Tesi di Laurea
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Introduzione
Prima di tutto è necessario dichiarire che la tesi tratta del modo congiuntivo nelle frasi
dipendenti della lingua italiana. Certo, essa non è una sintesi generale, ma sono presentati certiaspetti riguardanti le caratteristiche semantico- funzionali del modo congiuntivo nelle frasi
dipendenti.
La mia tesi mira a illustrare i casi particolari in cui viene usato il modo congiuntivo.
L'obiettivo della tesi è rilevare le caratteristiche lessico-grammaticali del modo congiuntivo
nelle frasi dipendenti.
Il metodo usato e quello analitico con l'approccio deduttivo, quindi mediante un
processo che va dal generale al particolare; cioè la formulazione della regola precede l'esercizio.
Il valore pratico di questa tesi consiste nel fatto, che i risultati ottenuti durante l'esplorazione
dell'argomento possono essere usati nell'insegnamento della lingua italiana come materiale
pratico molto utile.
Il valore teorico è che per dimostrare meglio i fatti osservati sono riportati esempi ricavati
prevalentemente dai vari tipi di libri letterari. E per approfondimenti sono usate opere
istituzionali.
Quindi, la tesi è composta di due capitoli successivi:
• Modalità e modi
•
Le caratteristiche semantiche - funzionali del modo congiuntivo nelle frasi dipendenti.
Il primo capitolo è dedicato alla modalità e ai modi. Fin dall'inizio vengono precisati i concetti
di "modalità" e "modo" e le sue differenze. Poi sono presi in esame i modi del verbo: modi
finiti: indicativo (modo della realtà e della certezza), condizionale (modo della possibilità e del
desiderio), imperativo (modo del comando), congiuntivo (modo dell'opinione e dell'incertezza);
e modi indefiniti: infinito (esprime l'azione al grado
zero), participio (esprime una relazione con la frase principale e ha spesso funzione di aggettivoоsostantivo), gerundio (esprime una relazione con la frase principale); e vengono esaminati le
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differenze tra loro. Successivamente vengono presentate le principali caratteristiche lessico-
grammaticali del modo congiuntivo dell'italiano. Viene precisato il concetto del "congiuntivo".
Poi si parla dei tempi del congiuntivo: congiuntivo presente, congiuntivo imperfetto,
congiuntivo passato, congiuntivo trapassato; dell'uso dei tempi e della concordanza dei tempi: contemporaneità (che avviene contemporaneamente), anteriorità (che viene prima) о posteriorità
(che viene dopo).
Nel secondo capitolo vengono presentate le principali caratteristiche semantico - funzionali
del modo congiuntivo nelle frasi dipendenti. In questo capitolo vengono dettagliamente
esaminati tutti i casi specifici del modo congiuntivo nelle proposizioni dipendenti,cioè il modo
congiuntivo nelle frasi dipendenti dirette da verbi + "che" e nelle frasi dipendenti dacongiunzioni оlocuzioni che richiedono il congiuntivo. E alla fine del questo capitolo si parla
della vitalità del congiuntivo nell'italiano contemporaneo.
L'attualità della tesina è che oggi il congiuntivo si usa sempre meno nell'italiano moderno. Oggi
invece ogni italiano ha rapporto con il congiuntivo soprattutto leggendo оscrivendo о - ancor più
- ascoltando i mass media, perchè questo modo si usa molto dal registro alto della società.
D'altro canto il congiuntivo è il modo tipico della subordinazione piuttosto complessa, e chi
parla preferisce la coordinazione оgli schemi subordinativi più elementari che di solito non
abbisognano di questo modo verbale. Sono poche le volte in cui il congiuntivo è di norma
usarlo, perché necessario al significato. Nella maggior parte dei casi può infatti essere
tranquillamente sostituito dall'indicativo che, godendo di più ampi usi, che è più facile. E così al
congiuntivo si continuano a riservare ambiti comunicativi di carattere più formale.
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I CAPITOLO
1. MODO, MODALITÀ E TEMPO
1.1. IL MODO E LA MODALITÀ
Il modo fa parte delle categorie grammaticali, intese come serie di forme flessionali che, perstruttura fonologica e contenuto, sono caratteristiche di determinate classi di parole (perciò essesono dette anche categorie morfologiche o, più precisamente, morfosintattiche) (Renzi L., 2001:p. 415). Tipiche categorie verbali sono la persona, il numero, i1 tempo, la diatesi e, appunto, ilmodo.
Tra i modi si contano comunemente l'indicativo, il congiuntivo, l'imperativo e il condizionale (ele forme verbali infinite come il participio, il gerundio, l'infinito).
Come forme verbali finite esse non hanno in comune nulla, tranne il fatto di poter esprimeredeterminati stati di cose, cioè contenuti e di porli in relazione con la realtà extralinguistica -processo che si definisce anche come predicazione. Tra le funzioni centrali dei modi c'è quella didistinguere se i contenuti es pressi sono affermati come fatti о presentati solo come raffigurazioni
soggettive ad esempio desideri о supposizioni. Ogni frase di forma verbale finita deve, nella
misura in cui si presenta come enunciato autonomo, prendere posizione rispetto alla validità ealla relazione col mondo esterno del suo contenuto. Le forme verbali non finite, invece, comed’altronde la classe dei nomi, di cui, per questo aspetto, fanno parte, non contengono alcuna
indicazione su una relazione di questo tipo; esse nominano soltanto, senza dire (predicare) nulla,p. es. piovere / piovuto, la pioggia vs. piove /piovesse.
Una simile indicazione sulla validità di uno stato di cose espresso linguisticamente viene definitamodale e ricondotta alla categoria di significato della modalità.
Termini di questo tipo sono usuali anche in una particolare forma della logica, la cosiddettalogica modale, in cui le frasi vengono distinte a seconda che siano necessariamente о
possibilmente vere oppure non vere. Anche in altre due forme speciali della logica modale che
sono importanti proprio per ciò di cui ci stiamo occupando ora, si parla di modalità. La logicaepistemica (dal greco episteme, «sapere, conoscenza») si
occupa della struttura logica di enunciati il cui contenuto venga presentato come conosciuto
oppure come creduto. La modalità epistemica si riferisce perciò alla valutazione della validità di
un enunciato fatta dal parlante, il quale può considerare l'esistenza di uno stato di cose sicura,
probabile oppure possibile. La logica deontica (dal greco dei, «è necessario, si deve»), invece, èla logica dell'obbligatorietà, di ciò che è permesso e di ciò che è vietato, la modalità denotica
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informa in tal modo se la realizzazione di uno stato di cose sia richiesta, permessa oppure
proibita e anche, in senso più ampio, se essa sia desiderata оperseguita. Essa è perciò
strettamente connessa alla categoria temporale del futuro. Entrambe le modalità, la epistemica e
la deontica, si riferiscono quindi- all'atteggiamento-del-parlante оdel referente del SOGGETTO
della predicazione rispetto alla realizzazione di uno stato di cose. (Renzi2001: 416)
Il verbo possiede un organico e complesso sistema di forme per esprimere le categorie
del modo e del tempo. Il parlante può presentare il fatto espresso dal verbo in diversi modi,
ciascuno dei quali indica un diverso punto di vista, un diverso atteggiamento psicologico, un
diverso rapporto comunicativo con chi ascolta: certezza, possibilità, desiderio, comando ecc.
Talvolta, poi, l'uso di un determinato modo può dipendere anche da ragioni stilistiche, da una
scelta di "registro" оdi livello linguistico: cosi, per esempio, nelle subordinate rette da verbi digiudizio l'indicativo (mi pare che ha ragione) corrisponde a un livello d'espressione più popolare
rispetto al congiuntivo (mi pare che abbia ragione). In italiano disponiamo di sette modi verbali
(Dardano,Trifone 1995: 140):
• quattro modi finiti: indicativo (io amo), congiuntivo (che io ami), condizionale (io
amerei), imperativo (ama!)
• tre modi indefiniti: infinito (amare), participio (amante), gerundio (amando)
I modi finiti (l'indicativo, il congiuntivo, il condizionale, l'imperativo) sono modi finiti perchè
nella loro coniugazione indicano sempre la persona e il numero del soggetto (ovvero dicono
chi è a compiere l'azione: io, tu, egli, noi voi od essi, i modi indefiniti (l'infinito, il participio e
il gerundio) detti "forme nominali del verbo", non determinano la persona e, tranne il
participio, il numero e vengono usati spesso in funzione di
sostantivo e di aggettivo: abbiamo già citato il participio presente amante, a cui si può
aggiungere il participio passato la (donna) amata; e si pensi ancora a infiniti quali l'essere, il
dare, l'avere, l'imbrunire, оa gerundi diventati nomi, quali laureando e reverendo.
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1.2. IL TEMPO
II tempo indica qual è il rapporto cronologico che intercorre tra l'azione оlo
stato espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato. E' opportunodistinguere tra tempo fisico e tempo linguistico (o grammaticale): il tempo fisico si
riferisce alla percezione che ciascun individuo ha del fluire del tempo nella realtà, ed è
misurabile quantitativamente. Il tempo grammaticale иcostituito invece da un sistema
di relazioni temporali che permettono di collocare l'azione prima, durante оdopo il
momento in cui viene proferita la frase e di indicare l'ordine di successione dei due
avvenimenti.
Per esprimere il tempo linguistico il parlante ha a disposizione, oltre al sistema dei tempi
verbali, gli avverbi e le locuzioni avverbiali di tempo (prima, dopo, fra sette mesi, per due
anni). La non corrispondenza tra tempo fisico e tempo linguistico èevidente nei casi in cui
un tempo grammaticale passato esprime un evento che nella realta si svolge nel futuro:
Saranno necessarie almeno dodici ore per sapere chi ha vinto le elezioni.
Il rapporto cronologico tra lo stato оl'azione espressi dal verbo e il momento in cui viene
proferito l'enunciato può essere di:
contemporaneità, quando il fatto avviene nel momento in cui si parla: Daniele canta
anteriorità, quando il fatto avviene in un momento anteriore a quello in cui si parla:
Daniele cantava (ha cantato, canto); posteriorità: quando il fatto
avviene in un momento posteriore a quello in cui si parla: Daniele cantera.
II tempo che esprime la contemporaneità è il presente; il tempo che esprime
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l'anteriorità è il passato, variamente articolato nell'indicativo (imperfetto, passato prossimo e
remoto, trapassato prossimo e remoto) e nel congiuntivo ( imperfetto, passato, trapassato); il
tempo che esprime la posteriorità è il futuro, suddiviso nell'indicativo in futuro semplice e
futuro anteriore.
Sotto l'aspetto formale i tempi si distinguono in semplici, quando le forme verbali di cui sono
costituiti consistono in una sola parola (amo, temevo,partirà), e in composti, quando le forme
verbali risultano dall'unione del participio passato del verbo con una voce dell'ausiliare essere
оavere (ho amato, avevo temuto, fu arrivato, sara partito). Per comprendere meglio il
significato delle relazioni temporali possiamo visualizzare graficamente la collocazione di un
avvenimento lungo l'asse del tempo, rappresentato da una linea retta. Per far ciòoccorre fare
riferimento a due nozioni fondamentali:• il momento dell'enunciazione (= ME), cioè il momento in cui si verifica l'atto di parola:
• il momento dell'avvenimento (= MA), cioè il momento in cui ha avuto luogo l'evento
oggetto dell'atto di parola.
Per interpretare il passato remoto, il passato prossimo, l'imperfetto e il futuro dell'indicativo è
sufficiente questo elementare riferimento al fluire del tempo fisico. Il trapassato prossimo, il
trapassato remoto e il futuro anteriore, viceversa, non sono ancorati direttamente al tempo
fisico, ma sono collegati ad esso indirettamente, attraverso un'indicazione relativa di
anteriorità оposteriorità rispetto ad un evento espresso da un tempo semplice (dopo che ebbe
appreso la notizia svenne) оda un'altra determinazione temporale(alle 8 aveva già cenato).
Per rappresentare graficamente i tempi composti dobbiamo pertanto introdurre un terzo
parametro, denominato momento di riferimento (= MR). Esso può essere costituito da un
avverbio di tempo оda un'altra determinazione temporale (alle cinque, l'anno scorso, quando
sono uscito ecc.).
Presentando i concetti del modo e del tempo che ci saranno utili nell'avanzare nella nostra
ricerca passiamo all'argomento del modo congiuntivo, i suoi tempi e la concordanza dei tempi
del modo congiuntivo.
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II CAPITOLO
2. INTRODUZIONE AL MODO CONGIUNTIVO
Il congiuntivo è il modo della congiunzione; essenzialmente il modo atto a segnalare una
proposizione collegata a un'altra alla quale si subordina fungendo da necessario completamento
strutturale e semantico.
Per questa ragione il congiuntivo risulta, tra i modi finiti del verbo, il modo tipico di
proposizioni subordinate.
Quanto si è detto sembrerebbe non tenere conto dell'esistenza di talune proposizioni che
pur richiedendo il congiuntivo, dal punto di vista grammaticale risultano indipendenti, che
proposito, va chiarito che tale modo verbale si giustifica, in quanto queste proposizioni, dal
punto di vista logico, dipendono da un predicato sottinteso e relativo al loro significato più
оmeno genericamente volitivo оpotenziale; predicato facilmente desumibile dal contesto. Ad
essempio, la frase ottativa "Fossi tu felice, figlio mio!" è grammaticalmente autonoma; ma dal
punto di vista strettamente logico dipende da una frase sottintesa del tipo: "Io vorrei (che tu fossi
felice...)".
Le proposizione contenenti il congiuntivo risultano subordinate ad altre a livello non
solo strutturale, ma anche logico, semantico, come normalmente viene segnalato da specifici
connettivi. Le tali proposizioni si esprimono azioni, avvenimenti situazioni riconducibili ad
ambiti di caratiere soggettivo (appartamenti dunque alla sfera individuale di chi parla, scrive e
giudica оa particolari indicazioni nella proposizione reggente) che riguardano preminentemente
i significati della valontà nella sue gradazioni.Non di rado accade che il congiuntivo svolga unicamente la pura funzione grammaticale,
indicata dal suo nome: la funzione di segnale di proposizione 'congiunta" subordinatamente a
una proposizione reggente. Che è funzione non dissimile da quella di una congiunzione vera e
propria. In questi casi dunque, dal punto di vista semantico, il congiuntivo equivale all'indicativo
e lo sostituisce. Questo fatto si verifica quando una proposizione completiva con l'indicativo
venga anticipata rispetto alla sua reggente.
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La frase: "Tutti lo sanno che la terra gira intorno al sole", anticipando la completiva
diventa "Che la terra giri intorno al sole tutti lo sanno".
In questo caso, il verbo al congiuntivo: a) dal punto di vista del significato, ha solo
quello della realtà astronomica (la terra gira realmente intorno al sole), e non della soggettività; e
occupa quindi un posto che dovrebbe essere proprio dell'indicativo: b) dal punto di vista deil'uso
(pragmatico), sembra essere piuttosto un segnale per l'interlocutore che la proposizione con cui
si inizia il discorso è una subordinata, e non una principale оindipendente interrogativa
оesclamativa, come invece il Che (maiuscolo a inizio di frase) potrebbe far pensare :
Che l'aeroplano sia un uccello artificiale tutti vedono.
Che si chiamasse Simona lo sapeva.
Comunque, in questi casi, in base al significato niente impedisce fuso dell'indicativo оdelcondizionale, a seconda del registro оdella modalità.
Che a Torino minacciano la sua famiglia non sarà vero.
Che sarebbe successo se lo aspettavano.
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2.1.PRINCIPALI TIPI DI CONGIUNTIVO DELLE FRASI DIPENDENTI
Distinguiamo tre tipi principali di congiuntivo, il cui elemento comune è che essi non
compaiono in frasi che riproducano un fatto e che al contempo siano Tematiche, cioè fungano
da obiettivo della comunicazione.
2.11. IL CONGIUNTIVO VOLITIVO
Le frasi volitive sono quelle che esprimono la volontà del soggetto sintattico оdel
SOGGETTO della predicazione riguardo alla realizzazione del contenuto della frase
subordinata, cioè egli vuole оnon vuole che lo stato di cose descritto nella frase dipendente
venga realizzato (Renzi2001:416).
A differenza che nelle frasi principali al congiuntivo (Nessuno dica una parola), qui il
significato volitivo non viene indicato solo dal predicato che descrive uno stato di cose, maprimariamente da un'espressione lessicale della frase sovraordinata. Modo e modalità della frase
sovraordinata sono in questo caso privi di interesse (Voglio / Non voglio / Vorrei / ...voglia che
nessuno dica una parola), a meno che il carattere volitivo dell'enunciato non risulti
esclusivamente da essi.
Attraverso questa divisione tra frase principale modalizzante e frase subordinata
modalizzata, la volontà del SOGGETTO della predicazione può venire qualificata
esplicitamente come desiderio, preghiera, richiesta, ordine, divieto, permesso, intenzione e sim.;
d'altra parte, si può esprimere non solo la volontà del parlante, ma anche quella di qualsiasi altra
persona: Voglio / Vuole / Vogliono che nessuno dica una parola. Tra le frasi volitive si possono
includere anche quelle che presuppongono, senza nominarlo espliciamente, un portatore di
volontà оun'istanza che pone una norma, come p. Es. Costruzioni del tipo: (1) Occorre / È
necessario che tu parta subito.
Si può in tal modo distinguere tra una modalità volitiva soggettiva ed una oggettiva (o più
genericamente deontica).
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L'elemento volitivo non deve essere necessariamente contenuto nel predicato della frase
principale, ma può anche essere-introdotto; da certe congiunzioni che stabiliscono una relazione
mezzo/fine tra frase-principale .e-subordinata.
(2)Aveva nascosto i giocattoli dietro l'armadio affinché sua sorella non li trovasse, (cioè: voleva
che non li trovasse)
Le frasi subordinate dipendenti da espressioni volitive non comunicano nessun fatto,
dato che la realizzazione dello stato di cose in oggetto deve essere ancora effettuata oppure
impedita. Il fattore d'insicurezza determinato da questa componente che riguarda il futuro
accomuna quest'uso del congiuntivo alla sua utilizzazione nelle frasi dubitative. A differenza
che nelle frasi modalizzate senso dubitativo (più genericamente, in senso epistemico), qui non si
tratta però di una presa di posizione rispetto alla possibilità оprobabilità della realizzazione diuno stato di cose, quanto piuttosto dell'espressione della volontà di realizzarlo / impedirlo, il cui
possible Imporsi deve essere per il momento lasciato ancora in forse. (A prescindere da ciò, una
frase come Occorreva che lo facesse non eslcude che il contenuto della subordinata sia in effetti
notoriamente realizzato). Comunque, in entrambi i casi il contenuto della subordinata non sarà
assertivo, né nel senso logico, né in quello comunicativo della parola. Questa definizione
negativa del valore di fondo del congiuntivo si lascia giustificare dalla supposizione che
l'asserzione cioè la comunicazione di un fatto, rappresenti il caso neutrale non-marcato di un
enunciato linguistico e l'indicativo sia perciò il modo verbale non-marcato.
Una frase volitivamente modalizzata è qualcosa di basilarmente diverso da un'asserzione.
Per questo il tratto distintivo non-assertivo è, proprio per il congiuntivo volitivo, marcato in
modo particolarmente netto.
Questo spiega perché il congiuntivo volitivo è più usato che non quello dubitativo оquello
tematico. Esso è presente in tuti i registri e le distribuzioni sintattiche più spesso che gli altri due
tipi anche là dove questi fanno apparizioni sporadiche, come p. es. nell'italiano parlato оin
quello popolare.
La posizione speciale del congiuntivo volitivo in italiano è ulteriormente rafforzata dal
fatto che le frasi indipendenti al congiuntivo appartengono in prevalenza a questo tipo (perlopiù
ottativo).
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2.2. IL CONGIUNTIVO DUBITATIVO
Le frasi dubitative rientrano nell'ambito della modalità epistemica (modalità del sapere e
del credere) che riguarda la valutazione fatta dal parlante, e dal corrispondente SOGGETTO
della predicazione, della validità di un'asserzione oppure della possibilità di esistenza di uno
stato di cose (Renzi2001: 418). Il dominio di questa modalità si estende, per continui trapassi,
da una relativa certezza che Io stato di cose espresso dalla frase dipendente non è realizzato
(Non credo che /oppure da un'assoluta certezza, se viene inclusa qui la negazione netta della
verità (Non è vero che p), attraverso varie gradazioni del dubbio (Dubito / Metto in-dubbio che
p) e dell'insicurezza fino ad una
supposizione più оmeno attenuata оrelativizzata (E possibile/Pare / Suppongo/ Credo che p).
Detto in breve: dalla certezza della non-esistenza fino all'incertezza dell'esistenza. Il fatto che
qui si abbia a che fare con le più svariate gradazioni e forme di riserva nei confronti della verità
della frase subordinata comporta che anche l'uso del modo è soggetto ad oscillazioni più forti -
particolarmente in dipendenza del registro linguistico - che nel caso del congiuntivo volitivo. Siaggiunga inoltre che, proprio in quest'ambito, spesso il tempo verbale prende il sopravvento sul
modo, cioè al posto del congiuntivo può essere scelto un futuro (oppure anche un condizionale):
Credo che verrà vs. Voglio che verrà.
Sotto il livello dell'asserzione categorica di un contenuto proposizionale oppure di un So
che p, esplicito dal punto di vista modale, оdi un è certo / vero che p, si deve supporre
l'esistenza di un punto d'inversione all'altezza del quale una valutazione tendenzialmente
negativa del contenuto di verità di p si muta in una tendenzialmente positiva. Questo punto,
però, sulla base dei fatti linguistici e, soprattutto, del corrispondente usodel modo, non è
possibile determinarlo con precisione. Un certo margine d'insicurezza nei confronti della
validità di una frase è motivo sufficiente per l'impiego del congiuntivo però non necessario.
Dunque, il concetto di congiuntivo dubitativoоepistemico è inteso qui in un senso molto ampio.
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2.3. IL CONGIUNTIVO TEMATICO О FATTIVO DI VALUTAZIONE
Il congiuntivo può essere usato anche in frasi che non hanno alcun valore dubitativo:
• a. Gli dispiace che Martina sia già partita, b. Ero felice che fossero venuti.
In (3) la verità della frase dipendente e la certezza del SOGGETTO della predicazione
оdel parlante non sono affatto in discussione.
Non viene comunicato né che qualcuno ritenga vera la frase dipendente, né che qualcuno dubiti
della sua verità. Si tratta piuttosto del fatto che la verità della frase dipendente è presupposta dal
parlante. Questa presupposizione è condizione necessaria per frasi di questo tipo: ci si può
dolere оrallegrare solo di ciò che si ritiene sia un fatto. Predicati di questo tipo sono perciò
definiti anche fattivi e sono riconoscibili, fra l'altro, perché di regola possono reggere come
complemento il SN complesso.
• Gli dispiace il fatto che Martina sia già partita.
Inoltre, in caso di negazione, interrogazione e condizionalità -a differenza dei verbi epistemici
trattati in
2.3.1 -il contenuto di verità della frase dipendente, ossia la valutazione della sua fattualità,rimane costante:
• Non gli dispiace (il fatto) che Martina sia già partita.
Questa frase presuppone: Martina è già partita, sia per il parlante che per il SOGGETTO della
predicazione.
Il contenuto della frase dipendente non viene dunque comunicato, asserito come uno
stato di cose realizzato (come p. es. in Credo che è partita), bensì presupposto come fatto già
accaduto. A venir comunicato è solo il contenuto della frase sovraordinata che esprime una
valutazione, nel senso più ampio possibile, del fatto descritto nella frase subordinata. In base al
carattere della frase principale si spiega anche il termine talvolta usato di congiuntivo
soggettivo, che è pero ingannevole, poiché la resa dell'evento della subordinata in quanto tale
non contiene niente di soggettivo.
Ugualmente non del tutto appropriata è la definizione tradizionale di quest'uso del modo
come congiuntivo dopo iverba sentiendi, ai quali si attribuirebbero difficilmente
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predicati come è normale/logico, benché siano anch'essi fattivi e reggano in quanto tali il
congiuntivo:
•
È normale che Martina sia già partita.Alla presupposizione della fattualità extralinguistico-referenziale dello stato di cose della frase
subordinata, corrisponde sul piano comunicativo la presupposizione che esso sia
informazionalmente dato. Frasi del tipo (3)-(6) vengono impiegate di norma quando il parlante
parte dal presupposto che all'ascoltatore sia noto il fatto descritto dalla frase subordinata.
Questo non significa naturalmente che una simile supposizione sia per forza corretta; sia
perché il parlante può valutare male le cognizioni dell'ascoltatore, sia perché egli può usare di
proposito questa forma di enunciato per ottenere particolari effetti retorico-stilistici.
La verità di simili frasi dipendenti è dunque presupposta inerentemente - cioè non
dipende da un contesto ulteriore - ed esse hanno quindi nel caso normale, non-marcato, un
valore comunicativo inferiore rispetto alla corispondente frase sovraordinata, possono perciò
venir definite come (interentemente) tematiche.
Il fatto che in frasi di questo tipo compaia di regola il congiuntivo dipende dal valore di
fondo di questo modo: come abbiamo detto, esso ha la funzione di connotare una frase, оuna sua
parte, come non-comunicativa. La tematicità inerente di queste frasi subordinate significa al
contempo mancanza di autonomia comunicativa, per cui il congiuntivo indirizza l'attenzione
verso l'effettiva comunicazione e cioè verso la valutazione personale espressa nella frase
principale. Si ha anche una dipendenza sintattica più forte. Mentre una frase subordinata
dipendente da un verbo epistemico come credere оparere può venire anteposta come frase
autonoma all'indicativo anche alla frase principale.
• E già partita, credo / mi pare.questa mobilità posizionale non sussiste in presenza di frasi subordinate dipendenti da un
predicato fattivo; l'anteposizione della frase subordinata come indipendente non è possibile in
questo caso:
• È già partita, mi dispiace.
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Una frase subordinata dominata da un predicato di questo tipo non rappresenta alcuna
comunicazione propria nel senso descritto prima. L'esempio (8) è accettabile solo se lo si
interpreta come costituito da due frasi, оcomunicazioni, autonome:• E già partita, (e questo) mi dispiace.
Considerazioni analoghe valgono anche per una frase subordinata dipendente da un
predicato volitivo , che certo non è inerentemente tematico, ma non contiene del pari alcuna
comunicazione (asserzione):
• Martina parte subito, voglio.
è impossible l'anteposizione della subordinata come indipendente anche in quelle frasi che
contestano esplicitamente la verità della subordinata:
• è già partita, non credo / dubito.
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3.L'USO DEL CONGIUNTIVO NELLE FRASI SUBORDINATE
Nelle proposizioni subordinate, dove e' di uso molto frequente, il congiuntivo e' usato di norma
in dipendenza di verbi che esprimono dubbio, incertezza, desiderio, augurio, speranza, timore,
ecc, cioè1 di verbii che rimandano sempre alla valutazione оall'opinione soggettiva di chi parla
оscrive. Inoltre, il congiuntivo e' il modo di molte proposizioni dipendenti introdotte da
congiunzioni subordinanti come perche', affinchè', benche' e simili.
3.1. CONGIUNTIVO NELLE SUBORDINATE DIRETTE DA VERBI + "CHE"
(a). Paolo è già partito
(b) . Io so che Paolo è già partito
(c.) Io penso che Paolo sia già partito
• La frase (a) è indipendente ed esprime una realtà oggettiva: il parlante non interviene a
modificare la realtà e quindi si ha l'INDICATIVO.
• La frase (b) è costituita da due proposizioni, la reggente (io so) e la dipendente introdotta
dalla congiunzione che (Paolo è già partito). Il parlante non modifica la realtà, anzi la
dichiara ela conferma oggettivamente e con sicurezza. Ecco quindi ancora
l'INDICATIVO,
• La frase (c) é costituita anch'essa da due proposizioni, la reggente (io penso) e la
dipendente introdotta dalla congiunzione che (Paolo sia già partito). Ma qui l'azione
dipendente non è autonoma. Il parlante, con il verbo reggente "penso", interviene a
modificare la realtà della frase dipendente con la sua soggettività (dubbio, incertezza), e
così si ha il CONGIUNTTVO.Caratteristica di questo modo verbale è dunque la sua
dipendenza da una proposizione reggente, che contiene un elemento semantico che
ruota intorno al concetto molto ampio e generico di soggettività.
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Questo elemento semantico "soggettività" copre un'ampia gamma di significati opinione,
dubbio, necessità, possibilità, sufficienza, volontà, desiderio, timore speranza, attesa,
stati d'animo di piacere, dispiacere, dolore, vergogna...
Questi significati, da un punto di vista formale, sono espressi:
a. da una lunga serie di verbi + che:
pensare credere ritenere supporre dubitare
sospettare immaginare volere temere proibire
aspettare attendere ordinare permettere non veder l'ora
pretendere obbligare sperare desiderare vergognarsitemere avere paura piacere dispiacere
Penso che sia opportuno agire immediatamente (Calvino1993:18)
Credo che nella testa dell'uomo ci siano ancora più ombre che luce (Tamaro2002:
40)
Credevo che tu avessi capito tutto ( Tamaro2002: 28) Il direttore ordinò che tutti uscissero
un'ora dopo( Tamaro 2002:27) Non permetterò a nessuno che si dica questo di me(Tamaro S.,
2002,p. 25) Attenzione, ho paura che qualcuno si faccia male( Calvino 1993:87) Temevo che
qualcuno arrivasse in ritardo( Calvino 1993:31) Non vedo l'ora che arrivi l'estate( Tamaro
2002:45)
b. da verbi impersonali оdi uso impersonate + che:
sembrare parere occorrere bastare importare
convenire accadere succedere capitare ecc
Basta che tu me lo dica( Tamaro 2002:75)
Occorrerebbe che tutti esprimessero la opinione( Calvino 1993:7) Sembra che si siano
trasferiti ( Tamaro 2002:138)
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A volte accade che la gente reagisca in modo imprevedibile ( Tamaro2002:138)
Conviene che tu esca, ora(Calvino 1993:24)
e. da locuzioni impersonali formate da: verbo "essere" + aggettivo/avverbio + che
(esprimenti, dubbio, possibilità, valutazione personale оsoggettiva):
è possibileè probabile è incerto è bene è meglio
è conveniente è opportuno è utile è male è bene
è strano è giusto è difficileecc.
E' opportuno che tutti siano presenti fin dall'inizio( Calvino 1993:15) E' mai possibile che tu
faccia sempre di testa tua?( Tamaro 2002:87) Epossibile che qualcuno le telefonasse per le
condoglianze a quell'ora?( Tamaro 2002:15)
E' bene che si cominci per tempo( Calvino 1993:46) E' diffìcile che loro partecipino
E' strano che non siano ancora qui( Tamaro2002:27)
d. da locuzioni impersonali formate da: verbo "essere" + nome:
è ora è tempo è norma è legge è consuetudine
è abitundine ecc.
E' ora che cominciate tutti a lavorare seriamente ( Calvino1993:78) Era consuetudine che
ciascuno portasse con sé un amico( Tamaro2002:66 ) E' tempo che lui si decida a prender
moglie( Calvino1993:79)
Il congiuntivo si ha anche IN DIPENDENZA DA UN CONDIZIONALE: in questo caso i tempi
sono l'imperfetto ed il t rapassato.
Vorrei che tu glielo dicessi con gentilezza( Tamaro 2002:32)
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Avrei voluto che tu glielo avessi detto con gentilezza( Calvino 1993:48) Desidererei che non
partiste troppo tardi( Tamaro 2002:67)
Si ha preferibilmente il congiuntivo, invece dell'indicativo, nei seguenti casi: - In caso di
inversione dei termini della frase: E' evidente che siete stanchi =Che siate stanchi è evidente Si
vede bene che avete capito =Che abbiate capito, si vede bene -Sostituendo la congiunzione
"che" con "come", "quanto", in che modo" So che è difficile risolvere questo problematic -
come/quanto sia difficile risolvere questo problema
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3.1.1. LA CONGIUNZIONE "CHE
-La congiunzione CHE rappresenta il legame tra la proposizione reggente e la
dipendente dichiarativa al congiuntivo.
Talvoita "che" svolge la funzione di pronome relativo (il quale, la quale,...): in questo caso
"che" sarà seguita dall'indicativo, dal congiuntivo оdal condizionale, a seconda del valore che
assume di volta in volta. Si ha il CONGIUNTIVO nei seguenti casi:
a» CHE relativo, eon valore finale, equivalente a: affinché, perché, ecc.
Chiama il cameriere che (affinché) ti porti il menu Di'alla mamma che venga di sopra!
• CHE relativo, con valore consecutivo, equivalente a: così che (cosicché), tale che,
fatto in modo tale che, ecc.
L'ideale per la signora era una baby-sitter che (tale che) si occupasse dei bambini durante la
sua assenza(Tamaro 2002:67)
E' vantaggioso per la ditta assumere nuovi collaboratori che offrano serie garanzie nei lavoro(
Calvino1993:48)
• CHE relativo, con valore condizionale, equivalente a se, qualora, ecc.
Unagrammaticache (se) contenesse anche dei buoni esercizi, sarebbe utilissima per gli studenti
Studenti che (qualora) seguissero con reale interesse le lezioni sarebbero la gioia di molti
insegnanti.
Nella subordinata al congiuntivo non è raro incontrare dei casi in cui la congiunzione
che venga omessa.
Immagino (che) tutto sia ormai a posto. L'omissione non è possibile in tutti i contesti,
ma dipende dal verbo della frase principale. I verbi che indicano un'incertezza оun timorepermettono questo costrutto, mentre quelli che indicano volontà sono incompatibili con
l'omissione. Come si può facilmente constatare, l'enunciato
Voglio tu stia a casa.- non è grammaticalmente accettabile.
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3.2. IL CONGIUNTIVO NELLE ALTRE SUBORDINATE (CONGIUNZIONI
ОLOCUZIONI CHE RICHIEDONO IL CONGIUNTIVO)
Il congiuntivo, oltre che nelle "dichiarative" (dove è giustificato dalla presenza di verbi e
locuzioni presenti nella reggente, che esprimono "soggettività"'), si trova anche in altre
dipendenti. In tal caso esso è giustificato non da elementi semantici presenti nella reggente, ma
dal particolare tipo di dipendenza in cui viene a trovarsi di volta in volta, in quanto collegato ad
un particolare tipo di congiunzioni che lo introducono.
• FINALE -perché, affinchè, acciocché, di modo che, ecc, esprimono il fine, lo scopo,
la destinazione dell'azione
Ogni tanto tiravo fuori dal taschino l'orologio perché tutti lo vedessero( Tamaro 2002:10)
Per sollevarmi di quel peso Augusto assunse una donna afflnchè si ocupasse della bambina(
Tamaro2002:150)
Si era asserragliata in se stessa perchè niente potesse offuscare l'idea che si era fatta della sua
v i t a ( Tamaro 2002:116)
Parlo ad alta voce affinché sentiate tutti bene ( Calvino I.,1993, p. 8) Scriveva inglese, affinché
tutti potessero leggere i suoi artico li ( Calvino1993:14) Lavorano tanto acciocché i loro figli
non abbiano mai problemi economici( Tamaro 2002:89)
Cucina con lo scopo che tutti siano soddisfatti ( Tamaro2002: 150)
• CONCESSIVA - benché, sebbene, malgrado (che), quantunque, nonostante
(che), per quanto, ecc dove si esprime qualcosa che contrasta e fa da ostacolo, ma che non
impedisce lo svolgersi del fatto della reggente
La roba degli altri mi ha fatto sempre gola, nonostante avessi ricevuto tante raccomandazioni
al contrario( Tamaro2002: 129)
Sebbene non fossi ricco, facevo credere di esserlo con ogni bugia( Tamaro2002 : 15)
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3.2.3. RELATIVA CONCESSIVA- alcuni pronomi e aggettivi indefiniti (chiunque,
qualunque, qualsiasi, ecc), nonché avverbi оespressioni avverbiali di qualità оdi luogo
(comunque, dovunque, ovunque, ecc.) possono introdurre una proposizione relativa con
valore concessivo
Per quanti lavori tu abbia iniziato, non sei riuscito a portarne a termine uno(
Calvino1993:24)
Qualunque cosa lui dica, non lo crederò( Tamaro2002:107)Ti
seguirò dovunque tu vada( Tamaro 2002:95)
3.2.4. CONDIZIONALE -se, qualora, purché, a patto che, a condizione che, nel casoche, ecc dove si esprime la condizione, l'ipotesi cui è sottoposta la reggente
Se lui fosse cattivo, tutto sarebbe stato diverso (Tamar2002: 154)
Penso che se avessi lottato ancora, se mi fossi impuntata, alla fine mio padre avrebbe
ceduto(Tamaro 2002: 110)
Se avessi avuto il coraggio di accorgermene in tempo, l'avrei protetta di più ( Tamaro
2002 p. 150)
Se io avessi capito allora, che la prima qualita x
dell'amore e' la forza, gli eventi
probabilmente si sarebbero svolti in modo diverso(Tamaro 2002: 27) Se in questo momento
scendesse una fatina, se comparisse accecandomi con il suo fulgore tra il frigorifero e la
cucina economica, sai cosale chiederei? ( Tamaro2002: 35)
Qualora tu abbia intenzione di uscire, dammi un colpo di telefono( Tamaro 2002: 10)
Te lo presterei volentieri, a condizione che non me lo sciupassi( Calvino 1993: 48) Se glielo
chiedessi con garbo, non saprebbe dirti di no Se fossi in te, non ci andrei( Calvino 1993: 33)
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Se la locuzione "per quanto" viene collegata a un sostantivo, il "quanto" diventa aggettivo che
concorda con esso in genere e numero, conservando il suo valore concessivo.
• COMPARATIVA -come se, quasi (che), ecc. dove si esprime un paragone tra
reggente e dipendente, in forma di ipotesi non reale
Mi ricordo bene quando avevo otto anni/ Quasi mi vedessi in uno specchio( Tramaro2002: 45) Mi guarda con due occhi come se non avesse capito la domanda( Calvino 1993:45)
Non mi salutava più, quasi gli avessi mancato di rispetto( Tamaro 2002: 18) Mi ascoltava con
aria allibita, come se io avessi parlato un'altra lingua( Tamaro 2002: 69) Ci tratta come se fossimo dei ragazzini( Calvino 1993: 22)
• ESCLUSIVA ED ACCETTOATIVA -senza che, che ... non, tranne che, eccetto
che, a meno che, ecc. dove si esprime l'esclusione di un fatto in riferimento al compimento
dell'azione della reggente
Non posso mai raccontare una barzelletta senza che mi venga da ridere per primo( T amaro
2002: 164)
Non potevamo raccontargli niente che lui già non sapessef Tamaro 2002: 79) Se ne è
andato senza che lo avessimo salutato ( Calvino 1993: 53) Accetto tutto da te, tranne che
tu sia falso ( Calvino1993: 40)
• TEMPORALE -prima che, finché non, anziché, ecc. dove si esprime un'azione
temporale posteriore alla reggente
Prima che qualcuno prendesse la parola, l'oratore si arrestò( Calvino1993: 44) Poco prima che
mi sposassi la sorella di mio padre mi aveva fatto fare un oroscopo da un suo amico astrologo
(Tamaro2002: 52)
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Non si alzi, Signorina, finché io non abbia finito di parlare!
Prima che lui parta, dobbiamo organizzargli una bella festa d'addio ( Tamaro 2002: 117)
Starò qui finché non vengano loro( Calvino 1993: 7) Dobbiamo finire anziché faccia buio
( Calvino 1993: 67)
• CONSECUTIVA - cosieché, in modo che, in modo tale che, al punto che, tale
(agg.) ... che, tanto ... che, così ... che, ecc. dove si esprime la conseguenza di ciò che si
afferma nella reggente
L'oratore parlava forte in modo che tutti potessero sentirlo bene Farò in modo tale che non se ne accorgano( Tamaro 2002: 62)
Userò parole tali che lui possa capire( Calvino 1993: 19)
Non si fermò tanto lontano che la ragazza non lo vedesse( Tamaro2002: 7)
• CAUSALE NEGATIVA - non perché..., ma perché (indicativo), non che, non è
che, ecc. dove si esprime una causa possibile che però viene negata
Suo figlio, signiora, va male a scuola non perché sia poco intelligente, ma perché non si
impegna seriamente
Ti dico queste cose non perché voglia la tua compassione, ma per amore della Verità( Tamaro
2002: 36)
Non è che sia stanco, è solo che mi sono annoiato di star qui( Tamaro 2002: 12) Non che mi
piaccia, ma lo devo sopportare per forza( Tamaro2002: 93) No no, non è che mi sia offeso!
( Calvino1993: 90)
• INTERROGATIVA INDIRETTA- dove, quando, come, come mai, perché, se,
che cosa, chi, quanto (agg), quale (agg); in che modo, ecc. dove si esprime una domanda
un dubbio, una richiesta, una informazione, dopo verbi î locuzioni verbali come" domandare,
non sapere, non capire, non essere sicuri, voler sapere", ecc. (o sostantivi di significato analogo):
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Non riesco a capire perché la mia idea fosse quella di passare per figlio
di gente ricca ( Tamaro 2002: 17)
Scusi, Signora, sa dirmi quale sia la direzione per il centro.
Non so se lei sia già partita oppure no
Le chiese perché fosse arrivata così in ritardo ( Tamaro 2002: 125) Voleva
sapere come mai non ci fossimo andati ( Calvino 1993: 21)
3.2.5.RELATIVA IMPROPRIA -il quale, la quale, i quali, le quali, cui, che, chi e anche
dove.
Nella subordinata relativa impropria, il congiuntivo indica una condizione оrichiesta, oppure
avere valore restrittivo:Possono iscriversi al secondo corso tutti coloro che abbiano concluso il primo. L'ingegnereè
l'unico che possa sperimentare il sistema senza commettere errori. Cerchiamo un'attrice che
abbia i capelli rossi per farle interpretare un ruolo in un film.
L'opposizione tra indicativo e congiuntivo può, anche se non deve, essere determinante ai fini
dell'interpretazione dell'enunciato. L'ultimo degli esempi appena esposti, riformulato
all'indicativo
Cerchiamo un'attrice che ha i capelli rossi, sai, si tratta della ragazza che parla francese
suggerisce infatti l'interpretazione di un fatto reale, e che si voglia quindi indicare una
determinata persona.
L'uso del congiuntivo imperfetto nella subordinata relativa esiste ed ha valore ipotetico:
Porto ancora lo zucchero per chi ne volesse. A differenza dell'indicativo, anche in questo
caso il congiuntivo esprime un'incertezza. Nello stesso enunciato, la forma vuole indicherebbe
infatti una certezza (quella che qualcuno vuole lo zucchero).
Naturalmente, l'incertezza può essere indicata dal condizionale, laddove l'evento è sottoposto ad
una condizione:
Signora Rossi, qui all'entrata c'è un cliente che vorrebbe farle una domanda.
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3.2.6.LIMITATIVA -per quel che, per quanto, a quanto e simili, dove si esprime una
limitazione rispetto a ciò che è affermato nella principale. Nella forma implicita sono introdotte
da in quanto a (o anche solo quanto a) più l'infinito del verbo. Sono molto comuni espressioni
come per quanto riguarda оper quanto concerne. Per quel che io ne sappia/so, non è venuto
nessuno. (Calvino 1993: 58) A quanto ne sappiamo, vivono ancora a Roma.
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3.3. ALTRI USI DEL CONGIUNTIVO
3.3.1Anche l'ordine della frase può interferire nella scelta del modo, dato che la
frase subordinata anteposta può essere formata al congiuntivo con una certa facilità, ma non èdetto il contrario:
Che tu sia intelligente, lo sappiamo. ma Sappiamo che sei intelligente.
• La presenza della negazione nella frase principale può, in alcuni casi,
determinare la scelta tra indicativo e congiuntivo:
• Dico che la tua soluzione mi sta davvero bene
• Non dico che la tua soluzione mi stia davvero bene;
• E che non ti capisco più
• Non è che non ti capisca più;
• Tua madre sa se Stefano è a casa
• Tua madre non sa se Stefano è/sia a casa.
• Tutto ciò significa che il pianeta è come dici tu
• Tutto ciò non significa che il pianeta sia come dici tu.
• OSSERVAZIONE L'uso del congiuntivo è previsto solo nel caso che il
soggett
o della frase principale e della frase subordinata siano diversi Io penso che tu stia a casa.
Quando i soggetti coincidono, èprevista la subordinazione implicita, dato che l'uso di una
forma coniugata come quelle del congiuntivo darebbe pessimi risultati, così al posto di dire
Io penso che io stia a casa si dirà infatti Io penso di stare a casa.
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4. ALTERNANZA DI CONGIUNTIVO E INDICATIVO
NECESSITA' DEL CONGIUNTIVO
Nella lingua dell'uso medio, il congiuntivo e' di norma quando si scelgono i seguenti costrutti
subordinati:
• Proposizioni soggettive e oggettive dipendenti da verbi ed espressioni di
volontà", divieto, pretesa, desiderio, preferenza, attesa.- Chiedo che nessuno mi
disturbi.
• Proposizioni finali — Chiederòa mio fratello che gli dia una mano.
• Proposizioni concessive introdotte da "benché'", "sebbene", "quantunque",
"quand'anche", "ancorché"', "nonostante", "con tutto che", "per quanto" - Benché'
ci sia il sole, fa freddo.
• Proposizioni condizionali introdotte da "purché"', "a patto che", "a condizione
che" - Lo farei se avessi tempo. - Sarei uscito dopo che avessi finito.
• Proposizioni esclusive introdotte da "senza che" - Me lo diede senza che io
gliel'avessi chiesto.
• Proposizioni temporali introdotte da "prima che", "innanzi che", "avanti che" -
Voglio essere a casa prima che si metta a piovere.
• Propisizioni limitative introdotte da "che" -Carlo non c'e \ che io sappia.
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4.1. L'USO FACOLTATIVO DEL CONGIUNTIVO
Il significato di volontàоdi opposizione del costrutto rispetto ai fatti espressi nella
proposizione subordinata può evolvere in giudizio piùоmeno generico di approvazioneоdisapprovazione, оsfumare in sentimento di piacere оdispiacere, оin moto di meraviglia, di
sorpresa, di rabbia:
In questi casi, l'indicativo e il congiuntivo godono di un uso alternato di maggiore
оminore formalità del registro linguistico:• Mi sembra che Carlo non si sente bene.
• Dottore, mi sembra che mio figlio non si senta bene.
• Carlo, mi dispiace che ieri non sei venuto alla gita.
• Professore, mi dispiace che ieri non sia venuto in gita con noi.
• Non lo so se Carlo ce l'ha fatta agli esami.
• Non so se Carlo abbia superato gli esami.
Infatti, due sono i fattori che determinano maggiormente la scelta tra il congiuntivo e
l'indicativo, nella differenza tra:
-fattore semantico (il congiuntivo sottolinea il maggiore senso di soggettività, incertezza,
dubbio, ecc. del parlante; l'indicativo sottolinea il significato oggettivo dell'affermazione del
parlante)
-fattore stilistico (registro linguistico più оmeno formale, senza una reale differenza di
significato, tuttavia nel congiuntivo prevale un "forse" mentre nell'indicativo affiora un "certo").
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Esempi di differenza semantica
Penso che hai ragione - Penso che tu abbia ragione
Tra le DUE frasi c'è una sottile differenza di significato: la prima indica una maggiorsicurezza nell'affermazione, la seconda sottolinea il fatto che si tratta di un'opinione.
Si capisce che sono/ siano soddisfatti E' evidente che sono/ siano preoccupati
Nel primo caso (indicativo) si parla di una realtà di fatto; nel secondo (congiuntivo) si fa un
commento in cui prevale la soggettività di chi parla.
Esempi di differenza stilistica
Che tu sia/sei in gamba, si sa( Calvino 1993:24)
E' lo studente più bravo che mi sia/è capitato in questi ultimi tempi
Era felice come uno che avesse/aveva fatto tredici al totocalcio( Tamaro 2002:94)
Sono rari gli amici di cui ci si possa/può fidare( Calvino 1993:55)
E' l'unica speranza che gli sia/è rimasta( Tamaro 2002:19)
Mi ha chiesto se sapessi/sapevo di che si trattava( Calvino 1993:14)
Sono contenta che tu venga/ vieni presto
Riportiamo di seguito altri esempi dell'uso facoltativo del congiuntivo
• Nel periodo ipotetico dell'irrealtà: se tu l'avessi fatto, sarebbe stato meglio / se lo
facevi, era meglio. • Dopo espressioni impersonali come: è bello / è brutto che; è naturale che; è peccato
che; è strano che; dispiace che: è bello che tu stia con noi / è bello che tu stai con noi.
• Dopo verbi che esprimono opinioni: credere che, parere che, sembrare che: credo che
tu abbia ragione / credo che tu hai ragione.
• Dopo verbi di dire e sapere, nelle forme negative e interrogative: dire
che, (non) sapere se, оdopo verbi di richiesta: chiedere / domandare se: non dico che lui
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abbia torto / non dico che lui ha torto; sai se sia vero? /sai se è vero?; gli ho chiesto se fosse
passato Gianni /gli ho chiesto se è passato Gianni.
• Dopo verbi che indicano piacere, dispiacere, ira, rammarico, timore, sorpresa:
essere arrabbiato, aver paura, esser contento / scontento, essere felice / infelice,
rammaricarsi, rincrescere, essere sorpreso, essere stupito, stupirsi', sono contento che tu
venga presto / sono contento che vieni presto.
• In espressioni comparative, superlative, indefinite: è più grande di quanto mi
aspettassi / è più grande di quanto mi aspettavo; Ugo è l'unico che sia venuto / Ugo è l'unico
che è venuto.
• In proposizioni introdotte da che anteposte alla reggente: che tu sia forte, lo so / che sei
forte, lo so. • Nelle interrogative indirette: ho chiesto chi fosse / ho chiesto chi era.
Dal punto di vista quantitativo, riportiamo di seguito i dati della tesi di F. Brunello:
Congiuntivo/indicativo nell'italiano scritto
indicativo congiuntivo
dopo verbidubitativiassertivi
29(19,07%) 123(80,92%)
Dopo verbidubitativimodalizzanti
62(25,72%) 179(74,27%)
dopo aggettiviepistemici
134(60,36%) 88(39,63%)
Dopo verbi,aggettivi, nomi,avverbi valutativi
13(19,40%) 54(80,59%)
Totale 238(34,89%) 444(65,10%)
Dunque: solo dopo aggettivi epistemici (del tipo «è sicuro che», «è probabile che»),
l'indicativo ha superato il congiuntivo. In tutti gli altri casi, il congiuntivo prevale nettamentesull'indicativo e si presenta, dunque, come un modo ben vitale e ampiamenteusato.
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Congiuntivo/indicativo nell'italiano parlatoindicativo congiuntivo
dopo verbidubitativiassertivi
64(40,25%) 95(59,75%)
Dopo verbidubitativimodalizzanti
182(41,20%) 260(58,80%)
dopo aggettiviepistemici
100(76,33%) 31(23,66%)
Dopo verbi,aggettivi, nomi,avverbi valutativi
39(33,33%) 78(66,66%)
Totale 385(45,34%) 464(54,65%)
(fonte: Stefan Schneider, Il congiuntivo tra modalità e subordinazione, Roma, Carocci, 1999 (asua volta basato su Lessico di frequenza dell'italiano parlato, a cura di Tullio De Mauro /
Federico Mancini / Massimo Vedovelli / Miriam Voghera, Milano, ETAS,1993).
Nel parlato, ovviamente, la frequenza dell'indicativo è più alta. Ma anche qui, come
documenta Schneider il congiuntivo continua a prevalere sull'indicativo, tranne che in pochi
casi, tra i quali spicca ancora una volta quello delle proposizioni rette da aggettivi epistemici:
in questi costrutti l'indicativo è 3 volte più frequente del congiuntivo. Ma negli altri contesti
permane la prevalenza del congiuntivo, anche se le occorrenze dei due modi tendono ad
avvicinarsi (con un'espansione dell'indicativo nettamente maggiore nell'Italia centro-
meridionale rispetto all'Italia centro- settentrionale).
Conclusione
Come abbiamo già visto la tesi tratta delle pecularità del modo congiuntivo nelle frasi dipendenti
nella lingua italiana.
Facendo un riassunto della ricerca si può dire che siamo arrivati alle seguenti conclusioni:
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• il modo congiuntivo è il modo finito che esprime dubbio, desiderio, speranza. Indica
un'azione incerta оsemplicemente possible. Ha 4 tempi: congiuntivo presente (usato per
un'azione contemporanea ad una espressa dall'indicativo presente оfuturo), congiuntivo
imperfetto (usato per un'azione contemporanea ad una espressa da un tempo passatodall'indicativo, per un'azione passata ma continuata оnon terminata rispetto ad una espressa
dall'indicativo presente, оnel periodo ipotetico dell'irrealtà оimpossibilità), congiuntivo
passato (usato per un'azione passata e terminata rispetto ad una espressa dall'indicativo
presente оfuturo), congiuntivo trapassato (usato per un'azione passata rispetto ad una
espressa da un tempo passato dell'indicativo, оnel periodo ipotetico del terzo tipo).
• il modo congiuntivo si usa prevalentemente nelle proposizioni dipendenti. Analizzando
abbiamo notato che la principale caratteristica di questo modo verbale è dunque la sua
dipendenza da una proposizione reggente, che contiene un elemento semantico "soggettività"
che copre un'ampia gamma di significati: opinione, dubbio, necessità, possibilità, sufficienza,
volontà, desiderio, timore, speranza, attesa, stati d'animo di piacere, dispiacere, dolore,
vergogna... Ma d'altro canto il congiuntivo si usa anche nelle proposizioni dipendenti da
congiunzioni e locuzioni con valore finale, concessive, condizionale оipotetico, comparativo,
esclusivo оeccettuativo, temporale, consecutivo, causale negativo, interrogative indirette.
• oggi il congiuntivo si tende a usarlo sempre meno. Nella maggior parte dei casi può infatti
essere tranquillamente sostituito dall'indicativo che è più facile. E così al congiuntivo si
continuano a riservare ambiti comunicativi di carattere più formale.
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