Tesi di Laurea in Cultura e Amministrazione dei Beni...

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Sommario L’elaborato ha come fine quello di ricostruire l’ambientazione ti- pica dei banchetti nell’antica Roma. Questi ultimi si svolgevano in diverse circostanze: durante le cerimonie religiose, nelle ca- se, durante i trionfi. In ognuno di questi momenti, la musica svolgeva un ruolo fondamentale: incitava, rallegrava, rilassava o coinvolgeva tutti i partecipanti. Viene rivisitata la storia della musica; come essa giunge a Ro- ma e in quali ambienti e situazioni viene presentata. Sono pas- sati in rassegna i diversi tipi di banchetti, e in seguito, il ruolo che la musica aveva durante ognuno di essi. Infine si illustrano gli strumenti musicali più diffusi nell’antica Roma.

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Sommario

L’elaborato ha come fine quello di ricostruire l’ambientazione ti-pica dei banchetti nell’antica Roma. Questi ultimi si svolgevanoin diverse circostanze: durante le cerimonie religiose, nelle ca-se, durante i trionfi. In ognuno di questi momenti, la musicasvolgeva un ruolo fondamentale: incitava, rallegrava, rilassava ocoinvolgeva tutti i partecipanti.

Viene rivisitata la storia della musica; come essa giunge a Ro-ma e in quali ambienti e situazioni viene presentata. Sono pas-sati in rassegna i diversi tipi di banchetti, e in seguito, il ruoloche la musica aveva durante ognuno di essi. Infine si illustranogli strumenti musicali più diffusi nell’antica Roma.

GIULIA
Nota
tesi di laurea di Maria Santoro 2010 I banchetti della Roma antica corso di laurea in beni culturali Università Federico II relatrice prof. Elena Scuotto 2012 - nn.17-18 - 1-30 settembre pubblicata da www.giornalewolf.it autorizzazione 5003 del Tribunale di Napoli –ISSN 1874-8175 2002
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I N D I C E

1 introduzione 1

1.1 Breve descrizione della musica antica 1

1.1.1 Dagli albori della civiltà alla Grecia classi-ca 1

1.2 La musica romana: derivazioni e contaminazio-ne 3

1.2.1 Cerimonie sacre: i culti di Cibele e Dioni-so 6

1.2.2 Le nozze: il corteo nuziale 8

2 il banchetto 11

2.1 Il banchetto come momento di aggregazione 11

2.1.1 Il banchetto sacro 12

2.1.2 Il banchetto familiare 13

2.2 Il banchetto trionfale e il banchetto senatorio 16

2.3 Il modello catoniano in risposta al lusso del II seca.C. 16

2.4 Il banchetto tra la fine della repubblica e il princi-pato 21

2.4.1 Orazio 23

2.5 La cena di Trimalcione 27

2.6 Marziale e l’invito a Toranio 31

3 la musica come intrattenimento durante i

banchetti 33

3.1 Carmi come celebrazione degli antenati 33

3.2 Danzatrici e suonatrici, baccanali 36

3.3 Il I secolo a.C. 40

3.3.1 I pueri symphoniaci 40

3.3.2 Il trionfo di Cesare 40

3.3.3 Orazio 42

3.4 La musica e gli spettacoli a casa di Trimalcione 45

3.5 Marziale 49

4 strumenti musicali 50

4.1 Strumenti a corda 50

4.2 Strumenti a fiato 50

4.3 Strumenti a percussione 58

5 conclusione 67

bibliografia 70

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E L E N C O D E L L E F I G U R E

Figura 1 Pendagli ornamentali sonori, fischietti difalange, raschiatori e rombi, i primi flautitubi in osso con buchi per le dita risalentia 25.000 anni fa. 1

Figura 2 Lezione di musica: il maestro, a destra, eil suo studente, a sinistra. Tra di loro, unragazzo declama un testo. Hydria attica afigure rosse, ca. 510 aC.; da Vulci. Col-lezione delle antichità dello Stato, Monacodi Baviera. 2

Figura 3 Scena di convivio. Cratere a figure ros-se, da Cuma; Napoli, Museo ArcheologicoNazionale. 33

Figura 4 Danzatrice con crotala. Pittura parietale,da Pompei, Casa VI 17, 41; Napoli, MuseoArcheologico Nazionale. 36

Figura 5 Danzatrice con cymbala. Pittura parietale,Pompei, Villa dei Misteri; in situ. 38

Figura 6 Danzatrice con crotala. Mosaico, da Roma,Aventino; Roma, Musei Vaticani. 43

Figura 7 Suonatrice di lyra. Pittura parietale, Stabia,villa San Marco; in situ. 51

Figura 8 Suonitrice di cithara. Pittura parietale, daBoscoreale, villa di P. Fannius Synistor; NewYork, Metropolitan Museum, Rogers Fund. 52

Figura 9 Ricostruzione moderna di una cithara, rea-lizzazione di Stefan Hagel. 53

Figura 10 Plettro di Apollo. Statua in metallo, Pom-pei, casa del Citarista (I 4, 5/25); in situ(copia). 54

Figura 11 Prova di commedia. Mosaico da Pompei,Casa del Poeta tragico (VI 8,3/5); Napoli,Museo Archeologico Nazionale. 55

Figura 12 Suonatrice di tibia. Pittura parietale da Sta-bia, Villa di Arianna; Castellammare di Sta-bia, Antiquarium. 56

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Elenco delle figure

Figura 13 Cornu. Bronzo (diam.133 centimetri); Na-poli, Museo Archeologico, Nazionale. 57

Figura 14 Suonatori di hydraulis e salpinx. Lucernafittile, da Alessandria: Parigi, Museo delLouvre. 59

Figura 15 Strumento musicale “syrinx”. Bronzo (alt.59 cm, larg. 40 cm) da Pompei; MuseoArcheologico Nazionale, Napoli. 60

Figura 16 Danzatrice con crotala. Rilievo su cippo,da Chiusi; Palermo, Museo ArcheologicoNazionale. 61

Figura 17 Scene di giochi circensi. Mosaico, da Roma,Aventino; Roma, Musei Vaticani. 62

Figura 18 Coppia di cymbala. Bronzo, da Pompei;Napoli, Museo Archeologico Nazionale. 64

Figura 19 Menade volante che suona i Cymbala. Pit-tura parietale, da Pompei, villa di Cicero-ne; Napoli, Museo Archeologico Naziona-le. 65

Figura 20 Menade volante che suona il tympanum.Pittura parietale, da Pompei, villa di Cice-rone; Napoli, Museo Archeologico Nazio-nale. 66

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E L E N C O D E L L E T A B E L L E

Tabella 1 Leggi suntuarie nell’antica Roma (II-I seca.C.) 19

Tabella 2 Cibi presenti nelle satire di Orazio 24

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1I N T R O D U Z I O N E

1.1 breve descrizione della musica antica

1.1.1 Dagli albori della civiltà alla Grecia classica

L’origine della musica è legata all’origine stessa della civiltà, esi perde perciò in un lontanissimo passato che la storia non hafinora saputo indagare. Tale arte si sviluppò in rapporto allenecessità espressive dell’uomo, ma anche per esigenze religiose.

Gli strumenti avevano, in genere, la funzione di accompagnareil canto: erano flauti ricavati dalle ossa di uccelli, tronchi vuotiutilizzati come tamburi e piccole arpe.

Figura 1: Pendagli ornamentali sonori, fischietti di falange, raschiato-ri e rombi, i primi flauti tubi in osso con buchi per le ditarisalenti a 25.000 anni fa.

Il primo musicista occidentale di cui ci siano giunte notizieè l’egiziano Khufu Ankh (morto verso il 2560 a. C.), flautistadella corte del faraone. In quel periodo, in Egitto, era diffuso untipo di canto molto avanzato, accompagnato da strumenti comei sistri, arpe di varie dimensioni, trombe e flauti. I riti liturgiciavevano sempre un accompagnamento musicale, che imprimevaparticolare solennità alla cerimonia. I contadini ritmavano il lorolavoro con i canti.

Un’altra civiltà antica, quella indiana, sviluppò una tecnicamusicale elaborata, con l’uso di raffinati strumenti; ricordiamoil sitar, il flauto e la tabla.

Per gli antichi ebrei la musica rappresentò, con la poesia e laletteratura, la forma d’arte forse più praticata; i canti ebraici tra-dizionali, in prevalenza legati ai rituali religiosi, avevano cometesti passi biblici, ed erano spesso accompagnati da strumentiquali arpe e flauti.

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1.1 breve descrizione della musica antica

Una vera storia della musica, però, intesa come sviluppo dimanifestazioni artistiche e studio di problemi tecnici e formali,ha inizio solo con la Grecia classica.

Nella civiltà greca alla musica si attribuì fin dai tempi piùantichi un altissimo valore spirituale ed educativo, e filosofi co-me Platone ed Aristotele ne considerarono l’insegnamento unfattore insostituibile per la formazione dei giovani.

Ciò che della musica colpì i Greci fu, certamente, il principioche essi vollero considerare centrale in qualunque aspetto dell’u-niverso, nei rapporti fra l’uomo e la natura e tra il cittadino e lasocietà.

Il canto greco non era costituito, come quello di oggi, da am-pie melodie ma era piuttosto una specie di recitativo-declamato.In questo senso la storia della musica fu all’inizio legata a quel-la della poesia, poiché tutte le opere dei grandi poeti venneroscritte per essere recitate con una speciale cantilena.

Nel VI secolo a.C. sorse la tragedia, cioè un tipo di rappresen-tazione scenica in cui la fusione fra musica e poesia raggiunse lamassima perfezione a opera di tre grandi autori: Eschilo, Sofocleed Euripide.

Figura 2: Lezione di musica: il maestro, a destra, e il suo studente, asinistra. Tra di loro, un ragazzo declama un testo. Hydriaattica a figure rosse, ca. 510 aC.; da Vulci. Collezione delleantichità dello Stato, Monaco di Baviera.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazio-ne

Le influenze musicali a Roma pervennero sia dall’ambiente ita-lico sia dalla tradizione greca. Dagli Etruschi, i Romani assor-birono le prime forme di spettacolo musicale con l’uso deglistrumenti a fiato, primo tra tutti il lituus, una sorta di corno.

Gli spettacoli a cui si fa riferimento sono i Fescennini (il nomederiva dalla città etrusca Fescennium dalla tesi di Paolo Festo), sitratta di rappresentazioni drammatiche messe in scena per le fe-stività agresti, durante le quali gli attori procedevano “a braccio”(seguendo un canovaccio e non un testo con la distribuzione del-le parti) e si scambiavano battute comiche e talora oscene. Dellafortuna che ebbero a Roma, proprio grazie alla loro licenziosità,ci parla Orazio:

Fescennina per hunc inventa licentia moremveribus alternis opprobia rustica fudit,liber tasque recurrenti accepta per annoslusit amabiliter, donec iam servos apertamin rabiem coepit verti iocus et per honestasire domus impune minax. doluere cruentodente lecessit, fuit inactis quoque curacondicione super communi; quim etiam lexpoenaque lata, malo quae nollet carmine quemquamdescribi; vetere modum, formidine fustisad bene discendum delectandumque redacti. (Hor. Epist.,

I.II, 145 ss.)

per tale usanza allora si introdussero i licenziosi canti Fe-scennini

che in versi alterni insulti rusticani scagliavano;siffatta libertà, in voga al rinnovarsi del raccolto,scherzava innocua, finché il gioco, già crudele, si mutò in

aperta rabbiae andava minaccioso per le case onorate.I colpiti del maligno dente si dolsero e anche quelli illesitemettero il pericolo comune; e si approvò una legge pu-

nitivaper impedire che da versi infami fosse alcuno oltraggiato;così quelli, presi dalla paura del bastone,mutarono lor modo di scherzarein altro che diverte e non offende.1

1 Traduzione: Ugo Dotti.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

Il loro carattere spinto li portò ad essere mutati in qualcosa dipiù casto. Anche Catullo in uno dei suoi carmina ne rimarca ilcarattere impetuoso;

ne diu taceat procaxFescennina... (Cat. Carm., LXI, 137 ss.)

non tacciano a lungo gli sfrontatiFescennini2

Con la conquista della Macedonia, II secolo a.C., nella musicaromana cominciano a comparire i caratteri della musica greca;molti musicisti ed esecutori greci furono presenti a Roma, manonostante ciò i Romani non attribuirono mai lo stesso valorepedagogico e spirituale che ne davano i Greci. Giunsero a Romaattori, musicisti, che oltre ad esibirsi, insegnavano le arti ai fan-ciulli aristocratici. La danza, a seconda della tipologia, della pro-venienza, e dell’inventore assumeva un diverso nome: la danzaper il teatro, la danza Frigia, le danze Apollinee. Le danze tea-trali furono di quattro specie: tragicomiche, comiche, satirichee pantomimiche. Si svolgevano nella parte del teatro chiamataorchestra, su musica cantata dal coro e suonata dai flautisti; ilritmo era scandito da uno zoccolo di legno chiamato scabellum.Una delle danze, che ebbe più fortuna a Roma, fu quella panto-mimica; i pantomimi si dicevano ballerini capaci di imitare ognimossa; era una danza eseguita su un soggetto storico o mitolo-gico. I Romani avevano due specie di pantomimi, serio e buffo.I più famosi esecutori di questa danza recitativa furono Batillodi Alessandria a cui riusciva meglio il buffo e Pilade di Ciliciaspecializzato nel serio; questi erano i più famosi pantomimi sot-to Augusto. Al tempo di Nerone un pantomimo fu inteso, solograzie ai gesti, da un principe straniero che non comprendeva lalingua latina; tale pantomimo fu presso questo principe duran-te il suo soggiorno che lo utilizzò come interprete. La passionedei Romani per questo tipo di spettacoli degenerò nella violenzatanto che si costituirono dei partiti per sostenere l’uno o l’altrodi essi; gli scoppi di brutalità portarono l’imperatore Domizianoa bandire i pantomimi da Roma; in seguito Nerva per ingraziar-si il favore del popolo li richiamò. Altra danza teatrale era ilmimo; l’esecutore ballava, cantava, gesticolava, accompagnatodalla musica del tibicen.

Tra i più appassionati amatori della musica ci sono gli im-peratori Nerone, Caligola, Adriano, Eliogabalo, Commodo ed

2 Traduzione: Enzo Mandruzzato.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

Alessandro Severo. Quello che tra tutti questi praticò uno studioserio e intenso fu Nerone; chiamò presso la sua corte Terpnos,un famoso citaredo greco, lo tenne a palazzo e lo ascoltò permolte notti suonare; compose egli stesso dei brani e si esercitòa rinforzare la voce, eseguendo diversi esercizi soliti per i can-tanti del tempo: se ne stava sdraiato con una lastra di piombosull’addome, per allenare il diaframma. Nerone organizzò an-che degli spettacoli durante i quali partecipò; Svetonio, nella suabiografia, dice che suonò varie volte a Napoli e aveva una schie-ra che portava con sé, ammaestrata ad eseguire diversi tipi diapplausi a seconda dell’intensità: ronzii, tegole e mattoni. Nel60 fondò i Neronia, una gara basata su prove ginniche, di equita-zione e musicali. Questi si ripeterono ogni cinque anni fino allasua morte. Anche Domiziano realizzò delle gare simili ai Ne-ronia, per queste, come dice Svetonio, fece costruire nel CampoMarzio un teatro coperto, dall’acustica perfetta che accoglieva10.600 spettatori.

Durante l’impero si era soliti organizzare dei concerti, i musi-cisti più stimati furono i tibicines alessandrini.

La musica era apprezzata soprattutto per la sua funzione so-cializzante; perciò oltre che nel teatro, essa era presente in tuttele manifestazioni più importanti: cerimonie, banchetti privati,matrimoni. Una delle maggiori differenze con l’ambiente musi-cale greco stava nel numero degli strumenti impiegati e la loro ti-pologia, alla semplicità greca si contrapponevano i colori romaniricavati dall’utilizzo massiccio degli strumenti a fiato quali tibia,buccina lituus, con l’inserimento dell’organo idraulico (antenatodel moderno organo) e dei numerosi strumenti a percussionequali tympanum, cymbalum, crotala.

A Roma la musica accompagnava anche gli spettacoli dei gla-diatori ed era presente durante i cortei funebri. Durante questiultimi, c’erano suonatori di tuba, le praeficae (sostituite a volte daun coro di uomini), danzatori, buffoni, mimi e schiavi; per que-st’ultima categoria dovette intervenire la legge Fufia Caninia del2 a.C., che proibiva l’acquisto di schiavi per rendere più fastosoil proprio funerale. Per il rispetto che nutrivano nei confrontidei loro antenati, facevano indossare le maschere di cera a degliattori in modo tale da far partecipare gli avi ideologicamente alcorteo funebre.3

3 Polibio, Storie, VI, 53, 6

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

1.2.1 Cerimonie sacre: i culti di Cibele e Dioniso

Roma non aveva una propria identità religiosa e sin dall’originedell’espansione che durante il principato vero e proprio eranopraticati diversi culti importati dalle zone più remote dell’impe-ro. Il culto di Cibele, per esempio, proveniva dall’Anatolia e piùprecisamente dai Frigi. Si tratta di una divinità primordiale; aRoma arrivò nel 205 a.C. un’immagine aniconica (una pietra sa-cra) da Pessinunte, la città centro del culto di Cibele. A Romaera identificata come la “Grande Madre Degli Dei”, si tratta del-la prima divinità orientale il cui culto fu introdotto ufficialmente.Con riferimento alle origini troiane dei fondatori di Roma, gliIulii la onorarono come divinità della loro stirpe e la opposeroalla plebea Cerere;4 ed è probabile che Cesare volesse sottoli-neare il motivo della propria discendenza da Venere-Enea5 conl’organizzazione dei Megalesia.6

Delle cerimonie in suo onore hanno scritto Lucrezio nel “DeRerum Natura” e Catullo nei suoi carmina docta.

Tympana tenta tonant palmis et cymbala circumconcava, raucisono que minantur cornua cantuet phrygio stimulat numero cava tibia mentis,telaque praeportant violenti signa furoris,ingratos animos atque impia pectora vulgiconterrere metu quae possint numine divae (Lucr. De Rer.

Nat., 618-623)

timpani tesi tuonano percossi dalle mani, e i cembaliintorno, mentre i corni minacciano con rauco suono;il flauto forato esalta le menti con il ritmo frigio,così da infondere spavento del nume della deanegli animi ingrati e negli empi petti del volgo7

Lucrezio elenca gli strumenti che, per tradizione, venivanosuonati durante i festeggiamenti in onore della dea, ne descri-ve il suono e le sensazione che dovevano suscitare. Dice inoltreche la musica aveva il compito di far nascere “negli animi ingrati[. . .] del volgo” un senso di sottomissione alle proprietà divinedella dea.

4 Grande enciclopedia, vol. VI p. 52

5 Clotilde Craca, Le possibilità della poesia: Lucrezio e la Madre frigia in de rerumnatura II, 598-660, Bari 2000, pag. 25

6 Megalesia o Mengalesia: le feste che venivano celebrate durante il mese di Aprilein onore di Cibele

7 Traduzione: Michel Serres.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

Catullo, invece, parla del giovane Attis. Invasato dalla dea, sievira e preso ancora da tale furore inizia a suonare il timpano:

Niveis citata cepit manibus leve typanum,typanum tuom, Cybelle, tua, mater, initia,quatiensque terga taurei teneris cava digitis (Cat. Carm.

XLIII, 8 ss.)

prese invasato tra le bianche mani il lieve timpano,il timpano tuo, Cibele, in cui tu o Madre, inizi,e battendo la cava pelle taurina con le dita morbide8

inizia così un canto dedicato a Cibele durante il quale Attisnomina gli strumenti suonati durante le cerimonie:

Mora tarda mente cedat; simul ite, sequiminiPhrygiam ad domum Cybelles, Phrygia ad nemora deae,ubi cymbalum sonat vox, ubi tympana reboant,tibicen ubi canit Phryx curvo grave calamo (Cat. Carm.

XLIII, 19 ss.)

via l’indugio dal cuore, andate, tutte, seguitemialla casa di Cibele in Frigia, ai boschi suoi di Frigiadove suona la voce dei cimbali e alto grido di timpani,dove il flautista frigio canta denso sul flauto curvo9

La musica ossessiva che caratterizzava le processioni in onoredi Cibele aveva il compito di esaltare le fanciulle che vi parteci-pavano; entrami gli autori classici sottolineano lo strepitio barba-rico degli strumenti suonati dai Galli, sacerdoti della dea che sieviravano.

Catullo nel quarto verso del carme XLIV usa il verbo stimula-tus per descrivere l’animo di Attis trafitto da un folle furore nonappena entra nei luoghi sacri a Cibele, anche Lucrezio usa lo stes-so verbo stimulat. . . cava tibia mentis, entrambi i poeti fanno usodi tale espressione per sottolineare la capacità dello strumentodi eccitare le menti.

I festeggiamenti in onore della Grande Madre erano moltosimili a quelli in onore di una divinità del pantheon, Dioniso. Diquesti sempre Catullo dice a proposito del corteo bacchico:

quae tum alacres passim lymphata mente furebantEuhoe10 bacchantes, euhoe capita inflectentes.Harum pars tecta quatiebant cuspide thyrsos,

8 Traduzione: Enzo Mandruzzato.9 Traduzione: Enzo Mandruzzato.

10 Evhoè è il grido bacchico.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

pars e divolso iactabant membra iuvenco,pars sese tortis serpentibus incingebant,pars obscura cavis celebrant orgia cistis,orgia, quae frusta cupiunt audire profani,plangebant aliae proceris tympana palmisaut tereti tenuis aere ciebant,multis raucisonos efflabant cornua bombosbarbaraque horribili stridebat tibia cantu. (Cat. Carm.,

LXIII, 254 ss.)

Intorno agili invasate volavano sparseper Dioniso acute ululando, battendosi il capo:o agitando il tirso11 dalla cuspide chiusao scuotendo le membra del dilaniato giovencoo avvolgendosi il corpo tra spire di serpio celebrando con cesti concavi riti violentie segreti, che invano i profani vorrebbero udire,battendo forte i timpani contro le palme levatesuscitando dal bronzo12 lisciato suoni sottilimentre i molti corni versavano un roco muggitoe flauti ignoti uno stridulo canto selvaggio.13

Secondo la mitologia Dioniso viaggiava con un seguito di inva-sati, eccitati dal vino, che secondo la leggenda aveva egli stessocreato, e dalla musica prodotta da strumenti capaci di suscitaree assecondare le danze delle baccanti, dei sileni e dei satiri. Ilcorteo avanzava tra canti e danze sfrenate. Come durante le Me-galesia, il corno, il flauto e soprattutto gli strumenti a percussione(cimbali e timpani) riuscivano a scuotere gli animi.

Le feste praticate a Roma che riprendevano il citato corteo conla pratica di riti composti da atti di violenza sessuale, contro laquale si pronunciava la legge a Roma, furono vietate dal senato-consulto nel 186 a. C. Da allora le festività assunsero un caratterepiù legato ai riti propiziatori della terra.14

1.2.2 Le nozze: il corteo nuziale

Dopo i festeggiamenti del matrimonio, si metteva in scena il rapi-mento della sposa seguito dal corteo nuziale aperto dai tedoforiche portavano fiaccole accese con il fuoco proveniente dalla casadella sposa ed erano seguiti da questa che era accompagnata da

11 Il tirso era un lungo bastone con una pigna in cima, coronato di edera e dipampini; era portato da Dioniso e dai suoi seguaci.

12 I cimbali sono strumenti a percussione in bronzo simili ai piatti.13 Traduzione: Enzo Mandruzzato.14 Si veda Capitolo 3 a pagina 33

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

tre pueri matrimi e patrimi;15 tale corteo era diretto alla casa dellosposo. La sposa avanzava tenendo in mano il fuso e la conoc-chia, simboli della casa; ella si apprestava a divenire la reginadella sua dimora.

Durante il corteo erano presenti, non solo il seguito della spo-sa, ma anche, persone che si radunavano e intonavano il cantodi richiamo al dio Imeneo,16 o il grido di Talassio.

Plauto nel finale della commedia Casina scrive:

Olympio: Age tibicen, dum illam educunt huc novam nup-tam foras, suavi cantu concelebra omnem hanc pla-team hymenaeo mihi.

Ω: Hymen Hymenaee, o Hymen! (Pla. Cas. 798 ss.)

Olimpione: Suvvia, flautista, mentre conducono qua fuorila novella sposa, fa risuonare per tutta questa piazza,il mio onore, il dolce canto nuziale.

Flautista (cantando): Imene, Imeneo, o Imene.17

Olimpione invita il flautista a intonare il canto; quindi, talestrumento era, non solo uno dei simboli con cui veniva rappre-sentato il dio Imeneo, ma anche, lo strumento che accompagnavale danze e i canti durante il corteo nuziale. Il canto rappresental’inizio del corteo stesso.

Il carme XLI di Catullo è un epitalamio18 scritto per lo sposali-zio di Lucio Manlio Torquato e Vinia Aurunculeia. Nella primaparte c’è l’invocazione al dio Imeneo, vengono menzionati i fioridi maggiorana, il velo arancio indossato dalla sposa e il canto:

excitusque hilari dienuptialia concinensvoce carmina tinnulapelle humum pedibus, manupineam quate taedam. (Cat. Carm. LXI, 13 ss.)

E canta scatenatonel giorno di letizia il canto delle nozzecon voce vibrante,batti la danza, agitala fiaccola di pino.19

15 Bambini che hanno in vita entrambi i genitori.16 Dio delle nozze, rappresentato con la chioma bionda, aveva nella mano de-

stra una torcia o un flauto, e nella sinistra un velo arancione, lo stesso cheindossavano le donne romane durante la cerimonia nuziale.

17 Traduzione: G. Faranda.18 Canto di nozze.19 Traduzione: Enzo Mandruzzato.

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1.2 la musica romana : derivazioni e contaminazione

Più avanti, nell’epitalamio, si riferisce alle vergini, alle qualiun giorno toccherà la stessa sorte gioiosa, e le invita a partecipa-re al canto nuziale:

vosque item simul, integraevirginis, quibus advenitper dies, agite in modumdicite «o Hymenaee Hymen,o Hymen, Hymenaee» (36 ss.)

e insieme voi, o verginipure, a cui perverràgiorno uguale, cantatein ritmo «o Imeneo, o diodelle nozze, Imeneo».20

Durante il carme, in più versi, vengono usate le parole “o Hy-menaee Hymen, o Hymen Hymenaee”; Catullo adotta tale espressio-ne come una sorta di inciso.

Esisteva un altro canto di nozze, che per correttezza dovrebbeessere chiamato grido di nozze; si tratta del grido di Talassio.Catullo sempre nel carme XLI:

[. . .] lubetiam servire Talassio (134 ss.)

ed è bello servireTalassio21

Il grido ha origini italiche e si accosta al greco hymen. Si vuolfar risalire tale grido a Talassio che organizzò il ratto delle sa-bine; la leggenda parla di un suo incaricato che rapì una fan-ciulla e andava gridando per la città il nome di Talassio, sia per-chè la fanciulla doveva essere portata da Talassio sia per attiratel’attenzione delle folle.22

Il grido veniva pronunciato dalla folla che partecipava al cor-teo per accostare il rapimento della fanciulla sabina, al finto rapi-mento della sposa che veniva ora condotta alla casa del coniuge.

20 Traduzione: Enzo Mandruzzato.21 Traduzione: Enzo Mandruzzato.22 Eugenia Salza Prina Ricotti, Amori e amanti a Roma tra repubblica e impero, Roma

1992, p. 19.

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2I L B A N C H E T T O

2.1 il banchetto come momento di aggregazione

Le società primitive realizzavano i loro pasti in comunione con icommensali per rafforzare lo spirito di comunità attraverso vin-coli che andavano al di là di quelli familiari. Il pasto in comunesi realizzava anche nell’antica Roma in varie forme: l’incontrofamiliare, quello gentilizio, o in onore di una o più divinità.

Cicerone, nell’opera Cato Maior de senectute, fornisce un’impor-tante nozione sulla differenza tra il convivio romano e il sim-posio greco. Con-vivio per i Romani assume il significato dellostare a tavola con gli amici, incorporando tutte le accezioni ri-guardanti il rafforzamento dei legami; etimologicamente, invece,in greco convivio significa “bere insieme”, fornendo a Ciceronela possibilità di innalzare ad un livello superiore il momento dicomunione romano rispetto a quello greco:

bene enim maiores nostri accubationem epularum, quodamicorum et vitae coniunctionem haberet convivium no-minarunt, melius quam Graeci, qui hoc idem tum compo-tationem, tum concoenationem vocant: ut quod in eo ge-nere minimum est, id maxime est probare videantur (Cic.,De Sen., 45)

benissimo, infatti, i nostri antenati chiamarono conviviolo stare a tavola fra amici, appunto perché comporta co-munanza di vita; meglio dei Greci che chiamano la stessacosa ora simposio ora pasto in comune, tanto che sembrache diano la massima importanza a quanto, in questo caso,conta di meno1

La precisa analisi tracciata da Cicerone in tema del convivionon deve essere abbracciata completamente poiché i banchetti,come ogni altro evento di vita quotidiana, rientravano nell’ot-tica sacro-rituale, e certamente i legami tra i partecipanti nonrappresentavano la “comunanza di vita” di cui egli parla.

1 Traduzione: N. Marini.

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2.1 il banchetto come momento di aggregazione

2.1.1 Il banchetto sacro

I collegia erano istituzioni formate a scopo di culto. Gli associatipartecipavano alla liturgia, costituita da una fase in cui venivanosacrificate le vittime agli dei e in quella successiva che prevedevala consumazione di queste. La partecipazione al pasto comunesignificava rinsaldare il legame esistente tra le persone presentie con la divinità in nome della quale veniva svolto il convivio.

Alle cene sodali partecipavano coloro i quali facevano partedi un’unica sodalitas, associazione creata per il divertimento e lamutua assistenza dei soci.

Viene creato uno spazio dove consumare il proprio cibo al co-spetto delle divinità; la potenza di questo atto si esprime nel col-legamento che si viene a creare tra uomo e divinità: consumareil pasto insieme li unisce e instaura una sorta di fratellanza.

I collegia e le sodalitates sono riti cittadini, il rito rappresenta-tivo del mondo rurale è, invece, la daps. Si tratta,in principio,di un semplice pasto offerto a Giove, poi nel tempo diventa piùricca. Il rito era celebrato da un rappresentante dell’assemblea.Alla divinità erano offerti carne arrostita e vino. La carne haun’importanza peculiare, infatti essa è rara e quindi degna diessere offerta agli dei. Aveva una preparazione particolare: laparte grassa era quella che bruciava, l’aroma provocato dalla cot-tura saliva al cielo in modo da richiamare l’appetito degli dei;ciò che restava dopo la cottura veniva spartito tra gli invitati. Lacondivisione del pasto aveva il compito di rinsaldare i legami trai membri del gruppo.

Un altro rito sacro esistente nell’antica Roma è il lectisternio, haorigine sia da manifestazioni liturgiche etrusche sia da riti greci.Sono presenti a Roma a partire dal 399 a. C. Si tratta di ban-chetti durante i quali si allestivano dei letti sui quali venivanosistemate le statue delle divinità. È un rito che coinvolge la fol-la; ogni individuo proveniente dalle diverse classi sociali. Livioriporta quelli che erano gli atteggiamenti e i comportamenti du-rante questi banchetti: si aprivano le porte di casa, in modo taleche chiunque sarebbe potuto entrare e gli ospiti avevano libertàdi circolare nelle case , si doveva intrattenere una conversazionepacifica anche con i nemici, infatti erano vietate le liti.

Duumuiri sacris faciundis, lectisternio tunc primum inurbe Romana facto, per dies octo Apollinem Latonamqueet Dianam, Herculem, Mercurium atque Neptunum tribusquam amplissime tum apparari poterat stratis lectis pla-cauere. priuatim quoque id sacrum celebratum est. Tota

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2.1 il banchetto come momento di aggregazione

urbe patentibus ianuis promiscuoque usu rerum omniumin propatulo posito, notos ignotosque passim aduenas inhospitium ductos ferunt, et cum inimicis quoque benigneac comiter sermones habitos (Liv. V, 1, 3, 7)

Allora, per la prima volta nella storia di Roma, i duum-viri preposti ai riti sacri celebrarono il rito del lettisternio eper otto giorni cercarono di riconciliarsi il favore di Apollo,Latona, Diana, Ercole, Mercurio e Nettuno imbandendotre letti con il massimo di sontuosità possibile per l’epoca.Questo rito fu celebrato anche privatamente. In tutta lacittà le porte rimasero aperte, nei cortili delle case venne-ro collocati tavoli con ogni genere di vivande destinate achiunque passasse, gli estranei, noti e ignoti, erano (stan-do a quanto si racconta) dovunque i benvenuti, la gentescambiava parole cortesi anche con i nemici personali e cisi astenne dalle liti e dai diverbi.2

Le divinità femminili partecipavano ma le statue erano dispostesu dei troni (sellicsternia), ai lati del letto sul quale era posta lastatua della divinità maschile.

[. . .] Iovis epulo ipse lectulum, Iuno et Minerva in sellasad cenam invitabatur (Val. Max., II, 1, 2)

Giove, durante il banchetto stava sul letto, Giunone eMinerva sedevano in seggiole.3

Le cene collegiali, sodali, la daps, composte da un numero con-tenuto di partecipanti, assumono un valore molto lontano daquello dei lectisternia e sellecsternia.

Nel primo caso la partecipazione al rito è insieme attiva, inquanto ogni collegiale interviene personalmente alla liturgia, epassiva, poiché subisce insieme agli altri il potere unificante delcibo, durante la fase di consumazione; nel secondo caso la pre-senza degli dei disposti sui letti e sui troni e il gran numero deipartecipanti al fedele fornisce al fedele il motivo di contempla-zione delle divinità ma non condividendo più il pasto tra similio appartenenti ad un unico gruppo sociale viene meno l’attounificante con gli altri convitati.

2.1.2 Il banchetto familiare

Il banchetto rappresenta il momento d i massima comunione pergli incontri dei membri di una stessa famiglia. A tali adunanze

2 Traduzione: C. Vitali.3 Traduzione: L. Canali.

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2.1 il banchetto come momento di aggregazione

partecipano persone accomunate fino al terzo grado di parentela.I banchetti parentali differiscono da quelli gentilizi poiché questiultimi costituiscono l’incontro di coloro i quali appartengono allediverse gentes.

I Romani attribuiscono un valore molto alto ai vincoli di san-gue e coniugali, come Valerio Massimo scrive:

Antiqui Romani tantum religionis sanguini et affinitatiquantum ipsis dis immortalibus tribuebant. Nam quotiensinter virum et uxorem aliquod iurgium intercesserat, insacellum deae Viriplacae, quod est in monte Palatino, ve-niebant et ibi invicem dicebant quae cupiebant: ita animo-rumcontentionem deponebant et concordes domun redi-bant. Igitur dea, quia viros placabat, hos nomen adsecutaerat (II, 1, 6)

Gli antichi romani attribuivano pari sacralità ai vinco-li di sangue e coniugali quanto al culto degli stessi dèiimmortali. Ad esempio, ogni volta che s’era verificata oc-casione di litigio tra un marito e una moglie, (entrambi)si recavano nel tempietto della dea Viriplaca che si trovasul monte Palatino, e lì si confessavano l’un l’altra ciò chel’un dall’altra e viceversa desideravano: in questo modo,si “sfogavano”, facevano la pace e se ne tornavano a casad’amore e d’accordo . E dunque, la dea aveva preso questo(suo) nome, dall’essere in grado di restituire la concordiaagli uomini.4

Nello stesso brano nei versi successivi spiega la nascita deibanchetti in onore della famiglia, i caristia. Questi vengono ce-lebrati il 22 Febbraio,subito dopo i festeggiamenti detti Parenta-lia (che si concludevano il 21), questo era un periodo dedicatoai morti e durante gli stessi caristia erano ricordati gli antena-ti e le loro imprese. Interessante è il carattere pacificatore delbanchetto:

Convivium etiam sollemne maiores instituerunt idqueCaristia appellaverunt, cui tantum cognati et affines intere-rant, ut, si qua inter necessarios querella orta esset, apudmensam et inter hilaritatem animorum tolleretur. (V, 2, 1,8)

I (nostri) antenati istituirono anche un sacro banchetto– cui diedero il nome di “caristia” – cui potevano prenderparte soltanto congiunti ed affini, tal che – se nella paren-tela era sorta qualche acrimonia – venisse (lì) condonata,nell’euforia tipica dei commensali.5

4 Traduzione: L. Canali.5 Traduzione: L. Canali.

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2.1 il banchetto come momento di aggregazione

La celebrazione degli avi è l’elemento caratterizzante dei ban-chetti parentali; questa aveva una funzione educatrice nei con-fronti dei giovani della famiglia, attraverso i canti simposialieseguiti durante le cene.

Il ruolo della donna, per molti, resta ancora da chiarire. Si pen-sa che la donna fosse esclusa dal banchetto al momento dell’e-saltazione degli avi attraverso i canti; tramite le fonti si è portatia conoscenza che i racconti a scopo educativo celebravano anchele eroine, riprendendo le leggende di Lucrezia, Clelia e Virginia.Quest’ultima considerazione innalza le fanciulle al grado di co-fruitrici dei racconti. A parer di Landolfi nessun componentedella famiglia era escluso dal rito della celebrazione.

Gli anziani erano coloro i quali era affidata la memoria e ildover portare avanti le tradizioni. Nei banchetti a loro era riser-vata una riverenza particolare; Valerio Massimo a tal propositoricorda l’atteggiamento degli invitati ad un banchetto:

Invitati ad cenam sublata mensa priores consugere etdiscere patiebantur. Ex quibus apparet iuvenes cenae quo-que tempore parco et modesto sermone his prasentibussoliti sint uti (II, 1, 9)

Invitati a convito, chiedevano con cura chi vi avrebbepartecipato, per non arrivare e sedersi prima di quelli chefossero più attempati di loro, e al levar delle mense li face-vano alzare ed allontanarsi prima di loro. Dal che apparecon quanta moderazione e riserbo abbiano usato parlarein loro presenza anche a tavola.6

A dimostrazione del rispetto dei giovani nei confronti deglianziani si ricorda un altro passo di Valerio Massimo:

Senectui iuventa ita cumulatum et circumspectum ho-norem reddabat, ut maiores natu adulescentium commu-nes patres essent. Quocirca iuvenes senatus die ex patri-bus circoscriptis aut propinquum aut paternim amicumad curiam deducebant adfixique valvis morabantur, do-nec eos reducebant. Qua quindem voluntaria statione etcorpora et animos ut publica officia inpigre paterenturrobarabant brevique processurorum in luce tum suarumverecundo laboris meditatione ipsi doctores erant. (V, 1,8)

I giovani tributavano ai vecchi onori cosi alti e cospicui, comese le persone anziane fossero loro padri comuni. Perciò essi, nel

6 Traduzione: L. Canali.

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2.2 il banchetto trionfale e il banchetto senatorio

giorno in cui il senato teneva seduta, accompagnavano semprequalche senatore loro congiunto o amico del padre fino alla Cu-ria e, fermi alle porte, rimanevano in attesa di riaccompagnarloa casa. Con questa volontaria attesa essi abituavano corpo edanimo ad affrontare operosamente i futuri impegni pubblici edinsegnavano loro stessi agli altri, con la preparazione alla fatica,le virtù che tra breve avrebbero messo in luce.

2.2 il banchetto trionfale e il banchetto senato-rio

Il banchetto trionfale celebra le imprese di un generale, ed èorganizzato usufruendo del bottino di guerra. Il più datato dicui se ne riconosce l’esistenza è la cena celebrativa della vittoriasugli Edui (459 a. C.) da parte di Cincinnato.7

Dei trionfi in onore di Camillo8 parla Plinio il Vecchio, la con-suetudine di organizzare banchetti in onore degli eroi, gli antichi,la fanno risalire a Romolo.

L’organizzazione della cena trionfale ha un duplice scopo: col-limare il popolo al comandante-vincitore e allontanare le invidiedi quanti temono la mal riuscita del nuovo assetto governativo.Il banchetto innalza, quindi, il vincitore ad eroe.

L’utilizzo del bottino di guerra e l’esaltazione del vincitoresono le prerogative anche dei festeggiamenti in onore di EmilioPaolo di ritorno da Pidna (168 a. C.).

Accanto al banchetto trionfale in onore alle vittorie venivanoorganizzate le cene senatorie; queste si svolgevano all’avvicen-darsi di una nuova elezione, costituivano, infatti, l’ago della bi-lancia in favore o meno di un candidato. È questo l’esempioriportato da Valerio Massimo in occasione dell’elezione di Quin-to Fabio Massimo; in seguito alla morte dell’Africano, Massimoincarica Q. Elio Tuberone di organizzare festeggiamenti (VII, 5,1).

2.3 il modello catoniano in risposta al lusso del

ii sec a .c .

Attraverso le leggi è possibile tracciare una linea storica del ban-chetto durante il II sec a.C. durante l’età repubblicana, il pote-re di Roma si allarga al Mediterraneo sottomettendo quei Paesi

7 Nat. Hist. XXXIII-36, 111

8 Nat. Hist. XXXIII-36, 112

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2.3 il modello catoniano in risposta al lusso del ii sec a .c .

influenzati dalla cultura ellenistica; da questo contatto l’aristo-crazia romana iniziò a provare il lusso. Livio e Plinio il Vecchiosono concordi nell’affermare che il lusso a Roma sia arrivato al-l’inizio del II sec a. C., durante le cerimonie in onore degli eroidi ritorno dalle Guerre Siriache (192-188 a.C.).

Luxuriae enim peregrinae origo ab exercitu Asiatico in-vecta in urbem est.Ii primum lectos aeratos, vestem stra-gulam pretiosam, plagulas et alia textilia, et quae tummagnificae supellectilis habebantur, monopodia et abacosRomam advexerunt. (Liv. XXXIX, 6, 7)

Infatti l’origine del lusso straniero è stata inserita dal-l’esercito Asiatico nella città. Quelli avevano portato perla prima volta a Roma i letti di bronzo, la coperta prezio-sa, le tende e altri tessuti, e quelle cose che erano ritenutemagnifiche suppellettili tavole con un piede solo e abachi.9

Asia primum devicta luxuriam misit in Italiam, siqui-dem L. Scipio in triumpho transtulit argenti caelati pondomille et CCCC et vasorum aureorum pondo MD [annoconditae urbis DLXV]. at eadem Asia donata multo etiamgravius adflixit mores, inutiliorque victoria illa hereditasAttalo rege mortuo fuit. (Nat. Hist. XXXIII, 148)

Fu l’Asia sconfitta, che per prima introdusse il lussoin Itali, in quanto Lucio Scipione fece trasportare nel suo1400 libbre di argento cesellato e 1500 libbre di vasellamed’oro, l’anno 565 dalla fondazione di Roma [189 a C.]. Mail dono che della stessa Asia ci fu fatto danneggiò ancorpiù gravemente, e di molto, i costumi, e più dannosa del-la vittoria fu quell’eredità che ci toccò con la morte di reAttalo.10

nam triclinia aerata abacosque et monopodia Cn. Man-lium Asia devicta primum invexisse triumpho suo, quemduxit anno urbis DLXVII, L. Piso auctor est, Antias qui-dem heredes L. Crassi oratoris multa etiam triclinia aeratavendidisse. ex aere factitavere et cortinas tripodum, nomi-ne et Delphicas, quoniam donis maxime Apollini Delphicodicabantur. placuere et lychnuchi pensiles in delubris autarborum mala ferentium modo lucentes, quale est in tem-plo Apollinis Palatini quod Alexander Magnus Thebarumexpugnatione captum in Cyme dicaverat eidem deo. (Nat.Hist. XXXIV, 14)

9 Traduzione: C. Vitali.10 Traduzione: G. Rosati, R. Mugellesi, A. Corso.

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2.3 il modello catoniano in risposta al lusso del ii sec a .c .

Quando nei triclini di bronzo, ai tavolini ad un solo pie-de, fu Gneo Manlio che per primo, secondo quanto affer-ma Lucio Pisone, li introdusse a Roma dopo la conquistadell’Asia, nel trionfo che celebrò nel 567 di Roma [187 aC]. Valerio Anziate dice che gli eredi dell’oratore LucioCrasso misero in vendita un gran numero di questi tricli-ni di bronzo. Solevano fare in bronzo anche le cortinedei tripodi, chiamate delfiche, poiché venivano consacratesoprattutto all’Apollo di Delfi. Sono stati anche in vogai lampadari pensili nei templi ovvero con luci disposte aguisa di frutti sull’albero come quello che si trova nel tem-pio di Apollo Palatino; Alessandro Magno lo aveva pre-so nella conquista di Tebe e lo aveva consacrato a questostesso dio nella città di Cime.11

Nel tentativo di contenere la contaminazione dei costumi, ne-gli ultimi due secoli della Repubblica, è intervenuta la legislatu-ra con una serie di leggi emanate per limitare le spese lussuoseaffrontate per l’organizzazione dei banchetti.

La tabella 1 alla pagina successiva riassume gli interventi legi-slativi più importanti fatti negli ultimi due secoli della Repubbli-ca. Le restrizioni riguardano il numero degli invitati; le spese; icibi che potevano essere consumati.

La questione stimolò la vena ironica di Plauto e Terenzio, tantoda farla diventare oggetto all’interno delle loro commedie.

Plauto nel Miles gloriosus disegna il profilo di coloro i qualiamano i convivi lussuosi ma allo stesso tempo rimproverano ilpadrone di casa per aver speso una fortuna per il banchetto

nam ei solent, quando accubuere, ubi cena adpositast,dicere: ’quid opus fuit hoc, <hospes>, sumptu tanto no-stra gratia? insanivisti hercle, nam idem hoc hominibussat erat decem.’ quod eorum causa obsonatumst culpantet comedunt tamen. (Plaut., 753 ss.)

Quelli lì, quando sono a tavola, e la cena vien servita,non fanno che ripetere: «Che bisogno c’era? Carissimoospite, perché scomodarsi tanto per noi? Ma tu sei di-ventato matto? Qui ce n’è per dieci persone!». Ti dannoaddosso perché hai speso per loro. . . E intanto continuanoa sbafare12

Ancora Plauto dice di quelli che hanno un atteggiamento ce-rimonioso: da questo passo si evince la tipologia di pasto cheveniva offerto all’ospite

11 Traduzione: G. Rosati, R. Mugellesi, A. Corso.12 Traduzione: G. Faranda.

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2.3 il modello catoniano in risposta al lusso del ii sec a .c .

Sed eidem homines numquam dicunt, quamquam adposi-tumst ampliter:

’iube illud demi; tolle hanc patinam; remove pernam, nilmoror;

aufer illam offam porcinam, probus hic conger frigidus,remove, abi aufer’ neminem eorum haec adseverare au-

dias,sed procellunt se et procumbunt dimidiati, dum appetunt.

(758 ss.)

Però mica dicono, quelli, per quanto ricca sia la cena:«Fa’ portar via questo piatto, leva anche quello; il prosciut-

to,fallo portare indietro, non ne voglio: quel pezzo di maiale,

rimandalo indietro;l’anguilla è buona anche fredda. Togli, ritira, fa portar

via».Mica gliele senti dire queste cose, no, invece si sporgono e

si allungano su metà della tavola per arraffare.13

Ancora più incisivo sembra Terenzio, quando Formione dicea Geta:

haec quom rationem ineas quam sint suavia et quam carasint,

ea qui praebet, non tu hunc habeas plane praesentem deum?(Ter. Phor. 344 ss.)

E quando cominci a pensare quanto sono squisite e costosesimili raffinatezze,

non consideri quasi come un dio in terra chi te le passa?14

All’ostentazione dello sfarzo di età repubblicana si contrappo-ne la sobrietà di Catone il Censore. Di questi lo storico grecoPlutarco racconta le abitudini povere che Catone aveva in tuttigli ambienti di vita quotidiana anche a tavola. La fonte plu-tarchea trova riscontro nel carmen de moribus riportato da AuloGellio:

Si quis in ea re studebat aut sese ad convivia adplicabat,“crassator” vocabatur (Gell. Noct. Att. XI, 2, 5)

Non c’era onore nel fare poesia e se qualcuno vi si appli-cava (alla poesia) o partecipava assiduamente ai banchettiera chiamato parassita15

13 Traduzione: G. Faranda.14 Traduzione: E. Mirabella.15 Traduzione: F. Cavazza.

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

In questo frammento Catone ritiene che la fonte di sperperodei patrizi siano, per l’appunto, i convivi.

In Sardegna si rifiuta di usare il denaro pubblico per esaudirei propri interessi. Nel De Senectute è ancora più chiara la volon-tà dell’ideale di vita di Catone: deve essere vissuta con sobrietàaspirando meno ai piaceri fisici e più a quelli relazionali e il mez-zo migliore per curare i bisogni sociali è il banchetto. Gli incontriconviviali, a parer di Catone, vanno a includere maggiormentepersone a lui coetanee, senza però escludere i giovani, ai qualivanno donati i valori di una vita semplice.

Neque enim ipsorum conviviorum delectationem vo-luptatibus corporis magis quam coetu amicorum et ser-monibus metiebar. (Cic. De Sen. 45, 1)

E infatti misuravo il diletto di questi conviti non tantodai piaceri dei sensi quanto dalla compagnia e dai discorsidegli amici.16

Il Censore si è fatto portavoce delle lotte contro quei riti e usan-ze da lui ritenute amorali e lontane dal costume degli antichi Ro-mani, è questo l’episodio in cui fu pronunciato il senatoconsultocontro i Baccanali nel 185 a. C., riportato da Livio. La condan-na era mossa dalla considerazione che il simposio integrato alrituale orgiastico dei Baccanali rendesse “gli uomini effeminati”.

2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il

principato

Se il II sec. a.C. è stato teatro della nascita del lusso nei convivi,il I sec a.C., invece, vede nei convivi uno sfarzo mai raggiuntoprima.

“A sentire Tacito, a partire dalla fine della guerra tra Ottavianoe Antonio (44-31 a.C.), per effetto delle relazioni commerciali chepassavano per i porti egiziani, nella capitale aveva preso l’avvioil luxus mensae, e i cibi esotici avevano fatto una vera irruzionenelle diete alimentari”.17

Il simposio luogo della memoria, di sacralità inviolabile nell’e-tà arcaica diventa luogo di strumentalizzazione sociale e politica.

Lo sfarzo raggiunto trova freno nell’azione legislativa di Sillache nell’ 81 a.C. (vedi Tabella 1 a pagina 19) prumulga la LexCornelia sumptuaria:

16 Traduzione: N. Marini.17 Elena Scuotto, Il poemetto gastronomico di Cazio, Letture Oraziane, Napoli 1995,

p. 54.

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

Postea L. Sulla dictator, cum legibus istis situ atque se-nio oblitteratis plerique in patrimoniis amplis helluarenturet familiam pecuniamque suam prandiorum conviviorum-que gurgitibus proluissent, legem ad populum tulit, quacautum est, ut Kalendis, Idibus, Nonis diebusque ludo-rum et feriis quibusdam sollemnibus sestertios trecenosin cenam insumere ius potestasque esset ceteris autemdiebus omnibus non amplius tricenos. (Gell. II, 24, 11)

Poi l’obsolescenza e il disuso cancellarono queste leggi;molti consistenti patrimoni sfumarono in gozzoviglie, so-stanze e denari affogarono nei gorghi di epulae e conviti.Allora il dittatore Lucio Silla presentò al popolo una leggeche dava diritto e facoltà di spendere trecento sesterzi peril pranzo alle calende, alle idi, alle none, nei giorni dei Lu-di e in alcune solennità festive; in tutti gli altri giorni nonpiù di trenta sesterzi.18

La legge serviva a regolare le spese durante le feste quali Idi,.None, Ludi; secondo Macrobio19 in realtà era volta più a sanareil deficit finanziario che non a vietare lo sfarzo a cena.

Le candidature magistraturali erano fortemente collegate aibanchetti; durante la candidatura di Cicerone suo fratello gliconsiglia di organizzare convivi per ingraziarsi gli elettori; a talproposito dieci anni dopo scriverà un forte attacco a quelli cheutilizzano i banchetti per raccogliere consensi20.

Nelle Actiones, Cicerone parlando della cattiva condotta di Ver-re ci lascia un quadro definito di quello che può essere il lusso atavola: è descritto come il libertino per eccellenza; il rappresen-tante della dissolutezza e dei piaceri della tavola21; ai suoi ban-chetti sono presenti prostitute e il lusso dei pezzi d’arredamentonon si confanno all’onore di un magistrato, Cicerone raccontache si fosse fatto consegnare cinquanta letti triclinari22; presiedeorge come unico amante maschio insieme al figlio23.

Verre dal 73 al 71 a.C. è uno degli esponenti dell’amministra-zione della Sicilia. Il suo comportamento amorale può essereassociato a quello di altri funzionari pubblici del tempo che usa-vano organizzare banchetti per raccogliere consensi; questa eradiventata una moda tanto diffusa da diventare un mestiere: Pu-

18 Traduzione: F. Cavazza.19 Macr. III, 17, 11.20 Cic. De re Publ. IV, fr. 8.21 Cic. Act. V, 1

22 Cic Act. II, 183

23 Cic. Act. V, 81

22

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

blio Cornelio Cetego era abile a conquistare voti grazie alla retedi amicizie e aveva in pugno tutta la città.24

Cicerone non condanna la pratica di ingraziarsi gli elettori mal’abuso che se ne fa che va a minare e a rompere l’equilibriosocio-politico. Si muove in difesa del ceto di governo che vedeminata la sua stabilità dagli eccessi, e dall’emergere di singolepersonalità; la sua idea può essere collegata a quella che spinge-vano i legislatori a promuovere le leggi suntuarie: non contro laricchezza in sé, ma contro l’uso che allontanava dalla tradizio-ne. In questa chiave l’ideale di Cicerone può essere associato aquello catoniano.

Altra polemica è mossa da Varrone, questi paragona le usanzedegli antenati ai costumi a lui contemporanei; lo strumento cheutilizza nella sua analisi è la satira. Le Menippe varroniane cer-cano di essere la risposta alla richiesta di restaurazione culturaleed etica.

Nell’est modus matulae scritto contro gli eccessi del vino25 sinota una presenza femminile; qui il reatino vuole attaccare l’u-sanza di aprire i convivi alle donne contro l’ideale dell’antichitàche voleva queste fuori dai banchetti.

La sontuosità edilizia che si diffonde in questo periodo rap-presenta la moda di trascorrere più tempo in casa tra il vino e lecortigiane; non mancano nelle ville enormi piscine per allevarepesci esotici e voliere per gli uccelli. Il lusso si manifesta, quindi,ancor prima di arrivare in tavola.

2.4.1 Orazio

Il poeta Orazio incarna il modello di sobrietà durante il princi-pato di Augusto. È possibile tracciare un quadro ben esplicativodell’ideale di vita a lui consono, ispirandosi ai precetti epicurei,attraverso un excursus tra le sue satire26.

Partendo dall’affermazione del Landolfi “con Orazio l’etologiaconviviale è ormai diventata la parodica quanto amara analisidel malessere suntuario dei tempi”, si può sostenere che Ora-zio senza abbandonare i toni sarcastici della satira non riescea omettere la personale predisposizione a una vita misurata dacondurre anche a tavola. Il punto di partenza dell’analisi puòessere

24 Silvia Mollo, La corruzione nell’antica Roma, Roma 2000, p. 69.25 Cultura e lingue classiche 3, Di Biagio Amata 1993 p. 863.26 Serm. II,2; II,4; II,8

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

Quae virtus et quanta, boni, sit vivere parvo–— nec meus hic sermo est, sed quae praecepitOfellusrusticus, abnormis sapiens crassaque Minerva –—discite non inter lances mensasque nitentis,cum stupet insanis acies fulgoribus et cumadclinis falsis animus meliora recusat (Serm. II,2,1 ss.)

Quale e quanta virtù,amici miei, sia vivere di poco(e non è predica mia questa,ma precetti d’Ofello,un contadino saggio,senza una scuola e di scarsa cultura),questo imparate,ma non tra piatti e mense sfavillanti,quando l’occhio è abbagliatoda splendori insensatie l’animo, incline a false attrattive,rifiuta ciò che conta27

qui Ofello, che come specifica lo stesso Orazio, è un rusti-cus, inneggia al vivere sobrio. Il rusticus apre una serie di sa-tire, nel secondo libro, in cui si fa riferimento al cibo. Vengo-no pronunciati precetti sulla preparazione di alcune pietanze,sull’allevamento e riferimenti al vino.

Tabella 2: Cibi presenti nelle satire di Orazio

Pietanza Satira Precetti

Pavone 2,2 vv 23-27 O. dice che è preferito al-la gallina per il fascinoche suscita agli occhi manon per il sapore

Uova 2,2 vv 45-46

2,4 vv 12-14

Considerato un cibo po-vero ma presente allemense lussuose. Caziodice che le più saporitesono di forma allungata

Olive nere 2,2 vv 45-46 Considerato un cibo po-vero ma presente allemense lussuose

27 Traduzione: A. Ronconi.

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

Pietanza Satira Precetti

Cavolo 2,4 vv 15-16 Secondo C. deve crescerein terreno secco

Gallina 2,4 vv 17-19 Se è dura, dice C., biso-gna immergerla nel Faler-no

Funghi prataioli 2,4 vv 20-21 Sono gli unici di cui ci sipossa fidare

More nere 2,4 vv 22-23 Da cogliersi prima che ilsole diventi troppo forte

Peloride del Lucri-nomurice di Baiaostriche del Circeoricci del Misenopettini di Taranto

2,4 vv 31-34 Da raccogliere quando laluna è piena perché sigonfiano

Cinghiale dell’Um-bria

2,4 vv 40-42 È da preferirsi al cin-ghiale di Laurento poichéquesto è più insipido

Cinghiale lucano 2,8 vv 6-7 Cacciato al levarsi delloscirocco

Lepre 2,4 vv 44-45 Che abbia però già avutodei leprotti

Gamberetti arrosti-ti e chiocciole afri-cane, prosciutto esalsiccia

2,4 vv 58-60 Per rianimare un bevito-re che ha la nausea du-rante la commisatio (no-ta: i momenti delle ce-ne erano gustatio, pri-mae mensae, commisatio,secundae mensae)

Salsa composta 2,4 vv64-69 La salamoia deve prove-nire da Bisanzio, lo zaffe-rano da Corinto, l’olio daVenafro

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2.4 il banchetto tra la fine della repubblica e il principato

Pietanza Satira Precetti

Le mele 2,4 vv70-71

2,8 vv 31-32

Sono da preferirsi quelledi Piceno a quelle di Ti-voli. La mela nana è piùrossa se la cogli a lunacalante

Uva passita 2,4 vv 72 Si conserva bene nei vasi

Ravanelli, lattuga,raperonzoli,radici

2,8 vv 7-8 Consumati durante la gu-statio

Rombo e pesce pas-sero

2,8 vv29-30 A detta di O. non hannoun buon sapore

Murena 2,8 vv 42-44 La murena deve esserecatturata gravida poichéla deposizione delle uovane avrebbe compromessoil sapore

Gru 2,8 vv 85-90 Cosparsa di sale, con far-ro, fegato d’oca, fichi elepre

Cominciando da Ofello28 passando per la cena a cui ha parte-cipato Cazio29 e arrivando a quella organizzata da Nasidieno30,possiamo passare in rassegna i cibi (elencati nella Tabella 2 a pa-gina 24) che Orazio aveva visto o di cui aveva sentito parlare aisuoi tempi.

Orazio fa osservazioni riferite alla pulizia delle stoviglie e delpavimento, rimprovera i ricchi che affrontano ingenti spese perla tappezzeria e le cibarie ma non in scope, strofinacci e segatura.

inmane est vitium dare milia terna macelloangustoque vagos piscis urguere catino.magna movet stomacho fastidia, seu puer unctistractavit calicem manibus, dum furta ligurrit,sive gravis veteri creterrae limus adhaesit.vilibus in scopis, in mappis, in scobe quantusconsistit sumptus? neglectis flagitium ingens

28 Serm. II, 2

29 Serm. II, 4

30 Serm. II, 8

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2.5 la cena di trimalcione

ten lapides varios lutulenta radere palmaet Tyrias dare circum inlota toralia vestis,oblitum, quanto curam sumptumque minoremhaec habeant (Serm. II,4, 76 ss.)

E nausea profonda cagiona il servoche, con le mani ancora untedel boccone assaggiato di nascosto,tocca un bicchiere,o il fondo melmoso che incrostaun antico cratere.Che spesa è comprarescope da pochi soldi, strofinacci e segatura?Trascurarlo è davvero una vergogna.Ma devi proprio spazzare i mosaicicon una palma polverosae ricoprire con stoffe di Tirola sudicia tappezzeria del tuo divano,senza pensare che cose del genere,quanto minore è la spesa e l’impegno che richiedono,tanto piú e a giusta ragioneti vengono rimproverate31

Più accorto alla pulizia sembra Nasidieno, i suoi servi infattisono addestrati a pulire tra una portata e l’altra:

his ut sublatis puer alte cinctus acernamgausape purpureo mensam pertersit et altersublegit quodcumque iaceret inutile quodqueposset cenantis offendere (Serm. II, 8, 10 ss.)

Sparecchiata questa portata,un valletto in veste succintadeterse con uno straccio di porporail piano d’acero della mensa e un altro raccolsetutti i rifiuti che, caduti a terra,avrebbero potuto disgustare gli ospiti32

2.5 la cena di trimalcione

Il Satyricon è un’opera attribuita a Petronio Arbitro; si tratta diun lungo frammento narrativo. Racconta le vicende di Encolpio,il protagonista, Gitone, il suo amante e Ascilto, con il quale sicontende Gitone.

31 Traduzione: A. Ronconi.32 Traduzione: A. Ronconi.

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2.5 la cena di trimalcione

La parte centrale dell’opera è occupata dalla cena a casa di unoschiavo liberto, arricchitosi notevolmente di nome Trimalcione.

Le vicende sono narrate in prima persona da Encolpio; egli de-scrive minuziosamente le portate, le discussioni con i commen-sali e le scene coreografiche organizzate dal padrone di casa.

La cena comincia con gli antipasti (gustatio): un asinello dibronzo corinzio, con due bisacce piene, da una parte di olivenere, dall’altra di olive bianche. Su una griglia sono sistematidegli involtini che friggono e sotto, al posto dei carboni, prugnesiriache e melograno.

XXXI [. . .] Ceterum in promulsidari asellus erat Co-rinthius cum bisaccio positus, qui habebat oliuas in al-tera parte albas, in altera nigras. [. . .] fuerunt et foma-cula supra craticulam argenteam feruentia posita et infracraticulam Syriaca pruna cum granis Punici mali.

Viene, poi, introdotto un cesto su cui stà una gallina di legnocon le ali aperte, come durante la cova, frugando nella paglia sitrovano delle uova di pavone distribuite agli invitati; in realtà leuova contengono dei beccafico con vitello pepato.

XXXIII [. . .] gustantibus adhuc nobis repositorium alla-tum est cum corbe, in quo gallina erat lignea patentibus inorbem alis, quales esse solent quae incubant oua. [. . .] eru-taque subinde pauonina oua diuisere conuiuis. [. . .] per-secutus putatem manu, pinguissimam ficedulam inuenipiperato uitello circumdatam.

Trimalcione fa servire due anfore di vetro che contengono vinoinvecchiato di cent’anni. Una delle portate più eccentriche rac-contate nella letteratura è senza dubbio il vassoio rotondo coninciso i dodici segni, ad ognuno dei quali corrisponde una pie-tanza. Sopra l’Ariete dei ceci “cornuti”; sopra il Toro una bistec-ca di manzo ; sopra i Gemelli, dei testicoli e del rognone; soprail Cancro, una corona; sopra il Leone, dei fichi africani; sopra laVergine, una vulva di scrofa; sopra la Bilancia, due piatti conte-nenti l’uno una torta e l’altro una focaccia; sopra lo Scorpione,un pesce di mare; sopra il Sagittario, un gallo selvatico; sopra ilCapricorno, un’aragosta; sopra l’Acquario, un’oca; sopra i Pesci,due triglie. Alzando il coperchio che stava al centro si scoprivauna lepre con le ali, per somigliare a Pegaso; ai lati invece c’era-no delle cornamuse sorrette dai satiri, da queste fuoriusciva unasalsa sui pesci.

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2.5 la cena di trimalcione

XXXV [. . .] rotundum enim repositorium duodecim ha-bebat signa in orbe disposita, super quae proprium co-nuenientemque materiae structor imposuerat cibum: su-per arietem cicer arietinum, super taurum bubulae fru-stum, super leonem ficum Africanum, super uirginem ste-riliculm, super libram stateram in cuius altera parte scri-blita erat, il altera placenta, super scorpionem pisciculummarinum, super sagittarium oclopetam, super capricor-num locustam marinam, suoer aquarium anserem, superpisces duos mullos. [. . .] quo facto uidemus infra (scili-cet in altero ferculo) altilia et sumina leporemque in me-dio pinnis subornatum, ut Pegasus uideretur. Notauimusetiam circa angulos repositorii Marsyas quattuor, ex quo-rum utriculus garum piperatum currebat super pisces, quitanquam in euripo natabant.

Al momento delle primae mensae corrispondono le portate dicarne suina. Viene portato un cinghiale immenso, dalle sue zan-ne pendono due piccole sporte intrecciate di foglie di palma,contenenti datteri freschi e datteri secchi. Intorno ci sono deiporcellini di pasta, disposti da sembrare i piccoli che allattano;questi sono donati ai commensali.

XL [. . .] secutum est hos repositorium, in quo posi-tus erat primae magnitudinis aper, et quidem pilleatus, ecuius dentibus sportellae dependebant duae palmulis tex-tae, altera caryotis, altera thebaicis repleta. Circa autemminores porcelli ex coptoplacentis facti, quasi uberibusimminerent, scrofam esse positam significabant.

Trimalcione, poi, fa entrare tre maiali chiedendo ai commen-sali quale far preparare dal cuoco; avvenuta la scelta entra, inbreve tempo, la pietanza cotta, suscitando in Encolpio il dubbioche fosse già stata cucinata in precedenza. È questo il momentodi una scena, divenuta famosa grazie anche al genio fellinianoche l’ha riproposta nel “Fellini Satyricon”: entra un maiale an-cora più grande del cinghiale precedente; Trimalcione lo osserabene e dice che il maiale non è stato ancora sventrato; richiamail cuoco e fa eseguire lo sventramento in pubblico; dalla panciadel maiale escono cotechini e salsicce.

XLIX [. . .] nondum efflauerat omnia, cum repositoriumcum sue ingenti mensam occupauit. [. . .] deinde magismagisque Trimalchio intuens eum: “Quid? Quid? Inquit.Porcus hic non est exinteratus?” [. . .] cocus [. . .] porciqueuentrem hinc atque illinc timida manu secuit. Nec mora,ex plagis ponderis inclinatione crescentibus tomacula cumbotulis effusa sunt.

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2.5 la cena di trimalcione

Segue una nuova portata con paste, in mezzo c’è Priapo,33

fatto dal pasticciere; tutto intorno ci sono frutti di ogni genere euve.

LX [. . .] iam illic repositoriumcum placentis aliquoterat positum, quod medium Priapus a pistore factus te-nebat, gremioque satis amplo omnis generis poma et uuassustinebat more uulgato.

Le secundae mensae continuano con tordi preparati con l’uvapassa e noci. Viene la volta di una portata particolare; sembranooca, pesci, uccelli ma in realtà è tutto fatto con carne di maiale.Entrano poi due schiavi che portano delle anfore, i due mettonoin scena una zuffa, e dalle anfore escono ostriche e pettini.

LXIX [. . .] nam cum positus esset, ut nos putabamus,anser altilis circaque pisces et omnium genera auim. LXX[. . .] ista cocus meus de porco fecit. [. . .] subito intraue-runt due serui, tanquam qui rixam ad lacum fecissent; cer-te in collo adhuc amphoras habebat. Cum ergo Trimalchioius inter ligigantes diceret, neuter sententiam tulit decer-nentis, sed alterius amphoram fuste percussit. Costernatinos indolentia ebriorum intentauimus oculos in proelian-tes, notauimusque ostrea pectinesque e gastris labentia,quae collecta puer lance circumtulit.

Gli ospiti di Trimalcione vengono, poi, invitati in un’altra salada pranzo dove Fortunata, sua moglie ha imbandito un’altra ta-vola, con lampadari in bronzo con immagini di piccoli pescatori,le mense sono ornate con terracotta dorata ed è presente unafontanella dalla quale sgorga continuamente del vino. Mentre sifanno gli onori di casa un gallo canta, il segnale viene percepi-to come un cattivo presagio e Trimalcione ordina che gli vengaportato subito il gallo; lo fa preparare e servire agli ospiti.

LXXIII [. . .] ergo ebrietate discussa in aliud tricliniumdeducti sumus ubi Fortunata disposuerat lautitias ita utsupra lucernas... aenelosque piscator notauerim et mensastotas argenteas calicesque circa fictiles inauratos et uinumin cospectu sacco defluens.

LXXIV haec dicent eo gallus gallinaceus cantauit. [. . .]“longea nobis! Itaque quisquis hunc indicem attulerit, co-rollarium accipiet”. Dicto citius de uicinia gallus allatusest, quem Trimalchio iussit ut aeno coctus fieret.

33 Divinità fallica greca e romana nato da Afrodite e Dioniso.

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2.6 marziale e l’invito a toranio

Durante la cena fa il suo ingresso Habinna, un marmista spe-cializzato in monumenti funebri. Questi è appena stato ad un’al-tra cena, grazia alla curiosità di Trimalcione, Petronio, tramiteEncolpio, ci offre un altro esempio di menù:

LXVI [. . .] Habimus tanem in primo porcum botulo co-ronatum et circa sangunculum et gizera optime facta etcerte betam et panem autopyrum de suo sibi, quem egomalo quam candidum; [. . .]. Sequens ferculum fuit sciribi-lita frigida et supra mel caldum infusum excellente Hispa-num. [. . .] Circa cicer et lupinum, caluae arbitratu et malasingula. [. . .] in prospectu habuimus ursina frustum. [. . .]In summo habuimus caseum mollem et sapam et cocleassingulas et cordae frusta et hepatia in catillis et oua pillea-ta et rapam et senape et catillum concacatum – pax Pala-medes! Etiam in auleo circumlata sunt oxycomina, undequidam etiam improbi ternos pugnos sustulerunt. Nampernae missionem dedims.

Dunque, prima di tutto ci hanno dato un porco corona-to di salsicce e ventriglia di uccelli, e bieta se non sbaglio,e quel pane cotto al forno di casa. [. . .] La seconda portataera una torta fredda con sopra del miele caldo di Spagna.[. . .] intorno c’erano frutta, ceci e lupini, noci a volontàe una mela per ogni commensale. [. . .] Dimenticavo chec’era anche un pezzo di carne d’orso. [. . .] Infine, ci han-no dato anche cacio fresco, mosto, nocciole, trippa, fegatoin scatola, uova incappucciate e rape e senape e poi unaporcheria. Circolavano anche delle olive nere marinate,ma certi bifolvhi ci si sono buttati sopra a colpi di gomito.Quanto al prosciutto, ci abbiamo rinunciato perché non nepotevamo più.34

2.6 marziale e l’invito a toranio

Marco Valerio Marziale, è stato il più grande epigrammista ro-mano, che ha prodotto le sue opere durante l’età dei flavi (se-conda parte del I secolo); nelle sue opere compare sempre la suafigura, la sua opinione, completamente lontana dagli echi clas-sicheggianti che si respiravano nel suo tempo tra gli altri autorilatini. I suoi epigrammi spaziano tra diversi argomenti, tra que-sti è presente anche un invito a cena. Nel V libro invita Toranio acasa sua per una cena di compagnia; nei versi si leggono diversetipologie di cibi, lontani dalla spettacolarità narrata da Petronio.Si va a gustare la lattuga, come gustatio (aperitivo), insieme porri,

34 Traduzioni: A. Cibotto.

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2.6 marziale e l’invito a toranio

tonno e uova; le uniche pietanze di carne sono salsicce e lardo; lacena termina semplicemente con un assortimento di frutta, e seil vino contribuirà ad una digestione veloce si può sempre ricor-rere alle leguminose. Al verso 22 dice Parva est cenula - quis potestnegare?, a sottolineare la semplicità secondo cui ama vivere.

Si tristi domicenio laboras,Torani, potes esurire mecum.Non deerunt tibi, si soles propinein,Viles Cappadocae gravesque porri,Divisis cybium latebit ovis.Ponetur digitis tenendus ustisNigra coliculus virens patella,Algentem modo qui reliquit hortum,Et pultem niveam premens botellus,Et pallens faba cum rubente lardo.Mensae munera si voles secundae,Marcentes tibi porrigentur uvaeEt nomen pira quae ferunt Syrorum,Et quas docta Neapolis creavit,Lento castaneae vapore tostae:Vinum tu facies bonum bibendo.Post haec omnia forte si movebitBacchus quam solet esuritionem,Succurrent tibi nobiles olivae,Piceni modo quas tulere rami,Et fervens cicer et tepens lupinus.Parva est cenula — quis potest negare? — (Mar. V, 78, 1

ss.)

O Toranio, se il pensiero di una magra cena a casa tuati rattrista, puoi fare penitenza con me. Se sei solito pren-dere l’aperitivo, non ti mancheranno modeste lattughe diCappadocia e porri dal forte odore; avrai anche fette ditonno nascoste dentro pezzetti d’uovo. Ti sarà presenta-to, su uno scuro piatto, un verde cavolo colto or ora nelfreddo orto, che dovrai prendere scottandoti le dita, unasalsiccia adagiata sopra una bianca farinata, delle bianchefave con rosso lardo. Se vorrai le leccornie del pospasto,ti saranno dati grappoli di uva passa, le pere che chiama-no di Siria e quelle castagne cotte a fuoco lento, creazionedella dotta Napoli. In quanto al vino, sei tu che lo ren-derai buono, bevendolo. Se dopo tutti questi cibi il vino,come spesso avviene, ti desterà l’appetito, puoi contare suottime olive, maturate poco fa su alberi piceni, ceci caldie tiepidi lupini. La mia cena è modesta - chi potrebbenegarlo?35

35 Traduzione: G. Norcio.

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3L A M U S I C A C O M E I N T R A T T E N I M E N T OD U R A N T E I B A N C H E T T I

L’esperienza del convivio, come culto, va associata all’idea delvivere insieme, durante il quale si fondono insieme filosofia, eti-ca, costumi. La musica, sin dall’inizio, viene sentita come com-ponente di questa manifestazione: si passa dall’elogio agli avi,alla musica come puro intrattenimento, dagli spettacoli che sidilungavano a tavola, alla musica come scansione dei ritmi diun’intera cena.

Figura 3: Scena di convivio. Cratere a figure rosse, da Cuma; Napoli,Museo Archeologico Nazionale.

3.1 carmi come celebrazione degli antenati

Le famiglie della Roma Repubblicana scelsero il banchetto co-me luogo per ricordare le imprese dei propri avi. Lo scopo èquello di affermare il proprio albero genealogico utilizzando icarmi simposiali a scopo didattico. Valerio Massimo descrive ilfenomeno:

maiores natu in conviviis ad tibias egregia superiorumopera carmine comprehensa pangebat, quo ad ea iuven-tutem alacriorem redderent, quid hoc splendidius, quidetiam utilius certamine? (Val Max II, 1, 10)

Gli anziani cantavano le imprese degli avi accompagna-ti dal flauto; in questo modo la platea giovanile venivacolta da spirito di emulazione.1

1 Traduzione: L. Canali.

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3.1 carmi come celebrazione degli antenati

Il messaggio era diretto a tutti i partecipanti al banchetto, ossiai membri di una stessa famiglia, per ricordare insieme le gestadegli antenati.

Negli ultimi decenni, è stata accreditata la teoria che vede co-me vera l’esistenza dei carmi conviviali; in passato si davano pernon corrette, da parte di Kiessling-Heinze, le fonti che riporta-vano la presenza della celebrazione degli antenati a tavola. Èproprio lo spirito nostalgico che emerge dalle fonti che ha ria-perto la questione.2 L’arco di tempo durante il quale si svolgel’esecuzione dei carmi si può delimitare ai secoli VI e V a.C.; que-sta definizione può essere accettata se guardiamo bene ai senti-menti del tempo: con l’avvento della Repubblica era necessariopreservare i valori dell’aristocrazia. Non si deve pensare, però,all’esistenza di canti già strutturati, ma, più che altro, a un ca-novaccio che veniva seguito durante l’esecuzione. In tal modovanno a decadere le idee di Catone e Cicerone; il primo associavai canti latini a quelli lirici greci, quindi costituiti da uno schemastabilito e il secondo li vedeva come canti alternati. (Tusc. 4, 2)

Altra erronea considerazione è quella che vede i canti simpo-siaci diretti alla collettività. I canti erano eseguiti durante le cenefamiliari degli aristocratici, è impensabile un canovaccio stabili-to dall’ambiente pubblico; il popolo in armi era costituito dallanobiltà, dalla quale erano mossi i canti a questa destinati.

È possibile che dai carmi cantati a tavola durante le cene fa-miliari siano nati i primi racconti epici e le leggende romane.Possiamo supporre che gli argomenti trattati potevano essere: ilregno di Tarquinio il Superbo, la battaglia al lago Regillo, Co-riolano e Camillo; alcuni di questi soggetti contengono detta-gli sicuramente derivati dal mondo greco come la vicenda del-la battaglia al lago Regillo che interessa i Dioscuri (Castore ePolluce), facendo supporre una contaminazione, nell’universoromano, pre-ellenica.3

Chi intonava i canti erano, come sostiene Valerio Massimo,i maiores natu,4 in questo modo il carattere didattico dei can-ti è affermato nell’istruzione dei giovani, attraverso le impresedegli avi. L’atteggiamento dell’eroe rievocato è per la nuovagenerazione una pietra di paragone con cui deve misurarsi.

2 B. Gentili nell’opera “Per una formalizzazione del discorso di biasimo e lode, Ma-drid 1987” ammonisce di ridare attendibilità alle fonti antiche su cui lo stessoKiessling-Heinze 1966, p. 464 ss. nutriva seri dubbi.

3 F. Altheim, Griechische Götter im alten Rom, Giessen 1930, p. 13.4 Val Max II, 1, 10o

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3.1 carmi come celebrazione degli antenati

Vicine all’affermazione di Valerio Massimo sono alcune noti-zie riportate da Cicerone, che fa riferimento a Catone, ma senzaspecificare però la categoria esecutrice dei canti:

Atque utinam exstarent illa carmina, quae multis sae-culis ante suam aetatem in epulis esse cantitata a singu-lis convivis de clarorum virorum laudibus in Originibusscriptum reliquit Cato (Cic. Tusc. Disp. IV, 2, 3)

Nelle Origines, quell’autorevolissimo scrittore che è Ca-tone ci dice che ai banchetti dei nostri antenati vigeva que-sta usanza: quelli che sedevano dovevano cantare a turno,accompagnati dal flauto, le nobili imprese e le virtù deigrandi uomini, Questa è una prova evidente che ancheallora esistevano la musica e la poesia.5

Un’ idea discorde con Valerio Massimo, a proposito degli ese-cutori dei carmi, la offre Varrone:

in conviviis pueri modesti ut cantarent carmina antiquain quibus laudes et maiorem erat essa voce et cum tibicine.(Var. De Vita Pop. Rom. II VII, 2)

Durante i banchetti, intervenivano anche fanciulli dionorevole condizione, che cantavano canti antichi in onoredegli antenati, sia semplicemente a voce che con l’accom-pagnamento di un flauto6

Quest’ultimo sostiene che ad eseguire i canti durante le cenefamiliari fossero i cosiddetti pueri modesti; la notoria precisionedell’autore potrebbe portare ad una affermazione poco corretta.

Varrone, infatti, può aver riportato un’informazione esatta manon altrettanto precisa cronologicamente. L’ipotesi che si puòformulare è che questi abbia riferito la notizia di quando a Romavennero introdotti i cantori adolescenti nei triclini.

Conoscendo la gerontocrazia (gli anziani infatti erano i custo-di del passato di tutti i suoi segreti) vigente nella Roma di VI e Vsec. a.C., ritengo che l’esaltazione degli avi da parte degli anzia-ni è precedente alla nota riferita da Varrone che ricade, così, neisecoli IV e III a.C., in un momento importante per le cene poichési passa dalla musica come celebrazione degli avi alla musicacome puro intrattenimento. Era decisione, poi, del padrone dicasa scegliere, a seconda dei suoi gusti, il tipo di musica: il puerpoteva sia cantare da solo che con l’accompagnamento musicale.

5 Traduzione: A. Di Virginio.6 Traduzione: B. Riposati.

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3.2 danzatrici e suonatrici , baccanali

Anche se la fonte Varroniana riporta una notizia difficilmentereperibile in altri autori e fonti,7 può essere accolta come vera sesi guarda alla presenza dei giovani nelle case dei ricchi durantele cene in veste di valletti e non come schiavi.

3.2 danzatrici e suonatrici , baccanali

Figura 4: Danzatrice con crotala. Pittura parietale, da Pompei, Casa VI17, 41; Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

La danza è stata praticata a Roma a partire dal III secolo a.C.con l’ausilio dei crotala (nacchere) come disciplina accostata al-la ginnastica; con l’avvento del II secolo a.C. inizia ad allietarei pasti, come accadeva già in Grecia che la musica, in genera-le, animasse i banchetti, soprattutto nel momento del simposio.Tale danza viene detta Frigia, era sfrenata, praticata in preda aifumi dell’alcol.

Livio, nel già citato passo del libro XXXIX, nell’attacco al lussoproveniente dall’oriente, menziona le suonatrici di sambuca ealtri strumenti a corda:

tunc psaltriae sambucistriaque et convivalia alia ludo-rum oblectamenta addita epulis (Liv. XXXIX, 6, 7)

allora le suonatrici di cetra e di sambuca davano altridivertimenti conviviali aggiunti durante i banchetti8

7 Se ne parla in un frammento del secondo libro De vita populi romani, riportatada Nonio, Varrone parla proprio dei giovani presenti nelle case dei benestanti.

8 Traduzione: C. Vitali.

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3.2 danzatrici e suonatrici , baccanali

L’attacco è incentrato, soprattutto, sul tipo di musica suona-ta e ballata; Livio attacca le suonatrici e le danzatrici poichéqueste sono professioniste pagate per suonare e danzare musicasecondo ritmi compositivi stranieri.

Contro tali suoni fu emanata la legge Emilia Scaura, che limi-tava le spese in materia di musiche esotiche; più tardi nel 119

a.C., i censori Lucio Metello Dalmatico e Cneo Domizio Enobar-do, affiancarono alla legge un editto censorio che integrava lelimitazioni di essa.

Il contatto con la cultura greca a partire dalla fine del III secoloa.C., apre i Romani alla conoscenza dei culti stranieri, per lopiù di origine orientale, incentrati su cerimonie di espiazione epurificazione.

Gli elementi di tali riti potevano sembrare non assimilabili alcostume romano; alcuni di questi, infatti, furono decretati illeciti.È quanto accadde ai Baccanali nel 186 a.C..

I Baccanali erano basati su pratiche segrete, misteriche e giuntia Roma attraverso la Campania; si svolgevano in un bosco sacrocinque volte al mese, e tra gli adepti prevedeva, in un primo mo-mento,la presenza di sole donne, in seguito persone di entrambii sessi e di estrazione sociale bassa.

Livio ci informa che le autorità (i consoli Spurio Postumio Al-bino e Quinto Marcio Filippo su consiglio di Catone il Censore)decisero di intervenire a causa di atteggiamenti delittuosi che siverificarono durante essi:

Nec unum genus noxae, stupra promiscua ingenuorumfeminarumque erant, sed falsi testes, falsa signa testamen-taque et indicia ex eadem officina exibant: venena indi-dem intestinaeque caedes, ita ut ne corpora quidem inter-dum ad sepulturam exstarent. Multa dolo, pleraque pervim audebantur. (Liv. XXXIX, 8, 1, 2)

E non uno solo era il genere di colpa, le violenze col-pivano senza distinzione uomini liberi e donne; ma falsitestimoni, falsificazione di sigilli, testamenti e prove usci-vano dalla stessa bottega, e sempre di lì venefici e massacriinterni, talmente segreti che talvolta non rimanevano nep-pure i corpi per la sepoltura. Molto si osava con dolo, dipiù con la violenza.9

Il racconto di Livio prosegue sottolineando l’inserimento, du-rante il culto, della consumazione dei cibi e del vino;

9 Traduzione: C. Vitali.

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3.2 danzatrici e suonatrici , baccanali

Figura 5: Danzatrice con cymbala. Pittura parietale, Pompei, Villa deiMisteri; in situ.

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3.2 danzatrici e suonatrici , baccanali

Additae voluptates religioni vini et epularum, quo plu-rium animi illicerentur. (Liv. XXXIX 8, 1, 3)

Furono aggiunti alle pratiche religiose i piaceri del vi-no e del banchetto, perché gli animi dei più ne fosseroattratti.10

Il cibo e il vino avevano la funzione di scatenare gli animi, finoal punto di commettere le “nefandezze” sopra citate; in questomodo si scioglievano le briglie della depravazione:

Cum vinum animos incendissent, et nox et mixti fe-minis mares, aetatis tenerae maioribus, discrimen omnepudoris exstinxissent, corruptelae primum omnis generisfieri coeptae, cum ad id quisque, quo natura pronioris li-bidinis esset, paratam voluptatem haberet (Liv. XXXIX,8,1)

Dopo che il vino ebbe infiammato gli animi, e le tene-bre, e gli uomini mescolati alle donne, e quelle di giovaneetà con i più vecchi, ebbero cancellato ogni confine del pu-dore, subito cominciarono a esser commesse nefandezzedi ogni genere, perché ciascuno è pronto a soddisfare ipiaceri verso i quali è per natura di più incline libidine.11

In questa bolgia di dissolutezza, causata dai fumi dell’alcol edalle proprietà afrodisiache ed eccitanti dei cibi, la frenesia eraalimentata dalla musica assordante degli strumenti a percussio-ne che risuonavano; a detta di Livio nessun grido di aiuto potevaessere accolto:

Occulebat vim quod prae ululatibus tympanorumque etcymbalorum strepitu nulla vox quiritantium inter stupraet caedes exaudiri poterat. (Liv. XXXIX, 8,1)

La violenza dilagava indisturbata perché, coperti dalleurla e dallo strepito dei timpani e dei cembali, nessun gri-do d’aiuto di cittadini poteva essere udito in mezzo aglistupri e alle stragi.12

L’azione legislativa, messa in atto attraverso la promulgazionedel senatoconsulto del 186 a.C., è rivolta, non solo a ripararela compromessa integrità morale dei Romani, ma alla capacità,attribuita ai baccanali, di organizzare una rivolta.

10 Traduzione: C. Vitali.11 Traduzione: C. Vitali.12 Traduzione: C. Vitali.

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3.3 il i secolo a .c .

A Vienna è conservato un reperto che riporta il testo del sena-toconsulto del 186 a.C. ai danni dei Baccanali; dal testo si evinceche nessuno poteva essere seguace dell’associazione, non si po-tevano pronunciare giuramenti raccogliere denaro, celebrare iriti sacri dei Baccanali in pubblico, in privato e in segreto; per itrasgressori c’è la pena di morte.13

3.3 il i secolo a .c .

3.3.1 I pueri symphoniaci

Il primo secolo vede affermarsi l’utilizzo, nelle case dei ricchi,di giovanetti capaci di suonare qualsiasi strumento, i pueri sym-phoniaci. Questi erano a servizio nelle abitazioni ma non man-cavano occasioni durante le quali diventavano parte del seguitodi un personaggio abbiente, come nel caso di Milone. Ciceronenell’orazione Pro Milone puntualizza proprio quest’aspetto: Mi-lone non è abituato a viaggiare con i musicisti della sua casa, cheerano invece oggetto di possesso dalla moglie:

Milo, qui numquam, tum casu pueros symphoniacosuxoris ducebat et ancillarum greges. (Cic. Pro T. AnnioMilone, XXI)

Milone, che mai lo aveva fatto prima, si trovava per casoa guidare un corte di schiavetti musicanti, di prorpietàdella moglie, e di ancelle.14

Nella biografia di Antonio, Plutarco racconta di un periodo diriposo dalla vita frenetica di Roma, trascorso da costui in Asia.Anch’egli aveva a sua disposizione un gruppo di artisti: suonato-ri di liuto, cantori, danzatori, a questi, che aveva condotti con sédall’Italia, a questi se ne unirono altri trovati sul posto; si tratta-va di attori asiatici che contribuivano a realizzare, perennemente,un clima di festa.

3.3.2 Il trionfo di Cesare

Mentre Antonio riposava in Asia, Cesare, a Roma, era alle presecon le guerre. È proprio questi, Cesare, il protagonista di unodei più sfarzosi cortei trionfali pre-imperiali.

13 A. Coscia, 2003. I Baccanali: la repressione di un culto religioso nella Roma antica,parte seconda, Milano 2003, p. 47.

14 Traduzione: A. Chiaro.

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3.3 il i secolo a .c .

Nel 46 a.C. organizzò quattro pompe trionfali: delle Gallie,del Ponto, dell’Egitto e della Mauritania. Fece cambiare le mac-chine, i carri, le basi ed altri oggetti necessari per il trasportodegli ornamenti di ciascun trionfo, costruendoli con materiali di-versi; modificò il legno comune con quello di Cedro,i gusci ditartaruga, l’acanto e l’avorio.

Il trionfo delle Gallie, tra i quattro fu, probabilmente il piùmaestoso: c’erano grandi statue che rappresentavano il Reno, ilRodano e l’Oceano; davanti al carro che trasportava Cesare c’e-ra Vercingetorige, serbato per sei anni, per essere poi utilizzatocome trofeo in questa pompa. Nel racconto tramandato da Sve-tonio si legge che arrivata la notte, il corteo non si fermò comeera uso fare di solito, ma vennero accese tantissime fiaccole intutto il Campidoglio; queste regalarono uno spettacolo moltosuggestivo mai visto prima:

Gallici triumphi die Velabrum praeteruehens paene cur-ru excussus est axe diffracto ascenditque Capitolium adlumina quadraginta elephantis dextra sinistraque lychnu-chos gestantibus. (Svet. Ces. XXXVI, 1)

Nel giorno del trionfo sui Galli, attraversando il Velabro,per poco non fu sbalzato dal carro a causa della rottura diun assale; salì poi sul Campidoglio alla luce delle fiaccoleche quaranta elefanti, a destra e a sinistra, recavano suicandelieri.15

Il trionfo sull’Egitto e quello sul Ponto mostrarono le statue e iquadri dei vinti e delle strutture architettoniche, loro rappresen-tanti, in rovina, come per la torre del Faro egiziano rappresentatain fiamme; l’orgoglio, invece, del trionfo sul Ponto fu l’iscrizionein caratteri d’oro su un quadretto della famosa frase Veni VidiVici:

Pontico triumpho inter pompae fercula trium uerborumpraetulit titulum veni : vidi : vici non acta belli significan-tem sicut ceteris, sed celeriter confecti notam. (Svet. Ces.XXXVI, 1)

Nel corso del trionfo Pontico, tra gli altri carri presentinel corteo, fece portare davanti a sé un cartello con questetre parole: Venni, vidi, vinsi, volendo indicare non tanto leimprese della guerra, come aveva fatto per le altre, quantola rapidità con cui era stata conclusa.16

15 Traduzione: F. Casorati.16 Traduzione: F. Casorati.

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3.3 il i secolo a .c .

Durante i trionfi i soldati, abusando della libertà che aveva-no, intonarono canti di protesta adducendo come scusa le pove-re elargizioni che il comandante aveva loro concesso; in realtàCesare aveva dato ai soldati somme molto alte.

Distribuì, nel giorno dei suoi trionfi, dieci staia di biada, diecilibbre d’olio e quattrocento sesterzi per ogni individuo, con unaoperazione detta congiarum; oltre a questo diede pubblici conviti,nei quali furono apparecchiate ventiduemila mense per le piazzedi Roma. Seguirono anche spettacoli gladiatori, di atleti, e perla prima volta fu messa in scena la Naumachia, la ricostruzionedelle battaglie navali.

I banchetti erano sempre stati presenti durante i trionfi, maquello organizzato da Cesare raggiunse l’apice della magnificen-za. In passato erano stati imbanditi secondo l’uso del lectisternio,organizzato in un giorno solenne al cospetto delle tre divinità,Giove, Giunone e Minerva, presenti tramite le loro immagini(vedi §2.1.2). Più tardi furono utilizzati i bottini di guerra e illusso accrebbe fino ad arrivare, come nel caso dei trionfi di Ce-sare, a costare un tesoro. In quella occasione furono utilizzateseimila murene provenienti dagli allevamenti di Vaio Hirrio nellago di Lucrino. La danza, il suono, il canto riempivano le piazzeromane di una baraonda gioiosa.

L’atmosfera che si respirava doveva essere quella di un grandeconvivio a cielo aperto, con in sottofondo le musiche ricche disuoni prodotti dagli strumenti a percussione tipici romani, e didanzatrici con i crotala (nacchere) presenti in ogni piazza in cuierano allestiti i banchetti.

Erano presenti anche i pantomimi; questi artisti mescolavanola danza e la recitazione. I loro spettacoli erano basati sulla rap-presentazione di scene utilizzando di parole, musica, danze eacrobazie.

3.3.3 Orazio

Verso la fine del I secolo a.C., compare sulla scena letteraria Ora-zio, il poeta per eccellenza del convivio in questa periodo. Di-verse sono le notizie che troviamo nelle sue opere in materia dicene. Nel carme 37 del primo libro delle Odi richiamando i versidi Alceo che celebrava il sollievo dato dalla morte del tirannoMarsilio, Orazio invita tutti ad alzarsi e danzare, fare festa conil vino e le vivande per la morte di Cleopatra; esprime così lavolontà di festeggiare l’eliminazione di colei che voleva, a dettadell’autore, seppellire l’impero romano.

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3.3 il i secolo a .c .

Figura 6: Danzatrice con crotala. Mosaico, da Roma, Aventino; Roma,Musei Vaticani.

Nunc est bibendum, nunc pede liberopulsanda tellus, nunc Saliaribusornare pulvinar deorumtempus erat dapibus, sodales.Antehac nefas depromere Caecubumcellis avitis, dum Capitolioregina dementis ruinasfunus et imperio parabatcontaminato cum grege turpiummorbo virorum, quidlibet inpotenssperare fortunaque dulciebria. (Hor. Carm. XXXVII, 1 ss.)

Ora brindiamo! In libero tripudio,ora, i piedi percuotano il terreno!Ecco, è il momento, amici,di guarnire, con vivande degne del collegiodi Marte, i cuscini con le effigi degli dèi.Prima, estrarre da cantine avite il Cècubo,sarebbe stato un sacrilegio, finché quella reginatramava folli piani: diroccareil Campidoglio, seppellire il nostro impero.Cinta da un osceno gregge d’uomini infettati,depravati, concepiva assurde, irrefrenabili

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3.3 il i secolo a .c .

speranze, inebriata dal favore della buona sorte.17

In Orazio si trova anche un importante elemento riguardantei carmina cantati per l’esaltazione degli antenati durante i ban-chetti con l’accompagnamento dei flauti. Dalla Storia Romana diDionigi di Alicarnasso e dal carme 15 del quarto libro delle Odirisulta probabile che tali carmi continuassero ad essere recitatianche in età classica, probabilmente a causa della restaurazioneculturale augustea. Orazio dice:

Nosque et profestis lucibus et sacrisinter iocosi munera Libericum prole matronisque nostrisrite deos prius adprecativirtute functos more patrum ducesLydis remixto carmine tibiisTroiamque et Anchisen canemus (Hor. Carm. XV, 25 ss.)

E noi, nei giorni di dolce lavoro e nei giorni festivifra i dolci doni di Libero gioiosoassieme ai figli e alle nostre spose, dopoaver pregato ritualmente gli deisecondo l’uso degli avi, al suono dei flauti lidii,canteremo i condottieri che vissero valorosamentee Troia, e Anchise e la stirpedell’alma Venere.18

È risaputo che il poeta Orazio sia stato una delle punte di dia-mante del circolo di Mecenate e a questi sono dedicati la mag-gior parte dei suoi epodi. Nell’epodo IX, in seguito alla vittoriadella battaglia di Azio, Orazio invita Mecenate a partecipare aifesteggiamenti in onore di questa. Dice che nelle liete adunanzee nei conviti gli spiriti raffinati facevano accompagnare le melo-die greche dal classico strumento a corde, lasciando la tibia allemusiche di origine barbarica19:

Bibam.Sonante mixtum tibiis carmen lyrahac dorum, illis barbarorum (IX, 1 ss.)

per i banchetti festivi,mentre risuona il nostro canto tra la liradorica e il flauto barbaro20

17 Traduzione: M. Ramous.18 Traduzione: M. Ramous.19 A. Capri, Storia della musica dalle antiche civiltà orientali alla musica elettronica,

Milano 1969

20 Traduzione: M. Ramous.

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3.4 la musica e gli spettacoli a casa di trimalcione

Qui la musica assume lo stesso scopo che aveva nel mon-do greco: rilassare o alleviare il corpo dalle fatiche della vitaquotidiana.

3.4 la musica e gli spettacoli a casa di trimalcio-ne

Nella cena più famosa dell’intera storia di Roma, quella di Tri-malcione, raccontata più che brillantemente, anche se con tonicaricaturali, da Petronius Arbiter nel Satyricon, la composizionesonora appare essenziale; ma indubbiamente i musicisti hannoperduto quell’alone mistico e maestoso che contraddistinguevale cene durante le quali venivano esaltati gli avi.

Ogni portata è accompagnata dalla musica, e i servi hannol’ordine di cantare ininterrottamente mentre esaudiscono ognidesiderio “gastronomico” dei commensali.

Non appena seduti a tavola gli schiavi versano acqua gelatasulle mani dei nuovi arrivati a mensa, altri inginocchiati ai loropiedi puliscono loro le unghie:

XXXI [. . .] Ac ne in hoc quidem tam molesto tacebantofficio, sed obiter cantabat.

E tutti nell’assolvere il loro compito, si accompagnava-no col canto.21

Encolpio, stupito dall’atteggiamento degli schiavetti, li mettealla prova, chiedendo da bere:

XXXI [. . .]Paratissumus puer non minus me acido canti-co axcepit, et quisquis aliquid rogatus erat ut daret. Pan-tomimi chorum, non patris familiae triclinium crederes.

Accorse prontissimo uno schiavetto, cantando con vocestonata un motivo. Insomma a chiunque mi rivolgessi, erasempre la stessa musica, per cui non sembrava nemmenodi stare in un’abitazione privata, ma tra i coristi di unapantomima.

Quando viene servita la gallina di legno, la musica s’intensifi-ca per accentuare un momento topico della cena, la ricerca delleuova tra la paglia posizionata sotto la gallina:

XXXIII [. . .]Accessere continuo duo servi et symphoniastrepente scrutari paleam coeperunt.

21 Tutte le traduzioni sono di A. Cibotto.

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3.4 la musica e gli spettacoli a casa di trimalcione

subito avanzano due servi, e mentre la musica diventaassordante.

Ad ogni portata i servi sparecchiano, ed ogni volta è un mo-mento da enfatizzare con la musica:

XXXIII [. . .] Cum subito signum symphonia datur etgustatoria pariter a choro cantante rapiuntur.

Ma ecco che l’orchestra da un segnale, e la torma dei ser-vi, sempre cantando, ci strappa dalle mani i vassoi degliantipasti.

La portata dei dodici segni desta molto interesse più per laspettacolarità del piatto che per la novità dei cibi; insieme adesso entra uno schiavetto:

XXXV [. . .] Circumferebat Aegyptius puer clibano ar-gento panem. . . . atque ipse etiam taeterrima uove de La-serpiciario mimo canticum extorsit.

Intanto un ragazzetto egiziano offriva del pane in unforno d’argento. . . anche lui con voce stonata si mise astorpiare una canzone dal mimo “il venditore di Laserpi-zio”.

Il piatto è accompagnato da altri servi che hanno il compitodi togliere la parte superiore del piatto per mostrarne l’internopieno di cacciagione:

XXXVI [. . .] ad symphoniam quattruor tripudiantes pro-currerunt superioremque partem repositorii abstulerunt.

Accorsero quattro servi a suon di musica e tolsero laparte superiore del vassoio.

Al centro è presente una lepre e Trimalcione ordina al servodi tagliare; questi si chiama “Taglia”, e come sottolinea il com-mensale seduto di fianco ad Encolpio, il padrone con un’unicaparola lo chiama e gli da un ordine:

XXXVI [. . .] Non minus et Trimalchio eiusmodi me-thodio laetus: “Carpe”, inquit. Processit statim scissoret ad symphoniam gesticulatus ita lacerauit obsonium, utputares essedarium hydraule cantante pugnare.

Trimalcione gongolante per la sorpresa, ordina: “Ta-glia”. Si presentò subito uno scalco, che a tempo di musicaprese ad affettare le pietanza: sembrava un gladiatore sulcarro, che combattesse al suono dell’organo.

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3.4 la musica e gli spettacoli a casa di trimalcione

La teatralità della cena non si limita a comparire soltanto perannunciare una portata o per sparecchiare la tavola; lo stesso in-gresso del padrone di casa, avvenuto quando gli ospiti sono giàpresenti ed intenti a mangiare, è un’esibizione. Trimalcione, por-tato dai servi continua a giocare una partita a dama nonostantela presenza degli invitati; a mio parere la scelta di continuare ilgioco davanti agli ospiti è un modo per sfoggiare alcune dellesue ricchezze; la scacchiera è di legno e i dadi di cristallo, e alposto delle pedine bianche e nere usa monete d’argento e d’oro.

XXXII [. . .] in his eramus lautilis, cum ipse Trimalchioad symphoniam allatus est, positusque inter ceruicalia mi-nutissima expressit imprudentibus risum.

Ci stavamo tuffando in simili delizie, quando fra canti esuoni apparve Trimalcione. Lo adagiarono fra montagnedi cuscini, sicché non riuscimmo a trattenerci dal ridere.

Le risa sono suscitate dalla goffaggine della figura di Trimal-cione; ha la testa pelata, tutto infuocato in viso ed esibisce un faz-zolettone rosso da senatore al collo. Indossa, per fare sfoggio del-le sue immense ricchezza, un grosso anello d’oro, un braccialettoe un cerchio smaltato che luccica.

Trimalcione non è nobile, i suoi atteggiamenti rispecchiano lasua natura di origine servile; è egli stesso ad informare i suoiospiti di essere uno schiavo liberato:

XXXIX [. . .] Patrono meo ossa bene quiescant, qui mehomine inter homines uoluit esse.

È stato il mio padrone, sia pace all’anima sua, a farmidiventare un uomo tra gli uomini

All’entrata dei giocolieri, Trimalcione dice di preferire questotipo di spettacoli ai commedianti. Non è inusuale che durantele cene vengano chiamati i saltimbanchi, questi oltre a compiereacrobazie simili a quelle che possiamo ammirare nei nostri circhi,sono soliti canzonare i presenti sparlando di loro e raccontandoi pettegolezzi che li riguardavano.

LIII [. . .]Petauristarii autem tandem uenerunt. Baro in-sulsissimus cum scalis constitit puerumque iussit per gra-dus et in summa parte odaria saltare, circulos deinde ar-dentes transire et dentibus amphoram sostituire.

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3.4 la musica e gli spettacoli a casa di trimalcione

Finalmente entrarono i giocolieri. Uno stupidissimo pa-gliaccio si piazzò in mezzo a noi con una scala e ordinòad un ragazzo di salire i gradini fino in cima, cantandoe ballando: poi lo fece saltare attraverso cerchi di fuoco ereggere coi denti un’anfora.

Viene organizzata anche una lotteria con diversi premi.

LVI [. . .] Cum pittacia in scyphocircumferri coeperunt,puerque super hoc positus officium apophoreta recitatuit.

Quando fu portata un’urna contenete i biglietti dellalotteria. Lo schiavo incaricato iniziò a leggere.

Ad ogni premio corrispondono oggetti a seconda del titolo chehanno; per esempio quando dice “argento porcaccione”, entra-no un’oliera d’argento sopra un prosciutto, quando invece dice“passeri e pigliamosche” entrano uva secca e miele attico. Siripeterono scherzi del genere a volontà.

Trimalcione chiama gli omeristi ed intrauit factio statim hasti-sque scuta concrepuit. Mettono in scena le vicende dei fratelliGanimede e Diomede e della loro sorella Elena rapita da Aga-mennone, di Ifigenia sua figlia promessa ad Achille.

Verso la fine della cena il padrone vuole mettere in scena ilproprio funerale; già alcuni versi prima ha pronunciato un elogiofunebre per sottolineare la caducità della vita, di fronte a unoscheletro in argento che uno schiavo teneva tra le mani:

XXXIV [. . .] “Eheu nos miseros, quam totus homuncio nilest!

Sic erimus cuncti, postquam nos auferet Orcus.Ergo uiuamus, dum licet esse bene”.

“Poveri noi, ci crediamo importanti e non siamo nulla.Infatti così ci ridurremo tutti, una volta morti.Perciò viviamo, finchè si può stare bene”

Stesosi sui cuscini, come se fossero un letto funebre dice:

LXXVIII [. . .] Fingite me, inquit, mortuum esse. Dicitealiquid belli. Consonuere cornicines funebri strepitu.

Immaginate che io sia morto. Suonatemi qualcosa dibello. I corni cominciarono allora una marcia funebre.

Nel contesto storico in cui vive Trimalcione, sembra sia prefe-rita la “quantità” alla “qualità”, e dunque, per quel che riguar-da i piaceri dell’orecchio, un rumoroso sottofondo sonoro allapurezza della musica.

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3.5 marziale

Non più il vibrare armonioso degli strumenti a corda, impor-tato dalla Grecia, ma orchestre e cori scomposti ad allietare lamensa, senza risparmio di spettacoli ad effetto.

3.5 marziale

Ad una certa sobrietà cerca di ritornare Marziale. Come sottoli-nea egli stesso nell’epigramma 78, non ama mangiare allietandoil banchetto con fianchi ondeggianti delle ballerine di Cadice,piuttosto preferisce il suono tenue del flauto suonato dal giova-ne Condilo, presente nella prorpia casa come era in uso a queltempo.

Le ballerine di Cadice erano rinomate per l’esecuzione delladanza, che oggi chiameremmo, del ventre; altri tipi di spettacoli,messi in scena nelle case dei privati, erano la danze dei veli nellequali le danzatrici, erano coperte solo da leggerissime stoffe diCos, facendo volteggiare nell’aria dei veli.

Sed finges nihil audiesve fictumEt voltu placidus tuo recumbes;Nec crassum dominus leget volumen,Nec de Gadibus inprobis puellaeVibrabunt sine fine prurientesLascivos docili tremore lumbos;Sed quod non grave sit nec infacetum,Parvi tibia condyli sonabit.Haec est cenula. Claudiam sequeris.Quam nobis cupis esse tu priorem? (Mar. V, 78, 23 ss.)

ma non dovrai né dire né ascoltare bugie, e potrai staresdraiato col tuo volto abituale. Il padrone di casa nonti leggerà un grosso volume, non vi saranno ragazze colfuoco addosso della sfacciata Cadice che scuotono, senzamai fermarsi, le loro anche lascive con movimenti studiati:ci sarà invece una cosa piacevole e non priva di grazia,cioè il suono del flauto del piccolo Condilo. Questa saràla mia cenetta. Tu siederai dopo Claudia. Quale ragazzavuoi che sieda prima di me?22

22 Traduzione: G. Norcio.

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4S T R U M E N T I M U S I C A L I

Tra gli strumenti musicali, sin dai tempi più antichi si è creatauna sorta di gerarchia: la lyra, l’harpa, la cithara erano sentiti co-me strumenti “nobili” e della “civiltà”, mentre la tibia e syrinx, in-sieme a tutti gli strumenti a fiato e quelli a percussione, venivanoconsiderati spesso quelli del “selvaggio” e del “diverso”.

4.1 strumenti a corda

Fanno parte della categoria la lyra, la cithara e l’harpa. L’arpaera uno strumento di forma triangolare con corde di diversa lun-ghezza; in epoca romana era considerata uno strumento raffina-to al punto tale che Ovidio ne consiglia lo studio alle giovani chedesiderano sedurre (Ars Amatoria III, 325-326).

Più diffuse, rispetto all’harpa, sono la lyra e la cithara. Il primotra i due è, senza dubbio, lo strumento a corde per eccellenza,la sua origine è legata al mito; l’aveva creata Hermes con il ca-rapace di una tartaruga, e parti di altri animali. È costituita diuna casa armonica, in alto da una traversa che collegava i duebracci e corde della stessa lunghezza; il numero di queste potevavariare.

La cithara è uno strumento più grande rispetto alla lyra, è sofi-sticato a livello organologico; è lo strumento principe del versan-te colto dell’antichità; i piroli, che servivano a regolare la tensio-ne delle corde, costituiscono l’unica parte sopravvissuta fino aigiorni nostri di questi strumenti, poiché gli altri materiali eranopiù facilmente deperibili.

Le corde di questi ultimi due strumenti erano fatti o di budelloo di canapa, pizzicate con la mano sinistra a partire da sotto(dalla parte della cassa armonica), e toccate con il plettro, rettonella mano destra.

4.2 strumenti a fiato

La tibia (Cat. Carm. LXIII, 22) era uno strumento a fiato simileal flauto greco. La denominazione dello strumento si riferiva avolte alle caratteristiche delle canne o alla disposizione dei fori

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4.2 strumenti a fiato

Figura 7: Suonatrice di lyra. Pittura parietale, Stabia, villa San Marco;in situ.

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4.2 strumenti a fiato

Figura 8: Suonitrice di cithara. Pittura parietale, da Boscoreale, vil-la di P. Fannius Synistor; New York, Metropolitan Museum,Rogers Fund.

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4.2 strumenti a fiato

Figura 9: Ricostruzione moderna di una cithara, realizzazione diStefan Hagel.

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4.2 strumenti a fiato

Figura 10: Plettro di Apollo. Statua in metallo, Pompei, casa delCitarista (I 4, 5/25); in situ (copia).

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4.2 strumenti a fiato

(tibia pares, impares, tibiae sarranae — Ovi. Fasti IV, 183 —, oppurela tibia berencynthia che terminava a corno); al materiale impiega-to (ebur, buxus — Virg. Eneide IX, 619; Georg. II, 193 —), oppureall’uso (tibiae sacrificae, tibiae ludicrae, tibiae funebres — Plinio Nat.Hist. XVI, 164, 168 ss. —). Probabilmente le due canne, di cui sicomponeva, venivano suonate in modo diverso, una producevaun suono fisso e l’altra suonava la melodia.Fra le tibie pervenutefino a noi, alcune sono state trovate integre, la più grande misura109 centimetri ed ha un diametro di 4,5 centimetri; in altri manu-fatti le misure sono minori, per esempio 65,54,48 centimetri. Ledimensioni sono importanti perché la lunghezza della canna de-termina l’altezza dei suoni (più è lunga e più è possibile otteneresuoni bassi).

Figura 11: Prova di commedia. Mosaico da Pompei, Casa del Poetatragico (VI 8,3/5); Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Osservando la Figura 11 è possibile notare alcuni particolariche fanno luce sul modo di suonare tale strumento: l’esecuto-

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4.2 strumenti a fiato

re ha sulla bocca il capistrum, un importante elemento fatto dicuoio, era una fascia che si chiudeva con una cinghia dietro lanuca, sulla bocca c’erano i due fori che agevolavano l’imboccatu-ra delle due canne. Altri elementi erano le chiavi che facilitava-no la chiusura dei fori sulle canne come è possibile vedere nellaFigura 12.

Figura 12: Suonatrice di tibia. Pittura parietale da Stabia, Villa diArianna; Castellammare di Stabia, Antiquarium.

Il cornu e la bucina, sono entrambi strumenti di richiamo, usatiin ambito militare, sono ripiegati su se stessi e le due differenzesono: il cornu è di bronzo e presenta un’asta trasversale al centro,mentre la bucina è di corno bovino ed è mancante di asta trasver-

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4.2 strumenti a fiato

sale. Il cornu era usato oltre che dall’esercito, anche durante icortei funebri, i giochi gladiatori e cerimonie religiose. La bucinaera uno strumento per l’esecuzione di segnali di ordinanza, piùavanti venne utilizzata sul campo di battaglia dalla cavalleria. Latraversa presente nel cornu agevolava l’esecutore poiché potevaportarlo sulla spalla.

Figura 13: Cornu. Bronzo (diam.133 centimetri); Napoli, MuseoArcheologico, Nazionale.

La tuba è uno strumento molto antico, è stata sempre associataal mondo militare e dunque alle battaglie (Ovi. Metam. I, 97 ss.).Il suo suono aveva funzioni pratiche in quanto dava segnali diavvertimento e di comando; Dione Cassio, nella Storia di Roma,racconta di come il suono delle tube era stato utilizzato, durantela battaglia di Azio del 42 a.C., per incitare i militari (XLVII, 43).Era fondamentale anche durante i trionfi e le cerimonie religiose.

L’organo idraulico è stato inventato da Ctesibio di Alessan-dria; è uno strumento a canne dotato di una primordiale tastierache per suonare sfruttava il principio dei vasi comunicanti; ilmeccanismo ad acqua serviva ad assicurare la giusta pressionedell’aria che veniva convogliata nelle canne. Era suonato dalle

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4.3 strumenti a percussione

donne.Il syrinx o flauto di Pan, è lo strumento costituito da una serie

di canne di misura decrescente, allineate nel senso della lunghez-za, legati insieme da cordini e cera. Ogni canna emetteva un suo-no diverso in base alla scala musicale, l’esecutore soffiava nellecanne spostando le labbra all’imboccatura delle canne. Il mitovuole che il dio Pan dopo aver creduto di stringere a sé il corpodi Siringa, si accorse che ella era diventata un ciuffo di cannepalustri che emettevano un suono delicato simile a un lamento.Decise di voler continuare a parlare in questo modo, utilizzandoi suoni emessi dalle canne saldate insieme con la cera; a questostrumento volle dare il nome della fanciulla (Ovi. Metam. I, 705

ss.).

4.3 strumenti a percussione

I crotala (Apul. Metam. VII, 24) sono uno strumento musicaleantichissimo noto a livello archeologico soprattutto per i nume-rosi scavi in ambito egizio: la particolare forma antropomorfa amanina era usuale nei tipi utilizzati nelle danze di quella civil-tà. L’origine di questo strumento veniva fatto risalire al mito diErcole: in una delle sue fatiche, per far alzare in volo gli uccelli,utilizzò il suono dei crotala per spaventarli.

Nel mondo romano l’esistenza e l’utilizzo di questo affasci-nante strumento è documentato sia iconograficamente sia nellefonti letterarie. Un primissimo esempio è un rilievo provenienteda Chiusi, appartenente all’ambiente Etrusco (vedi Figura 16 apagina 61).

I crotala potevano essere di fattura differente a seconda che fos-sero fabbricati utilizzando l’avorio o l’argilla, la loro versione piùelementare era costituita da un anello che teneva uniti due pezzidi legno, ricavati da un ramoscello. Questo strumento è statoraffigurato sempre in mano alle danzatrici, queste si muovevanoin modo lascivo, coperte soltanto da una tunica pressoché tra-sparente; i loro compagni incalzavano il suono dei crotala con latibia e con lo scabellum, altro strumento musicale utilizzato permarcare il tempo.

Altro strumento a percussione erano i cymbala (Mart. VI, 71;Cat. Carm. XLVII, 19), di antichissima origine, probabilmenteorientale, ha attraversato secoli di storia, arricchendo il panora-ma sonoro delle svariate civiltà. Erano di bronzo, e di diversedimensioni; quelli più antichi potrebbero riconoscersi per via deipiatti più bombati e muniti di solide maniglie metalliche. Sono

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4.3 strumenti a percussione

Figura 14: Suonatori di hydraulis e salpinx. Lucerna fittile, daAlessandria: Parigi, Museo del Louvre.

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4.3 strumenti a percussione

Figura 15: Strumento musicale “syrinx”. Bronzo (alt. 59 cm, larg. 40

cm) da Pompei; Museo Archeologico Nazionale, Napoli.

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4.3 strumenti a percussione

Figura 16: Danzatrice con crotala. Rilievo su cippo, da Chiusi;Palermo, Museo Archeologico Nazionale.

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4.3 strumenti a percussione

Figura 17: Scene di giochi circensi. Mosaico, da Roma, Aventino;Roma, Musei Vaticani.

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4.3 strumenti a percussione

da sempre ricchi di valenze simboliche; la loro sacralità è lega-ta agli antichi culti come quello della Grande Madre, Cibele, edi Dioniso. La loro presenza risulta spesso collegata a situa-zioni orgiastiche in cui evidentemente le aspirazioni spiritualiconvivono con una sorta di selvaggia forza vitale.

Chi partecipa ai culti citati è travolto dal ritmo e dai suoni,divenendo egli stesso un invasato. Nei cortei bacchico e di Cibeleera presente anche un altro strumento, il tympanum (Lucr. De Rer.Nat. 618 ss.). Costituito da un cerchio di legno ricoperto con unapelle di animale, o di bue o di asino, ed era suonato o con ilplettro o con le mani (Giov. Sat. III, 62).

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4.3 strumenti a percussione

Figura 18: Coppia di cymbala. Bronzo, da Pompei; Napoli, MuseoArcheologico Nazionale.

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4.3 strumenti a percussione

Figura 19: Menade volante che suona i Cymbala. Pittura parietale,da Pompei, villa di Cicerone; Napoli, Museo ArcheologicoNazionale.

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4.3 strumenti a percussione

Figura 20: Menade volante che suona il tympanum. Pittura parietale,da Pompei, villa di Cicerone; Napoli, Museo ArcheologicoNazionale.

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5C O N C L U S I O N E

I banchetti arcaici, e soprattutto quelli familiari, erano il momen-to di massima aggregazione familiare; questa prendeva formadurante la commemorazione e celebrazione degli avi; i canti era-no levati dagli anziani della famiglia per istruire le giovani leve einstradarle nei sentieri della virtus. Solo più tardi i giovani e glialtri componenti maschili della famiglia poterono avere l’onoredi cantare le imprese degli antenati.

A partire dalla fine del III sec. a.C., Roma cambiò radicalmen-te, dando spazio agli usi e costumi provenienti dall’Oriente. IRomani iniziarono ad accostare i propri modi di vivere al lus-so proveniente dall’Est. Tale lusso contaminò anche le tavole econ esse anche la musica suonata durante i banchetti. Arrivaro-no a Roma i musicisti orientali che suonavano musiche lontaneda quelle che accompagnavano i canti di celebrazione degli an-tenati. Nei secoli II e I a.C., si susseguirono diverse leggi percercare di frenare la contaminazione dei costumi. Anche se lefonti mettono in primo piano i simposi sfrenati, ci sono fonti cheparlano di tranquillità e semplicità, proprio come facevano gliantichi. I personaggi come Catone il Censore, Orazio e Marzialeche ispirarono la loro vita ai modelli di sobrietà ormai perdu-ti, rifiutano la musica caotica degli strumenti a percussione deibanchetti, preferiscono le dolci melodie del flauto greco.

Dal banchetto delle origini, ristretto alle famiglie, in cui si re-spirava, grazie alla musica celebrativa, un’aria di austerità, alconvito di epoca imperiale, per il quale si creano nuovi e ampispazi architettonici, per ospitare addirittura spettacoli musicalicome i pantomimi, ciò che cambia sono soprattutto gli spiriti egli obiettivi del pasto comune.

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I N D I C E A N A L I T I C O D E G L I S T R U M E N T I

Bucina, 56, 57

Cithara, 50, 52, 53

Cornu, 6, 8, 56, 57

Crotala, 5

Cymbalum, 5–7, 38, 39, 58,64, 65

Harpa, 50

Hydraulis, 5, 46, 57, 59

Lituus, 3, 5

Lyra, 50, 51

Scabellum, 4, 58

Syrinx, 50, 58, 60

Tibia, 5–8, 33, 49, 50, 55, 56,58

Tuba, 5, 57

Tympanum, 5–8, 39, 63, 66

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I N D I C E D E L L E C I T A Z I O N I

Aulo GellioNoctes atticae

II, 24, 11, 22XI, 2, 5, 20

CatulloCarmina

LXI, 13 ss., 9LXI, 137 ss., 4LXIII, 134 ss., 10LXIII, 254 ss., 7LXIII, 36 ss., 10XLIII, 19 ss., 7XLIII, 8 ss., 7

CiceroneActiones

II, 183, 22V, 1, 22V, 81, 22

De re publicaIV, fr. 8, 22

De Senectute45, 1, 2145, 11

Pro T. Annio MiloneXXI, 40

Tusculanae DisputationesIV, 2, 3, 35

LucrezioDe Rerum Natura

618-623, 6

MacrobioSaturnalia

III, 17, 11, 22Marziale

EpigrammiV, 78, 1 ss., 32

V, 78, 23 ss., 49

OrazioEpistulae

I.II, 145 ss., 3Odi

XV, 25 ss., 44XXXVII, 1 ss., 43

SermonesII, 2, 23, 26II, 2, 1, 24II, 4, 23, 26II, 8, 23, 26, 27

PetronioSatyricon

LIII, 47LVI, 48LX, 30LXIX, 30LXVI, 31LXXIII, 30LXXIV, 30LXXVIII, 48XL, 29XLIX, 29XXXI, 28, 45XXXII, 47XXXIII, 28, 45, 46XXXIV, 48XXXIX, 47XXXV, 29, 46XXXVI, 46

PlautoCasina

798 ss., 9Miles gloriosus

758 ss., 2045, 18

72

Page 78: Tesi di Laurea in Cultura e Amministrazione dei Beni Culturalidigidownload.libero.it/giornalewolf/santoro-1.pdf · 2.4 Il banchetto tra la fine della repubblica e il princi-pato

INDICE DELLE CITAZIONI

Plinio il VecchioNaturalis Historia

XXXIII, 148, 17XXXIII-36, 111, 16XXXIII-36, 112, 16XXXIV, 14, 17

SvetonioVita Caesaris

XXXVI, 1, 41

TerenzioPhormio

344 ss., 20Tito Livio

Ab Urbe ConditaV, 1, 3, 745, 12XXXIX, 6, 7, 17, 36XXXIX, 8, 1, 39XXXIX, 8, 1, 2, 37XXXIX, 8, 1, 3, 39

Valerio MassimoFactorum et dictorum me-

morabilium libri IXII, 1, 10, 33, 34II, 1, 2, 13II, 1, 6, 14II, 1, 9, 15V, 1, 8, 15V, 2, 1, 8, 14

Varrone, Marco TerenzioDe Vita Populi Romani

IIVII, 2, 11, 35

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