Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

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- 1 - 0 Introduzione Negli ultimi 30 anni l’utilizzo di dispositivi al silicio come rivelatori di traccia è andato sempre più espandendosi. Ciò è stato reso possibile soprattutto dagli sviluppi della tecnologia planare che ha permesso di costruire strutture a semiconduttore con una geometria definita al micron. Sono stati sviluppati rivelatori con un’elevata risoluzione spaziale, rivelatisi ottimi come rivelatori di vertice in esperimenti di fisica delle alte energie. Le prestazioni di tali rivelatori potrebbero risultare insufficienti per un eventuale aumento della luminosità di LHC [Ref. 1]. Si sta quindi provvedendo allo sviluppo di una nuova famiglia di rivelatori al silicio, i rivelatori ad architettura tridimensionale, o 3D, che garantiscano una maggiore resistenza ai danni da radiazione, ed una più efficiente raccolta di carica per determinare più accuratamente la posizione della particella ionizzante. Lo sviluppo di questa nuova tecnologia presenta però degli inconvenienti tecnici dovuti alle difficoltà di realizzazione di questi dispositivi vista la fragilità del cristallo. Per questo, prima di arrivare ad una definitiva architettura tridimensionale, lo sviluppo sta procedendo mediante prototipi ad architettura semitridimensionale. In questo lavoro di tesi saranno misurate le caratteristiche elettriche di due diversi tipi di rivelatore ad architettura semitridimensionale, il 3D-STC e il 3D- DTC. Il 3D-STC rappresenta lo stadio base della tecnologia, in quanto solo gli elettrodi della giunzione penetrano il bulk, il 3D-DTC è invece ad un punto dello sviluppo più avanzato visto che sia dal lato giunzione, sia dal lato ohmico presenta delle colonne penetranti. Le misure svolte si dividono in misure di corrente e misure di capacità ed hanno l’obiettivo di determinare: la tensione di svuotamento totale, la tensione di svuotamento tra le colonne, la tensione di punch-through, la corrente di fondo, la capacità di svuotamento totale dei dispositivi.

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0 Introduzione

Negli ultimi 30 anni l’utilizzo di dispositivi al silicio come rivelatori di

traccia è andato sempre più espandendosi. Ciò è stato reso possibile soprattutto

dagli sviluppi della tecnologia planare che ha permesso di costruire strutture a

semiconduttore con una geometria definita al micron. Sono stati sviluppati

rivelatori con un’elevata risoluzione spaziale, rivelatisi ottimi come rivelatori di

vertice in esperimenti di fisica delle alte energie.

Le prestazioni di tali rivelatori potrebbero risultare insufficienti per un

eventuale aumento della luminosità di LHC [Ref. 1]. Si sta quindi provvedendo

allo sviluppo di una nuova famiglia di rivelatori al silicio, i rivelatori ad

architettura tridimensionale, o 3D, che garantiscano una maggiore resistenza ai

danni da radiazione, ed una più efficiente raccolta di carica per determinare più

accuratamente la posizione della particella ionizzante.

Lo sviluppo di questa nuova tecnologia presenta però degli inconvenienti

tecnici dovuti alle difficoltà di realizzazione di questi dispositivi vista la fragilità

del cristallo. Per questo, prima di arrivare ad una definitiva architettura

tridimensionale, lo sviluppo sta procedendo mediante prototipi ad architettura

semitridimensionale.

In questo lavoro di tesi saranno misurate le caratteristiche elettriche di due

diversi tipi di rivelatore ad architettura semitridimensionale, il 3D-STC e il 3D-

DTC. Il 3D-STC rappresenta lo stadio base della tecnologia, in quanto solo gli

elettrodi della giunzione penetrano il bulk, il 3D-DTC è invece ad un punto dello

sviluppo più avanzato visto che sia dal lato giunzione, sia dal lato ohmico presenta

delle colonne penetranti. Le misure svolte si dividono in misure di corrente e

misure di capacità ed hanno l’obiettivo di determinare: la tensione di svuotamento

totale, la tensione di svuotamento tra le colonne, la tensione di punch-through, la

corrente di fondo, la capacità di svuotamento totale dei dispositivi.

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Capitolo 1

Rivelatori al silicio

I rivelatori a stato solido sono basati su materiali semiconduttori cristallini.

Sebbene i primi lavori in materia risalgano al 1930, è nella decade tra il 1950 e il

1960 che inizia lo sviluppo e la commercializzazione di dispositivi basati su

questa nuova tecnologia.

Grazie alla loro alta risoluzione per la misura di energia, i rivelatori a stato

solido furono subito adottati nell'ambito delle ricerche di fisica nucleare, in

particolare per la rivelazione di particelle cariche e la spettroscopia dei raggi

gamma. Negli ultimi venti anni i rivelatori al Silicio si sono messi in mostra come

rivelatori di tracce ad alta definizione in fisica delle alte energie grazie alla loro

accurata precisione nella misura di impulso e posizione, che li rende degli

eccellenti rivelatori di vertice.

Il principio di funzionamento dei rivelatori al silicio è analogo a quello dei

rivelatori a gas; i rivelatori a stato solido non sono altro che delle giunzioni p-n

polarizzate inversamente. Il passaggio della radiazione ionizzante crea delle

coppie elettrone-lacuna nei primi e delle coppie elettrone-ione nei secondi. In un

rivelatore al silicio, applicando un campo elettrico ai capi del dispositivo, si

ottiene come risultato che gli elettroni vengono attirati verso l'anodo, mentre le

lacune verso il catodo, il movimento di elettroni e lacune induce un segnale sugli

elettrodi di raccolta.

I punti di forza dei rivelatori al silicio sono i seguenti: l'energia media

richiesta per la creazione di una coppia elettrone-lacuna è 10 volte inferiore di

quella richiesta per la ionizzazione del gas nell'analogo dispositivo, aumentando

quindi di un ordine di grandezza la risoluzione nella misura di energia; la

possibilità di realizzare dispositivi più compatti permette di avere tempi di

risposta molto rapidi.

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Tali rivelatori si mostrano però carenti in altri aspetti, ad esempio

presentano un alto stopping power (ovvero frenano molto le particelle rispetto alle

camere a ionizzazione a gas), inoltre la loro struttura cristallina li rende sensibili a

danni dovuti all'esposizione più o meno lunga alla radiazione che ne limita il loro

utilizzo prolungato. Talvolta può essere necessario raffreddare i dispositivi per

limitare gli effetti dovuti al danneggiamento da radiazione.

1.1 Proprietà basilari dei semiconduttori

Si intende fornire di seguito una rapida panoramica delle caratteristiche

basilari di un semiconduttore e le proprietà che ne permettono l'impiego nella

fisica dei rivelatori; verranno analizzate prima le proprietà di un semiconduttore

puro, o intrinseco, e poi quelle di un semiconduttore drogato, o estrinseco,

spiegandone i differenti comportamenti.

1.1.1 Struttura a bande.

La struttura elettronica a bande, o più brevemente struttura a bande, di un

solido spiega lo spettro di energie che ad un elettrone è "consentito" o "proibito"

possedere in un solido; questo modello determina le caratteristiche fisiche,

descrivendo buona parte delle proprietà elettroniche, di un materiale.[Ref. 2]

In un solido gli elettroni possono trovarsi in intervalli continui di energie

consentite perché, a causa del principio di esclusione di Pauli, che impedisce a

due elettroni di occupare lo stesso stato, vi è un fenomeno di splitting per i livelli

energetici degeneri. Questo fenomeno, visto l'elevato numero di elettroni, dà

luogo ad una serie di livelli molto fitti, rappresentabili come bande di energie

consentite. L'intervallo di energie fra il valore massimo e il valore minimo

raggiunto in una banda si chiama ampiezza di banda (band width).

Due bande consecutive possono sovrapporsi esattamente (in tal caso si

dicono degeneri), oppure possono avere i loro intervalli di energia parzialmente

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sovrapposti, ed infine possono avere intervalli di energia separati. In questo caso

fra le due bande si crea un intervallo di energie dove non esistono livelli

elettronici consentiti per un elettrone; si parla quindi di banda proibita (band gap).

Gli elettroni si distribuiscono nelle varie bande rispettando la distribuzione

di Fermi-Dirac.

Possono verificarsi diverse configurazioni:

Vi è una banda, o più di una fra le ultime riempite

da elettroni, che è parzialmente riempita e restano

degli stati che restano vuoti. E' questo il caso dei

metalli. Quando la banda parzialmente riempita da

elettroni è frutto della sovrapposizione tra una

banda completamente riempita ed una che non lo

è riempita si parla di semimetalli.

L'ultima banda occupata da elettroni è stata

riempita completamente, fra questa banda e la

banda successiva c'è una banda proibita (band

gap) di energie. In tal caso il solido è un isolante.

Si parla infine di semiconduttore nel caso di un

isolante in cui la banda proibita è talmente piccola

che a temperatura ambiente c'è una certa

probabilità che gli elettroni possano saltare la

banda proibita per agitazione termica.

In un isolante e un semiconduttore, l'ultima banda riempita di elettroni si

definisce banda di valenza, la prima banda lasciata vuota si definisce invece banda

di conduzione. Riportiamo in figura 1.1 la struttura a bande dei tre tipi di materiali

sopra descritti:

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Fig 1.1: Struttura a bande di metallo (in questo caso semimetallo),

semiconduttore e isolante

Per i semiconduttori i valori caratteristici del band gap sono di 1.12 eV per

il Silicio e di 0.67 eV per il Germanio, ed è questo a rendere particolarmente

conveniente l'utilizzo dei semiconduttori come rivelatori.

1.1.2 Trasporto di carica nei semiconduttori.

A 0 K, nello stato di energia più basso del semiconduttore, gli elettroni

partecipano tutti al legame covalente tra gli atomi del reticolo cristallino, come si

può vedere nella figura 1.2 a sinistra.

Fig 1.2: Legami covalenti nel Silicio: a sinistra la situazione a 0K,

dove tutti gli elettroni (indicati in blu), partecipano al legame. A destra

la situazione a temperatura diversa da 0K, dove alcuni legami sono

rotti dall'energia termica lasciando una lacuna in banda di valenza.

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Sia il silicio che il germanio hanno quattro elettroni di valenza, formando

così quattro legami covalenti per atomo; a temperatura ambiente a causa

dell'energia termica un elettrone di valenza può passare in banda di conduzione,

lasciando una lacuna nella posizione originaria. In questo caso, è facile, per un

vicino elettrone di valenza, abbandonare il suo stato di legame per andare in

quello lasciato libero dall'elettrone passato in banda di conduzione. Se il processo

si ripete di volta in volta per gli elettroni vicini alla lacuna, si può intendere il

fenomeno come il movimento della lacuna, che può essere considerata come una

carica positiva, all'interno del cristallo.

In un semiconduttore, dunque, la corrente elettrica è dovuta sia al

movimento degli elettroni liberi nella banda di conduzione sia al movimento delle

lacune nella banda di valenza.

Coppie elettrone lacuna sono costantemente generate dall'agitazione

termica, ma allo stesso tempo ci sono anche un certo numero di elettroni e lacune

che si ricombinano, ovvero un elettrone della banda di conduzione ritorna in

banda di valenza colmando il vuoto precedentemente lasciato. In condizioni

stabili, si ha una concentrazione di equilibrio di coppie elettrone-lacuna, detta ni ,

data da:

ni=NC N V exp −Eg

2kT =AT 3/ 2 exp −Eg

2kT , (1.1)

dove NC è il numero di stati nella banda di conduzione, NV è il numero di stati

nella banda di valenza, Eg è l'energy gap a 0K, k è la costante di Boltzmann e T è

la temperatura. NC ed NV possono essere calcolati dalla statistica di Fermi-Dirac

e si mostra che entrambi variano come T3/2. Rendendo esplicita questa dipendenza

si arriva al risultato della formula precedente.

Il valore tipico di ni a 300 K per il Silicio è 1.5 * 1010cm-3, considerando il

fatto che la densità è dell'ordine di 1022 atomi/cm3 capiamo che solo 1 atomo su

1012 è ionizzato.

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1.1.3 Semiconduttori drogati.

Nelle strutture cristalline dei semiconduttori puri, il numero di lacune in

banda di valenza è uguale al numero di elettroni in banda di conduzione. Questo

equilibrio può essere spezzato introducendo una piccola quantità di atomi aventi o

un elettrone di valenza in più o in meno nella loro shell più esterna; questi atomi

prendono il nome di impurità. Tali impurità, una volta integrate all'interno del

reticolo cristallino rendono il semiconduttore drogato o estrinseco.

Per il silicio, che è un materiale tetravalente, le impurità saranno atomi

trivalenti o pentavalenti.

Se la sostanza drogante è pentavalente, la situazione è quella mostrata

nella figura (1.3) a sinistra (dove abbiamo supposto che la sostanza drogante sia

Fosforo), ovvero viene liberato un elettrone, utile per la conduzione. Nel caso il

drogante sia trivalente viene generata una nuova lacuna. E' interessante notare

come alla produzione di un elettrone (per droganti pentavalenti) e di lacune

(trivalenti), non corrisponda la produzione di una carica complementare.

Fig. 1.3: A sinistra la configurazione assunta dal Silicio drogato con un

atomo pentavalente, in questo caso Fosforo; a destra un drogaggio con

sostanza trivalente, il Boro.

In termini di struttura a bande questo vuol dire che, per impurità

pentavalenti, si creano alcuni livelli discreti a ridosso della banda di conduzione,

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distanti solo 0.05 eV, a temperatura ambiente; l'elettrone in aggiunta può essere

facilmente eccitato e passare in banda di conduzione diventando quindi libero di

muoversi all'interno del cristallo. In questo tipo di materiali, detti drogati “n”, la

corrente è dovuta principalmente al movimento degli elettroni, che prendono il

nome di portatori maggioritari, mentre le lacune prendono il nome di portatori

minoritari.

La situazione si ribalta nel caso di drogante trivalente, che genera un

eccesso di lacune in banda di valenza, e produce dei livelli discreti a ridosso della

stessa banda di valenza. In questo caso il materiale si dice drogato “p”, la corrente

è dovuta principalmente al movimento delle lacune che diventano quindi portatori

maggioritari, mentre gli elettroni diventano portatori minoritari.

In generale, i materiali che causano con la loro presenza un eccesso di

lacune in banda di valenza sono detti “accettori”, quelli che creano un eccesso di

elettroni in banda di conduzione sono detti “donori”.

Per il Silicio sono dei buoni donori materiali come fosforo, antimonio,

arsenico, mentre gallio, boro ed indio sono buoni accettori.

La frazione di sostanza drogante nel semiconduttore è in genere davvero

minima, drogaggi tipici sono dell'ordine di 1013 atomi/cm3 contro una

concentrazione di silicio di 1022 atomi/cm3; nel caso in cui si voglia incrementare

di molto la conduttività elettrica del semiconduttore ci si spinge fino a drogaggi di

1020 atomi/cm3, ovvero un atomo “drogante” ogni cento atomi di silicio. In questa

configurazione si dice che il silicio è drogato p+ o n+ a seconda del tipo di

drogaggio.

La concentrazione di elettroni e lacune nei semiconduttori drogati

obbedisce ad una semplice legge, detta n la concentrazione di elettroni e p la

concentrazione di lacune, il loro prodotto è:

np=ni2 =AT 3 e −Eg/kT (1.2)

dove n i è la concentrazione di portatori intrinseci data da (1.1).

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Visto che il semiconduttore è neutro, la densità di carica negativa e quella

positiva devono essere uguali, perciò:

ND +p = NA + n, (1.3)

dove ND è la concentrazione di donori, NA è la concentrazione di accettori.

In un materiale di tipo n, dove NA = 0 e n >> p, la densità di elettroni sarà

quindi: n ~ ND, se ne deduce per quanto detto sino ad ora che:

p ~ n i2/ND; (1.4)

Risultati analoghi sono ottenuti per un semiconduttore di tipo p, invertendo

il comportamento di lacune ed elettroni.

1.1.4 Mobilità.

Applicando un campo esterno al silicio, gli elettroni in banda di

conduzione e le lacune in banda di valenza acquistano una velocità all'interno del

cristallo, che può essere espressa dalle seguenti relazioni:

e e, (1.5)

l l,

dove E è il campo elettrico in modulo, e è la mobilità degli elettroni, l

quella delle lacune. Per il silicio a temperatura ambiente, l e e sono costanti per

E <103 V/cm, e questo rende lineare la relazione tra la velocità ed il campo. [Ref.

2]

Per campi E compresi tra 103 e 104 V/cm, varia come E-1/2, mentre per

campi superiori a 104 V/cm varia come 1/E. A questo punto la velocità satura

raggiungendo un valore limite di circa 107 cm/s; questa saturazione si spiega con il

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fatto che una frazione dell'energia acquisita da elettroni e lacune viene persa nelle

collisioni con il reticolo.

1.1.5 Ricombinazione e trappole.

Un elettrone può ricombinarsi con una lacuna, abbandonando la banda di

conduzione per un livello libero della banda di valenza, con l'emissione di un

fotone. Tale processo è detto ricombinazione ed è il processo inverso alla

generazione di una coppia elettrone-lacuna.[Ref. 3]

Tale fenomeno non è molto frequente, con una previsione di un tempo di

vita medio per la coppia elettrone-lacune di circa 1s se questo fosse il solo

fenomeno presente. Le misure sperimentali indicano invece un tempo di vita

medio per la coppia che varia in un intervallo temporale che va dal nanosecondo a

qualche centinaio di microsecondi evidenziando che altri fenomeni concorrono

alla vita media della coppia. Il fenomeno più importante avviene tramite i centri

di ricombinazione, dovuti alle impurità nel cristallo.

In figura 1.4 sono mostrate la ricombinazione diretta e la ricombinazione

mediante il centro di ricombinazione.

Fig. 1.4: Emissione di un fotone dovuta a ricombinazione diretta e

comportamento in presenza di un centro di ricombinazione.

Questi centri modificano la struttura a bande descritta precedentemente

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con l'aggiunta di livelli addizionali nel cuore della banda proibita, tali stati

possono catturare un elettrone dalla banda di conduzione e successivamente

mostrare uno dei due seguenti comportamenti:

dopo un certo tempo l'elettrone viene restituito alla banda di

conduzione

nel frattempo che l'elettrone è nel centro di ricombinazione

può essere catturata una lacuna effettuando una

ricombinazione della coppia.

Per i rivelatori, l'esistenza dei centri di ricombinazione dovuti ad impurità

gioca un ruolo fondamentale visto che questi riducono il tempo medio t in cui un

portatore di carica rimane libero. Il tempo t deve essere più lungo del tempo

necessario per la raccolta delle cariche stesse sugli elettrodi, altrimenti si avrebbe

una riduzione nella risoluzione del dispositivo.

Un altro effetto causato dalle impurità è rappresentato dalla presenza di

trappole. Alcune impurità possono catturare solo un tipo di portatore (o elettroni o

lacune), ma non entrambi. Tali trappole, quindi, non sono altro che centri che

possono intrappolare il portatore di carica per un certo periodo di tempo

caratteristico e poi restituirlo alla banda di provenienza.

Se il tempo caratteristico di permanenza nella trappola è dell'ordine di

grandezza del tempo di raccolta di carica alcune cariche saranno perse e la

raccolta risulterà incompleta; se invece il tempo caratteristico delle trappole è

molto più piccolo rispetto ai tempi di raccolta, l'effetto delle trappole è secondario

o addirittura trascurabile.

I centri di ricombinazione e le trappole non sono solo dovuti alla presenza

di impurità nel semiconduttore, ma anche ai difetti strutturali nel reticolo

cristallino; questi difetti strutturali possono sorgere durante il processo di

produzione del cristallo, o per shock termici, deformazioni, stress e

bombardamento da radiazione; quest'ultimo punto è molto importante per i

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rivelatori.

La presenza di centri di ricombinazione e di trappole modifica il

comportamento capacitivo a seconda delle frequenze a cui è soggetto il rivelatore,

come vedremo dall'analisi effettuata nel capitolo 3.

1.2 La giunzione p-n.

Alla base di tutti i rivelatori a semiconduttore c'è la possibilità di ottenere

tramite diversi livelli di drogaggio dei dispositivi detti giunzione o p-n, meglio

noti in elettronica come diodi. La formazione di una giunzione p-n crea una

speciale zona tra le due parti del dispositivo differentemente drogate come

mostrato in figura (1.5). [Ref. 3]

Fig. 1.5: Schematizzazione della giunzione p-n, in evidenza la zona di

svuotamento. Sovrapposto allo schema il grafico che riporta la

concentrazione di portatori in scala logaritmica.

La regione in cui il potenziale è variabile prende il nome di zona di

svuotamento per il fatto di essere svuotata delle cariche mobili, infatti ogni

elettrone o lacuna che entri in questa zona viene respinta per effetto del campo

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elettrico.

Per via della differente concentrazione di elettroni e lacune tra i due

materiali c'è un'iniziale diffusione di buche verso la regione n e di elettroni verso

la regione p. Come conseguenza gli elettroni diffusi vanno ad occupare le lacune

nella regione p, mentre nella regione n la lacune diffuse catturano gli elettroni

liberi, causando una differenza di carica tra le due parti della giunzione

inizialmente entrambe neutre. La regione p, iniettata con elettroni, diventa

negativa, quella n, iniettata di lacune, diventa positiva e ciò crea un campo

elettrico all'interno del dispositivo che ferma il processo di diffusione lasciando

una regione di cariche immobili.

A causa del campo elettrico c'è una differenza di potenziale nella

giunzione, questo è noto come potenziale di contatto.

Questa caratteristica è particolarmente interessante per la rivelazione della

radiazione, la radiazione ionizzante, entrando in questa zona libererà una coppia

elettrone lacuna che sarà portata via dalla zona di svuotamento per effetto del

campo elettrico di contatto, ovvero il campo elettrico che si viene a creare sulla

giunzione tra i due pezzi di semiconduttore diversamente drogati. Piazzando dei

contatti elettrici alle estremità della giunzione si può misurare una corrente

proporzionale alla ionizzazione avvenuta nella zona di svuotamento, con un

comportamento analogo alle camere di ionizzazione.

1.2.1 Caratteristiche della regione di svuotamento.

La larghezza della zona di svuotamento è generalmente piccola e dipende

dalla concentrazione di accettori e donori. [Ref. 2]

Possiamo calcolarla risolvendo l'equazione di Poisson e conoscendo la

densità lineare di carica (x):

d2Vdx2

=−ρ x

ε(1.6)

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doveè la constante dielettrica del semiconduttore.

La densità di carica può essere espressa come: (x)=eND per 0<x<xn e

(x)=-eNA per -xp<x<0, e dalla conservazione della carica totale abbiamo la

relazione NA xp = ND xn,, dove NA e ND sono rispettivamente la concentrazione di

accettori e la concentrazione di donori e xn e xp sono la larghezza della zona di

svuotamento rispettivamente nella parte drogata n della giunzione ed in quella

drogata p.

Sia V0 il potenziale di contatto, risolvendo l'equazione di Poisson possiamo

dunque arrivare ad un'espressione della larghezza della zona di svuotamento

intesa come

d=xn +x p= 2 εV 0 N A +N D eN A N D

1/2

(1.7)

Dalla 1.7 si può notare che se una delle due regioni presenta un drogaggio

molto più intenso dell’altra lo svuotamento si estenderà per la maggior parte nella

zona meno drogata.

A causa della sua configurazione elettrica mostrata in figura 1.5, la zona di

svuotamento ha anche una certa capacità che, come vedremo in seguito, influisce

sul rumore quando la giunzione è usata come rivelatore.

Per una geometria planare, la capacità è:

C=εAd

(1.8)

dove A è l'area trasversale della zona di svuotamento e d la sua larghezza.

1.2.2 Polarizzazione inversa della giunzione.

Affinché la giunzione p-n lavori come rivelatore nel migliore dei modi

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deve essere applicata una polarizzazione inversa alla stessa, ovvero, una tensione

negativa sul lato drogato p, o una tensione positiva sul lato drogato n. [Ref. 3]

Questa tensione avrà l'effetto di attrarre le buche nella regione p lontano

dalla giunzione e verso il contatto, stessa cosa per quanto riguarda la zona n.

L'effetto totale è di allargare la zona di svuotamento e quindi il volume

disponibile per la rivelazione della radiazione incidente. Più è alta la tensione

esterna più si allargherà la zona di svuotamento, che al massimo può coincidere

con le dimensioni della giunzione. Si deve però stare attenti al fatto che, ad un

certo punto, per tensioni elevate, la giunzione andrà in breakdown ed inizierà a

condurre.

La larghezza della zona di svuotamento potrà essere calcolata

semplicemente sostituendo alla tensione V0 la somma V0 + VB, dove VB è la

tensione inversa applicata alla giunzione:

d=xn +x p=2ε V 0+V B N A +N D eN A N D

1/2

. (1.9)

In generale V0 VB, e può essere di solito trascurato nella precedente

relazione.

Per la differenza tra i valori della mobilità di lacune ed elettroni, a parità di

drogaggio, lo stesso voltaggio VB causerà una zona di svuotamento più larga nei

materiali drogati n, che in quelli drogati p.

Calcolando la larghezza di svuotamento per un silicio di tipo n, per una

polarizzazione inversa di 300 V, possiamo notare anche un aumento della zona di

svuotamento di circa un millimetro, un guadagno importante visto che tale

larghezza, per giunzioni non polarizzate, è dell'ordine del micron.

1.2.2.1 Il breakdown.

Una giunzione in polarizzazione inversa, sottoposta ad una tensione

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sufficientemente alta, va incontro ad un repentino aumento della corrente inversa,

detto breakdown.[Ref. 4]

Il breakdown può essere causato da due processi differenti: il “breakdown

Zener” ed il “breakdown a valanga”.

Il breakdown Zener avviene quando elettroni nella banda di valenza del

lato p della giunzione passano, per effetto tunnel, nella banda di conduzione del

lato n (o, equivalentemente, quando buche nella banda di conduzione del lato n

passano nella banda di valenza del lato p), attraversando tutta la regione di

svuotamento. La probabilità che ciò accada dipende dall'estensione della regione

di svuotamento e cioè, fissata la differenza di potenziale, dalla concentrazione di

impurità.

Il breakdown a valanga, avviene nei dispositivi caratterizzati da basso

drogaggio: se il campo elettrico all'interno della regione di svuotamento è

sufficientemente elevato, un elettrone può acquistare abbastanza energia da

estrarre, in una collisione, un elettrone di valenza. Si creano, dunque, due nuovi

portatori che, a loro volta, possono generare altri portatori. Il processo può così

determinare una “moltiplicazione a valanga”.

In un rivelatore ci sono, in realtà, parecchi fenomeni che influenzano il

breakdown, in particolare il suo insorgere dipende dall'intensità del campo

elettrico all'interno della regione di svuotamento.

La tensione di breakdown è un fattore limitante per l'operabilità di un

rivelatore di particelle, in quanto, in regime di breakdown, esso va incontro ad un

aumento della temperatura, ed in generale ad una rottura.

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1.3 Caratteristiche di rivelazione per i

semiconduttori.

Riportiamo in figura la configurazione base usata per utilizzare un diodo a

giunzione come un rivelatore. Affinché il dispositivo possa raccogliere la carica

prodotta dalla radiazione, due elettrodi devono essere disposti sui due lati della

giunzione.

Fig. 1.6: Configurazione standard per l'utilizzo di una giunzione come

un rivelatore. Si può notare la polarizzazione fornita sul contatto di

giunzione sul lato n+, e che il contatto ohmico p+ viene messo a massa.

Il segnale viene inoltre preso su un ramo in parallelo alla linea di

polarizzazione.

Un rivelatore a semiconduttore consiste, essenzialmente, in una giunzione

polarizzata inversamente: quando una particella che l'attraversa produce, per

ionizzazione, coppie elettrone-lacuna, queste si muovono nel campo elettrico

presente nella giunzione generando un segnale che rivela il passaggio della

particella. [Ref. 2]

Sui due lati della giunzione si deposita uno strato di metallo, tipicamente

alluminio, in modo da realizzare dei contatti sul rivelatore. La giunzione è dunque

formata da uno strato di alto drogaggio ed un substrato bassamente drogato, come

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mostrato per esempio per la giunzione n+/p, come in figura 1.6.

E’ opportuno non depositare il metallo direttamente sul semiconduttore, in

modo da non creare una giunzione rettificatrice; si vuole evitare che la regione di

svuotamento si estenda fino alla superficie del rivelatore ed è per questo motivo

che come contatti elettrici si utilizzano zone drogate pesantemente, n+ o p+, tra il

semiconduttore ed il contatto metallico. Nel caso in figura 1.6 si è usato p+. Il lato

in cui è presente l'impiantazione con alto drogaggio che forma la giunzione, nel

caso in figura 1.6 n+, è detto “lato giunzione”, l'altro lato è detto “lato ohmico”.

Generalmente per raccogliere il segnale di carica dal rivelatore è utilizzato

un preamplificatore, che, dato il basso livello del segnale, deve essere

caratterizzato da un rumore piuttosto basso.

1.3.1 Principio di funzionamento.

Una particella carica che attraversa un rivelatore al silicio interagisce

elettromagneticamente con il materiale perdendo energia e cedendola agli atomi di

silicio. Questi si ecciteranno liberando un elettrone, che passando dalla banda di

valenza a quella di conduzione, inizierà a circolare liberamente nel

semiconduttore; questo processo crea una coppia elettrone-lacuna a causa della

struttura a bande di cui abbiamo parlato nel paragrafo 1.1.

Una particella carica relativistica, diversa da un elettrone, rilascia energia

nel mezzo attraversato secondo l'equazione di Bethe-Bloch [Ref. 5]:

−dEdx

=4π

me c2

nz2

β2 e2

4 πε02

[ ln 2me c2 β2

I 1−β2 −β2] (1.10)

dove è il rapporto tra la velocità della particella e la velocità della luce,

E è l'energia della particella, x è la distanza percorsa dalla particella nel mezzo, c è

la velocità della luce, ze è la carica della particella, e è la carica dell'elettrone, me è

la massa a riposo dell'elettrone, n è la densità di elettroni nel mezzo, I è il

Page 19: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 19 -

potenziale medio di eccitazione del mezzo.

Per un fissato materiale la curva di Bethe-Bloch presenta delle condizioni

per cui la perdita di energia della particella nel mezzo è minima; queste sono

indipendenti dalla natura della stessa particella. Le particelle in queste condizioni

vengono dette “particelle al minimo di ionizzazione” (o MIP), e sono importanti

per studiare la statistica dei portatori generati dal passaggio di una particella.

Per effetto del campo elettrico gli elettroni si muovono verso il lato

soggetto ad una tensione maggiore, le lacune verso il lato a tensione minore. Al

moto di deriva dovuto al campo elettrico si somma il moto di diffusione dovuto al

gradiente di concentrazione di portatori prodotto dalla ionizzazione che genera un

allargamento del volume occupato dalla carica generata.

Questi fenomeni contribuiscono alla determinazione della risoluzione

spaziale del rivelatore, ma a loro vanno aggiunti parametri come il rapporto

segnale/rumore, ed il rumore associato all'elettronica di lettura.

1.3.2 Energia media per la creazione di coppia

elettrone lacuna.

Il principale vantaggio dei rivelatori a semiconduttore rispetto agli altri tipi

di rivelatore è il piccolo quantitativo di energia richiesta per creare una coppia

elettrone-lacuna. Come per i gas delle camere a ionizzazione, l'energia media è

indipendente dal tipo e dall'energia della radiazione ma dipende dal tipo di

materiale. A temperatura ambiente l'energia media per la creazione della coppia

per il silicio è di 3.62 eV.

Nel silicio, ad esempio, la perdita di energia di “una particella al minimo

di ionizzazione” è di circa 1.66 MeV cm2 g-1, considerando che l'energia media

per creare una coppia è di 3.62 eV abbiamo che per un rivelatore di spessore di

circa 300 m una particella al minimo di ionizzazione genera in media circa

32000 coppie al suo passaggio. La perdita di energia segue però una distribuzione

Page 20: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 20 -

di Landau, per cui il valore più probabile è minore del valore medio, e si attesta a

circa 22000 coppie. [Ref. 4]

A parità di radiazione, il numero di portatori di carica creati nei rivelatori a

semiconduttore sarà un ordine di grandezza più grande rispetto a quanto avviene

nelle camere a ionizzazione a gas e ben due ordini di grandezza in più rispetto al

numero di fotoelettroni prodotti all'interno di un generico contatore a

scintillazione.

Ci si può chiedere perché nonostante il band-gap tra banda di conduzione

e banda di valenza sia di circa 1 eV siano necessari più di 3 eV per la produzione

di una coppia elettrone-lacuna; il fenomeno trova la spiegazione nel fatto che solo

un terzo dell'energia è utilizzabile per passare dalla banda di valenza a quella di

conduzione mentre gli altri due terzi concorrono all'eccitazione delle vibrazioni

reticolari.

1.3.3 Correnti di perdita.

In una giunzione all'equilibrio si stabiliscono due correnti di pari intensità

e di segno opposto, una di deriva dei portatori minoritari, l'altra di diffusione dei

portatori maggioritari generata da un gradiente di concentrazione.

Applicando alla giunzione una tensione di polarizzazione inversa si

instaura una corrente dovuta ai portatori minoritari. Nel caso di giunzione ideale

(ovvero una giunzione a gradino senza difetti e senza corrente di generazione

nella regione di svuotamento) la corrente di diffusione è data dall'equazione di

Shockley:

I d=qpn0 A Dl

τ l

12 +qnp0 A De

τ e

12

(1.11)

dove è la vita media degli elettroni o delle lacune a seconda del pedice, pn0 e np0

Page 21: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 21 -

sono la concentrazione all'equilibrio di buche nel lato n ed elettroni sul lato p, D è

il coefficiente di diffusione di elettroni o lacune a seconda del pedice, A l'area

trasversale della giunzione, q la carica dell'elettrone. In genere per una giunzione

asimmetrica n+/p risulta: np0 >> pn0 e quindi il primo termine è trascurabile. Il

contributo delle correnti di diffusione dei portatori minoritari sono dell'ordine del

nA/cm2.

Nel silicio però i fenomeni di generazione di coppie all'interno della zona

di svuotamento non sono assolutamente trascurabili, e la corrente di generazione è

pari a:

I g=qni Ad

τeff

(1.12)

dove ni è la concentrazione di portatori intrinseci, d è la larghezza della regione di

svuotamento, eff è la vita media efficace dei portatori all'interno del cristallo.

Questo fenomeno dà vita a correnti che possono arrivare ad avere valori

dell’ordine del A/cm2.

Questi due contributi di correnti non dipendono esplicitamente dal

campo elettrico, e ci aspetteremmo quindi un valore costante della corrente.

Infatti dopo aver raggiunto lo svuotamento completo la corrente inversa

cresce molto lentamente, ma comunque cresce; tale comportamento è dovuto alla

presenza di correnti di superficie. Le correnti di superficie sono sostanzialmente

dovute a cariche elettriche intrappolate sulla superficie del dispositivo, che

inducono cariche all'interno del semiconduttore, creando così canali di conduzione

e correnti superficiali. Quest’ultima fonte è complessa e dipende da vari fattori,

inclusa la composizione chimica della superficie, l’esistenza di sostanze

contaminanti, l’ambiente circostante.

Per minimizzare questa componente della corrente è generalmente

richiesto un isolamento pulito. C'è da dire che le ultime tecnologie hanno ridotto

notevolmente le correnti superficiali.

Page 22: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 22 -

Le correnti di perdita impongono un limite inferiore all’altezza di impulso

discriminabile, il che impone un limite per la sensività del rivelatore; per

assicurarsi un segnale adeguato si deve scegliere una larghezza della zona di

svuotamento sufficiente in modo che la radiazione ionizzante produca un segnale

più alto del rumore.

1.3.4 Forma di impulso e tempo di salita.

Visto che il tempo di raccolta di elettroni e lacune dipende dalla posizione

delle cariche rispetto agli elettrodi, la forma di impulso cambia sia nella forma che

nel tempo di salita. Come in una camera a ionizzazione, il segnale sugli elettrodi

sale per l’induzione causata dal movimento delle cariche.

Per un rivelatore a giunzione a p-n assumiamo due elettrodi paralleli, in

modo da poter considerare la variazione di potenziale unidimensionale.

Assumiamo una giunzione del tipo p-n+, per cui il lato n è fortemente drogato. Il

tempo richiesto da un elettrone per raggiungere l’elettrodo in questa

configurazione è:

t=τμ l

μe

lndx0

, (1.13)

la carica indotta come funzione del tempo in questo periodo è quindi:

Qe t = ed

x01−expμet

μ l τ (1.14)

Nel caso di buche:

Ql t =−ed

x0 1−exptτ . (1.15)

Page 23: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 23 -

La forma di impulso è data dal diagramma mostrato in figura, come

somma dei contributi di Qe e Ql. La carica totale collezionata è pari a –e, come si

può vedere dalla somma Qe + Ql.

Fig 1.7: Forma di impulso per un generico rivelatore al Silicio. Sono

mostrati l'andamento della carica totale raccolta, e separatamente

quello della carica dovuta agli elettroni e quello dovuto alle lacune.

Il parametro , determina il tempo di salita del segnale, e nel silicio è pari a

= * 10-12, dove è misurato in Ohm*cm.

Le formule precedenti sono per una singola coppia elettrone lacuna, per un

calcolo completo della forma di impulso è necessario conoscere la traiettoria della

radiazione ionizzante, come varia la mobilità nel percorso all’interno della zona di

svuotamento, la distribuzione del campo elettrico, ed integrare tra loro tutti questi

comportamenti.

1.3.5 Danni da irraggiamento.

Il passaggio di particelle all'interno dei rivelatori danneggia mano a mano

il dispositivo, fino al punto di poterne pregiudicare il corretto funzionamento.

Questi danni da irraggiamento si dividono in due tipologie principali, i danni di

superficie ed i danni nel substrato del rivelatore.[Ref. 6, 7]

Page 24: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 24 -

I danni di superficie producono solitamente effetti non gravi e possono

essere minimizzati con tecniche di produzione mirate. Normalmente un rivelatore

è ricoperto di uno strato di ossido, solitamente SiO2 che protegge il cristallo da

agenti esterni. Una particella che attraversa un rivelatore crea coppie elettrone-

lacuna anche nel passaggio attraverso lo strato di ossido, parte di queste coppie si

ricombinano, parte si muove all'interno dell'ossido sotto l'azione del campo

elettrico o per diffusione. Nel loro cammino elettroni e buche possono essere

intrappolati in livelli all'interno della banda proibita dell'ossido. L'effetto

dell'irraggiamento sull'ossido è quello di intrappolare una certa quantità di cariche

in livelli profondi interni all'ossido ed in particolare all'interfaccia con il silicio e

con il metallo. Accade che visto che gli elettroni hanno una mobilità maggiore che

le lacune questi riescono a raggiungere il confine dell'ossido e ad essere espulsi,

nel metallo o nel semiconduttore. Vi è quindi un eccesso di carica positiva, in

particolare sull'interfaccia.

La presenza di questa carica positiva induce la formazione di una canale di

elettroni nel substrato di silicio sottostante che può peggiorare l'isolamento fra le

diverse zone del rivelatore.

I danni di volume hanno effetti più gravi sull'integrità del rivelatore. Una

particella che attraversa il substrato di silicio di rivelatore non perde energia

unicamente per la creazione di coppie elettrone-lacuna, ma anche per via degli urti

con gli atomi del reticolo; mentre la creazione di una coppia è un evento positivo

ai fini della rivelazione della particella, non si può dire lo stesso degli urti con il

reticolo, nei quali possono rompersi i legami covalenti che l'atomo ha con i primi

vicini e imprimergli una quantità di moto che gli permette uno spostamento

all'interno del reticolo. Questo introduce nuovi livelli permessi all'interno della

banda proibita caratterizzati da una sezione d'urto e da un'energia che fanno in

modo che l'accumularsi di questi difetti abbia un effetto sensibile sulle proprietà di

rivelazione. La creazione dei difetti all'interno del substrato con la conseguente

introduzione di livelli energetici all'interno del rivelatore modifica le proprietà

elettriche del rivelatore.

Page 25: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 25 -

Introdurre dei difetti all'interno del cristallo aumenta l'intensità della

corrente inversa per via della generazione, come abbiamo visto nel paragrafo

1.4.3, ma questo non è il solo effetto macroscopico sul rivelatore.

Il sorgere dei nuovi livelli all'interno della banda proibita implica che

questi possano comportarsi come accettori o donori, con possibili modifiche per

quel che riguarda la tensione di svuotamento. Sperimentalmente si è verificato che

la tensione di svuotamento tende a diminuire quando il dispositivo è soggetto ad

irraggiamento, salvo poi aumentare dopo il raggiungimento di una tensione

critica.

Un altro effetto macroscopico dovuto al sorgere di livelli all'interno della

banda proibita è che questi si possono comportare come centri trappola o centri di

ricombinazione, catturando elettroni e lacune generati dalla radiazione ionizzante.

Questo peggiora l'efficienza della raccolta di carica.

1.4 Rivelatori a strip.

Negli ultimi trenta anni l'utilizzo di rivelatori al silicio come rivelatori di

traccia è andato sempre più espandendosi soprattutto grazie agli sviluppi della

tecnologia planare che ha permesso di costruire strutture a semiconduttore con

una geometria definita al micron. La tecnologia alla base di questi grossi passi in

avanti è rappresentata dai rivelatori a strip[Ref.8].

I rivelatori a strip si presentano nella seguente maniera: su un substrato di

silicio di tipo n, comunemente ad alta resistività (3000-5000 Ohm·cm), di alcuni

cm² vengono impiantate delle sottili strisce di tipo p+, dette strip, con contatti

metallici, mentre sulla superficie opposta alle strip viene impiantato un elettrodo

n+ . In tale modo si ottiene un particolare tipo di giunzione p-n in cui ogni striscia

costituisce un rivelatore al quale viene connessa un'elettronica miniaturizzata.

La larghezza delle strip varia a secondo dei casi ed in particolare per

spessori dell'ordine del m o poco meno si parla di strip macroscopiche, mentre

Page 26: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 26 -

quando si arriva alle dimensioni del m si parla di microstrip. Per raggiungere lo

svuotamento completo delle cariche libere del substrato viene applicata una

tensione di polarizzazione inversa di 50-150 V.

Fig. 1.8: Schema dei rivelatori a microstrip.

In prima approssimazione l'accuratezza della posizione della particella è

determinata dalla larghezza della striscia e dalla elettronica di lettura.

L'informazione, comunque, è di natura unidimensionale e per avere informazioni

tridimensionali occorrono altri piani di rivelatori.

I primi rivelatori a microstrip sono stati realizzati intorno al 1980 allo

scopo di ottenere alte risoluzioni spaziali. Oggi sono state realizzate microstrip in

cui la larghezza delle strisce varia tra i 5 m e i 200 m con tempi di risposta al

passaggio della particella di circa 10 ns.[Ref. 9]

1.5 Rivelatori 3D

Una prima architettura di tipo tridimensionale per i rivelatori al silicio, è

stata quella proposta da Parker nel 1997, che abbandona la schematizzazione

bidimensionale dei rivelatori iniziando a concepire uno schema che si sviluppi in

tutte e tre le dimensioni spaziali. [Ref. 10]

Si noti che l'architettura 3D prende il nome dalla geometria del rivelatore,

Page 27: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 27 -

e non dalla capacità di individuare la posizione nelle tre dimensioni spaziali.

Questi rivelatori, infatti, sono capaci di fornire informazioni riguardo due

dimensioni spaziali, quando opportunamente collegati ad un'accurata elettronica

di lettura.

La struttura proposta da Parker è la seguente: i rivelatori sono formati da

colonne di elettrodi formate da silicio n+ e p+ penetranti nel substrato di silicio, a

basso drogaggio di tipo p, in tutta la sua altezza. Si è scelto di usare un substrato

debolmente drogato p perché sperimentalmente si è verificato più resistente ai

danni da radiazione. Riportiamo in figura 1.9 una schematizzazione esplicativa di

tale struttura.

Fig. 1.9: Esempio della struttura interna di un rivelatore 3D alla Parker.

La disposizione delle colonne varia a seconda del tipo di rivelatore

desiderato e dei compiti che gli si vuole assegnare. Di solito si dispongono in

maniera che ogni colonna formi con le colonne prime vicine un quadrato avente 2

colonne per lato (la configurazione assunta da una colonna e dalle sue prime

vicine prenderà il nome di cella elementare); le colonne con lo stesso drogaggio

possono disporsi in file parallele, alternate da colonne con drogaggio

complementare, oppure ogni colonna può essere circondata solo da colonne con

drogaggio complementare; non è detto che la cella elementare debba formare un

quadrato, vi sono anche configurazioni in cui può formare un esagono, va da sé

che la struttura della celle elementare ci permette di caratterizzare il nostro

dispositivo.

Page 28: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 28 -

Si viene quindi a creare una situazione di giunzione all’interno della

struttura, utilizzabile come rivelatore, nella quale la zona di svuotamento può

essere allargata su tutto il volume del substrato fornendo ad essa una

polarizzazione inversa mediante gli elettrodi p+/n+.

1.5.1 Caratteristiche tecniche.

Vediamo alcune accortezze che caratterizzano questo nuovo tipo di

rivelatori:

• Gli elettrodi n+ sono drogati con il fosforo ed utilizzati

come donori, la loro area deve essere resa il più grande

possibile, coerentemente con le altre caratteristiche di

design.

• L’uso di un substrato di tipo p debolmente drogato

previene un cambiamento nel tipo di drogaggio

causato da un’esposizione persistente alla radiazione.

Inoltre, da studi sperimentali un substrato di questo

tipo sembra essere meno soggetto a danni provocati

dalla radiazione rispetto al substrato n debolmente

drogato.

• Per ridurre il numero di contatti e per avere ridondanza

tra quelli usati, gli elettrodi n+ possono essere

collegati tra loro mediante contatti metallici o

conduttori diffusi.

Gli aspetti principali che hanno reso questa tecnologia possibile sono stati:

• La nascita di un nuovo tipo di tecnologia etching che

ha permesso la realizzazione di buche con un rapporto

profondità/larghezza di 15:1.

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- 29 -

• La possibilità di riempire tali buche con silicio

ottenuto da reazioni superficiali fatte con il silano

(SiH4), che rende possibile depositare il silicio con la

stessa accuratezza sia sul fondo che sulla parte

superiore della buca.

• Il fatto che l’utilizzo di gas droganti, come il diborano

e la fosfina, non inficiasse il precedente aspetto,

permettendo di ottenere elettrodi n+/p+.

1.5.2 Vantaggi e svantaggi dei rivelatori 3D

I rivelatori 3D portano i seguenti miglioramenti nello sviluppo della

tecnologia dei rivelatori al silicio:

Tempi più brevi per la raccolta di carica: rispetto ai

tradizionali rivelatori al silicio, la distanza tra gli

elettrodi e la posizione in cui è generata la coppia è

mediamente ridotta; questo implica dei tempi più brevi

nella raccolta di carica, come abbiamo visto dalla

formula 1.13.

Basse tensioni di svuotamento: il fatto che gli elettrodi

penetrino il substrato oltre che a diminuire il volume

da svuotare aumentano la superficie utile

dell'elettrodo, questo determina tensioni di

svuotamento più basse rispetto alla tecnologia planare,

lo svuotamento diventa quindi uno svuotamento tra le

colonne, che tra l'altro hanno una distanza inferiore

allo spessore del substrato.

Eliminazione del problema dell'inversione di

drogaggio: la scelta di un substrato p previene da un

cambio del tipo di substrato dovuto a danni da

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- 30 -

irraggiamento riguardanti il substrato.

Lo spessore del rivelatore è tutto attivo ai fini della

rivelazione: vi è una migliore distribuzione delle aree

sensibili, e non vi sono zone morte per via della nuova

geometria.

Maggiore resistenza alla radiazione: l'elettrone deve

effettuare un percorso minore per essere raccolto

dall'elettrodo, questo non solo diminuisce i tempi di

raccolta ma diminuisce la probabilità che l'elettrone si

ricombini nei centri di ricombinazione o che venga

catturato da trappole dovute ad impurità del cristallo

Non vi è la necessità di raffreddare il rivelatore:

anche quando esposti ad alta fluenza di particelle

questi rivelatori sono meno soggetti agli effetti

dannosi dovuti all'alto irraggiamento.

Queste caratteristiche lo rendono un ottimo candidato per l’upgrade di

LHC a S-LHC e per una possibile applicazione nella quantum-mammography.

Tuttavia nella produzione della maschera si va ad inficiare la struttura del

wafer, che diventa quindi molto fragile, e rende inoltre il difficile processo di

costruzione aumenta le impurezze dovute a deformazioni del cristallo.

Attualmente non si hanno ancora le capacità tecniche per la produzione in

massa di questi dispositivi e si sta procedendo dunque per step intermedi tramite

la realizzazione di architetture semi-tridimensionali.

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- 31 -

1.6 Rivelatori 3D-STC e 3D-DTC

Partendo dal modello di Parker sono state sviluppate nuove architetture per

i rivelatori al silicio, ad esempio quelle analizzate in questo lavoro di tesi, i 3D-

STC ed i 3D-DTC nati dalla collaborazione tra l'INFN e l'IRST di Trento.

Fig. 1.10: Foto dei rivelatori presi in esame

1.6.1 Rivelatori 3D-STC(Single Type Column).

I 3D-STC nascono come un primo passo verso lo sviluppo di rivelatori al

Silicio descritti da Parker. Le differenze sostanziali con i rivelatori di Parker sono

due: le colonne hanno un singolo tipo di drogaggio, ed esse non penetrano

totalmente il bulk, come mostrato in figura 1.11 .

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- 32 -

Fig. 1.11: Schematizzazione della sezione trasversale di un rivelatore

3D-STC

Il comportamento di raccolta delle coppie elettrone-lacuna sarà dunque il

seguente, quando la radiazione passa all'interno del substrato p genera una serie di

coppie elettroni-lacuna, gli elettroni saranno raccolti dalle colonne n+, le lacune

dallo strato p+ disposto sul Back. Ovviamente gli elettroni saranno raccolti

mediamente più rapidamente, vista la geometria, mentre le lacune per essere

raccolte dovranno comunque arrivare al Back, percorrendo mediamente una

distanza maggiore.

1.6.1.1 Tecniche di produzione per il 3D-STC.

La prima serie di dispositivi 3D-STC è stata ottenuta con un substrato di

tipo p altamente resistivo mediante le tecniche Float Zone (FZ) e Czochralski

(CZ). Queste due tecniche permettono di ottenere il silicio in forma cristallina.

Nel metodo Czochralski avviene la fusione di pezzi di polisilicio in un

crogiolo di silice (SiO2) ad atmosfera inerte ed a temperatura appena superiore a

quella di fusione (1421°C). Un seme di cristallo viene introdotto nella fusione e

lentamente sollevato, in modo che durante l'innalzamento si raffreddi ed il silicio

fuso aderisca al cristallo; questo processo può produrre cristalli cilindrici del

diametro caratteristico di 10- 15 cm. Per via della presenza della silice non è

Page 33: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 33 -

possibile ottenere materiale a bassa concentrazione di drogaggio. I cristalli

ottenuti con il metodo Czochralsky presentano bassa resistività.

Il metodo Float Zone consiste nella rotazione, in atmosfera inerte, di una

bacchetta di polisilicio che presenta ad un'estremità un seme di cristallo il più puro

possibile; nel frattempo un apparecchio a radiofrequenze si muove dal basso verso

l'alto, a partire dal seme, fondendo una piccola zona della bacchetta. Mano a mano

che l'apparecchio sale, il silicio fuso al di sotto si raffredda in forma cristallina,

mentre le impurità tendono a rimanere nella zona fusa ed a volatilizzarsi. I cristalli

ottenuti con il metodo Float Zone presentano una resistività più alta rispetto al

metodo Czochralski. [Ref. 11, 12]

I processi più importanti nella costruzione del dispositivo sono:

impiantazione di boro per ottenere il contatto ohmico sul

Back e per ottenere l'isolamento tra gli elettrodi n+ sulla

superficie superiore;

realizzazione di fori a forma di colonna circolare nel

substrato mediante tecnica di etching usando uno strato di

ossido spesso e degli strati “photoresist” come maschera;

la diffusione di fosforo da una sorgente solida per ottenere

le colonne n+, e ulteriore diffusione in una regione

toroidale vicino la parte superiore dei fori per facilitare la

formazione dei contatti;

parziale riempimento delle colonne con uno strato di

ossido dopo il drogaggio;

deposizione dell'alluminio tramite spruzzamento catodico,

l'alluminio non penetra nel foro.

Tutti i processi sono stati svolti presso l'ITC-irst, tranne l'etching svolto

presso il CNM di Barcellona con l'uso dell'apparecchio DRIE. Riportiamo una

schematizzazione del dispositivo in figura 1.12:

Page 34: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 34 -

Fig. 1.12: Sezione trasversale completa di un rivelatore 3D-STC

1.6.1.2 Vantaggi e svantaggi del 3D-STC.

Il vantaggio principale del 3D-STC è la sua facilità di costruzione rispetto

ai rivelatori proposti da Parker. I 3D-STC possono essere ritenuti un primo

passaggio verso lo sviluppo del rivelatore progettato da Parker. Un passo indietro

rispetto a quest'ultimo è che una volta raggiunto lo svuotamento completo, non è

possibile aumentare il campo elettrico nella regione attiva applicando una tensione

esterna; ciò peggiora di molto il tempo di risposta, rispetto all'architettura

originaria di Parker.

In sostanza tali rivelatori sono un buon punto di partenza per studiare i

punti critici dello sviluppo della tecnologia di questi nuovi tipi di rivelatore, e per

lo studio dei fenomeni presenti in questo nuovo tipo di architettura.

1.6.2 Rivelatori 3D-DTC (Double Type Column).

Lo step successivo ai rivelatori 3D-STC è rappresentato dai rivelatori 3D-

DTC, che presentano colonne con entrambi i tipi di drogaggio (p+ ed n+). Per

preservare l’integrità del bulk. Come nei 3D-STC, anche stavolta le colonne non

penetrano completamente il bulk, ma solo parzialmente. Inoltre mentre le colonne

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- 35 -

drogate n+ sono disposte con una configurazione analoga a quella del 3D-STC, le

colonne p+ penetrano il bulk dal back come mostrato in figura.

Fig. 1.15: Schematizzazione della sezione del 3D-DTC, la colonna

verde in semitrasparenza indica la colonna ohmica p+ che non è

allineata con 2 colonne n+.

1.6.2.1 Tecniche di produzione del 3D-DTC.

Le tecniche di produzione del 3D-DTC sono simili a quelle del 3D-STC; la

sola differenza sta nel fatto che per il 3D-DTC i fori sono effettuati su entrambe le

superfici del dispositivo, come mostrato in figura 1.16. I fori sulla parte superiore

del dispositivo sono trattati come in occasione della produzione del 3D-STC, i fori

nella parte inferiore invece sono drogati mediante diborano.

Fig 1.16: Sezione trasversale completa di un rivelatore 3D-STC

Page 36: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 36 -

1.6.2.2 Vantaggi e svantaggi del 3D-DTC.

Rispetto al 3D-STC, come vedremo dallo studio portato avanti, ha correnti

di perdita inferiori, ma va incontro più facilmente a fenomeni di breakdown.

Page 37: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 37 -

Capitolo 2

Setup sperimentale

Le misure presentate in questo lavoro di tesi sono state realizzate presso i

laboratori della sezione dell’INFN di Bari, in un apposito ambiente detto “camera

pulita”; tale nome è dovuto al fatto che un sistema di areazione forzata e di filtri

mantiene bassa la concentrazione di polveri. Tale camera è provvista anche di un

sistema di controllo di temperatura ed umidità. E’ importante svolgere le misure

in un ambiente il più possibile pulito e controllato al fine di minimizzare la

deposizione di pulviscolo sui rivelatori e di poter operare in condizioni stabili di

temperatura ed umidità. L’apparato sperimentale utilizzato consiste di:

• Una Probe Station

• Un “LCR Meter”

• Un “Modular DC Source/Monitor”

L’acquisizione è stata possibile grazie ad un software scritto in ambiente

LabView che si occupa del controllo del LCR Meter e del Modular DC

Source/Monitor da terminale. L’analisi dei dati è stata effettuata mediante ROOT

[Ref. 13] con alcune macro grazie alle quali è stato possibile ottenere i grafici

delle misure, effettuare fit e determinare i valori caratteristici delle misure.

Si procede dunque ad una rapida descrizione degli strumenti utilizzati per

poi concentrarsi sulla configurazione assunta dai singoli strumenti per la misura di

corrente e di capacità.

Page 38: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 38 -

2.1 Apparato sperimentale

2.1.1 Probe Station

La Probe Station è una stazione che permette di esaminare dispositivi

elettrici ed elettronici caratterizzati da dettagli dimensionali dell’ordine del

micron. Tale stazione è sita in una gabbia di Faraday, cioè un sistema costituito da

un contenitore in materiale elettricamente conduttore in grado di isolare l'ambiente

interno da qualunque campo elettrostatico presente al suo esterno, per evitare di

indurre segnale nei dispositivi in esame.

All’interno della gabbia di Faraday troviamo gli elementi che

caratterizzano la Probe Station:

• Il microscopio;

• Il chuck;

• Una stazione mobile

• Alcune micropunte connesse agli strumenti di misura che

si trovano all’esterno della gabbia di Faraday.

Page 39: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 39 -

Fig 2.1: Foto della Probe Station

Il chuck, in figura 2.2, consiste in una base circolare in oro,

opportunamente forato e sagomato, su cui depositare il dispositivo in esame. E’

collegato a un impianto da vuoto, in modo tale che, una volta poggiato il

dispositivo su di esso questo sia tenuto fermo grazie al sistema di fori e

scanalature che assicurano la massima stabilità del dispositivo. Queste precauzioni

sono utili per studiare il dispositivo nei suoi dettagli; quando è richiesta una

precisione del micron, infatti, il dispositivo deve essere saldamente bloccato, in

Page 40: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 40 -

modo da poter operare nelle migliori condizioni di stabilità possibili. Il chuck è in

oro per poter polarizzare i dispositivi dalla loro superficie posteriore , o Back. Per

questo motivo al chuck è opportunamente saldato un cavo conduttore, la cui

estremità consiste in un adattamento di impedenza a 50 Ohm, in modo da poterlo

interfacciare con l’elettronica di acquisizione dati.

Fig 2.2: Foto del chuck.

La stazione mobile, responsabile dei movimenti del chuck, consiste in un

cursore, o base mobile, su cui il chuck è installato, che può muoversi sul piano

all’interno di una zona rettangolare. I movimenti del cursore sono regolati da due

pistoni, ognuno responsabile dei movimenti lungo un asse. E’ possibile regolare

anche l’altezza di tale base attraverso un sistema meccanico. Il controllo dei

movimenti può avvenire o tramite un software o attraverso un opportuno joystick.

Un microscopio è installato sui supporti della stazione mobile, ed al suo

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- 41 -

oculare è collegata una telecamera; tali supporti sono fatti in maniera tale che il

microscopio possa anch’esso muoversi su un piano, anche se in una zona ristretta.

Questa possibilità di movimento si rivela molto comoda nel posizionamento delle

micropunte sul dispositivo. Il microscopio restituisce dettagli dell’ordine del

decimo di micron.

La stazione mobile presenta anche un supporto metallico sul quale, con

delle opportune calamite, è possibile fissare i manipolatori delle micropunte.

Questi manipolatori sono dei piccoli apparati che tramite un braccio consentono di

posizionare le punte con una precisione micrometrica (in figura 2.3). Il braccio

può muoversi in tutte e tre le dimensioni, opportunamente controllato da tre viti,

ognuna responsabile del movimento in una singola dimensione. Il braccio è fatto

in materiale conduttivo, ed è ricoperto di plastica isolante; all’estremità del

braccio vi è una pinza a cui è attaccata la punta vera e propria. Anche la stazione

di controllo presenta un ingresso con impedenza di 50 Ohm.

Fig. 2.3: Dettaglio della Probe Station: sono visibili le micropunte con i

relativi manipolatori e la basetta ospitante i rivelatori.

Page 42: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 42 -

Su una delle pareti della gabbia di Faraday sono montati due pannelli con

connettori passanti che consentono di collegare le micropunte con il “Modular

DC Source/Monitor” e con l’apparato “LCR Meter”.

I collegamenti elettrici all’interno della Probe Station avvengono tutti

mediante cavi con impedenza caratteristica di 50 Ohm.

Nel caso specifico di questa tesi non sono state utilizzate le caratteristiche

conduttive del chuck, visto che i dispositivi misurati sono di dimensioni ridotte, e

si è preferito installare i dispositivi su una basetta conduttrice in rame. L’area

superficiale del dispositivo era troppo piccola per coprire l’area del più piccolo

anello incavato per cui il chuck garantiva il vuoto, come mostrato in figura 2.3.

2.1.2 Modular DC Source/Monitor

Il Modular DC Source/Monitor HP 4142B [Ref. 14] è un apparato per la

misura di corrente continua in dispositivi a semiconduttore, che può operare anche

come generatore di tensione in regime continuo. Lo strumento può essere

controllato direttamente da un computer collegato mediante delle porte GPIB

situate sul retro del dispositivo.

Il Modular DC Source consiste di vari moduli :

HP 41423A : unità dedicata a fornire alta tensione.

Essa può fornire tensioni da 2 mV a 1000 V e può

eseguire misure di correnti da un valore minimo di 2

pA a uno massimo di 10 mA.

HP 41421B: unità dedicata alla misura di corrente, può

fornire tensioni da 40 µV a 100 V e può eseguire

misure di correnti per valori che vanno da 20 fA a 100

mA.

HP 41420A: può fornire tensioni da 40 µV a 200 V e

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- 43 -

può eseguire misure di corrente per valori che vanno

da 20 fA a 1 A.

Lo strumento usato per le misure è equipaggiato con due moduli HP

4142B, un modulo HP 41423A ed un modulo HP41420A. E’ dotato, inoltre, di un

modulo aggiuntivo che consente di condividere eventualmente la messa a terra

con altri dispositivi, nel caso in esame con l’HP 4284A LCR Meter.

Il modulo HP 41423A è utilizzato per fornire alta tensione al dispositivo e

la sua uscita caratteristica è denominata HVU. Il modulo presenta due uscite, una

detta FORCE, che fornisce tensione e misura corrente secondo i valori

precedentemente indicati, e l’altra fornisce un segnale di ON quando il dispositivo

è sotto tensione.

Il modulo HP 41421B presenta due uscite, una FORCE, che fornisce

tensione e misura di corrente o viceversa, l’altra detta SENSE che ha il compito di

misurare la tensione effettiva che l’apparato fornisce al dispositivo, in modo da

compensare le cadute di tensione che si possono verificare lungo i cavi. Le uscite

FORCE e SENSE sono connesse tra di loro poco prima del dispositivo e l’uscita

derivante da questa connessione è denominata SMU, in figura 2.3 viene mostrato

il collegamento tra FORCE e SENSE. Quando si parlerà di SMU1 o SMU2 nel

resto della tesi ci si riferirà alle SMU dei due moduli HP 41421B.

Il modulo HP41420A presenta anch’esso due uscite: FORCE e SENSE, la

cui connessione sarà denominata SMU3.

La figura 2.4 mostra la connessione tipica tra un modulo dell’HP4142B e il

dispositivo sotto misura.

Page 44: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

- 44 -

Fig 2.4: Collegamento tra FORCE e SENSE per ottenere la SMU. La

SMU è l’uscita collegata al DUT, che sarebbe il dispositivo in esame.

2.1.3 LCR Meter

L’HP 4284A LCR Meter [Ref.15] è un misuratore di impedenza, capacità e

resistenza, capace di effettuare misure grazie all’analisi dei dispositivi quando

sottoposti ad una tensione alternata. Le frequenze a cui può operare LCR Meter

vanno da 20 Hz a 1 MHz. Si tratterà di seguito l’HP 4248A unicamente come

misuratore di capacità, dato che, le altre tipologie di misure, impedenza e

resistenza, non rientreranno in questa analisi.

Per la misura di capacità non è sufficiente il solo HP 4284A, che viene

utilizzato in coppia con un generatore di tensione continua perché abbiamo

bisogno di uno strumento che polarizzi i nostri dispositivi.

L’HP 4284A permette di realizzare misure di capacità con una precisione

relativa pari allo 0.05%.

E’ necessario indicare allo strumento quale modellizzazione del circuito

(RC serie o RC parallelo) si avvicini di più alla reale configurazione del circuito

in esame. Per piccole capacità si fa uso del modello RC in parallelo e visto che le

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- 45 -

capacità attese non sono più grandi di 100 pF le misure sono state eseguite in tale

configurazione.

Il front dell’apparato è dotato di quattro uscite o terminali: Hcur, Hpot, Lcur,

Lpot,. Si tratta di 4 uscite coassiali che utilizzano la calza esterna del coassiale non

come linea di massa, ma come canale di ritorno per il segnale trasmesso. In questo

modo i campi elettromagnetici indotti dalle correnti che scorrono nel canale

centrale e in quello esterno si sottraggono annullandosi e i cavi di trasmissione

non contribuiscono all’errore sui parametri misurati dello strumento. Lo strumento

presenta un’entrata per la messa a terra del dispositivo.

Sul pannello frontale sono inoltre presenti i comandi per il controllo dello

strumento LCR Meter ed un display LCD che indica i risultati delle misure. Lo

strumento può essere controllato direttamente da un computer collegato mediante

delle porte GPIB situate sul retro del dispositivo.

Le uscite dello strumento sono collegate in modo opportuno tra di loro e

con un’uscita che fornisce la polarizzazione proveniente dal generatore di

tensione, in modo da avere solo due uscite finali, denominate HIGH e LOW;

saranno queste due uscite ad essere connesse al dispositivo.

L’uscita HIGH rappresenta le uscite Hcur e Hpot cortocircuitate tra di loro a

cui viene collegata l’uscita HVU dell’HP 4142B, in modo da fornire una ulteriore

polarizzazione in continua su questo canale.

L’uscita LOW rappresenta le uscite Lcur e Lpot cortocircuitate tra di loro.

LCR Meter consente di effettuare misure di capacità in funzione della

frequenza, e di capacità in funzione della tensione applicata. Permette inoltre di

effettuare misure con l’apparato sperimentale privo del dispositivo in esame in

configurazione SHORT e OPEN.

La configurazione SHORT consiste nel cortocircuitare i cavi HIGH e

LOW, in modo da poter sottrarre dalla misura l’impedenza dei cavi. Con la

configurazione OPEN, ottenuta non connettendo l’uscita LOW al dispositivo da

misurare, si può ottenere una correzione del circuito aperto. La correzione OPEN

si effettua comunque con il dispositivo polarizzato. Le misure di SHORT e di

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- 46 -

OPEN permettono di eliminare contributi dovuti allo strumento di misura e

all’elettronica di acquisizione dati.

2.1.4 Software di acquisizione.

L’acquisizione dati è avvenuta mediante il software LabView capace di

interfacciare i due apparati di misura con un terminale. Il programma di controllo

degli strumenti e acquisizione dati è dotato di interfaccia grafica, come mostrato

in figura 2.5, mediante la quale è possibile una piena gestione delle funzioni dei

due strumenti e delle modalità di acquisizione dati. Questa consente inoltre di fare

una prima analisi grafica delle misure mostrando l’andamento delle curve durante

l’acquisizione e visualizzando i grafici completi dei dati ad acquisizione

terminata.

Fig. 2.5: Finestra di controllo del software di gestione.

Il programma fornisce anche la possibilità di compiere operazioni

matematiche sulle grandezze misurate. Ad esempio è possibile effettuare il grafico

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diretto di 1/C2 in funzione della tensione applicata. L’analisi più accurata dei dati

è stata eseguita in seguito mediante alcune macro scritte in ROOT.

2.2 Descrizione dei dispositivi 3D

esaminatiIn questo lavoro di tesi si sono esaminati due dispositivi: un diodo 3D-STC

ed un diodo 3D-DTC. Date le dimensioni ridotte dei dispositivi non è stato

possibile depositarli direttamente sul chuck per l’impossibilità di creare opportune

condizioni di vuoto che assicurassero saldamente i rivelatori alla base in oro. I

rivelatori sono stati dunque assicurati, mediante pasta conduttiva d’argento, a una

basetta; a questa è stata saldata un’estremità di un cavo che all’estremità opposta

aveva un ingresso con impedenza fissata a 50 , in modo da poter connettere

direttamente la basetta all’elettronica di lettura.

La polarizzazione non è avvenuta sfruttando le proprietà conduttive del

chuck della Probe Station, ma polarizzando direttamente la basetta, e di

conseguenza il Back.

2.2.1 Dispositivo 3D-STC

Il dispositivo 3D-STC in esame è stato realizzato dall’Irst di Trento,

istituto che collabora con l’INFN. Il dispositivo in questione è un prototipo

fabbricato per la determinazione delle caratteristiche elettriche della tecnologia e

non per la rivelazione di particelle.

Il 3D-STC si basa su un’architettura del tipo Single Type Column,

descritta nel Capitolo 1, ovvero le colonne non penetrano completamente il bulk e

presentano tutte drogaggio equivalente.

Riportiamo di seguito le caratteristiche tecniche [Ref. 16]:

Spessore del dispositivo 220 m

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Spessore del Floating Guard Ring: 25 m

Spessore delle linee di p-stop tra i Guard Ring: 15 m

Spessore del Main Guard Ring: 128m

Distanza tra le colonne: 100 m

Distanza tra la prima fila di colonne ed il bordo del Main Guard

Ring: 90 m

Diametro del contatto metallico sovrastante la colonna: 46 m

Diametro della circonferenza di p-stop attorno alla colonna: 60

m

2.2.1.1 Struttura dei rivelatori 3D-STC:

I rivelatori in esame presentano una matrice 16x16 di colonne n+, tutte

collegate tra di loro, distanziate di 100 micron in modo da formare un'area attiva

di 2,56 mm2. Le colonne penetrano il bulk per 120 micron su un’altezza totale di

220 m. La figura 2.4 mostra un disegno del lato giunzione di questo tipo di

dispositivo.

Fig. 2.4: Visualizzazione del rivelatore dal lato giunzione

Page 49: Tesi di laurea: Caratterizzazione elettrica di dispositivi 3D-Dtc e 3D-stc

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Fig. 2.5: Dettaglio del rivelatore. In fucsia le p-stop, in giallo i contatti

metallici. I cerchi gialli rappresentano i contatti metallici per la colonna.

Il contatto ohmico è ottenuto tramite l'impiantazione di Boro sulla

superficie posteriore, mentre l'isolamento superficiale tra le singole colonne è

ottenuto tramite p-stop.

Le p-stop consistono in drogaggi superficiali p+ tra due zone con

drogaggio elevato n+. La loro funzione è quella di inibire le possibili correnti

superficiali tra le due zone n+.

Nel rivelatore in questione abbiamo due tipi di p-stop, il primo tipo

provvede all'isolamento della singola colonna rispetto alle sue prime vicine, e

consiste in un anello che circonda la colonna alla sua base; il secondo tipo

provvedere all'isolamento superficiale tra le diverse zone del rivelatore, cioè tra il

Pad ed il Main Guard Ring e tra il Main Guard Ring e l'esterno. In realtà

l'isolamento tra il Main Guard Ring e l'esterno del dispositivo consiste

nell'alternarsi di due linee di p-stop e due Floating Guard Ring. Quest'alternanza

genera un gradiente di potenziale tra l'esterno e l'interno del dispositivo, in modo

che quest'ultimo non sia influenzato da correnti superficiali esterne.

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2.2.2 Dispositivo 3D-DTC.

Come il 3D-STC anche il 3D-DTC è stato realizzato dall’Irst di Trento, ed

è anch’esso un prototipo realizzato per la determinazione delle caratteristiche

elettriche e rappresenta il passo successivo nello sviluppo di un’architettura

completamente tridimensionale.

Il 3D-DTC si base su un’architettura del tipo Double Type Column, in cui

le colonne non penetrano completamente il bulk e si dividono in due branche: le

colonne n+ che penetrano il bulk dal lato giunzione, e le colonne p+ che penetrano

il bulk dal lato Back, come già detto nel Capitolo 1.

2.2.2.1 Struttura dei rivelatori 3D-DTC.

I rivelatori in esame presentano una matrice 16x16 di colonne n+

distanziate di 100 m, ed una matrice 16x16 di colonne p+, disposte in modo che

ogni colonna p+ sia circondata da 4 colonne n+, formando quindi un'area attiva di

2,56 mm2. Le colonne penetrano il bulk per 120 micron.

Fig. 2.13: Dettaglio del rivelatore. In fucsia i p-stop, in giallo i contatti

metallici. I cerchi gialli rappresentano i bump, contatti metallici per la

colonna.

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Per il resto il 3D-DTC [Ref. 16] ha una struttura analoga a quella del 3D-

STC, e anche le dimensioni sono le stesse. Ovviamente dobbiamo considerare le

colonne p+, che saranno distanziate l'una dall'altra di 100 m; la distanza con la

colonna n+ prima vicina sarà di 71 m.

2.3 Configurazione del Setup SperimentaleLe misure effettuate in laboratorio si dividono in due categorie: misure di

corrente, per determinare le correnti di perdita dei dispositivi in esame e la

tensione di soglia per il fenomeno di punch-through, e misure di capacità, per

determinare la capacità totale del dispositivo e la corretta tensione di svuotamento.

Questi due tipi di misure richiedono però due configurazioni sperimentali

differenti, ciascuna delle quali è descritta nel resto di questo paragrafo.

2.3.1 Configurazione per le misure di corrente

La misura di corrente di fondo consiste nella misura della corrente tra il

lato giunzione ed il lato ohmico quando il diodo è polarizzato in modo inverso.

Questo tipo di misura si svolge in regime di tensione continua e consiste

nell’applicare una differenza di potenziale tra il Pad e il Back del dispositivo, in

modo tale che il Back sia a una tensione inferiore rispetto al Pad, e mantenendo il

Main Guard Ring alla stessa tensione del Pad.

Per la misura di corrente abbiamo utilizzato unicamente l’HP4142B

Modular DC Source.

Per polarizzare il rivelatore in modalità inversa è stata fornita una tensione

negativa al Back mediante l’uscita HVU dell’HP4142B collegata direttamente alla

basetta su cui è incollato il dispositivo da testare. Le micropunte sono state

polarizzate mediante le uscite SMU1, per il Main Guard Ring, e SMU2 per il Pad.

Per la misura della caratteristica I-V senza polarizzazione del Main Guard

Ring non è stata utilizzata la SMU1.

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La polarizzazione del Back, fornita da HVU, è stata fatta variare tra 0 V ed

una tensione massima, in valore assoluto, che dipende dal dispositivo in esame

(-200V per il 3D-STC e -80 V per il 3D-DTC) mentre la polarizzazione della

SMU1 è stata fissata a 0V per entrambi i dispositivi.

Fig 2.14:Configurazione per la misura della corrente di Pad senza

polarizzazione del Main Guard Ring

Per la polarizzazione del Main Guard Ring è stata usata anche la SMU1.

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Fig 2.14:Configurazione per la misura della corrente di Pad con

polarizzazione del Main Guard Ring

La misura della tensione di punch-through è stata ottenuta polarizzando il

Main Guard Ring con una tensione variabile tra 0 e 10 V tramite SMU1 e tenendo

la Pad e il Back a 0V, rispettivamente tramite SMU2 e HVU, come in figura 2.14.

2.3.2 Configurazione per la misura di capacità.

La misura della capacità consiste nello studio della risposta del dispositivo

in esame ad una tensione variabile, approssimandolo come un parallelo tra una

resistenza R ed una capacità C.

Questo tipo di misura si svolge fornendo al dispositivo il segnale risultante

dalla sovrapposizione di un segnale continuo, che serve a polarizzare la giunzione,

e di un segnale alternato.

Per la misura di capacità sono stati usati gli strumenti HP4142B e

HP4284A, il primo come generatore di tensione, il secondo come capacimetro. La

figura 2.15 mostra come sono stati collegati questi due strumenti.

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Fig 2.15: Configurazione per la misura di capacità.

Operativamente si è collegato il Back all'uscita HIGH e il Pad all'uscita

LOW. La frequenza del segnale alternato che è stato usato variava nell’intervallo

da 102 Hz a 106 Hz.

Oltre al segnale alternato l'uscita HIGH fornisce una tensione al Back

variabile tra 0 V e 60 V. L’uscita LOW mantiene il Pad a una tensione continua

di 0 V. Nella misura di capacità è stato polarizzato anche il Main Guard Ring a 0

V tramite l'uscita SMU1 del Modular DC Source/Monitor, in modo da rendere il

Main Guard Ring efficace.

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Sono state effettuate due tipologie di misure, una a frequenza variabile e

l'altra a tensione variabile, come descritto nel capitolo 3.

La figura 2.15 mostra la configurazione sperimentale per le misure di

capacità.

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Capitolo 3

Misure di corrente e di capacità su

dispositivi 3D a singola e doppia

colonna

In questo capitolo sono descritte le misure eseguite sui dispositivi 3D-STC

e 3D-DTC. Si descriveranno dapprima le misure di corrente e poi quelle di

capacità.

3.1 Misure di Corrente

3.1.1 Introduzione

Ai fini della caratteristica tensione-corrente possiamo considerare in prima

approssimazione il dispositivo come un comune diodo; per un diodo ci si aspetta

una curva del tipo mostrato in figura 3.1.

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Fig 3.1:Caratteristica I-V di un comune diodo. VZ rappresenta la

tensione di breakdown e VS quella di saturazione.

Nel nostro caso ci interessa solo il funzionamento in polarizzazione

inversa del diodo e quindi solo la parte del grafico con tensioni negative, infatti,

come già detto nel capitolo 1, affinché il diodo adempia alla sua funzione di

rivelatore di particelle, deve essere svuotato il più possibile di carica mobile. In

questa condizione, inoltre, la corrente, detta di perdita, è minore di quella che si ha

in condizioni di polarizzazione diretta [Ref. 3, 4].

Concentriamoci ora sulla porzione di grafico compresa tra tensione nulla e

quella di breakdown: in questo intervallo la caratteristica I-V ha il seguente

andamento (figura 3.2):

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- 58 -

Fig. 3.2: Caratteristica del diodo in polarizzazione inversa. Sono

rappresentati, in unità arbitrarie, i valore assoluti di tensioni e correnti.

Vediamo che in un primo momento la corrente crescerà rapidamente poi,

ad un certo punto, la crescita sarà più lenta; tale comportamento è dovuto ai

diversi fenomeni che entrano in gioco in una giunzione p-n polarizzata in modo

inverso. Nella prima parte, per basse tensioni, la corrente è dovuta in gran parte a

fenomeni diffusivi, questo coerentemente con il fatto che la zona di svuotamento

non coincide ancora con tutto il volume della giunzione. Quando il volume di

tutta la giunzione sarà completamente svuotato da tutte le cariche mobili non vi

saranno più effetti diffusivi, ma notiamo che la corrente comunque continua a

crescere, anche se con un andamento più lento. Tale crescita è dovuta

prevalentemente al campo elettrico che aumenta e che favorisce l’abbandonano

dei centri di ricombinazione da parte di elettroni e lacune e, quindi, l’aumento

della corrente.

La misura della corrente in polarizzazione inversa è importante giacché ci

consente di ricavare la tensione di svuotamento del dispositivo e, quindi, la sua

tensione minima di lavoro. C’è da dire che una stima migliore si ottiene dalla

misura della capacità totale del dispositivo in funzione della tensione applicata. La

misura della corrente inversa, inoltre, ci consente di stimare il suo contributo al

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rumore del dispositivo .

3.1.2 Misura della caratteristica I-V

I dispositivi in esame, siano essi STC o DTC, presentano oltre che alla

piazzola che consente di fornire tensione al lato giunzione, chiamato Pad, (vedi

figura 3.3), un Main Guard Ring e due Floating Guard Ring. Per il corretto

funzionamento del dispositivo almeno il Main Guard Ring sarà sempre

polarizzato in modo da schermare il Pad da campi esterni e possibili correnti

superficiali. I due Floating Guard Rings non sono stati polarizzati.[Ref.17]

Fig 3.3: Dettaglio del lato giunzione del rivelatore. Sia il 3D-STC che il 3D-DTC

hanno la stessa geometria sul lato giunzione.

3.1.3 Misura di I-V per il 3D-STC

La misura della caratteristica I-V sul dispositivo 3D-STC è stata eseguita

mantenendo il Pad a 0 V, e fornendo al Back una polarizzazione variabile tra 0 e

-150 V.

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In figura 3.4 è rappresentata una sezione trasversale del dispositivo.

Fig. 3.4: Sezione trasversale del rivelatore3D-STC. In giallo sono

indicati i contatti metallici, in rosa le colonne n+, in verde le

impiantazioni p-stop ed il drogaggio p+ sul back. La tensione è fornita

mediante i contatti metallici che polarizzano gli elettrodi.

La figura 3.5 mostra l’andamento ottenuto per la corrente. Questa passa da

0 a circa 60 nA quando la tensione passa da 0 a circa 20 V, con un ritmo di

incremento di circa 3 nA/V. Aumentando la tensione di polarizzazione, il ritmo di

aumento della corrente passa a 0.7 nA/V. A 200 V la corrente è di circa 180 nA.

Fig. 3.5: Caratteristica I-V del dispositivo 3D-STC ottenuta polarizzando unicamente Pad e Back

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La misura è stata ripetuta mantenendo il Main Guard Ring di volta in volta

ad una tensione positiva diversa (0 V, 2 V, 5 V, 10 V).

In questa configurazione il Main Guard Ring attirerà parte dei portatori, sia che

essi siano dovuti alla diffusione iniziale o all’azione del campo elettrico applicato.

Ci aspettiamo, quindi, una diminuzione del valore della corrente di perdita sul

Pad rispetto a quando il Main Guard Ring è lasciato floating.

Analizziamo la caratteristica I-V sul Pad, per una tensione sul Main

Guard Ring e sul Pad di 0 V, ed una tensione sul Back variabile da 0 a -150V e

riportata in figura 3.6. Osserviamo che la corrente di Pad è effettivamente

diminuita. La corrente aumenta da circa 0 nA a circa 20 nA quando la tensione

passa da circa 0 V a circa 6 V. In questo intervallo di tensione il ritmo di aumento

della corrente è di circa 3.3 nA/V. Da circa 6 V a 150 V la corrente passa da 20 nA

a circa 60 nA, con un ritmo, quindi, di circa 0.3 nA/V.

Come detto nel paragrafo 3.1.1, ci si aspetta che la tensione in

corrispondenza della quale la curva cambia pendenza, rappresenti la tensione di

Fig. 3.6: Caratteristica I-V del Pad con polarizzazione sul Guard Ring.

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svuotamento. Nell’assunzione che la corrente, sia prima sia dopo la tensione di

svuotamento, abbia un andamento lineare, possiamo pensare di stimare la tensione

di svuotamento facendo un doppio fit lineare, vedi figura 3.7. Il valore così

ottenuto non sarà però molto preciso, in quanto soggetto alla scelta degli estremi

dei due fit.

Fig. 3.7: Fit lineare sulla caratteristica I-V con polarizzazione sul Guard Ring

Dal fit lineare (figura 3.7) ricaviamo una tensione di svuotamento di 6 V.

Come vedremo dalla misura della capacità, che ci fornisce una stima più precisa

della tensione di svuotamento, questo valore corrisponde alla tensione a cui solo

la regione tra le colonne è svuotata e non a quella in corrispondenza della quale è

svuotato tutto il dispositivo.

L’andamento della corrente non cambia mantenendo il Main Guard Ring

ad una tensione leggermente superiore a 0 V.

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3.1.4 Misura di I-V per il 3D-DTC.

In figura 3.8 è riportata una sezione trasversale del dispositivo 3D-DTC.

Notiamo la differenza fondamentale tra il 3D-STC e il 3D-DTC: dal back partono

delle colonne drogate di tipo p+. Ovviamente, la geometria del campo elettrico si

modifica e si avvicina di più a quella attesa per i dispositivi full 3D. Il volume

sottratto alla giunzione dalle colonne di tipo p+ è solo una piccola frazione di

quello totale. Ci aspettiamo, quindi, che la tensione di svuotamento del dispositivo

3D-DTC sia confrontabile a quella ottenuta per il dispositivo 3D-STC.

Anche la misura della caratteristica I-V per il 3D-DTC è stata eseguita con

Pad fissato a 0 V, tensione variabile sul Back e il Main Guard Ring messo di

volta in volta a una tensione positiva diversa (0V, 2V, 5V, 10V)

Fig 3.8:Sezione trasversa completa del dispositivo 3D-DTC. In

giallo sono indicati i contatti metallici sul lato giunzione, in rosa

le colonne n+, in verde le impiantazioni p-stop e il drogaggio p+

sul back. La tensione è fornita mediante i contatti metallici.

La caratteristica I-V sul Pad ottenuta per una tensione sul Pad di 0 V ed una

tensione sul Back variabile tra 0 V e -84 V è riportata in figura 3.9.

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Fig 3.9: Caratteristica I-V del dispositivo 3D-DTC con Main Guard Ring a 0.5V.

Fig 3.10: Caratteristica I-V del dispositivo 3D-DTC con Main Guard Ring a 0.5V,

arrestata prima di entrare in regime di breakdown.

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Osserviamo che questo dispositivo presenta un breakdown per tensioni superiori a

80 V. La corrente a 80 V salta al valore di circa 6 A. Il fatto di avere una regione

di sovrapposizione longitudinale tra colonne di tipo opposto che sono a distanza

molto prossima favorisce il breakdown a tensioni più basse rispetto al dispositivo

3D-STC. La figura 3.10 mostra la corrente per tensioni minori di 80 V.

Osserviamo che la corrente del dispositivo 3D-DTC è inferiore a quella del 3D-

STC. A 10 V il dispositivo 3D-STC presenta una corrente di 20 nA mentre il

dispositivo 3D-DTC ha una corrente di 1 nA. L’andamento della corrente, in

questo caso, è diverso da quello del caso del dispositivo 3D-STC. Infatti, notiamo

una salita della corrente fino a circa 10 V a cui segue una corrente più stabile fino

a circa 35 V quando comincia nuovamente a salire. Possiamo attribuire questa

seconda risalita al fatto che già a 40 V il campo elettrico nella regione di

sovrapposizione longitudinale è sufficientemente intenso. Si osservi che non è

semplice estrarre il valore della tensione di svuotamento dall’andamento della

corrente inversa.

3.2 Misura della tensione di punch-

through

3.2.1 Il fenomeno del punch-through

I dispositivi misurati sono polarizzati fornendo la tensione direttamente

alle colonne n+ sul lato giunzione. Questo è possibile perché questi dispositivi

sono caratterizzati da una configurazione a diodo (tutte le colonne n+ sono

collegate). Nel caso di dispositivi più complessi che devono, ad esempio, essere

utilizzati per la ricostruzione di tracce, le colonne non possono essere,

ovviamente, tutte collegate tra loro. Ogni colonna è indipendente dalle altre nella

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configurazione a pixel oppure solo le colonne sulla stessa riga sono collegate tra

di loro nella configurazione a strip. In questi casi il dispositivo deve essere

polarizzato ricorrendo a tecniche particolari. Una di queste consiste nel

meccanismo del punch-through. In pratica si realizza un anello che circonda le

colonne e caratterizzato dallo stesso tipo di drogante di queste. L’anello viene

chiamato “anello di polarizzazione”. In assenza di una tensione applicata

all’anello di polarizzazione sia le colonne che l’anello sono circondati da regioni

di carica spaziale poco profonde e non in contatto tra di loro. In questa condizione

nessuna corrente fluisce tra l’anello di polarizzazione e gli elettrodi. Aumentando

la tensione sull’anello la regione di carica spaziale attorno a questo si amplia fino

a toccare la regione di carica spaziale che circonda le colonne. Quando si

stabilisce questa situazione si dice che siamo in condizioni di punch-through.

Anche se la barriera di potenziale tra le colonne e l’anello di alimentazione si è

ridotta, tuttavia, è ancora sufficiente a impedire l’emissione termica di elettroni

dalle colonne verso l’anello di polarizzazione. Aumentando la tensione sull’anello

di polarizzazione le regioni di carica spaziale attorno alle colonne e sotto l’anello

di polarizzazione, si compenetrano e si allargano fino ad occupare tutto il volume

del dispositivo. La tensione da applicare sull’anello di polarizzazione per stabilire

la condizione di punch-through dipende dalla geometria degli elettrodi, dalla

concentrazione di atomi droganti e debolmente anche dalla carica nell’interfaccia

tra ossido di passivazione e bulk.

In questo paragrafo viene mostrata la misura ottenuta della tensione di

punch-through sia sui dispositivi di tipo 3D-STC che su quelli di tipo 3D-DTC.

Come già detto, questi dispositivi non sono dotati di un anello di polarizzazione

ma possiamo considerare il Main Guard Ring come se fosse un anello di

polarizzazione e misurare la corrente tra Main Guard Ring e Pad. Questo è

sufficiente per fornirci una indicazione sul valore della tensione di punch-through

di dispositivi più complessi aventi la stessa geometria e concentrazione di

droganti.[Ref.18]

Questa misura è stata eseguita, per entrambi i dispositivi, fissando la

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tensione di Pad e Back a 0 V e facendo variare la tensione sul Main Guard Ring

da 0 V a 10 V.

3.2.2 Tensione di punch-through per il dispositivo

3D-STC

La figura 3.11 mostra la corrente misurata per il dispositivo di tipo 3D-

STC.

Come si vede, non c’è corrente tra Main Guard Ring e Pad fino a tensioni

di circa 6 V. A partire da questo valore si apre il canale punch-through e

osserviamo una corrente che cresce linearmente con la tensione.

Fig.3. 11: Corrente di Pad, con Pad e Back a 0V, MGR tra 0V e 10 V

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Fig. 3.12:Dettaglio del fenomeno di punchthrough.

Mediante un fit lineare possiamo ricavare il valore della tensione di punch-

through. Dalla figura 3.13 si ricava che la tensione di soglia per il fenomeno di

punch-through per il dispositivo di tipo 3D-STC è pari a 9 V.

Fig. 3.13:Fit per determinare la tensione di punch-through.

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3.2.3 Tensione di punch-through per il dispositivo

3D-DTC

Si può notare che anche per questo dispositivo applicando una tensione diversa da

0 V al Main Guard Ring si genera una corrente tra Pad e Guard Ring, ben

misurabile quando il Back è ancora a 0 V.

Fig. 3.14: Corrente di Pad, con Pad e Back a 0V, MGR tra 0V e 10 V.

Notiamo che in questo caso otteniamo una corrente di punch-through di

gran lunga inferiore rispetto a quella misurata per il dispositivo 3D-STC. Questa

differenza può essere dovuta alla presenza delle colonne provenienti dal Back,

drogate p+, che inibiscono il fenomeno di punch-through (vedi figura 3.14)

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Fig. 3.15:Dettaglio del fenomeno di punchthrough per il 3D-DTC.

Si ricordi che la colonna p+ non si frappone esattamente tra le due colonne

n+, il che avrebbe completamente inibito l'effetto di punch-through tra due

colonne vicine, ed è per questo che si osserva una, anche se pur piccola, corrente

di punch-through.

Si ricordi, ancora, che qui si sta assumendo che il Main Guard Ring funga

da anello di polarizzazione. Nei dispositivi in cui questo è presente viene

realizzato in modo che l’effetto delle colonne di tipo opposto sia trascurabile.

Fig. 3.16:Fit per determinare la tensione di punch-through

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Tramite un fit lineare della curva rappresentata in figura 3.16 possiamo

determinare anche questa volta la tensione di soglia della corrente di punch-

through.

Dal fit ricaviamo che la tensione di soglia di punch-through è pari a 9 V.

3.3 Misura di Capacità.

3.3.1 Aspetti generali.Le misure di capacità sono state realizzate polarizzando i dispositivi in

modo inverso ed applicando un ulteriore segnale alternato alla giunzione, ovvero

tra il Pad ed il Back. Nel capitolo 2 è stata data una descrizione del setup

sperimentale e della strumentazione utilizzata e in particolare del “LCR meter”.

La capacità di una giunzione planare è esprimibile mediante la seguente

formula, come già detto nel capitolo 1:

C=εSiAW

=Aε Si qe N

2 V b +V bi

dove Si è la permettività elettrica del silicio, qe è la carica dell'elettrone, N è la

concentrazione del drogaggio, Vb è la tensione applicata e Vbi è la tensione

intrinseca che si viene a creare nella giunzione. Una volta che il dispositivo è

completamente svuotato, la capacità assume un valore costante, detto capacità di

svuotamento. Ci si aspetterebbe che l’andamento della capacità in funzione della

tensione sia del tipo rappresentato in figura 3.17.

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Fig. 3.17: A sinistra l'andamento caratteristico di C in funzione della tensione. A

destra quello di 1/C2 sempre in funzione della tensione di polarizzazione.

Dalla curva di 1/C2 in funzione della tensione di polarizzazione (figura

3.17 a destra) possiamo ricavare il valore della tensione di svuotamento. La

finalità delle misure è appunto quella di determinare la capacità di svuotamento e

da questa la tensione di svuotamento.

Come si vedrà, inoltre, la capacità dipende dalla frequenza della tensione

alternata sovrapposta alla tensione di polarizzazione.

3.3.2 Misura della caratteristica C-VSi deve considerare che non si stanno effettuando semplici misure di C-V

su un comune diodo planare, ma su un dispositivo con una geometria un poco più

complessa; vi è quindi la necessità di creare un modellino che giustifichi il

comportamento capacitivo una volta raggiunto lo svuotamento completo nei

dispositivi ed accertare che questo modello sia in accordo con le misure

sperimentali. Il modellino deve ovviamente tenere conto della geometria dei

dispositivi. Le differenze nella geometria dei due tipi di dispositivi si rifletteranno

nella curva della capacità in funzione della tensione, e nella capacità di

svuotamento visto che anche il processo di svuotamento dipende dalla geometria.

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3.3.2.1 Misura della curva C-V per il

dispositivo 3D-STC

Le misure relative alla capacità per il dispositivo 3D-STC si dividono in due

principali categorie:

• Misura di C in funzione della frequenza del segnale variabile

applicato.

• Misura di C in funzione della tensione di polarizzazione.

Fig. 3.18:Andamento della capacità in funzione della frequenza

I punti in figura 3.18 mostrano l'andamento della capacità del dispositivo 3D-STC

in funzione della frequenza della componente variabile della tensione applicata.

Si nota che per basse frequenze la capacità del dispositivo è leggermente più alta,

circa 3.8 pF rispetto ai 3.2 pF che abbiamo alle alte frequenze.

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In generale ci si aspetta che la capacità sia più alta alle basse frequenze

che non a frequenze più alte, per il contributo di impurità e imperfezioni nel

semiconduttore. I centri di ricombinazione possono essere occupati da cariche

provenienti da una delle due bande; dalla risoluzione dell'equazione di Poisson si

nota che quando i centri di ricombinazione sono occupati vi è un ulteriore

accumulo di carica nella giunzione rispetto alla situazione in cui si era trascurato

il contributo di tali impurità. Questo fenomeno è influenzato dal segnale alternato

applicato al dispositivo; per basse frequenze i livelli profondi all'interno del band

gap risultano popolati e per questo la capacità risulta più alta a basse frequenze.

Il modello di Godham e Naik [Ref.19, 20], assumendo un unico livello

accessibile all'interno della band gap, approssima il comportamento a basse

frequenze della capacità con la seguente relazione:

C p=C∞C0−C∞

1 ωωt

2 , (3.1)

dove Cp è il comportamento della capacità dipendente dalla frequenza, C0 è il

valore che la capacità assume per frequenze nulle, e t è la cosiddetta frequenza

di normalizzazione del fenomeno. Se consideriamo C0 e t come dei parametri,

possiamo utilizzare questo modello per eseguire un fit sui dati sperimentali

ottenuti.

La curva a tratto pieno nella figura 3.18 rappresenta appunto il risultato di

questo fit. A quanto pare questo semplice modello non riesce a descrivere appieno

la nostra situazione fisica. Si vedrà che invece questa descrizione si adatterà

molto bene per la stessa misura sul dispositivo 3D-DTC.

Si noti il punto a 200 Hz che è sempre più alto anche ripetendo più volte la

misura.

Emerge che per la misura della capacità è meglio usare frequenze

maggiori di 104 Hz, in corrispondenza delle quali la capacità si mantiene

pressoché costante. Nella figura 3.19 è riportato l’andamento misurato sia della

capacità sia del reciproco al quadrato della capacità in funzione della tensione di

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polarizzazione, avendo fissato la frequenza di misura a 104Hz.

Fig. 3.19: Andamento della Capacità con il Reverse Bias, e andamento di 1/C^2

Si nota dalla figura 3.19 in basso, che per tensioni molto basse, il grafico

di 1/C2 presenta una regione piatta, fino a che non si raggiunge una polarizzazione

inversa di circa 6 V, poi c'è una salita lineare fino ad un valore costante. Si può

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spiegare questo comportamento assumendo che lo svuotamento tra le colonne

precede il completo svuotamento del dispositivo, come atteso.

Fig. 3.20: In giallo le zone svuotate, nella figura a sinistra lo svuotamento tra

due colonne adiacenti, nella figura a destra il successivo svuotamento tra le

colonne ed il Back.

Dal fit del quadrato del reciproco della capacità possiamo ottenere il

valore preciso della tensione di svuotamento, pari a 18 V.

Il valore della capacità di svuotamento è pari a circa 2 pF. Si può stimare

il valore della capacità di svuotamento ricorrendo a un semplice modello. Il

dispositivo può essere approssimato al parallelo di due condensatori piani, uno

avente area pari alla somma delle aree di tutte le basi cilindriche delle colonne e

altezza pari alla distanza tra la base inferiore della colonna ed il back, ed un altro

condensatore avente come area la superficie complementare all'area precedente ed

altezza pari all'altezza del substrato p. Questo modellino fornisce come risultato

una capacità di svuotamento di circa 2.5 pF, che è in accordo con quella

misurata..

3.3.2.2 Misura della caratteristica C-V per il dispositivo 3D-

DTC

Anche le misure della caratteristica C-V per il dispositivo 3D-DTC si

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dividono in:

• Misura di C-f con f frequenza della componente variabile della

tensione applicata.

• Misura di C-V.

Fig. 3.20:Andamento della Capacità in funzione della frequenza per il dispositivo 3D-DTC

La figura 3.20 riporta l’andamento della capacità in funzione della

frequenza per questo dispositivo. Come si vede il comportamento a basse

frequenze si discosta in maniera considerevole da quello ad alte frequenze. La

capacità alle basse frequenze risulta essere circa il doppio di quella alle basse.

Applicando il modello di Godham e Naik [Ref.19, 20]:

C p =C∞

C0−C∞

1 ωωt

2 , (3.2)

verifichiamo tramite un fit lineare che l'andamento ottenuto è in accordo con

quella prevista dal modello; questo può essere dovuto al fatto che rispetto al 3D-

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STC, la struttura cristallina del 3D-DTC è maggiormente stressata, per via del più

complesso processo di fabbricazione. Ciò potrebbe comportare l'insorgere di un

maggior numero di livelli energetici nel band gap.

Anche in questo caso, per la misura della capacità in funzione della

tensione si è scelto di fissare la frequenza a 104 Hz.

La figura 3.21 mostra il risultato della misura della capacità in funzione

della tensione di polarizzazione. Nell’andamento ottenuto possiamo distinguere

tre regioni differenti. La prima fino a 14 V quando si raggiunge lo svuotamento

della regione tra le colonne di tipo opposto. La seconda tra 10 V e 20 V in cui la

regione di svuotamento procede linearmente dalla zona tra le colonne fino a tutto

il resto del volume. La terza al di sopra dei 20 V quando il dispositivo è

completamente svuotato e la capacità si mantiene costante.

Dal fit dell’andamento del quadrato del reciproco della capacità

determiniamo una tensione di completo svuotamento pari a circa 18 V. Si tratta di

un valore che è paragonabile a quello ottenuto per il dispositivo 3D-STC. Per

tensioni inferiori a quella di completo svuotamento l’andamento è differente da

quello ottenuto per il dispositivo 3D-STC. Non ci si aspetta che lo svuotamento

dello spazio tra le colonne del lato giunzione proceda nello stesso modo per la

presenza delle colonne del lato ohmico con drogaggio complementare. Lo

svuotamento tra le colonne del lato giunzione è raggiunto solo per tensioni di

circa 15V.

La capacità di svuotamento per il dispositivo 3D-DTC risulta essere pari a

9 pF. Anche in questo caso è stato prodotto un modellino per giustificare questo

valore. Abbiamo considerato due contributi distinti. Il primo è quello tra le basi

delle varie colonne drogate n+ e il back e quello tra il lato giunzione e l’estremità

superiore delle colonne p+. Questo contributo è approssimabile a tanti piccoli

condensatori piani messi in parallelo. Il secondo contributo deriva dalla regione di

sovrapposizione longitudinale tra le colonne p+ e quelle n+. Ogni colonna n+ è

circondata da 4 colonne p+, anche se, come mostrato, le colonne non penetrano

tutto il bulk. Perciò consideriamo una capacità cilindrica per ogni elettrodo, che

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ha per altezza il tratto comune delle due colonne. Data la matrice di colonne

16x16, dobbiamo considerare 256 condensatori cilindrici di tal tipo.

Fig. 3.21:Andamento della capacità e di 1/C^2 in funzione della tensione di polarizzazione.

Il calcolo della capacità di questo modellino fornisce il risultato di 8.5 pF,

anche in questo caso in accordo col valore misurato.

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Conclusioni

In questo lavoro di tesi ho misurato e messo a confronto alcuni parametri

elettrici di due dispositivi al silicio ad elettrodi tridimensionali (dispositivi 3D).

Un dispositivo è caratterizzato da elettrodi a colonna di tipo n+ che penetrano dal

lato giunzione verticalmente nel bulk (di tipo p) e chiamato 3D-STC (3D single

type column). L’altro è caratterizzato da elettrodi a colonna di tipo n+ che

penetrano nel bulk dal lato giunzione e da elettrodi a colonna di tipo p+ che

penetrano nel bulk partendo dal lato ohmico e chiamato 3D-DTC (3D double type

column).

I principali risultati ottenuti sono sintetizzati nei punti seguenti:

Il dispositivo 3D-STC non va in regime breakdown fino alla

tensione di polarizzazione di 200 V. Il dispositivo 3D-DTC va

in breakdown prima, alla tensione di 84 V.

La corrente del dispositivo 3D-STC è caratterizzata da un

ginocchio a circa 10 V e l’andamento è di tipo lineare con la

tensione sia prima sia dopo il ginocchio. Il dispositivo 3D-DTC

presenta un andamento più complesso per via della differente

configurazione, come spiegato prima.

Le tensioni di svuotamento tra i due dispositivi sono

paragonabili, come atteso.

La capacità di svuotamento del DTC è superiore alla capacità di

svuotamento del STC, risultato atteso vista la differente

geometria dei due dispositivi.

Per basse frequenze il 3D-DTC è soggetto ad un aumento della

capacità, ben in accordo con il comportamento descritto dal

modello di Godham e Naik. Per il 3D-STC l'aumento di

capacità è meno spiccato, e non viene ben descritto dal modello

precedente. Anche questo comportamento è atteso, in quanto ci

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aspettiamo che il processo di fabbricazione dei 3D-DTC possa

produrre maggiori stress nel materiale semiconduttore di quanti

ne introduca il processo di fabbricazione dei 3D-STC.

Questi risultati mostrano che il progresso della tecnologia tridimensionale

procede nella giusta direzione, almeno per quanto riguarda il comportamento del

dispositivo per le correnti di perdita e la capacità di svuotamento.

E' interessante in particolare il dato che il 3D-DTC non vada in regime di

breakdown prima di valori superiori a circa 4 volte la tensione di svuotamento.

Questo è importante per garantire che anche dopo l'irraggiamento, che potrebbe

provocare un aumento della tensione di svuotamento totale, il dispositivo possa

ancora operare come rivelatore.

Data la loro alta resistenza ai danni da radiazione, i dispositivi 3D sono tra

le opzioni preferite per esperimenti futuri nella fisica delle particelle che

richiedono un alta luminosità, ad esempio l'aggiornamento di LHC a S-LHC.

Inoltre la tecnologia ad elettrodi tridimensionali è adatta per la costruzione

di dispositivi con “active edge”, in modo che la regione insensibile alla radiazione

può essere ridotta a meno di 10 m, un ottimo risultato rispetto a qualche

centinaio di m per la tecnologia planare. Questa possibilità permette di costruire

dispositivi che abbiano una vasta area senza bisogno di saldature che colleghino

tra loro vari dispositivi.

L'ultima caratteristica facilita di molto la configurazione, riduce i costi per

il materiale ed inoltre migliora la risoluzione della misura dell'impulso.

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Bibliografia.

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[13] http://root.cern.ch/root/doc/RootDoc.html, ROOT User’s guide.

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4. Relazione riguardante l'attività di tirocinio

L’attività di tirocinio svolta presso la sezione di Bari dell’Istituto

Nazionale di Fisica Nucleare sotto la direzione del dott. Giuseppe Zito nel periodo

dicembre 2008 - gennaio 2009 ha avuto come oggetto di studio l’implementazione

di un programma scritto nel linguaggio Cint per la visualizzazione di una mappa

del Tracker dell’esperimento CMS in cui i diversi elementi del rivelatore sono

stati colorati in base al numero di hit che hanno interessato ogni modulo in una

ricostruzione generata utilizzando il metodo Monte Carlo. La visualizzazione di

tale mappa è stata possibile utilizzando Root, un pacchetto software object-

oriented sviluppato dal CERN, molto utilizzato per l’analisi dei dati.

Tale attività è stata svolta in collaborazione con Daniele Vadruccio,

laureando in fisica (1° livello). Entrambi abbiamo lavorato sul programma

dividendoci i compiti come ci era stato suggerito dal responsabile del tirocinio. La

stesura del codice è stata compiuta a quattro mani, mentre il lavoro ricerca della

documentazione e la scrittura delle singole funzioni sono state suddivise in questa

maniera: il mio lavoro verteva prevalentemente sulla visualizzazione delle diverse

colorazioni sulla mappa, e sulla creazione delle palette dei colori, mentre il mio

collega ha curato più il meccanismo di lettura dei dati e la relativa associazione tra

elementi del Tracker e hit.

Prima di poter cominciare il lavoro vero e proprio è stata necessaria una

fase di studio di un programma già scritto, nel medesimo linguaggio informatico,

che disegna una mappa bidimensionale del Tracker di CMS. Il lavoro vero e

proprio è consistito nell’aggiornamento di tale programma per adattarlo all’analisi

di dati reali.

Il programma è strutturato in modo tale che legga un file

“coordinates1.txt” da cui sono caricate le posizioni nella mappa di ognuno dei

16.588 elementi del tracciatore, particolare attenzione stata prestata nel

distinguere quelli triangolari da quelli quadrangolari per cui è stata introdotta una

verifica preliminare del numero di vertici di ciascun modulo. Ad ognuno di essi

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viene associato il suo codice di identificazione. Tale codice, che è un numero a 9

cifre, è stato fornito direttamente dalla banca dati di CMS e viene letto e

memorizzato insieme alle coordinate.

Di seguito è riportata una riga del file “coordinates1.txt”

4 128.999 2924.82 122.052 2928.88 126.578 2931.26 132.669 2926.74 470181512

Il primo intero rappresenta il numero di vertici del modulo, accanto sono

riportate le loro coordinate nella rappresentazione x,y della mappa e infine

l’identificatore.

Una volta memorizzate le informazioni necessarie per creare la mappa

viene letto il file “ennupla.txt” in cui sono memorizzati gli elementi del Tracker

colpiti nella ricostruzione Monte Carlo.

Il programma, a questo punto, con una serie di selezioni determinate a

partire dagli identificatori dell’evento, legge gli elementi del Tracker colpiti per

ognuno di essi e incrementa, per i moduli interessati un contatore “eventi” che ne

restituisce il numero di hit.

Ecco una riga esemplificativa del file “ennupla.txt” in cui si vedono gli 8

identificatori dell’hit, il numero di elementi colpiti e i loro codici di

riconoscimento.

1 15872910 4536 -1 -1 -1 1 14 7 436314320 436314288 436281424 436266636 436266476 436299496 436316040

Il numero di eventi che interessano ogni modulo viene quindi normalizzato

rispetto all’elemento più colpito ed è conseguentemente associato a una paletta di

colori impostata utilizzando la scala RBG (red, green, blue). In un primo

momento le varie colorazioni erano state impostate con la color-wheel di Root,

cosa che permetteva una più rapida esecuzione del programma, ma aveva dei

limiti molto evidenti nella scelta dei colori, che erano poco più di cinquanta. I

colori sono convertiti in un vettore di tre numeri compresi tra 0 e 255 che

rappresentano le quantità dei colori primari presenti, appunto rosso, blu e verde.

Tali vettori sono ordinati secondo una scala che riproduce le colorazioni

dell’arcobaleno dal violetto al rosso.

Si è reso necessario, per costruire questa particolare scala di colori,

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l’utilizzo di una serie di scelte multiple per definire una funzione che riproducesse

la variazione dei colori richiesta. Le cinque definizioni di tale funzione

rappresentano le diverse combinazioni dei tre colori di base, in cui due sono fissati

a valori estremi ( 0 e 255) e l’altro varia su una scala lineare relativa al numero di

hit sui moduli. In questo modo c’è una perfetta corrispondenza tra le distribuzioni

dei colori e del numero di eventi che interessano i diversi elementi del Tracker. La

potenza di questa scrittura consiste nell’assoluta interscambiabilità delle palette, le

quali possono essere definite con una qualsiasi funzione o insieme di funzioni, che

permette delle diverse colorazioni secondo le necessità di visualizzazione.

A questo punto viene disegnata la mappa utilizzando il comando TCanvas

che permette il rendering dinamico di immagini gestibili attraverso un linguaggio

di scripting. Vengono disegnati i contorni dei moduli con una linea spezzata che

passa per i vertici e colorato l’interno con il colore associato al numero di hit. Il

numero di sfumature dei diversi colori dipende dalla distribuzione del numero di

eventi segnalati su ogni modulo e non dalla colorazione della tavolozza, che ha,

con questo metodo di associazione, una precisione pressoché infinita. Il fondo è

stato colorato di un celeste molto opaco perché è uno dei pochi colori neutri

rispetto alla visualizzazione delle tavolozze, cioè non disturba la visione

dell’immagine e mantiene un contrasto abbastanza evidente con i vari colori

utilizzati nella maggior parte delle palette.

All’esecuzione del programma è inoltre stampato un file di controllo

“exit.txt” in cui sono visualizzati gli elementi del Tracker con i loro numeri

identificativi e la quantità di eventi che li hanno interessati.

Sono visualizzati anche il colore con il suo codice numerico associato e il

codice-colore nella rappresentazione della paletta di visualizzazione.

Di seguito è riportato il codice del programma che permette la

visualizzazione della mappa del Tracker di CMS debitamente colorata e una

stampa dell’immagine prodotta.

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#include <map>

#pragma link C++ class map<short,allocator<short> >; #pragma link C++ class vector<char,allocator<char> >;using namespace std;

void TrackerNewRGB(){

int rgb[3];int n,i,j,m;int record;int counter;float color;float c2 = 0; //mi dice quante volte il modulo più colpito è stato colpitofloat c1;float x1,y1,x2,y2,x3,y3,x4,y4;double x[4],y[4];

struct coordinateModulo{ double x[4]; double y[4]; int lati; int modulo; float eventi = 0;} track[16588];

std::map<int,int>indice_moduli;

FILE* cfile=fopen("coordinates1.txt","r"); FILE* bfile=fopen("ennupla.txt","r"); FILE* afile=fopen("exit.txt","w");//TPostScript MyPs("TrackerMap.ps",111);//MyPs.Range(21,29);

TCanvas *MyC = new TCanvas("MyC", "TrackerMap",3000,1600); gPad->SetFillColor(38);

// MyC->setFillColor(10);gPad->Range(0,0,3000,1600); TRandom r; Int_t ncolors = gStyle->GetNumberOfColors(); Int_t nmod = 0;//Ciclo while per memorizzare coordinateswhile( fscanf(cfile,"%i",&n) != EOF) { //cout << n << endl; if ( n == 3) { fscanf(cfile,"%f %f %f %f %f %f

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%d",&x1,&y1,&x2,&y2,&x3,&y3,&counter); //cout << x1 << " " << y1 << " " << x2 << endl; track[nmod].lati=n; track[nmod].x[0]=x1; track[nmod].x[1]=x2; track[nmod].x[2]=x3; track[nmod].y[0]=y1; track[nmod].y[1]=y2; track[nmod].y[2]=y3;

track[nmod].modulo=counter;

}

if ( n == 4) {

fscanf(cfile,"%f %f %f %f %f %f %f %f %d",&x1,&y1,&x2,&y2,&x3,&y3,&x4,&y4,&counter); // cout << x1 << " " << y1 << " " << x2 << endl; track[nmod].lati=n;

track[nmod].x[0]=x1; track[nmod].x[1]=x2; track[nmod].x[2]=x3; track[nmod].x[3]=x4; track[nmod].y[0]=y1; track[nmod].y[1]=y2; track[nmod].y[2]=y3; track[nmod].y[3]=y4; track[nmod].modulo=counter;

}nmod++;}

for(i=0;i<16588;i++){ indice_moduli[track[i].modulo]=i; }

//questo ciclo while mi serve per accumulare gli eventi in trackwhile( fscanf(bfile,"%i %i %i %i %i %i %i %i %i", &m,&m,&m,&m,&m,&m,&m,&m,&m) != EOF){ if ( m != 0 ){ for(i=1; i<=m;i++){

fscanf(bfile,"%i",&record); std::map<int,int>::iterator pos; pos = indice_moduli.find(record); if(pos!=indice_moduli.end()){

track[pos->second].eventi++;}

}}

}

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//c2 mi dice quante volte viene colpito il bersaglio più colpitofor (i=0;i<16588;,i++){

if (c2 < track[i].eventi){ c2 = track[i].eventi;}

}

for(i=0;i<16588;i++) {c1 = c2/5;

if(track[i].eventi <= c1){ rgb[0]= (1 - (track[i].eventi/c1))*255;

rgb[1]=0;rgb[2]=255;

}if(c1 < track[i].eventi && track[i].eventi <=2 * c1){ rgb[0]=0;

rgb[1]=((track[i].eventi-c1)/c1)*255;rgb[2]= 255;

}if(2* c1 < track[i].eventi && track[i].eventi <=3 * c1){ rgb[0]=0;

rgb[1]=255;rgb[2]=(1-((track[i].eventi -(2 * c1))/c1))*255;

}if(3* c1 < track[i].eventi && track[i].eventi<=4 * c1){ rgb[0]=((track[i].eventi-(4*c1))/c1)*255;

rgb[1]=255;rgb[2]=0;

}if(4* c1 < track[i].eventi && track[i].eventi<=5 * c1){ rgb[0]=255;

rgb[1]=(1-((track[i].eventi -(4 * c1))/c1))*255;rgb[2]=0;

}color = TColor::GetColor(rgb[0],rgb[1],rgb[2]);

fprintf(afile,"%i %i %i %i %i %f\n",i,track[i].modulo,track[i].eventi,c2,color, track[i].eventi / c2);

TPolyLine* pline = new TPolyLine(track[i].lati,track[i].y,track[i].x);

//aggiustare il setfillcolorif(track[i].eventi==0){

pline->SetFillColor(track[i].eventi);

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}else{

pline->SetFillColor(color);}

pline->SetLineWidth(0);pline->Draw("f");

pline->SetUniqueID(nmod); }MyC->Print("NewTrackerMapBlue.png");MyC->AddExec("ex","ModuleClicked()");//MyPs.Close();}void ModuleClicked() { //this action function is called whenever you move the mouse //it just prints the id of the picked triangle //you can add graphics actions instead int event = gPad->GetEvent(); if (event != 11) return; //may be comment this line TObject *select = gPad->GetSelected(); if (!select) return; if (select->InheritsFrom("TPolyLine")) { TPolyLine *pl = (TPolyLine*)select; printf("You have clicked module %d, color=%d\n", pl->GetUniqueID(),pl->GetFillColor()); }}

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Ringraziamenti

I ringraziamenti sono forse la parte più leggera sia nella scrittura che nella

lettura della tesi, ma non per questo sono poco importanti o superflui.

Il primo, sentito, grazie va ai miei docenti tutori, il Prof. Salvatore Nuzzo

ed il Dott. Salvatore My, e non solo per ciò che mi hanno insegnato in questo

periodo di lavoro, ma anche per la comprensione con cui mi hanno seguito. A loro

devo riconoscere, oltre che un'eccellente professionalità, una spiccata sensibilità

verso gli studenti.

Un grazie particolare va al Dott. Norman Manna, sempre disponibile a

darmi una mano ed a mettere a mia disposizione la sua esperienza, senza farmi

mai pesare il suo aiuto.

Ringrazio il Prof. Vincenzo Berardi per aver fornito il suo autorevole

parere riguardo questo lavoro di tesi.

Porterò sempre con me il ricordo dei compagni di studio e di strada di

questi anni universitari: Marco, diventato in questi anni un fratello con cui

condividere gioie e dolori, confidenze ed appunti (anche se gli appunti sono stati

quasi sempre i suoi); Alessandro, che con la sua infinita pazienza e bontà è

diventato per me un punto di riferimento e stabilità; Daniele, brillante collega e

fedele compagno di squadra, senza il quale non avrei potuto realizzare molte delle

cose fatte in questi anni; Massimiliano, con cui ho condiviso la passione per

l'informatica ed in particolare per GNOME; Rosma, sempre pronta a

tranquillizzarmi ed a frenare la mia immaginazione nei momenti di sconforto;

Rosangela, che con il suo fare protettivo ed i suoi modi “posati” si è rivelata

un'ottima amica nel momento del bisogno; Frank, con il quale ho trascorso

interminabili ore sui libri ed ore molto più piacevoli disquisendo di musica;

Angelo, sempre pronto a rallegrare le giornate di tutti con la sua verve e i suoi

mirabolanti racconti; Massimo, a cui tutti dobbiamo un innalzamento del livello di

stile medio del dipartimento; Pietro, che con la sua semplicità mi ha offerto nuove

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ed interessanti prospettive sulle varie situazioni della vita.

Ed ancora un ringraziamento va ai vari compagni incontrati in questi anni: Elena,

Ornella, Gaetano, Rosanna, Annarita, Antonio, Pietro, Ciro, Giuseppe, Lorenzo,

Andrea, Marco, Maria Valentina, Fabio, Francesco, Francesca e mi perdoni chi

non è stato citato (le omonimie vanno ritenute degeneri).

Come dimenticare i miei amici storici: Alberto, Mauro, Marco,

Antonio,Vito, Simona, Pippo e Marinella, tutti i ragazzi del Box e del Rosafante

che meritano un ringraziamento particolare e di carattere extrauniversitario.

Uno dei pensieri più dolci va a Maria Elena, che in questi mesi mi ha

regalato momenti stupendi e mi è sempre stata accanto.

L'ultimo e più importante pensiero va ai miei genitori, ed a tutta la mia

famiglia, senza i quali non sarebbe stato possibile realizzare questo importante

passo della mia vita.