Terzo Settore E Networking

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Romano Mazzon, Ivano Spano IL LAVORO DI RETE COME “MISSION” DEL TERZO SETTORE Servizi pubblici e privati, Utenti e Operatori nella realtà di Vicenza Progetto EQUAL “Sistemi Integrati per il Rafforzamento del Terzo Settore” Prefazione di Lorenzo Barbera 2001, Edizioni Sapere, Padova

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Ricerca sull\'attuazione della L.328 del 2000 nella città di vicenza

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Romano Mazzon, Ivano Spano

IL LAVORO DI RETE COME “MISSION” DEL TERZO SETTOREServizi pubblici e privati, Utenti e Operatori nella realtà di Vicenza

Progetto EQUAL “Sistemi Integrati per il Rafforzamento del Terzo Settore”

Prefazione di Lorenzo Barbera

2001, Edizioni Sapere, Padova

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RICERCA PER LA SOSTENIBILITÀ SOCIALE E AMBIENTALE ....................................................................... 3 Il significato della ricerca ................................................................................................................. 3 LA METODOLOGIA DELLA RICERCA ...................................................................................... 5 OBIETTIVI DELLA RICERCA ...................................................................................................... 6 Il QUADRO CONCETTUALE DI RIFERIMENTO ...................................................................... 7

Realtà’ e idee di comunità’ .......................................................................................................... 7 ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA ....................................................................................... 11

INTERVISTE A TESTIMONI PRIVILIEGIATI ...................................................................... 11 FOCUS-GROUP ........................................................................................................................ 16

ANZIANI ............................................................................................................................................................... 34 SITUAZIONE DEMOGRAFICA .................................................................................................. 34

Genere ........................................................................................................................................ 35 Indice di vecchiaia ...................................................................................................................... 38 Indice di dipendenza strutturale .................................................................................................. 40

FOCUS GROUP ............................................................................................................................. 42 OPERATORI .............................................................................................................................. 43 UTENTI ...................................................................................................................................... 56

DIPENDENZE ...................................................................................................................................................... 64 Tossicodipendenza ........................................................................................................................ 64 Confronto con il dato nazionale ..................................................................................................... 64 Tossicodipendenti in carico ULS 6 ................................................................................................ 66 Decessi ........................................................................................................................................... 72 Persone segnalate ............................................................................................................................ 76 Alcooldipendenza .......................................................................................................................... 77 Utenti in carico ULS 6 .................................................................................................................... 77

DISABILITÀ ....................................................................................................................................................... 100 Disabili in carico ogni 1000 abitanti ........................................................................................ 100

Tipologia di intervento ................................................................................................................. 101 Assistenza per fasce di età ........................................................................................................ 105

MINORI ............................................................................................................................................................... 151 STRANIERI ........................................................................................................................................................ 158 ANZIANI, SOGGETTI CON DIPENDENZE E DISABILI: UN CONFRONTO .................................................. 175

APPENDICE 2 ............................................................................................................................ 221 DATI DI ARCHIVIO ................................................................................................................... 222

Confronto tra dati richiesti e dati ottenuti ................................................................................. 222 Motivi di scostamento ..................................................................................................................................... 222

Struttura produttiva ....................................................................................................................... 223 CAUSE DI MORTE ..................................................................................................................... 241

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RICERCA PER LA SOSTENIBILITÀ SOCIALE E AMBIENTALE

Il significato della ricercaL`obiettivo generale del Progetto S.I.R.T.S. è stato di costruire un sistema integrato pubblico/privato incentrato su un rapporto più organico ed efficace tra i cittadini, le loro formazioni sociali, le pubbliche amministrazioni ed il Mercato, e in grado di mettere in sinergia e qualificare risorse e competenze degli attori impegnati sul fronte dello svantaggio economico. Per il raggiungimento di questo obiettivo la ricerca rappresenta lo strumento privilegiato per la diagnosi della realtà del territorio di riferimento, alimentando la conoscenza dei problemi relativi alla sostenibilità sociale e ambientale, intendendo, con questo stimolare un ripensamento del ruolo stesso degli Enti Locali, dei Servizi Socio-Sanitari, delle realtà che danno corpo al Terzo Settore. Ciò che i soggetti responsabili della gestione della cosa pubblica o di interventi di rilevanza pubblica e collettiva, devono rendere possibile è, prima che non la conquista di possibili e diversi e necessari risultati concreti, la definizione di un “progetto” di politica sociale che renda visibile la coincidenza tra trasformazioni sociali e divenire individuale.Occorre aprire un orizzonte progettuale in grado di agire “produzione di territorio” come bene che produce la forma, la qualità e lo stile dell’insediamento umano.Fare sviluppo è operazione non separabile dalla produzione di nuova territorialità.Ma solo una rinnovata cultura dell’abitare può produrre nuova territorialità. Afferma Martin Heidegger (Costruire, abitare, pensare; in, Saggi e discorsi) “solo se abbiamo la capacità di abitare possiamo costruire”. Solo se nelle trasformazioni o nelle attività di produzione sociali un luogo viene percepito come “dono” attraverso il quale noi stabiliamo un rapporto (come qualcosa che si possiede in comune) riusciremo a ritrovare una sintonia, a porre in essere delle possibilità.La dilatazione del territorio dell’abitare è, infatti, la condizione per inventare modelli spazio-temporali:- che producano spazio, dove la crescita quantitativa della congestione lo distrugge;- che producano tempo, laddove la civiltà quantitativa della cogestione lo dissipa;- che producano valore aggiunto estetico, ossia punti di riferimento simbolici sempre carichi di una efficacia semantica capace di mantenere una memoria affettiva del proprio habitat;infine, che valorizzino la ricchezza qualitativa e la pluralità dei luoghi spazio-temporali contro la sparizione dello spazio-tempo umano prodotta dalla ipervelocità dei mezzi di comunicazione.Uno sviluppo locale, quindi, ma anche una architettura orientati in senso ecologico che assumano come oggetto un oggetto complesso quale lo “spazio del vivere” che si corrode più lentamente nello “spazio vissuto” in maniera tale che questo si presenti con una ricchezza di dettagli insospettata per il soggetto, allargando lo spazio della memoria e del sentimento, ampliando i significati che riappaiono sul “teatro della nostra vita intima”.

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Hoelderling, in questo senso ha parlato di “abitare poeticamente la terra” ossia della necessità di rompere la razionalità del calcolo dell’uomo sulla natura, per liberare quelle potenzialità, quelle modalità espressive, creative e relazionali che ci rimandano alla memoria dell’unità mitica tra uomo e natura, tra uomo e uomo, al punto che il mondo sia veramente il nostro mondo.La presenza – consistenza di forme molteplici di disagio impone che questa apertura di senso avvenga e avvenga al più presto portando a compimento quella dimensione progettuale che libera la necessità della coincidenza tra ecologia dell’ambiente ed ecologia della mente.

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LA METODOLOGIA DELLA RICERCA

La metodologia che si è ritenuto opportuno adottare è quella della “ricerca intervento” introdotta da Kurt Lewin verso il 1940 come metodologia di studio capace di occuparsi, soprattutto, della comprensione dei fenomeni sociali e del continuo mutamento che questi subiscono.Oggi, la metodologia di studio della action-research (ricerca intervento) viene utilizzata dalla psicologia di comunità, trovando ampio raggio di indagine e di applicabilità, nei progetti di intervento in ambito sociale. La ricerca applicata in una comunità si caratterizza per il suo uso diretto e per l'immediato collegamento con la teoria e la soluzione di problemi pratici. Tale strumento offre nel complesso, la possibilità di sostenere forme di soluzioni valide nel superamento di problematiche come l'isolamento, l'emarginazione, il disagio sociale, attuando modelli mirati a soddisfare obiettivi di tipo emancipatorio e riabilitativo. La psicologia di comunità è una disciplina sensibile ai metodi di indagine e di lavoro che si possono attuare in una popolazione esposta al rischio, in quanto è una disciplina empirica che si occupa della comprensione dei fenomeni sociali e del continuo mutamento che questi subiscono attraverso la realtà, concepita come un continuo mutamento delle condizioni che determinano l’organizzazione sociale.Introdurre l'action-resarch nell'ambito delle problematiche dei servizi socio-sanitari, significa spostarsi verso il concetto di promozione del benessere, promozione che nasce come momento educativo (dove, con educare, considerando l’etimologia stessa della parola “ex-duco”, si intende portare allo scoperto le potenzialità del soggetto).Di fronte al problema del disagio si è voluto utilizzare l’approccio relazionale, caratteristico dell’action-research, molto utile nello studio dei diversi livelli di esistenza di un soggetto all'interno dei diversi sistemi di riferimento.In questa direzione è possibile individuare tre livelli:- il livello macro sociale (la dinamica delle relazioni sociali nonché dei processi di integrazione ed esclusione); - il livello micro sociale (i fondamenti immediati dell'agire sociale);- livello individuale (il rapporto tra convinzioni e azioni del soggetto e l’interpretazione della reazione degli altri ai propri atti). La ricerca si è, particolarmente, soffermata sul livello micro sociale. Questa scelta metodologica è riconducibile non solo alla constatazione che all'interno del livello micro sociale sono visibili le radici dei problemi ma anche siano possibile evidenziare e attivare le risorse per un cambiamento.Per questo scopo la ricerca si è avvalsa di tre strumenti:

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• interviste a testimoni privilegiati. Con questo strumento si è inteso raccogliere informazioni circa gli ambiti di disagio sociale nel Comune di Vicenza attraverso soggetti che, per il ruolo ricoperto, rappresentassero un osservatorio privilegiato;

• raccolta ed elaborazione di dati d’archivio. Attraverso questo si è voluto definire un quadro generale per il Comune di Vicenza1, elaborando una serie di indicatori specifici per le aree problematiche emerse dalle interviste;

• focus-group. Sono stati condotti, separatamente, gruppi di discussione sia con operatori dei servizi (pubblici e privato-sociale) che con utenti o associazioni di rappresentanza degli utenti stessi. Gli incontri sono stati ripetuti, dove possibile, a distanza di un anno. In questo modo è stato possibile analizzare come venga percepito il disagio e la risposta a questo da soggetti che vivono del disagio un’esperienza quotidiana.

OBIETTIVI DELLA RICERCANell’ambito del Progetto “Sistemi Integrati per il Rafforzamento del Terzo Settore” la Ricerca si è mossa rispetto agli obiettivi:

A. Diagnosticare la realtà del territorio di riferimento, attraverso la conoscenza dei problemi relativi alla sostenibilità sociale e ambientale.

B. Stimolare un ripensamento del ruolo stesso degli Enti Locali, dei Servizi Socio – Sanitari, delle realtà che danno corpo al Terzo Settore per far in modo che i soggetti, responsabili della gestione della cosa pubblica o di interventi di rilevanza pubblica e collettiva, siano impegnabili, prima ancora della conquista di possibili e diversi e necessari risultati concreti, nella definizione di un “progetto” di politica sociale che renda visibile la coincidenza tra trasformazioni sociali e divenire individuale.

C. Aprire un orizzonte progettuale in grado di agire “produzione di territorio” come bene che produce la forma, la qualità e lo stile dell’insediamento umano.

La ricerca ha inteso, in particolare:

− valutare se i servizi pubblici e privati offerti agli utenti sono collegati tra loro (comunicano?),

− identificare i soggetti e gli strumenti pubblici e privati presenti sul territorio,

− indagare se gli utenti riescono a mettersi in relazione con i servizi erogati dal pubblico e dal privato e quali eventuali vie di comunicazione devono essere implementate,

− verificare quali sono i bisogni reali degli utenti,

− verificare se le risposte corrispondono ai bisogni reali degli utenti,

− verificare la qualità dei servizi (risponde ai bisogni reali, sono efficaci, sono efficienti?),1 I dati raccolti sono presentati in APPENDICE 1

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− indagare sui punti di forza e di debolezza dei fornitori di servizi (nodi di crisi dei servizi),

− verificare se esiste una connessione tra politiche del lavoro e politiche sociali,

− verificare se esistono forme di organizzazione e orari di lavoro flessibili collegati con esigenze e tempi di formazione, di accompagnamento e sostegno, di inserimento sociale dei soggetti più deboli e di inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati.

Il QUADRO CONCETTUALE DI RIFERIMENTO

Realtà’ e idee di comunità’Per l’individuazione del modello di analisi del malessere e del disagio, si è fatto riferimento alla letteratura sulle ricerche di comunità.Il concetto e gli studi di comunità, dopo il loro sviluppo a partire dal Romanticismo tedesco ( gli studi di Schleiermacher, di Hegel e dello stesso Marx fino a giungere agli studi più di stampo sociologico di Ferdinand Tonnies), gli studi americani dell’inizio del novecento sull’identità e i gruppi (The gang di Thrasher, Strett corner society di Whyte tradotto in italiano con il titolo di Little Italy) e le ricerche realizzate in Italia da Redfield (1955) “La piccola comunità. La società e la cultura contadina”, dalla Fondazione Adriano Olivetti e da Alessandro Pizzorno con la ricerca a Rescaldina sulle trasformazioni dovute allo sviluppo industriale (miracolo economico) dopo la ricostruzione a seguito del secondo conflitto mondiale (Comunità e razionalizzazione), sembrano subire una lunga stasi. Arnaldo Bagnasco (1999) ne parla come di un concetto che

“ sin dall’inizio troppo inclusivo, organicistico già per le interpretazioni delle società

tradizionali…ha perso in ogni caso capacità analitiche nei confronti di aspetti sia pure

parziali della società di oggi”.

Il termine comunità, anche a livello di linguaggio comune, si carica di diversi significati in relazione a contesti diversi. Si parla, ad esempio, di comunità politica, etnica, religiosa, scientifica, terapeutica, ecc.Il concetto finisce per soffrire di molta indeterminatezza anche quando è connesso al dato più propriamente territoriale, riferendosi o a comunità locali in senso generico, oppure a piccole comunità contrapposte a comunità urbane fino a riferirsi alla dimensione nazionale e internazionale.La posizione che sembra superare questo declino “naturale” dell’interesse sulla problematica della comunità fa riferimento ai significati principali che la modernità ha socializzato, finendo per porre al primo posto l’individuo.Così, come afferma Pietro Barcellona (L’individuo e la comunità), la modernità non ha soltanto inaugurato la ragione procedurale (cioè il fatto che è più facile mettersi d’accordo sulle procedure che sugli obiettivi) e la ragione funzionale (cioè che è più facile mettersi d’accordo sui mezzi che sugli scopi) ma ha inventato qualcosa di più potente: l’individuo come prius della società.

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Oggi, sembra quasi non esista più nessuno disposto a riconoscere che la propria identità è, in realtà, un prodotto sociale, il risultato di una lenta sedimentazione di pratiche sociali e di un processo, quello di socializzazione, che media a livello individuale esperienze collettive.Siamo di fronte a un mito dei più radicati e profondi della storia dell’umanità, ma anche tra i più pericolosi: il mito dell’autogenerazione.L’autogenerazione razionale rappresenta una circolarità perfetta in cui non c’è più trasformazione (storia) e alterità: essa anticipa di fatto l’autogenerazione biologica.Ma, laddove si esaltano gli individui, l’individuo tende a scomparire.La ricerca esclusiva della soggettività garantisce anche il suo declino: i rapporti umani appaiono come rapporti tra cose, scambiabili, omologabili, indifferenti.E’ la società che diviene sostanza del singolo bloccato dalla cultura dell’autogenerazione razionale. Così, come afferma Adorno (Minima moralia)

“L’individuo e la società divengono una cosa sola, in quanto la società penetra a forza negli

individui al di sotto della loro individuazione, e la impedisce…L’identità che appare non è

conciliazione dell’universale e del particolare, ma è l’universale come assoluto, in cui il

particolare scompare. I singoli sono resi intenzionalmente simili a ciechi comportamenti

biologici, diventano simili ai personaggi dei romanzi e dei drammi di Beckett. Il teatro

‘assurdo’ è realistico”.

Con questo la società ha annichilito non solo il soggetto ma anche la comunità.Di fatto, però, nelle origini del pensiero sociologico la questione individuo/comunità/società è posta diversamente.Emile Durkheim (L’individualisme et les intellectuels,1898) così si esprime:

“Senza dubbio, se la dignità dell’individuo gli derivasse dai suoi caratteri individuali, dalle

particolarità che lo distinguono dagli altri, si potrebbe temere che essa lo racchiuda in una

specie di egoismo morale, il quale renderebbe impossibile ogni solidarietà. Ma in realtà

l’individuo riceve la dignità da una fonte più alta, comune a tutti gli uomini,(la quale indica)

un fine impersonale e anonimo, (che) si pone al di sopra di tutte le coscienze particolari – e

può pertanto servire a unirle”.

Così, nell’ottica di Ferdinand Tonnies (Comunità e società), la comunità è espressione di una volontà organica che nasce in modo spontaneo dagli individui e che genera la relazione sociale in modo altrettanto spontaneo e naturale. La società è, invece, espressione di una volontà arbitraria che nasce dall’astrazione del pensiero e dal ragionamento freddo sul rapporto tra i fini e i mezzi e che dà luogo a una socialità né spontanea né naturale ma oggetto, prevalentemente, di un calcolo razionale.Per Tonnies la comunità non è una entità globale che trascende gli individui che la compongono ma è

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qualcosa che nasce dagli individui stessi e che si prospetta essenzialmente come un sistema di loro relazioni, sia oggettivamente che soggettivamente intese. In secondo luogo essa è indicativa del mettere alla base della vita comunitaria un agire umano che è mosso non solo dal calcolo dell’utilità ma dall’intero complesso dei desideri , dei sentimenti e dell’insieme di quelle tendenze di ordine affettivo che già nel pensiero antico significavano un legame tra mente e corpo e si aprivano sulla dimensione della partecipazione, dell’empatia, della solidarietà.La comunità è “vita reale e organica” mentre la società è “formazione ideale e meccanica”. Nella comunità l’individuo si trova dalla nascita e si lega ai suoi “nel bene e nel male”, senza vincoli contrattuali ma attraverso un modo di sentire comune, centrato sul rispetto, la benevolenza, la solidarietà che trasferisce un sentimento di appartenenza, di unità.Anche Max Weber (Economia e società) parla di comunità quando l’orientamento all’azione poggia su una comune appartenenza, soggettivamente sentita (affettiva o tradizionale), degli individui che a essa partecipano, mentre nella società la disposizione all’agire sociale poggia su una identità di interessi, oppure su un legame di interessi motivato razionalmente rispetto al valore e allo scopo.E’, poi, Park (Human communities. The city and Human Ecology, 1952), della Scuola di Chicago, che pone al centro del significato e dell’identità della comunità tre concetti: il radicamento sul territorio, la presenza di una organizzazione sociale, l’interdipendenza tra i membri, elaborando la nozione di comunità locale.In quest’ottica, la comunità è considerata, più che una forma associativa particolare rivolta a uno scopo, la condizione “basica” della vita in comune e quindi, implicitamente legata a un luogo, a un territorio.La dimensione localistico – territoriale costituisce il dato essenziale che distingue il sistema sociale che viene definito comunità da altri tipi di sistemi sociali. Questo non significa che un sistema sociale organizzato abbisogni necessariamente di una sua specifica collocazione territoriale, quanto piuttosto che un sistema sociale scollegato da un territorio preciso difficilmente potrà assumere le caratteristiche di una comunità.Sottolineando la dimensione territoriale non ci si vuole riferire unicamente agli aspetti più tradizionali quali una cultura comune, un linguaggio (il particolare dialetto), una cucina, quanto all’insieme di condotte, di luoghi, di modi di vita e di lavoro, di scambi che, nell’agire quotidiano come nella più vasta organizzazione sociale, finiscono per improntare la vita di un gruppo particolare di persone.La relazione interpersonale è, poi, intrinseca al concetto stesso di comunità considerata non solo come fatto localistico e organizzativo ma come convivenza che richiama costantemente al senso del rapporto inter –umano in sé, al di là delle sue valenze funzionali. E’ proprio la solidità del tessuto relazionale che permette alla comunità di mantenere un certo grado di coesione e di normalità anche a fronte di momenti di crisi (trasformazione) politico – istituzionale.E’ nella dimensione della partecipazione che si allarga la dinamica relazionale all’intera comunità, conducendo gli individui alla discussione, al dialogo come strumento che vale a costruire mondi possibili e condivisi, a

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scelte comuni e responsabili. E’ una partecipazione che diviene attiva cioè capace di auto dirigere la propria vita e, insieme con gli altri, la vita comune.Il concetto di disempowered indica, al contrario, la condizione di individui, di gruppi che non hanno questo potere e, come tali, “non hanno più voce”. Una non- partecipazione, quindi, che deriva, principalmente, dal chiudersi delle persone nella propria sfera privata e dal disinteresse per le questioni che toccano la vita pubblica e l’organizzazione della convivenza sociale.E’ proprio la rottura del legame sociale ad opera di una cultura che ha posto al centro dell’universo l’individuo singolo (autogenerazione) che rappresenta il problema con cui la comunità della partecipazione deve misurarsi, tenendo conto non solo della necessità di armonizzare pluralismo dei valori e giustizia sociale, quanto quello di fare incontrare l’uno con l’altro, l’individuo e tutti i soggetti che costituiscono la collettività insediata, la comunità.

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ARTICOLAZIONE DELLA RICERCAAl fine di effettuare una accurata diagnosi della realtà del territorio di riferimento, evidenziare la conoscenza dei problemi relativi alla sostenibilità sociale e ambientale, stimolare un ripensamento del ruolo stesso degli Enti Locali, dei Servizi Socio – Sanitari e delle realtà che danno corpo al Terzo Settore, al fine di definire un “progetto integrato” di politica sociale che renda visibile la coincidenza tra trasformazioni sociali, bisogni e divenire individuale, si è ritenuto opportuno riflettere sulla situazione di servizi (pubblici e privati), aree problematiche, ruolo degli operatori, limiti e possibilità delle politiche socio-sanitarie e assistenziali in atto, con responsabili di Enti Pubblici, di Servizi, di Organizzazioni di servizi, di Associazioni di volontariato.Sulla base dei dati e delle valutazioni emerse è stato possibile attivare una serie di focus group, coinvolgendo utenti, associazioni di utenti ed operatori, al fine di approfondire le problematiche emerse e documentare direttamente il vissuto di tali problemi e ricevere indicazioni preziose per la loro soluzione, indicazioni da non poter certamente disattendere essendo il portato delle esperienze dirette di quanti dei servizi sono i protagonisti.

INTERVISTE A TESTIMONI PRIVILIEGIATISono stati intervistati: Assessore ai Servizi Sociali Comune di Vicenza Dirigente ULSS 6 Segretario provinciale CGIL Segretario provinciale CISL Segretario provinciale UIL Direttore Caritas Diocesana Vicentina Presidente Coordinamento Provinciale Organizzazioni Volontariato Presidente Centro servizi per il Volontariato (C.S.V.) Consigliere cda del Consorzio Prisma Presidente Prisma Consigliere cda Prisma "territorio ULSS 6" Consigliere regionale Federsolidarietà, Presidente Comunità "Nuova Vita"- Vicenza Presidente Ass. L’isola che non c’è

Dalle interviste sono emerse le seguenti aree di disagio: immigrazione, disagio psichico, infanzia-adolescenza, anziani,

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handicap, dipendenze (non solo da droga, ma anche da videogiochi).

Sono state raccolte, inoltre, una serie di indicazioni sulla realtà locale tali da poter orientare le politiche e le attività dei servizi e la realtà del Terzo Settore.

ImmigrazioneRiguardo all’immigrazione, dalle interviste sono emersi problemi che attengono, soprattutto, all’ambito familiare. Il problema che è emerso non è tanto quello del lavoro, che nel senso comune viene percepito come questione problematica. In un’intervista, ad esempio, si faceva notare che per il reinserimento lavorativo, si è in grado di introdurre anche un immigrato che è stato in carcere per sette anni, ma la difficoltà maggiore è quella dell’integrazione culturale.Questo si riflette in ulteriori difficoltà come, ad esempio, quella di poter reperire un alloggio, che riportano di nuovo l’immigrato in una situazione di disagio. Il dato che, però, emerge maggiormente rispetto a carcere o criminalità è proprio la normalità del quotidiano delle famiglie degli immigrati, in cui si inaspriscono i rapporti tra i partner aggravati da problemi come l’alcoolismo, che nella fascia dell’immigrazione è in aumento.

Disagio psichicoPer quanto riguarda il disagio psichico, anche dalle interviste si è rilevato l’aumento di depressioni, stati ansiosi, suicidi e tentati suicidi, quindi gli indici rilevati vengono confermati anche dai dati. A questo è legato il problema della solitudine, che ci riporta alle reti sociali e quindi alla possibilità di produzione di territorio che il terzo settore dovrebbe svolgere (emergono significative differenze tra la città di Vicenza e le realtà provinciali).La proposta che emerge dalle interviste è quella della creazione dei Centri Ascolto, cioè situazioni di filtro a cui la persona possa rivolgersi, perché non sempre si tratta di disagio conclamato, quindi di disagio che può avere accesso a servizi o che può essere codificato e avere dei percorsi di trattamento. A volte si tratta di forme di disagio non riconoscibili e riconducibili all’interno dei servizi. Il Centro di Ascolto sarebbe in grado di svolgere proprio questa funzione, cioè di accogliere quel disagio che poi non avrà un percorso istituzionalizzato, servendo invece come supporto nel territorio e osservatorio privilegiato.

Infanzia e AdolescenzaPer l’infanzia e l’adolescenza i problemi riguardano la comunicazione con le altre generazioni e l’aumento dell’abuso sui minori all’interno delle mura domestiche. Questo è un problema da affrontare: infatti, si stanno

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aprendo dei servizi anche nel comune di Vicenza per l’affidamento di questi minori sia per un tempo determinato che per un affidamento diurno.Anche se esiste una legge per i minori a rischio (la 285), questi superato il diciottesimo anno di età vengono lasciati di nuovo soli a se stessi. Non c’è, infatti, un accompagnamento dopo la maggiore età. Da qui, la necessità di organizzare un osservatorio sulla condizione giovanile e la necessità di attuare dei percorsi di promozione, per passare da percorsi di prevenzione e di cura a percorsi di promozione del benessere nel territorio, rivolti all’infanzia, all’adolescenza e a tutta la fascia dei giovani.

AnzianiIn riferimento alla fascia degli anziani, si è rilevata l’importanza dei processi di socializzazione e integrazione soprattutto per quanto riguarda la città di Vicenza, dove sono attivi i gruppi appartamento, in cui diversi anziani si ritrovano in modo da avere più possibilità relazionali. Sono queste esperienze che dovrebbero essere più sviluppate su tutto il territorio.Quindi, non soltanto un’assistenza infermieristica o domiciliare, con un anziano che rimane solo nel suo appartamento, ma anche la possibilità di costruire una rete sociale esterna che gli permetta una certa indipendenza.

HandicapIl dato relativo all’handicap emerso dalle interviste è simile a quello che è stato documentato con i dati raccolti. La realtà della famiglia appare aggravata quasi esclusivamente dai problemi del disabile e, seriamente, compromessa nella sua gestione generale. Vi è, poi, la possibilità che con l’aumento dell’età media di sopravvivenza dei soggetti portatori di handicap questi ultimi possano sopravvivere ai propri familiari rischiando il completo isolamento.Anche in questo caso la soluzione che emerge, riguarda la possibilità di creare una rete sociale per il disabile, in modo che possa emanciparsi, diventare una persona indipendente e muoversi nel territorio.

DipendenzePer quel che riguarda le dipendenze, in tutte le interviste non si parla solo di tossicodipendenza. Vengono evidenziati, oltre all’eroina, l’abuso di alcool, di videogiochi ed anche l’abuso di quelle che vengono definite nuove droghe. Queste, per lo più, nelle interviste vengono correlate con la diffusione del benessere, col fatto che molti ragazzi lavorano, vivono in famiglia e trattengono quasi totalmente lo stipendio.Nella tossicodipendenza classica è stato rilevato, purtroppo, e viene rilevato sempre più spesso, l’emergere della doppia diagnosi: sia una diagnosi di tossicodipendenza che di disagio psichico, se non addirittura psichiatrico. Ciò porta ad una maggiore difficoltà per i servizi, che devono strutturarsi in maniera tale da poter

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dare una risposta, non solo con un percorso classico di disintossicazione e di reinserimento, ma devono poter rispondere anche al disagio psichico.Rispetto alla tossicodipendenza è stata rilevata l’importanza di lavorare nei luoghi di insorgenza, quindi sul luogo di lavoro e nel territorio. Per quanto riguarda la situazione all’interno della realtà lavorativa, è emerso il progetto del “delegato sociale” da inserire all’interno delle aziende. Per il territorio, in alcune interviste è affiorata la necessità di lavorare anche con gli operatori di strada per poter raggiungere più capillarmente la realtà giovanile presente nelle piazze e nelle strade.È evidente che tutto ciò comporta anche dei problemi economici per le famiglie, che aggravate dalla presenza di tossicodipendenti, iniziano a entrare nella fascia di rischio di disagio.

Soggetti svantaggiatiQuesto è quello che riguarda il reinserimento dei soggetti svantaggiati che, come si notava sopra, non è da riferire esclusivamente al solo reinserimento lavorativo. La vera problematica è la costruzione di tutto ciò che ruota attorno a questo soggetto, quindi la costruzione di una rete sociale e di un sistema di supporto che possa impedire il rientrare nuovamente in situazioni di rischio.La risposta che emerge degli interventi è quella della qualità della vita sociale, come attività per estendere relazioni e sviluppare autonomia dei soggetti, sia per permettere loro dei percorsi di emancipazione, sia per gravare meno sulla famiglia, che, venendo a mancare, avrebbe come unica soluzione l’istituzione.

I ServiziPer lo sviluppo dei servizi, in diverse interviste, si chiede di spostare l’attenzione dal singolo alla famiglia. Su questa, negli ultimi anni, sono stati scritti diversi libri e si continuano a fare ricerche: emergono problemi legati alla mancanza di una rete sociale attorno ad essa, problemi di disgregazione e decontestualizzazione.In questo caso l’area del self-help appare molto importante, perché capace di estendere le relazioni, quindi di costituire attorno alla famiglia una rete sociale, un sistema di supporto, non lasciandola sola ad affrontare il disagio.

Terzo SettorePer quanto riguarda la funzione che il terzo settore dovrebbe andare a svolgere in futuro, tutte le interviste sembravano andare verso un indirizzo più o meno unanime. La prima proposta avanzata è quella di potenziare i compiti di indirizzo, di individuazione di strategie di intervento, di monitoraggio e di valutazione, soprattutto per l’aspetto pubblico. Il privato sociale, in questo caso, non dovrebbe mettersi in concorrenza con il pubblico, ma dovrebbe considerarlo come strumento di paragone.

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A questo punto, uno dei problemi a cui potrebbe andare incontro il Terzo Settore, è quello della eccessiva aziendalizzazione che comporta una maggiore attenzione verso l’aspetto manageriale piuttosto che verso la qualità del servizio. Il rischio, quindi, che corre però il Terzo Settore è quello di rivivere tutti i problemi che ha vissuto il settore pubblico e cioè l’utilizzo di procedure esclusivamente burocratizzate, un’attenzione esclusiva ai compiti da svolgere e non agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Ciò comporta una maggiore attenzione nel rapporto pubblico-privato affinché questo non accada e il privato possa avere delle forme di operatività più flessibili e immediate.Quello che comunque tutti i si augurano è la possibilità di integrazione tra Terzo Settore e settore pubblico.

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FOCUS-GROUP

Come detto, per cogliere direttamente vissuti, riflessioni, analisi e proposte degli utenti, delle loro associazioni e degli operatori dei servizi sono stati promossi una serie di focus group. I focus group, lungi dall’essere delle interviste di gruppo, si presentano come veri gruppi di discussione su un tema di interesse comune. Questo strumento ha permesso di incontrare i diversi attori sociali coinvolti nelle situazioni di disagio della città di Vicenza. Con attori sociali si è voluto intendere l’area degli operatori e degli utenti dei diversi servizi. Ciò ha permesso la raccolta di materiale inerente la globalità di ogni area problematica e di disagio attraverso l’esperienza degli operatori, mentre il contributo dato da associazioni di utenti e di genitori di utenti ha permesso di raccogliere materiali su casi più specifici. Per giungere a questo obiettivo si è chiesto ai partner del progetto e ai testimoni privilegiati di indicare, per ogni area, operatori, utenti e/o associazioni di utenti (vedasi Schema 1,2). Dopo una prima serie di focus group ( I Fase ), a distanza di un anno si è realizzata una seconda serie di incontri (II Fase) per poter effettuare una verifica e un controllo sulla qualità e importanza dei materiali (analisi, valutazioni, indicazioni e proposte…) emersi. Schema 1OPERATORII FASE II FASEANZIANI ANZIANIDIPENDENZE DIPENDENZEDISABILI – CENTRI DIURNI DISABILI – CENTRI DIURNIDISABILI – CENTRI RESIDENZIALI DISABILI – CENTRI RESIDENZIALIIMMIGRAZIONE IMMIGRAZIONEMINORI

Schema 2UTENTII FASE II FASEANZIANI ANZIANIDIPENDENZE DIPENDENZEDISABILI DISABILI IMMIGRAZIONE IMMIGRAZIONEDISABILI PSICHICI DISABILI PSICHICI

IL MODELLO DI ANALISIIl ripetere gli incontri a distanza di un anno, permette di cogliere meglio quali elementi siano dovuti a situazioni contingenti e quali a situazioni strutturali. Al fine di evidenziare, infatti, i bisogni socialmente legittimi e quelli dei singoli, va considerato il setting in cui il materiale è stato raccolto. I partecipanti, infatti, sono stati invitati agli incontri, in una qualche misura hanno ricevuto informazioni circa quale sarebbe stato il loro compito:

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Cosa è successo da quando lo hanno saputo a quando si sono seduti al tavolo? Quali possono essere stati i loro pensieri nel tragitto di strada che li ha portati all’incontro? Hanno preparato una mappa mentale di quello che avrebbero dovuto dire? E poi, quando si sono seduti al tavolo la presenza degli altri ha potuto cambiare la mappa che si erano costruiti? Come la situazione ha influito sulla narrazione?

1. AnalisiSicuramente non è possibile rispondere a queste domande. Troppe sono le variabili che in un arco di tempo definito possono influenzare le scelte che l'individuo metterà in atto. Ecco, allora, che il ripetere l'incontro dopo un anno può permettere di rilevare gli elementi strutturali del sistema attraverso il confronto tra le due narrazioni. Nell'analisi, quindi si è operato un confronto tra la prima Fase e la seconda Fase (Schema 3).

Schema 3ANZIANIOPERATORI UTENTII FASE Confronto II FASE I FASE Confronto II FASE

Elementi strutturaliElementi contingenti

Elementi strutturaliElementi contingenti

2. AnalisiIndividuati gli elementi strutturali all'interno della due narrazioni è stato possibile compiere un confronto tra il

gruppo “Operatori” e il gruppo “Utenti/Associazioni di utenti e/o rappresentanza”.

Schema 4

ANZIANIOPERATORI UTENTIELEMENTI STRUTTURALI Confronto ELEMENTI STRUTTURALI

Valore socialmente riconosciuto

Questa analisi è ricca di spunti proprio per la peculiarità dello strumento focus-group: i partecipanti assumono una posizione di ricercatore, sono portati ad osservare sé stessi, a dare una spiegazione dei propri

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comportamenti. Spiegazione che diviene valutazione, intesa come attribuzione di valore, valore socialmente riconosciuto: è importante riuscire a decodificare come l’esperienza del disagio e soprattutto, della risposta a questo, venga percepito da chi opera all’interno del servizio e da chi il servizio lo riceve. La distanza tra queste due vedute è data da una diversa prospettiva percettiva, questa differenza porta l’agente ad attribuire importanza a fattori situazionali mentre l’osservatore sarà portato a dare importanza al carattere degli attori. Attraverso l’analisi dei focus-group con gli operatori (agenti) e le associazioni di utenti (spettatori) è possibile rintracciare la costruzione sociale del valore che l’intervento stesso produce. Inoltre emerge anche il terzo livello, il dietro le quinte, in questo caso inteso come livello politico di programmazione e pianificazione degli interventi. Infatti, molto spesso, sia gli operatori che gli utenti si percepiscono come estranei a questo livello e la percezione condivisa che ne ricavano va a influire sulla costruzione del significato di diritto di cittadinanza, momento fondante di un modello di welfare di comunità.

3. AnalisiL'ultimo livello di analisi è rappresentato dal confronto dei Valori Socialmente Riconosciuti tra le diverse aree problematiche per ricostruire il modello di percezione dei servizi e dei bisogni a cui questi servizi devono rispondere.

Schema 5AREA 1 Valore 1 valore aAREA 2 Valore 2AREA 3 Valore 3 valore bAREA 4 Valore 4AREA....i Valore....i valore....i

Modello di inclusione

Al fine di poter essere incluse in tutti i livelli di analisi, le aree dovranno, sia per il gruppo utenti che per il gruppo operatori, essere presenti in entrambe le fasi. Anche dagli schemi 1 e 2, risulta che corrispondono a questi requisiti le aree: Anziani, Dipendenze, Disabili, Immigrati2. L'Area Disagio Psichico, essendo presente solo il gruppo utenti, è presente nella sezione 1.Analisi, quindi sono stati rilevati gli elementi strutturali e gli elementi contingenti. Per quanto riguarda l'Area Minori, si e rilevata un'analisi del contenuto. Da sottolineare, però, come queste due ultime aree siano risultate trasversali alle prime quattro e vengano richiamate

2 Per l'area immigrati si è ritenuto opportuno la stesura di un capitolo a parte. Infatti all’interno di questa tipologia rientrano tutti gli aspetti di disagio. La differenza è costituita dal diverso status giuridico di cittadinanza degli immigrati.

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all'interno di diversi focus-group. In questo modo sono risultate utili anche per l'integrazione dell'analisi complessiva.

AREE DI INDAGINE E RETI SOCIALILa ricerca si è posta come tema la Sostenibilità Sociale e Ambientale, questo partendo dal presupposto che la qualità del servizio non può essere raggiunta se non considerando la sua ricaduta nell’ambiente, che concorre a definire. Per questo motivo l'attenzione viene posta sul concetto di rete, intesa come luogo in cui il bisogno si manifesta e come luogo in cui questo bisogno può tramutarsi in richiesta e trovare una risposta o essere relegato ad un sfera privata/familiare di disagio. È infatti all'interno della Rete sociale che possono svilupparsi relazioni che permettono al soggetto:� di mantenere la propria identità,

� di creare un sostegno emotivo,

� di favorire la soddisfazione di bisogni e facilitare l'accesso a servizi,

� di sviluppare informazioni e modi di vedere diversi,

� di favorire nuovi contatti sociali,

� di aumentare la sensibilità e la capacità di valorizzare le risorse ampliando la visione e la consapevolezza del proprio mondo relazionale,

� di creare sinergie tra le risorse, rinforzando e sostenendo i legami esistenti o producendone di nuovi, alimentando un contesto di reciproca fiducia.

In tale modello l'anamnesi individuale, familiare e sociale è in grado di fornire elementi predisponenti ma è l'analisi della Rete Sociale che indica quali siano gli elementi favorenti la percezione individuale di stress e la risposta a questa che potranno scatenare forme di disagio. In questo ambito, infatti, con il termine di disagio non si indica solamente la condizione psico-fisica dell'individuo ma anche la situazione di isolamento a cui questa può portare l'individuo stesso e la sua rete parentale. Per certe forme di disagio, poi, l'intervento non può proporsi come obbiettivo il ritorno ad un stato definito normale. Si tratta di forme di disagio sociale vero e proprio che, in alcuni casi, possono anche portare una famiglia verso l'area della povertà.Sono stati presi in considerazione tre tipologie di rete:

1. Informali, caratterizzate da tre livelli,2. quasi formali, caratterizzate da un livello,3. formali, caratterizzate da due livelli.

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Tipologia Livello 1 Livello 2 Livello 3Informali Parentali Familiari Madre

Padre Figli

Altri parentiProssimali Vicinato

AmiciQuasi formali Associazionismo

CooperazioneVolontariato

Formali Servizi Operatori Medici di BaseOspedaleInfermieri

Istituzioni Comune ProvinciaRegione Stato USL

Queste reti sono state analizzate per ogni focus-group, considerando che:1. Le Reti Informali sono caratterizzate da contenuti di affettività e/o affinità rispetto a un soggetto e svolgono

una funzione protettiva, di sostegno e di sviluppo dell'identità.2. Le reti quasi formali comprendono gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle

persone.3. Le reti formali comprendono rapporti di tipo asimmetrico e il contenuto è di tipo professionale.Si è voluta ricercare la presenza di Reti di Reti, caratterizzate dalla dimensione sociale, comunitaria sia di care (cura) che di development (sviluppo):- care, centrata sul diffuso coinvolgimento e responsabilizzazione della comunità locale rispetto ai problemi umani emergenti al suo interno; - development, che vede la comunità in grado di autosvilupparsi e acquistare una dimensione politico-sociale rivolta al cambiamento sulla base dei bisogni dei cittadini.Elementi che concorrono essenzialmente a realizzare l'obiettivo di favorire la comunità nel riconoscere, utilizzare, valorizzare le proprie risorse in sintesi a costruire territorio.

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RETI INFORMALILA FAMIGLIASi assiste ad un superamento del modello familistico messo in crisi dai profondi mutamenti che il modello familiare ha avuto a partire dal periodo 1965-19803. 1900 1965 2000Controllo sociale della riproduzione Controllo volontario di coppia Autogestione del processo riproduttivoMatrimonio istituzionale (familista, asimmetrico)

Matrimonio fondato su scelta libera

Crisi della forma matrimonio.

Famiglie estese Famiglie nucleari Famiglie subalterne a biografia individuale

Accettazione naturale dei figli Investimento su pochi figli (culto dei figli)

Figli in competizione con ruoli individuali

In Italia, tra le reti di sostegno, mutuo/auto aiuto, il legame di parentela è il più presente. Ci si trova di fronte ad un sistema di integrazione e mobilità sociale legati all’istituzione familiare che ha due conseguenze principali: se da un lato ciò in Italia porta ad una maggiore tenuta della famiglia (incidenza ancora ridotta di separazioni e divorzi), dall’altro ha condotto al prolungamento della permanenza dei giovani nel nucleo familiare di origine con un tasso di nuzialità e natalità bassi. Si è, poi, avuta una sostituzione della priorità individuale alla priorità familistica, non si tratterebbe più di familismo amorale ma, piuttosto di individualismo amorale: lo spostamento da un familismo di squadra a un familismo individuale amorale.

Inoltre, questo modello, permette una scarsa mobilità sociale, per cui la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi appare avere un carattere ereditario, da una generazione all’altra. Questo viene ad inserirsi in un momento in cui le fasce più colpite dalla disoccupazione sono quella sotto i 35 anni e quella sopra i 48, con una netta superiorità per le donne. La fascia sino ai 20 anni è composta, per lo più, da studenti (non bisogna dimenticare però lo scarso livello di istruzione ancora presente in Italia rispetto ad altri Paesi UE). Nella fascia sopra i 20 anni si trova, invece, una situazione lavorativa definita “bricolage”, fai da te, in cui i giovani alternano momenti lavorativi a momenti di formazione personale. Tuttavia proprio questo modello rischia di porre una netta distinzione tra un gruppo favorito (inserito nel mondo del lavoro e che gode di un livello di vita confortevole) e un gruppo sfavorito (di non occupati che subiscono l’insicurezza finanziaria, l’isolamento, la non partecipazione), mettendo in crisi la coesione che cementa la società, favorendo lo sviluppo, al suo interno, di persone, gruppi, esclusi dalla partecipazione agli scambi e alle pratiche dell’integrazione sociale e privi di diritti connessi. Per di più questa distinzione appare ereditaria con un carattere di stigma sociale.

RETI QUASI FORMALILa ricerca si inserisce, come detto, all'interno del progetto SIRTS (Sistemi Integrati per lo Sviluppo del Terzo Settore), in sintonia con le nuove norme legislative che hanno visto un passaggio cruciale in questi ultimi anni. 3 Dispense Corso di Perfezionamento in "Interventi Familiari e Valutazione", Prof. Bimbi

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Infatti l'introduzione del Welfare-mix, del Welfare di responsabilità e di comunità ha ridefinito i compiti tradizionali di care prima totalmente accentrati a livello nazionale ed ora distribuiti tra ambiti territoriali, distretti socio-sanitari, Province, AUSL, enti terzi e terzo settore. Proprio sulle possibilità di integrazione e sviluppo di questo ultimo si è basato il lavoro grazie alla partnership tra enti pubblici e no-profit. Questo al fine di promuovere una capacità di decodifica delle richieste del territorio in tempo reale, al fine di rispondere adeguatamente alle mutevoli esigenze della società, che risulta essere, oggi, la richiesta maggiore verso il terzo settore.

Terzo Settore e sviluppo di comunitàPer questo motivo, in questo settore, solitamente, viene privilegiata un’organizzazione per progetti, in cui l’attenzione non viene posta sui compiti che ogni singolo deve svolgere ma sul raggiungimento degli obiettivi, attraverso un orientamento alle politiche. Per questo è necessario uno stretto collegamento con il territorio e una capacità di raccolta e decodifica delle necessità. Inoltre una delle finalità dei progetti di comunità è l’empowerment, inteso come distribuzione di competenze per il raggiungimento dell’equità sociale. A questo proposito torna utile la distinzione fra bisogno (che può non essere percepito, giudicato tale da esperti), necessità (percezione soggettiva dell'individuo), domanda (quando il cittadino interpella il servizio) e utilizzazione (quando l'utente lo usa effettivamente). Equità è creare le condizioni che permettano ad ogni utente potenziale di passare tutti e quattro i suddetti livelli, dal bisogno all'utilizzo. Inoltre una delle potenzialità del no-profit risiede nella possibilità di sanare la divisione servizio/utente, superando una visione di prevenzione e cura di concezione tradizionale per giungere ad un modello promozionale.Lo sviluppo del terzo settore, poi, trova una sua giustificazione proprio in un tentativo di passaggio da una visione di stato regolatore (orientato su variabili di natura gerarchica) ad una di stato funzionale (orientato su funzioni tecniche). In questo ambito diviene importante decidere cosa controllare. Infatti nel caso dello stato regolatore, il controllo, partendo dall’analisi costi-benefici, attua una revisione della modalità di realizzazione degli obiettivi, ossia, non vengono mai poste in dubbio le procedure. Passare ad una visione di stato funzionale comporta, invece, il passaggio all’analisi strutturale. Con analisi strutturale si intende, in questo ambito, l’abbandono di una filosofia legalistico – giuridica a favore di una cultura dell’orientamento al risultato.Lo sviluppo del terzo settore trova, poi, una giustificazione nel mutamento dei consumi.Esiste, anche, un ulteriore aspetto legato allo sviluppo del terzo settore, che si inserisce nell’ambito più generale del consumo e delle caratteristiche che questo sta assumendo e che evidenzia l’importanza che la capacità di creare relazioni riveste nello sviluppo del settore no-profit. Infatti la categoria del consumo di massa appare ormai superato in una società in cui nessun aspetto del tempo dell’individuo è estraneo al mercato e in cui i comportamenti di consumo sono intrisi di elementi relazionali. Non si tratta solamente della

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distinzione keynesiana tra bisogni assoluti e relativi, cioè derivanti dalle interazioni sociali, e nemmeno della categoria dei beni posizionali, che spiega il continuo aggiornamento di PC, telefoni cellulari, ma dell’introduzione di beni relazionali, ossia di beni prodotti da rapporti con altri soggetti. Perché questo avvenga, però, è necessario essere in presenza o di una realtà produttiva dinamica, in cui l’attenzione del soggetto possa spostarsi dal raggiungimento della soddisfazione dei bisogni materiali socialmente riconosciuti, verso la sfera delle relazioni, oppure, come ad esempio ha dimostrato l'Argentina e altri Paesi del Centro sud America, pur trovandosi in una situazione economicamente disastrosa, la presenza di un senso di comunità atto a favorire il raggiungimento di obiettivi comuni. Tuttavia, per quanto riguarda l'Italia, la densità di enti no profit appare legata alla situazione economica e produttiva. Confrontando il dato relativo alla presenza di enti no-profit con il tasso di occupazione generale4, si trova una relativa conferma al dato secondo cui i servizi trovano un loro maggiore sviluppo là dove vi sia già presente una buona produzione manifatturiera. Dal grafico sottostante, risulta, anzi, che anche una variazione discendente debole nel tasso di occupazione, corrisponde ad una tendenza discendente amplificata nel tasso di soggetti coinvolti a vario titolo nel no-profit.

NORD

CENTRO

MEZZOGIORNO

ITALIA

NORDCENTRO

MEZZOGIORNO

ITALIA

1

10

100

tasso no profit

tasso occupazione

Figura 1. Confronto tra tasso di occupazione e tasso no-profit (scala logaritmica)

4 Elaborazione dati ISTAT, 1999

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Le differenze con la situazione del Sud del Paese, però non si fermano alla densità della presenza ma anche alla tipologia. Infatti, la maggior presenza percentuale nel Sud di Cooperative Sociali e di strutture che utilizzano personale dipendente, fa ipotizzare la presenza di reti formali, in cui i rapporti assumono un carattere asimmetrico con un contenuto di tipo professionale. Nelle zone del Nord, invece, la maggior presenza di Associazioni non riconosciute e l’alto tasso di volontari, fanno presumere una maggiore attenzione verso la costituzione di reti informali, ossia di gruppi che si sviluppano per far fronte a determinati bisogni delle persone.All’interno di questa area, poi, per il no-profit, il Veneto rappresenta una zona particolare, perché si discosta dal dato nazionale ma anche dal dato relativo al Nord-est. Tra le caratteristiche peculiari degli enti no-profit, vi sono: un orientamento accentuatamente di tipo aconfessionale, un alto tasso d’iscrizione al registro regionale e quindi una maggiore propensione ad operare in collaborazione ed in integrazione con il pubblico da cui non sono però dipendenti economicamente. Per quanto riguarda, poi, l’aspetto specifico delle reti, risulta interessante, l’elevato impegno della risorsa umana, sostenuta da una base associativa più ampia di quella che si riscontra nel complesso del Paese.Anche per questi motivi la presente ricerca ha inteso superare un’analisi tradizionale del momento economico legato alla cooperazione sociale. Una definizione meramente economica che si soffermi esclusivamente sulla distribuzione degli utili rischia di non cogliere gli aspetti motivazionali, culturali, sociali che muovono il terzo settore; per altro, una definizione esclusivamente sociologica rischia di non cogliere gli elementi di novità organizzativa e imprenditoriale. In questo quadro il no-profit viene inteso come strumento per valorizzare la relazione tra soggetti, intesa come forma di capitale. Capitale che similmente agli altri tipi di capitale, è produttivo di valori materiali e simbolici.

Il Capitale SocialeIl capitale sociale è costituito da relazioni sociali che hanno una certa persistenza nel tempo e che gli individui in parte possiedono ascrittivamente, in parte costruiscono attivamente nel corso della loro vita.Il capitale sociale non è riducibile all’insieme delle proprietà individuali possedute da un determinato agente: non è allocato né in beni strumentali, né nell’individuo, ma attiene alla struttura delle relazioni tra persone. Queste relazioni possono essere concepite come forme di capitale perché, similmente agli altri tipi di capitale, sono produttive di valori materiali e simbolici. Il capitale sociale, più precisamente, consta di relazioni fiduciarie atte a favorire tra i partecipanti la capacità di riconoscersi e intendersi, di scambiarsi informazioni, di aiutarsi reciprocamente e di cooperare a fini comuni.Questa rete di relazioni è il prodotto di strategie e di investimento sociale orientati alla costituzione e riproduzione di relazioni sociali utilizzabili nel tempo, cioè di relazioni durevoli atte a procurare profitti materiali

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e immateriali. Tali relazioni ampliano la capacità d'azione dell'attore individuale o collettivo e, se sufficientemente estese, anche la capacità di azione del sistema sociale.Ci troviamo di fronte a un capitale che è sociale perché, a differenza del capitale privato, ha la natura di bene pubblico, collettivo.L'introduzione del concetto di capitale sociale permette una elaborazione degli stessi indicatori di efficacia dell'agire della cooperazione sociale.Di fatto, la valutazione di efficacia eccede l'adeguatezza della risposta data all'utente attraverso un prodotto o l'erogazione di un servizio rispondente a un bisogno, orientandosi a considerare come il valore sociale dell'agire cooperativo abbia come obiettivo implicito quello di estendere relazioni dal soggetto referente al contesto sociale allargato.Come visto, la produzione di particolari relazioni quali quelle fiduciarie, atte a favorire le capacità di riconoscersi e di intendersi, di scambiare informazioni, di fornire aiuto reciproco e di cooperare a fini comuni, rende possibile la costituzione del capitale sociale ossia produce una valorizzazione delle risorse interne a un sistema come estensione - emergenza di nuove possibilità.Questo concetto ha come corrispondente quello di "produzione di nuova territorialità", territorialità intesa, negli approcci avanzati della geografia sociale, dell'urbanistica, delle scienze sociali, come estensione delle relazioni.Rispetto all'agire cooperativistico è possibile pensare a una articolazione del parametro "efficacia degli interventi" come capacità degli stessi di essere moltiplicatori di relazioni, dal soggetto alla realtà sociale. Non solo, quindi, il beneficio derivante direttamente dall'intervento verso la promozione della qualità della vita individuale (utenti) ma azione tesa a rivitalizzare - risignificare il tessuto sociale e la dimensione sociale dell'esperienza (ricaduta sociale dell'intervento).

Dati assolutiIstituzioni censite dall’Istat in Veneto nel 1999: 21092, pari al 9,5% del totale nazionale, con un’incidenza di 46,7 istituzioni ogni 10000 abitanti. L’Italia ha un’incidenza di 38,4 mentre il Nord Italia di 44.

Periodo di costituzioneNel complesso le istituzioni not-for-profit italiane sono di recente costituzione. È netta infatti la prevalenza di unità costituitesi durante gli ultimi due decenni (78,5%). In particolare, la quota maggiore di istituzioni (55,2%) è stata costituita dopo il 1990. il Veneto non si discosta da questa tendenza con un 77,7% di costituzioni nell’ultimo ventennio e con un 54% a partire dal 1990.La distribuzione delle istituzioni non profit secondo il periodo di costituzione mostra significative differenze a seconda della forma giuridica adottata. In particolare le associazioni riconosciute, le fondazioni e le istituzioni

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con altra forma giuridica (enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, università, istituti scolastici ed ospedalieri, società di mutuo soccorso) sono in buon numero di antica data. Di più recente costituzione risultano le cooperative sociali, nate nel 91,4% dei casi dopo il 1980 e, in particolare, per il 54% negli anni successivi all’emanazione della legge n. 381 del 1991, che le disciplina. I comitati e le associazioni non riconosciute rappresentano invece le componenti relativamente più giovani del settore not-for-profit italiano, costituitesi dopo il 1990 rispettivamente nel 62,7% e nel 59,8% dei casi.

TipologiePer quanto riguarda la tipologia di enti not-for-profit, per la maggior parte si tratta di associazioni non riconosciute, tipologia significativamente più presente in Veneto (68,4%) rispetto sia al dato nazionale (63,6%) che a quello del Nord-Italia (65,6%).

associazione riconosciuta fondazione associazione non

riconosciuta comitato cooperativa sociale altra forma

Veneto 23,5 1,2 68,4 2,1 1,7 3,1Italia 27,7 1,4 63,6 1,7 2,1 3,6Nord 25,3 1,5 65,6 1,9 2 3,6

Settori di attivita’

cultura sport e

ricreazione

istruzione e ricerca sanità assistenz

a sociale ambiente

sviluppo economic

o e coesione sociale

tutela dei diritti e attività politica

Relazioni sindacali e

rappresentanza interessi

altre attività

Veneto 65,8 6,8 4,4 7,6 1,3 1,8 2,6 5,7 4,0Italia 63,4 5,3 4,4 8,7 1,5 2,0 3,1 7,1 4,5Nord 65,4 4,4 3,7 9,7 1,4 2,3 2,1 5,8 5,2

Il settore di attività privilegiato è “cultura sport e ricreazione”, per il Veneto è da sottolineare l’incidenza maggiore nel settore “istruzione e ricerca”, sia rispetto al dato nazionale che a quello del nord italia; inverso invece il settore “assistenza sociale”, soprattutto relativamente al dato del nord.

Settori di attivita’ primaria e forma giuridicaLa forma giuridica principale risulta essere “associazione non riconosciuta” per “relazioni sindacali e rappresentanza di interessi” (75,8%); “tutela dei diritti e attività politica” (72,4%); “cultura, sport e ricreazione” (69,6%); “cooperazione e solidarietà internazionale (59%); “ambiente” (53%); “sviluppo economico e coesione sociale” (52,6%); “filantropia e promozione del volontariato” (51%).

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Le associazioni riconosciute risultano operare soprattutto nel settore “sanità” (55,2%) e ambiente (38,9%).Per quanto riguarda la forma di “cooperativa sociale”, i settori in cui risulta primaria sono: “sviluppo economico e coesione sociale” (16%), con un’incidenza soprattutto nella classe di attività “addestramento, avviamento professionale e inserimento lavorativo” (37,3%). Da notare che questa forma giuridica è presente anche nelle classi “servizi psichiatrici ospedalieri e non ospedalieri” (37,1%) e “servizi per lungodegenti” (19%) del settore “sanità” (3,7%).All’interno del progetto SIRTS l’attenzione è stata rivolta proprio verso la categoria della cooperazione sociale.

La cooperazione sociale nella città di Vicenza.Nel Comune di Vicenza risultano operanti 21 cooperative5. Di queste 15 sono di tipo A (71%), due sono consorzi e le rimanenti sono cooperative di tipo B. Da sottolineare che le cooperative di tipo A mostrano una preferenza per interventi di tipo territoriale e domiciliare, sviluppando relazioni nella comunità di appartenenza e rispondendo alle esigenze ed ai bisogni di quei cittadini che altrimenti sarebbero rimasti condannati ad una forte istituzionalizzazione, ricovero, carcere, comunità. Le cooperative di tipo B, invece, hanno conquistato un ruolo come strumento privilegiato e specialistico per l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, come soggetto in grado di svolgere una formazione professionale sul campo, a lavorare per una piena integrazione sociale delle persone in difficoltà e ad avviarle anche all'inserimento del lavoro esterno alla cooperativa.

Tabella 1Tipo coop

Ragione sociale Tipo fruitori Tipo servizio

A C.M.A. SERVIZI anziani case di riposo o r.s.a.-ass. domiciliare

A IL MOSAICO giovani ass. domiciliarec.e.o.d.A LA LINEA DELL'ARCO giovani ass. domiciliarecentri form. prof.leA A.GA.PE handicappati ass. domiciliareass. scolasticaA CITTA' SOLIDALE handicappati ass. domiciliareass. scolasticaA LA FRAGLIA handicappati c.e.o.d.A F.A.I. BERICA handicappati-anziani-minori ass. domiciliare-centri di

accoglienza-asili nidoA IL NUOVO PONTE handicappati-malati mentali c.e.o.d.A IL REGNO INCANTATO minori asili nidoA LA CASETTA minori ass. domiciliareA IL POSTO minori ass. domiciliareass. domiciliareA PROPOSTA minori ass. domiciliareass. domiciliareA TANGRAM minori ass. domiciliareass. scolasticaA VILLAGGIO S.O.S. VICENZA minori ass. domiciliareass. scolasticaA NUOVA VITA tossico ed ex com. terapeuticaB AURORA B IL GABBIANO B INSIEME 5 Registro Regionale delle Cooperative Sciali, 2003

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B ORIZZONTI C CONSORZIO PRISMA C CONSORZIO SOL.CO

RETI FORMALII SERVIZI SOCIO-SANITARIA fronte di una continua crescita delle domande rivolte verso l’area dei servizi sociosanitari, domanda che via via si diversifica con richieste sempre più specialistiche, esiste un’esigenza di cambiamento all’interno dei servizi stessi. È oramai accettato che “tutto l’agire sociale si sviluppa in un contesto di complessità crescente che coinvolge sempre più attori sociali, ciascuno dei quali con ruoli molteplici e diversi, ciascuno dei quali portatore di interessi e logiche e linguaggi, diversi e non di rado contraddittori; la decisione pubblica non si sottrae a questa logica, e anzi ne è appesantita dalla quantità di regole formali (leggi, regolamenti, procedure) che non coinvolge, generalmente, altri settori” (6). Tale complessità deve essere inserita all’interno del processo di progettazione del servizio e mantenuta come elemento metodologico nella sua gestione e valutazione. Bisogna, infatti, considerare che la nozione di servizio si basa su due requisiti costitutivi (7):

� I servizi sono relazioni che producono relazioni: essi producono ciò che sono, la stessa materia sociale di cui sono fatti;

� l'unità di misura che qualifica lo statuto relazionale del processo/prodotto "servizio" è la partnership, la compartecipazione degli attori coinvolti, prestatori e clienti anzitutto, alla produzione dell’eventuale valore aggiunto che vi si crea.

Tutto questo ha in sé un grande significato: la qualità del prodotto (servizio erogato) e la qualità dei processi produttivi (organizzazione del processo) debbono essere compatibili con le aspettative del mercato (la domanda), ossia, con l’ambiente esterno (territorio, popolazione), inteso come variabile interna al ciclo produttivo e come ulteriore elemento di definizione di qualità. In questo senso il servizio non può essere inteso come un apparato che eroga prestazioni e la sua valutazione non può essere compiuta esclusivamente in termini di cose fatte. Partendo da una definizione etimologica (8) si trova che “efficace” è ciò che raggiunge il fine in precedenza determinato o produce l’effetto che si desidera ed “efficiente” è la rispondenza o adeguatezza d’uno strumento o di un’organizzazione alla propria funzione. Riportando queste definizione nell’analisi dei servizi, però, risulta più congeniale la distinzione, ancora oggi più accettata, proposta da Holland (9):

“Per efficacia di un intervento si intende una misura del risultato tecnico in termini medici,

psicologici o sociali e che l'efficienza è un concetto economico che fa riferimento ai costi 6 C. Bezzi, Aspetti metodologici del coinvolgimento degli attori sociali nella cosiddetta valutazione partecipativa,

Rassegna italiana di valutazione, 1999/007 O. de Leonardis, In un diverso welfare. Sogni e incubi, Feltrinelli, Milano, p. 1218 Cortellazzo M., Zolli P.,1992, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli9 Holland W. W. (a cura), 1985, La valutazione dell'assistenza sanitaria. Teorie, metodi, applicazioni, La Nuova Italia Scientifica, Roma, p. 35

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dell'intervento in relazione all'efficacia”.

È facile intuire come, per amore di semplicità, la funzionalità di un qualunque servizio possa essere intesa esclusivamente come calcolo costi/operazioni svolte, soprattutto in un campo in cui le operazioni svolte sono facilmente quantificabili in termini economici, di tempo impiegato e di personale occupato (10), mentre la valutazione di efficacia e di qualità va a toccare un campo non delimitato da tabelle precostituite. Se, però, non si accetta tale complessità, allora il modello di servizio sociale rimarrà quello di ufficio-fabbrica (11), un mondo di incartamenti, di pratiche che documentano eventi amministrativi o gestionali, di calcoli, di corrispondenza, di comportamenti basati sulla routine; un luogo autarchico in cui i diversi soggetti sono separati tra loro e dal mondo reale da barriere comuncative. In un tale modello il territorio, la popolazione rimangono esclusi; vengono considerati solo, e separatamente, l’ente che eroga e l’utente/cittadino che chiede, ci si ferma ancora una volta all’interno di un modello in cui la relazione è asimmetrica: un rapporto tra chi detiene il potere (informazione, prestazione) e chi lo richiede e/o lo subisce. Il servizio sociale, all’opposto, deve essere inteso come produttore di territorialità, di relazioni e esperienze che sono alla base della costituzione del capitale sociale e della convivenza civile basata sui diritti di cittadinanza.In questa direzione il Terzo Settore potrebbe svolgere un ruolo fondamentale. Se, infatti, l'iniziativa solidale e comunitaria non può in alcun modo sostituire la garanzia di servizi e diritti fondamentali che solo lo Stato può offrire, può invece servire da stimolo per la costruzione, a fronte di nuovi bisogni e nuovi diritti, di un welfare di

comunità.

LE ISTITUZIONI 12

La Legge 8 novembre 2000, n. 328 e la modifica di alcuni articoli della Costituzione italiana, hanno introdotto un nuovo modello di intervento e di servizi sociali. Questo prevederebbe un sistema integrato di interventi e servizi sociali da realizzarsi mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, interrelando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche e la definizione di percorsi attivi volti a ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte. La programmazione e l'organizzazione del sistema di interventi e servizi compete agli enti locali, alle regioni e allo Stato che, nell'ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli Organismi Non Lucrativi di Utilità Sociale (ONLUS), degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti, delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha

10 Si veda a proposito la creazione dei Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi (DRG – Diagnostic Related Groups); DL 15-4-94

11 DE MASI, Impiegati e operai, lasciamoli tutti a casa, Telèma, Autunno 1995.12 Per la L.328 è stata utilizzata la sintesi a cura di A. Lacovara – Provveditorato agli Studi di Roma – Ufficio Studi e

Programmazione

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stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.Nella presente ricerca il sistema ONLUS – Cooperazione – Volontariato - ..., viene inserito nelle reti quasi formali, ossia gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle persone; mentre il sistema delle istituzioni all'interno delle reti formali.

L’AMMINISTRAZIONE COMUNALEI comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Ai comuni spetta, tra l'altro, l'esercizio delle seguenti attività:1. programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle

priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali;2. erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche, delle attività assistenziali;3. autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e

semiresidenziale;4. partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali;5. definizione di parametri di valutazione, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e

ai servizi.I comuni provvedono altresì a:1. promuovere, nell'ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse della collettività locali tramite

forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita comunitaria;

2. coordinare programmi e attività degli enti che operano nell'ambito di competenze, secondo le modalità fissate dalla regione;

3. adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia e i risultati delle prestazioni;

4. effettuare forme di consultazione dei soggetti interessati, per valutare la qualità e l'efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;

5. garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.

LA PROVINCIALe province concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, per i compiti previsti dalla legge, secondo le modalità definite dalle regioni che disciplinano il ruolo delle province in merito:1. alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dai comini e da altri

30

Page 31: Terzo Settore E Networking

soggetti istituzionali presenti in ambito provinciale per concorrere all'attuazione del sistema informativo dei servizi sociali;

2. all'analisi dell'offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale fornendo, su richiesta dei comuni e degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;

3. alla promozione, d'intesa con i comuni, di iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all'aggiornamento;

4. alla partecipazione alla definizione e all'attuazione dei piani di zona.

LA REGIONELe regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale e disciplinano l'integrazione degli interventi stessi, con particolare riferimento all'attività sanitaria e socio-sanitaria a elevata integrazione.Le regioni programmano gli interventi sociali, promuovendo, nell'ambito delle rispettive competenze, modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione, provvedono alla consultazione dei soggetti interessati.Alle regioni spetta in particolare l'esercizio delle seguenti funzioni:1. determinazione degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema

locale dei servizi sociali a rete;2. definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche,

avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;

3. promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per l'istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;

4. promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordianre le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;

5. promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi e i risultati delle azioni previste;

6. definizione, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, dei criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o di altri soggetti;

7. istituzione, secondo le modalità definite con legge regionale, sulla base di indicatori oggettivi di qualità, di registri dei soggetti autorizzati all'esercizio delle attività disciplinate dalla legge;

8. definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e l'erogazione delle prestazioni;

31

Page 32: Terzo Settore E Networking

9. definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni;10. predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l'aggiornamento del personale addetto alle

attività sociali;11. determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai

soggetti accreditati;12. esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti.

LO STATOAllo Stato spetta l'esercizio delle funzioni di cui al D. Lgvo 112/98, nonché dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali per i seguenti aspetti:1. determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano Nazionale degli Interventi

e dei Servizi Sociali;2. individuazione dei livelli essenziali e uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia

assistenziale, svolte per minori e adulti dal Ministero della giustizia, all'interno del settore penale;3. fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle

strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per la comunità di tipo familiare con sede nelle abitazioni civili;

4. determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e di durata dei percorsi formativi;

5. esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza delle regioni;6. ripartizione delle risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali.

IL PIANO DI ZONAI comuni associati, negli ambiti territoriali, a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell'ambito delle risorse disponibili, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del Piano Regionale, a definire il Piano di Zona, individua:1. gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;2. le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in

relazione alle disposizioni regionali adottate;3. le forme di rilevazione dei dati nell'ambito del sistema informativo;4. le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e prestazioni;5. le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con

particolare riferimento all'amministrazione penitenziaria e della giustizia;6. le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell'ambito della solidarietà

32

Page 33: Terzo Settore E Networking

sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;7. le forme di concertazione con la azienda unità sanitaria locale e con altri soggetti.Il Piano di Zona, di norma adottato attraverso accordo di programma è volto a:1. favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati sui servizi prestazioni complementari e flessibili,

stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;

2. qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione;3. definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e

degli altri soggetti firmatari dell'accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;

4. prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

I risultati ottenuti vengono presentati nei capitoli successivi per ogni area considerata.

33

Page 34: Terzo Settore E Networking

ANZIANI

SITUAZIONE DEMOGRAFICA13

Dall’analisi dei dati demografici si può notare un progressivo invecchiamento della popolazione, più marcato per il Distretto di Vicenza. Infatti se nel 1995 l’intera ULSS6 aveva una popolazione sotto i 20 anni pari al 21,40%, nel 2003 tale percentuale è scesa al 18,04%, mentre la fascia sopra i 60 anni è passata dal 16,54% al 24,62%. Per il Distretto di Vicenza, invece, la fascia sotto i 20 anni è scesa dal 18,77% al 15,93%, mentre la fascia oltre i 60 è passata dal 19,74% al 28,54%. Il dato relativo a Vicenza, viene poi aggravato se si considerano le diversità nelle relazioni tra città e campagna. Infatti è più probabile che in realtà non urbane si possano innescare reti di mutuo aiuto tra all’interno della cerchia familiare e/o amicale, mentre tale rete ha un’intensità minore in città, in cui le reti sono meno diffuse e hanno intensità inferiori, sia a livello parentale che amicale e/o di vicinato.

Tabella 2. ULSS 6 (valori %)ULSS6 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 20030-19 21,4 20,75 20,25 19,82 19,52 19,31 19,14 18,95 18,0420-59 62,06 61,82 61,39 60,78 60,05 59,21 58,42 57,63 57,3460 E OLTRE 16,54 17,43 18,36 19,39 20,43 21,47 22,44 23,42 24,62

Tabella 3. DISTRETTO DI VICENZA (valori %)VICENZA 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 20030-19 18,77 18,13 17,68 17,23 16,95 16,82 16,74 16,70 15,9320-59 61,49 61,09 60,54 59,84 58,98 57,97 57 56,01 55,5360 E OLTRE 19,74 20,77 21,79 22,93 24,07 25,21 26,26 27,29 28,54

13 Elaborazione diretta dati http://www.vicenzaulss.com/public/ASPs/Statistiche_Eta_Popolazione.asp

34

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Figura 2

Il grafico precedente illustra la variazione percentuale tra il 1995 e il 2003. Si vede come, se pur nel distretto di Vicenza si ha una percentuale maggiore di popolazione anziana, è nell’intera ULSS che si è avuta la crescita percentuale maggiore di anziani a fronte di una diminuzione maggiore di popolazione tra 0-19 anni.

Genere

Dall’analisi del rapporto Maschi e Femmine sul totale della popolazione si evidenzia una maggiore presenza del genere femminile nella fascia 65 e oltre (Tab. 3). Ciò è meglio evidenziato dalla Fig. 2, che documenta come nella fascia considerata il rapporto sia, circa, di 2 a 1. Tuttavia si deve registrare una controtendenza. Infatti, se nel 1991 il rapporto era di 68 donne ogni 100 abitanti, compresi nella fascia 65 e oltre, nel 2001 tale rapporto è di 63. questo viene evidenziato in Fig. 2 e Fig. 3. Analizzando, poi, le differenze tra il Distretto di Vicenza e gli altri distretti della ULS 6, si può notare una differenza significativa (> 10%) per tutte le fasce di Maschi, con una significatività maggiore per la fascia sopra i 65 anni (Tab. 2). Da ciò si evidenzia come nel comune di Vicenza la fascia 65 e oltre sia costituita in maniera significativamente maggiore da donne.

Tabella 4. Rapporto Maschi e Femmine sul totale della popolazione per fasce di etàMedia 1991-2002 0-14 15-64 oltre 65 totale

DISTRETTO DI VICENZA M 0,44 0,41 0,27 0,39F 0,49 0,51 0,65 0,53M 0,57 0,55 0,44 0,55

35

VARIAZIONI PERCENTUALI 1995-2003

-18,62

32,82

-15,12

-10,73

30,82

-8,23

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

0-19 20-59 60 E OLTRE

ULSS6VICENZA

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DISTRETTO OVEST F 0,49 0,49 0,61 0,50

DISTRETTO EST M 0,41 0,40 0,29 0,39F 0,48 0,49 0,62 0,50

DISTRETTO SUDEST M 0,59 0,58 0,48 0,57F 0,48 0,49 0,61 0,50

DISTRETTO SUD M 0,52 0,51 0,37 0,50F 0,48 0,49 0,63 0,50

TOTALE M 0,51 0,49 0,37 0,48F 0,48 0,49 0,62 0,51

Tabella 5. Differenze percentuali dalla mediaMedia 1991-2002 0-14 15-64 oltre 65

DISTRETTO DI VICENZA M -13,73% -16,33% -27,03%F 2,08% 4,08% 4,84%

DISTRETTO OVEST M 11,76% 12,24% 18,92%F 2,08% 0,00% -1,61%

DISTRETTO EST M -19,61% -18,37% -21,62%F 0,00% 0,00% 0,00%

DISTRETTO SUDEST M 15,69% 18,37% 29,73%F 0,00% 0,00% -1,61%

DISTRETTO SUD M 1,96% 4,08% 0,00%F 0,00% 0,00% 1,61%

Figura 3

36

Rapporto Maschi su Femmine

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,90-14

15-64

oltre 65

totale DISTRETTO DI VICENZA

Page 37: Terzo Settore E Networking

Figura 4

Figura 5

37

Rapporto Femmine sul totale della popolazione oltre i 65 anni

0,50

0,52

0,54

0,56

0,58

0,60

0,62

0,64

0,66

0,68

0,70

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

DISTRETTO DI VICENZA DISTRETTO OVEST DISTRETTO EST DISTRETTO SUDEST DISTRETTO SUD

Andamento differenze maschi femmine oltre 65 anni Distretto di Vicenza

1,00

10,00

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

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Indice di vecchiaia14

Dall’analisi degli indici di vecchiaia, nel periodo 1991-2002, si evidenzia un progressivo aumento per tutti i distretti considerati senza differenze significative tra loro (Tab. 3,4,5,6). Tuttavia, tale incremento risulta significativamente maggiore per i maschi (Tab. 7).

Tabella 6. Indice di vecchia Femmine1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

DISTRETTO DI VICENZA 95,62 108,34 120,79 134,54 146,58 156,57 165,32 173,84 183,02 191,60 208,75 208,75

DISTRETTO OVEST 44,97 50,27 56,57 62,81 68,72 74,24 79,23 83,26 87,79 93,68 104,71 104,71

DISTRETTO EST 51,23 56,83 63,42 69,80 76,19 82,32 87,67 94,73 100,30 106,32 116,90 116,90

DISTRETTO SUDEST 49,27 55,05 61,79 67,51 73,46 79,36 85,54 90,30 96,67 103,03 115,40 115,40

DISTRETTO SUD 68,09 77,07 85,35 92,36 101,27 109,24 116,70 124,49 133,62 140,56 155,22 155,22

Tabella 7. Variazioni percentuali 1991-2002 (Femmine)

1991-2002DISTRETTO DI VICENZA 54%DISTRETTO OVEST 57%DISTRETTO EST 56%DISTRETTO SUDEST 57%DISTRETTO SUD 56%media 56%

Tabella 8. Indice di vecchiaia Maschi1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

DISTRETTO DI VICENZA 44,78 51,61 59,22 66,43 74,50 81,77 87,87 93,95 100,51 105,64 117,88 117,88

DISTRETTO OVEST 22,60 26,14 29,98 34,51 38,87 43,85 48,16 53,07 58,65 64,55 75,51 75,51

DISTRETTO EST 24,28 28,12 32,79 37,07 41,64 46,64 51,65 56,48 61,32 67,16 76,84 76,84

DISTRETTO SUDEST 24,68 28,69 33,09 37,14 42,71 46,92 52,12 57,63 64,19 68,56 78,94 78,94

DISTRETTO SUD 33,00 37,68 42,83 47,86 53,57 58,69 64,17 68,95 75,21 81,36 92,53 92,53

Tabella 9. Variazioni percentuali 1991-2002 (Maschi)1991-2002

14 indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione e perciò della struttura per età della popolazione. Si ottiene rapportando l'ammontare della popolazione anziana di 65 anni e oltre alla popolazione di età inferiore a 15 anni.

38

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DISTRETTO DI VICENZA 62%DISTRETTO OVEST 70%DISTRETTO EST 68%DISTRETTO SUDEST 69%DISTRETTO SUD 64%media 67%

Tabella 10. Differenze percentuali incremento indice di vecchiaia Maschi - FemmineDifferenze percentuali

DISTRETTO DI VICENZA 13%DISTRETTO OVEST 19%DISTRETTO EST 18%DISTRETTO SUDEST 17%DISTRETTO SUD 13%media 16%

Figura 6

39

Indice di vecchiaia Distretto di Vicenza

0

50

100

150

200

250

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

MFTotale

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Indice di dipendenza strutturale15

Considerando l’indice di dipendenza strutturale, si evidenzia, anche in questo caso, un incremento nel periodo considerato (Tab. 8, 9, 10, 11). In questo caso l’incremento risulta significativamente maggiore, sia per le femmine che per i maschi, nel distretto di Vicenza senza differenze significative tra loro.

Tabella 11. Indice di dipendenza strutturale maschi1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

DISTRETTO DI VICENZA 28,53 29,01 29,66 30,61 32,04 33,52 35,06 36,51 38,14 39,89 41,73 43,81

DISTRETTO OVEST 28,65 28,43 28,93 29,09 29,80 30,50 31,68 32,43 33,92 35,38 36,96 38,69

DISTRETTO EST 30,23 30,26 30,62 31,34 32,10 32,88 33,93 35,21 36,55 38,14 39,70 41,01

DISTRETTO SUDEST 30,66 31,33 31,60 31,98 32,65 33,59 34,51 35,52 37,02 38,34 39,47 41,31

DISTRETTO SUD 33,12 33,58 34,17 35,18 35,86 36,67 37,47 38,84 39,83 41,35 42,72 43,85

Tabella 12. Variazioni percentuali 1991-2002 (Maschi)

1991-2002DISTRETTO DI VICENZA 35%DISTRETTO OVEST 26%DISTRETTO EST 26%DISTRETTO SUDEST 26%DISTRETTO SUD 24%Media 27%

Tabella 13. Indice di dipendenza strutturale femmine1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

DISTRETTO DI VICENZA 35,93 37,07 38,21 39,60 41,40 43,39 45,55 47,81 50,06 52,50 55,04 57,61

DISTRETTO OVEST 32,12 32,32 32,66 33,47 34,83 35,81 37,16 38,84 40,05 41,46 42,98 44,71

DISTRETTO EST 35,38 35,94 36,88 37,51 38,40 39,29 40,46 41,55 43,27 44,77 46,60 48,43

DISTRETTO SUDEST 36,08 36,34 37,13 37,92 38,94 39,95 41,31 42,63 44,00 46,06 47,29 48,43

DISTRETTO SUD 41,84 42,12 43,40 44,71 45,43 46,65 47,52 48,83 50,11 51,72 53,67 55,44

Tabella 14. Indice di dipendenza strutturale femmine1991-2002

15 indicatore di rilevanza economica e sociale che rapporta le persone economicamente non produttive, ossia anziani e giovanissimi (popolazione di età inferiore a 15 anni e superiore ai 64 anni), alle persone in grado di sostenerle con la loro attività (popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni).

40

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DISTRETTO DI VICENZA 38%DISTRETTO OVEST 28%DISTRETTO EST 27%DISTRETTO SUDEST 26%DISTRETTO SUD 25%Media 29%

Figura 7

Dai dati presentati si evidenzia, in generale, un cambiamento tendenziale che potrebbe variare le richieste di servizi nei prossimi anni. Infatti sino ad oggi si è avuta un’incidenza maggiore delle femmine rispetto ai maschi nell’appartenenza a fasce di età sopra i 65. Attualmente, invece, si assiste ad un incremento della presenza maschile nelle fasce sopra i 65.

41

INDICE DI DIPENDENZA STRUTTURALE (distretto di Vicenza)

0

10

20

30

40

50

60

70

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

UominiDonneTotale

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FOCUS GROUP

Come detto, dalla discussione interna ai focus group con utenti dei Servizi, Associazione di utenti e Operatori, sono emerse analisi e riflessioni sulla situazione dei Servizi, sui punti di forza e di debolezza e sulle problematiche emergenti. Il lavoro dei gruppi si è svolto in due fasi (la seconda dopo un anno per meglio riflettere e sistematizzare le problematiche emerse. In particolare, l’analisi di quanto elaborato nei fous group è stata elaborata tenendo conto della possibilità di valutare la consistenza delle diverse dinamiche relazionali espresse dentro reti di relazioni secondo la divisione in1.- Reti Informali caratterizzate da contenuti di affettività e/o affinità rispetto a un soggetto e svolgono una

funzione protettiva, di sostegno e di sviluppo dell'identità,2.- Reti quasi formali che comprendono gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle

persone,3.- Reti formali che comprendono rapporti di tipo asimmetrico e il contenuto è di tipo professionale.4.L’organizzazione dei focus group è indicata nello schema seguente:

AREA OPERATORI UTENTIArea Anziani Comune di Vicenza Consulta Anziani Saviabona

Cooperativa Codess sociale UILPCGILFNP CISL

Dall'analisi dei materiali raccolti nella discussione nei focus group, si evidenzia, sia da parte degli operatori che dei rappresentanti degli utenti, una mancanza di attenzione verso le reti sociali, intese non solo come luogo in cui il disagio emerge ma anche come luogo in cui si recuperano le risorse per far fronte al disagio stesso. L'attivazione di una reale rete di servizi integrati si scontra ancora con almeno due ordini di problemi:6. scarsa comunicazione tra i diversi soggetti titolari dell'intervento, la cui l'attenzione è posta maggiormente

verso il compito da svolgere attraverso una standardizzazione dei servizi in un'ottica aziendalista, tendenzialmente, tradizionale;

7. difficoltà di carattere culturale nell'accettare il confronto con altri punti di vista e nel percepire il sociale come un campo di crescita e partecipazione civile e non solo come dispensatore di servizi.

All’interno di questa rete diviene essenziale il processo di comunicazione, spesso confuso con messaggi intransitivi, il più delle volte tramite delle rappresentazioni, con grafici multicolori, perdendo il senso del socius

e della discussione attorno ad esso. Qui, si può facilmente rilevare la richiesta dei rappresentanti dell’utenza di una vera partecipazione nell’organizzazione dei servizi ma anche la richiesta degli operatori di un maggiore coordinamento con il

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volontariato. Infatti spesso la “rete” viene confusa con una sommatoria di interventi in cui i diversi attori non si conoscono e non comunicano, fornendo all’utente stesso una visione frammentata all’interno della quale l’utente si sente oggetto e non soggetto dell’intervento. Con questo, i problemi non ricadono solo sull’utenza ma sugli operatori stessi, portando a situazioni di disagio che non possono far altro che aggravare la situazione e spingere a scelte estreme e dispendiose.

OPERATORI

ELEMENTI STRUTTURALI ED ELEMENTI CONTINGENTI EMERSI

Le aree problematiche legate ad elementi contingenti riguardano, per lo più, le difficoltà incontrate dagli operatori nel rapporto con l'utenza, rispetto alle modifiche che il sistema di assistenza socio-sanitario sta attraversando. Tali difficoltà sono emerse soprattutto nel secondo incontro in relazione all'introduzione di una nuova modalità di richiesta dell'intervento: dall'autocertificazione circa la situazione economica alla presentazione del modello ISE all'Ufficio Famiglia del Comune. Tale cambiamento ha comportato per l'utenza, e l'utenza potenziale, un ulteriore burocratizzazione dell'accesso al servizio con difficoltà maggiori per gli anziani soli. Le aree problematiche legate a elementi strutturali riguardano, invece, la difficoltà ad applicare un reale modello di rete. I problemi riguardano, soprattutto, l'area dell'informazione: i diversi soggetti titolari dell'intervento si presentano più come una somma di azioni specialistiche che come un sistema integrato di servizio alla persona. Inoltre risulta un forte gap comunicativo tra il livello istituzionale e le altri componenti. Questo comporta, da un lato, la percezione da parte degli operatori di una funzione passiva, puramente operativa e, dall'altra, una scarsa permeabilità dell'informazione, soprattutto verso l'utenza potenziale. Questa scarsa permeabilità richiama la necessità di un intervento di segretariato sociale, in sinergia con le realtà operanti nel territorio. D'altra parte viene anche sottolineato come la mancanza di una comunicazione tra Servizi e Reti quasi formali, induca spesso delle false aspettative nell'utenza che viene male informata.Per quanto riguarda gli operatori, se ne deduce un rischio elevato di burn-out. Si sentono valutati sul numero di operazioni da svolgere più che sulla qualità e sugli obiettivi raggiunti. A questo contribuisce la precisa organizzazione oraria del lavoro che, spesso, non coincide con le reali necessità dell’utenza. Il rischio evidente è un servizio sguarnito, con un alto grado ti turn-over, dovuto ad abbandoni o a malattia. Bisogna sottolineare come, per il servizio, il centrare il proprio lavoro sul mantenimento di una serie di operazioni routinarie contiene in sé una forma di difesa contro il cambiamento. Perché se è vero che non si può non cambiare è altresì vero che è più probabile cambiare tutto perché tutto rimanga immutato piuttosto

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che confrontarsi sulle incertezze. L'incertezza con la quale si opera all'interno dei programmi di assistenza, intesa come difficoltà a misurare gli obiettivi raggiunti al di là del conto costi/operazioni-svolte (dove le operazioni svolte sono accuratamente standardizzate) può portare ad una idealizzazione del compito al fine di:

ridurre la complessità del compito non considerando alcuni elementi, limitare l'incertezza perché quello che si fa deve condurre al bene.

In questa maniera l'organizzazione verrebbe portata ad incentivare azioni routinarie , trovando una sua giustificazione nel fine idealizzato, il “bene” dell’anziano e distogliendo l'attenzione dal reale raggiungimento degli obiettivi.È in questo contesto, allora, che può essere riletto il dato iniziale circa la percezione che l’operatore ha sia dell’anziano sia delle altre figure che vi ruotano attorno (il volontariato, in primis, e le badanti):

6. le diverse figure che hanno titolarità dell’intervento si presentano più come somma progressiva di eventi che come un sistema dotato di una logica interna la cui comprensione permette di delineare la strategia che mira al cambiamento,

7. gli obiettivi passano da un’utopica risoluzione del caso ad un più mesto si fa quel che si può. Manca una visione realistica che possa fornire degli elementi in base ai quali costruire delle tappe intermedie che possano dare un senso all’agire. Inoltre l’adozione di risorse sempre più estreme (fino all’inserimento in strutture residenziali) viene letto come un disadattamento dell’individuo e non come un’inefficacia dell’intervento,

8. gli strumenti adottati mirano quasi esclusivamente alla rimozione del sintomo e sono influenzati dalla mancanza di integrazione e di messa in discussione dell’analisi,

9. gli interventi si riducono alla regolare scadenza dei vari incontri tralasciando quelli che sono i tempi dell’anziano e dei diversi sistemi in cui è inserito (quando presenti). Se, infatti, si lamenta una mancanza di reti prossimali, viene, altresì, evidenziato che quando queste sono presenti mal si relazionano con il servizio.

I FASE (Marzo 2003)RETIDall’incontro emerge la presenza di tutti gli elementi delle reti considerate. Tuttavia questi elementi non appaiono comunicare con un modello bidirezionale ma asimmetrico dove ciò che si perde é il confronto con la realtà. Questo comporta:� L’anziano non viene visto come individuo nella sua globalità bio-psico-sociale, per cui

� l’intervento è composto da una serie di prestazioni standardizzate,� la valutazione del caso tende ancora a scindere l’aspetto sociale da quello sanitario,� viene posto scarso risalto alla dimensione relazionale – affettiva.

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� Vi è una scarsa comunicazione tra le reti, per cui� appare la necessità di un maggiore coordinamento negli interventi tra reti formali e quasi formali,� nonostante l’utilizzo di protocolli comuni, risulta ancora una mancanza di relazione e coordinamento tra

servizi sociali e sanitari,� l’informazione circa i servizi alla persona e le norme a favore di categorie svantaggiate non

raggiungono l’utenza potenziale,� nella programmazione non è presente il valore aggiunto dato dalla risorsa umana.

RETI FORMALIGli operatori non percepiscono l’esistenza di una rete. Ciò che viene descritto è una sommatoria di interventi messi in atto da una serie di attori con una rigida distinzione di qualifiche, ambiti di intervento e livelli di competenza. Inoltre, risulta una scarsa conoscenza di norme e servizi da parte di utenti potenziali precludendo, così, la possibilità di accesso ad alcuni.

Servizi

Pur riconoscendo un mutamento culturale negli ultimi anni, i servizi vengono visti come parcellizzati. La prima grande divisione è tra l’ambito di intervento sanitario e quello sociale, che vede i medici da un lato e i servizi del Comune dall’altro. Il superamento di questo sta avvenendo grazie a una valutazione multidimensionale. Tale valutazione però,da quanto emerso, richiede da parte dei diversi soggetti coinvolti, la disponibilità a mettere in crisi la propria visione di anziano per lasciarsi contaminare da interpretazioni provenienti da altri campi.Si rileva, poi, nel servizio domiciliare, una rigida standardizzazione degli interventi per quanto riguarda qualifiche del personale e tempi dell’intervento. Tale standardizzazione, pur basandosi su elementi fondamentali dell’intervento, perde di vista:

� la singolarità di ogni intervento,

� la necessità di intervenire anche sulle reti prossimali, come risorsa per la gestione del caso.

Emerge la necessità, per gli operatori domiciliari, di poter collaborare con settori del volontariato al fine di costituire una rete di servizi integrati che scambi informazioni. Inoltre, questa rete potrebbe fungere anche da divulgatore di queste informazioni. Infatti, per l’utenza potenziale, viene rilevata una difficoltà nell’accesso all’informazione circa servizi, agevolazioni fiscali – economiche, ecc.; queste informazioni sono possedute da chi si trovi già all’interno del circuito assistenziale. Negli altri casi, spesso, si giunge alla segnalazione da parte del vicinato o del volontariato quando il soggetto interessato si trova in grave stato di crisi.

Operatori

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Viene segnalata una situazione “gravemente insufficiente” per quanto riguarda il servizio domiciliare, con un’assistenza “tra l’altro che non copre il sabato e la domenica, copre soltanto alcune fasce orarie”. Viene individuato un problema non solo quantitativo ma anche qualitativo, di orientamento del servizio:

- “…si è individuato molto più la prestazione che il servizio. In effetti anche per l’operatore,

perché non abbiamo solo loro abbiamo anche il servizio colf e quindi si individua sempre

più anche l’orario in base alla prestazione, nel senso che se è un servizio colf hai un certo

tipo di tempi, se è il bagno si danno altri tempi, si danno cioé dei tempi anche alle

prestazioni...Non diventa più un’assistenza globale alla persona dove vai a vedere un po’

tutto…”,- “…ho un signore che vive in casa con la moglie. Il signore è emiplegico da cinque ann.

Hanno cinque figli che lavorano, sono sposati, alcuni abitano qui altri fuori città.

Vengono da Napoli e, quindi, per loro è impensabile mettere in istituto intanto un

congiunto. Se lo vuole assistere, la signora di fatto si trova da sola perché i figli non

riescono ad aiutarla e chiede molto dai servizi. Noi facciamo anche due passaggi

giornalieri, andiamo al mattino, adesso, lo puliamo, lo cambiamo, lo mettiamo in carrozzina.

Il tutto un’ora che poi vengono cinquanta minuti perché dobbiamo levarci 10 minuti per lo

spostamento da un utente all’altro, poi altro passaggio verso le 12.15 per metterlo a letto,

quindi levarlo dalla carrozzina. Al pomeriggio passano le mie colleghe per fare quello che si

fa al mattino, cambiarlo e metterlo in carrozzina. Alla sera la signora si arrangia a metterlo a

letto perché dovrebbero esserci i figli, ma a volte ci sono a volte no, c’è il paranco

adesso…”.L’eccessiva specializzazione e temporizzazione delle prestazioni, legate a qualifiche e timing, comporta, da un lato, la perdita del bagaglio esperenziale degli operatori, dall’altro, la scotomizzazione dell’intervento in una serie di prestazioni singole in cui viene segnalata l’impossibilità del rapporto con l’utenza e le sue reti prossimali.Questo compito veniva prima svolto dagli obiettori di coscienza:

- “… l’obiettore, vviamente, ha più tempo per una passeggiata, per le piccole cose, quelle

cose che possono sembrare meno importanti ma che lo sono per la vita di tutti i giorni,

allora l’obiettore può arrivarci …”- “ ...adesso con questi limiti nell’utilizzo bisognerà vedere diversamente l’assistenza,

ampliarla …”.Uno dei problemi maggiori per questo ampliamento è costituito dal monte ore settimanale che ogni zona della città ha per garantire il servizio ai propri utenti:

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“… lì dove il servizio richiesto lo possiamo risolvere con l’operatore e con uno o due

passaggi al giorno, con un’ora, due ore, lo risolviamo così e il resto se è possibile

aggiungiamo l’obiettore. In alcuni casi anche diamo risposta solo con l’obiettore e quindi

cerchiamo di giostrarci con le ore e con questo personale che è limitato alle due o tre ore

per ogni giorno”Viene percepita anche la necessità di poter dedicare tempo per i rapporti con le diverse realtà del terzo settore, soprattutto del volontariato, con cui potrebbero essere concordati una serie di interventi che non andrebbero così a pesare sul monte ore. Vi è la consapevolezza che esiste, poi, una difficoltà di fondo nella costituzione di una reale rete di servizi integrati:

“… parlare del caso con anche i volontari che lo stanno vedendo e mettere insieme le varie

informazioni e sinergie che è molto più faticoso. Io devo dire, preferisco affermare i miei

compiti che mettermi insieme a ragionare. Questo vuol dire anche mettere in discussione i

nostri modi di pensare e vedere l’anziano…”.Per quel che riguarda la valutazione dell’anziano, la richiesta, solitamente, viene fatta da un familiare al servizio del Comune. In base a questa si passa ad una fase valutativa per calibrare l’intervento (tipo di prestazioni, numero di operatori, tempo). Viene, poi, segnalato il risultato positivo ottenuto dalla valutazione multidimensionale effettuata dal geriatra e dagli operatori. Infatti, in caso contrario è possibile che:

- “… l’anziano viene visto un’unica volta. Magari in quel momento risponde bene o è

lucido, viene dalla visita geriatrica e dice che va tutto bene, che è autonomo,

autosufficiente, perché magari si è preparato bene per vedere il dottore o la dottoressa…”,- “ Perché magari il dottore fa la sua valutazione che è autosufficiente, poi va l’operatore e

questo non si muove, non fa niente, bisogna che si vada in due”.A questo proposito viene segnalata l’importanza dell’esperienza maturata dagli operatori come contributo alla valutazione:

- “Anche perché noi andiamo tutti i giorni, siamo vicini all’utente, quind,i abbiamo

informazioni più sicure, anche perché le persone, e gli anziani soprattutto, hanno un

comportamento diverso con il medico, con la persona “studiata” diciamo noi”,- “… c’è una professionalità che va rispettata che non è la mia. Sapere se bisogna essere

in due ad alzarlo o da sola… bisogna provare e vedere. Per me alcuni anziani non erano

neanche, non riuscivo neanche a vederli alzati e invece l’operatrice li tirava su con la sua

tecnica, perché la tecnica e la professionalità è sua, per cui anche questo voglio dire è

importante”.A questo proposito viene richiamata la scheda SVUAM, sperimentata a Vicenza e accolta dalla Regione:

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“… unità multi valutative praticamente. Ci si trova medico, assistente sociale e altri

operatori che lavorano per il caso e c’è proprio una scheda da compilare dove c’è una

misurazione delle problematiche emerse… è un metodo di lavoro, dovrebbe essere un

modo di lavorare insieme tra il medico di base e le altre figure professionali avendo degli

strumenti comuni che sono anche cartacei. Dovrebbero essere inseriti anche questi in

rete… c’è una segretaria in questo senso, è dell’ulss, …”.Tra gli operatori dell’ULSS vengono richiamati il fisioterapista e l’infermiere a domicilio,

“operatori che operano al di là della programmazione del sociale. In alcuni casi li attiviamo

anche noi se sappiamo che c’è bisogno da parte dell’anziano di questo servizio, ma in altri

è il medico che segnala questo bisogno, sia l’assistenza programmata che deve essere

autorizzata, sia la fisioterapia per alcuni ..e sia, anche, l’uscita del fisiatra”.Viene richiamata la stretta necessità di un rapporto con questi per i casi comuni.Infine viene segnalata una funzione fondamentale dell’operatore, quella di fornire informazioni. Si sottolinea, infatti come per il cittadino la prima difficoltà sia la conoscenza dei servizi. È questa, infatti, l’informazione di base per avere accesso ai servizi:

“… chi ha l’informazione usufruisce meglio del servizio. L’informazione è potere secondo

me per chi ce l’ha. Noi abbiamo un’informazione che la diamo certamente, non ce la

teniamo per noi, la diamo proprio per aiutare gli altri...”.In questo modo si viene a creare una situazione per cui chi già usufruisce di un servizio, grazie all’operatore, ha accesso a un’altra serie di informazioni (es. la legge per le famiglie di malati di Alzheimer), divenendo un privilegiato. Al contrario chi non ha contatti con i servizi, pur avendone necessità e diritto, potrebbe non trovare risposta non sapendo che cosa chiedere e a chi.Negli ultimi anni è comparsa la figura della badante, con cui gli operatori iniziano ad avere rapporti:

“…dove non c’è più il familiare c’è la badante e,quindi, la relazione è molto spesso con la

badante, nel senso che molto spesso queste badanti hanno bisogno di sostegno perché

sono senza esperienza, non formate. Parlo di quelle che ci sono attualmente. Può darsi

che in futuro la cosa si modifichi. Oggi hanno bisogno comunque, sia per la lingua, di

essere supportate. Abbiamo delle esperienze con operatori che supportano delle badanti,

magari facendo da mediatori culturali: vanno a insegnare dove si trova la farmacia, dove si

va per i servizi, Questa è una nuova realtà che sta venendo avanti. Nnon basta la badante

per coprire il bisogno assistenziale perché la badante attualmente, ripeto, non è formata…”.Viene sottolineata l’importanza di poter contare su personale qualificato, che anche privatamente possa offrire servizi che, spesso, rappresentano per la famiglia un’alternativa alla struttura residenziale.

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Medico

Viene percepita una mancanza di coinvolgimento della figura del medico nella valutazione del caso: “… è che il medico non si fa coinvolgere…soprattutto per un anziano che lo segue da 20 o

30 anni. Dovrebbe avere il polso della situazione non solo sanitario, perché va a casa, fa le

visite- Ho anche avuto delle segnalazioni dal vicinato di persone che vivono nella sporcizia,

non dal medico ma dal vicinato. Al massimo il medico usciva, vedeva la situazione ma non

la considerava assolutamente, non esisteva il problema per lui perché non era quello il suo

compito. Doveva capire se la persona era viva o morta, se sopravviveva…Questo succede

molto spesso. Adesso c’è anche una mentalità di quei medici più attivi a muoversi nel

sociale, però ci sono quelli che per loro quello che ha senso è solo il sanitario. Non vedono

neanche le UOD proprio perché per loro le UOD sono sociale, non c’è niente di sanitario”.La possibilità di un’integrazione tra sociale e sanitario, viene vista come lasciata alla soggettività del singolo medico:

- “Alcuni medici collaborano, abbiamo una corsia preferenziale, ci vedono e ci fanno le

ricette oppure per telefono sono disponibili. Mi sembra che sia sempre meglio da questo

punto di vista con i medici rispetto a qualche anno fa”.- “E’ il risultato anche di questa battaglia che abbiamo portato avanti, perché loro

comunque vedono solo l’aspetto sanitario. Li abbiamo costretti a collaborare perché

l’intervento nostro in qualche modo li costringe a dover prendere contatto con una realtà

che va al di là, ad avere una visione più ampia…, quindi, sono stati costretti. Nel frattempo

c’è chi ha maturato questa visione perché l’ha sentita come un corrispettivo di quella che è

la sua funzione e chi, invece, è rimasto legato proprio alla funzione medica che collabora su

richiesta o limitatamente, come se avessero paura di andare al di là della loro funzione”.Là dove si è instaurata una collaborazione, questa ha portato un valore aggiunto al servizio, permettendo una contaminazione tra sociale e sanitario con uno scambio di informazioni (vedi sopra schede SVUAM):

“ci riuniamo, il medico, il responsabile del distretto e valutiamo se è importante l’intervento

di altre figure per il singolo caso. Nel distretto questi aspetti sicuramente sono presenti”.

Istituzioni

Le istituzioni vengono percepite lontane e con scarsi reali canali di comunicazione.

Comune

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L’intervento del Comune, come da regolamento, copre un campione limitato di anziani. Infatti la priorità è la persona sola, pur non mancando situazioni di supporto in casi di particolare gravità. Tuttavia tra gli operatori vi è la sensazione di una grande fetta di sommerso che non arriva a contatto con il Comune:

“… chi usufruisce del nostro servizio è un privilegiato tra virgolette”.Regione

La Regione viene vista nella sua funzione di regolamentazione e fonte di finanziamento. Si rileva la percezione di una distanza che non permette un dialogo:

“… perché invece noi operiamo nella realtà…”.

RETI QUASI FORMALIAll’interno di queste reti si trovano, per lo più, gruppi cattolici e gruppi di rappresentanza. Viene riconosciuta la loro importanza nella gestione del caso ma si sottolinea come la mancanza di comunicazione sia, invece, fonte di disturbo. Viene auspicata una maggiore collaborazione tra servizi e terzo settore, con la possibilità di inserire tale attività tra quelle previste dalle mansioni di operatore.

Volontariato

Viene sottolineata l’importanza di lavorare con le reti di volontariato tenendo rapporti con queste. Esiste, però, una difficoltà nel coordinamento:

“… non capiscono neanche quello che facciamo noi, come lavoriamo. Delle volte sono un

elemento di disturbo perché danno delle informazioni sbagliate, sì creano delle aspettative

che non sono…Non c’è contatto con noi e invece ci vorrebbe veramente più collegamenti

anche con il gruppo di volontariato … quindi ci dovrebbe essere proprio un collegamento

come si faceva con il gruppo di volontariato della parrocchia. Adesso abbiamo un po’ perso

questi collegamenti e tante volte sono di disturbo per il nostro lavoro, ma non perché noi

pensiamo di essere più brave di loro ma per le difficoltà del collegamento perché non ci

sono le informazioni adeguate…”. La mancanza di coordinamento viene imputata anche alla mancanza di tempo che può essere solo impiegato per la prestazione e non per mantenere contatti con altre figure come i volontari.

Associazionismo

Nel corso dell’incontro le associazioni vengono nominate in due casi. Nel primo per un corso di formazione per l’apertura di un numero verde e nel secondo per un corso di formazione rivolto alle badanti. L’associazionismo

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appare occupare un ruolo sempre più strutturato all’interno dei servizi, anche se i contatti appaiono occasionali.

RETI INFORMALILe reti informali, anche se presenti, risultano deboli. Questo viene attribuito al tipo di relazioni che si instaurano nel tessuto urbano e alle trasformazioni della famiglia. In alcuni casi permane la tendenza a tenere l’anziano in casa ma, questo, si scontra con il fatto che i figli molto spesso non vivono più in città o comunque lavorano. Da segnalare la rottura dell’ultimo legame affettivo/sentimentale nel caso di coppie in cui uno dei coniugi diventi non-autosufficiente perché non potranno permanere nella stessa struttura.

Parentali

L’anziano viene descritto come donna sola:“Uno dei problemi più grossi è la solitudine delle persone .La maggioranza poi che arriva

avanti con gli anni spesso sono donne, che, a loro volta,hanno assistito il marito o i genitori.

E’, quindi, una donna che ha fatto anche lei assistenza e quindi è logorata, però è sola

molto spesso e di età avanzata. Ecco questa è una delle problematiche in cui si riflette la

realtà di figli non più in città… le difficoltà della rete parentale , la distanza tra parenti che

non vivere più insieme, il fatto che lavorano tutti…”.La solitudine viene vista come conseguenza della disgregazione della famiglia tradizionale ma, anche, come presenza sempre maggiore di anziani senza figli. Infatti una problematica emergente è quella delle coppie anziane senza figli in cui uno dei coniugi sia non autosufficiente:

“…è capitato alcune volte di seguire coppie marito e moglie, il marito non autosufficiente o

la moglie non autosufficiente e invece l’altro partner autosufficiente. Uno dei due doveva

andare in istituto, perché gli istituti sono o per non autosufficiente o per autosufficiente. Mi è

capitato per due o tre coppie. Dividere queste coppie é una cosa straziante: non possono

andare assieme, perché tutti e due devono essere tutelati. Quindi vengono divisi

comunque, sia che restino a casa sia che vadano in una struttura. E’ una cosa terribile per

le coppie dividerle in questo modo, non c’è una struttura per mettere una coppia…”.

Vicinato

Dall’incontro, pur mantenendo un pessimismo di fondo

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“ho visto la differenza proprio del tessuto del territorio, cioè una realtà dove in paese c’è

ancora un tessuto di relazioni familiari e di vicinato che tiene. Invece, per quanto riguarda la

città di Vicenza appunto la persona anziana è spesso anche sola a tutti gli effetti…”, emerge comunque la presenza di una rete di vicinato, sia per quanto riguarda la segnalazione dei casi sia, soprattutto, per quanto riguarda l’assistenza.

II FASE (Febbraio 04)

L'attenzione, durante l'incontro, viene mantenuta sui cambiamenti appena avvenuti nell'accesso e nell'erogazione dei servizi. Si nota una netta distinzione tra Istituzioni e altre reti: operatori, utenza, familiari di utenti vengono visti come soggetti passivi che subiscono il cambiamento più che appartenenti ad una rete integrata in cui l'utenza e la ricaduta dell'intervento sul territorio siano parte integrante del momento progettuale e normativo.

RETI FORMALINon viene percepita l'esistenza di una rete ma un rapporto gerarchico tra momento progettuale, di indirizzo, e momento operativo. La percezione che se ne ricava è di una situazione in cui il cambiamento viene percepito dall'operatore come estraneo alle necessità dell'intervento reale e causa di aggravio del lavoro di assistenza, che si viene ad occupare anche della parte burocratica a causa della mancanza, in molti casi, di una rete parentale che possa farsene carico.

Servizi

In questo incontro l'attenzione rispetto ai servizi è rivolta esclusivamente alle variazioni avvenute. Si rileva una diminuzione delle persone che hanno accesso ai servizi, una diminuzione della qualità a causa del taglio di alcuni servizi che avevano una ricaduta positiva nella creazione di una serie di rapporti personali per l'anziano. Si rileva anche un mutamento nelle finalità dell'intervento, che in alcuni casi è oramai affiancato dalla figura della badante. Si rileva anche una diminuzione nel servizio infermieristico e medico.

Operatori

Rispetto all'incontro dell'anno precedente, viene segnalato un cambiamento nel servizio, sia per quanto riguarda i filtri di accesso sia per quanto riguarda la prestazione, con la comparsa della badante16:

“Beh, io riflettevo anche la settimana scorsa un po’ sull’assistenza domiciliare. A parte che

ci sono stati delle restrizioni… il nostro servizio, che già risponde con riduzione dell’orario

,considerando che già sono pochissime le ore, mi sembra stia accompagnando 16 In appendice vengono proposti tre documenti sulla situazione delle badanti nel Veneto

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ultimamente le persone in alcune fasce del momento critico della loro vita. In particolare si

tratta di una fascia che va tra una perdita iniziale di autonomia a una semi auto-sufficienza

finché la persona non ha bisogno di un’ assistenza continuativa o comunque più massiccia.

Io sto notando, che i casi che seguiamo anche da anni in zona non li lasciamo all’istituto,

come succedeva sette, otto anni fa, o cinque anni fa o quattro anni fa, ma li affidiamo a una

badante. Questo è il percorso e, in alcuni casi dove ci sono anche dei familiari, è un

percorso anche di accompagnamento iniziale della badante.

Siccome la badante molto spesso cambia, non è continuativa, c’è un addestramento anche

di questa figura, che magari arriva qui assolutamente impreparata.

Probabilmente in futuro sarà diverso. In altre realtà so che le stanno preparando, le

preparano in loco con l’aiuto di cooperative che le seguono fin da quando arrivano. Da noi,

a Vicenza, questo servizio non c’è mentre, invece, siamo di fronte a tutto un mercato

sommerso.”

Soprattutto le variazioni negli indici per l'accesso ai servizi ha comportato un aggravio nei compiti degli operatori, per aiutare gli utenti anziani, spesso soli come si è visto, a orientarsi tra le nuove pratiche burocratiche richieste. In questa maniera l'operatore si è trovato in una posizione di tramite tra il Comune, per cui gli operatori lavorano, e l'utenza che l'operatore stesso segue:

- “Si fa da tramite in alcune situazioni ma deve essere l’anziano a documentare il proprio

reddito, deve essere lui a firmare quello che dichiara, quindi, non può essere un operatore

voglio dire...”.

“Si, si beh quello si c’è proprio a livello fisico…E’ ll’operatore che si deve incaricare di fare

tutte queste cose, è logico che l’anziano, poi, firma!”

Viene lamentata anche una riduzione del servizio offerto:“Differenze invece, di un servizio che dovrebbe essere molto più ampio, sia nelle ore, sia

nella disponibilità degli operatori etc. che non possiamo più fare!”

Un esempio riportato è il servizio di trasporto comunale la cui riduzione ha avuto ricadute anche sulla qualità dell'assistenza:

“Da noi invece, nell’ambito della nostra zona avendo il centro diurno, probabilmente anche

più facilmente accessibile, si sfruttava molto questa risorsa. Però persone semi auto-

sufficienti e alcuni (pochissimi) non auto-sufficienti con un grado di disabilità tale da essere

considerati un po’ più autonomi rispetto alla non auto-sufficienza classica, non potevano

usufruire del servizio. La maggior parte di questi utenti si servivano moltissimo del servizio

del trasporto del comune così come molti anziani se pur auto-sufficienti. Sono, quindi,

persone che hanno delle difficoltà legate all’età e legate anche alla situazione fisica e

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sanitaria. Per cui si è sempre data la disponibilità, da parte del Comune, a utilizzare dei

trasporti per agevolare la frequentazione di questo servizio, anche perché poi dava la

disponibilità di consumare i pasti, all’interno del servizio stesso, oltre a essere un centro

propositivo di gite, di incontri, di giochi, di socializzazione etci E’, questo, un servizio

veramente importante, perché in qualche modo ti costringe, tra virgolette, a portar fuori

l’anziano, a farlo uscire fuori di casa, quindi a evitare situazioni di solitudine e poter

frequentare un posto dove stare con gli altri. Questo centro diurno era veramente un posto

di aggregazione e di socializzazione per molti, però facilitato proprio dal trasporto. Secondo

me il trasporto era l’elemento trainante e convincente e permetteva anche gli anziani

titubanti di accettare, per lo meno di conoscere il servizio, di valutare etc. e da lì veniva fuori

un bel numero di persone anziane che in qualche modo, convinte da noi, convinte,

ovviamente, dagli operatori che andavano a casa la mattina a lavarli, vestirli e poi aiutati ad

andare. Adesso che non c’è più il servizio del trasporto, diciamo in qualche modo si è

veramente negato questo utilizzo di questo servizio e anche lo sviluppo di un servizio in

questo senso, per cui mi sembra di capire che parliamo tanto della solitudine dell’anziano,

della depressione etc., però forse non si favorisce per niente, o molto poco la possibilità di

andare fuori”.

Istituzioni

Vista la tipologia di operatori presenti, l'attenzione maggiore è rivolta verso il Comune, di cui gli operatori sono dipendenti. Traspare un senso di estraneità alle decisioni prese a livello istituzionale, che cadono dall'alto senza coinvolgere gli operatori nel momento decisionale.

Comune

Il Comune viene visto nel momento del cambiamento con tutte le difficoltà organizzative che questo comporta. Vengono segnalate delle difficoltà per le persone sole nel presentare la documentazione richiesta per il passaggio dall'autocertificazione ai calcoli tramite il modelli ISE:

“Comunque tra l’altro il Comune di Vicenza non ha costituito all’interno una struttura che fa

il calcolo. Si è servita dei patronati, del CAF insomma, l’esterno. Quindi c’è già un disagio,

ma questo quando c’è un cambiamento, penso, si crea sempre un disagio grosso che è

quindi anche arrivare a produrre questo tipo di documentazione, che per molte persone

sole, senza relazioni parentali non è una cosa semplice, primo responso, quindi estrema

difficoltà, ...”.

54

Page 55: Terzo Settore E Networking

In questa situazione l'operatore, come dipendente del Comune, rappresenta una risorsa aggiuntiva per l'anziano seguito, in quanto viene informato e aiutato nell'espletamento delle pratiche:

“E in effetti ce l’hai, perché nel momento in cui lavori, rappresenti il Comune, no? E, allora,

hai sia per l’anziano e anche per le possibilità di rapportarti con noi... quindi … maggiore

difficoltà di svolgere determinati compiti o mansioni rispetto a una persona che va lì

privatamente, a fare soltanto altri compiti… per cui effettivamente il ruolo diventa molto più

importante rispetto a quello di una qualsiasi altra persona privata”.

Regione

La Regione viene vista nella sua funzione di progettazione e distribuzione di contributi alla famiglia (Legge 5 sull'Alzheimer e contributo perle badanti, ecc.).

RETI QUASI FORMALIViene richiamata la necessità di un coordinamento tra servizi e volontariato, coordinamento che dovrebbe essere contemplato nel Piano di zona, su cui si basano le aspettative degli operatori:

“Vediamo se i Piani di Zona fanno questo tipo di sinergie diciamo tra operatori, gruppi di

volontariato e associazioni “!

RETI INFORMALILe reti informali (parentali e di vicinato), pur trattandosi di un ambito urbano, sono presenti:

“...nel rapporto, anche con le relazioni, più che di vicinanza, più col volontariato, con il

vicinato, perché da noi vengono ancora segnalati i casi dal vicinato, dal volontariato.

Vicenza,pur essendo, una città grossissima ci sono queste segnalazioni. Voglio dire, non è

che solo il parente viene a segnalarci il caso, ecco ...”.Si acuiscono i problemi economici a cui la famiglia deve far fronte e a cui si risponde con agevolazioni e contributi economici e/o fiscali:

“Comunque l’aspetto economico è uno degli aspetti che è peggiorato, chiaramente! Oggi

penso che non solo la categoria degli anziani, ma un po’ tutti, stiamo misurando disagilegati

all’aumento dei costi di gestione familiare: diciamo le bollette, la luce…La difficoltà di far

quadrare il bilancio penso che sia veramente sentita, avvertita... contro invece le

ristrettezze, le difficoltà per arrivare a dare un’ assistenza economica da parte del comune,

da parte degli enti, da parte delle stesse aziende. Insomma delle agevolazioni anche per la

famiglia al di là dell’anziano”.

55

Page 56: Terzo Settore E Networking

UTENTI

ELEMENTI STRUTTURALI ED ELEMENTI CONTINGENTI EMERSIGli elementi strutturali emersi dagli incontri con le rappresentanze di utenti riguardano, particolarmente, il cattivo utilizzo delle risorse presenti. Queste risorse, considerate “finite”, non risultano integrate sul territorio portando ad un ricorso sempre maggiore a strutture residenziali, costose per la comunità e deleterie per l’anziano. L’attenzione dei partecipanti non è, però, solo rivolto all’anziano in difficoltà, ma viene evidenziata anche la necessità di organizzare attività per anziani autosufficienti che spesso vivono una situazione di isolamento culturale e affettivo. Una delle richieste più presenti è di essere maggiormente coinvolti nelle scelte istituzionali. Viene richiamata la “Consulta degli Anziani” a cui, però, viene riconosciuto una mera funzione simbolica, al di fuori delle possibilità di intervenire sulle scelte dell’Amministrazione. Viene anche reclamata una maggiore formazione degli operatori.L’attenzione del gruppo di discussione è centrata soprattutto sulle necessità di coordinamento e integrazione tra i diversi attori: pubblico, privato, privato sociale, cooperazione e volontariato. L’integrazione dovrebbe avere una caratteristica di trasparenza verso l’utenza, con un potenziamento delle capacità informative e di sensibilizzazione.Il discorso richiama, quindi, costantemente la necessità di consolidare una rete sociale attorno all’anziano, visto non come disabile ma come persona nella complessità dei suoi bisogni. Infatti, le richieste non riguardano solo l’assistenza domiciliare continuativa ma anche la necessità di assistenza temporanea dopo ricoveri ospedalieri, la possibilità di incontrarsi in luoghi pubblici e tutto ciò che ruota attorno alla figura dell’anziano attivo, non peso ma risorsa per il territorio e la comunità.Interessante quanto emerso nell'intervista in relazione a quelli che definiamo elementi strutturali: viene segnalata una scarsa, se non nulla, attitudine, nella città di Vicenza, alla partecipazione attiva. Vi è ancora, solamente,la presenza di richiesta di servizi, anche da parte di autosufficienti, ma un'assoluta indifferenza verso l'ambito sociale. Per questo viene segnalata la necessità di un intervento capillare nel territorio.Tra gli elementi contingenti, anche qui, troviamo il richiamo al cambiamento in atto nell'are dei servizi e alla scarsità delle risorse, indicate come finite. Anche in questo caso la richiesta è di un maggiore coinvolgimento di tutti i soggetti, che hanno in una qualche misura titolarità nell'intervento, nella programmazione.

56

Page 57: Terzo Settore E Networking

I FASE (Marzo 03)

Si rileva la necessità di giungere a un reale sistema di servizi in rete, che possa coinvolgere tutti i soggetti coinvolti. Vengono segnalate forme iniziali di confronto che i rappresentanti degli utenti, però, non percepiscono come occasioni di confronto reale. L'attenzione viene indirizzata anche verso la necessità di un miglioramento della formazione del personale (istituzionale, privato, volontario) spesso, fino ad ora, nell'impossibilità di trovare altri impieghi, di fronte, anche, a un sommerso non quantificabile dai partecipanti all'incontro ma consistente. Viene indicata, anche, come priorità, la necessità di un maggior confronto tra chi opera nel territorio, al di là dell'ente di appartenenza. Questo momento viene visto come fondamentale per poter veramente iniziare a parlare di servizi in rete.

RETI FORMALINon viene percepita l'esistenza di una rete ma un insieme di funzioni svolte separatamente. Vi è un problema di comunicazione sia tra le diverse figure che hanno la titolarità degli interventi, sia tra queste e le Istituzioni, con una grave perdita di informazioni circa le reali necessità del territorio.

Servizi

Non viene percepita una reale integrazione tra i diversi servizi offerti e tra i diversi soggetti che ne hanno titolarità. Inoltre, parlando di qualità, si fa notare che le condizioni contrattuali degli operatori (operatori domiciliari, infermieri domiciliare, personale delle case di cura, ...) risultano scarsamente attrattive, per cui anche la formazione del personale che opera non sempre è adeguata.

Operatori

Il primo problema sollevato riguarda l'assistenza domiciliare:“Un punto centrale è, per esempio, l’assistenza domiciliare integrata che è pochissimo

presente anche a Vicenza. Abbiamo molte volte più che l’assistenza domiciliare integrata,

l’assistenza domiciliare scarsa, frazionata. Io ritengo qualche volta anche inutile, perché un

operatore che può dedicare un’ora alla settimana serve poco. Non sono, ovviamente,

risorse sprecate, ma certamente non si porta a casa l’obiettivo che ci si prefigge rispetto al

mantenimento anche dell’autonomia funzionale perché le persone soprattutto molto

57

Page 58: Terzo Settore E Networking

anziane devono essere in grado poi di vestirsi da sole, mangiare da sole e fare una vita il

più possibile normale”.Quindi, l'operatore viene vista come una risorsa non pienamente valorizzata:

“... gli operatori devono avere la possibilità di confrontare le esperienze. Il fatto che molti

operatori non sono in grado di parlarsi è gravissimo, perché tu perdi capacità, risorse, perdi

anche un lavoro d’équipe che deve essere fatto”.Come luogo privilegiato di confronto tra tutti i soggetti che operano nell'area anziani, viene posto il livello della Consulta degli Anziani del Comune di Vicenza, anche per coordinare le attività degli operatori pubblici con quelli del Terzo Settore:

- “ abbiamo anche a Vicenza una forte presenza, perché in questi anni è molto avanzata,

della cooperazione sociale che è un fatto positivo, cioè il cosiddetto terzo settore si è molto

sviluppato”,- “ ... se a livello di Consulta Anziani del Comune di Vicenza si costituisce una sede di

partecipazione, dibattito, discussione con le associazioni, con i sindacati. Anche questo

favorisce rapporti anche con gli operatori, con il terzo settore …”.Viene riconosciuta l'importanza del lavoro degli operatori

“ … che spesso si fanno carico di pesi tremendi, di situazioni altrimenti irrisolvibili” e dell'assistenza domiciliare come alternativa alla “casa di riposo”, soluzione più dispendiosa che potrebbe risultare insostenibile per gli anziani e le loro famiglie.Il richiamo alla necessità di un servizio di qualità posta l'attenzione anche sulle condizioni di lavoro degli operatori stessi:

“Perché giustamente se io voglio avere un servizio di qualità non posso pagare il personale

a 400 euro al mese come succede ancora in Veneto o al personale di certe cooperative che

non hanno nessun diritto, che lavorano in nero, oppure sfruttando gli immigrati. È vero che

il servizio mi costa meno ma che qualità di servizio do in questa situazione? E le risorse

non sono infinite, dunque bisogna utilizzare molto bene quello che abbiamo”.

Medico

Viene evidenziata la necessità di integrare l'intervento del medico di base con tutte le altre figure di operatore. Come strumento privilegiato per giungere a questo viene indicato il Piano di Zona attraverso cui giungere a cambiamenti strutturali a livello distrettuale:

“... nel senso che non è un’altra struttura e, quindi altri costi, perché è un personale che già

c’è. Si tratta di come questo lavoro viene coordinato rispetto al bisogno che c’è nel

territorio”.

58

Page 59: Terzo Settore E Networking

Infermiere

La centralità del servizio di assistenza infermieristica domiciliare viene posta come seria alternativa al ricovero a cui spesso le famiglie ricorrono non potendo avere a disposizione un'assistenza domiciliare 24 ore su 24:

“Se non c’è una rete di servizi in casa, in casi come questi (che potrebbe essere tra l’latro

un recupero di risorse finanziarie, perché non si occupa un posto all’ospedale o in una casa

di riposo dove i costi sono maggiori) con l’infermiere professionale…è ovvio che non ce la

si può fare ed è ovvio che si ricorra ad istituti per queste persone. Se non ci sono altre

alternative, per 24 ore al giorno l’assistenza familiare a casa non si può fare”.Anche nel caso degli infermieri viene sottolineato come la richiesta di qualità del servizio non vada di pari passo con il salario percepito, soprattutto nei centri residenziali:

“Ora una struttura che diventa così colossale con poco personale, perché il personale

scappa perché i contratti di questo personale differenziano di molto dai contratti degli

infermieri degli ospedali. Se penso che una infermiera è incinta e rimane a casa è chiaro

che non ha lo stesso trattamento dell’infermiera che è all’ospedale”.

Istituzioni

Le istituzioni in genere vengono percepite come distanti, con un'insufficiente collegamento con il territorio e con chi vi opera. Le diverse opportunità di confronto (Piano di zona, Consulta degli Anziani, ...) non vengono percepite al pieno delle loro possibilità nella funzione di programmazione, indirizzo e coordinamento dei servizi.

Comune

Il Comune viene visto come responsabile dell'assistenza domiciliare e viene descritto come in difficoltà a causa del cattivo funzionamento dei servizi:

“... la carenza dei servizi è gravissima e quindi questo vuol dire non soloprodurre più

difficoltà per gli anziani ma anche mettere in difficoltà le istituzioni: il Comune per

l’assistenza, le case di riposo che hanno liste di attesa tremende ma anche l’ulss, gli

operatori dei servizi ...”.La centralità del Comune, per la realizzazione di un reale modello di servizi integrati, viene posta all'interno della Consulta degli Anziani e al Piano di Zona, intesi come strumenti per giungere ad una programmazione, operativa e di indirizzo, condivise.

59

Page 60: Terzo Settore E Networking

Regione

Rispetto alla legge regionale, si fa notare che i Piani di Zona faticano a divenire “dei progetti”. Questo viene fatto risalire anche a

- “ una carenza di programmazione regionale” con una conseguente mancanza di

indicazioni ai territori, …alla conferenza dei sindaci e poi a tutta la rete dei servizi

complessivi”.

- “ O tu fai programmazione, progetti, partendo dal bisogno e quindi sai cosa hai nei tuoi

territori, altrimenti si rischia di dare risposte che intanto non sono collegate fra loro e magari

non è quello di cui ha bisogno la popolazione, sprecando risorse pubbliche.”

RETI QUASI FORMALINella città di Vicenza l'area del Terzo Settore, negli ultimi anni, ha subito un forte incremento. Tuttavia si lamenta che tali attività siano poco conosciute e per nulla integrate. Un ulteriore problema viene rappresentato dalla formazione professionale delle diverse figure che operano in questo settore. Viene anche segnalata un crisi attuale del volontariato, crisi che potrebbe essere superata puntando su una nuova forma di cooperazione nel territorio, una volontariato etico, in cui siano altri anziani a farsi carico delle necessità degli utenti, anche stimolando e rendendo reale il confronto con le istituzioni per incrementare il senso di partecipazione alla comunità

Volontariato

Il volontariato viene indicato come una delle risorse maggiori da incentivare ulteriormente. Si sottolinea anche la necessità di avere un volontariato organizzato e integrato nella rete di servizi:

“... Che sia un volontariato organizzato perché non si può pensare che io lavoro per un’ora

al giorno e poi domani decido un’altra cosa e non ci sono più. Si devono organizzare anche

queste cose perché anche questo tipo di servizio che può essere un auto aiuto secondo me

non é né governato né tanto meno incentivato, tranne associazioni che esistono, che ci

sono, ma sono almeno per la mia esperienza, legata alla città di Vicenza, poco conosciute

oppure molto isolate e non dentro la rete dei servizi”.Esiste, per il volontariato, tutta una serie di servizi alla persona che spesso sono scoperti ma che rappresentano anche elementi essenziali per la possibilità dell'anziano di non essere ricoverato:

60

Page 61: Terzo Settore E Networking

“ Conosco delle associazioni che si mettono a disposizione degli anziani per fare la spesa,

per andare ad una visita medica ma sono realtà anche poco conosciute, se vogliamo. Cioè

questo fatto del volontariato, di la documentazione di queste esperienze, non sono né

dentro la banca dati, tanto meno dentro la rete. Io credo che anche questo potrebbe essere

un servizio estremamente importante per gli anziani”.

Il volontariato viene posto come un tassello importante nella crescita civile:“... la Consulta è nata perché l’amministrazione, la giunta si è impegnata a sentire le varie

associazioni che fanno parte della consulta comunale degli anziani, perché attraverso la

consultazione si interpella, si sente, si riconoscono i bisogni e si danno anche delle risposte

che sono adeguate ai bisogni stessi. Ora questo passo di una partecipazione che non è

direttamente attiva ma è indiretta a quella che è la cosa pubblica, ritengo che sia una delle

espressioni più alte di un certo tipo di volontariato perché è partecipare alla cosa pubblica

con tutte quelle risorse che la persona ha e che provengono anche dall’esperienza sul

campo”.Viene posta anche la questione di una possibile crisi del volontariato che si trova in un punto di trasformazione:

“... è anche urgente per me che l’anziano aiuti l’anziano e perciò un certo rapporto di

volontariato che diventa solidarietà, partecipazione, condivisione fra anziani”.

Associazionismo

Viene rilevata la presenza in città di associazioni che svolgono diverse mansioni importanti, anche se poco conosciute e non in rete con gli altri servizi. Una questione non secondaria che viene posta è la formazione professionale posseduta da queste e che ha una ricaduta sul tipo di intervento, che non sempre si rileva utile:

- “... certi tipi di associazione che in un certo qual modo drogano l’anziano, lo drogano

attraverso iniziative che si limitano ad essere solamente ricreative e neanche culturali. Tutta

l’attività viene limitata al gioco della tombola. Queste, non hanno un minimo di riguardo alla

prevenzione…Anche la signora accennava alla prevenzione, ma con le associazioni che

mirano a determinati giochi e nello stesso tempo solo a mangiare, niente da fare.

Si fa ben presto a parlare della salute ma è necessario che le associazioni devono aiutare a

comprendere quali siano i bisogni adeguati e a non dare sempre risposte a tutto. Ad un

certo momento l’anziano diventa come un bambino e diventa ingordo”.

61

Page 62: Terzo Settore E Networking

- “Le associazioni che non tengono conto di aiutare, di educare e di sviluppare perché

l’intelligenza della persona ha sempre la possibilità di essere aiutata e sviluppata,

favoriscono anche queste cose”.In ultimo viene auspicato, come per il volontariato, una variazione di indirizzo:

“... l’anziano che aiuta l’anziano, le associazioni degli anziani che devono aiutare l’anziano

attraverso un discorso di cultura, di informazione, di aggiornamento”.

Cooperazione

Viene rilevato il grande incremento che, negli ultimi anni, ha avuto la cooperazione sociale a Vicenza. Tuttavia, a fronte di questo aumento manca ancora un reale coordinamento. Inoltre viene sollevata la questione relativa alla professionalità degli operatori sociali delle cooperative legata sia alla forma contrattuale che alla formazione professionale.

RETI INFORMALINel corso dell'incontro si fa riferimento esclusivamente alle reti parentali, mentre non vengono prese in considerazione reti amicali o di vicinato.

Parentali

La famiglia viene segnalata, primariamente, come mancante: spesso ci si trova di fronte ad anziani senza più famiglia, per cui l'assistenza domiciliare diviene fondamentale:

“... se esci dall’ospedale sei solo, non hai una famiglia e nessuno ti può venire ad aiutare.

Manca veramente questa assistenza domiciliare integrata. Siamo ancora non direi all’anno

zero ma non siamo arrivati ancora all’anno uno”.Tuttavia, anche in presenza di una famiglia, la comparsa di malattie degenerative, comporta pesanti difficoltà per questa non essendo in grado di gestire, tendenzialmente, situazioni complesse e di emergenza. Inoltre, viene evidenziato come in presenza di famiglie con opportunità economiche, spesso ci si trova di fronte ad anziani ricoverati per l'impossibilità, o la difficoltà, a reperire personale preparato.

II FASE (Marzo 04)17

Rispetto all'anno precedente la situazione è variata, “... è cambiata in peggio, in quanto sono diminuite le possibilità di avere aiuti...”.

17 In questo caso non si è trattato di un focus-group ma di un'intervista ad un singolo, per motivi organizzati,dopo altri rinvii, l'appuntamento è caduto nella settimana pasquale e gli invitati non si sono presentati. Viene lo stesso presentato anche se sotto forma di sintesi.

62

Page 63: Terzo Settore E Networking

A fronte di ciò, il tentativo è di incrementare il mutuo-auto aiuto, anche come forma di partecipazione degli anziani autosufficienti. L'attenzione, infatti,viene posta anche sulla presenza di anziani autosufficienti che potrebbero essere una risorsa per il territorio. Tuttavia, a fronte di una richiesta di iniziative rivolte a questo target, non si ha un riscontro uguale di partecipazione:

“Però …..questa, no? se noi cerchiamo di fare passare questa mentalità, credo che daremo

un grosso beneficio alla società tutta. Non so se siete d’accordo su questo però, ecco, è

una visione più mia che sindacale, ma io in questo periodo ho insistito. A Vicenza, ad

esempio, non si riesce ad organizzare una gita: va bene che ci sono le parrocchie, ci sono,

ma fai fatica a fare 50 persone in tutta la città, come anziani per portarli fuori un giorno”.Ciò che viene indicato è la necessità di un mutamento culturale, infatti si fa notare come la popolazione anziana, pur non partecipando ad attività associativa, sia attratta da vendite promozionali dedicate (viene portato l'esempio di un apparecchio per la misurazione della pressione); ecco che la riflessione può partire anche da questo punto, ossia, si tratta di una questione di marketing (ben strutturato nel caso delle vendite e abbozzato nel sociale) oppure ci si trova di fronte ad un gap culturale, per cui l'interesse per la cura rimane ristretto all'ambito familiare?

“Qui a Vicenza, solo noi abbiamo fatto delle assemblee ...con tutte e tre le

confederazionima non viene nessuno, non vengono! Vengono per i servizi in continuazione

e ti vengono a chiedere le cose più impensabili, però poi quando li chiami gli dici: venite che

facciamo l’assemblea magari gli offri anche da bere, fai un rinfresco poi alla fine, mica

vengono eh!…..in tre, quattro persone, perché hanno dei bisogni particolari, ne approfittano

perché vai proprio vicino a casa loro. Solo in sede è sempre pieno e vengono a chiedere le

cose più disparate ...”.

63

Page 64: Terzo Settore E Networking

DIPENDENZE

Tossicodipendenza

Confronto con il dato nazionaleL’andamento dei tossicodipendenti in trattamento presso la ASL6 segue quello nazionale, ciò è meglio visibile raffrontando i dati all’interno del seguente grafico logaritmico

Confronto anddam ento toss icodipe nde nti 1992-1999

1

10

100

1000

10000

100000

1000000

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

VenetoUSL6Totale Italia

Figura 8Considerando il numero assoluto18 il Veneto si colloca al sesto posto come numero di tossicodipendenti in trattamento19, con il 7,66% della popolazione nazionale. Nello stesso periodo presso la USL6 (escluso distretto sud) sono in trattamento 800 casi, pari al 9,84% della popolazione tossicodipendente in trattamento in Veneto. Di questi il 50,12% nella sola città di Vicenza.

Regioni Tossicod.Valle D'Aosta 215

Molise 385Basilicata 636

Trentino A.A. 1558Umbria 1604

Friuli V.G. 1621Marche 2031

18 I dati raffrontabili considerano il 199919 Somma di soggetti in trattamento presso strutture pubbliche e private

64

Page 65: Terzo Settore E Networking

Abruzzo 2343Calabria 2446

Sardegna 4448Liguria 4685Sicilia 5481

Campania 7213Lazio 7900

Veneto 8127E. Romagna 8670

Toscana 9137Puglia 9279

Piemonte 11119Lombardia 17162Totale Italia 106071

Calcolando il numero di tossicodipendenti in trattamento ogni 100.000 abitanti, risulta che il Veneto si colloca al decimo posto con 181,1 tossicodipendenti in trattamento per 100.000 abitanti.In questo caso si nota, invece che il numero riguardante la USL6 è di 313,18 e, per quanto riguarda il solo Comune di Vicenza è di 358,16, ponendosi ben al disopra della media nazionale di 230,95.

regione toss*100.000Liguria 287,0338

Sardegna 268,9011Piemonte 259,3237Toscana 258,9599Puglia 227,0794

Emilia Romagna 218,9723Umbria 192,678

Lombardia 190,0807Abruzzo 183,4984Veneto 181,1042

Valle D'Aosta 179,2412Trentino Alto Adige 167,6704

Lazio 150,3357Marche 139,5988

Friuli Venezia Giulia

136,9836

Campania 124,5346Calabria 118,4852Molise 117,122Sicilia 107,5128

Basilicata 104,794ITALIA 230,9504

Il dato è meglio raffrontabile nel grafico seguente

65

Page 66: Terzo Settore E Networking

ASL6

V ice nza

Ve neto

ITALIA

0

50

100

150

200

250

300

350

400

ASL6

Vicenza

Veneto

ITALIA

ASL6 313,1801882

Vicenza 358,1668289

Veneto 181,1041934

ITALIA 230,9503906

tossicodipendenti in trattamento ogni 100.000 abitanti

Tossicodipendenti in carico ULS 6Osserviamo, ora, l’andamento del fenomeno dal 1997 al 2001 per VicenzaTabella 15

strutture pubbliche

strutture privatestrutture private e

pubblicheasl vicenza asl vicenza asl vicenza

1997 239,70 248,30 50,34 56,39 290,04 304,691998 245,19 265,01 33,22 45,97 278,41 310,981999 254,85 277,78 58,33 80,39 313,18 358,172000 284,18 271,73 37,61 49,57 321,78 321,302001 268,28 273,50 36,83 52,22 305,11 325,72

66

Page 67: Terzo Settore E Networking

tos s icodipe nde nti ogni 100.000 ab itanti s tru tture pubbliche

210,00

220,00

230,00

240,00

250,00

260,00

270,00

280,00

290,00

1997 1998 1999 2000 2001

asl

vicenza

Figura 9

tos s icodipe ndenti in car ico ogni 100.000 abitanti s trutture pr ivate

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

80,00

90,00

1997 1998 1999 2000 2001

asl

vicenza

Figura 10

67

Page 68: Terzo Settore E Networking

tos s icodipe ndenti in car ico s u 100.000 abitanti pubbl. e pr iv.

0,00

50,00

100,00

150,00

200,00

250,00

300,00

350,00

400,00

1997 1998 1999 2000 2001

asl

vicenza

Figura 11

Osservando le differenze percentuali tra strutture pubbliche e private, si rileva che negli ultimi due anni è cresciuta, soprattutto nell’interland, la presa in carico per quanto riguarda le strutture pubbliche, mentre è diminuito il ricorso a strutture private.

strutture private e pubbliche strutture pubbliche strutture privateasl vicenza asl vicenza asl vicenza

1997 -3,87 -6,01 -7,25 -7,10 16,35 -0,911998 -7,72 -4,07 -5,13 -0,84 -23,22 -19,221999 3,80 10,49 -1,39 3,93 34,82 41,262000 6,65 -0,89 9,96 1,67 -13,07 -12,892001 1,13 0,48 3,81 2,33 -14,88 -8,24 Tabella 16. Differenze percentuali

Passiamo ora da analizzare il tasso di tossicodipendenti in carico al Ser.T. di Vicenza20, suddividendolo per fasce di età (nei grafici viene raffigurata anche la linea di tendenza con il colore nero).

20 I dati si rifersicono all’intera area dell’ULSS 6, esclusa la Zona sud

68

Page 69: Terzo Settore E Networking

69

TOSSICODIPENDENTI IN TRATTAMENTO AL SERT 20-24 ANNI (OGNI 1000 AB.)

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

9,00

10,00

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

TOSSICODIPENDENTI IN TRATTAMENTO AL SERT 30-34 ANNI (OGNI 1000 AB.)

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

9,00

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Figura 12

Figura 13

Page 70: Terzo Settore E Networking

Figura 14

Figura 15

70

TOSSICODIPENDENTI IN TRATTAMENTO AL SERT 35-39 ANNI (OGNI 1000 AB.)

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

TOSSICODIPENDENTI IN TRATTAMENTO AL SERT > 40 ANNI (OGNI 1000 AB.)

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Page 71: Terzo Settore E Networking

Dai grafici risulta che l’incremento maggiore si è auto per la fascia 16-19 anni e per le fasce oltre i 30 anni, con un impennata oltre i 35. La fascia più preoccupante risulta quella più bassa, in quanto con l'aumento delle prese in carico. Purtroppo ci mancano i dati relativi alla motivazione della presa in carico (segnalazione dell’autorità giudiziaria, spontanea,…) e alla sostanza assunta primaria. Il dato risulta con maggior evidenza utilizzando un indicatore sintetico21 presentato nel grafico seguente.

Figura 16Una importante considerazione, circa gli indici ogni 100.000 e ogni 1.000 abitanti, riguarda le differenze di genere. Infatti nella tossicodipendenza la popolazione femminile è circa il 10% del totale. I dati da noi reperiti non mostrano tale differenza (per cui l’indicatore è da considerarsi medio e sicuramente molto più alto per la popolazione maschile).

21 Scarti percentuali dalla media 1992/2001 per l’anno 2001.

71

variazioni2001

-20,00

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,0016 - 19

21 - 24

26 - 29

31 - 34

36 - 39

41 o più

Page 72: Terzo Settore E Networking

Decessi

Figura 17. Decessi per anno e partizione geografica22

22 Fonte: MINISTERO DELL’INTERNO DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI DIREZIONE CENTRALE PER LA DOCUMENTAZIONE E LA STATISTICA, 2003 – Elaborazione diretta

72

0

100

200

300

400

500

600

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 20020

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

1800

ITALIA NORD OCCIDENTALEITALIA NORD ORIENTALEITALIA CENTRALEITALIA MERIDIONALEITALIA INSULAREITALIA

Page 73: Terzo Settore E Networking

Figura 18. Andamento tendenziale decessi per età – Italia Nord OrientaleTabella 17. Percentuali sul totale nazionale

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002ITALIA NORD 53,99% 57,83% 54,29% 54,18% 57,05% 54,83% 50,05% 47,45% 33,14%ITALIA CENTRO 15,95% 19,61% 22,34% 22,69% 22,36% 21,83% 22,86% 26,03% 36,99%ITALIA SUD 22,20% 17,26% 17,61% 17,69% 14,66% 17,51% 22,27% 19,95% 23,70%ISOLE 7,86% 5,30% 5,76% 5,44% 5,94% 5,84% 4,83% 6,57% 6,17%

Tabella 18. Percentuale sul totale Italia Nord1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

ITALIA NORD OCCIDENTALE

54,82% 65,50% 65,21% 58,12% 59,51% 55,60% 56,10% 51,28% 60,47%

ITALIA NORD ORIENTALE

45,18% 34,50% 34,79% 41,88% 40,49% 44,40% 43,90% 48,72% 39,53%

73

1

10

100

1000

1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

TRENTINO A.A.VENETOFRIULI V. G.EMILIA ROMAGNA

Page 74: Terzo Settore E Networking

Tabella 19. Percentuale su Italia Nord Orientale1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

TRENTINO A.A. 6,64% 9,28% 6,10% 5,70% 10,44% 11,16% 7,17% 6,84% 11,76%VENETO 30,33% 39,24% 35,25% 34,98% 36,14% 38,43% 40,36% 50,00% 35,29%FRIULI V.G. 12,32% 8,86% 6,10% 8,37% 7,23% 10,33% 7,62% 8,95% 14,71%EMILIA ROMAGNA 50,71% 42,62% 52,54% 50,95% 46,18% 40,08% 44,84% 34,21% 38,24%

Tabella 20. Anno 2001 – Decessi ogni 1.000 abitantiITALIA NORD-OCCIDENTALE 0,013ITALIA NORD-ORIENTALE 0,018ITALIA CENTRALE 0,019ITALIA MERIDIONALE 0,012ITALIA INSULARE 0,008TOTALI 0,014

Figura 19. Decessi ogni 1000 abitanti – Anno 2001

74

TOTALI

ITALIA INSULARE

ITALIA MERIDIONALE

ITALIA CENTRALE

ITALIA NORD-OCCIDENTALE

ITALIA NORD-ORIENTALE

0,000

0,005

0,010

0,015

0,020

0,025

Page 75: Terzo Settore E Networking

Figura 21. Differenze percentuali decessi ogni 1.000 abitanti – Italia Nordorientale - 2001

75

-50%

-40%

-30%

-20%

-10%

0%

10%

20%

30%

40%ITALIA NORD-OCCIDENTALE

ITALIA NORD-ORIENTALE

ITALIA CENTRALEITALIA MERIDIONALE

ITALIA INSULARE

-25%

-20%

-15%

-10%

-5%

0%

5%

10%

15%

20%EMILIA ROMAGNA

FRIULI V.G

TRENTINO A.A.

VENETO

Figura 20

Page 76: Terzo Settore E Networking

Persone segnalate

Figura 22. Persone segnalate all’autorità giudiziaria per sesso e ripartizione geografica (2001)

Figura 23. Persone segnalate all’autorità giudiziaria ogni 1000 abitanti – Province Veneto - 2001

76

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

0,70

0,80

0,90

1,00

ITALIA NORD-OCCIDENTALE

ITALIA NORD-ORIENTALE

ITALIA CENTRALE ITALIAMERIDIONALE

ITALIA INSULARE TOTALI

FMTOTALE

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

1,40

1,60

Treviso Venezia Vicenza Verona Belluno Padova Rovigo

FMTOTALE

Page 77: Terzo Settore E Networking

Figura 24. Persone segnalate all’autorità giudiziaria per nazionalità ogni 1000 abitanti – Capoluoghi di ProvinciaPer quanto riguarda le persone segnalate all'autorità giudiziaria Vicenza non si discosta dalla media Regionale, se non per l'alto numero di cittadini italiani segnalati, secondo solo Venezia, dove per altro si riscontra la tendenza a denunciare maggiore in assoluto.

Alcooldipendenza

Utenti in carico ULS 6Analizziamo ora i dati relativi alle alcoldipendenze. Come primo passo si vedano gli utenti in carico presso la Ulss 6, con un confronto tra strutture pubbliche e private.

77

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

Venezia città Belluno città Padova città Rovigo città Treviso città Verona città Vicenza città

segnalati ogni 1000 abitanti - solo italianisegnalati ogni 1000 abitanti - solo stranierisegnalati ogni 1000 abitanti - totale

Page 78: Terzo Settore E Networking

Figura 25A differenza dei servizi per le tossicodipendenze, si nota, negli anni un aumento nell’afflusso a strutture private, il dato è meglio verificabile dal grafico sottostante.

Figura 26

78

Alcoldipendenti in carico ogni 100.000 abitanti

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

80,00

1996 1999 2000 2001

Strutture pubblicheStrutture private

1996 1999 2000 20010,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0,25

Rapporto strutture private/pubbliche

Page 79: Terzo Settore E Networking

Osservando, poi, l’andamento degli utenti alcoldipendenti in carico al Ser.T. di Vicenza, troviamo che i casi in trattamento appaiono in diminuzione e riguardano, per la maggior parte, la fascia 30-59 anni con un picco nella fascia 40-49. Tale dato può essere spiegato anche dalla finestra molto più ampia rispetto alla tossicodipendenza, che passa dalla manifestazione del problema alla sua crisi, dovuto, in parte, anche all’accettazione sociale del bevitore.

Figura 27

Dal grafico si può notare come, a differenza della tossicodipendenza, non sia quasi presente la fascia 0-19. Ciò può anche essere riferito al maggior tempo che l'abuso di alcol impiega prima di essere percepito come problematico.

FOCUS-GROUPCome detto, dalla discussione interna ai focus group con utenti dei Servizi, Associazione di utenti e Operatori, sono emerse analisi e riflessioni sulla situazione dei Servizi, sui punti di forza e di debolezza e sulle problematiche emergenti. Il lavoro dei gruppi si è svolto in due fasi (la seconda dopo un anno per meglio riflettere e sistematizzare le problematiche emerse. In particolare, l’analisi di quanto elaborato nei fous group è stata elaborata tenendo conto della possibilità di valutare la consistenza delle diverse dinamiche relazionali espresse dentro reti di relazioni secondo la divisione in

79

Alcoldipendenti in carico al Ser.T. ogni 1000 ab. per fascia di età

0,00

0,20

0,40

0,60

0,80

1,00

1,20

1,40

1,60

1,80

2,00

0-19 20-29 30-39 40-49 50-59 >60

199920002001

Page 80: Terzo Settore E Networking

5.- Reti Informali caratterizzate da contenuti di affettività e/o affinità rispetto a un soggetto e svolgono una funzione protettiva, di sostegno e di sviluppo dell'identità,

6.- Reti quasi formali che comprendono gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle persone,

7.- Reti formali che comprendono rapporti di tipo asimmetrico e il contenuto è di tipo professionale.L’organizzazione dei focus group è indicata nello schema seguente:

AREAOPERATORI UTENTI

Area DIPENDENZE Comune di Vicenza Associazione Il Faro*Ser.T. ULSS 6 Comitato di Solidarietà per le famiglie di

tossicodipendenti e malati aids*Gruppo Genitori Ser.T. ULSS 6**

* primo incontro** secondo incontro

Analizzando la tossicodipendenza secondo un modello sistemico, che consideri le diverse relazioni, si trova che i possibili fattori di rischio possono essere fatti rientrare in tre categorie :1. fattori predisponenti, ci si riferisce a situazioni primarie che toccano in particolare lo sviluppo della personalità; 2. fattori favorenti situazioni che si verificherebbero nell’adolescenza e nella pre-adolescenza; 3. fattori precipitanti, sono fattori che agiscono immediatamente prima dell’instaurarsi del disagio.Vengono poi evidenziati anche tre ulteriori fattori :1. fattori aggravanti, si possono verificare sia prima, sia dopo la formazione dello stato di disagio, potendo influire sulla gravità del medesimo2. Indicatori predittivi, sono i segnali di una situazione di disagio con potenzialità di sfocio in situazioni più gravi;3. elementi descrittivi, sono stato civile, sesso, età, situazione abitativa, rete sociale di persone che già vivono una situazione di disagio. Tale metodologia, inserita in una finalità di predizione del disagio, è tesa a identificare quelle condizioni in cui i processi relazionali potranno favorire l’instaurarsi di una situazione di sofferenza.Questi fattori possono essere riassunti all’interno di un quadro sinottico che suddivida i tre livelli negli elementi che li compongono (schema ).Dall’analisi dei focus-group, emerge una totale mancanza di una rete sociale-sistema di supporto, che, come si ricordava precedentemente, non solo rappresenta il luogo in cui la forma di disagio si manifesta ma anche il luogo in cui si possono trovare le risorse per superarlo.

80

Page 81: Terzo Settore E Networking

L’intervento appare rinchiuso all’interno dei servizi, in cui il tossicodipendente e la famiglia di origine vengono accolti. Il problema esiste al di fuori di questi servizi, un fuori che, nel caso della tossicodipendenza, è essenziale al momento del reinserimento. Lo stigma sociale, invece, che la tossicodipendenza si porta dietro crea situazioni di rifiuto con un etichettamento che permane nel tempo.Gli interventi sono tutti concentrati sull’utenza (effettiva con il recupero, potenziale con la prevenzione) e sulla rete familiare. Negli anni si è assistito ad un progressivo coinvolgimento dei genitori, infatti il primo gruppo di genitori incontrato si era autorganizzato, mentre il secondo gruppo partecipa a momenti organizzati dai servizi (Ser.T., Comunità Terapeutica). Tuttavia non va dimenticato che è oramai accettato, a livello teorico, che la tossicodipendenza sia un problema multidimensionale che riguarda aree diverse dell’individuo, compresa la possibilità di una vita sociale e che quindi si renda necessario un programma di sensibilizzazione nel territorio, per riuscire ad alleggerire il peso che l’etichettamento ha sui soggetti coinvolti e che, spesso, come ipotesi che si autoverifica, porta a ricadute nella dipendenza.Va poi sottolineata la differenza tra i due gruppi di genitori. Infatti l’esperienza narrata è diversa:

• nel primo incontro vi è un clima di totale sfiducia verso l’esterno che comprende tutto, dalle reti Formali alla Rete sociale;

• nel secondo incontro, pur mantenendo una diffidenza verso l’esterno, vi è una fiducia nel programma di recupero e nei servizi in genere.

Diverso anche il rapporto con le comunità terapeutiche, che nel secondo incontro vengono viste come più accessibili e in stretto rapporto con il Ser.T.Questo può essere dovuto sia a un cambiamento nel modello di dipendenza, sia dal tempo di permanenza a contatto con la problematica (nel primo caso si tratta di un’esperienza più che ventennale; nel secondo caso si va da un massimo di dieci anni a un minimo di qualche mese).Questo nodo deve essere sciolto, infatti, nel primo caso ci troveremmo di fronte alla naturale evoluzione del fenomeno, mentre nel secondo si potrebbe anche ipotizzare che l’appartenenza a gruppi di auto-aiuto, porti, nel tempo, a situazioni di chiusura verso l’esterno, visto come ostile

81

Page 82: Terzo Settore E Networking

82

EVENTI DEL CICLO DI

VITA

INTERPRETAZIONE

DEGLI EVENTI

STRESS PERCEPITO

POSSIBILE TOSSICODIP

ENDENZA

Page 83: Terzo Settore E Networking

OPERATORI

ELEMENTI CONTINGENTI ED ELEMENTI STRUTTURALITra gli elementi contingenti troviamo tutti i problemi che un fenomeno in continuo cambiamento può portare in chi opera a contatto con i tossicodipendenti: un continuo mettere in crisi le stereotipo della persona che si rivolge al Ser.T. e un continuo mutamento delle strategie.A causa di ciò vi sono, poi, elementi che divengono strutturali (come ad esempio la divisione tra ambulatorio e centro di consulenza nel Ser.T.). IUn problema molto sentito è quello della valutazione degli interventi, infatti, in caso contrario, il pericolo, per ogni ente, è che elementi di difesa contro una realtà troppo complessa, assurgano a elementi fondanti il sistema di interventi, senza un confronto con gli obiettivi che deve rimanere costante.

I FASE

Le reti descritte comprendono l’ambito di formazione/educazione (scuola), l’ambito familiare (genitori) e l’ambito sanitario (Ser.T.). Non viene richiamato il territorio in cui queste problematiche emergono, anche se viene posto l’accento sul supporto psico-sociale

RETI FORMALILe reti formali individuate sono l'ambito dei servizi socio-sanitari e l'ambito educativo per i giovanissimi.

Servizi

Rispetto ai dati forniti circa le prese in carico, si fa notare che i numeri si riferiscono ai soggetti che vanno al servizio ma manca il dato circa la totalità delle persone che fanno uso, esiste un sommerso, un numero oscuro, che non si presenta ai servizi.I soggetti che si presentano al Ser.T. non sempre hanno una motivazione precisa, spesso vi si rivolgono perché “scompensati, senza soldi o perché stanno male, molti sono accompagnati dai genitori, vengono scoperti, non riescono a nasconderlo e quando il genitore lo scopre si presentano assieme, a volte vengono i genitori, molte segnalazioni vengono da loro e a volte vengono accompagnati da altri utenti o da partner. “Il Ser.T. viene individuato come la risposta adatta, soprattutto se si riesce a garantire sia un supporto medico che un supporto psico-sociale.Viene poi posta una differenza tra l'utenza del Ser.T. E i casi seguiti dal comune, infatti arrivano “i casi cronici”, i giovani non si presentano.

83

Page 84: Terzo Settore E Networking

Il Ser.T. Viene identificato dai giovani solo con la dipendenza da eroina o cocaina, raramente si hanno richieste volontarie per ecstasy e per i cannabinoidi solo su segnalazione. Inoltre, per i cannabinoidi,

“... si tratta con i mezzi psicologici, diciamo, si può trattare il caso acuto quando l’uso

massiccio di cannabinoidi induce sintomi psichiatrici e allora si interviene sui sintomi anche

con il ricovero, se ha uno scompenso di tipo psicotico. L’uso cronico è molto diffuso e non

induce particolari sintomi. La pericolosità nei giovanissimi è che può, questo lo dicono molti

testi, che può essere il primo gradino per poi provare altre droghe”.

Si segnala un cambiamento nell'utenza del servizio, cambiamento che richiede anche una continua messa in discussione dei metodi utilizzati, si è, infatti, diffuso l'uso endovena di cocaina in mix, o alternata, con eroina; inoltre sta comparendo l'uso di potenti anestetici per uso veterinario. Viene comunque segnalato come la visione del giovane che si avvicina al servizio solo per uso delle cosiddette nuove droghe non corrisponda alla realtà e come tra i giovanissimi stia ricomparendo l'uso di eroina e cocaina.

Scuole

Vengono segnalate diverse iniziative in collaborazione con gli istituti scolastici. Infatti la scuola, anche con l'inalzamento dell'età dell'obbligo, può collaborare attivamente con i servizi al fine di garantire un sistema di prevenzione.

RETI INFORMALILe Reti Informali vengono viste come risorsa per l'avvicinamento del soggetto al servizio.

Parentali

A differenza di ciò che accadeva un tempo, i giovani, spesso, vengono accompagnati al servizio dai genitori. Inoltre, all'interno del Ser.T., sono attivati dei gruppi di supporto per i genitori.

Amicali

Dall'incontro emerge che l'avvicinamento al servizio può essere fatto tramite altri utenti o tramite il partner, difficile stabilire quali possano essere i rapporti con gruppi di amici che si frequentavano prima di intraprendere un percorso tossicomanico.

II FASE

Durante l’incontro le reti prese in considerazione sono ancora quelle formali e parentali. Non vengono citate altre reti, che non appaiono nemmeno in sottofondo.

84

Page 85: Terzo Settore E Networking

RETI FORMALIAll'interno della Rete Formale vengono indicati il Ser.T., la Comunità Diurna e la scuola. L'aumento nelle prese in carico tra giovanissimi potrebbe essere correlato all'organizzazione che si sono dati Ser.T. e scuola:

� all'interno del Ser.T. sono stati separati l'ambulatorio e il centro di consulenza;

� nelle scuole si sta operando sulla relazione docente-studente come forma di informazione e prevenzione, puntando sulla funzione di filtro con i servizi che la scuola potrebbe svolgere.

L'analisi operata punta a una suddivisione dei compiti: al Ser.T il compito di ambulatorio/centro consulenza, alla scuola il ruolo educativo.Nel caso delle tossicodipendenze, però, viene sottolineato come la tipologia di utenza sia altamente differenziata e come, comunque, inizialmente si presenti al servizio per richiedere una risposta ad una crisi. Servizi

Viene posta una distinzione tra tipologie di utenza. Le problematiche maggiori si riscontrano nel caso di doppia diagnosi:

“... ma c’è anche che spesso questi pazienti hanno anche una componente diciamo così

psichiatrica, anche se non grave, ma comunque presente che scombina parecchio, cioè,

solo utenti del Ser.T. che sono già andati magari anche 2-3 volte in comunità, non hanno

retto, insomma sono usciti quasi subito e stazionano in una fase, in una, diciamo

condizione in cui ci sono delle oscillazioni di recidive, di recidive di disturbi psichici e va

avanti così ...”.

Inoltre le differenze di utenza si riscontrano anche a seconda della città:“... a Vicenza, vediamo una classe di utenti di età, cosa dicevano, 19 la media 19, 29,

insomma giovane; mentre per esempio abbiamo un SERT di Verona che gli utenti erano

quelli cronici.”

La maggior presenza di giovani presso il Ser.T. di Vicenza, viene spiegata anche dalla decisione di separare l'ambulatorio dal centro di consulenza, mettendo a disposizione, per i colloqui e le prese in carico, un ambiente più accogliente:

- “Può darsi che effettivamente questo separare l’ambulatorio dal centro di consulenza

paghi in positivo nel senso che, voglio dire, se in un altro posto andare al SERT, per

esempio, quando mandi le persone a fare i controlli in ambulatorio, l’ambulatorio è quello

dove ci sono quelli in trattamento metadonico fuori dalla porta --- Rimane, comunque, fermo

il fatto che il primo approccio al Ser.T. avviene in situazione di crisi”.

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Page 86: Terzo Settore E Networking

- “Piuttosto, uno per andare al SERT deve stare male, proprio finché non sta male non ci

va, non è che ci va prima quando si sta bene”.

Difficoltà di mediazione linguistica e culturale vengono segnalati per il servizio di alcologia, che sempre più spesso entra in contatto con immigrati, inizialmente solo nordafricani, attualmente come fenomeno generalizzato.Per quanto riguarda la comunità diurna, si segnala una difficoltà a lavorare con gli adolescenti.

Scuola

La scuola viene percepita come possibile filtro. L'indirizzo assunto è di mantenere la funzione di “ambulatorio” al Ser.T. sfruttando, invece, le potenzialità educative del rapporto docente – studente per percorsi preventivi:

“abbiamo tentato di dare un taglio come prevenzione più educativa, più di tipo educativo,

cioè era la relazione con l’insegnante, cioè ….. contare molto sulla relazione educativa sui

vari studenti, sui progetti, quindi preventivi di tipo educativo”.

La scuola, da parte sua, si è fornita di prestazioni professionali esterne (psicologi) ma la tendenza è quella di puntare sulla relazione educativa. Questo non è un dato univoco per tutte le ULSS, in alcune si è preferito mantenere lo schema del centro di consulenza ambulatorio, mentre a Vicenza si è cercato di stimolare una funzione di filtro e di prevenzioni con progetti indirizzati ai docenti:

“Il punto è che loro sono in grado di gestirsi la relazione un pò educativo insomma, ecco

formativo, informazione con i ragazzi; quindi questo per noi è e fa prevenzione e ci siamo

orientati con una serie di progetti in questa maniera. Quindi non come ambulatorio a

scuola,…… però un taglio nostro perché in altre ULSS limitrofi invece c’è il classico centro

di consulenza ambulatorio dentro la scuola”.

RETI QUASI FORMALINell'arco dell'incontro non viene fatto riferimento al Terzo Settore.

RETI INFORMALILe Reti Informali vengono segnalate come importanti sia per la funzione di aggancio che di terapia, quest'ultima vale per la rete parentale. Esiste un livello di passa parola che rende il servizio più visibile e, quindi, approcciabile.

Parentali

Le figure genitoriali-familiari sono viste come importanti soprattutto con i giovanissimi. In molti casi il primo approccio è proprio con i genitori:

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Page 87: Terzo Settore E Networking

“... genitori o familiari in consulenza o ….. etc, vanno lì, parlano con l’operatore, l’operatore

consiglierebbe una serie di cose da seguire, da fare in famiglia in modo tale che no? Poi

che lui spesso o continua a vedere il familiare o dopo un po’ comincia a portare il figlio”.

Si evidenzia come, soprattutto con i minori, l'intervento può raggiungere un risultato positivo se si riesce a coinvolgere la famiglia, questo non sempre è possibile:

“Non vogliono saperne quando non ce l’hanno la famiglia, quando anche i genitori sono

problematici o non ci sono proprio, ...,, quando invece manca totalmente la famiglia è

veramente più difficile coi minori“.

Questo vale anche per la comunità diurna, dove la possibilità di concordare con la famiglia la gestione del tempo a casa, è fondamentale.

Amicali

Le reti amicali vengono indicate come uno dei mezzi di aggancio al Ser.T.:“c’erano delle compagnie in cui arrivava uno , e poi ti ti ti arrivava tutta la compagnia, no?

E’ successo in più dii una situazione che quindi il tam tam aveva funzionato”

UTENTI

ELEMENTI CONTINGENTI E ELEMENTI STRUTTURALIPer analizzare questi focus-group bisogna ricordare che la tossicodipendenza rappresenta l’incontro tra un individuo e una sostanza e che l’uso-abuso della sostanza è l’elemento che accomuna questi soggetti che però si diversificano per problematiche familiari, individuali e sociali. Inoltre non è un fenomeno statico ma segue le trasformazioni della società. In questo modo possiamo distinguere, per quanto riguarda l’Italia, almeno sei fasi:1. 1968 – 1972: sono anni di fermento culturale e politico, viene proposto un modello alternativo di società e

l’“essere giovane” corrisponde ad una rottura con le generazioni precedenti attraverso il rifiuto dei divieti e, in parte minore, la sperimentazione di “stati alterati di coscienza” per poter uscire da schemi culturali percepiti come troppo restrittivi a cui contrapporre la “cultura giovanile”.

2. 1973 – 1977: la società italiana si muove verso modelli di sviluppo post-industriali e le modalità comportamentali della fase precedente si estendono dalle aree urbane a quelle di provincia. Il disagio viene interpretato come un messaggio di angoscia contro il disgregarsi delle possibilità di dialogo con le diverse istituzioni. Negli scontri di piazza il corpo rappresenta l’ultima barricata e si passerà dall’unico decesso per overdose nel 1973 a venticinque nel 1977. L’interpretazione del fenomeno si appropria di modelli psico-sociali.

87

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3. 1978 – 1983: i movimenti giovanili di massa si vanno spegnendo ed emerge la figura del “giovane-massa”; la crisi economica colpisce soprattutto questa fascia. L’allarme sociale legato ai giovani inizia a spostarsi dalla “paura terrorismo” all’“emergenza droga”. Il giovane da “ribelle” diviene “indifferente” verso il mondo degli adulti e si definisce stabilmente un mercato rivolto ai giovani i quali si impossessano di modelli “consumistici”. Questo viene sottolineato anche dalla comparsa di quella categoria di consumo di sostanze illegali che oggi viene definita del “consumo compatibile”: ad un aumento della micro-criminalità legato alle situazioni di tossicodipendenza, si affiancò un uso compatibile con famiglia, scuola, lavoro.

4. 1983 – 1988: il disagio non sempre è legato ad una particolare storia di personale sofferenza psichica o di emarginazione. Il problema del “disagio” sfugge alle categorie tradizionali divenendo diffuso e invisibile. Compare l’HIV e si registrano i primi decessi per Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita.

5. 1989 – 1995: diviene difficile, se non impossibile, ricostruire un quadro causale che permetta di individuare i “soggetti a rischio”. Gli interventi di prevenzione si orientano soprattutto nelle scuole medie secondarie, unico luogo di aggregazione giovanile in cui sia possibile raggiungere un numero discreto di giovani. Nasce la figura del “weekenders”, ossia colui che utilizza la sostanza solo nei fine settimana all’interno di contesti specifici.

6. 1996 – 2000: l’uso di eroina sembra diminuire tra i giovani. L’attenzione viene rivolta all’abuso di quelle che vengono definite “droghe ricreative”; nelle scuole medie superiori vengono istituiti i Centri di Informazione e Consulenza (CIC).

7. 2000 – oggi: ricompare l’uso di eroina tra i giovani, accompagnata, spesso dall’uso di cocaina (entrambe anche endovena) anche se le modalità di assunzione, le problematiche, non sono più paragonabili a quelle degli anni precedenti.

L’associazione di madri che ha partecipato al primo incontro, ha, o ha avuto, figli che hanno iniziato la loro carriera tossicomanica all’inizio degli anni ’80. Quindi una carriera che ha avuto come punti di riferimento i servizi territoriali, le comunità terapeutiche, il carcere, il reparto di malattie infettive. Questo circuito viene descritto come privo di una coerenza interna, i diversi interventi vengono descritti come una sommatoria incoerente, in cui i diversi attori non comunicano, un sistema a camere stagne in cui l’accavallamento risulta deleterio per il sistema di recupero.Nel secondo incontro, con il gruppo di genitori al Ser.T., ci si trova di fronte a persone che sono a contatto con la problematica da meno tempo (ricordiamo, da un massimo di dieci anni a un minimo di pochi mesi).Nel primo gruppo, tra gli elementi contingenti, troviamo la descrizione di quel percorso comune per i tossicodipendenti a partire dagli anni ’80, che fa sentire le madri vicine per tipo di vissuto.Tra gli elementi strutturali, troviamo un intervento basato sul sintomo in cui ogni risposta rinvia al suo contrario, la ripetizione del processo che il tossicodipendente vive, una totale incapacità a rispondere alle sue esigenze, e a quelle della famiglia. Non si percepisce una coerenza interna ai diversi livelli di intervento, soprattutto

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repressione cura. Infatti il gruppo, pur mantenendo posizioni rigidamente proibizioniste, richiama l’incoerenza del sistema repressivo (tra il reato, il processo e l’incarcerazione passa troppo tempo), in questo modo il tossicodipendente, o ex-tossicodipendente, riceve risposte contraddittorie in cui premi e punizioni risultano scollegate dal suo percorso di vita.Nel secondo gruppo, tra gli elementi contingenti, troviamo i problemi che si possono incontrare a causa di ricadute o furti in casa commessi dai figli; il rapporto con gli altri fratelli che porta a decisioni difficili per il menage familiare.Tra gli elementi strutturali troviamo, da un alto un’efficace strategia di copyng messa in atto dai servizi nei confronti del nucleo familiare attraverso l’organizzazione di gruppi di discussione, sia per genitori che per sorelle e/o fratelli. Dall’altro una situazione di totale isolamento sia nei confronti della comunità e della rete parentale, che isola il soggetto e la famiglia, sia nei confronti delle istituzioni, che compaiono solo per la reclusione del tossicodipendente.Nonostante le forze differenze tra i due gruppi, si può riscontrare che non si evidenzia la presenza di un intervento integrato di rete: l’intervento appare centrato sul sintomo con una deficienza nell’apertura verso il territorio che non viene coinvolto se non in prossimità di scadenze elettorali sul tema proibizionismo/antiproibizionismo, rimandando sempre a quel cortocircuito dato dalla paradossalità della situazione (disintossicazione-ricaduta; carcere-comunità; reinserimento-isolamento; …). L’unico sollievo viene dato, in entrambi i casi, nella costruzione di un luogo in cui ci si senta ascoltati e compresi, per i familiari è il gruppo di discussione, per il tossicodipendente il Ser.T. o la Comunità Terapeutica.

I FASE

Il dato che emerge primariamente dall’incontro è un vissuto di isolamento. Esiste una costruzione sociale della figura del tossicodipendente per cui la famiglia di origine appare come “infetta”, situazione che si complica ulteriormente in caso di sieropositività. L’unica forma di aiuto possibile, riconosciuto, è l’auto-aiuto, il poter parlare con altri che stanno vivendo la stessa situazione o l’hanno vissuta in precedenza, all’interno di associazioni di genitori.Il vissuto di isolamento, però, si estende anche alle reti formali, inadeguate e indifferenti.Se la tossicodipendenza può essere descritta come una situazione paradossale in cui non si può vedere una via di uscita e ogni soluzione approntata rimanda al problema, il sistema di repressione – recupero e cura viene descritto negli stessi termini.

RETI FORMALI

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Le Reti Formali vengono percepite come inefficaci e indifferenti. L’inefficacia si muove su due livelli, il primo di terapia inefficace, il secondo sugli orari di apertura insufficienti. Viene richiamata la necessità di un centro che possa coprire l’intera giornata sette giorni su sette. In effetti l’unico aspetto richiamato come positivo è l’apertura (nel ’88) del day-hospital per malati terminali.Per quel che riguarda le istituzioni, vengono viste come indifferenti quando non causa di insuccessi terapeutici. L’impressione che se ne ricava è di un sistema in cui il tossicodipendente entra e vi viene mantenuto, un sistema in cui la domanda viene cortocircuita e la conseguenza, nella maggior parte dei casi, è la morte.

Servizi

Il giudizio espresso sui servizi è generalmente negativo. Viene percepito un generale disinteresse verso la tossicodipendenza e il bagaglio di sofferenza che questa comporta. A volte i servizi vengono visti come peggiorativi della situazione e comunque inadeguati. Da questo il gruppo ne deduce che:

• la terapia metadonica non è efficace;

• la comunità terapeutica stile S.Patrignano è la soluzione.

Le madri, in questo caso, si sentono abbandonate; in alcuni casi hanno perso il figlio e comunque, alcune di esse, vivono il problema da una ventina di anni

Ser.T.

Di questo servizio viene data una visione del tutto negativa per quanto riguarda i tossicodipendenti storici:- “... fuori del SERT, i gruppi storici che hanno l’età di mio figlio che ha 40 anni, staziono la

da 20 anni, senza famiglia, senza nessuno ... Perché non li hanno portati in comunità?

Perché nessuno di questi entrerà mai comunità? Li hanno in pugno se volessero ma per

conto mio hanno le damigiane, come le cantine, di metadone e devono rifornirgli, non lo

so”.

- “Se io avessi un figlio che si droga adesso, il SERT sarebbe l’ultimo posto dove lo

porterei”.

L'accusa maggiore viene fatta verso il mantenimento metadonico. Inoltre viene segnalata una riduzione del servizio:

“I SERT che chiudono. Adesso sono chiusi anche la domenica. Come fanno senza il

SERT? Così danno la doppia dose metadone. Figuriamoci questi che hanno la scorta

della domenica in tasca e devono passare tutto un sabato con la scorta in tasca. Intanto

figuriamoci i traffici. Lo venderanno subito e la domenica sono dei disperati”.

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Ospedale

Per quanto riguarda l'ospedale, l'attenzione è rivolta al reparto infettivi e ai primi casi di Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita (SIDA) conclamata. Il rapporto è stato difficoltoso, “umiliante” anche perché il reparto si “è trovato catapultato in questa situazione nuova”.Il servizio ospedaliero che, invece, viene considerato positivamente è il day-hospital:

- “L’unica cosa che era importante per me è stato il Day Hospital che potevamo stare

insieme …”

- “E’ stato uno dei prima Day Hospital in Italia… uno dei primi…. Perché io seguivo molto e

c’è stata a quel tempo nell’88 la Villa Gloria che volevano fare questa casa per gli ammalati.

Abbiamo anche Casa Speranza che è una casa per malati terminali. Il comitato si è

impegnato molto nell’88 e dopo questa casa è stata fatta”.

Istituzioni

Il giudizio espresso sulle istituzioni in genere è negativo, con la percezione di una non volontà di azione:“Sicché invece di avere un aiuto che sostiene veramente le persone fanno sì qualcosa ogni

tanto ma le persone sono abbandonate e le famiglie ancora di più. Ecco noi diciamo che

come famiglie adesso, come tanti anni fa, per chi ha scritto molte lettere ai giornali, ai

ministri, in Comune, se io leggo le lettere che scrivevo nel ’85, ’86 sono ancora ad hoc per

adesso. Non è cambiato niente. Abbiamo strutture in più, quello solo”.

Anche nel caso delle istituzioni si percepisce il senso di abbandono vissuto dalle madri del gruppo.Un discorso a parte riguarda il carcere, elemento costitutivo della carriera tossicomanica (più del 50% dei reclusi è tossicodipendente e, attualmente, si registrano i primi morti per SIDA in carcere); il carcere viene visto come potenzialmente utile nel recupero del figlio ma i tempi per la pena ne fanno uno strumento che spesso interferisce sul programma di recupero (le pene vengono eseguite al limite della prescrizione).

Comune

Si lamenta soprattutto l’inesistenza di strutture adeguate per i tossicodipendenti senza fissa dimora.“Sì, è vero. Non ci sono docce…. Non possono lavarsi la roba. Non hanno soldi. Sicché

quando loro hanno la roba pulita, quando è sporca la buttano via ed e roba buona che è

peccato buttarla via. Anche qui ci vorrebbe che il Comune fornisse dei buoni che questi, ci

fosse un posto dove ci sono delle lavanderie per dire senza spendere soldi perché non ne

hanno, perché se hanno soldi vuol dire che hanno rubato”.

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Si lamenta che un tempo il Comune forniva aiuti alla loro associazione e con questi potevano fornire un qualche servizio ai senza dimora, ora i contributi sono stati quasi eliminati e hanno difficoltà a continuare.

Stato

Lo Stato viene visto nella sua funzione legislativa; si lamentano carenze nel sistema di repressione/recupero che, secondo il gruppo, dovrebbero comporre un unico sistema.

Carcere

Il rapporto con il carcere è spesso presente. Viene espressa una posizione assolutamente proibizionista:“Tanti anni fa, sì, e cercavamo di cambiare le leggi. La droga si vive, sono tre persone che

vivono la droga – chi si droga la vive in un modo, l’operatore la vive in un'altra e la famiglia

in un’altra ancora. La famiglia sa veramente a cosa porta la droga. L’operatore può

dormire di notte ma la famiglia non dorme di notte. Abbiamo cercato – c’era la famigerata

legge 685 del 75 che ha permesso la modica quantità. Cosa è successo con la modica

quantità? Che ogni ragazzo in fondo diventava spacciatore. Per procurarsi la bustina.

Sicché la droga era dilagato in modo spaventoso. Abbiamo coordinato, come comitato,

tutte queste associazioni perché la droga fosse proibita e che chi fosse arrestato per droga

venisse processato subito non dopo 9 - 10 anni come succedeva allora – subito. E fosse

proposto al ragazzo l’entrare in una struttura di ricupero o in un carcere”.

Il carcere dovrebbe svolgere una funzione di recupero:“Occorre una strutture dove ci sono gli operatori che li seguono, dove possono fare dei

lavori. Qui a Vicenza, nel Veneto eravamo dominati dagli austriaci, no? E cosa hanno

fatto? A chi era in carcere veniva insegnato a fare il calzolaio, i lavori così, artigianali,

diciamo in modo che quando uscivano e non avrebbero trovato un lavoro perché venivano

dal carcere, potessero mantenersi e vivere proprio di questi lavori.”

Ciò che viene richiesto, però, è l'immediatezza del processo e della pena, che a volte viene comminata dopo diversi anni. In questo modo situazioni che si stavano risolvendo precipitano:

- “Era venuta da me una mamma e una nuora. La nuora era incinta di otto mesi ed era

luglio o agosto, un caldo. Era successo che il marito della ragazza che era stato

tossicodipendente e aveva avuto problemi con la legge poi è stato in comunità e c’è l’ha

fatta, è uscito dalla droga, andava bene, lavorava con il padre, si era sposato, aveva avuto

un bambina e aspettava il secondo figlio; un bel mattino sono andati a prenderlo i

carabinieri per portarlo in carcere. E' andato in una depressione tremenda. Siamo andate

dal vescovo a parlare siamo andate al direttore del carcere per quello che poteva servire.

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Abbiamo cercato tutte le strade. Ma niente da fare. Il ragazzo è venuto a casa in

permesso quando la moglie doveva partorire. Quando è tornata con la bambina appena

nata dall’ospedale, il ragazzo doveva tornare il giorno dopo in carcere e si è sparato ed è

morto, ecco. Quel ragazzo lì, dovevano subito eventualmente metterlo in carcere. Non due

– tre giorni in carcere poi a casa e cinque – sei anni prima del processo”.

- “Nel più bello che aveva cambiato, frequentava il centro diurno, l’andavo a portare la

mattina e a riprenderlo verso le cinque del pomeriggio – non poteva stare sempre in casa –

per diverso tempo e poi pianino cominciava ad andare da solo e poi, proprio nel più bello,

mancavano 2 giorni e poi una pena che è andata in definitiva, così 2 giorni per i 5 anni, poi

andava in prescrizione, sono venuti a prenderlo e portarlo in carcere... E lì e diventato

nervoso, hanno cominciato con i calmanti per tenerlo buono e quando è uscito non era più

lui. E per fortuna è venuto fuori con l’indulto”.

RETI QUASI FORMALILe Reti Quasi Formali vengono viste come sostitutive di servizi mancanti. Non viene descritta una sinergie tra queste e le Reti Formali, anzi, a volte la comunicazione e la possibilità di concordare gli interventi sono inesistenti. L’esempio può essere quello di giovani che avendo intrapreso un percorso di reinserimento lavorativo in cooperativa, vengono arrestati per vecchi problemi e rinchiusi in carcere, quando la dipendenza che aveva spinto al reato non c’è più.

Comunità terapeutiche

Vengono indicate come la soluzione, mentre il Ser.T. viene percepito da ostacolo per il ricovero in queste strutture.

Volontariato

Il volontariato viene visto nell’assistenza e nel supporto a famiglie, a malati terminali e a senza fissa dimora. I volontari sono, per lo più, madri che hanno vissuto il problema o lo stavano vivendo.

Associazioni

Viene richiamata l’attività svolta dalla loro associazione, anche a livello nazionale. Le attività vengono descritte come sostitutive di servizi non presenti, soprattutto di supporto alla famiglia. Inoltre vengono ricordati coordinamenti nazionali e locali, anche come gruppi di pressione sociale per un cambiamento legislativo.

Cooperazione

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Le cooperative vengono viste nella loro funzione di inserimento lavorativo per il programma di recupero e reinserimento.

RETI INFORMALI

Parentali

Il primo problema segnalato è la difficoltà per la famiglia ad accettare la tossicodipendenza del figlio: - “La famiglia cerca di rifiutare. E’ come pensare ad un tumore, viene ad altri ma non viene

a me.”

- “E’ venuta qui una mamma che le era morto il figlio in bagno di overdose non sapeva

neanche che si drogava. Non si erano mai accorti. Ventidue anni.”

Tuttavia quando il problema viene riconosciuto, il percorso che la famiglia si trova ad affrontare e quasi insostenibile:

“La famiglia sa veramente a cosa porta la droga. L’operatore può dormire di notte ma la

famiglia non dorme di notte.”

Quindi un problema che non può essere capito da chi non lo vive in prima persona, creando anche contrapposizioni con i servizi.

“Se una famiglia trova una comunità dove vuole portare il figlio che è drogato, non lo può

portare. Prima deve passare per il SERT.”

Da sottolineare l’assenza, nel gruppo, di padri che vengono nominati una sola volta nel corso dell’incontro, per cui traspare un’organizzazione familiare classica in cui è la madre a occuparsi della cura. Inoltre da segnalare come non siano pochi i casi citati di madri vedove.

Vicinato

I rapporti con persone vicine viene descritto come altamente difficoltoso, infatti la tossicodipendenza porta con sé un forte stigma sociale che investe anche la famiglia non appena il problema viene alla luce:

“In paese è peggio ancora. Perché sentire anche dirsi una parola - sai, è la mamma della

drogata. la figlia si droga.. ma parla e ride- . Io come carattere non mi sono mai chiusa in

me stessa. Conosco di quelli che hanno il problema e non parlano mai neanche con chi

hanno vissuto…. I ragazzi sono andati al SERT anche per parlare. Le droghe ci sono, ci

sono.. anche lì a Noventa, li ho visti che si scambiavano lo spinello - sarà perché ho

l’esperienza. ... Però le mamme negano, dicono -ah, mi? Se fossi mi, lo coparia”.

II FASE

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ELEMENTI CONTINGENTI E STRUTTURALIIn questo caso ci si trova di fronte ad un campione diverso rispetto al precedente focus-group: si tratta di genitori più giovani, i cui figli sono entrati nel circuito dell’abuso/dipendenza a partire dalla seconda metà egli anni ’90, se non inizio nuovo secolo. La tipologia di tossicodipendente quindi è diversa.Tra gli elementi contingenti troviamo, soprattutto, le forti delusioni a cui si va incontro durante il periodo di cura e recupero, a causa delle continue ricadute e dei furti ripetuti in casa.Tra gli elementi strutturali troviamo l’isolamento. Infatti l’unica forma di aiuto viene dai servizi, all’interno dei quali vengono attivati gruppi di mutuo-auto-aiuto. Per altro le istituzioni non vengono menzionate se non per quanto riguarda il carcere, visto negativamente. Non compare una risposta adeguata da parte di quella che definiamo rete sociale-sistema di supporto.

Le reti sono ristrette alla famiglia di origine del tossicodipendente e ai servizi (pubblici e del privato sociale). Il tipo di rapporto che il gruppo vive è di cura e appoggio, venendo a mancare i normali canali di supporto all’interno della rete sociale, che isola non solo il ragazzo ma anche la famiglia.

RETI FORMALILe Reti Formali vengono riconosciute nel Ser.T. e nel carcere. Se il servizio dell’ULSS ha un giudizio positivo, il carcere viene visto come inutile per il ragazzo e dispendioso per la comunità.

Servizi

Tra i servizi formali viene richiamato il Ser.T., sia per quanto riguarda i familiari che per quanto riguarda il giovane. Per i familiari il Ser.T. rappresenta un luogo in cui possono essere ascoltati e possono confrontarsi all’interno dei gruppi di auto-aiuto. Anche per i figli la struttura rappresenta un momento importante, in cui possono trovare ascolto e disponibilità, in cui la risposta non è di rifiuto o punitiva ma di accoglienza.

Ser.T.

Viene posta una distinzione tra operatori del Ser.t. e operatori di comunità. Il giudizio è favorevole in entrambi i casi. Per quel che riguarda il Ser.t., i genitori si sentono seguiti e ascoltati e dichiarano anche un lavoro buono fatto con i figli:

“Cioè, io personalmente, è da poco che ho diciamo questo problema con mio figlio e devo

dire che ho trovato un ambiente, sono parole…………, ma meraviglioso, nel senso che io

pensavo di non riuscire ad affrontare, diciamo questi servizi; invece ho trovato delle

persone molto preparate, cioè gentili, persone che ti danno una mano, ti danno un filo di

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speranza… però diciamo che nella tragedia, che adesso non è una tragedia, riesci a

trovare persone con cui puoi chiamare anche di notte, se hai bisogno, … e nello stesso

tempo che capiscono i giovani, d’altronde sono lì, una volta che si va nelle strutture

pubbliche dove ci sono medici, se ci sarà bisogno viene trattata veramente come, anche

diciamo se lì avrebbero non dico, quasi ragione ad arrabbiarsi con questi ragazzi che vanno

una volta, poi fanno i bravi, poi ritornano; invece loro sono sempre molto, cioè per conto

mio, io ho trovato questa disponibilità e anche questa bontà diciamo, da parte di questi

operatori …”.

IstituzioniIl carcere viene definito in maniera negativa. Il primo appunto riguarda il costo, che sarebbe inferiore per lo Stato in comunità terapeutica. Il giudizio non è positivo:

“Certo che anche il carcere non è che sia una gran bella cosa.”

Inoltre viene anche rilevato come l’abbandono della comunità venga punito (nel caso di affidamento da parte del giudice) con il carcere:

“Lui si rifiuta di stare in comunità e lo portano in carcere”.

RETI QUASI FORMALITra le reti quasi formali si distingue tra enti dedicati al recupero e associazioni di mutuo-auto-aiuto rivolti ai genitori. Questi gruppi sono presenti sia all’interno del Ser.T. (i partecipanti al focus-group) che all’interno delle comunità terapeutiche. Tuttavia si prospetta la nascita di associazioni di genitori dedicate all’area della dipendenza, per rompere il circuito di indifferenza e isolamento in cui vengono a trovarsi.

Comunità terapeutiche

L’esperienza con le comunità terapeutiche appare di collaborazione e aiuto:- “…il mio ha fatto due anni e tutti i due anni, ogni lunedì sera, avevamo l’incontro con i

ragazzi del suo gruppo e quello è servito moltissimo a noi. Questa comunità qua è stata

una cosa eccezionale con un rapporto con i ragazzi e genitori, ecco.”

- “… è entrato in comunità non convinto e credo che ha cominciato a lavorare 6 mesi fa e

subito dopo Natale abbiamo avuto l’incontro. E’ lì che mi sono resa conto che

probabilmente, non tanto, ma un piccolo passettino su se stesso l’ha fatto, e quindi credo

che sia stato un buon lavoro degli operatori e della comunità.”

L’operatore di comunità viene individuato come ex-tossicodipendente.

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“Gli operatori….per due anni e mezzo di comunità….erano tutti ex-tossicodipendenti e io

penso che più l’operatore che abbia fatto uso possa capire……..perché l’ha passato, allora

qui, secondo me, più di noialtri genitori…”.

Associazionismo

L’associazionismo viene visto come formazione di gruppi di mutuo-auto-aiuto:“… che i figli siano ammalati di una cosa o dell’altra, i gruppi di sostegno, gli alcolisti perché

gli alcolisti, perché i bambini disabili i bambini disabili, per quello stanno sorgendo un sacco

di associazioni di genitori io penso però perché si parli la stessa lingua con lo stesso

linguaggio, con lo stesso modo di essere capiti, il disagio, …, di lacrime dei genitori che

hanno pianto, perché ti trovi davanti a un problema così grosso e ti senti impotente, perché

non sai cosa fare, tu pensi che volendogli tanto bene, dimostrandogli, accontentandolo di

fare qualcosa, invece ti accorgi che no, non è così, ti accorgi dei tradimenti dei figli quando

tu credevi nella maniera incredibile, perché dagli amici, dagli estranei ti puoi aspettare di

essere ferita per un motivo o per l’altro, ma dei figli no. E quindi voglio dire che ti ritrovi, e

se non ci sono questi gruppi tu impazzisci, perché veramente non sai cosa fare …”.

RETI INFORMALILa rete informale, riguarda solo la stretta cerchia della famiglia di origine del tossicodipendente. Per quanto riguarda altri rapporti parentali o sociali, il vissuto è di assoluto isolamento. L’unica risorsa sono i gruppi.

Parentali

La situazione di tossicodipendenza viene sfrontata da tutta la famiglia, ricorrendo a gruppi di discussione sia per i genitori che per sorelle e fratelli.

Genitori

I genitori sono quelli che si trovano in prima fila nell’affrontare il problema. La figura del padre è più presente rispetto ad anni prima (anche tra i partecipanti al gruppo si trovano dei padri). Tuttavia, questi ultimi, sembrano rifiutare la situazione più a lungo delle madri. La necessità della presenza di entrambi i genitori sembra, però, oramai acquisita.

Sorelle/fratelli

In presenza di altri figli, vengono segnalati due ordini di problemi per la famiglia:1. la paura che anche gli altri figli possano abusare di sostanze:

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“… adesso trasmetto tutta la mia paura su di lei, perché ho paura, perché quando esce con

i suoi amici, ho paura perché ogni tanto comunica che lei vuole andare in discoteca, io ho

paura; …; però adesso il trauma che si porta dentro di lei, perché io ho paura e quindi gli

dico sempre di no su tutto, e non è giusto, perché eppure, cioè purtroppo la paura c’è e

quindi… quando sente sua sorella, che la sente una volta a settimana: e la mamma mi dice

sempre di no, perché i miei amici vanno in discoteca e io no! - …e la bambina è

adolescente, certo che lei mi dice: non sono come mia sorella, adesso sto più attenta, però

è un attimo…”.

2. la paura a comunicare la situazione, soprattutto nel caso di figli giovani: - “la famiglia dopo si cambia non è più la stessa vita di prima perché, e appunto io vado da

questa psicologa a scuola per sentire se è il caso di parlare con lei, di dirglielo già, perché

c’è chi dice si, bisogna dirglielo già a 13 anni e non devi aspettare perché è un trauma.”.

- “… io ad esempio, della mia amica, che parlava tranquillamente col figlio della

tossicodipendenza della ragazza; ma proprio questo ragazzo ha vissuto con la

tossicodipendenza della sorella e si adoravano, la mamma e il papà ne parlavano

tranquillamente, esternavano tutta la rabbia. Il ragazzo adesso ha 23 anni, è bravissimo,

studia, è iscritto all’università, va in discoteca, è andato in discoteca, però sua mamma non

gli ha detto di no ...”.

Anche nel caso di sorelle e fratelli viene segnalata l’importanza dei gruppi di discussione:“… c’è questa iniziativa bella che diciamo, si chiama Gruppo Giovani a cui partecipano i

fratelli, le sorelle anche qualche amico se vuole, in modo che hanno un modo di avvicinarsi

al ragazzo in una maniera diversa, insomma e forse anche una buona scuola, io…..giovani

insomma che vengono e ora capiscono anche il problema del fratello …”.

Altri parenti

Il vissuto in rapporto ad altre figure della cerchia familiare è di negazione, isolamento:“…non ti puoi sfogare con i familiari perché, nel caso mio, quando ho cominciato a

raccontarlo ai fratelli, cognati, praticamente mi sono accorta, uno alla volta hanno

cominciato ad allontanarsi, quando prima invece tutti venivano a casa, tutti venivano a

sentire come va, come non va, feste, cene, tutte quelle cose lì. Quando hanno cominciato a

sapere del figlio, basta, tutti hanno cominciato ad allontanarsi e completamente sono

restata sola e se non venivo qua, ti veniva davvero da buttarti giù da qualche ponte, perché

non scambi nessuna parola, nessun modo di sfogarti…”.

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Rete sociale

Per quel che riguarda la rete sociale, viene segnalato come lo stigma sociale sia forte causando isolamento e difficoltà di reinserimento una volta portato a termine il programma terapeutico:

“Diciamo che quando i nostri ragazzi vengono fuori dalla comunità, il grosso problema è

proprio scontrarsi con la realtà, perché per la società comunque è pur sempre un

tossicodipendente, perché se uno esce dalla leucemia dice poverino il discorso che facevi

tu, un tossicodipendente comunque è sempre segnato. Infatti inizialmente ci dicevano

anche a noi dovete dire che il vostro ragazzo è in comunità, proprio la scorsa settimana ho

detto: sentite io con qualcuno riesco a dire che è in comunità, magari con la commessa che

vado a prendere il pantalone perché gli devo dire che, devo cambiare dopo 15-20 giorni

perché se mio figlio chiede i pantaloni….personale….e tornare indietro ti passano 15-20

giorni e allora dici: si, signora, guardi mio figlio è in comunità, mi deve lasciare, se lei ha

fiducia, mi deve lasciare il tempo che se va bene va bene, altrimenti. E allora glielo dico,

però la mia vicina di casa, che mi sta sotto, non glielo dico, perché mio figlio ha diritto della

sua privacy, perché purtroppo è sempre piazzato un tossicodipendente e comunque non

fanno nulla perché venga tolto questo marchio, perché diciamo, sono…. I tossicodipendenti

e allora cos’è che fanno? Ed è buono, quando tutti non rientrano qui in famiglia ma cercano

di andare in un posto dove sono meno conosciuti, perché tanti ragazzi, e io ho sentito le

testimonianze, lì ho sentito con tutti del fatto di comunità i ragazzi …”

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DISABILITÀ

ANALISI DEI DATI

Disabili in carico ogni 1000 abitantiI dati raccolti sono stati suddivisi per fasce dei età e tipo di intervento, analizzando i diversi servizi offerti per fasce di età tra il 1991 e il 2001.

Tabella 21. Disabili in carico ogni 1000 ab1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

0 - 4 0,00 2,18 2,77 2,57 2,16 1,50 2,32 1,05 0,82 2,19 1,38 0,60 2,005-14 0,50 2,41 3,18 3,15 2,71 2,72 2,93 2,90 1,68 3,32 3,07 4,83 3,5915 - 24 2,89 2,54 2,76 2,73 3,08 3,36 3,25 3,34 3,94 4,22 3,48 3,78 4,0725 - 34 3,25 3,55 3,41 2,50 3,44 3,36 3,50 3,82 3,76 3,90 4,19 4,37 4,1335 - 44 2,04 2,12 2,66 3,20 3,44 3,75 4,13 4,13 4,51 4,80 4,42 4,25 4,3645 - 54 1,40 1,66 1,59 1,66 1,94 2,51 2,67 2,95 2,74 3,05 3,38 4,02 3,9955 - 64 0,08 0,08 0,16 0,24 0,46 0,46 0,60 0,73 1,30 1,81 2,52 2,42 2,5665 o più 0,00 0,00 0,00 0,07 0,07 0,06 0,06 0,05 0,10 0,10 0,09 0,09 0,12TOTALE 1,64 1,94 2,10 1,98 2,22 2,31 2,43 2,47 2,49 2,86 2,81 2,55 2,53

Tabella 22. Scarti percentuali dalla media disabili in carico ogni 1000 ab. Per fascia di eta'1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

0 - 4 -100 31,56 67,41 55,09 30,53 -9,26 39,98 -36,92 -50,77 32,17 -16,69 -63,71 20,605-14 -82,53 -15,43 11,85 10,86 -4,54 -4,53 2,86 1,94 -41,09 16,82 7,84 69,66 26,2915 - 24 -13,59 -23,96 -17,38 -18,32 -7,80 0,57 -2,69 -0,12 18 26,37 4,08 13,03 21,7925 - 34 -10,46 -2,23 -6,04 -31,19 -5,30 -7,47 -3,62 5,17 3,66 7,57 15,63 20,36 13,9335 - 44 -44,44 -42,48 -27,62 -13,11 -6,51 1,92 12,41 12,33 22,73 30,51 20,30 15,49 18,4945 - 54 -45,65 -35,76 -38,37 -35,68 -24,75 -2,70 3,28 14,28 6,05 18,03 31,05 55,68 54,5555 - 64 -91,79 -91,93 -84,33 -77,09 -55,13 -55,90 -42,31 -29,16 26,12 75,36 144,39 134,05 147,7465 o più -100 -100 -100 18,15 8,20 0,13 -6,66 -12,57 63,92 54,33 45,34 36,42 92,74TOTALE -29,65 -16,86 -10,13 -15,03 -4,75 -1,15 4,33 5,76 6,75 22,50 20,63 9,18 8,42

100

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Figura 28. Scarti percentuali dalla media disabili in carico ogni 1000 ab. Per fascia di eta'

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

TOTALE65 o più 55 - 64 45 - 54 35 - 44 25 - 34 15 - 24 5-140 - 4

Tabella 23. Disabili in carico ogni 1000 ab. Per fascia di età e tipologia di assistenzaTipologia di intervento

ASS.SCOL 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 20030 - 4 anni 0,00 2,18 2,77 2,57 1,95 1,50 2,32 1,05 0,82 2,19 1,38 0,60 2,005 - 14 anni 0,00 1,99 2,74 2,81 2,60 2,72 2,93 2,90 1,68 3,32 3,07 4,72 3,5915 -24 anni 0,00 0,06 0,12 0,25 0,07 0,14 0,15 0,08 0,35 0,28 0,20 0,10 0,33Totale 0,00 0,94 1,30 1,38 1,15 1,19 1,45 1,23 0,91 1,78 1,52 2,05 1,99

DIURNI23 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 20030 - 4 anni 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,005 - 14 anni 0,40 0,31 0,33 0,23 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,0015 - 24 anni 2,72 2,43 2,47 2,23 2,62 2,80 2,72 2,69 2,89 3,10 2,38 2,83 2,8625 - 34 anni 3,19 3,44 3,25 2,29 3,18 3,05 3,19 3,31 3,25 3,22 3,60 3,63 3,4235 - 44 anni 1,55 1,76 2,24 2,64 2,75 3,01 3,23 3,32 3,73 3,87 3,53 3,27 3,5645 - 54 anni 1,26 1,45 1,38 1,45 1,32 1,74 1,75 1,76 1,54 1,87 2,11 2,40 2,3855 - 64 anni 0,08 0,08 0,16 0,24 0,39 0,38 0,45 0,51 0,65 0,94 1,40 1,31 1,45> 65 anni 0,00 0,00 0,00 0,07 0,07 0,06 0,06 0,05 0,05 0,05 0,05 0,04 0,04Totale 1,50 1,53 1,55 1,39 1,60 1,66 1,69 1,71 1,75 1,84 1,84 1,83 1,85

RESIDENZ. 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 20030 - 4 anni 0,00 0,00 0,00 0,00 0,22 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,005 - 14 anni 0,10 0,10 0,11 0,11 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,11 0,0015 - 24 anni 0,16 0,06 0,18 0,25 0,39 0,42 0,38 0,57 0,70 0,84 0,89 0,84 0,2425 - 34 anni 0,06 0,11 0,16 0,21 0,26 0,31 0,30 0,51 0,52 0,69 0,60 0,74 0,71

23 Tra coloro che frequentano i centri diurni vi sono alcuni che sono inseriti anche nei centri residenziali, per cui non si ha un’indicazione precisa di quanti frequentino il centro diurno e rientrino a casa.

101

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35 - 44 anni 0,49 0,35 0,42 0,56 0,69 0,74 0,90 0,81 0,78 0,93 0,90 0,98 0,8045 - 54 anni 0,14 0,21 0,21 0,21 0,62 0,77 0,91 1,19 1,19 1,18 1,27 1,62 1,6155 - 64 anni 0,00 0,00 0,00 0,00 0,08 0,08 0,15 0,22 0,65 0,87 1,12 1,11 1,11> 65 anni 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,05 0,05 0,05 0,04 0,08Totale 0,14 0,12 0,16 0,19 0,31 0,33 0,37 0,46 0,53 0,62 0,64 0,71 0,68

Attraverso la costruzione di un indicatore sintetico24 è possibile individuare come nel decennio considerato l’incremento maggiore si sia avuto nell’area della residenzialità con un + 13,82%25, mentre nelle altre tipologie di intervento l’incremento è dell’1,56% per i Centri diurni e del 3,32% per l’Assistenza Scolastica.

INDICATORE SINTETICO VARIAZIONI 1991-2003

1,56

3,32

13,82

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00ASSISTENZA SCOLASTICA

CENTRI DIURNICENTRI RESIDENZIALI

Figura 29Per quanto riguarda l’Assistenza Scolastica è opportuno analizzare il rapporto tra Certificazione e Assistenza26. Di seguito vengono inseriti i grafici suddivisi per fascia di età.

24 media(differenze percentuali per anno assistiti ogni 1000 abitanti)25 Il rapporto di disabili inseriti in Centri diurni per 1000 abitanti è tra i più alti inRegione, al punto che nel 2002 la Giunta regionale ha chiesto all’Ulss un piano diContenimento. (ULSS 6 – Vicenza Ufficio Piano di zona Vicenza 4 novembre 2002, V. Allegato A)26 Si veda Allegato A/2

102

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0- 4 ANNI

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

ASSISTENZA SCOLASTICACERTIFICAZIONE

Figura 30

5 - 14 ANNI

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

ASSISTENZA SCOLASTICACERTIFICAZIONE

Figura 31

103

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15 - 24 ANNI

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

ASSISTENZA SCOLASTICACERTIFICAZIONE

Figura 32Analizzando l’andamento totale delle certificazioni e dell’assistenza, si può notare come se per le certificazioni si ha un aumento tendenziale, per l’assistenza non vi è diversificazione nel decennio considerato (1993-2003)

ANDAMENTO TOTALE E LINEE DI TENDENZA

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

7,00

8,00

9,00

10,00

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

certificazioneassistenzaLineare (certificazione)Lineare (assistenza)

Figura 33

104

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In sintesi viene proposto un indicatore27 che mostra come il rapporto maggiore tra certificazione e assistenza si ottenga per la fascia 5-14 anni.

MEDIA RAPPORTO CERTIFICAZIONI/ASSISTENZA SCOLASTICA (1993-2003)

4,56

1,71

5,28

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,000 - 4 anni

5 - 14 anni15 -24 anni

Figura 34

Assistenza per fasce di etàAnalizziamo, ora, come si è distribuita percentualmente l’assistenza per fasce di età negli anni considerati28

(1991-2003).

27 media 1993-2003(rapporto certificazione/assistenza) 28 da sottolineare che tra i frequentatori dei Centri Diurni, in alcuni casi, si trovano afferenti ai Centri Residenziali

(non si è potuto scorporare il dato), al fine di meglio interpretare il dato relativo ai residenziali sarebbe necessario riconoscere le due categorie.

105

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10%

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30%

40%

50%

60%

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90%

100%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

5 - 14 anni Assistenza Scolastica 5 - 14 anni Centri diurni 5 - 14 anni Centri residenziali

Figura 35. Fascia 5-14 anni

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

15 -24 anni Assistenza Scolastica 15 -24 anni Centri diurni 15 -24 anni Centri residenziali

Figura 36. Fascia 15-24 anni

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30%

40%

50%

60%

70%

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90%

100%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

25 - 34 anni Centri diurni 25 - 34 anni Centri residenziali

Figura 37. Fascia 25-34 anni

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

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1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

35 - 44 anni Centri diurni 35 - 44 anni Centri residenziali

Figura 38. Fascia 35-44 anni

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30%

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1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

45 - 54 anni Centri diurni 45 - 54 anni Centri residenziali

Figura 39. Fascia 45-54 anni

0%

10%

20%

30%

40%

50%

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70%

80%

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100%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

55 - 64 anni Centri diurni 55 - 64 anni Centri residenziali

Figura 40. Fascia 55-64 anni

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0%

20%

40%

60%

80%

100%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

> 65 anni Centri diurni > 65 anni Centri residenziali

DATI NON PERVENUTI

Figura 41. Fascia oltre 65 anni

Da questi dati emerge la conferma circa l’aumento dell’utilizzo dei centri residenziali.La fascia da 0 a14 anni è coperta al 100%, tranne un caso o due, dall’assistenza scolastica, quindi non influisce su questo andamento; mentre, man mano che cresce l’età dei soggetti disabili, aumenta la percentuale di afferenza ai centri residenziali. Questo dato riporta al discorso della rete sociale. Infatti il disabile è considerato quasi totalmente a carico della famiglia e, quindi, un ulteriore problema è che il disabile possa sopravvivere ai familiari con la possibilità di rimanere solo. Qui si ha un passaggio: da 0 a 14 anni viene garantita a tutti l’assistenza scolastica, poi c’è una grande percentuale di afferenza ai centri diurni e, quindi, col crescere dell’età, aumenta l’afferenza ai centri residenziali. L’afferenza ai centri residenziali, per la fascia 15-24 anni, è cresciuto a partire dal 1997-1998 fino ad arrivare al 25,/% nel 2001; anche per fascia 25-34 anni, seppure in percentuali inferiori, continua a crescere l’afferenza ai centri residenziali. Il dato più pregnante è stato quello dei 45/54 anni in merito all’afferenza ai centri residenziali: dal 1995 c’è stato un deciso incremento, fino ad arrivare al 2003 in cui abbiamo circa un 40%. Per la fascia 55-64 anni, l’incremento maggiore si è avuto a partire dal 1999 e nel 2003 si misura una presenza del 55%.Questo dato è importante per valutare il fatto che l’individuo viene abbandonato quando non può più disporre della famiglia. Questi dati, oltretutto, sono stati poi confermati da diverse interviste raccolte e dalle analisi proposte per la stesura del Piano di Zona 2003-2005 (Vedi Allegato A).

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FOCUS-GROUPCome detto, dalla discussione interna ai focus group con utenti dei Servizi, Associazione di utenti e Operatori, sono emerse analisi e riflessioni sulla situazione dei Servizi, sui punti di forza e di debolezza e sulle problematiche emergenti. Il lavoro dei gruppi si è svolto in due fasi (la seconda dopo un anno per meglio riflettere e sistematizzare le problematiche emerse. In particolare, l’analisi di quanto elaborato nei fous group è stata elaborata tenendo conto della possibilità di valutare la consistenza delle diverse dinamiche relazionali espresse dentro reti di relazioni secondo la divisione in8.- Reti Informali caratterizzate da contenuti di affettività e/o affinità rispetto a un soggetto e svolgono una

funzione protettiva, di sostegno e di sviluppo dell'identità,9.- Reti quasi formali che comprendono gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle

persone,10.- Reti formali che comprendono rapporti di tipo asimmetrico e il contenuto è di tipo professionale.L’organizzazione dei focus group è indicata nello schema seguente:

AREAOPERATORI UTENTI

Diurni Residenziali Disabili fisici ULSS 6 Città Solidale

Istituto Santa Chiara Associazione genitori centri privati

Centro Aquilone Istituto Santa Chiara Associazione genitori centri pubblici

Provincia di Vicenza

Valletta del Silenzio:

Get one* primo incontro

** secondo incontro

L’analisi dei focus-group, richiama una concezione di rete intesa come luogo in cui l’individuo vive il suo spazio tempo e lo significa. Considerando la rete in relazione alla disabilità, appare che i diversi attori ascoltati vivono significati negativi.Infatti, negli operatori, sia del pubblico che del privato sociale, troviamo un alto grado di burn-out con un conseguente alto tasso di turn-over. Questa situazione, da un lato, risente della definizione di cura e guarigione che in questi casi deve essere adottato. Infatti con cura si intende, normalmente, il ritorno verso il sito originario, la salute, ma esso viene messo in discussione ogni qualvolta ci si trovi di fronte a situazioni croniche in cui il tempo comporta un aggravio. Dall’altro, dal fatto che gli operatori vengono investiti di una serie di problematiche che ufficialmente, formalmente, non dovrebbero essere, soprattutto di relazione con la famiglia di origine. Questa situazione, poi, si complica ulteriormente nel caso di operatori di centri residenziali, in cui la presa in carico è totale.

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Considerando le associazioni di familiari, troviamo un vissuto di abbandono da parte dei servizi e delle istituzioni.Confrontando, poi,la visione che i familiari e gli operatori hanno reciprocamente si trovano dei vissuti ambivalenti. Infatti, se entrambe riconoscono il rispettivo ruolo cruciale nell’assistenza al disabile, troviamo che i genitori vedono gli operatori come più attenti al mantenimento del posto di lavoro che non alle reali esigenze del disabile; mentre gli operatori vedono i genitori come maggiormente attenti alle proprie esigenze che non alla necessità di un percorso di autonomia del disabile. A questo proposito viene sottolineata la necessità di una presa incarico ufficiale della famiglia di origine.Da sottolineare come, in questo ambito, si noti uno spostamento delle problematiche vissute quotidianamente dalle famiglie verso i servizi senza, però, mutare sostanzialmente il sistema: gli operatori si trovano a gestire gli stessi problemi che si trova a gestire la famiglia.Un appunto articolare merita il percorso di inserimento sociale. Infatti le associazioni di familiari sollevano diversi dubbi sull’effettiva efficacia di questo, sia perché necessiterebbe di programmi maggiormente personalizzati, sia perché in caso di insuccesso, il disabile ha perso, comunque, il diritto al servizio e ritorna in lista di attesa. In questo caso appare urgente l’implementazione del sistema di valutazione costruito durante il progetto SIRTS, ossia di un programma di valutazione del caso in grado di valutare il raggiungimento degli obiettivi prefissati attraverso il programma effettuato al fine di permettere un feedback interno in grado di correggere l’agire quotidiano potendo vedere se le correzioni apportate siano appropriate o meno.La richiesta che accomuna operatori e utenti è, infatti, di poter disporre di un sistema in grado di:1. riconoscere e portare ad emergenza le situazioni di bisogno;2. essere in grado di selezionare delle risposte, cioè di attivare l’intervento di strutture sociosanitarie adeguate o di altre strutture;3. relazionarsi non solo con il soggetto disabile ma con l’ambiente in cui questo si definisce.

OPERATORIPer quanto riguarda questa area sono stati strutturati due livelli di focus-group:

• Nel primo sono stati inseriti operatori addetti all’assistenza diurna;

• Nel secondo operatori di centri residenziali.

Non sono stati raggiunti operatori che si occupino di inserimento lavorativo, che rappresenta sicuramente un ambito di intervento rilevante all’interno di un sistema integrato di servizi.Da sottolineare ancora che, in alcuni casi, gli utenti dei centri diurni e gli utenti di centri residenziali possano coincidere. In riferimento a questo bisogna segnalare una difficoltà per i centri residenziali a gestire i rapporti con i centri diurni, soprattutto per i casi più gravi. In questo vanno menzionate i seguenti ambiti di difficoltà:

• Inadeguatezza dei centri diurni nel seguire i casi più gravi;

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• Alto tasso di turn-over nei centri diurni con difficoltà di inserimento legati a difficoltà relazionali degli utenti;

• Difficoltà organizzative relative alla gestione di situazioni di crisi che si verifichino all’interno del centro diurno con un’investitura completa dell’operatore del centro residenziale.

In merito a queste difficoltà, alcuni centri residenziali stanno percorrendo la strada di centri diurni gestiti dalle cooperative, fermo restando la necessità per gli utenti di uscire dalla struttura per le attività.Sia per i centri diurni che per quelli residenziali, viene segnalato un alto turn-over. Di questo trattano soprattutto gli operatori dei centri residenziali, che segnalano un eccessivo carico di responsabilità (simili a quelle che deve affrontare la famiglia ma moltiplicate per il numero dei residenti) e uno scarso riconoscimento del ruolo professionale.Là dove presente, in entrambe i casi, si nota la difficoltà di rapporto con la famiglia di origine (soprattutto la madre). Gli operatori dei centri diurni imputano questa difficoltà soprattutto con genitori di età avanzata che, nel passato, sono stati abbandonati a loro stessi e sono provati da questo. Diversa sarebbe la situazione con coppie giovani che hanno trovato assistenza sin dai primi anni grazie alla certificazione scolastica. Per quanto riguarda la certificazione, gli operatori pubblici, avvisano il rischio di un’eccessiva burocratizzazione e standardizzazione, dovuti alla scarsità delle risorse finanziarie a disposizione, che potrebbe comportare un’eccessiva e impropria separazione tra ambito sanitario e ambito sociale. Questo è ancora più vero nell’ambito della disabilità. Se, infatti, da un lato si lamenta l’eccessivo ricorso al residenziale, dall’altro vengono a mancare una serie di servizi che potrebbero fornire alla famiglia un sollievo nella gestione del caso, ritardando, così, il passaggio al centro residenziale. Da notare, comunque, come gli operatori dei centri residenziali facciano notare come i loro utenti siano comunque destinati alla residenzialità al momento della scomparsa dei genitori, anche in presenza di sorelle o fratelli. Questa situazione potrebbe anche far ripensare l’entità degli investimenti verso la famiglia, in quanto, in ogni caso, il disabile, prima o poi, se ne troverà sprovvisto. In questo senso vanno letti anche i ricoveri temporanei e le pronte accoglienze che, se da un alto forniscono un sollievo alla famiglia, dall’altro servono ad aumentare l’autonomia dell’utente.Importanza cruciale, in entrambe i casi, viene dato al lavoro nel territorio, sia come forma di sensibilizzazione della popolazione che come opportunità per rendere l’utente attivo nella vita civile.Ciò che se ne ricava è un aumento, quantitativo e qualitativo, dei servizi negli ultimi dieci anni, con un aumento di opportunità per la famiglia. L’attenzione, infatti, sembra rivolta più a questa che al disabile. Questo comporta che a fronte di un aumento dei servizi, questi non paiono ancora realmente in rete tra di loro e con le altre realtà. Inoltre, in questo settore, viste le professionalità richieste, appare un confine labile tra operatori del pubblico e del privato sociale. Tuttavia questo non è ancora totalmente riconosciuto e comporta, per gli operatori del privato, un alto rischio di burn-out dovuto a sovraccarichi lavorativi e a una scarsa visibilità del ruolo ricoperto, troppo spesso confuso con il volontariato.

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OPERATORI – NON RESIDENZIALIELEMENTI CONTINGENTI ED ELEMENTI STRUTTURALINel periodo coperto dai due incontri (2003-2004) si è posto primariamente il problema della rilevazione di un grosso ricorso alla residenzialità permanente, con un aggravio dei costi. Tale fenomeno trova, almeno, tre livelli di spiegazione:

• la nascita di nuovi servizi di residenzialità con un aumento dei posti disponibili a fronte di liste di attesa già esistenti;

• la chiusura dei grandi centri per anziani in cui vivevano diversi disabili che fino a quel momento però erano sconosciuti ai servizi socio-sanitari;

• l’impossibilità per la famiglia, con genitori anziani o con altre situazioni problematiche all’interno, di trovare altre soluzioni.

Per quanto riguarda l’ultimo punto è da rilevare come negli ultimi anni sia migliorata la qualità e la quantità dei servizi erogati nonché la formazione professionale degli operatori. Tuttavia si lamentano insufficienze per quanto riguarda il servizio di assistenza domiciliare e di accompagnamento.Tra gli elementi contingenti si può sottolineare l’incomprensione tra genitori anziani di disabili e operatori. Infatti, in questo caso, ci si trova di fronte a famiglie che per lunghi anni sono state lasciate a loro stesse, mentre con le famiglie più giovani, che hanno incontrato da subito un servizio diverso, il rapporto è migliore.Tra gli elementi strutturali si trova una difficoltà nel fornire alla famiglia un servizio integrato che, da un lato, possa fornire sollievo alla famiglia, dall’altro, possa fornire basi di indipendenza al disabile. Inoltre, il taglio delle spese messo in opera, rischia di portare ad un’eccessiva burocratizzazione e standardizzazione degli interventi da attivare, con il rischio di proporre interventi scollegati dalle reali necessità

I FASE

In questo incontro vengono discusse esclusivamente le reti assistenziali formali e quasi formali. Tra queste vi è un buon collegamento e il lavoro appare sinergico. Si lamentano alcune carenze nel servizio domiciliare, pensato più per anziani che per disabili. Le Reti Informali (parentali) sono viste come utenza e non come risorsa, viste le grandi difficoltà che le famiglie si trovano ad affrontare.Il quadro che se ne ricava è della possibilità di intervento sul caso ma con una scarsa possibilità di collegamento con risorse altre che potrebbero garantire una maggiore permanenza del disabile in casa.

RETI FORMALI Però per esempio collegamenti comune e provincia attualmente non ne

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Page 114: Terzo Settore E Networking

abbiamo, come ad esempio con il comune di Vicenza

ServiziC’è stretto collegamento tra il lavoro che viene svolto dal distretto con i centri diurni, Gruppi Educativi Territoriali (GET) e comunità residenziali. Un altro legame “significativo” è tra il distretto e l’assistenza scolastica. Si rileva, invece, uno scarso collegamento con l’assistenza domiciliare e l’accompagnamento. Tale collegamento si è rivelato fruttuoso quando è stato possibile metterlo in atto.

Gli operatori si trovano coinvolti in una situazione per cui, da più parti, viene mossa l’accusa di fare troppo ricorso a Centri Residenziali.La prima spiegazione fornita in merito è l’innalzamento dell’età media della persone servite che è

“sui 35 anni e corrisponde ad una età dei genitori di 60, dai 60 ai 70 anni ed è una età in cui

non ce la fanno neanche più fisicamente a sostenere un impegno che è costante,

quotidiano… ” .

Questo, però, non è valido per tutti i servizi, infatti in alcuni centri diurni l’età media è molto più bassa e comprende anche ragazzi in età scolare, anche se, per lo stesso centro, si fa notare che alle riunioni indette per i genitori, gli operatori dei centri residenziali erano in maggioranza.L’elevato ricorso a strutture residenziali, viene poi fatto risalire anche alla creazione di nuove strutture e alla presenza di lunghe liste di attesa. Inoltre:

“ … è una offerta quella che noi facciamo ai genitori di inserire i ragazzi per risolvere certe

situazioni, ci ritroviamo a volte a fare inserimenti di ragazzi di 30 anni in comunità, diamo

questo aiuto ai genitori che non è semplice perché hanno un vissuto un po’ particolare. …

poi c’è stato anche, ricordo, un aumento in un periodo, adesso non ricordo quale, anni fa in

cui dal distretto venivano richieste di inserimento di adulti, non dico anziani ma quasi, che

per anni erano rimasti in casa, non erano mai usciti da casa, non erano stati segnalati,

quindi anche, io credo, nell’età più anziana una capacità della famiglia di tenersi, di gestirsi

in modo diverso che adesso insomma. Prima assolutamente nessun tipo di risposta,

adesso con l’aumento delle risposte anche l’aumento delle richieste di inserimento”.

Esiste poi anche il fenomeno delle pronte accoglienze, delle accoglienze nel week-end o quindicinali. Queste accoglienze rispondono a due esigenze:

• Fare sperimentare all’utente l’esperienza del Centro Residenziale;

• Dare sollievo alla famiglia.

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Page 115: Terzo Settore E Networking

Questo secondo punto, però, mostra delle carenze nel servizio di assistenza domiciliare e di accompagnamento:

“Perché un aumento come delle pronte accoglienze, delle accoglienze temporanee, …con

lo stimolo dei centri per far fare ai ragazzi anche questa esperienza residenziale, e che ha

trovato l’offerta di nuovi posti letto, sicuramente questo può giustificare questo. Altra cosa

invece è dire c’è stata una maggiore offerta, in parallelo c’è stata una maggiore offerta e c’è

stato un maggior ricorso al residenziale, ma perché c’è stato un maggior ricorso, perché in

questa fascia media c’era poco servizio? Allora secondo me rispetto ai servizi diurni,

rispetto ai servizi per i disabili più gravi, rispetto ai servizi di formazione e avviamento al

lavoro per i disabili che avevano anche poche residue capacità lavorative c’è la

cooperativa, se vogliamo le carenze, sarebbe da verificare semmai questo, forse la carenza

è stata nel servizio di assistenza a domicilio o di accompagnamento……..lì c’è la carenza”.

Si rileva che il servizio di assistenza domiciliare messo in atto dal Comune sia più adatto ad una popolazione anziana che non a disabili psico-fisici, per cui è necessaria una formazione professionale particolare. Tuttavia si rileva che là dove vi sia stata una collaborazione si sono ottenuti buoni risultati:

“Ci sono state situazioni in cui abbiamo collaborato, secondo me c’è stata collaborazione,

noi abbiamo chiesto, per fare un esempio, una collaborazione al Comune per una

assistenza domiciliare ad un genitore anziano che è andato in ospedale e ha lasciato il

figlio di 35 anni a casa da solo, c’è stata una offerta, nel momento in cui la mamma è

tornata a casa e aveva bisogno di assistenza ha fatto il comune e c’è stato un collegamento

con il distretto”.

Esiste, poi, un problema di competenze tra area sanitaria (ULSS) e sociale (Comune).

ISTITUZIONILe istituzioni (Provincia e Comune), nel corso dell’incontro, vengono considerate esclusivamente nella loro funzione di erogazione dei servizi.

RETI QUASI FORMALILe cooperative sociali sono molto presenti in questa area, si occupano, in convenzione con l’ente pubblico di:

• Gestione di centri diurni

• Inserimenti lavorativi

• Gestione di case alloggio

I rapporti con queste appaiono consolidati.

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RETI INFORMALITra le reti Informali troviamo solo la famiglia, inoltre, nel discorso, compaiono i genitori ma nessun riferimento ad altri famigliari. Questo tipo di rete, più che risorsa, viene indicata come parte integrante dell’intervento, teso sia a migliorare la qualità della vita dell’assistito sia della famiglia.

ParentaliLa famiglia del disabile non sempre può farsi carico dell’assistito. Vengono indicate due tipologie di problemi:

1. l’età avanzata di certe coppie che non riescono più fisicamente a seguire il figlio;2. situazioni in cui alla disabilità si affianca una situazione problematica di base.

“Proprio per tentare di dare sollievo alla famiglia, spesso si ricorre ai centri residenziali.

Questa è una modalità, quella del week-end, che c’è da circa due o tre anni, in particolare è

molto aumentata nel senso che fino a 5 - 6 anni fa si pensava al residenziale come a una

soluzione ovviamente definitiva, adesso è una delle possibilità che viene offerta in

collaborazione con il distretto, con gli assistenti sociali del distretto, alla famiglia per

alleviare a sostenere un impegno che in certi momenti è veramente gravoso…”.

Vi è la consapevolezza della difficoltà a coprire tutte le esigenze di una famiglia che ha bisogno e che difficilmente può reggere tutto il carico.

II FASE

RETI FORMALI

ServiziNegli ultimi venti anni è profondamente mutata sia la figura dell’operatore sia la qualità e la quantità dei servizi offerti. Il disabile, grazie anche alla procedura della certificazione, viene seguito da subito e la famiglia ne trae beneficio. Tuttavia, il ricorso al residenziale stabile si rende necessario là dove la famiglia si trovi in difficoltà a causa della scarsità delle alternative. Si è notato come un potenziamento del servizio di assistenza domiciliare unito all’apertura di nuovi servizi (es. appartamenti protetti per i week-end, gestiti da operatori del GET), possa rappresentare una valida alternativa alla residenzialità definitiva. In questo potrebbero avere un ruolo di rilievo i GET, per la loro caratteristica di lavoro con il territorio.Si rileva come il taglio delle risorse stia portando ad un aumento della burocratizzazione e della standardizzazione delle problematiche, portando, a volte, a una distinzione tra intervento sociale e sanitario più aleatoria che reale.

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OperatoriLa figura dell’operatore è variata negli anni, si è professionalizzata e così anche il servizio offerto è cambiato:

“… è da ricollegarsi al tipo di strutture, servizi, che comunque non esistevano prima e

quindi vissuti negativi che comunque ogni famiglia si riporta, porta con se vissuti negativi

nella scuola. Io ricordo che nell’ 83, quando ho iniziato a lavorare nelle scuole, ancora

come addetta all’assistenza, mettevano lì gli operatori, non li informavano che tipologia, che

tipo di bambino comunque dovevi gestire, con i genitori non avevi nessun tipo di rapporto,

era molto amicale in quel periodo, nel senso che faceva riferimento a te, però ce l’aveva

con la struttura ULSS perché non era abbastanza. Poi c’è sempre stato sto vissuto

negativo comunque col servizio pubblico, perché non offriva, e malessere comunque della

famiglia stessa secondo me negli anni c’è stato fatto un percorso molto importante come

servizio io parlo qui di Vicenza anche in maniera particolare, e io ricordo che ho sempre

avuto problemi con i genitori rispetto a questo, il rapporto cioè avveniva tra , era personale

come non era professionale, perché comunque ti riputavano addosso tutti i vissuti e

secondo me il personale non era neanche preparato. Io sto parlando rispetto alle scuole,

poi anche per i centri diurni comunque è stato sempre un passaggio abbastanza graduale

quello e adesso notiamo, noi operatori, la diversità tra i genitori vecchi e i genitori giovani

diciamo. Noi, nei centri diurni facciamo un lavoro diverso con i genitori che sono giovani

che comunque hanno ragazzi che sono stati seguiti forse fin da piccoli dai servizi quindi con

più servizi, più attenzione anche rispetto …… più professionalità anche …”.

Quindi il cambiamento nel servizio offerto ha comportato anche un migliore rapporto con la famiglia dell’utente, che si è sentita meno abbandonata rispetto al passato.Alcuni problemi vengono segnalate per le certificazioni, infatti, alcune tipologie, vengono fatte solo una volta nel corso della vita e l’operatore si trova a confrontarsi con una persona che non riconosce in quella descrizione. Per quanto riguarda il ricorso alla residenzialità si fa notare come, non appena ci sono stati posti disponibili, si è, forse, ricorso troppo spesso a questa soluzione per dare sostegno alla famiglia. Attualmente vengono preferiti periodi residenziali di un week-end o di una durata, comunque, limitata, sia per dare sostegno alla famiglia sia per cercare di rendere il soggetto maggiormente indipendente:

“… il classico disabile che a 30 ancora non ha ….. lega le scarpe non ha mai provato a

legarseli perché finchè c’era mamma non ci proverà mai. Va benissimo come un progetto,

dico bene per un periodo lo tiro fuori da questa, come bambagia no, della propria famiglia e

lo lanciamo un po’ fuori, gli facciamo fare quella esperienza extra-familiare che dura…”.

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Page 118: Terzo Settore E Networking

La modalità dell’inserimento per brevi periodi, insieme ad un potenziamento del servizio di assistenza domiciliare e di accompagnamento, viene indicato come possibile soluzione al ricorso al residenziale, che si rende necessario se la famiglia non ha un supporto adeguato:

“… noi operatori abbiamo visto risolversi delle situazioni familiari con questo, però cosa ha

comportato, magari il carico alla comunità e quindi la famiglia sta meglio! Questo è stato il

passaggio, non c’era stato un passaggio di sollievo alla famiglia, o trovare un altro modo

per la famiglia di ovviare la pesantezza”.

Attualmente si assiste a un taglio del budget, per cui si richiede di modificare il servizio in collaborazione con il privato sociale. La proposta è di aumentare l’orario del centro diurno:

“Problema! Ma come lo facciamo? Con chi lo facciamo? Gli operatori ci vengono a costare

di più, gli operatori non sono disposti tanto probabilmente a cambiare l’orario; bisogna

pensare ad un servizio! Non sono probabilmente le due ore di cui si ha bisogno, ma di un

servizio che funzioni in modo attivo. Ecco quindi si sta pensando a questo, è da un anno

che ci stanno provando anche l’idea degli appartamenti, no? c’è stato proposto come GET

di pensare a un progetto appartamento per magari il weekend sempre utilizzando operatori

del GET …, rispetto ai centri diurni, il GET ha la possibilità di essere più flessibili negli orari,

nella gestione del personale, rispetto un po’ più del centro diurno, ecco, perché si lavora

molto col territorio, quindi si adatta un po’ gli orari …”

Istituzioni

ComuneSono stati rivisti i requisiti per avere accesso ai servizi con una maggiore distinzione tra sociale e sanitario:

“ il Comuni di Vicenza, …, ha cominciato a dire piano no! allora un punto è il

disadattamento sociale, che è incarico nostro e quindi l’inserimento di uno di un disadattato

sociale eh! Un punto è invece un portatore di handicap che …… con l’ULSS. Quindi hanno

incominciato a far si che la certificazione definisse anche, no! se era un caso più

precisamente sociale, se era un caso di handicap e quindi anche definire se era a carico

dell’amministrazione comunale o dell’ULSS”.

In questo modo sono state rivalutati e portati in commissione casi che, impropriamente, erano a carico del Comune, in quanto si trattava di casi appartenenti all’ambito sanitario e non sociale.

RETI QUASI FORMALIAll’interno della rete quasi formale troviamo due livelli molto diversi:- la cooperazione sociale, ossia centri strutturati in cui si propone un inserimento lavorativo;

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Page 119: Terzo Settore E Networking

- associazioni di genitori, nate, primariamente, a scopo di self-help. Tuttavia, all’interno di questa categoria, troviamo anche strutture di livello nazionale con una grande storia alle spalle (ANFAS). In questo caso ci si trova di fronte ad associazioni molto più simili a cooperative che non ai piccoli gruppi di auto-aiuto.

Cooperative La collaborazione con le cooperative sociali, per l’inserimento lavorativo, appare consolidata. Questa collaborazione ha permesso anche che finita la scuola dell’obbligo il ragazzo non venga più, solitamente, inviato ai centri diurni ma alla cooperativa per un progetto di inserimento lavorativo.

AssociazioniI rapporti degli operatori sono con associazioni di familiari. Tra queste esistono grandi strutture come l’ANFAS ma anche associazioni minori con finalità di mutuo-auto-aiuto. Si nota una differenza tra associazioni con genitori più anziani e genitori più giovani. Nel primo caso ci si trova di fronte a persone che si sono riunite per richiedere servizi e assistenza migliore; nel secondo caso a genitori che sono spinti a riunirsi più per incontri di confronto

RETI INFORMALI

ParentaliAl di là delle difficoltà che sono già emerse per la famiglia, da notare la richiesta mossa dagli operatori:

“le famiglie si riapproprino un po’ della paternità, della tutelarità del progetto per il proprio

figlio, per il proprio disabile, e siano molto più attivi e non … i servizi perché cioè i genitori

erano arrabbiati perché non avevano servizi, i genitori anziani che vediamo adesso

arrabbiati, sono quelli che portavano il bambino a scuola e non le offrivano niente, lo

lasciavano a casa perché ... in modo che non trovasse un’insegnante così particolarmente,

se no hanno ricevuto a porte chiuse; per forza sono arrabbiati!”

Quindi compare la richiesta di una maggiore responsabilizzazione della famiglia di origine.

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Page 120: Terzo Settore E Networking

OPERATORI CENTRI RESIDENZIALI

ELEMENTI CONTINGENTI ED ELEMENTI STRUTTURALIL’incontro viene centrato sulle problematiche che la comunità residenziale e l’operatore, in prima persona, devono affrontare. Partendo da situazioni contingenti, come la stagione legata alle influenze, si descrivono una serie di problematiche strutturali. La più evidente è che lo spostamento dalla famiglia alla comunità del disabile, comporta anche lo spostamento delle stesse problematiche ma moltiplicate per il numero di utenti presenti. Tra queste vi è, in principal modo, la gestione dell’ambito sanitario. Infatti non esistono regolamenti specifici per questo e ogni comunità gestisce questo ambito secondo le proprie possibilità. Inoltre non esistono corsie preferenziali o luoghi dedicati a disabili,che a differenza di altri casi che si rivolgono ai servizi sanitari, spesso hanno difficoltà relazionali e di adattamento.Un’attenzione particolare viene data ai rapporti con il territorio e alla possibilità di trasformare l’utente da soggetto passivo, nascosto, a soggetto pubblico e attivo.

I FASE

Per i casi di utenti più gravi, viene descritta una totale presa in carico da parte dell’operatore/educatore di comunità. Questi rappresenta il filtro per il territorio, i servizi e la famiglia. A fronte di questo non appare ancora prevalere una sinergia, se non legata a soggetti singoli, come alcuni medici di base che aiutano a creare una rete di assistenza medica.La comunità si fa carico di tutte le problematiche che prima doveva affrontare la famiglia e si scontra con gli stessi problemi di gestione del caso.Questo si riscontra nell’alto turn-over degli operatori che comporta:

• impossibilità di continuità nel progetto con l’utente;

• impossibilità di creare un’equipe solida in grado di fronteggiare le crisi al suo interno;

• perdita di operatori motivati e del loro bagaglio esperenziale.

RETI FORMALIServiziViene presentato un rapporto non ottimale con i servizi presenti nel territorio, soprattutto per i casi più gravi e le emergenze.Non appare l’esistenza di una rete. I diversi soggetti si fanno carico ognuno della propria parte specifica dell’intervento, con una scarsa comunicazione e coordinazione.

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Page 121: Terzo Settore E Networking

Centri diurniIl rapporto con i centri diurni si differenzia a seconda della gravità dei casi presenti in comunità:

- “… la maggior parte dei nostri ragazzi frequentano centri diurni esterni – anche perché

molti frequentano da molto tempo perché prima stavano in famiglia, o stavano in altre

comunità, e quindi hanno questa tradizione di frequentare un particolare centro da molto

tempo e quindi viene mantenuta. Quindi la comunità usa questa formula della casa in cui si

ritorna dopo il lavoro o la scuola diciamo e per queste persone che frequentano questi

centri diurni esterni …”

- “Noi abbiamo un tot di ragazzi che non frequentano i centri e infatti ci stiamo dando da

fare in questo periodo, …, avviando un centro diurno interno nel quale vengono inseriti i

nostri ragazzi che non hanno – per il problema che fuori non ci sono centri adatti”.

Esistono difficoltà di rapporto con il centro diurno per l’inserimento degli utenti più gravi. Infatti, in comunità, vi sono diversi casi di grave disabilità psico-fisica, per cui l’adattamento al centro diurno è un momento essenziale. In merito a questo vengono segnalate principalmente due difficoltà:

• difficoltà comunicative con gli operatori del centro diurno:

“… c’è anche una mancanza di collaborazione nelle comunicazioni. Se noi della comunità

gli chiediamo una collaborazione anche nei minimi aspetti il centro diurno a volte fa fatica a

recepire questa cosa qua perché lui ha un suo programma, un su progetto, un suo standard

di riferimento, perciò fa fatica a capire quello che la comunità dice, fa fatica a capire che

quando il ragazzo ritorna in comunità schizza perché al centro gli danno troppi stimoli. E poi

il fatto che continuano a cambiare operatori, lì come succede a noi, e poi non si passano le

consegne e magari ti ritrovi ogni volta che cambiano educatore e dover rifare le stesse cose

e il ragazzo va in crisi”.

• Difficoltà a trovare centri diurni attrezzati per i casi più gravi:

- “… a volte non si trovano i centri diurni che hanno la risposta adatta a questo tipo di

persone con patologie particolari – o un gravità - insomma non possono essere, o perché

richiedono un rapporto molto – o perché hanno un tipo di problematica che non trova

risposta nei centri.”

• Difficoltà a gestire leemergenze che accadono dentro il centro diurno:

- “… l’emergenza che succede nel centro diurno, almeno a noi capita, viene scaricata alla

comunità con sovraccarico di lavoro della comunità che comunque viene interrotto. …

Nell’emergenza devi prendere carico anche delle persone che sono teoricamente affidate al

centro diurno.”

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MedicoPer quanto riguarda il medico di base, le situazioni si diversificano a seconda che l’utenza provenga da casa o da un’altra struttura residenziale:

“Se il ragazzo viene da casa, tendenzialmente i genitori mantengono il loro medico di base.

Invece quelli che sono usciti dall’ospedale psichiatrico hanno il medico di base lì vicino”.

Questo può comportare anche delle difficoltà:“… c’è il medico di base che li ha visti crescere che va anche bene se c’è ne uno ma

quando ci sono quattro o cinque, dal punto di vista organizzativo, sai e questo è un’altra

cosa su cui stiamo lavorando – la figura del medico di struttura non esiste ancor.”.

I problemi maggiori si incontrano per quanto riguarda medici specialistici. In questo caso un buon rapporto con il medico di base porta alla creazione di una rete efficace ma le emergenze, in comunità, si hanno anche la notte (con anche un solo operatore presente) e i fine settimana:

“… se succede un’emergenza occorre fare riferimento alla guardia medica oppure al pronto

soccorso che comunque non ha una visione generale del ragazzo e quindi non riesce a

fare un intervento mirato e questo è un problema molto consistente o almeno noi lo

sentiamo molto”.

Ospedale In caso di ricovero vengono segnalati principalmente due ordini di problemi:

• riguardante la comunicazione con il personale medico:

“tu non sei medico e perciò con te non parlo. Ma fino a prova contrario sono io il

responsabile perché la famiglia lo ha affidato alla comunità. C’è proprio mancanza di

comunicazione. Non c’è dialogo in questo senso. Unito al periodo di degenza …. Se non

c’era la figura di riferimento che mediava, cioè il medico di base”;

• in merito alle dimissioni:

“… trovare una via di mezzo tra l’ospedale e la comunità con un punto di riferimento è stato

una cosa – ci siamo proprio resi conto e in questo siamo proprio molto simile ad una

famiglia che quando deve ricoverare il figlio si trova senza rete se non quella che si chiede

attraverso il proprio medico di base …”.

RETI QUASI FORMALICooperazione

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Vista la tipologia di operatori, l’attenzione alle reti quasi formali, è centrata sulle comunità residenziali e sul lavoro dell’operatore/educatore. Viene fatta rilevare la totale presa in carico del caso che l’operatore si trova a reggere, al di là delle mansioni previste. Questo porta ad un elevato grado di burn-out e un corrispondente turn-over del personale. Questo aspetto influisce molto sulla qualità di vita sia dell’operatore che dell’utente. Per l’operatore si crea una situazione in cui uno degli strumenti considerati fondamentali per l’elaborazione dei vissuti negativi, il gruppo di discussione di operatori, diviene poco solido e, quindi, non in grado di accogliere l’angoscia. In questo modo si viene a creare un circuito vizioso che fa aumentare il gradoni turn-over. A causa di ciò l’utente si trova spesso a relazionarsi con persone diverse, condividendo con loro momenti intimi della propria vita, in questo modo anche l’utente, soprattutto nei casi più gravi, peggiora la propria condizione psico-fisica.A fronte di ciò una delle soluzioni approntate è la supervisione, che, però, non è presente in tutte le comunità.

Operatore

“ Il lavoro in comunità è particolare. Di un certo tipo e non mi pare venga riconosciuto,

compreso. Non è solo un problema di – sai – è anche una questione di diversità. Di modo

di vedere il lavoro. Per cui si hanno dei contesti che non si incontrano. Proprio per la

diversità nell’intendere il lavoro. È questo il problema con la presa in carico. Che secondo

me è uno dei più grossi. Gli operatori di comunità si sentono investiti completamente della

vita di queste persone. Poi c’è il rapporto con la famiglia che è un altro. Gli operatori dei

centri diurni hanno un rapporto vissuto con l’utente che è molto diverso, molto delegato,

molto meno coinvolto. Mentre l’operatore di comunità, la notte, da solo, con sei o sette

persone che magari stanno male, stare in comunità con loro ti mette di fronte a delle

questioni veramente essenziali, delicate, la malattia, la notte, l’igiene personale per

esempio. Secondo me, il tipo di rapporto che hai con il corpo dell’altro, soprattutto con i

gravi, ti crea un legame che già è difficile a gestire per se ma gestirlo in una situazione in

cui te lo scaricano è più difficile nel senso che pur essendo nominalmente la presa in carico

del distretto per cui tutto quello che è il percorso di vita perciò risposta ai bisogni, la vita

della persona – dovrebbe essere monitorato, seguito dall’operatore del distretto che …i

servizi ma realmente sei tu, operatore di comunità – dobbiamo andare in cerca

dell’operatore del distretto per un minimo di… e poi non parliamo della psichiatria.

Perdiamo ore e ore in cerca del medico di riferimento dove c’è. Questo crea un grosso

problema, una pesantezza. Poi al livello personale, devi conciliare con la tua vita

personale”.

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Page 124: Terzo Settore E Networking

Il coinvolgimento dell’operatore, in comunità residenziale, viene descritto come totale, diverso da quello dell’operatore del centro diurno. Questo comporta un alto turn-over del personale:

- “Ad un certo punto ti consuma il lavoro.”

- “Non trovi senso nel tuo lavoro, nella tua professione, nel tuo essere lì. Dal punto di vista

personale lo troviamo nelle cooperative anche se diventa una complicazione in più. La

cooperativa è quello che in qualche modo aiuta a mantenere”.

- “ Il rischio, oltre al turnover degli operatori perché si logorano, è anche il turnover degli

operatori che magari arrivano entusiasti – il lavoro sociale, faccio l’operatore perché

convintissimo- arrivano e impattano con una realtà durissima”.

Esiste, poi, una differenza tra le aspettative e il lavoro reale:“Poi c’è il confronto con l’idea che uno ha di quello che fa un operatore o un educatore e

quello che effettivamente il bisogno di queste persone. Noi nella comunità, al di là delle

riunioni, abbiamo una psicologa esterna che ci segue in modo che ci sono dei momenti di

rielaborazione in gruppo o anche al livello individuale, personale, di quello che avviene in

comunità perché altrimenti il livello di tensione è così alto che uno scoppia. O almeno certi”.

La supervisione e il gruppo di operatori vengono indicati come le risorse maggiori a disposizione per poter superare le crisi e confrontare strategie diverse di risposta alle emergenze dell’utenza.L’operatore rappresenta anche il tramite tra il disabile e il territorio:

“L’operatore fa sempre da filtro perciò persone molto gravi come quelle che ho presenti

nella comunità, l’unico contatto con il territorio è quello che l’operatore riesce a costruire e

mantenere. Si va a fare la spesa sempre dal solito e mai dall’ipermercato perché c’è troppa

confusione. Oppure si va al bar che si conosce dove si può spiegare al barista – non dare

la caramella in più, non ti arrabbiare – sempre in un contesto piccolo e sicuro che sai che

puoi gestire. Poi con quelli meno gravi si riesce a fare l’uscita ben costruita ma con il grave

c’è sempre un rischio altissimo di crisi, crisi d’ansia, di panico”.

Viene segnalato anche il grosso impegno richiesto dal rapporto con i familiari dell’utente e con i loro vissuti:“All’operatore, al momento della convenzione, dell’appalto è riconosciuto il lavoro con

l’ospite. In realtà, il lavoro con l’ospite ha alle spalle il lavoro con la famiglia perché anche

se non prendi l’incarico comunque te lo trovi addosso”.

RETI INFORMALILe reti informali sono circoscritte a quelle familiari. Per quanto riguarda queste, quando c’è la presenza dei genitori, l’operatore/educatore si trova a gestire situazioni emotive molto forti sia per quanto riguarda l’elaborazione del lutto riferito ad avere un figlio disabile sia per quanto riguarda il doverne consegnare la cura

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Page 125: Terzo Settore E Networking

alla comunità. Vi è la consapevolezza, tra gli operatori, che, alla morte dei genitori, per l’utente si interromperanno tutti i legami familiari.

ParentaliQuesto tipo di reti non è presente per tutti gli utenti di centri residenziali, vista, infatti, l’età media, per molti queste reti non esistono più.Per quel che riguarda gli inserimenti, viene fatto notare come:

- “… la famiglia è davvero difficilissima perché la famiglia non accetta di essere sostituita, la

famiglia ha delle grosse difficoltà perché non ha elaborato il lutto di un figlio disabile…”.

- “Da parte della famiglia l’elaborazione del loro vissuto, del trovarsi ad aver dovuto affidare

alla comunità il figlio, non viene apportato facilmente.”

- “… questa incapacità di riconoscere, come posso dire, che i servizi hanno altro, non è la

sostituzione della famiglia, è altro”.

All’interno della centro residenziale, poi, gli operatori cercano di aumentare l’indipendenza dell’utente:“Non c’è assolutamente la consapevolezza che il figlio diventi grande per esempio. Il

bambino disabile rimane un bambino per sempre. Cambiano i bisogni, cambia il tipo di

comportamento del disabile perciò la famiglia salta quando diventa adulto e ha un tipo di

comportamento che prima non aveva. Per quanto ne so, questo legame è impossibile

rompere, con la madre per esempio”.

Sorelle/fratelliIl rapporto con sorelle fratelli è inesistente:

-“le nostre ospiti hanno un’età media sui 55 anni, la famiglia di origine non c’è più, i fratelli

sono tutti sposati e hanno le loro famiglie e quindi il rapporto è a volte quasi inesistente

purtroppo”.

-“E quando vedi, in alcune cose che vedi in comunità da noi, vedi che la mamma, il

papà sono presentissimi, troppo, mentre i fratelli, No? Un giorno che la

madre e il padre muoiono? Vale la pena investire? Vale la pena investire su dei fratelli che

non gliene frega niente. Per mantenere un legame familiare che già è compromesso?

Punto di domanda”.

II FASE

125

Page 126: Terzo Settore E Networking

Viene segnalato un problema di coordinamento con i servizi sanitari. Per quanto riguarda il terzo settore, visto la composizione del gruppo, l’attenzione è rivolta, soprattutto, alla cooperazione. Si lamenta la situazione di confine tra servizi socio-sanitari pubblici e volontariato. Questo limite si riflette sia sulla percezione che l’operatore ha del proprio ruolo sia sulle modalità operative. Infatti si lamenta una presa in carico totale del caso ma in un ambito ufficioso e non ufficiale. Viene sottolineata l’importanza del lavoro con il territorio, che non si può limitare a passeggiate o visite guidate ma deve rivestire un ruolo attivo all’interno della dimensione sociale attraverso la partecipazione attiva a eventi pubblici. Per quanto riguarda la famiglia, è da sottolineare come questa venga identificata molto spesso con la madre. Il rapporto tra la madre e l’utente, nel momento della presa in carico, diviene problematico per vissuti di abbandono che questo comporta. A questo proposito viene richiamata la necessità di una presa in carico ufficiale del nucleo familiare di origine.

RETI FORMALILe reti formali vengono trattate, durante l’incontro, solamente per quanto riguarda l’aspetto assistenziale. Viene richiamata una grossa difficoltà di gestione degli aspetti sanitari, sia per quanto riguarda la routine (visite mediche periodiche) sia per quanto riguarda le emergenze.Per quanto riguarda il primo caso, da segnalare che in un centro in cui risiedono più persone (nell’incontro il numero più alto di ospiti richiamato è stato di 28), il personale ha difficoltà a gestire i rapporti con medici di base e psichiatri, che possono differenziarsi per ogni utente o per gruppi di questi. In un caso il problema è stato affrontato sensibilizzando la famiglia di origine nella scelta di un medico prossimo alla struttura e molti hanno aderito. Per quanto riguarda, invece, il rapporto con il pronto soccorso e con i ricoveri, si segnala come non esistano corsie preferenziali per disabili che, soprattutto nel caso frequente di disabilità psico-fisica, hanno difficoltà nel sopportare lunghe attese o a riuscire a gestire spazi condivisi con altri pazienti.

ServiziPur trovandosi di fronte a comunità residenziali con utenti di età e gravità diverse, si trova un minimo comune denominatore nella difficoltà di rapporto con i servizi sanitari.

- “Allora anche dal punto di vista medico-sanitario-psichiatrico piuttosto, insomma, almeno

noi ci comportiamo in questo modo periodicamente o in base alla necessità, c’è il bisogno

per esempio della consulenza psichiatrica e la visita psichiatrica piuttosto che medica e

quindi tu operatore, con un infermiere o chi c’è intorno, devi occuparti di questo; e molto

spesso gli psichiatri o medici di riferimento sono diversi, sono tutti diversi, o magari uno

126

Page 127: Terzo Settore E Networking

stesso medico segue un paio di utenti, però comunque hai a che fare con cinque, sei, sette,

psichiatri diversi e quando c’è questa necessità ti devi spostare, devi uscire dalla comunità

e andare direttamente dal medico”.

- “Allora noi abbiamo cercato, per motivi organizzativi, di trovare un unico medico. Allora ci

sono persone che hanno aderito, hanno dato consenso e quindi noi abbiamo il medico della

mutua più vicino alla nostra comunità che ha quasi tutti gli utenti; però ce ne sono alcuni,

che la famiglia ha preferito tenere il medico di base, che li segue da quando sono nati e

quindi c’è questo legame. E quindi, su metti 28 che noi ne abbiamo, ce ne sono almeno sei-

sette, che continuano ad avere il loro medico specifico e, allora, anche per la semplice

ricetta dei medicinali, che comunque devi, per quanto chiedi al medico di prepararla, devi

andare fisicamente a prendertela e comunque è una persona che si stacca e che sta dietro

anche per le medicine (normali) cioè di base; ecco, invece, il medico, l’altro medico che

segue tutti gli altri, viene una volta al mese in comunità e dopo di che comunque è vicino

alla comunità e anche fisicamente; poi insomma se ci sono più problemi, lui li risolve.

Comunque c’è un contatto costante e semplifica molto, se c’è bisogno lo chiami e lui viene,

si ecco, crea quel punto di vista, allora si cerca di sensibilizzare la famiglia. Però quando

vedi che c’è un legame molto forte, in alcuni casi insomma, abbiamo ritenuto opportuno

forzare troppo, la famiglia si fida di quel medico perché lo conosce da che è nato e con lo

psichiatra è lo stesso, perché anzi è peggio, perché comunque, uno ha lo psichiatra che gli

è stato affidato dal servizio, quello è, poi magari cambia e quindi ricominci la trafila da capo

e lì ce ne sono veramente molti, molti di più”.

Questa situazione viene aggravata dalle condizioni degli utenti, che non sempre possono “reggere” lunghe attese o luoghi e persone sconosciute:

“… al pronto soccorso, va bè che era il primo gennaio, però sette ore ci sono stata! 7 ore!

E’ vero che non mi avevano valutato l’urgenza, visto che non era particolarmente

preoccupante, però 7 ore sono stata! Capita ancora, abbiamo anche noi richiesto che ci

siano in qualche modo queste corsie preferenziali, cioè col disabili, anche perché beh..

alcuni non riescono a reggere una situazione di sala di attesa, non sai mai quando ti

chiamano etc., poi no, andare in quei reparti dove ti mandano a fare le visite specialistiche,

devi aspettare anche là, cioè e anche i reparti non sono particolarmente attrezzati”.

Questa situazione si aggrava ulteriormente in caso di ricovero.

RETI QUASI FORMALI

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Page 128: Terzo Settore E Networking

All’interno delle reti quasi formali si nota, da parte degli operatori, una forma di disagio legata alla confusione che spesso il terzo settore genera. Infatti, l’operatore delle cooperative viene visto dall’utenza come un volontario, un missionario mentre, all’operatore del pubblico viene riconosciuta una maggiore professionalità. Questo non è dovuto alla scelta, nella presente ricerca, di inserire le cooperative sociali all’interno delle reti quasi formali, ma ad una reale percezione dell’utenza e a una diversità di trattamento tra operatore pubblico e privato, sia per quanto riguarda il tipo di contratto lavorativo sia per quanto riguarda l’accesso alla formazione e all’aggiornamento, con corsie di accesso differenziate.Cooperazione Per quanto riguarda la cooperazione l’attenzione è rivolta alla gestione dei Centri Residenziali. Viene posta la distinzione di ruoli e professionalità tra operatori del privato sociale e del pubblico, lamentando una scarsa attenzione alla possibilità di accesso a corsi regionali di formazione e specializzazione per i primi.

CoopereazioneOperatori

L’operatore del centro residenziale si sente investito di una serie di responsabilità e ruoli che esulano dalle semplici abilità professionali:

“tu operatore, con un infermiere o chi c’è intorno, devi occuparti di questo; e molto spesso

gli psichiatri o medici di riferimento sono diversi, sono tutti diversi, o magari uno stesso

medico segue un paio di utenti, però comunque hai a che fare con cinque, sei, sette,

psichiatri diversi e quando c’è questa necessità ti devi spostare, devi uscire dalla comunità

e andare direttamente dal medico, oppure, come può succedere ad una famiglia, perché

quando hai bisogno del medico prendi…Quando gli utenti cominciano ad essere molti io

vedo in questo periodo, sarà l’influenza, sarà comunque, insomma acciacchi ce ne sono

molti, stare dietro a tutti questi aspetti medici porta via veramente moltissimo tempo, perché

c’è il medico, c’è l’esame del sangue e allora segui l’infermiere in struttura, il prelievo lo può

fare lei però se sono prelievi troppo complessi o no e quindi devi fare richiesta che esca

l’infermiere dal distretto, però devi chiederlo con anticipo; insomma c’è tutto un fattore

organizzativo di questi aspetti che quando comincia ad avere 20-30 utenti è veramente

impegnativo e quindi è sicuramente la competenza della famiglia, però moltiplicata per 20

ed è anche da un punto di vista organizzativo comunque è molto impegnativo”.

Questi aspetti vengono aggravati dall’assenza di un regolamento dell’ULSS circa gli aspetti medici in comunità residenziale:

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Page 129: Terzo Settore E Networking

“non esiste un regolamento legato alle comunità che riguarda l’aspetto medico, lasciando

tutto alla volontà degli operatori, cioè ogni comunità poi si organizza… Per l’assistenza

medica, l’assistenza geriatrica, psichiatrica, non esiste un regolamento generale dell’ULSS”

Questa situazione, attualmente, viene affrontata grazie alla costituzione di “tavoli tecnici”. Tuttavia sta comportando, nel vissuto degli operatori, un problema per quanto riguarda la percezione del ruolo ricoperto:

“…Da una parte hai questo mandato informale che devi sostituire la famiglia, quindi dare un

carico, quindi prenderti l’incarico la responsabilità totale dell’utente; …vivi in po’ la tua

professionalità, c’è questa rispettanza, c’è questo tentativo di essere riconosciuto come

operatore, professionalmente competente no, ...solamente invece il bravo, ma il buono

operatore che si occupa di questo, viene riconosciuto la parte volontaristica”.

La percezione, quindi, di un mancato riconoscimento delle competenze professionali acquisite. Per quanto riguarda questo punto, però, emerge anche un senso di inadeguatezza per quanto riguarda alcune mansioni:

“… all’interno delle comunità, abbiamo tutte quante delle persone diciamo di una certa età

con problemi sanitari; però le competenze che vengono date nei corsi che si fanno per

operatore di assistenza , non sono, cioè secondo me, sufficienti per incontrare problemi di

questo genere. Cioè io mi sono anche informata su quello che poteva essere la Regione

che ti poteva dare magari delle competenze attraverso dei corsi tipo “Operatore Socio

Sanitario Specializzato”, però per accedere a questi corsi bisogna praticamente essere

dipendente ULSS o dell’ospedale in prevalentemente modo, per cui, uno all’interno di una

comunità, si trova magari di dover gestire tanti problemi sanitari, però non ha le

competenze per farlo e non hai neanche la possibilità di accedere a questi corsi per

apprendere le competenze che ti mancano”.

Per quanto riguarda le difficoltà segnalate, rimane da aggiungere la complessità delle “pronte accoglienze”:- “Le pronte accoglienze programmate, sono cose, ancora cose un po’ da definire perché

poi è vero … C’è una struttura organizzativa che deve sostenere anche un peso non

indifferente, inserire una persona nuova che non si conosce, vedere no, stabilire tutta una

serie di relazioni con l’ambiente, con gli altri, con gli operatori, non è così facile…per

affrontare queste situazioni E si non è semplice e facile la gestione delle pronte

accoglienze, assolutamente! Si!Siamo consapevoli come di questo aspetto nuovo”.

- “ Le pronto-accoglienze sono casi molto pesanti. Noi abbiamo delle sedi di pronto-

accoglienze ormai fisse che periodicamente vengono, sono casi molto pesanti, però

giovani. E quindi la famiglia si gestisce con le attività diurna e poi si gestisce in famiglia e

appunto, per crearsi degli spazi di sollievo, li inserisce in comunità in modo che così il

tempo dell’inserimento definitivo o si sposta nel tempo. Infatti sono ragazzi giovani molti,

129

Page 130: Terzo Settore E Networking

insomma finché c’hanno un papà e una mamma che è in grado di gestirli, preferiscono

tenerli a casa; anche perché spesso l’inserimento in comunità, da molte famiglie è vissuto

veramente come non ce la faccio più, mi tocca metterlo via perché io con lui non ce la

faccio più a gestirlo, è un enorme sofferenza.”

AssociazionismoPer quanto riguarda l’associazionismo, il richiamo è alle associazioni di genitori (es., Associazione Italiana Assistenza Spastici).

VolontariatoIl volontariato è presente all’interno delle comunità. Il problema segnalato è che spesso agli operatori non viene riconosciuto il ruolo professionale ma, solamente, quello di volontario.

RETI INFORMALIPer quanto riguarda questo tipo di reti, viene segnalata la necessità di una presa in carico ufficiale della famiglia. Infatti solo in questo modo potrebbero essere messe pienamente in atto le potenzialità positive che l’aiuto della famiglia può avere. Da sottolineare come con famiglia, nel corso dell’incontro, si faccia riferimento quasi esclusivamente alla madre.Per quanto riguarda i contatti con il territorio, viene richiamata la necessità di non limitarsi a passeggiate o visite ma all’opportunità di partecipare attivamente alla vita sociale. Questo comporta almeno due ordini di vantaggi:

• un’esperienza positiva per gli utenti che si possono sentire attivi;

• un’opera di sensibilizzazione, soprattutto nelle fasce più giovani, per diminuire i vissuti di paura e repulsione che spesso vengono provocati dall’incontro con la disabilità.

ParentaliLa situazione si differenzia a seconda delle comunità considerate, infatti là dove l’età degli utenti è più elevata i genitori non sono più presenti e sorelle e fratelli sono assenti.Viene richiamata la tendenza della famiglia a farsi carico, in maniera totalizzante, del disabile. Tale situazione comporta anche un sommerso, un numero di casi che non vengono segnalati tempestivamente ai servizi:“E poi da quello che so, ci sono ancora degli sconosciuti, persone barricate a casa. E non so, proprio non hanno un aggancio come i servizi domiciliari. C’è questo rapporto ambiguo come da una parte tengono nascosto, poi c’è come posso dire questo tentativo di occuparsi in maniera totalizzante come no del proprio figlio, quindi poi magari scoppia”

130

Page 131: Terzo Settore E Networking

Questa presa in carico totale, soprattutto da parte delle madri, comporta, nel momento della presa in carico da parte della comunità, un vissuto di perdita, di incapacità, molto elevato, un vissuto che si ripercuote sul lavoro all’interno della comunità stessa:

“l’intervento di famiglie è veramente un punto dolente, perché sono, secondo me, una

grossissima risorsa, però sono purtroppo, specialmente a livello di comunità, boh!, forse ci

sarebbe da fare tutto un discorso e anche qui una formazione, una presa in carico ufficiale

della famiglia, perché di fatto c’è una presa in carico! Non ufficiale! Però, almeno per quello

che è la mia esperienza, molto spesso l’inserimento di una persona funziona se c’è una

presa in carico di tutta la famiglia con le sue ansie, le ansie della mamma e le difficoltà di

staccarsi della mamma e non solo”.

Vicinato/amicali Viene segnalata la positività di “portare fuori” la disabilità. In questo senso possiamo riconoscere due aspetti preminenti:

• l’organizzazione di vacanze estive in località attrezzate;

• la partecipazione alla vita del territorio.

Entrambe le attività segnalano ottimi risultati. Nel primo caso gli operatori hanno assistito a una progressiva integrazione tra disabili e “normali”, integrazione che permette al “normale” di crearsi un’idea realistica della disabilità, anche se rimangono delle difficoltà legate a comportamenti imprevedibili. Nel secondo caso, l’apertura verso il territorio, attraverso la partecipazione a eventi pubblici, permette, da un lato, la conoscenza della realtà della comunità, dall’altro si è notato come questo poi stimoli attività di volontariato:

“Allora a questa festa del rock, noi tramite un operatore abbiamo avuto modo di avere uno

stand e alcune sere, diciamo il sabato e la domenica sera, abbiamo allestito questo stand

con delle attività che alcuni ragazzi avevano fatto. Ed è stata una bellissima esperienza,

prima di tutto perché, voglio dire, una festa dove dico c’è di tutto, ma proprio in quella

occasione siamo stati avvicinati e conosciuti da un gruppo di ragazzi adolescenti, quei

gruppi parrocchiali, no, il classico animatore e i ragazzini dietro, che si sono così informati

per fare del volontariato e da allora stanno venendo una, due volte al mese questi ragazzini

di 16-17 anni a fare volontariato, a stare qualche oraBello!Ed è stato molto bello perché

prima di tutto un target così giovane di ragazzini, insomma sensibilizzati a questa cosa e

comunque il farsi conoscere anche fuori. Al di là del bene che ha fatto ai nostri ragazzi,

erano entusiasti di questa cosa insomma, volevano fare mercatino in continuazione! perché

poi tutta la gente che veniva lasciava la mancia, insomma, e in più proprio poi questo

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Page 132: Terzo Settore E Networking

contatto con l’esterno, insomma, per farci conoscere com’è. E soprattutto st’aggancio da

parte di questo gruppo di volontari che è e sta continuando, che è molto bello insomma”.

UTENTIELEMENTI CONTINGENTI ED ELEMENTI STRUTTURALITra gli elementi contingenti troviamo, primariamente:

a) le trasformazioni a cui il sistema socio-sanitario è andato incontro a partire dal 2000 con un conseguente periodo di organizzazione e rodaggio;

b) la riforma costituzionale della forma Stato con nuove responsabilità per gli enti locali, in primis le Regioni;

c) i tagli alla spesa pubblica che aggravano i bilanci di Regioni, Province e Comuni e che comportano soglie di incremento annuo dei servizi inadeguate.

In questa situazione un elemento di aiuto è rappresentato dal tavolo di concertazione permanente, che, però, viene vissuto come lontano dai centri decisionali.Tra gli elementi strutturali abbiamo:

a) inadeguatezza degli orari dei centri diurni che non corrispondono alle esigenze della famiglia (sia nel caso di genitori giovani che lavorano, sia nel caso di genitori anziani che non possono farsi carico di un impegno troppo pesante);

b) mancanza nel territorio di servizi integrativi.

I FASE

Viene evidenziata l’assenza di una reale politica di aiuto alla famiglia. Per quanto riguarda la disabilità, gli utenti segnalano un’inadeguatezza rispetto sia alla qualità che alla quantità di servizi offerti con un conseguente ricorso al residenziale. Infatti si fa notare come la maggior parte dei residenziali sia stabile e con i genitori in vita.Dall’incontro non emerge l’esistenza di una rete integrata di servizi nel territorio, anche se viene riconosciuto come negli ultimi anni i servizi offerti siano notevolmente cresciuti. A questo riguardo, però, si lamenta che il 90% delle risorse per la disabilità sia rivolto ai centri residenziali.Le problematiche emerse propongono una situazione in cui i genitori vivono un cattivo rapporto con le istituzioni (tavolo di concertazione), dove percepiscono una scarsa volontà di affrontare il problema attraverso modifiche strutturali. Per altro emerge anche un vissuto negativo nei confronti degli operatori dei centri residenziali che vengono visti come portatori d interessi personali (mantenere il posto) contrapposti agli interessi degli utenti (rimanere in famiglia).

132

Page 133: Terzo Settore E Networking

Per quanto riguarda le reti parentali si lamenta la totale assenza delle sorelle e dei fratelli che non vengono incentivati a seguire l’utente dopo la scomparsa dei genitori

RETI FORMALIViene lamentato un eccessivo ricorso al residenziale a causa della limitatezza dei servizi alternativi e a una mancanza di investimenti sul lungo periodo per creare nuove forme di assistenza.

ServiziCentri diurni

Per quanto riguarda i centri diurni emergono, sostanzialmente, due aree problematiche:

• i criteri di accesso al servizio;

• l’orario del servizio.

Queste aree vengono identificate come una delle cause per cui la famiglia non può sostenere il peso dell’assistenza e ricorre al servizio residenziale. Infatti, i partecipanti all’incontro, lamentano che tra i residenziali solo una minoranza non abbia la famiglia:

“Perché sa, noi abbiamo scoperto che su 140, 135 – 140 inserimenti residenziali, solo 13

erano senza genitori.”

Questa situazione viene a crearsi anche per un’insufficienza dei centri diurni:“Su 140 inserimenti 130 sono fissi. Questo ci porta a pensare che probabilmente è mancata

una politica alternativa che potesse aumentare i servizi oppure dilazionarli. Tanto è vero

che io personalmente ho chiesto che mandare a casa i ragazzi alle quattro e mezzo è

troppo poco. Troppo presto per le persone giovani, le coppie giovani che hanno bisogno di

lavorare. Quindi non c’è nessun angustia, nessun ecc. che mandi fuori alle 3 e mezzo o 4.

Anche la persona anziana non ha più quella capacità, quella forza fisica, di poter, quando

vengono a casa i ragazzi che sono certamente più giovani dei genitori, di molto, di portarli

fuori …”.

Oltre a problemi di orario, un altro ostacolo è dato da un tetto massimo di accesso al servizio:“non si può sforare l’inserimento nei centri diurni che è 4%. Se ci sono ragazzi che entrano

nel 7-8-10% stanno a casa. Ci sono già …che stanno a casa”.

Gruppi Educativi Territoriali (G.E.T.)Il GET viene indicata come una delle risposte migliori. Tuttavia, viene indicata la necessità che questi continuino ad essere formati da gruppi omogenei:

“…era partito benissimo diceva con gruppi similari che avevano già appreso determinate

abilità, magari uno soltanto di grave, che non incide granché, poi con la legge sulla

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territorialità che tutti quelli sul territorio possono e devono accedere è saltato tutto. Allora

capisce che mi salta il sistema di educazione”.

IstituzioniTavolo di concertazione

Il Tavolo di Concertazione viene indicato come lo strumento principe di interlocuzione con le istituzioni. Il problema che viene incontrato è relativo alla limitatezza delle risorse nella spesa sociale:

“il novanta percento del sociale va per i disabili, in questo quasi tutto va nei residenziali.”

Inoltre viene percepita una mancanza di volontà nel voler affrontare investimenti finanziari che potrebbero abbassare il ricorso al residenziale e, quindi, abbassare i costi:

- “Ma alla fine di ogni anno sentiamo non ci sono soldi – allora facciamo un esame. Perché

c’è stato questo sforamento? Non certo per i diurni. Costano 20-30 milioni massimo. Anche

meno. Non certo per le cooperative sociali perché costano 6 milioni. Adesso hanno

inventato gli eco centri e tutte queste cose qua. Chiaramente credo che possano essere

anche una risposta. Quello che mi disturba è che questa risposta la si da partendo da un

principio. Non ci sono risorse E questi chiaramente costano meno – sui 3, 4, 5 milioni.

Allora, esaminiamo le voci grosse che sono sempre i residenziali. Partiamo da là.

Cerchiamo di fare un investimento sulla famiglia, proprio. Che vada aiutata, che vada

sostenuta. Ritengo che avremo una ricaduta notevole poi. Da un punto di vista economico,

da un punto vista morale, da un punto di vista di qualità della vita per i disabili.”

- “A questo tavolo di concertazione dove lavoriamo con gli amministratori … Vede che

manca la volontà, è questo che disturba, manca la volontà.”

RETI QUASI FORMALI

AssociazioniLe associazioni vengono indicate in quanto associazioni di genitori. Si tratta di associazioni che si muovono, primariamente su due livelli, uno di rappresentanza di interessi presso il Tavolo di Concertazione e uno di attivazione e gestione di servizi nel territorio.

Cooperative

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Le cooperative vengono riconosciute nella gestione di alcuni centri territoriali, nell’inserimento lavorativo e nella gestione dei centri residenziali.

Centri territorialiViene riportato come il ricorso a cooperative nella gestione di servizi territoriali, anche innovativi, debba essere incentivato e come questi servizi possano rappresentare un utile alternativa per la famiglia rispetto alla residenzialità.

Inserimento lavorativoPartendo dal presupposto che solo una minoranza dei disabili può avere accesso a questo tipo di servizio, a causa della gravità, si fa notare come la famiglia possa vedere questa iniziativa come un pericolo:

“…ma se ci sono dei fallimenti ritorneranno nel percorso però, quando? Io intendo se oggi

un percorso è fallito e oggi e mercoledì facciamo che lunedì lo rimando. Non è vero. Perché

mi trovo davanti lo sbarramento del 4% e allora?”

Centri residenzialiIl ricorso ai centri residenziali ha un giudizio totalmente negativo sia dal punto di vista della sostenibilità economica sia dal punto di vista educativo (per la famiglia). Viene anche posta una questione di interessi contrapposti tra operatori dei centri e genitori:

“il punto di vista dell’utenza è molto diverso dal punto di vista degli operatori perché non

abbiamo posti di lavoro da salvare”.

Non viene percepita una differenza sostanziale con i vecchi istituti:“Poi vengo a sapere che ci sono ragazzi che hanno 8 anni, 10 anni, 15. Quindi dico allora,

che differenza c’è tra gli antichi istituti e adesso? Questi qua, poveretti, muoiono dentro là”.

RETI INFORMALILe reti informali vengono descritte come essenziali per un ricorso minore al residenziale. Da questo punto di vista vengono richiesti maggiori servizi per alleviare il carico di lavoro dei genitori e una maggiore apertura verso il territorio che, là dove applicata, ha dato notevoli risultati. Si lamenta l’assenza di una politica di coinvolgimento delle sorelle e dei fratelli, totalmente assenti.

ParentaliLa rete parentale si identifica esclusivamente con i genitori. Alla loro scomparsa il disabile perde qualunque legame familiare.

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Page 136: Terzo Settore E Networking

GenitoriLa famiglia viene descritta come abbandonata, non supportata nella gestione del disabile, per cui richiede il ricovero in centri residenziali:

“Nessuna famiglia si vuole liberare del proprio figlio. Certo che quando il dramma diventa

tragedia, o no?”

“La famiglia non ha altra scelta.”

I problemi maggiori riguardano la gestione dei tempi, infatti i servizi diurni hanno orari incompatibili con quelli del lavoro, per le famiglie giovani, e incompatibili con le forze rimaste per le famiglie anziane. In caso di ricoveri precoci, poi, si fa notare come, gradualmente, i genitori escano di scena:

“Il fatto di metterli dentro, la famiglia, sapete, il primo mese ci va un giorno sì, un giorno no,

il secondo ci va una volta alla settimana, il terzo ci va una volta al mese e poi non ci va più.

E questo è la differenza …”.

Viene, poi, fatto rilevare come l’attuale situazione porti a degli scontri tra i genitori per quanto riguarda la gestione dei servizi. Infatti viene contestato il fatto che all’interno dei servizi territoriali, i gruppi di utenti non vengano formati omogeneamente a seconda del grado di disabilità ma per residenza. Tuttavia questa situazione sta portando a delle incomprensioni all’interno delle assemblee a causa della richiesta avanzata di tornare ai gruppi similari. Questo viene indicato come un discorso tabù tra i genitori:

“È difficile per me parlarne nell’assemblea quando mi trovo davanti il papà di quello o la

mamma di quello che sono gravissimi perché mi saltano addosso quindi devo parlare

davanti ai dirigenti”.

FratelliI fratelli vengono identificati come totalmente assenti e deresponsabilizzati. Questa situazione crea una discrasia rispetto alla politica verso la famiglia. Infatti la famiglia viene fata coincidere solamente con i genitori che, però, non sopravvivono sempre al figlio disabile, che quindi, con il tempo, è destinato a perdere qualunque legame familiare.

TerritorioViene riconosciuta l’importanza di attivare servizi che permettano al disabile di relazionarsi con il territorio. In questo senso viene riportato un esempio in cui un gruppo di disabili di un CEOD che ha portato i ragazzi all’interno di una scuola media per insegnare agli alunni a personalizzarsi le magliette.

II FASE

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La rete parentale viene indicata come principale fonte di sostegno per il disabile. Per altro la famiglia viene vista come abbandonata a sé stessa e obbligata a ricorrere al centro residenziale, con un progressivo disinvestimento verso il disabile. Altra fonte di aiuto viene vista nel volontariato che viene indicato come sostitutivo anziché integrativo. Per quanto riguarda il vissuto verso le reti formali, esso è prettamente negativo.

RETI FORMALIPer quanto riguarda la rete formale, il giudizio è negativo. Se da un lato si lamentano servizi inadeguati, dall’altro si trova un vissuto di impotenza legato agli attuali tagli al settore sociale che dal livello nazionale arrivano a quello comunale. Questo comporta nelle famiglie un senso di abbandono, soprattutto nei casi di disabilità grave, con una presa in carico insostenibile e un conseguente ricorso al residenziale.

ServiziCentri diurni

Per quanto riguarda i centri diurni si continua a lamentare l’inadeguatezza dell’orario rispetto alle esigenze della famiglia. Inoltre viene segnalato come a questo si aggiunga il fatto che il servizio viene garantito solo cinque giorni a settimana con l’aggiunta delle chiusure per le festività:

“… 20 giorni al mese sono pochi, sono stati a casa 21 giorni questo Natale, ma è

possibile?”

Inserimento socialeRispetto all’inserimento sociale, pur riconoscendone l’importanza, vengono evidenziati due ordini di problemi:

• il progressivo distacco dall’operatore;

• la difficoltà a riavere accesso al servizio diurno in caso di fallimento.

Per quanto riguarda il primo punto, si segnala come la strutturazione dell’inserimento su un arco triennale con un progressivo distacco dall’operatore di riferimento possa causare degli scompensi:

- “… il primo anno c’è un tot di ore, il secondo c’è un dimezzamento di ore, il terzo viene

schiacciato; allora qui cominciano i problemi”.

- “Ecco quando io vedo che un operatore si stacca per un ragazzo, diciamo una parola

impropria medio o lieve, perché comunque se è da 15-20 anni in centro, vabè vuol dire che

non può fare altrimenti, si stacca due, tre mattine, poi ritorna nel centro, primo anno e

quindi è tutto un entusiasmo. Ne conosco di questo tipo adesso, di questi inserimenti,

secondo anno un operatore si tira un po’ via però rimane ancora, terzo anno potrebbe

lasciarlo lì a carico di, ecco è qua che cominciano le storie, è qua che cominciano, allora

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non si può più rientrare nel centro, deve mettersi in lista d’attesa. Sa, tenersi a casa un

ragazzo disabile quando i genitori cominciano a invecchiare …”.

Il non poter avere un rientro immediato al servizio comporta per la famiglia un aggravio della situazione, con una presa in carico totale (24 ore su 24 per sette giorni a settimana). Questo comporta anche un aggravio della situazione economica con una conseguente presa in carico da parte dei servizi sociali.Rispetto all’inserimento sociale, viene fatto rilevare come questo abbia comportato delle modifiche nell’assunzione degli operatori:

“… i nuovi che entreranno ci saranno sempre, però non a tempo pieno, indeterminato, ma

tempo determinato, pensa a un anno di osservazione in base a quell’anno etc. etc. Allora in

un anno ci può essere uno, due, tre, un altro anno no, e anche gli operatori non potranno

essere assunti a tempo indeterminato, ma secondo il bisogno dovranno assumere. E allora

anche lì c’è punto di domanda: perché quando una mi resta come operatore per un anno

dentro e comincia a conoscere un pochino, è il momento che dopo magari non c’è bisogno

di operatore e te lo lasciano a casa? Allora i servizi non è che ci rischi anche di fare un

disservizio per chi lavori anche per chi è lì ad usufruire del servizio. Questo qui è una

grossa preoccupazione per le famiglie, eh!”

IstituzioniLe istituzioni vengono richiamate, quasi esclusivamente, per quanto riguarda i tagli dei fondi:

“Siamo tutti noi alla fine …. ha tagliato la nazionale, la Regione, è tutta una conseguenza,

logico, no? I comuni si sono visti tagliare anche quelli, i finanziamenti”

Questo comporta, da parte dei presenti, un vissuto di impotenza:“… andiamo alla finanziaria, se ci sono dei tagli, per quanto buona volontà ci sia, c’è poco

da fare, abbi pazienza, hai capito? Cioè questo nostro discorso va inserito in un quadro più

grande, allora buona volontà va bene, le speranze pure; però se a monte mi fanno dei

vincoli …”

RETI QUASI FORMALITra le reti quasi formali, la più importante appare quella del volontariato. In questa situazione il volontariato non arriva a farsi solamente carico dell’assistenza ma giunge a coprire il lavoro dei disabili quando necessario. Tuttavia è forte la convinzione che il volontariato dovrebbe rappresentare un “di più” e non la soluzione ai problemi, che dovrebbe essere garantita dai servizi.

Volontariato

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Il volontariato viene indicato come una delle principali risorse:- “Ora non si può appoggiare tutto sul volontariato, anche perché, il volontariato, è una

grossa pedina utile, ma non può essere sostitutiva; e invece mi sa che qua si poggia tanto,

troppo forse, sul volontariato.”

- “Il volontariato è valido finché è una cosa in più che ti dà, non quello che ti sostituisce.”

È una risorsa anche per le cooperative, infatti viene indicato come, in alcuni casi, siano i volontari a portare a termine i lavori in tempo utile per le consegne là dove i disabili non riescano:

“… nella mia cooperativa ci sono volontari che vanno a lavorare di sera, quello che i ragazzi

non riescono a fare, quindi si capisce bene che sono 20-30 persone davanti alle quali tanto

di cappello, perché lasciano le loro famiglie insomma prendiamone atto, ecco capito?”

CooperazioneIl riferimento maggiore alla cooperazione si ha per quanto riguarda il lavoro. Infatti la nuova normativa prevede che le aziende possano essere sollevate dall’obbligo di assunzione di persone svantaggiate se appaltano parte della lavorazione a cooperative sociali. Viene segnalato come la crisi che sta investendo l’Italia, nord-est compreso, abbia comportato una diminuzione delle commesse.

AssociazionsmoiIl richiamo è alle associazioni di genitori e alla loro duplice funzione:

• come gruppi di pressione sociale verso le istituzioni;

• come veicolo di informazione per le famiglie.

Per quanto riguarda il primo punto l’attenzione è rivolta alla costituzione del tavolo di concertazione:“… da quando è venuta da cos’è, un paio di anni fa? Quella famosa delibera della protesta

dei sindaci, che avevano abbassato le famiglie di una cifra senza prima consultare le

associazioni, e ora c’è stato un sollevamento da parte di tutte quante le associazioni delle

famiglie, insomma e da quello è poi sorto quel tavolo di concentrazione permane, che

insomma, tutto sommato, se non altro, è una buona cosa perché è un momento dove si

può anche incontrare, confrontare, dopo la decisione sappiamo che non è quel tavolo che

le prende naturalmente, no? comunque, adesso che cos’è stato definito un po’ la

rappresentanza delle varie associazioni, degli enti, etc.”

Se da un lato, quindi, vi è soddisfazione per la costituzione di un luogo di contrattazione, dall’altra vi è la presa di coscienza che non si sta dialogando con chi prende realmente le decisioni. Questo vissuto negativo viene rafforzato dall’aver firmato un accordo di programma molto generico:

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Page 140: Terzo Settore E Networking

“Naturalmente, noi abbiamo sottoscritto questo documento, perché se non lo sottoscriviamo

al tavolo non potevamo più esserci, discutere di queste cose, fare altre proposte,

correggere queste cose….appunto la possibilità di farlo”.

RETI INFORMALIPer quanto riguarda le reti informali, si nota un progressivo aumento della visibilità del disabile nel territorio. A fronte di questo, però, la famiglia viene ancora identificata come unica risorsa e, in questo modo, sovraccaricata di lavoro e responsabilità, portando a situazioni di impoverimento e di forte disagio sociale che vanno ad aggravare ulteriormente la situazione sino all’impossibilità per la famiglia di continuare a farsi carico del disabile.

ParentaliLa famiglia viene descritta in una situazione di grande difficoltà per cui il ricorso al residenziale diviene quasi obbligatorio:

“… che sollievo hanno le famiglie? Allora è anche logico che poi le comunità scoppino,

perché le famiglie scoppiano, sono persone anziane, sono persone cagionevoli, come

fanno?”

Per altro si lamenta la totale assenza di sorelle e fratelli.

TerritorioPer quanto riguarda il territorio, i partecipanti segnalano come negli ultimi anni vi sia stato un cambiamento culturale che ha comportato una maggiore visibilità del disabile e una sua maggiore visibilità.

140

Page 141: Terzo Settore E Networking

DISABILI PSICHICIFOCUS GROUPCome detto, dalla discussione interna ai focus group con utenti dei Servizi, Associazione di utenti, sono emerse analisi e riflessioni sulla situazione dei Servizi, sui punti di forza e di debolezza e sulle problematiche emergenti. Il lavoro dei gruppi si è svolto in due fasi (la seconda dopo un anno per meglio riflettere e sistematizzare le problematiche emerse. In particolare, l’analisi di quanto elaborato nei fous group è stata elaborata tenendo conto della possibilità di valutare la consistenza delle diverse dinamiche relazionali espresse dentro reti di relazioni secondo la divisione in11.- Reti Informali caratterizzate da contenuti di affettività e/o affinità rispetto a un soggetto e svolgono una

funzione protettiva, di sostegno e di sviluppo dell'identità,12.- Reti quasi formali che comprendono gruppi che si sono sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle

persone,13.- Reti formali che comprendono rapporti di tipo asimmetrico e il contenuto è di tipo professionale.14.L’organizzazione dei focus group è indicata nello schema seguente:

AREA UTENTIDisabili psichici Ass. Davide e Golia

DIAPSIGRAPSICHE 2000

Dai due incontri emerge la necessità di una maggiore sinergia tra tutte le realtà che si occupano di disagio psichico, anche come risposta alla scarsità delle risorse economiche disponibili:

“Forse una soluzione attuale è proprio quella del lavoro di rete. Per esempio, se prima la

struttura da uno a dieci faceva otto e adesso ha i soldi per fare solo quattro ma serve

sempre dieci, l’auto-aiuto potrebbe fare due e così arriviamo a sei, una comunità potrebbe

fare altri due e prendere i soldi da una azienda che la sponsorizza, arrivando così ad otto,

la famiglia può fare due e arriviamo così a dieci. Dobbiamo essere reali, deve essere reale

la presa in carico del proprio compito ma nello stesso tempo riuscire a mettersi attorno ad

un tavolo, come avete fatto voi per il progetto, e mettere giù (come è scritto nell’ultima

voce) un reale percorso educativo esistenziale personalizzato, non deciso solo dagli altri

ma anche da chi ha per primo il disagio.”

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Page 142: Terzo Settore E Networking

Se nel primo incontro sono state analizzate le diverse difficoltà presenti, che partono con la diagnosi, nel secondo incontro, invece, sono state presentate sinteticamente delle possibili misure da implementare per rispondere a queste esigenze.

UTENTI

I FASE

RETI FORMALIUn problema fondamentale riguarda il riconoscimento del disagio psichico. Questo problema riguarda, primariamente, la scuola e il medico di base. Esiste una incapacità a riconoscere il disagio agli albori, quando è ancora lieve e la risposta più frequente ai primi sintomi è il rifiuto.Per quanto riguarda il momento di crisi, l’unica risposta possibile è il ricovero. In questo caso si lamenta un ricorso eccessivo al farmaco, molto spesso accompagnato da un periodo più o meno lungo di sperimentazione per giungere alla scelta del farmaco più adatto. Inoltre ad un aggravamento della situazione si risponde con una terapia farmacologica più intensa, manca un’attenzione verso la relazione.Per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni, si realizza un taglio dei fondi. Il tentativo è di far comprendere agli amministratori, soprattutto sindaci, che un giusto investimento in assistenza domiciliare e gruppi di mutuo-auto-aiuto, porterebbe ad un risparmio.

ServiziPer quanto riguarda la rete di servizi pubblici, le problematiche emergenti riguardano una difficoltà a superare il filtro del medico di base, molto spesso non preparato ad affrontare questo tipo di problematiche. Inoltre, si riscontra un ricorso eccessivo al farmaco e scarso alla relazione.

Medico di base

Il medico di base rappresenta il primo contatto per soggetti che inizino a manifestare dei disturbi e anche il primo filtro per l’accesso ai servizi:

“Intanto, metti un muro per l’impegnativa perché per avere l’impegnativa dal medico di base

dopo aver detto che non stai bene forse alla quarta volta, se ti va bene, ti fa l’impegnativa.

Questa impegnativa per una consulenza psichiatrica…. La persona che ha un disagio,

anche di un certo tipo, cioè lieve che non ha avuto ancora episodi di depressione maggiore,

che non ha una depressione psicotica, la depressione che uno si porta avanti che non ha

142

Page 143: Terzo Settore E Networking

ancora certe… Prima di arrivare ad avere l’aiuto di qualcuno, comunque, si arriva dopo

tanto e dopo tanto si arriva dallo psichiatra.”

Questa situazione viene attribuita, sostanzialmente, a una scarsa conoscenza da parte del medico di problematiche psicologiche:

“Comunque c’è da dire che i medici di base sono disinformatissimi. C’è il medio di base che

si occupa di tutto anche oltre quello che dovrebbe, e questo non chiede mai consulenza,

oppure, chiede consulenza si fa una terapia e poi lui se la modifica a modo suo…. Ci sono i

medici di base che ti scaricano tutto e non fanno niente…. Addirittura tanti utenti dicono che

vanno dal medico di base per chiedere un aiuto, un ausilio o dove possono rivolgersi per la

psicoterapia e i medici di base non prescrivono niente perché dicono che non serve. Quindi

gli utenti si rivolgono a noi perché non sanno da chi andare”.

Viene riscontrata soprattutto questa tendenza del medico a voler risolvere da solo la situazione con l’utilizzo del farmaco:

“La migliore risorsa sarebbe invece quella di collaborare e che il medico chieda magari la

consulenza dello psichiatra e poi se lo gestisca pure se la situazione è lieve. Questo però

non è nella mentalità del medico di base. I pazienti usano tanti farmaci poi vanno dal

medico di base che però continua a prescrivere dei farmaci….Un medico di base dovrebbe,

invece, stare attento se un paziente chiede ricette più del dovuto. Spesso i nostri psichiatri

si rendono conto e devono telefonare al medico di base per dire di non prescrivere più

farmaci”.

Una delle spiegazioni addotte, si collega al numero di assistiti che impedisce al medico di farsi carico di un paziente con problematiche psichiatriche,anche lievi:

“Per la mia esperienza loro non sanno nulla sulla salute mentale, se sanno qualcosa fanno

finta di non sapere perché è un problema che loro non hanno né il tempo né la voglia di

gestire. Quindi, sotto l’ aspetto burocratico, per fare la carta per l’impegnativa loro sono

presenti, sotto l’aspetto terapeutico no. Questo accade per tanti motivi primo fra tutti per il

fatto che il dottore ha tanti mutuati che vanno e vengono ma non è inserito in maniera

territoriale”.

Questa ultima osservazione riporta alla necessità, per il paziente psichiatrico, che il medico sappia lavorare in sinergia con le altre figure presenti nel territorio e che questo possa avvenire solo attraverso una sensibilizzazione specifica verso la problematica del disagio psichico:

“Per questo penso che il medico di base debba sicuramente intendersene di malattie

mentali ma anche di lavoro in rete. Nel momento in cui c’è la richiesta deve saper bene

143

Page 144: Terzo Settore E Networking

cosa vuol dire e in cosa consiste l’invio. Non credo che si possa pretendere, cosi come per

le altre malattie, che lui sappia.”

Ospedale

Il servizio ospedaliero viene visto come uno dei servizi presenti nel territorio e il giudizio, generalmente, non è positivo:

“Però guardi la struttura sanitaria di un ospedale, secondo me, è sempre carente. Per me la

struttura dell’ospedale…..quando andavo a trovare nel reparto di psichiatria mio figlio

dicevo: ma mio figlio cosa è l’ultimo degli ultimi”.

Le critiche maggiori riguardano:

• l’uso, considerato eccessivo, di farmaci:

“Io ho conosciuto una ragazza dentro il reparto che sta prendendo un numero

impressionante di farmaci.”

Che per altro viene mantenuto anche dopo le dimissioni:“per il nostro ospedale, per la psichiatria, non c’era niente, non si poteva fa niente, il

ragazzo doveva star a casa, sempre a letto imbambolato con psicofarmaci.”

• La situazione di immobilità in cui il paziente si viene a trovare:

“sei praticamente chiuso dentro quattro mura e la giornata è scandita dalla colazione, dal

pranzo e dalla cena, dal giro dei medici. Per il resto non esiste altro”

D’altro canto viene riconosciuta la disponibilità umana del personale infermieristico:“io ho trovato delle persone che magari mentre guardi la televisione si siedono lì e

scambiamo quattro chiacchiere, ti chiedono, cercano di consigliarti così come potrebbero

fare con un amico, o una persona conosciuta.”

I problemi maggiori, soprattutto per i familiari, si riscontrano alla dimissioni dopo il primo ricovero:“Mi sono trovato, invece, in difficoltà dopo. A fine ricovero. Il dopo ricovero è stata una

situazione nuova da affrontare per me e mi sono trovato veramente in difficoltà. Difficoltà e

incapacità a gestirla. Ho cercato in giro per vedere se qualcuno poteva darmi una mano,

sostenermi……non ho trovato niente.”

Centro di Salute Mentale (CSM)

Il CSM viene descritto come:“il motore, la continuità, la prevenzione, il cerca lavoro.”

144

Page 145: Terzo Settore E Networking

Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, un forte contributo viene riconosciuto all’assistente sociale del CSM:

“Si c’è l’assistente sociale, poi hai un colloquio con le educatrici che sono quelli che poi ti

presentano per sul posto di lavoro. Poi hai un mese di prova per vedere se riesci a tenere il

lavoro. Adesso io sto facendo 4 ore al girono, poi vedremo come andrà più avanti.”

Inoltre viene indicata come positiva la nuova modalità di distribuzione dei farmaci:“i farmaci non li vanno a prendere in farmacia ma li danno direttamente al dipartimento o al

Centro Salute Mentale. Hanno riscontrato che c’è una diminuzione di farmaci notevole sotto

l’aspetto economico. Tra le ricette che prima rimborsavano e la quantità di farmaci che

danno adesso loro hanno avuto un risparmio del 30, 40 %. Quindi hanno fatto un buon

servizio.”

Un aspetto importante è legato ai colloqui. “…il colloquio è importante ma non è qualcosa di risolutivo. Dura trenta minuti e poi si rifà

dopo due mesi, lasciando il tempo che trova.”

“Bisognerebbe che questi colloqui fossero sostituiti da qualche azione più incisiva.

Qualcosa che non sia un semplice colloquio ma un qualcosa che sia inserito nell’ambito di

un percorso. Da quello che mi ricordo, quando andavo a colloquio, era un… fuori da tutte le

difficoltà che avevo accumulato. Così, però, non avevo una soluzione del problema, anzi,

ritornavo a casa e avevo ancora più problemi.”

Day Hospital

Il Day hospital viene descritto come una struttura positiva:“Come servizio è ottimo, anche il Day Hospital perché siamo seguiti da 2 o 3 psichiatri. ...

Perché il Day Hospital è un ricovero che può andare dalla mattina alla sera, si mangia là e

poi ognuno va casa sua. Io sono stato ricoverato a Vicenza un due tre volte e tramite il

Centro Salute Mentale di Vicenza sono andato al Day Hospital.”

Scuola

La scuola viene indicata come luogo privilegiato per la segnalazione del disagio, purtroppo questo non sempre avviene perché il disagio psichico è difficile da capire:

“… a scuola lo hanno buttato fuori quando era al liceo, perché non avevano capito che

c’era della sofferenza nel giovane. Perché prima di capire le cose c’è ne vuole. Anche io

che sono sua mamma e che lo ho sempre seguito, non mi ero resa conto che il suo disagio

fosse causato….Credevo che fosse perché i licei vogliono che studino come matti, perché il

sabato e la domenica devono studiare. Invece aveva finito la terza bene, in quarta il

145

Page 146: Terzo Settore E Networking

ragazzo era crollato per un esaurimento, non so. Quando hanno visto che cominciava a …

in quarta mi hanno chiamato e mi hanno detto: Signora suo figlio non può più stare in

questa scuola. Deve cambiare scuola, perché non era più all’altezza di essere bravo come

tutti gli altri.”

Vengono però segnalati anche casi in cui la segnalazione è partita proprio dai docenti.“gli insegnanti si sono messi in contatto con gli psichiatri. Questi poi lo hanno aiutato nel

modo che hanno potuto perché non capivano. Non capivo niente anch’io ma non capivano

niente anche gli insegnanti.”

Il problema maggiore per quanto riguarda l’assistenza durante il periodo scolastico riguarda la fascia 14-18 anni:

“… è lì (nella scuola)che si raccolgono i disagi. Noi stiamo cercando di stimolare la

neuropsichiatria piuttosto che la psichiatria chiedendo se è possibile fare un progetto che

vada a colmare quel gap che c’è tra la neuropsichiatria e la psichiatria, cioè, per quel buco

che va dai quattordici ai diciotto anni, quando non si è seguiti da nessuno, perché si è

sopra i quattordici per cui non si è più seguiti dalla neuropsichiatria ma si è ancora sotto i

diciotto e per cui non si è seguiti nemmeno dalla psichiatra. Questo è, invece, proprio il

momento in cui esplode la malattia. Allora noi diciamo:si può trovare il modo per fare dei

progetti con delle strutture o delle realtà che accolgono e raccolgono questi disagi? Si

possono convincere le scuole a investire su una figura professionale all’interno di una

scuola che raccoglie disagi?”

Istituzioni

Comune

Per quanto riguarda il Comune, il riferimento è alla Consulta dei Sindaci:“Per loro (i sindaci), infatti, è un problema quando succede qualche fattaccio e inoltre hanno

continuamente richieste, per le difficoltà dalle famiglie. Per cui stanno pensando (siamo

ancora all’anno zero) di prendersi per primi questa responsabilità. Delegare meno. Se

hanno questa mentalità, potranno dimostrare che un gruppo di auto-aiuto o un’assistenza

integrata domiciliare avranno anche per loro, come Comune, un costo inferiore. Io ho visto

un interessamento in questo senso. L’intenzione di fare questo c’è … Bisogna capire che

anche la psichiatria deve vedere sotto questo aspetto l’avvenire della salute mentale

altrimenti rimane chiusa …”

146

Page 147: Terzo Settore E Networking

Provincia

Centro Provinciale per l’ImpiegoPur riconoscendo un valore positivo a questa struttura, rimane il problema di stigma legato al disagio psichico che impedisce un reale inserimento lavorativo:

“Diciamo che anche qui ho trovato una buona corrispondenza nell’ambito del centro per

l’impiego provinciale….Però sono scoordinati. Un esempio ne è la signora che ha suo figlio

che lavora. Una ditta ha preso un elenco di tutti i disabili iscritti alla lista speciale, la legge

68, ha fatto il colloquio con tutti e si è preso quello che andava bene per lui. E’ un disagio

per che va e resta rifiutato soprattutto se questo ha un disagio mentale. Per cui io ho scritto

una lettera molto blanda, perché siamo in buoni rapporti, e loro mi hanno detto che adesso

vedremo di fare un percorso. Siamo, cioè, come all’anno zero, c’è la volontà di fare questo

però mettere insieme, in sinergia, anche se c’è la volontà è difficilissimo.”

Regione

Alla Regione viene riconosciuto il compito di supportare iniziative del Terzo Settore:“La Regione riconosceva la validità di un intervento come gruppo di auto-mutuo-aiuto per la

salute mentale e lo inseriva all’interno di quel quadro di leggi che aveva seguito Basaglia

che poi per la Regione Veneto era il progetto obiettivo.”

Si lamenta che alcune realtà di mutuo-auto-aiuto non abbiano ancora ricevuto finanziamenti, nonostante il fatto che là dove siano stati elargiti si siano ottenuti risultati positivi con costi ridotti.

RETI QUASI FORMALILe Reti Quasi formali vengono viste come complementari all’aspetto di cura, in quanto sono funzionali all’estensione e alla creazione di relazioni, non sono viste come alternative:

“Non che realtà come la nostra non vogliano occuparsi di tutta la patata bollente, ma non

vogliono la delega senza essere pronti… Inoltre ad ognuno la sua competenza. Una volta

un infermiere del servizio mi ha detto: “ voi fate delle cose bellissime, però, le facciamo

anche noi, se andiamo avanti così e continuano a nascere di queste realtà noi restiamo

senza lavoro”. La mia risposta è stata che le soluzioni possono essere due: 1) scegliere

dove andare a lavorare, cioè, o fuori, in un gruppo come il nostro, in un gruppo di auto-aiuto

o in una comunità, oppure lavorare dentro; 2) che la struttura si specializzi nella terapia,

perché non ci sono i soldi per fare tutto. Fuori si specializzeranno nel resto.”

Cooperazione

147

Page 148: Terzo Settore E Networking

La realtà cooperativistica viene indicata come positiva in esperienze di formazione e nella gestione di centri diurni, visti come risposta positiva sia per l’utente, che può ricominciare a costruire una propria indipendenza, sia per la famiglia che può avere del tempo liberato dall’assistenza.

Associazioni

Le realtà associative riguardano soprattutto l’area del mutuo-auto-aiuto e la gestione del tempo libero. Tra le diverse associazioni (soprattutto di genitori) non esiste una tendenza univoca nel richiedere risposte adeguate al problema, se da un lato esiste una realtà che privilegia un intervento relazionale, dall’altra esistono realtà che richiedono l’apertura di centri in cui rinchiudere i figli, soprattutto in casi in cui la famiglia, facendosi totalmente carico del figlio, scoppia:

“… c’è, per esempio, un’associazione che porta avanti il discorso di riaprire, anche se in

maniera diversa e più soft… perché è anche vero che quando la famiglia non c’è la fa da

sola, l’unica soluzione è scaricare completamente il problema, unica soluzione possibile).

Se non si riesce a creare una rete per dare una risposta, la prospettiva che le persone

finiscano in un ricovero, diventa logica. C’è, dunque, qualche associazione che porta avanti

questa linea perché è sentita da diversi genitori. Non posso negare che chi mi telefona, per

la maggior parte, lo fa per la richiesta di strutture di questo genere perché non c’è la fa più

e mi chiede: dove posso metterlo? Cosa posso fare? Secondo me tutto questo è una

conseguenza ma effettivamente c’è chi la pensa così, proprio, perché non c’è la fa più.”

Volontariato

Per quanto riguarda il volontariato ne viene indicata la necessità, sottolineando come questo sia presente in altri reparti ospedalieri, come la pediatria

“…45 volontari presenti 365 giorni all’anno che mi attivano tutta la parte assistenziale della

scuola elementare e della sala giochi.”

e sia carente in psichiatria dove l’aspetto relazionale dovrebbe rivestire un ruolo fondamentale. Viene percepita anche una diffidenza da parte del personale infermieristico:

“…abbiamo dei volontari, che vengono lì tipo Don Chisciotte portando un disagio tra gli

infermieri per cui gli infermieri si sentono guardati nell’orario della somministrazione della

terapia . Perché è chiaro il volontario è una persona esterna che viene a guardare.

L’ammalato è guardato. Non deve fare altro. Questo deve essere assimilato dalle persone

che lavorano. Però nello stesso tempo…… se tu hai un occhio di una persona esterna, una

persona matura dovrebbe sapere che, ha sempre una critica in più che dovrebbe spronare

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Page 149: Terzo Settore E Networking

a lavorare un po’ meglio a rispettare i tempi, la qualità del lavoro…. Ma loro lo temono non

lo vogliono non lo accettano.”

Il valore del volontariato aumenta, poi, in relazione ai tagli alla spesa sociale, tuttavia anche il volontariato, per poter operare, necessita di fondi, che, attualmente, scarseggiano.

RETI INFORMALI

Parentali

Viene segnalata la drammaticità della presa di coscienza della situazione di disagio da parte della famiglia.“E’ l’impatto dei familiari la prima volta perché non si è abituati a vederlo ed è drammatico.”

“E’ difficile l’impatto di diagnosi e cura è stato traumatico sia per mio figlio sia per me.”

Inoltre la famiglia rimane la risorsa maggiore in assenza di servizi.Questa centralità ha portato alla nascita di associazioni di familiari.

Territorio

Il rapporto con il territorio è scarso. Infatti il disagio mentale risente ancora di un forte stigma soociale che omporta una situazione di isolamento che va ad aggravare una situazione in cui l’estensione delle relazioni e la loro qualità rivestono un’importanza primaria nelle possibilità di superamento del disagio stesso.

II FASEIl secondo incontro, per volontà dei partecipanti, non ha trattato dell’assistenza esistente ma di quello che può essere fatto per migliorare l’inserimento nel territorio. Sono state analizzate le possibilità di integrazione tra privato sociale e pubblico per attivare azioni rivolte al territorio.Gli ambiti di intervento indicati sono:

• formazione

• inserimento sociale

• gruppi di mutuo-auto-aiuto.

Formazione

La formazione dovrebbe essere indirizzata a:- operatori- scuole- territorio.I problemi segnalati al riguardo sono:

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Page 150: Terzo Settore E Networking

- Scelta oculata del target,- Individuazione del territorio di riferimento,- Reperimento dei fondi (provinciali, regionali, nazionali, europei).

Inserimento sociale

L’inserimento sociale viene individuato come una tappa importante nel percorso che i servizi dovrebbero poter garantire:

“Prima la cura, perché è una tappa difficile, poi l’educazione che è una tappa difficile e poi

la terza tappa si può lavorare per l’inserimento, si può lavorare come circuito. Ma questo

avviene quando magari uno ha fatto tutto un percorso che parte dai 20 anni e va a finire ai

40 anni.”

la fattibilità di questo percorso viene dimostrata attraverso la presentazione dei dati relativi all’ULSS 6:“L’Ulss di Vicenza ha 3,200 con patologia di malattia mentale; … 200 di questi stanno

facendo un percorso. Dico ma è già tanto, perché prima non c’era niente! 200 stanno

facendo un percorso che con la legge 68 non possono inserire, di questi 200 negli ultimi

quattro anni, 50 hanno fatto un inserimento lavorativo ed è un impatto non da poco, perché

si dimostra che il percorso è fattibile …”

Questo percorso, però, può essere reso possibile solamente attraverso una sinergia di tutte le raltà presenti nel territorio.

Gruppi di mutuo-auto-aiuto

Anche per l’esperienza diretta maturata dai partecipanti al gruppo, questa modalità viene indicata come indispensabile. Infatti, attraverso questi gruppi, il soggetto ha la possibilità di estendere le proprie relazioni.

150

Page 151: Terzo Settore E Networking

MINORI

SITUAZIONE DEMOGRAFICA

Per quanto riguarda i minori, si rileva una progrosseva diminuzione, sia in valori assoluti che in valori percentuali, tale diminuzione riguarda sia il Comune che la Provincia.

Tabella 24

Comune di vicenza

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

minori 16558 16446 16407 16534 16675 16808 16867 1603018-64 72149 72130 71948 71608 71247 70782 70247 6962665 e oltre 17197 18350 19556 20790 22056 23375 24823 26281totale 105904 106926 107911 108932 109978 110965 111937 111937

Tabella 25

minori - Comune

minori - in Provincia

18-64 - Comune

18-64 - in Provincia

65 e oltre - Comune

65 e oltre - in

Provincia1996 15,63 19,58 68,13 68,90 16,24 11,521997 15,38 19,35 67,46 68,36 17,16 12,291998 15,20 19,06 66,67 67,83 18,12 13,101999 15,18 18,79 65,74 67,22 19,09 13,992000 15,16 18,63 64,78 66,62 20,05 14,752001 15,15 18,52 63,79 65,88 21,07 15,612002 15,07 18,29 62,76 65,16 22,18 16,562003 14,32 17,30 62,20 65,01 23,48 17,69

151

Page 152: Terzo Settore E Networking

Percentuale minori su totale popolazione

13,50

14,00

14,50

15,00

15,50

16,00

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Figura 42

Tali dati confermano quanto risultato dall’analisi dell’andamento demografico.

Questa area, dalle interviste a testimoni privilegiati, appare inserita a pieno titolo nelle aree di disagio. Le interviste, infatti, rilevavano un aumento di:

• suicidi

• incidenti stradali

• dipendenze

• abusi sessuali

INDICATORI DISAGIO MINORILE

SuicidiPer quanto riguarda i dati relativi ai suicidi tra i minori è stato possibile ricavare solo il dato regionale rispetto ai suicidi effettivi, manca il dato relativo alla sola città di Vicenza e ai tentativi di suicidio.Abbiamo che il Veneto si colloca al secondo posto, dopo la Lombardia, come percentuale di suicidi di minorenni sul totale dei suicidi di minorenni (14,71% sul totale nazionale). Lo stesso per quanto riguarda il totale dei suicidi (10,85%).

152

Page 153: Terzo Settore E Networking

Tabella 26. Suicidi per classi di età e Regione29 (2000)

>18 altri Totale

% minori

sul totale

% suicidi sul totale nazionale - minori

% suicidi maggiorenni

sul totale nazionale

% suicidi sul totale nazionale

totale 34 3062 3096 1,10 100,00 100,00 100,00NORD EST 11 874 885 1,24 32,35 28,54 28,59NORD OVEST

10 935 945 1,06 29,41 30,54 30,52

CENTRO 6 545 551 1,09 17,65 17,80 17,80SUD 1 368 369 0,27 2,94 12,02 11,92ISOLE 6 340 346 1,73 17,65 11,10 11,18Lombardia 8 529 537 1,49 23,53 17,28 17,34Veneto 5 331 336 1,49 14,71 10,81 10,85Lazio 3 210 213 1,41 8,82 6,86 6,88Sicilia 3 218 221 1,36 8,82 7,12 7,14Sardegna 3 122 125 2,40 8,82 3,98 4,04Trentino - Alto Adige

2 86 88 2,27 5,88 2,81 2,84

Friuli-Venezia Giulia

2 155 157 1,27 5,88 5,06 5,07

Emilia Romagna

2 302 304 0,66 5,88 9,86 9,82

Umbria 2 88 90 2,22 5,88 2,87 2,91Piemonte 1 279 280 0,36 2,94 9,11 9,04Liguria 1 121 122 0,82 2,94 3,95 3,94Toscana 1 194 195 0,51 2,94 6,34 6,30Puglia 1 108 109 0,92 2,94 3,53 3,52Valle d'Aosta

0 6 6 0,00 0,00 0,20 0,19

Marche 0 53 53 0,00 0,00 1,73 1,71Abruzzo 0 63 63 0,00 0,00 2,06 2,03Molise 0 24 24 0,00 0,00 0,78 0,78Campania 0 117 117 0,00 0,00 3,82 3,78Basilicata 0 37 37 0,00 0,00 1,21 1,20Calabria 0 19 19 0,00 0,00 0,62 0,61

29 Elaborazione da fonte “i numeri italiani infanzia e adolescenza in cifre” - quaderni del centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza ottobre 2002

153

Page 154: Terzo Settore E Networking

Confrontando, poi, il dato Veneto con il Nordest, si rileva che nel Veneto abbiamo il 45,45% dei suicidi tra minori registrati nell’area e il 37,97% del totale dei suicidi.

Tabella 27. Confronto tra Veneto e Nordest. (2000)

% minori sul totale Nordest

% suicidi sul totale Nordest - minori

% suicidi maggiorenni sul totale Nordest

% suicidi sul totale Nordest

Veneto 0,56 45,45 37,40 37,97Considerando, invece, il tasso di suicidi ogni 100.000 abitanti, il Veneto si colloca al settimo posto

Nel confronto con il Nordest, il Veneto, considerando il tasso ogni 100.000 ab., il Veneto risulta avere un tasso uguale per i minori e inferiore per i maggiorenni.

Incidenti stradaliAnalizzando i dati riguardanti le cause di morete, si rileva come nella fascia minori, si abbia un’incidenza magiore per quanto riguarda la categoria Traumatismi ed avvelenamenti, questo dato appare allarmante soprattutto nella fascia sopra i 15 anni.

Tabella 28. Distribuzione percentuale Cause di Morte per fasce di età

Cause di morte ETA’0 1-4 5-9 10-14 15-19

Traumatismi ed avvelenamenti 3 17 50 40 89Tumori 0 0 50 40 7Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 3 17 0 0 2

Malattie del sistema circolatorio 3 0 0 0 2Malattie dell'apparato respiratorio 0 0 0 20 0Malattie infettive e parassitarie 0 0 0 0 0Malattie endocrine, nutrizionali 3 0 0 0 0Malattie del sangue e organi ematopoietici 0 17 0 0 0Disturbi psichici 0 0 0 0 0Malattie dell'apparato digerente 0 25 0 0 0Malattie del sistema genitourinario 0 0 0 0 0Complicazioni della gravidanza, del parto e del puer. 0 0 0 0 0

Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0 0 0 0 0Malattie del sistema osteomuscolare 0 0 0 0 0Malformazioni congenite 18 17 0 0 0Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 70 0 0 0 0

Sintomi e stati morbosi mal definiti 3 8 0 0 0

154

Page 155: Terzo Settore E Networking

DipendenzaPer quanto riguarda l’aspetto legto alle dipendenze, il dato in nostro possesso comprende la fascia sino ai 19 anni. Da questo è possibile vedere come i soggetti che si rivolgono al Ser.T. tra i minorenni siano raddoppiati. Dall’analisi dei focus-group con operatori del Ser.T. è apparso come si tratti, per lo più, di dipendenza da eroina.

TOSSICODIPENDENTI IN TRATTAMENTO AL SERT 16 - 19 (OGNI 1000 AB.)

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

3,50

4,00

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Figura 43

Questo dato, come richiamato nella sezione Dipendeneze, può essere riferito sia a un reale incremento dei casi presenti sia a un maggior potere attrattivo dei servizi che si sono modificati per accogliere questi nuovi utenti.

Abusi sessualiNon sono stati rilevati dati a questo proposito.

FOCUS-GROUP

Per questa area si è potuto organizzare un solo incontro con gli operatori.

155

Page 156: Terzo Settore E Networking

AREA UTENTIMinori ULSS 6

COMUNE DI VICENZA

Per quanto riguarda questa area, gli operatori legano le difficoltà dei minori nel quadro più complesso delle trasformazioni della famiglia:

“La mia sensazione è che in questo momento l’area dei minori è grossa - e che crea

disagio è quella delle grandi modifiche che la famiglia ha in questo periodo qua; cioè non

più la famiglia come la conoscevano prima ma che si forma in un periodo , ma la famiglia

che spesso arriva a formarsi con età avanzata dei coniugi, che più o meno possono

sposarsi, di solito fanno un figlio, spesso la famiglia si rompe, spessissimo si rompe tra

l’atro con la nascita del figlio o nel primo anno di vita del bambino. Almeno come

sensazione mia da operatore, non ho un dato statistico di riscontro a questo, ma come

l’arrivo di un bambino sia disgregante per una coppia e quindi la famiglia si rompe e spesso

si ricompone; il marito trova un’altra compagna che spesso ha già figli, la donna trova un

altro uomo che spesso ha già figli e quindi la ricomposizione delle famiglie dopo il figliare

ancora in modo incrociato all’interno di queste famiglie, sta creando una serie di

complessità sociali e, dove oggi le separazioni funzionano bene, le famiglie ricomposte

funzionano benissimo; dove oggi le separazioni vanno male (e sono in aumento: leggevo

l’anno scorso gli ultimi dati del Tribunale di Vicenza parlava ------ delle separazioni civili)

funzionano male anche le famiglie ricomposte nel senso che l’irrigidimento e la complessità

della prima separazione va a riversarsi su tutte le famiglie nuove e ricomposte che sono”.

“Poi diciamo la fase critica è del primo anno di vita, poi può essere l’adolescenza, poi il

momento in cui la famiglia è sottoposta a delle pressioni evolutive, che se superate portano

a uno star bene della famiglia, se non vengono superate o non vengono supportate nei

momenti critici portano a danni disgreganti da un punto di vista sociale”

Uno dei problemi emergenti, che riguarda le trasformazioni sociali, è la presenza di madri straniere che, non potendo contare su figure familiari e lavorando, ha problemi nell’accudimento dei figli:

“… oppure sono famiglie che non hanno radici e questo è soprattutto il problema degli

immigrati, cioè noi ci troviamo a lavorare, penso che ormai al servizio di base, sicuramente

più del 50% è gente straniera, abbiamo mamme sole che non parlano italiano, si trovano con

un bambino appena nato”

“… non guidano, hanno problemi perché devono raggiungere il posto di lavoro e i figli non si

capisce bene dove sono in quel momento, qualcuna ha qualche amica, altre in certe

situazioni si sono trovate con bambini nelle loro case da soli …, in case della zona 6, veniamo

156

Page 157: Terzo Settore E Networking

a conoscenza di bambini piccoli a casa, un bambino di 6 mesi rimaneva 3/4/5 ore da solo;

abbiamo anche queste cose, bambini più grandi”

Come risposta a queste emergenze, viene individuata la rete sociale:“La costruzione di una rete sociale di supporto è probabilmente una delle scommesse su

cui ci dobbiamo confrontare come servizio pubblico, perché in un clima di divisione di

risorse e aumento dei bisogni, o ci inventiamo qualche strategia alternativa o il disagio ci

sommergerà.”

Infatti ci si trova difronte a una situazione generalizzata in cui le trasformazioni familiari obbligano ad aprirsi verso una rete di aiuto informale che prima era rintracciabile nella rete parentale. Si sottolinea, però, come questa situazione divenga disagio conclamato soprattutto in presenza di difficoltà economiche che non permettono di superare i momenti più banali di crisi familiare:

“… basta che un mese il bambino si ammali c’è una ricaduta su tutto: non si paga più

l’affitto, il bambino non continua la scuola, … ; cioè, noi ci troviamo molto con un livello di

povertà più alta, nel senso che chi è in difficoltà è ai livelli di povertà”.

Al termine viene sollevato il problema della gravidanza edelle interruzioni di questa nelle minorenni, in forte aumento; infatti si rileva, da un alto, l’aumento dell’interruzione di gravidanza, sintomo di una scarsa educazione sessuale e la ricomparsa del “matrimonio riparatore.Per quanto riguarda sempre l’area femminile rimane allarmante il dato relativo ai disturbi alimentari che sta colpendo fasce di età sempre minore e sta coinvolgendo una fetta sempre più ampia di amschi.Esiste, poi, il problema legato all’adolescenza che si acuisce con il compimento dei 18 anni, infatti a un prolungamento dell’età adolescenziale non è corrisposta una modifica della presa in carico, che termina con il compimento della maggiore età, lasciando il giovane in balia degli avvenimenti.

157

Page 158: Terzo Settore E Networking

STRANIERI

PRESENZA DI STRANIERI A VICENZAPer quanto riguarda il dato relativo al numero di stranieri residenti, vista la non conformità dei dati a seconda della fonte, si è optato per il dato fornito dalle anagrafi comunali del territorio della ULSS 6, con il limite che in questo caso si tratta di persone residenti e non domiciliate.

Tabella 29. Stranieri residenti in U.L.SS. 6 anni 2000, 2001, 200230

Comune Distretto 2000 2001 2002VICENZA distretto Vicenza 6377 7525 7834AGUGLIARO

distretto sud-est

59 64 47ALBETTONE 64 72 100ARCUGNANO 153 164 141ASIGLIANO VENETO 34 37 55BARBARANO VICENTINO 236 297 346CAMPIGLIA DEI BERICI 30 25 36CASTEGNERO 110 147 161GRISIGNANO DI ZOCCO 144 172 156LONGARE 100 138 161MONTEGALDA 106 120 115MONTEGALDELLA 50 74 90MOSSANO 37 42 78NANTO 127 145 163NOVENTA VICENTINA 258 317 397ORGIANO 106 118 138POJANA MAGGIORE 132 148 188SAN GERMANO DEI BERICI 90 103 96SOSSANO 169 194 266VILLAGA 35 47 52ZOVENCEDO 92 106 87totale 2132 2530 2873BOLZANO VICENTINO

distretto est

114 128 156BRESSANVIDO 90 107 111CAMISANO VICENTINO 398 465 519DUEVILLE 321 396 419GRUMOLO DELLE ABBADESSE 183 213 101MONTICELLO CONTE OTTO 198 244 279POZZOLEONE 79 95 99QUINTO VICENTINO 152 184 208SANDRIGO 201 168 280TORRI DI QUARTESOLO 450 555 605totale 2186 2555 2777ALTAVILLA VICENTINA distretto ovest 442 459 483CALDOGNO 215 254 319

30 Comune di vicenza – Assessorato ai Servizi Sociali – Settore Servizi Sociali, Ufficio Immigrati, Attività Anno 2002

158

Page 159: Terzo Settore E Networking

COSTABISSARA 155 165 154CREAZZO 372 424 512GAMBUGLIANO 16 14 12ISOLA VICENTINA 192 246 245MONTEVIALE 49 38 44SOVIZZO 151 190 188totale 1592 1790 1957

Tabella 3 Stranieri residenti ogni 10.000 ab.

2000 2001 2002distretto Vicenza 580,16 678,44 699,86distretto sud-est 865,54 1017,45 1142,75distretto est 325,33 375,87 404,33distretto ovest 307,66 341,92 370,06totale 484,72 562,26 597,00

Interessante il dato relativo alle iscrizioni all’anagrafe del Comue di Vicenza nel periodo 1991-2001.

Tabella 30

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001Iscritti in totale 1.910 2.413 3.486 3.080 2.725 3.122 3.250 3.508 3.965 3.971 3.565

Iscritti da altri Comuni italiani

1.564 2.108 3.001 2.327 2.299 2.433 2.669 2.865 3.090 2.915 2.602

Iscritti dall'estero 346 305 485 647 382 644 559 620 857 1.024 950Iscritti non altrove

classificati- - - 106 44 45 22 23 18 32 13

Si può notare, a partire dal 1998 un tendenziale aumento delle iscrizioni dall’estero, pur mantenendo una preminenza le iscrizioni da altri Comuni italiani.

159

Page 160: Terzo Settore E Networking

Iscritti da altri comuni e iscritti dall'estero sul totale degli iscritti

65,00%

70,00%

75,00%

80,00%

85,00%

90,00%

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 20010,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

Iscritti da altri Comuni italianiIscritti dall'esteroPoli. (Iscritti dall'estero)Poli. (Iscritti da altri Comuni italiani)

Figura 44

Per quanto riguarda i minori, questi rappresentano circa il 25% della popolazione straniera residente.

Tabella 31

stranieri minoriPercentuale di minori sul

totaleBOLZANO VICENTINO

distretto est

156 36 23,08%BRESSANVIDO 111 31 27,93%

CAMISANO VICENTINO 519 140 26,97%DUEVILLE 419 110 26,25%

GRUMOLO DELLE ABBADESSE 101 58 57,43%MONTICELLO CONTE OTTO 279 63 22,58%

POZZOLEONE 99 30 30,30%QUINTO VICENTINO 208 47 22,60%

SANDRIGO 280 82 29,29%TORRI DI QUARTESOLO 605 159 26,28%

Totale 2777 756 27,22%ALTAVILLA VICENTINA distretto ovest 483 127 26,29%

CALDOGNO 319 79 24,76%COSTABISSARA 154 0,00%

CREAZZO 512 142 27,73%

160

Page 161: Terzo Settore E Networking

GAMBUGLIANO 12 5 41,67%ISOLA VICENTINA 245 65 26,53%

MONTEVIALE 44 0,00%SOVIZZO 188 48 25,53%

Totale 1957 466 23,81%AGUGLIARO

distretto sud-est

47 9 19,15%ALBETTONE 100 25 25,00%

ARCUGNANO 141 37 26,24%ASIGLIANO VENETO 55 17 30,91%

BARBARANO VICENTINO 346 101 29,19%CAMPIGLIA DEI BERICI 36 9 25,00%

CASTEGNERO 161 40 24,84%GRISIGNANO DI ZOCCO 156 40 25,64%

LONGARE 161 41 25,47%MONTEGALDA 115 38 33,04%

MONTEGALDELLA 90 21 23,33%MOSSANO 78 20 25,64%

NANTO 163 44 26,99%NOVENTA VICENTINA 397 131 33,00%

ORGIANO 138 46 33,33%POJANA MAGGIORE 188 43 22,87%

SAN GERMANO DEI BERICI 96 27 28,13%SOSSANO 266 68 25,56%VILLAGA 52 15 28,85%

ZOVENCEDO 87 28 32,18%Totale 2873 800 27,85%

VICENZA distretto Vicenza 7834 1878 23,97%Totale 15441 3900 25,26%

Da annotare anche la presenza dei figli delle persone immigrate nelle scuole. A gennaio 200331 la situazione era quella presentata in tabella.

Tabella 32

Popolazione scolastica totale

Studenti stranieri 31/1/03

Percentuale stranieri

Percentuale 2002

103.269 6615 6,34% 1,10%

31 MIUR, Centro Servizi Amministrativi di Vicenza, Ufficio Interventi Educativi, Alunni Stranieri nella Provincia di Vicenza, Gennaio 2003

161

Page 162: Terzo Settore E Networking

FOCUS GROUP

Come detto, dalla discussione interna ai focus group con utenti dei Servizi, Associazione di utenti e Operatori, sono emerse analisi e riflessioni sulla situazione dei Servizi, sui punti di forza e di debolezza e sulle problematiche emergenti. Il lavoro dei gruppi si è svolto in due fasi (la seconda dopo un anno per meglio riflettere e sistematizzare le problematiche emerse).Per quanto riguarda l’area immigrazione non è stata operato lo stesso tipo di analisi che si è utilizzato per le altre aree. Infatti è emerso che gli immigrati vivono gli stessi problemi di disagio di qualunque altro cittadino italiano, riscontrando gli stessi problemi, aggravati, però dalla condizione di immigrato stesso. Emerge, infatti, un approccio essenzialmente utilitaristico verso lo straniero, che viene percepito più come oggetto che come soggetto. Per questo motivo si è preferito analizzare quali siano le aree problematiche emergenti rispetto a questa situazione che hanno rappresentato il nodo centrale dei quattro focus group condotti.

AREA OPERATORI UTENTIArea mmigrati Comune di Vicenza Arca Sportello - mediatore culturale comunità

brasilianaProvincia di Vicenza mediatore culturale - comunità rumenaCaritas Vicenza mediatore culturale - comunità albaneseL'isola che non c'è - Vicenza mediatore culturale - comunita ex-jugoslavia

OPERATORIConsiderando che il fenomeno immigratorio è, per lo più, composto da persone che lasciano il proprio Paese per migliorare la propria posizione lavorativa ed economica, si rileva come l’immigrato venga visto esclusivamente in una prospettiva utilitaristica. Questo incide sull’attuazione di un possibile percorso di integrazione. A fronte di una società, quella italiana, che nei secoli si è sviluppata grazie alla continua contaminazione con altre culture, si è giunti a una società altamente istituzionalizzata, chiusa, in cui l’altro viene visto come forza lavoro, nella migliore delle ipotesi, o come pericolo da scacciare, nella peggiore.Gli operatori denunciano come pur trovandosi di fronte ad un fenomeno che si è sviluppato negli anni, in questi ultimi quindici anni esso sia stato affrontato sempre come emergenza, con normative tampone o di difficile attuazione.Il risultato è, da un alto, il consolidamento di atteggiamenti di esclusione adottati dai cittadini italiani, e, dall’altro, un sentimento di frustrazione a causa di una adeguata accoglienza.Il problema che emerge primariamente è collegato al rinnovo del permesso di soggiorno. Infatti le problematiche burocratiche rendono questo difficoltoso anche in presenza di un lavoro. Questa situazione si è

162

Page 163: Terzo Settore E Networking

aggravata nell’ultimo anno: il sempre più massiccio ricorso a agenzie interinali ha portato alla stipulazione di contratti sempre più brevi che mal si adeguano alla legge in vigore.Inoltre viene sottolineato il problema della casa. Una delle soluzioni proposte è un progetto di consulenza per l’acquisto della casa. Certamente anche questo tipo di soluzione riscontra sia con la precarietà lavorativa che con la relativa precarietà del permesso di soggiorno.Esiste, inoltre, un problema di integrazione per i bambini e i giovani che, per ricongiungimento familiare (per questi sussiste, nonostante una citata sentenza del TAR, un problema di rinnovo del permesso dopo i 18 anni con un conseguente abbandono scolastico) o perché nati in Italia (questi non hanno automaticamente la cittadinanza italiana ma possono richiederla nella maggiore età), debbano frequentare la scuola. Il ruolo di questi potrebbe essere centrale come mediatori culturali con la famiglia di origine, e spesso accade, ma questa risorsa non viene sufficientemente supportata.I FASEIn questo incontro sono emerse, primariamente, quattro aree:

• integrazione

• collaboratrici domestiche (badanti)

• permesso di soggiorno

• abitazione.

Integrazione socialePer quanto riguarda l’inserimento sociale, viene sottolineato come nel nord-est, e a Vicenza, si assista ad un fenomeno per cui, se l’identità sociale dell’individuo viene data dalla professione questo non si trova per l’immigrato. Infatti può essere vantata la quasi totale occupazione degli immigrati che, però, non vengono riconosciuti al di fuori della fabbrica:

“Abbiamo una istituzionalizzazione di un fenomeno sociale che è il lavoro. Abbiamo la

piena istituzionalizzazione a livello immigratorio ci sono cioè dei lavori che sono fatti per gli

immigrati. Attualmente infatti ci sono dei lavori che non andrebbero avanti senza gli

immigrati. Questo cammina parallelamente ma in maniera divisa ad una non integrazione

sociale. Lo stesso lavoratore che è istituzionalizzato in un mondo, è ancora sub cultura allo

stato nascente in un mondo parallelo, che è quello sociale. Ecco quindi come io lavoro

sobrio, lavoro duro, come mi trasferisco in qualcosa che è tutt’altro, quindi, reagisco. E lo

faccio soprattutto in un mondo di lavoro come quello della provincia di Vicenza dove invece

il lavoro cammina pari passo all’integrazione sociale, al modo di essere “persone”.

163

Page 164: Terzo Settore E Networking

“Il lavoro qui in provincia di Vicenza è molto istituzionalizzato e in tutto il nord – est, io ho un

ruolo nella società in quanto lavoratore di quello, di quello e di quello. Nel mondo

occidentale così un po’ meno, nella stessa Italia a sud già c’è un piccolo scollamento.

Credo che questa difficoltà di integrazione è dovuta a questo e al doppio binario che non

riesce ad uscire nonostante siano state fatte delle pressioni con le associazioni, alcune

hanno anche aderito. Alcune addirittura concedono la preghiera all’interno degli stessi orari

di lavoro ecc. Credo vada analizzato questo scollamento.”

Il problema che viene sottolineato è proprio la definizione del termine integrazione:“…è difficile capire cosa noi intendiamo per integrazione. Cos’è l’integrazione per noi?

Cos’è l’integrazione con noi, o noi con loro? Quello è il problema, nel senso che io intendo

un’integrazione in base a dei modelli di valori condivisi dalla mia società… Siamo disposti

ad aprirci? … Soprattutto, il problema è : chi integra? Nel senso che se noi vogliamo

integrarci, noi con loro! Allora è giusto che il lavoro venga fatto ma se noi dobbiamo creare

una società multiculturale all’interno di una scala di valori condivisa dalla società in cui

viviamo, allora dobbiamo o sottostare a dei canoni che sono anche i loro oppure andiamo

avanti in questo senso richiudendoli in queste fasce marginali…”

Si rileva, infatti, come sia forte le stereotipo dell’immigrato delinquente o barbone e come tale distinzione si basi sulla rilevazione di diversità facilmente percepibili piuttosto che sulla reale provenienza:

“Io ho fatto uno studio su dei bambini per i quali barbone è uguale a extracomunitario. Cioè

la parola il lessico extracomunitario che io più di una volta ho detto che è sbagliato e viene

messo anche in decreti legge e leggi. Non esiste più la Comunità Europea? Allora non

extra. Abbiamo, dunque, anche la base normativa per evitare questa nomenclatura che con

il tempo è diventata di emarginazione razziale e l’extracomunitario è visto oggi come la

persona che senza lavoro è un delinquente è dà fastidio. Nessuno immagina che un

australiano, un americano ecc sia un extracomunitario.”

Collaboratrici domestiche (badanti)Il fenomeno delle badanti è collegato alla presenza di famiglie che non possono farsi pienamente carico dell’assistenza ad un familiare con problemi, questo anche per l’assenza di un’adeguata assistenza domiciliare.Il problema sottolineato è la situazione in cui si viene a trovare la famiglia che assume una badante:

“…vedere la famiglia che ha veramente grossi problemi perché ha la persona disabile in

casa e ha bisogno di qualcuno e che quindi dovrebbe capire i bisogni di chi poi farà questo

lavoro. Invece, nel momento in cui questa famiglia diventa datore di lavoro non vede una

164

Page 165: Terzo Settore E Networking

persona davanti a se ma un qualcosa che gli serve e quindi le ferie, le ore di lavoro e basta.

E se mia mamma di notte ha bisogno? Cioè ventiquattro ore di giorno disponibile, però non

sono le ventiquattro ore di lavoro perché, comunque, di notte dorme e quindi non importa

se poi dorme nel letto a fianco e così via, non sta lavorando perché l’anziano dorme però

deve sempre essere disponibile (anche durante le ferie: se mia mamma si rompe una

gamba io come faccio?) .”

Questa situazione pone la donna immigrata in una situazione di assoluta dipendenza e di difficile contrattazione. Infatti, paragonando la situazione di una donna immigrata a quella di un’italiana, si nota una forte differenziazione nel potere contrattuale:

“Queste persone ausiliari (chiamate badanti) lavorano tutto il giorno su sette giorni a

settimana, hanno la libertà la domenica spesso e volentieri dalle otto di mattina alle sette di

sera quando devono essere a casa a preparare la cena…

…queste persone se vengono regolarizzate godono degli stessi diritti di qualunque altra

persona, cioè: le otto ore, cinque giorni lavorativi, le ferie, le malattie, e come si fa a

conciliare? Come si fa, per esempio, a conciliare con l’Alzahimer, cioè con persone malate

che hanno bisogno di assistenza ventiquattro ore su ventiquattro?

La differenza tra la filippina e l’italiana è che se l’italiana si rompe le scatole….. invece la

filippina poverina deve rinnovarsi il permesso di soggiorno al domicilio di……Dunque è

diverso. Se un italiano resta a casa tre mesi bene o male con lo stipendio che ha preso in

più lo va a trovare un altro posto di lavoro. Per una filippina significa invece cambiare

radicalmente la sua vita. Non ha più una casa, non ha più lavoro, non ha più forse

nemmeno il permesso di soggiorno, secondo me sono troppo vincolate…”

Per altro questo problema viene segnalato per ogni tipo di lavoro svolto da immigrati stranieri.

Permesso di soggiornoPer quanto riguarda il permesso di soggiorno vengono segnalati, principalmente, due ordini di problemi:

• tempistici;

• familiari.

Per quanto riguarda il problema burocratico si evidenzia un’eccesiva attesa per l’appuntamento in Questura, che spesso è svincolato dalle reali esigenze del lavoratore:

“funziona così: loro con un certo numero di mesi prima della scadenza del permesso di

soggiorno vengono a prendere un appuntamento per poter andare in Questura a rinnovarlo.

Il poveraccio che è venuto da me o da chi è stato, ha preso un appuntamento per,

165

Page 166: Terzo Settore E Networking

ammettiamo, il 18 di gennaio. Il 28 gennaio gli scadeva il contratto di lavoro, quindi quando

lui è andato in Questura il 18 gennaio ha avuto un permesso di soggiorno che è durato fino

al 28 gennaio, per cui la settimana dopo è tornato da me per dirmi: “guarda che ho bisogno

di un altro appuntamento”. E’ perversa, secondo me, questa legge perché prevede che la

persona debba prendere appuntamento un mese prima della scadenza del permesso di

soggiorno, (un mese per il contratto a tempo determinato anzi 60 giorni e 90 giorni per

quello a tempo indeterminato). Il datore di lavoro dovrebbe licenziare perché non hanno

preso l’appuntamento in tempo utile al rinnovo del permesso di soggiorno e loro dovrebbero

aver revocato il permesso di soggiorno… perché non hanno preso l’appuntamento in tempo

utile. Però non dipende da loro il fatto di averlo avuto in questo modo.”

Quindi questo problema investe gli stessi imprenditori. Inoltre viene evidenziato come questa situazione vada a influire direttamente sul senso di appartenenza degli stranieri che non possono, in questo modo, sentirsi integrati.

“Questo ha creato un certo malessere nell’ambiente e credo che per quanto riguarda il

problema dell’integrazione questo possa influire nel senso che uno si sente trattato male.

Prima c’erano permessi di soggiorno che duravano due o quattro anni addirittura a secondo

la durata del periodo di lavoro….. Il fatto che legge sia diventata così severa io credo che

nell’animo di ogni straniero che è qui questo può influire negativamente sulla psiche, non si

sente integrato.”

Per quanto riguarda i problemi legati alla famiglia essi riguardano essenzialmente il certificato di idoneità per l’abitazione nel casi di ricongiungimento familiare. Infatti la legge prevede, solo per gli immigrati, un minimo di metri quadri per ogni familiare residente. Questo sta creando grosi problemi, anche per l’assenza nei territori di abitazioni che corrispondano a queste caratteristiche. La richiesta che viene mossa è di collegare questo indice alla reale struttura delle abitazioni nella provincia di Vicenza.Il secondo problema riguarda figli nati e cresciuti in Italia, infatti, a differenza di altri Paesi (es. Francia) la cittadinanza non viene riconosciuta a chi nasce in Italia:

“Io volevo dire una cosa che mi sta veramente nello stomaco a proposito della precarietà. I

ragazzi che studiano, che sono arrivati in Italia con il congiungimento familiare o che sono

anche nati in Italia, al compimento dei 18 anni hanno il proprio permesso di soggiorno per il

motivo, cioè, se prima ce lo avevano per famiglia, questa era la dicitura poi a 18 anni viene

rilasciato per quello che stanno facendo in quel momento, quindi, se stanno lavorando

viene rilasciato per lavoro, se stanno studiando viene rilasciato per studio. Qual è il

problema grosso? Mettiamo un bravo ragazzo che va all’università si laurea e nel momento

in cui ha terminato di studiare non può convertire il permesso di soggiorno

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automaticamente da studio a lavoro perché il permesso di soggiorno di studio è legato al

corso di studio. La possibilità di conversione è data da tutta una serie di cose che devono

verificarsi contemporaneamente: il permesso di soggiorno valido, un datore di lavoro che

faccia domanda e che crea questi flussi…. In questo caso forse…. Due anni fa erano tre

posti nella provincia di Vicenza per la convenzione dei permessi da studio a lavoro per cui

praticamente impossibile. Io ho visto moltissimi rigetti di rinnovo del permesso di soggiorno

di ragazzi che hanno finito di studiare e che sono dovuti tornare al loro paese perché

avevano trovato il lavoro ma non potevano cambiare il permesso. Secondo me questa è

una cosa gravissima perché quelli sono nati veramente integrati in Italia perché hanno

studiato anni, hanno imparato l’italiano e magari fanno da mediatori culturali per i genitori,

perché vengono insieme a prendere l’appuntamento e spiegano ai genitori nella loro lingua

e questi vengono rimandati a casa. Questo sta succedendo.

Questa è stato una grossa rottura nella legge Martelli, in quella Napolitano e rimane tale

anche in quella Bossi Fini. Tutti questi decreti non hanno tentato di aggiustare questa

grande lacuna perché, anche in questo il legislatore per me ha sbagliato, abbiamo delle

università per stranieri dove se tutti i permessi per studio fossero così facili a convertire i

permessi di lavoro lì bisognerebbe fare due tipi di studio: studio con famiglia e studio….

Cioè il legislatore deve studiarle bene.”

Da sottolineare che dopo la chiusura dei focus-group, CGIL, CISL, UIL, Caritas e Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, hanno fatto ricorso al TAR contro la mancata concessione del permesso di soggiorno a una diciottenne straniera che vive nel Vicentino, giunta in Italia qualche anno fa grazie al ricongiungimento familiare. Questa, sei mesi dopo il compimento della maggiore età si era vista ritirare il permesso di soggiorno in quanto disoccupata. Il TAR ha sottolineato la parte della legge che dice che prima di respingere un permesso di soggiorno bisogna verificare che la persona in questione non abbia altro titolo per rimanere in Italia, ribadendo che la Pubblica amministrazione prima di agire debba verificare se ci siano i presupposti affinché il giovane possa rimanere in Italia32.

AbitazioneA fronte di una crescente domanda di mano d’opera non corrisponde una sufficiente offerta di abitazioni. Per fare fronte a questo viene citato un progetto della Caritas di consulenza per l’acquisto della casa:

“La soluzione che abbiamo pensato, sempre nell’ottica dell’autonomia del soggetto per

renderlo pienamente autonomo nel percorso dell’inserimento, era quello dell’acquisto,

anche perché se uno acquista una casa ha la possibilità di investire bene e non buttare via i 32 R. Cervellin, Il Gazzettino – 10 luglio 2004

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Page 168: Terzo Settore E Networking

soldi con l’affitto per poi lasciare libero l’appartamento per qualcun altro ( per poi

rivenderla)”

Questo progetto, però, si scontra con le problematiche sollevate per quanto riguarda i permessi di soggiorno:“Certo è un problema acquistare la casa se poi non si sa se si può rimanere o quanto

tempo si può rimanere qua legalmente.”

II FASEQuesto incontro viene quasi totalmente dedicato alla discussione intorno ai problemi legati ai permessi di soggiorno. Infatti la situazione appare essersi aggravata rispetto all’anno precedente anche a causa della progressiva precarizzazione del lavoro:

“…l’immigrato viene visto semplicemente come forza lavoro, braccia da lavoro e basta; c’è

una precarizzazione estrema, per cui io continuo a vedere le persone che vengono e hanno

contratti di lavoro sempre più brevi, perché sono sempre di più quelli che lavorano presso le

agenzie interinali che danno contratti di lavoro anche di una settimana e la Questura, di

conseguenza, rilascia il permesso di soggiorno di una settimana. Se il contratto di lavoro è

per una settimana, quindi cioè questa situazione con la conseguenza successiva che poi,

ovviamente, quando uno si vede rilasciare, cioè rinnovare un permesso di una settimana,

deve subito prendere l’appuntamento per averne un altro e gli appuntamenti adesso sono a

ottobre. Praticamente, adesso c’è una nuova procedura che partirà, ma comunque in

questo momento sono a ottobre; per cui una persona che teoricamente oggi avesse questo

permesso che gli scade, si ritroverebbe a non poter venire anche se ha una ditta che lo

vuole assumere a non poter lavorare, perché ha il permesso di soggiorno scaduto e la

questura non glielo può rinnovare! La nuova legge prevede che se si sta per più di sei mesi

senza lavoro, non si ha più diritto a rimanere in Italia; una persona però in questa

situazione non ci si è messa da sola, è diciamo, costretta dalle evenienze, cioè ha avuto un

appuntamento talmente lungo che ha impedito di. Quindi io vedo continuamente questo tipo

di situazioni, persone che vengono, magari stanno arrivando tutte le regolarizzazioni

dell’anno scorso, i permessi sono in scadenza, quindi stanno tutti venendo a rinnovarsi il

permesso, stanno arrivando molti da altre province del meridione, così che hanno trovato

lavoro qui, cioè il grosso problema del lavoro che magari sono stati licenziati o c’è stata la

ditta che li ha truffati, cose simili e fanno fatica a trovare lavoro. Se lo trovano hanno

appunto i contratti molto, molto brevi e sono fortunati quelli che li hanno di 2-3 mesi con

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Page 169: Terzo Settore E Networking

questi problemi assurdi, nel senso che veramente si ritrova e diventa un circolo vizioso; da

cui non si riesce ad uscire”

Questa situazione si inserisce in una difficoltà per gli sportelli decentrati a gestire la situazione:“Scusi, adesso in ufficio da me vengono persone che hanno permessi che scadono da

agosto a ottobre e non è due giorni prima! Sono molti mesi prima, allora la questura ha

cambiato sistema. Adesso, allora ed era successo anche questo: i comuni della zona di

Azignano, dove lavoro io, per evitare appunto le 150 persone alle 8:30 di mattina, hanno

dato degli appuntamenti per venire a prendere l’appuntamento, quindi ci sono delle

persone, so che è complesso, si sono messi in lista in gennaio e verranno alla fine di marzo

da me a prendere l’appuntamento, magari hanno il permesso che gli scade in agosto,

quindi hanno già perso due giorni, quando verranno da me io gli dirò: mi dispiace ma la

procedura è cambiata un’altra volta. Siccome il tuo permesso scade in agosto devi venire a

prendere i documenti due mesi prima della scadenza, perché fra l’altro, la questura sta

cambiando tutta la documentazione e se te la do adesso, fra tre mesi magari non va più

bene, la prepari, poi ritorni un altra volta da me, un mese prima con i documenti; se vanno

tutti bene, ti do l’appuntamento, altrimenti mi porti quelli che mancano, quando va tutto

bene ti do l’appuntamento, vai in questura, se la questura ritiene anche lei che vada tutto

bene ti darà il permesso di soggiorno. Questa è la procedura e non so quante volte

verranno! cioè veramente in questo momento la situazione è esplosiva! Perché le persone

appunto con la concomitanza delle 10.000 regolarizzazioni nella provincia di Vicenza che

quest’anno scadono quelli che vengono su da altre città, regolarizzati”

Questo sta comportando anche un aumento di discriminazione tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri:“Evidentemente questa legge magari un po’ più rigida nei confronti del fenomeno lavoro,

che invece è in continua evoluzione è chiaro che chi si trova senza lavoro non è più, cioè, il

disoccupato è colui che dopo un periodo più o meno ampio, più di sei mesi, sei mesi è

senza lavoro ma chi è 20-30 giorni senza lavoro non è un disoccupato. E’ uno che nel

mercato del lavoro ha avuto un incarico, sta prendendo contatti per avere altri incarichi. Per

l’italiano va bene, non passano neanche più al centro per l’impiego etc. prendono altre

aziende etc.; per gli immigrati invece devi andare all’ufficio di collocamento, che non è più

ufficio di collocamento, quindi non gli da neanche più la disoccupazione, ma c’è una lista da

grafica evidentemente, deve andare in questura perché il permesso di soggiorno è

fortemente vincolato alla prestazione lavorativa e possono sorgere questi problemi, ma

l’integrazione lavorativa c’è, non è che l’immigrato viene trattato peggio del, ha la stessa

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stregua, è uguale, il problema è quello di magari, di vedere delle migliorie nei confronti di

una maggior flessibilità”

Quindi il problema segnalato non è una mancanza di lavoro ma uno scostamento tra ciò che prevede la legge sull’immigrazione e quella sul lavoro.

UTENTII FASEQuesto incontro si è svolto con stranieri che hanno seguito un corso per mediatore culturale e alcuni di questi operano come mediatori.I punti trattati riguardano la necessità di una politica dell’integrazione e i problemi che i bambini, figli di immigrati, trovano nelle scuole.

Integrazione socialePer quanto riguarda l’integrazione si ricorda come, secondo dati ONU, l’Italia stia progressivamente invecchiando, comportando la necessità di manodopera e bambini stranieri. A fronte di ciò si rammenta come, infatti, l’Italia abbia agevolato, in una qualche misura, l’ingresso di immigrati a fronte di questa necessità. Viene lamentata, però, l’assenza di un eguale intervento culturale:

“C’è mancanza di interesse anche da parte del governo perché fino a quando gli immigrati

non avranno diritto di voto e saranno dentro la politica, saranno sempre maltrattati.

Comunque vengono anche maltrattati dal popolo italiano, così come il governo anche la

gente italiana è un po’ indecisa. Tutta questa mancanza di interesse crea discriminazione e

accentra le problematiche degli immigrati. Se in Italia ci fosse un Ministero

dell’Immigrazione dove poter fare delle leggi intelligenti a beneficio delle persone immigrate

allora si potrebbe parlare di un paese in crescita, sviluppo non solo per gli immigrati ma

anche per tutti gli altri cittadini.

Attualmente manca una figura di una persona che ci dia delle prospettive per un futuro per

l’immigrazione a Vicenza.”

“L’Italia forse non era pronta….per gli stranieri, prima si doveva lavorare sulla popolazione,

prepararla un po’ sulle motivazioni e sul bisogno che c’era di ospitare queste persone.

Posso dire con certezza, senza esagerare, che l’80% della popolazione li vede come intrusi

e non come una risorsa.”

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Page 171: Terzo Settore E Networking

“Collegato a questo può essere l’iniziativa di attivare una rete sociale, che magari già

esiste, che tenga conto però di tutte le problematiche egli immigrati ed essere attiva nel

prevenire tutti quei fatti negativi che si verificano nella vita dell’immigrato a Vicenza così

come in altre città d’Italia. In questo senso ci vuole un coordinamento di tutti quei fattori

responsabili che riguardano questa rete sociale, per poter venir incontro delle

problematiche degli immigrati.”

Come risposta a questo viene evidenziata la centralità del mediatore culturale, segnalando come il Comune abbia attivato dei corsi di formazione a cui, però, non ha fatto seguito l’utilizzo di queste figure:

“… non si dovrebbero sprecare le nostre potenzialità, sarebbe utile coinvolgere questi

ambienti culturali specie quelle autorità che si occupano dei problemi sociali nel senso che

operatori e mediatori culturali possano facilitare l’operato degli sportelli e dare socì un

contributo essenziale per l’inserimento degli immigrati, o per risolvere problemi complessi

come quello degli alloggi o dell’inserimento nella società nelle scuole.”

“Mi dispiace proprio perché non hanno usufruito del nostro lavoro come mediatori culturali

perché siamo una risorsa, tramite noi possono essere facilitati tante cose, diminuire tanti

disagi, non soltanto nelle scuole ma anche in altri settori. Ho ancora una speranza che

possano cambiare le cose.”

Uno dei maggiori ostacoli segnalati per una reale integrazione è una conoscenza superficiale del fenomeno:“Ho visto che dopo le persone mi chiedevano (visto che il paese è piccolo e mi conoscono

tutti): ma allora, signora, lei non può votare? Pensavano che una persona dopo 10 anni

potesse votare. E ancora: signora suo figlio dopo 18 anni deve andare a casa se non

continua a studiare? Magari non vuole lavorare e lo mantengo io, a chi importa? Non

sapevano niente di niente. Io mi sono resa conto che dobbiamo essere noi ad andare per

esempio nelle scuole, anche gratuitamente, per parlare, presentarci, perché gli italiani non

conoscono e sanno solo di quello che leggono sui giornali o che sentono al telegiornale.

Sono queste le informazioni che hanno. Dopo si sono resi conto che io avevo un grosso

disagio.”

Questa scarsa conoscenza rischia di evidenziare come unico problema per l’immigrato il lavoro:“Quando non c’è lavoro si dice che si ha la vita rovinata, ma quando hai il lavoro e sei già

sereno da quella parte, ti mancano altre cose e il lavoro diventa una routine, diventa

superfluo perché ce lo hai già, però ci sono tante altre cose che magari rendono la vita

abbastanza difficile e ci vuole forza per andare avanti. E non tutti hannu un amico, o un

connazionale che gli sta vicino, così vagano per chiedere un’informazione in qualche

servizio...”

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Page 172: Terzo Settore E Networking

Inserimenti scolasticiVengono segnalati problemi di inserimento scolastico, non solo per bambini giunti in Italia con il ricongiungimento familiare ma anche per bambini nati in Italia:

“capita che certi insegnanti rivolgano delle accuse gratuite ai bambini, ci sono, io conosco

diversi casi. Sono degli insegnati talmente indelicati da esporre davanti a tutti la propria

idea e mentalità. Mia figlia è nata qua, è stata concepita qua, si sente Vicentina al 100%

però…”

Esiste, quindi, un problema, prima di tutto, culturale:“Ci sono parecchi bambini nelle scuole che hanno bisogno di un intervento per favorire

l’inserimento e le istruzioni scolastiche: Però a Vicenza l’interesse in questo senso, e

ancora troppo scarso, si dovrebbe dare la possibilità a questi bambini di crescere bene ed

essere educati bene a scuola. Deve essere una missione da parte dei comuni.”

Queste azioni potrebbero essere agevolate dall’autonomia scolastica e dalla conseguente possiblità per Direttori Didattici di richiedere l’intervento dei mediatori per progetti di informazione-sensibilizzazione-inserimento. Purtroppo le scuole, spesso, indicano problemi economici anche di fronte a cifre non alte ma il problema appare più profondo:

“Però l’autonomia della scuola lascia a desiderare anche perché spesso il mediatore viene

visto come un intruso e il suo ruolo viene confuso con quello dell’insegnate perché non

conoscono bene quello che fa questa figura, quali sono i suoi compiti, perché non c’è

informazione. A tal proposito, non so se ci riusciamo, noi pensavamo di fare un convegno

per farci conoscere, nel senso che visto che manca l’informazione allora noi la diamo.”

Inoltre viene richiesta una maggiore integrazione tra le diverse figure che potrebbero operare all’interno della scuola:

“…ho pensato che l’insegnante oltre al fatto che deve fare il suo dovere di insegnare, di

trasmettere ai bambini alcuni valori che sono importanti per la sua crescita, deve avere

anche la capacità psicologica di capire quella parte interiore del bambino. Non può lasciare

che quel bambino, non importa se italiano o immigrato, si trovi in una situazione di disagio,

deve difendere la personalità di quel bambino perché il bambino ha la sua personalità che

già da piccolo si manifesta. Io credo che ci vuole a questo punto anche l’intervento

psicologico, per tenere conto di questi fatti e ottenere buoni risultati. Perché io credo che ci

si dimentichi questo e che l’insegnante si stia dedicando solo al suo dovere di fare la

lezione senza tenere conto di….. Perché quando si tratta di un immigrato questo viene da

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Page 173: Terzo Settore E Networking

un paese con una cultura diversa e deve capire la diversità di quel bambino. Deve capire

che il bambino viene da una famiglia con altre tradizioni, altra cultura, altre abitudini. Quindi

ci vuole l’apertura degli insegnanti e l’accettazione della diversità.”

II FASEA questo secondo incontro si presenta uno solo degli invitati e spiega l’accaduto con la disillusione e il pessimismo. Infatti, la situazione viene descritta come peggiorata nell’ultimo anno. Il dato maggiore che emerge è la percezione di disinteresse che le istituzioni trasmettono: la “voglia di fare” che caratterizzava le persone che avevano seguito il corso per mediatori culturali, promosso dal Comune con fondi provinciali, si è spenta a causa di uno scarso coinvolgimento degli operatori nel livello decisionale e per un loro impiego inadeguato.Nel corso dell’incontro non emergono più tanto delle proposte quanto un senso di impotenza: l’intervistato ha quasi completamente lasciato l’impegno nel sociale e lavora a tempo pieno nell’industria e questo pare caratterizzare diversi tra coloro che erano stati formati come mediatori culturali:

“Perché si è indebolito ancora di più, niente cioè, io l’ho lasciato per trovare un lavoro fisso;

avevo già un lavoro che lavoravo la sera. Però come se magari durante il giorno, ……. se

potevo aiutare lavorare, guadagno qualcosa dentro l’immigrazione proprio come se già

eravamo preparati a lavorare sull’immigrazione un po’ qua non può fare quel lavoro lì. Si

tira avanti, si fa qualcosa di bello dopo, non è, non siamo noi la soluzione! Siamo noi a

preparare la strada per quelli che vengono dopo di noi, perché noi non è che guadagniamo

tanto per cui si chiama affari; cioè il frutto viene dopo, però noi dobbiamo partire!! Ma se

nessuno ti aiuta non partiremo mai; siamo sempre, dopo di me magari sarà qualcuno che

verrà, si troverà nelle stesse difficoltà. Nel corso che abbiamo fatto di mediatore culturale

non ci hanno mai dato la fiducia di un futuro come mediatore qui a Vicenza. E quello è stato

brutto!”

Il secondo punto che emerge, oltre allo sfinimento sopraccitato, è la scarsa visibilità che viene offerta ai mediatori culturali:

“…Secondo me l’unico modo di divulgare bene questa cosa era prendere questi immigrati,

portarli alla televisione qui a Vicenza, portare i giornali, fare manifesti con tutte queste

persone qua; la gente vedeva che era un punto di riferimento questi 10-11 qua e dopo. Ma

ti faceva capire alla gente chi sono prima queste persone, per avere fiducia di quello che

viene all’invito a conoscere bene….no? Quando uno sa……ho visto nel giornale che

parlava bene o diceva alcune cose che mi interessano, allora quando c’è una convocazione

generale da parte dell’America, allora la gente vede …”

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La speranza rimasta è legata alla possibilità del voto amministrativo, anche se la disillusione sta investendo anche questa.

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ANZIANI, SOGGETTI CON DIPENDENZE E DISABILI: UN CONFRONTO

Nell’analizzare la percezione dei servizi che emerge dalle tre aree considerate, bisogna sicuramente tener conto che non ci si trova di fronte ad una situazione statica: nel tempo possono variare sia le espressioni di disagio sia le risposte che a questo vengono fornite. Così, ad esempio, per l’area Anziani, l’accostamento con il termine disagio è relativamente recente e deve considerare le trasformazioni che il sistema familiare ha subito. Inoltre, sempre questa area, è divenuta di primario interesse anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione italiana, con un tasso di natalità tra i più bassi al mondo. Dal punto di vista dei servizi dobbiamo, poi, considerare le diverse trasformazioni organizzative che questi hanno subito e la crisi del sistema assistenziale: in questo modo i sevizi si trovano a dover affrontare situazioni nuove che esulano dalla propria volontà. Questi mutamenti, poi, si inseriscono all’interno di una società che si spinge sempre più verso un modello funzionalistico con un aumento delle relazioni possibili e, quindi, della complessità. All’interno di questo modello, la comunicazione diviene un elemento essenziale: essa deve essere in grado di controllare che i mutamenti sistemici avvengano in rapporto con l’ambiente. Questa appare una delle sfide da affrontare. In questo senso, per i servizi, la comunicazione, all’interno degli stessi, tra sevizi diversi e con l’ambiente che li richiede, diviene uno strumento essenziale di apprendimento e cambiamento. In un modello ideale, la comunicazione, per servire alle performance e alla modificazione dell’organizzazione stessa, deve poter essere creata, archiviata, distribuita e modificata33, in altre parole serve a creare una memoria del sistema, in grado di correggere l’agire a seconda delle richieste dell’ambiente e modificare il propiro sistema di premesse quando questo si renda necessario. In questo ambito, quindi, la comunicazione diviene anche elemento di confronto, valutazione rispetto all’agire quotidiano. Questo processo può essere esemplificato dallo schema sottostante.

33 Craig L.- Brownell C. (1993) "The Implications of Organizational Learning for Organizational Communication: a Review and Reformulation", International Journal of Organizational Analysis.

SISTEMA DI PREMESSE

VERIFICA PERMANENTE ANALISI

DISCUSSIONEAZIONE

CORRETTIVA

ANALISI DISCUSSIONE

VERIFICA PERMANENTE

CAMBIAMENTO SISTEMA DI PREMESSE VERIFICA FINALE

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Page 176: Terzo Settore E Networking

In questo ambito la valutazione viene intesa come l’insieme delle attività che regolano il meccanismo di feedback con cui gestire il processo decisionale.Questo, permette di acquisire alcune immediate consapevolezze circa:

- il superamento dell’approccio economicista – organizzativista. Tale approccio mette, infatti, a confronto il volume delle risorse utilizzate (input) e la quantità - qualità del servizio erogato (output) prescindendo da quale struttura intermedia (throughput) produca la trasformazione reale,

- il fatto che una valutazione degli interventi e dei loro risultati non può avvenire mediante criteri restrittivi ma considerando la complessità della realtà del soggetto, nonché la sua specificità,

- l’esigenza che la valutazione sia una attività intrinseca e continua del servizio, coinvolgendo direttamente il livello di esercizio (operatori) e il livello di governo (i soggetti responsabili delle scelte),

- il fatto che nessuna valutazione può essere la “valutazione del servizio” per cui diviene necessario valutare i diversi soggetti istituzionali in relazione ai loro compiti e agli obiettivi raggiunti. La valutazione del servizio non è data, quindi, neppure dal punto di vista dell’utenza ma solo da una “contrattazione – negoziazione” tra le diverse esigenze e valutazioni dei diversi soggetti.

E’ per questa ragione che all’interno di questo quadro è opportuno proporre due diverse di modalità di apprendimento, che vengono definite: single loop learning e double loop learning:

• Single loop learning: quando l’individuazione e la correzione dell’errore nell’ambito dell’organizzazione possono essere effettuate consentendo all’organizzazione stessa di continuare a praticare le politiche in atto ed a perseguire gli obiettivi correnti.

• Double loop learning: si verifica invece attraverso modalità correttive di ricerca (inquiry) che portano non solo ad individuare e correggere l’errore ma anche a modificare i valori, le norme, le politiche e gli obiettivi su cui si basa il funzionamento dell’organizzazione e che hanno dato luogo all’errore.

A questi due aggiungiamo un terzo tipo di apprendimento che si pone ad un livello superiore

rispetto ai primi due: deutero-learning (o apprendere ad apprendere). Si impernia su attività capaci

di mettere consapevolmente alla prova gli schemi di apprendimento utilizzati nell’organizzazione.

Il quadro che si è venuto a creare negli ultimi venti anni, ha dimostrato l’inefficacia del single loop learning, portando, come si è detto, a una trasformazione dei servizi stessi. La costituzione dei piani di zona ha portato all’adozione del double loop learning, indirizzando i servizi verso una gestione “per progetti”. Il progetto dovrebbe essere inteso come un vero e proprio planning, come piano operativo di interventi e scadenze con indicazione:

- di concreti obiettivi e risultati da perseguire,

- di azioni da attivare,

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- di personale da impegnare,

- di strumenti/risorse cui avvalersi,

- di tempi entro cui realizzare segmenti di azioni,

- di risultati attesi.

E’ una scelta, questa, che rende coerente uno stile gestionale caratterizzato da:

- una programmazione per obiettivi,

- una managerialità amministrativa anch’essa centrata su obiettivi piuttosto che su compiti,

- una managerialità tecnostrutturale improntata ai principi e alla prassi della Direzione per Obiettivi intesa essenzialmente come:a. tecnica manageriale che si traduce in una metodologia di lavoro e in una modalità di ragionare per

risultati e non soltanto per azioni,b. stile di gestione che costruisce una cultura organizzativa mirata ai risultati.

E’ in questo contesto che è possibile intravedere una necessaria revisione – rivalutazione di responsabilità nella gestione dei Servizi e, quindi, una ridefinizione degli ambiti di competenza fra il “livello politico - decisionale” e il “livello tecnico”, ridando significato e valenza, in ultima istanza, alle funzioni dei singoli operatori.Questo viene ulteriormente complessificato dalla presenza, nel nuovo sistema integrato di interventi e servizi sociali, di reti formali (istituzioni e servizi pubblici) e di reti quasi formali (il privato sociale). In quest’ottica il sistema si presenta come unità multiplex: considerato dal punto di vista del tutto esso è uno e omogeneo, considerato dal punto di vista degli elementi componenti esso è diverso ed eterogeneo. La complessità (e paradossalità) del sistema è di associare in esso, allora, l’idea di unità e quella di diversità o molteplicità.Il sistema possiede, quindi, qualcosa di più delle sue componenti considerate in maniera isolata o giustapposta:

- l’organizzazione, innanzi tutto,

- la stessa unità globale (il tutto),

- le nuove qualità o proprietà che emergono dall’organizzazione e dall’unità globale.

La qualità nasce dalle associazioni, dalle combinazioni e si realizza nella strutturazione di una rete integrata, che rappresenta il valore aggiunto dell’organizzazione. Per raggiungere questo tipo di organizzazione è, però, necessario il passaggio al deutero-apprendimento.

Dall’analisi dei focus-gruop, relativamente alle tre aree, emerge che operatori e utenti non percepiscono l’esistenza di una rete. Questo viene attribuito, essenzialmente, ai seguenti fattori:

a) un’organizzazione centrata sui compiti e non sugli obiettivi da raggiungere:

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si parla di Qualità Totale nei servizi, di inserimento dei servizi nel territorio, da anni si parla di lavoro in équipe ma la via che l’organizzazione persegue appare diversa. I sistemi di valutazione per i servizi si basano quasi esclusivamente su un conto costi/operazioni-svolte. Dove le operazioni svolte sono accuratamente standardizzate. Inoltre questa tendenza appare aumentare, ponendo come causa il taglio dei finanziamenti. Appare un orientamento sempre più basato sulla prestazione e sulla divisione tra ambito sociale e sanitario, ciò che appare scomparire è proprio la relazione, la comunicazione tra i diversi livelli: dall’utenza al livello politico/decisionale, passando per i diversi livelli, la comunicazione viene descritta come un passaggio di moduli altamente standardizzati dove l’individuo viene rinchiuso in schemi precostituiti che non possono considerare la complessità della domanda.

Questo comporta delle difficoltà sia per gli operatori che per gli utenti. Per gli operatori il rischio è quello del burn-out, infatti l'incertezza con la quale si opera all'interno dei servizi sociosanitari può portare ad una idealizzazione del compito al fine di:

• ridurre la complessità del compito non considerando alcuni elementi;• limitare l'incertezza perché quello che si fa deve condurre al bene.

In questa maniera, però, il servizio viene portato ad incentivare azioni routinarie , trovando una sua giustificazione nel fine idealizzato e distogliendo l'attenzione dal reale raggiungimento degli obiettivi.Seguendo infatti l'opera di Jaques (1966)34 è da sottolineare come l'appartenenza di un soggetto ad una struttura mantenga due livelli di significato:

• livello manifesto: gli individui appartengono ad un'organizzazione per raggiungere degli scopi razionali e manifesti;

• livello latente: l'appartenenza ad un'organizzazione può garantire il rafforzamento dei meccanismi di difesa contro le ansie schizo-paranoidi e depressive.L'idealizzazione del compito e la sua non messa in discussione, a favore della ripetitività routinaria, può agevolare il rafforzamento del livello latente, trasformando un meccanismo di difesa in elementi accettati dai membri dell'organizzazione come dati di realtà oggettivati ed assunti come elementi normativi. Questa situazione, però, non è in grado di reggere è porta l’operatore a “scoppiare”. Dagli incontri, infatti, emerge come l’alto tasso di turn-over degli operatori sia solo in parte spiegabile con la scelta del “lavoro sociale” come ripiego temporaneo nell’attesa di un’occupazione migliore. Viene indicato come, molto spesso, siano proprio gli operatori socio-sanitari più motivati ad abbandonare a causa di una percezione di squalifica della propria professionalità, costretta nell’ambito della mera prestazione.

34 Jaques E., 1966, Sistemi sociali come difesa contro l’ansia persecutoria e depressiva. In, Klein M. (a cura di), 1966, Nuove vie della psicoanalisi, Il Saggiatore, Milano.

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Per gli utenti si registra un vissuto di passività: il modello perseguito appare quello di una fornitura di servizi standard che mal si adeguano alle peculiarità di ogni singolo individuo e alla teorizzazione di progetti individualizzati. Questo mal si adatta alla definizione moderna di servizio, dove la relazione con l’utenza, l’utenza potenziale e il territorio diviene un ulteriore elemento di qualità dell’offerta di servizi. Questo comporta anche un vissuto di impotenza e di rabbia verso i servizi e le istituzioni che vengono visti come la controparte, l’utente non si percepisce come cittadino con relativi diritti, la prestazione viene vista come asimmetrica. Infatti il servizio socio-sanitario si differenzia notevolmente dagli altri tipi di servizi del terziario: in esso è racchiusa una parte fondamentale del contratto sociale che cementa una società. I diversi tavoli con istituzioni ed enti, che sono stati costituiti come forma di dialogo, vengono ancora percepiti come lontani dai reali luoghi decisionali. Inoltre l’eccessiva standardizzazione degli interventi rischia di riportare l’intervento esclusivamente sul sintomo. Questo approccio, però, non considera la rete sociale a cui l’individuo appartiene, non considera che il disagio espresso rientra all’interno di una costellazione di fattori causali che non determinano tanto la forma di disagio quanto le strategie che verranno messe in atto per arginarlo.

b) Mancanza di una reale integrazione tra pubblico e privato sociale:Nonostante il fatto che questi due sistemi concorrano insieme alla strutturazione di una rete integrata di servizi, vengono percepiti più come una sommatoria che un’integrazione. Esistono vissuti contraddittori tra gli operatori delle due reti che non appaiono condividere spazi di comunicazione e in cui le incomprensioni possono portare a vissuti di contrapposizione. Tali vissuti sono riportabili sia a fattori soggettivi che oggettivi. Infatti l’operatore del privato sociale percepisce una maggiore presa in carico dell’utenza rispetto all’operatore del pubblico, a questo va collegato un diverso trattamento contrattuale che rende tale divisione ancora maggiore. Questo viene percepito anche dagli utenti. Inoltre appare una mancanza di coordinamento tra le due realtà per cui il ricorso al privato sociale viene più visto come metodo per tagliare i costi di gestione che non per le peculiarità di cui è portatore. Questa situazione si aggrava ulteriormente per il volontariato, che, se vista come risorsa irrinunciabile, viene percepita come rischio di disinvestimento da parte del pubblico relativamente ad alcune attività. Inoltre il volontariato non sempre è formato e può essere fonte di incomprensione tra il servizio e l’utenza. In ultima analisi si riscontra la richiesta di una maggiore possibilità di dialogo e coordinamento tra i due sistemi che, comunque, vengono percepiti come essenziali.

c) Mancanza di un’attenzione verso il territorio:Se il territorio, dalle teorie attuali, viene visto come risorsa che si inserisce a pieno titolo nella strutturazione del servizio, si riscontra un’impossibilità per i servizi di rivolgersi a questo. Questa

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situazione appare più marcata per il settore pubblico. Si lamenta l’assenza della possibilità di interagire con questo. La definizione stessa di disagio sociale, però, porta l’attenzione verso il territorio dove questo si manifesta, sia come causa che come risorsa. In questo ambito, una delle finalità dell’intervento, dovrebbe essere quella di valorizzare ed estendere le relazioni del soggetto nel territorio al fine di valorizzare quello che abbiamo definito capitale sociale. L’operazione svolta dai servizi, invece, appare rinchiudere all’interno di questi le problematiche che il soggetto viveva all’esterno. Anche l’attenzione verso la famiglia non appare un reale cambiamento di paradigma verso questo modello:la famiglia non viene considerata come inserita all’interno di un contesto sociale, con relativi problemi di gestione di tempi, spazi ma appare più come soggetto estrapolato dal contesto. In questo modo però l’approccio perseguito non si discosta dal modello in cui l’attenzione viene posta esclusivamente sul sintomo dell’individuo, semplicemente l’intervento viene posto sul sintomo della famiglia, basandosi, inoltre, su un modello idealizzato di famiglia, ben distante dalle trasformazioni che questa ha subito.

d) Scarsa trasparenza dei servizi:L’informazione relativa alla conoscenza dei servizi presenti nel territorio non è diffusa. Questo comporta una disuguaglianza soprattutto nell’utenza potenziale: soggetti che siano, a vario titolo, prossimi ai servizi hanno maggiore accesso all’informazione e, quindi, alla fruizione di questi rispetto al resto della popolazione che spesso non accede a servizi e agevolazioni proprio per una mancanza di conoscenza della loro esistenza.

Queste riflessioni si vengono ad inserire, comunque, in un quadro in cui i servizi sono presenti. Infatti non si riscontra tanto una richiesta di nuovi servizi quanto una loro ridefinizione. Tuttavia, a distanza di un anno dall’inizio dei focus-group, si registra una progressiva riduzione di questi a causa di budget sempre più limitati a disposizione degli enti locali. La diminuzione dei fondi a disposizione è, comunque, un dato acquisito sia da operatori che da utenti. La richiesta si muove più verso l’attuazione di nuove strategie di problem-solving, in cui il valore aggiunto sia dato dall’esperienza dei diversi soggetti coinvolti.Per quanto riguarda l’attenzione verso il territorio, l’organizzazione dovrebbe considerare che l’ambiente influisce sull’organizzazione nei modi sollecitati da questa stessa35 e che quindi la relazione con questo dovrebbe costituire un momento essenziale della programmazione e dell’intervento.

35 Weick K. E. (1976) Processi di attivazione nelle organizzazioni in Zan S., a c. di, 1988, Logiche di azione organizzativa, Bologna, Il Mulino

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APPENDICE 1

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INTERVISTE A TESTIMONI PRIVILEGIATI

Intervista a Assessore ai Servizi Sociali Comune di VicenzaComune di Vicenza( 30 Settembre 2002)

Secondo lei, nel territorio di Vicenza, quali sono le categorie a maggior rischio di disagio e quali le cause di questo ?

Intanto, vorrei fornire una sorta di fotografia della situazione della città di Vicenza, fermo restando che alcune forme di disagio interessano un territorio più ampio estendendosi a macchia d’olio.La prima questione che vorrei affrontare è quella relativa alla condizione degli anziani.In città vi sono circa 7000 nuclei familiari di anziani con un unico componente. Quasi il 70% di questi anziani ha più di 65 anni.Qui è la solitudine che costituisce il problema centrale. Di fatto, questa è gente che ha visto ridurre progressivamente la propria famiglia e il tessuto sociale -relazionale di riferimento. L’isolamento conseguente ha prodotto notevoli difficoltà verso una nuova integrazione sociale.All’isolamento, molto spesso, si accompagnano problemi economici. Ma, questi anziani hanno un tale “amor proprio” da non spingerli a questuare, a chiedere, aumentando la loro situazione di chiusura. Circa 500 famiglie hanno un reddito che non supera i 250 euro con difficoltà a far fronte alle spese di gestione della casa e con pochissime risorse per i propri bisogni, alimentazione compresa (molti vivono a pane e latte).Questa condizione sociale e materiale è la base per il diffondersi di un disagio psicologico che produce molte condizioni di depressione.Buona parte di queste persone avevano, in precedenza, un buon tenore di vita ma, forse, le circostanze della vita non hanno permesso loro di pensare in maniera più convinta al futuro. In parte gioca anche l’egoismo dei familiari che hanno smesso di curarsi di loro in maniera soddisfacente.E’ necessario rendere visibili questa categoria di persone e, d’altra parte, i servizi devono espandersi e lavorare per sviluppare processi di socializzazione, di integrazione, fornendo, all’occorrenza, sostegni economici.

- Questi anziani sono vicini a essere mandati in qualche istituto, in case di riposo?

No, di fatto potrebbero rimanere nelle proprie abitazioni.L’Amministrazione Comunale, con la collaborazione delle associazioni di volontariato, gestisce il Servizio di Assistenza Domiciliare agli Anziani (A.D.A.) cercando di rispondere ai bisogni degli anziani per conservarli nelle loro case piuttosto che favorire il ricovero in case per anziani.In questa direzione si stanno realizzando sperimentazioni interessanti. Si è dato vita a 4 gruppi appartamento che coinvolgono 60 anziani che trovano possibilità di gestire la loro privacy così come di partecipare a momenti comuni, collettivi.

Quali altre forme di disagio ritiene particolarmente problematiche?

A Vicenza è scottante anche il problema delle tossicodipendenze. Non si tratta solo di droga ma anche di alcolismo e,oggi, anche di dipendenza da videogiochi.E’ questo un problema in rapida ascesa che riguarda ogni tipo di cittadino e, in parte, gli extracomunitari che non si integrano nel tessuto sociale e che, vivendo in solitudine, trovano un momento di evasione nei videogiochi.Oggi, l’Amministrazione Comunale segue 8 famiglie con presenza di soggetti dediti costantemente ai videogiochi. Non c’è solo la crisi dei soggetti ma anche della famiglia che vive lo stesso dramma e che, quindi, va sostenuta e aiutata. Per gli interventi più specialistici legati al disagio della dipendenza è attivo il SERT.D’altra parte, droga e alcol sono sempre più correlati e il loro uso è in espansione.Questi comportamenti interessano persone dai 13 ai 38 anni. Da una parte lavoratori che impegnano per il consumo di droga e alcol buona parte o quasi tutto il loro reddito creando seri problemi in famiglia oltre che personali. Dall’altra questi comportamenti interessano sempre più i giovanissimi. A scuola cresce l’allarme droga e alcol. L’istituzione scolastica sembra, però, disinteressarsi al problema. Insomma, ognuno crede che il problema non sia suo!Personalmente penso che sarebbe giusta la cura coatta dei tossicodipendenti.

Quale ritiene siano i motivi che portano ad avvicinarsi alla droga?

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Vi sono molti fattori. Da una parte la permissività delle famiglie e abbastanza denaro a disposizione dei figli, dall’altra famiglie in crisi che non si curano adeguatamente dei figli che trovano nel gruppo di amici, nel branco, un punto di riferimento e dei comportamenti da condividere (dallo spinello ad altro).Vi sono anche difficoltà relative all’inserimento lavorativo. Nel vicentino i veri disoccupati sono i laureati che non si prestano a lavori meno qualificati rispetto al loro titolo di studio e, quindi, possono vivere situazioni di precarietà.A Vicenza si contano dai 600 ai 700 tossicodipendenti. Di questi 450 – 500 sono in trattamento.Recentemente, ad un controllo sulle strate cittadine durante la notte (dalle1.30 alle 4.00) sono state fermate 53 auto e sono state ritirate ben 15 patenti a causa dell’alta velocità ma anche di rilevazione di tasso alcolico fuori dalla norma.Così come per la droga il problema dell’alcolismo coinvolge pesantemente anche le famiglie dei soggetti interessati. Attraverso la collaborazione dell’Associazione “Alcolisti in trattamento” si cerca di dare un sostegno a queste famiglie per contenere o evitare ripercussioni estremamente negative.In questo settore si evidenziano alcune priorità:un intervento mirato e di carattere preventivo nelle scuole. Di fatto, l’accesso all’uso e abuso di alcool è già presente in fasce di giovani, adolescenti e anche preadolescenti,un intervento di concerto con i gestori di locali pubblici per monitorare i livelli di tasso alcolico nei frequentatori, come libera decisione da parte degli stessi di effettuare un controllo all’atto di uscire dal locale.

Ritiene adeguata l’attuale presenza e organizzazione dei Servizi Sociali?

Si, i servizi attuali appaiono adeguati rispetto alle esigenze del territorio e in linea con le esigenze future. Oggi abbiamo diversi punti di osservazione che seguono le risposte date dai servizi , risposte che poi vengono valutate sia in termini quantitativi che qualitativi in modo da poter predisporre eventuali nuove misure.In questo compito importantissimo è il ruolo degli osservatori attivati dalle associazioni di volontariato e dalle imprese del terzo settore.

Ma, come si configura il rapporto tra Amministrazione Comunale e volontariato e terzo settore?

Il rapporto non è di delega di servizi e interventi, né di supplenza da parte del privato sociale. Di fatto, l’Amministrazione Comunale lavora di concerto con volontariato e imprese del terzo settore. Questo attraverso una analisi comune dei problemi su cui intervenire, una scelta dei progetti di intervento (attivazione di servizi sul territorio), la successiva valutazione degli interventi stessi.In questa direzione è ottimo il giudizio che diamo verso la cooperazione sociale.

Come valuta il disagio giovanile?

Ma, io parlerei di disagio in senso più ampio. Il disagio giovanile è un aspetto del disagio del mondo degli adulti. I nodi problematici sono molti ma, in particolare:la non adeguata comunicazione tra adulto e giovane,il minore che deve subire le decisioni e le imposizioni dell’adulto,l’esclusione del minore e del giovane da un impegno attivo e, quindi, la sua passivizzazione.Il giovane reagisce in qualche modo a questa sua situazione e provoca, quasi sempre sostenuto dal gruppo, atti irresponsabili come vandalismi, disturbo della quiete pubblica e altro.Qui, non si può, allora, avere un atteggiamento repressivo. E’ necessario predisporre un osservatorio sulla condizione giovanile, attivare operatori e animatori di strada per arrivare a predisporre Piani Informativi Individuali (P.I.I.).E’ questo uno spazio che si apre per lo sviluppo del ruolo della cooperazione sociale. L’Amministrazione Comunale è già attivata con alcune circoscrizioni, due parrocchie e il privato sociale nella promozione di questi interventi. E’ stato anche deliberato di attivare in tal senso gli “oratori” per concorrere a dare risposte sul territorio.Importante, inoltre, è produrre momenti di formazione comune tra tutti i soggetti coinvolti nei progetti e nella gestione dei servizi. E’ anche strategico un adeguato coinvolgimento delle famiglie nella gestione di questi problemi e degli interventi.

- Ritiene che vi siano altre situazioni problematiche emergenti?

Certamente e, in particolare, i casi di violenza e abuso sessuale sui minori.A Vicenza vi sono circa 30 nuovi casi ogni anno. Probabilmente il fenomeno appare in aumento ma solo perché oggi emerge con più facilità.E’ necessario, comunque, sensibilizzare ulteriormente i diversi operatori (a partire dalla scuola) per rendere sempre più visibile queste situazioni.I casi maggiormente diffusi si producono in ambienti familiari disastrati.La nostra linea di intervento privilegia l’affidamento di questi minori ad altra famiglia, sia temporaneamente che con affidamento diurno.Per le famiglie affidatarie candidate sono stati istituiti corsi di preparazione. L’Amministrazione Comunale dispone di 9 équipe di intervento e coinvolge nel programma psicoterapeutico il minore, la famiglia di origine e anche la famiglia affidataria per le attività di sostegno necessarie.

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Anche questo è un settore di espansione degli interventi e dei servizi corrispondenti.Ma, forse, una delle situazioni più pesanti è quella della condizione delle persone handicappate. A Vicenza vi sono 800-900 tra portatori di handicap sensoriale, motorio o psichico. I problemi sono molteplici perciò le risposte sono differenziate e individualizzate. Il portatore di handicap vive più a lungo di una volta e questo comporta problemi alla scomparsa dei genitori. La prevenzione del handicap fisico è possibile in molti casi e sarebbe molto importante ma c’è una ampia disinformazione al riguardo. Ad esempio, il tempo che passa tra l’insorgenza del handicap e la diagnosi dello stesso e molto lungo e questo costituisce un problema. Esiste, poi, una grande incompetenza medica nel confronto del handicap fisico e, in parte, della capacità di diagnosticarlo precocemente. L’ambito familiare viene caricato di molte incombenze e i margini di liberta dei singoli componenti si restringono favorendo lo sgretolamento della famiglia stessa. Sono necessari, quindi, interventi non solo per il portatore di handicap ma anche per la famiglia.

Ci vogliono servizi “più raffinati”, capaci di porre come centrale la persona, con risposte parallele, integrate. Questo comporta programmi di formazione comune degli operatori degli stessi servizi pur di enti diversi (pubblici e privati) e, inoltre, la costituzione di osservatori comuni per acquisire i dati dei diversi soggetti bisognosi, nonché di nuclei di valutazione dei diversi progetti composti dai diversi operatori ma anche dagli utenti.Anche qui è importante l’impegno del privato sociale.

Ma. L’affidamento dei servi al privato sociale è più conveniente?

Di fatto, non vi è una convenienza sul piano economico: i costi della gestione di servizi da parte del privato sociale non sono certo minori.La collaborazione col privato sociale per noi è importante e rientra nel nostro impegno politico, così come lo sviluppo di questo settore.Oggi, vi sono diverse esperienze comuni.Vorrei citare il Progetto “Io da solo con noi”, progetto che portiamo avanti con La Nostra Famiglia per inserire ragazzi disabili in appartamenti per renderli autonomi, indipendenti dalla famiglia.

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Intervista a Dirigente ULSS 6 - Direttrice Settore Sociale Dott. Antonella PinzautiUSL 6 Vicenza( 14 Novembre 2002)

Secondo Lei quali sono i settori più a rischio?

In generale il settore che ritengo maggiormente a rischio di disagio sociale è quello dell’immigrazione, a tutti i livelli.Questo a cominciare dai minori che manifestano un disagio profondo nel processo di integrazione, scolastica e sociale, a causa della lingua. Della propria cultura e della particolare visione della vita.Da questo punto di vista occorrerebbe una assistenza integrata non perché il minore presenta particolari problemi ma proprio per il suo statuto generale. L’USL riceve dai comuni una delega per l’intervento in casi particolari come per le disabilità. In questo settore le risorse disponibili sono tendenzialmente in diminuzione.Nel vicentino, in generale, non vi sono particolari situazioni di difficoltà per l’integrazione degli immigrati. Di fatto sono i problemi della gestione quotidiana a indurre situazioni di disagio come il problema della casa, del lavoro sia per trovarlo che per mantenerlo. Poi, c’è il problema del sostentamento.Tutto questo provoca abbastanza velocemente crisi all’interno del nucleo familiare tra i partner. In particolare, la donna si trova proiettata in un mondo diverso con altri valori. La sua eventuale rapida integrazione provoca non pochi problemi in ambito familiare, in una famiglia dove, per cultura, la donna è prevalentemente madre.Sulla donna possono esercitarsi, quindi, violenze da parte del partner che difficilmente tollera cambiamenti. Su tutti, maschi e femmine, vi è l’ombra di un disagio e di conflitti nel rapporto tra famiglia e ciò che l’ambiente sociale può indurre di modificazioni sulla famiglia stessa che, sempre di più, trovano nella diffusione dell’alcoolismo, un ammortizzatore.Di fatto, si potrebbe dire che tutti i settori ad alta integrazione socio-sanitaria sono potenzialmente a rischio per la difficoltà a integrare politiche e interventi a loro rivolti.

Ritiene che vi siano altri settori a rischio o problematiche emergenti?

Certamente, potremmo considerare come settore ad alto rischio, ovvero come realtà verso cui sviluppare sempre più attenzione e potenziare gli interventi, il settore del disagio psichico o, se si vuole, della salute mentale.La fenomenologia del disagio è assai ampia: depressioni, stati d’ansia, attacchi di panico, disturbi di personalità. Anche i suicidi sono in aumento.Potremmo dire che problemi di disagio psichico considerati minori sono oggi significativamente presenti nell’esperienza di molte persone arrecando disagi considerevoli ai singoli e alle famiglie. Molto spesso, qui, sono in gioco gli sitli di vita e la condizione esistenziale di parecchi soggetti.Il disagio è diffuso e colpisce indifferentemente giovani e adulti, uomini e donne,. Vi sono, ad esempio, maschi adulti che hanno cedimenti improvvisi: danno l’impressione di essere profondamente soli.L’intervento sul disagio, oggi, è tutto interno alla psichiatria e si rivolge prevalentemente al disagio conclamato.Manca, allora, un filtro, un servizio come un “centro ascolto” sul territorio, capace di prendere in carico il soggetto prima che il suo disagio si acutizzi.

Individua altre problematiche di rilievo o emergenti?

Un settore che richiede sempre un grande impegno è quello della infanzia e dell’adolescenza.In questo campo, direi che si rende necessario più che lavorare sul disagio (rispetto a questo si sono già prodotti dei validi interventi), lavorare sull’agio, sulla promozione del benessere per dare più senso all’esperienza di questi e sviluppare la loro autonomia.Dal 1996 si è registrato un incremento di episodi di abuso e di violenza sui minori. Su questi problemi possiamo dire che l’Amministrazione Comunale ha predisposto interventi adeguati.

Secondo Lei quale è la tendenza evolutiva dei servizi?

Direi che la tendenza attuale segna l’esigenza, rispetto alle diverse aree problematiche, di spostare l’ottica degli interventi dal singolo soggetto (minore, handicappato, anziano…) al contesto familiare.Gli interventi sulla famiglia assumono un criterio di centralità.Questo, anche in regione del fatto che da una quindicina di anni a questa parte la famiglia ha subito radicali trasformazioni non solo per il fatto che si è consolidata la famiglia nucleare, ma per la perdita dei legami sociali di cui godeva la famiglia: dal vicinato, alle reti parentali e degli amici.

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Oggi, i legami sociali si sono logorati e intorno alla famiglia vi sono poche relazioni che gravitano, a volte , nell’ambito del lavoro e delle amicizie acquisite (i genitori dei compagni di scuola dei propri figli). Famiglie di anziani vedono, in parte , la presenza di soggetti di organizzazioni di volontariato.La famiglia attuale è di gran lunga decontestualizzata mancando la dimensione della comunità. Per altri versi la famiglia è disintegrata: molte sono le separazione ed anche le situazioni familiari che vedono, di fatto, la non presenza di un genitore, quasi sempre per motivi di lavoro. Non è un caso che buona parte dei bambini, per un tempo importante (3 o 4 ore al giorno) sono affidati alla televisione.In queste condizioni sulla famiglia gravano, comunque, attività di cure verso disabili, handicappati, anziani,ecc.Di fronte al fatto che la famiglia è, in qualche misura, in crisi si creano difficoltà nella stessa gestione dei servizi come, ad esempio nell’assistenza domiciliare.

In questa situazione quali sono le prospettive e quale ruolo per il terzo settore?

Reputo che rispetto alla situazione attuale e futura il ruolo del terzo settore sarà sempre più importante.E’ necessario, però, nel rapporto con le istituzioni, chiarire i ruoli reciproci.Le istituzioni, i soggetti pubblici devono avere un ruolo prevalentemente di indirizzo di individuazione delle strategie degli interventi e, poi, di monitoraggio e di valutazione.Al terzo settore deve spettare la gestione operativi dei servizi.A volte sembra che tra istituzioni pubbliche e terzo settore vi sia concorrenza. Di fatto il servizio gestito dall’ente pubblico è importante per creare un termine di paragone sia verso il privato che il terzo settore.Sul piano progettuale il lavoro dovrebbe essere comune per definire strategie di intervento che si alimentano dell’ascolto e dell’analisi dei bisogni colti nell’agire pratico dei soggetti del terzo settore. Su questo piano dovrebbero concorrere anche associazioni che si occupano della realtà del socio-sanitario, volontariato, associazione di familiari, i diversi osservatori come, ad esempio, la scuola.

Intervista a Segretario provinciale CGIL 25/10/02CGIL Gino Zanni

… la CGIL su queste questioni … ha da investire parecchio una persona anche che si occupi … risulta abbastanza vasta di queste tematiche … che tra l’altro segua un po’ anche … ovviamente… io dico che è tra virgolette una scoperta relativamente recente per quanto riguarda la CGIL benché ci sia sempre stata ovvia attenzione però tra virgolette è una cosa che è sempre stata tra virgolette del mondo cattolico, non so come sia il tuo pensiero su questo, però sai che per formazione, per storia la sinistra politica e la stessa CGIL ha cercato di affidare essenzialmente allo stato, alle varie funzioni dello stato la soluzione di questo problema e credo che questo sia stato un limite e ci sia un profondo ripensamento, non so se … è una cosa vera tra i cattolici, ci siamo posti seriamente questo problema e quindi investire sulla persona che segua questo tipo di tematiche significa una scelta di fondo molto consistente per quanto ci riguarda non è una cosa indifferente mettere una persona, uno stipendio, qui è come ti ripeto una scelta di campo molto decisa, questa è la premessa che ti voglio dire è una scelta di campo molto importante per … e inizialmente siamo partiti proprio con un’indagine, un’analisi che è stata fatta da una ragazza dopo di che abbiamo scelto un compagno conosciuto allora amico, conosciuto all’interno della cooperativa S. Gaetano, non so se la conosci –no- forse credo che sia la più grossa a livello Veneto che si occupa del versante di tossici e del recupero e dell’inserimento, l’ho conosciuto perché si frequentava la cooperativa, si andava a fare verso la fine del percorso dell’inserimento di questi ragazzi, allora gli si spiegava il lavoro, come sostanzialmente approcciare in maniera positiva l’incontro con l’imprenditore, la ricerca di un lavoro, conoscere, diciamo così, il mercato del lavoro nella provincia di Vicenza, le difficoltà, lo stato dell’arte si è capito così che è un affare non così complicato, e non è un caso, te lo dico con molta chiarezza al di là delle cose che abbiamo detto, che questo progetto per esempio sul disagio all’interno del luogo di lavoro è stato sollecitato e promosso con forza da noi … perché l’offerta c’era arrivata sempre da un amico conosciuto dentro questa cooperativa e noi abbiamo preferito per ovvi motivi di funzionalità e di efficacia, che la cosa fosse unitaria e non semplicemente della CGIL e su questo c’è una fase di stallo che è legata un po’ ai rapporti di base che ci stanno, anche se su questo è indubbio che è mia convinzione e spero sia convinzione della cisl e della uil si possa ancora lavorare insieme nei luoghi di lavoro, infatti questo Igino Canale speriamo riusciamo si riesca a rintracciare stamattina ha già avanzato una richiesta formale che ci si possa incontrare per continuare in questa operazione. Fatta questa premessa e quindi che l’interesse nostro oggettivo è su queste tematiche, ti potrei parlare dell’esperienza e qua è essenzialmente nostra come CGIL, che è quella del delegato sociale, la mia terminologia non è proprio pertinente ma se non ti spiace con le mie parole –sì, sì, va benissimo hi, hi- che dopo se riesco a recuperare tra le mie scartaccie anche le relazioni che sono state fatte di un convegno che è stato fatto unitario, casomai te le consegno, cioè seguire quell’analisi fatta a suo tempo e che ho dato a Igino quando è entrato in CGIL, una decisione che sta in capo soprattutto ai compagni della CGIL dell’Emilia, un certo Fausto Viviani, non so se lo conosci, non importa, è un’esperienza molto positiva ci siamo posti questo problema, cioè come nella sostanza in tutti i luoghi di lavoro affidare nello specifico minimo a uno, tendenzialmente che sia essenzialmente l’animatore, quello che si pone … quindi mettere in atto tutte quelle pratiche analizzando il disagio presente all’interno dei luoghi di lavoro .. esatto, andare a sviluppare le politiche cosiddette dell’agio che consentano di .. è un approccio di una complicazione eccezionale come si può.. cioè i nostri delegati che sono stati formati essenzialmente su tematiche, quando va benissimo, che stanno ovviamente in primis sulla contrattazione del salario, secondo organizzazione del lavoro e ragionamenti di

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come, ma il più delle volte sono legati, diciamo così, a interessi materiali, passare a un tipo di problematiche di tematiche di questa natura significa un salto qualitativo e io dico, rioccupare uno spazio che in parte solo negli anni ’70 si era posto e soprattutto diciamo così, l’impossibilità di un ripensamento profondo del sindacato, ecco oggi ripensare in tutti i luoghi di lavoro e quindi non semplicemente nella fabbrica in cui è stato essenzialmente il luogo in cui si è pronunciato il sindacato confederale che potesse pensare … essenzialmente le cose … oggi dentro … profonda anche del pubblico ragionare a tutto campo su queste questioni mi sembra che sia l’impegno, diciamo così, nuovo per caratterizzare quanto meno la CGIL io penso al sindacato come risultati, attenzione massima da parte di chi ha partecipato al corso, grande attenzione verso una fortissima domanda capacità di risposta oggettivamente le competenze e l’interesse per persone che si dedicano con forza a questo nuovo.. e in una fase come questa è un po’ difficile diciamo, rimettere al centro, la vedo proprio difficile mettere al centro una questione come questa, anche se reputerei che si nega in maniera, si potrebbe negare in maniera splendida come contestazione più generale di quanto sta avvenendo nel paese e di come ripensare essenzialmente concetti come dignità, libertà, dignità della persona che passano proprio dentro la politica dell’agio, dello stare bene del corpo, non so …

-Nella zona specifica di Vicenza, è conosciuta come una delle più ricche penso in Italia disagio come lo possiamo definire? Di solito disagio è legato, di solito si pensa al sottoproletariato nelle zone urbane degradate, con gli immigrati siamo ritornati a quel punto o ci siamo vicini..

-Io credo che dobbiamo distinguere bene.. lasciamo un attimo a parte la questione degli immigrati momentaneamente, ho visto un crescere anche interessi oggettivi se dobbiamo parlare.. il problema più grosso quello che … emerge troppo tardi, secondo me, ma non è mai troppo tardi, credo che.. e non è mia come definizione ma di Bruno Magli? Non so se.. mio amico della CGIL, dice che la più grande rivoluzione la più grande modificazione del cambiamento avvenuto in questi anni … è il passaggio da poveri a ricchi, ricchi tra virgolette, però tra essere emigranti, tra tirare a campare, oggi credo che questa sia la più grande questione e oggi la paura di perdere, tra virgolette, questa ricchezza, credo sia una delle più profonde e come si affronta? In primis lavorando, lavorando.. e quindi perdendo sostanzialmente nella sostanza tutti quei lavori che facevano vita di comunità? credo sia questo il problema lo stress che riscontri in tutti i luoghi di lavoro, questa domanda micidiale di avere sempre più consumi di stare al passo col tuo vicino, di consumare, la perdita pesantissima di lavori.. uno spaesamento, sradicamento, perdita d’identità, questa è un’estrema sintesi, quello che a mio avviso è in tutti diciamo così, i pezzi, i segmenti che noi rappresentiamo o cerchiamo di rappresentare e diventa veramente difficile anche il nostro lavoro insomma nel momento in cui per nostro mestiere uno dei principali motivi per cui ci serve contrattare il salario e immagini che sono quel che sono e però capisci anche che laddove hai delle contrattazioni eccezionali sul versante del salario, magari anche sull’ambiente, la qualità ecc. le contestazioni dentro … dove si capisce di più ed è paradigmatico questo le contestazioni sono fortissime quindi vai a capire qui sono problemi che stanno ovviamente in parte dentro … ma tantissime contraddizioni stanno qua … difficoltà … problema del tempo che è il problema più grosso, se io per raggiungere un determinato reddito sono costretto a stare nel mio posto di lavoro molto di più di quanto non sia dato per stare alla pari per competere con l’altro, col vicino ecc. se marito e moglie sono sempre comunque costretti a lavorare a tempo pieno, non c’è più tempo per.. se poi il tempo per il consumo è poco … io credo che sia questo uno dei problemi più grandi che si stanno riversando in questo contesto, in questa provincia.. dobbiamo lavorare con persone, donne, uomini, … lavoratori il cui grado culturale di conoscenze è relativamente basso, sono stati, hanno abbandonato troppo presto le scuole, insomma oggi c’è una forte ripresa di scolarità media e media superiore forte, per cui anche le incomprensioni molto spesso di processi complessi che stanno avvenendo qua e nel mondo ti rendono difficile proprio il tuo lavoro fare percepire cosa sta cambiando, hanno difficoltà a capire, entriamo su questa questione le modificazioni profonde, perché arriva una montagna di migranti da altre parti, se tu apri il giornale è terrificante eh me l’hanno portato via, ieri sera seppur gravissima la cosa, due slavi, due serbi correvano stavano facendo una gara e hanno falciato due persone, se fossero stati due ragazzi italiani, si sarebbe detto delinquenti, si sono radunati un centinaio e rotti di persone e volevano entrare nella stazione di polizia per … questo la dice lunga su come sta cambiando il panorama, con quale repentinità, insomma e ti ripeto è difficile, assolutamente difficile un po’ perché le cose stanno avvenendo con una rapidità micidiale, fino a qualche anno fa tu non avevi l’intensità di migranti con cui oggi ti devi misurare e stanno crescendo a incrementi, se è vero il dato che mi dava qualche giorno fa le ricerche, si parla di un qualcosa come 60000 mi sembra un po’ troppo migranti solo per Vicenza.. -Può essere, sono 40000 a Treviso, ho visto stamattina.. –Beh, censiti sono stati fino a poco tempo fa qualcosa come 42-43 mila.. è ovvio che hai una percentuale di clandestini talmente alta forse si può ipotizzare che siamo vicini a questi numeri, in alcune aree, in alcune zone si è modificato il panorama.. il paesaggio. Una ragazzina, ho una figlia di 17 anni, la portavo a mangiare una pizza a … una sera e parlavano fra di loro e si dicevano, “è impossibile, non si può più andare in piazza, non è più la nostra piazza”, e con una virulenza nei confronti di questi immigrati che proprio mi hanno stupito e la piazza … è sempre stata diciamo così un non luogo e anche questo è un altro grande problema, non c’è un discorso sulla piazza? E forse proprio perché non luogo è oggi occupato in prevalenza da lavoratori immigrati, se tu vai la domenica pomeriggio in questa piazza ci sono 2-3 cento … hanno acquistato.. sei padovano? –Io no, piemontese –Ah piemontese –Però di origini veneto, quindi ho visto cosa succede ad essere migranti da un’altra parte.. –E questi non luoghi, ti sto parlando di una piazza, quindi questo significa … una piazza non più, mai frequentata dai residenti … e si determina una situazione di non accettazione di rifiuto dell’altro, che è uno degli elementi che anche se dopo fai qualsiasi indagine ti dicono no c’è accettazione, c’è integrazione, non c’è niente, non è assolutamente vero, quindi disagio si aggiunge a disagio, difficoltà di rapportarsi di avere.. sì, non è indifferente quel dato … non è indifferente questa questione di come si è modificato il paesaggio in questi anni, la città è scomparsa, il paese, la comunità … ha invaso totalmente il territorio, ha innalzato steccati … e ci dà l’idea, ci costringe in qualche misura oggi di separazioni, di steccati che hanno … fortissima … individualismo … e quindi credo che abbiano creato le premesse di una rottura, se il miracolo economico c’è sicuramente, sicuramente è la rottura sociale, quindi quel profondo disagio, di cui prima si parlava che attraversa un po’ tutti, non parlo mai di … questa ha determinato

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una difficoltà, sta determinando, diciamo così, una complicazione eccezionale appunto per quello che ho detto prima, complicazione per tutti, per chi governa, per la politica per le rappresentanze sociali e quindi il punto su che fare diventa … davvero problematico, qualche risposta come dicevo prima la risposta potrebbe essere una relazione sociale importante come sindacato di ripartire dal luogo di lavoro, che è un luogo privilegiato … e quindi riaffidare alla rappresentanza sindacale compiti … in parte diciamo risolti, i bisogni primari, come si rioccupi della questione della qualità della vita, dell’ambiente e così via, domande che stanno oggettivamente crescendo.. sto parlando a ruota libera, non è casuale che un paese si mobiliti con una dimensione … e si sta riscoprendo la politica in termini più positivi, dicendo no non … perché l’ambiente è talmente … che non c’è più bisogno, quindi non c’è, io direi una parte sicuramente di questi che si muovono, perdono una giornata di lavoro, prendendo un giorno di ferie, per andare a contestare a Venezia … perché Galan non decida che intervenga sul governo centrale, dà l’idea che c’è un recupero di un’attenzione rispetto, ovvio dentro c’è anche in particolare l’interesse non di mettere qua e mettere dall’altra parte, sicuramente c’è, ma si sta sviluppando anche dei dibattiti e delle assemblee che continuano ad essere fortemente partecipate, qualcosa come 7-8 cento 9 cento persone che praticamente si riuniscono e dentro … che sono stati caratterizzati da … ma è meglio trovare la qualità, perché tutti insieme appassionatamente io non ci ho mai creduto.. dicendo no insomma comincia anche a veicolare qui nella zona tutti che cominciano a porsi la qualità dello sviluppo … la qualità della persona e così via, son piccoli segnali che stiano crescendo ovunque dei comitati attenti e non con quella trasversalità infida di anni addietro, queste contestazioni in effetti inutili … un contesto decisamente … ospedali … in cui da Rifondazione ad An non esiste, ci son delle responsabilità precise, c’è chi decide, c’è chi paga il prezzo su queste questioni, quindi.. però ripeto io credo che su queste questioni dell’ambiente, della comunità, un qualcosa che si avvicini alla rottura che i padroni, certo non lo fanno a dire Ivo Diamanti, ma quando si accorgeranno che la situazione è giunta a un punto drammatico che si rivolterà contro di loro, sarà sempre troppo tardi, ho spaziato più su questioni diciamo così che riguardano strettamente la persona, l’individuo, l’ambiente ma centra molto insomma, sono state queste persone a determinare, a fare, a costruire quest’ambiente, siamo stati noi, non so se sono fuori tema

–No, è dove può nascere il disagio, perché poi il disagio, anch’io ad esempio faccio una trasmissione a Radio Cooperativa di Padova e si intitola Disagio Sociale e noi non parliamo di handicap, quella è un’etichetta che è stata data, mentre il disagio sociale arriva da altre parti, per cui non è disagiato perché è handicappato, è disagiato perché non riesce a vivere bene in questa società, quindi bisogna andare alla base.. ad esempio nel terzo settore, me ne occupo da un po’ di anni però ho molti dubbi, in alcuni casi perché..

–Eehm non a caso io non ti ho mai parlato più di tanto del terzo settore e ti dico che, i punti essenziali, considero ancora centrale e assolutamente prioritario l’intervento pubblico sulle questioni che stanno sul versante sociale, detto questo, che ci possa essere una fortissima integrazione … per me non ci piove, se lo Stato si dovesse … un approccio nostro più ancora di altri sul versante di come si contribuisce a questo, quindi i problemi del fisco, è quanto si decide che una comunità dedichi a questo, per cui io son più vicino ad ipotesi svedesi, nordici, che piuttosto ad approcci mediterranei si pensa che siano dei … ha pensato in ogni caso fortissimamente la cultura, la concezione dello stato nella storia dei cattolici che anticamente hanno presidiato nelle scuole, negli ospedali e quant’altro … ma oggi la concezione dello stato nel momento in cui sono gli stati moderni … va da sé che per quanto mi riguarda all’attenzione deve essere precipua una funzione che lo stato non possa andare contro e che conseguentemente ci possa essere un’economia sociale in cui il volontariato più o meno viene pagato debba concorrere e qui comunque lo stato debba permanentemente controllare in maniera un po’ più efficace di quanto oggi non faccia, questo è il mio approccio, questa resta … insomma la questione, questo può riguardare le scuole,… questo può riguardare … la sanità, più sul versante degli anziani? Può riguardare sicuramente l’infanzia anche se preferirei che l’obbligo alle materne magari sempre garantiti e accompagnati da pochissimi … sono contrarissimo, anche se … confessionali in questo paese è gravissimo, … il terzo settore su questi piani, però significa intervenire sul problema tra virgolette dei disabili, dell’handicap fisico, dell’handicap mentale, concorrere, ripeto è impensabile che si possa riaprire questa polemica, né di affidare magari non più a i pubblici ma a privati, i nuovi manicomi, i nuovi … Giovanni Basaglia Per cui su questa questione siccome c’è il rischio concreto che si possa tornare a politiche di segregazione, come in tutti i campi, ovviamente … quindi affidiamo al privato che li ripassa fra l’altro … una fortissima compressione dei diritti … e cominciano ad esserci di questi casi, allora io credo che se il terzo settore sia lasciamo perdere tutte … sono state fatte in questi anni soprattutto in uno stato in cui, che era funzionale alla destabilizzazione di un welfare pubblico che doveva dipendere.. detto questo sono più che mai convinto rispetto al mio caso che io consideri la mia stessa organizzazione come componente essenziale che debba supportare anche il fare e non solo fare welfare per cui le associazioni che noi in qualche misura promuoviamo … va dentro - ..ma quasi quasi quello è definito quarto settore … non distingue perché non è quella profit, perché il settore sta diventando più profit che non.. – No finivo con queste battute che se il terzo settore assume allora diciamo che un pezzo di economia specifica completa con altre regole … come era stato concepito e come era stato diciamo così pensato, vissuto.. pensato, cioè i cattolici parlano di dono, io non rifiuto anzi sono delle grande questioni e dei grandi meriti ..però se dal tono passi al profit, penso che dobbiamo ridefinire, apro e chiudo una parentesi, una polemica violentissima che sta caratterizzando la CGIL, nello specifico il sindacato dei pensionati è proprio questa, cari pensionati, voi cominciate a donare parte essenziale del vostro tempo oppure se pensate che il sindacato pensionati sia un secondo stipendio che vi serve per un viaggio per il di più, no, come ripensi sostanzialmente e qui parliamo quasi di un morto, qui in Italia si consuma … che sia orientata a ..quindi sul terzo settore credo che abbia avuto nel recente passato una funzione abbastanza importante, quella di sollecitare anche il pubblico a ripensare sé stesso, approcci diversi ed è necessario perché tanta parte del pubblico non … e quindi ..ma se pensa di supplire, salvo un soggetto e un attacco pesantissimo penso che fossimo … più che qua in Veneto … diversa perché c’è un rapporto molto chiaro e noi siamo schietti, temo che la Compagnia delle Opere … penso di sì …

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- La questione quindi, ancora sul terzo settore, la domanda che mi pongo guardando i dati sull’occupazione a Vicenza, perché chi lavora nel terzo settore, come le esperienze di chi lavora nelle cooperative sociali, infatti stanno cercando anche loro di acquistare più diritti perché ne hanno un po’ pochi, si troverebbero in una città di Vicenza con dei valori, almeno, come emerge qui, non siano più così forti, mentre il terzo settore si baserebbe proprio su degli alti valori, persone che andrebbero a lavorare all’interno del terzo settore, non usando come parcheggio, appunto per avere un sovrappiù, ma come opportunità di lavoro, il terzo settore nella realtà di Vicenza può esserci?

Ma allora io credo che diversamente che da tante altre parti, tu conosci un po’ la realtà qui? – Un po’ sì.. – Io credo che la battaglia fortissima, noi abbiamo un ottimo rapporto con i nostri amici ovviamente della cisl, ma tantissimi nostri amici che hanno apprezzato anche ripeto questo salto, questo nostro impegno forte, rispetto al piano teorico e pratico ti ho detto su quale versante, noi facciamo il nostro mestiere ma tu fai teniamoci in contatto non perdiamoci di vista come dice quell’altro perché dobbiamo difendere partono anche loro da questi principi fondamentali il welfare, il pubblico e quindi la loro funzione, ma con questo approccio io credo che debba addirittura, ci dovrebbe essere più unità, non so se sono stato chiaro, uno spazio enorme e anzi, ci sono di quegli esempi splendidi, cioè organizzare banche del tempo o organizzare reti soffici, leggere di volontariato che occupino il più possibile gli spazi del disagio che vadano ad affrontare, che non siano mega strutture, che siano molto caratterizzate localmente dentro io dico, la contrada, il paese, io credo che sia un modo per ripensare la comunità, proprio per questo continuo a parlare di comunità, perché credo che sia questo il punto che è venuto meno, cioè lo sradicamento,lo spaesamento è una cosa drammatica e il terzo settore è quello che in qualche misura,per me, che dopo viva dio se c’è bisogno di risorse alcune codificate,alcuni trasferimenti pubblici chiari, puliti non c’è dubbio che dentro una politica del bilancio? Dentro questa riforma dell’assistenza libera ma viva dio questa grandissima legge una delle grandi intenzioni dell’ultima legislatura è stata una delle condizioni, è stata una, forse la principale, che rischia di essere messa totalmente all’angolo dentro questa nuova situazione politica, primo perché non ce ne stanno, secondo per appoggio, ma fin qui … business, Compagnia delle Opere è questa, è una concezione del terzo settore che non condivido assolutamente, se dopo si arriva a definire S.Patrignano auguri e figli maschi ..credo che Vicenza abbia ancora questa capacità e io dico e perché un pezzettino di sinistra la pensa così e perché c’è un pezzo del mondo cattolico, collocato guarda a caso politicamente a sinistra, che la pensa così e quindi … perché questo si possa, su più versanti, io dico fra l’altro, se il governo del tempo, … il tempo diventa sempre più un problema come il denaro, cioè se c’è un punto …si è sempre in ritardo, si è in ritardo al lavoro, si è in ritardo.. questo.. ho sposato un ambiente, … strettamente personale, ero un po’ vagabondo da giovane, come tutti voi, mi sembra che sia così, e conosco una ragazza, giù nel profondo sud, in Calabria, sulla costa Ionica, la sposo, è mia moglie oggi, arriva qua, due cose, impatta violentemente su due questioni, la prima, lei dice, ma dove corrono, stanno tutti correndo, corrono in bicicletta, corrono.. ma dove devono andare, ma che fretta avete.. la seconda, non vi capisco, parlate italiano, cioè il non rispetto nostro, primo nei confronti di chi non, comprensibile sia chiaro, però.. e questo riprendendo tutto il problema degli immigrati, tu pensa alla difficoltà, l’integrazione, proprio in termini di lingua, tantissimi immigrati parlano il dialetto veneto, ed è un problemuccio questo per loro che devono qualche volta anche muoversi in giro e non sempre sono stanziati tuttavia nel napoletano magari con cadenze anche se si parla con uno di fuori, il più delle volte conoscono l’italiano.. tantissime volte, grave se parlano italiano … dopo si parla anche il dialetto, ma fuori si parla italiano, posso garantire, perché sono 27, no 24 anni che vado … la Calabria come quel pezzo di terra, ma soprattutto la velocità, la velocità, ecco allora recuperare, ripeto sul versante, sullo scambio di lavori, deve essere una cosa importantissima, lavorare sul versante.. su questo non c’è dubbio, sul versante degli anziani, la cosa deve essere totalmente ripensata, anzi sono due punti proprio estremi, su cui io credo dobbiamo totalmente ripensare, su cui il terzo settore, il volontariato, può avere una grande funzione, i giovani, giovanissimi e giovani, e gli anziani, sono quelli che oggi maggiormente pagano il prezzo di uno sviluppo abnorme, incontrollato, ingovernato su cui ricade tutta una serie di …

- Mi sembra che sia completa come visione, anche noi nella ricerca, tutti chiedono, sono all’inizio, sto cercando di vedere ancora le indagini su Vicenza e sui tempi anche da ricerca, insomma.. Dopo di che viva dio che non ti ho parlato di cose tra virgolette classiche, perché do per scontato che su questo insomma ci siano già conoscenze, che … sono già dentro ad un percorso, il problema non siamo ancora riusciti ad affrontare concretamente … di questo te ne voglio parlare, questo potrebbe essere un caso eccezionale, dimenticavo una delle cose che più mi è cara, frequentando i tossici, ho scoperto che c’è un pezzo del mercato del lavoro e per scolarità e per esclusione, e perché esclusi, anche lì tossici, scolarità bassissime e con difficoltà di integrazione che è un pezzo della realtà grande che dopo ti ritrovi un pezzo nei, ti dico anche dove, nei … ti ritrovi un pezzo e guai se … da questo punto di vista, ormai … erano aree protette, clientelari, servivano per … di tizio, caio e sempronio, oggi ti ritrovi un pezzo marginale nella scuola, ma un pezzo.. ma sta crescendo sempre di più, non so come mai … molti meridionali, sta cambiando … se vai a guardare i maschi, i maschi hanno questa caratteristica e allora si era pensato, noi siamo stati in provincia di Vicenza … per quanto riguarda il collocamento obbligatorio, la legge ’68, quella che prevede … siamo a uno stadio molto.. perché? Perché fra Igino Canale e … questa legge fatta … regionale … per l’impiego per questo, un’altra molto grave, questa negli uffici pubblici per l’impiego … molto attenta a queste questioni e io dico anche per tanta attenzione di un leghista oggi assessore del lavoro a derivazioni di sinistra e che mantiene questo approccio, non capisco che cazzo faccia lì dentro, ma insomma, ci è stato comodo perché, altrimenti avrebbe sviluppato politiche sul versante del mercato del lavoro di Vicenza, noi non abbiamo problemi di collocare questo problema dei disabili e di quelli che avevamo già collocato volontariamente, abbiamo fatto un ottimo lavoro, l’altro pezzo e faccio … tra l’altro, che l’inserimento lo facciamo veicolare attraverso percorsi concordati e quindi vedi l’integrazione pubblico privato come sia un tutt’uno, la seconda questione io dico, ma scusa un attimo se un pezzo che non è per niente, che siccome non ha oltre il 45% di disabilità riconosciuta e certificata da quella commissione, un tossico.. un alcolista.. è solo, una ragazza con percorsi suoi familiari.. sti tanti soggetti esclusi, deboli, perché non costruiamo, che

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siamo d’accordo … con un percorso una ricerca analizzando.. ecco io credo che su questo il lavoro debba essere fortissimo questo è un campo di analisi e di ricerca, secondo me di indicazione, molto importante su cui il rapporto tra pubblico e privato debba essere molto … e può essere anche concretamente finanziato l’impresa … di versare, assolto l’obbligo, per quanto riguarda il collocamento obbligatorio, perché non possiamo un fondo di cassa? Ti dico anche che c’è stata una qualche attenzione da parte dell’associazione artigiani, anche da parte dell’associazione industriali nell’andare in questa direzione, noi abbiamo … la possibilità di collocamento effettivo però non riusciamo … le imprese, abbiamo grandi problemi su questo e come avviene il collocamento? La nostra raccomandazione, la raccomandazione di stare attento nei confronti di quelle imprese, nei confronti di quei territori, non è questa la causa di questi problemi, perché se il soggetto debole è difficile, non ha gli strumenti per, … di percorso, di formazione, di attenzione particolare e questa può essere ripeto una cosa ragionata potenzialmente, ma deve esserci … una comunità, perché è la comunità che sa, che conosce, che ti passa le informazioni, questa può essere una cosa..

– Uno dei punti, uno degli ultimi punti della ricerca che vorremmo analizzare è come il terzo settore sta costruendo relazioni nel territorio, cioè la capacità del terzo settore di costruire relazioni nel territorio in cui opera, che dovrebbe essere quello lo scopo principale del terzo settore, allacciare queste relazioni, che poi da sole poi possono gestire anche situazioni di marginalità o dove ci sono handicap fisici o altro perché possono gestire

Solo un appunto, territorialmente c’è una forse delle più belle esperienze che io conosca in provincia di Vicenza di volontariato puro don Sadeniago a Montecchio Maggiore, è un delegato che ha una rete e fa anche una rivista, lui ha costruito una rete da giovani ad anziani, bellissima, splendida, in cui totalmente volontari tanto per dirti che financo accompagni il vecchio a far la spesa ci metti la tua benzina –

Senza neanche il rimborso.. –

Niente, totalmente volontario, totalmente laico, per cui è doppiamente da osservare per me, perché queste cose le trovi in una dimensione micro, magari … lasciami fare una battuta, … li conoscevo, ma una dimensione così forte, altra che spazia dall’anziano al giovane al disabile, su cui stiamo studiando,osservando attentamente, sia per quanto riguarda il ripensare, la nostra organizzazione come questa, sia ripensare l’asl anche perché l’asl … - L’asl, io faccio corsi di formazione sul terzo settore e quando vado a fare formazione libera? Se loro non sanno come cercare nel quartiere dove esiste l’asl, comunque sono persone che hanno anche 57-58 anni e conoscono benissimo il territorio e stanno organizzando cose, quindi rivolgetevi a dei gruppi per ritrovarvi, cioè fate un censimento di chi c’è e poi … - Adesso stiamo lanciando filo d’argento, che è il telefono che ci, con una rete di persone formate volontarie per raccogliere domande che quindi … credo che anche questo sia importante perchè avere la dimensione reale di come fanno, noi abbiamo, prima chiedevo.. – Penso che per un’intervista materiali, magari vengo a sentire anche come si chiama Igino.. – Igino Canale, no, secondo me è molto importante perché lui ti parla di cose molto concrete che ha fatto, sta facendo e dopo un anno e mezzo che è stato … via..

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Intervista a Segretario provinciale CISL 17/10/02Giuseppe Benetti della cisl –

- Stiamo cercando di individuare quali sono le aree di disagio qua a Vicenza visto che poi si devono avere dei progetti qualitativamente migliori per il terzo settore bisogna fare una mappatura di quali sono le aree in cui le esigenze sono maggiori in qua nelle zone, dal vostro osservatorio quello che potete vedere.. le forme di disagio che secondo lei sono più presenti qui a Vicenza..

- Le forme di disagio sono varie, variano sia per dimensione sociale sia per età, la cosa che mi viene in mente che ci preoccupa, ne stiamo discutendo in questi giorni per altri motivi nel sindacato socio sanitario, quello che bisogna dare rilevanza ad una forma di disagio che finora si discute a livello teorico è quello delle persone che non hanno autosufficienza ed è un disagio che sta aumentando, sta creando problemi tra mille famiglie e non c’è una risposta sufficiente per dimensioni economiche, per dimensioni sociali, il problema delle badanti, adesso ne stiamo discutendo dal punto di vista delle badanti..la loro direzione non guarda ai risultati???? La gente.. non so che situazione si creerà … di disagio di queste persone.. poi, questa è un’area molto consistente che pesa sempre di più perché gli anziani aumentano, i non autosufficienti aumentano e abbiamo una struttura sociale che non è adeguata a reggere, sia familiare, che normalmente le famiglie monoreddito se la vedono stretta, diciamo, quindi si lavora.. la famiglia lavora, quindi la persona non autosufficiente diventa un problema e questa è una grande area di disagio.L’altra area di disagio che io vedo è quella di dimensione giovanile, c’è un’area di disagio giovanile molto informe, non è più classica, non è più determinata, non è più isolata, non è più caratterizzata, una volta si diceva il mondo della droga, adesso è ,molto cambiata.. forse, credo che lei la conosca molto bene quindi..

Abbiamo fatto una serie di ricerche anche in questi campi..

Ne parlavamo con una sua collega che è stata qui la settimana scorsa, della fondazione nord-est, stanno facendo una ricerca sul disagio, hanno preso Vicenza come ricerca nazionale? Perché è molto articolato adesso il mondo delle dipendenze che è molto vario e si sta estendendo che non assume immediatamente il compito … come una volta del classico drogato che si veste di stracci, ma ancora qualche … ma che si sta estendendo come una risposta ad un disagio molto più profondo, esistenziale dei nostri giovani, un’area abbastanza vasta.. le cosiddette persone bene che lavorano tutta la settimana, però..

Soprattutto qui nella zona di Vicenza non c’è la figura del disagiato disoccupato..

C’è un disagio esistenziale più che un disagio economico sociale e quest’area sta aumentando..

Noi abbiamo visto, guardando i primi dati che stanno provenendo da Vicenza, dal ’91 all’anno scorso, i suicidi sono raddoppiati.. è stato un rapporto di dieci anni

La motivazione è soprattutto esistenziale, proprio crisi della società che si esprime anche come crisi di valori e crisi di senso e poi c’è un’altra area che è molto significativa è quella dei ragazzi con handicap tutto quel mondo dell’handicap, soprattutto dei ragazzi ma che poi devia … per l’handicap c’è una certa attenzione nel mondo giovanile poi questi ragazzi più o meno vengono abbandonati, però la cosa che vediamo è quella coi ragazzi e lì c’è una grossa area di disagio.. poi c’è un altro mondo che è un mondo sommerso, che è il mondo del disagio femminile … crisi familiare, disoccupazione … da un po’ di tempo che lavoro, sto vedendo situazioni di famiglie disgregate, per cui la donna paga di più.. si parla sempre di parità, poi in realtà a pagarla sono soprattutto le donne nelle divisioni familiari, con i figli a carico, difficoltà economiche quindi.. c’è un’area che.. però è sempre tra le pieghe, che secondo me..

E’ quella più intima forse si ha anche più paura a portarla allo scoperto, denunciarla..

Poi c’è un’area che è più ristretta da noi, non è che tengo la mappatura completa, ma le cose che più o meno vediamo, che stiamo tentando di.. quella delle persone, non molte per fortuna, che sono emarginate dal lavoro, che non riescono molto facilmente ad entrare, che sono emarginate a livello personale, emarginate come professionalità …

Con la riqualificazione professionale..

Mancanza.. per questo io dico sempre che la vera forma di tutela delle persone deboli sul proprio lavoro, non è tanto le tradizionali azioni sindacali, ma l’informazione, cioè di chiedere alla persona … personali

Noi abbiamo fatto che quando, soprattutto al sud, l’aver partecipato a corsi di formazione, al di là di quello che si è imparato nel corso di formazione, si ha una percentuale molto più alta di persone che si inseriscono nel mondo del lavoro, perché il corso di formazione può dare fiducia, può dare stimoli nuovi e la persona dopo..

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Vedi, certe volte c’è poi la coincidenza di quello che si diceva prima della disoccupazione femminile, che è più alta anche qui la disoccupazione è superiore alla media.. credo che sia più del doppio..

Sì mi sembra di sì, è uno dei paesi in cui la disoccupazione femminile è più elevata, al sud è eclatante, ma anche al nord..

Sì noi abbiamo la disoccupazione maschile quasi inesistente … però, un dato che io dico sempre noi come sindacato dovremmo uscire dalle medie, perché dietro le medie basse ci sono tanti uomini comunque, tante persone, quindi non puoi consolarti.. stai tranquillo che tanto c’è una media molto bassa..

Per potere vedere i dati per l’occupazione nella provincia di Vicenza abbiamo chiesto all’Istat che fa le rilevazioni semestrali e non poteva darceli perché loro le fanno in base a 20 famiglie campione per provincia e poi estrapolano il dato e danno i dati generali, poi in base a 20 famiglie.. quindi il dato sulla disoccupazione di Vicenza non possiamo darvelo, perché non è attendibile per quello che vi serve.. può essere attendibile a livello nazionale ma non sappiamo dirvi cos’è successo a Vicenza in 10 anni..

Poco più del 2% come valutazione media? Però la disoccupazione media per le donne sarà 4,5.. più del doppio, credo che sia.. che è dato su un tasso di attività abbastanza basso, anche se qui è più alto che da altre parti, comunque non è quello europeo … un tasso di disoccupazione molto più basso di attività, molto più basso che in Europa, quindi tutti i nostri dati sono relativi sempre a..

Quindi come area, viene fuori un area di assistenza che riguarda anziani e handicap … poi il problema delle pari opportunità, in un paese che ha bisogno di un ministero delle pari opportunità, vuol dire che il problema esiste e poi l’area assistenziale invece che riguarda più i giovani..

Sì, ma è una fascia che si è molto allungata..

Sì per giovani.. io non esco più dai giovani perché man mano che cresco si allarga la fascia e io continuo ogni anno a ritrovarmi inserito dentro..

Si parla oltre i 30 anni, quindi adesso ormai invecchierà giovane..

Per quest’anno la ricerca che è stata fatta il rapporto sui giovani va dai 15 ai 35 anni

Ecco lei crescerà..

Man mano che cresco io..

Resterà sempre giovane.. è quella lì l’area che è più difficile da affrontare insomma, è molto disarticolata, non è che si individua come tradizionalmente.. io vedo la comunità che seguiamo qui, una comunità di recupero.. perché per esempio lavorare con ragazzi che provengono dalle droghe sintetiche è molto più difficile …

Poi arrivano anche sostanze strane

E poi perché c’è un danno al di là della diversità dalle vecchie droghe, le droghe sintetiche fanno danni … trovo responsabile, in Italia siamo molto preoccupati..

Perché manca qualunque controllo su quello che assumono questi ragazzi..

Poi arrivano col cervello bucato, non c’è niente da fare.. hanno sta diffidenza per chi li recupera, abbiamo dei ragazzi che dicevano che ormai sono catalogati che non hanno bisogno di assistenza punto e basta?.. mentre le nostre comunità che sono qui nel territorio vantano anche un grande lavoro di recupero per le tossicodipendenze..

Noi abbiamo provato a farlo nell’università e abbiamo trovato che nel ’99 c’era un basso uso di sostanze sintetiche, però sta aumentando, si sta diffondendo..

Sì ma io credo, ne parlava anche questa sua collega e mi diceva le ultime ricerche che hanno fatto, negli ultimi 2, 3 anni è una roba che preoccupa molto, insomma.. e in più non c’è quella consapevolezza.. ma io non sono un ragazzo drogato, io prendo le pastiglie al sabato..

E’ più lungo il periodo per arrivare a sentire i problemi, rispetto all’eroina che nel giro di poco tempo..

E anche più difficile perché legato proprio a motivazioni esistenziali più che a motivazioni economiche, sociali, di lavoro.. essenzialmente io vedo che queste sono un po’ le aree su cui si cerca di intervenire …

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Qui a Vicenza cosa c’è per fronteggiare queste aree di attivo?

Noi abbiamo per quanto riguarda il disagio con la quarta età abbiamo strutture che però sono anche abbastanza costose, qui è esploso il fenomeno delle badanti per il costo delle strutture, sia difficoltà di posti, ma adesso di posti ce ne sarebbero anche.. è esplosa per il costo, quindi certe famiglie, specialmente non molto abbienti, hanno trovato che la badante era meno costosa, adesso la regolarizzazione mette a nudo questa faccenda, perché noi facciamo un servizio di regolarizzazione delle badanti, ma abbiamo moltissimi contatti, moltissime famiglie che vengono per ora, non è ancora la scadenza, ma per ora … regolarizzano, perché comporta costi.. finora c’era … la badante veniva in casa, si paga un milione e mezzo, due milioni, va bene alla famiglia che riesce a supportare e va bene alla badante perché portata all’estero, la maggior parte sono.. un milione e mezzo diventa una cifra consistente, adesso la regolarizzazione comporta anche il rispetto delle norme, primo ci sono i contratti, perché la legge prevede dei contratti, secondo, ma i contratti portano con sé anche degli obblighi enormi e questa è la cosa più difficile, la regolarizzazione è facile, basta compilare dei moduli, ma se il contratto di lavoro porta che una badante può fare solo 54 ore di lavoro alla settimana, dall’anno prossimo 50, … quest’anno.. non so se uno ha l’alzhaimer non bastano 54 ore la settimana per reggere un alzhaimer..

Poi i contributi sarebbero un equivalente più o meno alla busta paga che prende la badante..

Chiaro se lei aumenta l’orario, aumentano i contributi, bisogna pagare gli straordinari, bisogna pagare.. quindi le famiglie non ce la fanno più..

E’ pensabile avere aiuti dal Comune, dalle province, dalla regione.. però aumenterebbe la spesa comunque..

Ma adesso, non lo so si discuteva in regione perché noi come cisl abbiamo una storia alle spalle siamo riusciti a prendere dal passato, la famosa legge 28 … quasi non più finanziata, che è una legge che riconosceva alla famiglia che manteneva in casa un ammalato un riconoscimento economico, questo per creare un reddito, in modo che se uno magari per un periodo, invece di andare a lavorare fa il part time o fa un’altra roba, prende qualcosa e questa legge, sta giunta non dà più soldi e quindi noi quando abbiamo affrontato questa regolarizzazione abbiamo pensato che bisogna pensare anche alla situazione che si crea nella famiglia al completo, perché quella condizione costa … e non si tratta del contributo, o il contributo del necessario per metterla a posto, il problema è la gestione di queste persone, la gestione della persona regolarizzata costa, il minimo contrattuale, ci sono le ferie, le festività, c’è il giorno e mezzo libero settimanale … e c’è l’orario di lavoro, l’alzhaimer è una cosa diversa, l’alzhaimer prevede 168 ore alla settimana quindi per una famiglia si fa molto complicata.. anche l’intervento della regione.. perché è chiaro che se la famiglia porta l’ammalato alle porte del servizio sociale, adesso lo tieni tu.. ha un bel costo la regione, tanto che non lo porti, sta bene a casa, è un risparmio per l’assistenza, però si parlava della disponibilità dell’assessorato però non ho visto ancora risultati..

Il no profit che mansioni potrebbe avere in questo situazione?

Io credo che il no profit qui avrà uno spazio sempre più grande, i servizi alle persone, gestiti anche in maniera privatistica, avranno sempre uno spazio più grande, noi abbiamo esperienza come qui uno degli attori del progetto è Prisma? Prisma è venuto qua.. È la cisl di Vicenza che ha favorito questa nascita delle cooperative poi la nascita anche del consorzio delle cooperative, adesso questo consorzio, non so se lo conosci, ha dimensioni rispettabili, perché ha 55 cooperative

Sì l’elenco l’ho visto, le cooperative, le diverse aree che copre..

E quindi perché noi pensiamo che il no profit ha una dimensione di grande importanza nell’ambito del disagio, anche perché per il disagio soprattutto occorre una grande cosa che le persone lavorino con una grande motivazione e noi attraverso le cooperative raccogliamo persone che hanno grandi motivazioni di attività, questa mi pare anche.. non solo un posto di lavoro..

Ma ci sono motivazioni dietro..

Ma un posto di lavoro per chi ha una motivazione personale diretta, ecco io credo che il no profit può certamente dare una mano per la soluzione nell’ambito anche delle convenzioni, nell’ambito del rapporto col pubblico ma soprattutto anche attraverso un controllo di tutto il problema, stavamo discutendo del … non basta chiamarsi no profit per riuscire a raggiungere gli obiettivi, evidentemente serve … per certi servizi di qualità.. non basta … bisogna essere capaci di farlo e farlo secondo le forme … necessario … quando abbiamo iniziato a parlare di questo progetto … quando abbiamo iniziato a parlare di questa cosa è una cosa che mi interessa moltissimo e ho pensato subito di inserire.. Io penso che questo sia un settore di grande ampliamento

Adesso è uscito anche ad esempio il libro del presidente del consorzio italiano di solidarietà, ha scritto un libro “I limiti del no profit”, che vede però lo spingersi troppo nell’area manageriale, un dimenticarsi il perché è nato il no profit e arrivare tout court al privato, alla privatizzazione del servizio anziché mantenere quella sfera di..

Sì una discussione che stiamo facendo a pezzi anche noi perché noi abbiamo visto che è essenziale per la dimensione del no profit conservare le caratteristiche anche dimensionali organizzative, cioè abbiamo visto che quando la dimensione dentro … è chiaro poi che la gestione assume un ruolo preponderante, l’organizzazione, la gestione.. e quindi si realizza il pericolo che si diceva, ecco io

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penso veramente che, anche per le esperienze viste.. quando una cooperativa supera un certo numero di dimensioni non riesce più a reggere quella dimensione umana di motivazioni che è fondamentale, però d’altra parte è chiaro che il problema della qualità del servizio è fondamentale, però non bisogna.. però dall’altra è chiaro che la dimensione certe volte ammazza anche.. l’organizzazione ammazza la condizione umana del servizio … quindi c’è questo problema.

Ho visto anche i dati Istat, una tendenza che anche lì ospitavano era quella di fare realtà territoriali piccole appunto consorziate poi in maniera che le parti burocratiche e tutto il resto sia fatto da un consorzio ma..

Io credo che si sta facendo … ci si sta consorziando … ci sono delle funzioni consortile che aiutano a crescere, aiutano la qualità, … però rimane la dimensione più umana.. una struttura che sta crescendo troppo qualche problema c’è … abbiamo una realtà che sta crescendo … comincia ad avere una dimensione manageriale, per cui chi fa il manager lì ha la logica della condizione soltanto privatistica..

Perde il contatto con il territorio, mentre poteva essere il vantaggio del terzo settore invece di persone che lavoravano mantenendo..

Ad esempio noi delle volte ci troviamo qui nel settore di produzione di servizi, arrivano cooperative con 5000 dipendenti ma dai.. la cooperativa diventa una forma pericolosamente se non ci sono … controlli diventa … perché se una cooperativa non ha i vincoli contrattuali, perché certe volte si risolve in forme scientifiche di sfruttamento..

..le scuole di perfezionamento dove vengono psicologi a perfezionarsi e in effetti se oro lavorano per cooperativa a 10000 lire l’ora, paga nazionale che però alla fine facendo gli psicologi che è un lavoro qualificato e senza avere un ritorno umano, appunto non hanno neanche un rapporto umano all’interno della cooperativa, si sentono semplicemente degli operai che lavorano dentro per questa cooperativa, non conoscono nemmeno chi ci sia dentro..

Io non ho mai … un settore di servizi, chiamalo cooperativa, non so forma legali di sfruttamento..

Ogni volta che si fa qualcosa c’è qualcuno.. quindi com’è che si potrebbe evolvere la situazione qui a Vicenza dal punto di vista dell’osservatorio..

Io credo che bisogna sempre puntare …sempre maggiore per i servizi pubblici e no profit, io credo che c’è un problema ne stiamo discutendo, di fronte al mutamento della struttura sociale bisogna avere anche il coraggio di parlare di mutamento della spesa, io credo che oggi non si può più dire che basta il 5% del pil per fare un servizio sanitario a livelli decenti, non basta.. gli altri paesi sono al 6, 7, 7,5% e già cominciano ad avere problemi.. si diceva.. in un seminario di studio un tecnico diceva che conosceva l’esperienza svedese che hanno un pil molto più alto e cominciano a mettere dei vincoli per esempio non è più gratuito l’intervento alle coronarie … una certa età, allora se uno ha 76 anni, se vuole un intervento coronario, si arrangia, se lo paga perché ci sono gia … di spesa e allora i criteri sono più..

Mi sembra che qualche anno fa anche qui gli interventi per l’età … era stata ventilata..

No era stata sì ventilata ma era un dibattito, veniva dall’Europa..

Un sociologo Primo Moroni di Milano era venuto a tenere un seminario all’università e ci ha fatto notare come la percentuale del pil usata per la spesa sociale era uguale ai proventi del traffico di stupefacenti in Italia, era la stessa identica percentuale, quindi il traffico di stupefacenti alla fine va a ricoprire le spese sociali, e questo è il paradosso in cui siamo..

Quindi noi abbiamo bisogno di porre.. la dimensione di spesa non basta più, cioè seriamente bisogna dire che … l’attesa della vita che aumenta, quindi però l’attesa della vita è legata ad un aumento della spesa, bisogna dare soprattutto per la … una spesa sociale maggiore è un problema da dove prendere, qui ormai.. questo però.. e quindi bisogna avere pure un aumento della spesa sociale però pur un aumento dell’integrazione a contributo privato per legge e anche perché credo il no profit … più una qualità del servizio appunto attraverso persone motivate nello specifico..

Questa qui però sembra più un’area che può andar bene per anziani, handicap.. si parlava invece dei giovani e il problema delle donne quello è proprio un problema sommerso, non si riesce nemmeno a contattarle, non è che basta offrire..

Lì è un problema molto articolato proprio perché esige una risposta su molti più fronti, per esempio, per quanto riguarda i giovani, ho parlato della situazione della famiglia, della situazione che sta intorno alla famiglia, nell’ambito sociale, nelle strutture associative, la scuola, che è fondamentale, il come si fa la scuola.. poi anche nell’ambito del tentativo di recupero è diffusa perché poi bisogna porsi il problema anche … del tipo di cura, però lì bisognerebbe riflettere molto su quali sono i canali di prevenzione di questo, la risposta a queste domande, invece emerge sempre di più guardando questi giovani che … sempre di più dal punto di vista dell’avere, ma sempre di meno dal punto di vista dell’essere..

Ho visto che qui a Vicenza nel sert ci sono persone in cura per i videogiochi, per dipendenza da videogiochi non avevo ancora mai..

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Sì, sì, sono situazioni disperate, famiglie rovinate dai videogiochi, come fanno … sono queste nuove forme, sono più strutturate..

Noi lo troviamo nascosto e diffuso il problema, non riusciamo più trovare qual è la famiglia a rischio, qual’è il quartiere a rischio, qual è la carriera sociale del ragazzo..

Perché è un problema che passa all’interno della singola persona, perché si sta vedendo che le singole persone danno risposte diverse anche in situazioni simili..

Quindi il terzo settore dovrebbe entrare a tutto campo, nella scuola, la fabbrica, il tempo libero, cercando dei piani di prevenzione e l’area di recupero per il reinserimento..

Per il recupero per dire c’è solo il privato sociale, il sert sì gestisce però..

La percentuale più alta è in carico al sert.. la percentuale in comunità ha un costo anche.. cos’è 130000 lire al giorno..

… qui è la dimensione del privato sociale che si innesta sempre di più, anche se qui anche la struttura pubblica devi pensarla a cominciare dalla scuola, supporto alle famiglie, certe volte penso abbiamo strutture a livello di assistenza anche psicologica però non è che funzionano un gran che..

Sono oberate, ci sono poche persone che lavorano per un territorio enorme .. l’esperienza nostra nelle scuole sono anche fare dei corsi ai genitori e venivano i genitori quando li riuscivamo ad organizzarli con il sert di Padova, il problema è che la scuola non ha spazi dove organizzarli non ha fondi per organizzare e alla fine cadeva..

Ad esempio noi stiamo facendo un’indagine lo dicevo alla sua collega la settimana scorsa noi abbiamo un progetto che abbiamo concluso la prima parte insieme con il sert, le usl e vari soggetti del privato sociale, la prevenzione del disagio nei posti di lavoro, sarebbe un’enorme possibilità, ma … non si può fare senza, però abbiamo visto che c’è uno spazio enorme..

In Europa ci sono un bel po’ di progetti di prevenzione nei luoghi di lavoro, c’è molto materiale..

Noi abbiamo adesso concluso la prima parte del progetto, abbiamo anche un invito del sert di continuare, ma non è facile.. occorrono uomini, occorrono persone, occorre tempo, occorre organizzazione, occorre la 309? Comunque abbiamo visto che c’è uno spazio enorme di lavoro e anche interesse, molto interesse per questo progetto tra i lavoratori, i genitori, le famiglie..

Noi l’abbiamo notato anche all’università, ai ragazzi quando si va a parlare.. arrivano.

Non è che uno si diverta, uno sta bene a star male, se qualcuno va e dice ti aiuto a uscire un po’ dalla situazione non è che.. su cento non risponderanno tutti ma l maggior parte.. certe volte è una forma, la devianza è un rifugio, quando uno si trova da solo devia da qualche parte.. trovare una soluzione dopo..

Si crea un corto circuito perché non ha avuto nessuna risposta giusta a una domanda che aveva, a volte magari anche solo un colloquio potrebbe.sì sì il problema … io sono convinto di una cosa … i genitori con tre figli, bisogna iniziare dalla consapevolezza che il problema non sono i giovani, i giovani non sono un problema, i giovani sono … perché direttamente o indirettamente tutte le forme di disagio, hanno anche motivazioni nella famiglia,nella situazione familiare..

La famiglia riflette questa società e quindi vive tutte le contraddizioni di questa società.. non è un nucleo a se stante.. non è che la cosa inizia coi giovani, i giovani poi subiscono poi tutta..

Quindi mi sembra che abbiamo toccato quali erano le aree e quali potrebbero essere i tipi di intervento..

Sì, penso che questo progetto potrebbe dare una mano agli enti, alla società a cercare.. però non basta finire il progetto …

Il passaggio dalla teoria alla pratica che..

Sì e insieme occorre una cultura sociale per … e una parte anche la possibilità di avere delle risorse, perché certe volte il disastro che noi facciamo è che facciamo anche delle belle analisi, dei bei progetti, ma poi non riuscire a …

È il problema più grosso del terzo settore.. farlo partire..

Sì.. ma ormai ragionavo l’altro giorno con un direttore generale dell’usl qui di Ferrara, molto bravo, veramente molto bravo.. che appunto diceva che di fronte ai vari bisogni che compaiono sul piano socio sanitario, si stanno individuando anche delle soluzioni, la

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cosa drammatica è che poi mancano i soldi, cioè allora io do delle soluzioni e poi non c’è uno straccio di risorsa per raggiungere l’obiettivo, è una cosa, diceva..

Sì fa passare anche la voglia di lavorare a dei progetti..

Anche qui noi.. io sono convinto che questo progetto può dare una mano … che possiamo dare noi, il problema io vedo uno spazio anche a dimensione culturale perché bisogna creare consapevolezza anche culturale tra le persone che certe volte non basta la condanna la causa sono più motivazioni.. si rimuove, ma la rimozione non serve mica, invece credo la consapevolezza che tutte queste situazioni si possono risolvere, si possono cercare di prevenire meglio ancora, ma anche cercare di risolverle, io ho visto bellissime esperienze di ragazzi che emergono.. perché noi con la Comunità S. Gaetano, che qui è una delle comunità che fa recupero, un percorso di inserimento insieme coi ragazzi che finivano il percorso per il lavoro.. il sindacato, i diritti.. per me era molto positivo è molto bello per questi ragazzi che sono emersi da questo mondo do morte che avevano addosso, cioè passano da un mondo di morte a voglia di vivere, di diventare persone libere ancora, è stato molto positivo..

Il problema è dare un motivo per farlo, invece che farli ricadere.. il problema è che questi ragazzi fin quando sono in comunità sono protetti, vivono in una dimensione..

C’è una difficoltà di recupero..

Una volta usciti

Una volta usciti tornano in un mondo selvaggio come prima che magari.. cioè i ragazzi hanno bisogno di stare anche.. di non stare da soli magari perché ripiombano..

Ritrovi il mondo che avevi lasciato prima, che poi non è cambiato niente, sei cambiato tu.. quello che hai lasciato..

Da solo non reggi, comunque credo che sia un compito del sindacato creare una cultura nuova nelle persone per cui anche queste forme di disagio, la possibilità di risolverle, quindi anche la necessità di recuperare le risorse che in un mondo che ha sempre meno risorse nel sociale perché i bisogni aumentano, i costi aumentano … mi pare evidente che sta aumentando, perché ho sentito stamattina, l’età media delle donne a Treviso, hanno fatto un’indagine a Treviso è di 83 anni e mezzo.. adesso, si è appena conclusa in questi giorni e certo è che per una persona di 83 anni e mezzo c’è un aumento del costo..

Le visite, le cure, i medicinali..

Quindi bisogna decidere se si mettono o non si mettono risorse..

… uno dei problemi in Italia nel reperimento delle risorse..

e quindi bisogna decidere se per il recupero del disagio sociale si mettono o non si mettono le risorse e se si mettono bisogna prendere tutto quanto e bisogna accettare di prendere..

Il difficile quando si parla di prevenzione, è difficile far capire nel nostro progetto che i soldi che vengono spesi sono spesi bene, perché noi poi dopo non possiamo da questi soldi abbiamo ricavato quello e neanche dimostrargli quanti soldi hanno avanzato perché se invece si fosse lasciata andare la situazione come era..

Quanto costa un ragazzo adesso come quelli lì che prendono la droga …

… arrivano a costi elevati dopo..

E siccome uno non si può mica ammazzare, bisogna tenerlo e assisterlo, costa una montagna di soldi da assistere..

Con l’assistenza di uno si pagherebbe la prevenzione in due tre scuole..

È che l’abitudine di fare i conti del do ut des immediato … cultura è capire che il do ut des è una cosa che funzione ma in tempi lunghi ed è molto più vantaggioso anche.. e in più si hanno risultati per la qualità di tutte le persone, perché la cosa più bella che io vedo anche di un ragazzo che recupera che torna veramente, abbiamo molti ragazzi che … operatori, cioè persone che sono tornate nell’ambito … nella vita calpestata come l’avevano prima, cioè il mondo della droga … credo che sia la forma di sfruttamento più bieco, quello della droga che poi dà risultati … più alti, dove la dignità viene proprio distrutta, vedere persone che tornano alla propria vita ad avere la dignità di un uomo è una cosa.. credo che , a volte più che un risultato economico dà anche un risultato che non ha valore, non è che si possa misurare in valore..

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Bisognerebbe iniziare.. il terzo settore dovrebbe dare una mano a valorizzare cos’è una relazione nella società, nel quartiere e il valore che hanno queste relazioni come capitale sociale..

La prevenzione.. che è chiaro che se resta fondamentale la famiglia, però è molto chiaro che la famiglia non regge, non riesce da sola ad assolvere un compito di far crescere le persone, ha bisogno anche di un momento sociale, un mondo associativo.. allora io mi ricordo che.. io ho avuto la fortuna di essere naturalmente inserito nel mondo associativo e questo mi ha aiutato moltissimo, i ragazzi che hanno questa fortuna … riescono a cavarsela..

Anche perché … quando sono cresciuto io adesso vedi i ragazzi.. la famiglia.. ad esempio quando faccio i corsi coi genitori gli dico anche, state anche attenti perché arriva a 6 anni e ve lo prendono tutto il giorno a scuola, per due volte alla settimana va in palestra o in piscina, alle medie di nuovo.. alle superiori, alla fine il ragazzo da 6 anni in poi passa pochissimo tempo all’interno della famiglia..

Le relazioni coi genitori..

I genitori poi magari non sono presenti in casa tutti e due quando c’è il figlio per cui diventa anche difficile parlare di relazione dei genitori con i figli e vedere quanto questo influisca perché poi ci sono delle istituzioni fuori che si occupano di questi figli.. magari impegnarsi più in quello.. va bene grazie

Sai io ho imparato una cosa quando.. anche qui a Vicenza sto imparando questo, qui i disoccupati sono pochi, sì ma tu prova a partire dalla considerazione che il disoccupato … una persona che vive un enorme disagio per mantenere la famiglia, o la donna per mantenere il figlio che non ha reddito, è da sola.. prova vedere se ti basta la statistica..

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Intervista a Segretario provinciale UIL 14/10/02 Riccardo Dal Lago

La prima domanda con cui partire è generale, da questo osservatorio quali sono le situazioni di disagio con cui avete a che fare o avete trovato..Sicuramente situazioni di disagio l’abbiamo monitorato nelle grandi aziende, in alcune aziende metalmeccaniche del nord di Vicenza, dove sono stati trovati casi di tossicodipendenza ed è anche stato disposto negli anni un programma di aiuto, collaborazione con i ragazzi che utilizzavano sostanze e quindi erano dediti all’uso della droga, con alcune aziende abbiamo anche avuto il piacere di collaborare per l’inserimento.. e direi che le esperienze … sempre in positivo, quindi non serve solo semplicemente dare un lavoro a chi ha problemi di droga, ma anche che sia ben inserito, insomma, nel lavoro, perché spesso l’attività lavorativa soprattutto se ripetitiva nasconde il disagio ma non lo elimina, quindi noi abbiamo visto che gli inserimenti nei luoghi di lavoro sono utili certamente per il reddito, sono utili sicuramente per aumentare la socializzazione, ma spesso sono mezzi dubbi? comunque non risolvono il problema della tossicodipendenza dalla cocaina.... quindi il problema incontrato fin’ora soprattutto è la tossicodipendenza ….. noi a Vicenza abbiamo, credo tra i pochi in Italia … insieme a cisl e cgl, un lungo lavoro fatto insieme anche alle strutture che operano nel settore delle tossicodipendenze, abbiamo fatto un lungo lavoro di sensibilizzazione e di confronto all’interno delle fabbriche sul problema dei disabili e di conseguenza anche sul vantaggio … e l’obiettivo era quello di arrivare ai delegati sociali all’interno delle aziende, un livello di figure che anche … delle organizzazioni sindacali, si prendessero a cuore il problema dello stare bene, del riuscire a far convivere le condizioni di difficoltà che spesso i giovani, tutti i giovani non solo.. hanno con le tensioni che ci sono nelle aziende e in qualche modo di riuscire a rendere più umana l’attività all’interno delle fabbriche e contemporaneamente anche e soprattutto fare un’attività di prevenzione … è un progetto che noi abbiamo costruito lavorando molto negli ultimi anni ed è un progetto che ha dato molte soddisfazioni soprattutto … voglio dire che il sindacato insieme riesce a fare delle grandi cose, sono stato orgoglioso anche di vedere i lavoratori, sono state contattate migliaia di lavoratori, abbiamo trovato decine di persone disponibili gratuitamente a lavorare per gli altri e si è fatto per quello che è possibile anche un’attività di prevenzione per tossicodipendenti.

..dunque la situazione è proprio che per un tossicodipendente, che fa uso di droghe, appunto lavora, ci sono persone che guadagnano con cose illecite, la maggior parte poi tanti sono operai..

..ma direi che a Vicenza copre.. la ricchezza è derivata insomma, il lavoro copre quelli che sono gli elementi più evidenti di uno stato di disagio perché da noi qua tutti lavorano e le preoccupazioni sono le nuove droghe e il fatto che in qualche modo vengano assunte con molta facilità pensando che tanto non ci si fa il buco, si prende una pastiglia, si sta come dire, tranquilli per quell’ora perché poi si torna indietro.. soprattutto con le nuove droghe che sono letali soprattutto per … noi abbiamo cercato di fare in modo che arrivi il messaggio, quando si parla di nuove droghe chiaramente … non dimenticare le vecchie droghe le antiche abitudini, soprattutto delle nostre terre, in questi anni abbiamo dovuto fare i conti con l’alcolismo che ha conseguenze devastanti non indifferenti..quindi anche in queste zone viene fuori non in città ma forse più in provincia la dipendenza è più legata all’alcool e correlati che non alle droghe … anche tra i giovani.

Sì, sì, adesso queste abitudini sono cambiate, ma certamente c’è stato un forte rigore da parte delle imprese, questo secondo me ha aiutato ad educare, ma sicuramente la figura del lavoratore, dell’operaio, che entra in fabbrica con la bottiglia di vino, è una figura, non è lontana anni luce, ecco.. era presente fino ad alcuni anni fa e per fortuna adesso sta lentamente scomparendo, ecco noi in questo abbiamo cercato di far sì che ci continui ad essere una costante attività di prevenzione, questo è un progetto che dovrebbe continuare anche in tempi futuri e certamente è purtroppo collegato alle alterne vicende dell’incarico sindacale, ma io sono convinto che su questi argomenti, indipendentemente dal fatto che una organizzazione è andata da una parte e l’altra dall’altra e un’altra da un’altra ancora, magari sugli argomenti importanti che riguardano il benessere sociale dovrebbe essere..

Io pensavo, questi ragazzi qua, assumono all’interno della fabbrica o al sabato sera, nel week-end, cioè assumono sostanze solo fuori dall’orario di lavoro?

Io credo che si assuma molto fuori, quindi fuori dall’orario di lavoro sicuramente molto di più, con le compagnie consolidate molto di più, quindi all’interno del gruppo dove si è amico degli amici, questo certamente, è anche vero che probabilmente in alcuni settori, anche se i dati qua sono abbastanza difficili da realizzare perché, a fronte di alcune domande, qual è la verità, è sempre difficile riuscire ad avere dei questionari restituiti.. anche se anonimi ma restituiti … dentro l’assoluta verità, ecco la nebbia in questo caso della bugia permane e molto alta, ritengo che la maggior parte del consumo di droghe o di alcol sia assolutamente all’esterno.. noi credo, negli anni precedenti.. vengono delle segnalazioni, quindi dei ragazzi che utilizzavano anche le droghe all’interno del posto di lavoro.. in un paio di casi questi hanno avuto esiti drammatici con l’arrivo di carabinieri, sono stati poi condannati, erano … a persone che sicuramente erano … però parlo di esperienze personali, per quanto riguarda i dati che siamo riusciti a vedere e ad avere si può dire che chi ammette anche in questionari anonimi di far uso delle droghe di sostanze tossicodipendenti, ammette di farlo fuori …

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.. sì sostanze di svago, anche nella ricerca che abbiamo fatto per l’università abbiamo trovato questa situazione che è poi uguale in tutta Italia in percentuali..

in questo io credo che la nostra provincia non sia assolutamente diversa da qualsiasi altra provincia, è solo un po’ più ricca il che permette forse di avere qualcosa in più, certamente una provincia che ha un elemento preoccupante che riguarda il numero di ammalati di aids, anziché diminuire, così come diminuisce in generale in tutta Italia, si mantiene costante, questo se può essere è sicuramente il suo prezzo … non bisogna mai abbassare la guardia soprattutto per quel che riguarda …

..politiche preventive da attuare sui posti di lavoro..

assolutamente sì, io credo che non ci siano … non ne intravedo molte, perché quella repressiva in realtà non ha mai portato grandi risultati, credo che quella preventiva sia assolutamente la strada più indicata e qua tutti i soggetti che possono far qualcosa, anche se poco, hanno l’obbligo assoluto da fare,non è semplicemente un obbligo civile, ma è un obbligo per la vita..

Cos’è che si potrebbe fare qua a Vicenza per..

Io credo che dovremo continuare quello che abbiamo fatto negli anni scorsi, noi almeno come sindacato, aumentando ancora di più la pressione, spendendo in qualche modo più energie, più risorse, più tempo a nostro parere l’attività di divulgazione e di conoscenza all’interno del posto di lavoro, tenga presente, quando diciamo posti di lavoro, noi parliamo di luoghi dove c’è sicuramente uno scambio in qualche modo di informazioni tra le generazioni, ma le informazioni non arrivano solo e semplicemente ai giovani, arrivano anche ai padri, arrivano alle madri che in qualche modo hanno dei figli a casa, che rimangono a casa sempre di più, quindi ne sono più direttamente responsabili e che possono incorrere in queste condizioni di disagio e quindi essere in qualche modo informati, essere coinvolti, riuscire ad avere informazioni su argomenti che in qualche modo sembrano sempre che riguardino gli altri, fin quando non te ne accorgi, e spesso quando uno se ne accorge è anche troppo tardi, ecco in questi casi io credo che il nostro sia un compito assolutamente eccezionale … potremmo fare in modo che venga creata soprattutto nelle aziende purtroppo in questo le dimensioni hanno anche un significato, nelle aziende più importanti potremmo creare queste figure di delegato sociale cui far fare l’informazione costante, affinché ci sia poi un dialogo diretto all’interno del luogo di lavoro, chi anche prepara tecnicamente e culturalmente, chi invece.. e qui si trova..

..quando noi facciamo delle analisi faccio sempre una cartina di tornasole che ci segnala la presenza di un disagio più diffuso, cioè non è che poi la persona che assume quelle sostanze, però c’è un disagio diffuso e alcune persone più sensibili lo fanno notare assumendo sostanze, che possono andare dall’eroina all’extasi .. distinguere i diversi tipi di personalità, qual è questo disagio che è presente tra questi gruppi.. i livelli di tendenza a Vicenza dovrebbero essere ad un grado abbastanza alto..

Questa è una domanda cui credo di non poter rispondere.. io tra l’altro non sono un sociologo quindi faccio anche fatica a valutare le ragioni per cui una società ricca ma decadente per molti aspetti ricca ma che in qualche modo propone dei modelli che vedono l’individuo solo, ricca ma contemporaneamente piena di paure ecco produce nei propri figli degli effetti che sono devastanti, induce sé stessi a pensare di non vivere ecco, credo che una parte, vedendo anche un attimo i dati di un’indagine che è stata fatta, c’è una parte di ragazzi intervistati dicevano l’ho fatto per provare, l’ho fatto perché lo facevano anche alcuni miei amici, ecco, noi viviamo dando per scontato che ci siano … di disagio … con una voglia di protestare contro qualcosa, contro qualcuno e in qualche modo rendiamo nobile un atto che forse non ha bisogno di essere nobilitato.. e dimentichiamo quanto la semplice voglia di provare, la semplice voglia di fare quello che fanno gli altri, il semplice piacere di dimostrare che non si può resistere di più, cioè essere un po’ più forti, queste resistenze da poco poi, un sentimento breve, siano elementi che inducono a riflettere.. quindi in questo … un po’ meno di responsabilità ad alcune.. si può dire ideologia? che ha circondato in alcuni casi l’uso delle sostanze stupefacenti e direi che molto più spesso diventano elementi purtroppo … l’aggregazione la si fa attraverso le sostanze, attraverso.. non so io, le musiche, molte volte attraverso una serie di stereotipi … forse in questo c’è una serie di valori che vengono pubblicitati nel frattempo, i valori nostri … il piacere di farci leggere qualche buon libro … era veramente per alcuni di noi … forse, valori condivisi, valori importanti condivisi nella nostra comunità..

Noi abbiamo recuperato un lavoro … tra gli studenti, dal collettivo al soggettivo, il silenzio degli studenti.. sti ragazzi comunque hanno contratti a tempo indeterminato nelle aziende.. persone che lavorano, non è che passano e non tornano più, però non riescono a fare relazioni là dentro, la relazione poi viene fatta alla sera, al bar..

Sì anche questo è abbastanza strano, perché, guardi.. nelle province con una minore mobilità lavorativa, anche se va detto che negli ultimi anni i ragazzi giovani entrano nelle aziende ed escono dalle aziende con maggior frequenza dei loro padri, insomma ecco, perché spesso sono loro stessi giustamente a voler cambiare il lavoro.. il lavoro comunque qua viene offerto … di prova lunga con contratto a tempo determinato o con contratto inizialmente, insomma viene offerto con contratti poi a tempo determinato, quindi direi che la fabbrica rientra anche in quel luogo di sviluppo di relazioni sociali che in qualche modo potrebbero essere durature e che quindi potrebbero essere anche segnate dal fatto che ci si fa degli amici e in qualche modo si creano anche dei gruppi che poi sono gruppi che poi vengono reinventati anche dal tempo libero.. non vedo però una relazione forte tra impegno sociale che si può pensare ci sia all’interno delle fabbriche con in qualche modo la voglia di lavorare impegnarsi costantemente per sè stessi o per gli altri all’interno dell’azienda quindi, assumere anche un ruolo di rappresentanza di una realtà che si sviluppa?.. non lo vedo come un

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momento importante per la vita.. era molto più importante forse 20-30 anni fa, dove chi entrava in fabbrica si trovava operaio con gli altri operai, decideva di mettersi insieme, di rappresentare gli altri o farsi rappresentare e in qualche modo c’era anche una condizione in cui il tutto aziendale dipendeva e si dipendeva, oggi nelle fabbriche ecco il tentativo di difesa del contesto? In fondo il lavoro non è altro che un incidente di percorso se vogliamo dire, in cui io mi prendo la retribuzione però non mi rompo l’anima più di tanto ed è al di fuori che invece vivo tutte le mie attività personali e sociali, in tal senso forse son tante responsabilità anche da parte di chi ha sempre pensato al lavoro dipendente e al lavoro industriale come un qualcosa insomma da nascondere insomma ecco, si lavora ma è molto meglio fare altri lavori che non siano quelli all’interno delle fabbriche, perché fare l’operaio in una società di immagine è poco nobile ecco è degradante, ecco in tal senso quello che noi invece dovremmo sì recuperare, l’idea che il lavoro e il lavoro industriale è di fondamentale importanza e chi lo fa è una figura fondamentale perché crea ricchezza per gli altri oltre che per sé ed è una ricchezza che poi è la ricchezza del paese.. questo ho detto più volte noi siamo i rappresentanti di lavoratori falegnami? Che meriterebbero molto di più, non solo ripeto dal punto di vista economico ma dal punto di vista di valorizzazione, in tal senso il giovane che entra in fabbrica, non ha certamente la percezione di cos’è e forse non gli interessa neppure e vive la sua relazione all’esterno dell’azienda, spesso all’interno giustamente dei rapporti di amicizia molto più al di fuori e quindi … il luogo dove si prende …

Forse così diventa difficile la prevenzione … all’interno del gruppo dove ci sono le relazioni si potrebbe intervenire molto più facilmente facendo perno sull’opinion leader o … importante … agire su quello per farsi un’idea..

Assolutamente sì, in questo io credo noi abbiamo molto lavoro da fare, che uno dice che le organizzazioni sindacali hanno fatto il loro tempo io trovo che per alcuni aspetti sì forse abbiamo fatto il nostro tempo, per altri come questi come la necessità di lavorare molto … nelle fabbriche insomma siamo estremamente aggiornati eh, eh da lungo tempo, poiché non so che sindacato sarebbe quello che non lo farà però sicuramente sono le attività del sindacato delle organizzazioni di lavoratori

Sembra quasi di sentire un po’ quella relazione che stanno facendo i Sem Terra in Brasile dove il loro compito è quello di ridare un’identità alle persone spiegare chi sono e cosa fanno insomma prima cosa per tirare su comunque all’individuo prima di tutto gli devi ridare la sua storia, cosa fa, qual è il suo.. qual è la sua figura nella società..

Sì un bellissimo libro che mi hanno dato da leggere maestri e compagni … né molto maestri, né molto compagni, un po’ per colpa nostra, ecco, non siamo riusciti a trasmettere delle norme, un bagaglio di informazioni, di cultura, sindacato a parte.. a partire dall’inizio degli anni 50.. per cui sentiamo forti salti generazionali, sentiamo forte il salto che oggi i giovani sono sicuramente più disincantati, hanno molte più informazioni sono certamente molto bravi e capaci in molte attività ma non hanno sviluppato fino ad oggi all’interno di molte aziende quel senso … e non hanno compreso l’importanza del sindacato.. c’è una bellissima frase che dice, insieme si riesce a fare quello che da soli non siamo in grado di fare, secondo me questo ha coniato una frase giusta poi che l’abbia applicata bene o male è abbastanza duro, ma insomma ha sicuramente ragione, le ragioni storiche dello stare insieme, le ragioni culturali credo che dovremmo rispiegarle per conto mio.

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Intervista a Direttore Caritas Diocesana Vicentina Don Giovanni Sandonà6 novembre 2002

Quali sono le tipologie di disagio presenti a Vicenza?Per disagio si intende una fragilità conclamata, un disagio conclamato?Non solo, l’obiettivo del progetto è anche quello di “fare prevenzione” e in questo senso la ricerca dovrebbe cogliere anche quei bisogni latenti, attualmente inespressi o non riconosciuti come tali.Io distinguo tre fasi di disagio/povertà e credo che sia nelle prime due fasi che il terzo settore dovrebbe operare.La prima è l’area che io chiamo a rischio, la seconda è la vulnerabilità, la terza è la povertà conclamata.Io credo che le prime due aree siano quelle in cui il terzo settore dovrebbe operare perché sono quelle culturalmente e socialmente bisognose di attenzione perché forse con una certa prevenzione si riuscirebbe a contenere l’arrivo del disagio conclamato.Quando dico zone a rischio intendo:Famiglie mono reddito e mono parentali, sappiamo che basta una depressione, un niente per precipitare nella miseria, si pensi a mamme con figli a carico dopo un divorzio che non hanno quasi mai, e non per cattiveria, abbastanza per vivere;Ultraquarantenni che escono dal mercato del lavoro e non riescono a piazzarsi, sono le fasce deboli del mercato del lavoro gli ultra quarantenni non qualificati che non riescono a piazzarsi;Nella vulnerabilità, cioè dove è già presente un deficit di autonomia ed è già in atto un percorso di impoverimento, si collocano:Le dipendenze da gioco che fanno vittime a dismisura, anche l’usura ma soprattutto le dipendenze da gioco, che sono diffuse anche nel ceto medio e medio alto;I disturbi di natura psichica, la depressione di minori, adolescenti, adulti. Il disagio mentale come la depressione è un disagio che espone, cioè non sono figli di nessuno perché non hanno diritto ad un inserimento lavorativo protetto o altro, uno che intraprende un percorso depressivo perde il lavoro e rischia di incancrenirsi nel disagio e possono essere sia giovani che adulti;Gli immigrati con scarsa capacità di inclusione, aumenta il numero dei minori e più restano abbandonati a sé stessi senza percorsi di inclusione, più sono esposti a percorsi di esclusione;Gli adolescenti giovani, noi diciamo tra la solitudine e la precarietà, cioè molti di questi vengono da famiglie affidatarie, a 18 anni si trovano abbandonati di fatto a se stessi perché istituzionalmente è così e si trovano assolutamente incapaci a gestirsi in pochissimo tempo e tornano a situazioni da cui erano stati tolti; e non sono pochi quelli che vivono la precarietà, sono cose serie, è la fase in cui sono randagi, sì sniffano, sì bevono ma non sono ancora nella fase conclamata, molto spesso passano da città a città facendo un percorso graduale di esclusione sociale. Nella fascia della povertà conclamata abbiamo:Le dipendenze in senso lato, alcol e qualsiasi sostanza psicoattiva;Malattia mentale;Carcere, detenuti ed ex detenuti;anche se numericamente molto contenuti i nomadi;Le donne, e credo in futuro anche i maschi, vittime della tratta a scopo di meretricio, e vedo peggiorare la situazione, nel senso che è stato dato il segnale politico, tipo gli eros center, è stato dato il disco verde a eros center e case chiuse e stando a quello che è successo nel nord Europa, c’è uno studio di un istituto parigino che mostra come questa soluzione non diminuirà la clandestinità ma abbasserà la soglia dell’età media nella clandestinità. Detto brutalmente è la logica dei centri commerciali, il cliente ha bisogno della novità per andare e la novità è data dall’età sempre più bassa.poi ci sono le persone senza fissa dimora.Queste sono le categorie, a nostro avviso, maggiormente segnate dall’emarginazione e percorsi conclamati di esclusione.

In questo contesto quali sono gli interventi mancanti o da potenziare?Credo che il limite del terzo settore sia che finché resta esclusivamente referente operativo di servizi sociali o socio sanitari continuerà sempre ad operare nella fase della povertà conclamata, quindi tutto il discorso della prevenzione che costerebbe molto meno e che richiederebbe la duttilità, la flessibilità, la capacità di reinventarsi tipica, se vogliamo, del privato sociale resta da parte.Io li ho visti, anche nei miei rapporti con Prisma, in nome di una qualifica professionale si assimilano un po’ troppo al pubblico sociale, nel senso che vedo una rigidità di tempi e metodologie. Per esempio la Cooperativa Insieme che conosco da anni mi ha chiesto di scrivere due note per il loro anniversario, 22 anni.Io ho scritto: “conosco da molti anni la Cooperativa Insieme e volentieri accolto l’invito di un succinto contributo. Due pregi: la mentalità ossia …. Il rapporto con il territorio…..: Un limite: i tempi in cui si avviano di fatto i percorsi di accompagnamento sono talvolta troppo simili al pubblico sociale e sinceramente non ci sono ancora abituato.”Ho avuto anche delle esperienze traumatiche, quando tu chiedi un intervento e i tempi di questo sono così lunghi che vedi nel frattempo un ragazzo suicidarsi, ti resta tanto sullo stomaco e ti chiedi che ci sta a fare il privato sociale se i tempi sono quelli del pubblico.Del resto finché il pubblico resta soggetto proponente, gestore e giudicante di un intervento, in nome di che si reinventa o cambia?La situazione in Italia è questa: il pubblico che si chiami ulss, che si chiami comune o altro, fa il progetto, ne diventa il gestore e il valutatore di se stesso. Per me una grossa paura è questa, io credo che il sociale se non ha una componente mista, ma seria cioè strutturalmente e necessariamente mista nel progettare e nel giudicare, io credo che il lavoro vada ad arenarsi in metodologie e tempi in cui di sicuro siamo lontani dalla prevenzione, siamo lontani dal saper individuare un bisogno nella fase iniziale prima che scoppi socialmente. Noi avevamo scritto tre anni fa evidenziando alcune realtà nuove tipo le dipendenze da gioco, i tempi in cui il

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pubblico mette in piedi qualcosa sono enormemente lunghi, 4/5/6 anni per arrivare sempre a chiudere la porta quando i buoi sono già scappati.Per me sarebbe indispensabile che il privato sociale avesse come ambito di intervento i primi due ambiti (rischio e vulnerabilità) più che il terzo che è molto più costoso e quindi è anche bene che resti pubblico perché poi comincia una guerra tra poveri, tra cooperative che per giudicarsi l’appalto riducono sempre più il budget di servizi che in realtà sono costosissimi.Mentre le prime due fasi che richiederebbero attenzione, elasticità culturale, capacità di vedere i bisogni dovrebbero avere un normale fisiologico finanziamento, previsto proprio sulle nuove realtà, sui nuovi bisogni e su operatori istituzionalmente preposti a scoprire il nuovo e a proporre percorsi nuovi, in collaborazione con il territorio.In realtà il privato sociale, forse anche per mancanza di coraggio, è ancora prevalentemente artefice del terzo momento come proprio operare, se non semplicemente complementare al pubblico.

Quali altri motivi, secondo lei, spingono il privato sociale ad operare solo in quest’ultima fase?Il primo motivo è economico perché se le politiche sociali non fanno prevenzione e non hanno consapevolezza della lettura del bisogno prima che generi situazioni di emarginazione, allora non finanziano queste iniziative.E poi c’è anche un altro motivo che veniamo da una ventina trentina d’anni in cui il volontariato era sinonimo di tutto cuore e niente cervello. Nella cultura della specializzazione questo significa essere l’anatroccolo nero e questa tendenza del privato sociale a qualificarsi come impresa sociale secondo me è sì legittima, ma tradisce anche un complesso di inferiorità, tradisce un bisogno di omologazione che finisce con un appiattimento sul pubblico sociale.

Quali sono gli interventi che la Caritas sta attuando in queste tre aree del disagio sociale?Ho preparato per Telechiara un elenco degli interventi che la Caritas sta attuando e che ho presentato ieri sera in occasione di un dibattito a cui ho partecipato.La Caritas sta facendo:Segretariato sociale: centro di ascolto e accoglienza per una triplice fascia di utenza, per le donne, per le donne con bambini e per la povertà in genere. Qui il discorso è di informazione, di accoglienza, di accompagnamento, di fornire strumenti di inclusione anziché assistere al disorientamento di persone che nella selva delle competenze e delle specializzazioni franano sempre di più nell’emarginazione.Corsi per preparare sia figure che diventano inclusori sociali, sia che diventano le cosiddette famiglie gemelle, cioè operatori, assistenti, educatori che si sensibilizzino e abbiamo gli strumenti per leggere precocemente il bisogno, e si vuole saltare completamente la fase della conclamazione, del servizio pubblico, dei servizi specializzati semplicemente per affiancare una famiglia e dare quel sostegno affettivo, culturale, normativo che impedisce il percorso di esclusione. Però questo significa muoversi per tempo, se si aspetta che la febbre salga sempre a 40 non si fa mai prevenzione.Sempre nella prima fascia abbiamo l’agenzia sociale per la casa che accompagna le fasce deboli all’acquisto della casa, la perizia, il mutuo, etc., tutte cose che le fasce deboli non sanno fare.Poi nella fase conclamata abbiamo il progetto che si chiama l’occasione per dare opportunità a gente iper bruciata cioè per casi cronici e con scarsa possibilità di riscatto.Il ricovero notturno d’emergenza che l’anno scorso ha dato 8.800 pernottamenti circa.Un gruppo di auto mutuo aiuto per i malati di mente, è un progetto che sta andando bene, molti sono progetti piloti, e purtroppo stiamo assistendo all’abbassamento dell’età degli utenti, e questo progetto è mirato sul tempo libero, ci sono anche dei buoni percorsi di recupero.Una pronta accoglienza e reinserimento delle donne che escono dalla tratta Una casa famiglia per i detenuti in permesso o che si reinseriscono.Inserimento per gli adolescenti di 16/20 anni in situazioni di precarietà che le dicevo, molti di questi non hanno ancora denunce e vengono dall’affidamento.Probabilmente avvieremo a gennaio, spero, un gruppo di auto mutuo aiuto per i clienti delle prostitute, l’hanno richiesto loro perché sono persone “socialmente normali” che sono fondamentalmente sole con separazioni alle spalle e hanno chiesto di poter trovare un aiuto.Ovviamente tutte queste cose le facciamo in rete, questo per esempio con l’istituto veneto di terapia familiare, non è che ci inventiamo le competenze, anche se vogliamo che rimanga un centro veloce, elastico, adattato a loro, quando dico adattato a loro intendo sempre una metodologia, l’altra sera a Telechiara quando dicevo che le politiche sociali sono anni luce dal fare della famiglia un soggetto, chiedevano cosa vuol dire, è semplicissimo la mentalità si vede dalle piccole cose, secondo voi i consultori hanno orari accessibili alla famiglia? Secondo voi le scuole hanno orari di ricevimento dei genitori accessibili? Finché accadranno queste cose vuol dire che la famiglia non sarà mai il nucleo centrale di una politica sociale, ma sarà sempre, se va bene, un utente che chiede scusa se disturba.Invece ci sono miriadi di studi che mostrano come la famiglia sia stata negli ultimi venti anni l’unico salvagente al fallimento delle politiche sociali, e questo con le famiglie mono parentali è tragico.L’esempio classico di come le famiglie si risolvono da sole i problemi a dispetto di uno stato che non solo non vuol vedere ma che ostacola e penalizza è quello delle badanti. Questo è un classico esempio, sarebbe interessante approfondirlo, di totale miopia e ritardo delle politiche sociali. Per un verso veniamo da un decennio in cui l’assistenza domiciliare integrata è l’obiettivo ambizioso delle politiche sociali, per l’altro verso la famiglia è costretta, sfiancata dalle code presso le RSA o quant’altro quando c’è un familiare infermo, a inventarsi supportata dalla povertà di un’altra parte, ci sono due povertà che risolvono il problema a dispetto della

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ricchezza di chi dovrebbe capire e progettare, quindi due povertà che paradossalmente risolvono il problema, ma lo stato continua a negare questo.Noi ci siamo trovati a novembre 2001, con le caritas del nordest, a portare il primo censimento fatto dal prof. Castagnaro di Padova, il primo censimento fatto con criteri scientifici sul fenomeno delle badanti nel nordest e ci siamo trovati di fronte a questo sottosegretario di stato che negava l’uso della parola badanti. Novembre 2001, quando poi da lì è partito grazie ad alcuni sindaci, e qui bisogna dire che l’unica cosa che funziona in Italia e ha una potenzialità positiva sono i sindaci, le uniche politiche sociali decenti che si muovono.Noi come Caritas del nordest abbiamo diffuso questo studio e alcuni sindaci hanno preteso che venisse portato alla conferenza stato regioni, che poi a gennaio è diventato …, ma tutto è partito da lì. Sicuramente non siamo stati i primi a percepirla ma siamo stati i primi a portare una lettura di un bisogno, come dire, scientifica fatta con criteri seri di sociologia. E poi abbiamo fatto una proposta di legge. Tutto questo per dire quanto la famiglia nelle politiche sociali sia Cenerentola, la famiglia che da un lato è materasso, ma dall’altro lato è ben lontana dall’essere soggetto e non oggetto.La famiglia è ancora prevalentemente oggetto di politiche assistenziali, mentre bisognerebbe progettare le politiche sociali partendo dalla famiglia.Se tutto questo cambiasse il terzo settore dovrebbe essere presente anzitutto nelle prime due dimensioni perché sono queste che richiedono velocità di adattamento, mentalità duttile, capacità di stare sul bisogno e di leggere il sintomo di nuove povertà che avanzano, perché per natura sua l’istituzione, come la legge tende a sancire l’evidente.Ma gli operatori del terzo settore, avendo anche parecchi amici che operano là, diranno sì ma finché le politiche sociali non ci danno degli strumenti, anche economici, noi come facciamo.Qui forse l’unica via di uscita sarebbe, noi abbiamo fatto un convegno sul fund raising, se il terzo settore si affrancasse dalla caramella del pubblico. Finché non ci sarà questo affrancamento il terzo settore non può avere margine di manovra.Noi l’abbiamo promossa come caritas questa cosa, poi non riusciamo più a dar corpo, volevamo partire con una specie di fondazione, abbiamo coinvolto anche Prisma, per tentare di promuovere la raccolta fondi. Questa secondo me è l’unica via di uscita, perché non vedo a breve termine nei prossimi 10 anni la classe politica che capisca queste cose. Anche nei discorsi, pur lodevoli, che lo stato deve dimagrire e non sia sempre progettante, gestente e giudicante, se questo poi diventa semplicemente e banalmente logica di appalto, che finisce per essere ammiccante e funzionale al colore politico che governa in quel momento, non si va da nessuna parte.

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Intervista a Presidente Coordinamento Provinciale Organizzazioni VolontariatoMario Zocche23 gennaio 2003

Quali interventi sono realizzati dalla struttura che presiede?Come le avevo anticipato al telefono, il coordinamento provinciale è nato proprio un anno fa, per cui esperienza diretta, il polso vero e proprio delle associazioni noi non possiamo averlo, proprio perché i contatti con queste associazioni sono piuttosto sporadici nel senso che noi ci incontriamo quando facciamo l’assemblea, ma, per dirle, abbiamo fatto una assemblea quest’anno.Fatta questa doverosa premessa, la nostra attività si è limitata nell’anno trascorso a informare le associazioni circa determinate iniziative che il centro servizi organizza, incoraggiare le associazioni che non sono iscritte al registro regionale a iscriversi, incoraggiare le associazioni che sono iscritte al registro regionale ma non hanno ancora aderito al coordinamento, a iscriversi al coordinamento provinciale, insomma piccolo lavoro di cabotaggio direi io, l’unica cosa che sta un po’ facendo distinguere l’attività, a mio giudizio, è l’iniziativa che è partita in ottobre, o forse settembre, non appena abbiamo saputo che la comunità europea aveva dedicato l’anno 2003 alla riflessione attorno al problema dei disabili.Ecco allora lì ci siamo attivati e abbiamo contattato le associazioni di handicap per evidenziare l’occasione fondamentale per il futuro di queste associazioni, che è quella di far riflettere la popolazione perché a noi sembra che sia diminuita l’attenzione e la tensione su questi problemi da parte dell’opinione pubblica e poi far riprendere il coraggio da parte delle amministrazioni comunali che oberate da problemi di bilancio, molto difficili da mettere insieme, devono ritrovare l’entusiasmo di riprendere attività o far emergere attività per la soluzione di alcuni problemi che ancora esistono e preoccupano gli associati.Faccio riferimento in particolare ancora purtroppo all’inserimento nella scuola e nel lavoro e poi il grave problema, che si sta rivelando nella sua consistenza anche drammatica per i genitori dei disabili, del “dopo di noi”.Allora abbiamo trovato una grossa disponibilità da parte delle amministrazioni comunali e provinciali per formulare un programma comune di attività per il 2003 con l’obiettivo di chiudere questo anno con una manifestazione durante la quale l’ente locale stipula e firma un patto con le associazioni di disabili in cui si impegna ai temi di cui le dicevo prima, in particolare sarebbe interessante impegnarsi sul problema del “dopo di noi”.Accanto a questo, non perché si voglia mettere troppa carne al fuoco, c’è il problema ancora purtroppo delle barriere architettoniche, che è un problema assillante e pare essere un po’ in sordina, siamo coscienti che le disponibilità finanziarie sono quelle che sono, però in una società, in una regione, in una provincia, in una città come Vicenza ormai non dovrebbero essere più tollerati situazioni di disagio così discriminanti.Vi sono altre attività che il coordinamento provinciale ha in programma di realizzare oltre a questo progetto con le associazioni di disabili?In realtà esiste una certa difficoltà nel far decollare anche questa attività di coordinamento con le associazioni di disabili, ho trovato una resistenza effettiva all’interno delle associazioni che fanno fatica a muoversi, a mettersi insieme, certamente questo è dovuto ai problemi che queste associazioni vivono perché sono formate in genere dai familiari che hanno in casa il problema per cui fanno fatica a uscire con la testa dall’acqua, fanno fatica a lavorare insieme e mettersi insieme, trovare obiettivi comuni.Adesso ho avuto la riunione con loro di cui le dicevo, in cui ho trovato una rispondenza positiva, una voglia di continuare, perché ho messo un ultimatum, ho detto o prendete in mano le cose o non potete pensare che sia un organismo esterno, siete voi che dovete essere i protagonisti di quest’anno, non dovete essere eterodiretti, ma voi direttamente gli attori di questa azione.E ho colto una risposta positiva, tanto è vero che è stata individuata la presidente di questo comitato, si è già mosso, ha avuto la conferma da parte dei comuni a collaborare, stanno organizzando per febbraio una giornata di presentazione ufficiale, insieme ai sindaci, dei propri programmi.Quindi mi pare di essere finalmente sulla strada buona come funzione mia di coordinamento e cioè di aiutare queste associazioni facendo un discorso interessante di convincimento che è opportuno lavorare insieme, perché si riesce anche a fare lobby, in senso buono, se si vuole nei confronti delle amministrazioni.D’altra parte io sono preoccupato che siano loro a crescere, voglio dare lo stimolo come coordinamento e poi devono essere loro a crescere.Quindi voi come coordinamento non accompagnate le associazioni nella individuazione di programmi e attività comuni, ma cercate solo di farli sedere assieme attorno a un tavolo perché siano loro a trovare programmi da condividere? Sì, insieme si vede cosa stanno facendo le varie associazioni, perché sa, tutti si stanno un po’ muovendo in vista di questa opportunità per il 2003 e una volta che abbiamo i programmi li mettiamo assieme e li presentiamo in una conferenza stampa con i sindaci e l’amministrazione provinciale. Noi vorremmo celebrare l’anno 2003 in questo modo.Da quel che ho capito io nella riunione della settimana scorsa, loro avrebbero il grosso obiettivo, dato che non vorrebbero avere programmi propri come coordinamento e come comitato, ma che siano le singole associazioni con le amministrazioni comunali che organizzino, vedano le urgenze “più urgenti”, quel che è da farsi.Comunque come comitato l’obiettivo per l’anno dell’handicap, da quel che ho capito, sarebbe di arrivare alla fine del 2003 alla stipula di quel patto tra enti locali e associazioni, questo come propria attività del comitato, quindi lavorare attorno a questo.Per esempio se uscisse un piano provinciale per l’eliminazione delle barriere architettoniche sarebbe molto importante o anche un impegno da parte delle amministrazioni locali a cercare soluzioni per il “dopo di noi”, ecco se il comitato si impegnasse attorno a questo obiettivo mi pare che sarebbe ottimo.

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Quali interventi il terzo settore dovrebbe potenziare e quali invece sono del tutto assenti?Ecco qua mi trovo un po’, un po’ o molto impreparato, perché non ho una sufficiente conoscenza della realtà che dovrei coordinare, nel senso che noi abbiamo quattro settori che seguiamo e ora mi faccio dare l’elenco.Per esempio c’è il settore della protezione civile che è molto organizzato, ha un proprio coordinamento suddiviso per zone.Per il settore servizio alla persona, lì c’è da lavorare perché c’è l’ultima legge sull’assistenza del 2000, che prevede che l’associazionismo sia già inserito fin dalla programmazione dei piani ed è prevista una concertazione con le associazioni e questo è ancora da realizzarsi perché solo alcune ulss hanno messo in atto questa norma di legge e allora le associazioni vanno aiutate, ma vanno aiutate anche le ulss a dare attuazione e tenere conto di questa realtà che loro stessi dicono essere preziosa, per promozione e sostegno alle attività realizzate dall’ulss.C’è poi il settore dell’ambiente che va per conto proprio. Per darle un dato, all’assemblea per la nomina del consiglio direttivo le varie associazioni hanno presentato un elenco di candidati per ciascun settore, ecco per l’ambiente c’è stato un unico candidato, poi si è dimesso perché è andato all’estero per lavoro e abbiamo dovuto cercare qualcuno tra le varie associazioni, ma in realtà queste associazioni non rispondono. Hanno aderito al coordinamento però non si fanno mai vedere.C’è una realtà che va aiutata a non scivolare in queste forme di individualismo, mi pare che compito di un coordinamento dovrebbe essere anche questo.Tanto è vero che adesso abbiamo individuato un referente del settore ambiente con la quale abbiamo intenzione di fare un lavoro di recupero, per cercare di parlarsi e che si parlino tra associazioni e dicano io sto facendo questo, io sto facendo quest’altro. Anche perché il settore dell’ambiente necessita di interventi molto seri.Invece non si riesce a farli dialogare, può darsi che sia io che non sono capace a farlo, ma almeno, se ci fosse interesse, potrebbero venire qui e dire senti Zocche tu sei incapace a risolvere questi problemi e fare qualche proposta e invece non c’è interesse.Da una parte posso anche capirli perché c’è sempre il rischio di creare sovrastrutture, questa è la mia grossa preoccupazione di creare situazioni burocratiche, ingerenze stupide ad associazioni che sanno muoversi con intelligenza, a questo bisogna stare sempre e sempre attenti, di non creare sovrastrutture e di voler imporre visioni nostre come coordinamento. Allora spazio alle associazioni però incoraggiare, far capire non solo l’importanza, ma l’indispensabilità di lavorare insieme.

Passando all’ultima domanda, vorrei sapere se le è possibile indicare quali sono le tipologie di disagio sociale presenti a Vicenza?Le rispondo non come coordinamento ma come persona che si guarda intorno, anche se forse sarebbe meglio parlare con l’assessore perché rischio di dare una visione molto parziale e limitata, perché in queste cose o si è dentro alla problematica……Adesso potrei dire che sto avvertendo questa esperienza con queste associazioni di disabili, però io per esempio sento che un disagio molto forte è vissuto dai nostri extracomunitari, da un punto di vista anche di ripetizione di esperienze vissute in passato da nostri parenti, genitori, etc. all’estero, mi sembra che qualche passo in avanti si sarebbe potuto fare, perché un conto è parlare di 40 anni fa e un conto adesso. Mi sembra che manchi un rapporto culturale con queste persone e questo è un disagio che credo avverta tutta la popolazione, non solo gli extracomunitari.Poi un settore di disagio molto in ombra, forse eccessivamente in ombra, è quello della tossicodipendenza, mi pare che sia un problema un po’ rimosso anche dalla pubblica amministrazione, da quel che leggo io sa, perché quando si legge che si danno alla droga bambini di 12 anni allora vuol dire che il problema sotto l’acqua esiste.Un disagio sociale, o almeno che io interpreto come disagio sociale, è la trasgressività che c’è sulle strade. Adesso mi trasformo in quello che non sono, non sono un sociologo e neanche uno psicologo, però interpreto questo comportamento sulle strade con gli effetti che conosciamo, guardi che ci sono stati una cinquantina di morti anche nell’ultimo week end e migliaia e migliaia di incidenti con tutto quello che questo significa per le famiglie non solo in termini affettivi ma anche economici.Credo che ci siano delle mancanze da parte di chi deve educare, formare e reprimere, dall’altra che ci sia chi approfitta di questo e manifesta il proprio disagio anche sulla strada.Un altro grosso settore di disagio sociale è quello degli anziani e il problema che l’avanzamento dell’età sta provocando e c’è un patrimonio di tante cose, di professionalità che va recuperato.Bisogna farsi aiutare dagli esperti per individuare le strade per valorizzare questo grosso patrimonio.

Presidente Centro servizi per il Volontariato (C.S.V.) Consigliere cda del Consorzio Prisma Intervista a Tino Turco, consigliere d’amministrazione del consorzio Prisma.

Quali sono le situazioni di disagio sociali presenti a Vicenza?L’approccio sociale mio è legato alla professione che ho svolto fino a due anni fa e cioè responsabile di una cooperativa sociale che lavora sulla riabilitazione della tossicodipendenza con sede a Vicenza e che lavora con programmi riabilitativi nel territorio di Vicenza, avendo molti utenti non solo nella Provincia ma anche nella città. Altro approccio per cui quello che dico potrebbe avere un senso è l’essere stato per alcuni anni il responsabile dei centri di ascolto della Caritas della provincia, con compito di lettura; di fare osservatorio, osservatorio sulla povertà nel nostro territorio. Io credo che se dovessi pensare ad un disagio nella città di Vicenza. Se, anni fa, emergeva un problema di alcuni quartieri che erano a rischio, no so, pensiamo, per esempio all’epoca, 10 anni fa era il Pio X…. c’erano alcuni quartieri che, per la maggior concentrazione che è stata fatta di abitazioni popolari, avevano raggruppato e concentrato serie di problematiche e disagio notevoli. Queste realtà, seconda me per certi versi hanno trovato delle soluzioni tra le più disparate; io credo frutto anche di una politica fatta negli ultimi anni, insomma, di integrazione per cui, seconda me, è molto meno evidente di una volta, il problema quartiere come luogo dove il disagio viene concentrato e trova il suo iceberg, in somma, dove si mostra più visibilmente. Mentre mi pare che se dovessi valutare la situazione di Vicenza mi pare di cogliere un

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disagio dei giovani, giovani adulti che non hanno avuto, non sono riusciti a strutturare un rapporto proficuo e stabile con l’ambiente del lavoro. Sono quelli che vediamo passare da un ufficio all’altro, dalle agenzie di lavoro interinale, e accanto a questo coltivano molti il problema della dipendenza da sostanze varie e a volte, da gioco, dipendenza da gioco e la sostanziali incapacità di rientrare nei meccanismi di una vita sociale, affettiva, ecc. Pullulano in città durante le fini settimana, nei momenti liberi ma senza la capacità di diventare fruitori di un mercato del tempo libero. C’è proprio una fascia di questi ragazzi che io poi ho trovato spesso in comunità terapeutica e li abbiamo più volte tentato di reinserili in questo territorio con non completi risultati .. rimangono, galleggiano dentro il sistema, ce ne sono molti. Poi c’è il sistema, secondo me il più grosso di tutti, che è il sistema delle presenze straniere, che per molti versi non sono capaci di integrarsi; e neanche il territorio, la città di Vicenza ha dimostrato la capacità di gestire il diverso, lo straniero, la lingua, ecc. se non per il tipo di uso che se ne può fare. Praticamente c’è un approccio molto utilitaristico allo straniero senza nessuna politica di accoglienza, di integrazione, ecc. Lei, prima ha parlato di disoccupazione dei giovani.No, non è proprio disoccupazione vera e propria. E’ più una situazione di, come si può chiamare, ma, non so..Una specie di turismo lavorativo?Sì, sì esattamente…questo beccolare dappertutto senza mai fare un vera e propria esperienza, di starci in una situazione. Secondo lei, esistono già servizi volti a lenire questo tipo di disagio? Beh, che io sappia, le comunità terapeutiche hanno un approccio a questo tipo di persona che entrano con il SERT, cioè entrano con la domanda sanitaria. In realtà il problema è sociale. La manifestazione sanitaria del problema, cioè crisi, overdose, ricaduta alcolica, ricaduta nelle sostanze, ecc. non sono altro che l’incapacità sociale di dare delle risposte a dei problemi sociali, esistenziali dei ragazzi, mancanza fare di centri di aggregamento, di aggregazione. Non hanno un posto dove andare. I ragazzi, le dico, questi ragazzi qua, proprio sono delle persone che viaggino anche nel territorio della città di Vicenza, in alcuni orari, io li vedo, anche perché io ormai li conosco un po’, li vedo passare e sono delle persone che non hanno.. proprio galleggiano nel sistema.. non hanno nessuna capacità di ….. il sistema, in buona parte, li ignora….e non vedo nessuno con questa capacità. Le comunità terapeutiche hanno come dire, la comunità dove lavoravo io, hanno un sistema di appartamenti protetti con una serie di servizi correlati che va dall’accompagnamento sanitario all’accompagnamento all’ingresso all’ambiente del lavoro protetto per poi sganciarli in esperienze lavorative, ecc. Sono dei passaggi di accompagnamento ma io credo che siamo gli unici, da quello che io sappia, che lavorano spesso, per esempio per il problema del disagio psichiatrico che, secondo me, è fortissimo nel territorio. Anche molti dei tossicodipendenti hanno insieme una doppia diagnosi di problematiche psichiatriche. E’ anche questi, o soprattutto questi, direi rimango completamente scoperte. La Caritas ha un centro di accoglienza che si chiama Davide i Golia che è una specie di laboratorio che con molto sapore di self-help, cioè un aiuto tra di loro, che danno tra di loro.. so di qualche gruppo più di auto, a punto aiuto, come gli alcolisti che sono quelli più strutturati in assoluto, che hanno una metodologia precisa, una struttura. Mi sembrano gli unici in grado in questo momento, in grado di dare delle risposte a dirittura sulla tossicodipendenza e, a volte, sul disagio psichiatrico. Gli unici che hanno una capacità di fare self-help in questo territorio. Secondo me sono gli unici, sia i gruppi ACAP (?), non so se li conosce, sia gli altri - quelli club. Per quanto riguarda invece.. sebbene che rimango sull’ambito giovanile, c’è la sensazione che il disagio nasca nella scuola. Quasi tutti questi hanno una carriera di insuccesso scolastico recidivo. Io credo che, per esempio, nel lavoro che ho fatto in questi tre anni di inserimenti sociali e lavorativi per tossicodipendenti, ricordo un caso con un diploma e nessun’altro ha concluso una scuola superiore qualsiasi, anche professionale. Questo è un segno chiaro secondo me che dalla dispersione scolastica questi non hanno più trovato nessun altro aggancio dal punto di vista sociale per poter tentare esperienze di reinserimento. Prima parlava di disagi sociali che non erano stati risolti in un contesto sociale. Secondo lei, quali sono i servizi che bisognerebbe fornire per lenire le situazioni di disagio di cui ha parlato?Mah credo che, beh i servizi possono esserci. Secondo me, uno dei servizi più grossi da offrire è nell’area del self-help. Questa è la domanda, secondo me, più matura che il territorio potrebbe esprimere e, secondo me, anche dare. Ma contemporaneamente sarebbe necessario una serie di attività e di percorsi di riabilitazione che vadano da forme residenziali a invece.. ad accompagnamenti domiciliari o anche di self-help solo, insomma, minore il legame e la responsabilità di un servizio perché ognuno impara a darsi una risposta a suo disagio. Secondo me non ci sono grossi..tranne le comunità terapeutiche - non vedo altra, nel territorio, altra capacità di fare questo tipo di lavoro. Io sono preoccupato perché secondo me le comunità terapeutiche lavorano prevalentemente con casi psichiatrici. E’ chi, secondo me, in questo momento è più.. la latitanza la vedo più sul disagio psichiatrico. Anche nelle strutture esterne stesse che lavorano su alcuni inserimenti residenziali, la psichiatria nostra qui di Vicenza, siccome lavoro su alcuni inserimenti residenziali, a restrizione, per cui si sta restringendo, giorno dopo giorno e lasciando sul territorio, secondo me dei buchi micidiali grossissimi, la accompagnamentoIl terzo settore potrebbe intervenire offrendo servizi?Il terzo settore ha delle possibilità. Può fare un lavoro. Il problema è il terzo settore non dovrebbe solo tentare di garantire le proprie strutture. C’è anche nel terzo settore un po’ di invecchiamento, secondo me. Quando lo stato non è più stato in grado di dare delle risposte, lui ha chiesto al terzo settore e al volontariato di strutturarsi anche con dei servizi che vengono accreditati ecc. Solo che dopo questo primo sforzo, questa prima consegna di potere, empowerment fatto al terzo settore per rispondere ai problemi, la sensazione è che adesso si sta ristringendo molto anche i margini e le possibilità di avere finanziamenti in questi settori e mi sembra che il terzo settore stia tentando di difendere la propria struttura. In questo momento, un po’ la logica è quella di sopravivere piuttosto che investire. Queste, invece, questa realtà sociale richiederebbe una certa, almeno per alcuni anni, un progettualità che ti permette di investire sperimentando percorsi riabilitativi senza avere necessariamente la preoccupazione di dover mantenere una struttura – dargli, con quelle rette, perché poi stanno diventando sempre più rare, soprattutto nel caso della residenzialità…penso che per tutti i piccoli appartamenti, le piccole esperienze che sono, di per se, molto dispendiose al livello di accompagnamento ecc. che però sono le uniche che potrebbero, insomma, garantire percorsi di inserimento. Io che lavoravo nelle tossicodipendenze e

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solo in questo settore, mi rendo conto, che è strategico insomma. Piuttosto che la comunità, non so, queste comunità grandi, queste maxi - l’accompagnamento nel territorio attraverso dei piccoli nuclei territoriali, appartamenti, percorsi più individualizzati, certamente e soprattutto dislocati – non centralizzati, fuori delle strutture, però, con queste tutte le difficoltà del caso. Qualche, secondo me, almeno dal mio punto di vista, noi come cooperativa sociale, che abbiamo in questi tre anni, e chi ha lavorato prima di me, ha maturato ormai una strategia, una capacità metodologica, una supervisione sui casi e anche degli elementi di professionalità sulla propria rete di casi di inserimento che, secondo me, potrebbero essere condivisi. Da esperienza di una cooperativa sola potrebbe diventare esperienza che viene condivisa con altre cooperative perché secondo me qualcosa di significativo c’è in questo territorio. Le buone prassi condivise insomma. Ci sono altre tipologie di disagio presenti a Vicenza?Beh, gli immigrati. Passano per tutte le situazioni di disagio. Vedo delle, come si può dire, vedo un grosso, un grosso…vedo intanto un esercito. Un esercito grosso di persone che si riuniscono in isole molto…che hanno dei momenti di condivisione il sabato pomeriggio e la domenica tra di loro a prendersi un po’ il territorio. Abbiamo le strade della città che sono divise in settori, le badanti del est europeo sono a destra in Campo Marzo, invece i Sirk, ecc. che lavorano nell’industria della, come si chiama, industria metallurgica si trovano da una parte. C’è una distribuzione del territorio. L’unico vincolo rimane quello del loro tribù, della loro lingua, della loro religione, della loro cultura e secondo me scorrono via per il resto del tempo, dentro il sistema senza entrarci insomma. Ho visto, so che la Caritas e altre organizzazioni anche sindacali tentano di organizzare, tentano di fare dei momenti di auto conoscenza di questi gruppi ma non vedo ancora una strategia di ..solo di accoglienza. Proprio anche di considerazione umana di queste persone. Manca l’orientamento anche che fa parte del processo. Dicevo anche prima che l’approccio che abbiamo come veneti è come vicentini allo straniero secondo me è un approccio utilitaristico proprio senza nessun’altro sforzo di vedere qualcosa più in là. Tranne la solidarietà individuale di qualche famiglia - di qualche scelta etica personale che fanno anche delle grosse cose insomma. Ma non vedo una strategia politica, ecco. Sono sconvolto da questa mancanza di visione. Mancano posti di aggregazione, mancano i luoghi dove possono intanto conoscere la cultura italiana, conoscere la lingua o per spartire anche i diritti, la condivisione anche dei diritti tra, visto che pagano le tasse - chi è in regola paga le tasse, ecc.. anche dei propri diritti. Li vedo molto, molto poco assistiti. Non vedo nessuna strategia. Sono proprio deluso, terribilmente deluso da questo fatto. Qui, c’è un modo in cui il terzo settore possa intervenire?Il terzo settore, ma… Il terzo settore per esempio lavora molto con i casi di marginalità italiani. Non vedo ancora delle cooperative lanciate su un, per esempio, organizzando, non so, la micro-imprenditorialità delle badanti. Prisma ha un progetto che, con alcuni dei sindacati, di formazione, qualificazione, di accompagnamento sindacale di queste figure. Ha iniziato un processo in questo senso. Sarebbe…non sempre il terzo settore ha proposte. E’ più volto a dare risposta al sanitario sociale italiano piuttosto che .. ancora non ha, secondo me, per molti casi..tranne la questione delle badanti. Con l’assistenza domiciliare. siccome hanno bisogno dello straniero, vedo alcune cooperative che improntano il tema dell’assistenza domiciliare in modo un po’ più corretto nel senso che si preoccupano di fare accoglienza, di fare orientamento, di fare formazione e di dare anche un titolo, qualcosa a queste persone perché possano avere un titolo di diritto per l’assistenza che fanno.Anche se al momento il terzo settore non ha proposte di intervento in questo settore, quali potrebbero essere servizi da proporre in futuro?Purché ci sganciassimo ancora una volta dalla logica di dover garantire il posto, garantire la struttura. Garantire l’esistenza è diventato una questione prioritaria, insomma, ecco. Servirebbero investimenti. Questi progetti esigono degli investimenti che sinceramente, in questo momento, non vedo da nessuna parte. Conosce altre tipologie di disagio presenti a Vicenza?Potrei dirLe che ogni mattina io parto da Vicenza con il treno delle 6.09 e il mio scompartimento è pieno di ragazze negre, prostitute, cioè, che hanno fatto tutta la notte nei sobborghi della città. C’è questo treno della misericordia che da Venezia parte alla mattina verso le quattro e mezza – cinque, e che le porta verso la Lombardia, non so dove non so come ma so che verso sera rientrano nel territorio vicentino e ogni mattina riprendono la strada verso, alcune Verona, so perché le vedo che smontano, e alcune verso la Lombardia. Ma è, parlo di centinaia. Il primo treno che parte la mattina che verso la Lombardi, verso, Verona ecc. parte con, come minima, centinai di queste persone e, secondo me, alcune molto giovani, quasi tutte quasi esclusivamente negre. Almeno che fanno questo tragitto di spostamento, a volte importunando moltissimo le persone nello scompartimento - quando sono un po’ agitate, vedi che hanno evidentemente assunto delle sostanze durante la notte per arrivare alla mattina alle 6 nelle condizioni in cui le vedi. Inoltre aggrediscono il bigliettaio. Sono indisponenti nei confronti degli altri, i lavoratori che stanno andando a lavorare. Secondo me è un problema grosso. Che io sappia, la Caritas avrebbe dei percorsi anche in collaborazione con il Comune, con la Prefettura. Sta facendo degli interventi in questo senso, anche denunciando la tratta delle schiave negre ecc. però io mi chiedo perché in quel treno non ho mai visto, non so, un assistente sociale, non ho mai visto neanche un poliziotto, porca misera. Potrebbe intervenire il terzo settore?Ah, non c’è dubbio. La situazione non si risolve con la polizia. Si risolve, però con una lettura attenta di questa questione, secondo me, che è grossissima. La presenza della polizia sarebbe un segnale di conoscenza della situazione. Il terzo settore ha delle possibilità molto grandi perché chi ci lavora di solito viene da una formazione etica, secondo me e io sento la gente con chi lavoro, che secondo me ha un supplemento o dovrebbe almeno avere un supplemento di umanità, un supplemento di ..privilegiare la relazione e privilegiare l’accoglienza rispetto al rifiuto. Ha una sua etica nel modo di muoversi. Se no, secondo me, anche i lavoratori nel terzo settore, volontari va bene, ma chi è lavoratore nel terzo settore se non ha un’etica, non ci starebbe. Non ci starebbe. Hanno, il terzo settore ha degli strumenti, ha delle possibilità, a secondo alle disponibilità e ha già maturato una serie di metodologie. L’applicarle dipende, mi spiace ritornare su questo tema, dalla capacità politica di progettare degli interventi e su questa progettazione chiedere anche la competenza di chi già lavora insomma. Atri tipi di disagio?

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Altri tipi di disagio.. non so, io riferendomi anche a, non so, ….penso ai minori, ecco. Prima parlavo dei giovani, giovani adulti senza capacità di mettere radici da nessuna parte. O nella professione o nella relazione affettivo/sessuale o in un hobby o qualcosa nel tempo libero, cioè, però, prima di questo, secondo me, la cura del minore è, secondo me, ancora molto carente, insomma, ecco. Il minore a rischio che soprattutto perde l’aggancio con la scuola che mi pare sempre una chiave di volta. Anche questa integrazione tra la scuola con il suo grande potenziale di integrazione sociale e culturale, ecc., e quello che la scuola non riesce più a controllare e gestire. Ci sono questi ragazzi che passano da un istituto, cioè dopo la terza media, e passano da istituti un po’ più impegnativi ad istituti che sottolineano CFP, più professionalità, meno competenti ecc. per non reggere molte volte neanche a questi livelli e vengono espulsi fuori e entrano nel mercato del lavoro a condizioni un po’ micidiali secondo me per il loro futuro. Tanto più che troviamo un punto sempre più carente nella capacità della famiglia di fare un minimo di mediazione in questo passaggio verso il sociale, verso l’apertura alle questioni sociali. Con disagi relazionali notevoli che, secondo me, io vedo nel mio piccolo territorio di una città, insomma di una periferia di una città come Montecchio, dove vivo io, che è già un’altra ULSS, che però percepisco i problemi, io vedo i minori senza punti di riferimento - chi non è aggregato. Chi è aggregato già non ha problemi. Non c’è verso perché e vero che ci sono molte proposte per i ragazzi ma sono per chi ha già un tessuto familiare positivo, ha già un buon inserimento a scuola allora, un inserimento sportivo, un inserimento negli scout, inserimento nei gruppi, in parrocchia. Vedi che ha tante altre possibilità. Chi si sgancia, secondo me, in prima o seconda superiore, chi non entra praticamente nel sistema della secondaria, della superiore, io li vedo molto male, non vedo bene, non vedo ne cammini né percorsi per loro. C’è qualcuno che offre servizi al minore emarginato?Non perché è un minore che anche nelle normali agenzie come una parrocchia o un centro giovanile, queste cose che sento che ne sono pieno il territorio che vogliono lanciare – finanziamo tutti i centri giovanili parrocchiali, ecc., come se fosse la panacea di tutto -hanno un grosso ruolo soprattutto nella cultura veneta, la parrocchia, ecc., possono avere delle grosse energie. Il mio problema è che noi diamo energie a chi, in qualche modo, ne ha già. Questo è il problema più grosso. Invece di andare ad investire su percorsi, su punti di aggregazione, su, non so, bisogna, qua, inventarsi qualcosa che va, anche qua, non tanto forse nella residenzialità, ma di presenza sul territorio, sulle strade, sulle piazze, su i luoghi di incontro, sui bar, fuori dei bar, a volte, e riuscire, in qualche modo, ad offrire a questi ragazzi di fare un incontro con un adulto che non sia solo il datore di lavoro, con tutto quello che sappiamo. Questo credo che sia, noi abbiamo continuamente, ultimamente… io lavoro anche su il coordinamento di tredici cooperative del Prisma che lavorano sul disagio psichiatrico. Le domande, ormai, che il pubblico fa al terzo settore sono molto legate alla comunità per minori. Vorrebbero che aprissimo comunità per minori perché ci sono grossissime … perché la famiglia non garantisce più, la famiglia non è in grado di supportare il ragazzo e con segnali fortissimi di disagio psichiatrico a 11, 12, 13 anni. Abbiamo delle richieste che ci vengono fatte e per ora li stiamo studiando come coordinamento delle cooperative che fanno percorsi di riabilitazione psichiatrica. Stiamo tentando di capire la domanda del territorio, tutto il territorio di Vicenza, di Schio, come questa richiesta di comunità per minori psichiatrici. Stiamo tentando di capire la consistenza della domanda, in tanto, che tipo di possibilità, come terzo settore, abbiamo da dare risposte in questo senso. Però, è un disagio relazionale. Cioè il problema è sempre sul disagio relazionale.Oltre che con le comunità, come potrebbe intervenire il terzo settore?Il terzo settore può… ci sono dei progetti di animazione che si stanno chiudendo prima ancora di aver fatto una verifica sulla loro validità. C’è un ritorno al non finanziare più i progetti di strada. A me è parso che si vorrebbe piuttosto .. che ci si fida più delle strutture che delle relazioni. Nei progetti di strada ci si fida della relazione ma non è quantificabile, non la vedi, non è verificabile. Alla fine non da una dimensione di visibilità anche perché chi lavora sulla strada deve essere meno visibile possibile per assicurare che l’approccio avvenga e che non sia ancora una volta la relazione che esclude e non accoglie. E quindi non offrono visibilità neanche alle strutture pubbliche che li finanziano e secondo me sono un po’ a rischio nel nostro territorio questo tipo di intervento. Vedo nella tossicodipendenza che c’è un tentativo di dare meno appoggio al lavoro preventivo sul territorio che io ritengo uno strumento valido - va incentivato, va verificato, va studiato un po’ di più forse. Mi sembra che anche il territorio di Vicenza, rispetto a progetti di prevenzione, non ci sia ancora un organismo, una specie di equipe che mette insieme tutti quelli che hanno fatto in quest’area delle esperienze e che faccia uno studio approfondito su i lavori fatti e possa anche, come si può dire, rilanciare, supervisionare i lavori fatti o che si stanno facendo per rifare un nuovo investimento sul territorio con queste logiche. Vorremo tentare di mettere insieme chi, in questi anni, ha lavorato sul settore, nelle forme del accompagnamento alle persone attraverso le relazioni significative fuori scuola, nei bar, nel territorio, nei giardini pubblici ecc. ecc., o solo per consegnare dei farmaci, dare un pezzo di pane o per fare prevenzione informando su AIDS, informando sull’uso della siringa piuttosto che del preservativo ecc. Di tentare di mettere insieme tutte queste esperienze e tentare di riscattare i percorsi fatti che rischiano solo, secondo me, in questa fase, di sparire, di non essere più significativi, più appetibili per il mercato sociale, insomma. Perché la logica poi è sempre di un mercato sociale. Altre categorie a rischio di disagio sociale?Per quanto riguarda gli anziani per esempio, c’è stato un lavoro interessante, mi sembra da parte di tutta l’ULSS orientato attraverso dei progetti distrettuali di assistenza domiciliare. C’è un movimento in questo senso. Anche qua limitato dai fondi, limitati dalle figure professionali che vengono messe in gioco in questo tipo di attività che è fortemente dispendioso con scarsa professionalità. Non si trova nel mercato neanche, non so, la figura infermieristica, non si trova assistente sociale con una certa qualificazione. C’è anche bisogno di figure professionali, secondo me. E come pagarle? Come pagare queste figure professionali? Però tentativi significativi, mi pare una strategia sull’assistenza domiciliare ci sia, soprattutto nell’ULSS 6, mi sembra che si ha lavorato molto su questo. Come su i minori, c’è stato un progetto, si chiamava… e tuttora non sta avendo , non stiamo percependo grandi risultati, che si chiama.. che si chiama.. il fatto che non mi ricordo è un segnale che e poco… in ogni distretto c’è un’unità per minori..come si chiama…unità di prevenzione per i minori. C’è qualcosa, ha una sigla che adesso mi sfugge.… in ogni distretto dell’ULSS di Vicenza c’è un’unità di… ma non so come si chiama. Mi dimenticavo che esiste nel territorio. Ho incontrato dei operatori, degli

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educatori che lavoravano su questi …. Comunque, sugli anziani che un settore, che io conosco molto poco perché sono molto più orientato sulla classe giovanile, ho la sensazione che ci sia stato un lavoro migliore. Interessante sarebbe esplorare tutto il discorso della … come già Prisma sta facendo.. l’assistenza domiciliare garantita dalle badanti. Queste figure professionali, che potrebbero diventare figure professionali anche interessanti e che comunque danno delle risposte vere a delle necessità vere. Ma che avrebbero bisogno di essere formate, organizzate e promosse anche dal punto di vista dei loro diritti insomma. Le vengono in mente altri tipi di disagio?Per le esperienze che faccio io, per il lavoro che faccio, per l’attività fatte, mi sembra che questi siano un po’ gli ambiti. Ci sarebbe il tema dell’assistenza alla famiglia in difficoltà, le famiglie non in grado di, non solo di proteggere il minore, ma di reggere se stessa. Però qua li conosco pochissimo, al livello dei consultori famigliari, se funzionano le consulenze. So che la Caritas ha lanciato questa interessante idea delle famiglie gemelle. Cioè, che accanto a famiglie in difficoltà ci sarebbero le famiglie che si specializzerebbero, di volontari, a fare da accompagnamento a questa coppia per cui ci sarebbe una specie di adozione. Ogni coppia preparata adotterebbe una coppia in difficoltà, con i figli, o in difficoltà tra di loro. Questa mi sembra una cosa interessante quando è possibile ma anche questo è nell’ambito del volontariato che si può realizzare… di un etica di solidarietà notevole, insomma. Fai fatica a strutturarla in un progetto in un servizio sociale. Questa è un’iniziativa già lanciata dalla Caritas, l’iniziativa delle famiglie gemelle. E io conosco qualcuna e mi pare che in alcuni casi funzioni anche molto, nel senso che con grande sensibilità, grande tatto, si avvicina la famiglia e si offre la possibilità di, non so, se hai difficoltà con i bambini, non ce la fai ad uscire, ecc., quei giorni lì, avendo un rapporto privilegiato tra la mia famiglia e la tua, e non so..li portiamo in ferie con noi una settimana e vi lasciamo liberi da questa difficoltà, ecc. Se hai handicappati, bambini handicappati in casa, a volte te li teniamo noi. Sono delle forme di solidarietà che sono però molto significative. A volte nella testimonianza di una coppia che si prende cura di un’altra coppia passano, aldilà dei servizi che uno fa, passa un contenuto di valori, di disponibilità, di ….. non vorrei fare il tifoso ma chi sta meglio interpretando questa cosa, insomma, è la Caritas di gran lunga. Dopo, che sia lei a gestire, non è mica detto. Potrebbe essere…lei lo fa convenzionandosi con terzo settore. Qua si sta discutendo fino a che punto la Caritas può e deve fare, però certo che bisogna riconoscere che, su tutte le frontiere della povertà a Vicenza, chi ha lanciato il primo ponte, sono stati loro, almeno negli ultimi cinque anni, sono stati loro. E’ presente. Stanno discutendo, stanno facendo un convegno, ma quel gruppo lì è sulla strada e gli altri, No. Non c’è niente da fare. Bene, altre situazioni di disagio di cui vorrebbe parlare?No, tutto qui.

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Intervista al Presidente Consorzio PRISMAGianni ZulianVicenza( 28 Ottobre 2002)

Secondo Lei quali sono i settori della popolazione più a rischio di disagio?

Nel rispondere a questa domanda prenderei come punto di osservazione i servizi che oggi offrono le cooperative. Questi sono ormai consolidati a fronte, ovviamente, di bisogni parimenti stabili. Ciò non di meno si manifestano necessità di cambiamenti a fronte dell’emergenza di nuovi bisogni.La realtà di PRISMA (coordina 20 cooperative sociali di tipo B ), che agisce come Agenzia Consortile per l’inserimento di persone svantaggiate, con personale altamente qualificato (vi sono anche 4 operatori specializzati in “metodologia dell’inserimento lavorativo”), si occupa dell’inserimento lavorativo di tre categorie:disabilità e svantaggio sociale,tossicodipendenze,disagio giovanile.Negli ultimi due anni si è iniziato a lavorare con la realtà del disagio psichiatrico, realtà in espansione, e si è creato un campo di sperimentazione comune tra cooperative sociali, ASL di Vicenza, Sert e Servizi Psichiatrici.Le cooperative sociali offrono un servizio di formazione al lavoro (è un percorso di 2 anni), come momento di passaggio all’inserimento in azienda.Rispetto a questo emerge l’esigenza di una riflessione sul ruolo di queste cooperative in relazione alla necessità di pensare e porre in essere un inserimento lavorativo che sia stabile, a tempo indeterminato. Oggi, si producono inserimenti lavorativi con regolari rapporti di lavoro all’interno delle cooperative stesse e inserimenti di tipo sociale in realtà lavorative senza, però, regolare rapporto di lavoro.In questa direzione vi sono accordi con le Organizzazioni Sindacali e Industriali per favorire queste possibilità.I Centri Diurni restano a cavallo tra una funzione assistenzialistica e la funzione, così come deliberato dalla Regione Veneto, di un inserimento sociale di tipo lavorativo. L’offerta dei Centri Diurni è rilevante ed estesa. Molto spesso, invece, la domanda è impropria (o valutata impropriamente). Si tratta, quindi, di spostarsi dall’assistenzialismo alla funzione di inserimento lavorativo: meno assistenza, più lavoro. (In questo settore la spesa è alta e si tende a contenerla).Per queste ragioni la cooperativa ha difficoltà a sostenersi come impresa anche se gli inserimenti sociali vengono sostenuti con “borse lavoro”. In questo contesto è da sottolineare come un minore a rischio, a 18 anni cessa di essere adeguatamente protetto: non ha le stesse tutele delle persone svantaggiate.

Quale è la situazione nel campo socio-sanitario?

Le cooperative di tipo A gestiscono servizi socio-sanitari e rieducativi, i servizi alla persona.In questo settore 8 cooperative gestiscono servizi per l’infanzia: asili nido e centri infanzia. E’ un settore dove cresce, particolarmente, la domanda di servizi alla famiglia (sia verso i figli che i genitori che gli anziani).Di fatto, questa emergenza è legata allo strutturarsi di una famiglia sempre più ristretta ( 1 o 2 persone) che non può contare, tendenzialmente, su una rete di sostegno. Due problematiche sono, poi, emergenti in questa realtà familiare: si riscontra un incremento degli episodi di violenza e abuso dei minori e, d’altra parte, un progressivo isolamento delle persone anziane. Queste ultime, se non autosufficienti, sono prevalentemente ricoverate in case di riposo. Il restante 50% grava sulla famiglia e necessita di supporti (non solo di tipo economico), di orientamenti e di servizi.Oggi, sono anche in aumento nuove forme di dipendenza che gravano sulla famiglia.

In questa realtà di bisogni e servizi, quale ruolo per il terzo settore?

Il terzo settore non deve rappresentare una sorta di nicchia che, di fatto, lavora per conto suo.La nostra filosofia è “collaborare con altri soggetti per gestire al meglio i servizi”. Questo, nella distribuzione delle responsabilità.Il terzo settore non deve comparire come mero fornitore dei servizi. La sua collaborazione con l’ente pubblico, all’interno dei riferimenti normativi, deve essere interna al momento stesso della programmazione dei servizi: una programmazione partecipata.Per altro, le cooperative sottoscrivono con i comuni i “Piani di Zona”.Nel rapporto privato sociale-ente pubblico andrebbe necessariamente superata la logica dell’appalto. Questo è già visibile attraverso l’accreditamento in ambito regionale che costituisce una grossa opportunità. Da qui potrebbe sortire una rete di soggetti accreditati con competenze e requisiti necessari per promuovere una gestione adeguata, compartecipata e integrata dei servizi.

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Intervista a Consigliere cda Prisma "territorio ULSS 6"

Marco VincenziPresidente Cooperativa Sociale Insieme13 novembre 2002

Quali sono le tipologie di disagio sociale presenti a Vicenza?Rispetto a quello che noi incontriamo, come Cooperativa Insieme, le categorie che noi incontriamo sono quelle legate ai minori inviati dal Comune di Vicenza, l’area del disagio degli adulti è un po’ così suddivisa: Sert che significa tossicodipendenza, qualche caso di alcol dipendenza, la tossicodipendenza qualche volta correlata alla sieropositività o aids conclamato, qualche volta sovrapposta a problemi di psichiatria, detta doppia diagnosi.L’area del carcere per cui si sovrappone sia la tossicodipendenza sia la detenzione in sé, cioè noi abbiamo a che fare con detenuti italiani o stranieri.Poi la psichiatria, queste sono le aree grosse su cui noi abbiamo esperienza diretta.Andandoci dentro poi le cose sarebbero un po’ più da valutare, nel senso che molte di queste storie poi incrociano problemi di abuso sessuale, di prostituzione, però lì si entra nello specifico della storia delle persone.Poi io non ho competenza ma c’è tutta l’area del disagio handicap, la cooperativa nostra è meno, anche se ci sono delle accoglienze, è meno presente.Sui senza fissa dimora, non li ho nominati esplicitamente perché è una categoria che deve rientrare in qualche altra, questo è un problema. Questo è un disagio che io vedo ma che un po’ meno viene raccolto.In realtà vorremmo rilevare anche quei bisogni sociali latenti, ancora inespressi e quindi ci interessa la sua percezione anche di questo aspetto del disagio sociale.Sì, preciso in questo senso che le cooperative sociali di tipo B sono disciplinate dalla legge 381/91, purtroppo quella volta sono state definite dalle legge proprio le tipologie da inserire al lavoro, sono elencate nella legge le categorie e tra queste categorie alcune sono assenti. Faccio un esempio: prostituzione o meglio tratta, cioè non scelta ma subita, di per sé stessa non è una situazione che dà diritto in quanto tale all’inserimento in cooperative sociali di tipo B come soci lavoratori svantaggiati. Per cui queste donne, ammesso che si valuti che serva l’inserimento in cooperative di tipo B, perché possono essere donne che hanno una elevata capacità di autonomia e non hanno bisogno di un intervento “educativo”, nel senso ampio del termine, però io credo che in molti casi un passaggio in cooperativa, specialmente per donne straniere che magari hanno bisogno di ambientarsi, possa essere un’area di tregua che le permette di risistemare una vita che magari è andata diversamente dalle aspettative in maniera pesante e di progettare un futuro su basi diverse.Ecco queste persone per legge oggi o rientrano nelle categorie definite per legge, tossicodipendenza, psichiatria, etc. in forma ufficiale o bisogna fare delle “forzature” che noi di solito non facciamo.Lo stesso dicasi per i senza fissa dimora o persone con disturbi psichiatrici che non sono seguite da un servizio di psichiatria pubblico e hanno disturbi anche pesanti, per l’inserimento serve la certificazione da un ente inviante pubblico, che da un punto di vista amministrativo legale è corretto per evitare abusi, però bisogna trovare una forma diversa.Sono i casi che vanno dal privato o magari sono il tentato suicidio o il maggiorenne che trova il papà impiccato, scusi l’esempio, non è una cosa leggera anche se magari il ragazzo è normale, lì ora che c’è l’intervento pubblico e poi questo dice io in psichiatria non ci vado.Quindi molte volte non viene proprio percepito il problema, anche se magari è uno sbandamento molto grave.Quindi la legge non copre queste aree di disagio sociale che ho citato, esiste un problema per gestire un disagio non certificato.Un’altra area di disagio molto grave è quello della anoressia, ma anche lì o esiste un servizio psichiatrico che firma e allora si riesce a farlo entrare, ma se non c’è l’aggancio con la psichiatria ufficiale.In particolare il disagio psichiatrico è pesante, la sua diffusione è stato uno dei dati emergenti anche rispetto alla storia della nostra cooperativa, inizialmente era un problema un po’ più residuale di adesso.Io però personalmente avrei qualche attenzione sul fatto che non sia anche…, cioè a me sembra che il disagio giovanile si sia vestito anche con abiti diversi, cioè lo stesso disagio sociale, relazionale, di personalità, scolastico, lavorativo, familiare, qualche volta ho avuto l’impressione che lo stesso disagio che 10 anni fa avrebbe portato alla tossicodipendenza, oggi ho l’impressione che porti al disagio psichico, non è che voglio fare una lettura di come è cambiato il mondo, però la sensazione è questa, potrebbe essere anche un effetto indotto, anche nella tossicodipendenza oggi si parla di doppia diagnosi e forse è un problema che non è proprio così nuovo.Comunque la psichiatria è uno dei modi in cui oggi si esprime più facilmente il disagio.Poi ci sono forme di abuso sessuale sui minori, nate anche in ambito familiare, per quanto ne sappiamo.Poi certamente emergente è anche quello dell’immigrazione, diciamo degli immigrati con difficoltà che sicuramente è un tema, persone finite nella sfera della giustizia per le quali è difficile individuare un futuro vivibile, casa e lavoro non lo trovano. C’è qualche piccola zona, qualche condominio o case che sono indecenti per numero di persone, per condizioni, anche a Vicenza trovi una forma quasi di sobborgo che magari non si vede. Noi abbiamo contatto con questa realtà non solo per le accoglienze, ma anche per il tipo di lavoro che facciamo, noi ricicliamo e vendiamo materiale usato, mobili, abiti, etc. ed è facile che li abbiamo come “clienti”.

Quali interventi mette in atto la sua cooperativa?

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La cooperativa in quanto tale fa inserimento di lavoro, assunzione di persone segnalate dai servizi sociali attraverso la mediazione di un consorzio di cooperative che abbiamo costituito, il Consorzio Prisma. I servizi sociali sono quelli del comune, dell’ulss, questa nostra n. 6, e ministero di grazia e giustizia.Il comune di Vicenza è riferito sostanzialmente ai minori e a qualche caso di adulto in difficoltà che possieda già la certificazione che gli consente di accedere, come l’invalidità. L’ulss è relativamente alle situazioni provenienti dal Sert, dalla psichiatria, sostanzialmente queste due. Il ministero di grazia e giustizia per casi di detenuti non tossicodipendenti, perché altrimenti passano dal sert, o forme di messa alla prova di qualche minore, lì però c’è una forma di volontariato, cioè sono minori che oltre a mantenere il loro lavoro gli viene chiesto un impegno di volontariato. Qualche volta abbiamo qualche rapporto con qualche comune limitrofo però è più raro direi.Noi abbiamo circa 25 posti di lavoro, di cui alcuni sono tirocini per alcuni mesi perché si conosce meglio la persona, per valutare se è opportuno stabilire un rapporto di lavoro, per altri invece si parte subito con un rapporto di lavoro sempre però su un progetto educativo che viene concordato con i servizi sociali del territorio, noi lavoriamo sul territorio.La cooperativa offre lavoro che però è sempre accompagnato da un intervento educativo, per cui gli operatori della cooperativa sono circa 34, e qui c’è un rapporto tra utenti e operatori che è sbilanciato a favore degli operatori e questo è importante per noi sia dal punto di vista educativo che del funzionamento della cooperativa, che deve funzionare come una ditta perché il 5% delle entrate deriva da convenzioni con gli enti pubblici, il resto è lavoro. C’è questo bilanciamento sia per ragioni lavorative che per una scelta di tipo educativo che questa cooperativa ha fatto e cioè riservare una certa attenzione, forse è anche una presunzione, ma tentiamo e vogliamo essere contemporaneamente dei lavoratori e degli educatori; non è residuale per noi l’intervento educativo anche se usiamo l’ambiente lavoro.Per le assunzioni il tempo medio è di circa un anno, si va dai sei mesi ai due anni, con un tempo medio direi di un anno.A chiusura del tempo di lavoro, attraverso anche l’agenzia del consorzio prisma, si cerca di vedere il passaggio ad una azienda.Allora nel caso il percorso presenti dei problemi si può o rallentare il percorso o, attraverso il consorzio prisma, si prova il passaggio in un’altra cooperativa. Se c’è un fallimento totale, perché magari la persona torna sulla strada, niente, bisogna aspettare un altro momento della sua vita, in cui vediamo se siamo capaci noi di lavorare meglio o magari lui è più motivato; inutile nasconderselo c’è una fetta di persone, che noi stimiamo in un 25-30%, che si vede che il progetto non regge e che salta o finché sono qui o poco dopo che sono andate via.Per le altre persone mi sembra che si trovino delle soluzioni, degli sbocchi lavorativi in azienda, e sono sempre aziende extra consorzio, ci sono invece delle situazioni che rimangono un po’ a carico. In realtà il problema non è trovare lavoro dopo. Io ho trovato lavoro anche ad un immigrato che è stato in carcere 7 anni, per dire, il problema è che dopo questo si trova a lavorare a 10-15 km da qui, a muoversi in corriera, non trovare casa, essere ospite in una stanza, che magari paga anche 600.000 lire, per avere un fornelletto di nascosto per avere qualcosa di caldo almeno una volta al giorno, partire alle 5 di mattina, tornare alle 9 di sera, questa non è vita.Ciò che fa saltare il progetto di inserimento successivo a me sembra sia più il progetto di vita complessivo, voglio dire non basta il lavoro, qui c’è l’aspetto dell’abitazione, delle relazioni affettive, tempo libero e delle relazioni sociali, perché se la persona che esce di qui non ha nessuno, e per gli stranieri è ancora più difficile perché per l’italiano la casa si trova, se è uno straniero magari neanche quello, e per entrambi c’è il problema della rete relazionale, per cui se hai l’ex tossico che poi però, una volta uscito di qua, gli unici amici che ha sono quelli, sono persone costrette a frequentare sempre lo stesso ambito.Credo che uno dei temi sia quello dei progetti integrati tra lavoro, casa e un minimo di supporto nell’ambito sociale relazionale.Perché qui non diamo l’acquisizione di capacità e competenze lavorative, noi non abbiamo un lavoro altamente professionalizzante, ma abbiamo visto che per queste persone non è quello il problema, non è quello di non avere il titolo del tornitore, perché la loro vita non sta in piedi perché è il progetto di vita che non sta in piedi, non perché non trovano il lavoro.Perché il lavoro riesci a trovarlo e quelli che hanno costruito una buona identità personale, relazionale, etc. reggono.Noi abbiamo costituito una rete di famiglie, una associazione di volontariato che è stata ed è un supporto per alcune di queste situazioni, chi lavora qui sa che noi lo agganciamo a una famiglia perché magari va a mangiare lì due sere a settimana, o per le ferie.Prima lo gestivamo in proprio, nel senso che lo facevano un po’ tutte le famiglie degli operatori, ma poi andava a finire che eri sempre tu e loro, poi nel tempo questo non era gestibile, i numeri aumentano e abbiamo pensato a questa strada.Perché la realtà nostra comprende la Cooperativa Insieme, questa rete di famiglie che le dicevo e poi c’è una cooperativa che gestisce progetti formativi e una casa famiglia per minorenni, quindi voglio dire è un sistema più complesso della sola Cooperativa Insieme.La rete delle famiglie è una delle possibilità, abbiamo 74 nuclei familiari che aderiscono e che hanno seguito o seguono persone in carico alla cooperativa, però un po’ distinguendo in parte gli ambiti: qui rispondiamo alla logica del lavoro, quello risponde alla logica di un progetto complessivo, ripeto non basta il lavoro.

Quali sono gli interventi che il terzo settore dovrebbe potenziare o che mancano del tutto?In generale io vedo su alcuni temi scoperti una difficoltà di intervento, laddove non ci sono già delle risorse si è in difficoltà, mettere in piedi oggi un progetto nuovo, io sto parlano di innovazione, è molto difficile.Per esempio per me bisogna fare qualcosa nell’ambito dei disturbi dell’alimentazione, perché è un ambito che cresce nel mondo giovanile specialmente per le ragazze, è scoperta la parte di proposta educativa, nel senso che un conto è fare la diagnosi e la lettura del fenomeno, di lì a gestire le giornate con queste persone, penso che manchino i progetti, che potrebbero essere per esempio comunità leggere per uscire dalla famiglia.

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Dicevo questo per fare un esempio, un altro potrebbe essere: io non vedo nascere percorsi sulla tratta o sugli immigrati, io non vedo percorsi ben strutturati, faccio un esempio, scuola – lavoro.Non è mai successo che ci fosse la cogestione di un progetto attorno a una persona, per cui si dice guarda c’è un problema di lingua, un problema di lavoro, un problema di casa e li gestiamo insieme.Anche il terzo settore finisce per rimanere nel solco del suo intervento, per cui se è una casa famiglia fa solo quello, se è una cooperativa di inserimento lavoro fa solo quello.La relazione tra strumenti diversi non la vedo così bene.E talvolta mi sembra che ci sia confusione anche nello scegliere lo strumento più adatto e la paura è che ci sia l’aspetto economico che incombe e fa decidere.Detta in altre parole se io sono un dirigente del comune che devo decidere tra l’inserimento in una comunità per minori che mi costa 100 al giorno e l’inserimento lavorativo che mi può costare da niente a 500/600 al mese, allora il problema è che sono due strumenti diversi che dovrebbero essere valutati per la loro potenzialità, questo credo venga fatto, però qualche volta c’è qualche segnale che potrebbe anche prevalere la valutazione economica. Quindi, riassumendo, esiste sia un problema di innovazione degli strumenti di intervento, sia di integrazione degli stessi e di scelta dell’intervento “giusto”.Sì, c’è senz’altro un problema di integrazione sia orizzontale che verticale: mai che ti venga proposto c’è un immigrato, sì ha avuto problemi di carcere, però il progetto è l’inserimento al lavoro, ma solo per 6 ore perché poi deve andare a scuola, sinceramente non è mai successo.Se è successo è stata un’idea nostra, non lo dico per fare polemica ma solo perché vedo difficoltà in questo senso.Poi alcuni problemi sono così difficili da gestire, anche lo stesso carcere è così difficile lavorarci che le cooperative sociali ci hanno provato una volta o due e poi hanno lasciato perdere.Poi abbiamo un terzo settore che non so come sia visto dall’esterno, cioè faccio un esempio: il contratto di lavoro delle cooperative sociali è tra i contratti di lavoro più bassi che ci siano, con le retribuzioni più basse, se è vero che la gran parte delle motivazioni sono altrove e questo non è un grave problema perché io non ho operatori che vanno via perché guadagnano poco, però è anche vero che questo dà un’idea di un tipo di lavoro, come è ritenuto socialmente al di là dei grandi proclami in cui si dà grande importanza. Vedo che le cooperative di tipo B, come la nostra, tranne poche sono sempre in difficoltà.Gli sgravi contributivi forse sono insufficienti e mi pare che di cooperative sociali di tipo B ne nascano sempre meno.Talvolta esiste anche una fragilità imprenditoriale da parte della cooperativa.E tornando alla mancanza di innovazione, questa è legata anche alla mancanza di risorse, perché se una realtà fa fatica a lavorare serenamente è chiaro che si appiattisce sull’esistente.

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Intervista a Consigliere regionale Federsolidarietà,Patrizia BalboPresidente Comunità “Nuova Vita”24 ottobre 2002

Quali sono le tipologie di disagio presenti a Vicenza?Principalmente parlerò dell’area di disagio di cui mi occupo personalmente che è la tossicodipendenza, poi posso dire che sento grave il fattore dell’handicap e della psichiatria. Sento grave il problema della psichiatria perché noi abbiamo grossi problemi con tossicodipendenti in doppia diagnosi, cioè c’è una integrazione tra settore tossicodipendente e settore psichiatrico.Noi stiamo cercando attraverso il dipartimento delle dipendenze, che è stato creato circa un anno fa o poco più, ogni sert ha un suo dipartimento delle dipendenze di cui fan parte il nucleo centrale, le strutture del privato e le strutture pubbliche e fa parte anche un rappresentante della psichiatria, quindi stiamo cercando all’interno di questo dipartimento un protocollo per riuscire a trovare una collaborazione perché troviamo problemi forti di questi che presentano sia problemi di tossicodipendenza sia di disagio psichico e credo che siamo ancora molto indietro come integrazione tra le parti, un po’ perché la tossicodipendenza è stata sempre delegata, prima l’aveva in carico psichiatria poi è stata presa in carico dal sert e da lì si sono divise in compartimenti stagni le due cose e di conseguenza si dice è più di tossicodipendenza o più psichiatrico e invece è sempre più evidente nei nuovi “utenti” che abbiamo il bisogno di integrare questi due compartimenti.

Nell’area di disagio della tossicodipendenza esiste una prevalenza di giovani o sono presenti un po’ tutte le fasce d’età?Le fasce d’età sono svariate, ci sono i giovanissimi ma anche i “cronici” che sono le persone che hanno esperienze di comunità, di strada, di sert continuamente e che stanno convivendo con questa realtà di tossicodipendente che li accompagnerà per sempre. Va però sottolineato che negli ultimi tempi abbiamo inserito in comunità ragazzi anche molto giovani come ventenni o diciottenni, abbiamo veramente due zoccoli all’interno, abbiamo da un lato dai 20 ai 25 e poi dai 30 in su e comunque ci sono molti giovani.

Secondo lei quali sono le cause che portano ad avvicinarsi alla droga?Le cause possono essere tante ma sicuramente lo stato di benessere diffuso e la ricchezza del territorio vicentino che sicuramente con il trevigiano è una delle provincie più ricche.Questo fattore delle piccole e medie industrie che danno la possibilità ai giovani di trovare subito un lavoro e quindi la possibilità di disporre facilmente di un loro reddito e poi vivono in casa e ce l’hanno quasi tutto per loro, non devono pensare ad altro e questi soldi sono destinati tutti al divertimento e alle cose materiali. Questo vale per i ragazzi inseriti nel mondo del lavoro ma vale anche per i ragazzi che sono a scuola e che hanno la possibilità di avere quello che chiedono.Sicuramente oggi il giovane è il consumatore prediletto, abbigliamento, telefonino, motorino sono cose fatte per piacere ai giovani e quindi il giovane volontariamente o involontariamente è al centro di questo.Inoltre sono giovani che durante la settimana non si concedono nulla, lavorano, però poi durante il fine settimana si liberano di tutto e fanno quello che possono con sostanze, birra, liquori, però grazie a queste nuove sostanze durante la settimana lavorano tranquillamente, non li vediamo come una volta con l’eroina che sedava al punto tale da non aver più le forze per far niente, adesso la sostanza è chimica, lo fanno il venerdì e il sabato e poi il lunedì riprendono. Comunque tutta la vita è concentrata su questo divertimento, hobby pochi, passioni poche, noi vediamo che la difficoltà qui è creare delle passioni, degli interessi per qualcosa, non esiste, manca la passione per quelle cose che non sia il divertimento legato alla discoteca o alla esagerazione del sabato sera.Bisogna far vedere che esiste un altro mondo.Sarebbe troppo facile dire che sono i genitori che lavorano e non sono mai a casa, io credo che sia un po’ tutto il contesto. Abbiamo una vita frenetica che ci impone a non dedicare tempo e attenzione a queste cose, io come adulto mi sento responsabile di questo perché abbiamo un tipo di società che ci spinge sempre ad essere di corsa per stare a galla nella nostra attività, di non aver tempo per ascoltare e ascoltarci e su questo i giovani pagano molto, gli adulti parlano di cose che loro non interessano, come avere sempre più successo nel lavoro mentre i giovani hanno altri bisogni.

Altre aree di disagio?In realtà le percepisco, le conosco ma non ho una conoscenza diretta e non posso dire cose in più.

Quali sono gli interventi che la sua struttura mette in atto? Innanzitutto abbiamo una comunità residenziale che ospita circa 30 persone residenziali che vivono qui per 18 mesi con varie fasi di programma dall’accoglimento al reinserimento.C’è una gestione quotidiana, pulizie, cucina, lavanderia, stireria e ogni settore viene seguito da un gruppo di ragazzi, il responsabile di solito è un ragazzo più “anziano” ed è guidata da operatori referenti che devono far emergere eventuali difficoltà che vi sono all’interno del gruppo di lavoro. Poi ci sono gruppi con psicoterapeuta e psicologo nelle varie fasi e poi ci sono anche colloqui individuali, noi crediamo che la presa in carico debba essere individuale, il nostro programma è rivolto alla persona, il gruppo è importante perché aiuta, però il programma non può essere generico ma ogni persona deve essere prese e aiutata per le sue difficoltà. Per il reinserimento abbiamo un gruppo di lavoro che è composto dagli educatori e dallo psicologo ma anche da maestri di lavoro che sono il falegname o il giardiniere.Inoltre, essendo residenziale, si lavora 24 ore su 24 incluso sabato e domenica e la domenica vi sono educatori per la parte più ludica e culturale che organizzano gite culturali, visite a città, etc.

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Poi abbiamo un centro diurno che è impostato su terapia e lavoro e dove vi sono persone che non riescono ad affrontare la comunità nel senso che è troppo forte per loro oppure persone che hanno avuto ricadute o persone che sono già state in comunità e non se la sentono di tornare, hanno bisogno di un intervento più flessibile e leggero.Poi abbiamo un ambulatorio di consulenza e lì cerchiamo di aiutare persone che hanno problemi, non esclusivamente persone già tossicodipendenti ma persone che magari hanno figli a scuola che mostrano un certo disagio, magari qualche spinello, e che non sono già tossicodipendenti e hanno bisogno di qualche strumento, talvolta anche una chiave per entrare in relazione con il figlio. Il servizio è rivolto anche agli insegnanti o persone che hanno avuto una ricaduta e hanno bisogno di qualche colloquio. Che tipo di risposta avete da parte di genitori e insegnanti rispetto a questo strumento che offrite?Sono soprattutto gli insegnanti che sentono questo bisogno, per i genitori è più difficile perché sono sempre meno vicini alla scuola e incontrarli è sempre più difficile, si mette a disposizione questo strumento ma è difficile, credo che siano più gli insegnanti perché hanno un contatto diretto e lo vedono giornalmente il discorso, anche gli insegnanti lamentano che gli incontri con i genitori sono sempre più deserti, un po’ perché il genitore sente che non ci sono le risposte che cerca o forse non ha lui le domande e per questo si cerca di avere un contatto individuale in questo centro di consulenza perché i genitori non sono pronti a fare certe domande in pubblico.Inoltre con la 309 abbiamo portato avanti un intervento di prevenzione nel mondo del lavoro.Quindi abbiamo pensato che i genitori sono super occupati durante il giorno di lavoro poi quando vanno a casa ne hanno altrettanto, c’è una stanchezza molto forte che non è cosa da poco e quindi abbiamo pensato di andare noi da loro, dalle madri sul luogo di lavoro e anche lì abbiamo lanciato per chi ha bisogno la possibilità di aggancio.Poi abbiamo costruito dei gruppi con persone più sensibili all’interno dei luoghi di lavoro che dovrebbero formarsi per diventare il “delegato sociale” (tra virgolette perché non esiste ancora questa figura) comunque abbiamo costruito questi gruppi di 5/10 persone al massimo, anche con la presenza del Sert con cui collaboriamo per questo progetto; abbiamo visto molto interesse e abbiamo visto che lo possiamo estendere anche ad altri settori oltre al settore lavoro, possiamo anche diventare più presenti coinvolgendo al tavolo di lavoro altre figure tipo lo spisal, il sindacato c’è già perché questo tavolo è composto dal sindacato e dal Sert, pensavamo di allargarlo allo spisal, alla provincia e renderlo sempre più forte e importante come intervento e penso che questo sarà l’impegno da portare avanti nei prossimi anni. Soprattutto per i giovani nuovi assunti è importante questo contatto perché abbiamo visto, abbiamo avuto dei dati e un dato molto presente è quello degli infortuni del lunedì e quindi nel discorso che le facevo prima del fine di settimana di sballo, poi ha degli strascichi in termini di maggior infortuni il lunedì e inoltre si è visto che vi sono moltissime persone che bevono molto e non si accorgono di farlo e non dico che saranno poi tutti alcol dipendenti però esiste un legame con gli infortuni sul lavoro, magari mi metto al volante di un camion. Inoltre nell’ambulatorio di consulenza studiamo anche il problema delle nuove droghe e delle altre dipendenze che sono legate alla dipendenza di sostanze e una forte relazione con il gioco, i problemi mentali. Come pure stiamo affrontando le dipendenze da gioco e abbiamo un gruppo di lavoro e stiamo lavorando con queste persone, è un problema molto sommerso ma è più ampio di quanto pensiamo, sono persone che creano grossi problemi familiari mettendo sul lastrico e in situazioni di povertà la famiglia. Questo problema è stato molto sottolineato nel vicentino dalla Caritas e dal Comune e ci siamo mossi proprio da questa sollecitazione dove si sentiva maggiormente il problema perché è un problema sociale per il quale di solito ci si rivolge al sacerdote o all’assessorato ai servizi sociali del comune.

Come valuta la collaborazione tra operatori pubblici e privati?A Vicenza come Sert, che è il nostro più diretto collaboratore, c’è. Noi abbiamo questo dipartimento delle dipendenze, che è stato solo un ufficializzare quello che già si faceva prima, perché già da tempo si cercava di lavorare a un coordinamento, ora chiaramente cresce e diventa più importante, poi c’è la presenza del comune, della prefettura.Ci sono delle problematiche, come ad esempio il minore tossicodipendente dove il responsabile è il comune quindi se si pensa ad una progettazione per intervenire su questo settore si cerca di mettere assieme le parti per capire se esistono già delle cose e se è possibile valorizzarle senza sovrapporsi a queste e anche per trovare le figure professionali necessarie.Diciamo che l’integrazione c’è e sta crescendo e come ulss 6 non abbiamo mai avuto problemi, ci sono persone che hanno una forte sensibilità, ci si siede al tavolo assieme e questo avviene in un incontro ogni mese e l’ordine del giorno viene costruito lì a seconda del bisogno. Anche se non succede questo con tutti, ad esempio non succede con Montecchio o Bassano.Quindi non trovo difficoltà, l’integrazione c’è e poi si portano sul tavolo cose viste insieme.Poi anche con gli altri enti si lavora insieme, per esempio con la prefettura c’è un rapporto perché chiaramente i ragazzi fermati vengono inviati al sert e poi la provincia è forse la meno presente per il momento perché esiste una delega che è l’ulss a seguire la tossicodipendenza con il sert e adesso la provincia è marginale, però la settimana scorsa siamo stati ad un tavolo di lavoro con l’assessore provinciale per vedere se la provincia può partecipare in qualche modo, quindi c’è una sensibilità da parte loro in settori dove la provincia è più presente che sono scuola o lavoro con questa figura di agenzia del lavoro. Diciamo che difficoltà non ce ne sono, le difficoltà derivano da altre cose come difficoltà di risorse o difficoltà di dare maggiore attenzione al processo di qualità delle nostre strutture perché mancano le risorse e probabilmente non c’è la politica per dare forza alla qualità delle strutture. Per esempio abbiamo lavorato mesi per costruire un documento per l’accreditamento che garantisca la qualità delle strutture e rischia di rimanere sulla carta perché non ci sono le risorse. E poi c’è la tendenza a pensare che tanto le cose si fanno ugualmente perché ci si tira su le maniche.

Quali interventi sono mancanti o comunque da potenziare nel territorio di Vicenza?Questo è il mio sogno legato al fatto che ci sono molte realtà diverse nel territorio, però quando si parla di integrazione succede che ci sediamo al tavolo, ci parliamo, ci diciamo quali sono le nostre difficoltà e poi ognuno fa quello che vuole.

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Credo che bisognerebbe fare un ragionamento più di economicità, non solo per risparmiare soldi ma per dare servizi più forti, più importanti.Certi servizi, tipo le pronte accoglienze, la doppia diagnosi, madre-bambino, che sono più legati ad una dimensione specialistica dell’intervento, si dovrebbe cercare di costruirli insieme, non tanti sparsi che danno un poco di tutto, ma un bel servizio provinciale per ogni tipologia di specializzazione che veda coinvolte tutte le strutture e che dia risposte uniformi, perché ogni struttura ha la sua accoglienza, la sua piccola diagnosi, però non si dà la risposta forte che si dovrebbe dare, perché chiaramente è come dire che, invece di avere un ospedale come quello di Vicenza, abbiamo ospedaletti per ogni quartiere, per dire, e tutti con la sala operatoria completa.Questo è quello che si dovrebbe cercare di fare per essere più qualificanti, per rispondere meglio ai bisogni. Ora c’è tutto un bisogno di specializzazione e bisogna che anche noi delle strutture siamo un poco imprenditori e cerchiamo di guardare meno il nostro orticello perché alcuni servizi non possano essere presenti in ogni struttura, ma devono essere provinciali ed essere sostenuti da tutte le strutture compreso il sert.Si può fare anche un’ATI, ma fare qualcosa che abbia una utilità reale per il territorio e che non sia dispersiva e concorrenziale. Non può più esistere una struttura che ha il presidente che fa lo psicologo, il direttore, l’imprenditore e il coordinatore del nucleo di staff; sono situazioni che purtroppo ancora esistono ma mettono a repentaglio la qualità del servizio.Noi come comunità terapeutiche ci siamo coordinati in un gruppo che si chiama Covest e siamo 25 comunità private e lo scopo di questo gruppo è quello di far sì che via sia benessere nelle strutture perché se una struttura sta male o lavora male, ne parliamo tutti in gruppo e credo che sia importante. Attraverso il Covest e attraverso la commissione per l’accreditamento in regione si sta cercando di porre l’attenzione sulla necessità di integrare quei servizi a carattere specialistico cui accennavo prima. Ci siamo accorti che al centro accoglienza passano delle persone, che poi vanno in comunità o altro, quindi il fatto di avere un centro provinciale per questo passaggio sarebbe più che sufficiente, lo si vede dalla lettura dei numeri perché una prima accoglienza non è che ospita 100 persone insieme, ci passeranno anche 300 persone ma nel corso dell’anno e restano due mesi, quindi è per questo che l’accoglienza non può essere individuata in ogni comunità perché non ci sto dentro con i costi e faccio anche male il servizio. Mentre unificando alcuni servizi a livello provinciale posso formare specificatamente le persone.Quindi creando un centro che sia patrimonio della provincia o anche dell’ulss stessa, diventerebbe meno gravoso per il complessivo della spesa e più competitivo nel suo insieme perché tutti andremmo a metterci qualcosa. I centri più di passaggio, dove comunque non ci saranno mai 100 persone tutte insieme, dovrebbero essere patrimonio del territorio e non della singola struttura, per garantire economicità e qualità del servizio.

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Intervista a Presidente Ass. L’isola che non c’èGabriele Brunetti

Conosce il progetto Equal SIRTS nell’ambito del quale si svolge questa ricerca?Sì, so tutto del progetto.Quindi sa che l’obiettivo della ricerca e quello di arrivare ad avere una epidemiologia dei fattori di rischio di disagio.Sì. Ho capito. Secondo lei quali sono le tipologie di disagio presenti a Vicenza?Disagio di chi? Di quale parte della popolazione?Disagio sociale in genere.Disagio sociale è difficile se non si concentra in… sa, disagio sociale di una parte della popolazione è diverso da un disagio sociale di un’altra. Rispetto a cosa?Potrebbe parlarmi di quelle che, secondo Lei, sono le situazioni di disagio sociale più sentite dalla popolazione di Vicenza in genere.Sì, sì. Adesso ho capito. Il disagio più sentito è la perdita di senso delle cose della vita. Sì, la perdita di senso. Che dopo si declina in varie cose. Per, che so, per gli emarginati e per situazioni di emarginazione, è la mancanza di speranza in un cambiamento. Per chi invece è incluso ed è dentro il sistema e perciò non ha problemi di emarginazione, è la paura, no - il terrore, di perdere questa posizione che lo mette dall’altra parte di chi è escluso. C’è chi, questa situazione di disagio, lo vive in maniera più o meno acuta ma tocca tutte le fasce di età. Secondo me è una sorte di dolore oscuro che sta minando la società in quanto tale. Ovviamente, prende delle strade diverse a seconda di come è vissuto dal contesto sociale e culturale all’interno del quale questo si viene a concretizzare, per cui ci possono essere, da una parte gli immigrati perché qui non riescono ad avere un minimo di speranza di modificare il loro modo di vivere, dall’altra chi spende miliardi al gioco o a donne, o chi si suicida. Si vogliamo passare dal discorso generale alle varie situazioni e realtà, per quanto riguarda il discorso dell’immigrazione e degli immigrati provenienti da altri paesi, diciamo che questo disagio generale si concretizza in due problemi. Il primo è la situazione di precarizzazione e di, come dire, di esplicita esclusione che gli viene sbattuto in faccia non solo dalla nuova legge sull’immigrazione ma un po’ da tutto il contesto di potere che c’è. E’ dall’altra, dalla difficoltà di risolvere una serie di problemi molto concreti ma che hanno delle valenze ulteriori come quello ad esempio della casa che fa emergere, come dire, un bisogno, una necessità di affetti, di stabilizzazione nel territorio, di volontà di essere considerato una persona esattamente uguale ad un altro e non un diverso, ecc, e dall’altra, ad esempio, la mancanza, la difficoltà, l’estrema difficoltà a poter, come dire, esercitare e poter affermare le proprie idee, le proprie sensazioni, le proprie emozioni, la propria religione, la propria lingua, la propria cultura, ecc. …cosa che non viene affatto concesso. Questo per gli immigrati. Se andiamo ai datori di lavoro, gli imprenditori, qui c’è un’imprenditoria, quella con cui ho a che fare io è la piccola, piccolissima imprenditoria, c’è questo disagio fortissimo sul perdere quote di mercato, di una crisi che c’è e che si rivela sempre più acuta….di diminuire il proprio tenore di vita… in fondo, di precarizzazione della propria situazione in una realtà che si sta movendo a velocità molto forte e che non sta in generale portando ad una speranza di modifica positiva della propria situazione ma come dire in una situazione di precarizzazione. Poi ci sono i giovani e ecc. ecc., possiamo andare avanti con le varie fasce. Sì, sì..la precarietà e la mancanza di speranza perché è dall’insieme delle due situazioni che si crea, come dire, l’angoscia e il terrore. Non per il fatto che ce ne sia uno. È un fatto che, nella precarietà, ci sono situazioni in cui alcuni amano vivere. Molto di più se si pensa che questa sia una situazione provvisoria. Nel momento in cui l’orizzonte gli si chiude, a quel punto la situazione di disagio momentaneo diventa un disagio potenzialmente infinito. Quindi molto più acuto. Secondo lei, il disagio legato all’immigrazione è diffuso a Vicenza?Assolutamente, no. Non è il problema principale della comunità vicentina, delle persone che abitano a Vicenza o nella provincia di Vicenza. Il problema più grosso è forse quello che viene definito e che, si potrebbe dire, viene utilizzato al livello politico come problema di sicurezza ma che non si declina soltanto su una sicurezza fisica di controllo del proprio territorio, fosse la propria azienda o la propria casa. Ma che diventa una certezza di relazioni di diritti e doveri. È questo il problema principale. Una mancata sicurezza che comporta il discorso della precarizzazione, della mancanza di orizzonti, della difficoltà di trovare un senso alla propria realtà, che si pensa di risolvere aumentando il numero di chiavi della propria casa, ma che invece, come dire, dovrebbe essere risolto all’interno di una rete di relazioni di diritti e doveri che non c’è e che è lasciata alla soluzione personale. Chi ha tirato fuori questo problema una decina di anni fa ha intuito un male che c’era, una difficoltà che c’era e che non è stata risolta. Perché non è certo aumentando le pattuglie di polizia che si risolve questo ma ridefinendo i contesti della convivenza sociale che è altra cosa. Questo disagio dovuto ad una mancanza di sicurezza è, comunque in qualche modo, legato ad una criminalità presente a Vicenza?La criminalità non è presente a Vicenza in maniera particolarmente diversa che in altre province. Però, attenzione, bisogna distinguere cos’è la criminalità, a quale criminalità ci riferiamo. Perché c’è quello che viene chiamato una microcriminalità, termine molte imbecille, ma insomma è quella che e una volta era legata agli spacciatori che ti portavano via la borsetta, gli scippi e che adesso sono i furti in appartamento e al supermercato ecc. e anche il discorso degli omicidi, rapine ecc sono in diminuzione a Vicenza come sono in diminuzione in tutta Italia. Quindi non è un problema di paura del criminale anche se viene veicolato verso questo. C’è un’altra criminalità che viene poco vista ed è la criminalità, la grande criminalità legata al riciclaggio del denaro sporco, agli appalti nelle aziende, al fatto che ad esempio, sotto il lavoro degli immigrati, si pensa che dal 20 al 30 % dei lavoratori nell’edilizia siano stranieri privi di permesso di soggiorno. Ci sono dei segnali che la mafia russa sta entrando anche nel vicentino attraverso il discorso dell’oro e di altre cose. Questo è un discorso di criminalità ma questa non compare, è sotterranea. È l’altra che viene utilizzata, sì, nei momenti in cui è necessaria portare avanti la paura della criminalità che però è in diminuzione. No,

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questo disagio non è legato alla criminalità. Sicurezza qui non vuol dire lotta alla criminalità, vuol dire ridefinire le regole di diritti e doveri delle relazioni fra le varie realtà che vivono. Queste non sono più chiare.Secondo lei, c’è qualcuno che si sta occupando di questa situazione di disagio? Ci sono servizi che si rivolgono in qualche maniera a chi sta vivendo questa situazione di disagio?Qui a Vicenza, no. Nessuno, e questo è il problema. Come dire, il terzo settore, quello che viene chiamato anche società civile, può portare alla luce il problema ma non lo può risolvere perché si sostituirebbe ad un qualcosa che dovrebbe essere fatto da qualcun altro e che non viene fatto. Ed è la classe politica. Esiste per, come dire ….. dovrebbe riuscire ad intuire i problemi prima che diventino dei problemi irrisolvibili ma se non si riesce, generalmente attraverso il lavoro del terzo settore, attraverso l’emersione di questo, può diventare visibile e anche dare delle indicazioni e soluzioni. Quella che manca in provincia di Vicenza è una classe politica degna di questo nome che prende in mano con intelligenza e molta pazienza questo problema e cerchi di cominciare a dare delle soluzioni di tipo politico o politico-sociale. Il terzo settore può solo salvare chi ha annegato e dire “Guardate, che si continua così più gente annegherà ancora”. Più di questo non è che può fare. Altrimenti diventa un partito politico il che non è nelle intenzioni. Secondo lei, quali sono i servizi volti a rispondere alle situazioni di disagio presenti a Vicenza che mancano o che andrebbero potenziati? Qui si tratta di definire progetti e risorse. Se manca uno dei due o entrambi, come sta succedendo in questo comune in questo momento che mancano le risorse, rischiamo di parlare, come dire, a vuoto. Certo che ci sono dei versante in cui intervenire… in questo momento per quanto mi riguarda..nel senso che sto lavorando su due versanti che sono molti vicini….sugli spazi delle aggregazione delle comunità degli immigrati e sugli spazi di aggregazioni di altri realtà emarginate del comune di Vicenza come sono i giovani e anche, per altro verso, gli anziani anche se questi hanno degli spazi di incontro e di aggregazione. Paradossalmente, sono molto più tutelate le persone anziane attraverso i centri per gli anziani dei giovani ai quali parallelamente agli immigrati vengono tolti gli spazi comuni. Cioè vengono mandati via delle strade, dei parchi pubblici dove si incontrano e contemporaneamente, parallelamente non vengono aperte delle strutture dove incontrarsi. L’unica azione politica che si è riusciti ad….. la vedo, per essere sinceri, sia con l’attuale governo di centro destra che non molto diverso con quello precedente, per cui, tenda la mia a non essere solo una posizione ideologico quanto un’analisi della realtà di fatto. Magari questi qua sono un po’ più rudi per cui magari colpiscono di più ma non è che prima la situazione fosse, come dire, migliore. E avevamo una composizione politica diversa allora nella città. Avvengono due malori contemporaneamente. Da una parte come forse avrà sentito che dicevo a Renato Riva, c’è una delibera comunale che chiude alle manifestazioni di qualunque tipo, anche religiose, il centro. E c’è un'altra delibera che si non viene bloccata entrerà in vigore tra qualche mese che vieta l’assembramento in Campo Marzo che è l’unico posto in cui gli immigrati si trovano. Dall’altra parte con la scusa , con tutta la serie di progetti, che poi sono progetti per non fare nulla, si annunciano spazi soprattutto per i giovani che non ci sono. Contemporaneamente si chiudono i parchi comunali la sera. E quindi devo dire che allora, lì, l’intero settore cerca di intervenire, intervenire con le risorse che ha. Perché dell’altra parte non c’è questo filo, questo legame. E allora come interviene? Interviene sollevando questo problema. Interviene cercando di fare delle testimonianze e degli spazi. Qui c’è un’associazione, che so io, “X” che, come dire, cerca di far incontrare i bambini di diverse comunità straniere o italiane anche per costruire assieme qualcosa ma sono piccole iniziative molto slegate tra loro. Non c’è un, e lo vedo veramente difficile, un progetto comune su questo ma c’è un sentire comune. Ci sarebbe bisogno di queste cose e non c’è nessuno ne del governo ne dell’opposizione di questa città, di questa provincia che accorda questi spazi. Prima ha parlato di suicidi. Ritiene che il disagio psichico sia una situazione di disagio sentito a Vicenza?Dire proprio di sì. Solo che passa in silenzio. Vede, io non sono di Vicenza e quindi penso di poterne parlare in maniere senza sentimenti e senza affetti. Non è una città che amo particolarmente. Quello che mi ha colpito quando sono arrivato qua vent’anni fa è questa sorte di nebbiolina che copre tutto. All’interno della quale si vogliono risolvere i conflitti fortissimi che ci sono in città ma che non vengono mai alla luce e che non vengono risolti. Allora, in questa nebbiolina si traggono i suicidi, soprattutto dei giovani. Ci sono stati tre o quattro suicidi soprattutto di giovani in questo ultimo periodo. Sono passati sotto silenzio. E sono molto di più sono i, come dire, gli insuicidi che hanno fatto gli incidenti o robe varie, ecc. Questo desiderio di autodistruzione di persone che non c’è la fanno più a resistere ad una società sostanzialmente ipocrita che afferma la bellezza del vivere quando costruisce la basi per la sua distruzione e, come dire, afferma in ogni momento la stabilità dell’essere quando costruisce la sua instabilità e la sua precarietà. Questi non sono problemi di disagio sociale, questo è disagio dell’esistenza, dell’esistere. C’è anche un problema di disagio sociale, di disagio psichico che si configura in tante altre cose, in provincia di Vicenza si circolano tanti soldi, tanti soldi vengono spesi. Non ci sono… c’è un pullulare gran vetrine per cui ognuno cerca di risolversi i suoi problemi in base a queste soluzioni un po’ da mercato e poi non se ne parla nel senso che non diventa, come dire, un problema collettivo. Non ci sono risposte collettive. Assolutamente. No. Ed è questo il problema. Bisogna cominciare a costruire le soluzioni o al meno pensarle… al meno pensarle. Altre tipologie di disagio?Beh…. La droga….Mi risulta da quello che mi è stato raccontato che la droga pesante nel Veneto è partito da Vicenza nell’inizio degli anni 70. Il passaggio dallo spinello all’eroina è avvento qui. Ma di droga e di problemi legati alla droga non si parla molto ma il numero di comunità di ricupero è altissimo nella provincia di Vicenza, il che fa pensare sul numero di persone che utilizza, anche se adesso sembra che il problema sia quello di arrivare ad un compromesso rispetto alla droga. Mi ricordo quando sono venuto qua vent’anni fa, agli inizi degli anni 80 e vedevo letteralmente la gente che si bucava alla luce del sole e adesso non ci sono più, però mia figlia che ha diciotto anni, ogni tanto frequenta le discoteche e mi racconta delle cose orripilanti in giro, della gente che, come dire, utilizza al livello di consumo alle mordi e fuggi, e questi - come li inseriamo dentro, come persone drogate? È un po’ una droga a tempo. Non è che è meno pericoloso. Intendo dire ma, questo, cosa diviene? Quasi una convenzione sociale. Per cui

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come si accetta uno dei più alti tassi di alcolismo del veneto si accetta contemporaneamente anche che uno, fine settimana possa sballare. Le comunità di cui ha parlato, sono risposta sufficiente al disagio legato alla droga?Beh.. certo, il terzo settore parte, cioè trova e cerca di risolvere quella situazione come con il problema della case dell’immigrati è partito cercando di dare delle soluzioni immediate con la logica che è tipica. Se c’è uno per strada che sta morendo di freddo, gli do una coperta ma cerco anche di spiegare che a qualcun altro che forse sarebbe il caso di metterlo al coperto oltre che dare la coperta, cosa che il terzo settore non è in grado di fare perché riesce a dare solo una coperta e a lenire questo problema. Certo, sì, e un problema e non vedo, sinceramente, soluzioni. Sta dicendo che non pensa che ci sia modo in cui il terzo settore possa intervenire in questa situazione di disagio?Il terzo settore interviene e fa anche uno splendido lavoro nella maggior parte dei casi. Interviene con le comunità, interviene con informazioni, insomma interviene con tutto un lavoro indiretto. Io ritengo che anche chi, come dire, fa fare cose di formazione agli adolescenti, propone il discorso del teatro, fa fare teatro, musica, informazione, fa un prezioso lavoro, contro la droga. È una prevenzione attiva. Però secondo me, non è sufficiente. Se poi, tutto il resto della realtà è, come dire , la comunicazione, lo porta a vivere un discorso di disagio. Dico che non è sufficiente. Quello che sta facendo, lo sta facendo e anche bene, e, come dire. Sta battendo contro il muro di questi silenzi e di questa difficoltà. Mi rendo conto che le soluzione del punto di vista di chi gestisce la cosa pubblica non sono semplici. Però sta cercando di far avere…. Di avere delle risposte. Il problema è che queste risposte non ci sono ancora. Si spera che nel prossimo …… Più di questo non riesco a pensare che riesca a fare altro. Non è in grado di farlo strutturalmente. Perderebbe la sua caratteristica. Perderebbe ….. non farebbe più bene quello che sta già facendo, che è fondamentale perché risolve una serie di problemi. In quali situazioni di disagio interviene la vostra associazione?La nostra associazione lavoro soprattutto col discorso degli immigrati. E, affronta nella maggior parte dei casi, problematiche legate alle procedure amministrative. Oppure problemi di relazioni interculturali. Ma generalmente fa formazione ai formatori più che il lavoro diretto. Però chiaramente, ci si trova, come dire, coinvolti in una serie di cose per cui, quando mi chiedono di fare un intervento di formazione per formatori giovani che devono poi lavorare con le comunità; con alcuni bambini di comunità immigrate per l’apprendimento della lingua italiana attraverso la lettura di testi in italiano e scrittura creativa, è chiaro che mi devo porre anche il problema più ampio….. allora interveniamo anche su questo oppure quando affrontiamo, come stiamo affrontando, il problema della mancanza di spazi di aggregazione che alcune comunità immigrate stanno chiedendo con insistenza alle varie amministrazioni locali da anni perché non hanno posto dove trovarsi, e si devono trovare fuori, ma anche un posto semplice dove trovarsi senza fare niente, parlare, scambiarsi del…. Beh..ecco, e non farlo all’aperto d’estate e d’inverno e allora, di fatto questi non possono non porre neanche il problema che come a loro anche ad altre realtà è negato questo. E quindi cercare di costruire un lavoro di relazione perché siccome il problema riguarda varie realtà se le mettiamo assieme si ha più forza per poi rivendicare un progetto delle risorse o quanto meno un’attenzione. Noi lavoriamo su questo. Quindi è per quello che ci siamo incontrate ad esempio con le realtà che stanno facendo un lavoro di animazione, di teatro, di arte, di scrittura creativa, e che non hanno gli spazi, non hanno la possibilità, ecc. e assieme a loro facciamo queste richieste. Questo è il motivo. Prima ha parlato di anziani. Ritiene che sia una situazione di disagio sentita a Vicenza?Direi di sì. Da due punti di vista. Prima perché tra la comunità degli anziani, non tutti stanno bene. I livelli di precarietà anche economica stanno velocemente arrivando ai livelli di guardia. Cioè, sempre più anziani sono soli e quindi non hanno delle reti di salvezza nei momenti in cui la loro condizione economica, per le malattie, per la non autosufficienza, per il fatto di dover spendere molti soldi, cade e quindi non ce la fanno, non sanno cosa fare, come fare. Ma anche perché aldilà dei centri di incontro per anziani ecc., manca… si è sfilacciato questo tessuto che mi si racconta che rappresenti molti quartieri e quindi sono persone sole e abbandonate in molti casi. Questo secondo me è un problema diverso da quello dei giovani ma è un problema anche questo di disagio di precarietà, di insicurezza, ecc. Il terzo settore è fortemente coinvolto in questa situazione di disagio. Direi che lavora molto su questo e quindi la situazione è migliore per questo. Ma, per fare un esempio, il terzo settore ha di fatto risolto il problema della non autosufficienza attraverso il discorso delle badanti, delle collaboratrici domestiche al di fuori di qualunque regola dello stato, di qualunque legge. A suo avviso, quali sono i servizi che mancano per far fronte a questa tipologia di disagio?Quello che manca non è un servizio quanto una cornice all’interno del quale inserire le cose. All’interno di questa, una volta costruita, il terzo settore può inserirsi. E può dare delle risposte a DOC. Vuol dire che se noi vogliamo lavorare con le persone anziane cercando di – che si sentono utili, dobbiamo costruire una cornice di servizi. Dal nonno di quartiere, al nonno vigile, come ci sono già ma che non sono sufficienti. Soltanto all’interno di questo il terzo settore, può, come dire, fare - e su questo riesce molto bene - dei progetti DOC. Quindi, ad esempio, se il problema sono le persone da sole e vivono, se ci fosse un discorso quadro, un indirizzo per cui, che so, le persone anziane sole in appartamenti ormai disagiati che potrebbero essere, da un momento all’altro, venduti e quindi le persone che vi abitano costrette ad andare sul lastrico, sulla strada ecc., si facesse un lavoro di comunità, che so, di più anziani che vivono insieme mettendo insieme le loro risorse, ecco, se c’è questo, faccio un esempio solo che può essere buono come sbagliato, ma all’interno di questo potrebbe inserirsi il discorso del terzo settore producendo una sorte di, che so, case famiglia, di possibilità di incontro, di aiuto per le persone non autosufficienti e quindi mettendo in piede un discorso di cooperative, ad esempio, che danno, fanno lavorare straniere che danno aiuto domestico o anche aziende che fanno questo. Però se non c’è, in questo qua vedo delle difficoltà se non entrando nelle situazioni di disagio più acuto. Qui una mappatura del disagio e dei servizi sarebbe utile perché, aldilà del generale, i bisogni sono molto puntuali e legati alle singole realtà e ai singoli contesti all’interno dei quali si situano. Altre tipi di disagio presenti a Vicenza?

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Presumibilmente ci sono anche se, come dire, io ho uno sguardo molto particolare e vedo un po’ quelli che ho detto prima. Probabilmente sì, ce ne sono ma non saprei cosa rispondere in questo momento. Non riesco a farmi un idea specifica. Li avverto, se ne parla. Si parlano di persone che perdono il posto di lavoro e non riescono a trovarne un altro, per cui, vivono questa realtà come un disagio forte. Delle famiglie che lavorano e non riescono a mandare i figli al asilo nido perché i numeri non sono sufficienti. All’imprenditore che esce dal ciclo produttivo perché il prodotto, quella cosa lì, non funziona più e non riesce a trovare qualcos’altro. Queste cose toccano vari segmenti della società, della realtà e non necessariamente delle persone che sono automaticamente delle emarginate, dei drop-out. Ci sono dei segnali di preoccupazione… il numero di senza fissa dimora sta aumentando e non solo per un cadere nella fascia della povertà, ma in alcuni casi è una scelta di vita e allora uno si deve porre, come società seria il problema “ma perché persone arrivano a queste situazioni”. Dopo, collegate a questo ce ne sono altre, che magari non conosco che sono più sotterranee. Noi conosciamo le emersioni più forti, le persone per strada che chiedono le limosina e non ci domandiamo perché stanno aumentando e non è che, come dire, è aumentata la popolazione. Noi vediamo la droga, le persone che vivono in tenda, vediamo l’immigrato che va a farsi la fila per l’emersione del lavoro, vediamo l’anziano, anzi non lo vediamo, lo leggiamo sul giornale, giovani anche quelli li vediamo, o magari li leggiamo sul giornale, le situazioni, morti del sabato sera, robe varie, sono tutti segnali di difficoltà che dovrebbero in qualche modo fare scattare i campanelli di allarme. Perché qualcuno dovrebbe avere bisogno di abbrutirsi fino alle sei del mattino bevendo quintali di alcol o prendendosi dosi massicce oppure imbottirsi di Prosac dall’altra parte? Qualcuno si domanderà il perché prima o poi queste robe qua.

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APPENDICE 2

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DATI DI ARCHIVIO

Confronto tra dati richiesti e dati ottenutiNelle tavole allegate si evidenzia per ciascuna fonte (comune, ulss, cciaa, prefettura) il confronto tra informazioni richieste36 e informazioni ottenute contrassegnate con una x.Viene inoltre specificato il formato in cui tali informazioni sono state fornite, l’ufficio che ha prodotto i dati richiesti e il relativo referente.

Motivi di scostamentoSeguendo l’ordine delle tavole sopra illustrate, laddove esistano degli scostamenti tra dati richiesti e dati ottenuti, si illustrano i motivi di tali scostamenti e gli esiti della ricerca dei dati mancanti presso altre fonti.ComuneGenere, stato civile, etàLa ripartizione della popolazione per genere, stato civile, età non è reperibile per tutti gli anni richiesti poiché solo nel 1997 è stato creato l’ufficio studi statistici con la funzione di strutturare e conservare il patrimonio informativo del comune. Prima, non essendoci le necessarie competenze, i dati venivano raccolti dal Ced così come risultavano dagli archivi dell’anagrafe e non venivano organizzati secondo i criteri successivamente indicati dall’ufficio studi statistici.Per cui esiste una giacenza informativa indistinta e inutilizzabile per gli anni precedenti il 1997; inoltre, anche dopo l’introduzione di nuovi criteri di classificazione dei dati, non sempre è stato immediatamente recepito il nuovo sistema, ma è stato necessario un periodo di “rodaggio”. IstruzioneIl dato può essere fornito solo per il 1991 e il 2001 ed è quello rilevato in occasione dei censimenti. E’ stato contattato l’ufficio regionale Istat per verificare l’esistenza di possibili altre fonti. Tuttavia è stata confermata l’impossibilità di reperire il dato dell’istruzione per gli anni 1992 – 2000 2002-2003 poiché l’Istat riceve annualmente dal provveditorato agli studi solo il numero degli iscritti (non il titolo di studio conseguito) per provincia (non per comune). Mentre per quanto riguarda il diploma di laurea l’unica fonte è l’università stessa, con l’ovvia impossibilità di reperire il dato per comune di residenza.ImmigrazioneI permessi di soggiorno vengono rilasciati dalla Questura e quindi il Comune non ha questo tipo di informazione. In Questura è stato possibile reperire il dato per gli anni 1999 e 2000 poiché per gli anni precedenti l’informazione non veniva archiviata e conservata.Farmacie e consultoriIl Comune non ha questo tipo di informazioniULSS

MortalitàI dati, elaborati per sesso e classe d’età, sono attualmente disponibili fino al 1999. Gli anni 2000 e 2001 sono ancora in fase di elaborazione.Tossicodipendenza

Il numero di decessi per cause correlate all’uso di stupefacenti non viene rilevato dal Ser.T. poiché, fatta eccezione per i casi di morte per overdose, non è possibile stabilire con certezza una correlazione tra le cause del decesso e l’uso di stupefacenti. Il numero di decessi per overdose è stato reperito consultando gli archivi del Ministero dell’Interno. Alcolismo

Anche per il numero di decessi per cause alcol correlate valgono le considerazioni fatte sopra.Inoltre i dati partono dal 1996 poiché negli anni precedenti le rilevazioni venivano effettuate dall’Ospedale di Sandrigo chiuso nel giugno 2000.Handicap

Il numero di assegni di accompagnamento richiesti e ottenuti non è stato fornito poiché tale informazione non viene rilevata separatamente per tipologia di destinatario (disabili, anziani, etc.). Ciò che viene rilevato è solo il numero complessivo di assegni e quindi si tratta di un dato inutilizzabile poiché assolutamente generico.Inoltre non esiste la possibilità di reperire questa informazione consultando un archivio informatico, ma è necessario rintracciarla tra fascicoli cartacei di difficile accesso e consultazione.Disagio Psichico36 I dati sono stati richiesti nel 2002 – aggiornamenti utili all’individuazione delle aree di disagio sono stati raccolti in

seguito tramite siti internet (ULSS – ISTAT – MINISTERI)

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Il solo dato disponibile è quello delle prese in carico presso strutture pubbliche, senza distinzione tra centri diurni e residenziali, e solo per l’anno 2000 poiché negli anni precedenti non si faceva una raccolta sistematica di tali informazioni, ma venivano raccolti in modo parziale con criteri non sempre omogenei. Inoltre solo da due anni l’archivio dei dati è su supporto informatico e facilmente consultabile. I dati relativi all’anno 2001 dovevano ancora essere elaborati.Ospedali

I dati richiesti sono stati forniti dalla Direzione per il Controllo di Gestione che li ha estratti dalla banca dati del Ministero, tuttavia tale archivio è aggiornato a partire dal 1995 e quindi non è possibile ottenere le informazioni per l’intero decennio richiesto, con la sola eccezione del numero di ospedali pubblici e privati forniti dal 1990 al 2001.

PREFETTURATutti i dati richiesti sono stati forniti solo per gli anni 1998 – 2001. Per gli anni precedenti non esiste presso la prefettura un archivio consultabile poiché i dati dopo essere stati inviati al Ministero dell’Interno non venivano conservati. Solo a partire dal 1998, per esplicita disposizione dell’attuale Prefetto, i dati vengono conservati presso la Prefettura.La ricerca di queste informazioni presso altre fonti ha dato esiti negativi. Infatti il dipartimento di pubblica sicurezza presso il Ministero dell’Interno conserva i dati raggruppati per provincia.L’Istat ha come aggregato minimo la corte d’appello o, in alternativa, la provincia ma solo per i crimini per i quali l’autorità giudiziaria ha intrapreso azione penale.Infine anche l’ufficio statistica della Regione Veneto ha fornito i dati per provincia e solo quelli per cui l’autorità giudiziaria ha intrapreso l’azione penale. Inoltre la suddivisione dei crimini per tipologia non coincide con quella della Prefettura.

CCIAA

Struttura produttivaI dati sono stati forniti dal 1999 al 2002. Gli anni precedenti non sono disponibili. Si può solo consultare il censimento dell’industria.

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DATI COMUNE DI VICENZAGenere 1996 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 26 30 56 Circoscrizione 1 6.453 8.741 15.194 Circoscrizione 2 3.657 3.851 7.508 Circoscrizione 3 9.765 10.314 20.079 Circoscrizione 4 8.203 9.234 17.437 Circoscrizione 5 6.862 7.370 14.232 Circoscrizione 6 12.933 14.099 27.032 Circoscrizione 7 3.152 3.415 6.567 Totale intero Comune di Vicenza 51.051 57.054 108.105

Genere 1997 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 21 13 34 Circoscrizione 1 6.508 8.751 15.259 Circoscrizione 2 3.727 3.925 7.652 Circoscrizione 3 9.881 10.361 20.242 Circoscrizione 4 8.208 9.203 17.411 Circoscrizione 5 6.880 7.411 14.291 Circoscrizione 6 13.072 14.283 27.355 Circoscrizione 7 3.140 3.415 6.555 Totale intero Comune di Vicenza 51.437 57.362 108.799

Genere 1998 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 33 17 50 Circoscrizione 1 6.608 8.789 15.397 Circoscrizione 2 3.705 3.909 7.614 Circoscrizione 3 9.834 10.332 20.166 Circoscrizione 4 8.171 9.132 17.303 Circoscrizione 5 6.865 7.415 14.280 Circoscrizione 6 13.179 14.417 27.596 Circoscrizione 7 3.193 3.427 6.620 Totale intero Comune di Vicenza 51.588 57.438 109.026

Genere 1999 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 34 18 52 Circoscrizione 1 6.607 8.883 15.490 Circoscrizione 2 3.723 3.896 7.619 Circoscrizione 3 9.794 10.387 20.181 Circoscrizione 4 8.263 9.199 17.462 Circoscrizione 5 6.902 7.499 14.401 Circoscrizione 6 13.311 14.442 27.753 Circoscrizione 7 3.233 3.453 6.686 Totale intero Comune di Vicenza 51.867 57.777 109.644

Genere 2000 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 25 15 40 Circoscrizione 1 6.671 8.944 15.615 Circoscrizione 2 3.701 3.888 7.589 Circoscrizione 3 9.935 10.481 20.416 Circoscrizione 4 8.411 9.336 17.747 Circoscrizione 5 6.847 7.435 14.282 Circoscrizione 6 13.424 14.501 27.925 Circoscrizione 7 3.228 3.475 6.703 Totale intero Comune di Vicenza 52.242 58.075 110.317

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Genere 2001 Maschi Femmine Totale Senza fissa dimora 17 5 22 Circoscrizione 1 6.802 8.940 15.742 Circoscrizione 2 3.681 3.837 7.518 Circoscrizione 3 10.046 10.546 20.592 Circoscrizione 4 8.519 9.435 17.954 Circoscrizione 5 6.993 7.493 14.486 Circoscrizione 6 13.631 14.570 28.201 Circoscrizione 7 3.232 3.468 6.700 Totale intero Comune di Vicenza 52.921 58.294 111.215

STATO CIVILE Popolazione residente, in famiglia, per stato civile, suddivisa per zone omogenee

Zone omogenee Celibe/nubile Coniugata Separata di fatto

Separata Legalmente Divorziata Vedova N°Totale

Senza fissa dimora 7 0 1 1 1 1 11Zona 1.1 Centro Storico 4.538 5036 9 33 246 1.266 11.128Zona 1.2 Stadio 1.048 1416 2 10 50 326 2.852Toale Decentramento 1 5.586 6.452 11 43 296 1.592 13.980Zona 2.1 Campedello 851 1.114 - 1 22 239 2.227Zona 2.2 Monte Berico 335 408 - 2 12 58 815Zona 2.3 Riviera Berica 1.833 2.115 - 2 16 300 4.266Totale Decentramento 2 3.019 3.637 - 5 50 597 7.308Zona 3.1 San Pio X 4.646 5.951 4 12 97 830 11.540Zona 3.2 Bertesina 417 517 - 1 2 59 996Zona 3.3 Bertesinella 1.778 2.187 2 1 35 294 4.297Zona 3.4 Casale 907 1.193 1 3 13 186 2.303Zona 3.5 S. Pietro Intr. 120 188 - - - 25 333Totale Decentramento3 7.868 10.036 7 17 147 1.394 19.469Zona 4.1 Via Quadri 2.387 3.160 4 9 78 547 6.185Zona 4.2 Saviabona 3.088 4.137 5 10 78 648 7.966Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 1.195 1.480 - 4 16 220 2.915

Totale Decentramento 4 6.670 8.777 9 23 172 1.415 17.066Zona 5.1 S. Bortolo 3.888 5.292 10 18 105 957 10.270Zona 5.2 Laghetto 1.191 1.396 - 3 11 176 2.777Zona 5.3 Polegge 658 828 - - 10 121 1.617Totale Decentramento 5 5.737 7.516 10 21 126 1.254 14.664Zona 6.1 S. Felice - Cattane 6.865 9.216 13 28 206 1.505 17.833

Zona 6.2 S. Lazzaro 2.339 3.086 6 8 54 429 5.922Zona 6.3 Maddalene 101 126 - 2 - 22 251Zona 6.4 Capitello 950 1.180 2 3 13 151 2.299Totale Decentramento 6 10.255 13.608 21 41 273 2.107 26.305Zona 7.1 Gogna 585 717 - 4 16 114 1.436Zona 7.2 Ferrovieri 1.732 2.371 4 4 41 374 4.526Totale Decentramento 7 2.317 3.088 4 8 57 488 5.962Totale intero Comune di Vicenza 41.459 53.114 63 159 1.122 8.848 104.765

Popolazione residente, in famiglia, per stato civile. Rapporto di composizione per zone omogenee

Zone omogenee Celibe/nubile Coniugata Separata di fatto

Separata Legalmente Divorziata Vedova N°Totale

Senza fissa dimora 0,02% 0,00% 1,59% 0,63% 0,09% 0,01% 0,01%Zona 1.1 Centro Storico 10,95% 9,48% 14,29% 20,75% 21,93% 14,31% 10,62%

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Zona 1.2 Stadio 2,53% 2,67% 3,17% 6,29% 4,46% 3,68% 2,72%Toale Decentramento 1 13,48% 12,15% 17,46% 27,04% 26,39% 17,99% 13,34%Zona 2.1 Campedello 2,05% 2,10% 0,00% 0,63% 1,96% 2,70% 2,13%Zona 2.2 Monte Berico 0,81% 0,77% 0,00% 1,26% 1,07% 0,66% 0,78%Zona 2.3 Riviera Berica 4,42% 3,98% 0,00% 1,26% 1,43% 3,39% 4,07%Totale Decentramento 2 7,28% 6,85% 0,00% 3,15% 4,46% 6,75% 6,98%Zona 3.1 San Pio X 11,21% 11,20% 6,35% 7,55% 8,65% 9,38% 11,02%Zona 3.2 Bertesina 1,01% 0,97% 0,00% 0,63% 0,18% 0,67% 0,95%Zona 3.3 Bertesinella 4,29% 4,12% 3,17% 0,63% 3,12% 3,32% 4,10%Zona 3.4 Casale 2,19% 2,25% 1,59% 1,89% 1,16% 2,10% 2,20%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 0,29% 0,35% 0,00% 0,00% 0,00% 0,28% 0,32%Totale Decentramento3 18,99% 18,89% 11,11% 10,70% 13,11% 15,75% 18,59%Zona 4.1 Via Quadri 5,76% 5,95% 6,35% 5,66% 6,95% 6,18% 5,90%Zona 4.2 Saviabona 7,45% 7,79% 7,94% 6,29% 6,95% 7,32% 7,60%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 2,88% 2,79% 0,00% 2,52% 1,43% 2,49% 2,78%

Totale Decentramento 4 16,09% 16,53% 14,29% 14,47% 15,33% 15,99% 16,28%Zona 5.1 S. Bortolo 9,38% 9,96% 15,87% 11,32% 9,36% 10,82% 9,80%Zona 5.2 Laghetto 2,87% 2,63% 0,00% 1,89% 0,98% 1,99% 2,65%Zona 5.3 Polegge 1,59% 1,56% 0,00% 0,00% 0,89% 1,37% 1,54%Totale Decentramento 5 13,84% 14,15% 15,87% 13,21% 11,23% 14,18% 13,99%Zona 6.1 S. Felice - Cattane 16,56% 17,35% 20,63% 17,61% 18,36% 17,01% 17,02%

Zona 6.2 S. Lazzaro 5,64% 5,81% 9,52% 5,03% 4,81% 4,85% 5,65%Zona 6.3 Maddalene 0,24% 0,24% 0,00% 1,26% 0,00% 0,25% 0,24%Zona 6.4 Capitello 2,29% 2,22% 3,17% 1,89% 1,16% 1,71% 2,19%Totale Decentramento 6 24,73% 25,62% 33,32% 25,79% 24,33% 23,82% 25,10%Zona 7.1 Gogna 1,41% 1,35% 0,00% 2,52% 1,43% 1,29% 1,37%Zona 7.2 Ferrovieri 4,18% 4,46% 6,35% 2,52% 3,65% 4,23% 4,32%Totale Decentramento 7 5,59% 5,81% 6,35% 5,04% 5,08% 5,52% 5,69%Totale intero Comune di Vicenza 100,02% 100,00% 99,99% 100,03% 100,02% 100,01% 99,98%

Popolazione residente, in famiglia. Rapporto di composizione per stato civile, suddivisa per zone omogenee

Zone omogenee Celibe/nubile Coniugata Separata di fatto

Separata Legalmente Divorziata Vedova N°Totale

Senza fissa dimora 63,64% 0,00% 9,09% 9,09% 9,09% 9,09% 100,00%Zona 1.1 Centro Storico 40,78% 45,26% 0,08% 0,30% 2,21% 11,38% 100,01%Zona 1.2 Stadio 36,75% 49,65% 0,07% 0,35% 1,75% 11,43% 100,00%Toale Decentramento 1 39,96% 46,15% 0,08% 0,31% 2,12% 11,39% 100,01%Zona 2.1 Campedello 38,21% 50,02% 0,00% 0,04% 0,99% 10,73% 99,99%Zona 2.2 Monte Berico 41,10% 50,06% 0,00% 0,25% 1,47% 7,12% 100,00%Zona 2.3 Riviera Berica 42,97% 49,58% 0,00% 0,05% 0,38% 7,03% 100,01%Totale Decentramento 2 41,31% 49,77% 0,00% 0,07% 0,68% 8,17% 100,00%Zona 3.1 San Pio X 40,26% 51,57% 0,03% 0,10% 0,84% 7,19% 99,99%Zona 3.2 Bertesina 41,87% 51,91% 0,00% 0,10% 0,20% 5,92% 100,00%Zona 3.3 Bertesinella 41,38% 50,90% 0,05% 0,02% 0,81% 6,84% 100,00%Zona 3.4 Casale 39,38% 51,80% 0,04% 0,13% 0,56% 8,08% 99,99%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 36,04% 56,46% 0,00% 0,00% 0,00% 7,51% 100,01%Totale Decentramento3 40,41% 51,55% 0,04% 0,09% 0,76% 7,16% 100,01%Zona 4.1 Via Quadri 38,59% 51,09% 0,06% 0,15% 1,26% 8,84% 99,99%Zona 4.2 Saviabona 38,76% 51,93% 0,06% 0,13% 0,98% 8,13% 99,99%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 40,99% 50,77% 0,00% 0,14% 0,55% 7,55% 100,00%

Totale Decentramento 4 39,08% 51,43% 0,05% 0,13% 1,01% 8,29% 99,99%Zona 5.1 S. Bortolo 37,86% 51,53% 0,10% 0,18% 1,02% 9,32% 100,01%

226

Page 227: Terzo Settore E Networking

Zona 5.2 Laghetto 42,89% 50,27% 0,00% 0,11% 0,40% 6,34% 100,01%Zona 5.3 Polegge 40,69% 51,21% 0,00% 0,00% 0,62% 7,48% 100,00%Totale Decentramento 5 39,12% 51,25% 0,07% 0,14% 0,86% 8,55% 99,99%Zona 6.1 S. Felice - Cattane 38,50% 51,68% 0,07% 0,16% 1,16% 8,44% 100,01%

Zona 6.2 S. Lazzaro 39,50% 52,11% 0,10% 0,14% 0,91% 7,24% 100,00%Zona 6.3 Maddalene 40,24% 50,20% 0,00% 0,80% 0,00% 8,76% 100,00%Zona 6.4 Capitello 41,32% 51,33% 0,09% 0,13% 0,57% 6,57% 100,01%Totale Decentramento 6 38,98% 51,73% 0,08% 0,16% 1,04% 8,01% 100,00%Zona 7.1 Gogna 40,74% 49,93% 0,00% 0,28% 1,11% 7,94% 100,00%Zona 7.2 Ferrovieri 38,27% 52,39% 0,09% 0,09% 0,91% 8,26% 100,01%Totale Decentramento 7 38,86% 51,79% 0,07% 0,13% 0,96% 8,19% 100,00%Totale intero Comune di Vicenza 39,57% 50,70% 0,06% 0,15% 1,07% 8,45% 100,00%

Stato civile integrato1998

CIRCOSCRIZIONE celibi nubili coniugati divorziati vedovi da definire TOTALEsenza fissa dimora 543 374 852 42 84 1944

1 2920 3797 6638 469 1633 57 154592 1648 1395 3846 111 589 7 76193 4320 3612 10457 314 1521 33 201634 3537 3108 8844 309 1649 25 174625 2927 2467 7454 229 1329 13 144066 5630 5008 13940 523 2249 54 273507 1394 1173 3409 152 550 15 6678

TOTALE COMUNE 22954 20934 55440 2149 9604 204 1110811999

CIRCOSCRIZIONE celibi nubili coniugati divorziati vedovi da definire TOTALEsenza fissa dimora 592 374 852 42 84 1944

1 2922 3797 6638 469 1633 57 154592 1678 1395 3846 111 589 7 76193 4259 3612 10457 314 1521 33 201634 3552 3108 8844 309 1649 25 174625 2927 2467 7454 229 1329 13 144066 5630 5008 13940 523 2249 54 273507 1394 1173 3409 152 550 15 6678

TOTALE COMUNE 22954 20934 55440 2149 9604 204 1110812000

CIRCOSCRIZIONE celibi nubili coniugati divorziati vedovi da definire TOTALEsenza fissa dimora 242 238 547 26 85 4 1138

1 2935 3773 6593 483 1581 100 153652 1661 1379 3794 117 597 22 75483 4324 3632 10448 343 1516 71 202634 3597 3144 8801 359 1664 59 175655 2880 2425 7397 221 1305 36 142286 5625 4940 13793 539 2238 110 271357 1369 1192 3392 153 539 28 6645

TOTALE COMUNE 22633 20723 54765 2241 9525 430 1098872001

CIRCOSCRIZIONE celibi nubili coniugati divorziati vedovi da definire TOTALEsenza fissa dimora 11 5 4 1 0 1 22

1 3091 3799 6615 493 1596 148 157422 1654 1351 3744 126 595 48 75183 4406 3684 10502 378 1521 101 205924 3674 3229 8913 387 1660 91 17954

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Page 228: Terzo Settore E Networking

5 2975 2448 7434 248 1304 77 144866 5880 5088 14168 594 2275 196 282017 1379 1199 3374 162 546 40 6700

TOTALE COMUNE 23070 20803 54754 2389 9497 702 111215

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Page 229: Terzo Settore E Networking

Istruzione - censimento 1991Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi, per grado di istruzione, suddivisa per zone omogenee

Maggiore titolo di studio conseguitoLaureati Con diploma di maturità*

Zone omogeneeIndirizzo

Scientifico.Indirizzo

Umanistico Totale Con diploma università Tecnica Liceo

altro Profess. Tot.

Senza fissa dimora - - - - - - - -Zona 1.1 Centro Storico 939 689 1.628 113 1.068 1.232 124 2.424Zona 1.2 Stadio 174 143 317 27 298 300 29 627Toale Decentramento 1 1.113 832 1.945 140 1.366 1.532 153 3.051Zona 2.1 Campedello 62 39 101 12 167 82 11 260Zona 2.2 Monte Berico 95 58 153 6 60 123 21 204Zona 2.3 Riviera Berica 57 23 80 11 303 133 56 492Totale Decentramento 2 214 120 334 29 530 338 88 956Zona 3.1 San Pio X 291 201 492 78 1.076 684 166 1.926Zona 3.2 Bertesina 26 17 43 1 82 48 11 141Zona 3.3 Bertesinella 69 49 118 17 294 173 36 503Zona 3.4 Casale 35 23 58 6 160 67 22 249Zona 3.5 S. Pietro Intr. 2 5 7 3 19 3 2 24Totale Decentramento3 423 295 718 105 1.631 975 237 2.843Zona 4.1 Via Quadri 387 336 723 56 659 589 167 1.415Zona 4.2 Saviabona 213 141 354 46 647 449 157 1.253Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 39 29 68 8 271 102 53 426

Totale Decentramento 4 639 506 1.145 110 1.577 1.140 377 3.094Zona 5.1 S. Bortolo 465 341 806 92 1.221 824 163 2.208Zona 5.2 Laghetto 96 59 155 18 354 257 39 650Zona 5.3 Polegge 18 13 31 5 129 45 31 205Totale Decentramento 5 579 413 992 115 1.704 1.126 233 3.063Zona 6.1 S. Felice - Cattane 720 524 1.244 130 1.942 1.407 297 3.646

Zona 6.2 S. Lazzaro 133 107 240 39 592 329 76 997Zona 6.3 Maddalene 2 1 3 1 17 8 3 28Zona 6.4 Capitello 40 29 69 6 183 81 29 293Totale Decentramento 6 895 661 1.556 176 2.734 1.825 405 4.964Zona 7.1 Gogna 52 32 84 8 120 84 30 234Zona 7.2 Ferrovieri 81 45 126 13 393 159 57 609Totale Decentramento 7 133 77 210 21 513 243 87 843Totale comune 3.996 2.904 6.900 696 10.055 7.179 1.580 18.814

(*diploma che permette l'accesso all’Università)

Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi, per grado di istruzione, suddivisa per zone omogeneeMaggiore titolo di studio conseguito

Zone omogeneeQualifica

Professionale Licenza Media Licenza Elementare

Alfabetizzati senza qualifica Analfabeti Totale di

Zona Senza fissa dimora - 4 7 - - 11Zona 1.1 Centro Storico 462 2.890 2.567 595 18 10.697Zona 1.2 Stadio 118 797 694 136 8 2.724Toale Decentramento 1 580 3.687 3.261 731 26 13.421Zona 2.1 Campedello 98 657 847 157 6 2.138Zona 2.2 Monte Berico 41 197 145 37 - 783Zona 2.3 Riviera Berica 193 1.372 1.641 282 22 4.093Totale Decentramento 2 332 2.226 2.633 476 28 7.014Zona 3.1 San Pio X 613 3.665 3.481 695 18 10.968

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Page 230: Terzo Settore E Networking

Zona 3.2 Bertesina 48 317 348 55 2 955Zona 3.3 Bertesinella 192 1.369 1.544 310 11 4.064Zona 3.4 Casale 97 716 885 180 7 2.198Zona 3.5 S. Pietro Intr. 18 96 150 27 - 325Totale Decentramento3 968 6.163 6.408 1.267 38 18.510Zona 4.1 Via Quadri 302 1.758 1.365 287 8 5.914Zona 4.2 Saviabona 382 2.375 2.652 502 11 7.575Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 150 909 1.017 186 8 2.772

Totale Decentramento 4 834 5.042 5.034 975 27 16.261Zona 5.1 S. Bortolo 521 2.878 2.790 545 15 9.855Zona 5.2 Laghetto 134 905 717 120 1 2.700Zona 5.3 Polegge 72 442 634 124 7 1.520Totale Decentramento 5 727 4.225 4.141 789 23 14.075Zona 6.1 S. Felice - Cattane 860 5.145 4.963 986 43 17.017

Zona 6.2 S. Lazzaro 267 1.929 1.837 320 15 5.644Zona 6.3 Maddalene 12 69 115 15 1 244Zona 6.4 Capitello 111 729 800 182 3 2.193Totale Decentramento 6 1.250 7.872 7.715 1.503 62 25.098Zona 7.1 Gogna 72 418 462 83 2 1.363Zona 7.2 Ferrovieri 207 1.447 1.610 285 13 4.310Totale Decentramento 7 279 1.865 2.072 368 15 5.673Totale Comune 4.970 31.084 31.271 6.109 219 100.063

Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi, rapporto di composizione per zone omogeneeMaggiore titolo di studio conseguito

Laureati Con diploma di maturità*

Zone omogeneeIndirizzo

ScientificoIndirizzo

Umanistico Totale Con diploma univers. Tecnica Liceo/alt

ro Profess. Totale

Senza fissa dimora 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%Zona 1.1 Centro Storico 23,50% 23,73% 23,59% 16,24% 10,62% 17,16% 7,85% 12,88%Zona 1.2 Stadio 4,35% 4,92% 4,59% 3,88% 2,96% 4,18% 1,84% 3,33%Toale Decentramento 1 27,85% 28,65% 28,18% 20,12% 13,58% 21,34% 9,69% 16,21%Zona 2.1 Campedello 1,55% 1,34% 1,46% 1,72% 1,66% 1,14% 0,70% 1,38%Zona 2.2 Monte Berico 2,38% 2,00% 2,22% 0,86% 0,60% 1,71% 1,33% 1,08%Zona 2.3 Riviera Berica 1,43% 0,79% 1,16% 1,58% 3,01% 1,85% 3,54% 2,62%Totale Decentramento 2 5,36% 4,13% 4,84% 4,16% 5,27% 4,70% 5,57% 5,08%Zona 3.1 San Pio X 7,28% 6,92% 7,13% 11,21% 10,70% 9,53% 10,51% 10,24%Zona 3.2 Bertesina 0,65% 0,59% 0,62% 0,14% 0,82% 0,67% 0,70% 0,75%Zona 3.3 Bertesinella 1,73% 1,69% 1,71% 2,44% 2,92% 2,41% 2,28% 2,67%Zona 3.4 Casale 0,88% 0,79% 0,84% 0,86% 1,59% 0,93% 1,39% 1,32%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 0,05% 0,17% 0,10% 0,43% 0,19% 0,04% 0,13% 0,13%Totale Decentramento3 10,59% 10,16% 10,40% 15,08% 16,22% 13,58% 15,01% 15,11%Zona 4.1 Via Quadri 9,68% 11,57% 10,48% 8,05% 6,55% 8,20% 10,57% 7,52%Zona 4.2 Saviabona 5,33% 4,86% 5,13% 6,61% 6,43% 6,25% 9,94% 6,66%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 0,98% 1,00% 0,99% 1,15% 2,70% 1,42% 3,35% 2,26%

Totale Decentramento 4 15,99% 17,43% 16,60% 15,81% 15,68% 15,87% 23,86% 16,44%Zona 5.1 S. Bortolo 11,64% 11,74% 11,68% 13,22% 12,14% 11,48% 10,32% 11,74%Zona 5.2 Laghetto 2,40% 2,03% 2,25% 2,59% 3,52% 3,58% 2,47% 3,45%Zona 5.3 Polegge 0,45% 0,45% 0,45% 0,72% 1,28% 0,63% 1,96% 1,09%Totale Decentramento 5 14,49% 14,22% 14,38% 16,53% 16,94% 15,69% 14,75% 16,28%

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Page 231: Terzo Settore E Networking

Zona 6.1 S. Felice - Cattane 18,02% 18,04% 18,03% 18,68% 19,31% 19,60% 18,80% 19,38%

Zona 6.2 S. Lazzaro 3,33% 3,68% 3,48% 5,60% 5,89% 4,58% 4,81% 5,30%Zona 6.3 Maddalene 0,05% 0,03% 0,04% 0,14% 0,17% 0,11% 0,19% 0,15%Zona 6.4 Capitello 1,00% 1,00% 1,00% 0,86% 1,82% 1,13% 1,84% 1,56%Totale Decentramento 6 22,40% 22,75% 22,55% 25,28% 27,19% 25,42% 25,64% 26,39%Zona 7.1 Gogna 1,30% 1,10% 1,22% 1,15% 1,19% 1,17% 1,90% 1,24%Zona 7.2 Ferrovieri 2,03% 1,55% 1,83% 1,87% 3,91% 2,21% 3,61% 3,24%Totale Decentramento 7 3,33% 2,65% 3,05% 3,02% 5,10% 3,38% 5,51% 4,48%Totale comune 100,01% 99,99% 100,00% 100,00% 99,98% 99,98% 100,03% 99,99%

(*diploma che permette l'acesso all'Università)

Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi. Rapporto di composizione per zone omogeneeMaggiore titolo di studio conseguito

Zone omogeneeQualifica

Professionale Licenza Media Licenza Elementare

Alfabetizzati senza qualifica Analfabeti Totale di

Zona Senza fissa dimora 0,00% 0,01% 0,02% 0,00% 0,00% 0,00%Zona 1.1 Centro Storico 9,30% 9,30% 8,21% 9,74% 8,22% 10,69%Zona 1.2 Stadio 2,37% 2,56% 2,22% 2,23% 3,65% 2,72%Toale Decentramento 1 11,67% 11,86% 10,43% 11,97% 11,87% 13,41%Zona 2.1 Campedello 1,97% 2,11% 2,71% 2,57% 2,74% 2,14%Zona 2.2 Monte Berico 0,82% 0,63% 0,46% 0,61% 0,00% 0,78%Zona 2.3 Riviera Berica 3,88% 4,41% 5,25% 4,62% 10,05% 4,09%Totale Decentramento 2 6,67% 7,15% 8,42% 7,80% 12,79% 7,01%Zona 3.1 San Pio X 12,33% 11,79% 11,13% 11,38% 8,22% 10,96%Zona 3.2 Bertesina 0,97% 1,02% 1,11% 0,90% 0,91% 0,95%Zona 3.3 Bertesinella 3,86% 4,40% 4,94% 5,07% 5,02% 4,06%Zona 3.4 Casale 1,95% 2,30% 2,83% 2,95% 3,20% 2,20%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 0,36% 0,31% 0,48% 0,44% 0,00% 0,32%Totale Decentramento3 19,47% 19,82% 20,49% 20,74% 17,35% 18,49%Zona 4.1 Via Quadri 6,08% 5,66% 4,37% 4,70% 3,65% 5,91%Zona 4.2 Saviabona 7,69% 7,64% 8,48% 8,22% 5,02% 7,57%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 3,02% 2,92% 3,25% 3,04% 3,65% 2,77%

Totale Decentramento 4 16,79% 16,22% 16,10% 15,96% 12,32% 16,25%Zona 5.1 S. Bortolo 10,48% 9,26% 8,92% 8,92% 6,85% 9,85%Zona 5.2 Laghetto 2,70% 2,91% 2,29% 1,96% 0,46% 2,70%Zona 5.3 Polegge 1,45% 1,42% 2,03% 2,03% 3,20% 1,52%Totale Decentramento 5 14,63% 13,59% 13,24% 12,91% 10,51% 14,07%Zona 6.1 S. Felice - Cattane 17,30% 16,55% 15,87% 16,14% 19,63% 17,01%

Zona 6.2 S. Lazzaro 5,37% 6,21% 5,87% 5,24% 6,85% 5,64%Zona 6.3 Maddalene 0,24% 0,22% 0,37% 0,25% 0,46% 0,24%Zona 6.4 Capitello 2,23% 2,35% 2,56% 2,98% 1,37% 2,19%Totale Decentramento 6 25,14% 25,33% 24,67% 24,61% 28,31% 25,08%Zona 7.1 Gogna 1,45% 1,34% 1,48% 1,36% 0,91% 1,36%Zona 7.2 Ferrovieri 4,16% 4,66% 5,15% 4,67% 5,94% 4,31%Totale Decentramento 7 5,61% 6,00% 6,63% 6,03% 6,85% 5,67%Totale comune 99,98% 99,98% 100,00% 100,02% 100,00% 99,98%

Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi, rapporto di composizione per grado di istruzione, suddiviso per zone omogenee

Laureati

231

Page 232: Terzo Settore E Networking

Zone omogeneeIndirizzo

ScientificoIndirizzo

Umanistico Totale Con diploma universitaria Tecnica Liceo/altro

Senza fissa dimora 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00%Zona 1.1 Centro Storico 8,78% 6,44% 15,22% 1,06% 9,98% 11,52%Zona 1.2 Stadio 6,39% 5,25% 11,64% 0,99% 10,94% 11,01%Toale Decentramento 1 8,29% 6,20% 14,49% 1,04% 10,18% 11,41%Zona 2.1 Campedello 2,90% 1,82% 4,72% 0,56% 7,81% 3,84%Zona 2.2 Monte Berico 12,13% 7,41% 19,45% 0,77% 7,66% 15,71%Zona 2.3 Riviera Berica 1,39% 0,56% 1,95% 0,27% 7,40% 3,25%Totale Decentramento 2 3,05% 1,71% 4,76% 0,41% 7,56% 4,82%Zona 3.1 San Pio X 2,65% 1,83% 4,49% 0,71% 9,81% 6,24%Zona 3.2 Bertesina 2,72% 1,78% 4,50% 0,10% 8,59% 5,03%Zona 3.3 Bertesinella 1,70% 1,12% 2,90% 0,42% 7,23% 4,26%Zona 3.4 Casale 1,59% 1,05% 2,64% 0,27% 7,28% 3,05%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 0,62% 1,54% 2,15% 0,92% 5,85% 0,92%Totale Decentramento3 2,29% 1,59% 3,88% 0,57% 8,81% 5,27%Zona 4.1 Via Quadri 6,54% 5,68% 12,23% 0,95% 11,14% 9,96%Zona 4.2 Saviabona 2,81% 1,86% 4,67% 0,61% 8,54% 5,93%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 1,41% 1,05% 2,45% 0,29% 9,78% 3,68%

Totale Decentramento 4 3,93% 3,11% 7,04% 0,68% 9,70% 7,01%Zona 5.1 S. Bortolo 4,72% 3,46% 8,18% 0,93% 12,39% 8,36%Zona 5.2 Laghetto 3,56% 2,19% 5,74% 0,67% 13,11% 9,52%Zona 5.3 Polegge 1,18% 0,86% 2,04% 0,33% 8,49% 2,96%Totale Decentramento 5 4,11% 2,93% 7,05% 0,82% 12,11% 8,00%Zona 6.1 S. Felice - Cattane 4,23% 3,08% 7,31% 0,76% 11,41% 8,27%

Zona 6.2 S. Lazzaro 2,36% 1,90% 4,25% 0,69% 10,49% 5,83%Zona 6.3 Maddalene 0,82% 0,41% 1,23% 0,41% 6,97% 3,28%Zona 6.4 Capitello 1,82% 1,32% 3,15% 0,27% 8,34% 3,69%Totale Decentramento 6 357,00% 2,63% 6,20% 0,70% 10,89% 7,27%Zona 7.1 Gogna 3,82% 2,35% 6,16% 0,59% 8,80% 6,16%Zona 7.2 Ferrovieri 1,88% 1,04% 2,92% 0,30% 9,12% 3,69%Totale Decentramento 7 2,34% 1,36% 3,70% 0,37% 9,04% 4,28%Totale comune 3,99% 2,90% 6,90% 0,70% 10,05% 7,17%

(*diploma che permette l'acesso all'Università)

Popolazione residente, in famiglia, in età da 6 anni in poi, rapporto di composizione per grado di istruzione, suddiviso per zone omogenee

Zone omogeneeQualifica

Professionale Licenza Media Licenza Elementare

Alfabetizzati senza qualifica Analfabeti Totale di Zona

Senza fissa dimora 0,00% 36,36% 63,64% 0,00% 0,00% 100,00%Zona 1.1 Centro Storico 4,32% 27,02% 24,00% 5,56% 0,17% 100,00%Zona 1.2 Stadio 4,33% 29,26% 25,48% 4,99% 0,29% 100,00%Toale Decentramento 1 4,32% 27,47% 24,30% 5,45% 0,19% 100,00%Zona 2.1 Campedello 4,58% 30,73% 39,62% 7,34% 0,28% 100,00%Zona 2.2 Monte Berico 5,24% 25,16% 18,52% 4,73% 0,00% 100,00%Zona 2.3 Riviera Berica 4,72% 33,52% 40,09% 6,89% 0,54% 100,00%Totale Decentramento 2 4,73% 31,74% 37,54% 6,79% 0,40% 100,00%Zona 3.1 San Pio X 5,59% 33,42% 31,74% 6,34% 0,16% 100,00%Zona 3.2 Bertesina 5,03% 33,19% 36,44% 5,76% 0,21% 100,00%Zona 3.3 Bertesinella 4,72% 33,69% 37,99% 7,63% 0,27% 100,00%Zona 3.4 Casale 4,41% 32,58% 40,26% 8,19% 0,32% 100,00%Zona 3.5 S. Pietro Intr. 5,54% 29,54% 46,15% 8,31% 0,00% 100,00%Totale Decentramento3 5,23% 33,30% 34,62% 6,84% 0,21% 100,00%

232

Page 233: Terzo Settore E Networking

Zona 4.1 Via Quadri 5,11% 29,73% 23,08% 4,85% 0,14% 100,00%Zona 4.2 Saviabona 5,04% 31,35% 35,01% 6,63% 0,15% 100,00%Zona 4.3 Anconetta - Ospedaletto 5,41% 32,79% 36,69% 6,71% 0,29% 100,00%

Totale Decentramento 4 5,13% 31,01% 30,96% 6,00% 0,17% 100,00%Zona 5.1 S. Bortolo 5,29% 29,20% 28,31% 5,53% 0,15% 100,00%Zona 5.2 Laghetto 4,96% 33,52% 26,56% 4,44% 0,04% 100,00%Zona 5.3 Polegge 4,74% 29,08% 41,71% 8,17% 0,46% 100,00%Totale Decentramento 5 5,17% 30,02% 29,42% 5,61% 0,16% 100,00%Zona 6.1 S. Felice - Cattane 5,05% 30,23% 29,16% 5,79% 0,25% 100,00%

Zona 6.2 S. Lazzaro 4,73% 34,18% 32,55% 5,67% 0,27% 100,00%Zona 6.3 Maddalene 4,92% 28,28% 47,13% 6,15% 0,41% 100,00%Zona 6.4 Capitello 5,06% 33,24% 36,48% 8,30% 0,14% 100,00%Totale Decentramento 6 4,98% 31,37% 30,74% 5,99% 0,25% 100,00%Zona 7.1 Gogna 5,28% 30,67% 33,90% 6,09% 0,15% 100,00%Zona 7.2 Ferrovieri 4,80% 33,57% 37,35% 6,61% 0,30% 100,00%Totale Decentramento 7 4,92% 32,88% 36,52% 6,49% 0,26% 100,00%Totale comune 4,97% 31,06% 31,25% 6,11% 0,22% 100,00%

Popolazione residente al 1 Gennaio 2001 per età--Comune: Vicenza --Eta' Maschi + Femmine0 1.0231 9932 9593 1.0094 9385 9146 8817 9478 9239 89610 96011 88912 90213 82914 839TOT.0-14 13.902

Eta’ Maschi + Femmine15 84516 89217 84718 84019 86820 96021 1.03822 1.15123 1.24924 1.32825 1.50626 1.68427 1.71428 1.85929 1.87930 1.852

31 1.98632 1.93333 1.95034 2.00335 2.02736 2.02537 1.89538 1.84239 1.75340 1.63441 1.58642 1.53143 1.52044 1.50445 1.41446 1.39047 1.36348 1.33649 1.34750 1.48651 1.46552 1.42653 1.53054 1.75355 1.20756 1.38257 1.42458 1.44959 1.42960 1.53461 1.50362 1.46963 1.32764 1.29765 1.240

TOT.15-65 75.472

Eta' Maschi + Femmine65 1.24066 1.24967 1.19568 1.19969 1.21370 1.28371 1.20272 1.12573 1.13974 1.14675 1.05476 1.02277 1.03478 95879 89680 85681 53082 40183 36984 42085 47186 44487 38688 36689 27990 21091 16692 13593 8694 7595 4396 43

233

Page 234: Terzo Settore E Networking

97 3098 1399 14

100 e più 28TOT. 65 e oltre 22.320

Totale 111.694

234

Page 235: Terzo Settore E Networking

Movimento cittadini stranieri iscritti in anagrafe dal 1995 al 2001 Dati relativi all'intera popolazione (famiglie + convivenze)1991

maschi femmine totaleIscritti in anagrafe Totale comuneIscritti in totale 1.009 901 1.910Iscritti da altri Comuni italiani 799 765 1.564Iscritti dall'estero 210 136 346

Iscritti non altrove classificati - - -

1992maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.211 1.202 2.413Iscritti da altri Comuni italiani 1.043 1.065 2.108Iscritti dall'estero 168 137 305

Iscritti non altrove classificati - - -

1993maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.786 1.700 3.486Iscritti da altri Comuni italiani 1.510 1.491 3.001Iscritti dall'estero 276 209 485

Iscritti non altrove classificati - - -

1994maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.593 1.487 3.080Iscritti da altri Comuni italiani 1.157 1.170 2.327Iscritti dall'estero 362 285 647

Iscritti non altrove classificati 74 32 106

1995maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.391 1.334 2.725Iscritti da altri Comuni italiani 1.164 1.135 2.299Iscritti dall'estero 192 190 382

Iscritti non altrove classificati 35 9 44

1996maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.567 1.555 3.122Iscritti da altri Comuni italiani 1.192 1.241 2.433Iscritti dall'estero 346 298 644

Iscritti non altrove classificati 29 16 45

1997maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.675 1.575 3.250Iscritti da altri Comuni italiani 1.340 1.329 2.669Iscritti dall'estero 319 240 559

235

Page 236: Terzo Settore E Networking

Iscritti non altrove classificati 16 6 22

1998maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.776 1.732 3.508Iscritti da altri Comuni italiani 1.475 1.390 2.865Iscritti dall'estero 283 337 620

Iscritti non altrove classificati 18 5 23

1999maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.992 1.973 3.965Iscritti da altri Comuni italiani 1.597 1.493 3.090Iscritti dall'estero 382 475 857

Iscritti non altrove classificati 13 5 18

2000maschi femmine totale

Totale ComuneIscritti in totale 2.042 1.929 3.971Iscritti da altri Comuni italiani 1.511 1.404 2.915Iscritti dall'estero 506 518 1.024

Iscritti non altrove classificati 25 7 32

2001maschi femmine totale

Totale comuneIscritti in totale 1.958 1.607 3.565Iscritti da altri Comuni italiani 1.420 1.182 2.602Iscritti dall'estero 530 420 950

Iscritti non altrove classificati 8 5 13

236

Page 237: Terzo Settore E Networking

DATI CCIAA1999 2000 2001 2002

Aziende Addetti Aziende Addetti Aziende Addetti Aziende AddettiSettori AtecoA Agricoltura, caccia e silvicoltura 765 979 719 792 685 1.022 666 1.004

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 4 10 4 1 4 6 4 6

C Estrazione di minerali 7 4 9 12 8 10 7 10D Attivita' manifatturiere 1.679 10.857 1.681 9.698 1.693 10.110 1.695 9.789E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua

19 425 16 455 13 929 13 929

F Costruzioni 874 2.128 955 2.083 1.038 2.612 1.100 2.592G Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la casa 3.485 7.008 3.543 7.213 3.616 7.893 3.629 7.614

H Alberghi e ristoranti 572 1.014 578 1.079 587 1.185 612 1.150I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 390 1.762 424 1.759 443 1.576 454 1.514

J Intermediaz.monetaria e finanziaria 482 2.254 502 2.042 549 2.248 567 2.233

K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca

1.938 4.007 2.051 3.982 2.210 4.504 2.320 4.423

L Pubbl.amm.e difesa;assic.sociale obbligatoria

1 55 1 54 1 54

M Istruzione 64 155 78 223 81 131 87 125N Sanita' e altri servizi sociali 71 476 74 438 69 411 69 397

O Altri servizi pubblici,sociali e personali 554 905 560 738 568 948 578 925

X Imprese non classificate 569 1.458 543 1.814 479 2.073 463 2.052Totale 11.474 33.497 11.737 32.329 12.044 35.712 12.265 34.817

Nostra elaborazione dati CCIAAvariazioni (valori assoluti) 2000 2.001 2.002 totale

Settori Ateco Aziende Addetti Aziende Addetti Aziende Addetti Aziende AddettiA Agricoltura, caccia e silvicoltura -46 -187 -34 230 -19 -18 -99 25

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0 -9 0 5 0 0 0 -4

C Estrazione di minerali 2 8 -1 -2 -1 0 0 6

D Attivita' manifatturiere 2 -1.159 12 412 2 -321 16 -1.068

E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua

-3 30 -3 474 0 0 -6 504

F Costruzioni 81 -45 83 529 62 -20 226 464G Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la casa

58 205 73 680 13 -279 144 606

H Alberghi e ristoranti 6 65 9 106 25 -35 40 136I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz.

34 -3 19 -183 11 -62 64 -248

J 20 -212 47 206 18 -15 85 -21

237

Page 238: Terzo Settore E Networking

Intermediaz.monetaria e finanziariaK Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca

113 -25 159 522 110 -81 382 416

L Pubbl.amm.e difesa;assic.sociale obbligatoria

-1 -55 1 54 0 0 0 -1

M Istruzione 14 68 3 -92 6 -6 23 -30N Sanita' e altri servizi sociali 3 -38 -5 -27 0 -14 -2 -79

O Altri servizi pubblici,sociali e personali

6 -167 8 210 10 -23 24 20

X Imprese non classificate -26 356 -64 259 -16 -21 -106 594

Totale 263 -1.168 307 3.383 221 -895 791 1.320

238

Page 239: Terzo Settore E Networking

DATI ULSS 6DEGENTI/GIORNATE DEGENZA PRIVATI

ANNO RICOVERI ORDINARI DHDEGENTI PRIVATI CICLI ACCESSI

1999 7.724 1.176 10.4582000 8.749 1.385 10.4122001 9.184 1.525 11.182

ANNO RICOVERI ORDINARI DHDEGENTI PUBBLICI

(dimessi) GD PUBBLICI CICLI ACCESSI1995 41.108 364.199 13.188 57.2521996 41.961 358.868 11.879 62.5621997 43.101 358.433 13.667 70.1281998 42.038 347.794 14.177 72.0021999 43.298 345.350 10.828 66.2172000 41.999 378.698 10.830 65.5372001 42.384 364.758 14.263 66.090

SPECIFICA PER OSPEDALE

ANNO OSPEDALE DI VICENZARICOVERI ORDINARI DH

DEGENTI PUBBLICI GD PUBBLICI CICLI ACCESSI1995 33.227 293.371 10.996 53.1611996 34.647 294.820 9.124 56.3101997 36.046 294.754 9.765 59.7711998 35.570 285.898 11.730 64.7391999 36.980 287.511 8.116 61.0822000 37.451 341.085 9.706 63.7792001 37.466 331.013 12.900 64.306

ANNO OSPEDALE DI SANDRIGORICOVERI ORDINARI DH

DEGENTI PUBBLICI GD PUBBLICI CICLI ACCESSI1995 3.061 33.736 2.192 4.0911996 2.624 26.520 2.580 5.2541997 2.294 25.891 2.988 6.2371998 2.365 28.324 937 1.9391999 1.745 24.247 1.136 3.51720002001

ANNO OSPEDALE DI NOVENTARICOVERI ORDINARI DH

DEGENTI PUBBLICI GD PUBBLICI CICLI ACCESSI1995 4.820 37.0921996 4.690 37.528 175 9981997 4.761 37.788 914 4.1201998 4.103 33.572 1.510 5.3241999 4.573 33.592 1.576 1.6182000 4.548 37.613 1.758 1.1242001 4.918 33.745 1.363 1.784

ANNO AREA OSPEDALERICOVERI ORDINARI DH

DEGENTI PUBBLICI GD PUBBLICI CICLI ACCESSI

239

Page 240: Terzo Settore E Networking

1995 41.108 364.199 13.188 57.2521996 41.961 358.868 11.879 62.5621997 43.101 358.433 13.667 70.1281998 42.038 347.794 14.177 72.0021999 43.298 345.350 10.828 66.2172000 41.999 378.698 11.464 64.9032001 42.384 364.758 14.263 66.090

Numero ambulatori1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

pubblici 9 10 10 10 9privati 23 26 25 25 25

Totale 0 0 0 0 0 0 32 36 35 35 34

AMBULATORI OGNI 100.000 ABITANTIAmbulatori Pubblici Ambulatori Privati Totale ambulatori

1997 3,15 8,04 11,181998 3,46 9,00 12,461999 3,43 8,56 11,992000 3,39 8,48 11,872001 3,05 8,48 11,53

MEDICI DI BASE DI BASE UNITA' 50 106 - ATTUALE ULSS 6 VICENZA

Anno Da 0 fino a 6 anni

anzianità

Oltre 6 fino a 13 anni

Oltre 13 fino a 20

anni

Oltre 20 fino a 27

anni

Oltre 27 anni

TOTALE

1995 8 41 123 17 29 2181996 8 41 123 17 29 2181997 4 41 122 22 29 2181998 1 38 92 57 29 2171999 1 38 93 55 27 2142000 0 30 68 87 26 2112001 0 31 63 103 24 221

MEDICI DI BASE OGNI 10.000 ABITANTIMedici di Base

1995 7,781996 7,701997 7,621998 7,511999 7,332000 7,162001 7,50

POSTI LETTO PRIVATI OGNI 1000 AB.Posti letto accr. Day H accr. Totale accreditati Posti letto non accr. Day H non accr. Totale non accreditati

1995 0,81 0,02 0,84 0,00 0,00 0,001996 0,82 0,07 0,89 0,36 0,00 0,361997 0,67 0,06 0,73 0,36 0,00 0,361998 0,66 0,06 0,73 0,27 0,00 0,271999 0,66 0,06 0,72 0,26 0,00 0,262000 0,68 0,06 0,74 0,32 0,00 0,322001 0,68 0,06 0,74 0,32 0,00 0,32

240

Page 241: Terzo Settore E Networking

2002 0,68 0,06 0,74 0,28 0,00 0,28

POSTI LETTO PUBBLICI OGNI 1000 AB.Day Hospital Degenza ordinaria Totale

1995 0,86 5,77 6,621996 0,70 4,37 5,071997 0,69 4,20 4,891998 0,51 3,86 4,371999 0,52 3,92 4,442000 0,50 4,04 4,542001 0,41 3,70 4,112002 0,42 3,60 4,01

CAUSE DI MORTE37

Il confronto con il dato nazionale è possibile solo per il 1997.

Tabella 1. Confronto tassi di mortalità per causa e sesso (indice ogni 1.000 abitanti)

ULSS6 VICENZANORD EST

ITALIA

M F MF M F MF M F MF

Malattie infettive e parassitarie 0,09 0,03 0,06 0,07 0,04 0,05 0,06 0,04 0,05Tumori 3,07 2,24 2,65 3,63 1,83 2,56 3,44 1,76 2,46Malattie endocrine, nutrizionali 0,33 0,26 0,29 0,29 0,22 0,25 0,36 0,32 0,34Malattie del sangue e organi ematopoeitici 0,03 0,04 0,04 0,03 0,03 0,03 0,04 0,03 0,03Disturbi psichici 0,13 0,23 0,18 0,18 0,13 0,15 0,14 0,11 0,13Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 0,19 0,20 0,19 0,20 0,16 0,18 0,21 0,17 0,19Malattie del sistema circolatorio 3,24 3,65 3,45 4,10 2,64 3,25 4,31 2,99 3,56Malattie dell'apparato respiratorio 0,57 0,43 0,50 0,75 0,31 0,47 0,85 0,32 0,52Malattie dell'apparato digerente 0,47 0,42 0,44 0,47 0,29 0,37 0,52 0,31 0,40Malattie del sistema genitourinario 0,13 0,13 0,13 0,12 0,06 0,08 0,15 0,09 0,11Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio 0,00 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,01 0,00 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01Malattie del sistema osteomuscolare 0,01 0,02 0,02 0,02 0,03 0,03 0,02 0,04 0,03Malformazioni congenite 0,01 0,02 0,02 0,03 0,02 0,02 0,03 0,02 0,03Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 0,02 0,03 0,03 0,02 0,02 0,02 0,03 0,03 0,03Sintomi e stati morbosi mal definiti 0,15 0,20 0,17 0,10 0,06 0,08 0,14 0,09 0,11Traumatismi ed avvelenamenti 0,62 0,32 0,47 0,71 0,28 0,48 0,62 0,28 0,45Totale 9,07 8,22 8,64 10,73 6,12 8,04 10,94 6,61 8,45

Tabella 2. Confronto tra percentuali per causa di morte

ULSS6 VICENZA NORD EST ITALIA

Percentuali per cause di morte M F MF M F MF M F MFMalattie infettive e parassitarie 0,96 0,41 0,69 0,63 0,61 0,62 0,58 0,59 0,59Tumori 33,81 27,19 30,67 33,82 29,88 31,84 31,45 26,69 29,13Malattie endocrine, nutrizionali 3,67 3,10 3,39 2,69 3,58 3,15 3,28 4,83 4,06Malattie del sangue e organi ematopoeitici 0,32 0,50 0,41 0,31 0,42 0,36 0,38 0,43 0,40Disturbi psichici 1,43 2,76 2,08 1,63 2,13 1,90 1,25 1,68 1,48Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 2,07 2,43 2,25 1,88 2,56 2,18 1,93 2,54 2,2137 Elaborazione dati Ufficio di Valutazione Epidemiologica-Azienda Ulss 6 Vicenza e dati ISTAT

241

Page 242: Terzo Settore E Networking

Malattie del sistema circolatorio 35,73 44,44 39,97 38,19 43,08 40,41 39,44 45,26 42,13Malattie dell'apparato respiratorio 6,30 5,19 5,75 7,03 5,01 5,85 7,75 4,81 6,15Malattie dell'apparato digerente 5,18 5,11 5,14 4,35 4,72 4,57 4,75 4,66 4,74Malattie del sistema genitourinario 1,43 1,59 1,52 1,14 1,01 1,04 1,40 1,31 1,32Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio 0,00 0,09 0,05 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,09 0,05 0,12 0,19 0,15 0,08 0,15 0,12Malattie del sistema osteomuscolare 0,15 0,26 0,21 0,19 0,56 0,36 0,19 0,58 0,37Malformazioni congenite 0,15 0,26 0,21 0,25 0,36 0,30 0,26 0,37 0,31Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 0,24 0,34 0,29 0,22 0,33 0,28 0,30 0,42 0,36Sintomi e stati morbosi mal definiti 1,68 2,43 1,96 0,91 1,06 1,01 1,27 1,40 1,36Traumatismi ed avvelenamenti 6,85 3,86 5,39 6,62 4,51 5,99 5,69 4,29 5,28

Tabella 3. Andamento percentuale per cause di morte, maschi.38

1995 1996 1997 1998 1999Tumori 38,31 32,71 33,81 34,98 34,50Malattie del sistema circolatorio 34,39 38,33 35,73 36,79 37,11Traumatismi ed avvelenamenti 6,10 5,96 6,85 6,91 6,43Malattie dell'apparato digerente 4,76 5,20 5,18 5,26 5,24Malattie dell'apparato respiratorio 4,42 5,45 6,30 5,76 6,90Malattie endocrine, nutrizionali 3,92 4,35 3,67 2,14 2,46Sintomi e stati morbosi mal definiti 2,59 2,13 1,68 1,49 1,11Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 1,75 1,44 2,07 1,31 1,75Malattie del sistema genitourinario 1,34 0,86 1,43 1,31 0,95Disturbi psichici 0,83 1,87 1,43 2,56 1,83Malattie infettive e parassitarie 0,75 0,68 0,96 0,41 0,56Malattie del sangue e organi ematopoeitici 0,33 0,25 0,32 0,16 0,40Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 0,33 0,08 0,24 0,24 0,31Malformazioni congenite 0,16 0,34 0,15 0,33 0,23Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,00 0,00 0,08 0,00Malattie del sistema osteomuscolare 0,00 0,34 0,15 0,24 0,23

Tabella 4. Andamento percentuale per cause di morte, femmine.

1995 1996 1997 1998 1999Malattie del sistema circolatorio 45,61 42,58 44,44 47,84 44,60Tumori 26,62 29,44 27,19 25,19 26,33Malattie dell'apparato digerente 5,14 4,05 5,11 3,94 5,15Malattie endocrine, nutrizionali 4,48 4,59 3,10 2,53 3,09Malattie dell'apparato respiratorio 4,48 4,59 5,19 5,42 6,86Traumatismi ed avvelenamenti 3,90 3,15 3,86 3,79 4,63Sintomi e stati morbosi mal definiti 3,40 3,87 2,43 1,34 1,04Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 1,99 2,88 2,43 2,82 2,40Disturbi psichici 1,74 1,44 2,76 2,90 2,74Malattie del sistema genitourinario 1,00 1,35 1,59 1,48 0,95Malattie del sangue e organi ematopoeitici 0,75 0,36 0,50 0,82 0,43Malattie infettive e parassitarie 0,25 0,72 0,41 0,89 0,52Malattie del sistema osteomuscolare 0,25 0,54 0,26 0,29 0,77Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 0,25 0,36 0,34 0,15 0,18Malformazioni congenite 0,17 0,00 0,26 0,37 0,18Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio 0,00 0,00 0,09 0,08 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,09 0,09 0,15 0,1838 I dati per gli anni precedenti non possono essere confrontati perché manca il Distretto Sud

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Page 243: Terzo Settore E Networking

Tabella 5. Andamento percentuale per cause di morte, totale.

1995 1996 1997 1998 1999Malattie del sistema circolatorio 40,02 40,40 39,97 42,60 40,71Tumori 32,53 31,20 30,67 29,84 30,57Traumatismi ed avvelenamenti 4,99 4,60 5,39 5,27 5,56Malattie dell'apparato digerente 4,96 4,63 5,14 4,56 5,19Malattie dell'apparato respiratorio 4,45 5,04 5,75 5,58 6,88Malattie endocrine, nutrizionali 4,20 4,46 3,39 2,34 2,76Sintomi e stati morbosi mal definiti 2,91 2,89 1,96 1,41 1,11Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 1,87 2,15 2,25 2,10 2,06Disturbi psichici 1,29 1,66 2,08 2,73 2,26Malattie del sistema genitourinario 1,17 1,10 1,52 1,41 0,95Malattie del sangue e organi ematopoeitici 0,54 0,30 0,41 0,50 0,41Malattie infettive e parassitarie 0,50 0,70 0,69 0,66 0,50Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 0,29 0,22 0,29 0,19 0,25Malformazioni congenite 0,16 0,17 0,21 0,35 0,20Malattie del sistema osteomuscolare 0,13 0,44 0,21 0,27 0,50Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperio 0,00 0,00 0,05 0,03 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,05 0,05 0,11 0,08

Dall’analisi delle tabelle si rileva un incremento significativo per quanto riguarda Malattie del sistema respiratorio.

Tabella 6. Variazioni percentuali malattie del sistema respiratorio calcolato sulla media del periodo.1995 1996 1997 1998 1999

maschi -23,28 -5,42 9,30 -0,18 19,57femmine -15,61 -13,48 -2,19 2,16 29,13totale -19,62 -9,10 3,86 0,76 24,10

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Page 244: Terzo Settore E Networking

V ariazioni pe rcentuali M orte pe r dis turbi apparato re spirratorio

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

1995 1996 1997 1998 1999

maschi

femmine

totale

244

Page 245: Terzo Settore E Networking

Differenze di genere

Tabella 7. Indice39 delle differenze medie significative nelle cause di morte, periodo 1995-1999, tra maschi e femmineTraumatismi ed avvelenamenti +2,5Malformazioni congenite +1,6Tumori +1,2Malattie infettive e parassitarie +1,2Sintomi e stati morbosi mal definiti -1Malattie del sistema circolatorio -1Disturbi psichici -1,5Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi

-2

Malattie del sangue e organi ematopoeitici

-2,9

Malattie del sistema osteomuscolare -4,2

Differenze per fasce di età

Attraverso i dati raccolti è possibile effettuare esclusivamente un raffronto tra il dato dell’USL relativo al 1999 e il dato nazionale relativo al 1997.

Tabella 8. Indici di mortalità nazionali per fasce di età- 1997

ITALIA 1997 indici mortalità ogni 1000 abitanti 0-14 15-64 >65 totaleMalattie infettive e parassitarie - Infectious diseases 0,01 0,02 0,23 0,05Tumori - Neoplasms 0,05 1,06 11,51 2,71Malattie ghiandole endocrine - Endocrine diseases 0,01 0,12 1,77 0,39Malattie del sangue - Diseases of the blood 0,00 0,01 0,20 0,04Disturbi psichici - Mental disorders 0,00 0,03 0,75 0,15Malattie sistema nervoso - Diseases of the nervous system 0,02 0,05 1,03 0,21Malattie sistema circolatorio - Diseases of the circulatory system 0,03 0,57 22,87 4,29Malattie apparato respiratorio - Diseases of the respiratory system 0,02 0,07 3,36 0,62Malattie apparato digerente - Diseases of the digestive system 0,00 0,15 2,03 0,45Malattie apparato genitourinario - Diseases of the genitourinary syst. 0,00 0,02 0,70 0,13Complicazioni gravidanza - Complications of pregnancy 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della pelle - Diseases of the skin 0,00 0,00 0,07 0,01Malattie sist. osteomusc. - Diseases of the musculoskeletal system 0,00 0,01 0,19 0,04Malformazioni congenite - Congenital malformations 0,13 0,01 0,02 0,03Condizioni morb. orig. perin. - Certain condit. in the perinatal period 0,24 0,00 0,00 0,03Sintomi mal definiti - Symptoms ill-defined causes 0,02 0,04 0,67 0,15Traumatismi ed avvelenamenti - External causes 0,05 0,31 1,63 0,50totale 0,59 2,46 47,03 9,81

Tabella 9. Indici di mortalità USSL6 per fasce di età- 1999

ussl6 0-14 15-64 >65 totaleMalattie infettive e parassitarie - Infectious diseases 0,00 0,01 0,24 0,05Tumori - Neoplasms 0,05 0,89 13,24 2,59Malattie ghiandole endocrine - Endocrine diseases 0,00 0,05 1,32 0,23Malattie del sangue - Diseases of the blood 0,00 0,00 0,21 0,03Disturbi psichici - Mental disorders 0,00 0,03 1,13 0,19Malattie sistema nervoso - Diseases of the nervous system 0,02 0,01 1,11 0,17Malattie sistema circolatorio - Diseases of the circulatory system 0,00 0,51 20,92 3,45

39 l’indice delle differenze medie: è stata calcolata la differenza annuale nel tasso di incidenza ogni 1.000 abitanti, viene calcolata la differenza media. Vengono considerati valori superiori a 10% (valore assoluto) e divisi per 10.

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Malattie apparato respiratorio - Diseases of the respiratory system 0,00 0,04 3,76 0,58Malattie apparato digerente - Diseases of the digestive system 0,00 0,15 2,27 0,44Malattie apparato genitourinario - Diseases of the genitourinary syst. 0,00 0,01 0,50 0,08Complicazioni gravidanza - Complications of pregnancy 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della pelle - Diseases of the skin 0,00 0,00 0,05 0,01Malattie sist. osteomusc. - Diseases of the musculoskeletal system 0,00 0,01 0,24 0,04Malformazioni congenite - Congenital malformations 0,07 0,01 0,00 0,02Condizioni morb. orig. perin. - Certain condit. in the perinatal period 0,14 0,00 0,00 0,02Sintomi mal definiti - Symptoms ill-defined causes 0,00 0,02 0,50 0,09Traumatismi ed avvelenamenti - External causes 0,10 0,34 1,47 0,47totale 0,38 2,10 46,95 8,48

Tabella 10. Differenze percentuali negli indici di mortalità tra USSL6 e dato nazionale.

differenze percentuali USL6-Italia 0-14 15-64 >65 totaleMalattie infettive e parassitarie - Infectious diseases -100,00 -31,00 4,02 -17,06Tumori - Neoplasms -0,22 -15,91 15,03 -4,40Malattie ghiandole endocrine - Endocrine diseases -100,00 -56,13 -25,18 -40,02Malattie del sangue - Diseases of the blood -100,00 -33,93 4,87 -12,71Disturbi psichici - Mental disorders -100,00 5,51 50,40 26,80Malattie sistema nervoso - Diseases of the nervous system 9,30 -79,69 8,09 -17,57Malattie sistema circolatorio - Diseases of the circulatory system -100,00 -10,42 -8,52 -19,62Malattie apparato respiratorio - Diseases of the respiratory system -100,00 -39,68 11,93 -5,81Malattie apparato digerente - Diseases of the digestive system -100,00 -3,46 11,88 -3,08Malattie apparato genitourinario - Diseases of the genitourinary syst. -100,00 -46,46 -29,07 -39,31Complicazioni gravidanza - Complications of pregnancy -100,00 -100,00Malattie della pelle - Diseases of the skin -100,00 -100,00 -32,16 -44,73Malattie sist. osteomusc. - Diseases of the musculoskeletal system -100,00 29,22 26,46 12,48Malformazioni congenite - Congenital malformations -42,59 15,01 -100,00 -31,46Condizioni morb. orig. perin. - Certain condit. in the perinatal period -41,04 -29,89Sintomi mal definiti - Symptoms ill-defined causes -100,00 -39,40 -26,20 -37,76Traumatismi ed avvelenamenti - External causes 94,38 11,53 -9,99 -5,55totale -34,56 -14,71 -0,17 -13,58

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Si presenta ora il confronto con il Nordest, sempre con la differenza degli anni considerati.

Tabella 331

Nordest indici mortalità ogni 1000 abitanti 0-14 15-64 >65 totaleMalattie infettive e parassitarie - Infectious diseases 0,01 0,02 0,25 0,06Tumori - Neoplasms 0,05 1,09 12,19 2,84Malattie ghiandole endocrine - Endocrine diseases 0,01 0,10 1,32 0,30Malattie del sangue - Diseases of the blood 0,00 0,01 0,18 0,04Disturbi psichici - Mental disorders 0,00 0,04 0,97 0,19Malattie sistema nervoso - Diseases of the nervous system 0,03 0,04 1,00 0,20Malattie sistema circolatorio - Diseases of the circulatory system 0,03 0,52 21,33 3,97Malattie apparato respiratorio - Diseases of the respiratory system 0,02 0,06 3,12 0,57Malattie apparato digerente - Diseases of the digestive system 0,00 0,15 1,89 0,42Malattie apparato genitourinario - Diseases of the genitourinary syst. 0,00 0,01 0,55 0,10Complicazioni gravidanza - Complications of pregnancy 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della pelle - Diseases of the skin 0,00 0,00 0,09 0,02Malattie sist. osteomusc. - Diseases of the musculoskeletal system 0,00 0,01 0,17 0,03Malformazioni congenite - Congenital malformations 0,11 0,01 0,03 0,02Condizioni morb. orig. perin. - Certain condit. in the perinatal period 0,20 0,00 0,00 0,02Sintomi mal definiti - Symptoms ill-defined causes 0,02 0,03 0,49 0,11Traumatismi ed avvelenamenti - External causes 0,06 0,38 1,46 0,53totale 0,55 2,46 45,03 9,42

Tabella 13

differenze percentuali USL6-Nordest 0-14 15-64 >65 totaleMalattie infettive e parassitarie - Infectious diseases -100,00 -17,00 -5,31 -18,40Tumori - Neoplasms -4,08 -18,18 8,62 -8,75Malattie ghiandole endocrine - Endocrine diseases -100,00 -47,45 0,43 -21,48Malattie del sangue - Diseases of the blood -100,00 -14,23 15,96 -0,66Disturbi psichici - Mental disorders -9,13 16,92 0,72Malattie sistema nervoso - Diseases of the nervous system -19,15 -76,72 10,64 -13,91Malattie sistema circolatorio - Diseases of the circulatory system -100,00 -2,66 -1,90 -13,05Malattie apparato respiratorio - Diseases of the respiratory system -100,00 -34,47 20,49 2,21Malattie apparato digerente - Diseases of the digestive system -100,00 1,93 19,90 3,90Malattie apparato genitourinario - Diseases of the genitourinary syst. -100,00 -18,03 -9,86 -20,91Complicazioni gravidanza - Complications of pregnancy -100,00 -100,00Malattie della pelle - Diseases of the skin -100,00 -44,65 -53,58Malattie sist. osteomusc. - Diseases of the musculoskeletal system 54,04 38,56 25,74Malformazioni congenite - Congenital malformations -34,63 5,45 -100,00 -26,63Condizioni morb. orig. perin. - Certain condit. in the perinatal period -26,17 -2,79Sintomi mal definiti - Symptoms ill-defined causes -100,00 -14,84 2,23 -13,65Traumatismi ed avvelenamenti - External causes 69,26 -11,01 0,70 -10,61totale -29,67 -14,78 4,26 -9,95

Differenze significative con il dato nazionale si riscontrano per la classe superiore ai 65 anni, soprattutto per quanto riguarda il disturbo psichico (+50,40%) e malattie del sistema osteomuscolare (+26,46%). Quest’ultimo interessa anche la fascia inferiore (15-64) con un 29,22% in più rispetto al dato nazionale. Rilevante anche il caso di traumatismi nel gruppo 0-14 con una differenza del 94,38%. Rispetto al dato del Nordest, rimane la rilevanza delle malattie osteomuscolari per le classi 15-64 e maggiore di 65. per quanto riguarda il decesso dovuto a disturbi psichici, il dato è meno rilevante se pur significativo (+16,92%). Maggiormente rilevanti risultano per il gruppo >65, malattie dell’apparato respiratorio +20,49% e malattie dell’apparato digerente (19,9%). Viene anche confermato il dato circa i traumatismi in giovane età (+69,26%).

È opportuno vedere in dettaglio come si distribuisce il dato relativo a traumatismi in giovane età. I dati a disposizione raccolgono la somma delle morti tra il 1990 e il 199440.40 In questo caso è escluso il distretto Sud

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Tabella 14

Cause di morte 0 1-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39Traumatismi ed avvelenamenti 2,50 16,67 50,00 40,00 88,89 66,67 35,00 23,08 29,73Tumori 0,00 0,00 50,00 40,00 6,67 13,33 8,75 12,50 16,22Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi 2,50 16,67 0,00 0,00 2,22 0,00 0,00 0,00 2,70Malattie del sistema circolatorio 2,50 0,00 0,00 0,00 2,22 10,00 12,50 11,54 12,16Malattie dell'apparato respiratorio 0,00 0,00 0,00 20,00 0,00 0,00 2,50 0,96 0,00Malattie infettive e parassitarie 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie endocrine, nutrizionali 2,50 0,00 0,00 0,00 0,00 3,33 32,50 39,42 27,03Malattie del sangue e organi ematopoietici 0,00 16,67 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,96 1,35Disturbi psichici 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 5,00 5,00 7,69 4,05Malattie dell'apparato digerente 0,00 25,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 2,88 5,41Malattie del sistema genitourinario 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,96 1,35Complicazioni della gravidanza, del parto e del puer. 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malattie del sistema osteomuscolare 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Malformazioni congenite 17,50 16,67 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Alcune condizioni morbose e di origine perinatale 70,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Sintomi e stati morbosi mal definiti 2,50 8,33 0,00 0,00 0,00 1,67 3,75 0,00 0,00

Dalla tabella emerge come Traumatismi sia la prima causa di morte per la fascia dai 15 ai 39 anni.

Tabella 15

classi di età 0 1-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44valore assoluto 1 2 2 2 40 40 28 24 22 21percentuale su morti per traumi 0,30 0,61 0,61 0,61 12,20 12,20 8,54 7,32 6,71 6,40percentuale cumulata 0,91 1,52 2,13 14,33 26,52 35,06 42,38 49,09 55,49

Osservando l’incidenza sul totale dei decessi per traumatismi o avvelenamenti, troviamo che l’incidenza maggiore si ha nella fascia 15-24 anni (24,40%).

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TABELLE

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Tabella 16. DIFFERENZE NELL’INCIDENZA DISTURBI INDICE OGNI MILLE AB. 1997 DIFFERENZE % CON NAZIONALE DIFFERENZE % CON NORDEST M F MF M F MF M F MFMalattie infettive e parassitarieUSL6 0,09 0,03 0,06 50,00 -25,00 20,00 28,57 -25,00 20,00NORDEST 0,07 0,04 0,05 16,67 0,00 0,00ITALIA 0,06 0,04 0,05TumoriUSL6 3,07 2,24 2,65 -10,76 27,27 7,72 -15,43 22,40 3,52NORDEST 3,63 1,83 2,56 5,52 3,98 4,07ITALIA 3,44 1,76 2,46Malattie endocrine, nutrizionaliUSL6 0,33 0,26 0,29 -8,33 -18,75 -14,71 13,79 18,18 16,00NORDEST 0,29 0,22 0,25 -19,44 -31,25 -26,47ITALIA 0,36 0,32 0,34Malattie del sangue e organi ematopoeiticiUSL6 0,03 0,04 0,04 -25,00 33,33 33,33 0,00 33,33 33,33NORDEST 0,03 0,03 0,03 -25,00 0,00 0,00ITALIA 0,04 0,03 0,03Disturbi psichiciUSL6 0,13 0,23 0,18 -7,14 109,09 38,46 -27,78 76,92 20,00NORDEST 0,18 0,13 0,15 28,57 18,18 15,38ITALIA 0,14 0,11 0,13Malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensiUSL6 0,19 0,20 0,19 -9,52 17,65 0,00 -5,00 25,00 5,56NORDEST 0,20 0,16 0,18 -4,76 -5,88 -5,26ITALIA 0,21 0,17 0,19Malattie del sistema circolatorioUSL6 3,24 3,65 3,45 -24,83 22,07 -3,09 -20,98 38,26 6,15NORDEST 4,10 2,64 3,25 -4,87 -11,71 -8,71ITALIA 4,31 2,99 3,56Malattie dell'apparato

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DISTURBI INDICE OGNI MILLE AB. 1997 DIFFERENZE % CON NAZIONALE DIFFERENZE % CON NORDESTrespiratorioUSL6 0,57 0,43 0,50 -32,94 34,38 -3,85 -24,00 38,71 6,38NORDEST 0,75 0,31 0,47 -11,76 -3,13 -9,62ITALIA 0,85 0,32 0,52Malattie dell'apparato digerenteUSL6 0,47 0,42 0,44 -9,62 35,48 10,00 0,00 44,83 18,92NORDEST 0,47 0,29 0,37 -9,62 -6,45 -7,50ITALIA 0,52 0,31 0,40Malattie del sistema genitourinarioUSL6 0,13 0,13 0,13 -13,33 44,44 18,18 8,33 116,67 62,50NORDEST 0,12 0,06 0,08 -20,00 -33,33 -27,27ITALIA 0,15 0,09 0,11Complicazioni della gravidanza, del parto e del puerperioUSL6 0,00 0,01 0,00 #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0!NORDEST 0,00 0,00 #DIV/0! #DIV/0! #DIV/0!ITALIA 0,00 0,00Malattie della cute e del tessuto sottocutaneoUSL6 0,00 0,01 0,00 -100,00 0,00 -100,00 -100,00 0,00 -100,00NORDEST 0,01 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00ITALIA 0,01 0,01 0,01Malattie del sistema osteomuscolare USL6 0,01 0,02 0,02 -50,00 -50,00 -33,33 -50,00 -33,33 -33,33NORDEST 0,02 0,03 0,03 0,00 -25,00 0,00ITALIA 0,02 0,04 0,03Malformazioni congeniteUSL6 0,01 0,02 0,02 -66,67 0,00 -33,33 -66,67 0,00 0,00NORDEST 0,03 0,02 0,02 0,00 0,00 -33,33ITALIA 0,03 0,02 0,03Alcune condizioni morbose e di

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DISTURBI INDICE OGNI MILLE AB. 1997 DIFFERENZE % CON NAZIONALE DIFFERENZE % CON NORDESTorigine perinataleUSL6 0,02 0,03 0,03 -33,33 0,00 0,00 0,00 50,00 50,00NORDEST 0,02 0,02 0,02 -33,33 -33,33 -33,33ITALIA 0,03 0,03 0,03

Sintomi e stati morbosi mal definitiUSL6 0,15 0,20 0,17 7,14 122,22 54,55 50,00 233,33 112,50NORDEST 0,10 0,06 0,08 -28,57 -33,33 -27,27ITALIA 0,14 0,09 0,11Traumatismi ed avvelenamentiUSL6 0,62 0,32 0,47 0,00 14,29 4,44 -12,68 14,29 -2,08NORDEST 0,71 0,28 0,48 14,52 0,00 6,67ITALIA 0,62 0,28 0,45TotaleUSL6 9,07 8,22 8,64 -17,09 24,36 2,25 -15,47 34,31 7,46NORDEST 10,73 6,12 8,04 -1,92 -7,41 -4,85ITALIA 10,94 6,61 8,45

Tossicodipendenti in carico presso strutture pubbliche - Ser.T. VicenzaTerritorio di riferimento: Ulss 6 escluso distretto sud

Fasce d'età 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

0 - 15 anni 0 2 0 0 0 0 0 0 0 015 - 19 anni 11 12 16 14 19 12 24 31 41 3720 - 24 anni 171 137 172 201 156 112 120 121 115 10925 - 29 anni 169 144 194 195 225 182 183 177 188 14430 - 34 anni 137 113 143 96 175 172 169 165 193 19135 - 39 anni 55 51 53 29 85 76 73 96 120 135> 40 anni 13 17 29 66 43 46 51 61 76 76

Totale 556 476 607 601 703 600 620 651 733 692

Page 253: Terzo Settore E Networking

Tossicodipendenti in carico presso strutture pubbliche - Ser.T. VicenzaTerritorio di riferimento: comune di Vicenza

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Totale 273 294 311 307 309

Tossicodipendenti in carico presso comunità terapeutiche privateTerritorio di riferimento: Ulss 6 escluso distretto sud

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Totale 76 85 88 78 98 126 84 149 97 95

Tossicodipendenti in carico presso comunità terapeutiche privateTerritorio di riferimento: comune di Vicenza

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Totale 62 51 90 56 59

Alcolisti in carico presso strutture pubbliche - Ser.T. VicenzaTerritorio di riferimento: Ulss 6 escluso distretto sud

Fasce d'età 1996 1997 1998 1999 2000 2001

0 - 19 anni 3 4 0 1 120 - 29 anni 118 25 14 4 730 - 39 anni 74 80 38 24 2640 - 49 anni 85 100 59 38 3650 - 59 anni 79 77 37 26 23> 60 anni 45 49 30 11 9

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Totale 138 404 335 178 104 102

1997 e 1998 non sono confrontabili con gli altri anni poiché includono anche persone in carico presso Ospedale di Sandrigo

Alcolisti in carico presso comunità terapeutiche privateTerritorio di riferimento: Ulss 6 escluso distretto sud

1996 1997 1998 1999 2000 2001

Totale 4 11 11 11 11 25

Totale alcolisti in carico presso strutture pubbliche e privateTerritorio di riferimento: Ulss 6 escluso distretto sud

1996 1997 1998 1999 2000 2001

Totale 142 415 346 189 115 127

1997 e 1998 non sono confrontabili con gli altri anni poiché includono anche persone in carico presso Ospedale di Sandrigo

DISABILI

Assistenza ScolasticaComune di VicenzaServizio pubblicoFasce d'età 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

0 - 4 anni 0 10 13 12 9 7 11 5 4 11 75 - 14 anni 0 19 25 25 23 24 26 26 15 30 2815 -24 anni 0 1 2 4 1 2 2 1 4 3 2

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> 25 anni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Totale 0 30 40 41 33 33 39 32 23 44 37

Centri diurniComune di VicenzaServizio pubblico e privatoFasce d'età 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

0 - 4 anni 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 05 - 14 anni 4 3 3 2 1 0 0 0 0 0 015 - 24 anni 50 43 42 36 40 40 36 33 33 33 2425 - 34 anni 57 63 61 44 62 60 63 65 63 61 6635 - 44 anni 22 25 32 38 40 45 50 53 62 67 6345 - 54 anni 18 21 20 21 19 25 25 25 22 27 3055 - 64 anni 1 1 2 3 5 5 6 7 9 13 20> 65 anni 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1

Totale 152 156 160 145 168 176 181 184 190 202 204

Centri residenzialiComune di VicenzaServizio privatoFasce d'età 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

0 - 4 anni 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 05 - 14 anni 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 015 - 24 anni 3 1 3 4 6 6 5 7 8 9 925 - 34 anni 1 2 3 4 5 6 6 10 10 13 1135 - 44 anni 7 5 6 8 10 11 14 13 13 16 1645 - 54 anni 2 3 3 3 9 11 13 17 17 17 1855 - 64 anni 0 0 0 0 1 1 2 3 9 12 16> 65 anni 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1

Totale 14 12 16 20 32 35 40 50 58 68 71

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Page 257: Terzo Settore E Networking

APPENDICE 3

TAVOLE DI CONFRONTO TRA DATI RICHIESTI E DATI OTTENUTI

Page 258: Terzo Settore E Networking

Comune di Vicenza

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Formato Fonte Referente

GENEREuomini X X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

donne X X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

totale X X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

STATO CIVILE

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

celibi / nubili X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

coniugati X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

separati X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

divorziati X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

vedovi X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordarofigli affidati a causa di separazione

ETA'

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

fino a 14 anni X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

da 15 a 64 anni X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

oltre 65 anni X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

ISTRUZIONE

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

laurea X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

diploma X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordarolicenza elementare e media inf. X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaroalfabeti senza titolo di studio X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

Page 259: Terzo Settore E Networking

analfabeti X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

IMMIGRAZIONE1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

numero permessi soggiorno

numero iscrizioni anagrafe X X X X X X X X X X X cartaceo uff. statistica Dott.ssa Cordaro

FARMACIE 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

numero di farmacie

CONSULTORI

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001numero di consultori pubblici

numero di consultori privati

richieste consultori pubblici

richieste consultori privati

Page 260: Terzo Settore E Networking

ULSS

MORTALITA'

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Formato Fonte Referente

numero decessi per tipologia X X X X X X X X X fileUff.

EpidemiologicoDott.ssa Pacchin

TOSSICODIPENDENZA

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

tossic. in carico strutture pubbliche X X X X X X X X X X cartaceo SERT Dott. Balestra

tossic. in carico strutture private X X X X X X X X X X cartaceo SERT Dott. Balestra

decessi per cause correlate

ALCOLISMO

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

n. persone in carico strutture pubb. X X X X X X cartaceo SERT Dott. Balestra

n. persone in carico strutture private X X X X X X cartaceo SERT Dott. Balestra

decessi per cause alcol correlate

HANDICAP

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

n. persone in carico strutture pubb. X X X X X X X X X X X sito ulssDip. Servizi

Sociali Dott. Gioseffi

n. persone in carico strutture private X X X X X X X X X X X sito ulssDip. Servizi

Sociali Dott. Gioseffi

numero assegni di acc. richiesti

n. assegni di acc. assegnati

DISAGIO PSICHICO

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

n. prese carico servizi pubb. diurni X telefonicam.Dip. Salute

Mentale Dott. Pristinger

n. prese carico servizi pubb. resid. X telefonicam.Dip. Salute

Mentale Dott. Pristinger

Page 261: Terzo Settore E Networking

n. prese in carico servizi priv. diurniDip. Salute

Mentale Dott. Pristinger

n. prese in carico servizi priv. resid.Dip. Salute

Mentale Dott. Pristinger

OSPEDALI

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

numero ospedali pubblici X X X X X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

numero ospedali privati X X X X X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

numero posti letto pubblici X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

numero posti letto privati X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

degenti nell’anno pubblici X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

degenti nell’anno privati X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

giornate degenza nell’anno pubblici X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

giornate degenza privati X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

n. e tipologia ambulatori sp. pubblici X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

n. e tipologia ambulatori sp. privati X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

n. medici condotti X X X X X X X file

Servizio Controllo Gestione Dott. Toniolo

Page 262: Terzo Settore E Networking

CCIAASTRUTTURA PRODUTTIVA 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Formato Fonte Referente

numero attività industriali X X X file Ufficio Studi Dott. Siddi

numero attività arigianali X X X file Ufficio Studi Dott. Siddi

numero attività commerciali X X X file Ufficio Studi Dott. Siddi

numero attività settore terziario X X X file Ufficio Studi Dott. Siddi

n. partite iva lavoratori autonomi X X X file Ufficio Studi Dott. Siddi

LAVORO 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

popolazione attiva (>16 anni)

popolazione non attiva

casalinghe

studenti

ritirati dal lavoro

altri

Page 263: Terzo Settore E Networking

PREFETTURA41

CRIMINALITA' 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 Formato Fonte Referente

Numero denunce per:

furti x x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

rapine x x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

scippi/borseggi x x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

spaccio sostanze stupefacenti dati pervenuti come reati "inerenti sostanze stupefacenti"

uso sostanze stupefacenti dati pervenuti come reati "inerenti sostanze stupefacenti"

reati inerenti sostanze stupefacenti x x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

sfruttamento della prostituzione dati pervenuti come reati "inerenti prostituzione"

reati inerenti prostituzione x x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

Numero persone denunciate per:

furti

rapine

scippi/borseggi

spaccio sostanze stupefacenti

uso sostanze stupefacenti

sfruttamento della prostituzione

ALCOLISMO 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Numero denunce per guida in stato di ebbrezza

x x x cartaceo Ufficio statisticaDott.ssa Dalla

Libera

41 VISTA LA SCARSITà DEI DATI, NON SONO STATI UTILIZZATI

Page 264: Terzo Settore E Networking

TOSSICODIPENDENZA 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001Tossicodipendenti denunciati all'autorità giudiziaria

SUICIDI 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001Numero suicidi e tentati suicidi