- la cessione del rame è notevole all’inizio, s’abbassa rapidamente

dopo un anno ma resta 4 volte superiore rispetto agli inerti;

- la cessione di piombo è costante e uguale a quella degli inerti:

Dai test di lisciviazione, in definitiva, è possibile delineare questa

situazione:

- i cloruri vengono ceduti quasi totalmente in 4 anni;

- il COT in quasi 10 anni;

- i metalli pesanti e i solfati fuoriescono più lentamente (ordine dei

100 anni).

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Capitolo 4 – Trattamenti –

52

C a p i t o l o 4

TRATTAMENTI

Nel paragrafo precedente sono state analizzate le caratteristiche di

impatto ambientale che possono essere riscontrate nelle scorie e per

poterle eliminare basterebbe detossificarle, ma l’obbiettivo che ci

proponiamo con questa tesi è la valorizzazione delle scorie, che

inevitabilmente devono essere sottoposte a trattamenti che la

semplice detossificazione ovviamente non prevede. In questo caso

infatti basta diminuire l’eluizione dei metalli, poi il materiale finisce in

discarica e quindi non necessita di caratteristiche intrinseche che lo

rendano utile per qualche mercato.

Nel caso della valorizzazione, però gli obbiettivi sono supplementari e

sono:

• Incrementare con sistemi chimico-fisici le caratteristiche

meccaniche funzionali e strutturali delle scorie fino a raggiungere

condizioni geotecniche equivalenti a quelle del materiale

convenzionale che va a sostituire;

• Rendere i contaminati presenti indisponibili per l’ambiente, a

breve, medio e lungo termine;

• Ridurre la percentuale di carbonio organico incombusto, la cui

quantità nelle scorie varia moltissimo, essendo dipendente dalle

temperature di esercizio del forno, dalla modalità di combustione,

dal tempo di permanenza, dalla quantità di ossigeno e da una serie

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Capitolo 4 – Trattamenti –

53

di caratteristiche funzionali e strutturali della camera di

combustione.

Le tecniche utilizzate per la valorizzazione delle scorie di inceneritori

per rifiuti urbani possono essere divise in due grosse categorie:

processi a caldo e processi a freddo, questi ultimi a loro volta

suddivisi in due grosse macro tecnologie: con microincapsulamento e

con ricristalizzazione.

PROCESSI A CALDO

Normalmente sono molto sicuri, ma economicamente svantaggiosi

perché troppo costosi e quindi non competitivi con lo smaltimento in

discarica. Specificatamente sono:

• Processi a base di sostanze termoplastiche e polimeri organici.

Imprigionano l’inquinante con un meccanismo puramente fisico

(il rifiuto non si combina con l’additivo che agisce come barriera

alla diffusione). E’ costoso dal punto di vista energetico, degli

additivi e delle macchine necessarie.

• Vetrificazione. E’ sicuro ma estremamente costoso.

• Autocementazione. E’ necessario un alto contenuto di solfato di

calcio e solfito.

• Destinazione a cementifici; che oggi accettano in media

solamente dal 2 al 5% delle scorie prodotte.

Questi processi sono stati sperimentati, ma non applicati e la ricerca ha

quindi approfondito il tema dei processi a freddo, nei quali almeno il

costo energetico può considerarsi nullo.

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Capitolo 4 – Trattamenti –

54

PROCESSI A FREDDO DI MICROINCAPSULAMENTO in cui

non vi è reazione tra gli inquinanti del rifiuto e componenti

dell’additivo ma un semplice microincapsulamento nella matrice

legante.

Esiste un brevetto U.S.A. che prevedeva la miscelazione con calce, ma

che non ha dato grandi risultati. Si sono poi approfonditi gli studi sui

meccanismi di microincapsulamento con cemento, ma anche questo

processo si è dimostrato poco compatibile con la presenza di

contaminati organici nelle scorie. I composti organici che possono

maggiormente interferire con il trattamento con cemento sono quelli

polari con solubilità in acqua relativamente alta (glicoli e fenoli). In

questo caso i test di cessione con eleuente acqua hanno dimostrato

chiaramente la facile liscività dei fenoli dagli agenti cementizi fissanti. Le

sostanze organiche citate inoltre incrementano il tempo di presa del

cemento. Per rapporti di glicoli/cemento e fenoli cemento di 1:5 1:10 si

può avere una totale inibizione della ricristalizzazione del cemento, il che

significa una resistenza a compressione uguale a zero.

PROCESSI A FREDDO DI RICRISTALIZZAZIONE

litosintetica nei quali gli inquinanti reagiscono chimicamente con

gli additivi fino ad avere la formazione di una vera e propria

struttura rocciosa.

Questi processi sono i più sicuri e stabili nel tempo, addirittura si sono

notati miglioramenti nel tempo fino a valori asintotici rispetto al valore

di resistenza meccanica massima.

Di questa metodologia abbiamo come primo esempio un brevetto

francese che prevede l’uso di calce o clinker e scorie d’altoforno ed il

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Capitolo 4 – Trattamenti –

55

prodotto ottenuto viene normalmente utilizzato come riempimento di

cave dimesse in Francia e Gran Bretagna.

L’esperienza però più avanzata e a cui noi rivolgiamo l’attenzione è

quella italiana con il metodo del Conglomerato Idraulico Catalizzato

detto C.I.C, sperimentato ed applicato in origine nella valorizzazione di

scorie metallurgiche sia ferrose che non ferrose e perfettamente

applicabile anche alla valorizzazione delle scorie da incenerimento di RU.

Se confrontiamo infatti le caratteristiche di entrambe le scorie (tabella

4.1) risulta evidente l’analogia nella concentrazione di componenti utili al

processo C.I.C. (silice, alluminio, calcio, magnesio e ferro), mentre

risultano più basse, spesso di un ordine di grandezza, le concentrazioni

dei metalli (che sono quelli che più ostacolano il processo di

conglomerazione) nelle scorie rispetto alle scorie metallurgiche.

Tabella 4.1 SCORIE DA

INCENERIMENTO RU

SCORIA

METALLURGICA

parametro

Solfati 20.000 mg/kg 50.000 mg/kg

Cloruri 4.000 mg/kg 1.000 mg/kg

Rame 100 – 1.000 mg/kg 1.500 mg/kg

Zinco 4.000 mg/kg 40.000 mg/kg

Arsenico 10 mg/kg 100 – 200 mg/kg

Cadmio 4 – 40 mg/kg 5 – 50 mg/kg

Cromo tot 20 mg/kg 50 mg/kg

Piombo 1.000 mg/kg 2.500 mg/kg

Mercurio 1 – 100 mg/kg 1 mg/kg

MnO <1 % 4,5 %

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Capitolo 4 – Trattamenti –

56

Potassio 0,6 % 0,4 %

SiO2 40 % 30 %

Al2O3 6 % 8 %

CaO 20 % 20 %

MgO 2 % 2 %

Fe2O3 7 % 20 %

Nella tabella 4.2 si evidenziano i risultati dei test di cessione effettuati su

miscela di scorie metallurgiche trattate solo con calce all’1,5% e su scorie

ricristallizzate con metodo C.I.C..Tali elevatissimi abbattimenti sono

possibili perché, nelle condizioni di produzione e posa in opera, avviene

una reazione chimica di ricristallizzazione degli inquinanti con gli

additivi, che comporta la loro definitiva immobilizzazione ed

indisponibilità per l’ambiente.

Tabella 4.2 CAPACITA’ DI INERTIZZAZIONE

parametri SCORIE

METALLURGICHE +

CALCE 1,5%

CIC LIMITE

DMA

5/2/98 *

INCREMENTO CAPACITA’

INERTIZZANTE MEDIO %

PH 12,13 10,00 5,5 – 12

Nitrati mg/l NO3 14,10 3,80 50 70

Floruri mg/l F 8,00 2,10 1,5 75

Solfati mg/l SO4 86,12 26,30 2,50 72

Cloruri mg/l Cl 175,00 4,40 200 97

Rame mg/l Cu 7,20 0,0025 0,05 99

Cadmio /g lµ Cd 2,60 0,11 5 93

Cromo /g lµ Cr 10,40 0,40 50 97

Piombo /g lµ Pb 0,04 0,50 50 99

*: Decreto del Ministero dell’ ambiente “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 Febbraio 1997, n.22”

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Capitolo 4 – Trattamenti –

57

4.1 CICLO DI VALORIZZAZONE DELLE SCORIE

Il ciclo di processo finalizzato alla valorizzazione delle scorie da

incenerimento, risulta basato su due principi essenziali:

1. recupero delle frazioni metalliche ferrose e non ferrose presenti

nelle scorie grezze derivanti dai processi di combustione dei rifiuti

solidi urbani ed assimilabili e loro invio al recupero.

2. impiego delle scorie, ridotte e classate granulometricamente ed

ulteriormente depurate di eventuali sovvallli e frazioni metalliche,

per il confezionamento del CIC, non suscettibile di alcuna forma

di rilascio di inquinanti oltre i limiti di legge, destinato alla

formazione di rilevati, sovrastrutture stradali e ferroviarie, piazzali

industriali ecc…

Le scorie una volta uscite dalla camera di combustione hanno

temperature necessariamente molto elevate e quindi il primo passaggio

fondamentale per queste è sicuramente la fase di raffreddamento. Nella

maggior parte dei casi ci troviamo di fronte ad un raffreddamento ad

umido, ma è possibile anche ottenere il raffreddamento ad aria. Nel caso

della tecnologia ad umido è necessario effettuare in via preliminare una

fase di eliminazione di umidità in eccesso che può essere fatta per via

termica oppure mediante uno stoccaggio temporaneo più prolungato. E’

necessario infatti avere a che fare con una scoria raffreddata che abbia

un contenuto di umidità sufficientemente basso per le successive fasi di

lavorazione.

Il granulato di scorie prodotto verrà successivamente recuperato per il

confezionamento di un Conglomerato Idraulico Catalizzato derivante

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Capitolo 4 – Trattamenti –

58

dalla miscelazione, in debite proporzioni, con aggregati lapidei in

adeguato assortimento granulometrico, granulato di loppa d’alto forno e

specifici catalizzatori e tamponi in modo da assicurare l’innesco del

processo di litosintesi.

Questa soluzione proposta può consentire di eliminare in termini

definitivi, mediante il processo di ricristalizzazione litosintetica, i

problemi connessi con il fenomeno dell’ eluizione delle sostanze

inquinanti contenute nelle scorie. In particolare in presenza di un

ambiente fortemente basico (pH ≈11), assicurato dalla presenza di

specifici catalizzatori e tamponi, viene esaltato il potere idraulico del

granulato di loppa d’altoforno e delle scorie e, contestualmente, si

garantisce la ricristalizzazione dei sali idrati, formanti la loppa

d’altoforno in ambiente basico, e della formazione calcarea,

riconducibile agli aggregati lapidei, a garanzia di perfetta

“immobilizzazione” degli inquinanti contenuti nelle scorie. A seguito di

dettagliate campagne di sperimentazione ed in funzione delle specifiche

caratteristiche delle componenti della miscela nonché delle esigenze da

soddisfare (ad esempio azione di presa scaglionata nel tempo) è possibile

prevedere l’impiego di diversi agenti catalizzatori di presa, sia

pulverulenti che in soluzione acquosa, in termini qualitativi e

quantitativi.

Un altro punto di forza della soluzione proposta è da individuarsi

nell’impiego di sostanze allo stato secco e, pertanto, stoccabili per

periodi anche lunghi senza comprometterne la lavorabilità, risultando la

presa idraulica attivata solo al momento della miscelazione con acqua.

L’intero ciclo proposto prevede una fase di demetalizzazione delle scorie

particolarmente spinta che rappresenta la vera e propria fase di

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Capitolo 4 – Trattamenti –

59

trattamento delle scorie derivanti dall’incenerimento di rifiuti solidi

urbani ed assimilabili; resta inteso che nell’ipotesi di scorie derivanti dalla

combustione di CDR il ciclo di processo permane inalterato eccezion

fatta per la disattivazione della fase di selezione della frazione metallica.

4.2 L’IMPIANTO DI TRATTAMENTO

L’impiantistica per il trattamento delle scorie grezze, finalizzata alla

selezione dei sovvalli e delle frazioni metalliche ed alla produzione di un

granulato di scorie grezze con dimensione massima pari a 50 mm, risulta

sintetizzabile, in termini essenziali, in 3 fasi distinte:

MACINAZIONE

Le scorie grezze, opportunamente raffreddate, verranno avviate al

comparto di frantumazione granulometrica delle stesse, previa

sgrossatura della frazione fine 0/6 mm e successivo reinserimento sulla

linea di produzione a valle delle unità di frantumazione. L’impiantistica

dovrà, altresì, prevedere il ricircolo del materiale con pezzatura superiore

ai 50 mm nonché l’eventuale predisposizione di un idoneo gruppo di

raffinazione nel caso risulti necessario incrementare significativamente la

produzione di frazione fine (0/6 mm).

DEMETALLIZZAZIONE

Le scorie opportunamente ridotte granulometricamente verranno

sottoposte ad adeguata demetallizzazione, distinguendo fra metalli

ferrosi e metalli non ferrosi, mediante diverse tecnologie:

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Capitolo 4 – Trattamenti –

60

- Separatori Magnetici finalizzati all’estrazione dei metalli ferromagnetici

dai materiali magneticamente inerti;

- Separatori ad Induzione (eddy-current) finalizzati all’estrazione dei

metalli non ferrosi dai materiali elettricamente inerti ovvero non

conduttori, tarati opportunamente per la selezione dei residui di

alluminio;

- Metaldetector finalizzati all’intercettazione delle frazioni metalliche

residuali.

CLASSATURA GRANULOMETRICA

La classatura granulometrica delle scorie verrà eseguita in

corrispondenza di un idoneo gruppo di vagliatura realizzato mediante un

vaglio a tamburo per la selezione dimensionale progressiva delle classi

0/6 mm – 6/20 mm e 20/50 mm. In particolare si prevede, grazie al

ricircolo della frazione +50 mm in testata al comparto di frantumazione

per un ulteriore trattamento di macinazione, la seguente

percentualizzazione della produzione: 30% classe 0/6 mm, 40% classe

6/20 mm e 30% classe 20/50 mm.

Nell’ambito del presente processo di trattamento delle scorie è

necessario anche prevedere l’individuazione, per il successivo

allontanamento, di quantità residuali, stimabili attorno all’8% del totale,

non suscettibili di recupero e pertanto, da avviarsi alle tradizionali forme

di smaltimento.

Lo schema a blocchi di un impianto di trattamento è rappresentato nella

sottostante figura 4.1 dalla quale si individua efficacemente la tipica

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Capitolo 4 – Trattamenti –

61

dislocazione dei vari processi e conseguentemente i diversi step a cui le

scorie sono sottoposte una volte introdotte nell’impianto.

Figura 4.1: Schema a blocchi di un impianto di trattamento

Vagliatura

Lavaggio

Vagliato grezzo

Materiale ingombrante

Metalli ferrosi grossolani

Separazione magnetica

Metalli non ferrosi al recupero

Metalli ferrosi fini

Separazione magnetica Eddy

current ceneri trattate

Separazione magnetica

Frantumazione

Frazione al recupero

Metalli ferrosi grossolani

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Capitolo 4 – Trattamenti –

62

4.3 L’IMPIANTO DI CONFEZIONAMENTO DEL CONGLOMERATO IDRAULICO CATALIZZATO

L’attività di recupero del granulato di scorie verrà eseguito mediante il

confezionamento di un conglomerato idraulico catalizzato derivante

dalla miscelazione di differenti componenti nelle seguenti indicative

proporzioni:

• 50% granulato di scorie in assortimento granulometrico 0/6 mm,

6/20 mm e 20/50 mm;

• 38% aggregato lapideo in adeguato assortimento granulometrico;

Le operazioni che vengono svolte sono:

1. Vagliatura: si svolge in diversi steps, partendo da un vaglio per materiali

grezzi che ha la finalità di eliminare materiali ingombranti, per poi

trovare un vaglio per rifiuti fini con la finalità di ricavare materiali con

una pezzatura ben definita.

2. Frantumazione: esercita la propria azione su materiali ingombranti e/o

su materiali grezzi. Per questa operazione sono usati trinciatori e martelli

a mulini. Il materiale frantumato è poi reintrodotto all’inizio del ciclo di

trattamento.

3. Rimozione metalli ferromagnetici: avviene sia per i materiali grezzi

sia per quelli fini. I sistemi usati sono: rulli magnetici e nastri

trasportatori. Il materiale recuperato viene poi rivenduto sul mercato

dell’acciaio.

4. Rimozione di metalli non ferromagnetici: viene utilizzato il sistema

detto eddy-current.

5. Lavaggio: i frammenti metallici raccolti vengono lavati per poi destinarli

al recupero

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Capitolo 4 – Trattamenti –

63

• 11% granulato di loppa d’altoforno;

• 1% catalizzatore

In particolare è possibile distinguere l’impiantistica destinata al

confezionamento del CIC in 3 sezioni principali:

STOCCAGGIO E DOSAGGIO

Tutti i componenti da impiegarsi per il confezionamento del

Conglomerato Idraulico Catalizzato, verranno stoccati in adeguati silos o

tramogge di accumulo, garantendo in ogni caso l’assenza di qualsiasi

forma di rilascio di inquinanti nell’ambiente esterno. Il trasferimento dei

materiali alla successiva sezione di muscolazione avverrà mediante

estrattori/dosatori a celle di carico, in grado di garantire l’adeguato

proporzionamento delle diverse frazioni.

MISCELAZIONE

Tutti i componenti di confezionamento verranno trasferiti alla sezione

di carico del reattore di miscelazione da dimensionare, in modo da

assicurare un tempo di contatto congruo per una perfetta

omogeneizzazione dei materiali introdotti, al fine di facilitare lo sviluppo

dei legami chimici e chimico-fisici alla base del processo di litificazione.

In ogni caso è opportuno precisare che tutte le reazioni avvengono in

ambiente controllato, escludendosi qualsiasi forma di rilascio (liquidi,

vapori, polveri odori, ecc…) verso l’ambiente esterno.

MATURAZIONE

Il CIC fresco verrà estratto dal miscelatore e stoccato in corrispondenza

di un piazzale impermeabilizzato per la successiva fase di caricamento,

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Capitolo 4 – Trattamenti –

64

mediante pala gommata, su autocarro e seguente trasporto verso i

cantieri di utilizzo.

La velocità di presa idraulica del Conglomerato Idraulico Catalizzato è

funzione della velocità di dissoluzione delle componenti, da intendersi

come caratteristica specifica del materiale idraulicamente attivo

impiegato, nonché della superficie specifica del granulato di loppa

d’altoforno, della qualità e quantità dei catalizzatori e della temperatura.

In termini di dettaglio è possibile definire la seguente progressione di

presa, sul materiale in opera:

aumento lento della presa nelle prime tre o quattro settimane;

accelerazione della presa dal secondo al sesto mese di maturazione;

rallentamento ma continua crescita della ricristalizzazione fino al

terzo anno con andamento asintotico rispetto al valore di resistenza

meccanica massima.

E’ opportuno prevedere l’impiego di aggregati lapidei alternativi o

derivanti dal recupero di rifiuti speciali non pericolosi di origine edilizia

allo scopo di massimizzare gli effetti in termini di tutela naturale.

4.4 ANALISI ECONOMICA DELLA VALORIZZAZIONE

DELLE SCORIE DA INCENERIMENTO

Le scorie da inceneritore risultano ad oggi destinate allo smaltimento in

discarica autorizzata oppure solo per le frazioni più minute 0/4 mm

destinate al recupero, previa selezione della frazione metallica, in

cementifici; in entrambi i casi con costi di gestione ingenti.

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Capitolo 4 – Trattamenti –

65

Allo scopo di verificare la fattibilità economica dell’ipotesi di

valorizzazione delle scorie mediante la costituzione del CIC, abbiamo

eseguito una esemplificazione finanziaria riferita ad un impianto di

incenerimento che bruci 1.000 tonnellate di rifiuto al giorno e che

produca in media 250 tonnellate al giorno di scorie e quindi

moltiplicando circa 90.000 tonnellate per anno (91.250, ma l’impianto

non è mai in funzione per 365 giorni all’anno o almeno non a pieno

regime).

• Il cementificio, che come dicevamo, è l’unica risposta al recupero che

in Italia oggi venga fornita, ha comunque un costo, infatti i

cementifici vengono compensati con circa 31 € a tonnellata per

riceverle. Ciò significa che delle 27.000 tonnellate l’anno che è

l’aliquota di pezzatura minima che potenzialmente questo impianto

ipotetico può mandare al cementificio, solo il cosiddetto recupero nei

cementifici costa 981.268 €.

Il resto, tutto ciò che è pezzatura superiore ai 6 mm.,

necessariamente a norma di legge deve finire in una discarica 2B, il

che significa che, anche pagandola 51 € a tonnellata, le 63.000

tonnellate che sono il 70% delle scorie prodotte arrivano a costare

intorno ai 3.615.198 €. Vale a dire che già per un impianto che riesce

a destinare una parte delle proprie scorie al cementificio, il costo

assuntivo è 981.268+3.615.198 di €. Siamo così attorno ai 4.596.466

di €. Alla fine il costo medio al chilo di scoria prodotta è circa 50 € a

tonnellata; cioè le vecchie 100.000 lire alla tonnellata.

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Capitolo 4 – Trattamenti –

66

• Esiste anche un'altra ipotesi che è quella che seguono coloro che

non hanno nessun impianto vagliatore e che quindi non riescono

nemmeno ad inviare una percentuale delle scorie prodotte ai

cementifici, ma destinano l’intero quantitativo in discarica ed in

questo caso il costo aumenta fino a 5.164.569 di € arrivando a 60 €

alla tonnellata; cioè a circa 120.000 lire alla tonnellata.

• La soluzione proposta della valorizzazione delle scorie mediante

processo CIC risente inevitabilmente di alcuni costi che prima non

comparivano: come quello di ammortamento dell’impianto, quello di

gestione, quello di manutenzione e quello del personale che

complessivamente abbiamo stimato intorno ai 92.962 € tra operatori

e spese generali ( il tutto valutato in termini fortemente cautelativi),

ma si arriva intorno a 438.988 € con l’inserimento dell’impianto di

recupero dei metalli e vagliatura delle scorie. A fronte di questo

impianto c’è un immediato recupero per i materiali che vengono

recuperati – ferro e alluminio – che ammonta a circa 144.607 €.

Rimangono da smaltire i sovvalli, che abbiamo stimato intorno all’

8% e che comunque devono finire in discarica, e le scorie che

abbiamo stimato con un costo di 1.575.193 di €. A conti fatti le

scorie costerebbero a questo punto circa 30 € alla tonnellata; cioè

60.000 lire alla tonnellata, con un risparmio sostanzioso rispetto a

tutte le opportunità descritte in precedenza e fino ad oggi praticate.

A questo punto le scorie vengono cedute a 20 € alla tonnellata

(40.000 lire), ma analizzando i ricavi con ipotesi estremamente

cautelative: vendendo cioè solamente i due terzi che produco

effettivamente come CIC, quindi come materiale pregiato, a 3,62 € a

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Capitolo 4 – Trattamenti –

67

tonnellata, ed il restante un terzo come materiale per ripristini

ambientali a 0,52 € a tonnellata avrei un ricavo come impianto terzo

di 10 € (20.000 lire) alla tonnellata. Mentre se riuscissi a cedere solo

un terzo del CIC prodotto come materiale pregiato ed il resto come

materiale per ripristini stradali, avrei comunque un ricavo di 7 € alla

tonnellata (14.000 lire).

Come si nota dall’esemplificazione fatta, la produzione del CIC risulta

economicamente molto più vantaggiosa rispetto a tutte le altre soluzioni

proposte e fino ad ora adottate. La stima fatta nel caso specifico di

Modena rende ancora più evidente la convenienza del processo che

stimata al 2005 porta a raggiungere un utile di esercizio di 393.326 € che

equivale ad un 22%.

I dettagli della nostra valutazione economica ipotizzata sono riportati

nella seguente tabella 4.2 CONTO ECONOMICO €

TOTALE RICAVI 1.799.500

Materie prime e di consumo 584.585

Prest. di servizi. 150.000

Godimento beni di terzi 126.500

Totale costi esterni 861.085

Valore aggiunto 938.415

Costo del lavoro 200.000

MARGINE OPERATIVO LORDO 738.415

% sui ricavi 41,0%

Ammortamenti 85.000

Accantonamenti 2.662

TOTALE COSTI OPERATIVI 1.148.747

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Capitolo 4 – Trattamenti –

68

RISULTATO OPERATIVO 650.753

% sui ricavi 36,2%

Proventi (oneri) finanziari -9.733

RISULTATO ANTE IMPOSTE 641.019

Imposte sul reddito 247.693

UTILE DI ESERCIZIO 393.326

% sui ricavi 21,9%

Scorie Meta 315.000Scorie terzi 640.000CIC venduto 201.250

RISULTATO OPERATIVO650.753

COSTI OPERATIVI148.747

RICAVI1.799.500

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

69

C a p i t o l o 5

IL RIUTILIZZO IN EUROPA E LE NORMATIVE SPECIFICHE

Gli altri paesi europei dove si riutilizzano le scorie da incenerimento

sono l’Olanda, la Francia, la Germania e la Danimarca. La loro attività di

ricerca in questo ambito e le conseguenti applicazioni sul campo sono

già iniziate da alcuni anni, a differenza dell’Italia dove invece siamo ai

primordi; questo è stato consentito loro da un approccio molto più

pragmatico al problema da parte dei rispettivi governi nazionali. La

normativa vigente in questi paesi, infatti, è incentrata sull’incentivare a

pieno ogni forma di recupero dai rifiuti ed al contrario disincentivare

l’utilizzo di alternativi metodi di smaltimento o stoccaggio come la

discarica e quindi pone meno ostacoli burocratici allo sviluppo di questa

prospettiva. Questa politica ha portato ad un impiego massiccio delle

scorie da incenerimento inizialmente come materiale da riempimento e

per rilevati, ma da pochi anni, con il progetto europeo di ricerca

“Mashroad” del 1998/99 al quale ha partecipato anche l’Italia

rappresentata da META s.p.a., l’attenzione dei ricercatori e di tutti

coloro che si occupano di rifiuti si è spostata sull’impiego delle scorie

specificatamente nelle infrastrutture stradali.

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

70

5.1 OLANDA

La normativa che viene normalmente presa a riferimento per verificare

l’accettabilità di materie prime secondarie, le scorie appunto, come

materiale da costruzione è il Dutch Building Materials Decree (BDM).

Il decreto affronta i problemi di pressione ambientale sui suoli

sottoposti all’applicazione di ogni tipo di materiale da costruzione

(convenzionale o inerte da recupero), partendo al principio di un

“rilascio considerato accettabile dopo 100 anni di esposizione”.

L’estrapolazione dei dati di rilascio a 100 anni dai risultati dei test di

cessione è basata sulla valutazione dei fenomeni di rilascio e sulla media

attuale della condizioni di infiltrazione.

Il BDM propone due categorie di scorie, classificate sulla base del

rilascio a 100 anni:

categoria 1: utilizzo libero

categoria 2: per usi al di sopra di 10.000 t per applicazione, 0,5 m al di

sopra del livello di falda, sotto una copertura che riduca l’infiltrazione

(per es. asfalto).

5.2 GERMANIA

La normativa vigente sulle caratteristiche del materiale da costruzione

convenzionale o da recupero in Germania, distingue oggi i materiali in

quattro categorie: Z0, Z1.1, Z1.2, Z2. I materiali che appartengono alla

categoria Z0 non hanno vincoli di applicazione, quelli appartenenti alle

categorie Z1.1 e Z2.2 richiedono interventi di trattamento addizionali

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

71

ed, infine per i materiali della categoria Z2 non è consentito alcun

utilizzo.

5.3 FRANCIA

In Francia attraverso il Decreto Ministero Ambiente 9/5/94 sono stati

fissati valori limite per l’accettabilità delle scorie da inceneritori per RU

come materiale da costruzione e lo stesso distingue tre categorie di

scorie avviabili a valorizzazione o a discarica, distinte sulla base della

lisciviabilità di alcuni contaminanti.

Categoria V Categoria M Categoria S

Tasso di

incombusti <5% <5% >5%

Frazione

solubile <5% <10% >10%

Hg <0,2 mg/kg <0,4 mg/kg >0,4 mg/kg

Pb <10 mg/kg <50 mg/kg >50 mg/kg

Cd <1 mg/kg <2 mg/kg >2 mg/kg

As <2 mg/kg <4 mg/kg >4 mg/kg

Cr6+ <1,5 mg/kg <3 mg/kg >3 mg/kg

SO42- <10.000 mg/kg <15.000 mg/kg >15.000 mg/kg

COT 1.500 mg/kg 2.000 mg/kg 2.000 mg/kg

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

72

Le scorie rientranti nella soglia “V” sono definite a debole frazione

liscibile e possono, in determinate situazioni, descritte nella stessa

circolare francese, essere riutilizzate anche tal quali.

Le scorie rientranti nella soglia “M” sono definite a media liscività e

possono essere riutilizzate, in determinate situazioni, previo trattamento

inertizzante o di “maturazione”.

Le scorie appartenenti alla soglia “S” sono destinate alla discarica

definitiva.

Interessante esperienza francese è stata quella, anche in precedenza

citata, realizzata dalla società CETE di Lione, la quale ha realizzato delle

piazzole sperimentali con scorie maturate.

5.4 DANIMARCA

L’utilizzo delle scorie in Danimarca è regolato dalla disposizione

legislativa n.655 del 27/6/2000 inerente ai prodotti da incenerimento

impiegati per riempimenti o costruzioni di strade, che distingue in base

alla loro potenziale pericolosità e capacità di percolazione le scorie in tre

categorie definendone anche i rispettivi limiti di utilizzo. Alla base della

stesura di questa recente normativa è stata fatta una sperimentazione,

forse una delle poche in Europa insieme a quella di META s.p.a. che ha

avuto applicazioni dirette, realizzando tre strade e tre parcheggi in un

campo prova a Ydernaes vicino alla città di Naestved. Per queste

infrastrutture sono stati utilizzati rifiuti provenienti da tre diversi

inceneritori così da avere a disposizione tre esperienze simili eseguite

però su rifiuti con qualità diverse e quindi una più ampia possibilità di

analisi. Il campo prova è stato suddiviso in sei lotti di dimensioni

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

73

variabili dai 100 m2 ai 200 m2, ciascun lotto a sua volta è formato da più

strati sovrapposti e lo strato di sottofondo, realizzato dalle scorie, è

spesso circa 50 - 60 cm. Sono poi stati scelti tre diversi tipi di strati di

copertura sommitale: asfalto, lastricato e ghiaia, così da poter simulare

tutte le condizioni di impiego; mentre nella parte inferiore del campo

prova sono stati collocati membrana in HDPE e strumenti di raccolta e

misura del percolato.

Lo schema del campo prova e le immagini della sua messa in opera sono

riportate in figura 5.1.

Figura 5.1

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

74

5.5 IL PROGETTO MASHROAD

Nel biennio 1998/99 META s.p.a. ha partecipato ad un progetto

europeo di ricerca per la valorizzazione delle scorie da incenerimento di

rifiuti urbani in campo stradale.

Al progetto di ricerca denominato “Project Mashroad”, finanziato dalla

Comunità Europea, hanno partecipato una decina di partners industriali

e di ricerca di Italia, Francia e Olanda.

Dal progetto sono emersi:

• Un prototipo di materiale commercializzabile formato a partire

dalle scorie da incenerimento da utilizzare per la realizzazione di

strade ed edifici.

• La definizione di un processo di realizzazione di un aggregato a

partire dai rifiuti di incenerimento

• Uno studio del processo di rigonfiamento delle scorie

• Un prototipo di legante idraulico da inserire in miscela con le scorie

per il loro riutilizzo

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Capitolo 5 – Il riutilizzo in Europa e le normative specifiche –

75

I risultati ottenuti da questo progetto di ricerca necessitavano tuttavia di

una conferma dalla realizzazione di cantieri pilota, con la messa in opera

di un programma di monitoraggio per validare i risultati. Proprio questo

è quello che sta realizzando META s.p.a. in questo anno.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

76

C a p i t o l o 6

LE ESPERIENZE DI RIUTILIZZO IN ITALIA

6.1 PREMESSA INTRODUTTIVA

Fino ad oggi l’unica esperienza di valorizzazione di scorie da

incenerimento di rifiuti solidi urbani in Italia è quella realizzata dalla

società ITALCIC per conto di META s.p.a. a Modena. Presso gli

impianti di Meta s.p.a. è stato realizzato un impianto sperimentale di

trattamento delle scorie e di produzione del Conglomerato Idraulico

Catalizzato (brevetto C.I.C.), impiegato poi in un campo prova su cui

sono state eseguite sperimentazioni geotecniche, ambientali e

tossicologiche che creassero i presupposti tecnico scientifici per un

futuro utilizzo.

Il CIC nasce dalla miscela di tre flussi:

• Inerti da demolizioni o scavi (ROSE). Secondo il Rapporto

Rifiuti 2001 dell’ANPA e dell’osservatorio Nazionale sui Rifiuti la

quantità di rifiuti speciali classificati come inerti (demolizioni e

scavi) è su base nazionale stimato (in evidente difetto) in circa il

12.5% del totale dei rifiuti speciali non pericolosi (a fronte di 50

milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi circa 6,3 milioni di

tonnellate sarebbero inerti) a fronte di una presenza a livello

nazionale di 524 discariche di tipo IIA e 152 di tipo IIB. Questo

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

77

basta a dimostrare come una enorme quantità di rifiuti da

demolizione non trova un’adeguata forma di recupero con

evidente consumo di risorse ambientali: nuove cave e nuove

discariche

• Loppe d’altoforno. La loro produzione è notevole sia a Taranto

che a Piombino e in altri minori poli siderurgici italiani. Tali

scorie, dotate di notevoli proprietà idrauliche, vengono

abitualmente aggiunte sia a monte che a valle della produzione del

cemento appunto per le loro capacità idrauliche e sono

classificate come rifiuti all’interno del Catalogo CER – Codice

CER 100202

• Scorie derivanti dalla combustione di RU (codice CER 190101).

Come detto anch’esse dotate di caratteristiche litoidi non

disprezzabili ed avendo una granulometria ricca di filler (8/10 %

di passante al setaccio da 0.075 mm) producono benefici effetti

geotecnici sulle miscele con altri inerti più grossolani riducendone

le percentuali dei vuoti; attualmente ne vengono prodotte circa un

milione di tonnellate (in prospettiva con l’avvio di nuovi

inceneritori si prevede di triplicare tale quantità) destinate allo

smaltimento in discariche per rifiuti speciali non pericolosi

con l’aggiunta di appositi catalizzatori di litosintesi.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

78

Figura 6.1: Il ROSE

Figura 6.2: La loppa

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

79

Figura 6.3: Le scorie

A fronte di queste considerazioni è stata avviata la sperimentazione che

oltre a proseguire nella direzione individuata dal progetto “Mashroad” è

andata ben oltre, ottenendo i risultati che verranno descritti in questo

capitolo.

La base di partenza della sperimentazione eseguita sono state le scorie

dell’inceneritore di Modena, (come detto però non sono l’unico rifiuto

valorizzato con il processo CIC) che possiedono in media le seguenti

caratteristiche:

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

80

Tabella 6.1: Caratteristiche medie delle scorie da combustione di RU a

Modena.

Parametro Unita di misura Limiti di

rilevabilità Valori rilevati

Colore Grigio

Odore Metallico

Asp.fisico Granulare

pH 11,11 – 13,21

Densità Kg/dm3 1,07 – 2,41

Res. 105°C % 67,8 – 81,5

Res. 550°C % 65,1 – 85,6

Sost.Org. % 1,01 – 14,4

NO3 mg/kg su t.q. 1 8,9 – 52,5

SO4 mg/kg su t.q. 0,5 43,1 – 1.273

Cl mg/kg su t.q. 10 31,9 – 3.545

Pb mg/kg su t.q. 0,5 0,28 – 0,80

Zn mg/kg su t.q. 3 258 – 16.840

Cd mg/kg su t.q. 0,5 462 – 9.929

Cu mg/kg su t.q. 0,3 0,401 – 4,100

Crtot mg/kg su t.q. 2 436 – 6.886

Fe mg/kg su t.q. 1 60,4 – 734

Ni mg/kg su t.q. 1 3.917 – 65.880

As mg/kg su t.q. 2 18,9 – 97,9

Se mg/kg su t.q. 2 1,1 – 33,0

Hg mg/kg su t.q. 0,05 0,2 – 10,0

B mg/kg su t.q. 3 49,1 - 380

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

81

Le caratteristiche del loro lisciviato rilevate sottoponendole al test

CO2 (introdotte in acqua distillata saturata con CO2) sono riportate in

tabella 6.2.

Tabella 6.2

Parametro Unità di misura

10 volte

Tab 3

D.L. 152/99

Limiti di

rilevabilitàValori rilevati

pH finale 7,33 – 10,16

Pb mg/l 2 0,03 0,032 – 0,170

Zn mg/l 5 0,005 0,012 – 0,825

Cd mg/l 0,2 0,003 0,004 – 0,006

Cu mg/l 1 0,02 0,014 – 0,342

Cr tot. mg/l 20 0,01 0,109 – 0,394

Fe mg/l 20 0,01 0,010 – 0,045

Ni mg/l 20 0,02 0,002

As mg/l 5 0,03 0,049 – 0,090

Se mg/l 0,03 0,001 0,003 – 0,064

Hg mg/l 0,05 0,001 0,001 – 0,022

B mg/l 0,01 0,633 – 1,54

NO3- mg/l

(come N) 0,1 0,11 – 5,92

SO4=

mg/l 0,005 123 – 424

Cl mg/l 1 32 – 177

Cr6+ mg/l 2 0,05 0,06 – 0,41

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

82

Dai dati ricavati dal test CO2, si nota come le scorie tal quali rilascino al

momento della lisciviazione quantità piuttosto elevate di metalli pesanti

quali: Pb, Zn, Cu, Cr tot., pericolosi per l’ambiente; è proprio per questo

che, anche se il loro futuro sarà quello dello stoccaggio in discarica tal

quali, è necessario porre molta attenzione al problema della lisciviazione,

adottando misure appropriate per evitare danni ambientali considerevoli.

Risulta evidente quindi che, ancora una volta, la soluzione del riutilizzo

attraverso un processo quale quello del CIC, risulta la più conveniente,

perché il trattamento, in questo caso di ricristalizzazione litosintetica,

non risulta fine a se stesso, ma parte integrante di un processo di

valorizzazione della scoria.

6.2 LA SPERIMENTAZIONE IN LABORATORIO

La novità tecnologica sperimentata consiste nell’utilizzo, come

componenti, delle miscele di rifiuti e materie prime seconde, aventi

granulometria e percentuali adeguate che, in presenza di loppe e/o di

scorie di alto forno, nonché di catalizzatori e tamponi specifici

garantiscano le condizioni adatte all'innesco di un processo di litosintesi

tra i vari elementi, tale processo si sviluppa nel tempo migliorando le

caratteristiche prestazionali del materiale di per sé già buone.

Il processo di litosintesi, oltre che a migliorare le prestazioni fisiche del

miscuglio, provvede a creare l’immobilizzazione degli inquinanti

contenuti nelle scorie che si ottiene attraverso la ricristallizzazione dei

sali idrati formanti la loppa in presenza dell’ambiente basico tipico delle

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

83

scorie, incrementato e mantenuto nel tempo dall’inserimento dei

catalizzatori e della frazione calcarea contenuta nel materiale

proveniente dal trattamento adeguato degli inerti da demolizioni edili.

Il processo sperimentale di laboratorio realizzato su C.I.C. contenenti le

scorie da combustione di RU prodotte da META s.p.a (CIC/META) è

durato circa nove mesi ed è stato suddiviso in due fasi, che andiamo così

a riassumere:

Fase I: Preparatoria per la scelta delle composizioni e dei

catalizzatori:

sono stati testati vari mix contenenti percentuali variabili di scorie

Meta (dal 37.5% fino al 70.0%) al fine di studiare le composizioni

più efficaci (le scorie sono state disidratate prima di essere usate

per poter meglio stimare i livelli ottimali di umidità dei miscugli);

sono stati testate varie combinazioni di catalizzatori per testare

quelle che meglio si adattavano ai materiali in gioco;

tutti i mix testati sono caratterizzati da elevati valori di CBR

(alcuni mix hanno addirittura valori di CBR ampiamente superiori

al 100%) e hanno dunque un ottimo comportamento anche come

semplice miscuglio di materiali incoerenti;

nei provini non si sono riscontrati fenomeni di rigonfiamento;

le curve granulometriche hanno un ottimo andamento;

si sono testate le variazioni nel tempo delle resistenze sia a

trazione indiretta che a compressione dei provini per testare il

fenomeno della litosintesi e dunque il fenomeno della presa

idraulica dei miscugli;

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

84

si è testata infine anche la permeabilità dei conglomerati realizzati

in laboratorio.

Il quadro che riassume la totalità dei MIX sottoposti a sperimentazione

è riportato nella tabella 6.3 sottostante:

Tabella 6.3: MIX testati nella prima fase della sperimentazione 1 2 3

MIX tipo Scorie Loppa ROSE tot

1 A1,B1,C1,D1 37,5 12,0 50,5 100

2 A2,B2,C2,D2 42,5 12,0 45,5 100

3 A3,B3,C3,D3 46,5 13,0 40,5 100

4 A4,B4,C4,D4 56,0 14,0 30,0 100

5 A5,B5,C5,D5 70,0 14,0 16,0 100

Per ogni MIX è stata sperimentata una miscela diversa di quattro

catalizzatori, per poter valutare quale rispondesse meglio alle esigenze

del materiale che si intendeva ottenere; i nomi dei catalizzatori impiegati

così come le loro percentuali nei vari MIX non sono state pubblicate

perché ad oggi coperte da brevetto.

Nella figura 6.4 che segue si evidenzia un effetto benefico delle scorie

sul valore del CBR: all’aumentare della percentuale di scorie nel mix,

aumentano i valori di CBR; mentre superata la percentuale del 50%

comincia a diminuire la capacità di costipamento, questo perché la

granulometria delle scorie è tale da impedire il riempimento dei vuoti fra

le particelle e quindi un addensamento ottimale.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

85

Figura 6.4

Andam ento del CBR m ax in funzione della com posizione ponderale delle m iscele

0

10

20

30

40

50

60

70

80

1 2 3 4 5m iscela

% C L R

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

CBR %

C eneri

Loppa

0/30 RCBR

Relazione tra % d i ceneri e va lori max d i M VAd e CBR

50

75

100

125

150

175

200

38 43 47 56 70% ceneri nelle m iscele

CBR [% ]

1,70

1,75

1,80

1,85

1,90

1,95

2,00

2,05

2,10

2,15

2,20

M VAd [g/cm ³]

C .B .R .

M VAd

Relazione C .B .R . / M VAd

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

1,70 1,74 1,78 1,82 1,86 1,90 1,94 1,98 2,02 2,06 2,10 2,14

M V Ad [g /cm ³]

CBR [ % ]

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

86

Dalle ricerche di laboratorio è emerso che gli inerti da demolizione

opportunamente trattati, le scorie e le loppe, adeguatamente miscelate e

proporzionate hanno già di per sé (vale a dire come semplice miscuglio)

un comportamento geotecnico ottimo che garantisce l’ottenimento di

prodotti con caratteristiche geotecniche e comportamentali eccellenti,

frequentemente superiori a quelle dei migliori inerti stabilizzati e

comparabile, una volta avvenuta la presa litosintetica, addirittura ai misti

cementati.

Per una più immediata comprensione dei dati si ricorda che la prova

CBR (universalmente utilizzata per caratterizzare gli inerti per

costruzioni stradali) consiste nel porre a confronto l’inerte studiato con

il comportamento di una particolare sabbia californiana usata come

riferimento; quando si dice perciò che un inerte ha un valore di CBR del

50% significa che, per far penetrare da un punzone tarato il materiale,

compattato secondo precisi standard, è necessaria una forza pari al 50%

di quella necessaria a punzonare quella sabbia californiana di riferimento.

Nelle costruzioni stradali sono riconosciuti come validi materiali da

fondazione stradale quelli con valori di CBR costantemente superiori a

50%, nei nostri mix si sono riscontrati abitualmente valori superiori a

100 %.

Fase II: Sperimentazione eseguita sui campioni scelti:

A valle dell’ampia sperimentazione di laboratorio ed alla luce delle

condizioni reali riscontrate, si è optato per due differenti composizioni

(45 e 60% di scorie nel MIX), testando infine, nel MIX C, la possibilità

di diminuire la percentuale di loppa rispetto al valore del 12% ritenuto

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

87

ottimale. Nella tabella 6.4 seguente sono riportate le composizioni

percentuali dei tre MIX testati nella seconda fase della sperimentazione:

MIX MIX MIXA B C

CEN 45,0 60,0 60,0LOPPA 12,0 12,0 10,0ROSE 43,0 28,0 30,0

La loppa (proveniente dagli impianti siderurgici di Piombino) è stata

sottoposta a leggera macinazione anche in considerazione del fatto che

alcune partite di tale materiale, se lasciate in area di stoccaggio per lunghi

periodi tendono ad aggregarsi modificando la loro reale ed originaria

granulometria.

Di tutti i materiali utilizzati in questa seconda fase viene di seguito, in

Figura 6.5, riportata la granulometria.

Granulometria dei componenti impiegati

6040251510520,4250,180,075

0

20

40

60

80

100

0,01 0,1 1 10 100aperture [mm]

P%

LOPPA **

CENER

0 / 25 R

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

88

E’ stata poi analizzata la granulometria dei tre MIX e i risultati sono

riassunti in tabella 6.5; dalla figura 6.6 possiamo notare come le tre curve

granulometriche siano molto prossime pur avendo modificato la

percentuale di ogni componente dei MIX nei tre casi A, B e C.

Nei tre MIX analizzati in questa seconda fase notiamo come il 50% del

materiale abbia un diametro inferiore ai 2 mm, questo ci porta a

considerarlo un materiale simile alle ghiaie, quindi una valida alternativa

ai comuni materiali usati come sottofondo.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

89

Tabella 6.5 Figura 6.6

MIX MIX MIXA B C

CEN 45,0 60,0 60,0LOPPA 12,0 12,0 10,0ROSE 43,0 28,0 30,0

D [mm]60 100 100 100 60 -5

50 100 100 100 -5

40 100 100 100 40 -5

30 100 100 100 -5

25 99 99 99 25 -5

20 94 95 95 -5

15 88 90 90 15 -5

10 81 83 82 10 -5

5 68 69 68 5 -5

2 54 55 54 2 -5

0,425 26 27 26 0,425 -5

0,18 16 16 16 0,18 -5

0,075 10 10 10 0,075 -5

Granulometria delle 3 miscele di studio

6040251510520,4250,180,075

0

20

40

60

80

100

0,01 0,1 1 10 100aperture [mm]

P%

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

90

Dei MIX precedentemente descritti sono state poi valutate sia le

caratteristiche di costipamento sia quelle di portanza e i risultati sono

mostrati in figura 6.7

Figura 6.7

Caratteristiche di costipamento delle miscele A, B e C

1,66

1,68

1,70

1,72

1,74

1,76

1,78

1,80

1,82

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

W [%]

MVAd [g/cm³]

A

B

C

Caratteristiche di portanza delle miscele A, B e C

0

50

100

150

200

250

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

W [%]

CBR[%]

A

BC

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

91

Da tali diagrammi si evidenziano valori del CBR, riscontrati in

laboratorio, superiori a 200% per i mix con il 60% di cenere e a 130%

per i Mix con il 40% di cenere a conferma di quanto già emerso nella

prima fase della sperimentazione su tale aspetto. Permane sempre una

ampia gamma di percentuali di umidità caratterizzate da elevati valori di

CBR a dimostrazione che il CIC è comunque indifferente ad un eccesso

di acqua nei limiti comunque della possibilità di ottenere un

costipamento ottimale.

I vari provini fatti stagionare per diversi periodi (60, 90 e 120 giorni)

sono stati sottoposti a prove di resistenza alla trazione indiretta (RTI) e

alla compressione (RC) e nella figura 6.7 sono riportate le foto di questi

provini. Nell’ultima foto si evidenzia la rottura quasi perfetta lungo una

direttrice del cilindro di uno dei provini sottoposti alla prova di

resistenza a trazione indiretta (RTI). Questa caratteristica è molto

interessante perché mostra come effettivamente il CIC sia un materiale

compatto e non friabile, che in questo caso, se sottoposto ad un’ azione

di trazione indiretta si sarebbe sbriciolato completamente.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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Figura 6.8: Provini in maturazione

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

93

Nella pagina sottostante sono presentati i risultati delle prove di

resistenza a trazione indiretta e a compattazione, dalle quali si nota come

i valori raggiunti siano propri di un materiale dotato di coesione

(addirittura paragonabili ad un misto cementato), caratteristica che

evidentemente non possedevano i flussi di materia introdotti all’inizio

del processo sperimentato.

Anche da questi risultati comprendiamo come il C.I.C. sia un materiale

del tutto nuovo, dotato di coesione.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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Mix A-B-C CONFEZIONE: A: 11/12/06 -02 data corrente 17/10/02B: 02/03-07 -02C: 05/07-07- 02

Trazione indiretta Compressione

giorni 0 60 90 150 giorni 0 60 90 150Mix A 0 0,9 2,3 Mix A 0 6,9 17,7Mix B 0 1,1 1,4 Mix B 0 8,7 28,7Mix C 0 0,9 1,2 Mix C 0 7,9 8,8

Mix A-B-C: Evoluzione della Rti

0

1

2

3

0 25 50 75 100 125 150 175

tempi [gg]

Rti [daN/cm²]

A BC

Mix A-B-C: Evoluzione della Rc

0

5

10

15

20

25

30

0 25 50 75 100 125 150 175tempi [gg]

Rc [daN/cm²]

ABC

Tabella 6.6 e Figura 6.9: Andamento dei valori di resistenza a compressione e a trazione indiretta nel tempo.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

95

6.3 PROGRAMMA SPERIMENTALE DI SICUREZZA SUL C.I.C/META: PROVE TOSSICOLOGICHE ED ECOTOSSICOLOGICHE

L’aspetto ambientale è stato quello a cui è stata dedicata maggior

attenzione in sede di sperimentazione perchè, come abbiamo già avuto

modo di verificare, la valorizzazione delle scorie da incenerimento di RU

e quindi il loro riutilizzo come materiale alternativo comporta diversi

rischi per la salute dell’uomo e per l’inquinamento che si potrebbe

indurre nell’ambiente; per questo è necessario dedicargli estrema cura.

L’intento del progetto CIC è quello di porre sul mercato un prodotto

concorrenziale non solo a livello di prestazioni fisiche, per altro già

soddisfatte anche senza sottoporre le scorie all’intera procedura di

costituzione del CIC, e nemmeno solo a livello economico, ma

soprattutto a livello ambientale. Questo infatti permetterebbe di vedere

questo materiale in modo diverso: non più come uno scarto, ma come

un qualcosa del tutto rigenerato che ha caratteristiche di sicurezza

ecotossicologica simili a materie largamente usate in precedenza senza

diffidenza. Solo un approccio rigoroso in campo ambientale e

particolarmente in ambito ecotossicologico è in grado di dar vita ad una

presa di coscienza della realtà della risorsa da parte degli organi

ministeriali che saranno quindi, solo così, propensi ad autorizzarne ed

incentivarne l’utilizzo.

Pertanto il C.I.C/META è stato sottoposto ad un protocollo di studi

sperimentali di tossicologia e di ecotossicologia al fine della valutazione

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

96

del rischio ambientale ed umano dello stesso nelle due possibili

esposizioni :

• durante la lavorazione e la messa in opera da parte degli

operatori;

• durante la vita come componente di pavimentazioni stradali, nei

confronti dei comparti ambientali acquatico, terrestre ed aereo.

Il campione utilizzato per le prove sperimentali è stato confezionato con

scorie prelevate dal forno inceneritore Meta nel mese di maggio 2002.

Detta confezione è stata realizzata presso il laboratorio del Dipartimento

Idraulica e strade della Facoltà di Ingegneria-Università La Sapienza-

Roma. Il campione è stato sottoposto ad un periodo di maturazione di

giorni 45 e quindi inviato alla società Chemsafe il 28/10/02.

Mentre le prove tossicologiche ed ecotossicologiche sono state

effettuate sul campione nel periodo ottobre-dicembre 2002.

Il tipo di programma scelto comprende i seguenti studi :

Tossicologia

- Tossicità acuta orale nel ratto (OECD 423)

- Tossicità acuta dermale nel ratto (OECD 402)

- Irritazione cutanea nel coniglio (OECD 404)

- Irritazione oculare nel coniglio (OECD 405)

- Sensibilizzazione cutanea nella cavia (OECD 406)

- Test di Reversione batterica (Test di Ames)(OECD 471)

I test scelti mimano le condizioni più comuni di esposizione umana

acuta durante le lavorazioni; segnatamente l’ingestione e l’esposizione

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

97

cutanea come aspetti di tossicità sistemica, il potenziale irritante per la

pelle e per gli occhi, il potenziale sensibilizzante a seguito di esposizione

cutanea ripetuta della sostanza. Il test di reversione batterica offre un

primo screening per un eventuale potere mutageno del C.I.C/META.

Ecotossicologia

- Tossicità acuta nella Daphnia magna (OECD 202)

- Tossicità acuta nel pesce (Brachidanio rerio) (OECD 203)

- Test di inibizione della crescita algale (OECD 201)

I tre test di ecotossicologia scelti permettono di ottenere un profilo

tossicologico acuto poiché spaziano da una prova su un crostaceo di

acqua dolce, Daphnia magna, sensibile alle variazioni chimiche del suo

ambiente di vita, ad una prova su un organismo vertebrato quindi più

complesso, il pesce, fino a giungere ad una prova di inibizione di crescita

su una specie vegetale, l’alga verde, molto sensibile anch’essa alle

sostanze chimiche eventualmente presenti nell’ambiente.

Tutti gli studi di ecotossicologia sono stati effettuati previo

mantenimento del campione ad una concentrazione nominale di 100 mg

in soluzione supersatura nelle acque utilizzate per i test (1 Litro) per un

periodo di 24-25 ore, in continua agitazione ad una temperatura intorno

ai 30°C al fine di mimare la condizione ambientale e favorire l’eventuale

estrazione di composti tossici. I risultati sono quindi stati espressi in

relazione alla concentrazione nominale aggiunta (100 mg/L).

Tutti gli studi sperimentali sono stati eseguiti secondo le linee guida

dell’OECD (Organizzazione per lo Cooperazione e Sviluppo

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

98

Economico) universalmente riconosciute come standard di metodi

sperimentali dal punto di vista:

- scientifico, metodi validati che offrono risultati comparabili e

riconosciuti;

- etico, permettono un uso dell’animale corretto e secondo criteri

di minimo utilizzo;

Gli studi sono stati effettuati presso due laboratori certificati secondo le

Buone pratiche di Laboratorio (CERB SA per le prove tossicologiche,

IBACOM GmbH per le prove ecotossicologiche). Il test di Ames è stato

effettuato presso l’Institute Pasteur de Lille (Parigi) anch’esso certificato

secondo le prassi GLP. Tutte le fasi sperimentali nonché i protocolli di

prova e le relazioni finali sono stati monitorati dalla società Chemsafe.

Conclusioni ottenute a valle della sperimentazione

Il C.I.C/META è risultato in base ai dati sperimentali

• non tossico per ingestione

• non tossico nè sensibilizzante per esposizione cutanea

• non irritante per la pelle e per gli occhi

• non mutageno

• non ecotossico.

Il prodotto C.I.C/META non è pertanto classificabile come “composto

pericoloso” né per i possibili effetti sulla salute umana (operatori) né per

la possibile pericolosità ambientale (ecotossicologia) e non vengono

imposte quindi azioni di primo soccorso di tipo particolare.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

99

Per quanto riguarda la salute umana si è escluso altresì il possibile danno

a seguito di inalazione del prodotto in quanto le particelle che lo

costituiscono non sono tali da essere respirate (arrivando all’alveolo

polmonare) e quindi da produrre un danno. L’umidità stessa del

prodotto finale (circa il 10% di acqua) limita significativamente

l’eventuale emissioni di polveri fini.

Tutte le operazioni durante i processi industriali di produzione e di

utilizzo del C.I.C/META sono eseguiti in maniera automatizzata con

l’ausilio di mezzi meccanici. Laddove necessita più direttamente

l’intervento umano, l’operatore è tenuto ad indossare specifici DPI al

fine di annullare l’eventuale esposizione.

Il trasporto del C.I.C/META verso le aree di stoccaggio e verso le aree

di messa in opera (cantieri stradali) viene effettuato con mezzi meccanici

(camion con paratie molto alte) che annullano le eventuali perdite sul

terreno del prodotto.

In merito alla valutazione di rischio ambientale forniamo alcuni cenni di

carattere generale utili a comprendere i risultati ottenuti.

Schema generale di valutazione.

Lo schema generale di valutazione prevede che, attraverso i dati

significativi vengano stabiliti per ogni comparto ambientale (aereo,

terreste,acquatico) la concentrazione ambientale prevista della sostanza

in studio (PEC) e la concentrazione per la quale non si prevedono effetti

biologici (PNEC). Se il valore di PEC supera quello di PNEC

(PEC/PNEC> 1) vi è il rischio di danno ambientale, proporzionale al

valore di tale rapporto.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

100

Valutazione dell’esposizione.

Il PEC viene calcolato sulla base dello scenario che rappresenta il caso

realistico peggiore. Nel calcolo va considerato il tipo o i tipi di rilascio

possibili (p.es. sorgenti puntuali o diffuse, continue, semi-continue o

intermittenti) poiché ciò ha conseguenze importanti sulla durata e la

frequenza dell’esposizione di un ecosistema ad una sostanza. Se sono

disponibili dati reali provenienti da un monitoraggio, questi sono

preferibili rispetto alle previsioni.

Valutazione degli effetti biologici.

Il PNEC si calcola dai dati provenienti dall’ecotossicologia, combinati

con un “fattore di sicurezza”. Tale fattore riflette l’affidabilità riposta nel

dato sperimentale. (Nel caso di sperimentazioni sulla tossicità acuta tale

fattore viene prudenzialmente fatto pari a 1000).

Caratterizzazione del rischio.

Il confronto tra PEC e PNEC consente la stima di rischio: il rapporto

tra PEC e PNEC viene preso come misura della probabilità del

verificarsi di rischio.

Nel caso in esame tutti i parametri ecotossicologici (EC50, LC50,

NOEC) sono superiori al valore della concentrazione nominale di 100

mg/L. Ciò significa che vi è assenza di effetti tossici a seguito di una

esposizione alla concentrazione nominale di 100 mg/L. Si esclude

pertanto la classificazione di pericolosità per l’ambiente. La PNEC

(concentrazione ambientale senza effetto prevista) è maggiore di 100

µg/L introducendo come fattore di sicurezza 1000 rispetto al valore

della NOEC (No Observed Effective Concentration), sulla base della

concentrazione nominale utilizzata. La PNEC effettiva è certamente più

alta di quella sperimentale calcolata su quella concentrazione nominale di

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

101

100 mg/L imposta dai metodi sperimentali come valore massimo da

testare.

Poiché le uniche componenti del C.I.C. a potenziale rischio ambientale

sono rappresentate dai metalli si è calcolato il PEC su ognuno di loro.

La valutazione del rischio effettuata con due approcci diversi

porta ad un valore di PEC/PNEC inferiore di 1 per tutti i metalli

presenti nel C.I.C..

In considerazione di tutto quanto sopra illustrato, si può affermare che il

rischio di danni per la salute umana e per l’ambiente provocati da una

esposizione accidentale al prodotto C.I.C/META, nelle tipiche

condizioni di lavorazione ed uso e in considerazione della natura stessa

del prodotto, può considerarsi nullo.

LEGENDA

DL50 = Dose somministrata (orale o dermale) che provoca il 50% di mortalità

EC50 = Concentrazione effettiva che provoca il 50% di immobilizzazione nella

Daphnia

LC50 = Concentrazione letale che provoca il 50% di mortalità nel pesce

NOEC = Concentrazione senza effetti osservabili

PEC = Concentrazione ambientale stimata

PNEC = Concentrazione senza effetti prevista

PEC/PNEC = rapporto fra la conc. ambientale stimata e quella alla quale non si

prevedono effetti biologici

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

102

6.4 DESCRIZIONE DEL CAMPO PROVA

Il tratto di strada sperimentale, realizzato all’interno dello stabilimento

META di Via Caruso ( sulla base di apposita convenzione con la

provincia di Modena), consiste in quattro lotti fisicamente separati tra

loro costituiti da quattro invasi, realizzati con opere di

impermeabilizzazione, drenaggio e regimazione delle acque piovane

secondo le tecniche previste per le discariche.

Lotto I Lotto II Lotto III Lotto IV

Lunghezza 25 m Lunghezza 25 m Lunghezza 25 m Lunghezza 25 m

Larghezza 7,5 m Larghezza 7,5 m Larghezza 7,5 m Larghezza 7,5 m

6.4.1 REQUISITI PROGETTUALI DEL CAMPO PROVA

Ciascun lotto è stato reso idraulicamente indipendente mediante setti

verticali di separazione che evitano la commistione delle acque

eventualmente percolanti.

Per ciascun lotto si è realizzata una raccolta delle acque percolanti

mediante la realizzazione di quattro sistemi di raccolta costituiti da

pozzetti separati raccordati al drenaggio che è stato realizzato sotto a

ciascun pacchetto del lotto sperimentale; il drenaggio è costituito da

uno strato di ghiaia nello spessore di 10/15 cm protetta superiormente

da una stesa di TNT (tessuto non tessuto) per evitare l’intasamento del

drenaggio stesso.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

103

Per quanto riguarda il corpo del rilevato esso è stato realizzato con due

diversi MIX di composizione del CIC, descritti in tabella 6.7, varianti da

una presenza di cenere percentualmente pari al 45% e al 60%.

Tabella 6.7: Composizioni dei MIX di CIC utilizzate nel campo prova

M IX M IXA B

C E N 4 5 ,0 6 0 ,0L O P P A 1 2 ,0 1 2 ,0R O S E 4 3 ,0 2 8 ,0

Tre dei quattro lotti realizzati, descritti in figura 6.10, sono formati da tre

strati sovrapposti di materiale diverso, mentre il quarto lotto è stato

realizzato sovrapponendo solamente due strati. Per quanto riguarda gli

spessori complessivi dei vari pacchetti sperimentali si è previsto uno

spessore complessivo di circa 100 cm.

Figura 6.10

Binder + usura 7+4 cm.

Mix A spessore 30 cm.

Rilevato Mix B spessore 70 cm.

Lotto 1

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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Binder + usura 7+4 cm.

Misto cementato 20 cm.

Rilevato Mix A spessore 80 cm.

Binder + usura 7+4 cm.

Misto cementato 20 cm.

Rilevato Mix B spessore 80 cm.

Binder + usura 7+4 cm.

Rilevato Mix B spessore 100 cm.

Per evitare difficoltà di circolazione all’interno dello stabilimento Meta e

per poter più agevolmente procedere con il passaggio dei mezzi sul

tratto di strada sperimentale si è deciso di realizzare i pacchetti di

rilevato procedendo al loro incasso rispetto al piano di campagna per

circa 110 cm. così da avere poi la strada sperimentale a raso con la

viabilità esistente.

Le opere di impermeabilizzazione del fondo sono costituite da uno

strato di TNT da 400 gr/m2 e da un telo in polietilene ad alta densità

(PEAD) di 2 mm di spessore raccordato sulle sponde dello scavo e

Lotto 2

Lotto 4

Lotto 3

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

105

successivamente sui fianchi del rilevato al fine di evitare ogni

inserimento di acque estranee, una volta realizzati i corpi di struttura

stradale sperimentale, se non dalla parte superiore del piano stradale.

Sono stati poi posti in opera tubi atti al pescaggio delle acque raccolte

nello strato drenante posto subito sopra ai teli in PEAD.

Nella figura 6.11 sottostante vengono presentate le sezioni del campo

prova.

Setto di separazione

Blocchi di ancoraggio

A

A

Tubo in PEAD diametro 250

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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6.5 LA REALIZZAZIONE DEL CAMPO PROVA, LE PROBLEMATICHE EMERSE E I RISULTATI.

In dipendenza dei tempi amministrativi collegati alla autorizzazione al

campo prova, i lavori sono iniziati in pieno periodo invernale con

piogge particolarmente importanti che hanno dato luogo a due diversi

problemi, disgiunti e con conseguenze non adeguatamente previste, del

tutto indipendenti dalla qualità del materiale in sperimentazione; tali

problemi hanno però consentito di testare il materiale in condizioni

“estreme”:

1 Riempimento delle vasche e prime misurazioni del modulo di

deformazione

Entrambe i MIX prescelti per la prova sul campo sono stati

confezionati con una umidità di circa il 29/30% e dunque

Sezione A-A

Lotto

Blocchi di ancoraggio

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

107

ampiamente fuori del range ottimale che, come illustrato

precedentemente, varia tra il 13 ed il 18%. Tale eccesso di umidità

era dovuto da un lato alla forte umidità delle scorie che non è

stato possibile stoccare in maniera tale da provocarne una parziale

disidratazione (sono stati infatti utilizzati impianti non specifici

per la produzione del CIC), dall’altro lato alla contemporanea

forte umidità dei cumuli di loppa e scorie da demolizione

inzuppati dalle ingenti piogge del periodo;

le particolari modalità di posa del materiale, legate alla esigenza di

controllare gli eluati (all’interno di catini completamente

impermeabili e dunque impossibilitati a drenare efficacemente le

acque del composto) hanno di fatto impedito per un lungo

periodo la compattazione del materiale;

lo strato drenante, realizzato in ghiaia, dello spessore di 10 cm, è

risultato insufficiente ad operare quel effetto drenante che si

sarebbe prodotto sullo stesso materiale se fosse stato posto su un

letto drenante vero o su un terreno anche modestamente

permeabile e non all’interno di un catino in PEAD;

l’evaporazione conseguente all’innalzamento della temperatura ed

all’irraggiamento solare primaverile ha consentito comunque di

ricondurre l’ umidità del materiale a valori tali da consentirne una

sia pur parziale compattazione; la compattazione è avvenuta però

su un unico strato di posa di circa un metro e su un materiale

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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parzialmente asciugato solo nella sua crosta superficiale e dunque

in condizioni ampiamente diverse da quelle ottimali;

la somma degli inconvenienti sopra illustrati ha dato luogo, in

sede di primo sopralluogo da parte del laboratorio geotecnico

incaricato dalla Provincia, a risultati assolutamente inconsistenti in

termini di resistenza (in forte contrasto con i risultati ottenuti in

laboratorio) e rapporti molto alti tra i valori dei moduli di

deformazione tra primo e secondo ciclo di carico (ciò a

dimostrazione di una scarsa efficacia della compattazione

eseguita).

2 Svuotamento delle vasche 3 e 4 misurazione del modulo di

deformazione del sottofondo

Constatata la impossibilità di ottenere una efficace costipamento

dei materiali nelle condizioni sopra illustrate, si è deciso di

svuotare le vasche 3 e 4 e di attendere che, per evaporazione,

l’umidità ritornasse a valori compatibili con il costipamento,

verificando altresì il funzionamento dei dreni;

scoperchiati i primi cinquanta cm delle prime due vasche ci si è

resi conto che le condizioni di impossibilità di costipamento

dipendevano in realtà anche da un altro fattore, del tutto

indipendente dal materiale CIC in via di sperimentazione. Si è

constatato infatti che il fondo delle vasche poggiava di fatto su un

materasso d’acqua, per la presenza nella zona di una microfalda

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

109

superficiale (il terreno in situ è argilloso) con superficie libera più

alta del fondo delle vasche stesse;

si sono perciò scavati due fossi drenanti laterali, in adiacenza alle

quattro vasche, per consentire l’abbassamento della falda

(fenomeno che è avvenuto quasi immediatamente per quanto

riguardava le acque libere incastratesi sotto al PEAD) che

assorbiva completamente l’ energia trasmessa dal compattatore.

3 Drenaggio delle acque di falda dal sottotelo e inizio della vera

compattazione.

Eliminata l’acqua sotterranea nella seconda settimana di Giugno,

finalmente il compattatore è riuscito a svolgere adeguatamente il suo

compito e si sono di nuovo riempite le vasche 3 e 4 che, come detto,

hanno subito parecchie manomissioni;

Le altre due vasche (1 e 2) sono state lasciate viceversa così come

originariamente realizzate e dunque con un costipamento unico dall’alto

dello strato di 100 cm. Nel momento in cui ci accingevamo a svuotarle

per poterle compattare in maniera corretta, a seguito di ulteriori prove

su piastra, ci si è accorti che i moduli di deformazione raggiunti in queste

due vasche erano più che accettabili (la presa idraulica del materiale

aveva sopperito al carente costipamento) per cui si è deciso di lasciare le

due vasche così come erano in quanto avrebbero fornito elementi

cognitivi alla sperimentazione più interessanti in tali condizioni che

procedendo alla loro manomissione.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

110

Allo stato pertanto le vasche 1 e 2

risultano riempite con i mix previsti in

progetto, hanno goduto di una

compattazione effettuata con un unico

strato da 100 cm e, in considerazione

della resistenza raggiunta, hanno iniziato

efficacemente il loro processo di presa

idraulica – i risultati ottenuti, pur in

presenza di tale quantità di problemi,

sono più che soddisfacenti.

Le vasche 3 e 4 hanno subito molti

rimaneggiamenti e risultano, allo stato,

efficacemente drenate e compattate in

strati di circa 25/30 cm; in tali vasche

non è certamente iniziata la presa

idraulica e pertanto i valori dei moduli di deformabilità riscontrati nelle

recenti prove geotecniche sono da ascriversi esclusivamente al CIC

considerato come materiale incoerente (ci troviamo cioè nelle

condizione caratteristiche del materiale appena posto in opera).

I valori dei moduli di deformazione riscontrati nelle condizioni sopra

descritte, prima della posa degli strati di fondazione (misto cementato +

Conglomerato bituminoso, o solo quest’ultimo) sono i seguenti:

nella vasca 1 -- 888 kg/cm 2

nella vasca 2 -- 1.150 kg/cm 2

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

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nella vasca 3 -- 500 kg/cm 2

nella vasca 4 -- 500 kg/cm 2

Valori dei moduli di resistenza superiori ai 700 kg/cm2, sono da ritenersi

soddisfacenti; i valori di 500 kg/cm 2 sono da considerare alla luce del

consistente rimaneggiamento a cui le vasche 3 e 4 sono state sottoposte.

I valori sopra indicati sono quelli riscontrati dal laboratorio di indagine

geotecnica della Provincia nella prova effettuata in data 20 giugno ’03,

durante la quale si è anche proceduto alle misure dell’addensamento in

opera del CIC.

In tale data si è convenuto di completare le quattro sezioni del campo

sperimentale con la realizzazione, ove previsto, dello strato di misto

cementato e del pacchetto dei neri costituiti da due strati (7 + 4) di

conglomerato bituminoso. Tali operazioni si sono concluse nel mese di

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

112

Luglio e, dall’inizio di Agosto, è iniziato il transito dei mezzi pesanti per

studiare il comportamento della strada sotto sforzo.

4 Le prove di modulo dopo utilizzo parziale della sede stradale

La carreggiata, una volta pavimentata, è stata opportunamente delimitata

per consentire il transito solo su una parte della stessa lasciando

inutilizzata una fascia di circa due metri al fine di consentire i confronti

tra parti assoggettate a stress e non. Nei mesi di agosto e settembre la

strada è stata utilizzata per il transito dei camion in ingresso allo

stabilimento e sono dunque noti i carichi ed i passaggi cui è stata

sottoposta la fascia di carreggiata individuata per il transito.

Trascorsi circa due mesi di transito si è proceduto alla misurazione dei

moduli elastici mediante prove con Falling Weight Deflectometer svolte

da tecnici della Università di Pisa.

I valori definitivi sono ancora in fase di elaborazione (il laboratorio dell’

Università di Pisa è uno dei pochi che abbiano in dotazione il suddetto

strumento e sono dunque particolarmente impegnati). Per quanto

riguarda invece i primi riscontri, che è stato possibile ottenere già

durante la effettuazione della prova, essi rispecchiano quelli già rilevati

con le prove geotecniche effettuate in luglio e dunque dimostrano un

ottimo comportamento per i pacchetti sperimentati nei lotti 1 e 2 e

valori meno brillanti per i lotti 3 e 4.

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

114

6.6 GLI ASPETTI DI NATURA AMBIENTALE

Per la raccolta di campioni identificabili come “bianco” delle acque si è

proceduto a raccogliere le acque meteoriche con lo strumento di tipo

pluviografico che ha registrato gli eventi al fine della documentazione

per il monitoraggio.

Le ulteriori prove di natura ambientale si sono svolte secondo il

protocollo che segue:

• Aspersione acqua sulla superficie della strada, ripetuta ogni

tre/cinque giorni, e raccolta nell’apposito pozzetto di campioni

acque di ruscellamento una dopo ogni aspersione o evento

meteorico naturale (almeno quattro campioni); registrazione eventi

meteorici, raccolta di un campione dal pluviografo – analisi chimica

dei campioni suddetti.

• Verifica continua della eventuale presenza di percolato nei pozzetti

drenanti.

• Immissione di acqua con caratteristiche chimico – fisiche note

(1.000 litri) e pompaggio della medesima a svuotare. L’operazione

deve essere ripetuta almeno due volte per essere in grado di

conoscere quanta acqua può essere pompata a fronte di un

immissione di 1.000 litri. (Il dato serve per conoscere quanta acqua

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

115

si dovrà far eventualmente percolare in maniera forzata per essere

certi di riuscire ad estrarne una quantità significativa).

• Avendo analizzato i metalli nell’acqua utilizzata per l’operazione

sopra descritta potranno poi farsi gli opportuni raffronti con quella

raccolta a seguito di un’eluizione forzata.

• Proseguire il transito veicoli sui 4 lotti su metà carreggiata.

Predisporre il dettaglio dei transiti effettuati prima e dopo le prove

geotecniche effettuate Giovedì 18 settembre dai tecnici della

Università di Pisa (carichi totali e numero di assi).

• Asportazione sui lotti 1 e 2, lato non transitato, di due fascie di

conglomerato bituminoso, per uno spessore di 7/8 cm., per una

larghezza di 1 metro e una lunghezza di 15 metri.

• Aspersione su ognuna delle due zone sopradette di 2,5 m3 di acqua

nell’arco di 10 ore (quantità pari al 20/25% della pioggia annuale

media della zona). Se piove naturalmente verrà immessa una

quantità di acqua inferiore in funzione della pioggia effettivamente

caduta sui 15 metri quadri.

• Verifica di eventuale percolato dopo 3 giorni nei vari pozzetti.

Misurazione delle quantità eventualmente percolate per poter

valutare le effettive diluizioni da portare in conto (rapporto tra

acqua percolata e quella ruscellata) – tale dato fornisce in effetti la

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Capitolo 6 –Le esperienze di Riutilizzo in Italia –

116

reale concentrazione degli inquinanti che vengono immessi

nell’ambiente sottostante la strada.

• Nella eventualità che non si formi una quantità significativa di

percolato, si provvederà alla esecuzione di circa 300 fori da 30 mm.

di diametro (nel lotto 2) di profondità pari a 80 cm. con battuta fissa

in maniera da essere certi di non perforare il drenaggio e tanto meno

il telo in HDPE.

• Immissione forzata di acqua nella zona abrasa fino a raggiungere la

saturazione dei fori che andranno mantenuti saturi fino ad una

immissione certa di acqua in quantità sufficiente come valutato ai

precedenti punti.

• Prelievo di tutta l’acqua percolata forzatamente ed analisi dei

contaminanti abitualmente verificati.

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BIBLIOGRAFIA

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landfill symposium. S.Margherita di Pula, Cagliari, Italia; 6 – 10

Ottobre 2003

Profile ASSURRE 2000

Dutch notes on BAT for the incineration of waste

Periodico “gea” 5/2001 a cura di Federambiente, ATIA, Fise-

Assoambiente

Thèse en Sciences et Techniques du Déchet / 2002; Istitut national

des sciences appliquées de Lyon

Rapporto ambientale 2002 Meta s.p.a.

Atti del Seminario CIAL “Scorie da combustione, rifiuti e

riciclaggio”; Roma 24 Ottobre 2000

Materiale gentilmente fornito dalla Società ITALCIC

Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti, L.R. 3/99 – L.R.

20/00, Quadro conoscitivo, Maggio 2003; Provincia di Modena