Tesi di laurea Bertolesi

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Corso di laurea in Filosofia

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  • UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANOFacolt di Studi Umanistici

    Corso di Laurea Triennale in Filosofia

    OMINIZZAZIONE, ETOLOGIA ED EVOLUZIONE NEL PENSIERO DI REN GIRARD

    Relatore : Prof. Gianfranco MORMINO

    Elaborato finale di:

    Lorenzo BERTOLESI

    Matricola n. 775986

    Anno Accademico 2012 2013

  • Credo che potrei voltare la schiena e andare a vivere con gli animali, sono cos placidi e contenti,

    Mi fermo e li contemplo per ore e ore. [..]

    Essi mi rivelano i loro rapporti con me e io li accetto,Mi recano testimonianze di me, e dimostrano chiaramente

    che le hanno in loro possesso.

    Mi chiedo dove mai abbiano raccolto queste testimonianze,Forse anch'io sono passato da quelle parti, tempi infiniti or

    sono, e con negligenza le ho lasciate cadere?

    Per conto mio, avanzando allora, ora, sempreRaccogliendo e rivelando sempre pi,con velocit sempre

    maggiore,Infinito e onnigeno, loro simile tra le varie specie,

    Non troppo sdegnoso verso quelli che ostentano i miei ricordi,Ne scelgo uno che amo, col quale m'avvio come con un fratello

    Non so da dove hanno preso quei segni, Io senza saperlo potrei essere passato per quella via secoli fa e averli

    negligentemente lasciati cadere, Nel mio muovermi in avanti allora, ora e sempre,

    Raccogliendone e mostrandone altri, senza sosta e velocemente,

    Infinito e onnigeno e simile, a loro, Senza troppo discriminare chi somiglia a quelli che mi somigliano,

    Scegliendo qui qualcuno che amo, scegliendo di andare con lui come un fratello

    (W. Whitman, Il canto di me stesso 32)

    il disordine (condotte casuali, competizioni, conflitti) ambiguo: da una parte uno degli elementi costitutivi

    dell'ordine sociale (variet, differenziazione, elasticit, complessit), ma d'altra parte resta nello stesso tempo

    disordine, cio minaccia di disintegrazione. Qui, di nuovo, la minaccia costante che il disordine mantiene ci che d

    alla societ il suo carattere complesso e vivo di riorganizzazione permanente.

    (E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p. 45).

    1

  • Indice:

    Introduzione...................................................................................................3

    1. Il processo di ominizzazione: ricostruzione dell'ipotesi di Ren Girard...91.1 Uno sguardo al passato........................................................................................91.2 Capro espiatorio e salvezza umana....................................................................191.3 Contrattualismo: un'ipotesi poco verosimile.....................................................24

    2. Etologia..........................................................................................................282.1 Mimetismo e Violenza: Girard e l'etologia........................................................282.2 Risoluzione attraverso il capro espiatorio: ri-direzione dell'aggressivit e legame......................................................................................................................482.3 Questione di mimetismo....................................................................................59

    3. Evoluzione, Ominizzazione e Teoria Mimetica..........................................633.1 Evolution Theory , Mimetic Theory: due teorie a confronto..............................633.2 Religione, Cultura e selezione di gruppo...........................................................703.3 Evoluzione e Sistemi Auto-organizzatori...........................................................80

    4. Istituzioni sociali nate dal meccanismo vittimario....................................894.1 Il significante trascendentale.............................................................................904.2 Divieti e Riti.......................................................................................................954.3 Domesticazione ed agricoltura........................................................................1024.4 Regalit............................................................................................................106

    Conclusione.................................................................................................109

    2

  • Introduzione

    La variet culturale, le diverse abitudini ed i bizzarri rituali tipici di ogni societ

    affascinano da sempre moltissimi pensatori, viaggiatori ed osservatori, i quali non possono

    redimersi dal riflettere sulla differenza culturale; si pensi ad Erodoto che nelle sue Storie

    ci narra dello stupore che i Greci mostrarono nei confronti delle abitudini funebri degli

    Indiani, e viceversa1; anche Montaigne muove la sua sottile attenzione su tale tema,

    facendo notare lo strano comportamento dell'europeo 'civilizzato' che agli occhi del

    'selvaggio' pone i suoi escrementi nasali all'interno di un lembo di stoffa pregiata,

    portandosela appresso tutto il giorno. Questo medesimo interesse si concretizzer con la

    nascita dell'antropologia culturale, disciplina nata con l'ambizioso compito di studiare in

    modo programmatico le diverse culture mondiali; tale indagine, guardando al particolare,

    non dimenticava certo il generale, ed per questo che la ricerca sul campo era condita con

    una fine ricerca teorica e speculativa: le culture si presentavano molto diverse, ma in

    fondo all'orizzonte si stagliavano delle 'regolarit', dei fenomeni universali, all'insegna

    dei quali si poteva ipotizzare e, poi, declamare una pagliuzza, un singolo aspetto o rituale,

    dal quale divamp la cultura umana (si pensi alla proibizione dell'incesto o la regole

    dell'esogamia). Ben presto, per, l'antropologia abbandon questo atteggiamento teorico, a

    causa dell'incapacit esplicativa delle teorie elaborate; questioni quali l'origine delle forme

    culturali, delle credenze religiose e dei riti ad esse associati, vennero accantonate e questo

    gener nuovi interessi e nuove riflessioni. Una delle problematiche maggiori era il

    problema della religione, il cui ruolo e funzione rimasero a lungo incomprese, o peggio : gli

    atteggiamenti superstiziosi che la caratterizzavano, finirono per stigmatizzare l'immagine

    della religione come irrazionalit e falsit. La rinuncia a tentare di comprendere queste

    istituzioni non fu per universale, e tra le diverse teorie che tentano di sgrovigliare la

    matassa culturale spiccano i testi di Girard.

    Ispirato dalla teorizzazione del desiderio mimetico, Girard s'immerge totalmente

    nella questione antropologica, donando al pubblico una rivoluzionaria lettura del concetto

    di sacro, di rito ed in generale del concetto di Cultura; la domanda che guida la riflessione

    1 Una volta Dario, durante il suo regno, convoc i Greci del suo seguito e chiese loro per quale somma avrebbero accettato di cibarsi dei cadaveri dei loro padri morti; ed essi risposero che non lo avrebbero fatto mai, per nessuna somma. Subito dopo Dario chiam degli Indiani, della trib dei Callati, trib in cui si usa cibarsi dei propri genitori, e domand loro, in presenza dei Greci (che potevano seguire i discorsi grazie a un interprete), per quale somma avrebbero acconsentito a cremare sul rogo i loro padri; ed essi protestarono a gran voce invitando Dario a non dire empiet. Le usanze sono usanze, c poco da fare, e a me sembra che Pindaro labbia espresso molto bene dicendo: La tradizione regina del mondo (Erodoto, Storie, III, 38).

    3

  • girardiana (in queste opere antropologiche) questa: Perch la credenza nel sacro? Perch

    ovunque riti e divieti, perch non vi mai stato un ordine sociale, prima del nostro, che non

    appaia dominato da una entit soprannaturale?2. Ne La Violenza ed il sacro viene espressa

    la teoria del capro espiatorio, idea molto semplice, chiara e per questo sovente imputata di

    riduzionismo e fantasia: questa fu la mia stessa opinione la prima volta che ne sentii

    parlare; le difficolt che suscitava, le problematiche cos complesse che riusciva a

    sbrogliare cos facilmente mi spronarono ad affrontare i diversi testi del 'critico letterario'

    con un atteggiamento di radicale scetticismo: fu cos che venni folgorato, e dovetti

    ricredermi. Girard propone un'ipotesi di una coerenza e di un interesse sorprendente, la cui

    efficacia trova spesso delle conferme; non intendo qui sostenere che la teoria mimetica sia

    al cento per cento esatta, soprattutto per la strutturazione 'generale' che Girard ne da: molti

    problemi sono da risolvere, molte difficolt sono ancora all'orizzonte; per una realt

    credo innegabile che l'argomentazione mimetica sia una fonte proficua di spunti e

    intuizioni forti, utili per comprendere attentamente i nostri desideri ed i nostri

    comportamenti; molti sforzi e molti pensatori dall'estrazioni accademiche pi diverse

    s'interessano alla teoria mimetica, confrontandosi a fondo con le sconvolgenti intuizioni del

    suo teorico; tale ipotesi trova feconde applicazioni in antropologia, in psicologia ed in

    molte altre discipline. Ren Girard propone una rilettura della Cultura e delle religioni

    arcaiche davvero affascinante, che influenza totalmente il nostro modo di affrontare i

    problemi classici dell'antropologia, e non solo: la rilettura che da dei grandi romanzieri

    europei e dei maestri della tragedia greca, costringe il lettore ad un cambio di 'occhiali da

    lettura', consegnandoci testi il cui nuovo significato da lui scovato determina il crollo di

    tutto quello che credevamo di sapere su opere che pensavamo aver esaurito.

    Con l'individuazione del meccanismo vittimario Girard crede di aver portato alla

    luce non solo una semplice ipotesi, ma una vera e propria teoria della Cultura (dunque del

    religioso) la quale po' considerarsi la vera realt universalmente antropologica. Detta

    ipotesi ampliata in Delle Cose nascoste sin dalla fondazione del mondo si presenta

    dunque come una lente ermeneutica delle realt sociali umani, capace di rendere conto in

    modo coerente e come dice Girard 'scientifico' di quella particolare specie che

    possiamo definire homo religiosus: nutrendosi dello studio dei rituali religiosi e delle opere

    mitologiche, l'autore ha l'ambizioso compito di sgrovigliare la complessa realt umana,

    rispondendo ad una delle questione pi titaniche riguardanti l'origine della cultura, ed in

    fondo, dell'uomo stesso. Molto fiducioso ed audace, Girard si spinge oltre la soglia della

    2 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., pp. 17-18.

    4

  • storia documentata, gettandosi in un passato ancestrale, nel quale uomo ed animale

    vivevano uno fianco all'altro, proprio come fece Rousseau quando immerso nelle

    boscaglie francesi elabor il celebre Discorso sulla Disuguaglianza; Girard molto

    ardito nelle sue ricerche e nelle sue speculazioni, ed per questo motivo che fui molto

    colpito dalla sua ipotesi dell'ominizzazione: un'ipotesi appena abbozzata ma che,

    nonostante le diverse lacune, si presenta estremamente efficace e disarmante, in grado di

    superare il fugace affresco lasciato da Freud in Totem e Tab; la questione

    dell'ominizzazione d'importanza capitale, proprio perch solo sapendo da dove siamo

    partiti che possiamo davvero capire totalmente dove (e come) andare o pi semplicemente

    in che modo poter affrontare i problemi che via via la nostra societ sviluppa; ogni riforma

    sociale o personale (possibile e non utopiche), ogni discorso teorico sulla nostra Cultura,

    sul rapporto con il pianeta e gli altri esseri viventi che lo abitano, trova la sua marcia

    iniziale nella scoperta delle nostre origini.

    Cosa vi di davvero fondamentale nella risposta che da Girard a tale questione? La

    superiorit dell'ipotesi di Girard si rivela nella ricostruzione di stampo biologico-

    evoluzionistico: se davvero si vuole rendere conto dell'uomo e della nascita della cultura,

    tale atteggiamento non pu essere ignorato, come invece spesso avviene. Non si deve

    stabilire una cesura tra le diverse discipline, affermando la totale superiorit dell'uomo e

    delle sue costruzioni culturali; dobbiamo invece glorificare la teoria darwiniana e la

    potenza esplicativa che essa presenta, e per ricostruire il percorso fatto dai nostri antenati

    non ci si pu sottrarre a questo paradigma; ecco perch l'inevitabile confronto con

    l'etologia innalza notevolmente l'ipotesi girardiana: l'uomo un animale, ed in quanto tale

    deve essere concepito; attuando un lavoro di osservazioni comparate, molto si pu capire,

    sia su di noi sia sul resto dei viventi. Il nostro pensatore getta cos un veloce affresco

    dell'ancestrale svolgimento degli eventi che hanno portato un particolare insieme di gruppi

    pre-umani a sviluppare la genesi di tutte le forme culturali, fornendo un'interessante ipotesi

    della nascita della Cultura e, di conseguenza, dell'uomo, riuscendo nel contempo a

    conciliare gli aspetti etologici negando dunque qualsivoglia falsa specificit umana ed

    inscrivendo tutto in una cornice evoluzionistica, creando in questo senso una 'teoria

    darwiniana della cultura umana'. Il rapporto con l'etologia apre un interessante spiraglio per

    comprendere la posizione dell'uomo nel mondo: la teoria dell'ominizzazione di Girard, se

    inscritta a dovere nella teoria darwiniana, muove di fatto una critica implicita alle teorie

    antropocentriche, muovendo dalla convinzione che quelle che possono essere definite

    'peculiarit' dell'umanit nascono sul terreno comune che riunisce tutti i viventi: il concetto

    5

  • di mimesis il terreno fertile su cui ogni vivente cammina, la prova evidente che non esiste

    alcun tipo di differenza essenziale tra l'uomo ed altri animali, contrariamente a molte

    presunzioni che da sempre l'umanit si auto-proclama3; seguendo tale argomentazione fino

    in fondo, possiamo notare come Girard traccia il percorso dell'umanit come una semplice

    evoluzione lineare, che basandosi su determinate condizioni fisiologiche ha condotto

    l'uomo a doversi dotare di un determinato sistema culturale e simbolico, pena l'estinzione:

    tale sistema simbolico, sviscerato fino in fondo, non nient'altro che un gioco di equilibri,

    gerarchie ed ordine che ha condotto l'uomo a sviluppare quello che viene presentata da

    Girard come la soglia del simbolico, baluardo delle conquiste culturali umane. Proprio in

    quest'ultimo frangente, si pu notare una tensione nelle riflessioni girardiane: attraverso

    detta ipotesi, infatti, Girard definisce la nascita del simbolico come un'inevitabile punto di

    discontinuit, di rottura: Gli etologi insistono troppo sulle radici comuni e non vedono il

    salto fondamentale (se vogliamo evitare di dire rottura) tra cultura umana e comportamento

    animale, causato dall'emergere della sfera simbolica4. E' interessante notare come tale

    divario non un punto di partenza, quanto piuttosto un risultato selettivo nato

    dall'eccessiva violenza intra-specifica dilagante all'interno delle societ pre-umane;

    attraverso il meccanismo del capro espiatorio che dal livello simbolico riuscito ad

    emergere, attraverso in primo luogo il linguaggio: per avere un potere simbolico

    necessario trovare una fonte esterna che abbia forzato il linguaggio a emergere, che abbia

    costretto i primati a sviluppare una forma simbolica sofisticata e a mio modo di vedere

    questa fonte il meccanismo del capro espiatorio5. Dalle premesse di partenza, che di

    fatto ponevano una visione non antropocentrica ed 'egualitaria', tale valutazione

    dell'emergenza del simbolico definisce la situazione umana quasi come, appunto, una

    rottura: sebbene impossibile da cancellare, tale tensione presente nell'ipotesi

    sull'ominizzazione, ma nonostante ci, mantiene un notevole interesse proprio nel suo

    costante confronto con l'etologia, che permette lo spunto di una riflessione fondata sul

    rifiuto di leggere il mondo attraverso una filosofia fondata sull'esistenza di una 'scala

    dell'essere'.

    Purtroppo, non tutto oro quello che luccica: se vero che Girard tenta di riunire in

    un'unica teoria diverse discipline, molte ne rimangono accantonante; se davvero si vuole

    comprendere come l'uomo comparso, molte altre discipline e molte altre osservazioni

    3 Questo non identifica Girard come un critico dell'antropocentrismo, tutt'altro: tuttavia, radicalizzando alcune sue intuizioni, penso sia possibile identificare queste riflessioni per meglio posizionare l'uomo all'interno del mondo.

    4 R. Girard, Origine della Cultura, cit., p. 73.5 Ivi, p. 74.

    6

  • devono essere ancora fatte; la strada per la soluzione definitiva ancora lontana.

    Questo non vuol dire confutare l'ipotesi di Girard, ma neanche confermarla; la sua

    ricostruzione, fondata sul desiderio mimetico e sul meccanismo del capro espiatorio, pu

    dimostrare alcune lacune archeologiche, ecologiche ecc, ma innegabilmente un'ipotesi

    feconda di intuizioni, suggestioni e lampi di genio; il ruolo riconosciuto alla religione ed il

    suo legame con la societ: fulcro dell'ipotesi di Girard, questo legame riflette un modo

    veramente innovativo di capire le dinamiche umane e le loro evoluzioni: tra le molte teorie

    della genesi umana, raramente ci si sofferma sulle dinamiche sociali ed interrelazionali,

    preferendo una descrizione dell'aumento cerebrale e linguistico; a colpire il lettore

    l'aspetto strettamente sociologico che Girard ha in mente, in quanto consegna la genesi

    dell'umanit, della cultura e della religione a delle dinamiche sociali e collettive,

    comprendendo aspetti ecologici e 'tecnologici': la religione un fattore contingente, il cui

    ruolo facilmente riconoscibile in termini di adattamento e non in termini di 'rivelazione',

    'tendenza psicologica infantile'; altro aspetto forte, e per questo molto criticato

    specialmente dall'etnologia la convinzione ('darwiniana' se cos possiamo dire) di poter

    identificare un'unica matrice comune per tutte le culture umane, nate da un unico e

    medesimo meccanismo: per quanto teoricamente ingenuo possa sembrare, un tentativo

    che riesce a cogliere nel segno, conferendo alla teoria di Girard grande forza.

    Per questo motivo, ho deciso di affrontare le riflessioni sull'ominizzazione, tentando

    di mettere alla prova e di valutare ci che dell'ipotesi di Girard era solo abbozzato, non

    completamente teorizzato: molto cambiato nell'etologia e soprattutto nello studio dei

    primati; per questo motivo ho tentato di confrontare le ipotesi di Girard con le osservazioni

    compiute da diversi studiosi dei nostri simili, la cui complessit sociale risulta affascinante

    ed illuminante. In secondo luogo, l'aspetto evolutivo che l'ipotesi presenta non viene mai

    studiato ed esplicato del tutto; la sua riflessione intorno alla selezione di gruppo, si presenta

    lacunoso, ma non tutto: sotto la guida delle riflessioni di Morin, ho tentato di descrivere

    in modo esaustivo la struttura formale e implicita dell'ipotesi di Girard, inscrivendola in

    un'ottica neo-darwiniana: seguendo questa strada possiamo compiere una rilettura

    complessiva delle dinamiche descritte da Girard (crisi mimetiche e nuovo ordine generato)

    il cui andamento si ritrova in gran parte dei sistemi viventi. Riprendendo le teorie della

    complessit e dell'auto-organizzazione, la ricostruzione girardiana in grado di presentarsi

    come un ulteriore strumento di comprensione sociale, in grado di giustificare appieno le

    dinamiche pi difficilmente accettabili, tra cui spicca l'idea di crisi come fondante di un

    nuovo ordine. Per concludere, ho ripreso la ricostruzione che Girard fa in Delle cose

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  • nascoste dell'evoluzione delle diverse istanze culturali 'universali' come il rito, il divieto,

    ecc, muovendo dal meccanismo vittimario, concludendo il quadro dell'origine della cultura

    e della sua evoluzione: un unico grande principio in grado di abbracciare l'enorme

    variabilit culturale umana.

    Questo studio, si presenta dunque come una prova, un tentativo di verificare e

    comprendere realmente un'ipotesi teorica che difficilmente pu essere verificata o

    falsificata; non vuole definire l'assoluta esattezza di detta ipotesi, ma tenta di valutarne gli

    aspetti audaci ma per questo degni di nota, specialmente il legame con l'evoluzione e

    l'etologia; detto questo, sono convinto che se non di verit si vuole parlare nelle opere

    di Girard si presenta una forza argomentativa ed una potenza esplicativa davvero

    affascinante e folgorante, tanto da non poter essere ignorata.

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  • I Il processo di ominizzazione: ricostruzione dell'ipotesi di Ren Girard

    1.1 Uno sguardo al passato

    Nel tentare una delucidazione del processo graduale che ha condotto alla nascita

    dell'umano, sviluppatosi da gruppi pre-umani ancora privi di una cultura, dobbiamo

    necessariamente osservare quali siano quei fattori peculiari della nostra specie: infatti,

    partendo da semplici elementi contingenti, Girard tenta un'esplicazione della possibile

    modalit di evoluzione che ha casualmente condotto l'umanit a doversi dotare di un

    sistema culturale, a convivere in complesse societ dotate di rituali, divieti, istituzioni e,

    dunque, di una religione e tutto ci che questo comporta. Dobbiamo dunque compiere

    uno sforzo mentale, nel tentativo di focalizzare un momento pi che remoto, con in mano

    solo poche informazioni e congetture derivanti dall'archeologia, dall'etologia e, perch no,

    dalle sottili intuizioni che le scienze umane possono darci.

    Per comprendere come l'uomo si evoluto e differenziato, Girard compie una serie

    di osservazioni su diversi fattori strettamente fisico-biologici e sociali. Inoltre, pu essere

    molto proficuo un confronto con il mondo animale: evidentemente, furono determinate

    caratteristiche puramente casuali che portarono alla nascita della cultura, evento che

    dev'essere ricostruito in una prospettiva evolutiva, non finalistico-antropocentrica: i divieti

    pietre angolari della cultura non sono stati consegnati all'uomo come dono, come le

    tavole dei comandamenti mosaici. In questa prospettiva, l'origine della cultura va pensata

    come la manifestazione di un elemento puramente casuale, la cui comparsa ha permesso

    una maggiore fitness del genere umano, dimostrandosi come un fattore in grado di

    orientare i gruppi pre-umani ad un modello di vita particolarmente innovativo e fecondo.

    Diversi fattori dovettero caratterizzare quel particolare 'proto-umano', la cui

    differenza con il resto dei primati era difficilmente reperibile: oltre all'elevata grandezza

    del cervello, si deve considerare il lungo periodo di svezzamento del neonato umano, il

    problema della sessualit permanente e quello dell'aggressivit crescente, minaccia la cui

    gravit aument di pari passo con attivit quali la caccia, una forma elementare di guerra

    oltre che all'utilizzo di armi rudimentali, ma comunque efficaci nel loro compito. Tentiamo

    di tratteggiare, sulla scorta di Girard, le diverse tipicit umane, semplici elementi che

    9

  • dovettero portare allo sviluppo della cultura come ad un insieme di divieti e riti senza i

    quali l'uomo non avrebbe potuto sopravvivere.

    Osservando la nascita di un cucciolo di antilope, ad esempio, ci sorprendiamo delle

    abilit che esso immediatamente dimostra, in primis la capacit di camminare pi o

    meno abilmente. Questo stupore deriva dal confronto con una delle caratteristiche

    fondamentali della specie umana, e cio la terribile debolezza del neonato: di fronte

    all'antilope ogni 'cucciolo d'uomo' sembra tremendamente privo di ogni capacit: Il peso

    delle cure verso i figli nello scimmione nudo molto pi grave che in qualunque altra

    specie vivente6; ne consegue che, proprio come nei primati, prima che il neonato diventi

    autonomo, sono indispensabili lunghi periodi, ed Girard stesso che osserva in modo

    perspicace: Rispetto alla prole degli altri mammiferi il neonato umano pi vulnerabile e

    debole, e lo rimane per un periodo di tempo estremamente lungo, pi lungo relativamente a

    quanto avviene nel regno animale7.

    Durante questo periodo, per permettere lo sviluppo completo del notevole cervello

    umano, sono stati inevitabili dei moduli di comportamento 'sociali' che, non solo hanno

    permesso alla femmina di poter nutrire ed accudire il neonato, ma che hanno portato la

    collaborazione del maschio8; abbiamo di fronte un processo di co-implicazione e di

    reciproco aumento della complessit, sia del cervello che della struttura sociale: entrambi i

    fattori non fanno altro che fomentarsi a vicenda, portando ad un continuo accrescimento

    reciproco, per cui da un lato l'evoluzione cerebrale dell'infante resa possibile da una

    precisa organizzazione sociale, la quale permette una sempre maggiore crescita

    intellettuale9. Dobbiamo dunque tentare di immaginare dei veri e propri proto-umani che,

    viventi in piccoli gruppi10 (societ,branchi), collaborarono per permettere la sopravvivenza

    6 D. Morris, Lo scimmione nudo, cit., p. 109. L'intero capitolo III si occupa dell'allevamento della prole nello scimmione nudo; in esso, vengono riportati diverse osservazioni utili per comprendere la caratteristiche dell'uomo anche in questo campo, e fra le diverse annotazioni, l'autore da molto peso all'imitazione, atteggiamento che sembra fondamentale e d'intensit elevata nell'uomo: la prole impara rapidamente per mezzo dell'imitazione, processo che nella maggior parte dei mammiferi relativamente poco sviluppato, mentre nella nostra razza splendidamente approfondito e perfezionato (Cfr. Ivi., p.134).

    7 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 111. 8 Con questo non vorrei intendere collaborazione in termini matrimoniali: il modello basilare dovette essere

    lontano da quello famigliare; la collaborazione maschile deve essere intesa in termini sociali e comunitari: per questo motivo sia i gruppi di scimpanz sia le comunit dei bonobo offrono spunti interessanti.

    9 Morin parla infatti di 'giovanilizzazione' nel caso dell'uomo: Di conseguenza, il processo di evoluzione biologica dell'ominide di carattere neotenico, cio il rallentamento dello sviluppo ontogenetico tende a conservare nell'adulto i caratteri infantili o giovanili, e anche a lasciare il processo incompiuto (Cfr. E. Morin, Il paradigma perduto, cit., 86). Dello stesso parere Morris, secondo il quale la nudit dell'uomo si basa anche ma non solo sulla neotenia.

    10 Della stessa idea Darwin: Giudicando dalle abitudini dei selvaggi e dal maggior numero dei quadrumani, gli uomini primitivi e anche i loro progenitori somiglianti alle scimmie, probabilmente vissero in societ. (Cfr. C. Darwin, L'origine dell'uomo, cit., p. 66).

    10

  • della prole e, di conseguenza, dell'intero branco: questa situazione, lungi dal postulare una

    famiglia tradizionalmente intesa, pu essere confermata dall'osservazione delle scimmie

    antropomorfe, un'utilissima finestra per comprendere le nostre origini. Molte osservazioni

    mostrano come, sia nel caso degli scimpanz che nel caso dei bonobo (ma anche nel caso

    dei babbuini) siano assenti forme familiari composte da madre-padre-prole: se il legame

    madre/figlio risulta notevolmente forte e prolungato11, non possiamo giungere ad affermare

    che la famiglia sia una 'forma originaria', almeno non per noi esseri umani.

    Dall'osservazione dei nostri cugini sulla scala evolutiva, siamo portati ad dipingere l'uomo

    primitivo vivente in grandi gruppi sociali, governati da dinamiche interne e gi 'politiche',

    nonostante la famiglia non fosse ancora sorta12.

    Pensando in questi termini, dobbiamo gi accantonare l'ipotesi che Rousseau

    elabora nel celebre Discorso sulle origine della disuguaglianza, nel quale viene presentato

    l'uomo naturale, un animale solitario che, vagando per la foresta, riusciva a sopravvivere

    grazie alla sua perfettibilit e alla sua capacit di adattamento. Proprio questo testo, per,

    ci permette di identificare una questione rilevante: la risoluzione dei conflitti tra questi

    uomini; durante un ipotetico incontro di questi animali solitari, era possibile la ricaduta in

    un conflitto a causa di diversi motivi, uno dei quali poteva essere il nutrimento: di fronte

    ad un esemplare estremamente minaccioso ed imponente, la paura della sconfitta era

    abbastanza forte da portare l'altro esemplare a scansare agilmente la lotta, semplicemente

    con venti passi dentro la foresta13.

    Questa valida ed interessante soluzione pacifica purtroppo inattuabile in una

    situazione di vita 'associata', sia che si tratti di umani che di animali, soprattutto se teniamo

    conto delle riflessioni girardiane sua forza attrattiva che il desiderio mimetico comporta;

    inoltre in un gruppo dove ogni membro costituisce si presuppone una risorsa

    11 Frans de Waal, criticando Lvi-Strauss arriva a dimostrare che i casi di accoppiamento incestuoso tra madre/figlio siano rarissimi nei primati da lui studiati; non solo: proprio il legame affettivo che lega la madre alla sua prole viene considerato come il fondamentale processo che port alla formazione dell'empatia. (Cfr. Frans de Waal, Il bonobo e l'ateo, cit., pp. 89-90).

    12 Il legame rapporto sessuale fecondazione non dovette essere facilmente comprensibile, almeno in tempi remoti come questi; per questo motivo credo sia possibile criticare tutte le ricostruzioni basate sul legame madre-padre-figlio, in quanto viziate da un'immagine gi evoluta dell'umanit: un esempio di questa concezione si trova in Morris, che ne La scimmia nuda postula la sessualit 'monogama' come la via che condusse ogni uomo a formare una famiglia (Cfr. La scimmia nuda, cit., pp. 67-69.). Una diversa ipotesi sul legame sociale si trova in Le scimmie cacciatrici: presso i primati si osserva diffusamente la capacit di manipolazione femminile, le quali contratterebbero le prestazioni sessuali in cambio dell'ottenimento della carne,e dunque di un nutrimento ambitissimo: Di solito, nelle societ di primati umano e non umani, i maschi procurano la carne e poi cercano di usarla per manipolare o controllare le femmine (Cfr. Le scimmie cacciatrici, cit., p. 18).

    13 Jean-Jacques Rousseau, Origine della disuguaglianza, cit., pp. 69-70.

    11

  • fondamentale per la sopravvivenza della prole e del gruppo stesso, il conflitto non pu

    risolversi con la dissoluzione della comunit stessa: come in un branco, chiaro che la

    convivenza comporti una serie di moduli comportamentali che istituiscano una gerarchia,

    permettendo il controllo di determinanti atteggiamenti.

    Ci si pone di fronte il grande problema di questi gruppi: nelle diverse forme di

    societ animali (umani e non) i conflitti sono delle realt innegabili; pensiamo al periodo

    dell'accoppiamento, durante il quale gli scontri tra gli esemplari maschi aumentano

    notevolmente: in un dato scenario, il controllo dell'aggressivit un fattore fondamentale.

    Non si deve commettere un errore importante, postulando la capacit negli animali come

    in noi di salvaguardare determinati individui del gruppo da una possibile aggressione:

    Lorenz, nelle sue osservazioni nota che la pulsione aggressiva esplode unicamente tra

    animali della stessa specie14: quando un predatore azzanna la preda per sfamarsi, non

    mostra nessuna modificazione fisica riconducibile all'aggressivit; anche nella difesa della

    prole o del cibo, i segni che denotano aggressivit non sono cos marcati come nel caso

    della lotta tra maschi per il possesso della donna o del territorio. Lorenz mette sugli occhi

    di tutti una verit che non sempre appare tale : la maggiore violenza , in tutti gli animali

    intraspecifica ed questo l'enorme problema che, nell'ipotesi girardiana, si affaccia fin da

    subito.

    Se il vero problema il controllo dell'aggressivit, per sopravvivere ogni gruppo ed

    ogni societ, deve necessariamente far fronte ad una minaccia del genere; nel caso degli

    animali 'superiori' la soluzione, osservata dagli etologi, sfocia in modelli comportamentali

    definiti dominance patterns: quando tra due esemplari dilaga lo scontro, il vincitore

    grazie a delle inibizioni istintuali non uccide lo sconfitto, ma lo lascia allontanare;

    quest'ultimo per, accetta la sottomissione, lasciando al vincitore il podio di maschio alfa,

    posizione che garantisce delle priorit notevoli. Questa rudimentale societ pervasa da

    una precisa gerarchia, che raramente viene turbata.

    I dominance patterns devono considerarsi inattuabili nella realt pre-umana, e ci a

    causa di diversi fattori che contribuiscono al dilagare inarrestabile del conflitto: se molti

    primati sono tranquilli onnivori15 non altrettanto possiamo dire per i gruppi dei nostri

    antenati.

    14 Lorenz scrive: l'aggressivit intra-specifica, l'aggressivit nel vero e stretto senso della parola. (Cfr. K. Lorenz, L'aggressivit ,cit., pp. 65-66).

    15 R. Girard, Delle cose nascoste , cit., p. 112.

    12

  • La minaccia della violenza, viene acuita anche da fattori rilevanti: la caccia e la

    guerra tra i primi gruppi umani:

    I nostri progenitori [..] sono divenuti molto presto, durante il processo di ominizzazione, carnivori e cacciatori. Nel parossismo della caccia, sono necessarie delle forti scariche di adrenalina, che possono anche verificarsi in altri momenti, in seno al gruppo famigliare16.

    Il problema della violenza intraspecifica, o meglio del controllo della violenza,

    appare estremamente complesso a causa sia della caccia, sia e soprattutto dalla

    guerra17 che scorreva in modo estremamente rudimentale tra gli uomini primitivi: essa

    si sviluppa in maniera evidente tra gruppi molto vicini, ossia tra uomini che nulla

    obiettivamente distingue sul piano della razza, del linguaggio, delle abitudini culturali.18

    Attingendo dalle riflessioni girardiane, sappiamo come nel pieno parossismo della

    guerra e della caccia, l'uomo si abitua a versare il sangue, ed inebriato dalle scariche di

    adrenalina che queste attivit determinano, ben presto finir per rivolgere la sua violenza

    all'interno del gruppo familiare: Tra l'esterno nemico e l'interno amico non c' reale

    differenza19. La tragedia euripidea di Eracle, che possiamo a ragione leggere come la

    tragedia di un reduce incapace di superare quella che oggi la nevrosi da guerra,

    ovviamente una tragedia vecchia quanto il genere umano: La rabbia, quando ci si

    abbandoni ad essa, centripeta. Pi esasperata, pi tende a orientarsi verso gli essere pi

    vicini e pi cari20. La triste realt dell'omicidio intrafamigliare un tetro evento che

    conferma questa tendenza dell'escalation assassina e a nulla serve postulare istinti

    'famigliari': Affermare che esiste un istinto naturale a preservare i proprio congiunti

    evidentemente privo di senso, dal momento che, come ben visibile, tra gli uomini

    l'assassinio intra-familiare esiste, anche se non la regola21.

    Dobbiamo per soffermarci su queste riflessioni. Girard, forse un po'

    ingenuamente, vede nella caccia una via d'abitudine della violenza; da un lato, tale

    concezione ha una sua rilevanza, basti pensare alle intuizioni di Plutarco riprese da Kant22,

    16 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 112.17 La centralit della guerra diffusamente citata anche da Darwin. (Cfr. C. Darwin, L'origine dell'uomo,

    cit., cap. I).18 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 112.19 Ibid.20 Ibid.21 G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cit., p. 217.22 Kant, ad esempio, scrive: chi usa essere crudele verso di essi [gli animali] altrettanto insensibile verso

    gli uomini. Si pu conoscere il cuore d'un uomo gi dal modo in cui egli tratta le bestie. Hogarth ha raffigurato in una sua incisione l'inizio della crudelt, quando i bambini la praticano gi verso gli animali, comprimendo la coda ai cani e ai gatti; in un altra incisione egli rappresenta l'evolvere della crudelt con

    13

  • confermate dalle moderne ricerche psicologiche: la violenza verso un animale

    un'avvisaglia della violenza contro l'uomo; ma anche vero che, sempre sulla stregua di

    Lorenz23, possiamo afferma che non pu solo detta violenza, determinare una crisi in grado

    di devastare una comunit: i lupi24, impropriamente dipinti come gli animali pi feroci, non

    si dilaniano tra di loro, tutt'altro: ad un'adeguata violenza esterna, fa da contraltare

    un'efficace serie di inibizioni sociali; in secondo luogo, come Girard nota, si sono

    osservati casi di caccia con aspetti rituali anche in alcuni gruppi di primati25; possiamo

    quindi ipotizzare che la caccia, indirizzando ad una violenza esterna, non sia un fattore

    cos determinante: nelle scimmie, spesso essa un'inevitabile forma di aggressivit

    territoriale26; si pu ipotizzare che il passaggio al consumo di carne sia stata una

    conseguenza di tale realt, accentuata dall'uso di rudimentali armi, il vero fattore rilevante.

    Per quanto riguarda la guerra, la questione diventa pi delicata: Girard, senza

    troppo approfondire la questione, ipotizza la presenza di una tale attivit, senza poi

    spiegare come essa vada intesa; in questo pu forse venirci incontro Canetti, il quale

    definisce la guerra come una conseguenza della caccia: a mutare solo la preda27. Anche in

    questo caso, possiamo avanzare un'ipotesi: molto probabile che degli scontri tra gruppi

    distinti avessero luogo, ma la forma di tale 'guerra' era terribilmente rudimentale, colpendo

    dei gruppi tra i quali non si poteva scorgere nessuna differenza; probabile, inoltre, che la

    guerra non facesse altro che dividere gruppi originariamente uniti, attraverso la

    disgregazione violenta.l'investimento di un bambino, e quindi il culmine della crudelt con un assassinio, mostrando cos in modo tremendo il prezzo della crudelt. (I. Kant, Lezioni di etica, a cura di A. Guerra, Laterza, Roma-Bari 1991 pp. 273/275.)

    23 Cos si arriva al paradosso singolarmente commovente che i predatori pi sanguinari, soprattutto il lupo [..], siano fra gli animali forniti di pi sicure inibizioni a uccidere che ci siano sulla terra. (K. Lorenz, L'aggressivit , cit., p 176).

    24 La questione diventa in realt molto fitta: l'aumento dell'aggressivit umana potrebbe derivare anche dal fatto che, a differenza dei lupi, la struttura sociale e individuale non deriva da gruppi di cacciatori carnivori, come i grandi predatori; in La Scimmia Nuda, Morris elabora un'evoluzione umana che deriva proprio da un connubio tra le abitudini dei primati e quelli dei carnivori, fornendo un'interessante ipotesi su tali questioni. Che siano forse entrambe le tendenze (diverse) a creare aspetti sociali peculiari?

    25 Cfr. R. Girard, Origine della Cultura, cit., p. 45.Diversi studi sull'argomento dimostrano che presso i primati la caccia non ha come fine l'alimentazione, in quanto essa inizia quando gi sono sazi: la carne rimane pi che altro un alimento prelibato, che per non comporta ricerca attiva; la caccia ha pi che altro un risvolto sociale e quasi rituale.

    26 Questo fenomeno molto interessante se letto tramite le riflessioni di Lorenz, che osserva come molti attacchi di pesci verso altri siano una conseguenza di una vera e propria 'invasione territoriale'. (Cfr. Lorenz, L'aggressivit, cit., pp. 70-71).

    27 Canetti , nel definire le mute forme primigenie di massa definisce la muta di caccia in questi termini: Quando una truppa eccitata va in caccia di un uomo che vuole punire, si tratta ancora di una formazione analoga alla muta di caccia. Ma se quell'uomo appartiene a un altro gruppo che non pu abbandonarlo, ecco una muta contro l'altra. I componenti dei due gruppi nemici non sono molto diversi [..]. Nella forma originaria di guerra i due gruppi sono cos ravvicinati da potersi distinguere con difficolt; si battono nel medesimo modo, hanno armi pressoch identiche. (E. Canetti, Massa e Potere, traduzione di Furio Jesi, Adelphi, Milano 1981, pp. 118-119).

    14

  • Ciononostante, Girard ha un'intuizione molto potente: caccia e guerra hanno portato

    ad un innalzamento della violenza intraspecifica perch , grazie all'elevata massa cerebrale

    umana, l'uomo ha iniziato ad utilizzare determinati oggetti, come sassi e bastoni28, i quali

    sono delle armi molto pericolose ed efficaci, seppur rudimentali: questi sono i fattori che

    determinarono il crollo di inibizioni istintuali. Quindi, se nel 'parlamento degli istinti''29

    animali, accanto all'istinto che porta alla lotta intraspecifica, ve ne un altro che inibisce

    quest'ultimo, portando la lotta tra animale ad esiti non mortali, questo non sembra potersi

    applicare alla realt preumana: Non si pu credere che questo tipo di controllo [il

    controllo istintuale animale] si estenda automaticamente alle pietre e alle altre armi

    artificiali il giorno in cui gli ominidi cominciano ad usarle30.

    Questo non vuol dire dipingere l'uomo come un animale 'perverso': definizioni

    preconfezionate come queste non fanno che eludere le vere spiegazioni, creando etichette

    fasulle ed insensate (ci vale anche per antropologie che hanno come potenza esplicativa la

    cattiveria innata dell'uomo o il peccato originale); dunque, lungi dal postulare una sorta di

    perversione originaria dell'uomo, Girard si rif a fattori strettamente contingenti: grazie

    all'evoluzione cerebrale umana, ben presto le pietre, usate come armi, vennero scagliate

    anche all'interno, nelle lotte intraspecifiche e nei duelli: con in pugno un sasso, anche un

    semplice colpo pu essere fatale: Se invece di lanciarsi dei rami come a volte fanno, gli

    scimpanz imparassero a lanciarsi delle pietre, la loro vita sociale sarebbe sconvolta31.

    Leggendo la cosa solo in questi termini, verrebbe per elusa quella che per Girard

    la vera peculiarit dell'uomo: l'ipermimetismo. La maggiore massa cerebrale di cui i nostri

    antenati erano dotati porta inevitabilmente ad un incremento della mimesis: non serve

    ricordare cosa sosteneva Aristotele32; molti recenti studi sui neuroni specchio hanno

    dimostrato che la loro presenza nei macachi33, gli consente di imitare anche azioni ed

    espressioni umane; l'imitazione ad esempio presso gli uccelli fondamentale per

    l'apprendimento del canto da esemplari gi adulti; se dunque gli animali dimostrano una

    spiccata tendenza all'imitazione, il nostro progenitore doveva sicuramente distinguersi

    28 L'utilizzo di oggetti come mezzo per apparire pi minaccioso, oltre che per assolvere determinati problemi ampiamente attestato anche nei diversi primati.

    29 Cfr. K. Lorenz, L'aggressivit, cit., cap. VI.30 R. Girard, Delle cose nascoste , cit., pp. 113-114.31 Ivi., p. 114.32 L'uomo si differenzia dagli altri animali nell'essere il pi portato ad imitare. (Aristotele, Poetica, trad.

    Diego Lanza, ed. speciale per corriere della sera , Milano , 48b 5-10).33 http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/li-futuro-dei-neuroni-specchio

    15

  • come il pi abile; a pari passi con l'evoluzione della massa cerebrale, anche l'imitazione

    deve essere dilagata a dismisura, fino al parossismo: Vi motivo di pensare che la

    potenza e l'intensit dell'imitazione aumentino con il volume del cervello in tutta la

    discendenza che porta all'Homo sapiens.34.

    Possiamo a ragione ipotizzare che fu proprio la notevole crescente potenza [del

    cervello e quindi della mimesis] a far scattare il processo di ominizzazione35. Pensando

    alle nostre origini, dovremmo vedere quindi delle dinamiche psicologiche terribilmente

    simili a quelle che Girard evidenzia nelle sue riflessioni sul desiderio mimetico (basti

    pensare alla dinamica modello/discepolo): ci che ci caratterizza quindi fin dall'inizio

    e poi sempre pi intensamente un'innata intensit del desiderio.

    L'aumento delle capacit mentali, portarono all'esasperazione della mimesi, la quale

    si intromise anche nelle zone che i dominance patterns lasciavano come privilegio ai

    'vincitori': la tipicit dell'uomo per Girard l'ipermimetismo fa crollare l'apparente

    solido equilibrio delle societ animali36 e non difficile immaginare cosa possa conseguire

    da ci: le rivalit mimetiche tra uomini sfociano facilmente nella follia e

    nell'assassinio37.

    Legato all'ipermimetismo, emerge anche il problema della sessualit: in primo

    luogo, la stabilit sociale non pu essere nata dalla sessualit:

    nulla suggerisce che presa in se stessa [la sessualit permanente] abbia questo potere. Nei mammiferi, i periodi di eccitazione sessuale sono contrassegnati da rivalit tra i maschi. Il gruppo animale allora particolarmente vulnerabile alle minacce esterne. Non c' ragione di vedere nella sessualit permanente un fattore di ordine piuttosto che di disordine38.

    Se uno dei maggiori motivi dei conflitti il possesso delle femmine, chiaro che

    gi solo la sessualit periodica motivo di aumento del conflitto; una sessualit

    permanente non pu, quindi, essere altro che un ulteriore motivo di tensione prolungata!

    Dando man forte alla violenza, l'ipermimetismo rincara la dose fomentando il passaggio

    alla sessualit permanente.

    Il ruolo considerevole degli incitamenti mimetici nella sessualit umana, l'eccitazione per esempio, il ruolo del voyeurismo, ecc. suggeriscono che il passaggio dalla sessualit periodica di tipo animale alla sessualit permanente dell'uomo potrebbe radicarsi nella intensificazione della mimesi [..] questo

    34 R Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 122.35 Ivi., p. 123. 36 Come questo avvenga, verr mostrato nel capitolo sull'Etologia: l, sar fatta attenzione a ci che Girard

    definisce mimesi d'appropriazione e mimesi d'antagonismo.37 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 123.38 Ivi., p. 114.

    16

  • essenziale legame con il mimetismo conferisce alla sessualit umana il suo carattere ancora pi conflittuale della sessualit animale, e la rende di per s inadatta a favorire l'armonia dei rapporti tra gli uomini, oppure la stabilit dei partners sessuali.39

    Prima di giungere alla soluzione proposta da Girard, la celebre teorizzazione del

    capro espiatorio, risulta interessante un confronto con le teorie elaborate da Edgar Morin

    nel suo Il paradigma perduto. Proprio come ammette il teorico della mimesi, molte

    osservazioni vengono liberamente tratte da tale testo, il quale tratteggia e ricostruisce la

    complessit di cause che condussero alla formazione dell'homo sapiens: molte sono le

    suggestioni che Girard ha liberamente tratto da tale lavoro, lasciandone molte senza

    un'adeguata tematizzazione. Entrambi gli autori si focalizzano sul processo di

    ominizzazione, traendo da diverse discipline le osservazioni sui nostri avi: tale processo

    per entrambi una storia reale, un gioco di interferenze che presuppone degli avvenimenti,

    delle eliminazioni, delle selezioni, delle integrazioni, delle migrazioni, degli scacchi, dei

    successi, dei disastri, delle innovazioni, delle disorganizzazioni e delle riorganizzazioni40.

    Il filosofo della complessit deve quest'appellativo al suo peculiare metodo e

    proprio in questo testo possiamo osservare una riflessione estremamente acuta ed

    omnicomprensiva, tendente a tracciare il lungo percorso che spinse i primi ominidi a

    divenire sapiens: vengono considerate non solo la dimensione socio-culturale, ma anche

    riflessioni sulle caratteristiche dei primi ominidi, oltre che i grandi mutamenti ecologici e le

    loro restrittive conseguenze; il tentativo di Morin si dimostra anch'esso dominato dalla

    volont di ricongiungere gli studi antropologici con quelli eto-biologici, la cui rottura un

    fatto increscioso e dannoso per la scienza dell'uomo. Come l'homo sapiens si svilupp,

    quali furono le condizioni della sua apparizione? Tale atteggiamento risulta essere pi

    ampio di quello girardiano, il quale soprassiede superficialmente ad una serie di questioni,

    trattate invece da altri studiosi.

    Secondo Morin: il linguaggio e la cultura devono cronologicamente precedere

    sapiens e logicamente condizionare l'evoluzione biologica ultima che termina nel suo

    cervello di 1500 cm341. Non si pu spiegare l'uomo in base all'ampiezza cerebrale dei

    sapiens, in quanto questo il punto di arrivo; in questo vediamo una sorta di 'mancanza' nel

    discorso girardiano: in Delle cose nascoste moltissime questioni vengono trattate con

    39 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 123.40 E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p. 60.41 Ivi., p. 57.

    17

  • eccessiva leggerezza, forse proprio perch riprese dal filosofo della complessit, molto pi

    incline a comprendere la centralit di diversi fattori; secondo Morin la posizione verticale e

    la locomozione bipede42 permisero la differenziazione dell'ominide da altri primati; da

    questo discendono le prime peculiarit: il bipedismo apre la possibilit dell'evoluzione

    che porta a sapiens: la posizione eretta libera la mano, la mano libera la mascella, la

    verticalizzazione e la liberazione della mascella liberano la scatola cranica dalle costrizione

    meccaniche che pesavano precedentemente su di essa, e questa diventa atta a allargarsi a

    favore di un locatario pi ampio43. In secondo luogo, Girard non si pone neanche il

    problema della forza44 e del modo in cui i primi gruppi pre-umani dovettero affrontare le

    diverse difficolt esterne; Morin comprende inoltre la centralit del mutamento ecologico,

    che port alla scomparsa progressiva della foresta, rimpiazzata dalla savana; fattori come la

    curiosit infantile e la neotenia sono tutte ricondotte in un grosso calderone di idee e

    suggestioni, che mi preme sottolineare Girard non tematizza a fondo, senza che questo

    influisca pi di molto sulla validit della sua ipotesi: semplicemente, l'accusa di

    riduzionismo viene qui ad assumere molta importanza: egli si focalizza soprattutto

    sull'aspetto sociologico della questione, cio sulle dinamiche sociali che portarono al

    controllo delle azioni violente; giunti ad un buon controllo dell'ambiente, all'uso di diversi

    strumenti (fuoco ecc) e con determinate caratteristiche (bipede, pollice ecc) l'uomo giunse

    ad un livello evolutivo notevole, ma non ancora culturale. Se quindi Girard vede

    nell'ipermimetismo la genesi della crisi violenta, chiaro che egli si focalizza su un aspetto

    peculiare, e forse in un periodo 'storico' gi avanzato; l'utilizzo del fuoco, il bipedismo,

    l'evoluzione del pollice ecc. sono tutti fattori che non vengono tematizzati, ma rimangono

    in una sorta di sfondo implicito, mentre giganteggiano tematiche primariamente sociali.

    Questa critica alla completezza del discorso girardiano non ne mina l'efficacia: sappiamo

    che i diversi ominidi dovettero giungere ad un determinato sviluppo prima di affrontare le

    eccessive scariche mimetiche: non fu chiaramente il confronto con il mondo esterno a

    42 L'importanza della locomozione bipede venne messa in luce gi da Darwin: Solo l'uomo divenuto un bipede e credo che si possa almeno in parte comprendere come egli sia giunto ad assumere la posizione eretta la quale costituisce uno dei suoi caratteri pi cospicui. L'uomo non potrebbe aver raggiunto la sua attuale posizione di dominio nel mondo senza l'uso delle mani che sono cos meravigliosamente adatte ad agire secondo il suo volere.[..] Se un vantaggio per l'uomo stare eretto sui piedi e avere le mani e le braccia libere, del che non pu esservi alcun dubbio, per il suo successo nella battaglia per la vita, allora non posso scorgere nessuna ragione per cui non debba essere stato vantaggioso per i progenitori dell'uomo assumere sempre pi la posizione eretta e divenire bipedi. In tal modo sarebbero stati pi capaci di difendersi con pietre o bastoni, di attaccare la loro preda o di ottenere altrimenti il cibo. (Cfr. C. Darwin, L'origine dell'uomo, cit., p. 58).

    43 E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p. 58. 44 Nel moderno e non solo dibattito sulla nascita dell'homo sapiens, si stagliano due grandi correnti di

    pensiero: chi dice che l'uomo fosse un mammifero piccolo, docile ed indifeso, chi invece sostiene il contrario, mostrando la forza dei moderni primati.

    18

  • favorire la cultura, quanto piuttosto dinamiche endogene e sociologiche, ed in ci la

    profondit di Girard non trova eguali; ed in effetti, un evento cos importante come

    l'avvento della cultura si dovette presentare quando le differenti specie di ominidi si furono

    gi sviluppate ma non completamente specializzate:

    Siamo di fronte dunque a degli esseri che pur non essendo gli antenati dell'uomo raggiungono, tecnicamente e sociologicamente, il livello umanoide, e possiamo vedere l'antenato dell'uomo partire, tecnicamente e sociologicamente, da un livello gi raggiunto da una o pi specie diverse di primati. [..] altamente probabile che non soltanto gli arnesi, ma la caccia, il linguaggio, la cultura siano apparsi nel corso dell'ominidizzazione, prima che nascesse la specie propriamente umana di sapiens45.

    Sia per Morin46 che per Girard, la formazione dell'umano un processo, un

    percorso che non identifica un p0 dal quale tutto si gener: ogni discorso evolutivo

    invece un percorso lungo e graduale, che comprende il concorso di molteplici cause.

    Morin, per, si rivela pi abile nel far dialogare una complessit di fattori che, integrandosi

    e implicandosi l'un l'altro, furono la leva dell'ominizzazione: fattori ecologici, genetici,

    pratici, cerebrali, sociali e culturali; a vari livelli corrispondono varie modificazione sempre

    pi complesse: Questo ci indica gi che l'ominidizzazione non si potrebbe concepire

    soltanto come un'evoluzione biologica, n soltanto come un'evoluzione socioculturale, ma

    come una morfogenesi complessa e a molte dimensioni risultante da interferenze genetiche,

    ecologiche, cerebrali, sociali e culturali47.

    La posizione di Girard presenta dunque alcune lacune, ma allo stesso tempo in

    grado di rendere conto in modo assai pi coerente molteplici fattori, tra cui il controllo

    della violenza e il processo che port ad un'ampiezza cerebrale cos alta; la costruzione

    generale ad avere un'efficacia notevole, mentre da un punto di vista complessivo, abbiamo

    una ricostruzione lacunosa e, in alcuni punti, superficiale.

    1.2 Capro espiatorio e salvezza umana

    Le diverse peculiarit dei gruppi proto-umani appaiono tutt'altro che promettenti:

    Le forti dosi di aggressivit che resero possibile ai nostri progenitori diventare cacciatori,

    la sessualit permanente, le nuove armi, la stessa fragilit dei neonati sono tutte condizioni

    45 E. Morin, Il paradigma perduto, cit., p.53.46 Questo significa che l'ominidizzazione un processo complesso di sviluppo sprofondato nella storia

    naturale dal quale emerge la cultura (Cfr. Ibid.)47 Ivi., p. 59.

    19

  • che aggravano[..] la sopravvivenza48. Il problema fondamentale quindi il controllo della

    violenza, il cui dilagare a macchia d'occhio reso possibile dalle elevati doti mimetiche;

    come l'uomo ha potuto sopravvivere? In fondo, tale sopravvivenza non pu essere data

    semplicemente per scontato: evitando l'estinzione, deve essere scattato un nuovo modello

    comportamentale sociale.

    when mimetic and acquisitive violence leaps exponentially, made possible by enhanced brain capacity, driven by accelerating mimetic and acquisitive rivalry, made doubly perillous by the vulnerability of prolonged human infancy and by the superior destructive power of artefact weapons at the point, in short, where terminal crises threaten to extinguish whole groups and communities of hominids, and of early man unless...49

    La risposta di Girard l'ipotesi del meccanismo vittimario; il dilagare delle lotte

    interne al gruppo rende insostenibile la gerarchia dei dominance patterns, la cui scomparsa

    conduce repentinamente ad una vera e propria crisi di indifferenziazione: se infatti nelle

    lotte tra individui di una societ animale lo scontro non genera ulteriori azioni violente,

    istituendo la gerarchia dominante/dominato, nel caso dell'ipermimetismo umano i privilegi

    del vincitore sono continuamente violati (e questo, bene notarlo, sempre grazie

    all'eccesso di mimesis, per cui l'imitazione dell'esemplare dominante il modello

    pervade tutti gli aspetti del suo prestigio, conducendo i discepoli ad invadere quegli 'spazi'

    che nelle gerarchie animali sono di appannaggio dei vincitori); scardinata tale ordine, la

    violenza dilaga50 sempre a causa della spiccata mimesis propagandosi come una

    terribile epidemia che infetta chiunque presti anche solo uno sguardo alla lotta. Si ricade

    quindi in una rudimentale forma di crisi mimetica: crollano le differenze, ogni individuo ne

    assume un altro come modello-ostacolo e contro di lui orienta la sua pulsione aggressiva;

    facile intravedere che questa dinamica, applicata ad ogni individuo, porter ad una lotta

    generalizzata tra doppi, nella quale l'intensit della mimesis cancella l'oggetto che aveva

    suscitato lo scontro, e la rivalit si mostra come unico movente; La rivalit, insomma, si

    purifica di qualsiasi esteriore posta in gioco, si fa rivalit pura o di prestigio.51

    Quella che nella mitologia sar dipinta come una catastrofe naturale che sconvolge

    la comunit al suo interno (basti pensare alla Peste che apre l'Edipo Re, trasfigurazione di

    una crisi mimetica) dovette dunque dilagare in questi primi gruppi sociali ipermimetici.

    48 G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cit., p. 216.49 http://www.imitatio.org/thinkingthehuman/Papers_files/Thinking%20the%20human.pdf50 Che l'indifferenziazione porti alla crisi un'idea fondamentale di Girard : Non sono le differenza ma la

    loro perdita a provocare la rivalit pazza, la lotta a oltranza tra gli uomini (R. Girard, La Violenza e il Sacro, cit., p. 77).

    51 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 43.

    20

  • Questa dilaniante 'lotta di tutti contro tutti' hobbesianamente intesa, anomala per

    proporzioni e gravit nel mondo animale, deve necessariamente52 trovare una nuova forma

    di soluzione, un nuovo motore 53.

    L'ipotesi del capro espiatorio appare dunque lampante e geniale allo stesso tempo:

    quello che Girard ha delineato ne La Violenza e il Sacro diviene lo strumento per pensare

    alle modalit di controllo della violenza: la risoluzione violenta contro un'unica ed

    innocente vittima espiatoria si presenta come una lente ermeneutica adeguata non solo per

    comprendere miti e riti, ma anche per indagare le nostre origini. Nel pieno dell'escalation

    mimetica, svanisce la dimensione oggettuale e l'unica cosa evidente che rimane il

    conflitto: l'enorme carica energetica desiderante non pu fare altro che colpire gli altri

    membri del gruppo: Per la mimesi l'unico campo di possibile applicazione sono gli stessi

    antagonisti. Si produrranno allora, in seno alla crisi, delle sostituzioni mimetiche di

    antagonisti.54

    Si deve quindi ipotizzare che, ricaduti nel parossismo mimetico, ad un tratto la

    violenza si polarizza verso un'unica vittima, che, diviene il polo magnetico che attira la

    scarica aggressiva per tutti i membri del gruppo il modello/ostacolo: la mimesi che aveva

    portato all'escalation e alla divisione, ora riunisce facendo convergere due o pi individui

    su un identico avversario che vogliono tutti abbattere.55 Seguendo il funzionamento del

    desiderio mimetico, sappiamo che pi gli sguardi mirano ad un oggetto, pi esso viene

    osservato e desiderato: alla stregua, pi un singolo antagonista diviene il doppio mimetico,

    pi egli diviene il centro delle pulsioni aggressive:

    arriver necessariamente il momento in cui l'intera comunit si ritrover raccolta contro un individuo unico. La mimesi dell'antagonista suscita dunque un'alleanza di fatto contro un nemico comune e la conclusione della crisi, la riconciliazione della comunit, non consiste in nient'altro.56

    Si compie cos un vero e proprio linciaggio collettivo, delle cui brutalit possiamo

    solo immaginare attraverso la lettura della mitologia o forme particolarmente cruente di

    sacrifici57 ; questo omicidio il primo realmente unanime e ha come risultato la cessazione

    52 Scrivo necessariamente, intendendo questo termine senza legare alcuna prospettiva finalistica: se gli uomini sono sopravvissuti, ci fu una conseguenza della scoperta di un nuovo meccanismo, che si distacchi da quello animale, in quanto, se la gerarchia sociale non culturale non fosse giunta in crisi, non si riesce a concepire il motivo della nascita dei divieti; questo non vuol dire negare la validit delle osservazioni di Lorenz ma questo sar trattato in seguito.

    53 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 124.54 Ivi., p. 44.55 Ibid.56 Ibid.57 Basti pensare al cruente rito del pasto totemico del cammello descritto da Robertson Smith (Cfr. S.

    Freud, Totem e Tab , cit., pp. 161-162).

    21

  • della violenza: non vi sar ripetizione mimetica di tale uccisione (almeno non

    immediatamente). Tale omicidio, che possiamo tranquillamente definire fondatore, riporta

    la pace all'interno del gruppo: solo una violenza in pi, una violenza che si aggiunge ad

    altra violenza, ma la violenza ultima, l'ultima parola della violenza58.

    Pu forse essere prematuro ipotizzare tutte quelle forme di metamorfosi che ogni

    immolazione costruisce intorno al capro espiatorio (mostruosit, identificazione come

    individuo non appartenente al gruppo); ma certo che la ritrovata stabilit causata dalla

    morte della vittima conduca la comunit non solo alla certezza della sua colpevolezza ,in

    quanto fautore della crisi, ma anche alla sua trascendenza e potenza salvifica, in quanto

    proprio la sua morte riporta la pace: La comunit si percepisce come del tutto passiva di

    fronte alla sua vittima, che appare, invece, il solo agente responsabile della vicenda.59 La

    creazione dell'ambivalenza del sacro trova qui la sua genesi.

    Tale sequenza di eventi apparir sempre pi rozza ed elementare se risaliamo nel

    passato, ma conserver tutta la sua efficacia: questo meccanismo deve esercitare a tutti i

    livelli sulle rivalit gli effetti, curativi e preventivi analoghi, fatte le debite proporzioni, a

    quelli esercitati mediante i divieti e i rituali pienamente umanizzati60. L'immolazione

    vittimaria, dietro la spinta dell'ipermimetismo, si presenta cos come un perfetto

    meccanismo sociale che permette di far esplodere le rivalit mimetiche in tutta la loro

    grandezza, ri-direzionando tale potenza violenta su di un unico 'capro'; il linciaggio dovette

    creare un effetto ben pi catartico di quello che si tenta di creare tramite la ripetizione

    rituale: cessate le violenze, la crisi scompare, e la calma ritrovata.

    Ristabilita una pace sociale, la terribile esperienza appena vissuta deve aver portato

    ad una forma estremamente rudimentale di divieto, il quale non ha conservato la sua

    efficacia: ma, lungi dall'estinzione, la nuova crisi non fa altro che riprodurre lo stesso

    meccanismo, e ci non pu fare altro che bene per la comunit:

    Possiamo concepire l'ominizzazione come una serie di stadi che permettono di assoggettare intensit mimetiche sempre crescenti, separate le une dalle altre da crisi catastrofiche ma feconde, perch fanno scattare di nuovo il meccanismo fondatore e assicurano a ogni tappa dei divieti sempre pi rigorosi all'interno e dei canali rituali, pi efficaci verso l'esterno.61

    proprio in questa coazione a ripetere dell'assassinio collettivo che l'umanit

    riuscito ad elaborare una doppia concezione di violenza: da un lato si trova la violenza

    58 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., p. 42. 59 Ivi., p. 45.60 Ivi., p. 124. 61 Ibid.

    22

  • negativa, terribilmente centripeta, frutto della crisi mimetica; dall'altro invece la

    violenza riconciliatrice e benefica per la comunit, cio quella che unisce la comunit nel

    linciaggio di uno solo: una violenza buona (per la comunit, non certo per la vittima

    innocente); questa dualit, oltre che esplicare l'ambivalenza intrinseca nella concezione del

    'sacro'62 permette anche la creazione di 'santuari' interni al gruppo dal quale la violenza

    debba essere evitata : si comprende come i gruppi di coabitazione siano potuti diventare

    dei santuari di relativa non-violenza nel momento in cui, all'esterno le attivit violente si

    sviluppavano a dismisura63. Questa logica del discernimento pu essere gi definita

    'culturale', in quanto resa possibile dal meccanismo della vittima espiatoria : si creano cos

    degli individui verso i quali la violenza non si dirige, fattore che ogni gruppo sociale deve

    necessariamente avere per salvare se stesso: questo pu avvenire solo espellendo

    l'aggressivit all'esterno (o verso un membro interno reso o creduto esterno).

    Non dobbiamo qui cadere per nella credenza che, dal corpo di questa prima

    vittima fuoriescano tutte quelle complessit culturali come il linguaggio, i riti ed i divieti:

    non tanto in questo meccanismo di ridirezione della violenza che l'umanit vede la sua

    forza, quanto nella sua ripetizione: E si capisce anche come, a ogni stadio, delle

    istituzioni pi elaborate abbiano favorito un nuovo avanzamento mimetico, che

    determinava una nuova crisi e cos di seguito, in un movimento a spirale che umanizzava

    sempre pi l'antropoide64; la dimensione culturale trova nella ripetizione il suo

    fondamento e ci comporta una lunga fila di vittime immolate65. Non si tratta quindi di

    pensare alla formazione dell'uomo come ad un momento unico e irripetibile, quanto

    piuttosto ad un evento che, lentamente e progressivamente , trova nella ripetizione la sua

    efficacia: l'ominizzazione quindi un processo graduale nel quale sono sopravvissuti solo

    quei particolari gruppi che, riuscendo a ri-direzionare l'aggressivit verso un unico capro

    espiatorio e ripetendo in modo rituale tale sequela di eventi, sono riusciti a trovare un

    modo per arginare la violenza ed evitare che quest'ultima dilaniasse la societ dall'interno,

    62 Equivalente al pharmakos greco , nello stesso tempo sia il male che distrugge che la forza che salva: Tale conclusione violenta, da forte impatto emotivo, trova le sue forme fossili tarde nei miti fondatori e ,soprattutto, nei riti sacrificali, estesi nella maggior parte delle comunit; in entrambi i casi, la vittima dell'omicidio fondatore viene vista come responsabile dello straordinario passaggio dall'eccitazione alla calma, assumendo cos agli occhi dei suoi linciatori uno status del tutto eccezionale, preludio alla sua collocazione in una categoria differente da quella degli individui comuni. (G. Mormino, Il confronto con l'Altro, cfr., p. 219).

    63 R. Girard , Delle cose nascoste, cit., p. 124.64 Ibid.65 Gi Freud in L'uomo Mos e la religione monoteistica sent la necessit di ipotizzare una ripetizione

    commemorativa dell'omicidio 'fondatore'.

    23

  • portandola al collasso e definitivamente alla scomparsa66; la ripetizione rituale che

    conferisce una solidit sociale e una prosperit culturale.

    Proprio nel momento culminante della crisi sociale e violenta, l'uomo trova la

    possibilit non la necessit di nascere: e grazie a quella potenza mimetica che porta lo

    sguardo del gruppo a concentrarsi su di unica vittima, abbiamo quel primo omicidio:

    proprio la potenza della mimesi convoglia verso un'unica vittima gli impulsi violenti,

    consentendo l'innesco del fenomeno della vittima espiatoria67.

    Girard in queste riflessioni un sottile pensatore: da un lato riesce a darci una

    panoramica, seppure generale, del processo che ha portato alla comparsa della cultura,

    inscrivendo tutto questo in una cornice evoluzionistica, e dall'altro, utilizza la stessa leva

    per esplicare la genesi delle forme diverse forme culturali: linguaggio, riti, divieti ed altre

    istituzioni vengono ricondotti alla vittima ed al suo linciaggio.

    1.3 Contrattualismo: un'ipotesi poco verosimile

    Cultura, religione ed umanit sono presentate come figlie di un omicidio fondatore,

    poi ritualmente commemorato: il parricidio originario di Freud delineato in Totem e Tab

    dunque un'efficace intuizione, che per naufraga di fronte all'assegnazione di ruoli

    familiari ad attori che, di fatto, si scagliano contro un primo venuto e non contro il padre

    geloso. Il primo passo che port all'umano quindi un evento concreto, reale e corporeo e

    cio il cadavere di quella prima vittima, simbolo di futuri omicidi rituali: la rottura

    dell'assassinio collettivo, il solo capace di assicurare delle organizzazioni fondate su divieti

    e rituali, per quanto embrionali siano.68

    Potrebbe sorgere un'obiezione a tale ricostruzione; se vero che l'incremento del

    cervello porta ad una maggiore mimesi, possibile ipotizzare che proprio tale aumento

    porti una consapevolezza maggiore e dunque ad una capacit di intraprendere atti di

    collaborazione, cooperazione e di organizzazione i quali, lungi dal postulare un'origine

    cruenta, mettano in luce la capacit dell'uomo di risolvere l'escalation violenta grazie alla

    ratio: siamo qui di fronte all'ipotesi contrattualistica, in qualsiasi forma essa voglia essere

    presentata; in fondo, sebbene partendo da antropologie radicalmente diverse, sia l'ipotesi

    66 Senza tale meccanismo molte popolazioni dovette soccombere sotto il peso delle violenze intestine, proprio come la popolazione Kaingang descritta ne La Violenza e il sacro (Cfr. pp. 82-83).

    67 G. Mormino, Il confronto con l'altro, p. 218. 68 Ibid.

    24

  • hobbesiana (che nasce dalla lotta di tutti contro tutti) sia quella di Locke (che nasce da uno

    stato di natura fondamentalmente pacifico) fanno leva sulla razionalit dell'uomo: la

    comprensione di una vita migliore porta gli uomini a diverse forme di vita associata, la cui

    forma pu variare a secondo dei termini del contratto stipulato; quest'ipotesi, lungi

    dall'essere appannaggio degli autori del pre e post illuminismo viene, in modo molto

    sottile, delineata anche da Freud in Totem e Tab: nonostante la geniale intuizione

    dell'omicidio fondatore, sono le costruzioni psicanalitiche (ed edipiche) che portano Freud

    a ipotizzare un patto tra i fratelli, i quali comprendendo che senza i divieti paterni,

    sarebbero ricaduti nella lotta generalizzata per le donne, riportano in 'vita' la figura paterna

    attraverso i suoi divieti (divieto di cibarsi dell'animale totemico e divieti di unirsi alle

    donne del gruppo)69.

    Ulteriore confronto utile con queste tematiche quello con Burkert, il quale vede

    nel fenomeno della caccia collettiva la pietra angolare sulla quale la struttura umana si

    innalzata; anche in lui, vi la consapevolezza della pericolosit di questa attivit per la

    pace sociale: l'autodistruzione dell'uomo a opera dell'uomo fu pertanto sin dall'inizio un

    pericolo costante70. La problematica della violenza, similarmente a Girard e Lorenz, viene

    risolta con un procedimento che espelle l'aggressivit all'esterno del gruppo, permettendo

    inoltre di cementare i legami interni; ma la sua spiegazione appare in fondo ancora

    macchiata di un'idea contrattualistica: la caccia collettiva viene presentata come un atto

    basato su una notevole capacit di organizzazione e suddivisione sociale dei ruoli;

    ipotizzare che essa abbia potuto portare alla soglia di ominizzazione riflette ancora una

    forte valorizzazione della ragione. In fondo, appare molto pi legittima l'idea che la societ

    sia formata spontanemente e casualmente, e non sia un frutto maturo e consapevole come

    pu essere l'atto di un'assemblea costituente.

    Senza dover chiamare in causa Girard, possiamo gi muoverci verso una critica del

    contrattualismo, in quanto pone un'eccessiva razionalit e cognizione: la sola evoluzione

    graduale del cervello non pu spiegare l'emergenza di divieti e regole; in questo,

    allontanandoci dall'ipotesi strutturalista, possiamo tranquillamente ricordare Freud, il quale

    postulava come prima forma sociale il divieto (dal quale segue la regola), in quanto esso

    dissuade dalla violenza e dai conflitti, permettendo una pace interna: solo dalla stabilit

    69 La ricostruzione freudiana non cos semplice: accanto alla soluzione razionale emerge anche il risvolto psicologico, che egli stesso definisce obbedienza retrospettiva : prendendo le mosse dalla coscienza di colpa del figlio, crearono i due tab fondamentali del totemismo, che proprio perci dovevano coincidere con i due desideri rimossi del complesso edipico. (S. Freud , Totem e Tab, cit., p. 166).

    70 Burkert, Homo necans, p. 32. (Cfr. G. Mormino, Il confronto con l'Altro., cit., p 222).

    25

  • che questo comporta, si potranno istituire delle regole.

    Oltre a queste semplici notazioni, l'ipotesi girardiana mantiene la superiorit sul

    contrattualismo, grazie alle riflessioni sulla violenza: se si pensa al parossismo che ogni

    crisi mimetica porta nei gruppi di ominidi al momento di massima tensione, pensare ad una

    soluzione non-violenta appare davvero una cosa inverosimile. In Origine della cultura e

    fine della storia, vi il confronto con l'ipotesi di Eric Gans, il quale delinea un'ipotesi

    sull'origine fondata sulla mediazione linguistica, negando quindi la validit della violenza:

    La risoluzione della crisi mimetica non sarebbe avvenuta necessariamente attraverso il meccanismo del capro espiatorio, ma avrebbe seguito invece un percorso completamente diverso, in cui il linguaggio emerge come intermediario privilegiato, impedendo alla violenza di propagarsi71.

    Girard sottolinea di nuovo la sua ipotesi violenta, per cui Io credo invece che ci

    debbano necessariamente essere forme di associazione non linguistica all'inizio, forme che

    stanno fra l'animale e l'umano. [..] Deve esistere gi una soluzione non linguistica al

    problema della violenza72. La prospettiva del capro espiatorio e della violenza mimetica

    deve essere il fulcro della cultura, e dunque il fattore che fa sorgere il linguaggio; l'ipotesi

    di Gans, in fondo contrattualistica, contraddittoria: immaginarsi una risoluzione

    linguistica durante il parossismo della crisi semplicemente assurdo; sulla scorta di

    Girard, possiamo sicuramente affermare che postulare a fondamento delle societ umane

    un patto tra gentiluomini, non nient'altro che una forma radicale di mconnaissance73.

    Forme di prevenzione violente lontane dal capro espiatorio esistono, ma sono chiaramente

    successive alla prima uccisione, in quanto sono un risultato di chi, provando sulla pelle gli

    effetti della crisi, tenti di organizzare la societ in un successivo momento. Dove

    primeggiava l'omicidio, esso inizia a scomparire, portando allo sviluppo di modalit di

    controllo alternative: all'inizio, riti, tab e proibizioni; successivamente il linguaggio e le

    istituzioni culturali74. Possiamo anche aggiungere che l'ipotesi del linciaggio, non solo

    supera la soluzione linguistica, ma la sussume: la risoluzione necessariamente deve essere

    avvenuta prima della nascita del linguaggio! Solo cos si riescono a spiegare quelli che

    sono i caratteri che sottostanno a processi di neotenia (ritenzione in et adulta di caratteri

    giovanili), tipicit biologiche umane : perdita di peli, ossa dell'arcata sopraccigliare

    71 R. Girard, Origine della Cultura, cit., p. 95.72 Ibid.73 Questo non significa negare il ruolo della collaborazione nell'uomo: proprio come nelle osservazioni sul

    desiderio mimetico, Girard non nega gli aspetti positivi, ma contrariamente alla maggior parte degli studiosi focalizza la sua attenzione sulle conseguenze cruente.

    74 R. Girard ,Origine della cultura, cit., p. 98.

    26

  • piccole, incapacit di deambulazione nei neonati eccetera75; questi fattori, squisitamente

    umani, sono frutto certamente di interazioni culturali e spinte biologiche-adattive, ma

    difficilmente gli studiosi comprendono come e quando essi si sono manifestati; per Girard,

    invece, furono precedenti ad un linguaggio raffinato (e cio ad un fase antichissima, in cui

    la cultura non aveva forme complesse), in quanto si svilupparono grazie alla soluzione

    sacrificale che, creando le inibizioni sociali contro la violenza, ha portato alla protezione

    delle femmine del branco e in questa maniera hanno reso possibile prolungare nel tempo

    la cura dei cuccioli76. Queste particolarit e differenze tipiche del genere umano furono

    un risultato garantito dalla cultura (e dunque, dalla religione) che ha addomesticato

    l'uomo77.

    75 R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 9676 Ibid77 Ivi., p. 97.

    27

  • IIEtologia

    1.1 Mimetismo e Violenza: Girard e l'etologia

    Tra le diverse sottigliezze che l'ipotesi girardiana dell'ominizzazione illumina,

    l'attenzione che l'autore dedica all'etologia di particolare interesse. Lo studio dei

    comportamenti animali, soprattutto nel campo relazionale, si presenta come una feconda

    fonte di spunti riflessivi, aprendo una finestra impossibile da ignorare proprio per un'ipotesi

    che a detta dello stesso Girard si inscrive in una cornice evoluzionistica: dipingere

    l'uomo come un ente estraneo e dunque superiore all'ordine e alle leggi naturali, non

    pu fare altro che produrre ipotesi viziate nella forma fin dalla partenza: come il pensatore

    francoamericano afferma la presente ipotesi ha di superiore il fatto di eliminare tutte le

    false specificit dell'uomo78. Girard segue il consiglio spinoziano, per cui l'uomo non deve

    essere pensato come un dominio all'interno di un dominio79; in termini evolutivi, solo

    attraverso il raffronto con l'affascinante verit etologica l'antropologia pu pensare in modo

    adeguato l'origine della cultura umana, fattore necessariamente interno all'evoluzione della

    specie, sviluppatosi come modello comportamentalesociale in grado di dominare le

    violenze intra-specifiche. L'uomo un membro della famiglia dei primati ed in quanto tale

    il suo comportamento pi profondo trova qui le sue radici: condividiamo molto pi di

    quanto si tenda ad ammettere con il resto delle scimmie antropomorfe (scimpanz, bonobo,

    gorilla ed oranghi) ed il loro studio si presenta un'ottima risorsa per tentare di comprendere

    in una via non riduzionista non solo perch essi agiscano in un certo modo, ma anche

    per rileggere in modo nuovo noi stessi. E' necessario per un avvertimento: proprio come

    noi, anche le scimmie antropomorfe si sono notevolmente evolute rispetto a quel ceppo

    comune da cui anche i nostri antenati dovettero svilupparsi80, e dunque, osservare

    78 R. Girard, Delle cose nascoste, cit., pp 116-117.79 B. Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico, III Prefazione, trad. it. a cura di Emilia Giancotti,

    Pgreco edizioni. 80 Gli scimpanz moderni, [..] sembrano essersi mantenuti pi simili al nostro comune progenitore. Sarebbe

    tuttavia un errore assumere che i primi esseri umani fossero molto simili agli attuali scimpanz semplicemente perch assomigliavano pi a loro che all'uomo moderno. A tutti gli effetti, gli esser umani e gli scimpanz sono separati da dodici milioni di anni di evoluzione[..]: un lasso di tempo abbastanza lungo per produrre profondi cambiamenti.(Craig B. Stanford, Scimmie cacciatrici, cit., p. 27). Tale ammonimento , estremamente utile e calzante, viene posto al termine di una lunga riflessione sull'utilit dell'osservazione dei primati, in quanto fungono da modello analogico di confronto: tramite le integrazioni di quello che sappiamo grazie alle diverse discipline sulle condizioni anatomiche, ecologiche ed ambientali sui primi uomini, possiamo attingere dal comportamento dei primati per quel che concerne le relazioni sociali.

    28

  • l'evoluzione e il modo di rapportarsi che tali affascinanti animali ci offrono di fatto molto

    utile, non solo per comprendere quali siano le spinte comuni le forze naturali ed

    ancestrali che condividiamo con loro (dandoci un aiuto nel pensare a cosa sia realmente

    frutto della nostra societ, e cosa invece sia pi recondito e radicato in noi) ma anche

    perch, mancando del tutto l'osservazione primaria dei nostri antenati, possiamo

    compensare tali lacune osservando modelli sociali utili per compiere analogie sulle

    modalit di relazioni che anche i nostri antenati condividevano; l'osservazione delle diverse

    trib e societ umane, viene cos affiancato ad un interesse riguardante altri animali non

    umani, dando notevole peso al mimetismo, all'aggressivit, alla violenza e, naturalmente,

    alla sua risoluzione.

    Quest'ammirevole tentativo di Girard, viene espressamente fatto nel tentativo di

    superare l'ottusit dell'etnologia strutturalista, la quale incapace di situare la cultura su

    uno sfondo naturale si chiuse nella sua nicchia disciplinare, tagliando confronti produttivi

    con la tradizione etologica, la cui utilit per la comprensione umana d'importanza

    capitale: l'autore del desiderio mimetico a definire la sua ipotesi come un tentativo di

    combinare etologia ed etnologia81. Aperto il dialogo tra questo due discipline, Girard

    intende mostrare le caratteristiche peculiari dell'uomo, identificando uno sfondo comune (e

    cio l'imitazione) che condividiamo con il resto dei viventi, ma anche indicando la

    peculiarit: l'ipermimetismo! La differenza capitale, secondo Girard, non riguarda

    l'essenza, e cio una tipicit appartenente solo all'uomo che lo eleva ai vertici della 'scala

    dell'essere', quanto piuttosto l'intensit dell'imitazione, fattore presente in tutto il regno

    animale: stiamo dunque parlando di una leggera differenza fisiologica, che per ha

    nell'ipotesi girardiana l'aspetto di una leva fondante; l'ipotesi tenta di vedere il comune

    tra l'uomo e l'animale,accantonando l'antropocentrismo umano, con la consapevolezza di

    non essere altro che una specie tra le altre, la cui storia evolutiva ha condotto a determinati

    traguardi; Girard traccia un percorso di ominizzazione muovendo dallo sfondo animale, ed

    eliminando i fattori espressamente gi umani frutti della cultura82: un'ipotesi come quella

    Per un'interessante chiarificazione sul nostro passato ancestrale, e sulle riflessioni tecniche riguardanti il confronto tra lo studio dei primati e quello umano, Cfr Craig B Stanford, Scimmie cacciatrici.

    81 R. Girard , Origine della cultura, cit., p. 67.82 A tal proposito, va notato che Girard, criticando la tradizione etologica, giunge a identificare una rottura

    tra l'uomo e l'animale , definendo quindi la nostra specie come altro: l'autore parla infatti di 'salto fondamentale' (Cfr. R. Girard, Origine della cultura, cit., p. 73); questo alterit non per una condizione di partenza, quanto una conseguenza inevitabile determinata dalla nascita della cultura; Girard definisce infatti il capro espiatorio come un elemento che fece aumentare esponenzialmente le dimensioni del cervello umano, generando la specie simbolica. Rispetto a questa posizione, molti autori nel campo dell'etologia tendono a smussare tale 'rottura', definendo un maggiore senso di continuit. Un interessante punto di vista, sono gli scritti di Ian Tattersall: egli tende a dipingere l'evoluzione umana (e non solo) come un processo che funzioni per rotture. In una sua intervista, egli afferma che la documentazione

    29

  • freudiana di Totem & Tab, per quanto interessante, stata definita da molti autori come un